ANNALES • Ser. hist, sociol. • 13 ■ 2003 • 2 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSIONI / REPORTS AND REW IEWS, 427-446 pietra, ¡I che fa della miniera del Rovlgnese la piü grande cava del Mediterráneo. Geológicamente, invece, la Pietra d'lstria, il cui nome geologico formazionale si applica a dei calcari ben precisi, e da ritenersi un calcare di scogliera. Interessante la relazione di Michela Dal Borgo, dell'Archivio di Stato di Venezia, il cui contributo ha i I lústralo sulla base del la documentazione archivistica un caso di estrazione e commercio di pietre provenienti da Rovigno. Corre voce che i rovignesi fossero degli eccellenti cavatori, a tal punto che lo storico Bernardo Benussi conib per i propri concittadini il detto "Rovigno pien d'ingegno spacca il sasso come ¡I legno". "La Pietra d'lstria e l'architettura veneziana" e ¡I titolo del contributo di Mario Piaña, docente di Restauro presso la Facoltä di Architettura dell'Universita luav di Venezia. La Pietra d'lstria, scoperta dai veneziani alia meta del XIII secolo ed adoperata fino a tutto l'Ot- tocento, e stata particolarmente sfruttata nel periodo gotico. Gli esempi architettonici in Pietra d'lstria a Venezia si sprecano e riguardano la maggior parte del le strutture della citta lagunare dal momento che in massima parte, ponti, case, chiese e palazzi di Venezia sono costruiti, decorati e rivestiti di Pietra d'lstria. La sessione pomeridiana si e aperta con il contributo di Giulia Sebregondi del Dipartimento di Storia dell'Architettura e dell'Urbanistica dell'Universita luav di Venezia dal titolo "La Pietra d'lstria in un cantiere veneziano del primo Seicento". La giovane relatrice si e soffermata sugli aspetti economici, ¡n particolare su quelli legati ai costi, fornendo, fra l'altro, alcuni inte- ressanti dati statistic!. E seguito l'intervento di Alberto Rizzi, gia Soprin- tendenza Beni Artistici e Storici, che ha relazionato su alcuni singolari esempi dell'uso della Pietra d'lstria a Venezia ed oltre. Gli inizi dell'importazione della pietra dall'lstria coincidono cronológicamente con la dedi- zione del le cittadine istriane alia Serenissima (1267- 1335) e segnano nella cittä lagunare l'inizio della scul- tura gótica che va a soppiantare quella véneto-bizan­ tina, basata sul marmo grigio greco, fino allora pre­ dominante. L'esempio classico di scultura in Pietra d'lstria e quella del leone marciano, divenuto a partiré dal 1260 il símbolo della potenza veneziana e di cui Rizzi e oggi uno dei massimi esperti. Curioso pero rilevare che i primi tre leoni veneziani non sono in Pietra d'lstria ma bensf in pietra di Vicenza. Per risalire al primo leone in Pietra d'lstria (Torcello) bisogna attendere l'inizio del XIV secolo. Un altro esempio di opera ¡n Pietra d'lstria e quello delle vere da pozzo. Lo studio di queste ultime meriterebbe un approfondimento anche nella nostra stessa penisola, partendo magari da un elementare censimento delle stesse, dal momento che pochi sono i lavori scientific! (Starec a parte) che vi si sono últimamente dedicati. II ritrovamento di una vera da pozzo a Negroponte dimostra come la Pietra d'lstria lavorata dai tajapiera veneziani venisse esportata fino in Levante. L'intensa giornata veneziana si e conclusa con l'intervento di Peter Rockwell che ha il lústralo l'espe- rienza personale che lo ha visto ¡mpegnato, tra ¡I 1999 ed il 2000, nella costruzione del chiostro del palazzo vescovile di Chioggia. Particolarmente ardua e stata la realizzazione dei 38 capitell¡ raffiguranti grottesche l'una diversa dall'altra. Lo scultore americano ha con­ cluso che la Pietra d'lstria e molto piü difficile da la- vorare rispetto ad un marmo comune (specialmente per quanto riguarda la cura dei dettagli), ma e proprio per questo motivo che da maggiori soddisfazioni. L'opera di