Anno II. Capodistria, Aprile 1904. N. 2. PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE L'efezione del doge Marino Grimani e ima cauzone inedita. L' elezione del doge Marino Grimani, clie il 26 Aprile del 1595 successe a Pasquale Cicogna morto 24 giorni prima, fu assai burrascosa ne i buoni veneziani sapevano darsi pace che il Dogado avesse a patire cosi lunga vacanza. E tanto giubilo arreco loro la sospirata nomina che «furono levati i Banchi di Palazzo, e Botteghe portate in Piazza per la Sensa, et bruggiate, come segui del legno, dove si da la Corda per eccedente allegrezza della Plebe.» Cosi leggesi neH'aggiunta al Caroldo ') donde quest' altre notizie aneora čredo utile spigolare: «La notte precedente al giorno di sua ellettione furono sen-titi alti strepiti Popolari in rio di Palazzo, et alle Porte con gridi di voler questo Doxe, il che pose qualehe pensiero, e pericolo nella Citta. II giorno seguente si feee dispensare gran quantita di pane, e vino a Poveri et a Traghetti della Citta un Mastel di vino per uno et un sacco di Pane, in modo che quasi tutto il Pane delle Pistorie fu dispensato, nel portarlo intorno alla Piazza, era con 3 suoi generi, et un Nipote, che con 1'Armiraglio erano 6: e getto molta quantita di danari, che teneva in 3 Bacili i d' Argento. La Dogaressa parim.'" con 3 sue figlie gettarono da balconi di Palazzo buona somma di dennari, si che il Popolo per molto tempo doppo, ogni volta che vedeva, il Prnpe gridava altam.'" Viva Viva. Nelle Piazze la notte seguente furono fatti dal Popolo gran fuochi che bruggio i Banchi de Tribun." et intorno la Piazza, e tutto il legname che puote havere con danno Publico considerabile, e partico-lare aneora» *) Vedi codiee mareiano it. el. VII N. 142 p. 339 e cfr. anche Ro-manin : Storia documentata ecc. Tomo VI — Parte III p. 421. Ma le furon bubbole in confronto dei delitti poetiei che si perpetrarono! Le Muse non tacquero: il nome del nuovo eletto troppo si prestava ai progoni de' secentisti per isbizzarrirvisi a loro agio colle piu strampalate fantasie! Tu risiedi nel Mar, e un' altro Mare In te siede, e riposa, Mar' in.......... esclama, rivolto a Venezia, in una canzone Paolo Boži vero-nese che al nome della sua patria par ci tenesse molto se in un sonetto, scritto nella medesima occasione, trovo modo di pregare il Grimani a non isdegnare i suoi accenti Almen dal VERO NA ti ... . E che dire del R. P. M. Lorenzo Arrighi, Orocifero bolo-gnese, il quale si desiderava che non piti il cielo .........cresca 1' onde Con 1' onde, che da 1' onde attraer suole v E chi non sorridera alla sciocca imagine del Hig. Fantino de Fanti che in un innocente sonetto affermava: Un diluvio di lingue alza a le stelle il nome del nuovo doge? E taccio di M. Gioseffo Policreti, di Giulio Nicoletti e degli altri ancora che non si peritarono in tale occasione di mal ridestare al canto 1' insonnolita Dea. l) Miglior cosa parmi invece far conoscere una canzone scritta in vernacolo veneziano e da me ritrovata in un codice della biblioteca di S. Marco insieme con varie altre curiosita che sto preparando. E la voce sincera d' uno che del trambusto suscitato dal-1' eleaioue del doge si doleva aspramente e ben consigliava i votanti, nel nome di Dio, a far buona scelta e sollecita. Del *) Vedi «A1 sereniss.™0 Prencipe di Venetia Marino Grimani Raccolta di Compositioni diverse et de diversi Auttori. In Venetia Appresso Horatio Larduccio MDXCV.» Che se aleuno voles.se traseurare il rivolo innocuo della poesia d' occasione per ingolfarsi nel torbido e flessuoso torrente prosastico dalla medesima sorgente scaturito consulti le «Orationi fatte al Ser.m(> Prencipe di Venetia« ecc. ecc. stampate nella citta stessa il MDXCVII o anche «Le glorie immortali del ser.m" Prencipe» ecc. ecc. «In Venetia, appresso Francesco Bariletti MDXCVI» che contengono tutte le precedenti orazioni meno poche. norae deli' autore e detto qualchecosa nella noterella ch' io lascio tal quale accodata alla eanzone come sta nel codice: non piu mi t'u dato rinvenire. Ed ora uditelo in buona pace. Antonio Pilot Caiizon fatta nelFoccasion della creation iii Principe1) He Marin Uriinani 1595. Tra quei, che. tutto el (li, sera e mattina se reduse alle camere ducal, E in fazza alla illustrissima cusina, 2 Da spasso aH' appetito interno ai ori, con mille inconiparabili saori, sorte cruda e fatal Da nuove ferie, e, da sede vaeante anehe mi me condusse, con speranza d' aldir nn di sta ose, 3) Che dig-a 6 fatto el Dose ma perche intanto con mio danno vedo, che passa il tempo e le speranze e buse 4; E sta solo con stan te El fredo de sto in verno e 1 ijuarantaun, Per non poder durar pi 5) in sto dezun Signori, canto, e s h pur Dio el mio cuor, se ho causa d' allegrezza, o de dolor. Potta u>, che stravagaute, novitae se i n tra in la testa k chi xe la serai, De tegnir interditta sta eittae E no far in t' un tratto un che sia cao 7) De tutto sto Dogao, Xe pur tempo horamai Che daspuo s) cusi lungo tonizar Scopia sta nembaizza,101 E sia po su la testa de chi vuol No ghe spendo un fasuol ll) Pur che. se dag a fondi e che titiissa d' insir^n farse vedar sta novizza.l:f> Xe pur forza parlar ghe xe tanti soggetti, che saria Degni no d' un dogk ma monarehia E no se trova vinticinque ancora che, vogia gove.rnar sta tanta bora. Adesso ogniun par libero talmente che chi no ha respetto ai so maxori mena la lengua stravagantemente, La zentagia, le femene, f- i fachini i pulti e i fantolini con strepiti c romori ■su le publiche piaze e per la strada senza nissun respetto vuoi descorrer de stado, e de fattion, con la so opinion, E chi dise pi zanze 11) e piu stampie 15'i Porta via el nome de bel' intelletto, Questo che non aggrada A chi intende le cose del regnar, E che vuoi ben ti chi puol doininar, t'a che anche appresso tutto qnanto el resto, ogni bon cittadin vuoi Dose presto. Chi e che habbia il cervel san e ghe piasa sen tir a sublimar piu quel, che questo, E braniar questa piu che quella časa, No v a el valor e '1 merito del par, che ogniun puol doininar, Donca quanto piu presto Publiche el Dose e destrighe sta piva,i(i) che 6 griniani, 6 sagreo, o Dona, o foscarini, 6 qual se vogia insiremo de dogia. E eantando 1' ossanna deli' olivo, Al criar de caldiera e al son de speo, 17 seuiene un viva viva che con piu degno incenso deli' antigo, Levandove anche vu da un dolce intrigo, chiamave in piazza per el di seguente A sunar la nionea tutta la zente. ls) Mi non ho ditto mai quel che voria, perche tutti me aggrada e me eompiase, oltra che il dirlo e una minehionaria che in le cose de principi de sora La man de Dio lavora, Piu dise, chi piu tase, E pi prudente e chi manco se intriga, in quel che no ghe importa, E sia el Principe pur o bon, 6 rio, se e volunta de Dio che un hoino bon no teme un sig.r tiero, ne zova le carezze a carne morta, chi drettamente righa 110 vasta '"j malamente el so lavor, E a chi ben vive piase ogni signor. voria ben dose la mia voluntae un che arrichisse la mia povertae. Ohime, 1110 che, piaser togio tal volta a sen tir un che dise, ho mi la bona ballotation, e un'altro, che 1' ascolta, fradel dise, fal6, per che el tal di LA, non xe sta cusi, L' 6 sta la tal persona De qualche auttoritae, che me 1' ha ditto, La so da ban d a eletta, E spesso k tempo, che vien suso i piatti 2(>) se sen te cento matti che dise k un muodo, 6 k un' altra fozza 21) 1' altro, E nome n) el zorno dri o se ha, la perfetta, Duncha per quel che ho scritto E per el zelo, che h a ve de ste bagie 23 j •Tagie presto la strada a ste canagie, che se dieba 24) avantar per ogni lai 25) Dt**saver quel che fe lasu serrai. Voleu far presto, co 20) se dise, e san, Tollš la balla e po feve la crose, pregando Dio, che ve mena la man, ma no da mezzo di ne verso sera, tempo che tutti e, in guerra, che 1* ora de far Dose vuol esser la matina k sol leva, vuodi 27) d' ogni rancor daspuo lava la bona intention dentro alle oration, E co have nomiiiA quel, che vien fuora chiamando il s.r Dio, dise signor Dago sta balla alla to volontA, E dove ve trove, lassela andar, che lu sa po, che Principe el die 28) far. Accette il mio consegio, che in tun tratto, vu, sare susi 20) e, '1 dose sark fatto. Se in s ti mie versi ghe niente de bon sig." Quarantaun, questo 110 sia per defraudarve il galder del sturion,30 Perche, chi ha sorbio il mar tal volta, ho aldio,11 Puol bever anche el rio, sia Domeneg'a sia Questo quel di, brama con tanto cuor, che 1 sol lieva del letto A son de trombe, e strepito de vose Piene de viva el Dose, De quel nome 6 časa, che piase a Dio, O che di san to, o che di benedetto fuora deli' ordenario da lavor, che donne e pulti e tutta sta Cittae, Propinqua ol confalon do sto sonato Al cancolier de Dio nostro avvocato. Canzon mia strapazza Parto del mio pensier, e del inio cuor, se fosse man eosi cortese e pia che te mettesse, ovo o dolco preson, tanti signori studia ol nostro bon So bon ti non ha ciera ®) do zovar, so nomo a qualchodun, che va it.,.. 33 Pur stando viva fin al Doso o.letto Raccomandegho ol pare dol Foleto. *) * i il Foleto fu un Putto, che recito il Prologo nella Tragisatiricomica del Leoni31, si che suo Padre e 1' auttore. N O T K ') Haiul ignota loquor ma indispensabili per bon comprendere il significato di vari accenni nella canzone. Durante 1' intervallo tra la morte d'un doge e 1'olezione del nuovo scelto il piu vecehio de'Consiglieri fun-geva da vice Doge e le, porte dol Palazzo rinianevano tutte chiuse. Celebrate, tre giomi dopo, lo eseijuie, e noniinati, nel di segnente, 5 Correttori e 3 Inquisitori, i primi dovevano esaminare se alcnna nuova loggo dovesse introdursi che il nuovo doge avesse ad osservare e alcuni errori correggere in eni il defunto fosse ineorso, gli altri dovevano inquirere sililo azioni di quest' ultimo e ponderaro, se le leggi avesse debitamente obhodite. C0111-piuta tale bisogna si radunava il gran Consiglio : chiuse le porte e numerati i preseliti si ponevano in un'urna 30 «ballotte» dorate con un contrassegno 0 alcune argentate fino a raggiungere il numo.ro de' preseliti. II «ballot-tino» estraeva le pallottole a nome de' vari consiglieri : se argentata si metteva in un' altra urna o il consigliere usciva subito dalla sala, so dorata il eancelliere proniinciava il nome di colui pel quale era tratta, che. tosto da due Segretari era condotto in una stanza fuori della sala e. por tutti i famigliari e parenti suoi si estraevano tante «ballotte» argentate quanto n' era il miniern : essi non potevano piu accodere ali' urna e se ne anda-vano. I 30 che avessero estratta la «ballotta» dorata prendevano poi parte ad una nuova votazione por la quale erano apprestate 21 «ballotte» argentate in un' urna e 9 dorate. I 9 consiglieri pei quali nuovamente il «ballottino» avesse estratto le dorate (gli altri se n'andavano ridotti in un' altra stanza tanto vi stavan rinehiusi fino a che, per suffragio, avessero eletto 40 membri di 40 famiglie diverse i quali, a lor volta, radunati in una stanza, fuori del Consiglio, prendevano parte ad una nuova votazione. Venivan collocate in un' urna 28 «ba!lotte» argentate e 12 dorate : eoloro che estraevano cjuest' ultimo, nuovamente rinehiusi eleggevano, por suffragio, 25 membri di 25 famiglie diverse. Seguiva un' altra estvazione pei 25 e una nuova urna s' apprestava con 16 «bal!otte» argentate e 9 dorate: eoloro che estraevano quest' ultimo nominavano 45 membri di 45 famiglie diverse 1 quali poi eran chiamati dinanzi ad un' urna contenente 34 «ballotte» argentate e 11 dorate. Gli 11 che estraevano le dorate, per suffragio e, con giuramento, eleggevano flnalmente 41 membri di famiglie diverse ed eran questi gli elettori del Doge. 2) cucina : si allude al fatto ehe i radunati pel voto 11011 potevano uscire e quindi nell' interno del Palazzo si doveva provvedero ai vari pasti. 