Anno I. ]Iiimer# $ Capodistria, venerdì 15 novembre 1918. U« numero ceut. SO. Inserzioni ; per ogni millimetro di colonna larg-a 67 mm.: Avvisi commerciali (U) cent. 'Avvisi mortuari, comuóicati di banche, partecipazioni matrimonio o eli r.danzamefito 100 cent. Notizie nel corpo del giornale 100 cent. Avvisi economici collcttivi) centesimi 8, 10, e 14 la parola a seconda della rubrica; in carattere marcato il'doppio, in marcatissimo triplo. Pagamenti anticipati. Telefono No. 40. Telefono No. 40. Redazione e Amministrazione : Stabilimento Tipografico Nazionale CAKL0 PRIORA - Capodistria. Ufficio di pubblicità: Nella tipografia Priora - 'Capodistria. Telegrammi: „lstria Redenta" - Capodistria. Ufficio di pubblicità: Nella tipografia Priora - Capodistria. ■■MOtt «.sos unracssCTii^rai i* Verso otialismo! Monarchi che scappano e repubbliche che sorgono. ha Germania, che acceiiò l'armistizio ì' lì ottobre, à da! 11, un Governo socialista, Comincia un' eJà nuova! Ecco le notizie principali che si riferiscono alla gran giornata : Guglielmo e Minderburg sono fuggiti iti Olanda, (12 c.). Il principe ereditario dicesi ucciso. Anche il re di Baviera è fuggito; la dinastìa sassone è stata deposta da un Consiglio di operai e di soldati; il re del Wiirtenberg na abdicato. L'Assia, fino a ieri granducato, è ora repubblica. I SDCieiisìi salgono ai potere. II 12 e. m. al Governo della Germania, !>er un accordo avvenuto tra i socialisti dr a maggioranza e gli isidi pendenti, è 'ato assunto dal Partito Socialista, pw i Consigli degli operai e dei soldati coitituitisi rapidamente in tutte le città della Germania. Il trapasso del regime autocrate militarista-feudale-rea-zionario, grazie alla salda organizzazione e all'eccellente educazione delle masse operaie, per merito precipuo del Socialismo, avvenne senza disordini. Perfino la maggior parte delle truppe di Berlino »' e messa a disposizione del Governo socialista. Preoccupa la faine che fu sempre pessima consigliera. a Canossa Eccole in riassunto le condizioni di armistizio accettate dalla Germania : 1) I/ armistizio deve essere iniziato entro 6 ore dopo l'apposizione delle firme. 2) Sgombero immediato del Belgio, della Francia e dell' Alzazia-Lorena entro due settimane. Le truppe che non abbandonano questi territori durante l'epoca stabilita verranno intornate o fatte prigioniere. 3) Consegna immediata di 5000 can noni, in prima linea di quelli pesanti, di 30000 mitragliatrici, 3000 lanciamine, 2000 velivoli. 4) Sgombero della riva sinistra del Reno, di Magonza, Coblenza, Colonia, da occuparsi su di un raggio di 30 chilometri di profondità. 5) Fissazione di una zona di 30-40 chilometri sulla riva destra del Reno ; lo sgombero deve avvenire entro 11 giorni. 6) Nessuna asportazione di materiali dalla riva sinistra del Reno. Le fabbriche, le ferrovie ecc. devono essere lasciate intatte. 7) Consegna di 5000 locomotive, 15000 vagoni, 10000 autocarri. 8) Alimentazione delle truppe di occupazione che attraversano la Germania. 8) Ritiro di tutte le truppe del settore orientale dietro il confine del 1 agosto 1914; non è fissato il termine in cui il ritiro deve essere effettuato. 10) Annullamento dei trattati di Brest-Litowsk e Bucarest. 11) Capitolazione incondizionata dell' Africa orientale. ( 12) Restituzione degli effettivi delle Banche belghe, deli' oro russo e rumeno. 13) Restituzione di tutti i prigionieri, senza reciprocità. 