LA CROTTA# DR A MM A GIOCOSO IN MUSIČA IN DUE, A TT I darappresentarsi IN L U B I A N A. 1796. A T T O R t DORI Sig. Maria Cecherelli. OFELIA Sig. An. Cherubini Radi. PLISTENE Sig. Vincenzo Zardi. ÄRISl'ONE - padre di Ofelia e Dori, gemelle Sig. Antonio Bini. TROFONIO Filofofo, e Mago Sig. Giufeppe Radi. ARTEMIDORO Sig. Gmv.Bat. Cafalini. La fcena fi finge in Beozia non lungi dalla citta di Libadia, parte nel-la cafa di campagna di Ariftone, e parte nel vicino bolco, ov’ ö la Grot-ta di Trofonio. La Mulica e del fig. Antonio Salieri veneziano, Maeftro di Cappella ali' attuale fervigio di Sua Mae ID Ce- farea. ATTO P.RIMo! scena prima. G i a r d i n o . Ariftove, Of e llarci voi lteiTe do vete, non io j tapete, eh' io v' ame y e in cid ehe vi dice vi parla 1' atnico, pid ehe il genitor. Oft. )^8enfibili fiarao Vor».) al voltro buon cor. Ariß. Figlie onefte, come quelle O/e. J Genitor cosl amorofo Dori.')*2 deh proteggi, o cicl pietofo, s z con benefico favor, 6 ATT» Ariji. Fig’ic mre, m' intendelle: io tranquillo non fon, fmche non vcggis media-nte nn convencvol matrimoni» atficurau omai la voftra forte. Scegliecevi un confortc; e pur ehe degno fia di me, di voi, volontier v’ acconfent». Ofe. Io fol defia uno fpofo conforms al genio mio. Amo, come fapete, la lettuta, il ritiroy e la quiets fe alcun quelto far vi fi prefenta, io non cerco di piti: vivrö contenta. Ariß. E in villa alcun non ai? . . . C/e4 No veramente ...non faprei-.ma forfe... Dori. Diglielo via. Ar iß. Non far la fmorfiofa. Ofe. Vidi talyoka un giovine, ehe alloggis nel vicino cafin; mi par... potrebbe..» Dori, Orsii, vel dirö io; Artemidoro . Ariß. Me 1’ era quail quafi immaginato. Non mi displace; e un giovine pofato, e favio e facoltofo. 'E ver, ehe ognorfenva ferioc penfofo » in aria di filotbfo; ma infine non e mica diquei, cui par, ehe folo il nome di filofofo fr adatti, perche ruvidi fon, fudicj, o matti. E tu ? a Dori. Dori Per me non vi faro mifteri, e mi mariterd ben volontier!. Ariß. Brava; non t’ impacciar di timidezza; parla pur con franchezza. . -ri.-A ‘ ' - Bori fr K I m 0 7 Dori Son per natura aliegra, ed uno fpofe vorrei de 1' umor mio. Ar iß- Ma... per efcmpio? Dori Per efcmpio... Pliftene. Atiß. Quel giovine, ehe fpeffo a vifitar fen viene Arteraidoro araico fuo? Dori Lo fteffo. Arift. Si; non v'emal: quefto e un partite, o figlia ehe patra convenirti a raeraviglia. E un giovine d’ umor gaja, c giocondo; ma finalmente a un fonda d’eneftä, di buon cor, ehe ohiperprova ben lo conofcc, un galantuom lo trova, Ariß. Orsü, gia compreli il voltro defio, e quel che pofs* io per voi Jo faro. Tu ferio lo brami, t Oft. allegro tu 1' ami: aüori. fia allegro, La ferio; pur eh* abbia criteria, che opporre non 6. Son facili firn buono in quel che fi puo. Oft. ) Un padre si buono Dori)*2 trovar non fi puo. SCENA II. Ofelia , e Dori. Dori Ofelia, io fo che fpeffo fra i tuoi penfier, fra i libri tuoi folctti ami reftar: perciö ti lafcio, e intanto io men yo pel giardino » coglicr fiori: v _ ri«. 8 Ä TT* riman ti Oteli». Ofe. A rivederci o Dori. S- C E N A IIL. Of din JoU. Sallo- il cicl quanto io V «no f bende gna n' e; ma t noltri oppofti umori ci diitraggono in cure a Eti direrfe: efla vivace e all'egra, ognor proccura divcrtirli c godcr: io d' ozio- srnica Smo i tranquilli ftudi» Se quella passion non nutre « allctta quaiunque altro piacery 1’amore iftcfle» non potrta nel mio ccr prender peile Ho*. D’ tm dolce amor la. face arde anche a me. nel cor t ma la tranquilla pace mai non mi tolfe ancor. Sfr da virtti proviene, fonte di bene e amor s s' e dr ragion tiranno, pena cd affanno £ allor.. scena IV. Artemidoro , e dettt» Ofe. Ma veggio Artemidoro ehe qua fen viene .-comeopportunfei giun» Art. Ofclia, in traccia appunto to? reniadite; ma in ehe obbedir ti deggio? Ofe. Fra quelf ombre fediamci, ivi potfemo a noltr' agio parlar. Art. Come ti piace. fie donofotto un pergolato * t)fc. Sappi, ehe il genitor .... vtrf.Che libro equefto? interrompen. nel ied.il UK Ofe. I caratteri fon di Teofrafto. f K I M O 9 th! or loLtggca. Chc lncomparabil opera ; eh’ ccceücnic moral i Mentre iv* ii lavi» ti loto to propone i gran modelli di vinü fublime, 4’imttarli il delio ncl core imprirac. Art. Io del divin Platone iirando 4ifatto /e neße gia leggendo i dialoghi, chc fcmprc ( uns d'avcr mcco ö coltume. (ftrf/tmtn* O/e. Come il tuon magittral di grave autore iltruifcc la mente, c forma il core ! Art, Delo fpirtoilpiaccr^ che dallo fiudio derivar fuol, quanto e piü degno c nobile^ che d’oziola gerne i palTatcmpi fpeffe nocivi, e fempre inetti e iccmpi; S C E N A V. Deri, e Pli/ftne ehe vtn*ana tanttnio, e ftl-ttlUndo{tmztfjr laminima atttnzione a Qfeii t^ ed Artemidoro eit ßan ft dati alia parte oppoßa . Pli. (<3 II di'etto che in p»tte mi fento, Dtri ( che contento che gioja mi da. Oft. C Chc clamor, chefraituoiio emaiquellte^ Artß2( quäle ftrepito, quäl nevitä ? Deri Profeguiam . a Plißtni fli. Ti ntordi dd reite ? « Vari Dori Io no certo. fli. Io neppur. Ah ,h -h. Pli' ( Art. Che fehiamazzo t Oft. Che rider molclto l «a Branco d’ochc piü ftrida non ft« VfC. fli. Or fowisnini. iö a t r s Dorf Bravo. Fli. Eceolb 7 Don" Oilie . Pli. Si difcacci ogni torbido . . . Don" Oibö. y 2 O filenzio beats, e tranquillo. Fli. Ogni torbido . . . Dori Torbido no . cor vivacitk 2 Fonte fei di faper, di virtü. Fli. Ma perche ? Dort Non va ben. Fli. Dillo tu. Dori Zitto ... Ah corps di Bacco! Fli. Che fu? Dort" M’ e sfuggito . Dori)^ 3 Ab ab ab! Che fpaflo. Art. Che tumulto $ Dori)" 3 Ah ab ah-' Oft. Che fracaffo l Dori Ora si, va beniilimo . r ; afcolta» Art 2 Ah volcffer tacerc una volta j Oft.) Fli. Via fentfamo. Dort Zitto . . . Fli. Sbrigati fu. Dori Si difcacci ogni trillo pcnfiero. Fli- Siegui pur. Dori Ogni trillo penficro. a Io giä regger neu poffo di pii. ridft ¥ k f Ik i tf Bor» Fitichčilam.. .qucltač)>clIidavVerods/t Finche fiamo ful flor de 1’ cta. f>Ji. Brava, bravaj bcniffimo or va. Art. C A uno fpirto galante, e leggier#* Ufe. (fl2Plaudc il volgo, chc fenno noti a» Dori) Or fi torni di twovo a cantarc, |>1«. )32 e replichi I' intercalate . Art.C Nel rumor ai sl ftraao contralto 0/d.