PROGRAM MA ANNO SCOLASTICO 1886-87 PAKTE I. «kUlessioni morali e politieho dt tre g rundi storici ed uofnini dj-stato, Tueidide, Cornelio Tac Ho e Nieolo Macchiavelli.» — studio del Dlrettore gitmasiale cav. G. Babuder. I’ARTE II. —, Notizic in torno al Ginnasio, dello stesso. CAPODISTRIA TIPOGRAFU DI CARI.O rRIORA 1887. ^ r-:/* PROGRAMM DELL’ L R. GIIASIO SOPERIOEE DI CAPODISTRIA ANNO SCOLASTICO 1886-87 PARTE I. «Riflessioni morali e politiche di tre grandi storici ed uomini di stato, Tucidide, Cornelio Tacito e Nicolö Macchiavelli.» — studio del Direttore ginnasiale cav. G. Babuder. PARTE II. — Notizie intorno al Ginnasio, dello stesso. CAPODISTEIA TIPOGRAFU DI CARLO PRIORA 1887. R!FLESSSONI MORALI E POLITICHE Dl TRE GRANDI STORICI ED UOMINI DI STATO, TUCIDIDE, C0RNELI0 TACITO e NIC0LÖ MACCHIAVELU. La sola esposizione, comunque accurata ed estesa, di ciö cli’ e avvenuto ed avviene in sulla vasta scena del mondo, non risponde allo spirito ne al senso letterale della parola storia “laxopia,, ehe vale indagine, ricerca, studio critico del carattere e della vita privata e publica dei popoli, per esserne esat-tamente infonnati e, ciö che piü monta, per averne indirizzo e norma a regolare il presente, avviamento e lume a preparare, per quanto sta in noi, 1’avvenire. Questa missione prevalentemente morale della storia, ehe tanto spicca nelle opere degli antichi, e no rende lo studio attraente ed istruttivo, e stata sempre considerata siccome il pregio principale di una scienza, cui sopra tutte le altre, compete il giusto titolo di maestra della vita. II desiderio d’ interrogare il passato e di lasciar traccia di se alle generazioni future e stato sempre incentivo a coltivare gli studi storici e lo e in particolare a’ di nostri, in cui gl’ immensi progressi fatti dalle seienze ausiliari della storia e la vertiginosa rapiditä della vita moderna nel campo delle idee e dei fatti, fanno di lei un tema prediletto di studi pei grandi ingegni ehe la serivono, e pel puhlico intelligente che ne legge avidamente le opere. L’indirizzo ed il metodo si regolano, oltreche dali’ attitudine d’ingegno dello serittore, dal carattere particolare deli’ epoca, dalla corrente delle idee e propositi che un etä distingue dall’altra, dallo sviluppo, dalle condizioni materiali e morali della vita puhlica, dagli usi, costumi e tendenze di clii legge. Vi ha cui diletta la storia ehe soddisfa alla hrama di fornire la mente di un apparato ricehissimo di cognizioni, di una catasta di nomi e di cose, di epo-che, di fatti svariatissimi, ali’ unico scopo di far servire tutto ciö a corredo di una vasta e profonda erudizione. Altri va in cerea del diletto e si piace di quella maniera di storia, che piü da vieino arieggia le forme del romanzo, e comunemente appellasi storia aneddotica, la quäle, pur serbando un ordine cro-nologico ed un tal quäle prammatismo, annette pero il peso maggiore al racconto di fatti storici yivamente interessanti, di personaggi ed avvenimenti rimarchevoli, cui spesso dipinge con ampiezza di disegno e con isfarzo di tinte e colori vi-vissimi, atti a produrre il maggior effetto possibilo sulla mente e sull’ animo del lettore. Vi e la storia ispirata esclusivamente all’interesse politico, i cui cultori secondando la propria e 1’ambizione nazionale del popolo cui appar-tengono, mettono ogni studio a far risaltare i pregi e le prerogative individuali di un popolo di confronto agli altri, e con ardore appassionato vanno cercando nelle memorie anticlie, pergamene e carte e titoli di diritto da far valere a vantaggio di una supremazia, che, non potendo altrimenti, si sforzano di propu-gnare conidee e ragionamenti speciosi ed arbitrarii. Viha poi la storia eminen-teraente seientiflca dei giorni nostri, che, forte dell’appoggio di studi e discipline ginnte oggidi ad insperata altezza, si applica alla ricerca del vero con mate-matica esattezza, senza ombra di prevenzione, nulla accettando che non sia rigorosamente dimostrato e soffolto da un apparato di prove sicure ed irre-futabili. II tipo vero della storia considerata quäle maestra della vita ce 1’ offrono le opere dei classici antichi, tra cui si elevano sovrani i tre grandi appunto. ehe abbiamo assunto a tema di questo studio, in particolare quel pensatore profondo e giudice severo di uomini e cose ehe fu Cornelio Taeito, in cui 1’alta sapienza politica di Koma parve tutta concentrarsi e dare 1’ultimo saggio di se prima di spegnersi. Questi tre grandi, che per altezza d’ingegno, per dottrina e sperienza pratica delle cose del mondo si possono chiamare maestri degli storici di tntti i tempi e luoghi, ci apprendono il vero indirizzo della storia, ehe adempie alla sua missione di presentare ali’ uomo esempi e norme desunte dali’ etä passate, affine di renderlo migliore, insegnandogli a se-guire il bene ed a fuggire il contrario. A quäle scuola abbia a formarsi lo storico, cel dice espressamente il Machiavelli: Tio ho espresso quanto io so, e quanto io ho imparato per una lunga pratica e continua lezionc delle cose del mondo. (Discorsi sulla prima deca di Tito Livio vol. 3. pag. 225) *. A qual fine poi debba servire la storia cel dice in appresso: . . . “ donde nasce ehe infiniti che leggono, pigliano piaccre di udire qnella varietd degli accidenti, ehe nelle storie si contengono, senza pensare altrimenti d' imitarle, giudicando la imitazione non solo diffeile, ma impossibile; eome se il cielo, il sole, gli elementi, gli uomini fossero variati di moto, di ordine, di potenza da quello eh'egli ero.no anticamente. (1. c. pag. 229). Lo studio deli’uomo va pošto dunque in cima ad ogni altro. Esso ci offre il primo criterio a ben comprendere ed apprezzare il carattere e le molteplici manifestazioni della vita sociale e politica dei popoli. Questi variano fra loro per lingua, religione, costumanze e fogge differenti di vivere e vestire, per tipo, lineamenti e colorito di volto, per sviluppo intellettuale ed altre attitudini piti o meno felici a progredire nelle opere di civiltä. Cielo, clima, posizione, diversita d1 indole, bisogni e tendenze particolari possono dare un’ impronta differente alla vita privata e publica dei popoli; ma 1’ uomo ha in ogni tempo e luogo le stesse passioni, e le stesse cause producono dovunque gli stessi effetti. II Macchiavelli dice in ’) L’ edizione adoperata da noi por lo studio e le citazioni ehe verremo facendo dal Macchiavelli e qnella stampata a Firenze, da N. Conti 1818, questo riguardo: „sogliono dire gli uomini prudenti, e non a caso ne immeritamente, che cbi vuol vedere quello che ha ad essere, consideri quello che e stato ; perche tutte le cose del mondo in ogni tempo, hanno il proprio ri-scontro negli antichi tempi. II che nasce, perche essendo quelle operate dagli uomini, che hanno ed ebbero sempre le medesime passioni, conviene di neces-sitä che le sortiscano il medesimo effetto.“ (Disc. Libr. 3. cap. 43). Tucidide, Tacito e Macchiavelli furono storici ed uomini di stato ; quindi le loro opere ci rendono un’imagine fedele e spiccata dei tempi in cni vissero, degli avve-nimenti cui ebbero parte. II loro giudizio non si fonda sopra speculazioni fi-losofiche alimentate da studi teorici, da sistemi ed idee preconcette, ma sul-1’ osservazione accurata della vita, che si svolse sotto ai loro occhi e che meglio di altri poterono comprendere e descrivere. Per naturale acume e studi profondi della storia in generale e per gli effetti della piü efficace delle scuole, che e 1’ esperienza, essi intuirono il pensiero politico, non come si presenta a chi lo va cercaudo per la via di piü o men appariscenti teorie ed ingegnose astrazioni, ma schietto e genuino, come si manifesta nelle vicende della vita reale. Questo metodo di studi tenuto dal Macchiavelli si vede espresso nella dedica ch’egli fa del suo “Principe, al Magnifico Lorenzo di Pietro de’ Medici: “Desiderando io adunque offerirmi alla Vostra Magniflcenza con qualche te-stimone della servitü mia verso di quella, non ho trovato intra la mia sup-pellettile cosa quäle io abhia piü cara o tanto stimi, quanto la cognizione delle azioni degli uomini graudi, imparate da me con lunga esperienza delle cose moderne ed una continua lezione delle antiche; le quali avendo io con gran diligenza lungamente escogitate ed esaminate ed ora in piccolo volume ridotte, mando alla Magnificenza Yostra,. La tendenza di fare della storia lo specchio e la norma della vita ap-parisce distinta nelle opere dei tre grandi storici in ogni parte, e piü da vicino nella predilezione e nella cura da lor messa nel tratteggiarci il carattere e le gesta degli uomini grandi, tanto nel corso della narrazione, come anche stac-catamente nelle biografie che ci lasciarono di qualche celebre personaggio, che nello svolgimento politico dei tempi lasciö grande orma di sua esistenza per ispecchiate virtü o per vicende di una vita agitata e ricca di esempi e di norme profittevoli alle future generazioni. Longum iter per praccepta, breve per exempla., Questo pensiero traluce dall’introduzione deH’“Agricola„ di Tacito: “Clarorum virorum facta moresque posteris tradere, antiquitus usitatum, ne nostris quidem temporibus quamquam incuriosa suorum aetas omisit, quotiens magna aliqua ac nobilis virtus vicit ac supergressa est vitium parvis magnis-que civitatibus comune, ignorantiam recti et invidiam,. Si raccoglie da ciö, che 1’ esposizione veritiera e genuina de1 fatti non e il solo ne il primo dei pregi, che distinguono le opere di questi storici. Ciö che conferisce alle medesime un valore altissimo si e quella critica storica ispirata all’ esperienza degli uomini e delle cose del mondo, che si fonde assieme e fa parte integrante della narrazione: essa traluce come dall’insieme, cosi anclie in particolare dalle parole messe in bocca ai personaggi storici e piü di tutto, dalle riflessioni e dai giudizi inseriti opportunameute qua e lä, che e certamente prezzo deli’ opera di raccogliere, corae al)biamo fatto noi, e di ordinäre, presentandoli in un nesso che ne faccia spiccare il valore e l’utilitä per la coltura in generale e per le arti di stato in particolare. Ordinando poi detti giudizi a seconda dell’ idea racchiusa nei medesimi, non abbiamo creduto con-veniente di trascriverli soltanto e di darli seccbi ed isolati; ma d’ incorniciarli, direm cosi, di ragionamenti e rifiessi, di commentarli, il meglio die potemmo, allo scopo di farli risaltare di piü e imprimere nella mente di chi si diletta di simili studi. Cominciando da quelli che si riferiscono alla Religione, quäle base e fondamento del benessere morale degli stati, li abbiamo poi successi-vamente disposti in capitoli separati sotto i titoli, Politica interna, Politica estera, Guerra; ed in line abbiamo raccolto tutte quelle sentenze morali e politiche, che non riguardano il carattere e la vita di un popolo in particolare, ma comprendono veritä e coucetti generali, che si possono considerare come aforismi e massime valevoli per tutti i tempi e luoghi. — I. RELIGIONE „Nessun indizio si puote avere della rovina di uno stato, che vedere dispregiato il culto divino.* Maccb. Disc. Libr. I. c. 12. — Questa sola sentenza, quana’ anclie non ci accadesse d1 incoutrarne altre negli scritti del grande fiorentino, basterebbe a mettere in piena luce l’intima sua persuasione, che base e fondamento degli stati e prima condizione della loro esistenza e prosperitä e il culto dell’idea religiosa. Non occorre risalire a tempi nebulosi e remotissimi per convincersi di una veritä che vediamo tuttodi confermata da fatti ed esempi. I primi passi in sul cammino della ci-viltä sono guidati dalla religione, che sola puö destare nell’ uomo quella forza di abnegazione ed entusiasmo da fargli rinunziare agli agi ed ai conforti della vita civile, per avventurarsi in mezzo ad inospitc regioni, a popoli sel-yaggi, feroci, spogli di ogui idea di sociale convivenza e sordi ad ogni parola che non sia ispirata dali’ arcano e indefinibile concetto di una potenza sovru-mana, che e uell’uomo anclie uello stato di natura. La potenza del sentimento religioso, cui la civiltä deve le sue prime conquiste, e troppo riconosciuta ed estimata da tutti i savi fondatori e reggitori degli stati, perclie non vi facciano sempre ricorso, ben sapendo che la forza delle armi ed ogni altro mezzo di governo allora soltanto divengono efficaci, quando gli uoraini dall’intimo con-vincimento religioso lianno il primo impulso a rispettare le leggi e gli ordini della civile autoritä cui sono soggetti. „La religione e al tutto necessaria a voler mantenere una civiltä“ Maccli. Disc. Lib. I. c. 11 — e di poi „veramente mai non fu alcuno ordinatore di leggi in un popolo, che non ricorresse a Dio, perche altrimenti non sarebbero accettate; perclie sono molti beni conosciuti da uno prudente, i quali non hauno in se ragioni evidenti di poterli persuadere ad altrui. Perö gli uomini savi, che vogliono torre questa difficoltä, ricorrono a Dio,.................“ e come la osservanza del culto Divino e cagione della grandezza delle repnbliche, cosi il dispregio e cagione della rovina di esse. Perclie dove manca il timore di Dio, conviene che o quel regno rovini, o che sia sostenuto dal timore di un principe, che supplisca a’ difetti della Religione. E perche i principi sono di corta vita, conviene che quel regno manchi presto, secondo che manca la virtü di esso. Donde nasce che i regni, i quali dipendono solo dalla virtü d’ un uomo, sono poco durabili; perche quella virtü manca colla vita di quello e rade volte accade che sia rinfrescata con la successione, come prudentemente Dante dice: liade volte discende per li rami L’ umana probitate, e questo vuole Quel che la da, perche da lui si chiami“. (1. c. C. 11, pag. 269 ss). Gli uomini passano e con essi le idee e le impressioni da loro destate; le istituzioni umane reggouo un tempo, poi si cangiano e cedono il luogo ad altre che si trovauo piü consentanee allo spirito dei tempi; gli stati allargano o restringono i loro confini; attraversano periodi di grandezza e splendore, subiscono traversi'e e disastri; ma il convincimento religioso, quando ha preso salde radici nel cuore deli’ uomo, rimane fermo e resiste all’ urto di ogni umana vicenda. Esso e il patrimonio sacro, che il popolo conserva gelosamente e che un savio governo non soltanto rispetta, ma cerca in ogni guisa di fa-vorire e promuovere, perche in esso scorge la piü sicura guarentigia, che le sue leggi sieno rispettate, e sia mantenuto 1’ ossequio al principio d’ ordine sostenuto dalla suprema autoritä dello stato. Questa e doppiamente sacra ed inviolabile per l’uomo, che sente profondamente la religione, perche la considera come un’ emauazione di quella soprannaturale a cui professa il suo culto. Leggi civili e politiche, statuti, norme, regolamenti e quanti sono gli spedienti e le arti di governo, regolano i rapporti esteriori degli uomini. La legge morale ha la sua origine nella coscienza umana, su cui agisce diret-tamente la religione. Prosperitä e benessere sociale senza una base di publica moralita non si possono ammettere; e che il concetto morale s1 identifichi colla religione e da questa riceva la sua conferma e si trasmuti in un dovere sacro a clii nutre profonde convinzioni religiöse, e veritä che nessuno puö mettere in dubbio. La vera scienza cui sta innanzi un campo sconfinato di studi ed indagini a beneficio dell’ umanitä, afferma o tutt’ al piü si astiene dall’ analisi delle ragioni intime della fede religiosa. Questa puö illanguidire o spegnersi nell’uomo di superficiale coltura od in quello, in cui la corruzione progrediente del costume arriva a soffocare la voce della coscieuza; ma il gelo dello scetticismo e lo sconforto della uegazione non arriva, ne arriverä mai a sopprimere le convinzioni religiöse dei popoli, e guai! se ciö potesse avvenire.