14) Cessione di 100 sottomarini, 8 incrociatori leggeri, 6 dreadnonghts ; (le altre navi germaniche verranno disar- À. proposito della reaBiBiziati rUpertsra delle scuole. Le preoccupazioni espresse ne «La Nazione» del 10 novembre sono più che giustificate. Finché il tumulto delle passioni e delle violente commozioni non sia sedato, finché l'animo nostro non sia definitivamente uscito da questo mar procelloso continuamente sconvolto da raffiche di vento perturbatore, da accessi di delirio e di frenesia, che ci stancano e ci prostano; finché non sien venuti o partiti definitivamente tutti gli amici fuorusciti, o liberatori, o internati,. o costretti, — ahi dura sorte, — a restarsene ancora lontani dalla Patria libera, dalla Patria redenta, dalla Patria si bella e fino a ieri perduta, — a Vienna, nell' Ucraina, in Russia e altrove — la riapertura delle scuole sarebbe indubbiamente più dannosa che utile. E non solo perchè nessun dio e nessun uomo, si chiamassero pure Giove e Nettuno, Pericle, Demostene e Cicerone, potrebbero calmare il mare in burrasca che à preso interamente possesso degli animi nostri, giovani e vecchi ; ma anche perche sarebbe crudeltà vera e propria farci tornare in iscuola, mentre di fuori tutto è in sussulto, mentre, giorno per giorno, cortei improvvisati e bande e clamori e canti e suon di man con elle riempiono l'aria di rumori giocondamente assordanti che sonerebbero va de retro, Satana, all' indirizzo della scuola carceriera dei giovani in tanto momento! Fu per quattro anni un inferno la nostra scuola, sempre turbata e terrorizzata da voci tristi correnti per la città, dallo spettacolo degli internamenti di fratelli e di padri, dalla fame, dalla peste, dal freddo,e dalla mancanza di requisiti scolastici. Poderi figlioli, tristi, laceri, senza pane e s&nza vestiti, costretti a starsene immobilizzati per 3, 4 e 5 ore in ambienti freddi, freddissimi, mate e condotte, sotto la vigilanza degli alleati, in posti neutrali o alleati). 15) Garanzia del libero passaggio attraverso il Kathegat ; sgombero dei ban chi di mine e occupazione di tutti i porti e batterie che potrebbero ostaco-, lare il passaggio. 16) Mantenimento del blocco; le navi germaniche potranno venire catturate anche ulteriormente. 17) Toglimento di tutte le limitazioni imposte dalla Germania ai neutrali. 18) L'armistizio dura 30 giorni. STORNELLI Fior di amaranto L'Italia nostra pianse tanto tempo Ed or sorride come a nuovo incanto. Fior del pensiero, Noi siam tanto felici e ver non pare, Trascorse in un sol giorno un anno intero. Fior di betulla. Fu la Vittoria nostra tanto'bella. Non resta dei nemici proprio nulla. Fior dell' amore, Un altro flore alfin potè sbocciare E porta sullo stelo il tricolore. S. C. fin con 2 e 3° C., come 'avveniva nell'imperiale e regio Ginnasio di Capodistria, or or da uno del Comitato festeggiamenti battezzato coi bei nomi di Edmondo De Amicis e di Giosuè Carducci. E poveri insegnanti! costretti a venir a scuola dopo due o tre ore di coda presso le macellerie o la pescheria o altre rivendite dell'Approvvigionamento; affamati, e continuamente preoccupati per quel che avrebbe potuto succedere a loro e alla scuola per via di certi evviva e di certi abbasso, e di certe sentenze di cui si fregiavano gli atlanti e i libri di storia, i corridoi e camerini appartati. Lasciate adunque che gli scolari e i maestri aspirino a larghi polnfcni Paria di libertà, di giustizia e di pace spirante d'Italia, di Francia, d'Inghilterra, d'America; lasciate che apprendano la storia dalla storia stessa anziché rinchiuderli anzi tempo nelle aule scolastiche ; date loro tempo di festeggiare indisturbati gli amici, i parenti, gli eroi, i sìmboli viventi cjella Patria e dell'Umanità. Date pane agli affamati, vestiti ai nudi, scarpe agli scalzi e libri ai poveri. E quando il sereno sarà tornato fra noi, quando le passioni si saranno acquietate, quando i volti di tanti fanciulli e maestri avranno ripreso il colorito hormale, allora, oh allora si che torneremo giubilanti alla scuola ad ascoltare la voce deila Patria nostra, la voce, particolarmente, di quei 'grandi italiani che l'assolutismo imperiale e regio voleva banditi dalla scùola. Oh il giorno in cui la voce di Carducci potrà risonar forte e libera nelle nostre aule scolastiche, sia come fustigatore di anime vili o come esaltatore della Rivoluzione francese, o che protesti e pianga e frema e inciti — alla lotta per l'ideale — alla lotta per Trento e Trieste italiane, nel bel nome di Giuseppe Garibaldi. a. b. 211 avvenimenti d'Ugola (dal 30 offobre al 7 novembre.) 