received: 2008-01-22 UDC 165.241:316.324.8 original scientific article LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE Italo Francesco BALDO Ginnasio - Liceo statale A. Pigafetta, IT-36100 Vicenza, Contra Cordenons 1 e-mail: stoa@libero.it SINTESI II problema dell'interpretazione é problema principe della filosofia. Si pud dire che il tentativo di dare risposta ai quesiti fondamentali ("Che cosa é il mondo?" e "Che cosa sono io?") sia una perenne interpretazione, ovvero un tentativo di fondare la conoscenza del mondo e dell'uomo stessi. A questa prospettiva si é affiancato negli ultimi due secoli il tentativo di dare solo una risposta che valga unicamente per il singolo, il quale detiene tutta la realta ed egli ritiene che solo a lui questa debba fare riferimento, senza alterita o preoccupazione di autentica conoscenza. Il dramma dell'Occidente é rinchiuso in questa riduzione al singolo essere, che pretende che tutto sia quanto egli vuole. Parole chiave: interpretazione, filosofia, conoscenza, singolo, tramonto, Occidente THE NEW BABEL OR THE END OF INTERPRETATION ABSTRACT Interpretation is the main problem of philosophy. We can say that the attempt to give an answer to the basic questions ("What's the world?" and "What am I?") is a an everlasting interpretation, or an attempt to found the knowledge of the world and of the man themselves. In the last two centuries, this view has been flanked by the attempt to give an answer valid solely for the individual, who has the truth and considers that this truth has to appeal only to himself, without alternative or care for true knowledge. The drama of western civilisation is due to this limitation to a single being, who pretends that his situation is exactly what he desires. Key words: interpretation, philosophy, knowledge, single, decline, drama, Occident, western civilisation 1 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 PREMESSA "L'uomo è uomo in quanto parla" sosteneva Wilhelm von Humboldt, ma un uomo che è suo vicino, lo interpreta. Questo il destino delle umane genti, parlare e interpretare, anche quando il parlare fosse scritto (cf. Heidegger in: Caracciolo, 1973). Con la nascita dell'uomo si pone fin da subito il problema dell'interpretazione, che è poi il problema della comprensione, quindi della conoscenza, che non puo avvenire se non vi è interpretazione del mondo. Infatti, che cosa altro è la conoscenza e in particolare la filosofia se non il tentativo, secolare di fornire un'organica, purtroppo talora contraddittoria e confusa interpretazione del mondo? Proprio dalla filosofia nasce l'esigenza di dare risposte precise, di comprendere - interpretare il mondo.1 Potremo delineare l'intera storia della filosofia fino ai nostri giorni come il problema di stabilire che cosa e in che modo interpretare. Classicamente, la filosofia che intende rispondere alle questioni fondamentali: "Chi sono?" e "Che cosa è il mondo?" e "Quale il fine dell'uomo e del mondo?" pone il tema di interpretare. Cio è accaduto anche prima della nascita greca della filosofia, in quella che gli storici definiscono sapienza pregreca, cioè in quella magica dei Caldei o gimnosofista degli indiani o, come sosteneva gli storici della filosofia del Settecento, nel sapere druidico. A tutto cio si affiancava un altro sapere, quello della religione, del mito; ognuno un modello di ragionamento, specifico e non subordinato l'uno all'altro come affermavano le interpretazioni dell'illuminismo, di G. Vico e del positivismo di A. Comte (cf. Frazer, 1990). Tutti, magia, mito, religione, filosofia, scienze non sono che interpretazioni del mondo, ognuna con un suo preciso statuto, con caratteristiche problematiche proprie, che possono anche variare a seconda dalle latitudini, delle epoche, perché gli uomini hanno sempre risposto ai quesiti fondamentali e la loro risposta puo essere rintracciata in tutte le espressioni presenti in una determinata società. Non sarebbe concepibile il diritto positivo in una società tribale, come non sarebbe concepibile la visione del divino nel mondo greco senza quella particolare interpretazione dell'uomo. Ognuno di questi saperi dava e dà luogo ad altri saperi, a molteplici mani-festazioni, e ciascuna di esse affonda le proprie radici nella interpretazione, ovvero nella risposta che è fornita a quelle domande fondamentali di cui abbiamo riferito. E' un'immagine dell'uomo e del mondo che in connessione con l'interpretazione dell'uo-mo e del mondo costruisce il mondo stesso. Seguire proprio queste immagini significa porsi in rapporto chiaro e diretto con le epoche che le hanno espresse. Nasce in 1 Come non ricordare a questo proposito l'XI tesi su Feuerbach di K. Marx: "I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo." in Engels, 1969, 86. La tesi e ben nota e indica come il compito della riflessione sia terminato, ma proprio lo stesso autore continuero ad occuparsi di filosofia e cosí pure il movimento da lui generato, confermando in tal modo che la filosofia e comunque interpretazione e interpretazione che porta a delle specifiche posizioni politiche. 2 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 ció, come ben sosteneva Luigi Payreson, in questo il problema del rapporto tra verita e interpretazione.2 E', infatti, precisa proprio Pareyson l'interpretazione che "qualifica quel rapporto con l'essere in cui risiede l'essere stesso dell'uomo; in essa si attua la primigenia solidarieta dell'uomo con la verita" (Pareyson, 1971, 53). Fin dall'inizio della spe-cializzazione e stato inteso che ogni atto umano e interpretativo, perché e nella stessa natura umana la curiosita, cioe il desiderio di dare un'interpretazione a se stesso e al mondo. Ben precisava ció Aristotele nel libro primo della Metafísica: "Tutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscenza: ne e un segno evidente la gioia che essi provano per le sensazioni, giacché queste, anche se si metta da parte l'utilita che ne deriva, sono amate di per sé, e piu di tutte le altre e amata quella che si esercita mediante gli occhi" (Metafísica, I, 980a). Proprio per questo motivo "Interpretazione e anche quell'attivita che e la filosofía, la quale e, nello stesso tempo, una teoria dell'interpretazione, cioe filosofia e filosofia della filosofía" (Santinello, 1984, 184). Ma non si pensi che l'atto interpretativo sia questione "metafísica", lo e, ma in quanto ogni metafísica coinvolge direttamente l'uomo anche nella sua dimensione esisten-ziale, storica, perché la dimensione interpretativa e essenziale ed essa da accesso alla verita. Questa la linea generale che possiamo rintracciare in gran parte della elaborazione filosofica, da Talete all'Ottocento, quando il quadro della dimensione "interpretazione" mutera sia nell'ambito della stessa ricerca filosofica sia in quella scientifica. Sempre piu dalla meta dell'Ottocento con la crisi della matematica e della fisica classiche, l'interpretazione assumera la caratteristica di essere "una delle pos-sibili" risposte e essa tendera a scindere il legame con la dimensione della verita. Ció comportera un passaggio alla riflessione filosofica, fino ad affermare la negazione dell'esistenza possibile della verita: esiste solo ed unicamente quanto in questo momento riusciamo a definire, sempre aperti a nuove interpretazioni. Questa e un'im-portante affermazione, giacché sostiene che le scienze, la loro ricerca, come sostiene D. Antiseri sulla scia della elaborazione di K. Popper, non possono piu pretendere un'interpretazione universale, ma solo relativistica, intesa "come non assolutismo", cioe come una posizione non fideistica e non dogmatica (Antiseri, 2003, 8). Le conseguenze di questa posizione nell'ambito scientifico inducono a negare qualsiasi possibile umano assoluto e non solo nell'interpretazione di cui l'uomo e capace, ma anche nella sua esistenza, nella societa. Societa aperta dunque, cioe aperta al maggior numero possibile di portatori di idee, ideali e fedi diverse e magari contrastanti, con l'unica preoccupazione di chiudere ai totalitarismi politici e alle intolleranze. Un'im-portante prospettiva questa, che privilegia la dimensione razionale dell'uomo, che tenta di trovare continua soluzione ai problemi, attraverso congetture e confutazioni, che egli stesso si pone, che il mondo pone e gli pone. Accanto a questa nasce e si 2 Il problema e ben precisato da Pareyson, 1971 e Santinello, 1984, 183-194. 