* Vi hanno, dice il Nardi, cose si evidenti per se, oppure riconosciute reali, vere, inconcusse, ehe costituiscono il patrimonio intellettuale e morale del genere uraano, come 1’ esistenza di Dio, la spiritualitä e 1’ immortalitä deli’ anima, la necessita di una religione, la libertä umana ed altre somiglianti che nessuno mai poträ caucellare dalla coscienza dei popoli....................Lo scet- ticismo ha generato sempre nella societä civile, turbolenze, ambizioni, cupidigie, anarchia, guerra. Tolta la certezza del vero, manca il perche deli’ onesto ope-rare, e uon rimane ehe la furberia e la forza materiale*. La storia ci dimostra ehe appo tutti i popoli governati saviamente fu tenuta sempre in alto pregio la potenza della religione. Questa era bensi appo gli antichi il piü delle volte uno strumento di politica, di cui seppero valersi i reggitori ed i capi delle republiche per infrenare i popoli e render-seli docili e disposti a secondare le loro idee, a tradnrre in atto i loro inteu-dimenti, a compiere ardite imprese pel lustro ed ineremento degli stati, ehe lasciarono tanta fama di se nei fasti deli’ umanitä. Un esempio ne abbiamo nella storia di Eoma. E certo che qui forse piu ehe altrove religione e politica si confondevano assieme. La religione del popolo colle sne credenze, superstizioni e pratiche strane ed assurde non era certamente quella delle persone colte ed illuminate; pero il governo era geloso custode delle tradizioni sacre della nazione, e non tollerava la piü lieve offesa al sentimento religioso, su cui fece per secoli molto assegnamento, fino a ehe la corruzione del costume non ebbe invaso le classi colte e le incolte e 1’indifferentismo religioso e morale non fu giunto al colmo. La depravazione andö man mano allargandosi ed avrebbe prodotto assai presto lo sfacelo dello stato, se non sorveniva in ajuto la forza delle armi, ehe ristabili 1' ordine esterno senza poter sanare pero il guasto morale. Questo durö latente, ma non meno pernicioso, e produsse con-dizioni di vita sociale e politica cosi desolanti, da strappare a chi ne fu te-stimone e le deserisse quelle sconfortanti parole ehe si leggono nel libro III c. 18 delle Stone di Tacito: „Mihi quanto plura recentium seu veterum revolvo, tanto magis ludibria rerum mortalium cunctis in negotiis obversantur.* Lo spettacolo di tanta bassezza, le sevizie e gli orrori di un dispotismo, ehe fe-steggiava le sue orgie sotto imperatori come Tiberio, Caligola, Nerone, Domiziano e simili; 1’avvilimento delle classi sociali elevate e 1’abbrutimento delle masse mettevano lo sconforto e la disperazione nell’ animo di Tacito, ehe si profon-damente sentiva la dignitä d’uomo e di cittadino romano. Egli era troppo preoccupato dall’idea politica per potersi addentrare nella ricerca delle cause morali, ehe avevano aperto tanto abisso di corruzione, ne poteva farsi capace, ehe religione e civiltä romana avevano fatto il loro tempo e ehe la rigenerazione sociale doveva aspettarsi dalla nuova religione di Cristo, ehe allora appunto a sorgeva, e cli' egli, 1’altero romano, uou conosceva e disprezzava (Annali, libr. XV, cap. 44.); da quella religione di pace e di amore, ehe assieme alla morale inaugurava anclie la redenzione sociale e politica deli’ uomo col trionfo della massima „Date a Cesare quello che e di Cesare, a Dio quello che e di Dio/ II. POLITICA INTERNA (Fondazione e conservazione degli stati) Famiglia, comune, provincia, stato, sono le forme in eni si estrinseca la tendenza innata nell’ uomo (il C°v JtoXiTixöv dei greci) di unirsi a suoi simili, per avere dali’ accentramento delle forze fisiche ed intellettuali di un complesso d’ individui stretti assieme dal vineolo di comuni idee ed interessi, stimolo, conforto e valido ajuto a sviluppare le potenti risorse dello spirito, di cui lo donö la provvidenza. Siccome nella vita privata vediamo 1’ isola-mento immiserire 1’ uomo, affievolirne e spegnerne talora le facoltä mentali; non altrimenti avrebbesi a deplorare un indebolimento della vita publica, se 1’ uomo non fosse compenetrato della necessitä d’ impegnare tutto se stesso a vantaggio di quel nesso politico, ehe assieme ad altri lo stringe con forme ed ordini adatti ad assicurare il progressivo benessere generale e particolare. L’uomo non ubbidi quindi che ad un impulso di natura passando dallo stato primitivo a vita civile e cercando le forme meglio confacenti ed opportune a dar vita a quelle istituzioni politiche, ehe si addimandano stati, sian questi republiche, Oligarchie, regni od imperi. Movente e fine ad un tempo dell’istitu-zione degli stati e dunque il desiderio del maggior benessere possibile, cui si cerca di raggiungere merce la convivenza sotto il reggime piü adatto a conservarlo e promuoverlo. „Certe id firmissimum imperium est, quo oboedientes gaudent“. II benessere publico e dunque la prima guarentigia della tranquillitä, sicurezza ed esistenza di uno stato. Gli uomini si affezionano per natura ad un ordine di cose, ehe li rende felici e dimenticano soperchierie, prepotenze ed altri mezzi piü o men violenti, messi eventualmente in opera da chi ebbe 1’abilita e 1’energia di accozzarli insieme sotto un freno comune, cui non sarebbero giunti da se medesimi, per l’iucapaeitä ch’e nelle moltitudini di fondar stati, comunque fondati una volta, sian capaci di mantenerli. Tutto questo ci apprende il Macchiavelli: „egli e verissimo ehe gli assai uomini sono piü atti a conservare un ordine buono, che a saperlo per lor medesimi trovare“ (Stor. fior. 1, 3, pag. 17.) Questa e la norma direttiva della filosofia politica del Macchiavelli, 1’ uomo di stato nel senso vero, ehe punto si pasce d’ idee chimeriche, di fantasie piü o meno seducenti, di creazioni imaginarie, d’ ideali impossibili alla Platone. Egli pi-glia 1’uomo com’ e, non come dovrebbe essere, e con tutto il culto professato in teoria alle prerogative morali, di cui piü si abbella 1’ umana natura, non si perita di emcttere giudizi e di proclumare norme ed arti di governo, ehe mottono talora ribrezzo e giustiiicano gli apprezzamenti sinistri ehe si fanno di una politica, che da lui appunto si addimanda macchiavellica. E’ pare di fatti, eh’ egli sostenga la massima, ehe lo seopo santitiehi i mezzi; ma il seereto delle sue convinzioni in oggetti politiei risiede appunto nell’ idea, ehe egli ha di uno stato forte e capace di guidare i soggetti al raggiungimento degli alti scopi, cui deve servire. A tale idea sna predominante s’ ispira la pittura, eh’ ei ei fa di un principe a suo modo, eni ineomba tradurre in atto il concetto politico da lui vagheggiato; di un principe, clie a forza ed energia accoppii oculatezza e sagacia nell’ intravvedere ed applicare senz’esitanza tutti i mezzi piu adatti a promuovere la puhlica e la privata prosperitä. Ciö premesso, nasce spontaneo il quesito, quäle assetto debba darsi ad un ente politico istituito allo scopo suddetto; quäle abbia ad essere la forma di sua esistenza, quäle la disposizione e la connessione delle parti, quäle il principio direttivo, quäle la sfera di azione di ogni singolo fattoro cliiamato a fungere di per se e nell’ insieme della sua organizzazione, acciocchu proceda bene e raggiunga il suo scopo, non altrimenti di quello vediamo avvenire in un mac-chinismo ben congegnato, in un ingranaggio di ruote, situate a luogo oppor-tuno e combinate in modo, che 1’ una ali’ altra si addentelli e tutte insieme sviluppiuo una forza capace di grandi effetti. Quäle e dunque la forma di governo piü adatta ad assicurare e promuovere il benessere materiale e morale degli uomini? -— La risposta e questa: „La forma non decide.“ Ce lo dice persona sospetta di tutto, fuorche di tenerezza per governi dispotici. E Alci-biade stesso, che fuggito dalla Sicilia e giunto a Sparta, per adonestare alla meglio la sua diserzione, scappa a dire una veritä incontestata, asserendo: Be toö fcojucavco? jtpoea,n)[j.sv Saatoövte? Iv 'j-/yl[mv. [isfiatrj yj rcoXi? Ixuy/avs sXsoOepozdzvj ouaa xai onep I8s£azö v.q, zoüzo £ov§taa<*>Ceiv — (Guerra d. Pelop. (') Lib. 6. c. 89, 5), che e quauto a dire, che uuo stato deve man-tenere quella forma di governo, che lo fece grande e prosperoso e conservare scrupolosamente le tradizioui politiche cui deve la sua esistenza. Questo in tesi generale. Veneudo ai particolari, sentiamo come la pensi quella mente profonda e scrutatrice severa di cose politiche, che e Tacito: „ . . . cunctas nationes et urbes populus, aut primores aut singuli regunt: delecta ex iis et consociata rei publicae forma laudari facilius quam evenire, vel si evenit, haud diuturna esse potest.“ (Ann. IV, 33). Questo giudizio taciteo porge argo-mento a serie riflessioni. Inuanzi tutto e cliiaro cli’egli, sehbene la chiami un’ ideale non facile ad effettuarsi, tuttavia fa cenno di quella forma di mezzo tra la republica e la monarchia, un temperamento, come dice, assai opportuno e de-siderabile; perche, mantenendo 1’ omaggio al principio deli’ autoritä incarnato nella persona sacra ed iuviolabile del principe, non esciU(]e ima legittima in- (!) L’ edizione di Tucidide „Guerra del Peloponneso“ da n0j adoperata e quella di K. W. Krüger, stamp. a Berlino 184G. gerenza del popolo e dei grandi ncl governo della pubblica cosa. Eiservan-doci di trattare in appresso un po’ piti diffusamente quest’argomento, dobbiamo intanto riconoscere che Taeito non ispasima punto per govorni a popolo ne per Oligarchie; il che si accorda colle idee in proposito di Tucididee diMacchiavelii. „La signoria di poclii, dice Tucidide, e assai simile alla tirannia.“ ojtep Se la« vöjaoi? jjis'v xai «j> awtppovsoTäKp lvav«totatov; kf^avdzco 3$ topavvoo Sovaoteta bklftov avSpwv, ( Libr. 3, c. 62, 2. ). Ed il Macchiavelli: „La grazia deli’u-niversale per ogni piccolo accidente si guadagna e perde“; ed in appresso riferendosi allo scritto di Dante „de Monarchia“: il popolo — dice — non porge guarentigie pel mantenimento inalterato deli’ ordine, perche e capace di gri-dare „viva la sna morte, e muoia la sua vita“ ( Disc. L. 1, c. 53. ). E Ta-cito stesso: „paucorum dominatio regiae libidini proprior est.“ Tacito, siccome in generale gli antichi, non conosceva altre forme di governo di quelle infuori, che si appellano monarchie, Oligarchie, republiche, e non poteva altrimenti con-siderare, che come un1 utopia, un ideale, quelPordinamento che tiene di tutte e tre quelle forme il buono ed il meglio e si fonda sulla base di un diritto, ignoto agli antichi, il diritto costituzionale. Al suo sguardo acuto ed indagatore stava dinanzi un vasto campo di studi e considerazioni fornitegli dalla storia di Koma. Al principio monarchico egli propendeva non per motivi di opportunitä soltanto, ma per intima persuasione ; perche a suoi tempi la vastitä dell’im-pero romano, i grandi rivolgimenti, la mutazione avvenuta nel campo delle idee e degli interessi pubblici e privati e la depravazione dei costumi ren-devano materialmente impossibile un governo a popolo, e rilegavano adi-rittura nel campo delle utopie, dei sogni di mente malata ogni tentativo di richiamare in vita uno stato di cose, che aveva fatto il suo tempo, ed erasi spento in mezzo ad orrori e stragi sociali, che ne facevano aborrire fino la ricordanza. Dei governi dispotici come quelli di Tiberio, di Nerone, di Domi-ziano egli sentiva orrore e quindi senza rimpiangere un passato impossibile, anzi condannando recisamente e per poco esponendo al ridicolo i rari campioni superstiti del principio republicano, vagheggiava il temperamento di governo che sopra toccammo. Gli uomini vanno governati non con teorie ina con mezzi e norme suggerite dallo studio delle condizioni reali. Questo pensiero tra-luce dalle parole che Tacito mette in bocca a Galba: “Tu (Piso) es impe-raturus hominibus, qui nec totam servitutem pati possunt, nec totam Übeltätern (Stor. I. 16). Da questa sua giustissima sentenza si comprendono di leggieri le ragioni che gli fanno considerare siccome tipo di governo il piü adatto ai tempi ed alle condizioni di allora quello della monarchia temperata con leggi ed ordini, che sostengano i diritti generali dei cittadini e quello in particolare di avere un’ equa e legittima ingerenza nell’ amministrazione dello stato. Quindi si. spiega 1’ elogio ch’ ei fa dei buoni principi, come per esempio: “quamquam primo statim beatissimi seculi ortu, Nerva Caesar res olim dis-sociabiles miscuerit, principatum et libertatem, augeatque quotidie felicitatem temporum Nerva Traianus,................(Agric. c. 3.); o la sentenza stessa ehe fa enunciare, certo contro voglia, da quel tiranno di genio ehe fu Tiberio nei primi tempi, sotto il quäle egualmente pericolosa era la piacenteria e 1’ op-posizione contumace: “minui jura, quotiens gliscat potestas; nec utendum im-perio, ubi legibus agi possit*. (Ann. III, 69). Egli e chiaro adunque, che Tacito riconosce inuanzi tutto il primo pun-tello di governo nella persona dell’Augusto Capo dello stato, il depositario inviolabile del principio d’ ordine, senza il quäle non v’ e guarentigia di buon ordine, ne un ancora di salvezza nelle fortunose vicende della vita sociale e politica, cui dal piü al meno sono soggetti tutti gli stati. E ehe meglio di ogni altro sian preservati dai pericoli delle innovazioui e da turbolenze e di-sordini quei popoli, che vivono e prosperano all’ombra di una dinastia di re-gnanti vetusta ed amata, cel dice il Macchiavelli piü volte e ne rende le ragioni: “perche il principe naturale ha minori cagioni e minore necessita, di offendere; donde conviene che sia piü amato e ben voluto da suoi; e nell’antichitä e eontinuazione del dominio sono spente le memorie e le cagioni delle innova-zioni; perche sempre una mutazione lascia lo addentellato per la edificazione dell’altra,. (Princ. c. 2) — „gli uomini, di far le cose ehe son di far consueti, mai non si dolgono; le nuove come presto si pigliano cosi ancora presto si lasciano; e sempre fu piü facile mantenere una potenza, la quäle con la lun-ghezza del tempo abbia spenta l’invidia, ehe suscitarne una nuova, la quäle per moltissime cagioni si possa facilmente spegnere„ (Stor. fior. 1. 