3) voce. lj busa propriamente equi vale a buča : qui parnii preferibile accostare il (letto al veneziano d' oggi: le. mie spercinze. xe andae sbuse cio&: m' in-gannarono. 5) piu. u) esclainazioue coinunissiina, 7) capo. s"i dopo. 3) nel codice k un verbo piu espressivo ma troppo volgare per po-terlo ripotere qui. 10) Bellissimo vocabolo che vale, coni' k evidente, ad uragano, tem-pesta orribile. Piu sotto il poeta si servira d' un' altra espressione consi-mile : «sta tanta bora«. ") non me n' iinporta 1111 cece. 12) uscire. 1:i) Colei che s' e di fresco maritata o anche semplicemente proinessa. Qui 1' espressione, applicata al nuovo doge e bellissima e, direi quasi, piena d' affetto. ") ciancie. 15) balordaggini. 10) II Boerio non da che i vari corrispondenti signiticati in italiano: qui, evidentemente, trattasi d' altro senso facile a rilevare se non a ti L di logica certo al lume della ragione. n) Pentola il primo, spiedo il secondo : con non dissimili cennamelle celebravano i buoni sudditi della Dominante 1' elezione del nuovo doge ! 18) A raccogliere la moneta. Allude alla nota costumanza di cui parla anche il mio istorico citato. 10) guasta, rovina. vedi al 11. 2. n) foggia. 22) solamente. 23) baie. 24') debba. 25) per ogni parte, in ogni dove. 2B) come. 27) vuoti, pri vi. 28) deve. 2i)) non meglio mi venne dato di leggere la parola nel codice. Suxo e.quivale a su : sarebbe questo un plurale per dire: Voi sarete su, ciofe: voi avrete flnito il vostro coni])ito? La congettura, 11011 lo nego, e molto ardita. :,n) per togliervi il godere dello storione. Cfr. 2 e 20. ;)1) udito e cosi aldir nella prima strofa = udire. 32) aspetto, apparenza. :!3) il termine volgaretto che sopprimo s' intuisce. 3l) E' qui ricordata la «Roselmina : Favola tragisatiricomica di Lauro Settizonio da Castel Sambuco. Reci ta ta in Venetia, l'anno MI)XCV da gli Academici Pazzi Amorosi. In Venetia MDXCV Appresso Gio. Battista Ciotti Senese. Al Segno della Minerva«. Lauro Settizonio altri non e che G. B. Leoni academico veneziano la cui impolverata figura daro forse, un di o 1' altro, monda e pulita al sole. Nella tragisatiricomica anzidetta il Foletto cosi da principio al Prologo : «Cosi ardito, cosi pronto, cosi ritto, bello, bianco, con questo berettino rosso, čredo, che ogni uno mi eonosca ; et specialmente voi bellissime Donne, se ben al solito vostro, con 1111 riso simulato, con isguardi fuggitivi, et incerti, raffigurandomi gentilissima-mente, mostrate di non conoscermi. Ma come si sia, perche non habbia persona a dubitare, di esser ingannato da me : lo mi dichiaro di essere il Foletto, che voi altri Sig. Venitiani chiamate il Mazzaruolo . . . .». E noi contenti di conoscerlo almeno per queste poehe parole cui altre, necessa-riamente, non possiamo aggiungere. 60 PAGiNE ISTRlANK II prato maiiore ii Pola ed i siioi impaludamenti (a proposito d'una lapide teste linvenuta a Pola i. Fra le pietre scolpite che la Mensa vescovile di Parenzo-Pola eonsegnava in custodia al Museo civieo pole.se, pietre le quali fino al Maržo 1903 stavano aramucehiate nel cortile del demolito palazzo vescovile, esiste la seguente iscrizione lapidaria: MVNIFICENTIAE VENETI SENATVS PROVIDENTIAE VVIKVM 8ANITATI PROCVRANDAE AERIS INSALVBEITATI PROSPICENTIVM PALVSTRIBVS AQVIS BVBLATIS PRAESIDE PASCJVALE CICONIA OPTIME MERITO .....NSES PVBLICE .... DCCLXXVI1I La lapide & di calcare stratificato del territorio di Pola, le lettere sono belle e portano traceie di doratura. La pietra e niancante d' un pezzo inferiore a sinistra. II testo della lapide allusivo ad un provvedimento di somma importanza sanitaria per la citta, desto in me il desi-derio di conoscere quali paludi il collegio di sanita polese sotto la presidenza del Conte e Provveditore Pasquale Cicogna a spese del governo veneto avesse interrato e do])o non poca tatica scopersi che si trattava d' una palude, che un po' alla volta s'era formata siill'area del Prato maggiore o Prato grande. Partendo dali' arco dei Sergi s' arriva alla distanza di circa 800 metri ad un prato lungo pure 800 metri e largo dai 100 ai 300 metri, attraversato nella sua lunghezza da un canale. E conosciuto sotto il noine di Prato maggiore o Prd grande, per distinguerlo dal Prato piccolo, che una volta ne formava la prolungazione verso la marina e che ora 6 occupato parte dalla Via Promontore e parte da fabbricati e da orti. L' attuale altezza del terreno sul livello del mare e in media di 2 metri. II prato pero e circondato verso Nord dalla collina di kS. Michele alta 32 metri, ad Est dal colle di 8. Giovanni alto 20 metri e verso Sud dal Monte Cappelletta alto 41 metri e dalle sue pro-paggini verso levante con altezze di 49, 46 e 32 metri. Nella direzione verso la marina invece lo limita il colle dello Zaro alto 31,7 metri, si cehe 1' unico sfogo al mare trovasi fra que-st' ultimo colle e quello di kS. Michele. Fino a 30 iinni or sono il prato dopo le grandi pioggie s' allagava e non avendo un defiusso verso la marina 1' acqua soffermandovisi formava una palude, elie specialmente nella state era causa di miasmi. Nei tempi antichissimi ed anzi nell' epoca romana il prato trovavasi ad un livello piu alto dell'attuale e si puo anzi am-mettere che ponendosi quale base del calcolo un nbbrtssamento secolare di 2 centimetri da molti ritenuto, il prato ali' epoca d'Augusto si trovasse rtd un livello di 38 centimetri piu nlto deli' attuale, il che facilitava il defiusso verso il mare ed im-pediva 1' allagamento. Una tradizione che vige ancor presen-temente narra che il prato aH' epoca romana fosse pavimentato e che su di esso i legionarii romani s' esercitassero nell' uso delle armi e realmente ancor presentemente lo si chiama eziandio Campomarzo o Campo di Marte. Ai suoi fianchi esistevano allora ville ed abitazioni; non lungi dallo stesso verso levante i Flavii s' erano eretta una villa, di cui oggi restano ampie rovine nella localita Foiban, in cui sta adombrato il nome di Flavianum portato dalla villa. Al suo limite verso S. Giovanni era il tempio della Felicita, silile di cui rovine ali' epoca bizantina s' eresse sontuosa basi-licrt a S. Giovanni ed a S. Felicita, e lungo i suoi margini ai fianchi della via Flanatica (ora Via Medolino) ed al versante orientale dello Z;iro i romani avevano collocate le urne cine-rarie ed i sarcofaghi marmorei colle ossa dei loro morti, di cui ancora oggidl vengono negli sterri alla luce degli esemplari intatti od i loro frammenti. Dante li vide quei sepolcri e si dice che dali' alto del colle di 8. Migjiele ove a veva trovato ospitalita in quel convento, contemplasse quello spazio ove «Fanno i sepolcri tutto il loeo varo». Pero gia ai suoi tempi il prato aveva cominciato ad im-paludarsi. La sua superficie s' era talmente abbassata da sof-fermarvisi le acque clefluenti dai circostanti colli e Pola che una serie di disgrazie aveva gia ])Osta sulla via della deca-denza non godeva piu della salubritk dei tempi di Cassiodoro, della *coeli admiranda temperies*. La malaria, piaga, che assieme alle pesti orientali in pochi secoli riduceva Pola nella massima deiezione, s' era gia presentata e forse prima fu Pola fra le citta deli' Istria a sentirne gli effetti. E ne abbiamo una testimonianza nel fatto che il console eletto di Pola Angelo Baozi ottiene nel giugno 1320 dal veneto senato d' allontanarsi dalla citta per sei raesi *propter corrupt tonem aeris» '). Pero la citta, che aneora contava niolto, non si stette colle mani alla cintola ed al capitolo X dello statuto riformato del 1431 prendeva delle disposizioni atte ad opporsi ali' inipa-ludamento dei prati: «E similmente li fossati del praticello dal ponte di pietra del prato maggiore tino alla ripa siano tennti farli nettare dalli Patroni delle possessioni ogni anno quante volte šara necessario talmente, che 1' acqua corra alla ripa sotto pena de soldi 100 de piccoli per ciascun Meriga, et ogiiuno possi accusare, et abbi la meta di dette pene, e similmente devono aver cura, et attendere con ogni sollecitudine, et diligenza del fossato del Prato maggiore sotto predetta pena». Risulta chiaro quindi che ali' epoca della riforma dello Statuto nel 1431, il Prato grancle s'allagasse e che al le sue esalazioni s' attribuisse specialinente lo sviluppo delle febbri nella citta. Anzi quando per la diminuzione di popolo e per molte altre disgrazie la citta non poteva corrispondere esatta-mente alle esigenze delle disposizioni statutarie, ed il canale andava un po' alla volta colmandosi d' erbe e di tango per cui il prato s'allagava, piovevano al Senato veneto le lagnanze dei rettori, chiedenti dei soccorsi da parte dello Stato. Cito fra queste come la piu eloquente, la relazione diretta al Senato veneto dal provveditore in Istria Giacomo Renier li 8 ottobre 1585: «Poco fuori della Citta nella parte del mezzogiorno, si at-trova un laco d' honesta ampiezza, pošto alle radici d' un monticello chiamato il Zarro, anzi serrato et circondato dal predetto monte del Zarro, et dal monte di S. Michiel, fuori del quale si veggono, et specialmente li tempi deli' estate, uscir alcuni vapori et fumosita generate et attratte dalla calidit& del sole, et dalla humidita dell'acqua morta, che continuamente in poca o in molta quantita dentro esso s' attrova; i quali non potendo essalare per essere difesi da tutti i venti, eecetto che dagli australi che sono appunto li nocivi, vengono portati dal-I' austro nella detta citta, et di questa sua corruttione ne segue ') Documenta ad Forum Iulii, Istriam, Goritiam, Tergestum spec-tantia. Atti e Memorie della Soeieta istriana d' archeologia e storia patria, XII, 6. un manifeste segno, poiche suole indurre un sonno grandissimo in quegl' habitatori, cosa che per commun giudicio 6 di molto danno ali' aria di quella citta. Questo dunque se fusse atterrato saria grandissimo bene». Sembra pero che i Polesi un po' alla volta s' adattassero alla presenza di quel lago e che si dimenticassero del tutto il Prato maggiore menzionato dallo Statuto. Ne deploravano tut-tavia le sue qualita di palude e 1' accusavano quale causa principale della malsania della cittii. I lavori prescritti dallo statuto venivano eseguiti, pero solamente lungo il canale di scolo e probabilmente con molta superticialitii ed anzi di ma-lavoglia, perche ai proprietarii dei fondi attigui rendeva noia 1' obbligo del lavoro ed al rimanente dei cittadini 1' escavo del fosso rendeva difficile la pešca dei bisati (anguille), come s'ap-prende da un documento posteriore. Se 1' apatia da cui era invasa la popolazione di Pola di quell' epoca, attesa la desolazione delle sue condizioni econo-miche e sanitarie, la rendeva indifferente al chiedere dei prov-vedimenti al Governo, questi, cui interessava di poter rendere abitabile la fortezza, decidevasi ben presto d'allontanare la palude od il lago del prato maggiore. Avveniva quindi che nel Febbraio 162y il Senato incari-casse il Provveditore Contarini d' informare quale spesa ci sarebbe onde asciugare il lago, che si riteneva fosse di-pre-giudizio alla salute '). Avute le necessarie informazioni il Senato ordinava li 2 gennaio 1630 al Provveditore in Istria Surian di applicarsi con zelo, oltrecche ad alcuni lavori fortificatorii, ali' esecuzione deli' opera*). Dirigeva il lavoro 1' ingegnere francese Deville al servizio della Repubblica. II lavoro venne perfettamente eseguito e 1'ingegnere ri cevette li 24 maggio 1631 un elogio dal Senato. Onde il prato che emergeva si mantenesse asciutto venivano dal Conte e Provveditore di Pola Vincenzo Bragadin ancora nel 1638 ri-messe in vigore le disposizioni statutarie prima citate e ga-rantito quindi lo scolo delle acque verso il mare. Veniamo ora alla lapide per Pasquale Cicogna. Durante il decorso d' un secolo spariva di bel nuovo il prato maggiore e trasformavasi non piu in un lago, ma bensi in una fetida 1) Senato mare. — Atti e Mem. cit. XIII — 34. 