Rockwell e encomiabile anche perché pochi sono ancora i maestri in grado di lavorare la Pietra d'lstria come una volta, con tecniche, strumenti e sistemi per- fezionati nel tempo e tramandati da generazioni. Questa interessante giornata di studio ha avuto una eco non eccezionale in Istria, prova ne é puré la scarsa affluenza di pubblico proveniente dalla nostra regione, in particolare dall'area centro sud-occidentale piü direttamente coinvolta nell'argomento. Manchevolezza alia quale la Regione Veneto -che gia da qualche anno é impegnata nella salvaguardia del patrimonio cultúrale di origine veneta in Istria e Dalmazia con la sua legge n. 15/199- puo rimediare pensando di presentare gli atti, la cui pubblicazione é prevista nel 2004, in una, o piü localita istriane. Raffaele Gianesini: I PROCLAMI VENEZIANI DELLA BIBLIOTECA CIVICA V. JOPPI DI UDINE. Catalogo e studio del fondo l'iconografia del leone di San Marco, I. Firenze, Leo S. Olschki editore, 1999, pp. 444 L'autore, dopo aver pubblicato nel 1997 il catalogo del fondo dei Proclami Napoleonici emessi durante la prima occupazione napoleónica del Friuli del 1797, ha portato a termine il primo dei tre volumi che andranno a costituire il catalogo dei Proclami Veneziani della Biblioteca Cívica V. Joppi di Udine. Gianesini inizia con una lunga introduzione de- dicata al Leone di San Marco come elemento ico­ nográfico caratterizzante tutti i proclami veneziani. II leone vede il suo connotato specifico e distintivo nel suo significato universale legato alia Cristianita pur essendo contemporáneamente espressione di una realta política precisa quale lo Stato veneziano. II símbolo del leone di San Marco diventa quindi la rappresentazione di quel connubio che il Fornasari ha definite come "stretta connessione fra potere politico e potere reli­ gioso". L'autore decide poi di spostare l'attenzione verso un'interpretazione iconologica del símbolo stesso per 429 ANNALES • Ser. hist, sociol. • 13 • 2003 ■ 2 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSIONI / REPORTS AND REWIEWS, 427-446 evidenziare i significad propriamente amministrativi e protocollari che sono a loro volta propri al sigillo mar­ ciano. Nella terminología degli atti pubblici in genere la raffigurazione del leone è chiamata con i termini di sigillo, segno, impronto e talora piii direttamente come il "San Marco". Gianesini mette in luce gli elementi comuni alie varie rappresentazioni del sigillo stesso al di l'a del le differenze riscontrabili nelle incisioni del le quali fornisce diversi esempi nella ricca sezione del libro dedicata alie illustrazioni. Tra questi spiccano Laureola priva di aspetto prospettico, la coda portata alta come símbolo della combattivitá felina, le zampe artigl¡ate, la criniera fluente, le ali, ¡I libro su cui è scritto in ampi caratteri latini l'augurio evangélico, il mare e su!lo sfondo un complesso turrito su cui è posto sovente un gonfalone. Dal momento che nulla veniva lasciato al caso nelle incisioni che erano State commissionate dall'autorità pubblica fe necessario fare molta attenzione nell'osservare le incisioni stesse. Il fondo contenuto nella Biblioteca Cívica di Udine offre alcuni interessanti esempi di varianti tra le quali l'autore segnala una sorta di allegoria che compare in alcune emissioni in cui l'attenzione del leone non è rivolta come di consueto verso chi legge il proclama ma piuttosto verso la figura del Doge che gli è raffigurato di fronte in atteggiamento processionale accanto ad altri maggiorenti. In questa rappresenta. .ne si esplicava quel processo di trasmis- sione del potere attraverso cui il doge diveniva il rap- presentante scelto dai patrizi per esercitare i compiti da sovrano, senza mai possederne il titolo, appartenenti in realtà al San Marco che non poteva esercitarli. In alcune incisioni