30 ottobre 1918. All'arrivo del piroscafo delle 3 poni, si divulga la notizia che a Trieste sventola il tricolore. In ogni cuore c'è un po' di titubanza e di sorpresa: non tutti ci credono. Molti affermano di aver visto il vessillo italico con i propri occhi. A poco a poco i cittadini prendono coraggio; alcuni gio vanotti si radunano e spiegato il tricolore, percorrono le vie della città, cantando inni patriottici. C'era nell'aria qualchecosa d' insolito, di strano, di fatale: l'aquila austriaca perdeva le pen ne e il rostro „per troppa etade'; o forse per evoluzione di tempi: tra poco doveva diventare una carogna. Verso sera si raccoglie in piazza del Porto una moltitudine di gente, che inneggia all'Italia, la bella madre dalla quale eravamo stati disgiunti. L'esultanza durò fino alle 11 di notte. Poco dopo alcuni giovani intraprendenti dipingono di bianco-rosso verde le cassette postali e le tabelle degli spacci di tabacco. Il giallo-nero doveva sparire per sempre. 31 ottobre. Verso le 7.30 ant. studenti e paesani si raccolgono in piazza alle Porte, innalzano uno stendardo bianco «rosso-verde, e si avviano, cantando, al molo. Giunge il piroscafo da Pirano. «Evviva» e grida di gioia frenetiche. Quindi il corteo muove per le vie della città e il tricolore è portato come in trionfo. Alle 4 poni, la dimostrazione è ripresa con maggior lena e coraggio. Oramai correvano delle nuove rallegranti, decisive. Si decreta lo sterminio degli stemmi, emblemi ed altri simboli austriaci. In Municipio una statuetta di gesso dell'imperatore Francesco Giuseppe I. è gettata a terra e frantumata. Si spezza a colpi di piccone una lapide commemorativa, si stracciano i quadri dei tiranni coronati. Una bandiera giallo-nera è strascinata fuori dalla caserma di finanza e sulla piazza la si dà in preda alle fiamme. Altre bandiere giallo nere trovano la stessa sorte. Il capostazione viene invitato a sputar sul «sacro» vessillo austriaco, ed egli obbedisce. Figuratevi! Era il più fedele austriaco di tutta l'Istria. Un gendarme austriaco, un pessimo aguzzino, è bastonato dalla folla. Anche il segretario viene picchiato per bène e rinchiuso in una stanza, donde, facendo sforzi erculei, esce per uno squarcio della parete. Ma è riafferrato, condotto nella sua villa ed ivi custodito da due guardie nazionali. Sul tardi il popolo saccheggia il deposito viveri del Consiglio economico, di cui era presidente il segretario Ba- silisco. Tenta di far man bassa anche in altri magazzini, ma ne è impedito da alcuni giovani socialisti e dallo studente Emilio Quarantotto: I In tutta fretta i partiti si radunano a consiglio : viene formato un comitato di salute pubblica e si delibera la formazione di una Guardia nazionale. Il Comitato è costituito cosi: Partito liberale: dottor Fragiacomo, dottor Za-marin, signor Tranquillini; clericali". signori Ulcigrai e Pietro Vascotto; socialisti: signori Nicolò Vascotto, Giov. de Luca e Salvatore Perentin. Comandante delle guardie nazionali è R. Puceli. 1 novembre. Verso 1' 1 di notte la guarnigione d'Isola si salva con la fuga, lasciando i fucili in caserma. Di notte tempo vengono cambiati i nomi alle vie della città, ai cantoni delle quali si applicano tabelle con le nuove denominazioni, come «via Garibaldi», «via Mazzini», via Dante», ecc. Ma di nottetempo alcuni mariuoli saccheggiano il magazzino di vettovaglie di proprietà del militare. Di buon mattino anche la caserma, trovata senz' anima viva, è svaligiata dalla gente. Chi si aiuta Dio l'aiuta! La gente aveva estremo bisogno di ogni cosa, non ne poteva più : e in caserma trovò coperte da letto, scarpe e "pagnotte. Poco dopo però il Comitato di salute pubblica s'impossessa di tutto ciò che apparteneva al militare, e nei magazzini c' è ancora viveri in discreta quantità. Poco dopo le 6 ant. il popolo penetra nell'edificio della gendarmeria e f i un buon bottino. Continua l'esodo della milizia.tedesca fedele all' Austria. Va triste, a capo basso, senz'armi. Chi porta oggetti di valore di provenienza sospetta è fermato e invitato a deporre ogni cosa. Si sequestra anche del bestiame. Un alfiere tedesco non vuole deporre le armi, cioè un re- volver e delle granate. Gii si dà la eaccia: egli, audace, fa fuoco contro i no»tri : è fatto bersaglio a parecchi colpi di fucile, ma non cade e riesce a scapi pare verso il macello, sulla strada d-Capodistria. Si telefona alla città sorella, perchè venga arrestato o ucciso. • 2 novembre. Tutte le vie ricevono un bel nome italiano. Capo dell' impresa è il signor Ravalico, R. Puceli organizza la guardia nazionale, composta. di 40 uomini. 