04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 13 o- RAZPRAVE IN ČLANKI Essays and Articles Guido Tigler, Firenze RIESAMINANDO LA MADONNA DI VELESOVO Nella chiesa mariana di Velesovo (località Adergas) - in Alta Carniola, a Nord di Lubiana e poco più a Est di Kranj, lungo le pendi-ci delle Alpi Caravanche - è conservata una pregevole statuetta (alta cm 48,6, base del trono cm 18 x 14,50), probabilmente in legno di pioppo, con policromia in gran parte rifatta, della Madonna col Bambino in trono, databile alla metà del Duecento, che costituisce un unicum in Slovenia quanto a tipologia iconografica ed è in ogni caso la più anti-ca Madonna lignea conosciuta di questo stato. L'opera è difficilmente visibile, essendo normalmente sostituita sull'altar maggiore del 1773 da una copia moderna, ma ben nota alla storiografia artistica locale, poiché è stata pubblicata in contributi di volta in volta sempre più ampi ed approfonditi da monsignor Jožef Dostal (1913), Franc Stelè (1914) ed Emilijan Cevc (1951),1 il quale infine le ha dedicato un lungo saggio monografico denso di confronti stilistici e soprattutto tipologici, utili ad un primo inquadramento generale nel tardo Romanico europeo. La chiesa (1771-76) che ospita l'opera apparteneva ad un monastero femminile domenicano fondato nel 1238, e si discute se la scultura sia stata realizzata al momento stesso della fondazione oppure un po' prima - magari nel 1215, anno del miracoloso rinve-nimento secondo una tradizione settecentesca -, per certi elementi II presente studio, che avrà un seguito nel prossimo volume di questa rivista, è stato condotto con la collaborazione scientifica di Luca Mor. 1 Jožef DoSTAi, Naše slike, Peto izvestje društva za krščansko umetnost v Ljubljani 1907-1912, Ljubljana 1913, p. 83, che cita una descrizione di Jožef Brešar; Franc Steiè, Stari kipi na Kranjskem: 1. Kip milostne Matere Božje v Velesovem, Ljubitelj krščanske umetnosti, I, 1914, pp. 46-52; Emilijan Cevc, Romanski Marijin kip v Velesovem, Zbornik za umetnostno zgodovino, n. s. I, 1951, pp. 86-117 (riassunto francese pp. 117-118); cf. anche Idem, Srednjeveška plastika na Slovenskem. Od začetkov do zadnje četrtine 15. stoletja, Ljubljana 1963, pp. 56 ss. (riassunto francese p. 324). 13 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 14 RAZPRAVE IN ČLANKI e e 1. Madonna in trono col Bambino. Velesovo, chiesa mariana 14 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 15 RAZPRAVE IN ČLANKI 2. Madonna in trono col Bambino. Velesovo, chiesa mariana ancora romanici che sono parsi troppo in ritardo per il '38. Nel 1953, in un breve ma illuminante accenno all'interno di un saggio dedicato alla scultura romanica dell'Alto Adige, Nicolo Rasmo individuava ap-prossimativamente il bandolo della matassa a proposito della localizza-zione geografica del linguaggio formale della Madonna,2 dopo di che a quanto ci risulta essa non è stata più seriamente presa in esame. Riproporla qui all'attenzione mi appare giustificato per varie ragioni: l'opportunità, che devo alla generosità di amici e colleghi slo-veni,3 di aver potuto prendere in esame da vicino il pezzo con ogni agio e di pubblicarne migliori foto, sulla base delle quali ci si puo anche fare 2 Nicolo Rasmo, La scultura romanica nell'Alto Adige, Cultura atesina, VII, 1953, pp. 9-49, alle pp. 29, 42-43. _ 3 Ringrazio Janez Höfler, Matej Klemenčič, Stanko Kokolè e Samo Stefanac, senza il cui aiuto questo lavoro non sarebbe stato fattibile. 15 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 16 RAZPRAVE IN ČLANKI - sia pure in assenza di analisi scientifiche o di relazioni di restauro accessibili - un'idea approssimativa della stratigrafia delle ridipinture e del tormentato stato di conservazione (figg.1-2); l'interesse che presenta la dettagliata leggenda sul miracoloso rinvenimento della Madonna e la fondazione del monastero, di cui si puo tentare una lettura analitica di tipo antropologico comparativo, alla luce anche dei nuovi orienta-menti interdisciplinari della ricerca storico-artistica; la disponibilità di nuovi studi sulla situazione storica di Velesovo attorno al 1238, ed in particolare sul ceto dei ministeriali, che consentono di inquadrare meglio il contesto della committenza o dell'acquisizione della statua; ma prima di tutto l'esigenza di apportare qualche correzione di tiro all'inquadramento stilistico avviato da Cevc e perfezionato da Rasmo, cosa che verrà tentata nella prima puntata di questo studio. In cio posso contare sulle ampie ricognizioni - di imminente pubblicazione - della scultura lignea altoitaliana, e in particolare friulana nonché d'area alpina, cui si è dedicato l'amico Luca Mor.4 Maria siede perfettamente frontale sul trono, avendo il Bambino, che pure guarda in avanti, seduto nella sua parte destra (a sinistra per lo spettatore) del grembo, con i piedini sul ginocchio sinistro della Madre. Maria regge con una mano Gesù, che a sua volta tiene il Libro chiuso per la costola, mentre protende l'altra girata di fianco, con un gesto ormai incomprensibile. Si ha l'impressione che in origine - nel prototipo da cui quest'opera deriva oppure nell'ipotetica condizione originaria di quest'ultima - la sinistra di Maria stringesse qualcosa, forse una rosa oppure uno scettro, come infatti si vede in una sua raffigurazione del 1742,5 dove pero lo scettro parrebbe barocco. In effetti, per il modellato un po' inerte questa mano della Vergine sem-bra essere stata sostituita, cosi come appaiono deformate per le suc- 4 Luca Moe, La scultura lignea medioevale tra le Alpi centro-orientali e l'Alto Adriatico (secoli XII-XIII), AA. 2005-06 (tesi di dottorato in storia dell'arte, Università di Udine, relatore Andrea De Marchi), su Velesovo: I, pp. 46-47. 5 La stampa di Abraham Kaltschmidt, pubblicata nel saggio di Zmago Zorman Velesovska Marija, si trova nella Biblioteca del seminario ve-scovile a Lubiana (Semeniška knjižnica). Cf. Cevc 1951, cit. n. 1, p. 114; Maja Lozae Stamcae, Prispevek k preučevanju božjepotnih grafičnih podobic v 18. stoletju na Slovenskem, Zbornik za umetnostno zgodovino, n. s. XXVI, 1990, pp. 65, 73, 80. 16 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 17 RAZPRAVE IN ČLANKI cessive stuccature anche le altre mani e le teste tanto della Madre quanto del Figlio. Sbirciando nei fori applicati nel XX secolo nelle teste per inserirvi i chiodi atti a reggere le corone metalliche, peraltro adesso mancanti, si intravedono almeno tre strati gessosi (stando al custode della chiesa, l'opera comunque non è stata ritoccata o restaurata negli ultimi 18 anni). Indubbiamente un cauto restauro, accompagna-to da accurate indagini, debitamente pubblicate, sarebbe auspicabile. Le teste e mani di Maria e Gesù, nonché i piedini di quest'-ultimo, hanno colore incarnato rosaceo con guance rossastre; le bocche sono oggi di un vivace rosso carminio; gli occhi, le arcate sopracciliari ed i capelli sono castani; il manto di Maria e la parte inferiore della veste del Bambino presentano una doratura assai consunta, sotto cui traspare ampiamente il rosso della preparazione; le sottovesti, dai bordi un tempo dorati, sono state laccate di rosso porpora; i risvolti degli abiti sono stati ridipinti di lacca verde, sotto cui traspare la precedente dora-tura; le scarpe di Maria oggi sono nere; il suppedaneo è stato ridipinto di verde, mentre il resto del trono è marrone scuro. Che l'opera sia stata abbondantemente ridipinta - ad eccezione forse della doratura dei manti, che si è conservata per il suo valore materiale - lo dimostrano vari evidenti elementi: l'uso dei lustri di questo tipo, ignoto nel Duecen-to; alcuni equivoci contenutistici spassosi (la parte del velo che avvolge la testa della Vergine è stata trasformata in capigliatura, eliminandone il colore rosso, rimasto solo nella zona inferiore; il manto dorato del Bambino è stato lasciato solo nella sua parte bassa, trasformandolo in una specie di gonnellino; il suppedaneo è diventato una sorta di prato); le sbavature fra le forme dell'intaglio e quelle dipinte, evidenti ad esempio nella circonferenza della capigliatura del Bambino e nel 'trucco' applica-to alle boccucce; il fatto che già a occhio nudo si intravedono in vari punti sovrapposizioni di cromie là dove l'ultimo strato è caduto. Considerato che la xilografia del 1742, sul cui sfondo appa-re la vecchia chiesa del monastero di Velesovo, presenta ancora le tipi-che corone duecentesche con decoro floreale, verosimilmente originali, da credere eseguite in legno e solidali alle teste,6 ed osservando inve- 6 Sulle motivazioni ideologiche del fatto che in quest'epoca le Madonne in trono recavano spesso delle vistose corone si è interrogata Sonia Chio-Do, nel suo ancora inedito intervento: Margarito d'Arezzo e le immagini di Maria Regina nel Duecento, al VII convegno internazionale di Parma del 2005, a cura di A. C. Quintavalle, Medioevo: la Chiesa e il Palazzo. 17 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 18 RAZPRAVE IN ČLANKI ce che in una seconda raffigurazione, questa volta un'incisione su rame non datata ma assegnabile alla seconda metà del Settecento,7 le corone appaiono sostituite con esemplari chiusi ad archetto, di tipo barocco, da credere eseguite in metallo, viene da concludere che anche la facies gaiamente policroma, che fa venire in mente una figurina di porcellana, che oggi l'opera esibisce, sia databile alla stessa epoca, e cioè più precisamente agli anni 1771-1776, quando l'intero complesso monastico e la chiesa, che si vedono sullo sfondo dell'incisione, furono ricostruiti nelle forme attuali. Ed infatti, la mano sinistra di Maria, che abbiamo detto essere stata probabilmente sostituita dopo il 1742 (la cui resa è del tutto infedele nell'incisione tardosettecentesca), presenta la stessa cromia degli altri incarnati. Infine è il caso di ricordare che in età barocca l'intaglio, come innumerevoli altre Madonne col Bambino in trono in tutti i paesi cattolici, veniva frequentemente vestito di prezi-osi abiti di seta, che lasciavano in vista solo le teste. 