trovano spazio nelle raffigurazioni due navi sullo sfondo del mare, in genere l'una commerciale e l'altra una galea da guerra. Gli incisori si proponevano di ricordare in uno spazio cosí ridotto quale quello dell'incisione la duplice presenza, mercantile e militare, dello Stato Veneziano sui mari. Gianesini ricorda inoltre una raffigurazione esistente del leone rappresentato con tutti i simboü che lo caratterizzano ma con la parti- colaritá del libro chiuso e della spada. Questa versione con il libro chiusp indicava tradizionalmente il pericolo se non addirittura le difficoltà di una guerra e nel caso dei proclami della Biblioteca Cívica di Udine questa raffigurazione e frequente in una serie di emissioni del primo e secondo decennio del Settecento contenenti una serie di disposizioni relative ad una presunta epidemia scoppiata in un'area dell'Est, presumibilmente l'Ungheria. Tuttavia lo stesso autore segnala come questa iconografía fosse stata utilizzata anche per argo- menti di carattere fiscale ed è probabile che il signi­ fícate) di dolore che portava con sé fosse utilizzato dai ceti dirigente in particolari momenti in cui si voleva indirizzare ai sudditi un messaggio negativo. Infatti l'an- nuncio che l'autorità generalmente dava a tutti i sudditi era di tipo iconográfico dal momento che il tasso di analfabetismo della popolazione era molto elevato. Nel- B IB LIO TE C A DI B IB L IO G R A F IA IT A L IA N A — ■ - -■ C LV I.............. .......... ....... RAFFAELE GIANESINI I PROCLAMI VENEZIAMI della Biblioteca Civica V Joppi di Udine catalogo e studio del fondo l’iconografia del leone di S. Marco V o l u m e I I L E O S. O LSC H K I EDJTORE M C M X C IX le incisioni contenute nei proclami in materia monetaria la Giustizia è raffigurata seduta sopra uno o due leoni marciani dimostrando cosí l'imparzialità della legge nello Stato Veneziano. Infine l'autore ricorda una raf­ figurazione del leone in cui il libro cede il posto ad uno scudo su cui figura lo scaglione, arma símbolo della città di Udine documentata per la prima volta in un sigillo applicato ad una pergamena del 1385. Secondo l'autore il signifícate di questa rappresentazione fa presupporre un consolidamento dei rapporti tra la città di Udine e la Serenissima, un dato sottolineato dalla Fasoli che, pur criticando la storiografia che riteneva che i rapporti tra Venezia e la Terraferma fossero sem- pre state eccellenti, sosteneva come il Friuli fosse l'unico ad avere un rapporte buono con la Serenissima soprat- tutto per l'apporto di legname e generi alimentan, come sottolineava ¡I Mallett. II governo veneto riteneva particolarmente impor­ tante l'uso del sigillo del leone alato come l'autore ha potuto riscontrare in un proclama emesso ad Udine nel 1706 in cui sono elencate le pene in cui avrebbero potuto incorrere coloro che non apponessero il San Marco su atti di natura giurisdizionale presentati sia al foro del luogotenente che alie cancellerie dei giuris- dicenti. Per questo motivo erano stati fissati con pre- cisione i compiti degli stampatori camerali che avevano l'obbligo di conservare il sigillo. Lo stampo doveva 430 ANNALES ■ Ser. hist, sociol. • 13 • 2003 • 2 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSIONI / REPORTS AND REWIEWS, 427-446 essere impresso su carte pubbliche non prima che fosse pervenuto, da parte delle pubbliche autorità, l'ordine di procedere alla pubblicazione. Tutti i documenti privi del sigillo sarebbero stati considerati nulli rendendo impossibile ogni tipo di procedimiento giuridico. Sui documenti relativi alla città di Udine si prese l'abitudine di raffigurare il leone con lo scudo délia città, laddove lo stesso collegio dei notai cittadini aveva solennemente richiesto la possibilita di utilizzare il sigillo di San Marco negli atti di procedura civile vedendolo