3, 4, 5, 6 novembre. Giornate assai tristi e liete nel tempo stesso. Si attende lo sb: reo degli italiani liberatori. La città è tutta in ansie : e divisa in due, tre partiti. Ci sono alcuni che vorrebbero esser^ staccati dall' Italia e formare di queste terre una repubblica. Peraltro \ è la minoranza che vorrebbe cosi. Si teme, per un po' dei tafferugli ; ma non accade nulla. Arriva nella mattina. il giornalista Raunik e tiene un comizio: parla con voce robusta, esaltando l'italianità di queste terre, elogiando i liberatori. Ci vuol altro per far capire al popolo dei secoli di storia! Il professor Bondi, corrispondendo prontamente al nostro invito, capita a Isola il giorno dopo, verso le 5 pom. e parla all' aperto da una carrozza davanti a gran folla di popolo, allo scopo di sedare i torbidi e di convincere i più restii. Egli sfoggia un'eloquenza straordinaria e viene applaudito. Ma qua e là si lanciano invettive, si grida che non si vuol abbandonare un Governo per passare sotto un altro, che si vuol la repubblica. Bondi risponde pacatamente e quando, a comizio finito, egli passa per le contrade più esterne d'Isola, scende varie volte dalla carrozza per convincere i dissidenti non esser lui un »venduto», nè un «socialnazionale», ma semplicemente un ardente idealista, un socialista puro e semplice, che sa non potersi raggiungere l'affratellamento dei popoli, finché questi siano anche sol parzialmente schiavi di altri popoli, nè la repubblica senza una adatta preparazione di coscienze, di audacie, di propositi. Se fossi un «venduto», egli dice, non sarei qui fra voi, tra il fango della via, il cielo buio e l'aria umida e frizzante, a rischio di pigliarmi la polmonite o la febbre spagnola, ma sarei tra i signori a farmi pagare 8 corone per ogni ora di lezione o molte più per un comizio, o per un articolo di giornale. Il 5 novembre passa fra una continua, ansiosa attesa del distaccamento italiano, che però non arriva. Isola attese impaziente più delle altre città istriane. Il 6 novembre si manda una deputazione al governatore generale Petitti di Roreto, per dare in sede competente un ragguaglio delle insostenibili condizioni di Isola e pregare l'invio dei militi italiani. Il pomeriggio dello stesso giorno passa fra un continuo attendere e sospirare. A molti gravava come un peso sullo stomaco, effetto della lunga e inutile aspettazione. La banda era pronta, tutta la popolazione era in piazza del Porto. Scese a poco a poco la notte, ma non comparve alcuna faccia di soldato italiano. 7 novembre. Verso le 8.30 ant. arriva una torpediniera. A bordo sono i soldati liberatori destinati per Isola. Da tutte le parti si corre al molo; si grida «evviva l'Italia!» I baldi giovanotti italiani sbarcano. Il tenente, signor Santarelli, comandante del distaccamento, è accolto trionfalmente. Si spargono fiori sugli arrivati. Il popolo è preso da grande, immensa commozione: più d'un ciglio s'inumidisce. Arriva il corpo musicale, splende il variopinto vessillo della Patria. Il corteo s'avvia al Municipio, dove si brinda e si tengono dei fervidi discorsi. Degno di nota è il discorso del dott. Fragiacomo, il quale con peregrine e sentite frasi ringrazia i militi liberatori sbarcati su queste terre, che conservano ancora le impronte del dominio veneto. «Il leone alato, egli dice, posto dagli avi veneti sulla facciata di questo Municipio, pare che si rianimi e mandi il suo potente