2) Rettori. - Ibid. XVIII - 3. palude. Le febbri aumentavano nella citta c la desolazione di Pola andava di pari passo, la spopolazione progrediva e gli sforzi fatti dal governo onde opporsi al male a liulla giovavano. Nella seconda meta del secolo XVIII s'era a peggiori condizioni di cento anni prirna. II lago od anzi come ora lo chiamavano da palude» s'imponeva agli occhi del governo ecl ad essa s'attribuiva la triste condizione sanitaria di Pola. Nel frattempo il governo veneto nominava a protomedico per 1'Istria il medico condotto di Capodistria Dr. Ignazio Lotti ed esonerandolo degli impegni di quest' ultima carica, affidava allo stesso 1' amministrazione sanitaria della provincia.') Egli visitava Pola nel Settembre 1776 ed assieme ali'ingegnere Avvesani rilevava i danni che derivavano alla citta dalla palude e ne proponeva 1' immediato interramento. 11 governo decretava in data 5 ottobre dello stesso anno 1' esecuzione di quel lavoro a spese dello 8 ta to e lo affidava al tenente ingegnere Pietro Antonio Lether, che per averlo effettuato con tutta diligenza veniva con deciso del Senato del 22 Aprile 1779 rimunerato con 50 ducati oltre la paga. Deve quindi ammettersi che a termine del lavoro la palude fosse stata di bel nuovo posta ali' asciutto. I Polesi riconoscenti vollero eolla lapide rendere perenne la loro gratitudine al governo, al loro collegio di San i ta ed al preside dello stesso Pasquale Cicogna. Passati pero alcuni anni le cose tornarono allo stato primiero e la palude ricomparve sul sito del prato maggiore. Nel 1786 cioe otto anni dopo il compimento deli'opera con-templata dalla lapide i fossi di scolo non funzionavano piu e le pili fetide emanazioni esalavano dal prato ridotto a palude. Eccitato da siffatte condizioni il collegio di Sanita di Pola prendeva li 26 Luglio 1786 la seguente terminazione, che per la sua importanza riporto nella sua integritet. 2) «Eidotto questo Colleggio di Sanita nel Puhlico Pret. Pa-lazzo alla p res. di S. E. Con. e Prov. ove letto il pres. Memo-riale,3) sopra 1'urgente e importaute argomento della Salute di ') Senato mare — Atti e Meni. — cit. XVII — 244. 2) Da stampa di lite esistente nell' arehivio storieo di Pola. :!) Vale a dire un' istanza del Consiglio della citta eol quale chiedesi che si oblilighi tutta la popolazione di Pola a proporzione di fainiglia ali' eseavo dei fossi del prato. E singolare la relazione di causa in cui questa abbatiita Popolazione, che gia principia a risentire i malori derivanti dalle maligne esalazioni delle circondiarie Acque stagnanti, e Fanghi marciosi esistenti nei Fossi dalla Palude fino alla Marina, da quali viene impedito il Corso d'esse Acque al Mare, come ad evidenza rissulta, e viene convali-dato dalle prese informazioni di questo Eccell. Medico fisico. Pero persuaso il Colleggio di essere in necessM, e dovere di prontamente ripparare ali' istantaneo bisogno con un lavoro, che t'u in parte ommesso dopo il 1778 onde impedire possibil-mente il progresso deli' in termita ; I In ordinato seguendo la con-suetudine, e la ragione, che sia commesso a Sindici attuali di questa Popolazione perche senza dilazione, debbano ordinare per turno una persona, capace per ogni famiglia, aecid in numero poi distribuito alla giornata debbano intervenire ali'e-scavo de' Fossati suddeti impediti, per renderli mondi dal Fango e dali Erbe corotte, fino che sia facilitato il Scolo dell'Acqua, con che si puo sperare miglioramento ali'Aria, et agl' Individui di tutti questi abitanti. Dichiarando di non essere in opinione il Sp. Sigr. Antonio Varini uno de Proved. attuali del Coll. in quanto all'ordine, approvando per6 la massima, che tanto etc.» pongonsi le esalazioni della palude collo sviluppo delle febbri. L'istanza o memoriale dice : dai quali (ristagni) ne «derivano vapori fettenti, atti a far esalar il calor da matterie eorrote, e da umori distemperati pregiu-diziali ali' umano individuo, specialmente nell' Estate in eni non essendo 1' Arria immobile dal Freddo come nel Verno, che lo conc.entra nella cosa odorosa, porta facilmente gli odori al Senso deli' odorato con sovertimento della Salute, tesoro piu precioso della nostra breve, e misera vital eondi-zione». Osservazioni ingenue di profani alla medicina, che pero trovano il piu curioso riseontro nelle espressioni deli' Abate Toderini che deseri-vendo 1' Istria nel 1787 (vedi il lavoro pubblicato nell' Istria di Kandler IV anno 181!) N. 21) parla delle sue condizioni sanitarie nei seguenti termini : «L' aria generalmente e buona.... Priva di paludi, di copia di zenzale ed altri insetti che regnan nell' arie nocive, vi dominano i venti boreali, che trasportano le esalazioni, ed i vapori condotti dai venti del Sud, che sono 1' altra qualita dei venti che vi regnano, e che d' ordinario producono la serenita e salubritš, deli' aria. Per altro se 1' aria manca di sua perfe-zione in alcuni paesi, dipende specialmente dal poco numero degli abitanti«. L' accenno deli' Abate Toderini alla mancanza di zanzare ed alla contem-poranea salubritft. deli' aria, mentre sta in perfetta relazione coll' idee pa-togeniche attuali sulla malaria, indica esattamente che la presenza di tristi esalazioni nelle vicinanze di Pola, portava con se abbondanza cli zanzare e di febbri. (Alessandro Bon Con. e Prov. (Bartolomio Antonio Cattaro Prov. alla Sani ta. (Gio: Chersevani Prov. alla Sanita. Ad onta di lite mossa dai Sindaci del popolo il lavoro venne eseguito da tutta la popolazione verso rimborso delle spese. Pero pochi anni piu tardi, nel 1798, il Dr. Arduino medico della citta di Pola annotava in una sua relazione ali' i. r. Govorno provvisorio austriaco, che una delle cause delle febbri in Pola — e ne ammetteva molte (li certo strambalate — fossero «le acque stagnanti che cuoprono i contingui prati» ed il protomedico della provincia Dr. Vineenzo Benini, che risie-deva a Capodistria, nel riferire al Governo sulla relazione del Dr. Arduino, proponeva il prosciuganiento di qnelle paludi '). Non si ha memorie se si esegui il lavoro allora o nei tempi della dominazione francese. Neppure nei primi decenni deH'attuale dominazione non si penso al prosciuganiento della palude formatasi sopra il prato grande e piccolo. Quando nel 1846 le prime navi da guerra austriache pre-sero stazione a Pola, i due prati erano coperti d' acqua e di estate s'impaludavano. II canale scavato neH'e])Oca veneta era ridotto a poca cosa; solamente al termine del prato piccolo> il quale allora s' estendeva lino dove ora e il Casino di Marina, eranvi traccie del canale principale, che in quel sito sboccava in mare; anzi a quell' epoca sulla pietra d' angolo del piccolo ponte di pietra, che lo sormontava esisteva una iscrizione latina del secolo XVII, pietra che ricordava i meriti del governo veneto, che coll' cscavo del canale aveva tentato di allontanare le pestifere febbri da Pola II governo austriaco cui stava a cuore il combattere le febbri, pose specialmente occhio sulla presenza di quella palude ed in base al deciso commissionale del 1857 ed ad un parere medico emesso nel 1864 veniva deciso di asciugare ambo i prati mecliante escavo d' un canale che li attraversasse e con-ducesse le acque al mare. A sitfatto lavoro si diede principio nel 1868 e nel 1870 era compiuto. Piu tardi si faceva sboccare in quello un canale di sfogo 4j Vedi la relazione del n.o 16 deli' Istria di Kandler A. IV 1849. 2) La vide il Dr. Jilek — ora non so dove sia. Čredo che si riferisca ai Javori fatti sotto il Provv. Surian dali' ingegnero Devillo nel 1630-31. rlalle V alli acquere e si copriva per la lunghezza di 1200 metri 1' ultima parte del eanale prineipale verso il mare '). II eanale ora funziona egregiamente e toeea al Comune il purgarne 1' alveo dalle erbaeee e dal tango una volta ali' anno, il quale pero attenendosi forse alle preserizioni del veeehio statuto fa eseguire i lavori a carico dei proprietarii dei fondi alle sponde. Ora chi passa per la via Medolino o Promontore vede il prato verdeggiahte tutto 1'anno. In esso, una volta palude si eressc gi& un'abitazione e sui fianchi ci sono čase pareccliie. Del prato piccolo nulla piu resta. Al suo i>osto sonvi degli orti e dei giarclini e pareccliie čase ed il eanale che lo attraversa, origine di liti e di malattie e coperto di volta e non si vede. Del prato maggiore fra poehi anni nulla restera, che esso — in base al nuovo piano di regolazione della citta — verra ridotto a puhlico parco, oiule il popolo goda d'un'aria buona e salubre, ove prima i paludi davano vita alle zanzare niala-rifere ed i miasmi ammorbavano 1' atmosfera. Pola, 7 Febbraio 1904. B. Dr. Schiavuzzi Notizie storiclie di Grisignana (Continuavaone — v. A. II, pg. 7). Sedata in tal modo la rivolta, il doge Andrea Dandolo «molto si dolse per sue lettere con il conte di Gorizia che un suo soggetto da Reifemberg avesse tolto Capodistria, e lui seusandosi, li fu risposto ricercando a far giustizia e punir quel suo soggetto ch' aveva commesso tal mancamento di far ribellar quella citta *)». Poiclie Volrico era considerato 1' autore prineipale della perdita di Capodistria, 'love comrnise omicidi, derubazioni ed ingiurie contro i fedeli veneti3). 1) Da «Jilek Dr. Auywt» Uebor das Vorhaltcn des Malaria-flebers in Pola. — Wien 1881. 2) Ivi. 3) De Franceschi. Peggiore egli fu adunque di Vicardo di Pietrapelosa; ma puo essergli scusa il tempo in cui visse, le devastazioni, le agitazioni incessanti che commovevano il paese. Avvegnache il fatto di Capodistria non fu il solo di quell'anno disgraziato. Pola stessa, che durante la peste aveva perduto gran parte di cittadini, fu invasa da masnade forestiere le quali spoglia-rono il paese e ne uceisero gli abitanti. Ne profittano allora i sudditi della Contea e quelli patriarchini di Albona, Pietrapelosa, Grisignana e Salise per invadere e depredare i confi-nanti luoghi veneti. Ma Venezia procedette con energia; al conte Alberto chiede la punizione di quei suoi sudditi e la restituzione delle robe tolte, al patriarca muove serio rimprovero che, malgrado le proteste di amicizia, abbia tollerato le distruzioni fatte dalle popolazioni a lui soggette. E poiche ne il conte ne il patriarca erano disposti di dare una giusta riparazione, Venezia provvide a farsi giustizia da se. Al capitano del Pasenatico fu dato 1'ordine d'inquirere minutamente, in conseguenza di che la repubblica ottenne sodclisfazione completa. Tanto che con questa i depredatori ebbero il danno tre volte maggiore in confronto deli' utile prima goduto. E Volrico? Egli fuggi certo da Capodistria mentre si facevano le trattative per la resa. Allora la repubblica insi-stette nuovamente presso il conte che a Volrico venga data la morte oppure le sia consegnato; diversamente j)rovvederebbe lei stessa 1). Durava ancora la guerra che Venezia incomincio nel 1351 contro i Genovesi, e nuova ribellione avviene in Capodistria, nuove incursioni su territorio veneto in provincia. .Si manda nunzio al patriarca eccitandolo a punire quei sudditi suoi che facevano novita; e quando Venezia ebbe a scoprire che il «signor di Reifenberg era principio fervento e capo di tutti li scandali e novita seguite in Istria, li parve darli taglia e promettere a cui lo consegnasse vivo nelle forze del veneto Dominio lire dieci mille e morto lire otto mille 2)». II tirannello allora che sapeva come presto o tardi 1' ira di Venezia lo raggiungerebbe, preferi mutar condotta e nel Ivi. 2) Caroldo. 