7 pag. 302) * . . . . perche se si considerera di quanto danno sia cagione ad una repu-blica o ad un regno variare principe o governo, non per una estrinseca forza, ma solamente per civile discordia; dove si vede come le troppe variazioni ogni republica ed ogni regno, ancora che potentissimo, rovinino, (Stor. fior. I. pag. 9). L’autoritä del principe e 1’esercizio del supremo potere va poi congiunto, come dice Tacito, ad un’equa misura di libertä e franchigie, di diritti ed ingerenze dei cittadini nel governo della cosa publica, acciocchfc ognuno si renda capace del compito ehe gli e assegnato, di concorrere alla regolare amministrazione dello stato, portandovi il tributo del suo ingegno e deli’ opera e cooperando al benessere publico coli1 esercizio regolato di diritti e doveri. Libertä nella vita publica e la coscienza de1 propri diritti e 1’ esercizio dei medesimi, subordinato a riguardi di ordine publico ed al rigoroso rispetto dei diritti altrui. L’ idea del diritto non va scompagnata da quella del dovere, e quando tutti i cittadini di uno stato sono persuasi di questa massima e la mettono in atto con ardore e costanza, ne nasce quello stato di benessere e di forza, ehe nulla paventa ed'e capace di ogni ardimento: “to soSatpv to eXsoÖepov, to S’ eXsiiÖepov to' so^o^ov (Tucid. Gu. d. P. II. 43). Cosi la pensano quei sommi ingegni circa la fondazione e la costitu-zione degli stati. Toccheremo ora i giudizi ehe si riferiscono alla conservazione dei medesimi, alla politica interna. In questo riguardo Tucidide ci apprende prima di tutto, ehe base e fondamento di ogni governo si e 1’ordine publico. Pro- speritä e disordine non si confanno assieme, dice Tucidide, e lo stesso benessere privato non dura, se non regna imperturbato l’ordine publico: “e'fw y«P ^Toö|ao<, rSki') rXdui |ü[Airaaav op6oi)[iiv7)V w^sXsiv to6? IStwra?, rj xaö’lxaaiov xwv TroXcxwv suTtpa'coöaav, aQpiav Se atpaXXojievr/V, (Libr. 2. 60). A mantenerlo e renderlo fecondo di vantaggi, giova anzitutto 1’ affetto dei popoli verso il principe; e qui torna in acconcio citare le opinioni del Macehiavelli, che in vari luoghi delle sue opere discute il quesito, se torni meglio che il principe sia amato oppure temuto, nel caso 1’ una e 1’ altra cosa non possa avvenire conchiuderö, che ad un principe e necessai'io avere il popolo amico, altrimenti non ha nelle avversitä rimedio. Nabide, principe degli Spartani, sostenne l’os-sidione di tutta la Grecia e di un esercito romano vittorioso, e difese contro a qnelli la patria sua ed il suo stato, e gli bastö solo, soppravvenendo il pericolo, assicurarsi di pochi. Che s’egli avesse avuto il popolo nemico, questo non gli bastava. E non sia alcuno che ripugni a questa mia opinione con quel proverbio trito, che chi fonda in sul popolo fonda in sul fango; perche quello e vero, quando un cittadino privato vi fa su fondamento e dassi ad intendeve, che il popolo lo liberi, quand’esso fosse oppresso dagli inimici o da magistrati, (Princ. c. IX) “perö la miglior fortezza chelsia, e non esser odiato dal popolo; perche ancora che tu abbia le fortezze e il popolo ti abbia in odio, esse non ti salvano, perche non mancano mai ai popoli, prešo eh’ egli abbiano le armi, fore-stieri che li soccorrino“ (Princ. c. 20.) „ed uno de’piü potenti rimedj ehe abbia un principe contro alle congiure e non esser odiato, perche sempre chi con-giura črede con la morte del principe satisfare al popolo; ma quando si čreda offenderlo, non piglia animo a prendere tale partito; perche le diffieolta ehe sono da parte dei congiurati sono infinite“ (Princ. c. 19). Dali’ insieme di qnesti ragionamenti si raccoglie ehe, sebbene il principe debba aver cura di cattivarsi 1’ affetto dei popoli, non deve pero fare sul medesimo tutto il suo assegnamento, omettendo gli adopramenti meglio opportuni a proenrarsi anche il rispetto dei soggetti, quand’ anche quest1 ultimo potesse vestire all’occorrenza le forme del timore, o meglio di quella timorosa riverenza, ehe si desta nel-l’uomo, quando si accorge ehe il principe umano ed affettuoso e capace all’uopo di spiegare forza ed energia, a tutela de’ suoi diritti e deli’ ordine publico. Cel dice Tucidide in tesi generale“ che mal si spera di avvincersi gli uomini col-1’ officiositä e con dimostrazioni di benevolenza, se non si ha il modo di de-stare nei medesimi la convinzione, che ali’ uopo si sa usare la forza; ossia che mal si consigliano coloro ehe con forme lusinghiere e carezzevoli credono di poter nascondere la debolezza: „o? oby. si wv av /apt'Crpös ßXairTÖjievoi abtot, ixpoowat ujJiöv, äXX’ li wv av loyut (j.äXXov, r] sxeivwv sdvoic^ Ttepqevijaös“ (Libr. III, 37, 3). Cosi pure il Machiavelli aggiunge nel proposito, se un principe debba cercare di esser amato o temuto: , ... si vorrebbe essere l’uno e 1’ altro ; ma perche egli e difficile accozzarli insieme, e molto piü sicuro 1’ esser temuto che amato, quando s’ abbia a mancare dell’uno dei due .... „ deve perö il principe farsi temere in modo, che se non acquista 1’ amore, e’ fugga 1’ odio; perche puö mol to bene stare insieme esser temuto e non odiato (Princ. c. XVII.) II perno di uno stato k adunque, come vedemmo, la persona del principe amata, venerata e ali’ uopo anche temuta. Appresso a questa, a mantenere lo stato ordinato, forte e rigoglioso si richiede l’unanime cooperazione (viribus unitis) di tutti i soggetti, ciascuno entro la cerchia di sna competenza e facoltä, prestandovi chi il tributo del senno e del consiglio, clii quello del censo, chi quello della forza necessaria a tutela deli’ ordine interno e del suo prestigio in faccia ali’ estero. In massima osserva Tucidide che per condurre bene il governo si esige nn’ assennata direzione delle faccende publicbe d’ affidarsi a persone attempate e ricche di sperienza, e 1’ efficacia e prontezza deli’ opera spettante alla rigogliosa gioventü ,xat vojitoats vsonjta jj.Iv xaE ^pa? ®ve!) äXXVjXwv |j.y)Slv 86vaa0ai, öjjwö Zi rože «paöXov y.nl to jjiaov xat to rcävo axp'.ßlc av Itvpipaösv jj-aXiat’ ö!v lv y.al irXeiat’ av opOolto aSovdrcooc Xi-fs-.v I^ooaa tooc, toiöutou? twv sroXiTöv“ (Lib. III, 42, 4; piü innanzi »fjwvvjv tr]v jtöXtv Sta ta? neptvoia? eu noi^aai lx irpofpavoö? p'] e^oKtar/jaavta aSuvatov 6 ?ap S-.Sou; «pavsptöi; ti afaÖov av0DKOOTeusTa>. atpavto? jtq 7tXeov I'/eiv“ (Lib. III, 43, 3). Altri danili ali’ ordine pnblico ed al pre-stigio deli’ autoritä vengono dagli adulatori di mestiere, ehe scelgono la via opposta per salire a potenza, piaggiando i grandi e cercando d’ ingraziarsi appo loro con finta sommissione: „pessimum iniraicorum genus, laudantes.“ (Tac. Agric. c. 41). Altri ancora vi sono, cui 1’ interna compiacenza ed il ricono-scimento publico e quello del principe non sembrano compensi sufficienti delle loro benemerenze verso lo stato, e tenderebbero a farsene un diritto ali’ impunitä per ingiurie posteriori, oppure a servirsene come di un titolo di scusa per falli precedenti: ,mai le ingiurie vecchie non furono cancellate dai benefizj nuovi; e tanto meno, quando il benefizio nuovo e minore ehe non sia stata 1’ ingiuria“ (Macch. Disc. Lib. III, c. 4). Questi e simili inconvenienti fanno nascere torbidi e raalumori ehe, nou repressi a tempo, scoppiano in revoluzioni, e rovinano gli stati, scuotendone le basi e portando a gala elementi di disordine, quanto nocivi allo stato, al- trettanto acconci a chi se ne serve di leva per salire, come dice Sallustio: „homini potentiam quaereuti egentissimus quisquo oportunissimus“ e Tacito : „quippe in turbas et discordias pessimo euique plurima vis; pax et quies bonis artibus indigent“ (Stor. Libr. IV, 1). Breve e il passo dalle sommosse alla guerra civile. il piü tremendo flagello sociale, ehe tutto distrugge fin 1’ idea della publica moralita: „arma civilia, quae neque parari possunt neque haberi per bonas artes.“ (Tac. Ann. Libr. I. 9). In sulle generali dicemmo piü sopra dei modi ed espedienti adatti a reggere il freno dei popoli in guisa da mantenere la tranquillitä e 1’ ossequio a quei principi d’ ordine ehe ne guarentiscono il regolare e progressivo svi-luppo. Questi si compendiano tutti in quell’ arte politica saggia, fina, accorta, scaltra, se vuolsi, ma di quella scaltrezza, ehe proviene da profonda cono-seenza della natura e deli’ intreccio delle passioni e degli interessi umani; di quell’ arte politica, che previene i disordini prima di esser messa liella necessitä di reprimerli e non ha d’ uopo a ciö fare dei mezzi eorruttori di quella politica clie vien detta macchiavelica. Ed in vero molto stupore ci prende come possa esser avvenuto, che un uomo di mente si elevata e di cosi fino criterio, comunque vivesse in mezzo a condizioni politiche, quali ci tratteggia nel suo „Principe“ ed in altri luoglii dei suoi seritti, non abbia evitato di legar per sempre il suo nome ad una politica, ch’ eleva a sistema di governo la menzogna (Disc. I, c. 44); la frode (Disc. Libr. II, 13); 1’ i- pocrisia e la simulazione (Lib. III, 6, e »Principe“ C. XVIII); la falsitä (Disc. III, 4); il ripudio assoluto d’ ogni idea di giustizia e di morale (Disc. L. III, 4); la prepotenza e la crudeltä (Princ. c. XVIII), e simili. II Mac-chiavelli visse ed agi in tempi di corruzione politica e ne rendono imagiue i suoi scritti, in particolare le storie fiorentine, la cui lettura riesce talora, siam per dire, nojosa e stucclievole pel quadro che ci si offre di agitazioni e torbidi e subugli incessanti de’ varii stati italiani di quell’ etä, ove animo-sitä e gare ed astii personali e ambizioni sconfinate mettevano continuamente sossopra 1’ ordine interno degli stati, e si riflettevano pure sulla politica estera, rendondola insidiosa, diffidente ed aggressiva. Egli e naturale quindi ehe, avendo avuto tanta parte nella vita politica di allora, non la potesse altrimenti descrivere di quello essa era di fatto: ma da ciö ali' elevare, come egli fa, ali’ altezza di precetti, arti e modi di governo ehe ributtano, c’ era pure una grande distanza, ed a lui piü che ad altri naturale prudenza doveva esser impedimento a non sorpassare 1’ ovvia e trita massima „ehe certe cose si fanuo ma non si dieouo.“ Se nulla di meno il fece, ciö vuol dire ehe una ragione ve 1’ indusse e questa ragione ci pare che traluea abbastanza evidente dai suoi scritti. Studioso ed ammiratore quant’ altri mai della storia di Koma, nessuno meglio di lui intravvide e spiegö i secreti moventi della gran-dezza politica di quel popolo impareggiabile, e ne fanno fede, se non fosse altro, que’ suoi eccellenti discorsi annessi alle storie di Tito Livio, una delle opere piü perfette che sian uscite dalla mente umana in fatto di filosofia della storia. In essa noi abbiamo il saggio piü luminoso del modo, come studiano e comprendono la storia uomini pari a lui, ai quali gli avvenimenti della vita esteriore dei popoli, come guerre, paci, trattati, conquiste, disfatte ed altri fatti piü o meno chiassosi, non sono altro ehe 1’ effetto naturale di una serie di cause lontane e vicine inerenti ali’ indole, al carattere, ai pregi innati ed acquisiti di un popolo destinato a far una parte grandiosa in sulla scena del mondo. Quel popolo militare, ehe sorto da umili principi, colla forza delle armi e colle arti di una politica sagace, accorta, non di rado crudele e spie-tata, avea saputo imporsi a tante nazioni, anche coltissime, del mondo antico, era il suo ideale. II grande successo ottenuto da Roma soggiogando ed assimilando a se tanti popoli, esercitava sulla mente e silil’ animo deli’ uomo politico un fascino troppo potente, perche si sentisse indotto a valutare dal punto di vista della morale i mezzi impiegati a raggiungerlo. A suoi occhi lo scopo conseguito santificava i mezzi e pur di vedere costituito a suoi tempi in Italia uno stato grande, forte, capace di por fine alle miserie di cui vedeva travagliata la sua patria e di compiere un’ alta missione politica, com’ egli la intendeva, era disposto di prestar 1’ ajuto della sua opera e del suo consiglio ad un principe qualunque, fosse anche il duca Valentino. Quest’ era un’ idea tutta propria del Macchiavelli, cui la preoccupazione politica faceva preterire la grande veritä ascosa in questa sentenza di Tacito: „nemo unquam imperium flagitio quae- situm, bonis artibus exercuit“ (Stor. I, 30). „Es ist der Fluch der bösen Tliat, dass sie fortzeugend Böses gebären muss“ dicono i Tedeschi. I regni fondati con male arti hanno d1 uopo di farsene costante puntello per trasci-nare un’ esistenza incerta e precaria: quegli stati invece porgouo guarentigia di durata e prosperitä, ehe hanno la fortuna di possedere una dinastia di principi conforme a quella che ci tratteggia Tito, parlando a suo padre; „nam amicos tempore, fortuna, cupidinibus aliquando aut erroribus imminui, transferri, desinere: suum cuique sauguinem indiscretum, sed maxime principibus, quo-rum prosperis et alii fruantur, adversa ad junctissimos pertineant“ (Stor. IV, 52). Quegli stati, ove il freno e retto da un imperante mite e savio, stu-dioso di far trioufare la giustizia rimpetto a tutti; da un principe, che, conscio del suo diritto e della rettitudine de’ suoi propositi, dell’ onesta franchezza dei cittadini non siadombra: „nam contra, punitis ingeniis gliscit auctoritas, (Tac. Ann. 4, 35); ne dalla piacenteria il piü delle volte suggerita da viste d1 interesse e di privata ambizione si lascia fuorviare, ma ne riconosce e di-sapprova gli ascosi moventi (Tac. Ann. 3, 65). In mezzo a condizioni tali 1’ aftetto al principe s’ identifica con quello che ogui buon cittadino nutre per la patria. L’ amor di patria puro ed inalterato nella prospera e nell’ av-versa fortuna deve essere attivo ed operoso, pronto ad ogni sacrificio, anche a quello, che all’ uomo costa talora assai caro, vale a dire la rinuncia al solletico della lode e del guiderdoue, od allo sfogo di malumore contratto da quel sentimento di amarezza che 1’ uomo prova, quando e, o credesi vit-tima di umiliazioni immeritate: »perche se battere il padre e la madre per qualunque cagione e cosa nefanda, di necessitä ne segue, il lacerare la patria esser cosa nefandissima; perche da lei mai si patisce alcuna persecu-zione, per la quäle possa meritare di essere da te ingiuriata avendo, a rico-noscere da quella ogni tuo bene.