(*2 tacer devc Platone, e Teofralto. tli.) j[l diletto, che in petto mi lento» Dori)al che contento chc gioja mi da. O/d.f La tempefta > che in tcita mi lent» Art.{ 3 ehe tormento, ehe noja mi di! SCENA VI. Arißonty e dttti. 'Ariji. Evviva. 2 II genitor . i>o«( ° Arifi. Bravi allegria. tli. L’ amabil cempagnia di voltrc figlic, il boon amor infpirit A riß. Ci ö piacer; ma or figliuolc wie, ritiratevi un poco. Parlar__d’un certo a Sare coh quefti galantuomini degg* iox W'\2 Obbediamo. Po«) . Tli. Addio, Dori. partono Ofe t Dort, Art. Öfelia, addio. SCENA VII. Arißone, Artemidoro, Plißcnc, <ßriß. Amici, a quel che veggio, non vi fpiaecieao, č ver, quelle ragazzct Tli. PI*. Son amatol i;, e belie. Ariß. Tutta vo'ltra bontä'. Art. Sond lavi e . e enefte. Ar iß. Oh quefto e ineglio, bravi/ e perche enefti, e favi anche vol Keke, ( per tali almen vi itirao J io lafcio lore la liberta di converfar con voi. Art. Grazie. Pli. Grazie Arifton* 1’ ablraccia contrafport», Arifi. Pian pian: voletc fcffocarmi ? Il difcorf» udite pria, ringrazieretc poi. Art. Lafcialo terminare. a tlißent. Pii. Si ben, ringraziero quando vi pare. Ariß. Dunque, com’ io dices, che fie te gaJamuomini____lo credo; Jna il coraodo talor , 1’ occafionc, la frequenza, 1'amor, la gioventii, malgrado la virtii, patrebbe... ehe fo io? 7. per diftrazieöe... Ariß. Quai dubbiJ Pli. Quai fofpetti i Ariß. Oibö, non dubito non fofpstto di nulla; ma Tapete, come le cofe van Tu quefto articol# , Onde per ovviare a ogni pericolo, voi non dovete aver difficoltä d’ aflieurar ja mia tranquillitä. Art. Ebben, quando a voi piaccia, Ofelia in fpoTa io prendo. Pli. Io prendo Dori. Ariß. ksrols. forgt ai tntrmh la mano. Art, * It I lZ via ’E fatto. ^'faa Si: parola. pit. ( r Arifl. 'E fatto? fh Aft) Artfi. Si ftendcra il contralto colic opportune condizioni poi nclls debits forme. Cosi ciafcun di voi avra una fpofa a l’umor fuo conform«; ed io faro tranquillo, e voi cementi. 'Art. Per altro e fingolar, ehe due forellc fra lor si diiferenti fien d‘indole, c d’ umor. Ariß. Non fol forellc, ma dite ancor gemcllc: ad uo fol part* Eufrofia moglie mis, buona memoria, dielle alia luce; emrambe fucchiaro il latte fteffo, c lor c*", fur l’aria,. il cibo,i ftudi il precH*, 1’ alleggio, c foprattutto il genitore. Hi. Sari. Ariß. Come, fari/ Fu convien dire: Cos’ e, queito fara ? Oinbra onorata della fu moglie mia, the or tc nc vai per 1c carapagne elife colic cafte Penelopi, e Artemific. ) K vi fari chi ardifea in dubbio por la tua virtti? Tli. •) Penelofe moglie tf Uliffe, eArtenifm «•-gl\e di MaufeM Kc di Čari», tmlt etlebr*-per Udeiti, e »more conjugate ^ *4 (qj\ T T % tli. ScufateW‘M Sappiam^db/un uom ben nato in dubbi» non dee la caftita di donne mortc,- ( porra maffimamente pci della confotte. Ariß. Ma fia pure un fenomenom e cosiS Non veggiam tutto di in natura accader 1'ifteffa cofa? i e col permcffo voftro, •r con qn paragon ve Io dimoftroa Da un fontc ifteffo accade fpcffo , che ü dira mi 1’ acqua in due rami: 1' un di quä fdrucciola* v 1' altro di la. Hue!, dopo un lieve corfo affai brcve, zT\ entra in un bofce ( M tacito e fofco e ftagna in lag o tranquillo e vago,- t fotto ameniflima ombrofita. Huetii fovente faffi un torrente «he d’ alto al baff» fra faffo, e faff» «rta, ferpeggia, batea, fpirmeggia% e con gran ftrepitp at mar fen va. Cosi mia prole fon due ftgliuole ^ --7'V M. > R I M different iffirac di qualitä. L’ una e faputa tutta fapienza, c l'empre fputa qualche fentenza, o filofofica moralna! L* altra i fijofofi beffa, e deride, di tutto allegrafi, di tutte ride, piena di lepida vivacitä. yoi colla vellra idArt*) fpofa futura gli effetti varj della natura ftudiar potrete, compor lunari, fco prir 1' influfi® dclle comete, fpiegar il fluffo, quadrar il circelo, trovar il centre di gravita. E voi che fiele si vive, e gaja, atlii o che bei pajo, che voi farete colla •) St" fongono in teli» divcrfi funti di fa ft» »ffai diffutšbili’. It Dori lipsrzzacchionji the vaghi umori procreatori d’ una buflona Pomerita) jMr. T T * SCENA VIII. Artemidgro, t fiifien t, fli. Io credo Artemidoro, ch,c come e tao coiiume, andar vorrai leggendo, e medicando ncl vicin bofco a paffegiar foletto. Art. Si, Pliftene, v'andrd . fit. Va pur, io ehe amo a paffo andar pii!t frcttolofo ,c fciolte» un giretto farö, nc Lard in olio a raggiungerti poi. iibben, cola ci troverem, fe vuoi. par* fit. Or « Deri ft corra, e la novella... Eccola apponto. E qual ptopizia ftella^ 0 Dori, a me ti guide ? «Deu cb’ ejet• f>ori Che v'd di nuovo? t>li. E’ fatto il becco a 1' oca. Dor» Come il becco? fli. Il too fpofo conoicer brami? Eccolo qui, fon ioj guardami, e d' ora in poi 1 conjugali dritti in we rifpetta. Pori Via non far il buffon; l’allare i feriot parlami con criterio. Hi. Con Arifton poc’ anzi S CEN A IX. itcWnvei n mo. Vcrfamcntc . * HIM f« ftabilito il noitro Dorf Qu cito c fTcr non peti P/i. Oh j perclie ? < Dori Bifogna effer una zucca givfto come tu fei, per non capir, che noi ihm facti una per 1‘altra efprcflamcatt^ fli. Ma da wer tu lo čredi? D*ri Senza dubbio . I noftri umor, la noftra roanicradi penfario guirerei * ) co« tu« r che in ciel 1’anime noftre (/o/t fi Leno amate ancor, pria di difeendete ne 1' utero pregnance d* ambe ie raadri noftre, ad annicchiatfl nel tuo corpe, e nel rnio; c pria che'foffe la natura ,c il mondo fli. Gnade! che bel periodo rotoadoT e donde äi tu cavati penfier cosi elevati? Dort Son filofofa auch* io, fc PIi. Tai Port Io 81. Fli. Me ne rallegro