ruggito, incutendo terrore agli sgherri che tiranneggiavano queste sacre regioni italiche.» Parlò anche con molta enfasi ed amor patrio il signor Vagnez, commosso dalla grandezza storica degli avvenimenti. Ma chi si fece ascoltare con passione e soddisfazione fu il signor tenente, un simpatico giovanotto, pieno di energia e di spirito. Ancora sul molo aveva detto a coloro che gli facevano gli elogi dell'esercito italiano. «Noi abbiamo vinto solo per merito vostro. Abbiamo combattuto, resistito, sofferto ogni disagio, perchè sapevamo di essere da voi attesi e desiderati. Solo per merito vostro, dunque, abbiamo conseguito questa vittoria. » E qui al Municipio egli trovò altre commoventi parole in risposta al signor Vagnez e al dottor Fragiacomo ; ma si sentiva eh' egli era oltremodo commosso dell' accoglienza avuta. In giro per la città: si sosta sotto il poggiuolo del palazzo Besenghi, dove s'affaccia il parroco, che dà il benvenuto ai liberatori. «Questa giornata, egli dice, deve essere segnata nelle pergamene e scolpita nei marmi, perchè la sua memoria non deve mai perdersi nel corso dei secoli futuri.» Insomma una festa bellissima, commovente, unanime, che si protrasie fino a tarda sera. Allora fu sciolta la guardia nazionale, cui furono pagate due giornate in più. Gratitudine verso coloro che in tempi cosi difficili cooperarono all' ordine pubblico. R. Puceli. Cronaca Cittadina. Anima italiana. Mi accadde talvolta di assistere a, manifestazioni popolari di giustificato e lodevolissimo risentimento contro persone le quali, durante la passata dominazione s'erano mostrate devote alla causa degli oppressori nostri. Ed avevano, quantunque nate in terra italiana, mostrato apertamente tanto odio, tanto rancore, tanto disprezzo contro tutto ciò che era italiano, avevano sfogato tutta la loro degenerazione di italiani rinnegati o venduti ; avevano spiato, deferito, tradito. E tra coloro c' è chi tuttora non si vergogna a suggellare un passato di infàmia con l'appuntare sul petto i tre santi colori nostri contaminando il simbolo sacro della patria. Ebbene, costoro copriteli pure del vostro disprezzo ; ma non trascendete ad atti che pur dettati da un sentimento nobilissimo, non sono forse in accordo con l'anima nostra, con l'anima italiana. Noi rifuggiamo dalle piccole vendette e dall'odio: l'odio lo lasciamo ai nemici nostri, la vendetta, la grande vendetta l'anno fatta i nostri soldati del Piave, i nostri marinai dell'Adriatico, ed è stata sublime! L'odio e la vendetta costituiscono la religione dei barbari, la nostra religione è l'amore, il perdono. Se vi accade di incontrare chi nei tempi trascorsi vi procurò o tentò procurarvi del male, tralasciate ogni atto di violenza verso di lui, non 10 ingiuriate, non dategli la sodisfazione di rivolgergli la parola, di costringerlo a mentire facendogli con la forza espri mere sentimenti che non ha mai avuto, di obbligarlo a un grido di evviva che risonerebbe come un insulto. E poiché ho parlato di anima italiana bastano a definirla i due seguenti episodi di guerra vissuta. Scendevano pallidi ed affranti alcuni prigionieri austriaci verso le nostre seconde linee alcuni soldati, al vederli passare, non potevano trattenere qualche frizzo o qualche motto sarcastico al loro : indirizzo. Tra i più infatuati vi era | un allegro soldatino che in perfetto to-; scano, ad un austriaco giovanissimo e dall' aspetto infantile, rivolge scherzando | questa frase: Dà retta, muso sudicio, quant'è che t'à lasciato le sottane della tu' mamma ?» Il prigioniero non rispose ; ; ebbe una breve eppur marcata contra-! zione di dolore nel volto e fece uno sforzo per trattenere una lacrima. Poveretto ! certo aveva compreso la uostra lingua e forse in un attimo ebbe la nostalgica visione di sua madre e della casetta sperduta tra il verde del suo paesello: questo vide e comprese in un baleno il nostro soldatino; stette un momento perplesso, si fece serio, forse ripensò anch' egli a sua madre, raggiunse 11 prigioniero e gli offri