ANNALES 2/'92 OCENE IN POROČILA obravnavanega področja, tako za učitelje zgodovine kot tudi za učence in mentorje arheoloških ter zgodovinskih krožkov na šolah, za raziskovalce ledinskih imen in ljudskega izročila, zgodovinarje, načrtovalce posegov v prostor in še za mnoge druge. Obenem lahko služi tudi kot dopolnilo Krajevnemu leksikonu Slovencev v Italiji I, Tržaška pokrajina, ki je izšel leta 1991 v Trstu. V uvodu publikacije je zapisano, daje pričujoči zvezek šele prvi v seriji, ki naj bi v naslednjih letih zajela celotno tržaško pokrajino. Kot korak v tej smeri gre razumeti tudi "Prispevek k topografiji obale Miljskega polotoka", Kronika 37/1-2, Ljubljana 1989, s. 16-20, avtorja M. Župančiča, ki je objavljen tudi v italijanščini pod naslovom "Contributo alla topografia archeologica dell'Istria nord-occidentale", Atti XX, Centro di ricerche storiche - Rovigno, Trieste-Rovigno 1989-1990, s. 381393. Ker ima podobne načrte (izdajo arheološke karte celotne pokrajine) tudi spomeniška služba Furlanije-Ju-lijske krajine (Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici, archeologici, artistici estorici del Friuli-Ve-nezia Giulia), lahko le upamo, da bo možna uskladitev različnih pogledov in prijemov ter da bo s skupnimi močmi mogoče pripeljati delo do zaželjenega cilja. Naj sklenem ta zapis z željo, da bi podobno arheološko topografijo čimprej dobilo tudi koprsko področje in njegovo zaledje, saj je bilo pred časom delo na tem že zastavljeno. Radovan Cunja Mario E. A. Zetto: IL PLACITO DI RISANO, Edizioni ANVGDERI, Trst, 1989 1. Sfogliando con il pollice, in fretta, il libro di Mario Zetto, abbiamo súbito, a prima vista, l'idea di avere in mano uno di quei libri che si definiscono semplicemente belli. Un libro é bello quando sfogliandolo di sfuggita in qualche librería ci promette un'interessante lettura. I titoli dei capitoli, la loro disposizione, i disegni e le cartine geografíche, ed infine lefotocopie dei documenti antichi in questo libro non possono che prometiere un'interessante lettura agli esperti in materia, ma, cosa molto importante, anche a quelli meno esperti e a quelli che non sono esperti affatto. Ed infine la rilegatura, non so se scelta a posta o a caso, non dura e rígida, da al nostro libro un'aria piu accogliente, non quella severa, ufficiale, solenne condizionata dalla rilegatura rígida, magari in pelle. 1.1. All'inizio del libro troviamo la presentazione di Francesco Semi, noto scienziato italiano: lingüista, díaletto- logo, storico deli'arte, traduttore dal latino, scrittore..... e una breve nota dell'autore dove ci spiegacome leggere "el venetoistrián de Capodistria". L'ortografia usata dal generale é uguale a quella usata da Mario Doria nel dízionarío del dialetto tríestino, con una differenza pero: "davanti ale letere bep, se meti senpre n e mai m come se fá in 'talián. 'Ste do letere nb e np se le prononsía come che le se (sono) scrite." Un dialetto, se non diventa lingua letteraria (standard), non ha leggi ortografiche fisse. Ognuno che deve o vuole scrivere in dialetto sceglíe, o rifiuta, una tradizione, oppure inventa una propría ortografía perché negare questo diritto al nostro autore che, per esempio, rifiuta la x goldoniana con le seguenti parole: "Co unas cusi se pol mandar al diavolo la letera x de goldoniana memoria, che in 'talián se usa solo per serte parole foreste o de orisine grega, e che int'el'antíca lingua veneta o venetoistríana tanto se l'íste-so! la se deventada solo una bruta tradisión che n'á passá í nostri stranoní, piü che una letera sebén sbaliada che no se possi far de meno." II lavoro é diviso in tre parti essenziali: nella prima Zetto descrive la situazione storica dell'época, i parteci-panti al plácito, il luogo dove si é svolto il plácito. II capitolo piu interessante (ci sono dieci capitoli) di questa prima parte é ¡ntitolato El viajo via tera, de Aquisgrana a Risán dei judisi imperial dove Zetto cerca di giustificare la data, da luí stabilíta (definita), del plácito, partendo dalla data dell'ordine imperiale e prendendo in consíde-razione le condizíoni meteorologiche e le possibilitá che offrívano i mezzí di trasporto dell'epoca. La brillante analisi ci porta alia festa de San Fiero e Pao/o. La seconda