8 Aggiungendo un gran numero di confronti a quelli già propo-sti da Stelè, l'articolo di Cevc inquadra la Madonna di Velesovo (fig. 1) nel vastissimo panorama delle statue lignee di questo soggetto in Europa occidentale.9 Ma la sovrabbondanza di confronti puramente o prevalen-temente tipologici rischia d'essere di impaccio all'inquadramento stilisti-co più preciso, cosï come era già avvenuto nell'articolo del 1927 di Richard Hamann sulla Madonna della Marienkirche di Salzwedel (oggi al Danneil Museum) in Bassa Sassonia,10 un testo (forse preso a modello dallo studioso sloveno) dotato di un apparato illustrativo insolitamente copioso - l'autore era il fondatore dell'archivio fotografico di Marburg -indubbiamente utile come repertorio di immagini anche per chi non condividesse le conclusioni del saggio. Posso dunque esimermi in questa sede dall'accostare all'intaglio qui studiato altri pezzi solo vagamente imparentati delle regioni artistiche le più diverse, che non aiuterebbero a 7 Cf. Steiè 1914, cit. n. 1, fig. p. 50; Lozar Stamcar 1990, cit. n. 5, p. 74 (Josef Sebastian o Johann Baptist Klauber). 8 Cf. Madonnine 'agghindateFigure devozionali 'vestite' dal territorio di Arezzo (catalogo della mostra, Anghiari, Cortona, Arezzo 2005-2006, edd. P. Refice, V. Conticelli, S. Gatto), Arezzo 2005. 9 Cevc 1951, cit. n. 1. 10 Richard HAMAnn, Die Salzwedeler Madonna, Marburger Jahrbuch für Kunstwissenschaft, III, 1927, pp. 77-144. 18 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 19 RAZPRAVE IN ČLANKI e dirimere la questione attributiva. Comunque sembrano appropriate alcu-ne precisazioni, le quali non vogliono suonare come critiche - che sareb-bero ingenerose verso la meritoria ricerca, pubblicata più di mezzo seco-lo fa, di uno studioso recentemente scomparso - ma piuttosto come aggiornamenti all'odierno stato degli studi. Laddove Stelè e poi Cevc scrivono che la composizione adot-tata a Velesovo, col Bambino seduto lateralmente nel grembo della Madre ma rivolto verso lo spettatore, rappresenterebbe una "variante occidentale della Madonna Nicopoia bizantina che comunque ha già subito l'influenza della Madonna Odegitria", va avvertito che gli studiosi di iconografia bizantina più avveduti, come ad esempio Michele Bacci, col quale ho avuto chiarificatori colloqui a tal riguardo, hanno ormai abbandonato l'uso dogmatico ed evoluzionistico di queste definizioni;11 senza dire che all'epoca della Madonna di Velesovo le tipologie iconogra-fiche delle Madonne lignee occidentali non avevano più alcun rapporto con quelle della pittura bizantina. Anche in Occidente il Bambino seduto lateralmente lo si incontra già in epoche assai remote, come nella Madonna d'oro del Münster di Essen del 980 circa o in quella lignea rivestita di lamina dorata, che lascia libere la testa e le mani, del Tesoro del Duomo di Hildesheim del 1007, o ancora in quella lignea del Museo Diocesano di Paderborn, commissionata dal vescovo Imad (1058-70 circa), per cui tale presunta sintesi compromissoria fra due tradizioni iconografiche, qualora fosse mai avvenuta, sarebbe da collocare nell'età ottoniana e non certo nel Duecento. La questione è analoga a quella dell'origine della tipologia del Christus patiens nei crocifissi lignei e nelle croci dipinte cen-troitaliane: dopo che in età carolingia il crocifisso col Cristo moriente era apparso nelle arti minori, lo incontriamo già nel X secolo in opere lignee di dimensioni monumentali, fra cui il "Gerokreuz" a Colonia, di contro-versa datazione. Crocifissi col Cristo moriente, ancorché perfettamente Ö 11 Per le varianti iconografiche del tema della Madonna col Bambino in ambito bizantino cf. Evelyn Sandbeeg VavaiA, L'iconografia della Madonna col Bambino nella pittura italiana del Ducento, Siena 1934; Doula Moüei-Ki, Variants of the Hodegitria on two thirteenth-century Sinai icons, Cahiers archéologiques, XXXIX, 1991, pp. 153-182; Mother of God. Representations of the Virgin in Byzantine Art (catalogo della mostra, Atene 2000-2001, ed. M. Vassilaki), Milano 2000. Per l'Occidente cf. Peter Bloch, Representations of the Madonna about 1200, The year 1200: A symposium (atti del con-vegno, New York 1970), New York - Dublin 1975, pp. 497-508. 19 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 20 RAZPRAVE IN ČLANKI frontali, poi compaiono isolatamente anche nei secoli seguenti (ad esem-pio quello commissionato da Ariberto di Intimiano nel Museo della Fab-briceria del Duomo di Milano della prima metà dell'XI secolo) accanto a quelli con la prevalente soluzione del Christus triumphans, malgrado nella letteratura divulgativa si affermi spesso che il passaggio dal tipo tri-onfante a quello sofferente sarebbe avvenuto ai primi del Duecento.12 In realtà, dopo un lunghissimo periodo di compresenza di Madonne col Bambino frontale e laterale, e di Crocifissi col Cristo vivo e moriente, periodo nel quale comunque la resa formale è ieratica e distaccata e in cui prevaleva in entrambi i generi iconografici la prima soluzione, più consona coll'idea maestosa che si aveva del divino (X-XII secolo), poi in età gotica, per influsso degli ordini mendicanti e di una nuova spiritu-alità laicale, prevalgono - ma non del tutto - le soluzioni iconografiche che presentano Gesù sotto un aspetto più teneramente umano: da Bambino in posizioni vivaci e di dialogo affettivo tanto con la Madre quanto con lo spettatore, da uomo in croce nello spasimo del dolore e della morte. Cio che conta nelle Madonne lignee non è tanto se il Bambino siede di fronte o di lato, ma che egli si muove con maggiore o minore disinvoltura, come un piccolo principe sul suo trono (la Madre). Avvicinandosi al pezzo in esame, che gli appare ancora so-stanzialmente "romanico", Cevc propone parecchi confronti con Madonne in trono del Massiccio Centrale francese e dell'Alvernia, di cui le più note sono databili alla prima metà del XII secolo e dove tanto la Madre quanto il Bambino siedono in posizione rigorosamente frontale, sostenendo esplicitamente che si tratterebbe di opere imparentate "dal punto di vista dell'iconografia e dello stile". A me tali confronti sembrano invece generici, in quanto presi troppo alla lontana per una scultura che appartiene a una temperie pienamente duecentesca e par-tecipa in qualche modo, sia pure col ritardo tipico della zona alpina, al nuovo clima gotico. Inoltre va avvertito che, ponendo le Maestà alver-niati all'origine del fenomeno delle Madonne lignee romaniche dell'in-tero Occidente - fenomeno del quale peraltro abbiamo già segnalato le premesse ottoniane -, si rischia di lasciarsi fuorviare dalla capricciosa lacunosità delle testimonianze superstiti. Che nel Massiccio Centrale 12 Cf. Miklös BoSKoviTS, in: Miklös Boskovits, Ada Labriola, Valentino Pace, Angelo Tartuferi, Officina pisana: il XIII secolo, Arte cristiana, XCIV/834, 2006, pp. 161-209, alla nota 25. 20 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 21 RAZPRAVE IN ČLANKI francese sia rimasto un numero relativamente alto di intagli del tipo più arcaico si spiega semplicemente col tenace attaccamento dei mon-tanari alle loro tradizioni di culto e anche, più prosaicamente, perché quella regione è poi diventata troppo povera e appartata per permetter-si la sostituzione delle opere più antiche con pezzi alla moda, spiegazi-one che vale anche per altre aree periferiche e montane in cui si con-centrano oggi Madonne lignee duecentesche, come in Italia la Val Pusteria, l'Umbria e gli Abruzzi, in Spagna le regioni pirenaiche e can-tabriche. Nella penisola scandinava, ricca di foreste, invece gli intagli medievali sono spesso stati risparmiati dai Protestanti, sia perché qui il Luteranesimo imposto dall'alto ha rinunciato al "Bildersturm", sia perché esso non ha favorito la sostituzione delle immagini mariane antiquate con altre più moderne, avendone comunque abolito il culto. Considerato che nella scultura lapidea i centri più vitali dell'area aquitanico-linguadocana della prima metà del XII secolo erano Conques e Tolosa,13 è da sospettare che anche per quella lignea i modelli che hanno fatto scuola si trovassero nelle stesse località (a Conques rimane l'idolo della santa Fede, forse del X secolo, un'opera di oreficeria e un reliquiario di cui scrisse Bernardo di Angers), ma che siano andati distrutti per le successive ondate iconoclastiche di Catari, Ugonotti, Camisardi e Giacobini, mentre è improbabile che i modelli che hanno influito sul resto dell'Occidente si trovassero in regioni di secondaria importanza, come appunto l'Alvernia. Si guardi, per analogia, a cio che è successo nel campo letterario, con la poesia dei troubadours in lingua d'oc che tiene il campo in tutto l'Occidente per poi cedere il passo ai romanzi nel francese di Parigi, la langue d'oïl. Non che a Cevc sia sfuggito quel vago riflesso chartriano che si puo cogliere nel verticalismo dell'esile statuetta di Velesovo e nel raffi-nato incresparsi delle pieghe della sottoveste di Maria, le cui scanalature fanno venire in mente le ben più elaborate statue-colonna del Portail-Royal (1145-55 circa). Ma egli lo vede come un mero "dettaglio" 13 Cf. Marcel Düeliat, La sculpture romane de la route de Saint-Jacques. De Conques à Compostelle, Mont-de-Marsan 1990. Per le Madonne tipo 'Sedes Sapientiae' del XII secolo francese cf. Ilene H. Foesyth, The throne of wisdom. Wood sculptures of the Madonna in romanesque France, Princeton 1972; per quelle gotiche cf. Robert SuckAiE, Studien zu Stilbildung und Stilwandel der Madonnenstatuen der Ile de France zwischen 1230 und 1300, München 1971. 