“ Cosi si esprime il Macchiavelli nell’ intro-duzione al „Dialogo sulla lingua in cui scrisse Dante e Boccaccio,“ dirigendo evidentemente 1’ aculeo delle sue parole contro Dante, cui, a detta del Macchiavelli, ingiurie e persecuzioni patite non assolvono dalla colpa di aver nu-trito e versato nei suoi scritti tanto rancore contro la sua patria. E qui cade in acconcio di accennare al pieno accordo di Tacito e Macchiavelli nel ritrarci il tipo del vero cittadino, che scevro di ogni ambizione e cupidigia personale, mira unicamente al vantaggio della patria ed al ser-vizio del principe, comunque volgano i tempi, comunque lo sorregga il con-forto di veder appoggiate le sue fatiche e premure a pro del puhlico bene o si vegga fatto seguo a malignitä, astii, invidie, persecuzioni e calunnie piü dolorose all’ onest’ uomo che 1’ aperta violenza. Vi aveva, com’ e noto, a tempi di Tacito una setta filosofica e politica ad un tempo, cui appartenevano persone in vero distinte per coltura ed integritä di carattere. Queste, siccome in filosofia seguivano le massime austere degli stoici, cosi in politica serba-vano inalterato il culto di quelle idee republicane, che in altri tempi avevano formato la grandezza di Roma, ma allora non potevano essere altro che un ideale, ud’ a*pirazione poetica al ripristinamento di un passato irrevocabile. Indifferenti innanzi al grande mutamento avvenuto dopo le lunghe e disa-strose guerre civili, quando, per dirla con Tacito „omnem potentiam ad unum conferri, pacis interfuit“ non volevano acconciarsi al nuovo ordine di cose, non prendevano parte alla vita publica, e quando astretti da imperiosa ne-cessitä vi accedevano, il facevano di mala voglia, dimostrando il loro mala-nimo verso i dominanti e disapprovando con atti e parole non solo gli eccessi di adulazione, ehe orano venuti di moda; ma perfino la commendevole opero-sitä di quegli onesti cittadini, cui il barbaglio di speciose teorie non faceva velo a discernere lo stato reale delle cose, ne la miseria dei tempi era pre-testo a non prestare il dovuto omaggio al principe ed il tributo del loro in-gegno alla patri a. Questi uomini, ehe Tacito cinama „feroces“ il ehe vale nel linguaggio parlamentare moderno „intransigenti“ il „Wilde“ dei tedeschi, sciu-pavano miseramente i rari pregi, di cui erano adorni, in una sterile opposi-zione e cadevano vittime incorupiante; perche il popolo non sapeva farsi ca-pace deli’ utilita dei servigi, ehe ritenevano di prestare alla patria ed alla causa della libertä, inasprendo il governo con un contegno di ostentata av-versione, per non riuscire ad altro che ad un inutile sacrificio di se, ad un martirio politico. messo in scena talora con apparato teatrale, quando dopo un’ ultiiua sfuriata contio i dominanti di allora si segavano le vene od altri-menti finivano tragicamente i loro giorni di vita. A cosi fatti uomini Tacito contrappone quelli, che sanno teuere il giusto mezzo fra la piacenteria e 1’ insolente provocazionc dell’ autoritä costituita: „lila aetas duo pacis decora simul tulit. Sed Labeo incorrupta libertate et ob id fama celebratior; Ca-pitonis pbsequium dominantibus magis probabatur: illi, quod praeturam intra stetit, commendatio ex injuria; huic, quod consulatum adeptus est, odium ex invidia oriebatur“ (Aun. III, 75). Di questi uomini Tacito ci ofl're un esempio nella pittura che ci fa del carattere e della vita del suocero suo, Agricola, il vincitore dei Biitanni, cui riverente ossequio, modestia e caldo ed operoso amore di patria preservarono incolume in mezzo ai pericoli, ond’erano minac-ciati gli uomini grandi sotto il governo sospettoso e tirannico di Domiziano: „Domitiani vero natura praeceps in iram et quo obscurior eo irrevocabilior, mo-deratione tarnen prudentiaque Agricolae leniebatur, quia non eontumacia, neque inani jactatione libertatis famam fatumque provocabat. Sciant quibus moris est illicita mirari, posse etiam sub malis principibus magnos viros esse; obse-quiumque ac modestiam, si industria ac vigor adsint, eo laudis excedere, quo plerique per abrupta, sed in nullum rei publicae usum praeelara morte incla-ruerunt“ (Agric. c. 42). Con ciö si accorda, come dicemmo il Macchiavelli: „Gli uomini lianno ad onorare le cose passate, ed ubbidire alle presenti e debbono desiderare i buoni principi, e comunque si siano fatti tollerarli“ ( Disc. L. III, c. 6). „ma quello viene ad errar meno ed aver la fortuna prospera, che riscontra, come io ho detto, con il suo modo il tempo e sempre mai si procede, secondo ti sforza la natura“ (Disc. III, c. 12). Queste sono le massime che riguardano la politiea interna dcgli stati. Vi aggiungeremo ia fiue un' altra, che tocca piü da presso la publica econo-mia, ossia 1’ amministrazione dei denari dello stato. Che lo sperpero ed in ee- aveva a suoi terapi una maniera di uomini, quanto stretti del proprio, altret-taato larghi del denaro puhlico, cui profondevano a piene mani per cattivarsi 1’aura popolare e farsene sgabello per salire a cariclie elevate elucrose; altri ancora, che spendevano largamente del proprio colla vista di compensarsi di poi con usura dalle casse dello stato: „propriis quoque opibus Mucianus bellum iuvit, largus privatim, quod avidius de republica sumeret* (Stor. II, 84). Tacito condanna, com’ e ben naturale, cosi fatto spreco del publico denaro, non solamente per 1’ immoralitä deli’ azione in se stessa, ma anche per le conseguenze che ne derivavano, di dover poi imporre balzelli onerosi ed angariare e dissanguare i popoli, usando tutti i mezzi piü odiosi e vessatorii, per riparare agli ammanchi e rimettere in sesto le sdruscite finanze dello stato: „perfringere aerarium, quod si ambitione exhauserimus, per scelera supplendum erit“ (Ann. II, 38). Del resto tutte le leggi e gli ordini, tntte le cautele e gli espedienti di go verno non valgono ad assicurare perennemente il buon andamento di uno stato, che, come tutte le umane istituzioni, e soggetto a vicende prospere ad avverse: . . . . „la virtü (dice il Macchiavelli) partorisce quiete, la quiete ozio, 1' ozio disordine, il disordine rovina; e similmente dalla rovina nasce 1’ ordine, dali’ ordine virtü; da questa gloria e buona fortuna . . . .“ (Stor. fior. Introd. al. Libr. V). Tempora mutantur et nos mutamur in illis. Questa legge di natura obbliga i reggitori degli stati ad escogitare ed introdurre per tempo migliorie e riforme consentanee all’ indole dei tempi, ai successivi cangiamenti avvenuti nelle condizioni degli uomini e delle cose. La causa principale, per cui gli stati decadono, si e il discostamento avvenuto da quei principi e da quelle norme cui dovettero la loro origine e prosperitä; quindi „quelle riforme (dice il Macchiavelli) e quelle alterazioni sono a salute, che riducono gli stati verso i loro principi“ (Disc. III. c. 1). nerale ogni cieco e disordinatddis_pendio del denaro publico sia biasimevole, e troppo evidente. Tacito per* si diffonde di piü su questo argomento. E’ vi POLITICA ESTERA L’ osservanza delle norme ehe emanano dal diritto internazionale, la sa-gacia, la destrezza e 1’ abilita nell’ avviare e promuovere buone relazioui col-1’ estero, in guisa che assieme allo sviluppo progressivo degli interessi civili, commerciali ed eeonomiei di ogni singolo stato, ne sia mantenuto incolume il prestigio e 1’ influenza nella regolazione di questioni attiuenti ad interessi co-muni ed a quello in particolare, ehe ha ogni potenza di veder rispettato il suo diritto di esistere e progredire, costituiscono quell1 arte di governo, ehe si addimanda comuuemente politica estera. Si diee (ed e vero) ehe la politica estera di uno stato e strettamente connessa eolla sua politica interna; perocche quanto meglio regolato e nel suo interno, quanto piü forte ed unito, quanto piü l'iceo e il corredo delle risorse materiali di cui dispone, tanto piü valida e la sua voce all’estero, tanto piü inttuente 1’autoritä: perö circa ai principi ed alle tendenze, non vi e, ne puö essere sempre perfetta eonsonanza tra i modi che regolano la politica interna e l1 estera. La storia ci porge esempi di stati retti ali’ interno da un sistema politico ispirato rigorosamente al prin-cipio diuastico ed autoritario, clie si fanuo sosteuitori d’ idee liberali all’ estero; come pure di altri, che in casa segnano limiti assai larghi alle franchigie e libertä costituziouali, e ad una corrente d’ idee affatto contrarie informano la loro politica estera. La miglior politica e 1’ onestä, disse giä un uomo di stato inglese ; ed e certo, che per quella via si giunge a successi meno invidiati e sicuri. Lo storico perö, specialmente quando, come fu jl caso dei tre grandi di cui ci occupiamo, unisce in se anche la qualifica d’ uomo di stato, non puö a meno di dipingere le cose umane come sono nella realtä. Tucidide toccando della questiono, che i Melii avevauo cogli Ateniesi, nel discorso che gli am-basciatori di questi tenevano ai primi per distoglierli dalla progettata alleanza cogli Spartani, fa dir loro una veritä, che conferma quanto sopra dicemmo circa la differenza, che i popoli fanuo talvolta tra le massime della loro politica interna ed estera: „Xaxe§ai[J.6v'.öi -{dp rcpog a«pä? piv atk&ö? xat xa kct/topia vojup-a jtXelaxa apet’f) yptimat repo? Se zouq oXXgd? TtoXXa av ti? s/wv etTtsIv w? Ttpoacpepovtai, £oveXu>v jj.aXt.at’ av Sr^Xubeiev Zu iw.'yviknraxo. tov Tap.ev, m piv ■yjSe'a xaXä vojAtCouat, xä Se ^jJ-'fe'povta St’y.ata (a casa sono rigorosi seguaci delle buone massime; di fuori si regolano dal tornaconto)“ (Libr. Y, c. 105). La giustizia, dice altrove, si loda ed apprezza in parole; ma il culto, che si pro-fessa alla medesima, non impedisce che, se si porge il destro di cogliere un vantaggio altrimenti, non lo si faccia senza riguardo: „Saaüp X zo jiev SeS-.o? aüxoö loyov I'x«öV too; evavuotx; [xäXXov ^oßYjaov, zo Se Oapaoöv |xy; Sefcajjivoo aaGeve? ov Ttpo; laytSovca? toü? ey_6pot>s aSeeatepov eaö[i.svov“ (I, 36). La forza e necessaria a chi vuol essere rispettato, senza ledere altrui: „sXiric; Se, xivSuvcp Ttapajxuöi&v ooaa, toü? [j,ev airö TOpiooata;/ptojisvoo; abrjj, xav oü y.aöstXev* (Lib.V. 103); e piü di tutto e necessaria ad uno stato molto potente che desta invidia e timore negli altri: „ . . . ei xe xic tpöovsX [J.sv y] xat cpoßettai — ajj/potepa fäp taSe rcaayei ta [asiCcd“ (VI, 78, 2). „uec unquam satis fida potentia, ubi nimia est“ (Tacito, Stor. II, 72). Sorge per tanto ad evidenza da questi giudici di Tucidide, che, in questioni di politica estera, diritto e forza sono due cose inseparabili; che quest’ ultima di per se puö ottenere successi, cui non sempre giunge il primo, se non ha 1’ appoggio delle armi. La ragione di questo fatto e facile a sco-prire, e chiara risulta dal tenore dei passi che verremo citando. In oggetti di politica estera, prima legge e l’iuteresse di stato: „avSpi Se Tüpävvtp, ^ n6\si äpyjjV Eyouarj odSev aXo*[ov o n £o[i.väjj.E'. eicearcaaato, -/jaovjQeTst zoö p^fLatoc, epYq) Sujitpopat; aVY)xeato!.? exovta? rceptzsaeiv . . .„ (V. 111), ed il Macchiavelli: „gli uomini grandi chiamano vergogna il perdere, non in qualunque modo aijcquistare“ (Stor. fior. VI, 218). La tutela dol proprio interesse e duuque la parola d’ ordiue nelle com-plicazioni estere, da cui escono incolumi, anzi col maggior possibile vantaggio, quegli stati, che sono sempre pronti, e tengono, come si dice, sempre asciutte le polveri, cercando in ogni guisa di accrescere le proprie forze e di evitare il pericolo deli’ isolamento, provvedendosi a tempo di buone alleanze. A quali criterii si attengauo gli stati nello stringere alleanze a scopo di reciproca di-fesa apparisee troppo chiaro dalle idee suesposte. II vincolo piü saldo delle alleanze e 1’ utilitä (tö £ojj.cpžpov). Nostro amico, dice Tucidide, non e chi ci professa sentimenti benevoli, senza ajutarci quando ne abbiamo bisogno; „j rcpoo)(■/)“ (L. V, 109). Tucidide e Tacito condannano per ciö concordemente il partito della neutralitä in caso di guerra, riputandolo disdicevole ad uno stato forte: „to ?ap aTtpaYjjtov oü atiCetai, p] (J-sta toö Spaatr/pEou istafpivov, oo5s ev äpyouorj rcoXsi $t>(t(pepsi, äXXJ Iv Dmjxo'ip ascpaXw? SoüXcueiv“ (Libro II, c. 62); e Tacito condanna la neutra-lita, perche: „neque amicos parat, neque inimicos tollit“. Ed altrove Tucidide dice: „amico e congiunto e a noi, chi ci mantiene la data fede: „oo8’ olxstov 0 tt p) rciatov“ (VI, 85), e piü inuanzi: „Le amicizie si cangiano a seconda delle circostanze“ „rcpo? Exaata 8s Sei •?) l'/0pov, -ij «pLXov p.exa xaipoö Yqveaöat“ (VI, 85, 1). Le piü salde amicizie sono quelle di cui non si puö far senza: „perche quelle cose, che la necessitä fa promettere, fa ancora osservare“ (Macch. Stor. fior. V, pag. 159), e quelle ancora che si contraggono fra due eguali, cui reciproco rispetto ed “equilibrato, timore rattengono dal violare 1 patti conchiusi: „to 8e avcteaXov 8£oc p,ovov matov I; £o|i[ia)£i'av“ (Tue. III, 1). Del resto, nella questione delle alleanze, come in generale in tutte le cose, che si riferiscono ad uua difesa oculata ed energica de’ propri interessi politici, gli e necessario, che ogni potenza si manteuga costantemente informata e, come si dice, al corrente di tutto ciö che di rimarchevole avviene al di fuori de’ suoi confini, sia nel campo delle idee come in quello dei fatti, per non lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti ed incontrare difficoltä e pericoli che avrebbero potuto evitarsi. Fra le arti di governo, nessuna e piü soggetta a vicende e cangia-menti, come la politica estera, che deve abbracciare collo sguardo un orizzonte assai vasto, aver 1’ occhio e 1’ orecchio a tutto, prevenire, lottare, conciliare ed usare ogni mezzo pur di togliere occasione ad attriti e collisioni, e subire spesso la tirannia di fatti compiuti, che ripugnano, ma non per questo si possono ignorare. E per ciö, che Tucidide designa come un grave errore la stazionarietä delle idee e dei principi in cose di politica estera, la quäle, secondo lui, nou altrimenti di quello che fanno le arti meccaniche e le in-dustrie in genere, deve seguire lo spirito deli’ epoca, trovare nuovi spedienti, adottare modi diversi di pensare ed agire; uniformarsi, in una parola, in tutto e per tutto all1 iudirizzo particolare dei tempi: „ . . . ava-fW) 5’ uiarcep zt/yr^, ad zv. sitt.YtTv6ji.sva xpateiv . . . “ (L. I. 71): Ed e appunto per teuere d’ occhio le evoluzioni della politica generale e per trarne il maggior profitto possibile, che gli stati tengono all’ estero ambasciatori e nunzi accreditati, che hanno il compito di servire agl’ interessi del loro paese, come dice il Macehiavelli: ,1a piü importante parte, che abbia un oratore, che sia fuori per un principe o republica, si e coujetturare bene le cose future, cosi delle praticlie come de1 fatti; perche chi le conjettura saviamente e le fa intender bene al suo superiore, e cagione che il suo su-periore si possa avanzare sempre colle cose sue e provvedersi ne’ tempi debiti* (Ritratti delle cose di Alemagna. Vol. V, pag. 77). Altre massime attinenti ai modi di guidare opportunamente la politica estera ci accade d’ incontrare nei nostri autori, p. e. in Tucidide dove dice, che la politica estera vuol essere circospetta e calma nel pensiero, pronta e risoluta nell’ azione. (Lib. 111, c. 42); che, esaurito inutilmente ogni tenta-tivo di accordo, chi e primo ad agire, meglio si consiglia di chi tergiver-sando con astuzie e sottili aecorgimcnti lascia trascorrere il tempo utile e si priva del vantaggio d’ imporre all’ avversario coli’ energia dell’ iniziativa: „etttöasi ts ol la-^ooc 7too 6f»dt<3£t rot; jteXac, wajtsp ’AOyjvaloi vöv, tatövrec töv {J-£V ^au^äCovta y.v.i Iv z^ saotoö |j/jV0V a[ju>v6(i,EVöV aSsearspov «iiSTpaceoEiv, töv §e s£(o opwv TrpoaraVTwvra v.a.i, -ij xaipö; Yj, tcoXs[iöo ap‘/ovta rpiw exotpLa»? xate'^eiv“ (L. IV, c. 92, 5) „aitdrg fap s'Jrcpsrcsi ata^tov toi; fs sv a4tu>|i,aTi uXsovexiTiaa'. y] Ijupavet“ (Libr. IV, 86, 4). Citeremo infine due passi del Macchiavelli, nel primo dei quali sconsiglia gli stati dal pigliar imprese arrischiate sopra promesse e speranze destate da esuli e fuorusciti; nella seconda sugge-risce i modi come debbano amministrarsi paesi di recente conquista „deve adunqua un principe andare adagio a pigliare imprese sopra la relazione di un confi-nato; perche il piü delle volte se ne resta con vergogna o con danno gran- dissimo“ (Disc. Lib. II, 32) e 1’ altro: „quando un principe accquista uno stato nuovo, ehe come membro si aggiunga al suo vecchio, allora e necessario disar-mare quello stato, eccetto quelli che nell’ accquistare sono stati tuoi partigiani, e quelli ancora con il tempo, ed ordinarsi in modo che tutte le armi del tuo stato siano in quelli soldati tuoi proprj, che nello tuo antico vivevano appresso di te“ (,Principe“ cap. 20). GUERRA Tra i flagelli che piu affliggono 1’ umanitä, va innegabilmente considerata la guerra, siccome quella che consuma cid ehe la pace produce. Da cid ne viene, che suprema cura de’ governanti vuol esser quella di conseryare ai popoli 1’ iuapprezzabile beueficio della pace e di teudere a quello scopo con ogni mezzo, non escluso quello deli’ „ultima ratio“. «Guerra si ha da fare per aver pace e nou turbare la pace per aver guerra“ (Maccbiav. Alte della guerra Libr. I, pag. 103). Questo e il priucipio, ehe conferisce alla guerra la sua leggittimita, come in pivi luoghi accenna lo stesso Maccbiavelli, richia-ruandosi pure ad una senteuza di Livio in proposito: “justum est bellum, quibus uecessarium et pia arma, qnibus nisi in armis spes est“ (Disc. III, 12). La massima antica e sempre ripetuta „si vis pacem, para bellum“ ci avviene, com’ e ben naturale, di vedere coufermata dagli autori di cui ci occupiamo: „Ix zoXdjA&u [J.sv Y*p sipTjVYj (iäXXov ßeßaioörat, ä'f' i^y/ya.z 8s (W) zoXsij.f(Tai oü/ 6(io[ü)? äxtvSovov“ (Colla guerra si consolida la pace; voler viver quieti e non sapersi decidere all’ uopo per la guerra, nou e fattibile senza pericolo) (Libr. I, c. 124); e di poi: „5 ts fap §tä rfjv yjSovijv oxvwv zdyyjz oEv afpatpeGsir] xtfi paatwvyj? to tspjrv&v 8i’ 07tsp čavsi sl r^u/aC&i, o ts sv TJj'khsM £utoy_(a jrXs&vaCcüV otix sVTsGupjTai öpaasi autatq) sxatpöp-svo?