3 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 sviluppa in sordina, ma ha oggi un grande impatto, la visione che non esista più l'uomo, ma solo il singolo: è l'elaborazione di M. Stirner, che non porta a quella relazione tra le diverse interpretazioni, tra le diverse congetture e soluzioni, né implica classicamente la dimensione di una ricerca della verità, che non è mai stata intesa nelle scienze, ma nella scienza, ovvero nella teologia.3 Le considerazioni del pensatore tedesco inducono a riflettere sul fondamento stesso della possibilità dell'interpretazione ovvero singolo esprime e che gli consente di porsi di fronte a se stesso e al mondo senza dover mai tener conto dell'alterità. Questa prospettiva dove la libertà come assoluto pone ogni singolo nella condizione di poter interpretare senza dialogo, senza confronto, almeno controverso, ovvero senza alterità, il mondo. Ogni singolo diviene cosí interprete, facendo quindi nascere una babele di interpretazioni, ognuna valida, perché detta valida, ognuna relativistica, non perché non assoluta, ma perché relazionata solo a se stesso. In questa prospettiva non vi è posto per l'uomo, ma solo per il singolo, che nella sua assoluta solitudine erge a realtà totale proprio solo ció che egli interpreta, cambiando interpretazione non se-condo dati, o prospettive, ma unicamente secondo il proprio volere. Non più im-magini o idea o definizione dell'uomo, ma solo esistenza del singolo, perció non vi è più la possibilità di una dimensione esistenziale almeno comune tra soggetti umani e quindi che non vi puó essere neppure un'interpretazione generale; non vi è più nem-meno la possibilità di istituzioni orali, politiche, giuridiche o economiche, ma solo il volere del singolo è eretto a istituzione, perchè è il singolo a fornire l'interpretazione di se stesso e del mondo che lui vuole. Per precisare dunque vi sono tre livelli di interpretazione: il primo è quello della ricerca filosofica e scientifica ovvero la ricerca di definizioni, elementi, principi, modi di e per la conoscenza Interpretare significa conoscere. Il secondo è quello della sofistica, che attraverso l'arte della retorica interpreta il mondo non per quello che esso puó essere indipendentemente dall'interprete, ma solo per quello che è per l'interprete. Infine il terzo è quello che si sta diffondendo a partire da una nuova visione antropologica, dove non si pone nemmeno più in modo diretto come per i sofisti la strumentalizzazione, ma si pone il mio singolare modo di interpretare il mondo. Non vi è quindi nemmeno più il problema di una comprensione, né quello di un utilizzo, ma semplicemente io mi esprimo, io interpreto; non vi sono mediazioni, c'è solo la 3 Non ci si stupisca dell'uso del termine. Lo stesso Aristotele poneva la teologia al sommo grado della metafísica, perché essa cerca di interpretare e conoscere il fondamento, cioe Dio. Vi e purtroppo anche tra i filosofi spesso la confusione di identificare la teologia filosofica, con quella dell'ambito religioso, ovvero piu propriamente la teologia rivelata. Certamente tra teologia della filosofia e teologia rivelata, come ben ha evidenziato ad esempio San Tommaso d'Aquino, i rapporti possono essere stretti, ma ognuna ha un suo statuto e un suo ambito di ricerca, confonderli, significa proporre un'interpretazione a-storica, fondata in genere su pregiudizi di origine illuministica, cf. Tribecchow, 1719. 4 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 possibilita eventuale da me posta di una condivisione come si usa spesso dire oggi. L'esito di siffatta prospettiva e una babele di interpretazioni dalla quale e ben difficile uscirne. A ciascun "modello" di interpretazione seguono gli ambiti, cosí se la ricerca interpretativa e scientifica avremo le istituzioni di un governo bene ordinato, o almeno il tentativo di dare alle istituzioni una prospettiva unitaria. La legge non e ad arbitrio, ma e stabilita, almeno convenzionalmente. Nella sofistica si prescinde da un'inter-pretazione possibilmente univoca, ma in modo rilevabile si utilizza quanto serve alla propria prospettiva; appare quindi la suddivisione in partiti, ognuno dei quali portatore o si ritiene portatore della interpretazione migliore. La terza, non ha nessuna interpretazione generale e quindi non ha il problema delle istituzioni, quando queste esistono, esse sono e debbono essere al servizio della mia esplicita volonta: quod mihi placuit, lex debet esse. L'ORIGINE E SVILUPPO DELL'INTERPRETAZIONE Fu il filosofo greco Aristotele il primo a riflettere in modo organico sull'in-terpretazione, con il testo ftepí ép^veíac;,4 noto con il nome latino De interpre-tatione.5 Il testo e importantissimo, perché sottolinea fin dalle prime righe che non si puo né esprimere, né comprendere, né comunicare qualcosa se non si ha immediata 4 II testo fu inserito da Andronico da Rodi, colui che riordino le opere dello Stagirita, in quelle di lógica (Organon), insieme a: Categorie, Primi analitici, Secondi analitici, Topici, Confutazioni sofistiche. 5 Il testo e complesso e soggetto ancora oggi a dibattito. Ne diamo qui le linee generali: capp. 1-6 servono da introduzione, introducendo le nozioni di nome, verbo, logos, enunciato dichiarativo, affermazione, negazione e contraddizione. I capp. 7-14 esplorano i rapporti tra le coppie di enunciati contraddittori, con speciale attenzione per la distribuzione dei valori di veritá e quindi per la validitá o meno del Principio di Bivalenza (secondo cui ogni proposizione e vera o falsa) e di RCP (=Rule of Contradictory Pairs: il principio per cui di due proposizioni contraddittorie una e vera e l'altra e falsa, corrispondente alla tavola di veritá della negazione in logica proposizionale). In particolare, vari capitoli prendono in considerazione casi in cui RCP cade; in quest'ottica anche il cap. 9 trova la sua collocazione. Che significa nspi ép^qvEÍa". II termine puo essere fuorviante per il lettore moderno. Nei testi antichi, precedenti e contemporanei ad Aristotele, il valore di ép^rfVEÍa e 'espressione linguistica' o 'comunicazione': Platone Repubblica, 524b, Teeteto, 209a; X. Menone, IV.3.12; Aristotele. Analitici primi. 420bl9 (dove = Sioáeko"), Parti animali 660b35 (del linguaggio degli uc-celli), Poitico,. 1450b14, Topici, 139b13-14. Il primo a usare interpretado come traduzione di ép^rusía e Boezio, il quale pero piega il vocabolo latino ad assumere il valore di vox significativa per se aliquid significans. In epoca moderna - indipendentemente dalla formale adesione alla traduzione boeziana ma solo G. Colli (1955) arriva ad adottarla come traduzione del titolo, Dell'espressione. Giá il codice Laur. Flor. 72.5 (d), comunque, intitola l'opera De elocutione. Il titolo nspí ép^rvsía" pero non e affatto appropriato al contenuto del trattato, che come si e visto e molto piu specifico. Alcuni interpreti suppongono che il titolo originario fosse Sull'affermazione e la negazione nspí KaTa^ám" Kai ánonásm", appoggiandosi al fatto che Teofrasto - che scrisse opere con titoli corrispondenti a quelli di tutti gli altri trattati dell'Organon - scrisse un trattato con questo titolo, il cui contenuto coincideva con quello del De interpretazione (frammenti 71G, 7279, 81B; cf. Fortenbaugh, 2002). 