ANNO II N. 35 ^ PUBBLIoMi (prezzl per mm d'fUtezza, larghezza 1 colonna): commerclall L. 1.50 — flnanzlarl, legali, cronaca L. 2.50 — Concesslonarla escluslva tJNIONE PÜBBLIOITA ITALIANA 8. A. LtJBIANA, Via Selenburg n. 1 — Tel. 24 83 Lubiana, 3 luglio 1943-XXI SI PUBBLICA OGNI SABATO ABBONAMENTI: Annuo L. 25 — Semestrale L. 13 — Sostenltore L. 1000 Spedizione in abbonamcnto postale II» Gruppe — UN NUMERO CENT. 60 DIREZIONE — REDAZIONE: LDBIANA, VIA WOLPOVA 12 — Tel. 2198 (futmi t lan/OJCJO' In ogni paese in tempo di guerra e specie durante que-sta guerra si parla del lavoro come del lattore essenziale per l'esito vittorioso. Un tempo la guerra veniva circoscritta in un determina-to settore spaziale poiche il popolo iorniva sulle prime armi e vettovaglie al proprio esercito, poi, se questo era vittorioso, man mano che procedeva nel campo avver-sario, lä trovava tutti i mezzi per poter continuare la lotta sino alia fine, lasciando cosi I'interno alio stato di pace o quasi. Insomma non esisteva quello che il Duce ha deli-nito «fronte unico», racchiu-dendo cosi in un'unica re-sponsabilitä di vittoria il combattente ed il lavoratore. Oggi infatti la guerra ha bisogno di molto: l'esercito, la marina e l'aviazione de-vono essere alimentati inin-terrottamente e le difficoltä di tale alimentazione in sen-so lato aumentano col cre-scere dello spazio del fronti di battaglia. 11 lavoro deve fornire tutto: dallo strumento di precisione al guanto di lana e percid nessuno puö e deve sottrarsi agli obblighi che derivano dallo stato di guerra, anzi deve contribuire con tutte le sue energie fi-siche e men tali al manteni-mento dell'efficienza dei combattenti. Sottrarsi a que-sti obblighi e un tradimento. Naturalmente alio sforzo di tutte le energie produttive della nazione e di quelle dei combattenti e necessario che ne corrisponda un altro de-gli organi che coordinano il lavoro e l'economia. Le sovrastrutture piü o meno economiche che in questo tempo di guerra si sozio venute creando alio sco-po di coordinare le energie lavorative non hanno dato buona prova, anzi, nel loro sforzo tendente ad oleare la macchina di guerra, hanno causato un appesantimento del sistema per cui non sol-tanto il fronte di battaglia ma anche quello interno ne ha risentito. Non e piü il caso di fare un processo al passato poiche Chi ha la responsabilita in questi settori sta provve-dendo con stile fascista a smantellare posizioni e a ri-dare alia Corporazione, al Sindacato e agli altri Organi il loro vero aspetto che ne era stato deformato. Possiamo noi dunque dire oggi che il Potenziale del lavoro italiano rende quanto puö e deve rendere, cioe e stato sfruttato e utilizzato al massimo? Naturalmente men-liremmo a noi stessi se ri-spondessimo affermativamen-te. Ma nella risposta negativa alia dorrianda io vedo un lato positivo e cioe: se il Potenziale non e stato impie-gato al massimo e in tal modo sono trascorsi tre anni di guerra, cid fa sperare che quando lo slruttamento avrä raggiunto il maggior rendi-mento noi avremo a disposi-zione tante e tali energie da farci serenamente sperare in un esito vittorioso della lotta. Ciö non vuol dire pero che bisogna aspettare le ore dodici per l'impiego delle ri-serve, ma, a mio parere, que-ste devono essere tenute pronte per l'impiego al mo-mento piü opportuno. Se invece lo slruttamento del Potenziale non e avve-nuto per pregiudizi di cate-goria, per interessi, per co-stumi, allora e necessario agire con stile prettamente fascista senza pietismi o sen-mentalismi di sorta, in modo da eliminare con energia tutto ciö che si frappone o tenta di ostacolare l'esito fa-vorevole dell'azione. Bisogna avere il coraggio e la forza di recuperare tutto ciö che finora si e mantenu-to 'liuori della guerra, anzi contro la guerra. I punti di vista personali, gli interessi piü o meno one-sti, le richieste, i compro-messi devono essere stron-cati con la maniera piü ener-gica. Chi ancora non si e lormato una mentalitä corpo-rativa a sedici anni di distan-za dalla Carta del Lavoro e necessario che se la formi in pochi giorni. Non vi e tempo da perdere. 11 popolo che lotta, soffre, combatte non accetta compromessi. Tutte le energie senza al-cuna eccezione devono essere mobilitate in modo da neutralizzare il pericolo della domanda e dell'offerta nel mercato nero del lavoro, mer-cato che mette sulla china inllazionistica la Nazione. Gravi cömpiti ci attendo-no e innumerevoli ostacoli da superare; soltanto con la nostra lede, con la fede dei Martiri e dei mistici possiamo raggiungere la meta. E la raggiungeremo. Luigi Pieiran^onio AL DI LA DELLA GUERRA Se mi e dato per un istan-te distrarre lo sguardo dal fenomene che percuote in eguale misura i sei popoli piü polenti della terra (non posso sin da questo momen-to non sottolineare il balzo compiuto daU'Italia in un periodo brevissimo di soli vent'anni) e di soffermarmi a considerare dall'alto di un guerriera e colonizzattrice, passare attraverso i secoli con il peso delle sue scon-fitte, con il lauro delle sue vittorie, con le sue leggi, i suoi organismi, le sue rela-zioni di popolo a popolo. Nulla piü di questa costan-te di direttive, di questo suo camminare impavida in mezzo alle piü disparate vicissi- Siluri per i convogli anglo-americani ORIZZONTI iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii II mondo, e I'Europa in modo particolare, alle prese tra 11 pericolo bolscevico e la prepotente intollerabile su-premazia inglese, doveva avere I'atroce destino di fare la conoscenza con la volgare brutalitä americana. L'America di Wilson, a cui gli americani stessi si incari-carono di togliere per tempo la maschera deH'ipocrisia. si ripresenta oggi agli euro-pel qual'essa 6: un'accolita di affaristi e di bandlti spregiu-dicati la cui violenza e intra-prendenza trovasi aperta-mente disegnata sul blasone deH'imperiallsmo «yankee>. A cospetto della storia 6 un tentativo inaudito: un rigur-gito dei bassi fondi della ci-viltä che dovrebbe affogare la civiltä. Poichfe Tostentato disprezzo degU americani verso i canoni della morale e del diritto europeo, pare sia in diretta dipendenza deiral-to grado di corruzione e di delinquenza raggiunto nella vita interna di quel Paese. Giuristi e studlosi americani si incaricano — difatti — di farci sapere, con statisti-che alia mano, che nessun Paese del mondo puö contendere all'America il primato del numero e della raffina-tezza dei delitti d'ogni genere. Ancora piü interessante 6 co-noscere la perfetta organiz-zazione della malavita americana che stende le sue pro-paggini in ogni settore