1 354 cerco di discolparsi offerendo alla repubblica i propri servigi e utili informazionk Appena due anni dopo gli fu dato il salvocondotto. Giunto a Venezia, stipulo in data 20 luglio un trattato, con cui si obligava di venire agli stipendi della republica con 60 barbute o uomini d' arrae. «Li fu promesso, scrive il Caroldo, ducati 14 al niese per due cavalli e un roncin, e ducati ^00 al raese di moneta per la provigion sua». Egli d'ajtra parte si obbligava di combattere contro il nemico in Istria, sul Carso e nel Friuli. Vuolsi notare che in questo anno (1356) lo Stato veneto era invaso dalle truppe del re d'Unglieria, il quale mirava a conquistare la Dahnazia. E poiche anclie il patriarca e il conte di Pisino prestavano favore al detto re, fu scritto ai rettori deli' Istria che li riguardassero quali neinici e li offendessero in tutti i modi possibih. In data 30 novembre 1355 troviamo una deliberazione senatoriale del seguente tenore: Poiche in hoc traetatu di Grisignana conviene procedere con segretezza e cautela, Gio-vanni Quirino ritornato di capitano del Pasenatico sia informato di cio, lo si mandi in quelle parti acciocche ]>ossiamo aver quel castello sotto la nostra protezione e non čada in mani aliene. Tre giorni dopo veniva eletto invece del Quirino, Nicolo Polani, il quale doveva portarsi in Istria pro fueto Grisignane1). Ui che si trattava? Si vede a ogni modo che Venezia ci te-neva assai di avere alle sue dipendenze il nostro Castello. Riuscito frattanto vano l'assedio di Treviso e nominato doge Giovanni Delfino, furono prontamente avvisati i provve-ditori deli'Istria, i rettori e i sopracomiti delle galere, a' quali era affidata la difesa della provincia, che una parte delle truppe ungariche avevano potuto mettersi in mare eol disegno di sbarcare a Trieste. II capitano del Pasenatico doveva cavalcare alla testa delle sue genti contro il nemico e fu ordinato «al ') Atti e memorie v. IVT p. 106. Si (lice : Quia in hoc traetatu Grisignane oportet procedi per cauium et secretum modum et ser Ioannis rjuirino, "'■ ducaforum. Et quod quandocumqne ipse restituerit nobis pecitniam m.utuatam et quam expendissemus usque ad summam ilucatorum v* nos teneamur eidem restituere locvm iamdictnm, Predicendo nobis per vj menses ante. giorni in codesti paesi, la Republiea delibero nell'anno 1356 ') di istituire un sec-ondo ufficio della carica provinciale del Pa-senatico, detto citra aqitam, con la sede in Umago. Al Pase- ') Eceo il tenore clella deliberazione in parola, quale trovianio a pag. 10!) del vol. IV degli Atti e memorie citate : 1356. 21 maržo. Creacio novi Pa.vsinatici citra Aquam quieti. Quod pro eonservatione nostrorum fidelium subditortun Iustinopolis, Pirani, Emonie, Insule et llumagi, ac ceterorum locoruin de citra et ultra aquam quieti, et defensione deiTobacionuin, que cotidie tiunt super dictis contractis, propter incursum certoruin latroniculoruni qni sope et sepius transcurunt dictas contractas, In bona gratia fiat pavsenaticum lioc modo videlicet, Quod accipiatur una ex banderijs pavsenatici Sancti Laurentij XXV equituin, qui statim mittantur et veniant Humagum. Et quod ultra predictam banderiam soidizetur una alia banderia XXV Equitum pro dieto pavsenatico flendo per modum et secundum condicionem illorum de pav-senatico sancti Laurentij, computatis in hijs duabus banderijs, pagis equi-tatorum capitanei eo modo quo sunt i 1 li de saneto Laurcntio. Item quod in bona gratia liat unus capitaneus pavsenatici predieti de citra aquain quieti, cum condicionibus et salario, (juibus est capitaneus sancti Laurentij, preterea, et quod pro evitandis expeusis potestatum qui mittuntur Humagum et Emoniam, ipse capitaneus sit et esse debeat po-testas ipsorum locorum Humaoi et Emonie, habendo et perci])iendo sala-rium, ab ipsis duabus terris solitum dare alijs potestatibus qui de inde mittantur, quod salarium computetur in salario sni capitaniatus pro ale-viacione expensarum, (|uas ipsum comune veneciarum opportet preseliti aliter substinere, occasione dieti Pavsenatici noviter tiendi, Et quod ipso capitaneus debeat mittere suum vicarium ad dictas terras et loca pro re-dendo lus in ipsis prout videbitur convenire. Et (jiiod reetores et terre de citra aquam, teneantur isti capitaneo qui pro tempore fuerit, (juemadmodum tenebantur et tenetur capitaneus sancti Laurentij in oninibus et per omnia prout in commissione capitanei sancti Laurentij continetur. Itein (juod dieti capitanei sancti Laurentij et capitaneus de citra aquam possint et debeant conferre de servitijs et sujier servicijs si et quociens pro bouo agendorum eis melius apparebit et dare Sibi invicetn auxilium consilium et favorem prout expedierit pro honore dominij et coinodo agendorum, ac conservacione locorum de inde, Et si forte dieti capitanei essent differentes, Coines Pole sit tercius inter eos de negotiis ultra aquam, et potestas pirani de negotiis citra aquam, et ubi maior pars convenerit sit firmuni. Item i^uod possit teneri et teneatur una taberna in Humago vel Emonia, ubi capitaneus moram trahet, cum gente sua, aut in utroque ipsorum locorum, prout capitaneus pro necessitate et coinodo sni et gentis viderit expedire, per modum et condicionem, prout tenetur in saneto Laurentio. natico di s. Lorenzo fu tolta una bandiera di 25 cavalli e inviata prontamente ad Umago, mentre no fu assoldata una seconda di altrettanti cavalli. Al capitano di codesto secondo Pasenatico furono fatte le condizioni e il salario del primo. Per evitare poi spese soverchie alla Signoria, il capitano, che era anche podesta di Cittanova ed Umago, dove frattanto non si mandava da Venezia un rettore, percepiva il salario che solevasi pagare a quei podesta, ma tale salario doveva com-putarsi in quello del capitanato. Per amministrare la giustizia in quelle terre, Uf capitano mandava un suo vicario. A lui i rettori e le terre de cifra acjuarn dovevano dipendenza pari a quella dovuta al capitano di s. Lorenzo, come nelle rispettive commissioni. Dopo cio il capitano di s. Lorenzo, in quanto concernesse il servizio publico, doveva prestare aiuto e consiglio a quello di Umago, e nella eventualita che sorgesse tra di loro qualche controversia, era loro permesso di unirsi il conte di Pola come terzo nelle faccende de ultra aquam e il podesta di Pirano nelle cose de citra aquam, con cio che dovrebbe decidere la maggioranza dei voti. E ancora. II nuovo capitano era obligato di tenere una publico osteria (taberna) per la sua gente a Umago o a Cittanova, come avevasi a S. Lorenzo. Ma la permanenza del secondo capitano del Pasenatico ad Umago fu breve. Poiche non appena cadde sotto il dominio veneto nell' anno 1358, Grisignana fu tosto fatta sede del nuovo capitano, come sito indubbiamente piu acconcio '). II capitano de citra aquam ') Atti e memorie, p. 132 vol. IV : 1358. 29 dicembre. Ut castrum Grisiguane sit in potestate nostra, Ordinetur ex nune, quod capitaneus noster de citra aquam, vadat cum tota gente equestre et pedestre sibi commlssa, ad aprehendendum teuutam et possessiouem dieti castri et fortiliciorum suorum, Quod quidem castrum et fortilicia sua, ut cum maiori securitate aprehendi et teneri possit, dietus Capitaneus possit de gentibus suppositis Regimini et pavsanatico suo, In isto suo accessu suscipere quoquot sibi videbuntur et ipsos tenere pro custodia dieti castri et fortiliciorum suorum, quousque per nos aliud ordinabitur super inde. Et...... debeat dietus capitaneus...... videre et...... examinare condicionem loci et quecunque necessaria fuerint, tam ad fortificationem, reparationem et securitatem loci huiusmodi, quam ad munitionein et pro-visionem quamlibet oportunam conservationi antedieti Castri et fortiliciorum suorum. Et nobis haec velociter seribat.... Scribendo etiam dieto Capitaneo modum et formam, quibus habemus castrum premissum a Volricho de Rayfimbergo. ebbo ordine di portarsi con tutta la sua gen te e i cavalli a prendere possesso del castello e de' suoi fortilizi. Quindi, esa-minate le condizioni del luogo, egli dovette inforinare pronta-mente (rclocita■ scribat) tanto per cio che risguarda le forti-ticazioni, quanto anche le riparazioni necessarie alla sicurezza del luogo e le munizioni indispensabili alla conservazione del castello e dei fortilizi. II capitano fu pure ragguagliato circa il modo in cui la Hignoria ebbe il castello dal Reifenburg. D'altra parte per decreto del Senato del 26 di maržo 1359 fu ridonato il podesta a Cittanova e a Umago, che da tre anni erano state private '). Infaf.fi, dopo le molte richieste capitanali, si da mano a riparare sollecitamente le mura o i forti, aftine di potere even-tualmente opporre valida difesa ai nemici, i quali, senza dubbio, durante la guerra ungarica, dovettero aver portato guasti considerevoli. Per deliberazione del Senato del 19 maržo 1359 furono inviate prontamente a Grisignana tutte le cose maggiormente necessarie e urgenti, e fu deciso di spendere pro reparatione et forlificatione loci usque libras L grossorum ultra i/las, quas possujuus expendere, de voluntate illius de ra gferaberg, ad restitutionem quarum nobis tenetur •). Giacche, a quanto pare, Grisignana fino a questo tempo era ancora considerata un pegno del Reifenberg. (ContinuaJ t}. Vesnaver A. Marsich. Effemeridi istriane, Capodistria 1879. 