5 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 chiarezza della definizione dei termini che usiamo, prima di tutto dal punto di vista logico (che cosa è nome, verbo [...]), poiché il testo intende parlare proprio dei pensieri e della loro possibilità di interpretare, esprimere il mondo. Infatti, questi pensieri possono avere valore di verità o non averlo. Non sono i termini, in quanto tali, a possedere o non possedere verità, ma la loro organizzazione in pensieri e in, ovc^axa o anche enunciati.6 Percio il termine "uomo" non è vero o falso, se non è accompagnato dal verbo "essere", ossia "l'uomo è, in quanto esiste" e se esiste comunica, dato che la sua stessa esistenza è quella della relazione ossia l'uomo è un essere/animale politico.7 Passare dalla definizione alla interpretazione, comunicazione, ovvero agli enun-ciati significa porsi il problema della verità: "de enuntiativa oratione, in qua verum vel falsum invenitur. " Cio non come astratta ricerca, ma sostenendo ben chiaramente che l'eloquio, "l'oratio est quodammodo interpretativa voluntatis humanae" (Summa Theologiae, III, 21.4c). Vi è dunque da tener presente che ogni interpretazione ha questo riferimento, ma lo scopo principale rimane quello di definire sia gli strumenti (nomi, verbi, ecc.) sia gli enunciati che sono tramite questi costruiti e che sevrono appunto a consocere il mondo. Intepretare vuol dire conoscere, secondo una pro-spettiva di precisa analisi oggettiva, di cio che è, distinguendo cio che è nel mondo fisico e cio che è metafisico, ossia l'essere in quanto essere. Una strada quella aristotelica che si affaccia alla storia della filosofia, cercando di sistemare anche quanto si era elaborato precedentemente. E' ben noto che il linguaggio, come attesta anche Adamo,8 è sempre veicolo di comprensione, che pero gli uomini confondono quando presumono di voler arrivare fino al cielo: è Babele, che significa che il linguaggio diventa infinita possibilità di espressione e quindi anche di confusione. Anche la ricerca dei Sofisti, che compresero l'ambivalenza possibile del linguaggio,9 si colloca in questa direzione. Valga tra tutti i possibili l' esempio, il più noto, L'encomio di Elena di Gorgia da Leontini, che dimostra la possibilità di utilizzare il linguaggio non ai fini di una consocenza, 6 Significativo e come san Tommaso d'Aquino nomini a questo proposito il testo aristotelico "De enuntiativa oratione, in qua verum vel falsum invenitur" (d'Aquino, 1989). 7 Questa definizione spesso abusata, significa solo e propriamente un animale che vive con molti; la politica come ricerca del bene comune e dell'arte di governare e in relazione alla dimensione morale nello stesso Aristotele. Infatti, egli ricerca uno Stato bene ordinato, forse sarebbe preferibile utilizzare la traduzione, ma non letterale, di animale sociale. 8 "Cosí l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovo un aiuto che gli fosse simile" (Genesi, 2,20). 9 Con chiarezza possiamo indicare quale sia la prospettiva dei Sofisti a proposito del linguaggio e dell'interpretazione: Se esiste qualcosa, non e comprensibile in quanto tale. Se e comprensibile, non e esprimibile la natura di qualche cosa in quanto tale. Se e esprimibile, e solo interpretabile dal soggetto che la esprime. Se e comunicabile l'interpretazione, questa e recepita non come tale, ma come interpretazione. 6 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 ma solo della strumentalizzazione che si intende compire del ragionamento, non a caso infatti gli enunciati sofisti sono corretti dal punto di vista formale, ma non dalla verifica della verità, cioè della consocenza cui mettono capo. Su questa scia le in-tuizioni del sofista, ma non retore, Prodico sono ancor oggi molto intressanti. Soste-neva il filosofo di Ceo (isola delle Cicladi) che il linguaggio - le parole - sono un fatto naturale se considerato in sé (etimologia), ma anche un fatto convenzionale, se considerato nella sua applicazione pratica (sinonimica), all'interno di una società. Intatti l'etimologia, individuando l'origine di un nome e collegando dei suoni a degli oggetti, a fatti naturali, stabilisce una stretta dipendenza della parola dalla cosa. Socrate che comprese tutto ció, pago con la condanna a morte (cf. Apologia di Socrate), l'essersi erto contro la strumentalizzazione della consocenza, perchè essa è frutto, come ben dimostrerà Platone, di intensa ricerca, di intenso sforzo di cono-scenza. Anche Platone, in particolare nel dialogo Parmenide, effettua una ricerca intorno al linguaggio degli uomini, ma la sua è una ricerca sul campo, nell'utilizzo del linguaggio, cioè Platone non distingue, come farà Aristotele, una forma ed un contenuto del linguaggio e della costruzione di enunciati, ma in ogni caso egli rappresenta il primo passo riflessivo su tale argomento. Infatti il criterio per giudicare vero o falso il linguaggio degli uomini non è la sua corrispondenza con quanto i sensi attestano. Questi non possono che limitarsi al divenire delle cose, non alla com-prensione delle cose in quanto cose. E' necessario andare oltre, cioè analizzare il contenuto logico delle parole, che, peró sono utilizzare e si mescolano in modo contraddittorio. Bisogna coniugare l'essere con il pensiero e con il linguaggio, questo è il risultato aristotelico, affinché sia possibile conoscere ció che è, da ció che non è, anche se questo "non essere" fosse pure espresso in forma linguistica. Cosí il ragionamento non puó apparire contraddittorio, come gli enunciati, ma deve essere dedotto, vale a dire che partendo da proposizioni poste come premesse si ricavano delle conclusioni.10 Per evidenziare al massimo, lo stesso Aristotele affronta il tema del nome di cui si comprende il significato, ma non l'essere, è l' ircocervo, di cui si puó sapere solo quello che significa la parola, ma non ció che in realtà è. Tale nome vale solo in quanto nome e significa di certo qualcosa, ma non che cosa è determinante. Di conseguenza, non solo non esiste un parallelismo tra nome e cosa, ma la cosa è posta al di fuori del piano logico-linguistico. Cosicché è la ragione che conosce, ma co-nosce perché è. L'essere non è come il linguaggio, l'espressione, in qualche modo dipendente dalla volontà, ma sussiste di per sé. Le ricerche antiche hanno posto in modo chiaro il tema dell'interpretazione, come base della conoscenza, anche attraverso il linguaggio e possiamo sostenere, esclu- 10 Sara il grande sviluppo della logica, che Aristotele proporra sia con il sillogismo scientifico che con quello morale. 7 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 dendo la posizione estrema dello scetticismo antico,11 che bisogna giungere alla piena riflessione medioevale, dopo le sistemazioni della cultura operate in particolare da Rabano Mauro, il praeceptor Germaniae, il quale approfondi il tema, anche se sulla scorta delle Isagoghe di Porfirio e degli scritti di Severino Boezio. Si deve al dibattito tra nominalismo e realismo l'aver posto nuovamente la questione se il linguaggio dia luogo ad un'interpretazione della realta in quanto tale o sia solo un uso convenzionale. Ambedue le scuole utilizzarono sia Platone che Aristotele. Soprat-tutto il nominalismo lesse l'affermazione aristotelica sul nome del De interpretazione (De interpretatione, II, 16a19-20), come convenzione e quindi nome esistente solo nella elaborazione razionale senza agganci con la realta dell'essere della cosa detta dal nome. Tra le due scuole (cf. Padellaro De Angelis, 1970; Putnam, 1975) aspra fu la contesa e essa permea piu o meno direttamente tutto lo sviluppo successivo della ricerca filosofica. Le soluzioni furono dal versante realista, il realismo moderato di San Tommaso d'Aquino e il terminismo di G. Ockam, che diedero modo di uscire dalla controversia insanabile, che assume la connotazione di un'antinomia: il nome e in mente, il nome e in re, ma il nome e in re o e in mente? (Bottin, 1982, 87 e seguenti). Ricordiamo qui solo per inciso Raimondo Lullo e la sua ars combinatoria, che tra i primi tentó di fornire uno schema per l'interpretazione del mondo senza problemi di controversia, ma a questo pensatore spagnolo ne seguirono molti e possiamo senza difficolta affermare che il problema dell'interpretazione si e posto, pur con soluzioni assai diversificate, sempre nella direzione che per la conoscenza fosse necessaria la definizione dei termini, che si utilizzavano per la conoscenza stessa. Cosi e stato per la rivoluzione scientifica, con l'apice in Galileo Galilei, la quale introduce una visione matematizzante. E' la quantificazione della lettura del sensibile, non la sua 11 Infatti, se non esiste teoria scettica di nulla - perché nulla è dato conoscere in sé e perché lo scettico rifiuta in blocco e a priori, in quanto inevitabilmente dogmatiche, tutte le teorizzazioni - non esisterà nemmeno una teoria che abbia per oggetto specifico il linguaggio. Gli