aflai. Peri Col bazzicar con tanü filofon, che a branch» »' di noftri inondar la Grecia tutta, mi Ion cosi, come tu fenti, inftrutta} che ancor ienza penfarvi adagio adagt* $* attacca il Slofotico contaggio. -fli. Or afcoUami, a temi taccomando, qnan. D non io fai j * ) Acceuna i l fßcmapkCQsico iclUpreeßfla** 4eU’wine *8 /Xs T * * quando (ji^Vnarito: bada dilami far buona figura, flori Non penferefti giä d'entrarnel numer* tu ancor di certi feccator, chc fono 1' obbrobrio de’ mariti, il flagcl deilc mogli? M». Oh quefto no; amo la liberti, non men di te. Ma ö intefo dir di Socrate,e Xantippe, ch’ ei, non oftante i| tutelar demonio*) tin gran martire fu del matrimomo. jpori K ver ;ma 6 intefo ancor dir ch’eglicbbe ena fifonomia di babbuino; ende buona, e cattiva per lui qualunque mogli« era un giulebbe: Ma tu. .. non fia perfarti infuperbiro... ton un poro di fmorfia-fll.^Ah, ah, ah, ti piace, e ver, queft' aria nobi-( ) con aria difoßenuta caricatnra. ("le? ^"Qucfto fembiante, e quell o portamento? «ehe direfii poi, fe tu fapeffi con familiar rit k -iquants Ninfe, c di quelle che paffan per piti belle anf guardano fott' occhio, poi danno un fofpiretto,efi fan rosse. Ma io per la mia Dori con rifoluzion<. duro, e coftante ognor, come unofcoglio* pari Stt zitto, fanferon; io non mi foglio cosl *)Sopra tutto ciöcbe ri^uarda Socratt la fua dottri-majafua moglie Xantippe fl pretefofuo daminiofa* fitfliweißvetfaLaer Jib.della vita de Fi.Pl.lib.% -O. qoantl! >9 manu, V * I F cost vantar; ma fe vo quanta n’ avrci! ma qt tli. Al par di oc nc avrelti?ahmc ncride: in tuoBO nlquanio ironic». Dori Via fcoromettiam, fe vuoi, andrerao infic-aqualche fella o publica adunanza, I ( me c vedrem chi a di noi piii concorrenti» IIt. Quefto no, Dori mia, non vo ad ogni colto, ehe fi mettiamo in publico si toilo. Dori Son docile e difereta; ma fe poi ftuzzicar tu mi vuoi »ella parte piu viva, io mi rifento; ehe del marito mio gelofa fon, come ogaii donna aneh' iaa tli. Via, mi fido di te: tu fidati di rac, c amrairi il monde in o»» quaudo faremo in matrimonio uniti il model delle mogli, e de' marflp Nello (lato conjugate v' e il fyo dene, c v* č il fuo maldj ma fe prendefi a traverfo e una gran calamiti. Certamente il matrimonio ä il fuo dritto, e il fuo riverfo * ma a pigliarlo bel buon verfo effer puö felicita. Sc tu Pliftenc fci mio marito« Se tu, mio bene, fei mia conforte. , Piti bel partito, v 62 Titi bella forte, ©o ri Dori Dori) Slu) dond M- A T T S maggiore, Co mio core dal del benefice bramar non fa. SCENA X. B o f c o . In'fovdo trta e faff*fa rupe fparfa d’ alleri,edi trtnebi, a fie della quale Jelvaggi* grotta n-toperta d’ eiere , e di mufehi, re« due ingreß iugombri in parte da bofeaglie, o da rami <4* alleri tie pendono in giit dalle rupe. Trofonio ck’ efee dalla grotta. Spirit! invifibili ch* ite per 1* acre di tuoni e felgori eccitator. B voi di rupi, e d’ antri cupi, voi del profondo centro del mondo al volgo incognita abitator. Reflate meco in quefto fpece d" effetti magici operator. Quindi gli elettrici *) 6 effluvi efalino '5 ehe i ,nervi, e mufeoli vrtin», e fcuotano, *) TfO/odo vitalfervirf di mezzi fifici ptt di eangiomento di umori »eile fun grotta, 4 * * I M e infmuasdofi entro le celini * del wolle ccrebre fgombri 1' inerzia % e vi rifveglina moto, c vigor. O i fenfi ignavi offufchi, e aggravi pefante, e terbido craffo vapor. E a chi i' interna ne la taverna trafmuti, ed alteri indole, e umor. Udifte? O incantamenti attendetc piti sorti, e piü pofleflti! Caro di fpirti dentra la grotta. Pcrche t* infochi con gridi rochi ? Ferchč ci evechi da* ftigj lochi g ran ciurmator ? Trof. Sc in queft* antro talno per una ports entri, c per 1’ altra sorta il trifto in gajo, e il gaj o in trifto umor converts : « fe all* antro poi torni, e v'entri c n' efca per 1' eppofto fentiero tor- *)Evocare,termine latino, ebenen enelvota-behrio deliti erufeaj na ufato efprrjjiv», adet-tato da altre lingua t adattatijjhno *11' oeta-fionc, neila quale fi adofera : e di tui fare, tbe vos dovrebh cjjftr nate ante la noßr» lingua* HÄ X ¥ ¥ 6 torni aJ^mor priraiero* Cosi prMwive, e vuole . il poter di mie magicke parole r £br». Qui ftiain con irti tirecchi ä udirti *) lemuri, e fpirti ad obbedirti attenti ognor. 7rof’ Ma v' e chi quä s avanza, fra quelle plante io ml ritiro intatit» gh effctti adoflfervardel grande incatttov S C E M A XI. Artmidoro con Platone in mano . 'tdrt. Di qtieito bofco ombrofo al folitario afpetto tin placido ripofo ä’ infolito diletto tutto m' inonda il cot i La eheta folitudine a una alma filofofica quanto i piu čara, c atilabiUr che di cittä Io ftrepito, e di affollato popolo 1’ incomodo clamor/ y’calciin fra quelle fronde; a Varia* äivoltö* accorgcndoß di Trofonio . Al pallio ,a 1’ irta barba, alcrineiticolt» filofofo mi fembra, : da lui fteflo il fapro: tu che folingo ' in gran penfier ti ftai* dimmi, fe lice* chi ---------------- ■■ n—^ ---------------— *) Lemures fycffo g\i anticbi dicevanfi <{uei f^tttri fU imodsmfrweeß{biimnoRiysTiiti^ 2Z * K f M i? čhi fei? colli ehe fai ■JÄYaf. Trofonio io fono abitator di quefta gretta, ov' io fra Hudi ignoti arcani Jungi dal folle mondo folitario m' afcondo. Art. Trofonio! E chi puo il nomc ignorar di Trofonio ? A cui la Grccii primi onor fra i favi fuoi concede? Ma dimmi, e a me permeffo ne la grotta 1* ingreffo, accid quant’ ivi offerverd, mi fervs d* utile iftruzion? r iTro/, Entra, ed offerva. Art. tutrontllapoti» SCENA XII. Prifltnc, e Trofonio * tli. . Ah trorar fra quelle piante potefs* io qualche galante Amadriadc, o Napet, della gloria il far conquilt» d’ una Ninfa, o di una Deal quanto pivi credito acquifts a un amabile garzon. Čara Doride perdon. Vn capriccio paffaggiero non offende 1' amor vero * e ad un giovine e conceffo; ma fon teco ognor Io fteffo, teco