2) Atti e inemorie p. 131, vol. IV. Dove si dice : Cuiii per capitaneum paisenatici de citra aquain, qui presentialiter est "-risigiianain petantur milita, pro reparatione et securitate dieti loci, Vadit p.ars, quod dominus, consiliarij et Sapientes habeant libertatem mittendi illas res, que magis videbiuitur necessaria, 1'ossendo ultra hoc providere in accipiendo usque XX.ti pedites de partibus istrie et possendo etiam expendere pro reparatione et fortificatione loci usque libras L. grossorum ultra illas, quas possumus expendere, de voluntate illius de ravfenberg, ad restitutionem quarum nobis tenetur. L' ACCADEMIA ROVERETANA DEGLI AGIATI (Contin. e fine, v. A. II, p. 16) A proposito d' una i-ecente publicazione. Piu di mille trecento e quaranta sei (vi sono de' nuraeri doppi) erano i soei, di ciascuno de' quali si dovea dare, nel preselite volume, biografia e bibliografia. II metodo scelto era saggio: distribuire ai singoli Agiati viventi 1111 dato numero di soci, de' quali avessero speciale conoscenza e fossero quindi in grado di stendere articoli quanto raai esatti. Se non che i singoli Agiati se la sbrigarono, per lo piu, con poco: ricorsero alle enciclopedie, alle biografie universali, ai dizionari biblio-gratici e simili (e li avessero almeno saputi sfruttare intera-mente!), ne fecero degli estratti condensati a vapore, e sotto agli estratti ebbero anche la debolezza di metterci la propria firma. I compilatori del volume vi lasciarono correre per giunta una buona dose di errori di stampa e ne nacque una babilonia perfetta. Dice la prefazione: 'questo (volume) doveva riuscire un libro piuttosto da rfonsultarsi che da studiarsi' (pp. 3-4). Ma a chi dessero nell'occhio le lacune rimasteci (causa probabile la fretta!) vien soggiunto, che si spera di completare 1'opera con mVAppendice, per la quale s'invitano fin d'ora i volonte-rosi a mandare notizie, aggiunte e correzioni.... Libro da consultare? ma chi avra voglia di ricorrere a un libro affastellato in tal modo V chi ameii di affidarsi a queste pagine formicolanti di spropositi e d'inesattezze? e chi si sentira di collaborare ali' Appendice di un' opera, le cui correzioni soltanto richiederebbero fogli e fogli di stampa? Molte nemineno io potro additarne per non abusare dello spazio fin troppo gentilmente concessomil). J) Impossibile contare, neppure, i piu gTossolani errori di date c di nomi, dovuti o 110 allo stampatore. II Nilrbert/isehe.s-Gelehrten-Lescieau a p. 283 e senza dubbio un Nilrnbergisches Leaieon; a p. 312 si noinina un Cignarelli che k poi un Cignaroli; a p. 314 un Ber Gebler che e il Bar. Gebler; a p. 369 un Sibilato, che e il Sibilialo; a p. 484 un Piccola che k il Piccibla; a p. 493 un Bonfadini diventa Bonafini; a p. 497 c'e un A-lamberti che e il d'Alembert: a p. 510 un Telaste ch'e un Gelaste; a p. 513 un Terzi ch' e il Ferri, un Fanestrensem ch' e un Fanestrem ; a p. 579 c' e un Ferdinanda Orefici che a p. XXII diventa Francenco, eccetera, ec- Un (1. B. Chiaromonti avrebbe scritto un Discorso filo-sofico morale intorno a Gius. Val. Vannetti (p. 282): si trattera invece della Vita del car. Gius. Val. Vannetti ecc. Brescia, Rizzardi, 1776, scritta da G. B. Chiaramonti, ainico del de-funto. Dello stesso Vannetti 'scrisse e pubblico la vita' Ani. Cesari (p. 282): non di Gius. Valeriano, ma di Clementino Vannetti scrisse la vita il Cesari'). A proposito di Gius. Valer. Vannetti non e citato 1'Emer [L'Acc. degli Agiati), che aveva arricchito di molto la Vita del Chiaramonti. A p. 286 si da il titolo di Cenili Biografici alla Letteratura tridentina di Ant. Zandonati, inesattezze, che, per aiutare il controllo degli studiosi, sarebbe bene evitare '). Non capisco, perche siano state trascurate nelle biografie certe noterelle a penna, apposte neH'/U6o de' soci a certi nomi, non si sa bene (ma si puo supporre) da chi, le quali, pur con-tenendo, alle volte, spirito di malizia, sono tuttavia assai ca-ratteristiche, come testimonianze immediate cli contemporanei, o quasi, e improntate d' una forte nota personale. Vi si dice p. e. di Franc. Ant. Saibante: 'Fu uomo cattivo assai perche coperto, e reco gravi danni alla Patria. Non fu letterato, seb-bene avesse il dono di felice memoria, e avesse a mano i frontispizj, e gli stampatori deli' opere, ma deli' opere stesse non sapea dar giudicio. Era un indice ambulante e nulla piu, perchč privo d' ingegno e di giudicio'. Sia o non sia questa nota di Giampietro Beltrami, chi puo negare, conoscendo il Saibante, che non vi sia gran parte di vero'? cetera, eccetera. A p. 862 si cita, di Gius. Oberosler: La Degenerazione ili Max Norclau (traduzione) ; proprio come faceva quel giornalista di Sicilia ' 1' aneddoto e narrato da quel burlone di G. Ottolenghi, Un imbecille al-1' esposiz. internazion. Venezia, 1895, p. 75), che annunciava 'II nuicidio di Paolo Ferrari dramma nuovissimo di Felice Cavallotti'! Rinuncio a parlare del modo barbaro e bastardo, nel quale e scritto quasi tutto il vohune, per nou venire a troppo tristi considerazioni sull' ita-iianita cli certe persone, che si sentono chiamate a salvaguardarla ne' nostri paesi. ') Veroua, Ramanzini, 1795; ibid. Merlo, 1818s; in Opere it. e lat. di Clem. Vannetti, Venezia 1826, I3. 2) Consiglio che avevaino gia dato all'ab. Anat. Bettanini (di cui qui si tratta) a proposito della sua lettura accademica su Saibcinte-Vannetti Bianca Laura ('Atti deli'Acc. d. Agiati' ecc. Rovereto, 1900, fasc. II, p. 107) ne' nostri Appunti bibliografici, 'Tridentum', III, 254; ma questi ebbero la disgrazia di non garbare ali' abate ! Regola generale de' compilatori e di non tener eonto (veggano gl' intendenti con quanto vantaggio) delle non poche publicazioni reeenti intorno ali' Accademia o a »ingoli Agiati. Sotto G. B. Graser (p. 291) non vedo accennato ne l'Emer, ne lo Zandonati, ne 1' articolo, ove, servendomi di lettere inedite, avevo narrato io stesso le trattative del Governo austriaco per guadagnare il Graser ali' universita di Pavia '). Per Clemente Baroni (che si fa nascere (p. 293) nel 1776 invece che nel 1726) si dovea rimandare a Curlo Rosmini Memorie int. alla vita e agli scritti di Clem. Baroni, Rovereto, 1798, ne erano da dimenticare 1' Emer, il Broll •) e il Meneglielli3). Dubito assai che Gius. Ant. Givanni (p. 296) abbia mai fatto parte deli'Accademia: nulla se ne dice in una Vita di lui, alquanto prolissa e che qui non e citata4), e nellVlMo de' so C i egli non e registrato affatto. Di Gaspare Fogolari (p. 299) meglio d' ogni altro cenno bastava quanto Vigilio Ferrari seriveva nel Hagguaglio del-V anno šesto (17.jO) deli'Accademia : 'auesto accademico si e meritato 1' onor di esser Socio Agiato piu tosto pel concetto, che tiene di saper qualche cosa, che per averlo sentito a re-citare cose degne della sofferenza di questo nostro Četo Let-terario. Io e per onor di lui, e di me Relatore non mi occuperd a dare 1' estratto di quanto codesto Agiatissimo recito, non do-vendosi abusare della pazienza di chi e destinato a leggere questo Ragguaglio eol rapportar cose ridicole'3). Su Gius. Sperges si dovea consultare Jos. Ilormagr, Oesterreichiscber Plutarch ecc. Wien, 1808, XV, 157. Di Adamo Chiusole diseorse ultimamente Aless. D'Anama0), ') Un professore trentino ali' Universita d' Innsbruck ecc., 'Tridentum', II, 277, 362. 2) Studi su G. Tartarotti, Rovereto, 1901, p. 41 sgg. e II diseorso silila natura deli' Kgloga del Fontenelle e G. Tartarotti, in 'Ann. d. stud. trent.' V, 1. Ant. Meneglielli, Del Rosmini e delle sne opere, Padova, 1827, p. 17 sgg. e Del Vannetti, Padova, 1828, publicazioni che sono in attinenza con una relazione accademica (1828) di Valerio Fontana, ms. presso 1'Accademia. 4) Vita di Giuseppant. Givanni ecc. scritta da Gianfranc. Givanni ecc. Trento, Mohauni, 1865, edita da Rice. Vittori per nozze Gresti-Tnddei. 5) Ms. presso 1'Accademia. ") Federico il Grande e gl' Italiani, in 'Nuova Antologia', nov.-dic. 1901. aggregandolo alla schiera dei letterati ed artisti zingari (gli avventurieri del sec. XVIII) e dimostrandolo piu interessante di quanto finora 11011 sia stato ritenuto. Ma perche raai fu taciuta qui la misteriosa nota a penna ncllM/fto de" soci, o ve sotto il norae del Cliiusole sta scritto: 'scancellato dal numero degli Aecademici ai 2 sett. 1753. Vedi le Memorie dell'Accademia'? Eppure meritava una ricerca apposita per chiarire questo punto a me, e čredo anche ad altri, oscurissimo. II padre Michele Vincenzo Staidl, di cui a p. 317, non e forse da identificare col padre Francesco Staidel, pure esami-natore prosinodale a Trento, di cui D i/no Prorenzal, Una po-lemica diabolica nel sec. XVIII, Rocca S. Casciano, 1901, p. 42 sg. l) ? A pp. 326-27 si fa di Giampietro e di Francesco Maria Zanotti una frittata, ch' e la prova piu evidente della negli-genza vergognosa de' compilatori, i quali passarono i mano-scritti in tipografia senza badar piu che tanto, se vi fossero, magari nella stessa pagina, inutili ripetizioni e grossolanissime confusioni! Di Vittore Vettori (p. 345) nemmeno una parola! E si che non l'ignorano neppure le storie letterarie, che vanno per la maggiore 2)! Dell'Arrighi Landini (p. 352) si poteva dire almeno, che nel RaggungUo deli' anno quinto 3), sotto 1 lug. 1755, e dato per tiorentino dimorante in Venezia. Quanto ai soci pili o meno illustri, come il Goldoni, il Cesarotti, il Serassi, G. M. Mazzucchelli, A. Buonafede, il Bet-tinelli, il Corniani, B. Lorenzi, P. Perez, L. Carrer, il Manzoni, il Carcano, G. Zanella ecc., certo non era da pretendere una lunga biogratia, sapendo ognuno a che fonti ricorrere per averne notizie; ma quel poco almeno, che se ne doveva dire, ') Un Francesco Staidel e nominato anche in J/. Teuini}, Svn-tagma Bortianum, Tridenti, Seiser, 1861, pp. 131, 170 sgg'. — Un Giov. Staidel o Steidel si trova anche in Francesco Ambroži, Scrittori ed artisti trentini, Trento, 1894, pp. 121 e 551 ; in Ces. llavanelli, Un interdetto per uua polemica, Trento, 1902 (estr. dalla 'Tridentum'), p. 9 c' e un Fra Francesco Giovanni di Dio Steidel, e sembra trattarsi sempre d'una stessa per-sona. — Nell' opuscolo accadem. citato in fine a quest' articolo nella Nota aggiunta il noine Staidl e inetamorfosato in Staild! s) Tullo Concari, II settecento, Milano, Vallardi, 1899 (V) pp. 252-56. 3) Ms. di V i g-. Ferrari, presso l'Accademia. era giusto che fosse compilato di sagli studi piu recenti. Per G. Gozzi (p. 355) ad es. non si approfitto ne del Malmignati ne del Malaraani ne di alcun altro de' piu moderni. Per il Passeroni (p. 358) si riassunse dalla seiagurata Antologia ita-liana per i ginnasi austriaci, edita dal Chiopris di Trieste!! La data 1727, anno, secondo 1' Ambrosi, della morte di Nicolo Cristani, era stata gia corretta da me in Tridentum II, 280: qui non se ne tenne conto l). Per Gian Rinaldo Carli (p. 387), la cui memoria fu rin-frescata or e poco"), servi la Iiiografia (legli Kamini distinti ') Guido Ferrari, Memoria della nob. famiglia Cristani di Rallo, Verona, 1842, edita da Ant. Rosnimi per nozze Rosmini-Cristani. Cfr. Deski. Reicli, I luogotenenti, assessori e, massari delle Valli di Non e Sole in 'Progr. deli' i. r. Ginnasio sup. di Trento', Trento, Seiser, 1903, p. 24. *) Domen. Venturini, Di G. R. Carli pedagogista, in 'Stato d. scnole pop. ecc. di Capodistria', Capodistria, 1903, ove trovo eitato a p. 10 un opuseolo di Giov. Noracco, Di G. R. Carli scrittore di eose scolastiche. — Sopra un particolare degli ultiini anni del Carli versa anche un articoletto mio : Per una citazione (la G. U. Carli, in 'Pagine istriane', I, 73. — Del Carli parla in piu luoghi anche Em. Bertana, II teatro tragico ital. del sec. XVIII ecc. Torino, 1901. Suppl. 