scettici, anzi, da Pirrone a Timone a Sesto Empirico, polemizzano tutti, più o meno direttamente e più o meno aspramente, contro ogni presunta scienza o tecnica linguistica, dalla dialettica alla grammatica, alla retorica; e, nondimeno, essi provano avversione per gli abusi del ragionamento, per le discussioni sottili - tutte egualmente vane - e per il parlare oltre misura. In quanto trasposizione sul piano verbale dei contenuti del pensiero umano, il linguaggio ne condivide pienamente i limiti: è del tutto impotente riguardo agli a8qA,a e non esprime altro che le affezioni soggettive. L'açacia, status che consegue alla rinuncia ad affermare e a negare alcunché, denuncia tale condizione e sancisce l'esistenza di un divario incolmabile tra soggetto e oggetto, tra significante e significato. Al linguaggio non rimane altra funzione se non quella puramente strumentale e rammemorativa; esso allora serve soltanto nella vita privata, come veicolo elementare di comunicazione interpersonale. L'importante è non farne un uso assertivo nei riguardi delle cose inconoscibili ma rimanere quasi passivi, lasciando che le cose si dicano da sé attraverso di noi. Lo scettico, in sostanza, assume anche il linguaggio in maniera adogmatica; egli "esprime quello che a lui appare, e rivela la propria affezione senza asserzioni dogmatiche, nulla categoricamente affermando circa le cose che sono fuori di lui. " 8 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 descrizione a fornire la possibilita di una conoscenza: "A questo fine (per l'analisi dell'eliocentrismo) ho preso nel discorso la parte Copernicana, procedendo in pura ipotesi matematica, cercando ogni strada artificiosa di rappresentarla superiore, non a quella della fermezza della Terra assolutamente, ma secondo che si difende da alcuni che, di professione Peripatetici, ne ritengono solo il nome, contenti senza passeggio, di adorare l'ombre, non filosofando con l'avvertenza propria, ma con solo la memoria di quattro principi mal intesi" (Sosio, 1984, 9). Cosí la filosofia non e una ripetizione di conoscenze, ma essa costantemente si pone il problema di quali siano gli elementi che debbono essere utilizzati per procedere dalla via ipotetica a quella della dimo-strazione. Non si trattera piu di dire che cosa sia l'oggetto in primo luogo, ma quali sono gli elementi/principi per la sua conoscenza. Il ruolo in questa direzione eser-citato da Francesco Bacone, che avverte di non tener presente proprio gli idoli che dal linguaggio o dalla ragione ci condizionano andrebbe analizzato per il suo autentico effetto dirompetene nella cultura scientifica, proprio perché continuamente av-verte la necessita di non accontentarsi in modo stereotipato degli strumenti di interpretazione acquisiti. Apice di cio, dopo la lunga stagione di coloro che chia-miamo per comodita didattica, empiristi e razionalisti e senza dubbio I. Kant. La sua nuova concezione metafisica, come scienza dei principi primi, stabilisce che prima di procedere in una conoscenza e necessario stabilire gli elementi per la conoscenza stessa (spazio, tempo, giudizi, categorie, l' "Io penso", e i principi trascendentali per la formulazione di un giudizio sintetico a priori) e i primi principi metafisici (Baldo, 1989) con i quali e possibile un'esperienza scientifica e quindi ottenere una cono-scenza. E' il modo del conoscere che e posto in primo piano, non l'oggetto. Se cio conduce secondo alcuni interpreti, tra cui Antonio Rosmini, ad un soggettivismo, e pero altrettanto importante considerare che la scienza affrontera da quel momento il problema del proprio statuto, ovvero delle ragioni per cui essa si puo porre come interpretazione del mondo. A questa prospettiva, maturata nel pensiero moderno, segue quella dell'idealismo, dove non un elemento definito e base per la conoscenza, ma un elemento di ragionamento. La Dialettica, in particolare nel pensiero hegeliano, esprime la realta e la realta e espressa proprio dalla dimensione dialettica. Si determina cosí un'identita assoluta tra reale e razionale, tanto che il razionale e reale perché il reale e razionale. E una tautologia, che nel pensiero hegeliano produce una lettura a posteriori del mondo. La verita e l'intiero (Hegel, 1973, 15) che e dato; di questo dato io leggo, dopo che esso si e determinato, quali siano le dinamiche dia-lettiche che lo hanno costituito. E' lettura che non parte né dalla definizione dei termini di comprensione, né del modo, né dei principi; e un'analisi condotta con un gia conosciuto, seppur nell'intuizione e che solo l'analisi puo specificare. Ma questa specificazione dipende dall'intuizione che della realta abbiamo avuto. Un sistema complesso accompagna (cf. l'intero apparato delle triadi, quale e delineato nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio e nella Filosofia del Diritto) il 9 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 processo, che dall'intuizione porta al dispiegamento del contenuto intuito che, cono-sciuto per via razionale, diviene esso stesso razionale, tanto che la lettura razionale è il reale stesso. Il punto fondamentale, come appare chiaro per un'interpretazione è l'intuizione dell'intero, che puo, pero, condurre, lo avverte lo stesso Hegel, ad un idealismo vuoto (Hegel, 1973, 199-201). Interpreto come realtà ció che desidero sia e spiego il suo contenuto sulla base di quanto io desidero esso sia, le eventuali contraddizioni sono le contraddizioni che io pongo e quindi io pongo la soluzione delle contraddizioni stesse. Proprio questa dimensione dell'idealismo hegeliano matura sempre più. Se il pensiero pone l'intero reale, io pongo l'intero reale e quindi il reale è quello che io pongo, in quanto la mia individualità è in grado di porre universalmente quanto essa pone, dacché lo dice universale. I nomi, i principi, gli enunciati, non sono più sottoposti ad un valore di verità, in quanto io stesso stabilisco, se lo ritengo che cosa sia verità e ció che io esprimo, interpreto, conosco è quanto io esprimo, interpreto e conosco. E' dunque la mia singolarità che pone l'universale, giacché io penso l'universale. Non si tratta, come un'antica logica avrebbe affermato di un solipsismo teoretico, una solitaria inter-pretazione del mondo, ma questa è l'unica possibile interpretazione del mondo. M. Stirner per primo ha compreso non che l'individuo possa interpretare e quindi stabilire conoscenze arbitrarie e funzionali al suo utile, come già avevano compiuto i sofisti e i tanti loro seguaci, vivi anche oggi, ma che il mondo è posto dal singolo, che determina quanto esso ritiene sia. Certamente le elaborazioni filosofiche soprattutto a livello della scienza con la crisi della fisica e della matematica classica ha fatto molta strada dalla fine dell'Ot-tocento in poi e anche la stessa nozione di interpretazione nella elaborazione di E. Husserl e la sua Crisi delle scienze europee, che sviluppa la prospettiva fenome-nologica, intesa come la scienza che guarda al fenomeno nel modo più autentico, ovvero guarda l'apparire delle cose entro la coscienza senza la mediazione di tutte quelle teorie che si sono formate lungo l'avventura secolare della filosofia e che allontanano gli uomini dalla percezione immediata del fenomeno. Questa indicazione di interpretazione consente di non farsi condizionare dalla storia per andare al nodo cruciale con il quale noi riguardiamo-interpretiamo il mondo. In questo la riduzione eidetica assume una particolare importanza. Essa significa "ridurre l'idea di un fenomeno alla sua essenza fenomenica prima e originale, priva di accessori. " Riduzione eidetica significa quindi togliere dal fenomeno, preso in considerazione, tutti gli elementi accessori per ridurlo alla sua ultima essenza percettiva. Non è ovviamente lo stesso procedimento analizzato da Aristotele e relativo all'essenza delle cose (essenza come sostanza ontologica), la riduzione eidetica all'essenziale di Husserl fa riferimento invece all'essenza della percezione del fenomeno. E' una svolta contro un tentativo di razionalizzazione estrema, per fare riferimento anche alla realtà dell'uomo, più specificatamente alla sua coscienza di fronte al mondo, fare quindi 10 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 