21 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 22 RAZPRAVE IN ČLANKI aggiuntivo rispetto al prevalente spirito "romanico" che coglie nell'opera, per poi puntare su Benedetto Antelami come ideale intermediario fra le tradizioni del romanico "lombardo" (oggi si direbbe "padano")14 -massiccia compattezza, efficace plasticismo, rude senso dei volumi - e le novità protogotiche dell'Ile-de-France (ispirazione a un tempo classica e naturalistica, aulica eleganza, proporzioni più slanciate), che qui ritiene di avvertire. La Madonna di Velesovo viene fatta dipendere direttamente dalla Vergine lapidea della lunetta policroma dell'Adorazione dei Magi del Battistero di Parma, firmata e datata 1196, da cui la critica aveva già giustamente fatto derivare opere d'area alpina come la Madonna detta degli Annegati del Duomo di Trento di Adamino d'Arogno o della sua cerchia (1212 circa) e la Madonna del timpano proveniente dal Duomo di Salisburgo, oggi nel locale Museo Carolino Augusteum. Un altro evidente riflesso del Battistero di Parma è stato ravvisato nella Majestas Domini firmata da un maestro Ludovico a San Candido (Innichen) in Pusteria, che dipende dalle sculture dello stesso soggetto all'interno del Battistero sopra l'altar maggiore, ma per la quale si resta incerti se si tratti di un diretto apporto parmense, giunto per la via del cantiere campionese di Trento,oppure di un più lontano riecheggiamento salisburghese, di rim-balzo, considerato anche il carattere nordico dell'architettura della Colle-giata, che dipende dalle chiese della riforma di Hirsau.15 Nell'enfatizzare il ruolo dell'Antelami quale principale mediatore delle novità francesi 14 Storicamente per Lombardia si intende l'intera valle del Po e dei suoi affluenti, racchiusa fra l'arco alpino e gli Appennini, ad eccezione del Veneto (la Marca di Treviso o di Verona) - anche se Dante considerava lombardi gli Scaligeri - del Friuli e della Romagna. Il neologismo Padania - dove la posizione dell'accento tonico è incerta -, che in teoria serve ad evitare confusioni con la più piccola regione Lombardia, gode di grande popolarità da quando se ne è impossessato la Lega Nord, che rivendica l'esistenza di una sedicente nazione "padana" in cerca delle proprie origi-ni celtiche e longobarde. 15 Con queste opere sono in varia misura imparentate le Madonne del timpano della Nonnbergkirche a Salisburgo, del monastero di Walkenried, di Wessobrunn (oggi al Nationalmuseum di Monaco), cf. Hamann 1927, cit. n. 10, tav. LXI, nonché le due più tarde, fuori contesto, oggi all'Art Institute di Chicago e al Wawel di Cracovia (collezione Czartoryski). Cf. Carl Theodor Müller, Mittelalterliche Plastik Tirols von der Frühzeit bis zur Zeit Michael Pachers, Berlin 1935, pp. 19-21; Franz FuhRMAnn, Das romanische Marientympanon im Salzburger Museum Carolino-Augusteum. Zur Frage seiner Entstehungszeit, in: Jahresschrift Salzburger Museum Carolino-Augusteum 1959, Salzburg 1960, pp. 49-103. 22 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 23 RAZPRAVE IN ČLANKI per l'Italia, Cevc si riallaccia alla storiografia artistica italiana da Venturi a Toesca, che sarebbe approdata nel 1952 alla monumentale monografia di Géza de Francovich, in cui sono ipotizzati ben tre viaggi d'istruzione dell'artista in Provenza e Ile-de-France.16 Ma queste ipotesi vengono oggi messe radicalmente in discussione, nel quadro anche di un generale ridi-mensionamento dell'idea dello scultore medievale itinerante lungo le vie di pellegrinaggio.17 Per parte mia non credo che l'Antelami avesse una nozione diretta di Chartres, o comunque che egli fosse rimasto tutto sommato poco sensibile alle novità che da là emanavano, anche perché dubito fortemente della plausibilità dell'attribuzione al maestro, già maturo nel 1178, delle opere vercellesi che de Francovich gli assegnava, databili già alla prima metà degli anni Venti del Duecento, in cui caratte-ri antelamici si mescolano ormai con elementi desunti da Notre-Dame di Parigi e dai transetti di Chartres. Tali novità possono più facilmente essere giunte per altra via nelle regioni occidentali d'Italia, direttamente confinanti con la Francia; cosï come in generale è da avvertire che la cri-tica ha individuato vari casi di presenza diretta di scultori protogotici francesi nell'Italia settentrionale fra tardo XII e prima metà del XIII secolo (Santa Giustina a Padova, Vezzolano, Vercelli, Giudizio Universale del Duomo di Ferrara ...). Tenendo presente anche la massiccia importazione di opere d'arte di piccolo formato, facilmente trasportabi-li, come le miniature, gli avori o le oreficerie limosine, è ormai da accan-tonare l'idea che tutto cio che di vagamente francesizzante si incontri nella scultura padana della prima metà del Duecento debba risalire a un influsso antelamico.18 Volendo tracciare in sintesi un percorso evolutivo non solo delle Madonne in trono ma dell'intera scultura europea fra XII e XIII secolo, oggi si accentuerebbe molto di più di quanto si poteva fare nel 16 Géza De Francovich, Benedetto Antelami scultore e architetto e l'arte del suo tempo, Milano - Firenze 1952; la pista dei viaggi in Francia è so-stenuta ancora da Arturo Carlo QuiNtAVALLE, Benedetto Antelami (catalo-go della mostra, Parma 1990), Milano 1990. 17 Cf. Willibald SAUEELäNDEE, Benedetto Antelami. Per un bilancio critico, Benedetto Antelami e il Battistero di Parma (ed. C. Frugoni), Torino 1995, pp. 3-69. 18 Cf. Guido Tigler, Il portale maggiore di San Marco a Venezia. Aspetti iconografici e stilistici dei rilievi duecenteschi, Venezia 1995 (Memorie dell'Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, LIX), pp. 478-492. 23 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 24 RAZPRAVE IN ČLANKI 1951 l'importanza dell'arte renano-mosana.19 Il punto è che il ruolo promotore di Colonia e Liegi è stato pienamente avvertito dal grande pubblico solo con le faraoniche mostre - peraltro anche confusionarie - del 1970 a New York sull'anno 1200 e del 1973 sul Reno e la Mosa a Colonia, che hanno diffuso la nozione che Nicolas di Verdun ha provo-cato una rivoluzione artistica d'impatto internazionale non meno dirompente degli scultori di Chartres Ovest (e cio riguarda direttamen-te l'area alpina, considerato che delle due opere certe di Nicolas una, l'altare di Klosterneuburg del 1181, è in Austria).20 Intorno all'anno 1200 le pietre miliari cui guardavano gli scultori più aggiornati non si trovavano più nell'Ile-de-France ma nel Basso Reno e in Belgio, e ad esse facevano riferimento diretto o indiretto - tramite la mediazione di avori e oreficerie - i numerosissimi intagli dall'aria vagamente renano-mosana che si producevano nella prima metà del Duecento in paesi lontani come la Vestfalia, la Norvegia, la Svezia e persino la Finlandia, ma anche in Spagna (Navarra, Paesi Baschi, Vecchia Castiglia) e spora-dicamente in Italia.21 La fortuita sopravvivenza di tante Madonne col 19 Cf. Marguerite Devigne, La sculpture mosane du Xlle au XVIe siècle, Paris - Bruxelles 1932; Joseph De Boechgeave D'Aetena, A propos des Vièrges en majesté conservées en Belgique, Bulletin de la Société d'Art et Histoire du diocèse de Liège, 1937; Idem, Les Madones anciennes conservées en Belgique 1025-1425, Bruxelles 1945; Art mosan et arts anciens au pays de Liège (catalogo della mostra, Liegi 1951), Liège 1951; Achille STubbE, La Madone dans l'art, s. l.[Belgio] s. d. [circa 1955]; Joseph De Boechgeave D'Aetena, Madones en Majesté. A propos de Notre-Dame d'Eprave, Revue belge d'archéologie et d'histoire de l'art, XXX, 1961, pp. 3-114; Robert Di-diee, La Sedes, la Vièrge et le Saint Jean au calvaire de l'église Saint-Jean à Liège et la sculpture mosane de la première moitié du XIIIe siècle, La Collégiale Saint-Jean à Liège. Mille ans d'art et d'histoire, Liège 1981. 20 The Year 1200. A centennial exhibition at the Metropolitan Museum of Art (catalogo della mostra, New York 1970, ed. R. Hoffmann), New York 1970; Robert Didiee, La sculpture mosane du XIe au milieu du XIIIe siècle, Rhein und Maas. Kunst und Kultur 800 bis 1400 (catalogo della mostra, Colonia 1973), Köln 1972-1973, Il, pp. 407-420. 21 Cf. rispettivamente: Charlotte Keack Eitzen, Die thronenden Madonnen des 13. Jahrhunderts in Westfalen, Bonn 1985 (Denkmalpflege und Forschung in Westfalen, VI); Aron Andeesson, English influence in Norve-gian and Swedish figure-sculpture in wood, 1220-1270, Stockholm 1949; Martin Beindheim, Main trends in eastern Norvegian wooden figure sculpture in the second half of the thirteenth century, Oslo 1952; Idem, Scandinavian art and its relations to European art around 1200, The year 1200 1975, cit. n. 11, pp. 429-468; Idem, Painted wooden sculpture in 24 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 25 RAZPRAVE IN ČLANKI Bambino della prima metà del XIII secolo proprio in queste aree puo solo farci immaginare e rimpiangere quanto è andato distrutto per la riforma protestante in altre zone dell'Europa nord-occidentale, come il Nord-Est della Germania e l'Olanda, ma anche l'Inghilterra, dove pure l'influsso renano-mosano pare fosse determinante. La questione non è dunque se Velesovo fosse più o meno aggiornata rispetto a Madonne della Francia settentrionale, che appaiono aggiornate sul linguaggio dei transetti di Chartres - per esempio quella di Gassicourt, databile fra 1220 e 1230 (fig. 3) - ma quanto lo fosse rispetto a opere renano-mosa-ne del secondo quarto del XIII secolo, come la Madonna di Saint-Jean a Liegi o quella della Marienkirche di Dortmund. L'intagliatore, tut-t'altro che modesto, della Madonna di Velesovo (figg. 1-2) non risulta in alcun modo contagiato dalle più innovative tendenze dell'arte renano - mosana in diretto rapporto con Nicolas di Verdun o Hugo di Oignes verso forme dolci, sinuose e morbide, un cui evidente riflesso era penetrato fino a Bolzano nello stupendo crocifisso oggi nella par-rocchiale di Gries datato, con iscrizione apocrifa, 1205;22 ma si mostra Norway c. 1100-1250, Oslo - Stockholm - Oxford - Boston 1998; IdEM, Gothic painted wooden sculpture in Norway 1220-1350, Oslo 2004; Aron AndEESSon, Medieval wooden sculpture in Sweden . II. Romanesque andgothic sculpture (edd. A. Andersson e M. Rydbeck), Stockholm 1966; Clara Feenandez LAdEEdA, Imagineria medieval mariana, Pamplona 1988; Guido Tiglee, in Visibile pregare. Arte sacra nella diocesi di San Miniato (ed. R. P. Ciardi), II, Pisa 2001, pp. 220-223, cat. 86 [Madonna datata 1255 a Santa Maria a Monte presso Pisa]. 