4 ai Giov. stor. d. lett. it. — II Carli fu, per qualche tempo, dopo il 1758 anima delPAccademia capodistriana, risultata dalla fusione de' Risorti con gli Operosi (cfr. Giac. Babuder, Cenni int. alla vita ed agli scritti del inarch. Gir. Gravisi, in 'Atti deli' i. r. Ginnasio s up. di Capodistria', 1808, p. 14 sg.); la data pero deli'inscrizione di lui tra gli Agiati (1754) non sembra favorire 1' ipotesi d' una relazione tra 1'Accademia capodistriana e la roveretana. Altri Agiati delle province adriatiche o in relazione con esse: l'ier Ant. Pellegrini di Trieste (p. 447), del quale si conserva presso 1'Accad. un sonetto ms.: Giovanna Marcello-Rigo di Cittauova (p. 441, ove si rimanda alla Provincia, A. XVIII, N. 9, senza dire, che si tratta del giornale La Provincia deli' Istria ; vedi anche quivi stesso, A. XV, 1 lug. 1881, N. 13 p. 100 e Giov. Vesnaver, Per nozze Spinotti-Morteaui, Trieste, Caprin, 1887, p. 2, opuseolo favoritomi dal mio carissimo ainico Gius. Martissa), della qual Rigo esistono presso 1' Accad. due poesie ms. ; Vinc. Ricci di Pin-guente (p. 447), che puhlico un sonetto nella race. poet. per le nozze della inarch. Mat. Cauossa eol Co. G. B. d'Arco, Verona, 1762; Simone Stratko non Stratko, di Zara (p. 497), per il quale cfr. Arah. stor. p. Trieste, V I-stria e il Trent., Roma, 1883, II, 3l4; P. A. Paravia di Zara ;p. 551); Niče. Giaxkh, di Spalato (p. 574); Franc. Sav. Luschin (p. 578), che. fu arcivescovo di Gorizia ; Vinc. Castro di Pirauo (p. 592) ; Paride Zajotti che visse del tempo e mori a Trieste (p. 598, ove si fa nascere nel 1783 invece che nel 1793) ; Franc. Combi di Capodistria (p. 605); Franc. Carrara di Spalato (p. 606) ; Isacco Luzzatti di Gorizia (p. 609) : Gius. Frapporti, che insegno a Capodistria e a Gorizia, ove mori (p. 611); Mat t. Petronio tleli' Istria dello Stancovich, ed ecco mi esempio del modo di compilare: il Carli si applico allo studio del greco, 'prendendo ad esame singolarmente Esiodo, Apollonio, (sic) Rodio, Orfeo ed Euripide, del primo dei quali tradusse la Teogonia, del secondo (?) le scene piii interessanti deli' Itigenia'. Sarebbe follia sperare una citazione clall' elogio del Bossi ') o dal discorso del Tamaro *), che pure aggiunse e muto tanto si allo Stancovich che al Bossi! Franc. Ant. Nocher (p. 398) era pur detto podesta di Rovereto nel 1771 da Raff'. Zotti, Storia della Valle Lagarina, Trento, 1863, II, 536! Del Calogera (p. 401), la cui farna e dovuta specialmente alla Raccolta di opuščali scientifiči e filologici da lui diretta, dice una nota arguta ne\\'Albo de' soci, qui, al solito, trascu-rata: 'cosi per altro e facile 1' acquisto della celebrita'! Su Carlo Ant. Pilati (p. 442) avevamo un libro di Gius. Pilati3), giudicato teste dal D' Ancona, che dedico a Carlo Antonio buone pagine del suo lavoro piu addietro citato, libro fatto co' piedi, e, per quanto riguarda il metodo, non si poteva dir meglio. Pure, trascurando ogni altra publicazione poste-riore 4) intorno a quella singolarissima figura del sec. XVIII, di Pirano (p. 612); Aug. Guastalla di Trieste (p. 613) ; Bartol. Biasoletto di Dignano (p. 623); Ani. Lorenzutti, ehe fu medico a Trieste (p. 624); Diego Moltnelli, che fu cousigliere del tribunale a Trieste (p. 637) ; Onor. Occioni, che fu direttore tlel Ginnasio comun. di Trieste (p. 684: ; Gius. Schneider di Trieste (p. 697); Lnigi Schor, prof. a Trieste (p. 717); Nicc. Tessari di Capodistria (p. 729); Ose. Hassek, che insegno e vive a Trieste p. 744; per lui si ricorse al Dietionn. inleni. des eeriv. du jour di A. De Gubernatis !); Giou. Pesante, decano eapitol. della Cattedrale di Parenzo (p. 745) ; Bartol. Rocco di Parenzo (p. 754); V it t. Castigtioni di Trieste (p. 755); Domen. Tessari di Trieste (p. 757); Gius. Maschka, che insegno a Trieste (p. 781); Luigi Ces. Pavissich (non Passivich!!) di Maearsca (p. 789); Alb. Casagrande, che insegno a Capodistria (p. 829); Alt. Štefani, ehe insegno a Pirano (p. 829) ; Ces. Ravanelli, inort.o quest' anno, professore al Civ. Liceo Femmin. di Trieste (p. 861) ; Pompeo Bresadola, ingegnere co-munale a Gorizia (p. 872); Salom. Morpurgo (p. 905). ') L. Bossi, Elogio storico di G. R. Carli, Venezia, 1797. 2) M. Tamaro, Nel primo centenario della morte di G. R. Carli. Parenzo, 1896. :!) Cenili su la vita e su le opere di C. J. Pilati slesi ecc. da un trentino, Rovereto, 1874. 4) [Deski. Eeich], Processo a C. A. Pilati, Trento, 1898, per nozze Viesi-Luciolli; del Iieich vedi anehe : Licenziamento e autodifesa di F. V. qui si ritorna a fare un sunto esclusivamente di quel libro e, per giunta, pedestre ne senza lacune. Curioso e uno scambio di note a penna \\eWAlbo de' soci sotto An g. Ant. Rosmini, qui (p. 446) nenimeno aecennate. 'Mori nel Giugno del 1777 e fu encoiuiato pubblicamente in S. Marco con universale disapprovazione per essere egli stato poco buon Cittadino. Egli ha lasciata una grande Libreria, che unita alla pubblica sarebbe s ta ta di vantaggio, ma che ora fra le pareti domestiche sara pascolo delle tignuole'; parrebbe quasi, dalla scrittura, di Clem. Vannetti, al quale risponde a pie di pagina forse Giampietro Beltrami: 'quand' anche il Rosmini stato fosse cattivo cittadino, lingua perversa, tu sei pero pessimo uomo e vile, poiche e proprieta degli uoinini pessimi e vili 1'infierir contro a' morti. Ma il Rosmini fu personaggio di credito, di pieta e di dottrina secondo il suo stato: e la sua libreria 6 in potere di chi sa trarne protitto, e sa conoscerne il merito, ove la tua, maldicente e superbo, va lacera e a brani, in mano de' tuoi cagnotti, e degli ignoranti'. Che ne dite di questi sfoghi? Di Agostino Paradisi (p. 460) silenzio assoluto! I compilatori ne ignorano perfino gli anni di nascita e di morte! MirfiUide e non Mertillide fp. 474) era il nome accade-mico di Catterina Gualtieri-Boschi (non Losc/ii) e la sua ver-sione dal Mureto era publicata da Clem. Vannetti in Marci Antonii Mureli Institutio puerilis ad M. Ant. fratris filium ecc. in usum Gymnasii Roboretani ecc. Roboreti, 1778. Prefazione e versione furono poi ripublicate come proprie da Antonio Hterzingher, direttore del Ginnasio d'Innsbruck e pure acca-demico Agiato!! Clementino Vannetti meritava ben piu di quanto se ne dice (e non troppo bene) a p. 483 sgg., specialmente dopo Barbacovi ecc., Trento, 1899, per nozze Scotoni-Marchi, e: I luogotenenti ecc. cit. p. 26. — II tragieo episodio della bastonutura fatta somministrare al Pilati dal veseovo di Trento, lo narrai, servendomi di documenti quasi tntti inediti, nel lavoro: Cadendo il principato, in 'Ann. d. stud. trent.', Trento, 1900, VI, 197. — Del Pilati parlarono anche C. Tivaroni, L' Italia prima della rivoluz. franc. Torino, 1888, p. 493 sg'. e il/". Landau, Geseh. d. ital. Litteratur ini XVIII. Jahrh. Berlin, 1899, p. 191 sg'g\ — Nulla di nuovo dicono K. Broll, C. A. P. in 'Areh. trentino', XVII, 2 e. L. Campi, Discorso in occas. deli' inauguraz. della lapide a C. A. P. in Tassullo, 'Tridentum', VI, 317. quanto fu stampato intorno a lui negli ultimi auni'). La biblio-grafia poi e deficentissima. Baldassare Martini (p. 488), sotto il quale andavano ac-cennate le ultirae3) publicazioni, si fa nascere qui nel 1725 iuvece che nel 1723. Francesca Roberti-Franco non e di Padova (p. 496), ma di Bassano. Di Tommaso Serrano, non Serrao (p. 496) si confondono le due lettere a Clem. Vannetti super judicio Hier. Tiraboscltii de M. Val. Martiale, L. Ann. Seneea, M. Ann. Lucano ecc. Ferrariae, 1776, co'suoi Carminum lib. IV ecc. accedit ecc. Mick. Garciae Commentarius, Foligno 1788. Per Giov. Marchetti (p. 497) non si tenne conto nerameno di quelle poche notizie venute ultimamente in luce 3). E si che il giudizio di Clem. Vannetti vale ben piu che quello di un Beltrami! Che Giov. Fabbroni (p. 498) fosse stato anche nel Tren-tino, 1'avea rilevato il Postinger '), qui ignorato coinpletamente. Aless. Zorzi (p. 499) e nato nel 1747, non nel 1741. Gius. Malisana (p. 500) collaboro al Lazzarelto lelterario di Clem. Vannetti5) e a una raccolta poetica, ch' era stata pure citata a p. 251. Non ha relazione col Gaudenz'Ant. Gaudenti di p. 502 la Leltera sul Trentino con note del bar. Gaudenz'Ant. Gaudenti, Verona, Vianini, 1871 V La dedicatoria latina ad Ant. S torek, premessa alla Dis-sertatio inaugiiralis de foeminarum morbia, Viennae, 1782, di Bart. Battisti (p. 502) fu scritta a nome deli' autore da Clem. Vannetti. l) Ant. Zandmati publico parecchi artieoli nel Oorriere del Leno, Rovereto, 1900, N.» 124, 136, 138, 139 ; 1901, N.1 2, 15, 72. — Giov. Cobelli, Pro Vannetti, Rovereto, 1900. — Fvrd. Pasini. Di alc. giudizi (li Clem. V. snlla letterat. eontemporanea, 'Tridentum', IV, fasc. 10, e V, fasc. 2; Ancora del Cagliostro nel Trentino, ibid. V, fasc. 1 ; Una versione oraziana ined. di C. V., in 'Progr. deli' i. r. Ginu. sup. di Capodistria', 1903. Ant. Pranzelores, Notizie d' un ignoto letter. trentino ecc. 'Tridentum', III, 242 e Ferd. Pasmi, Ancora deli'ab. Bald. Martini, ibid. 111,336. 3) Ferd. Pasini, Un cronista ecc. cit. p. 4 sgg\ 4) Clem. Vannetti cultore delle belle črti, Rovereto, 1896, p. 39. 5) Clem. Vannetti, Prose e poesie ined. Milano, 1836, I. 10 sg. 6) Cfr. quanto ne dissi in : A propos. di certi 'diritti storici', Rovereto, 1900, p. 16. La relazione fra il Tirabosohi (p. 503) e Clem. Vannetti era stata narrata, di su carteggi inediti, da Gius. Picciola'). Perche non citare le poesie di Vinc. Monti (p. 506), lette nelle adunanze accademiche 2) ? Di Massim. Feldner (p. 509) sta nellU&o de' soci, che fu proposto da Bart. Battisti, 'per compiaeer il quale, e inolto piu sul ritiesso delle cariclie, di cui il Candidato 6 insignito, si e rilasciata la Patente per grazia, interpretando a favore la Costituzione VII'. Per Giov. Ferri (p. 513) era da vedere quel che ne disse Gius. Roberti in Gior. s tov. d. lett. it. XXX, 292 sg., e il Vannetti non parlo di lui agli Agiati ai 4 agosto, ma ai 27 dic. 1779. Carlo Giintherode (p. 514, V Al bo perd dice Gimlherrode) era certo il Carolus Hotteguntm, di cui si faceva beffe il Vannetti3). Aggiunge VAlbo, che il Vannetti a costui, che gli avea mandati fin dal 1777 certi suoi indegni libretti ecclesiastici, avea negato il diploma, ma egli fu poi aggregato nel 1779 per istanza di G. B. Graser, il quale aveva assicurato, che il candidato aveva 'alquanto migliorato nel gusto'! Sotto Carlo Rosmini (j). 518) andava citato Aru. Segarizsi, Tre lettere ined. di C. R. 'Tridentum', III, 343. Di G. P. Beltrami (p. 527) dice VAlbo de' saci, che l'Ac-cademia, 'donando il poco male, di questi ultimi anni, al molto bene che le avea fatto in tempi migliori, gli decret,6 (dopo mor te, nel 1843) il Ritratto ecc.' Su G. B. Socrella (p. 534), personaggio non privo d'inte-resse per la storia della coltura nel Trentino, furono pure tra-scurate tutte le notizie che si poterono raccogliere di lui ed erano gia publicate '). Per Ant. Cesari (p. 536) furono dimenticate affatto le molte publicazioni, che su di lui era venuto facendo in questi ultimi tempi 1' infaticabile Guidetti. Su Giulio Bernard. Tomitano (p. 549) vedi ora Luigi De Benedictis, Della vita e delle opere di B. T., Padova, Prospe-rini, 1903. Ji L' ephttolario di Clem. Vannetti, Firenze, 1881, estr. dalla 'Nuova Riv." Internaz.' A. III, ff. 4-(i. 2) Clem. Vannetti, Op. VII, 2(i7, 275, 283, nei citati Scrmone.s, spo-gliati poco diligcntemcntc dai compilatori. 3) Ibid. VII, 278. Ferd. Paaim, Un cronista (G. R. Socrella) ecc. cit. Di Ang. Valbusa (p. 564) da attingere ora ad Ani. Sega-rizzi, A. V., in 'Bricciche frentine', Tridentum, VI, 459 sgg. (L' amico Segarizzi dice poderoso il »ostro vohune: non piut-tosto... ponderoso?) Per C. G. Torresani (p. 567) si doveva ricorrere, ben inteso, cum grano salis, a C. Torresani, Von der Wasser- bis zur Feuertaufe, Dresda, 1900. Su Ant. Salvotti (p. 593) da vedere ora il nuovo libro di Aless. Luzio, II processo Pellico-Maroncelli ecc. Milano, 1903, per non dire delle molte publicazioni, a cui diede occasione il suo primo: Ant. Salvotti e i processi del ventuno, Roma, 1901. Sotto Ant. Gazzoletti (p. 594) non si cita nessuno dei la-vori comparsi ultimamente, del Mainoni, Battisti, Gazzoletti ecc. Sapete a chi si ricorse per (lino Capponi (p. 646)? Al Conversations Le.vihon del Mever! A i). 