corne un elemento capace di garantiré un maggior prestigio ma soprattutto una maggiore legalità. Nel 1686 fu stampato un compendio delle "Leggi per la Patria e Contadinanza del Friuli" contenente una ricca serie di notizie riguardanti la popolazione, il territorio e le istituzioni con riferimento sia a norme di procedura civile che privata. In questa opera la Serenissima decise di presentare quella che avrebbe dovuto essere l'insegna délia Patria del Friuli, una donna vestita di più colorí, incoronata da più torri e armata con lancia e privilegi attraverso uno stile descrittivo e pieno di significati simbolici nei quai i traspare anche la volonta di offrire una sintesi storica dei fatti accaduti in terra friulana e una descrizione dell'assetto territoriale soprattutto dal punto di vista militare. Gianesini rileva corne in un proclama emesso un centinaio di anni dopo l'immagine délia Patria del Friuli sia stata modificata presentandosi nelle fattezze di una fanciulla con accanto il Leone di San Marco, in un'ideale rappresentazione di un rapporto político idilliaco tra lo Stato Veneziano e le terre friulane. L'autore si sofferma poi sulla struttura dei proclami appartenenti al fondo délia Biblioteca Civica di Udine, sottolineando corne contribuiscano alla comprensione alcuni elementi tra cui la coincidenza tra l'organo estensore del testo e l'autorità che si occupava délia trasmissione dello stesso e il fatto che il luogo di stampa e di pubblicazione fossero i medesimi, chiaro indizio délia presenza di un único stampatore in una data area. Un altro caso preso in considerazione è quello in cui il proclama è espressione délia volonta di due autorità istituzionali diverse, corne ad esempio nel caso di atti emessi per volonta del luogotenente e dei deputati di una città. Norme precise regolavano la ristampa dei proclami, che in tal caso erano divisi in due parti: la prima era stilata dal luogotenente mentre la seconda era la ristampa di un atto che era stato emesso dai vari consigli e magistrature veneziane. Le procédure utiliz- zate per la ristampa dei proclami di materiale prece­ dentemente stampato a Venezia sono contenute nel la terminazione del Magistrato sopra Denari pubblicata nel 1737. La procedura indicata ricorda che l'originaria stampa veneziana girava in copia autentica in tutti i territori délia Terraferma per essere riprodotta e diffusa. Gianesini ritiene che, in presenza di reiterati ordini di pubblicazione, la cancellería luogotenenziale stampasse probabilmente in sequenza gli atti che fra loro erano correlati cosí com'erano aggiungendo la data e il luogo dell'ultima pubblicazione. Riprendendo una considerazione del Povolo, che mette in luce la progressiva riduzione dei poteri del ceto notadle trasferiti alia cancellería pretoria, Gianesini ribadisce la maggiore importanza che ando assumendo il cancelliere nelle funzioni più importanti in campo giuridico. II ruolo di questa figura divenne infatti sempre più incisivo soprattutto negli atti di governo destinati alla pubblicazione. II luogotenente si occupava anche della pubblicazione di norme elaborate dalla Patria del Friuli e della loro archiviazione. Sovente negli archivi privati dei notai finivano degli atti di natura pubblica quali quelli giudiziari, per la diffusa abitudine dei notai di ritenere il proprio lavoro come qualcosa di personale proprietà. Questa pratica è testimoniata anche nei proclami della Biblioteca Civica di Udine dove vengono più volte invitati i notai a versare presso le istituzioni pubbliche gli atti da essi conservad gelosamente. II ceto notarile si presentava dunque come una categoría dotata di grossi privilegi e caratterizzata da una con- cezione ereditaria e personale del proprio ufficio, in molti casi accusata di essere difícilmente controllabile. Molti proclami, come