sociale, tanto che gli uomini po-litici, i finanzieri, gli industriali, i professionisti hanno con essa i piü stretti legami. I candidati alle cariche — ci informa un americano studioso del fenomeno — hanno sempre piü bisogno dell'aiuto della malavita. Un professore ci apprende sulla paurosa estensione del «racketeering» cio6 le forme illecite di com-mercio esercitate dai «gangsters». II cinematografo ci ha mo-strato quali rapporti delittuo-si spesso intercorrano tra po-lizia e malavita. Ma non tutti' si rendono conto del grado d'influenza raggiunto dalla malavita (underworld) nelle competizioni politiche, nei conflitti di lavoro, nelle con-correnze industriali, nella nomina dei magistrati, ecc., tanto Che gli assassini si sono venuti a trovare nelle favore-voli circostanze di formare delle vere e proprle societä alle quali si puö rivolgere chi | voglia sbarazzarsi di un qual^. che awersario incomodo. La tariffa 6 dai 25 dollari in su, come ha ammesso 11 capo della «Murder, Incorporated», cio6 della S. A. Omicidlo. vertice storico le vieende in-ternazionali, le cose che scri-vo, pur non avendo il calore della passione, non saranno tuttavia meno veritiere. Scorrono nella mia mente i popoli, le Nazioni, gli Stati, i fenomeni politici, economi-ci, religiosi, le grandi scoper-te, le esplorazioni, le con-quiste, i patti, le correnti de-gli interessi ond' e materiata la vita. Nello sfondo di questo c{uadro complesso, nel quale si intrecciano gli episodi e si.mescolano le tinte, il mio cervello ed il mio cuore di nato da madre italiana, di-scernono I'ltalia. lo la vedo immediatamente.popolata dei suoi uomini, delinearsi nei suoi atteggiamenti, evolversi nelle sue vieende; vedo I'ltalia commerciante e politica, artistica e religiosa, I'ltalia Alio stesso modo gli aviator! hanno un premio in ra-gione del numero delle incur-sioni omicide sulle libere cittä italiane e tedesche. L'intera America, belluina e ingorda di ricchezze, bisogna figurarsela come una societä anonima di assassini. A. N. tudini mi convince che gli uomini della Penisola sono rati, con un fisico ed un'ani-ma accaniti, alia perennita della lotta. Se e vero che la lotta e I'origine di tutte le cose, (mi riecheggia in quest'istante stesso alia mente la voce di Leonardo: o Signore, tu ci dai tutte le cose con fatica) e se e altret-tanto assiomatico che, per legge di natura, nella lotta si affinano gli istinti e si per-fezionano le qualita, io non posso pensare all'Italia, al suo eterno combattere per un diritto di onore o per un bisogno di pane, senza con-vincermi, al di fuori di ogni gonfiezza sentimentale ma con ragionata e serena pon-derazione, che questo suo destino segnato di ferite ma anche di gagliarde imprese, di nemici atterrati, di avver-sita risospinte con violenza di pugno lontano dal suo procedere, le abbia impresso nel sangue, nel carattere, nel pensiero, accanto a misere-voli e forse indispensabili la-cune, una vigoria testarda, un essere imperioso e potente, un volere che spezza le contrastanti volonta. Queste considerazioni io vado facendo appunto in circostanze nelle quali la tem-pra di un popolo o ingigan-tisce o s'affloscia. Queste considerazioni nascono da uno stato di guerra ma nulla hanno a che fare con la guerra. Se invece di gragnuole di bombe (dico bestemmia, ma-dri italiane, se penso che anch'esse sono strumento di piü alta tensione e monito ai figli di rinnovato rispetto alia dignitä della vita?) fossero-piovute lave ardenti, o i ter-remoti avessero squassato le terre, vittime e sangue avreb-bero ugualmente materiato di pianto il nostro destino. Ma e nel pianto e nel dolore che le grandi coscienze bal-zano ai primi posti della vita e della storia. Questa incoronazione di spine io vedo appunto tra-mutarsi in lauro di vittoria. Uenzo Arnoldi -> «Perche le gerarchie non siano categorie morte, 6 necessario che esse fluiscano in una sintesi, che convergano tulte ad uno scopo, che abbiano una loro anima, che si assomma nell'a-nima collettiva, per cui lo Stato deve esprimer-si nella parte piü eletta di una data societä e deve essere guida delle altre class! minori.» MUSSOLINI V___/ Ultimo avvfso Non si tratta di un avviso per una normale pratica bu-rocratica ma di quello inviato dai banditi comunisti ai belogardisti, i quali non vogliono sapeme di rispondere alle in-timazioni di resa e agli inviti di defezione dalle nostre file per passare a quelle comuni-ste. Anzi i belagardisti ri-spondono agli avvisi a modo loro, che e poi il modo anche nostro: con piombo ben cen-trato. Quest'ultimo avviso e poi a forma di consiglio; infatti i belagardisti vengono infor-mati... sinceramente che noi siamo ormai in stato camato-so e percid non possiamo dar loro alcun aiuto. Per questi motivi i banditi Ii invitano a lasciare le armi per ritornare alle loro case se proprio non vogliono saperne di comu-nismo. Strani questi avvisi. Un tempo erano sotto forma di minaccie con largo contorno di ingiurie, oggi diventano consign mielati. Che sotto-non vi sia un'autoconvinzione di debolezza? Le ultime stan-gate in Montenegro potrebbe-ro farlo supporre. Alia Mostra della Rivoluzione Nel sacrario delle glorie nazionali la fede di tutti gli 2taliani si ritempra per il domani di vittoria ^tab 13aäo SEMPRE PRESENTE ALLE BANDIERE Ricordare la vita di Italo Balbo e cosa superfhm, poi-che e storia di ieri, che tutti conoscono. Attomo al Suo name si e creata un'aura di leg-genda che, col passare del tempo e I'avvicendarsi degli avvenimenti, avvalora e corv-ferma la grandezza deU'opera svolta dal Quadrunviro della Rivoluzione, dall'eroico tran-svolatore degli Oceani, dal co-lonizzutore della Libia; di quella terra da Lui valoriz-zata e tras formata in «terri-torio integrante quelle nazio-nale per effettiva creazione di contadini di buona razza italianu». II Fuscismo lo trovo sem-pre pronto sulla propna li-nea di pensiero e di azione. II suo motto: messuno de-ve vivere per se, ma per gli altri», Gli era stato impresso dallu Rivoluzione della quale fu soldato consapevole e de-voto. II Sua carattere impetuoso e capace delle realizzazioni piu audaci, dette pure prova di calma e seria ponderatez-za nello studio di piani che richiedevano la piu paziente preparazione e organizza-zione. Quando nel 1926 il Duce Gli affidd I'Aeronautica d'Italia, affronto il grave incarico con entusiasmo giovanile e con la instancabile volonta di posse-dere il massimo possibile delle conoscenze e delle compe-tenze specifiche. E I'uomo che poteva sem-brare ai superficiali piii un poeta che un politico, piu un avventuroso che un vero soldato, sveglid