“ (Lib. I. 121), (il senso: Tanto erra chi pel solletico del viver comodo ed agiato in tempi di pace non si tien pronto alla guerra, come pure, chi enfiato di brillanti successi guerreschi non riflette all’ incostanza della fortuna). E Tacito su per giu esprime lo stesso pensiero lä dove scrive nella sua „Germauia“ (c- 36). „In latere Chaucorum Chattorumque, Cherusci nimiam ac marcentem diu pacem inlacessiti nutrierunt"; idque jucundius, quam tutius fuit, quia inter impotentes et validos falso quiescas: ubi mauu agitur, modestia ac probitas nomina su-perioris sunt“. Paco e guerra, due cose affatto opposte tra loro, vediamo adunque messe assieme in guisa, che la prima non possa sussistere senza 1’ aiuto del-1’altra. Ciö tiene a primo aspetto dell’ assurdo, del contraddittorio; ma la storia ce lo conferma. II filosofo ed il lilantropo hanuo di che dolersi ve-dendo, che nou solo popoli rozzi ed incolti, ma anche nazioni incivilite non possono talora altrimenti comporre le loro controversie che col dilauiarsi e straziarsi a vicenda: ma 1’ uomo di stato, comuuque professi lo stesso culto agli alti ideali umauitarii e desideri di veder spuntare una volta 1’ era beata di una pace universale, deve prender 1’ uomo com’ e, e dare al suo pensiero ed azione 1’ indirizzo, che meglio risponde alle condizioni reali, su cui puö fare unicamente sicuro assegnamento. Cel dice lo stesso Maccliiavelli: »molti si sono immaginati republiche e principati, che non si sono mai visti, ne conosciuti essere in vero; perclie egli e tanto discosto da come si vive a come si dovrebbe vivere, che colui che lascia quello ehe si fa per quello che si dovrebbe fare, impara piuttosto la rovina cbe la preservazione sna“ („Princ.“ c. XV). Mal si appone, dice Tucidide, chi, forte di sue buone ragioni, si trincera dietro alle medesime, credendosi dispensato dali’ usare, al caso, la forza, per farle valere: „ot Se' xata'fpovoövts? xav 7cpoa!/30ža0ai, xai špv« ooSev o«pä? Seiv Xap.ßdvstv a -fvcou.v] e£sgtiv, acppaxToi jiaXXov SistpOs-'poVTo“ (Lib. ITI, 83, 2). La ragione convince, la forza irapone; ed e 1’ impressione di forza, ehe deve destare lo stato, se vuole che i snoi diritti sieno rispettati: „its'?poxE 'jap xai ÄXXa)? avöpMTto? to piv OepauEoov ujrsprppovslv, to Se u:rt oiretxov 6aop.aCstv“ (III, 39, 5), che e quanto dire: il debole deve sottostare al forte“: „rce.oÖTs toöto Späv . . . toikjSe £op.o0at“ (Libr. VI, 38, 3). Questa confidenza in se stesso, ehe gli e sprone a combattere valorosamente e a vin-cere, il rattiene poi, nel caso di nn rovescio, dali’ avvilirsi e dal bandire ogni speranza di rivincita, sciupando il resto di vigoria in inutili ciance e reerimi-nazioni che sono indizi di debolezza: „Wvts; zč oi otvOpiorcoi š? too; rcoXep-oos tdiv Ipfwv jrpo'repov r/ovtai, a '/pT(v oaTspov Späv, xaxoitaÖoövTSc: Se twv Xo'^wv anxovTat“ (Libr. I, 78). Veniamo ora ad un altro amminicolo di guerra, al „nervus belli* che e il denaro. Qui ci troviamo di fronte ad una contraddizione, pevö soltanto ap-parente, fra le idee di Tucidide e di Macchiavelli. II primo, accennando al fatto, che guerra e casse vuote sono due cose che non possono stare assieme, esprime innegabilmente una veritä. Lo stato, egli dice, che imprende una guerra non deve soltanto disporre del denaro occorrente, ma averne ad esu-beranza, per non ricorrere alle forzate imposizioni di denaro: 51 Ttspioootai tou; TtoXip-oo? jxäXXov r; at ßtatoi so'fopat avs/ooatv“ (Libr. I, 141, 3). Ne da poi una ragione tutta sua asserendo, che gli uomini piü volentieri si adattano a dar la vita che la roba, perche questa non ricuperano piü, mentre la prima hanno sempre speranza di salvare: ,oa>jj.a3i eiomözepoi oi aikoopfoc twv avöpwjtwv ■}] ypfj)J.aT. zoXs'ictv, to fiiv rnoTÖv tfyoVTs; ix twv x-.vSovwv xav jiEpi^eveoÖat, zo ou ßißaiov jjnfj ou rcpoavaXiooetv, oEXXw? zs xav jiapä Sö£av, orcep stxo;, 8 jiiXsfio; ouToi? pjxtSv/jTat“ (1. c. 141, 4,). II giudicio del Macchiavelli sembra contraddire a questo, ma, come dicemmo, soltanto in apparenza. Assurdo sarebbe il ritenere che il grande uomo misconosca il valor del denaro, quäle sussidio efficace di guerra. Egli annette perö il peso maggiore alla bontä dei soldati, e quanto al denaro opina, come si dice di solito, che il medesimo va stimato piü di quelle cose che puö dare, ma meno di quelle, che non puö dare, il che nel suo caso sa- rebbero i buoni soldati: , . . . non puö esser piü falsa quella comune opi- nione che dice, che i denari sono il nervo della guerra; perche i denari assai non ti bastano senza le armi proprie e fedeli; non ti giova la fortezza del paese, e la fede e la benevolenza degli uomini non dura, perche questi non ti possono esser fedeli, non li potendo difendere. Ogni monte, ogni lago, ogni luogo inaccessibile diventa piano, dove i forti difensori mancano. I denari ancora non solo non ti difendono, ma ti fanno predare piü presto . . . “ dico pertanto non 1’ oro, come grida la comune opinione, essere il nervo della guerra, ma i buoni soldati; perche 1’ oro non e sufficiente a trovare i buoni soldati, ma i buoni soldati sono ben sufficienti a trovar 1’ oro. (Disc. II, p. 10. PENSIERI E SENTENZE GENERALI. Ci accadde di leggere, non ricordiamo piu in qual libro, ehe nessuno e meno filosofo di chi studia filosofia; una sentenza generale che tiene alquanto del paradosso, ehe pecca innegabilmente di esagerazione e statuisce una re-gola non senza lasciare carapo ad eccezioni; pero un fondo di vero c’ 5. In essa, di fronte alla filosofia della scnola vien posta la filosofia del buon senso, la filosofia semplice e spontanea di chi senza idee preconcette, senza i vin-coli, le norme e le pastoje imposte dal severo formalismo scientifico, al solo lume del criterio naturale, osserva, esamina gli effetti che cadono sotto i sensi e da quelli risale per la via di raffronti e deduzioni alle cause prime che li produssero. innegabile che in questo modo procedendo, si arriva a formu-lare il piü delle volte giudici esatti e calzanti, con un’ impronta di veritä, ehe balza di subito all’ occhio ed alla mente di chi li ode pronunciare. In tale riguardo, siccome 1’ osservazione e 1’ applicazione della mente alle cose osservate sono proprietä inerenti alla natura umana, e’ si puö dire con Socrate, ehe la filosofia e accessibile ad ogni condizione di persone, sia in particolare come seorta e norma a perfezionare eiö ehe forma piü da vicino 1’ oggetto de’ nostri pensieri e delle nostre oceupazioni, come anche per raccoglierci in noi stessi, per istudiare e migliorare, diremo cosi, la nostra persona morale. Nel carapo immenso di studi ed indagini aperto ali’ attivita della mente umana, cel dice lo stesso Socrate, tiene il primo luogo lo studio di quell’ essere privilegiato ehe e 1’ uomo, il fattore precipuo di ogni progresso, ehe come sa strappare alla natura i suoi secreti ed utilizzarne le forze per provvedere ognor meglio alla sna posizione economiea, non altrimenti de’ suoi pregi e difetti morali lascia 1’ impronta ali’ eta in eni vive, al nesso politico cui appartiene. La differenza tra il semplice narratore, anche accurato e eoscienzioso, dei fatti storici e lo storico filosofo sta appunto in eiö, clie il primo colla pittura genuina degli avvenimenti ci erudisce ed alleta; il secondo in vece trae argomento dai fatti stessi per fare studi profondi sulla natura umana in generale, come si manifesta negli svariati accidenti della vita privata e publica e sotto 1’ influsso di luoghi e tempi e condizioni differenti. Questi ci apre la mente, ci educa e fa vedere nello sviluppo degli avvenimenti la lo-gica couseguenza delle idee e delle prerogative intellettuali e morali del tipo umano, ehe ci presenta al lume del vero. Ed & appunto per dare il debito spicco a questa valentia di dipingere il ritratto morale dell’uomo, (di cui vanno distinti i tre grandi storici di cui ci occupiamo), ehe noi ci siamo proposti di esporne qui i pensieri e le sentenza generali ehe trovammo nello studiarne lü opere. Noi li renderemo qui nell’ ordine stesso come li abbiamo rinvenuti, senza commenti ed illustrazioni, ehe non farebbero altro se non dissipare 1’ effetto di quella succosa brevitä cou cui souo esposti nell’ originale: sol-tanto credemmo opportuno, rispetto a quelli di Tucidide e di Tacito, di non trascriverli semplicemente dal testo; ma di citare unicamente il passo, ove s’ incontrano e di darli, come meglio potemmo, in una veste libera italiana che ne faccia risaltare l’alto concetto col minore ingombro possibile di parole. Cominceremo da Tucidide. „L1 elogio ad altri impartito si tollera, finche crediamo di essere capaci di fare lo stesso; se la capacitä altrui sovercliia la nostra, 1’ invidia ce lo fa credere immeritato“. (Libr. II, 35, 3). „La miglior donna e quella di cui meno si parla tra gli uomini in lode od in biasimo.“ (Libr. II, 45, 2). „Prudente circospezioue passa talora in politica per sonnolenza e ne-ghittositä.“ (Libr. III, 82, 4). „L1 ira di parte toglie talora il lume dell’ intelletto in guisa, che una frazione politica, giunta al potere, pur di danneggiare gli avversari, abolisce leggi ed ordinamenti, che possono essere 1’ uuica sua salvezza nel caso di un rovescio.“ (Libr. III, 84, 3). „Ciö che si desidera, si črede logico e facile; si ritiene e cerca di di-mostrare impossibile ad avvenire, quello che non si desidera.“ (Libr. II, 108.3). „II desiderio ardeute ci dipinge all’ occhio coi colori della realtä cose incerte ed oscure.“ (Libr. V, 113). „Ciö che l’occhio non distingue ne la mente arriva a concepire, si am-mira e rispetta di piü. (Libr. VI, 11.) (omue ignotum pro magnifico. Tacito Agr. 30: major e longinquo reverentia.“ (Ann. I, 47). „In politica 1’ appello al diritto serve talora ad orpello d’infingardaggine.“ (Libr. VI, 79, 1). „Chi subisce uno scacco lä dove credeva di esser forte, presto si avvi-lisce e perde la liducia in se stesso.“ (Libr. VI, 66, 3). Tacito: „Lo screditare e denigrare persone di governo passa comunemente per „liberalismo.“ (Stor. I, 1)- „II furore dei ribelli si accende, quaudo si accorgono della debolezza di chi li dovrebbe reprimere.“ (Stor. I, 9). „La felicitä mette a prova piü difficile gli animi degli uomini; perche 1’ avversitä si tollera, la prosperitä ci corrompe.“ (Stor. I, 15). „Cieca passione matura il delitto, calma e ponderazione gli onesti pro-positi.“ (Stor. I, 32, 38). „Maggior incentivo a mal fare viene ai tristi dal vedere i galantuomini dolenti.“ (Stor. I, 38). „II difetto di energia si copre talora col manto della prudenza.“ (Stor. 1,49). „Preša una volta l’iniziativa, (rotto, come si dice, il ghiaccio) si preci- pita ciö che si esitö lungo tempo a cominciare.“ (Stor. I, 55). „Piü di ogui altra cosa desta iuvidia e livore la repentina grandezZa di clii poco prima ci era eguale.“ (Stor. II, 20). ,11 forte anclie in raezzo agli infortuni spera sempre ; il debole presto si avvilisce e dispera.“ (Stor. Libr. II, 46). „Si abusa del potere, quando si teme di non goderne a lungo.* (Stor. Libr. II, 47). w Chi aspira a grandi cose ha dinanzi a se la gloria o 1’ abisso.“ (Stor. Libr. II, 74). „Clii comincia a ruminar pensieri di rivolta, e giä ribelle.“ (Stor. L. Il, 77). »La moltitudine va sempre agli eccessi.“ (Stor. Libr. I, 69). ,11 malvagio, veuuto in auge, si lascia sempre una porticiua aperta per un eventuale rovescio di cose.“ (Stor. Libr. I, 72). „Nei grandi frangeuti tanto valgono i consigli dei prudeuti come il rumore del volgo.“ (Stor. Libr. III,'“58), l „Nei casi disperati tutti comandano, nessuuo ubbidisce.“ (Stor. L. III, 73). „Nei disordini viene a gala e spadroneggia la scbiuma sociale, la pace e 1’ ordine fauuo valere il cousiglio g 1’ opera dei galantuomini.“ Stor. L. IV, 1). „L’uomo e piü proclive a vendicare un’offesa che a ricambiare un be-neficio, perche il ricambio gli sembra un peso, la veudetta un lucro,“ Stor. IV, 3). „La rivolta si cerca talora di adonestare con un plausibile motivo legale, per mettersi al coperto nei caso d’ insuccesso. Se la va bene, la vittoria sana tutto.“ (Stor. Libr. IV, 14). „11 pericolo maggiore delle rivoluzioni non ista nei farle, ma nei pre-pararle.“ (Agric. 15). „Nelle cose umane, se la va bene, ognuno vuol ascriversi il merito; se la va male, si va in cerca di un capro espiatorio.“ (Agric. 27). „E proprio dell’ umana natura odiare chi si ha offeso, (il torto recato dal potente all’ uomo onesto, non abbassa chi lo riceve, ma chi lo fa).“ (Agr. 42). „Gli stimoli di un odio sono piü feroci, quando hanno meno ragione di essere.“ (Annal. I, 9). » „II vero dolore e silenzioso: le chiassose dimostrazioni di cordoglio ascondono non di rado 1’ interna compiacenza di veder sparito dal mondo un rivale.“ (Anu. II, 77). „Feroce, ambiziosa, insaziabile di dominio e la donna, cui riesce di pro- curarsi illimitata ingerenza in affari di stato.“ (Ann. III, 33). „L’ influenza soverchia appo i grandi non dura sempre. Tardi o tosto ne incoglie fastidio a chi 1’ accorda, quando tutto ha concesso, od a chi la gode, quando non gli resta piü nulla a desiderare.“ (Ann. III. 30). „Quando il pervertimento morale e giunto al colmo, egualmente peri- coloso e il difetto come 1’ eccesso dell’adulazione.“ (Ann. IV, 17). „Si steuta credere alla morte naturale di un potente.“ (Ann. IV, 11). I benefici souo graditi fino a che si črede di poterli compensare; quando arri-vauo al punto, che non si sapiü come ricambiarli, si pagano coll’odio. (Ann. IV, 18). „Cki non si cura del suo buon nome, non si cura ueppure di essere virtuoso.“ (Ann. 4, 38). „La sola menzione della virtü e del merito punge ed irrita clii si sente in difetto deli’ una e deli’ altro.“ (Ann: IV, 33). „Chi nulla di male impreude, non ha d’ uopo di precipitare le sue ri- soluzioni; tutto spera il malvagio dali’audacia.