sottolinea l'autore, sembrano voler colpire una mancanza di professional'^ della categoría notarile cercando di spingere sempre più verso un'archiviazione generate degli atti rogati a cui avrebbe provveduto la cancellería attraverso rególe precise. Gianesini affronta infine le modalità di trasmissione dei proclami all'interno del territorio di competenza del luogotenente, che nel caso friulano si distingueva per la sopravvivenza di giurisdizioni, entità territoriali e ammi- nistrative dótate di competenze di natura giudiziaria. Queste realtà politiche erano soggette nel tempo a successivi accorpamenti e frazionamenti regolarmente registrad nei proclami. Il modo attraverso il quale il proclama veniva trasmesso è oggetto a sua volta di diversi proclami che ne ribadiscono l'importanza délia diffusione capillare nell'interesse generale di cono- scenza delle norme da parte délia popolazione. Dal l'anal ¡si dei proclami appare evidente la molte- plicità di funzioni svolte dal luogotenente che era obbli­ gato a dare notizia con precisione di tutto quanto aveva fatto al governo délia Serenissima. Molto spesso i luogo- tenenti incontravano delle difficoltà nel far applicare le leggi all'interno delle giurisdizioni. Gianesini ricorda gli sforzi fatti dai luogotenenti per evitare le violenze nei confronti dei debitori insolventi, che spesso erano con- tadini incapaci di opporre una qualsiasi difesa ai capitani di campagna incaricati delle esecuzioni. La Serenissima si sforzava di eliminare da una parte gli abusi dei giurisdicenti e dei ministri di giustizia e dall'altra di evitare i tentavi di elusione dei sequestri ordinati in favore délia cassa pubblica. Per facilitare il 431 ANNALES • Ser. hist, sociol. • 13 • 2003 • 2 POROČILA IN OCENE / RELAZIONI E RECENSIONI / REPORTS AND REWIEWS, 427-446 compito dei rappresentanti territorial i di giustizia fu pi'u volte fatta una riedizione di una sorta di breviario normativo. L'autore mette in luce anche l'uso particolare del clero, principalmente parroci e diaconi, chiamato a svolgere attività non pertinenti alla missione pastorale ma piuttosto di carattere burocratico-amministrativo e sanitario al I'interno del territorio del la Stato Veneto. Una del le attivita nelle quali si distinsero i parroci fu la compilazione di dati anagrafici villa per villa al fine di individuare all'interno del la popolazione le persone abili all'arruolamento. I dati raccolti dovevano essere successivamente inviati alia cancellería di giurisdizione e poi, una volta contrallad, alia cancellería luogotenen- ziale. I parroci avevano inoltre il compito di sotto- scrivere le fedi di sanita ovvero emettevano un certi- ficato contenente il nome, il cognome e Patria, statura, età e peso di una persona. Mentre la normativa prevedeva che nelle citta fossero i deputati ad emettere tali certificad, nelle ville di campagna il compito fu assegnato al basso clero che, a differenza dei deputati, non era regolarmente stipendiato. I parroci inoltre erano tenuti a notificare al collegio notadle la morte dei notai per evitare la dispersione dei documenti rogati mentre erano in vita. I Proclami sono stati raccolti dall'autore attraverso una scheda • comprendente il titolo, l'indicazione del luogo di stampa, il nome dello stampatore e le misure del proclama, un regesto, la descrizione dello stemma e le sottoscrizioni delle autorità e del le magistrature eminenti e l'incipit del proclama stesso. L'autore nota come nello studio del Fondo dei Proclami del la Biblio­ teca Cívica di Udine un enorme vantaggio sía stato dato dalla possibilit'a di confrontare i dati con le voci poste in successione alfabetico-cronologica contenute nel sette- centesco catastico dell'Archivum Civitatis Utini. La pubblicazione di questo primo volume del Fondo dei Proclami del la Biblioteca Civica V. Joppi