I'indifferenza e I'incredulita della pubblica opinione, richiamandola attomo alle imprese appassio-nanti delle crociere ed ai motivi di orgoglio per il cre-scente prestigio della Patria di fronte alio straniero. Poi dal cielo, Italo Balbo discese alia terra. Colomzza-tore 0 capo di coloni incari-cati di fare del litorale nord-africano la vera quarta spon-da d'ltalia, portd nella rifor-ma politico-amministrativa, nel governo degli indigeni e nazionali, il senso vivo della realta geostorica e la piena consapevolezza del ruolo che &Ua Libia sarebbe spettato in un prossimo conflitto. ž questa I'ultima opera di Italo Balbo. La guerra tronca la sua attivita di colonizzato-re c lo trasporta nel cielo del-la battaglia dove a Tobruk, in un rogo di gloria il 28 giu-gno 19^0, egli assurge nel no-vero delle grandi figure tute-lari della Patria. II Duce, nella ricorrenza del terzo anno della morte, ha disposto che sia eretto nella Stm citta natale un monumen-to nuzionale, a ricordo del Quadrunviro che ha servito la Rivoluzione dalla giovi-nezza al supremo sacrificio, con altissivia fede e con I'e-roismo piii luminoso degli uomini del nostro tempo. M. U. Nel veslibolo che segue lingres-so della Mostra della Rivoluzione ho soslalo in raccoglimento. Esse ripele le parole con le quail ogni tascista giura, all'atto della sua iscrizione, impegnandosi di servlre 11 Parlilo con dignitä, con onore e, se e necessario, onche col suo sangue. II glura-menlo che un giorno Tu hai prestalo senza tremare, o liglio che alia Patria hai donato la vita, i I giuramento che un giorno io ho prestato con sicura coscienza, o Patria cui ho donato assai piCi che la vita! Cosi, attraverso le immense vie dello spirito, Ti sei ricon-giunto a me, o mio bene peiduto e pur sempre presente dovunque, col suo possente palpi to anima-tore: parli la voce della Grande Madre, e la. dove il sacrilicio e religiosamente esaltato, religiosa-mente siamo entrati insieme. Oggi nel nome Tuo io ricordo quell'ora, o iiglio, ed esalto con la Tua of-lerta I'olierta del sangue con la quale la gioventü italica leva alta nel sole, sul lilo lucente di milio-ni e milloni di baionelte, i'ldea scaturita dal genio di un Uomo, consacrata dal sangue purissimo degli Italiani migliori, destinata ad essere la sorgente viva alia quale iatalmente 11 mondo dovra attin-gere, domani, per orientarsi verso le nuove tappe della storia! dopo l attentato — che ne pištola, ne bombe, ne altri slrumenti di morte, mi laranno desistere dal mio cammino!» Quanta attualitä in queste parole! Coloro che un giorno hanno vo-luto Si mirasse al sua grande cuo-,e, oggi puntano contro il cuore di iuito il popolo italiano, ma il po-pclo grida col suo Duce: nulla e nessuno ci larä desistere dal nostra cammino poiche oltre a tutti gli ostacoli che esso ci presenta, oltre a tutte le prove e ad ogni iorma di martirio, ci sorride la Vittoria! Tutta una sala della Mostra il-lustra I azione rivoluzionaria di Mussolini attraverso il Popolo d'ltalia — azione rivoluzionaria che porta all'intervento e alla grande guerra illustrati in un'apposita sala dove, attorno alia gigantesca statua del Re soldato, sono le im-magini del nostro Stato Maggiore e quelle del comandanti le armate alia battaglia di Vittorio Veneto. Ample diapositive illustrano i momenti piü salienti della guerra; nelle bacheche, attorno alia sala, sono i cimeli che attestano il sa-criiicio glorioso di Sauro, di Bat-tisti e degli altri martiri e I'eroismo di Filippo Corridoni. A questa sala la riscontro quella del sovversivismo dove da ibri- 11 Duce ha allermato un giorno: • ^eguaci di Lenin ne — Chi non d pronto a morire per la sua lede non e degno di proles-sarla. — Oggi si pud ben dire che chiunque non abbia iatto di queste parole il credo di tutta la sua vita non e degno di visitare la Mostra ne potrebbe capirla, poiche essa non paria solo attraverso il martellare Incisivo delle Irasi tolte dai discorsi o scritti del Duce, non parla solo attraverso le grandi ta-vole che riepilogano I'opera personale del Condottiero e del suoi seguaci piü degni, ma parla altresi con la possente ed occulta voce della fede sublimata nel sacrificio e del sacrificio consacrato in pa-gine di storia destinate a sfidare i secoli. Questa e la Mostra della Rivoluzione, della quale, naturalmente, il grande protagonista e il Duce, sia che le sale siano del tut to dedicate a Lui, ai suoi genitori o al «Popolo d'ltalia», oppure siano dedicate all'opera imponente attraverso la quale l'umanista insigne e impareggiabile uomo di stalo ha ridato a Roma l'inconfondibile im-pronta di antica dominatrice del mondo. Tutti noi abbiamo latto nostra, in un dato momento, la fräse del Duce: — Andare verso il popolo. — Soltanto sostando nella sala de-dicata a Lui, perö, noi possiamo comprenderla In tutto il suo im-menso umanissimo significato. Egli scrive: «D'inverno faceva fred-do nella nostra casa affumicata e solo la neve ci dava un po' di gioia. La miseria attorno a noi era grande. Ci si prestava il pane, l'olio, il sale,» Noi benediciamo quel freddo, quella casa triste, quelle dure pri-vazioni. Specialmente noi donne risaliamo ad esse quando, inter-■pretendo la stupenda dottrina mussoliniana, ci dedichiamo ad orga-nizzazioni ed iniziative mirabili come L'Opera Nazionale Maternitn ed Infanzia, la giornata della madre e del lanciullo, la Beiana la-scista, le colonie marine e montane, i refettori, gli asili e i nidi per i bimbi del popolo, l'assistenza invernale e le tante lante altre provvidenze e previdenze attraverso le quali il Regime scende verso le masse rurali e operaie con una Iraternitä e solidarietä che non trovano riscontro nella storia del passato, come nella storia di nes-sun popolo civile. Romano nel senso piü eletto della parola, Mussolini uomo, combat-tente o statista precede solo, scan-dendo la marcia del popolo — del suo popolo — che egli ha forgiato epurandolo da tutte le scorie e rendendolo degno del piü alto destino. «Quando io battaglio Udo nelle mie lorze, solo nelle mie lor-ze — egli dice — disprezzo la paura dell'isolamento, questa tendenza a starsene nel branco». E veramente egli e solo e in alto, tanto in alto dove non possono raggiungerlo ne l'odio del sovversivi, ne il piombo che ha perforata la sciarpa azzurra indossata da lui 11 3t Ottobre 1926 a Bologna, cimelio davanti al quale si sosta con commozione tanto viva. «Dite agil Američani e ai capi italiani d'America — egli scrive esaltano il programma alle masse traviate alle' quali si vorrebbe far accogliere il decalogo infamante che afferma fra l'altro: «Tu devi rinnegare