ognor coftante io fon. Čara Doride perdon. Oh oh! chiequi, cheltafli adoffervarmi? accQY*endofi di Trofonio . x' un otfo, e unucmo faivaiico? no... parm piut' e Platon 10 ftil nojofo, c ll gravetuon di quanta e fofiltici, e pedanti *) fra nci la Stoa produfle, c it Pcripate. Evviva la gieja , ehe m’ occupa il corj c pera la noja e il torbido umor par. ca*ta*.,tfiltt1+ T»o/V Gia dcgli incanti miei vegg'o gli effetti portentofir omai 11 giovmaltro derifor fi fccrna, eh’ e fee fuor de la magica caverna. SCENA XIV. tlifienecV tfce gravemnte dalh grottiper hfittf* porta p o nn almanacco? ehe capo d’ opera 1 ehe umor bislacco! affetta 1' aria di gravi ta; Pii. Ciocčhč piu apprezzail toil feritti tutto e follia; il tutto, o Doride, e vanitä. Dori Cos’ ö coteita buffoneria, che per la tefta ora ti va? Pii. Leggefti o Doride, il gran Platone? bori Eh via finifeila. C he le' un buffone .* Pii, Ch’ eccelfe maflime, che digniti! Dori Avria nel cercbro .fra ft forfe fočferto, qualche fconcerte , o infermität tli. In quefto vortice, ehe ci trafporta, guai chi per fcorta virtü non ä! Dori II ciglio torbido, romiftfrr* la guardauirs, mi fa paura, tremar mi fa. tli. Lafciame i frivol* ▼ani 3© ATT « v»yl folazzi, d’ amor p latonico io t' am ero . %fori Da lui m’ involo / ehe con j pazzi a folo a folo ■rettar non vo. tli- Or dunque ... ? accofix Dori Io palpito. fi difcofia tli. Perche ti fcofti ? Dori Torna qtial fofti, con timore c t’ udirö. tli. Ma pur cortefe laraanpuoi darmi; grav.la Pre per im. Dori Ah non toccarmi, vanne, o men y6. da un^rido con ifpan. . tli. Ma chi t’ offefe, čara ... in »tto di «bbrtcciarla Dori Or men vado . . . fu££endo tli. Pur tuo maJgrado ti feguirö. SCENA XVII. Arißone, e poi Ofelia, indi Artemidoro ^ rAriß. Del giardin per 3i vali le mi e figlie trovero,-e i concjuft Idr fponfali ad entrambe anmmzierö. O/e. Ah genitor! fempre con affant Ariß. Cos’ ai? con forprefec Of e. Ah tu non fail Art. Io no. O/e. Se tu fapeffi , . s ßrt. Che? i ft i m $ 3* Ofe. Eccolo Ariß Chi ? V/e. Men v6. parte in fretts Ariß. Fermati, fenti... vibo: fugge ne pili da retta, ecco queft’ altro in fretta, Artemidoro afcolta. Art. Lafciami... un altrp volta . . i 'Ariß. M a un pocolin t’ arrefta. Art. Seguir Ofelia io vč. par. in/reti Ariß. Che ftravaganza e quefta ? Intenderla non so. "i SCENA XVIII. Arißone, Dori t inii Plißtne; Dori Ah padre mio t ton affanna teme/epr« Art. Che fu.T Deri Difendimi. Ariß. Da chi? Dori Eccol . . -Ariji. Rimanti qui. Deri Non poffo ftar di piii. parte frettelof* Art. Odi . . . Sen fugge anch’ ella s oh quefta e bella affe. Anche coftui fen viene, fernaa ove vai Pliftene? jPJi. Non m’ arrcftar. Ariß. Perche? tli. Or Dori io vo feguir. parte comefopni SCENA XIX. 1Arißone , poi Ofelia e Dori da diverfe parti, indj Artemidoro e Plijlene ehe le fcguouo . 'Ariß. Cos e quefto fuggir ? t cofa feria ? e un gioco, H2 A T T G per dlvertirfi un poco? «he diavol mai vuol dir? ma toman qua. i 2 Soccorfo Bon) . Arift. Che v tlorO* 3 Mi viene appreffo . . , Arift- Chi ? forfe tin lupo, un orfo? Bori)a2 No no... PJiftene ifteffo. Oft.) Artemidoro lfccfTo. Art. Ebben, che male « x^ueflo? reflate pur. 2£riV 9 Ntm ^efls. /rt- Reflate dico. 2 Ah no. fa/t(>t>onaf.dalhfa.^pft.t { queila^doiide ent'glijpoß. Ariji. Che confufioni tirane 1 1' infeguono coftoro come le lepri il cane: finiamola fignori; che fon quefle pazzie ? fate da cacciatori dietro le figlie mie? son rifenti. Pliftene, Artemidoro, tidite: Hi. Non li pus. Arift. Una parola fola. Art. Tempo d’udir aon s. farte Art. * tli. > * l tu e SCENA XX. Jlriflotne} foi Oj tli a, t Dori. Ariß. Queita qaalunque ha, o celia, ovver pazzia, e omai lungetta in vero, c gia mi fecca un po. 'Crcpo fc del mi tiers le fpiegazion non trovo» eccolc quä di nuovo, a Padre ricorro a voi. ■Ariß. Oh quefta volta poi Hon liapperete affe. Io vo taper, che awenne. C le arrefta prendtndo ambedut per *n bratris i ß Dor. ) Pliltene .... ®/>. ) Arteraidoro.... Ariß. ) Cofa vi fer colors; Ei pazzo er or divenne. Ariß. Pazzo? Egli e qua..lafeiatemi. Ariß. ) Reflate qui. ^»a Non poffo. Ariß. ) Ferche? C/<." jÄa viene addoffo. Ariß. yu moto naturale. Non vi faran del male; il ciel ve li deitina. 'Dar. ) . Rccolo! oh me mefehina > P/e» ) 8 Treme da capo a pie. SCI* 34 a T T ~ O SCENA ULTIMA. Plißene, Artemidtro t detti . Pi/. ) Ariftonc s la voltra figliuof* Art. ) * 2 mi rigetta, mi fugge, e s’ mvofai Dor/, j Ogni delto cffervatene ogni acco, Of. ) E poi ditemi, s' ei non e marko. ( ad Arift. Jbtio voct.) Arif- Zittc zittc * non tanti lchiatnazzi, favi o pazzi fentiamo cos’ e. Art. Io ehe ion d' alltgriflimo umofe; ch’ a mo öfelia, e che 1’ amo di core ; la trillezza 1* eforto a deporre, e per quelio ella m’ odia, e m’abborre; e mi rende si ingiufta mereč. 'O/i Padre mio , che ne dite? Art. La cofa par dubbiofa un pochetto anche a me Hi. Io ehe opfar da filofofo bramo, e del mondo Ic inezic detefto , perche boride vehero, ed amo, la moral le configlio; c per quefto mi difcaccia; e s’invola da me. Dori Padre ebben, che vi par? Art. La materia fi fa feria, e penfarvifidcei (aUefiglii.) Art. ) « a ) Che vi /embra di quelle ragieni ? Pi/. ) (ad Art. Arif. Dunquc miei riveriti padroni, (aPi/.) voi filofofo, e allegro voi ücte. (adArt;) Tliß. Grazie al ciel; Art. Me ne pregio, tori ) »alatendete? (aiAriß.) Af.