22 Cf. Michael Semff, Die Triumphkreuzgruppe im Dom zu Seckau. Studien zur Holzskulptur des 12. und 13. Jahrhunderts in den östlichen Alpenländern, Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, XXX-XXXI, 19771978, pp. 47-88; e per altri crocifissi d'influsso renano-mosano del Duecen-to in Italia, fra i quali andrà preso in considerazione anche quello di San Leonardo a Lucca, da noi segnalato: Martina Bagnoli, The Brindisi cross, related problems in southern Italian sculpture, Diskurse zur Geschichte der europäischen Bildhauerkunst. Skulptur des 12. und 13. Jahrhunderts (atti del convegno, Francoforte s. M. 1991, edd. H. Beck e R. Hengevoss Dürkop), Frankfurt a. M. 1994, I, pp. 689-697, II, pp. 450-470; Andrea De Maechi, in Scultura lignea. Lucca 1200-1425 (catalogo della mostra, Lucca 1995, ed. C. Baracchini), Firenze 1995, I, pp. 48-52 [Crocifisso di Sant'Elisabetta a Barga]; Luca Moe, Una proposta bolognese per il crocifisso ligneo duecen-tesco della Fondazione Giorgio Cini, Saggi e memorie di storia dell'arte, XXVII, 2003, pp. 15-34; Valeria Poletto, in In hoc signo. Il tesoro delle croci (catalogo della mostra, Pordenone e Portogruaro 2006, ed. P. Goi), Milano 2006, pp. 349-350, cat I.51 [Crocifisso del Duomo di Cividale]. Il crocifisso 25 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 26 RAZPRAVE IN ČLANKI 3. Madonna in trono col Bambino. Gassi- 4. Madonna in trono col Bambino, con court (Francia), chiesa di Sant'Anna. cristalli di rocca. Colonia, Schnütgen Mu- seum comunque debitore di un influsso proveniente da quella regione, anche se originato da modelli diversi e più convenzionali, come ad esempio la Madonna dello Schnütgen Museum di Colonia (cat. A 14), impreziosita da cristalli di rocca, dove il panneggio, costituito da fitte pieghe parallele, è meno curvilineo, a tratti più spigoloso di quello del capolavoro di Liegi23 (fig. 4). Senza voler stabilire legami diretti, è di Gries è confrontabile con la Vergine dolente proveniente dal mercato antiquario salisburghese oggi allo Schnütgen-Museum di Colonia, cf. Ulrike BeRgMAnn, Schnütgen-Museum. Die Holzskulpturen des Mittelalters (10001400), Köln 1989, cat. 13, pp. 150-153, con datazione 1220-30. 23 Cf. Rhein und Maas 1972-1973, cit. n. 20, p. 339; KlAck EiTzen 1985, cit. n. 21, tav. 15; BeRgMAnn 1989, cit. n. 22, cat. 14, pp. 153-157. 26 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 27 RAZPRAVE IN ČLANKI istruttivo porre a confronto la nostra Madonna con altre analogamente debitrici di influsso renano-mosano, in cui le novità dei prototipi si stemperano a contatto col tradizionalismo degli ambienti locali che le recepivano, ad esempio con opere della Germania meridionale come la Madonna di Sankt Georg a Ruhpolding in Alta Baviera,24 o con le ancor più arcaizzanti Madonne norvegesi di Ranes (fig. 5),25 Nykirke, Tanum (fig. 6),26 Granvin (fig. 7),27 Dyste, Veldre, e con quella già più moderna di Vallset (fig. 8).28 Anche in Svezia ci sono Madonne lignee confrontabili a Fröskog, Härna, Hol, Orlunda, Rimbo, Stenestad e Väs-tra Skrukeby.29 A fronte di tali collegamenti, è fin troppo evidente che per Velesovo, ma anche per le Madonne pusteresi che discuteremo, la pista antelamica risulta fuorviante. Infatti, non solo è chiaro che l'influs-so antelamico non avrebbe mai potuto conquistare la Norvegia, ma anche che cio che è più innovativo in queste opere, cioè il graduale supe-ramento di una concezione massiccia e pesante del corpo umano, è in netta antitesi ai caratteri della scultura romanica padana, cui l'Antelami ed i Campionesi si sono sempre mantenuti fedeli, rimanendo ancorati a proporzioni tarchiate e a una tettonicità concepita in funzione di figure gonfie, del tutto statiche o dai movimenti lenti e solenni. La datazione della Madonna slovena verso l'inizio del Due-cento, forse ancor prima del 1220, avanzata da Cevc, nonché la sua attribuzione ad un intagliatore dell'Italia settentrionale d'influsso ante-lamico furono accolte senza riserve da Rasmo nel suo densissimo arti- 24 Cf. Rainer Budde, Deutsche romanische Skulpturen 1050-1250, München 1979, p. 241, cat. 241, con datazione al 1230 circa; Klaus Niehr, Die mitteldeutsche Skulptur der ersten Hälfte des 13. Jahrhunderts, Weinheim 1992. 25 Al Vitenskapmuseet di Trondheim, cf. Blindheim 1998, cit. n. 21, cat. 30, p. 62, con datazione alla fine del XII secolo. 26 Cf. ibidem, cat. 33, pp. 63-64, con datazione al 1225 circa. 27 Al Historisk Museum di Bergen, cf. ibidem, cat. 34, p. 64, con datazio-ne al secondo quarto del XIII secolo. 28 Cf. ibidem, cat. 40, pp. 67-68, con datazione fra 1240 e '70 e confron-ti con la Vergine con i cristalli di rocca a Colonia (fig. 4), quella di Dortmund (Klack EitzEN 1985, cit. n. 21, pp. 51-52, con datazione al 1230 circa) e altre pubblicate da Niehr 1992, cit. n. 24. 29 Cf. Medieval wooden sculpture in Sweden. V. The Museum collection (edd. A. Andersson - M. Rydbeck), Stockholm - Göteborg - Uppsala 1964, vol. [testo]: pp. 28-29, 34, 39, 55, 58-59, 61, 72-73, vol. [tavole]: pp. 50, 55, 58-60, 62, 64. 27 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 28 RAZPRAVE IN ČLANKI 5. Madonna in trono (il Bambino è per- 6. Madonna in trono col Bambino. Tanum duto), proveniente da Ranes. Trondheim (Norvegia), chiesa (Norvegia), Vitenskapmuseet colo del 1953 dedicato alla scultura romanica dell'Alto Adige.30 Se ci si attiene alle opinioni espresse in quel saggio, pure ormai assai datato, non si puo non ammettere che anche lo studioso trentino si sia sostan-zialmente sbagliato sull'attribuzione della Madonna di Velesovo, che non è certo di un maestro lombardo operoso nelle Alpi orientali prima del 1220; ma se si lasciano parlare le foto che Rasmo pone a dialogare con la Madonna in Slovenia, che sono di intagli di varie località dell'Alto Adige (Südtirol), un'area che già Cevc aveva tirato in ballo, nella parte conclusiva del suo saggio, fra i tanti termini di confronto, la solu-zione risulta - quasi inconsapevolmente - già trovata, ancorché avvi- I 30 Rasmo 1953, cit. n. 2, pp. 29, 42-43. 28 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 29 RAZPRAVE IN ČLANKI 7. Madonna in trono col Bambino, prove- 8. Madonna in trono col Bambino, poliniente da Granvin. Bergen (Norvegia), croma. Vallset (Norvegia), chiesa Historisk Museum luppata nel groviglio della sfortuna critica storico-artistica, e non solo, di quella terra di confine. Nella sua tuttora fondamentale monografia del 1935 sulla scultura medievale tirolese Carl Theodor Müller aveva cautamente ipotiz-zato che certe sculture lignee della prima metà del Duecento, come la frammentaria Madonna del Germanisches Nationalmuseum di Norimber-ga (Nürnberg) proveniente da una cappella nei dintorni di Brunico (Bruneck), dove manca il Bambino, possano aver risentito, oltre a prevalenti influssi transalpini, anche dell'impatto della scultura lapidea "lombarda", citando in particolare la Madonna "degli Annegati" a Trento.31 In vari interventi della seconda metà degli anni Trenta e della prima metà degli I 31 Müeeee 1935, cit. n. 15, pp. 29 ss. e tavv. 35 e ss. 29 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 30 RAZPRAVE IN ČLANKI anni Quaranta, Géza de Francovich ribaltava invece il rapporto di dare e avere coll'arte della penisola italiana, sostenendo che gli intagliatori lignei della Val Pusteria del tardo XII secolo e della prima metà del XIII secolo, influenzati da opere tedesche (Bassa Sassonia, Baviera), avrebbero eserci-tato la loro arte anche in Emilia, Umbria ed Abruzzo, dove lo studioso attribuiva loro un gran numero di opere, fra cui tutto il raggruppamento delle Madonne in trono col Bambino d'area spoletina (di cui l'unica data-ta è quella del Museo Nazionale dell'Aquila proveniente da Bugnara, data-ta 1262).32 Pur essendo totalmente errata, questa ipotesi - che avrebbe assegnato agli intagliatori pusteresi un ruolo analogo a quello svolto nel 32 Géza De Francovich, Una scuola d'intagliatori tedesco-tirolesi e le Madonne romaniche umbre in legno, Bollettino d'arte, XIV, 1935, pp. 207-228; Idem, A romanesque school of wood carvers in central Italy, The Art Bulletin, XIX, 1937, pp. 5-57; Idem, Scultura medievale in legno, Roma 1943, pp. 6 ss, 19 ss. Su questi studi cf. Valentino Pace, Forma e funzione: gli studi sulla scultura lignea da Géza de Francovich a oggi, La Deposizione lignea in Europa. L'immagine, il culto, la forma (edd. G. Sapori, B. Toscano), Milano 1999, pp. 355-359. Lo studioso muoveva dalle opinioni di Max Georg Zimmermann (1897) e Pietro Toesca (1927), che già avevano avvicinato il Crocifisso e dolenti di San Pietro a Bologna ai gruppi scultorei d'uguale soggetto a San Candido e Castelbadia (Sonnenburg) - i cui dolenti sono al Museo Schnüt-gen di Colonia - in Val Pusteria. Per de Francovich spetterebbe a intagliatori pusteresi buona parte del raggruppamento stilistico di intagli che la critica aveva riunito attorno alla Madonna di Prete Martino, datata 1199, al Bode Museum di Berlino, proveniente da Sansepolcro, e alla Deposizione del Duomo di Tivoli. Per le attuali opinioni su queste opere si rimanda a Bergmann 1989, cit. n. 22, cat. 8/9, pp. 141-146; La Deposizione lignea 1999, cit. n. 32; La Bellezza del Sacro. Sculture medievali policrome (catalogo della mostra, Arezzo 2002-2003, ed. A. M. Maetzke), Firenze 