Dio e distruggere tutto quello che e religioso. Tu non devi onorare ne tuo padre ne tua madre a meno che essi non siano comunisti come prescri-vono i Soviet.» La galleria del gagliardetti con-giunge questa sala alio studio del Duce in via Lovanio e quindi alla sala del 1919, alia sala di Flume e a quelle del 1920 — 1921 — 1922, della Marcia su Roma, del sacrificio e delle canzoni squadriste. E veramente, dopo aver riassun-to in noi Tepopea della grande guerra, dopo aver rievocato con angoscia le giornate in cui attraverso 1'offesa al patrimonio mag-giormente caro al nostro spirito — patrimonio di gloria e di sangue — la Vittoria fu cosi iniquamente mutilata, percorrendo Taustera galleria, dalla quale pendono a cento a cento i gagliardetti delle prime squadre d'azione, si prepara giä lo spirito ad accogliere tanto splen-dore di eroismo e di sacrilicio. Ogni gagliardetto un nome — ogni nome una storia luminosa. I reduci dalle trincee marciano in testa e lormano con gli adolescenti avidi di lotta e di gloria una barriera possente di petti posta a difesa della millenaria civil-tä di Roma. II ponle di Berta, la scrivania di Giordani, il bianco camice di don Caravadossi e i tanti tanti altri preziosi cimeli, raccolti nella sala del sacrificio, rappresentano altrettante tappe della marcia gloriosa, scandita dalTlnno della gio-vinezza trionlante e dalle piü belle canzoni della Patria. La parte piü sana della nazione aderisce compatta e in un tripu-dio d amore si stringe adorante in-torno al suo Duce nel giorno in cui al Re soldato egli pud final-mente dire: — Maesta vi porto ntalia di Vittorio Veneto! Ha quindi inizio 11 secondo tempo durante il quale il Fascismo di-venta regime e il destino della rivoluzione si decide ed afferma nel modo piü concreto e luminoso. Cinque sono i testi fondamentali del pensiero rivoluzionaria: «Dottrina del Fascismo» «Ordlnamento dello Stato» «Carta del lavoro» «Carta della scuola» «Codice di Mussolini». Su questi formidabili pilastri il Fascismo costruisce le sue fortune. II popolo entra nell'orbita della vita nazianale e diventa arbitra del sua destfna. Nella sala della dottrina, delle opere e degli istituti e in quella della stampa, si rinnova nel visitatore I'entusiasmo delle ore vissute, si ricanferma la certezza nel domani gloriosa della Patria. II Duce scandisce f'ascesa con parole che si scalpiscano nel cuore delle masse e le soggiogano. Si bonificano le paludf, sorgono le cittä, biondeggiano le spighe, lä dove imperava la malaria. 11 vomere traccia profondo il soico e rovescia nel sale terre da secoli immote e il Capo allerma: «Questa e la guerra che noi pre-feriamo.» E la battaglia del grano diventa infatti fattare nazionale di primaria importanza. «Ritengo — egli allerma ancara — che tutti i lattori della pradu-ziane sono necessari: necessario e il capitale, necessario l'elemento tecnico, necessario e la maestran-za.» L'accordo di questi tre elementi ci da la pace sociale. La pace sociale da la continuitä del lavoro. La continuitä del lavoro da il be-nessere singalo e callettivo. E per questo benessere ž veramente monumentale l'insieme delle previdenze volute dal Duce. La passione romana del Capo per le strade si concreta in opere monumental! destinate a sfidare i secoli. La Mostra illustra ledelmenle questa formidabile Sforza del Fascismo che porta Thalia in prima linea nel consorzio delle nazioni civili. Sülle seguenti sale dell'Impera e delle sanzioni dell'ebralsma e della massaneria e su. quella della guerra attuale troppo si dovrebbe scrivere per lllustrarle degna-inente. Esse sono veramente la piü luminosa affermazfane della potenza della nuova Italia ascesa per virtü del Fascismo ai fastigi delTImpe-ro, della tenace volan tä degli Italiani i quali hanno saputo debel-lare l'assedia ecanomico dl 52 stati caalizzati, deWeroismo dl un popolo il quale da mesi sopporta l'urta tremendo di una guerra dalla quale uscirä trionfatore perche: «In questa immane battaglia fia l'aro e il sangue Tlddio giusto che DELITTI COMUNISTI NEI BALCANI Drago D. aveva sposato una giovane russa e l'aveva condotta con se. I due sposi avevano fatto parte delle bände comuniste fino a quando la moglie vra stata fat-ta prigioniera ed internata in un campo ' di concentramento dove aveva dato alla luce un bambino. Per una scambio di prigionieri aveva poi potuto fare riiomo alla propria casa in campagna, vicino M. Li visse tranquilla qualche mese, fino a quando non tornb Dessa J. la quale era stata insieme con lei nellq stesso campo di concentramento. La nuova arrivata riferi che la ventitreenne moglie del Drago in prigione aveva tenuto un contegno poco serio. II comarulo di M. allo-ra dette ordine al marito di ucci-derla. Questi che forse aveva fi-dxicia sull'onestä della moglie, non sapendo con certezza quali immoralitä avesse potuto commet-tere, si rifiutb. II comando comu- nista perb insistette e questa volta ricorse agli argomenti che do-vevano per forza convincere: I'idea politica doveva essere seguita senza discussioni e senza indugi, an-che quando richiedeva il sacrifi-zio di componenti della propria fa-miglia; Drago si decidesse ad v-b-bidire altrimenti sarebbe stato chiamato a rispondere della disob-bedienza all'ordine dei capi. Quando egli volesse to facesse presente perche la fossa era giä pronta in T. Di fronte a tali argomenti. la cui discussione avrebbe certa-mente portato come cmisegucnza la sua morte, il marito si piegb e condusse la moglie nella localita designata. II fuoco sulla disgra-ziata fu fatto dallo sposo e dalla comare Mileva V. Era il mese di settembre millenovecentoquaran-tuno. * * * Pero €., giä maggiore dell'eser-cito jugoslavo, si era arriiolato nelle truppe anticomuniste. Mentre si trovava a C. la vecchia mamma cercb di raggiungerlo per poi-targli da A. un piccolo pacco. Passando da M., che era in mano dei comunisti, fu interrogata dal comando di quel paese che volle sapere che Cosa portasse al figlio. Rispose di avere oggetti personali ma, per-quisita, fu trovata in possesso di un foglio che desto sospetti. Venne arrestata e condotta a K. dove il comando si dichiarb pronto a lasciarla libera purche venisse a prenderla il figlio: Questi, si ca-püce, non venne. Dopo qualche giorno caso voile, perb, che Pero fosse fatto prigioniero. Allora fu condotto in presema della madre, ma solo per salutarla, perche il comando aveva deciso di ucciderlo. Passb qualche giomo di attesa in prigione. Quihdi, in giomo e luo-go appositamente stabiliti, fu sot-toposto all'amputazione di ambe-due le braccia e poi decapitato a coltellate. * * * II