ß P R 1 M O ZT jfrtf. Bruttointoppo! ( io non capifco tal novita. Fine dtli’ Atto Prim».' ATTO SECONDO. SCENA prima. Sala T) Arißone; Oftlit e Dori Arif 1 Azienza, figlie mie ,pazienza un poco; non bifogna cosi tutte ad un tratto prccipitar !e cofe . Dori Dunque volete voi, ch’ io fpofi un matto? O/. E ad un pazzo io dovrši.... Arif. Pazicnza, torno a dir : primieramcnte ancora non fon io ben pcrfuafo , ehe pazzi fian color. Cor. Ma quäl ragione.. Of. Qual indizio piti efprclTo.. Arif Ma dato, e non conccflo, che fian pazzi davver: veder bifogna s’e pazzia permanente, o pafleggicra. In quefto mondo, figlie, in vita lero anche i piü favi, anche i p;ü grandi Eroi tutti anno i lor momenti di pazzia. Dor. Si; ma il momento in quelto cafo e lungo • Arif E perciö vi foggiungo, che il cangiar di carattere, e d'umore fempre pazzia non e. Nell’ ordin delle cofe e filiehe, e morali vi faranno forfe, milic cagion che nen fi fanno, capaci d’ alterar per aleun tempo i noiiri umor, le noltreidec; ma pofeia quclla cagion ceflando ceflfa 1’ eLetts ancor: 0/. Ma 1’apparenza..^. 5 E C O N D O 57 Arifl. SpelTo congiuran tuttc 1' apparcnzc per far creder , ehe infallibil fia ciocche atbiam nrl penfiero; poi ft tncca con man, ehe non č vero. P»rt L b-a.no al par di voi. Ariji V» ehe fiate cemente, i e pur I i e tarnen te ite" Nel vi-in bofco a far la vollra iolita palVeggiata : anch* io fra poco verrö coiä: difcorreremo infieme, ci penferemo bene; e alfin rifolverem, come convicne. Seiltuo fpifo e aflai briofo; f alOfe. tu quel fie« a poco a poco, fs vorm, temprar potrat colla favia graviti. Sc per forte tl tuo conforte (a Dori troppo ferj avra i penfieri, fcuotsr puoi gii fpirti fuoi colla tua vivaciti . Sta lo fpofo allegro, o melto, purche onefto, c lano fia, la trilbezza, o f allegria non č mat la fua primaria neceffaria qualitä . Or dunque dal petto fcacciate il fofpetto. Contente-' godete, temer non dovete influffo maligno, ehe fempre benigno il ciel vi fari ( f&rtc, SCE« X zs ATT® SCENA II. Of tli a e Dori. O/V. Eppur malgrado il r agio nar del padre non m’ aßieuro ancer . Hort Per confolarci for le parla cosl. Of e. Bafta: m’ afpetta vad» in camera Te meča un-libro- pr end o y e al paffeggio andrem poit Bori Va par: t’ attendo. SCENA III. Dori fola. Biča pur Arilton ci 6 ehe gli aggrada: la cofa a un brutto afpctto, « inquietezza mi da, mi da fofpetto, Un becconcin d’ amante trovato appena, a un tsatte fcoprirlo poi per matto, fa proprio male al cor. Non vo, ehe grave, e lavi» un amator m’ annoi; m a grave,, e pazzo poi queito t ben peggio ancer; Faceto, vivace vederlo mi piace, . che fcherzi, ehe canti, ehe fempre abbia pronti i frizzi, i racconti, i tratti galanti, la gaje parole, , il lepido umor. ... l-- - A fe impazzar pot ynole ■4 impazzi per amor, SCEr o a n o d a s SCENA IV. Bofco con grotta, come fopra. Ylißene folo, fai Artemiduro. Pii. Forfe il contegno, e ilragionar ehe tenni con Doride pocanzi filolofico e grave oltre il cofturae, forfe difpiacquc a lei, cui nelle vene fervid o fcorre, e troppo vivo il fangue; j: na tempo al fenno, e alia ragione u lalci, l e il giovanil iuo foco vedrem pur moderarfi a poce a poco. Ma quell’ e 1" antro, ove Trofonio alberga. Oh felice foggiorno: par, ehe un auratranquilla a te d’ intorno dolcementc s' aggiri, (jir* attorno lajr.at-chc faviezza infpiri.' ttntamente ojfervan.) La ritrofia d’ Ofclia ( efce dali* part .enter. fcufar convien; peranchc C Jenz awed Ji P* non apprefe il giocondo galante tuon del mondo : 1’apprendera: le tigri, cd i Ieoni vediam depor 1’ indole lor fcrocc del cuftode alia voce; e non dovrä una della amabile donzella la retroCa deporre a’dolci vezzidi un tenero amante ? ( ß rivolta e iede Pli. Ma Pliftene e cola fra quelle piante; Che fai colli Pliftene? Pli. L’ antre del gran filofofo contemple. Entrar vorrei per ritrovar quel favio, e bere il nettar de’ precetti fui. '/it. Si, quefto e 1’ antro, in cui «8 40 ATT» uit' aura refpirai, c tie dentr» i! core un non fo che d’ilarita m’ infufe. Entrifi: anch’ io di quella efalazion benefiea vorrei di nuovo abbevcrar gli fpirti miei» P ji. Ma piuttofto- onefto faria qui Trofonio afpcttar* Art, No, c v' filofofi non fifan compliment?, f s^avtia verfo I*. Andiam-. porta danit dinnanzi erartfor* TIL No ancof . titi • j Art.. Vi eni, o vad' io Tli. Ma fenti - L in cafa altrui fenza permeffo ti vuoi 1’ ingreffe dunque arrogat? Art. Per quefto tnufo non v’ e ufcio chiufoj pur vogli» a lui ambi annunziar. Trofonio , vifite. (? aceoßa ali' ingrejf»,, Tli. Deh non gridar.. e grid*.) Art. Ferche? Tli. II filofofo puoi difturbar. Art* Sta cheto, e fieguimi, (Zo frerr.pel braecio, non dubitar. e lotiraverfo la porta.) Tli. Fa piano, o lafciami mi vuoi ftroppiar. Art. Trofonio vifite.. Tli. Ma non gridar. ' — Art. Sta cheto. e fieguimi* * nit Vlu S E C O N D o 41 Ifli. ^Vli vuoi itroppiar ? Arte.'iranio come fj-pra, entranellagrdita, e perfirzafi tira tii.') SCENA V.' Trofonio /slo, cbe ejce deli' altra porta . Voce conhiia, e tronca dali' altro ingretTo udri, ehe la fpelonca altamence fuonar fea del mio noma. Cerco talun v' entro: di qua tifcir volil, per olTervar fra le bofcaglic afcolo gli effetti dell’incanto portentofo . ( fi ritira fra le plant t. SCENA VI. Plißene cbe al fuono di lieta armonia efce dal-U grotta, dilla parte o nie ufci Trofoni9 ftropicciandofi gli ocebi, e la fronte. Che fu , ehe m’ avvene ? Da un torbido parmi letargo deftarmi, che opprefli mi terms i lenfi finor. Si sgombra la telta, dal pigro torpor. . Si fcuote, fi delta> r rallegraü il cor. Forfe qualche vapor craiTo, c pefante in quell’opaca grotta $’ aggravö ful mio capo; cd or, che terno le libere a goder aure del giorno. la mente mia fi ralTercna, e il core fi dileta, e s’ allcgra. E Artcmidoro ancer nonviene? nonpoflö quelle flerame foffrir; orsuafuo grado fefti, 0 venga, fe vuol, ch’ io me ne vadu- D SCE- 42 ATT» SCENA VII. Artemidoro ehe al fuon di grave melodia tfs* per I iflejfa parte, donde ujci Plißent. Sognai, o logno ancor? non fo quäl urto infolito, 0 quäl dellro toll's, che mcalori, che fcoffe 1 fpirci mi ei finor : Ma giä 1'ufata calma ritorna all" alma, c al cor. Certo io provai poc’anzi un inquieta agitazion nel fangue, che 1’ idee mi fconvollc: er grazie ai NumJ, un perfetto equilibrio i fpirti miei giä racquiitan di