esperienza della coscienza vissuta, che e definita Erlebnis ("vissuto"). Il progetto di coscienza significa fare esperienza del flusso originario e immediatamente intuito delle idee ed e dunque quello di comprendere il senso degli eventi che si mostrano nell'ambito esclusivo dell'Erlebnis, intesa come luogo originario in cui si manifestano i fenomeni, che giungono alla coscienza senza alcuna mediazione. Superare la visione scientista positivista, con il suo scienziato che crede di oggettivizzare la re-altá, senza rendersi conto che egli stesso e pur sempre parte di una realtá soggettiva (il "mondo-della-vita"), il distacco tra la scienza e la realtá immediata della vita fenomenica provoca la mancanza di senso. Cosí la crisi della scienza, in quanto incapace di dare significato alla vita, e vissuta come un fallimento dell'atteggiamento scientifico stesso, giustificando la caduta nell'irrazionale. In realtá l'atteggiamento scientifico e perfettamente legittimo e valido entro i limiti della categoria "oggetto", l'errore e estendere lo stesso paradigma a tutti i campi del sapere in modo sistematico credendo che questo possa trascendere cio che non si puo trascendere, ovvero l'Erlebnis che si manifesta nel "mondo-della-vita". Ecco perché secondo Husserl, il maggior pericolo dell'Europa e la stanchezza: l'occidente vede ormai che l'atteg-giamento scientifico, ovvero il suo "prodotto di punta", non e piu in grado di dare un senso alla vita, poiché non e piu in grado di rapportarsi alla fonte autentica della conoscenza che e il fenomeno puro. Solo un grande sforzo di volontá che superi il naturalismo, ovvero la tendenza ad oggettivare tutte le cose, puo far superare la crisi e la sua espressione: "dalla cenere della grande stanchezza, rinascera la fenice di una nuova interiorita di vita e di una nuova spiritualita, il primo annuncio di un grande e remoto futuro dell'umanita: perché soltanto lo spirito é immortale" (Husserl in: Biemel, 1968). Se non tenuta presente, porta da un lato alla ipertrofizzazione della cosiddetta spiegazione scientifica, e dall'altro, proprio per questa esigenza di ricerca di senso, alla interpretazione secondo il volere del singolo. A queste due prospettive negative vorrebbe rispondere positivamente proprio la fenomenologia husserliana, ma l'indi-cazione non solo non e stata seguita, quindi assistiamo addirittura ad uno sviluppo sempre maggiore proprio della visione/interpretazione singolarista. Da altra prospettiva anche L. Wittgenstein e H. G. Gadamer.12 Il primo ha 12 H. G. Gadamer ha introdotto nel dibattito filosofico il termine "ermeneutica", che indicava nell'ambito delle scienze teologiche, l'interpretazione della Bibbia e in giurisprudenza quella delle leggi. In entrambi i casi non si pensava che potesse apportare delle veritá definitive. Anche in filosofia l'ermeneutica non pretende di fornire nuovi sistemi filosofici ma piuttosto dare all'idea di filosofia un'ampiezza culturale maggiore. L'interpretazione appare cosí una dottrina molto piu universale, poiché il testo che liberamente possiamo interpretare e la storia universale. Ad esempio il modo di concepire il "tempo" e ora non piu quello del tempo misurato ma quello del tempo vissuto, dai singoli e dalle culture. L'interpretazione, infatti, non cerca di stabilire obiettivamente qualcosa di certo ma di portare alla luce il senso celato nelle costruzioni di una lingua, come quando per leggere un testo ad altri lo si interpreta. Nelle scienze naturali il ricercatore deve eliminare la sua soggettivitá, poiché le 11 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 evidenziato che ogni interpretazione del mondo è possibile solo e soltanto se si supera una mera visione scientista per un'autentica ricerca di significato: "Noi sen-tiamo che se pure tutte le possibili domande della scienza ricevessero una risposta, i problemi della nostra vita non sarebbero nemmeno sfiorati" (Wittgenstein, 1974, prop. 6.52). Ma è il secondo che ha individuato nella singolarizzazione dell'inter-pretazione del mondo una visione negativa proprio perché non intende mai sottoporre quanto viene interpretando alla prova e alla possibilità di fallibilità della propria interpretazione. Se il singolarismo afferma la validità di ogni interpretazione, la prospettiva gadameriana assume problematicamente proprio la prospettiva contraria, ossia: non ogni interpretazione vale l'altra. "Le proposte di abbozzi di senso non sono tutte uguali, giacché il testo (e il contesto) non è (o non sono) indifferente (o indifferenti) a tutte le interpretazioni; il testo, retroagendo sulla interpretazione puó demolirla, dimostrarla cioè inadeguata (noi - D. Antiseri che apprezziamo K. Popper - diremo falsificarla), oppure puó confermarla (e anche qui: non certamente per l'eternità, e, anche se ció fosse, non potremo mai saperlo con certezza). Questo, dunque, è il circolo ermeneutico: la descrizione di ció che cade nel processo interpretativo (e simultaneamente la prescrizione di ció che deve accadere, se vogliamo interpretare adeguatamente un testo" (Antiseri, 1985, 10), ovvero una realtà in quanto posta fuori di noi o come noi. Lo sviluppo promettente della prospettiva ermeneutica si è pero estenuato in una visione che, pur dicendo di rifiutare la dimensione singolaristica, ha in realtà proposto con l'italiano G. Vattimo13 il pensiero debole o, come lo chiamava C. A. Viano,14 flebile, che si riduce ad un egocentrismo cogitante o ad un solipsismo teoretico, incapace di andare oltre il "toccato - vissuto in questo momento."15 L'im- sue misurazioni devono poter essere ripetute e rese in forma matematica. L'ermeneutica abbraccia tutte le scienze dove invece la determinazione matematica non è possibile, poiché l'intendere avviene tra soggetti. 13 La produzione di G. Vattimo è significativa al proposito, cf. Vattimo, 2003, nel quale il pensatore immagina le implicazioni positive e costruttive di ermeneutica e nichilismo (qui intesi come sinonimi, come già in Etica dell'interpretazione (Vattimo, 1989) e in La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica nella cultura postmoderna (Vattimo, 1985) per il mondo della globalizzazione, intraviste nella possibilità di fondare ogni legge e regola di comportamento sul rispetto della libertà di ciascuno e non su norme che si pretendono "naturali". 14 "Ecco, la debolezza del pensiero sta qui: ammorbidire i fatti, metter le parole prima delle cose per cercare un mondo in cui l'imprecisione è valore, l'indeterminazione realtà, l'essere tramonta in Occidente, il mondo è un'enciclopedia ecc. ecc." (Viano, 1985, 19). 15 Pensiero debole in poche parole significa che si è consumata la concezione fondazionale della filosofia, si sono dissolti i fondamenti ultimi, i princípi incontrovertibili, le idee chiare e distinte, i valori assoluti, le evidenze originarie e le leggi ineluttabili della storia. In conclusione con il pensiero debole muta l'immagine della razionalità, la quale deve depotenziarsi, cedere terreno, non aver timore di indietreggiare, non restare paralizzata dalla perdita del riferimento luminoso cartesiano, unico e stabile. In questo modo si inizia con una perdita ed una rinuncia: rinuncia a fondamenti certi e destini ultimi. 