parte del libro riporta le fotocopie del manoscritto de II Plácito di Risano nel Códice Trevisaneo e nel Codex Diplomaticus Venetus Sacer et Profanus ab Anno 686 Usque 1512 seguite da una versione a stampa ríprodotta ne I placiti del Regnum Italiae, a cura di Cesare Manaresi del 1955. Latraduzione di questa versione conclude la seconda parte. L'ultima parte pregnante del libro é la conclusione che porta il sottotítolo: Mejo crepár che viver in 'sta maniera! una frase dal Plácito (la stessa frase viene ríportata anche sulla copertina del libro). Nella conclusione l'autore cerca di spiegarci come sono andate le cose dopo il plácito, paragona la vita medievale alia nostra e conclude: "Dopo 'ver fato 'sto cavario (tuffo) int'ela fonda note del Medioevo, 'rivai a 'sto punto podemo far un confronto tra la vita dei nostri antichi e la nostra de oji. E se saltassi fora ancora qualchidun, a dir che ghe saria piásso (piaciuto) viver ínt'i tenpi passái, mi ghe consiliaria de lésserse un'altra volta quel che el plácito de Risán una stríngada testimoniansa scríta de un povero diácono, instremí (impaurito) dei su' superiori ciamái al plácito per rispónder dele propíe colpe, a ga scrito sui foli de cartapecora, ma soraduto tra le righe perché vol dir che ala prima letura a ga leto solo le parole sensa capír quel che le voleva dir. / Bastaría che ghe vignissi inamente la disperasion de quel Istrián (testimonio de acusa contro quel dominedlo d'un governatór franco de l'lstría e la crica dei sinque vescoví istríani), 296 ANNALES 2/'92 OCENE IN POROČILA quando ala fin dele su'acuse, pronosiade ciare, precise, una per una, davanti a sitadini de dute le sita e borghi istriani, e dei judisi de Cario Magno no podéndoghene piü per la rabia in corpo e per la su'inpotensa contra personáji cus! altolocái, a ga sbrocá fora (proruppe esa-sperato): 'Se Cario, el nostro inperator a ne jutará, po-daremo ancora tirar avanti, sino (altrimenti) se méjo crepár che víver in 'sta maniera!'" t.t.l. II libro é scritto in due idiomi che si alternano: l'istro-veneto di Capodistria e l'italiano standard. La parte in italiano standard verrá trascurata in questa sede perché riteniamo che l'autore abbia prima scritto il testo in vernacoloe poi l'abbiatradottoin italiano con unoscopo preciso di non limitare la vita della sua opera a una ri st retta co m u n itá I i ngu i sti ca, q u e 11 a ve neta, ma d i offrirlo ad un vasto pubblico (non solo italiano). Pensiamo che l'autore speri che anche il lettore nonveneto leggerá il testo in vernacolo; ecco che allora lo aiuta con spiega-zioni in italiano (fra parentesi) delle parole meno comuni o piü difficili. 2. II dialetto istroveneto di Capodistria. 2.1.1 dialetti preveneti della nostrazona. Per poter collocare con precisione il dialetto romanzo di Capodistria é necessario daré un quadro lingüístico sincrónico e diacronico della zona piü ampia dove oggi si parla il nostro dialetto. Cominceremo con tre idiomi estinti: tergestino, mugí ¡sano e vegliot(t)o. II tergestino e il muglisano sono due dialetti di tipo friulaneggiante. II primo si estinse all'inizio del XIX, il secondo verso la fine dello stesso secolo. Appartengono ai dialetti ladini. Cario Tagliavini scrive: "La sezione orientale (se dei dialetti ladini) é formata dal Friulano e va dai confini del Cómelico fino alie porte di Trieste. Trieste e Muggia erano una volta ladine, ma il Veneto si é sovrapposto all'antica parlata (tergestina e muglisana). Ancora nel 1928 si pubblico a Trieste un libro di dialoghi, nell'antico dialetto tergestino, di Ciuseppe Mainati, sa-grestano della cattedrale di San Giusto."1 L'ultimo parlante del dialetto tergestino fu Giuseppedejurco, morto nel 1889. II muglisano si spense un po' piü tardi. Nel 1976 Decarli scrive: "Ai Muggesani é tuttora rimasta la tradi-zione órale di una strofetta in lode alia loro cittá che usano declamare, magari storpiata, per puro spirito cam-panilistico (O Mugía biela di quatro ciantons/quaro bigi di pan non manda mai;/e Yaga del Plain con quela de Risan non se con fai)".2 1 2 3 4 5 II vegliotto si spense nel 1898 con la morte di Antonio Udaina detto Burbur, l'ultimo parlante di questa lingua che luí stesso chiamava veklesun (agg. di Vikla "Veglia"