“ (Ann. Libr. 26). „La donna che ha perduto il pudore e capace di tutto.“ (Ann. L. IV, 3). „Per la china dei delitti si discende fino al punto da sentir il piacere deli’ infamia.“ (Ann. XI, 26). „Regna di rado buona armonia fra persone, ehe godono insieme il favore di un grande.“ (Ann. L. XIII, 2). „Nessuna delle cose umane e tanto labile e caduca come la fama di potenza non fondata sui meriti personali.“ (Ann. XIII, 19). „Tiene sempre qualche cosa d’ingiusto ogni grande esempio di rigore ehe si statuisce sopra singole persone per viste di ordine publico.“ (Ann. XIV, 44). „II vigliacco insulta 1’ onest’ uoino ehe tace, si fa muto quando gli si mostra il viso.“ (Ann. XIV, 49). „L’ uomo ehe hai punto sul vivo non te la perdona piü.“ (Ann. XV, 68). Macchiavelli: „Gli uomini sono piü lenti a pigliare qnello che possono avere, ehe sono a desiderare quello che non possono aggiugnere.“ (Stor. fior. II, pag. 108). „I partiti pericolosi, quanto piü si considerano, tanto peggio volentieri si pigliano.“ (Stor. II, pag. 110). „Gli uomini, quanto piü autorita hanno, peggio 1’usano e piü insolenti diventano.“ (Stor. II, p. 112). „Chi aspetta tutte le comoditä, o non tenta mai cosa alcuna o, se pure la tenta, lo fa il piü delle volte a suo disavvantaggio.“ (Stor. III, p. 21). „Dove molti errano, niuno si castiga ed i falli piccoli si castigano, i grandi e gravi si premiano. (Stor. fior. Lib. III, p. 31). „Nelle congiure avviene, che i poclii non bastano, e gli assai le sco-prono.“ (Stor. III, p. 64). „Dove le autorita sono pari e i pareri diversi vi si risolve rare volte alcuna cosa in bene.“ (Stor. L. IV, p. 120). „La grazia deli’ universale per ogni piccolo accidente si guadagna e perde.“ (Stor. III, pag. 48). „Gli uomini superbi e vili sono nelle prosperitä insolenti, nelle avver-sita abietti e umili. “ (Stor. VI, pag. 221). „Sanno rarissime volte gli uomini essere al tutto tristi o al tutto buoni.“ (Discorsi L. I, XXVII). „Gli uomini stimano piü la roba che gli onori.“ (Disc. 1, c. XXXVII). „Gli uomini nelle cose generali s’ ingannano assai, nelle particolari non tanto.“ (Disc. I, c. 47). „Gli uomini sono lenti uelle cose, dove credono di aver tempo, e sono presti dove la necessitä li caccia.“ (Disc. III, c. VII). „Gli uomini ollendono o per paura o per odio.“ („Principe“ c. Vil). „Gli uomini dimeuticano piü presto la morte del padre, ehe la perdita del patrimonio.“ („Principe“ c. XVII). „L’ universale degli uomini si pasce cosi di quel ehe pare, come di quello che e; anzi molte volte si muovono piü per le cose che paiono, ehe per quelle che sono,“ (Disc. I, XXV). Capodistria, Luglio 1887. G. Babniler i. r. Direttore ginnasiale. NOTIZIE SCOLASTICHE I. Giacomo Babuder, Cav. dell’Ordine di Francesco Giuseppe, membro del-l’Eccelso L. r. Consiglio scol. provinciale dell’Istria; Deputatu alla Dieta provinciale dell’Istria pel collegio delle cittä e luoghi industriaii, Pinguente, Isola, Muggia; rappresentante comunale e consigliere di amministrazione del Pio Istituto Grisoni in Capodistria: Direllore; insegnö lingua tedesca nelle classi YI e VIII, lingua latina nella VI, ore 12. Mason Carlo. — Professore anziano, promosso all’ VIII classe di rango, capoclasse nella IV — insegnö Latino nella IV, Greco nella IV e nella V; ore 15. Casagrande Alberto. —Professore, promosso ali'VIII classe di rango, capoclasse nella VII — insegnö Greco nella VI, Latino nella VII e VIII; ore 15. Schiavi Mnr. Lorenzo, canonico onorario. — Socio corrispondente del-l’Accademia artistica Raffaello d’ Urbino, della filosofico - medica di San Tomaso d’Aquino, dell’Ateneo di Bassano, dell’Accademia romana di religione cattolica, socio d’onore della societä degli avvocati di San Pietro; secondo esorlatore religioso; Professore, promosso all’ VIII classe di rango — insegnö lingua italiana nella V, VI, VII e VIII e Propedeutica nella VII e VIII; ore 16. Sbuelz Carlo. — Custode del Gabinetto di jisica e chimica; Professore, capoclasse nella VI — insegno Matematica nelle classi V, VI, VII, VIII; Fisica nella IV, VII, VIII; ore 21. Disertori Pietro. — Professore, — insegnö Storia e Geografia nelle classi II, IV, V, VII; Italiano nella IV; ore 17. Spadaro Don Nicolö. — membro dell’i. r. Commissione esaminalrice dei candidali al magistero nelle scuole popolari e civiche; Professore — insegnö religione in tutte le classi; ore 16; primo esorlatore religioso. Petris Stefano, — i. r. Conservalore di monumenti storici per la provincia d'Istria; Professore, capoclasse nell’VIII — insegnö Storia e Geografia nella I, III, VI, VIII, Italiano nella III; ore 15. Zemitz Antonio. — Professore capoclasse nella III — insegnö lingua latina nella III e V, lingua greca nella III; ore 17; custode della biblio— teca degli scolari. Matejöi<5 Francesco. — Capoclasse nella II — insegnö lingua latina ed italiana nella II, lingua greca nell’ VIII; ore 17; professore (in qualitä di docente di lingua slava tenne lezioni in tre corsi, ad ore due settimanali per ciascuno). Gerosa Oreste. — Professor c; custode del gabinetto di storia naturale; insegnö Matematica nella I, II, III, IV; Storia naturale nella I, II, III, V VI; ore 22. Bisiac Giovanni. — Professore, capoclasse nella V — insegnö lingua tedesca nella I, II, III, IV, V, VII; ore 18; bibliotecario. Majer Francesco. —llappresentante comunale; Professor e, capoclasse nella I — insegnö Latino e Italiano nella I; Greco nella VII; ore 17. Komarek Antonio. — Docente nell'i. r. Istituto magistrale in luogo; insegnö calligraiia e ginnastica. Commissario vescovile peli’ istruzione religiosa 11 Reverendissimo Monsignor Canonico Giovanni de Favento. gib. direttore prov. ed i. r. professore ginnasiale emerito. Civica deputazione ginnasiale Signor Antonio D.r Zetto » Pietro D.r de Madonizza » Nicolö de Belli Ricevitore della tassa scolastica (didattro) Signor Alessandro Bonne i. r. ricevitore di I. classe nel locale i. r. ufficio principale delle imposte. Zetto Francesco, bidello, — inserviente ai Gabinetti e custode del fabbricato. neU’aano scolastico 1886-87. CLASSE I. — Religione. I. sem. Spiegazione del simbolo apostolico, dell’ orazione domenicale, del decalogo, dei cinque precetti della chiesa e della giustizia cristiana. II. sem. Delle domeniche e feste della chiesa cat-tolica colle varie cerimonie. — Latino. Morfologia. — Le piü importanti flessioni regolari esercitate a mezzo di versioni dall’una lingua nell’altra, come si trovano nel libro di esercizi dello Schul'. Ogni settimana un compito scol. di mezza ora. Esercizi di memoria — piü tardi trascrizione di proposizioni latine tradotte e piccoli compiti domestici. — Italiano. Espo-sizione della parte etimologica della Grammatica di Demattio, con esercizi di analisi grammaticale. Esercizi di grammatica logica. — Proposizioni semplici e composte. Teoria della narrazione con alcune favole dei migliori autori da imparare a memoria. Un tema scolastico ed un domestico per settimana. — Tedesco. Grammatica, fino alla declinazione del sostantivo. Lettura dal Müller (corso pratico di lingua tedesca) fino alla pag. 80. Compiti: nel II sem. uno scolastico ed un domestico per settimana alter-nativamente. — Geografia. Nozioni elementari della Geografla generale e politica. Addestramento nella lettura e disegno di carte geografiche. — Matematica. Aritmetica: le quattro operazioni fondamentali con numeri interi. Divisibilitä, (Frazioni) Abaco. Geoinetria intuitiva linee, rette, cir-coli, angoli, parallele. Triangoli colle regole della congruenza. (costruzione di figure). — Storia naturale. I. sem. Mammiferi — alcuni tipi di molluschi e radiati. II. sem. Articolati. CLASSE II. — Religione. Dei SS. Sacramenti e delle cerimonie nel-l'amministrazione dei medesimi. — Latino. Teoria delle forme meno usitate e delle irregolari, esercitate sugli esempi del libro di esercizi dello Sehulz, come sopra. Ogni settimana un compito scol. di mezza ora. Esercizi di memoria come nella I. cl.; piü tardi preparazione domestica. Ogni 14 giorni un tema domestico. — Italiano. Esposizione della sintassi. Definizione della proposizione e delle sue specie, della fräse e del periodo. Analisi logica di proposizioni semplici e composte. Brani facili di poesia da imparare a memoria. Un tema scol. ed un domestico per settimana. — Tedesco. Elementi della Grammatica Uno al Verbo. Esercizi continui dal Müller «Corso pratico» fino al termine della Parte I. Compiti: due in iscuola e due a casa ciascun mese. — Geografia e Storia. (2 ore) Geografla speciale dell’Africa, Asia, divisione orizzontale e verticale aell’Europa. Geografia speciale del-1’Europa meridionale ed occidentale. — Storia dell’evo antico (2 ore). — Matematica. Aritmetica: moltiplicazione e divisione abbreviata, proporzioni. La regola del tre semplice. Geometria; regole della congruenza e loro applicazione nei triangoli. II cerchio, il quadrilatero, il poligono. — Storia naturale. I semestre, Regno animale: uccelli, rettili, anfibi, pešci. II. sem. Botanica. CLASSE III. — Religione. Storia sacra dell’antico testamento colla Geografia della terra santa. — Latino. Grammatica; teoria dei casi e pre- posizioni. Lettura: da Cornelio Nipote o da Curzio. Preparazione. Ogni 14 gioriii nn compito scol. di un’ora ed un tema per časa. — Greco. Teoria delle forme regolari, con esclusione dei verbi in \u. Versione dal libro di Lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. nel II sem. un tema domestico ogni 14 giorni; un tema scol. ogni 4 settimane. — Italiano. Figure grammaticali ed esercizi sugli usi particolari dei verbi e delle par-ticelle. Esercizi di memoria con analisi logica sopra varie poesie e sopra brani del libro di testo. Temi: Un tema scol. ed un tema domestico per settimana alternativamente. — Tedesco. Grammatica: la conjugazione debole e forte dal Müller «Corso pratico» vol. 11 tino alla pag. 81. Esercizi e compiti come sopra. — Geografia. Geografia speciale della rimanente Europa (ad eccezione dell’Austria-Ungheria) deli’America ed Australia. Storia dei medio evo. — Matematica. Aritmetica: Conteggio con numeri indeterminati. Le quattro operazioni fondainentali con numeri generali intieri e rotti. Elevamento a potenza. Estrazione della radice quadrata e cubica. — Geo-metria: eguaglianza delle superfici, trasmutazione delle flgure, calcolo delle luughezze e superfici. Somiglianza. — Storia naturale. 1. sein. (Inseg. intui-tivo). Mineralogia. II sein. Fisica sperimentale. Proprietä generali dei corpi: Calorico, idee t'ondamentali di chimica. CLASSE IV. Religione. Storia del nuovo testamento coli’applicazione della Geografia della terra santa. — Latino. Gramm, teoria dei modi; con-giunzioni. Un tema domestico ogni 14 giorni; ogni due o tre settimane un tema scol. — Greco. Verbi in jj.i. Le forme irregolari piü importanti. Punti culminanti della sintassi. Versioni dal libro di lettura. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi scolastici ogni settimana uno; domestici ogni 14 giorni uno. — Italiano. Riepilogo di tutta la grammatica. Lettura dal testo con commenti grammaticali e storici. Esercizi di memoria sopra poesie classiche. Regole della versificazione italiana. Temi come nella classe III. — Tedesco. Grammatica: Verbi irregolari e composti; reggenza dei verbi; avverbi, preposizioni. congiunzioni ed interiezioni. Lettura; dal Müller, il resto dei II valume e compiti come sopra. Esercizi di memoria. — Geografia. I sem. Storia dell’evo moderno con particolare riflesso atl’Austria-Ungheria. II. sem. Geografia speciale dell’Austria-Ungheria, ed in particolare dei Litorale. — Matematica. Aritmetica: Equazioni di primo grado. Regola dei tre composta, interesse composto, Geometria: giacitura e posizione reciproca di linee*e piani, angolo solido. Specie principali dei corpi, calcolo delle superfici e volumi. — Scienze naturali. Fisica sperimentale, Meccanica, Magnetismo, Elettricitä, Acustica, Ottica, calorico raggiante. CLASSE V. — Religione. La Chiesa e i suoi domini, parte I. Apologia. La chiesa cattolica e la sola vera chiesa di G. Cristo. — Latino. (nel I. semestre) Tito Livio, Ovidio Tristi, Ex Ponto. Esercizi stilistico-grammaticali 1 ora sett. Preparazione, un tema scolastico ed un domestico al inese. — Greco. Lettura; I sem. Senofonte (Crest, Schenkl) Ciropedia brani. Anabasi. Omero, Iliade Esercizi grammaticali, Preparazione: un tema scol, ed un dom. ogni quattro settimane. — Italiano. Nozioni generali sulla poesia e sulla prosa, sui traslati e figure, sulla buona locuzione italiana. Storia della letteratura dei secoli 200, 300, 400. Esercizi di memoria. Un tema scol. ed un domestico ogni 15 giorni. — Tedesco. Ripetizione delle parti piü importanti della morfologia accompagnate da copiosi esercizi. Sintassi: pro-posizioni principali e dipendenti, inversione, uso deli’ infinito e participio, 'avverbio, preposizione; esercizi di memoria e traduzioni dall’ italiano in tedesco e viceversa. Compiti 2 scol. e 2 domestici al mese. — Geografia e storia. Storia deli’evo antico fino ali’ assoggettamento deli’Italia. Geografia relativa. — Matematica. Aritmetica: Le quattro operazioni con interi e frazioni; numeri negativi e frazioni. Proprieti dei numeri. Equazioni di pr. grado con una e piü incognite. Geometria: Planimetria. — Storia naturale. Insegnamento sistematico. I. Sem. Mineralogia II. Sem. Botanica. CLASSE VI. — Religione. La chiesa e i suoi dommi p. II. 1 dommi cattolici svolti nel loro nesso e nei loro rapporti. — Latino. Sallustio, de bello Iugurthino. Cicerone, Catilinarie. Virgilio. Esercizi stilistico-gramma-ticali. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura; nel I. sem. Cmero, Iliade. Erodoto, Senofonte. Grammatica. Esercizi di memoria. Preparazione. Temi come nella V. — Italiano. Dell’invenzione. Nozione delle varie specie di componimenti poetici. Storia della letteratura dei secoli 500, 600. Esercizi di memoria. Compiti come nella V. — Tedesco. — Ri-petizione e maggiore sviluppo delle teorie sintattiche. Dottrina dei casi. Costruzioni. Traduzione ed analisi di brani scelti pros. e poetici. Compiti uno scolastico e due domestici ciascun mese. Esercizi (li memoria. — Geografia e storia. Continuazione e fine deli’ evo antico. Storia del medio evo con relativa geografia. — Matematica. Potenze, radici e logaritmi. E-quazioni di secondo grado ad un’ incognita, Geom. II I. sem. Stereometria; il secondo sem. Trigonometria piana. — Storia naturale. Insegn, sistematico in tutti due i semestri. Zoologia. CLASSE VII. — Religione. La morale cattolica. — Latino. Cicerone, orazioni due; un dialogo breve o brani scelti di un dialogo maggiore. Cicerone, Orazioni. Virgilio, Eneide. Esercizi stilistico-grammaticali. Preparazione. Temi scol. e domestici come nella V. — Greco. I. sem. Demostene. Omero, Odissea. Temi come nella V. — Italiano. Dello stile. Storia della letteratura del 700, 800. Illustrazione della I. Cantica di Dante di cui i brani migliori d’apprendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell' istruzione). Ripetizione di tutta la sintassi. Lettura dal Noe, Antolog. p. II. Grammatica Fritsch. Traduzione ed analisi con osservazioni filologiche. Esercizi di memoria. Compiti come nella VI. — Geografia e storia. Storia deli ’evo moderno con riflesso allo sviluppo politico interno deli’ Europa ed alla Geografia relativa. — Matematica. Aritm.: equazioni quadrate con due incognite, equazioni diofantiche di pr. grado. Frazioni a catt. (Kettenbrüche). Progressioni, calcoli d’ interesse composto e rendita. Teoria delle combinazioni con applicazione. Geometria. Temi trigonometrici, Geometria analitica nel piano, sezioni coniche. - Scienze naturali. Fisica: meccanica, calorico, chimica. — Propedeutica. Logica. CLASSE VIII. — Religione. Storia della Chiesa cattolica. Ripetizione dei punti culminanti della dogmatica e della morale. — Latino. Tacito, Germania: Annali e storie. Orazio: poesie scelte (edizione Grysar). Esercizi stilistico-gram. Preparazione. Temi come nella V. — Greco. Lettura nel I. sem. Platone. Apologia di Socrate, due dialoghi minori od uno mag-maggiore. Omero, Odissea. Sofocle. Preparaz. e temi come nella V. — Italiano. Riassunto della storia della letteratura. Illustrazione degli ultimi canti deli’ Inferno di Dante, della II. cantica e di alcune parti della III, di cui i brani migliori da apprendersi a memoria. Temi come nella V. — Tedesco. (Uso della lingua tedesca nell’istruzione). Lettura dal Noe Antolog. p. II. Esercizi di versione su qualche autore classico italiano. Letteratura sulla scorta del testo (cenni sui principali periodi della letterature tedesca). Gram. Fritsch, Compiti come nella cl. precedente. Esercizi di memoria. — Geografia e storia. I. sem. Storia della Monarchia austro-ungarica. II. sem. Studio geogr.