2002, pp. 75-77, 89-95, Massimo Medica, in La cattedrale scolpita. Il romanico in San Pietro a Bologna (catalogo della mostra, Bologna 2003-2004, edd. M. Medica, S. Battistini), Bologna 2003, pp. 292-295, cat. 18 [Dolenti del crocifisso del Duomo di Bologna]; Iacopone da Todi e l'arte in Umbria nel Duecento (catalogo della mostra, Todi 2006-2007), Milano 2006, pp. 136-137, 144-151. L'unica opera per la quale, fra quelle umbre, si puo proporre un collegamen-to col Nord, nel senso pero di un vago aggiornamento formale e non certo di un'attribuzione, è la Madonna di Santa Maria in Camuccia a Todi, ritenuta "palesemente quattrocentesca" da de Francovich ma databile ai primi del Duecento (la testa del Bambino è un rifacimento primo-quattrocentesco, quella della Madre è forse ottocentesca sul modello della Pietà di Michelangelo al Vaticano), dove a fronte di una stretta fedeltà iconografica al modello della Sedes Sapientiae oggi a Berlino, da cui dipende anche quella mutila di Santa Maria Infraportas di Foligno, il panneggio introduce un piegheggiare curvilineo concentrico di chiara ascendenza mosana. I modelli di Berlino 30 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 31 RAZPRAVE IN ČLANKI Medioevo dai lapicidi delle prealpi comasche ed intorno al 1940 dagli inta-gliatori della Val Gardena (Gröden) - conforta almeno per il fatto che uno dei maggiori conoscitori dell'arte dell'Antelami negava la dipendenza della Madonne pusteresi da questo scultore e ne coglieva invece il legame con altri fenomeni della scultura lignea, in Germania come in Italia. La prospettiva d'ampio raggio e l'alta valutazione che ne conseguiva, che de Francovich introduceva nello studio delle Madonne pusteresi, prima sem-pre considerate alla stregua dell'artigianato alpino, fu accolta con entusi-asmo da Roberto Salvini nel 1938,33 ma condannata senza appello da Rasmo in vari interventi, nei quali non solo vengono giustamente con-traddette le troppo generose attribuzioni proposte dal de Francovich per gli intagliatori che lui chiamava "tedesco- tirolesi", ma viene di nuovo dra-sticamente ridimensionato il giudizio sulla qualità della maggior parte delle sculture lignee dell'Alto Adige del Duecento, ed esse vengono considerate deboli riecheggiamenti periferici da modelli lapidei "lombardi", negandosene risolutamente qualsiasi legame coll'arte a Nord del Brenne-ro.34 I condizionamenti nazionalistici cui soggiacque, forse inconsapevol-mente, l'approccio di Rasmo sono evidenti laddove lo studioso rimprove-ra de Francovich per l'uso del termine "tedesco-tirolese", che a suo dire sarebbe meglio sostituire con "altoatesino", per evitare confusioni col Tirolo austriaco; in realtà il tabù dell'uso del toponimo Tirolo, imposto dal regime fascista, svela la preclusione ad accettare serenamente le compo-nenti alloglotte dell'Alto Adige, ivi comprese le testimonianze artistiche non italiane. Anche se condotto con intento di assoluta obbiettività, lo studio di Rasmo sulla scultura lapidea e lignea d'età romanica in Alto Adige non riesce a sottrarsi del tutto alle conseguenze negative del clima avvele-nato dalla follia delle 'opzioni' e della "Rückwanderung". Pur evitando i (Sansepolcro), Foligno e Todi sono banalizzati nella Madonna proveniente da Cesi, al Museo Diocesano di Spoleto, che funge da trait-d'union col successi-vo gruppo di Madonne spoletine, nel quale è innegabile una certa caduta di qualità rispetto alle opere della valle tiberina del 1200 circa. 33 Roberto SAlvini, Appunti e inediti di scultura atesina, Archivioper l'Alto Adige, XXXIII, 1938, pp. 303-322, alle pp. 308-312. 34 Nicolo Rasmo, Note sulla scultura medievale atesina, Cultura atesina, I, 1947, pp. 41-47; IdEM, Arte medievale nell'Alto Adige (catalogo della mostra, Bolzano 1947-48), Bolzano 1949; IdEM, Recensione a Gotik in Tirol, catalogo della mostra (Innsbruck 1950), Cultura atesina, IV, 1950, pp. 134-160, a p. 137; Rasmo 1953, cit. n. 2, pp. 10, 30, 37, 45-46. 31 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 32 RAZPRAVE IN ČLANKI 9. Madonna in trono col Bambino, pro- 10. Madonna in trono col Bambino. Ven-veniente da Partistagno. Attimis (Udine), zone, collezione privata Museo del Castello toni chauvinisti che negli anni del ventennio avevano caratterizzato gran parte degli studi apparsi sull' Archivio per l'Alto Adige diretto dal senatore Tolomei - dove pero fu pubblicato anche l'articolo tutto sommato filo-tedesco del giovane Salvini -, nel dopoguerra Rasmo conduce dalla sua rivista Cultura atesina una vera e propria politica culturale di analoghi intenti, tesa a rivendicare (con toni moderati e addirittura in due lingue) la sostanziale italianità della provincia, dove l'organo culturale in lingua tedesca tornava ad essere la rivista Der Schlern. Secondo Rasmo l'Alto Adige romanico, ben lungi dall'aver saputo esprimere una propria arte dai valori originali e men che mai in rapporto con i territori a Nord del confine tracciato nel 1918, sarebbe suddivisibile in tre zone, corrispondenti alle diocesi d'appartenenza, che tutte in varia misura avrebbero risentito dell'influsso linguistico ed artistico "lombardo": la Val Venosta (Vinsch-gau), dipendente da Coira (Chur), dove ancora nel Settecento si parlava in parte il ladino - lo studioso sorvola sul fatto che la diocesi di Coira face-va parte della provincia ecclesiastica di Magonza (Mainz) - avrebbe risen-tito per secoli di un influsso comasco e pavese (ma di questo stile sono 32 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 33 RAZPRAVE IN ČLANKI quasi solo i portali di Castel Tirolo del 1140 circa); la zona di Bolzano, che faceva parte della diocesi di Trento - i cui principi-vescovi erano quasi tutti tedeschi, aggiungiamo noi - sarebbe stata influenzata da Verona e Trento (ma le uniche opere di tale connotazione che vi si trovano nel periodo in esame sono il protiro e la Madonna allattante della Parrocchiale); la zona di Bressanone, la cui diocesi dipendeva da Salisburgo, pur essen-do incontestabilmente la meno italiana, e dove già nel Basso Medioevo il ladino lo si parlava solo nelle convalli dolomitiche, avrebbe per Rasmo comunque risentito di un più annacquato influsso "lombardo" attraverso le sculture lapidee e lignee di San Candido e Castelbadia (Sonnenburg). Le sorti dell'italianità dell'arte romanica in Pusteria erano appese al tenue filo dell'argomentazione del preponderante influsso "lombardo" su un gruppo di intagli che, a ben vedere, non ha alcun termine di confronto preciso nella scultura lignea padana vera e propria. Quanto poi ai gruppi delle crocifissioni, cui vanno aggregati i due Profeti del Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck provenienti da Sankt Moritz a Wenns nel Pitztal (mentre i santi Candido e Corbiniano a San Candido sono, come riconosciuto da Salvini, posteriori), essi possono essere confrontati non solo col gruppo di San Pietro a Bologna ma anche con intagli di tal soggetto in Germania (Sankt Jakob a Ratisbona/Regensburg), Spagna (San Antonio de Torques in Asturia) e Norvegia (Urnes), il che rende deci-samente miope un dibattito attributivo sull'etnia italiana, tedesca o ladina dei loro autori. Si capisce come nell'impasse a Rasmo tornasse comodo giudicare lombarda la Madonna di Velesovo e venostana d'influsso lombardo, non pusterese, quella assai simile di Burgusio (Burgeis). Ancora nel 1959 Bruno Passamani segue queste opinioni, quando propone come fonte d'ispirazione per le Madonne lignee altoatesine del Duecento e anche per quella di Velesovo, che menziona esplicitamente, un altorilievo lapideo del Victoria and Albert Museum, acquistato ad Ora (Auer) in Val Lagarina (Lagrein).35 Questa scultura, che potrebbe essere solo transitata per la strada del Brennero quando fu comprata per il museo londinese - 35 Bruno Passamani, Una Madonna romanica ad Ora al Victoria and Albert Museum di Londra, Cultura atesina, XIII, 1959, pp. 125-128. Vedi anche la bibliografia indicata alla nota 52. L'opera mi sembra ancora confronta-bile con sculture come la Madonna lapidea policroma proveniente da Codogno al Fine Arts Museum di Boston, per la quale cf. Hanns Swae-zenski, A masterpiece of Lombard sculpture, Bulletin of the Boston Museum of Fine Arts, LVII, 1959, pp. 64-75. 33 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 34 RAZPRAVE IN ČLANKI 11. Madonna in trono col Bambino. Bur- 12. Madonna in trono col Bambino (rifat-gusio/Burgeis (Bolzano), casa del parroco to), proveniente da Caminata/ Kematen in Val di Tures (Bolzano). Bressanone/ Brixen, Museo Diocesano sempre che l'indicazione di provenienza fornita dal mercante d'arte non fosse in toto fuorviante -, ha legami solo generici con la Madonna degli Annegati, mentre appare più ancorata, nella sua struttura massiccia e rigi-da, alla Scuola di Piacenza, evocata dallo stesso studioso, cioè ai seguaci emiliani e lombardi di Nicolo attivi fra 1150 e '70. Niente mi sembra avere in comune con le Madonne lignee pusteresi. Sciogliendo le riserve degli studi precedenti, che esageravano la portata degli influssi lombardi e scambiavano per antelamico un carat-tere tettonico tipicamente alpino, si puo concludere che le Madonne pusteresi, fra le quali si devono annoverare anche quelle di Burgusio e Velesovo, rappresentano un fenomeno artistico in sé concluso, dai con-notati sostanzialmente autoctoni, che risente dei lontani riflessi dell'arte delle valli del Reno e della Mosa, non di quella della valle del Po. Già le più arcaiche, con le grandi teste e le proporzioni tarchiate, trovano infatti possibilità di confronti nell'arte renano-mosana, ad esempio nella 34 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 35 RAZPRAVE IN ČLANKI Madonna della collezione Henke a Essen, a fronte dei quali i confronti con le altrettanto tozze Madonne lapidee d'ambito antelamico e campio-nese appaiono