ventitreenne Vidak M. viveva insieme col vecchio padre a P., lo- vive nel giovani popoli ha scelto: «V1 n c e r e m o !» Ai Caduti e dedicata I'ultima sala. 1 tre pannelU raffiguranti il Duca d'Aasta, Italo Balbo e Bruno Mussolini daminana nella parete centrale. Di fronte sono i Martiri della nuova storia e soavemenfe sarride Ira loro Ariella Rea, la col-laboratrice nostra che in purita di lede ha servito la Patria amata lino alVofferta del sangue. Uscita dalla Mostra ha sastato, piü tar-di, in piazza Venezia. In una gloria di sole splendeva I'altare della Patria. Piü oltre s'intagliava nel-Tazzurro ciela la massa imponente del Colosseo. Rlvolta verso il balcane dal quale tante volte la possente voce del Duce ha scandito le tappe del nostra destino, ho lasciato che le lagrime dicessero per me quanta di piü nobile ed alto e pura urge-va nel mia cuore. Qualcuno passando vide il mia lutta e vide il mio pianto ma non capi, o diletto liglio che ancara stringevo al mio fianca, nella mia disperata sete di elevazione, che in quelle lagrime non era soltanto dolore, non era saltanto rimpianto, ma era soprat-tutto gloria d'amore e conferma solenne del nostro giuramento! Ida De Yecchi calitä vidna a M. e pur avendo studiato si dedicava ai lavori dei campi, essendo figlio xinico e non volendo abbandonare la terra. No-nostante fosse stato di idee comuniste aveva abbandonato i com-pagni ed era tomato a casa non approvando l'operato dei partigia-ni e non volendo abbandonare il lavoro. II comando comunista non si era accorto della sua mancan-za. Ma una notte del febbraio millenovecentoquarantadue, durante lo svolgimento di una pic-cola azione tra anticomunisti e comunisti, si recarono nella sua casa due ragazze comuniste per lavare la biancheria dei loro com-pagni. Vidak non fu contrario a met-tere a disposizione la sua casa, ma ebbe con esse discorsi in cui spiegava di non essersi arruolato nelle bände comuniste perche non ne approvava l'operato. Le parti-giane in sulle prime finsero di non attribuire importanza ai discorsi fatti, ma appena giunsero al comando comunista di M. riferirovo tutto ai ca)pi. II comando dette immediate ordine di cattura. Due armati si recarono presso la sua abitazione di notteiempo e tra le lacrime del vecchio padre lo con-dussero via. Fu quindi tenuto per piü. di una settimana in una ba-racca abbandonata, dove soffri il freddo e la fame. Una notte giun-se l'ordine di trasferirlo a K. Do-vette essere buttato nel fiume che si incontra lungo il percorso per-ch& nessuno a K. seppe del suo ar-rivo, n& mai in seguito se ne ebbe altra notizia. * * * II quarantenne B. era stato gut-dice presso il tribunale di B. Da M., dove successivamente si era stabi-lito, non aveva voluto recarsi a fwre parte delle bände. L'invito Venne ripetuto «da buoni comunisti». Da buon comunista, egli rispose: «Bisogna che vi dica, con piena libertä di parola, che non mi sento di fare il guerrievo^. La franchezza questa volta fu nociva perche gli costo la vita. Era il mese di gennaio millenovecento-qtmrantadue. Non si cmioscono i particolari della morte. Quando perö la moglie ayidb a cercare il cadavere di lui non pote ricono-scerlo ne per la somiglianza nc per le dimensioni, ma solo vi riu-sei redend0 il fasciacollo che essa gli aveva lavorato a mano. Leonardo Paradiso Visione dell'Europa, se i bolscevichi vincessero COLORI asciutti - ad olio - smalti - vernici a smalto - pennelli e tiitti gli utensili per pittori - stucco per vetrai - ecc. — potete acqul-stare a prezzi vantaggiosi presso: Fr. MEDIC FABBRICn OLII - SMALTI - COLORI Reslieva cesla 1 • LUBIANA F. EIFLER UNICA FABBRICA DI VELLUTO E Dl FELPA LUBIANA BLEIWEISOVA 75 ^iiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!! ........................................................................................................................................................................... QUALCHE COSA RIDE iiiiiiiiiiiiiiin; Verso la metä della licenza i giorni cominciarono a rotolare senza ragione ed egli si vide so-pra, sorpreso e contrariato, il mo-mento di separarsi da casa per rientrare al reggiraento menlre an-cora la divisa grigioverde penco-lava afflosciala dallaUaccapanni, la valigetta sbadigliava, aperta e saccheggiata, e attorno forniicola-va un brusio denso di voci; sua madre, suo padre, una frotta di nmici e il sagrestano, panciuto e lardoso, capitato per l'occasione a bersi il goccio del commialo. Ogni alio, il piü usuale, Visse quei minuli di febbre: qualche ab-braccio, le fasce che non s'arroto-lano al polpaccio, poche parole scabre, una manata confidenziale Kulla spalla, un diluvio di promesse e quella dannata valigetta che, gonfia da schiattare, si ostina a rimanere a bocca aperta, ribelle. Fu soltanto sulla porta che suo padre, trattenendolo un istante an-cora per un braccio, riusci a fargli intendere qualche parola, da solo a solo: «Per i danari, scrivi. Che non ti manchi nulla, mi raccoman-do. Ma non Ii sciupare troppo con le donne di cittä». Sua madre si limito a pizzicar-gli il petto per accertarsi che portasse la maglia di lana ed a gri-dargli di scrivere ogni giorno e di Stare attento, attento un poco a tutto. «Si, si. Arrivederci, arrivederci», ripeteva lui, scuotendo il capo e allontanandosi lungo la strada fa-rinosa di polvere, costeggiata Sulla sinistra da una siepe di campanuli bianchi come fiocchl di una strana neve estiva e aperta sulla destra verso la campagna incen-diata dal barbaglio del sole al tra-monto. I Valeva tanto la pena di lustrarsi a dovere gli scarponi per imbian-carli ora, con una fretta cosi strug-gente, di polvere: neppure era il caso di pensare al nodo della cra-vatta che si torceva sbilenco o al colletto della camicia, con le lin-guette pendule sul bavero della giubba. La stazione del tram, accosciata sul bordo dello stradone, faceva spuntare il tetto scuro fra gli al-beri e gli indicava di lontano il cammino. (Intanto, ecco, bisognava ricordarsi della coincidenza col treno e non perdere un attimo e preparare gli spiccioli contati per il biglietto.) Ma proprio allora gli accadde il fatto piü straordinario della sua vita. Fu costretto ad arrestarsi an-sante, gli occhi ubriacati di sba-lordimento. Non poteva esserci dubbio, via: rideva, rideva a lui, ammiccando agli scarponi o alle fasce o alia penna d'alpino o a che so altro. Forse per quella strada — acciden-tata o solitaria — non le era mai accaduto d'incontrare qualcuno ve-stito come lui e doveva, chissä, sembrarle buffo quel modo di por-tarsi a spasso i panni. E rideva, rideva di certo, con gli occhietti