666 si scambia un Girolamo Carli di Pitigliano col Gian Girolamo Carli, di cui s' era gia data la biografia a p. 512 e ne avviene, che il primo nasce nel 1719, b fatto socio nel 1851 e muore nel 1876!! Per conoscere la storia delle dimissioni de' due Cobelli (pp. 734 e 751), da una citazione deli' Ambrosi, Scrittori ecc. pp. 440, 442, dobbiamo risalire al Raccoglitore di Rovereto, 21 ott. 1879, ove in una lettera al Presidente deli'Accademia, vediamo le ragioni, che cleterminarono que' brav' uomini a domandare d'essere cancellati clall'Albo de' soci. Lealta avrebbe voluto, che questi accenni, almeno, non fossero taciuti. Ma la lealta, in tutta codesta losea faccenda, gli Agiati mostrarono di non saper neppure, dove stesse di časa ! A p. 752 v' č una biografia deli' ab. Anatalone Bettanini, vivente e prineipale compilatore del nostro vohune, la quale riesce ad una inopportunissima apologia del detto abate. Quanto meglio sarebbe stato, invece che spendere fante pagine a nar-rarci le avventure piu o meno lacrimevoli di un solo socio e i soliti pettegolezzi d' una cittaduzza provinciale, dedicare qual-che riga di piu a certi altri, la cui biografia non avrebbe poi costato molta fatica! A p. 695 (cfr. p. 102) si parla p. e. di Ciro Farinati, che nacque e mori a Lizzanella, ove lo stesso Bettanini fu parroco, ma non sa dire di lui nemmeno 1'anno di nascita ne di morte! L' anno di nascita s' ignora persino di Benedetto Dordi, direttore del civico ospitale (li Rovereto e aggregato nel 1899 (p. 905)!! Pure nel 1899 veniva aggregato un Augusto Sartorelli, che vive a Rovereto (p. 906), ma del quale fu troppo ardua co.sa, agli Agiati, il raccogliere quando fosse nato: per che titoli poi venisse aceolto nel sodalizio, silenzio assoluto !!! Ma 6 tempo, una buona volta, d' ammainar le vele. Sal-tiamo il resto di questa terza parte '), saltiamo 1' appendice 2) e vediamo di concludere qualche cosa. ') Addi to per lo meno sonimariamente alcune delle biografi« inatten-dibili, manehevoli e inesatte, sulic quali mi vieta lo spazio di diffondermi: C. Rosmini (p. 518), Gius. Da Via (p. 519:, Iae. Chittali (p. 5191, G. Pe-derzani (p. 519), G. Tofani (p. 521) Iac. Confetti (p. 521), Dom. Medici (p. 521), F. V. Barbacovi (p. 521), G. V. Giannini (p. 524; del quale E. C. scrisse una necrologia in 'La nuova ape ital.', Milano, 1825, p. 62, cfr. Fil. Largaiolli, Bibliografia del Trentino, Trento, 1897, p. 96, e Fevd. Pasmi, Ancora del Cagliostro ecc. Tridentum, V, 17); L. Salina (p. 526), G. P. Beltrami (p. 527), B. Giovanelli (p. 540), G. B. Garzetti (p. 542), A. Rosmini (p. 544: 'mori... con sospetto di lento veleno', (lice 1' A/bo de' soci, sospetto conrliviso, sembra, anche da N. Tommaseo, che vi alluse nel suo 'Antonio Rosmini', Torino 1855), L. Sonn (p. 550, gran parte della sua corrispondenza trovai e ordinai io stesso nell'Arch. de' Tevini in Trento, parecchio e presso di me), G. B. Stoffella (p. 551), V. Fontana (p. 552), L. Rosmini (p. 553), A. Mazzetti (p. 556), A. Balisti (p. 557), A. Meneghelli (p. 562), F. A. Marsilli (p. 565 : di lui vidi moltissimo d' inedito e interessan-tissimo presso l'avv. Virginio Vittori in Mori), A. Maffei (p. 566), Scipione Sighele (p. 568, del quale non si cita nemmeno quanto si poteva ricavare dalle Append. del Messagg. T/vol.), Lod. Pasini (p. 571, ne parlo anche G. Za nella nella 'Storia d. lett. it. d. metft d. settec. ai giorni nostri', Milano, 1880), T. Gar (p. 571), F. Filos (p. 576), Rosa Taddei (p. 577), F. S. Luschin (p. 578 i, F. Bitima (p. 578), Jac. Freinadimetz (p. 580), Gir. Andreis (p. 583), Defend. Sacchi (p. 5851, G. B. Rolza (p. 604., Cos. Ridolfi Cp. 610: di lui nemmeno una parola !!! i, Raff. Lambruschini (p. 610 , Gius. Canestrini ip. 615), A. Fusinato (p. 636, dopo il libro di C. Cimegotto su A. F., Verona, 1898! i, G. Manuzzi (p. 6381, G. Segalla (p. 640\ A. Porro fp. 6471, Francesca Lutti (p. 695), Em. Dandolo (p. 705, per il quale si ricorse al Conversations Lexikon del Brockhaus !), S. Andreis (p. 7211, G. Zanella Cp. 723, Fr. Denza (p. 730 , S. Cresseri (p. 731), A. Pischl (p. 731), F. Demattio (p. 736F. Serafini (p. 737 , A. Stoppani (p. 767:, G. Rizzi i p. 802 , G. Negri (p. 840), A. Fogazzaro (p. 841), Giov. Canestrini (p. 847), Scipio Sighele (p. 856 < ecc. ecc. ecc. 3 Cioe la relazione delle fe||e eominemorative del 150" anniversario di fondazione: ove si pari a di una 'splendida conferenza' (p. 914) su Prometno e Luci.fe.ro deli'ab. E-niiio Silvestri, il superflciale compilatore della superfieialissima Istrici, il ijuale per 'ben due ore affascinb il pubblico con voce carezzevole ed afascinante, e con slancio oratorio' (ahi dio ! fra' Ci- Coritro le accademie in genere non nutro i furori del Baretti, ne mi paiono giusti gli sdegni di Herbert Hpencer, il cjuale dicono abbia sempre sistematicamente rifiutato ogni diploma accademico. Anzi, nello specializzarsi ognor crescente delle seienze, nulla v'ha di piu plausibile, che 1'istitnzione di vaste corporazioni, mediante le quali sia dato agli studiosi di mantenersi in relazione tra loro e d' aiutarsi a vicenda. Ma la produzione scientifica, a' nostri giorni, si svolge, al pari deli' industriale, ne' grandi centri popolosi, dove, uni-camente, trova materiali e laboratort adatti alle proprie esigenze. Un' accademia, come cjiiella degli Agiati, relegata a' confini d' Italia, in una cittaduzza di circa 10,000 abitanti, piu ancora, tagliata fuori da ogni vitale comunicazione con la nazione rnadre, priva di qualunque istituto superiore dl studi '), non puo avere alcun programma se non e quello di diffondere la coltura in paese: cosi, com' e ora, va qualiflcata come una sopravvivenza di condizioni storiche ormai trapassate! 'La parte', scriveva il Tommaseo a certi accademici di Catanzaro, 'clie prendono nella fondazione gli uomini del Governo, non sara, spero, tale da scemare agl' ingegni libert& e (lignita'*). Ben se lo seppero gli Agiati, che, per 1' ingerenza accordata, anzi invocata de' Governi (il cui aiuto fu sempre, in qualunque nazione e paese, per necessita di cose, di gran lunga minore dei danni arrecati allo svolgersi indipendente delle ricerche scientitiche), videro spesso paralizzata la propria attivita. polla divertiva assai piu) ; di un' altra, sempre 'splendida' (come. sono infelici persino nel lodare qnesti accademici Agiati! , di Lodovico Oberziner su 1' Anima della davna (p. 915 ; e cio sia detto senza menomamente offendere il valent' uomo) ; di un'altra ancora, sempre 'splendida', di Carlo Calzi su la Beatrice futura fp. 916) ; di una quarta intine, 'splendida' anche questa (p. 918). di Paolo Bellezza su Piecole cause e grandi effetti. Fra gli oggetti che figuravano ali' esposizione accademica, trovo qualche autografo notevole e qualche errore patente, come la dove si attribuisce a Clementino, invece che a Giuseppe Valeriano, Vannetti la Lettera intorno a Dante nel Tren-tino, ed altre cose (p. 923). Taccio degl' indici, fatti con la solita negligenza. 11 Anzi, guardate che disdetta ! Poco ta, alla Camera di Vienna, il Presidente de' ministri, enumerando, in sostegno della progettata erezione, della nuova tacolta giuridica italiana, a Rovereto, le scuole medie (gin-nasio, reali, magistrali) esistenti cola, o non si dimentico, perfino, 1' Accademia degli Agiati ?! 2) N. Tommaseo, Dizionario estetico, Firenze, 1867, p. 70. 'Non tanto', dice ali rove, ma sempre a proposito d' acca-demie, il Tommaseo, 'nel mutare le persone e gii statuti con-siste la novita, quanto nel proporre agli studii un fine deter-minato, se manca. II quale, attraendo a se le piccole forze con le grandi, quelle promove, queste modera, le contempera tutte. Conviene, se i membri son dediti a discipline differenti, compartirli in famiglie; e che ciascuna abbia una sua propria impresa, alla quale con forze congiunte cooperare. Laddove questo non e, non e societa; e gran fatto se gli accademici rimangono 1'uno ali'altro estranei, e non divengano (presa occa-sione da quella disamorata e inutile vicinanza) nemici' *). Or bene, questo fine determinato e comune gli Agiati non lo ebbero mai. Parvero, un momento, sulla strada di trovarlo nella filo-sofia rosminiana, ma non ne ebbero coscienza. Gosi la loro Accademia resto, fuori di Rovereto, non piu (die una dispensa di patenti a letterati e a scienziati veramente illustri, alla cui farna nulla possono aggiungere e i quali, lontani e con la mente ad altro che alle gloriole provinciali, ben poco si sentono di curarsi de' loro consoci2); in Rovereto, una piccola fabbrica di 'grandi riputazioni', poiche lo statuto obliga a reclutare, in qualunque modo, la Direzione tra le 'forze', cioe tra i soci 'residenti'. E, siccome Domineddio i grandi uomini non li ha sparsi per il mondo a piene mani, cosi avviene spesso, che la Direzione capiti sulle spalle de' piccoli e che questi si permet-tano, con volumi del genere di quello che abbiamo teste esami-nato, di turlupinare (e la vera parola!) il Governo che paga, il publico che compera e gli studiosi che leggono :i). __Ferdinando Pasini ') Ibid. p. 187. 4) Si confronti 1' attivita deli' intera Accademia e la parte che vi presero o vi prendono Pietro Pavesi, Giov. Marinelli, Giov. Schiaparelli, Gaet. Negri, Frane. Briosehi, Giov. Canestrini, Fed. Lanipertico, Giov. Pacchioni, A. De Gubernatis ed altri chiari e ehiarissiini, e si vedra fa-cilmente, ch' essi considerarono e considerano la propria inserizione tra gli Agiati non piu che uno de' tanti riconosciinenti de' propri meriti, da gradire e . . . passare agli atti! 3) Vedasi, per capire, con che serieta, coltura, ingegno, diligenza e decoro vada fatto un volume commemorativo, quelIo afflne al nostro : II primo secolo deli' Ateneo di Breseia, 1802-1902, Brescia, F. Apollonio, pp. 482 + XLVIII. A ]). 4 del nostro si annuncia la publicazione del carteggio inedito di Antonio Rosmini con Niccolo Tommaseo (presentemente in deposito Sirene u Conti d Yb® selfati Mmm STUIJIO CRITICO iContin. — vecli A. I, pag. 22). li. La leggenda dei Ive fralelli, esulati da Roma. Abbiamo veduto poco fa, parlando della supposta discen-denza dei Pierleoni e Frangipani dagli Anicii, qualmente per la notizia 1' autore sia ricorso al Ms. del Panvinio. Giacclie ei siamo, eontinuiamo colle leggende. Nello stesso Ms. si legge adunque: *Nel DCCCXXXIII venner da Roma Messer Anzol Michiel de' Frangipani, Messer Niccolo et Messer Ugo, tutti tre fra-delli, fu Principi, 'Signori et Castellani; ma per la 'parte (sic!) furono cacciati da Koma et capitarono in l a citta d i presso la Bibl. Nazionale di Firenze), la quale sara curata da Ermenegildo Pistelli. La valentia ben nota del Pistelli garautisce della publieazione, che sara il vero volmiie eommemorativo deli' Aceademia ! Kota uggiunta. — Mi capita ora sotfocchio un opuscolo: Chiar.ini Soci deli' I. II. Accad. d. Agiati ed agli On. Istituti neient. suoi corrisp., edito dalla stessa Accad. (Rovereto, Grigoletti) e destinato a sollecitare la eollaborazione aH'Aggiunta, che s' intende di far seguire tra breve al nostro vohune, il quale, dice 1' opuscolo, 'incontro la piii lusinghiera accoglienza presso tutti eoloro che ebbero agio (?!) di consultarlo'. Tra i 534 soci (se ho ben contato), di cui si domandano notizie, ne trovo alcuni (Dordi, Sar-torelli, Conci ecc.) viventi a Rovereto o nel Trentino e aggregati recen-tissimamente ; altri, che rispondono (ahi, per gli Agiati non rispondono!) ai nomi di Vitt. Vettori, Ag. Paradisi, Ant. Salvotti ; altri intine, come de Rosinini, Keppel, de Bossi-Fedrigotti, Sartorelli, ehe, pur pure, sono imbraneati tra 'la larga pleiade di Scienziati, Letterati ed Artisti' seoperta nell' Aceademia roveretana da quel beli' umore, — forse 1' avv. Gennaro Scarpa —, il quale, dopo aver letto il sommario di un fascicolo degli Atti deli'Accad., buttava giii nel Dritto e Giurisprudenza di Napoli 1903, A. XIX, Nurn. 13-14) un artieolo inspirato (A ptoposito degli Atti della I. e lt. Acc. ecc. d. Agiati ecc. ), turibolando la 'pur troppo nota [ah si, pur troppo !] instancabile attivita scieutifica deli' onorandissimo Corpo ac-cademico trentino' e salutando la suddetta pleiade coi titoli di 'figure maestose, nuvoli d' ingegui luminosi, gernme ovunque animirate', e . . . questo e liiente. Se gli accademici non fossero destinati ad essere perpe-tuamente accademici, parrebbe quasi una satira ! Tutto cio invece e ter-ribilmente serio. E, stando cosi le cose, io, se fossi 1'Aceademia, mi rivol-gerei per notizie su quella larga pleiade d' Immortali ali' Uflicio delFAna-grafe o alla Polizia. Venetia. Messer Niccolo de' Frangipani, fradello del delto Anzolo, and d in le par/i di Dalmatin, e da queslo prorennero i Coiiti di Veglia.