metà della sua pagnotta dicendo: «Un ci pensare, sta contento, che ti menano a star bene!» E per tutto il resto della giornata non parlò più. Utf altra volta durante una piccola e fortunata azione scendevo da una trincea, appena conquistata, disgustato da un atto di barbarie nemica. Un nostro «ardito», caduto disgraziatamente in mano degli austriaci, era stato barba ramente ucciso e portava sul povero corpo martoriato e sanguinante le tracce di oltre dodici colpi di pugnale. Alla fine del 'camminamento incontro un soldato che trasporta faticosamente verso il posto di medicazione un ufficiale nemico gravemente ferito, sfidando le pallottole e lo scoppiar delle granate; lo guardo e non credo: è il fratello dell'«ardito» ucciso che poco prima, sulle spoglie straziate del caduto, aveva giurato terribile vendetta. E tanti, e tanti episodi consimili potrei narrare, per poter mostrare tutto lo spirito, tutta la abnegazione, tutta l'anima dei soldati nostri che può considerarsi la parte migliore dell' anima italiana. Anche noi si lotta e si colpisce; anche noi si uccide e si distrugge, quando è necessario, ma al disopra della necessità assoluta, come puro retaggio della nostra razza sta l'oblio, l'amore, il perdono. S. C. Siam molto lieti, e orgogliosi di poter pubblicare questo magnifico appello scritto da un soldato italiano che provò tutte le asprezze della guerra e vide coi propri occhi esempi di magnanimità sì grandi e sublimi. Nessun dubbio per noi costituire questi esempi il documento più vero e pia grande di ciò che è il popolo italiano anche negli-strati più inferiori della popolazione. Ex siamo lieti pensando sopratutto alla solenne lezione data da un soldato italiano a quei nostri concittadini e comprovinciali che pretendono di magnificare V Italia e di far opera grata ai suoi eroici difensori, bastonando e offendendo non solo i delatori veri e propri, coloro che anno orbato i vecchi genitori dei figlioli, le donne dei mariti e dei fidanzati, internati o mandati alla caserma, anche se innocenti e inabili, ma perfino austriacanti in buona fede, uomini che nell'ambiente da lor vissuto, nella casa paterna, nella scuola e nella chiesa appresero ad amare V Austria e i suoi imperatori come simbolo vivente della religiosità, dell' ordine, della organizzazione statale forte, sapiente, utile e necessaria. Ma v' à di peggio. In una cassetta della Redazione stan rinchiude alcune lettere di capodistriani dalle quali stillan tante lagrime quante ne versaron e ne versano tuttora, entro it chiuso delle loro abitazioni, italiani di fede sempre viva e ardente. Sono contente le iene e le tigri che vorrebbero macchiare Vonore d'Italia, celebrando la liberazione di queste terre con un banchetto cannibalesco ? Ma ritorneremo su questo argomento in uno dei prossimi numeri. a. b. Miseria grande e bisogno urgente di provvedimenti. Il giorno 13 corr. mese il capitano Bizzarri accompagnato dalla signorina Pieri e da un membro del Comitato festeggiamenti, si recò fra la povera gente di Bossedraga per distribuirvi una parte del denaro raccolto durante la sua conferenza. I beneficati, oltre 100 persone, ricevettero, chi 20, chi 16, e chi 10, e 5 corone a seconda del bisogno. Si spartirono così circa 500 corone. Ma che cosa son mai di fronte allo spettacolo di miseria offerto da tanta povera gente? Una goccia d'acqua che cade nel mare. Listino delle merci fornite dalla locale Commissionn d'Approvvigionamento dal 11 al 17 m. c. : Qualità del genere Sett. per persona Prezzo per chilo ©T5 65 af = Sf deca Lire Z2 •ù j Farina gialla . . . 50 3.— 94 » di frumento . 50 3.60 93 Orzo pilato .... 10 3.— 96 20 5,— 96 3 40,— 97 10 8.— 100 Biscotti...... 3 14.— 99 Carne in conserva* . 1-2 3.— 98 Zucchero ..... 18 2.50 92 *) 1 vaso fino a 6 persone, 2 vasi da 7 in più. NB. I meno abbienti ricévono la merce gratuitamente. Eventuali reclami per i meno abbienti si accettano soltanto martedì 12 e mercoledì- 13 corr. Circolo socialista Edmondo De Ami- cis e Federico Adler. Tutti ou