a capocchia di spillo, lucidi e per-sino piü piccoli. Egli era rimasto intronato, come di vetro: stizzito per quella sTron-tatezza di ridergli in faccia, senza ritegno, quasi che lui soltanto va-gabondasse per il mondo bardato a quel modo. Gli scarponi, le fasce — e va bene —, i pantaloni a bor-sa e la giubba, poi la penna, anche la penna... Egli rimase di sale, cosi, forse un minuto, o anche due: quanto bastava, insomma, perche udisse il fischio del tram che dava il segnale di partenza. Si riscosse, strappö dal capo il berretto per sentirsi piü libero nel-la corsa e via, inseguito da una scia di polvere spruzzata a sangue dall ultimo sole. Giunto sullo stradone s'inchiodö, impalato: il tram caracollava indifferente, troppo lontano ormai per le sue gambe, divertito al nervoso tintinnio dei vetri o irritato dal gemito lungo, ferrigno, delle ruote sui binari. Finche non lo vide scantonare alla prima svolta non si mosse. Poi tornö a calcarsi in capo il berretto, si passö il fazzoletto sulla bocca e scomparve nella sala d aspet-to della stazione, verso il lungo divano squallido e sdruscito, ad-dossato alla parete di fronte. Di tornare a casa non v'era da parlare. Sarebbe stata cosa inutile e imbarazzante non poco. Non v'era che attendere, tra un quarto o venti minuti, il tram successivo, quello che incontrava la coincidenza col treno dj cittä soltanto tre ore depo, le ore del suo ritar- do. E tutta questa valanga di minuti, di tram e di treni in ritardo per quella sciocca che aveva am-miccato, ridendo dal ciglio della strada, mezzo nascosta da un ciuf-fo d'erba imbiancato di polvere, guardando gli scarponi o le fasce o la penna d'alpino o che so altro. Roba da mordersi i pugni. Lo scampanio chioccio del tram in arrivo sovrastato dallo Stridore aspro dei freni alla fermata animö, finalmente, la penombra della sala d'aspetto e rassodö l'impazienza di lui. Usci all'aperto, accennö qualche passo di corsa verso la porta che s'era spalancata a soffietto e con uno scatto si trovö sulla piatta-forma. II bigliettario, bilanciandosi sul-le gambe larghe, affondava e ri-traeva la destra nella grande borsa nera spellacchiata, a tracolla, divertito alio scroscio delle mone-tine che lasciava sfuggire indolente tra le dita. Lo riconobbe subito: «Torni al reggimento con questo- tram?» gli chiese, rimestando il danaro nella borsa, con abitudinaria freddezza. «Con questo, si, — rispose, nervoso. — Perderö la coincidenza, lo so.» «Son tre buone ore di ritardo. Ai miei tempi sarebbero diventate cinque giorni di camera.» Allora lui improvvisamente s'ac-cese: «E va bene, — disse. — An-dro ai topi. Ci staro un mese, anche un anno, non importa. Perche mi guardi cosi? Non importa ti dico. Avrei potuto arrivare a tempo, magari in anticipo se non fosse stato per quella stupida che rideva dei miei scarponi o delle fasce o della penna d'alpino. Una volta o I'altra qualcosa deve capi-tare nella vita...» II bigliettario s'era arrestato ad ascoltarlo, intronato, con una mandata di monete nella destra, te-nuto sospeso alle parole di lui da uno sguardo di sbieco, fisso, sfug-gente dalla visiera del berretto. Allora egli s'interruppe, come a disagio: «Niente, niente —■ disse. — Che almeno corra, questo cate-naccio.» E non voile aggiungere altro per tutta la corsa. Aveva preso forma dentro di lui, dun tratto, una smania stiz-zosa, quasi un fermento. Si sarebbe graffiato a sangue tanto senti-va d'essere stato sciocco a lasciarsi incantare cosi, con tanta fretta che aveva, da quel fatuo riso di mera-viglia spuntato al margine della strada. Avrebbe dovuto schiacciar-la, almeno: sarebbe bastato un chiodo dei suoi scarponi, dal mo-mento che sembrava burlarsi cosi maliziosamente anche di loro. (Ma ora non c'era rimedio: tutto questo, via, non poteva contare.) Quando il tram fu per terminare I'ampia .curva sul piazzale della stazione, salto a terra ed imboccö, a sbalzi e a gomitate, il sottopas-saggib, illuso di poter arrestare, fors'anche trattenuto dalla sua an-sia, il treno della perduta coincidenza. Trovö il binario vuoto, la pensi-lina deserta: un ferroviere, con la lanterna appesa ad una mano e la bandierina rossa sotto I'ascella, ri-tornava, dondolandosi pigramente, nel suo sgabuzzino. Non v'era che da attendere an-cora, masticando, uno dopo I'altro, con incosciente snervatezza, i minuti del suo ritardo. Seduto a cavalcioni sulla valigia, si ricordo d'una manciata di semi di zucca salati e rosolati al forno che sua madre gli aveva lasciato cadere nella tasca in mezzo al trambusto del commiato. Li cavo ad uno ad uno: Ii spellö compunto, facendo scrocchiare prima la corteccia sotto i denti: Ii ruminö rassegnato. Quando davantj a lui, sparsi a terra come coriandoli, stettero i gusci vuoti e nel capo cominciö a ronzargli il sonno, la voce arroc-chita dell'altoparlante annuncio I'arrivo del suo treno. Non ebbe uno scatto: non gli importava piü nulla, ormai. II ritardo era inevitabile. Alia smania era succeduta un'inerte rassegnazione, apatica, senza ribel-lioni. Lo scompartimento era affollato? Si sarebbe seduto — cosi, no? — sulla valigia, nel corridoio, con le spalle contro la parete della vet-tura, i gomiti sulle ginocchia e le mani a coppa per sostenere il capo nel sonno. In nessun conto avrebbe tenuto pers'no il ritardo del treno: minuto piü, minuto meno... E poi, un soldato, per essere sol-dato, deve dormirci una volta o l altra in camera, al topi: e si ac-corse di sorridere. Quattro ore di viaggio. Un eter-nitä, con questo bulo fatto malin-conico dalla luce stanca della lampada schermata che dipinge d'az-zurro le mani ed i volti dej viag-giatori. Anche le parole sembra penino a muoversi in un'aria tanto densa, inerte e si rincorrono spaurite e vanno a rifugiarsi negli angoli, al soffitto. Se fosse stata accanto a lui Amelia, ora, avrebbe certo comin-ciato a ridere o a gridare o a ba-ciarlo forte sulla bocca: si sarebbe ribellata insomma. Ma perche, I'ul-tima volta, aveva evitato di guar-darlo per tutta la giornata e s'era finta sorda alle sue domande? Per dispetto, forse. No, per gelosia di Franca: son tutte uguali le donne. Lo vedesse sbracato, in camera di rigore, non I'amerebbe piü o darebbe in un gran pianto o soffo-cherebbe dalle risa. Allora il treno si fermo alla sua stazione. Come giunse nell'atrio della ca-serma, dopo essere passato davanti alia sentinella ferma sui due piedi — il fucile a spalla — dietro il portone di ferro, alzö gli occhi al-Torologio. Segnava le tre e quat-tordici precise. L'ufficiale di picchetto lo fermo con una mano sulla spalla e una domanda: «Di dove vieni a questa