*1). Questa leggenda, il cui valore non ci e dato misurare, perche ci mancano tutti quei requisiti che danno valore e fede ad una asserzione di autore, e la tonte unica cui attinsero tutti i genealogisti del sec. XVI e XVII. Fra gli scrittori che ripeterono questa leggenda na fuga dei tre fratelli Frangipani da Roma nell' 883, scelgo, non a caso, Giovanni Seitrid *). 11 Seitrid adunque (V. ttchonleben op. cit. p. 71) che segui Arnoldo Wion, cosi racconta: «Anno 883 tre fratres Frangipa-nios (ma se non esistevano'?!) Roma egressos venisse Vene-tias, quorurn natu maior dictus Angelus Michael Frangipanis Venetih consederit, et ibi author faerit farniliae Micliaeliae; alter Nieolaus nomine in Dalmatiam primum, ubi familiam Bonpauornni Scodrae et Pauoruin Veggiae 3) re1iquit. — Deinde ejns poster i in Hungariam profecti et Croatiam, clariscimae gentis in utrisque Provinc lis authores extitere, Fraucopano-rum videlicet et Signiornm.» '). 1 - Siccome non tutti possono andarc a Roma, visitare il convento dcg-Ii Agostiniani e avere sot.t' occhio il ms. del Panvinio, il lettore s' ac-contenti, che il passo renga tolto da una fonte piu recente, ma non so-spetta. Si veg-ga il passo nell' opuscolo di Camillo Trasmundo Frangepane: De Frangepanibuti illt/rkis eorumque comanguineis commentarium, Roma, 1870, p. 4. Sebbene cio appartenga alla parte eritiea, prego i lettori di porre subito attenzione al fatto, che il primo Frangipani (recte : Frajapano, Fragepanei si ricorda in Roma appeua nel 1014 isic!). *) Giovanni Seifrid o Segfvid, abate di Zwetel (o di Chiaravalle nell'Austria, inonaco Cistercense, uativo di Breslavia ('i) scrisse fra altro: Arbor Aniciana sive Genealogia augustissimae domu-s Austriacae, Vienna 1U13 in foglio. Si chiaina Arbor Aniciana, perche qui si fa derivare la časa d'Absburgo dai Pierleoni di Rmna, dei quali il primo, secondo 1' opinione di Seifrid, fu Flavius Anicius Leo. triov. Lod. Schonleben, nella sua : Dis-sertatio polemica de prima origine aug. Donuts Ilabspurgo-Austriacae, Lu-biana, 1680, ]>ag. 22-69, riassume tutta questa opinione e la qualifica per *fictitia». :i) Per ora ci basti (juesto acceuno : Nicolo pose le basi della famiglia dei Pan di Veglia !! 4) I lettori badino a quanto qui si dice sull' origine dei Pavi e Fran-eopani. Si ponga attenzione anche a quel Signiorum, che potrebbe per av-ventura alludere a Signia (Segni) nella Campania. E chi sa, non si sia qui equivocato fra Signia (Segni) e Senia (Segna in Croazia), culla dei Conti di Veglia e Segna. A van/.i del castello dt i conti Franjjipani nel Cmn-plin (li Veglia. Dali' iscuzione, incisa sulia } torta interna (lella torre, risulta. »'lic la eontruzione venne ineomin-ciata. a sjiisc di tutto il ComiUH\ nel 1191. Quale prova di quest' asserzione, coutiiiua lo Schonleben, il Seifrid (Libr. III, cap. 18) adduce un frainmento degli atti pubblici della Repubblica di Venezia, il quale, secondo lui, si conserva nella biblioteca cesarea a Vienna. Eccone il tenore: «MicJtaeli venerunt olim (oh!) ex urbe Roma et vocabantur Frangipanes, fuerunt Tribuni, antiqui et liomines splendi, con tutte le migliori intenzioni del mondo, non mi sento trascinare. Vorrei ora analizzare piu minutamente il poema, studiando il legame e 1' impostatnra di certe scene. 1' incarnazione de' personaggi, e. la virtu, sopra tutto, d' individuare le reminiscenze storiche. II tempo e lo spazio messomi a disposizione mi vietano. prese.ntemente almeno, di continuare. Taccio anche del Commiato dal lettore (pp. 323-45) e delle Note (pp. 349-562), veri contributi, quello alla conoscenza deli' Italia politica e letteraria nel tempo del suo ultimo risorgimento, queste ai severi studi della storia e della scienza : originalissimi 1' nno e 1' altre per energica impronta perso-nale e per larghezza e profoiulita d' indagini : le Note pero (lisposte in modo da inceppare, piu che favorire, la corrente lettura del testo. Accenno, da ultimo, alla copia della lingua, attinta, oltreche alla parlata, ali' uso de' migliori scrittori d' ogni secolo, arricchita di modi e voci nuove, sforzata, come in mano a un gigante, a foggiarsi in tutte le forme e ad accompagnare il ritmo violento del pensiero e deli' affetto. II verso poi serba le impronte piii vigorose di codesta violenza di concezione e d' espressione : il verso, irto di gruppi consonantici, inselvaticliito di sibilanti e di linguali, pieno di scoppi e di fracassi di suoni, che a volte creano in noi 1' illusione d' una orchestra infernale. Forse a molti de' buon-gustai moderni, avvezzi alle delicature, visibili appena ad occhio nudo, dei decadenti, tanta ostentazione di rudita potra avere savor di forte a-grume: gl'intendenti pero, dal palato ])iii.... critico, ci riconosceranno facilmente i miracoli deli' en tetiva della forza, di que!T estetica, che, inau- gurata in Italia da Dante, fu ripresa in tempi a noi piu vicini dalPAlfieri, per essere continuata, con maggior disciplina e classica coinpostezza, dal Carducci, e, con romantica turbolenza, dal Rapisardi, ainico dello Zam-boni, ma tanto piu retore di lui, fino alla piu.... bombastica, direbbero i tedeschi, declamazione. Calenclario della Lega Nuzionale, Trieste, Stab. S. D. Modiano, La Direzione della 'Lega Nazionale' (Sezione Adriatica) Editrice, 1904 ; pp. 16 non numerate. Elegante opuscolo con frontispizio e con fregi a colori : molto buon gusto nel disegno del primo e molta grazia ne' secondi, pur non troppo variati; meglio di tutti forse, per moderna ricercatezza, quello del mese di febbraio. Ogni mese ha il suo poeta : Dom. Fragiacomo, Haydee, Ad. Butti, E. Gianelli, N. Doria Cambon, Doris, Ed. Polli, S. Benco, C. Rossr, G. Bennati, Macieta, G. Quarantotto ; vecchie e care conoscenze, come ognun vede. Noto due robuste ottave di Havdee: Alabarda di S. Sergio; un in gegnoso pensiero del Benco, squisitamente espresso ; e un sonetto : Isola, del nostro collaboratore Quarantotto, il quale canta la tragedia di Nicola Pizzamano e mostra di voler continuare la serie de' quadri storici della sua Histria, con maggior vigoria e scienza d' arte. Lo scopo, per il ijuale si vende 1' opuscolo, ci vieta di riprodurre, come vorremmo, il sonetto. F. P. Carl Diener. Ban nnd Bild der Ostalpen uud des Karst-fcfebietes; in «Bau und Bild Oesterreichs« dei proff. Diener, R. Hornes, Siiss e Uhlig. Vienna-Lipsia 1903. Splendido a dirittura il lavoro che ci sta davanti! La tettonica e 1' orogratia delle Alpi orientali sone esposte dali' insigne geologo viennese con somma chiarezza ed esattezza. Abbondano le citazioni, i profili e le carte. Anche alla nostra regione sono dedicate parecchie pagine. Vengono riportate le varie opinioni degli scienziati che maggiormente si occuparono della nostra geologia. In molti časi 1' autore esprime anche il suo parere. Egli non črede p. e., con Eduard Siiss, che la zona calcarea meridionale debba venir staccata dalle Alpi e considerarsi invece una parte delle Di-naridi; queste, secondo PA., anno poco di comune con detta zona: un vero nesso fra i due sistemi lo si osserva solo al sud della frattura peri-adriatica del Taramelli. Condivide P opinione del nostro Marchesetti e dello Stache riguardo ali'eta giovine dello sprofondainento deli'Adriatide. Una magnifica carta delle linee di struttura delle Alpi orientali chiude il lavoro, che di certo sara accolto con sommo giubilo dai geologi e dai geografi. Noterelle bihliograficlie. * L' egregio sig. Luigi Suttina, direttore della 'Bibliografia dantesca', m' invia in lettera cortese da Padova, 23 maržo 1904, delle ragioni, per le quali egli eredette bene, — contro quanto ebbi a dir io (Vagine, istria ne, II 42), a proposito del fascicolo II, — di dedicare una Rassegna apposita agli studi su 'Dante, il trecento e cose franeescane'. D' accordo col Suttina nel riconoscere, fra i detti tre argomenti, vincoli tali da giustificare la loro unione nella sua Rassegna ; ma, se non isbaglio, il mio pensiero 1' avevo espresso con precisione che non ammetteva equivoco : 'certo, tanto inti-mamente eollegati fra loro, da ritenere necessario d' nnirli in un' apposita rassegna bibliografica, Dante, il trecento e San Francesco, non sono'. Anzi, aggiungero ora, ciascuno di questi tre argomenti s' e formato fra gli stu-diosi un proprio eampo tanto vasto da abbisognare di singole societA, ri-riste e volumi i si pensi alla Storia letteraria d' Italia del Vallardi, nuova serie, ove Dante e il trecento furono trattati separatamente). Al Suttina dunque non potrei obiettare che i limiti troppo ampi del suo programma ; ma egli e lavoratore tanto indefesso e coscienzioso, da non restare al di sotto della propria audacia, eome spero d' averne presto la prova nel tei-zo fascicolo, ch' egli mi annunzia prossimo e che dissipera anche le mie ap-prensioni eirca le condizioni non troppo 'ideali', (licevo, per la eompila-zione della sua rivista bibliografica. F. P. ^ In risposta alla domanda rivoltagli dal sig. (i. T-a. nel fascicolo precedente di questo periodico a pag. 45, il ehiar. Dott. C. Mnsatti di Venezia ci favori in data 15 maržo p. d. il seguente commento di dne pro-verbi chioggiotti: mliarba nivolin no se ninoleva de bando vale niente per niente, e quando fai muovere un eristiano per qualche servizietto, sia pure tla poco, devi ricompensarlo.« *Kl mar in tera no to mande i granzi significa che per gtiadagnar-sene in mare (siamo a Chioggia) «• portare a časa in tera) di che vi vere, convienc lavorare e affaticarsi.» % II nostro egregio collaboratore Dott. Ferd. Pasini scrive nel Fan-fulla delta Domenica del 3 and. un artieolo su «Tommaseo e Rosmini«, annunziando in pari tempo un suo nuovo lavoro di prossinia publicazione intitolato «Un' ainicizia giovanile di Niccolo Tommaseo.« Nel fascicolo di febbraio a. c. deli' Kmporvum di Bergamo i sig.ri P. Molmenti e (i. Lndwig polemizzano col nostro giornale su «La patria dei pittori Carpaccio«. — Nella dispensa l.a del c. a. deli' Archivio Storico Italiano di Firenze Laudadeo Testi, Direttore della B. Galleria di Parma, publiea sotto il titolo «Nuovi studi sul Carpaecio« una dettagliata recen-sione del libro : P. Molmenti et U. Liuhvig, Vittore Carpaecio et la confrerie de Sainte Uršule a Venise (Florence, Bemporad, 1903}. In qnesta recensione il Testi fra altro mctte in dubbio il valore dei documenti, che secondo i suddetti Autori dimostrerebbero esser il Carpaecio nato a Venezia. Nel fascicolo di maržo p. d. del Bollettino della Sode ta Geografica Italiana di Roma troviamo un esteso sunto del lavoro su «La popolazione deli'Istria rispetto alla distanza dal mare« publicato dal nostro (t. A. (wra-visi nel n. 7-8, A. I, di questo periodico. Domemco Vkntuiini, direttore — Cirlo Priori, editore e redattore rpsponsabile. Tipografla Coboi &. Priora, Capodistria.