assai meno stringenti. Queste Madonne, prodotte proba-bilmente da poche botteghe a Brunico - che sarebbe stata la città di Michael Pacher - o anche a Bressanone, possono essere suddivise in tre raggruppamenti, già individuati da Müller e Rasmo, che includono la quasi totalità degli intagli di questo tema nel Tirolo duecentesco, ad ecce-zione della Madonnina di Senale (Schnals) in Val Venosta, che è un pezzo di importazione dalla Vestfalia o dalla Bassa Sassonia, cosd' come quella della chiesa del Corpus Domini di Forli.36 Un primo gruppo sembra ori-ginato dal prototipo della Madonna del Museo Diocesano di Bressanone proveniente da San Maurizio (Sankt Moritzen) in Val di Tures (Tauferer-tal) presso Campo Tures (Sand in Taufers), col Bambino seduto frontalmente un po' a sinistra nel grembo della Madre e che tiene le gambette incrociate, con la tipica posa del sovrano.37 A mio parere è quest'opera, in cui l'incrociarsi delle gambe del piccolo appare più credibile, il model-lo per la simile Madonna del Museo Germanico di Norimberga, prove-niente dalla Val Pusteria, dove l'incrociarsi delle gambe è risolto in modo meno chiaro e dove le proporzioni già più slanciate denunciano un'ese-cuzione più tarda, mentre Müller, Salvini e Rasmo pongono all'origine del raggruppamento il pezzo oggi a Norimberga.38 Le proporzioni tarchi- 36 Cf. Müller 1935, cit. n. 15, p. 32, fig. 47-48; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 45, che la data troppo tardi al 1304, anno del rinvenimento miracoloso fornito dalla leggenda. Per Forli cf. Antje Middeldorf KoSEGAEtEN, Eine sächsische Madonna des dreizehnten Jahrhunderts in Forli, Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XIV, 1970, pp. 443-450; Klack Eitzen 1985, cit. n. 21, pp. 26-27. 37 Cf. Müller 1935, cit. n. 15, p. 30, fig. 37; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 40, fig. 60-61. 38 Acquistata nel 1904, l'opera fu pubblicata nel catalogo di Walter Josephi, Werke plastischer Kunst, Nürnberg 1910, cat. 199. Cf. Müller 1935, cit. n. 15, p. 29, fig. 35, che la pone all'inizio dello svolgimento delle Madonne pusteresi; Salvini 1938, cit. n. 33, p. 9, che la confronta con quella di Otzdorf (1160-80) nell'Altertumsmuseum di Dresda; Carl Theodor Müller - Vinzenz Oberhammer, in: Gotik in Tirol. Malerei und Plastik des Mittelalters (catalogo della mostra, Innsbruck, Tiroler Landesmuseum Ferdinande-um, 1950), Innsbruck 1950, p. 15, che accodano la Madonna proveniente da Gais (ora a Bolzano) a quella di Norimberga, opinione da cui dissente Rasmo 1950, cit. n. 34, p. 137, e Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 40, che colloca in testa alla serie la Madonna di Gais e "a breve distanza ma dopo l'intervento di nuove esperienze" quelle di Norimberga e della Val di Tures nel Museo di 35 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 36 RAZPRAVE IN ČLANKI ate della Madonna oggi a Bressanone ricompaiono in quella, bellissima, del Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck, proveniente dalla cappella di San Pietro e Paolo di Götzens, che è curiosamente rima-sta esclusa dal dibattito sulle Madonne pusteresi, ma ne fa parte con ogni evidenza.39 Da queste Madonne sembrano derivare opere più modeste, di cui una si trova pure al museo di Norimberga, acquistata a Bolzano,40 un'altra era nella collezione veneziana di Marcell Nemes (vedi nota 53), e un'altra ancora, dove Maria indossa un soggolo, è a Castel Coira (Chur-burg) presso Sluderno (Schluderns) in Val Venosta, dove pero potrebbe essere giunta in età moderna, facendo parte della collezione dei conti Trapp.41 Un secondo gruppo è capeggiato dalla notevolissima Madonna proveniente da San Giovanni a Gais in Val di Tures, già al Museo Nazi-onale del Castello del Buonconsiglio a Trento e oggi al Museo Civico di Bolzano, dove le gambe del Bambino sono parallele.42 Ne derivano, Bressanone (cf. anche Heinz Stafski, Germanisches Nationalmuseum Nürnberg. Die mittelalterlichen Bildwerke, I, Nürnberg 1965, pp. 24-28; Erich Pattis, Romanische Schnitzkunst aus Südtirol in auswärtigen Sammlungen, Der Schlern, XXXIX/10, 1965, pp. 389-392. 39 Cf. Gert Ammann, Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum in Innsbruck, München - Zürich 1985, p. 14, fig. 8 e scheda a p. 57, con datazione 1180-90, forse un po' troppo precoce. 40 Acquistata nel 1891, fu pubblicata da Walter Josephi, Die Frühwerke der Holzplastik im Germanischen Nationalmuseum, Mitteilungen aus dem Germanischen Nationalmuseum, 1905, pp. 89-144, a p. 101; Josephi 1910, cit. n. 38, cat. 205. Cf. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 30 e nota 32. 41 Cf. Müeeee 1935, cit. n. 15, fig. 38; Rasmo 1953, cit. n. 2, pp. 41, 43, fig. 79, che la ritiene a torto già della fine del Duecento o dell'inizio del Trecento. 42 Cf. Giuseppe Geeoea, Il Castello del Buonconsiglio, Roma 1934, p. 112; Saevini 1938, cit. n. 33, p. 311 e figg. 1-2, con datazione errata alla fine del Duecento; Rasmo 1949, cit. n. 34, cat. 3, pp. 17-18, figg. 4-5; Müeeee - Obeehammee 1950, cit. n. 38, p. 15, che la considerano troppo riduttivamente una rozza derivazione dalla Madonna a Norimberga proveniente dalla Val di Tures; Rasmo 1950, cit. n. 34, p. 137, che dissente dal giudizio espresso nella mostra di Innsbruck; Rasmo 1953, cit. n. 34, pp. 36, 40 ss., che data l'opera all'inizio del Duecento e la confronta con i dolenti provenienti da Castel Badia a Colonia, facendone il capolavoro fondante della serie delle Madonne romaniche pusteresi. All'intervento di Rasmo si deve anche il trasferimento dell'opera dal museo di Trento a quello di Bolzano. Cf. anche Silvia Spada Pintaeeeei, in Ezzelini. Signori della marca nel cuore dell'Impero di Federico II (catalogo della mostra, Bassano del Grappa 2001, edd. C. Bertelli, G. Marcadella), Limena 2001, p. 80, cat. II, 7.5, con datazione al secondo-terzo decennio del Duecento. 36 -e- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 37 RAZPRAVE IN ČLANKI come riconosciuto dagli studi, le più modeste Madonne, dove il Bambino siede nella piega falcata fra le ginocchia della Madre, di Tures (Taufers)43 e Villa Ottone (Uttenheim),44 entrambe oggi al Museo Diocesano di Bres-sanone, e quella proveniente dalla chiesa di San Nicola a Albions (Albeins) al Museo Civico di Bolzano,45 nonché la più tarda e rozza provenien-te da San Sebastiano a Tires (Tiers) al Museo Diocesano di Bressanone.46 Il terzo gruppo, che è quello che ci interessa, ha come probabile caposti-pite la Madonna proveniente da una cappella presso Brunico oggi al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, le cui larghe proporzioni avevano fatto pensare a un rapporto con la scultura campionese.47 In realtà l'effetto complessivo dell'opera è difficile da giudicare, essendo andato perduto il Bambino, che dalle tracce dei fori sappiamo essersi tro-vato seduto dalla parte sinistra (a destra per chi guarda) nel grembo della Vergine, quindi in controparte rispetto a Velesovo. Da quest'opera sem-brano dipendere direttamente le due Madonne di Velesovo e delle Clarisse di Bressanone, più slanciate, per le quali Rasmo postulava invece l'esi- 43 Cf. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 30, fig. 39, che la crede derivata da un prototipo sul tipo della Madonna lapidea del portale Sud di Saint-Ursan-ne nel Giura; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 41 e fig. 76. 44 Cf. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 30, fig. 40; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 41 e fig. 77; Leo Andeegassen, Diözesanmuseum Hofburg Brixen, Brixen 1999 (testo in tedesco, italiano ed inglese), p. 6 e fig. 6, con condivisibile data-zione al 1250 circa. La mano con la pera è un'aggiunta quattrocentesca. 45 Cf. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 30, fig. 41, 42, che la confronta con la Madonna di Serfaus nella valle dell'Inn (fig. 43); Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 41, che dà notizia del furto dell'opera, che "riaffioro qualche anno fa presso l'antiquario Colli a Innsbruck, donde pervenne recentemente al Museo Ferdinandeum". Nel 1957 giunse al museo di Bolzano, cf. Silvia Spada Pintaeeeei, Museo Civico. Sezione storico-artistica, Bologna 1995 (testo italiano e tedesco), cat. XXXI, p. 23 con foto. 46 Cf. Joseph Ringeee, Sankt Sebastian in Tiers, Der Schlern, XXIII, 1949, pp. 200-202 con fig.; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 41 nota 75; Andeegassen 1999, cit. n. 44, p. 6. 47 Acquistata nel 1891, fu pubblicata da Josephi 1905, cit. n. 40, pp. 95 ss., che già pensava potesse trattarsi di una sant'Anna, opinione ripresa da Müeeee - ObEEHAMMEE 1950, cit. n. 38, p. 16 e tav. 3, ma contraddetta con buone ragioni da Hamann 1927, cit. n. 10, già nel 1927, e poi da Rasmo 1950, cit. n. 34, p. 137, e Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 42, fig. 71. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 31, fig. 44, 45, nota il rapporto con la Madonna degli Annegati, poi ripreso da Rasmo e Passamani; nella nota 42 si dilunga sulla complessa carpenteria del trono, che in quest'opera è molto più ricca che non in tutte le altre Madonne pusteresi, il che già basterebbe per assegnarle un ruolo trainante. 37 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 38 RAZPRAVE IN ČLANKI 13. Madonna in trono col Bambino, proveniente da Sant'Elisabetta di Bressanone. Bressanone/Brixen, Museo Diocesano stenza di un perduto prototipo lombardo diverso, più francesizzante. Infine, dalla Madonna delle Clarisse di Bressanone derivano quelle, più dimesse, della parrocchiale di Burgusio48 (fig. 11) - che per Rasmo era la più vicina a quella di Velesovo - e del Museo Diocesano di Bressanone proveniente da San Nicolo a Caminata (Kematen) in Val di Tures, presso Campo Tures, da non confondere coll'omonima località in Val di Vizze (Pfitscher Tal), una convalle della Val d'Isarco (fig. 12).49 Più tarde e ancor più modeste opere, in cui si mescolano elementi tratti dalle citate tre famiglie, sono le Madonne del Museo Civico di Bolzano, proveniente da Villabassa (Niederdorf) in Pusteria,50 del Museo Diocesano di Bressa- 48 Cf. Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 42, fig. 72. 49 Inv. 508, cf. AndERgAssen 1999, cit. n. 44, p. 6. Il Bambino in miniatura che oggi siede sulla mano sinistra di Maria è ovviamente frutto di una sostituzione, forse trecentesca. Quello originario doveva sedere nel grem-bo della Madre. 50 Il Bambino siede sul ginocchio sinistro della Madre con le gambe incrociate, come nelle Madonne del primo gruppo. L'opera, già nella col-lezione Wassermann, fu acquistata dal museo nel 1956 e pubblicata da Nicolo Rasmo, Secolo XIII: scultura lignea, Bollettino d'arte, XLI, 1956, p. 367. Per il restauro cf. Silvia Spada Pintareiii, in Museo Civico di Bol- 38 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 39 RAZPRAVE IN ČLANKI 14. Madonna in trono col Bambino, prove- 15. Madonna in trono col Bambino (par-niente da Sant'Elisabetta di Bressanone. ticolare). Velesovo, chiesa mariana Bressanone/Brixen, Museo Diocesano, visione Laterale none, proveniente da San Giorgio a Varna (Vahrn),51 e del Museo Provinciale di Trento, di provenienza ignota, acquistata sul mercato dal Gerola nel 1932.52 Invece è lecito avanzare seri dubbi sulla provenienza sudtiro-lese di una Madonna esposta nel 1933 e 1973 al Museum Folkwang ad Essen, già appartenuta a varie collezioni private, e oggi al Museo Diocesa-zano. Acquisti e restauri 1980-84 (catalogo della mostra, Bolzano 1984, ed. S. Spada Pintarelli), Bolzano 1984 (in italiano e tedesco), pp. 55-62. 51 Cf. Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 43 e fig. 78, secondo il quale "segna il caso limite col quale si tocca ormai l'ambiente gotico trecentesco"; Bruno Pas-samani, Dal Romanico al Rinascimento, Imago lignea. Scultura lignea nel Trentino dal XIII al XVI secolo (ed. E. Castelnuovo), Trento 1989, pp. 41-65, a p. 45 e fig. 24. Sembra ancora databile alla seconda metà del Duecento e riecheggia, nel Bambino seduto di lato a sinistra (destra per lo spettatore), i modelli del secondo gruppo. 52 Cf. Bruno Passamani, La scultura romanica del Trentino, Trento 1963, p. 166; Nicolo Rasmo, Affronti e sculture, Trento 1983 (Beni culturali nel Trentino, VII), p. 109; Passamani 1989, cit. n. 51, p. 45 e Andrea Bacchi, in Imago lignea 1989, cit. n. 51, p. 88, cat. 2. Gerola la credeva giustamente di influsso pusterese, mentre Passamani si arrischia a proporla come di pro-duzione trentina, sia pure riecheggiante modelli sul tipo della Madonna di 39 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 40 RAZPRAVE IN ČLANKI no di Colonia, dove l'indicazione di origine "Tirol" potrebbe riguardare il Tirolo settentrionale o il Vorarlberg oppure costituire un equivoco con un'altra Madonna già facente parte della stessa collezione.53 Alle Madon-ne pusteresi sono avvicinabili pure le due friulane di Sant'Osvaldo a Par-tistagno, oggi al Museo del Castello di Attimis (fig. 9), col Bambino frontale, per la quale Luca Mor ha pero individuato ancor più stringenti confronti in area bavarese, e quella più tarda di collezione privata a Venzone (fig. 10), col Bambino laterale sul ginocchio sinistro della Madre.54 Varna, soprattutto sulla base della qualità insolitamente modesta, che gli suggerisce pure il confronto con la Madonna stante, già trecentesca, di Santo Stefano di Fornace, oggi pure al Museo Provinciale di Trento (cf. Bac-chi, ibidem, p. 89, cat. 3). Obbiettivamente mancano pero indizi seri che permettano di postulare l'esistenza di una produzione scultorea in legno nel Trentino per quest'epoca, per cui ritengo più prudente assegnare queste opere a modesti intagliatori pusteresi. 53 Cf. catalogo d'asta di Theodor Demmeee, Sammlung Dr. Oertel, München, Berlin 1913, nr. 2; Catalogo d'asta della collezione di Marzel von Nemes [già a Venezia in Palazzo Venier dei Leoni, oggi Museo Guggenheim]: Sammlung Marczell von Nemes (München, Gallerie Hugo Helbing), München 1931, nr. 333, tav. 71. L'opera, che nei primi anni Trenta era in una collezione privata a Mühlheim Ruhr, è stata esposta alla Ausstellung von Bildwerken im Museum Folkwang in Essen (catalogo della mostra, Essen 1933), Essen 1933, cat. 7, e alla mostra Freunde des Museums sammeln (catalogo della mostra, Essen 1973), Essen 1973, p. 11, cat. 3. Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 33 e n. 3, la ritiene davvero altoatesina e la fa derivare da Madonne francesi sul tipo di quella proveniente dalla Franca Contea al Historisches Museum di Basilea. Cf. anche Carlo Beeteeei, in Ezzelini 2001, cit. n. 42, p. 81, cat. II, 7.6. Ma l'opera potrebbe proprio venire da altre regioni delle Alpi, avendo ben poco a che fare con le Madonne pusteresi e molto più in comune con quelle aostane, del Vallese, come le due di Valeria sopra Sion (Sitten), del Giura (Poligny) e le tre del Landesmuseum di Zurigo. Luca Mor la pone a confronto con una Madonna che proverrebbe dall'Austria, già nella collezione parigina di Brimo de Laroussilhe, pubblicata da Jacqueline Lievaux-Boccadoe, Edouard Beesset, Statuaire médiévale de collection (Les clefs du temps, 1), Paris 1972, p. 157. Pero forse Müller, che pose l'accento sulla posizione del Bambino sul ginocchio sinistro della Madre, non si riferiva affatto alla Madonna oggi a Colonia, bensi a un'altra davvero pusterese che si trovava pure nella col-lezione Nemes ed è strettamente confrontabile con le due oggi a Norim-berga e molto più latamente anche con quelle svizzere. Per le illustrazioni di tutte queste opere cf. Hamann 1927, cit. n. 10, tav. LV. 54 Sulla Madonna di Attimis cf. Luca Moe, in Ezzelini 2001, cit. n. 42, p. 82, cat. II. 7. 7, con confronti con Madonne bavaresi oggi al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco, provenienti da Gundfing nel Palatinato 40 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 41 RAZPRAVE IN ČLANKI Quanto alla datazione, gli appigli a nostra disposizione sono piuttosto scarsi, ma è ragionevole scalare le opere più elette fra la fine del XII secolo e la metà circa del XIII, in base anche al macrosco-pico mutare delle proporzioni. Le composizioni più antiche, come quelle di Moritzen oggi a Bressanone e di Götzens oggi a Innsbruck, hanno proporzioni tarchiatissime e forte macrocefalia, ed il Bambino è cosï grande rispetto alla Madre da sembrare figlio ipertrofico di una nana. All'inizio del Duecento le figure si fanno più slanciate e monumentali, come nelle Madonne di Norimberga, dalla Val Pusteria, e di Bolzano da Gais, che non a caso hanno riscosso maggiore ammirazione presso il pubblico moderno. Alla metà del secolo diventano quasi esili, eleganti nei casi di maggiore qualità, come Velesovo e Albions, un po' sgangherate nei casi più seriali, dove il Bambino sembra non sedere più tanto saldamente sopra le ginocchia di Maria ma scivolare verso i suoi piedi, secondo un processo involutivo che si riscontra anche nelle coeve Madonne spoletine ed aretine. L'appiglio più preciso per la datazione di tutte queste opere riguarda la Madonna del Museo Diocesano di Bressanone proveniente dalla chiesa delle Clarisse di quella città, opera che a ben vedere si presta più di ogni altra a un puntuale confronto con la nostra, sia di fronte (figg. 1, 13) che di lato (figg. 14, 15).55 Il 10 maggio 1235 il vescovo Enrico, col consenso del capitolo, dei ministerial e dei "cives" di Bres-sanone, assegno alle suore francescane il terreno sui cui sarebbe sorto il convento, la cui chiesa doveva essere intitolata a Maria e a San Francesco; ma l'anno dopo si opto per una dedicazione a Sant'Elisabetta di Superiore e Oberrohning in Alta Baviera e con una Madonna battuta a un'asta a New York (Sotheby's 1990, nr. 19). Per la statuetta in collezione privata a Venzone cf. Giuseppe Maechetti - Guido Nicoeetti, La scultu-ra lignea nel Friuli, Milano 1956, tav. 7. Confronti analoghi si possono fare anche fra il san Leonardo di Laudes (Laatsch), località vicina a Bur-gusio (cf. Rasmo 1953, cit. n. 2, fig. 80), e il san Nicola di Majaso in pro-vincia di Pordenone (cf. Maechetti - Nicoeetti 1956, cit. n. 54, tav. 17, con datazione troppo tarda al XIV secolo). 55 Müeeee 1935, cit. n. 15, p. 30 fig. 36, ne rimarca la differenza dal tipo rappresentato dalla Madonna di provenienza pusterese a Norimberga; Rasmo 1953, cit. n. 2, p. 42, fig. 75, la ritiene "leggermente diversa, ma derivante fondamentalmente dallo stesso prototipo", lombardo d'influsso francese, da cui deriverebbe anche la Madonna di Velesovo. Cf. anche Karl WoEFSGEUbEE, Die Brixner Hofburg, Bozen 1983 (in tedesco e italia-no), fig. 11, ed. 19872, p. 20, fig. 10. 41 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 42 RAZPRAVE IN ČLANKI 16. Madonna in trono col Bambino, pro-veniente dai dintorni di Aquileia. Porde-none, Museo Civico 17. Madonna allattante. Bolzano/Bozen, Museo Civico Turingia; nel 1238 Gregorio IX impose alla comunità la regola della damianite, inviando una lettera d'indulgenze a favore di chi finanzias-se la costruzione, provvedimento ripetuto anche nel 1239; del 1241 è una seconda donazione terriera del vescovo; nel 1254 la Santa Sede prende sotto la sua protezione le proprietà del convento; i lavori edili-zi sembrano essersi svolti fra 1248 e 1257, anno in cui la chiesa fu forse consacrata.56 Ragionevolmente Leo Andergassen data percio la Madonna delle Clarisse al 1250 circa,57 e, come credo si possa precisa-re, probabilmente non prima del 1239, quando le suore risultano esse- 56 Cf. Gerard Pieter Freeman, Die Anfänge des Elisabethklosters in Brixen im Kontext der Entwicklung des Klarissenordens, Icones Clarae. Kunst aus dem Brixner Klarissenkloster (catalogo della mostra, Bressanone 1999, ed. L. Andergassen), Brixen 1999 (in tedesco e italiano), pp. 37-40. Cf. inoltre Karl WolfsgrubER, Das Brixner Klarissenkloster im 13. Jahrhundert, Der Schlern, LIX, 1985, pp. 459-468. 