-statistico della Monarchia austro-ung.; riepilogo dei punti culminanti della storia greca e romana. — Matematica. Esercizi nella so-luzione di problemi matematici. Itipetizione delle partite piü importanti della materia. — Scienze naturali. Fisica: magnetismo, elettricitä, calorico, acustica, ottica (elementi di astronomia). - Propedeutica. Psicologia empirica. Annot. Agli esercizi di converscizione in lingua tedesca tenuti dal Direttore una volta per settimana, intervennero rjli študenti della Classe VIII. III. ELENCO DEI LIBRI SCOLASTICI CHE SONO ATTUALMENTE IN USO IN QUESTO GINNA8IO I Classt Religione: II Catechismo grande, Vienna, i. r. deposito di Libri sco-lastici 1885. Latino: Schultz - Fornaciari: Grammatica-Esercizi, Torino. Ermanno Loescher 1885. Italiano: Demattio: Grammatica. Vienna ut supra 1886. Letture p. I. 2. edizione, Vienna Alfr. Hoelder 1886. Tedesco: Müller: Corso pratico p. I. Torino. Ermanno Loescher 1884. Geografia: Klun p. I. ediz. IV Vienna, C. Gerold e figli. 1879. Aritmetica: Močnik, ediz. VI p. I Vienna idem 1879. Geometria: Močnik, p. I ediz. V Vienna, idem 1879. Storia naturale: Zoologia: Pokorny-Lessona. Torino Loescher. II Classe Religione: Catechismo grande come sopra. Culto di Gaume e Valli. Trento, Seiser editore, 1882. Latino: come sopra. Italiano: Grammatica come sopra. Letture p. II. Vienna, Alfredo Hoölder 1883. Tedesco: come sopra. Geografia: Klun p. III, III ediz. Vienna. Carlo Gerold e F. 1879. Storia: Weiter p. I Evo antico, Vienna. C. G. e F. 1879. Matematica: Aritmetica e Geometria, come sopra. Storia naturale: Zoologia come sopra. Botanica (Pokorny-Caruel). Torino 1882. III Classe Religione: Schuster: Storia sacra. Vienna 1885. Latino: Schultz-Fornaciari ut supra. Memorabilia Alex. Magni (Schmidt e Gehlen) Vienna, Hoelder 1882. Greco: Curtius-Miiller: Grammatira. Torino, Loescher, 1884, 1886. Casagrande: Esercizi. Torino, Paravia 1886 111 ediz. Italiano: Demattio ut supra. Letture p. III Vienna, Hoelder 1883. Tedesco: Müller: Corso pratico p. II Torino, Loescher 1883. Geografia: Klun p. III, ediz. III, Vienna, Carlo Gerold F. 1879. Storia: Weiter p. II Evo medio. Vienna C. Gerold F. 1879. Aritmetica: Močnik-Zampieri p. II ediz. IV, Vienna C. G. F. 1877. Geomelria: Močnik p. II ediz. IV, Vienna idem 1871. Storia naturale: Mineralogia, Pokorny - Struever, Torino, Loescher 1882. Fisica, Vlacovich, Trieste, Caprin edit. 1880. IV Classe Religione: Schuster: Storia sacra ut supra Latino: Grammatica, Esercizi ut supra. Cesare: De bello gallico, (Prammer) Praga, Tempsky 1883. Greco: come nella terza. Italiano: Demattio, ut supra. Letture p. IV Vienna Alfr. Hoelder 1883. Tedesco: come nella terza. Geografia: Klun p. II ediz. 111 Vienna C. Gerold F. 1878. Storia: Weiter p. III Evo moderno, Vienna idem 1879. Matematica: come nella III classe. Fisica: Vlacovich ut supra. V Classe Religione: Wappler-Fleischer p. I Trieste I. Dase 1879. Latino: Schulz-Fornaciari. Raccolta di temi per la sintassi. Torino, Loescher 1884. «Livio» edidit Grysar I e II vol. Vienna C. Gerold F. 1872. «Ovidio» Carmina selecta, Sedlmayer, Praga, Tempski 1884. Greco: Curtius: Grammatica per la sintassi come nella III ed Esercizi per la stessa di Schenkl, IV ediz. Torino, Loescher 1882. Schenkl: Cresto-mazia di Senofonte, Torino, Loescher 1880, ecc. Omero, Iliade I e II ediz. Zechmeister, Vienna 1880 C. Gerold e F.. Italiano: Schiavi: Manuale, Trieste, Dase 1884 ediz. II. Tedesco: Noe: Antologia p. I Vienna, Graeser 1880. Fritsch: Grammatica tedesca, Torino, Loescher 1879 ediz. III. Storia: Pütz (Scarante, Pullich traduttori) p. I Evo antico, Vienna C. G. F. 1857. Matematica: Močnik Algebra per le classi superiori. Vienna idem 1878. Storia natarale: Mineralogia-Geologia, Hochstetten e Bisching, Vienna Hoelder 1882. Botanica, Bill-Lanza, Vienna, C. Gerold F. 1857. VI Classe Religione: Wappler trad. Pittacco p. II Dogmatica, Trieste I. Dase 1879. Latino: Schulz-Fornaciari come nella V. «Sallustio» Bellum Iugur-thinum e B. Catilinae, Scheindler, Praga Tempsky 1883. «Virgilio» Aeneidos epitome ediz. Hoffmann, Vienna Carlo Gerold F. 1875. Greco: Casagrande: Sintassi greca, Torino Loescher 1882. » Esercizi p. II (relativi), Torino idem 1870. «Omero» e «Schenkl» Crestomazia di Senofonte ut supra. «Erodoto» (Wilhelm) Vienna C. Gerold e F. 1870. Italiano: Schiavi: Manuale p. II, Trieste, Dase 1885. Tedesco: Noe e Fritsch come nella V. Storia: Pütz p. II Evo medio Vienna. C. Gerold e F. 1857. Matematika: Močnik Algebra ut supra. * Tavole logaritmiche Vienna idem 1882. Storia naturale: Antropologia, giusta note del professore Gerosa. Zoologia: Schmarda Vienna idem 1854. VII Classe Religione: Wappler (de Maiti) p. III Morale Trieste, Dase 1879. Latino: Schultz-Fornaciari ut supra. Virgilio Eneide ut supra. Cicerone. Orationes selectae Klotz edid. p. I e II Lipsia Taubner 1883. Cicerone. De ofticiis, Schiche, Praga Tempsky 1885. Greco: Curtius: Grammatica ut supra e Casagramde, Esercizi p. II. ut supra. Omero: Odissea ediz. Pauly, Praga, Tempsky p. 1 1884, p. II 1880. Demostene: Orationes ediz. Blass p. I, Lipsia Teubner 1885. Italiano: Schiavi: Manuale p. III Trieste, Dase 1885. Dante, Divina commedia. Firenze, Barbera 1883. Tedesco: Fritsch: Grammatica ut supra. Noe, Antologia p. II Vienna Graeser 1880. Storia: Pütz p. III, Evo moderno, Vienna 1858 C. Gerold F. Matematica: come nella VI. Fisica: Münch-Mora, Vienna 1877 Alfr. Hoelder. Propedeutica filoso/ica: Schiavi, II ediz. Torino, Marietti 1879. VIII Classe Religione: Fessler, Storia della Cliiesa, Vienna, 1858 C. Gerold F. Latino: Orazio: Carmina selecta, Petschenig, Praga, Tempsky 1885. Tacito: p. I e II Halm Lipsia, Teubner, 1884. Greco: Platone, Wohlrab, Lipsia, Teubner 1884. Italiano: Schiavi. Manuale ut supra e Dante ut supra. Tedesco: come nella VII. Storia e qeoqrafia: Ilannak, Geografia e storia dell’Austria, Vienna Hoelder 1884. Matematica: come nella VI e VII. Fisica: come sopra. Propedeutica filosoftca: come nella VII. Nelle classi I, II, III, IV, e VIII si adopera: Trampier: Mittelschul-atlas, Wien Staatsdruckerei 1885. Nelle classi II, III, IV, V, VI e VII si adopera: Putzger: Historischer Schul-Atlas, Wien, 1886 (Pichler). IY. TEMI DATI PER CÖMPITI AGU SCOLARI DEL GINNASIO SUPERIORE CLASSE V. — II 18 Agosto 1880 (genetliaco dell’ Augustissimo nostro Imperatore) reso memorando in Vienna dall’arditezza di Giuseppe Pircher. — Si mostri con qualche parabola che non si poträ raccogliere in etä. avanzata ciö che non si ha seminato in giovinezza. — Dimmi chi pratichi, e ti dirö clii sei. — Se il flagello del colera morbus abbia influito ad accrescere gli atti della fraterna carita. — Esortate con calde pai’ole un amico ad approflttare di piü della scuola, nella quäle fln ora non ha fatto che lenti progressi. — Colla favola, presa da Lessing, della corsa dell’ asino e del cavallo si mostri che gli sciocchi ed i superbi, ad iscolparsi dei loro torti, hanno sempre delle scuse. — Atto di caritatevole degnazione, \isato da Sua Altezza 1’Augustissimo nostro Principe Ereditario ad un povero contadino nelle vicinanze di Abbazia. — Generosa caritä di San Paolino, Yescovo di Nola (a. 410), ed atto suo eroico, premiato d’un bene a lui carissimo. — Licurgo, in mezzo agli Spartani, dopo 1’ esperimento sui due cagnolini, spieghi come dall’educazione dipendano i costumi degli uomini. — Si facciano alcune osservazioni sui versi che sono posti in Ar qua sotto la gatta di Francesco Petrarca. — Si confermi (col fatto, se si vuole, di Caio Furio Cresino) che non e il molto terreno, ma il terreno ben coltivato che rende assai. — In un figliuolo condannato al patibolo si lamentino le trascurate correzioni che a lui nella prima etä dovea fare la madre. — Le generöse e molteplici beneficenze dell’Augustissimo nostro Imperatore Francesco Giuseppe I. — E meglio morire da Abele die vivere da Caino. — Varietä, bellezza e vantaggi che ci presentano i pesci. — «Cui fu donato in copia, Doni con volto amico, Con quel tacer pudico, Che ac-cetto il don ti fa» (Manzoni). — Descrizione del proprio luogo natale. CLASSE VI. — «Non ti lagnar de’ mali, Non creder soli i tuoi: Ognuno de’mortali Ha da soffrire i suoi» (Bertola). — Un disastro ferro-viario. — Si mostrino le Crociate (come dice Silvio Pellico) la piü stupenda Fraternitä di popoli e di regi Che da fede potesse e da guerriero Desio d’alte avventure andar tessuta. — Argomentate la bruttezza dei vizi dai loro malvagi effetti. — Le impressioni che dee fare per la prima volta in animo assai sensibile la estesa vista del mare. — Dai benefici effetti ond’ e accompagnata ognuna delle quattro stagioni, traete argomento di gratitudine verso 1’ autore della natura. — «Lo studio all' uonio piü proprio e l’uomo stesso» (Pope). — Un vetera.no indichi ad un giovane, inclinato alla professione delle armi, i disagi e i doveri tlel soldato. — Si esorti un amico ad essere piü rispettoso verso i propri genitori, e poi in generale ad essere piii esatto nell’adempimento dei doveri di scuola. — «Comuni pensieri fanno amore, amore fa pensieri comuni (Aug. Conti). — Si volga un’apostrofe al sole, sulla traccia del cantico di Giovanni Moriconi d’Assisi e del canto innalzato dal coro della Dafne di Ottavio Rinuccini — Cri-stoforo Colombo in mezzo agli Oceani incoraggia i suoi a proseguire nel-1’ intrapreso viaggio. — Giovanni Bologna ehe, giovinetto, presenta una sua statuetta a Michelangelo Buonarroti, e lezione ehe se ne pin1) far con-seguire. — Travagli e glorie dell’imperatrice Maria Teresa; sne beneficenze ai sudditi; sua morte edificante. — «Insegnamento e di Pitagora ehe di due tempi specialinente si dee aver cura, della raattina e della sera; cioe di quelle cose ehe dovremo fare e di quelle che avremo fatte» (S. Geronimo). — Infelicita e conforti del cieco. — Ridicolaggini della moda, disdicevoli specialmente in uomo di studi. — Temistocle, esule, muore per non portare le armi contro la patria. CLASSE VII. — La fame. — «Amore a voi la sacra di ragion favilla Giammai non tolga» (Pellieo, Eugilde dalln Roccia). — Chi e causa del suo mal pianga se stesso. — II lento ingegno, rinforzato dall’assiduo studio; e il pronto ingegno, disgiunto dal buon volere. — Avarus semper eget, nam crescit ainor nummi quantum ipsa pecunia crescit. — La commemorazione del primo centenario dalla morte deH’illustre letterato veneziano Gaspare Gozzi, celebratasi in Venezia «d a Padova il 27 Decembre 1886. — «L’uomo a forza di cibi succolenti Scava la tomba con i propri denti» (F. Pananti). — Narrate un fatto, o vero o fin to, il quäle metta in rilievo 1’ariostesca sentenza: «Miser chi male oprando si confida Clie ognor star debba il maleficio occulto». — 11 brando .... dritto Diede e splendor sovente anche al delitto (Monti). — «Sulle ginocchia delle madri si formano i caratteri degli uomini» (Napoleone I). — «Non bisogna aspettare di essere dagli uomini ricambiati del bene ehe abliamo fatto o che siamo per fare» (G. Carcano). — I)ei modi, onde si possono e debbono vincere le nostre passioni, rammentando col Metastasio clie Vincere i proprii afjetti Avanza otjni allra gloria. — La opinione del Guerrazzi intorno alla pazienza, da lui chiamata virtü del .somaro, e la oraziana sentenza: «Qui cupit optatam cursu contingere metam, Multa tulit, fecitque puer, sudavit et alsit». — «L’ amore rende leggiere le cose piü gravi, e converte in dolci le amare» (S. Fr. d’Ass.). — L’ eta deli’ innocenza, considerata in ciö che ha di bello. — L’uomo pigro, considerato negli atteggiamenti della persona. — II mare Adriatico sotto 1’aspetto geografico e storico. CLASSE Vlil. «Videre nostra mala non possumus: Alii simul delin-quunt, censores sumus» (Fedro). — «I monumenti si succedono, come gli uomini ehe li hanno innalzati» (T. Dandolo). — E meglio lo aver ricevuto dai maggiori una buona istruzione ed uu’ottima educazione, ehe moltissime ricchezze. — Quäle tra i piü illustri antichi romani avete imparato a sti— mare ed amare sopra gli altri? — Dal fatto storico di uno o di piü monarchi, precipitati dall’altezza del trono, s’ impari a moderare la confidanza nelle umane forze e a non insuperbire nella prosperitä. — Acciö un componimento letterario possa dirsi veramente bello, non basta che abbia pui’ezza di lingua. — Si facciano gli elogi deli’ agricoltura e de’suoi cultori, in con-fronto alle altre diverse arti professate nelle cittä. — E stato proposto un premio a quello di tre giovani, il quäle abbia fatto entro un anno azione la piü degna di elogio. Arrivi il termine deli’anno, e ciascuno dei tre narri il proprio atto virtuoso. Quäle dei tre giudichereste meritevole del premio? — Un amico ritorni in paee due compagni che si erano sfidati a duello, mostrando di questo la stoltezza e 1’ empietä insieme. — «Amante cor, che un infelice evento Dal core a lui diletto ha separato . . . . Bisogno ha di mestizia» (Pellico, Eugilde dalla Roccia). — Quanto piü gli uomini sono colti ed eruditi, tanto piü esser dovrebbero civili. — Quanto s’ ingannino molti nello andare in cerca di felicitä, e dov’ essa veramente si trovi. — 11 libero arbitrio, considerato con Dante siccome principio onde si piglia Cagion di meritare (Purg. XVIII. 64). — «0 umane speranze cieche e false» (Petrarca). — Di ciö che serve a lenire la melanconia. — La povertä. contenta: descrizioni e considerazioni. — prof. Schiavi. Brani di autori classici latini e greci letti durante I’anno 1886-87 IH. Classe: Latino, — Curtius (Memorabilia Alexandri Magni, XI, XII, XV, XXII, XXIII, XXXIII, LVI). — Cornelio Nipote — (Miltiades, Themistocles, Aristides, Alcibiades, Hannibal). IV. Classe: Latino. — Česan, de bello gallico (conim. IV, V, VI, VII). V. Classe: Latino. — T. Livio (Libr. I, XXI)— Ovidio (Metamorfosi (1. 