12 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 passe nella quale cadono tutto il pensiero debole e il nichilismo contemporanei, e proprio nel ritenere che l'io sia la definizione esauriente del mondo, anzi l'unica possibile sede di interpretazione. Cosí proprio una stagione flebile della filosofia, con l'assolutizzazione di prospettive parziali come in K. Marx e S. Freud e di pensieri infecondi, ci spinge a ripensare la filosofia, che deve essere ricomposizione armonica delle facolta dell'uomo in un pensiero ampio che combini intelligenza, volonta e sensazione, ovvero sappia comprendere la visione del tutto nel tutto attraverso il "perché", conoscendo il "come" e sapendo operare in conformita. La novita che indica, ad esempio, il pensatore S. Crestani (cf. Crestani, 2004) e perenne, ossia vi e un'esigenza totale, di fede e di ragione, dove il verum si fondi con il bonum e dia alla vita comune lo justum, sapendo cogliere il grande valore dell'ascesi come pensiero-cuore sul mondo, per il mondo e i suoi non sempre degni abitanti, senza rimanere invischiati solo nelle cose del mondo. Cosí se la filosofia si imprigiona nella realta sensibile transeunte, come singolarismo, allora non si parla nemmeno piu di una visione interpretativa possibile, ma solo ed unicamente di una miriade di interpre-tazioni, ognuna equipollente all'altra e stabilisce cosí l'impossibilita stessa della comunicazione e dalla stessa dimensione sociale, con tutte le conseguenze che ne derivano, prima fra tutte la negazione delle istituzioni, che non possono piu essere chiamate a definire la dimensione della vita associata, ma solamente accettare se cosí si volesse, quanto ogni singolo esprime. Il ruolo delle istituzioni in realta cesserebbe per lasciare posto alla immagine di un insieme vorticoso di atomi, ognuno dei quali si aggregherebbe in una prospettiva volontaristica, ma comunque indifferente alla realta dell'altro in quanto tale, ma l'alterita esisterebbe solo in quanto funzionale a chi la pone. Accanto alle questioni piu decisamente filosofiche, credo opportuno ricordare anche l'aspetto problematico in campo linguistico. Si e spesso ritenuto che la lingua, frutto di molte circostanze, abbia sempre e comunque un corrispettivo in un'altra, cioe che esiste una sua traducibilita. In realta la questione fu affrontata addirittura dal 1952 al 1966 con la nascita della Mechanical Translation, detta anche Machine Translation, che studio la possibilita di una traduzione automatica dal russo all'inglese. R. Busa S. J., che ha a lungo partecipato alla questione, nel 2002 per un convegno dell'Unione Europea ha precisato come rispondere, a livello di relazioni delle lingue, alla sfida rinnovata della globalizzazione. Egli ha escogitato che "in luogo di tradurre scritto per scritto, si traducessero prima le coincidenze concettuali nelle principali lingue ma disciplinate, ossia potate o sbucciate fino ad individuarne il fondo lessicale-algoritmico basico comune e simbolizzarli nel computer con numeri binari ideografici." Cio per evitare la difficolta di una traduzione, cioe che il rapporto tra il segno significante in una lingua potesse trovare interpretazioni diverse in un segno significante in un'altra. La difficolta e ben nota agli studiosi e in particolare ai traduttori, ma rappresenta quel tentativo di una lingua universalis di cui si avverte 13 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 necessita, dato che la mathesis universalis non puó certamente risolvere i casi linguistici (Busa, 2006, 145). Ma ció che qui interessa sviluppare e che l'esito del dibattito della filosofia alla fine della filosofia stessa e quindi della stessa nozione di una possibile interpre-tazione, ma questa non-filosofia ha la sua origine nel pensiero di M. Stirner che affronteremo come paradigma della negazione della realta dell'uomo come essere sociale e come essere capace di interpretazione. MAX STIRNER IO INTERPRETO IO: "NULLA VI É DISOPRA ME" L' importanza del saggio di Stirner, L'unico e la sua proprieta, e ben nota, esso rappresenta una pietra miliare nel pensiero dell'Ottocento e successivo, fu aspramente criticata, ad esempio nella Ideología tedesca da parte di K. Marx e F. Engels e da altri perché fu bollata come una riflessione intorno alla politica e precisamente con-siderata la matrice dell'anarchismo. Solo in tempi recenti G. Penzo dell'Universita di Padova ha per cosí dire "sdoganato" il pensiero del filosofo tedesco dalla sola lettura politica. Il saggio di Penzo, Max Stirner ha posto in luce l'originalita del pensiero del filosofo, ma soprattutto ha evidenziato come la ricerca stirneriana sia quanto mai all'avanguardia, cioe comprende proprio quella dimensione che l'uomo ha sempre fatto proprio, cioe il singolarismo, che pone la sua causa nel nulla. Non vi e nulla da interpretare, non vi e né Dio, Verita, Liberta, Umanita, Giustizia, perché non vi possono essere né forme universali e generali per la loro interpretazione. L'affannasi dei filosofi nella ricerca di modi con cui conoscere, e nulla, perché solo il singolo puó porre la sua ed esclusiva possibilita di conoscere o non conoscere. Quindi non vi e piu un problema di interpretazione, magari da comunicare, perché, cosí ben si esprime Stirner: "La mia causa non e né divina né umana; non e né il vero, né il buono, né il giusto, né il libero: e ció che e mio: essa non e generale, ma unica, come io sono unico" (Stirner, 1922, 53). La riflessione non e piu condotta verso l'esterno, ma prima di tutto nel definire chi sono io. Infatti, "Si dice di Dio. I nomi non ti definiscono. Cosí e pure per me: nessun concetto puó esprimermi; nessuna cosa di ció che si esibisce quale mia essenza puó definirmi, poiché essi non sono che dei nomi" (Stirner, 1922, 445). Cosí non vi e piu la possibilita di porre il modo o il contenuto di un'interpretazione. Io decido chi sono perché questa e la mia singolare volonta, ad essa nessuno puó opporsi o decidere alcunché. Ció ha conseguenze molto importanti non, come si puó pensare, a livello filosofico, ma in ogni aspetto dell'umanita, che per Stirner non esiste. L'interpre-tazione e la mia interpretazione, mutevole o perenne, ma destinata solo a me. Il singolo e la storia del mondo, la sua storia, le sue istituzioni, il suo amare tanto che "Il potere delle parole succede a quello delle cose: prima si era soggiogati con le verghe; piu tardi con la convinzione. La potenza delle cose e vinta dal nostro corag- 14 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 gio, dal nostro spirito; contro la potenza di una convinzione, d'una parola, dunque, la tortura e la spada perdono ogni loro superiorita e tutta la loro forza. [...] io sono il solo vero come sono il soprasensibile. Le veritá mi sono indifferenti, come tutte le altre cose [...] esse sono delle parole, null'altro che parole [...] le veritá sono delle frasi, delle espressioni (interpretazioni), delle parole: connesse le une alle altre for-mano la logica, la scienza, la filosofia" (Stirner, 1922, 425). Ma sono inutili se IO non ritengo di adottarle per Me. L'io e l'unica realta, l'io stabilisce le realta come le relazioni, ma non per una finalitá, seppure convenzionale come taluni interpretano il linguaggio, e nemmeno per una scienza o peggio una filosofia, ma solo per me stesso. Non vi e nemmeno la possibilitá di una decisione alla base per il linguaggio, l'espressione-interpretazione, né per la conoscenza, tutto si svolge nel ritmo dell'Io. Non vi sono né cultura né istituzioni: non vi sono dunque "interpreti di culture", costoro semmai interpretano per loro stessi, lo comunicano se vogliono, ma se cio che comunicano per loro stessi, non trova in noi alcun riscontro, non vi e problema. Ognuno parla e interpreta per se stesso. Puo sembrare una visione pesante, fuori del circuito proprio di un Convegno di studi, ma per la realtá stirneriana questa e l'unica prospettiva, alla quale dobbiamo riferirci costantemente. E' la nuova Babele, dove ognuno parla, interpreta quello che a lui aggrada, se gli altri non comprendono, non e rilevante. Nel mondo attuale dove scompaiono i riferimenti e la stessa riflessione morale e relegata nel novero delle religioni o nell'ambito degli usi e costumi con l'unico problema della traduzione di questi in leggi e istituzioni, l'unico si erge come assoluto, perché non e l'umanitá, la veritá il senso del mondo, ma l'Io unico: "l'individualitá, cioe la mia proprietá, e tutta la mia essenza e la mia realtá: sono io" (Stirner, 1922, 212). Contro il socialismo, in realtá contro tutti i fautori delle istituzioni che "predicano il diritto della Societá," Stirner oppone "l'individuo diventa lo schiavo della Societá, e non ha diritto all'infuori di quelli che la Societá gli attribuisce, cioe egli deve vivere secondo le leggi della Societá, da uomo, Io legale. Che io sia legale sotto un governo dispotico o in una Societá come la sogna Weitling, io non posso tuttavia avere alcun diritto, perché, tanto nell'uno quanto nell'atro caso, tutto quello che posso avere non e mio diritto, ma un diritto a me estraneo. [...] Spetta a me decidere cio che e per me il diritto. Fuori di me, non esiste alcun diritto" (Stirner, 1922, 243, 245).16 Non vi sono che l'assoluto Io e l'Io assoluto, tutto il resto e cio che io ritengo sia. Si puo parlare di interpretazione, ma solo a patto di considerarla un prodotto dell'Io, che esprime quanto lui ritiene di esprimere e cio che esprime non e assolutamente 16 Prosegue con l'esempio della libertá di stampa a p. 351: "La libertá di stampa non e che un permesso di stampa concessomi dallo Stato; né lo Stato permetterá giammai, né cio puo fare liberamente, che io impieghi la stampa per distruggerlo" (cf. Penzo, 1971, 284 ss). 