nuovo. Oh fe potefli Ofelia ritrovar/ So che ogni giorno quinci pel bofce attorno di paffeggiar le aggrada; vorrei vederla i a ricercar fi vada. SCENA VIII. Trofonio che efce dalla. hofcagli». Coitante e ognor 1’ lltcfla c 1’ afficacia deli' incanto mio, e f ilteffo Trofonio ognor fon io, Quefto magico abituro, a ogni feeolo futuro del pokere di Trofonio teftimonio ognor farä-Treman gli aftri erranti e fiffi kreman d’Erebo gli abiffi.. , Ma due giovani donne appreffarfi vegg’ io; proviam come la raia virtü Hupend» anche fui feffofemminilßjftenda. SCEi Š E C O N D e SCENA IX. Oefelia, Dori e detto. r'Ofe. Ancor d' Artemidoro il caugiamento io coraprendcr non pofld . Bert Fin che io penib al cafo di Pliitcnc, ognor maggiore diviene il mio ftupere. ■Mi dinmi, o luora, e non ti parquefr’ oggi incomodo il calor pin deil’ulato? Dfe. Si veraraentc, alquanto Iranca io fono. ‘Dori Sotto quell’ elce ombrofa....Oirae forella C to» i/pa-uento aceorgendofi di Trofonio qua! mai figura e quella? ah ehe mi fernbra alia fembianza ftrana qualche divorator di čarne umana 1 <0ft. No, non i Leftrigon, ne Antropofago * C ojfervar.dolo attentamente. ) ma filofofo, o ms go. Trojf. Non temete, o fancrulle. Dori Ah refpiro, o forella; umano e il tuott di voce, e la favella. Tro/. Pel caldo, e pel palTeggio, ehe fiete alquanto affaticate io veggio. Riftorarvi a voftr’ agio in quella grotta dalla Itranchezza, e dal calor petrete V/e. Dori, e tu che ne dici? Dori Ma non avrefte voi appetite di noi? ( t Trofonio. ) [Tro/. Scacciate, o figlie, Vim- * Deßrigonipopoli della campaftia felva^gi^ecrtt-deli cbe fi credevano difeender da Notturno. Sipaf-cevatio dt came itmana> cperciofurtn cbiamati Au* itnpofagi^ Aul. U elito} lilh 55, cap a cd r.ltri 4 4 a T ~ rr e 1' importuno timor. Sc folitario dentro qnell' antre, e fra gli ftudi involt* dei mal vagi il conforzio abborro, e fuggo* amo 1’ umanita , non la diltruggo . Don" Eppur bifogna dir, lorella mia, ehe il fccol de’ filofofi e felice, poiche fi trovan uomini dabbene, ehe in mezzo ai bolchi ancor ci voglio bene, Ofe. I fi I o fo fi fono i miglior noftri amici: fe Itaffe a lor ci renderian felici, Tro/. Venice, o donne, mcco , venite in quefto fpeco, ove Je itanche membra potrete riftorar, Ofe. Un galancuom mi fembra* («Dor«) Dori Selvatico non par, (a 0/e.) Trof Ali' antro mio vi chiamo. 2/e‘la 2 Grazie al cortefe invito. Dort) Trof, Ecco il fender v* addito, venue a ripofar. t)ori)a 9 "«»mini,1 conforzio (/ra /,r«) $’ egli fuggi fiflor , certo non fe divorzio dal noltro felTo ancor. 4 3 Dunquc andiam nelV antro ombrofe a goder grata ripafo. Ja frefc’ aure a refpirar. ( entrano le donne aelia grotte ftteedt« tt daflrofonio, SCE-» S E C O N D O 45 SCENA X. Arißoue, pot' Artemido» o, tudi Tlißtne . ^r(/?.Ne poflo ancor trovarle torte di la., (r tvviuua « on ehrt ptr-te, e iacontra Artemidoro. Art- Dove, Ariifcn, t‘ affrctti ? ( etnfolitafut Ariji. In traccia ve dellc mie figlic. {{riniti. Hrt. Ančk' io vado Ofelia ccrcando. Atjf. Voi non fictc piii cangiato d" umor, come poc' anzi (con Art. Sempre Io lteflb Artemidoro io fono, (Jorp. come mi te natura. Ar iß. E perche duaquc ? .... Art. Andiam per or: difcorrerem di poi. Ariß. Ebben, vadafi pur. Pli. Artemidoro? . ( cos frettt. Arifton ? ma dov’i? pofs* qui ? f avece voi veduta? . iChi? Arte j Art. Chi! chi ( (con impenienzt. che qucftion? Dori, la fpefa mia. Ariß. Mo cofa v’ e di nuovo? P/t. Son due ore che cerco, c non latrovo. Art. Neppur io trovo Ofelia. Ariß. Ed ancor voi tornato fictc al voftre umor primicro? c in un panto tmbidue cangiate il ncro in bianco, c il bianco in ne-TU. Sempre 1' ifteffo io fon, V ifteffo fui. ro? cd in fin che vivrö quelchefui, quelche fon, femprefarö. /ji. Con voi me ne cougratuloxhc almenefdaft š-F «1 46 A T T" U rl mondo vi faran due pazzi meno» Per diverfi fentieri intanto noi dividerfi dobbiam per rincontrarc le mi# figlie, c dar lor si buona nuova,’ Art. Andiam. Eli. Sibben, andkm r chi ce*cz trova» Ms perehč- in ordine II tutto vada, tu prendi , e fuocero, per quefta ftrada ( ad Ariß. fin dove incontrafi 1' urna di Bacce Indi portandoti, fc non fei ftracco, di la dal pontc d* Beats al fonts, a dritta volgiti e torna qua. ( ai Art. y E tu frattanto dali' altro canto dritte incamminati ver la cellinc ehe guards c domin* 1’ oppolta valle ; la- cerca, informati, fifehia, fa lire pi to;, pofeia volgendoti alia mancina, per 1' altro calls o: ritorna qua. Io preilamente Z... vo pel viottolo, . v ehe del torrents f fegue la fpond* $ E C O N D O 47 in fino al turaulo d’Epraminonda, * ) * Li, dove poflb., f traverfo il foco, poi palTo avanti al buito d’ErcoIe, e in pochi iltanti ritorno qua . Ariß. Dunque follccito andro di qua. Pl». Si y raa non perderti. Art. Dunque inoltrandomi andrö di lä. Pli. Sibben, ma sbrigati, n g cosi in buon ordine il tutto andrä. Pli. Fate attenzionc, che quefio il punte di riunione per noi farä. Ariß. Lo fo beniffimo . Art. Intefi giä. Pli. 