2, 3, 10, 13); Fasti (10) — Tristia (1, 6). Greco — Senofonte, Ciropedia (1 -VIII); — Omcro (C. XXIII deli’Iliade). VI. Classe: Latino — Sattustio, (Bellum Jugurthinum), — Virgilio, Eneide (C. III, IV, V). -— Greco — Senofonte (Ciropedia I, XI, XIV); detto (Detti memor. di Socrate I); Omero (Iliade C. II, III, VI); Erodoto (Capit. III —XXV deli’edizione Hintner). VII. Classe: Latino — Cicerone (in Catilinam II, III, IV); (de officiis libr. I); Virgilio, Eneide C. VI. Greco. Demostene (Olintiche I, II), (Fi-lippiche 1); Omero, (Odissea C. I, II). VIII. Classe. Latino — Orazio (odi. I, 1, 2, 3, 7, 10, 14, 15, 20, 22, 24,31, 34, 37; II, 2, 3, 7, 9, 10, 14, 16, 18; III, 1, 2, 3, 5, 8, 9, 13, 23, 24, 25, 29, 30; IV, 3, 5, 6, 9; Epodi II; Sermoni I, 1, 9; II, 6, 8; Epistole, I, 10, 16. — Tacito, Annali I. — Greco. Platone (Apologia, Critone, Eutifx’one, Fedone). Sofocle (Antigone); Oinero, Odissea IX, XVI. AUMENTI NELLA COLLEZIONE DEI MEZZI D’ INSEGNAMENTO Biblioteca dei Professori. — Acqaisti — PoggendorfJ', Annalen der Physik u Chemie 1887. Philologische Rundschau 1887. Zeitschrift für die österreichischen Gymnasien 1887. — Rivista di filologia classica. - Oester - ung. Monarchie in Wort und Bild (2 copie). -Leuchart et Nitsche, — Zoologische Wand - Karten. (Periodici). - Gerber et Greef, Lexikon taciteum VI puntata. - Stoppato, fonologia italiana. — Roscoe (trad. Silvestri). Lezioni di chimica organica ed inorganica. — Koscher, ausführliches Lexikon der gr. u röm. Mythologie (9. 10 Lieferung). — Gröber, Grundriss der roman. Philologie (2 Lief.). — Weiss, Lehrbuch der Weltgeschichte (VIII. B). — Dr. loan. Müller, Handbuch der klass. Alterthums-wissenschaft. (Halbb. V, VII). — Aug. Almstein, ein flüchtiger Zug nach dem Orient. -D.r Kummer, Stimmen über den österr. Gymnasiallehrplan. (Dotazione della bibl. f.ni 230). Doni. Homer's. Odyssee für Schul, (dono, libr. Tempsky. Praga). - Plato, Protagoras (dono idem). - Pflichtexemplare (rimessi dall'Ecc. Luogotenenza con D. 14 Settembre 1886 N. 1065. P). — Dr. Vidulich. - Materiali per la statistica dell'Istria (dono dell’autore). -Hugues - La peronospora viticola .-Delto, llicerche su alcuni Mais americani (dono dell'au-tore). - Oesterr. botanische Zeitschrift (dono deli' Ecc. Luogotenenza). - Programmi tedeschi ed austriaci pr. 1886. - Morteani Notizie storiche di Pirano (dono deli'Incl. Giunta prov.). — Tommasich. Famiglie capodistriane del secolo XVI. (dono dell’autore). - Pflichtexemplare (dono dell'Ecc. Luogotenenza con D.° 8 Febbrajo 1887 N. 240 P). - Kirchmayer, Dioole-ziano, studio storico (dono dell'Ecc. Luogotenenza), - Cleanle [hvovpoo ia ainCojteva; Ugo Bertossi, Rime (donati dall'Ecc. Luogotenenza]. - Demoslhenis, orationes selec \-Herodoti. Historiae libr. V, VI, VII (don. dei librajo Tempsky. Praga). - Sitzungsberichte der K. Akademie der Wissenschaften. - Adolfo Thiers - Storia della rivoluzione francese;- Cappellctti, Storia della repubblica di Venezia (in fase.) - dono dell'Ul. Sig. Giuseppe cav. Pallina ein. capi-tano dei Lloyd; lo stesso Signore fece dono al Ginnasio di un modello di nave pienarnente armeggiata. - Matteucci, In Abissinia (dono dello stud. di VIII. CI. G. Martissa). - Die Nacht vom 28 Februar auf d. 1. März 1830 (Gedicht), dono deli' 111. Signor Consigliere Nicolö de Baseggio. Biblioteca degli študenti. 1. Alamanni La Coltivazione e gli epigrammi. — 2. Averani Gius. Del vitto e delle eene degli antichi. - 3. Barbieri. Le stagioni — 4. Balbo. Sommario della storia d'Italia. — 5. Balsinelli. Eleganze della lingua italiana. — 6. Byron. Misteri e Novelle (trad. A. Maffei). — 7. Cesare Cantu. Buon senso e buon cuore. — 8. Ccsare Cantu. Poesie. - 9. Dandolo. II secolo d’Augusto. - 10. II secolo di Leone X. — 11. Davanzati Lo scisma d'Inghilterra.— 12. Fenelon, Le avventure di Telemaco - 13. Garzetti, Storia e condizioni d’Italia sotto gl’imperatori romani — 14. Gelli, La Circe (con note) — 15. Ser Giovanni Fiorentini, Novelle scelte — 16. Grazzini, delto il Lasca, Novelle scelte — 17. Grossi, Ildegonda. — La fuggitiva, ecc. — 18. Guidi, Poesie liriche (con note) — 19. A. Maffei, Gemme straniere — 20. Nannucci, V. Manuale dei primo secolo della lett. ital. (2 vol.) — 21. Porzio Camillo, La congiura dei Baroni contro Ferdinando I. d'Aragona — 22. Carlo Dati, Le vite dei pittori antichi - 23. Ricotti, Storia dei capitani di Ventura in Italia — 24. Papi Lazzaro, Coinmentarii della rivoluzione francese - 25. Verri, La vita di Erostrato — 26. Grossi, I Lombardi alla I.a Crociata — 27. Costa Lorenzo, Cristoforo Colombo - 28. Fantastici- Rosellini, Amerigo Vespucci-29. Taverna, Novelle morali — 30. Baroni, Venti-quattro raceonti — 31. Longfellow, Evangelina (trad. Zanella) - 32. Metastasio, Sentenze e Massime — 33. Perticari, Degli scrittori dei Trecento - 34. Pezzani, II Cristo, (poema) — 35. Pindemonte, Elogi di letterati italiani — 36. Marco Polo, II Milione — 37. Prati, Poesie — 38. Robertson, Vita di Cristoforo Colombo — 39. Rosellini Massim. Commedie per l’adolescenza - 10. Rosini, La Monaca di Monza-41. Schiller, Teatro, (Trad. Maffei) - - 42. Segneri, L'incredulo senza scusa — 43. Snfocle, Tragedie (trad. Bellotti) — 44. Varano, Visioni - 45. Zoncada, Quattro Raceonti - 40. Kopp-Moreschi, Antichita Romane - 47. Tozcr-Gentile, Geografia classiea —48. Gentile Ig. Storia dell'arte greca — 49. Gentile Ig. Storia doli'arte romana — 50. Inama Vig. Letteratnra greca — 51. Ramorino Lotteratura romana — 52. Lange-Paganini Lotteratura todesca — 53. Nota, Commedio 6 volumi — 54. Barbieri Epi-stolo — Oesterr.^ing. Monarchie, in Wort und Bild. La biblictoca venne ordinata a tutta cura del Signor Professore Antonio Zernitz, che assunse l'incarico di costudirla o di dispensare i libri scelti dalla confercnza dei profes-sori. II contributo degli scolari ammontö a f.ni 102.50. Gabinetto di Storia Naturale. — Dispense X.a XVII.* delle tavole zoologiehe Leukart u Nitsche.-N.ro 11 modelli di botanica in carta pesta. — N.ro 3 funghi marini prove-nienti dal maie della China regalati dal Sig. Arturo Petris Capitano del Lloyd anstro-unga-rico. — Un Colibri, un toschio di cane ed uno di gatto, dono di Francesco Blasig del 11° corso. — N.ro 3 pezzi di lava vesuviana regalati da Enrico Vicich del III0 corso. — Un bell"esemplare di Tubipora mušica, dono di Rodolfo Zuna del II0 corso. — N.ro 2 pezzi cristallizzati di Epsomite regalati da Albertini Antonio del V° corso. — Diverse alghe del-l’Adriatico, dono di Mario Buchberghor del IV“ corso. Un petrefatto di tartaruga donato da Matteo Srebernich del IV0 corso. — Varie conchiglio marine don. da Frangipane del VI0 corso. — IJna elegante ce&tellina di eristalli d'allnme regalata da Antonio Pizzarello del V° corso. (Dotazione del Gabinetto f.ni 80). Gabinetto di Fisica. — 1) due lampade ad incandescenza. 2) Pai’allelogrammo delle forze. (Dotazione del Gabinetto, f.ni 130). CRONACA DEL GINNASIO F alti rimarchecoli avvenuti dopo la fine deli’ anno scol. 1885-8G. II 18 agosto 1880, solenne ricorrenza del Natalizio di S. M. V Imperator e, venne celebrato come di solito, coli’ intervento dei menibri del Corpo insegnante preseliti in luogo alla Messa solenne celebrata nella Cattedrale. II 4 Ottobre 1886 fu giornata di lesta nell'istituto per la fausta ricorrenza deU’onomastico di S. M. L’ Imperator e. II giorno 19 Novembre 1886, onomastico di S. AI. VImperatrice, venne pure festeggiato dal Corpo insegnante e dalla scolaresca coll’assistere alla solennitä ecclesiastica celebrata nell’ Oratorio deli’ istituto ed al discorso di occasione tenuto dal prof. Mnr. Lorenzo Scliiavi. L’Eccelsa Dieta provinciale dimostro, come sempre, a mezzo della sua Inclita Giunta, vivo interessamento pella prosperitä di questo Ginnasio, sovvenendo generosamente scolari poveri e contribuendo ali' incremento senipre maggiore dell’utilissima istituzione del fondo ginnasiale di beneficenza. Debito di riconoscenza tiene pure la Direzione verso lo Spett. Mu-nicipio di questa cittä, che nulla intralascia di ciö ehe sta in suo potere per promuovere 1’interesse ed il decoro deli’istituto. Merita pure di venir ricordata con sentita riconoscenza la Reveren-dissinia Curia vescovile di Parenzo, che onorö questo Ginnasio, anni or sono, scegliendolo ad istituto di educazione ginnasiale pegli allievi del suo con-vitto diocesano parentino-polese stabilito in questa cittä. Tale istituzione provvidissima di quella benenierita diocesi promette di favorire senipre meglio cogli alti scopi religiosi, cui serve, anche 1’incremento di questo i. r. Ginnasio, essendono stata rassicurata 1’esistenza su basi piü solide, nierce l’acquisto fatto dalla Rev.ss- Curia stessa di un bel corpo di fabbri-cati, per potervi adagiare piii opportunamente i suoi allievi. Personale insegnante. — 11 personale insegnante deli’ anno scol.0 precedente rimase inalterato. La scuola di disegno e quella di canto non poterono aprirsi per difetto di docenti qualificati secondo le norme vigenti. Scolaresca. — Un aumento nella frequentazione si verificö anche in questo anno. Yennero iseritti 220 scolari publiei, 6 privati. La regolarita della frequentazione fu al principio deli’anno scolastico turbata alquanto, essendosi dovuto concedei’e un permesso di vari giorni agli scolari pro-venienti da Trieste, Rovigno, Pola, Pinguente, cittä allora non afiatto li-bere da casi di colera. Nel corso del 2.° semestre vennero preše dall’Au-toritä sanitaria locale le misure di precauzione richieste a tutela della salute degli scolari miuacciata dal pericolo deli’ oftalmia granulosa. L' Illustrissinio Signore Ernesto cavaliere de Gnad, i. r. ispettore scolastico provinciale accudi alle sue mansioni in questo istituto i giorni 20, 21, 24, 25 Giugno. L’Illustrissimo Signore Antonio cavaliere de Klodic-Sabladoski ispezionö i corsi di lingua slava nel 1.° semestre deli’anno scolastico. 11 3 luglio 1887 si accostarono per la prima volta alla s. Comunione 23 giovanetti del ginnasio, opportunamente preparati dal Sig. Professore di Religione e Catechista Don Nicolo Spadaro. Dopo la funzione religiosa i giovanetti vennero raceolti nel refettorio del Convitto diocesano, dove venne offerta loro una colazione a spese del corpo insegnante, che assiste pure al festino di famiglia. Disposizioni super iori. Al personale docente degli istituti medi e vietato d’ impartire lezioni private a scolari del proprio istituto (Decr. 29. Aprile. 1887. N. 855 deli'Ecc. i. r. Consiglio scol. prov.) —Le vacanze maggiori restano lissate anche per questo Ginnasio dal 15, Luglio al 16. Settembre, cominciando dall’anno scol. 1880-87. (Decr. minist. 2. Aprile. 1887. N. 1829). — 11 testo di religione «La cliiesa cattolica ecc. redatto dal prolessore ginnasiale emerito Mons. Canonico Giov. de Favento, viene approvato per 1’insegnamento della religione in questo Ginnasio (I).° 3. Agosto 1880. N. 15132). — Ripetenti volontari godono, rispettivamente, possono aspirare all’esenzione del didattro (D.° minist. 21 Maggio 1887 N. 8247) — Si ordina di teuere in continua evidenza le prestazioni degli scolari a mezzo di un apposito giornale di classe, in cui sono da trascri-versi giorno per gioi'no le note di classificazione riportate dagli scolari esaminati nei vari oggetti d’insegnamento, nonche i risultati dei temi e degli elaborati —- Ordin. minist. 2. Maggio 1887. N. 8752. Questa Ord. com-prende pure altre norme concernenti il numero e le modalitä degli esami accennati, il numero e la qualitä dei temi da assegnarsi, ed altre disposizioni riguardanti i quaderni e fascicoli da tenersi dagli scolari. — Resta impreteribilmente fissato che non possano esser iscritti per la I. CI. se non giovanetti, che abbiano compiuto il decimo anno di etA, o lo compiano entro l’anno in cui cade il principio dell'anno scol (Leg. 3 Giugno 1887). Nell’ anno scolastico si ebbero due casi di morte tra la scolaresca. Taraboccliia Leone
  • » » meta .... 2 1 1 1 5 Importo complessivo riscosso dagli scolari pub. f. 3060. h) agli oggetti liberi Lingua slava (freqnentanti) 9 12 12 12 8 9 4 5 71 Canto (non fu aperto il corso per man-canza di maestro qualificato). Disegno (idem) Ginnastica (freqnentanti) 17 8 8 5 2 1 1 2 44 Dati statistici risguanlanti la classifica-zione del II semestre 1885-86, rettificata in seguito agli esami di riparazione. te-nuti al principio dell'ann. scol. 1886-87. Classe prima con eminenza . . . 3 4 3 2 2 3 6 3 26 » prima 26 22 30 21 13 11 7 — 130 » seconda 2 3 2 1 1 — — — 9 » terza 10 1 11 Non comparvero a subire 1' esame di ri- parazione 1 — — — 1 2 — — 4 Al termine dell'anno scolast. 1886-87 riportarono Classe prima con eminenza 6 3 6 3 2 2 1 6 29 » prima 25 17 17 26 15 11 8 6 125 » seconda 6 5 5 2 1 2 1 — 22 » terza 3 1 4 Rimessi ad esame di riparazione in un oggetto 8 5 5 4 4 2 1 _ 29 Non furono classificati 1 1 (2)1 — *1 •*s $ •'% :l ELENCO D’ ONORE DEGLI SCOLARI CHE ALLA FINE DELL’ANNO SCOLASTICO 1880-87 RIPORTARONO LA CLASSE COMPLESSIVA PRIMA CON EMINENZA CLASSE I. BABUDER PIO BARTOLI GIOVANNI BASSICH GIOVANNI BEllGICH GIOVANNI DEPIERA MAURO FABRO ANAFESTO CLASSE II. CAP0L1CHI0 ANTONIO LIUS ONORATO FAVAN LEONARDO CLASSE III. BABUDER GIACOMO BARTOLI MATTF.O CERGOL GIUSEPPE GALLI EDOARDO GIACHIN EMILIO PALISCA MARCO CLASSE IV. BISCONTINI GIACOMO BRONZIN ANTONIO BRONZIN VINCENZO CLASSE V. KRAINZ GIUSEPPE TUJACH SILVIO CLASSE VI. BASILISCO NARCISO Zl'CCON GIOVANNI CLASSE VII. MANZUTTO GIUSEPPE CLASSE VIII. BENUSSI GIUSEPPE BOR RI FRANCESCO GOIDANICH PIETRO MARASPIN GIORGIO MATTIONI AMADEO ROCCA GIUSEPPE vi / \. j u/ u/ u/ >>/ v>/ U/ uv u/ w uy w w uy w VI/ u/ VI/ VI/ Vi> VJ t AVYISO L’apertura deli’ anno scolastico 1887-88 avrä luogo il 16 Settembre a. c. L’ iscrizione principierä il gioruo 12 Settembre e continuerä nei quattro giorni successivi dalle ore 9 ant. alle 1 pom. Gli študenti dovranno comparire all’istituto accompagnati dai geni-tori o dai rappresentanti dei inedesimi, i quali — a seanso di inisure spia-cevoli che potrebbero venir preše dalla Direzione nel corso deli’anno scolastico — sono tenuti di dar avviso alla scrivente presso quäle famiglia intendano di collocare a dozzina i rispettivi figli o ra comandati. Cosi pure vorranno comparire muniti della fede di povertä estesa in piena forma legale quegli študenti che vorranno aspirare all’ esenzione della tassa sco-lastica od a sussidi dal fondo di benefi .enza: (fede parochiale confermata dal rispettivo Comune, con dati precisi sulle condizioni personali ed econo-miche della famiglia — numero, eti dei figli, possidenza, traffichi, industrie documentate da esatta indicazione degli importi pagati a titolo di publiche imposizioni, nonche delle passivitä aggravanti la sostanza). Pegli esami di ammissione alla I.a CI. sono fissate due epoche, il 15, IG (eventualmente 17) Luglio ed il 16, 17, 18 Settembre a. c. Per altri esami sono destinati i giorni 16, 17, 18 Settembre. L’uffi-cio divino d’inaugurazione si celebrerä il 18 Settembre e 1’ istruzione re-golare principierä il 19 Settembre. — -galla 3|irezione dcll' ^innaöio gupcriorc Capodistria, 15 Luglio 1887. II Direttore (}. BABUDER