15 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 interpretabile e ció riguarda la scienza stessa che diviene solo il mio sapere finalizzato al mio utile. Infatti, "nel mondo non esiste nessuna verità da conoscere; le cose si contraddicono; i nostri giudizi su di esse non hanno alcun criterio (una cosa è buona o cattiva): mettiamo dunque da una parte la ricerca della "verità"; che gli uomini rinuncino a trovare nel mondo alcun oggetto da conoscere, e che cessino d'inquietarsi per un mondo senza verità" (Stirner, 1922, 71). Nulla puó essere in-terpretato in modo oggettivo, sicuro o almeno come sosteneva il grande F. Bacone in modo generale: tutto esiste solo in modo singolare. Sul piano della finalità sociale, è ben noto che il pensiero stirneriano respinge ogni possibilità che l'alterità anche come "libera associazione (freie Vereinigung)" possa esistere. Non vi è "nulla è sacro all'io" e tanto meno la società. Ogni singolo è solo se stesso e solo se stesso al mondo. In questa direzione si consuma proprio la Babele attuale, ma questa è anche la fine dell'Occidente, che non dipende dall'in-contrare e interpretare o vivere altre culture, la fine è rinchiusa in questa impossibilità dichiarata da Stirner, di interpretare, comunicare. Fu ben individuata non dai primi critici di Stirner, cioè K. Marx e F. Engels, ma nel Novecento da due autori, M. Yourcenar e M. Krleža, i quali evidenziarono come il pensiero nato in l'Europa, dall'esigenza di interpretare il mondo, di conoscerlo, di pensare alla possibile coniugazione tra verum, bonum et justum, sia ormai alla fine e questa fine è il suo dirigersi verso l'affermazione dell'unicità dell'Io e del suo fine. CONCLUSIONE "L'Europa moderna è minacciata da atassia locomotrice" afferma M. Yourcenar nel suo saggio del 1929 Diagnosi dell'Europa: "E' molto tempo che essa è malata." Con chiarezza la scrittrice individua la specificità dell'Europa e quindi ne puó comprendere la malattia: "Chi volesse definire la fede dovrebbe rivolgersi ai semiti; il misticismo ha assunto la sua forma più perfetta nei saggi indiani, tutti rapiti in estasi; e la morale sotto tutti gli aspetti, dall'onore militare fino al cerimoniale mondano, non è mai stata codificata meglio che dall'Asia gialla, nel Giappone dei samurai, pervaso di eroismo guerriero. L'intelligenza allo stato puro non esiste che tra il Baltico e il mare Egeo - una linea congiunge Königsberg con Atene - (corsivo nostro). Acclimatata altrove, essa conserva il suo marchio d'origine. Chi l'acquisisce si europeizza. Tra l'Asia, cuore immenso, e l'inesauribile matrice africana, l'Europa ha la funzione di un cervello" (Yourcenar, 1992, 1883). Pero prosegue la Yourcenar "la ragione europea è minacciata di morte, la pre-carietà della sua esistenza l'ha portata a questo stato, lo spirito europeo che si poteva permettere perfino la capacità di uno scetticismo assoluto di fronte alle cose, altro non era che una ricerca di sicurezza. La ventata, giudicata positivamente, del libero intellettualismo "che precedette e genero la Rivoluzione" porto lo stesso spirito ad 16 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 iniziare a cedere, tanto che la catastrofe del primo conflitto mondiale altro non è che il tragico esito di tutto cio. Frutto di un individualismo che ha trovato nell'utilitarismo morale e nella riduzione dell'attività umana all'economia una sua ragione, ma una ragione distruttiva, tanto che "I cervelli mal preparati, vacillano sotto la diversità delle conoscenze, i quadri della cultura, a forza di allargarsi, si sono spezzati. [... ] Oggi, il prodigioso sforzo divulgativo del libro e del giornale, sempre affrettato, spesso maldestro, permette all'inesperienza della massa l'illusione del sapere universale." Cosí "l'anima abbandonata all'imprevisto delle sensazioni, e smette persino di coordinarle, lo spirito, alla ricerca disperata di un'etica, non arriva che all'igiene sportiva. In entrambi i casi, il corpo, per reazione trionfa. Tutti, ognuno a suo tempo, ricorrono agli anestetici mistici. Ci si domanda che cosa avrebbe pensato di tale misticismo il solido cristianesimo del passato. Paradiso: ma artificiale. Frutto di una morale che s'improvvisa" (Yourcenar, 1992, 1885-1886). Le conseguenze sono sempre più gravi, l'abbandono dello spirito della ragione all'utilitarismo, al vantaggio del quotidiano, che invecchia nel momento stesso in cui lo s'insegue. Cosí la nostra civiltà oscilla tra "il materialismo greve della mag-gioranza contrapposto al folle idealismo della minoranza, l'umanitarismo delle crisi cruente, e le raffinatezze che sono gli abbellimenti dell'usura - tutto il patetico dell'irreparabile." Tutto cio condito dalle riflessioni di impiegati dell'amletismo di maniera, intellettuali pronti ad essere al servizio del primo ufficiale pagatore, dove il sant'oro è divenuto il certo vantaggio da non dichiarare, soprattutto all'Ufficio delle imposte, ma che spinge ogni cosa. Cosí l'arte "una volta lenta elaboratrice, si specializza nell'istantaneo. Si puo dire che lo spirito europeo acquisisca, negli ultimi anni del secolo XIX, la sensibilità di una pellicola cinematografica." (Yourcenar, 1992, 1888). E' una nevrosi che denuncia l'indebolimento della ragione e delle sue radici, quelle radici classiche che sono entrate nello stesso cristianesimo. A tutto questo, come sostiene la Yourcenar, nella Nota aggiunta al testo nel 1982, "la tragedia ecologica, i crimini politici mostruosi, i genocidi compiuti da ogni paese; il naufragio delle culture considerate come centrali; la spaventosa ondata di incultura causata dai media e rafforzata da un senso di inutilità e di 'a che pro'?" (Yourcenar, 1992, 1890). Un quadro triste quello analizzato dalla scrittrice, che individua nel pensiero europeo solo un'astuzia, un'agilità per il vantaggio, ma che dimentica la saldezza del pensiero di cui invece erano forniti Goethe e Leonardo da Vinci. Inoltre "la limitata istruzione aristotelica e cattolica del passato ha formato più di uno spirito libero, una qualità vi compensava le lacune, testi poco numerosi, venerati, invariabili, in-gegnavano almeno il metodo [...]. Oggi, il prodigioso sforzo divulgativo del libro e del giornale, sempre affrettato, spesso maldestro, permette all'inesperienza della massa l'illusione del sapere universale. Dimenticando che la disciplina della ricerca, per la cultura dello spirito, importa quanto i risultati trovati, e talvolta di più, la massa 17 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 che si e precipitata in questo laboratorio aperto, salta a pie pari il metodo per rag-giungere le formule. Per disgrazia, queste, brutalmente utilizzate, ma semplificate in affermazioni, passate dal mondo del pensiero puro a quello delle applicazioni circo-stanziali, si deformano. Si pensa ai delicati strumenti di fisica impiegati negli usi della vita corrente. Finanza, politica, storia, letteratura di tutti i tempi, di tutte le razze: il cervello europeo, nel XX secolo, s'ingorga come i crocicchi" (Yourcenar, 1992, 1885-1886). Una diagnosi impietosa, precisa e puntuale, che mostra come l'Europa si sia ridotta a puro strumentalismo e utilitarismo, tanto che "Alcune intel-ligenze assimilano queste pensanti materie; la maggior parte si mutano in registratori; altre, e non delle meno sane, le vomitano. Mai l'intelletto ha mostrato, davanti alla brutalita dei fatti, tanta stanca passivita" (Yourcenar, 1992, 1889). E' "certo - afferma la scrittrice - che i nostri successori pagheranno questo dispendio nervoso." Tutto ció perché all'Europa fa ormai difetto l'intelligenza e ha dimenticato se