ora?» «Ero in licenza, — cominciö lui, deciso a liberarsi in una volta sola — sono in ritardo. Dovevo rientrare a mezzanotte. lo, per me, ci sarei anche arrivato a tempo se quella stupida non m'avesse fatto perdere almeno un paio di minuti.» «Altro che paio di minuti.» «Ora sono tre ore, anche piü, e vero. Ma allora erano due minuti, tre al massimo. II resto e venuto dopo. Vedeste come rideva. Mi guardava e rideva. Dovevano im-pressionarla gli scarponi, imma-gino.» L'ufficiale sorrise di sopportazio-ne. Chiamö il sergente d'ispezione: «E' ubriaco, — disse. — Pieno come un uovo. Ritiragli la valigia, le fasce, le stringhe, la cintura e le stellette e mettilo al fresco.» E si ritirö prima che in lui sorgesse l'impulso di replicare. Nella camera, sdraiato sul tavo-lato di legno, stava un alpino, solo, con le gambe avvolte in una co- perta da campo e le braccia in-trecciate per fare da guanciale al capo. II cigolio dei cardini all'entrata di lui lo svegliö: l'inattesa com-pagnia sembrö metterlo di buon umore. « Hanno pescato anche te?» do-mandö. »Giä, anche me. Per due minuti di ritardo.» «Due minuti?» «O tre ore che fa lo stesso. II resto e venuto dopo.» Ed anche a lui raccontö la sua storia. «Tanta fretta, capisci — conclu-se — per poi imbambolarmi a guardarla ridere beata, proprio di gusto. E tutto m'e crollato addosso: il tram, il treno, tre ore di ritardo.» L'alpino s'accorse che valeva la pena di lasciar gorgogliare una risala: «Ma — domandö poi — sei sicuro che guardasse te?» «Sicurissimo. Ero solo sulla strada. Mi passava da capo a piedi e r'deva, con la coda alzata e il corpo che tremava. E' stato un attimo: si, insomma, due o tre minuti.» Allora I'altro sentenziö: «Accade sempre cosi nella vita. Questione di minuti. Pensa ad uno che finisca sotto, per esempio, ad un'automo-bile. Fosse arrivato un attimo prima l'automobile gli sarebbe passa-ta davanti, senza nemmeno sfiorar-lo: un attimo dopo l'avrebbe la-sciata alle spalle.» «E' vero,» balbettö lui. «Immagina uno che muoia, — continuö l'alpino, senza scomporsi. — lo ho visto mio zio, due anni fa. Un minuto prima ci domandava delle viti e delle sementi, come fosse una giornata qualunque. Dopo s'ž fatto d'un tratto di cera e non poteva chiederci nulla e par-lava chissä con chi, in un mondo tutto diverso dal nostro.» (Quello raccontö ancora. Egli non l ascoltava piü: gli sembrava di aver finalmente scoperto il mi-stero della vita. Proprio cosi. Uno vive venti, trenta, magari cin-quant'anni come in un guscio d'uovo prima di trovarsi, un giorno, su una strada di campagna a guardare rimbecillito una lucerto-la che sbotta a ridere alla vista di un paio di scarponi o delle fasce o della penna d'alpino. Sono due minuti, forse tre: diventano tre ore, una sassaiola di minuti. E' vero: un attimo prima o dopo sarebbe stata tutfaltra cosa. Quella lucer-tola, ridendogli dai margini di una strada di campagna, gli ayeva in-segnato tutto in una volta. Questione di secondi: quanto basta del resto a giungere al fondo del mi-stero della vita.) Yiiiorio Bulialava Walter Pozzi — II traghetto delle maschere IFLETJORE CHIACCHIERATA Francesco Messina e entra-to aU'Accadcmia d'Halia. Po-chi mesi prima vi entrava Giuseppe Ungaretti. Un'Accademia non pud cer-tamente fornire un panorama, ne essere Vespressione di un indirizzo. Si presume ami che le tendenze nmangano al di la dei battenti sino a che la poetica non sia risolta e disciolta in un fatto di stile; tutto do in teoria: nella piat-ta realta degli avvenimenti importante e che alVaccade-mico le inasse possano sentirsi spiritualmente vicine, tra-scorrendo senza sbalzi dal precedente al nuovo (che bel-lezza, la tradizione); le masse non corrono, vivono la vita giorno per giorno: talche, per arrivare a Cezanne, sono necessari cinquant'anni dopo Cezanne. Ungaretti all'Acca-demia? Che fastidiosa ini-pressione (e ingiusta verso lo scultore, poi) la nomina di Francesco Messina, subito dopo. * ♦ * Un'Accademia, sopra e al di la d'ogni altra I'Accademia d'Halia, dovrebbe essere una storia scritta ^per exempla» della civilta di un popolo. Proprio perche scritta , . La Miaschera e il vollo -) por aggrap-i«irsi al carro del film verisla, che i^lä in Renoir. Duvivier e Carne ebbe i ])iü superbi [wstiglioni. II balzo dal decorativismo oinemato-grafico de "1 maritim e dal grot-Icsro de La maschora e il volto .11 uaturalismo de -La statua vi-vente:~ e state tanto iniprovviso quanto audace: e non e chi non veila i ripcsli pericoli di quest'atto estreniista. II difetto |)iü cospicuo infatti, anche se ampiamenle ri-scaltalo dalla condolta generale del lavoro, e quel dima di reniiniscen-ze dei film francesi d'anleguerra che, se da un lato testinionia delle oltinie doti di riela bora tore di Maslrocinque. ne svantaggia pero l'o-riginalilä e il conseguente giudizio. Uli spunti piü appariscenli del film e, in fondo, anche i migliori sono tras|)orlati di peso dal bre-viario cineniatografico dei regisli »uaccennaii: vedi l'incontrodi Paolo o Luisa alla fiera e ([uel pran-zo borghese in casa di Cesare (rie-cheggianti due episodi coiisiniili, anche se lä trattati piü incisiva-niente, di Hötel du Nord> di Carne), vedi la dichiarazione di Paolo sulla terrazza dello stabili-mento balneare, integrata dal mo-tivetto allegro del ballabile (espediente iisato giä da Poggioli in ^Sissignora". in una scena analoga). Assolutamente prevedibile ed i'mai stucchevole poi Tesenipio di asincronismo del carillion che non riesce perö a contrappuntare effi-cacemente il delitto: piü tragica sarobbe forse risultala la scena se la fräse del inotivo conduttore si fos«e udita inei»tre Paolo strango-lava Rita. .