'E ognun qui giunto, fe ancor non giunfero, che gli altri giungano afpetterä. e 3 Cosi in buon erdine il tutto andrä. Qentrs ciafcuna per divtrfe ptrti ) SCE- ?)Bacco,Erf»le, Epamitionda furono natividi Btozi« - ’£ j Greci nei facri bofcbi falevan fovette collocure i monumenti dedicati alh mt~ pori» iei loro Eroi} < Smidci, 4$ ATT» SCENA XI. Trofonio eh’ ejce d all a- grotta, p tifcir dali’ altra porta; le donne ,3 cui nelj’antro mio fei fcorta.. L' allegra, Dori ecco ehe fuor fen vienc,. (in. queßo e fee Dori graveme nte dalh grotta, t veduto Trofonio, glifa unferio. inebino. ) e in gravi ta fi tie ne. Piaceti , o Dori, la mia. grotta ? Dori Si f rifpondendofempre con graniti, e con-T rof. E si foletta o ra ten vai? tega o .) Dori Men vo. (con-aa inebino avviandoßfemprc Trof Neattender vuoi la tua germana? p. part.) Do« No. (rivolgendofi.fa uit altro inch.e sine. per “Ir. Nova e mirabil colaioh come a un trattopa.); il cangiamento e fatt»! S CENA XII . Tlißene■ ehe ve d endo Dori, ehe parte, vaole ay 1 r iß ari a, e Trofonio in difparte Hiß. Ah Deri mia, pur ti rinvengo al fine: (to# quanto finer ti ricercai 1 trafportt. D. Chebrami? {alia voce diVlißeneß rimi.con gra-Ili. Effcr hrame con tc: fo che tu m’ ami: viti che fiam nati un per I' altro, etua fentenza. Dori Un po piti. di decenza; e fe pur vuoi ,ch6 io farni, il tuo contegn» dell* amor mio fia degno. tliß. Tu vuei meco fcherzar. Dori Taci, o cotreggi la libertä del labbro. tuo» flift. Vaneggi? Dori Non cost ü favclla s uns S E C O N D O a una Is via dcnzella. Tli. Eh via, gentil capricciofetta, ah vieni/ andiamne inficma pafleggiar; ilbraccio. o dori mia,vo‘darti.nuo/£re»dsrle il braccio Da. Cangia contegno,o parti.ron ifdegnofi dißae-Pii. Ah' til vorrelti (ca da lui porini di mal umor .• no, non potrai cangiar il gaj o tuon de’ noßri amori. Dori Se tu paril cosi, non parit a Dori. farte con foßenntezzt. yii. Che Hrana bizzarria.' Afcolta. Dori mia« SCENA XIII. Tro/oitto, c Oftlta clc efce dalla gr Otti dallt farte ionde ufci Dori. Trof. Ecco la feria.; e molto lie ta di giä fi moftra agli atti,al volto Oft. Che filofofo buffon.' vanne a filofofar tra i dotti pazzi de* portici di Atene, ne venirmi piu a dir; ehe mi vuoibenc, [Art. L*anima mia .... fife. L' anima tua, fe l’hai, mi pit chc dorma, c non fi deft ini mat Art, SBC OK DO 51 ’/rt. Ma tu mi fcandalizzi, Ofelia mia, fe non fapefli quanto favia fei, qua ft quafi direi.... Oft. Che dirciti, incivil? forfe da* tuoi co n isäcftio, e vivaeiti . malcreati fiiofofi apprcr.üeiti a dir delle infolenze alle fanciullc? Art. Ah nö, non ifdegnarti. Gfe. E tu piü faggio cangia linguaggio e (Hie, per renderti piü amabile e gentile; Oft, Quel mufo arcigno e burbero , quell’ aria melancolica darmi puö ben la colica", non farti amar da me. /rt. II tuo natio carattere queilo finor non era: 1’ indole tua primiera piü non ritrovo in tc. Oft. II fopracciglio Itoico, la cinica favclla c con giovin donna e bell* fortuna mal non fe. 1'Art. Qual parofifmo infelito ( dtfe'j fofire la fpofa mia ? e trarmi ancor vorria a dclirar con fe. Oft. Via, feuotiti, parla, non ftar ceme un tronco« i fei muto ? fei monco ? che freddo amator I !/rt. Udirla, mirarla, mi reca ftupor. £ dt ft 3 Oft. Non amo un fpofe melofo nojofo. ' « '%* ' ä T t e* o cangia cervello, o cangia d* amor . Ast. Se a cid creder deggio, chs fcnto che veggio, cangialti cervello, Cangialti d’ amor. SCENA XV. Arifione, ?sr Dori, indi Ofel'u. 'Ariß. Non veggio piu ne nglic mie, nefpofh ove fi fon mie alti ? Eeco qui Dori. Dori I o I’ am o e ver: m a quell» fua allegrezii ad altri fembnra f rte amabile; ma noj ifa a me feinbra, e infopportabile». 'Ariß videnda Qf htfi »m^za d tl fand» deli» fc* Ariß. Eeco Oreha. O/. Eppur m e riufcito di iViartm da lui. Ariß. Col» roai vanno borbottando fr» Ior? Ofe. Ora tant' e % io non to feccature; s' ci brama 1’ amor mio, gii glie I’ ö detto dieci volte e dodiei, ehe lafci itar Je pergamene c i codicu Ariß. Figlie: egli fpofi voftri ? Ofe. II mio comtempla, medita,e immerfo in gran penfier profond», credo, che ft» rifabbricando il moinlJ« Ariß• E il tuo ? ©or* Lo fpofo mio altro in capo non ä, che fcioccherie.'..' Ariß Imitano la feen» Sei fpofi ler poe spri, ridendodtr/b $ E C Ö N D O 5$ ©/>. Qnefti tilofofaftri , fcmpre penfofi c aftratti. not per me non fono fatti.. i)ori No, non poffo fuffrir quefti cerveHi, fventati e pazzerclli. /riß. So benio,figlicmic * ehe noli fon quefti i natural, völir, i'entimenti. comefopr* Oft. Mi ltfingo d’ aver fempre penfato con giudizio* e buon lenfo. Dari Non io quel che penlai ^ to qUe! ehe penfo. Arift. Par ehe dican daver: qua!ehe fofpetto ormai in teila mi vicncoH Jbrprtf* Oft. Giufto ecco Artemidoro .,. Dori Ecčo Pliftene . Oft. Convert!telo voi fe dali» fthd'O non cefla, 10 lo kipudis. bori Ditegli pur, ehe fe pni foftenute nol veggio, io lo ritihto . Ari. GiuitiDei i cofa avvenne' nlquanto aftonitir SCENA XVI. Artcmidore, eVlißene da parti oppoße, e ietti, le donntpartono dalia parte oppoßa a fuelU per eni 'vedonovenir jli fpofi, iqur.li levoglioto rreftare't tna ejfefirivolgona t gli rij’pondono come figue, e Art. Ofclia ; ( partono. Ofe. Via: va la, facciad’ aftrologo: firholge Va model de' macacchi, va a comprar gli ahnanacchi p. facendogli Pii. Sfofa* ( de'lazzi di dcnfione Dori Via : fcioccherel* metti giudizio. epoi fiparlera di lpofalizio. canJoflenutex. Arifi. Oh pevero Arilion t Art. Vedelte? PH, Udilte ? Art. '54 fit T ' T S ^ri* Üdij; vidi pur troppo . pit. Le figlie voitre non fon pivi I’ ifteffc1 Ari. Amici miei, cos’ e quefta faccenda? voi impazzate a vicenda. Art. Io reito liupefatto. fli. lo mi confondo. Ari. Ma faria forfe 1’ aria ? fari a il conforzio voftro? avrefte voi attaccata a color ja malattia» PH. Che idea / Art. Che penfar Hrambo l Ari. Che ie io? tanti mali vi fon contagioli; effervi non potrla qualche contagio ancor nella pazzia? Oh infelice me i che far degg’ io con due pazze alle colie , ah per pietÄ configliatemi, amici t fuggernimi voi qualche partito. fli. Io non faprei. Art. Vienmi un penficro in tefta. Ari. Dite di grazia. C con premur*. Art. In quella grotta abita un gran fiiofofo, un gran mage< fli. Si, si, Trofonio . An.Capperi l Trofonio. A rt. Ei prevede il futuro, e rende oracoli« Tli. Ei fa cofe, che pajano miracoli. Ari. Oh lo fo ben: Trofonio e il bau bau della Grecia. Art. 'E il favoritu d’ Ecate, e di Plutone. JPli. E come, e quando vuole, e äi diavoli tuttial fuo coraanda« Vb;X- Ari, % * C O K D v H •Jhf. il tuono Pii. il vento, Art. II fuIminCi i’li. La grandine, Ari. Finiamo il pancggtrico; c car!) j Art. Ccnfultatclo. Pii. Uditelo. Ari. A che pro ? Art. Forfe ei vi proporri, ehe r' 2 da fare.' tli. O a!meno «Imen vi fpiegherä 1’ affare Ari. Ebben mi proverb. Art. Fra le ruinc del Tempio di Proferpina qui preflb noi terrem nafeofi ad offervar da quell* ingombro loco.