stessa, la sua identita per inseguire facili mode, vantaggi immediati e confusioni e modelli pseudo-multiculturali nei quali s'annega il suo pensiero "al fuoco d'artificio finale di un mondo" (Yourcenar, 1992, 1889). La ragione non piu eroica e addormentata nel solo cervello di ogni singolo alla deriva, sicuro di essere l'io. E' M. Stirner, il grande profeta di tutto ció con la sua visione della liberta: "Io assicuro la mia liberta contro il mondo in ragione di quanto essa mi rende padrone del mondo, qualunque sia il mezzo che mi offre per conquistarlo e farlo mio: persuasione, preghiera, ordine categorico o anche ipocrisia, astuzia ecc." Da ció "Io constato che la mia liberta non e completa, allorché non posso imporre la mia volonta ad un altro (che quest'altro sia senza volonta, come una roccia, o un essere che voglia, come un Go verno, un individuo ecc.), ma rinnego la mia individualita se abbandono me stesso ad altri, se credo, rinuncio, mi curvo, mi arrendo, per sottomissione e rassegnazione" (Stirner, 1922, 220). Le radici dell'Europa, vista la diagnosi, sono destinate a morire, e non ci saranno nemmeno eredi, perché la convinzione dei suoi abitanti e che la loro stessa civilta e esaurita: "La trepidazione della vita, le scosse trasmesse al cervello dalle brusche serie di vedute cinematografiche, l'esotismo dei viaggi, le ossessioni sensuali e le inquietudini finanziarie logorano al massimo i nervi di questa élite che non crede piu nell'avvenire. Dalla pigrizia degli impiegati all'amletismo letterario, stessa stanchezza agitata, nel senso medico del termine, stessa angoscia. [...] scandendo le frasi rumorose e contrastanti di questa stupefacente agonia, la musica afro-americana, passione improvvisa, trascina verso un mondo barbaro un mondo che ridiventa barbaro" (Yourcenar, 1992, 1888-1889). Un mondo che sempre piu sviluppava totalitarismi (cf. Arendt, 1997, XV), e, contemporaneamente, preparava la sua stessa fine, affermando che un'intera nazione doveva essere un "IO". In questa direzione si mosse pure il poeta croato M. Krleža (1893-1981) con il suo scritto Europa del 1935, cosí si esprime: "Terra fantastica e inverosimile, piena 18 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 di gioiellerie, di lusso e di mendicanti [...]. L'Europa è oggi ambiente raffinato di divertimenti notturni, dove in luminosi acquari nuotano pesci argentei per il ventre dei buongustai europei e in piscine di marmo nuotano donne nude dai capelli dorati per le alcove degli amanti europei. Pesci e donne, libri e musica, religioni e leggi, opinioni di vita e poesia, tutto si vende in Europa per denaro, e anzi che l'uomo, l'unica unità di misura, è oggi il denaro. Unica bilancia, unico attestato delle qualità umane. [...] L'Europa è oggi incitrullita come una vecchia zitella sdentata o un'ausi-liaria dell'Esercito della Salvezza; ascolta alla radio le trasmissioni delle partite di calcio e mentre le macchine producono un'infinità di cose, i disoccupati patiscono la fame. Col caffè si alimenta il fuoco delle macchine a vapore, si spreca il latte, si bruciano le messi perché c'è troppo caffè, troppo latte, troppo grano. Le macchine lavorano pazzamente e si impongono nei listini di borsa [...] l'Europa si carica di merci e di miseria con un'irresponsabilità sempre maggiore, e questo moltiplicarsi di records, di successi olimpionici, di libri, di tristezze, di fame, di morte e di benessere, questo moltiplicarsi di contrasti fra piaceri e sofferenze e sciagure sempre più gravi, questa pazza corsa senza rotta nel tempo e nello spazio dell'Europa di oggi si svolge all'insegna di un problema che di giorno in giorno diventa sempre più fatale. [...] Cosí l'intelligenza europea, che aveva coscienza dei problemi e almeno sapeva anelare alla pace, si disperdeva e talora è finita addirittura per essere organica proprio a chi preparava la fine. Cosí una nuova epoca di sofisti, un'epoca di falsi interpreti del mondo vinse e solo pochi s'innalzarono sopra il brusio delle città per "celebrare la privazione, la pace interiore, l'umiltà, Dio" (Krleža, 1963, 320-321). L'esito finale, incombente oggi, è questa visione di un mondo al singolare, introdotta anche dai totalitarismi, è l'effetto Babele. Spetta, ritengo, al pensiero e alla ripresa di una prospettiva di dialogo autentico tra gli uomini, capaci di farsi interpreti della cultura per tentare almeno di proporre una via che almeno aiuti l'umanità. APPENDICE Forniamo qui un breve schema per evidenziare che cosa intendiamo per sistemi semplici e sistemi complessi, questi ultimi originano Babele (troppi mattoni senza preciso collante rendono la costruzione instabile). 19 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 Tabella 1: Tavola riassuntiva dei sistemi. Tabela 1: Povzetek sistemov. Sistemi semplici Sistemi complessi Dove le stesse cose hanno lo stesso significato, che e comprensibile a gran parte degli uomini. Dove le stesse cose hanno significati differenti nasce Babele. Stesse premesse implicite e fondate non arbitrariamente o decise al di sopra e quindi imposte. Illusione di avere premesse implicite da condividere. Cio che diamo come comune affer-mazione ci aiuta a comunicare e a dialogare. Cio che e stereotipo ci impedisce di comunicare. Valutazione delle scelte dentro lo sforzo di un contesto etico e quindi politico, giuridico ed economico. Il contesto del singolo diviene l'unico metro di relazione con l'altro. Io ho ragione, tu hai torto (o viceversa): il dialogo. Tutti hanno la loro verita. Essa dipende dal volere del singolo nell'affermarla. Un mondo riconoscibile dove l'incontro sia verso la dimensione dell'umanita che e in noi e non nella strumentalizzazione sia essa individuale o politica o ... Illusione di un mondo pluriculturale capace di incontrare e integrare l'altro, ma solo dal proprio punto di vista, ossia dal proprio singolare volere. Un moto atomizzato e senza dialogo: di nuovo Babele. NOVI BABILON ALI KONEC INTERPRETACIJE Italo Francesco BALDO Gimnazija A. Pigafetta, IT-36100 Vicenza, Contra Cordenons 1 e-mail: stoa@libero.it POVZETEK Prvi filozof, ki je na moderen način zastavil problem interpretacije, je bil gotovo Aristotel z besedilom De interpretatione (nspi sp^Evsiag). Aristotel opozarja na nujnost, da brez definicije ne more biti avtentične sodbe oziroma vedenje sploh ni možno, zato mora biti posledično vsako razumevanje nujno nekaj določenega, neodvisnega od možnih interpretacij, ki temeljijo na individualnosti. Dejali smo, da je Aristotel prvi, ki zastavi omenjeno vprašanje, v resnici pa je zgodovina problema interpretacije mnogo starejša; postavlja se od zemeljskega Raja dalje, filozofsko najnatančneje z antičnim sofizmom, še posebej z Gorgijem. Problem interpretacije ima na filozofski ravni dolgo zgodovino in svojo precizno kontekstualizacijo dobi tudi v srednjem veku; pomislimo samo na srednjeveško vpra- 20 Italo Francesco BALDO: LA NUOVA BABELE O LA FINE DELL'INTERPRETAZIONE, 1-22 sanje univerzalij in nastanek roscellinijanskih nominalističnih šol, realističnih šol Sv. Tomaža in terminističnih šol G. Ockama, vse pa se nanašajo na takoimenovano Porfirijevo drevo in na njegovo besedilo Isagoge. Ta linija vrh doseže s filozofijo jezika v 20. stoletju, še posebej z Ludwigom Wittgensteinom, in v sedanji problematiki interpretacije, ki vedno bolj prodira tudi v tematike logike dominija ali jezika institucij in moči nasploh, kot so jasno pokazali totalitarizmi. Danes se problem interpretacije ne zastavlja na ravni filozofske obravnave ali institucionalnega interesa, temveč kot interpretativna referenca sveta glede na pogled posameznika: izrazi imajo pomen, ki jim ga posameznik daje v določenem trenutku in glede na določen kontekst. Rojeva se novi Babilon, ki za razliko od prvega ni Babilon jezikov, temveč pomenov, ki jih vsakdo podaja znotraj istega jezika. Gre za vrh nesporazumevalnosti, problem interpretacije pa je ne-problem. Ključne besede: interpretacija, filozofija, vednost, posameznik, zaton, Zahod FONTI E BIBLIOGRAFIA Apología di Socrate - Platone: Apologia di Socrate, Fedone Sofista Parmenide. d'Aquino, T. (1989): Expositio libri Peryermenias. 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