di Udine si inserisce in un programma di riordino e di conoscenza sistemática dell'intero patrimonio del la Biblioteca Ci­ vica udinese, un riordino fatto in adeguamento alie normative catalografiche vigenti secondo le indicazioni date dalla Guida alla Catalogazione SBN- libro antico dell'ICCU. Lo studio dei proclami permette di conoscere attraverso una nuova angolazione i rapporti esistenti tra governanti e governati nelle terre del la Patria del Friuli mettendo in luce il ricco corpus di norme che ne regolava la vita. L'autore permette quindi di definiré con maggiore precisione quella rete di rapporti talora con- flittuali tra i rappresenti del potere ¡stituzionale e po­ lítico, quali il luogotenente, i deputati del la Patria, il collegio notarile e il clero chiamato a svolgere una funzione amministrativa e burocrática tra la fine del XVII e la meta del XVIII secolo. Miriam Davide Furio Bianco: NEL BOSCO. COMUNITÁ ALPINE E RISORSE FORESTALI NEL FRIULI IN ETÁ MODERNA (SECOLI XV-XX). Udine, Forum, 2001, pp. 159; CONTADINI E POPOLO TRA CONSERVAZIONE E RIVOLTA Al CONFINI ORIENTALI DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA TRA '400 E '800. SAGGI DI STORIA SOCIALE, Testi e fonti 10. Udine, Forum, 2002, pp. 151 Nel panorama storiografico concernente gli aspetti sociali delle comunita agricole di antico regime ai confini orientali del la Terraferma veneta, dobbiamo ricordare i recenti lavori di Furio Bianco. Quest'ultimo, analizzando la ricca documentazione conservata negli archivi di stato di Udine e di Venezia ma anche negli altri archivi e biblioteche del Friuli (Belluno, Gorizia, Pordenone, Tolmezzo, San Daniele, Vigo di Cadore ecc.), ha potuto sondare alcuni aspetti del la vita agreste delle popolazioni situate nei territori orientali del la Dominante. Lavorando su una mole non indifferente di fonti primarie lo storico Furio Bianco rappresenta le secolari consuetudini del la vita all'interno del paese e/o del villaggio e le reazioni del la comunita stessa di fronte ai cambiamenti che la interessano da vidno. Le rególe non scritte del popolo contadino, situato tra le Alpi e la pianura, avevano contraddistinto il vivere quotidiano dello stesso, e giovava anche agli equilibri di un deter- minato gruppo umano. Merita ricordare come l'autore abbia evidenziato i meccanismi che portavano la co­ munita a ripudiare i cambiamenti che avrebbero stra- volto il vivere della stessa, interrompendo cosi quel sistema di interazione tra la collettivita del contado ed i centri del potere. Vengono tracciate anche le cause dell'insurrezione contadina del 1511, che aveva coin- volto parte del Friuli oriéntale. Bianco avverte che, nonostante la vasta eco di questo evento, non dev'es- sere omesso che tumulti e violenze scoppiavano peri­ ódicamente nella campagna friulana, a testimonianza dell'endemica insubordinazione delle comunita nei confronti dei signori. Se spostiamo I'attenzione ai territori asburgici dell'attuale Repubblica di Slovenia osserviamo anche cola tutta una serie di rivolte contadme che coínvolsero un ampio territorio nel corso dell'eta moderna. La storiografia jugoslava, a differenza di quella italiana, ha ampiamente affrontato tale problemática, dedicando all'argomento numerosi studi. Tra gli storici che mag- giormente si sono soffermati su codesti problemi ricor- diamo Bogo Grafenauer, che negli anni '40 e '50 dello scorso secolo analizzo lo svilupparsi delle insurrezioni contadine in Carinzia e nelle rimanenti regioni slovene mentre nel 1962 diede alie stampe il volume Kmečki upori na Slovenskem (Le rivolte contadine in Slovenia). Gli studi affrontarono l'aspetto delle rivolte contadine anche atraverso le varié espressioni artistico-culturali. Si ricorda percio il volume miscellaneo Kmečki upori v slovenski umetnosti (Le rivolte contadine nell'arte 432