* Pii. E tornerem fra poco, (partono Ari Orsü tentiam: ma fo, ehe fi tea male quando per fare a una fvcnturaoftacoli fiamo ridotti a confultar 1’ oracolo. SCENA XVII. Arifiont cbt s' accofta alla porta della grottd e poi Trofonio. FINALE, ’Ari. Trofonio, Trofonio ** fi k Prejfo U grotta di Trofonio travi nei mcie-fimo bofeo un tempio dedicato a Proferpina cacciatrice . ( fauf. nel loco di Joprn cit. ) ?* Trofonio era reputatouna malefica Deitd pro-duftrice di difa/lri; ejfendo egli flato un ae-rno , a cui memorabili Jcellcraggini fur0no attribute. Si nomina il Cerbero, percbe la di lui grotta fi reputava un pajfaggio alP infer n 9} cotnefi vede in Lucinto oeljMO dialoga 56 ^X TT® filofofo grece, ehe dentro alio fpeco coaandi al demonio, Trofonio Trofonio, afcoltami tu> Tu chiami ful mondo Ja guerra e la pelte, tu crei le tempefte ful pelago Ionia, Trofonie, Trato ni», proteggimi tu. I mollri d’Averno, il cerbero, i draghi, le ftreghe, li magki, • fan tuo patrimonio , Trofonio, Trofonio, ajutemi tu. Cero di Spirits ntlla ^r»tta, Trofonio nel cup» di quefto dirupo fa cofe ftupende , -orasoli rende. II Delfico, c Ammonio men celebre fu. Ar#. M’afcolta una volta, Trofonio, vicn fu. Coro come [opra. '£ in quefto minuto venuto in tuo ajuto Tro. logo intitolato: Menippo, e del paffaggio nil inferno era eußode il Cerbero. 1 draghi poi Ji facrißcavano a Trofonio, come pudvederfi in Peujania citato nell'argomento di i: nie --°— Tre.) Dunque meno. Ari.) Dunque teco entrin dentro, ed efcan fuor • SCENA XVIII. Ofelia cit ejce allcgrijfimamente cuncsado , e detti. Oft. Non vive, chi vive fra triili penficr. Sol vive, chi vive con gioja, e piacer. Son roča: Oh L lo conofco queft' e I' aria del bofco. Oh diavolo! il catarro viene a feccarmi ancor. ('tofferidenda.) rAriJI. Veh quell’ umor bizzaro? prima fu grave umor. ( » Tro/. ) 3>o. Tutto nel primo ftato vedtai tomato or or. O/e. Con quel gatto mammonc che fai, o genitor ? ( cbiatuando afe Ariß.') Arift. Quel venerando afpetto ( ti Oft. } rifpetto non t’ impone ? (0/e. Non merta ehe derifo im vilo d’impofiior. SCENA XIX. jDori cit ufceadoft trna river tnzt ajjfeiJeria, e deti Ar iß.Veh ehe Dori ancor s’ appreffa , cangiö anch* effa di coftumi. Dor» V’ abbian fempre in guardia i Numi. (con -Tro. Ti confervi il ciel mili’ anni. mltegrev.') ’A parlato il barbagianni. Ari, 'Ari. T ra. Ari. š .1 e o k 6 d 59 Vieni Ofelia, viem o Dori s Di natura i bei lavori Tutti nello fpcco ^ venitc ad offervar ; .tk 4 O/V, Di Tro. O/e. Dori Ari. Deri Tro. ad offervar. andiamo mal anirao m' induco ,k in quel buče a cientrar« Vi precede. Vi feguiamo . Io faro la retroguardia; Ci abbia il ciel nella fua guardia. Tutti Di natura i bei lavori (.grasemente.) tutti ^CC0 nelle fpcco meco 1 andiamo venite (Tro/onio precede, fieguono le dot ne, d entrant vellagrott*. Ariflone le accompagna fino alia f or» ta della grotta, e vi s' arreßa die endo . ) Ari. Mie belic figliuole, la dentro io non c’ entro» ehe c e mri chi vuele, io relto di fuor. Com' crano avanti ritornino fuora: . : poi vada in malora la grotta, gli amanti, il m*gor gli incanti, coi diavoli ancor. SCE- to A T ¥ • s C E N A XX Arttmidore, Plißent, e dttti. Ebben: cos' e ftato ? Pj». ) Arift. Gii tutte d aggiuftato. *rf’ Ma come? fl*. ) 'Ari/?. Dird. Üffo Jrti. Scntitc ... badate. ( compitcendofi d’ im-larazzarli, e ridendont ad ora ad ora traft ) fc ufeite ... 5 entrate ... gia voi mi capite... pili dim non fo. Che gergo confufo / Art. ) 2 Che ftiie fuor d’ufo r Capir non fi pud. L* allegra, la dotta ... il mi go, ia grotta ... entrando ... fortendo, lo fteffo m* intend» , m' intendo chi pud. )Che gergo confufo ? JChe ftiie fuor d' ufo ( )Capir non fi pud. SCENA ULTIMA. iTre/Ö8io cb’ efee dalla grotta, e atfrtjfo Of elit e Dorty etc. £rof. Da I antro ufeite, meco venite, eve anfiofi A i fpoft attendono e il genitor. ) Pronto feguiamq ) te conductor, rArlh Ofe. #>eri SECOND O' 6f '/riß. ) Lieu prendiamo Art ) 3 il faulto augurio s fit. ) Giä dal tugurio eicono fuor. Ttof Quefte Jegiadre, donzcllc amabili or rendo al padre > c ai fpofi lor. tii. ) Oh ben venute. Dor. Gioja. C eon jajezza) O/e Salute. ( cos groviti ■ ^ Tomate fembrano j Nel primi» umor. Tro/. Vedi Ariftone ( piano id Ariß.) le mctamorfofi del mio grottene? Ariß. Quai tono, o figlie. Le maraviglic, ehe 1’ antro offerfevi a contemplar ? 0/e. Vidi iti quäl forma 1' alrna Natura prepara, c forma 4 la teflitura, de' minerali, e de metali!. ' Dai vegetabil!, dagli animali, pietre, c criftalli vidi formar. Dor. Non altro vidi ia {* *L»fludioJ role di Ariß otic parit con autoritd . ) Trof. Alia profana t curiofita la fcienza arc vi* . «<- $4 A * T »' tclafi ognor ‘T««i Non ire in.collera (4 Tro/!) per caritä, v v potentiliima incantator. Deh partiamo, deh fuggiame. C «ko ali' altro Jotto note * ) dal malefico ftregon. foffo un iaulto vaticinio far pel Voltro matrimonio, C aglifp.) e impetrarvi il patrocinio - ^ di Proferpina e Pluton? iTutti Grazie , grazie ti rendiaffio, (a Tro/) gentiliflimo Trofonio. Deh partiamo, deh fuggiamo < ««a ali' altro Jotto noče . ) Dal malefico ftregon. *Trof. Dell’inferno, e del demonio 10 fon 1' arbitro, e il padrone {Tutti Lo fapplamo, lo vediamo . (Tro/. E ne chiamd in tcftimoni» 11 mio magico grotton. JTutti Or rimanti, e nello fpeco reltin teče in fempiterno tuttf gli ofpitf d’ averno Addio grotta, addio Trofonio. yia di qua: non ci arreftiamo, .( un ali’ altro Jotto noce. ) ' via partiamo, via fuggiamo dal malefico ftrcgoa. identre Tro/. na per entrar n'ella grotta, Ariftone . Jftvge tutti ncrfo la Je ena sppofla, i eal. »1/par/o. SLOVANSKA KNJIŽNICA LJUBLJANA K RA B 14 COBISS e