■Vslraendoci dallo svantaggio ini-ziale che queste evideuti remini-sceuze della cinematografia verisla d'oliralpe arrecano al film, un giudizio equanime su di esso non |niö risultare che favorevole. Tutta la prima parte riniane un bel-l'esempio di raccontö cineniatografico condotto con concisione e vi-vificato da uii soffio di dimessa, so'llile |>oesia. Nel pranzo familia-re l'indugio verislico del regista ä piü avvertibile che altrove e con effiuaci risultati. La susseguente scena della chiesia si sarebbe po-tuta perö sfruttare niaggiormente; cosi risulla monca e quasi super-flua. L'intepreUizione di Giacchetli sl puö definire sinceramente lodevo-le. Peccato perö che, nella seconda parte, abbia colorito il suo alco-iismo di riflessi paranoid alla Raskolnikoff. Questo film ci ha fatto ricredere anche sulle iloti di Laura Solari che ha saputo egre-giamente riscattflrsi dai ruoli bam-boleggianli ed insipidi che finora le erano slati iniixjsli: la sua in-terpretazione e veramente notevo-le. Ci e piaciuta sopraltutto nelle secjuenze dellatroce beffa finale: nervoaamente equivoca e vibran-te. riscaltata pur nella verosimile volgaritä da un tremito di sotfoca-ta so^ferenza. Bello in particolare quel fuggevole accenno lubrico sulle braccia nude, che esprime a nieraviglia l'incontinente gioia del sentirsi viva e donna. Saremnio curios,! di sapere se questo particolare felice le e stato suggerito daU'attenlo Maslrocinque o Quel nastrino glorioso (che la superiore proposta per la me-daglia d'argento convertirä un giorno in ricordo di fierezza per la famiglia angosciata) Luigi De Vecchi non pote vederselo splen-dere sul petto dl combattente: ma oggi un altro nastrino, che mitiga il lutto col luccichio della stelletta d'argento, addita in Ida De Vecchi, che lo porta sul petto con commosso orgoglio, una Madre italiana che ha offerto alla Patria 11 suo infinite strazio materno senza un lamento. Ida De Vecchi ci ha scritto, con nuda efflcacia: «Egli non ha avuto che una religione, non ha avuto che due nomi sacri nel cuore: la mamma e la Patria. Piü forte d'ogni altro il Suo amore per la Patria, in nome della quale non ha esitato a scegliere. Ne io posso essere gelosa della Grande Madre per-che anch'io l'amo cosi ed e per questo che vivo ed opero, anche se il mio patire e cosi grande e cosi inesorabilmente senza soste.» A questo dolore materno, a questo «patire senza soste» che si sublima in accettazione virile in nome di un piü alto amore, la Patria austeramente riconoscente non poträ, nel do-mani di vittoria, che a sua volta molto donare. * Attivita dei fasU fetn^Ut^ Nei giorni scorsi la Fiduciaria provinciale e le sue col-laboratrici hanno visitato ri-petutamente l'Ospedale militare, hanno distribuito doni ai degenti e sono state particolarmente vicine ai soldati piü gravi e quindi piü biso-gnosi di assistenza spirituale. Pure gli ospedali della provincia sono stati visitati dalle gerarche di Lubiana e dalle camerate del luogo. Per interessamento del di-pendente Patronato per l'as-sistenza spirituale alle forze armate sono stati dotati: di due altoparlanti l'ospedale di Ribnica, di una fisarmonica l'ospedale di Longatico, di una radio l'ospedale di Lubiana e di una radio e due altoparlanti l'ospedale di Kočevje. Sono stati pure distribuiti centinaia di libri, di giornali, di libri di preghiere e di me-dagliette sacre. Nel primo armiversario della morte gloriosa sono state infiorate le tombe dei Caduti nel mese di Giugno 1942. Parole di fraterna solida-rietä sono state inviate alle famiglie, le quali rispondono sempre con le espressioni della piü viva gratitudine. OFFERTE Sono pervenute al Fascio femminile dai coniugi De Vecchi, per onorare la memoria del figlio, L. 250.— pro Patronato per I'assisten-za spirituale alle Forze Armate e L. 250.— pro Associa-zione famiglie dei Caduti. CINEMATOGRAFI LUBIANA Rappreseniazloni: giorni (eslivi alle ore 10.00, 13.30, 15.30 e 17.30 - giorni feriali alle ore 14.00 e 17.30 SLOGA Film d'erolsmo „I TRE OQUILOTTI" Attori: Leonardo Cortese, Michela Bel-monte MATICA II trionfo di Maria Cebotari in un film appassionante e com-movente „MARIA MALIBRAN" Ottimi attori: Rossano Brazzi, Renato Cialente, Tina Lattanzi UNION Un dramma in cui predomina il sacrificio per I'amore „Sempre piü difflGlle" Attori: Nerio Bernardi. Tommaso Marcellini, Germana Paolieri Rappresentazioni: giorni feriali alle ore 15.30, 17.30 o 19.30: giorni fesUvi alle ore 10,30, 15,30, 17.30 e 19.30. MOSTE Fosco Qiachcltl e Laisa Ferida ia un dramma d'amore „NOZZE DI SANGUE" ed il film tratto dalla .Divina Coinmcdia' „MACISTE ALL'INFERNO" KODELJEVO Nuodo ed attraente programma Le direttive per lo spart in tevipo di guerra, dettate dal Segretario del Partito, erano attese e qnanto mai utili. Non hanno bisogno di commenti che, in fatto di chiarezza e preci-sione, non si poteva desiderare di meglio. Cosi, per naturale curiositä, sono anciato a rileggermi I'articolo che pubblicai stdla che finiscwio con I'assumere fastidiose pose professioni-s tic he; 9) ridonare alio sport la primi-tiva purezza, in modo che easo divenga una scuola di vita severa e non una ricerca d'uti-lita piii 0 meno grigia o tbianco sporcat che dir si voglia; 10) stabilire una volta per sempre che, quando si costruisce un edificio scolastico per scuola secondaria, e necessario pensare prima alla piscina ed al campo sportivo — anche se entrambi di dimensioni ridotte e con lo stretto in-aispensabile — e, poi, alia sa-lateatro, alla sala perleadu-nanze e ad altri locali piü o meno utili; 11) imporre nelle scuole un programma sportivo obbligatorio; 12) -vagliare, selezionare e classi-ficare i giovani secondo le loro attitudini sportive' e, col controllo medico, indirizzarli ad una eventiiale specializza-ziont; 13) istituire un brevetto sportivo — un attestato, una pagella — con prove obbligatorie (prime tra queste, ove possi-bile, il nuoto) secondo le ca-ratteristiche delle varie province ; lit) negare la promozione a chi, fisicamente idoneo, non i riu^ scito, per svogliatezza o man-cata applicazione, a super are i minimi stabiliti; 15) diminuire il numero degli alunni componenti la squadra ginnico-sportiva e, in luogo di una, impartire consecutiva-mente due ore di lezione e due volte per settimana (nelle medie inferiori due di E. F. e due presportive; nelle medie superiori una di preatletismo e ire sportive); 16) istituire la scheda sportiva a base rigorosamente scientifica sidla quale dovranno essere annotate le sufficienze rag-giunte nei vari sport utili al cittadino-soldato e gli even-tuali primati personali otte-nuti 7iei vari brenietti o nelle specialita praticate; 17) tali Schede medico-sportive, comprensive dei dati riflet-tenti I'attivita del giovane in seno alla G. I. L., saranno passate all'Esercito o provvisoria-mente al G. U. F. se il giovane intraprende gli studi universitari; 18) dare molta importanza al pentathlon moderno, addomesti-cando o sostitu£ndo alcune prove con altre piü facili (s'intende che i migliori, forti nel nuoto e nella corsa, dovranno poi tendere alla spe-cmlizzazione nel pentathlon moderno ortodosso). II problema pub essere risolto integralmente con la buona volon-tä di tutti. Non ho la pretesa d'averlo im-postato nella maniera migliore. E cosa seria e va studiato pro-fondamente, tenuto conto di tutte le necessita della istituzione e dello sport in generale. So7w idee e come tali — anche se rispettabili — si prestano a discussioni. Eugenio Pagnini -- O S tit lit 0 ?L (Ziedlto fLdt dotnmatcio