57 Leo AndERgAssen, in Icones Clarae 1999, cit. n. 56, p. 123, cat. 1.1, che descrive attentamente l'opera, riferendo del restauro di Giancarlo Pocher degli anni Ottanta. 42 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 43 RAZPRAVE IN ČLANKI re state troppo povere per permettersi un'opera del genere, né molto dopo il 1257, quando la chiesa era già in funzione. Come si vedrà nella nella seconda parte di questo studio, le vicende delle Madonne di Velesovo e di Sant'Elisabetta a Bressanone hanno vari, forse non casuali, elementi in comune: nei due casi sem-brano essere stati gli emergenti ministeriali58 a impegnarsi maggior-mente per le fondazioni di istituti religiosi femminili, che poi - forse per decisioni imposte dall'alto - ebbero regole diverse, fondazioni che entrambe erano giunte a maturazione attorno al 1239. Probabilmente i ministeriali di Bressanone, cos! come quelli di Kamnik e Velesovo, si sono rivolti a botteghe di intagliatori di Brunico, ordinando per i rispettivi conventi femminili statue lignee simili, ispirate al modello di Brunico oggi a Norimberga o a un simile prototipo andato perduto. Ma a Velesovo si volle inoltre precisare che il Bambino doveva essere sedu-to, in modo del tutto inusuale in Pusteria, dalla parte destra rispetto alla Madre, cos! come i due appariranno alla fine dei tempi, quando incoronando Maria Gesù ricompenserà in Lei l'Ecclesia che gli sarà rimasta fedele.59 Tale deviazione dalla norma puo essere stata ispirata ad una scultura che pure consente di essere confrontata, per l'elegante rastrematura ed il panneggio colonnare, con quella di Velesovo: la Madonna oggi al Museo Civico di Pordenone, proveniente da una loca-lità dei dintorni di Aquileia che ho provato ad identificare col santuario di Barbana, databile alla fine del XII secolo (fig. 16).60 A sua volta quest'opera sembra influenzata, sia nella posa del Bambino nettamen- 58 Cf. Karl Fajkmajee, Die Ministerialien des Hochstiftes Brixen, Zeitschrift des Ferdinandeums für Tirol und Vorarlberg, III, 1908, 52, pp. 95-101; Idem, Studien zur Verwaltungsgeschichte des Hochstifts Brixen im Mittelalter, Forschungen und Mitteilungen zur Geschichte Tirols und Vorarlbergs, VI, 1909, pp. 1-21, 113-126, 209-249, 313-347; Byung-Yong Kim, Familia und soziale Mobilität im 11. und 12. Jahrhundert, nach den Traditionen des Hochstiftes Brixen, Vierteljahresschrift für Sozial-und Wirtschaftsgeschichte, LXXXVI, 1999, pp. 343-366; Gustav Pfeifer, Da 'Prishna' a 'Brichsen'. Contributi per la storia della città di Bressanone nel Medioevo, Bressanone. I. La storia (edd. B. Fuchs, H. Heiss, C. Milesi, G. Pfeifer), Bolzano 2004, pp. 89-161, alle pp. 110-116, 125-126. 59 Cf. Stephan Beissel, Geschichte der Verehrung Marias in Deutschland während des Mittelalters. Ein Beitrag zur Religionswissenchaft und Kunstgeschichte, Freiburg im B. 1909, p. 345, con riferimento al salmo 44. 60 Cf. Guido Tigler, in Le sculture raccontano (catalogo della mostra, Pordenone 2004, ed. G. Ganzer), Pordenone 2004, pp. 36-43. 43 -Q- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 44 RAZPRAVE IN ČLANKI te laterale che nel complesso del suo linguaggio formale, da un gruppo di Madonne lapidee policrome allattanti di probabile produzione veronese, dislocate ab antiquo fra Verona (il capitolo del Duomo dipende-va direttamente da quello del Duomo di Aquileia), Bolzano, Aquileia e Friesach in Carinzia (più le due finite modernamente a Berlino e Cleveland).61 Un ulteriore termine di confronto per la Madonna di Veleso-vo è infatti la modesta Madonna allattante in legno policromo del Museo Civico di Bolzano (fig. 17), databile pure alla metà del Duecen-to, che prende a modello quella lapidea della parrocchiale di Bolzano.62 Ed anche nelle Virgines lactantes veronesi si assiste al propagar-si dell'influsso renano-mosano, che vi si manifesta in forme sempre più rotondeggianti e dolcemente ondulate. 61 Per queste opere cf. Müiier 1935, cit. n. 15, p. 31 e fig. 46; Géza de FrANcovich, Contributi alla scultura romanica veronese, Rivista del R. Isti-tuto di Archeologia e Storia dellArte, IX, 1942, pp. 126-132 e 144; Edoar-do Arsian, La pittura e la scultura veronese dal secolo VIII al secolo XIII, Milano 1943, pp. 146-148; Rasmo 1953, cit. n. 2, pp. 26-28, fig. 41-45; Angiola Maria RoMANiNi, L'arte romanica, Verona e il suo territorio, Verona 1964, pp. 739-741; Frank Thomas LANg, Veroneser Skulptur um 1200, Frankfurt a. M - Berlin - Bern - New York - Paris - Wien 1992 (Europäische Hochschulschriften, Kunstgeschichte, 146), pp. 100-125; Fulvio ZuliANi, Il Romanico, Arte in Friuli-Venezia Giulia (ed. G. Fiaccadori), Udine 1999, p. 124; Guido TiglER, Scultori itineranti o spedizioni di opere? Maestri campionesi, veneziani e tedeschi nel Friuli gotico, Artisti in viaggio 1300-1450. Presenze in Friuli-Venezia Giulia (atti del convegno, Codroipo 2002, ed. M. P. Frattolin), Udine 2003, pp. 121-168, alle pp. 124-126. 62 Edoardo Arsian, Il nuovo museo di Bolzano, Roma 1943, p. 23, la diceva del XIII secolo; Rasmo 1949, cit. n. 34, p. 17 fig. 9, 1953, cit. n. 2, pp. 28-29, fig. 46, vi vedeva una modesta derivazione dalla Maria lactans veronese della parrocchiale, ma riconosceva anche un "influsso di un nuovo tipo iconografico affine a quello della Madonna di Velesovo". Cf. anche Elisabetta ArrighEtti ToMAsoni et alii, scheda di restauro, in Museo Civico di Bolzano. Acquisti e restauri, 1985-1989 (catalogo della mostra, Bolzano 1989, ed. S. Spada Pintarelli), Bolzano 1989 (in italiano e tedesco), pp. 82-87; Spada PintARElli 1995, cit. n. 45, p. 24, cat. XXXIV, con data-zione alla prima metà del Trecento, che pare troppo tarda. 44 O 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 45 RAZPRAVE IN ČLANKI UDK 73.033.4(497.4) izvirni znanstveni članek - original scientific paper I PONOVNO O VELESOVSKI MARIJI Lesen polihromiran, a močno preslikan kip Marije z detetom na prestolu iz Velesovega (v=48,6 cm) so objavili že monsignor Josip Dostal, France Stèle in Emilijan Cevc. Slednji je v prvi številki Zbornika za umetnostno zgodovino leta 1951 skulpturi posvetil obsežen monografski članek. V pričujočem prispevku, ki predstavlja prvi del obsežnejše študije, sta obravnavana ikonografski tip in slog kipa, nadaljevanje v naslednji številki Zbornika za umetnostno zgodovino pa bo posvečeno legendi o njegovem izvoru in zgodovinskemu okviru naročila za ženski dominikanski samostan, ki je bil ustanovljen leta 1238. Emilijan Cevc je sicer menil, da je Marija z detetom nastala pod francoskim vplivom in jo primerjal predvsem z lesenimi romanskimi plastikami iz 12. stoletja, nastalimi na področju Centralnega masiva, vendar jo je na koncu povezal z vplivom Benedetta Antelamija, ki je med 1178 in 1196 deloval v Parmi in v »lombardsko« (danes bi rekli »padansko«) plastiko vnesel francoske vplive, tako provansalske kot tiste iz Ile de France. Podobnega mnenja je bil tudi Nicolo Rasmo, ki je velesovski kip leta 1953 uporabil kot primerjalno gradivo v študiji, posvečeni romanski plastiki na Južnem Tirolskem. Čeprav se z Rasmovimi sklepi ne moremo strinjati, je njegov članek vendarle pripomogel k razrešitvi problema avtorstva. Marijo iz Velesovega je namreč primerjal s podobnimi južnotirolskimi Madonami, med katerimi je treba omeniti Madono iz Burgusia (Burgeis) v Val Venosta (Vinschgau) in Madono, ki je v Diecezanski muzej v Bressanonu (Brixen) prišla iz tamkajšnjega samostana klaris, ki je bil ustanovljen sočasno z velesovskim samostanom. Gre predvsem za rezbarska dela iz Val Pusteria (Pustertal), ki so bila izdelana najverjetneje v Brunicu (Bruneck) in so v pričujočem članku ponovno obravnavana z manjšimi popravki glede na starejše natančne objave Carla Theodorja Müllerja (1935) in Nicola Rasma. Tako je bilo mogoče tudi velesovsko Marijo z detetom pripisati rezbarju iz Val Pusteria, ki je deloval prav okrog leta 1238 ali celo nekoliko kasneje (in ne prej, kot je kip datiral Cevc). »Lombardski« in antelamijevski vpliv je bil tako pri velesovski kot tudi pri ostalih Madonah iz Val Pusteria bistveno manjši oziroma ga moramo povsem izključiti, dela pa kažejo očitno odvisnost od prototipov iz mozanske doline (Liege) in Porenja (Köln), ki so bili v prvi polovici 13. stoletja močno razširjeni v zahodni Evropi, saj rezbarska dela, primerljiva z velesovsko Marijo z detetom, najdemo celo na Norveškem. 45 -e- 04-tigler 13-46 03.10.2007 11:45 Page 46 RAZPRAVE IN ČLANKI Slikovno gradivo: 1. Sedeča Marija z otrokom. Velesovo, Marijina cerkev. 2. Sedeča Marija z otrokom (detajl). Velesovo, Marijina cerkev. 3. Sedeča Marija z otrokom. Gassicourt (Francia), cerkev sv. Ane. 4. Sedeča Marija z otrokom. Köln, Schnütgen Museum 5. Sedeča Marija (otrok je izgubljen) iz Ranes. Trondheim (Norveška), Vitenskap-museet. 6. Sedeča Marija z otrokom. Tanum (Norveška), cerkev. 7. Sedeča Marija z otrokom, iz Granvina. Bergen (Norveška), Historisk Museum. 8. Sedeča Marija z otrokom. Vallset (Norveška), cerkev. 9. Sedeča Marija z otrokom, iz Partistagna. Attimis (Videm), Museo del Castello. 10. Sedeča Marija z otrokom. Pušja vas / Venzone, zasebna zbirka 11. Sedeča Marija z otrokom. Burgusio/Burgeis (Bolzano), župnijski urad 12. Sedeča Marija z otrokom (predelano), iz Caminata/ Kematen v Val di Tures (Bolzano). Bressanone/Brixen, Museo Diocesano 13. Sedeča Marija z otrokom, iz Sv. Elizabete v Bressanonu. Bressanone/Brixen, Museo Diocesano 14. Sedeča Marija z otrokom, iz Sv. Elizabete v Bressanonu. Bressanone/Brixen, Museo Diocesano 15. Sedeča Marija z otrokom. Velesovo, Marijina cerkev. 16. Sedeča Marija z otrokom, iz okolice Ogleja. Pordenone, Museo Civico 17. Doječa Mati Božja. Bolzano/Bozen, Museo Civico -e- 46 -e-