ANNO VII—N. 49 Sabbato 4 Decembre 1852. Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestrein proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. SAGGIO Dell'antica Storia Civile, Ecclesiastica, Letteraria, delle Arti e del Commercio della Provincia del Friuli in due ragionamenti. (Dalla Nuova Raccolta d'Opuscoli Tomo 22.) RAGIONAMENTO I. (Continuazione.) Si teneano in pregio anco le lane di questi contorni, a cui se crediamo a Marziale assegnavasi il terzo luogo tra le lane, che allora in Italia aveano grido; onde saranno elleno state un ragguardevole capo del commercio Aquilejese I). Perciocché di que'tempi la seta non nasceva in Europa, ed assai poca se ne recava dalla China, onde e-rano ad ogni uso le lane, che bene assottigliate, e tinte di Orientali colori vestivano sino i Consoli, e gl'Imperatori nel fasto maggiore de'lor trionfi. Che in gran parte dall' Asia provenissero le Iodate merci straniere, ci persuade l'uso grandissimo delle mercanzie Asiatiche presso gli antichi Romani segnatamente a'tempi degl'Imperatori. Abbiamo da Valerio 2) Massimo, che a provedersi delle medesime si trovarono in Asia sino ottanta mila mercanti Romani tutti in un tempo. Erano 1) Prosseco detto dagli antichi "Pucinum, grandemente Iodato da Plinio (Hist. Natur. lib. 14. cap. 6.) ove scrive, che Livia Augusta attribuì al Vino Pucino gli ottantadue anni, ch'ebbe di vita, non avendo bevuto mai altro vino. Onde gli dà la precedenza non solo tra più generosi, ma anche tra più salubri vini. Merita bene di esser qui ricordato il Vino "Piccolit,, il quale colle sue singolari qualità non solo vince, e supera quanti sono i vini scelti del Friuli, ma contende ancora di parità co'più celebri, e squisiti vini degli altri paesi, sicché con ragione di lui cantò un nostro illustre, e valoroso Accademico: " E più dell' aureo Piccolit, che in regia Mensa al par del Tokai s'onora, e pregia. 2) Lib. IX. Fiorì Valerio Massimo a' tempi dell' imper. Tiberio. Si vegga Fabric. Bibliot. Latina Tom. I. cap. 5. pag. 389. le suddette mercanzie profumi, sete, gioje, droghe, spe-zierie, ricche stoffe, legni odorosi, ed altre preziose cose, che dalla natura, e dall' arte si apprestano ai bisogni del lusso, e della voluttà. E queste merci ad essa provenivano non solo da'porli dell'Asia, ma da quelli ancora dell'Africa: perciocché ne'tempi di cui ora favelliamo, i prodotti, e le manifatture dell' Asia meridionale si trasportavan in Europa dai porti d'Egitto, dove i prodotti medesimi per la via del Mar rosso, e de' varj canali del Nilo erano dall'Asia recati. E quella fu pure la strada che si tenne eziandio ne' tempi posteriori per trasportare in Europa le poc'anzi nominate mercanzie; nè si cambiò, se non poiché venne da' Portoghesi scoperto il celebre Capo di buona speranza. E colle merci dell' Asia trasferivano i negozianti Aquilejesi alla patria loro anche le produzioni dell' Africa. E dai porti delle Gallie, e dell' Isole Britanniche raccoglievano in oltre gli industri Aquilejesi stagno, ferro, piombo, e acciajo. Di tal sorta dunque dovean essere quelle merci, che al dire di Strabone recavansi per mare ad Aquileja, e che poi dalla medesima ad una gran parte d'Italia, e a' più regioni oltre a' monti si dispensavano. Da una Epistola di S. Girolamo 1) a Cromazio, e ad Eusebio ci viene per esempio indicato il commercio, che in Egitto essi faceano di Papiro. In quella lettera il Santo dopo essersi con que* due suoi amici doluto, che scritto gli avessero assai brevemente, soggiunge, che ciò non può attribuirsi a mancanza di carta sapendo lui, che alla loro Città (cioè ad Aquileja) ne somministrava con abbondanza 1' Egitto. "Chartam„, così egli, "defuisse non puto, Aegypto ministrante commercia,,. Quindi ognun vede in Aquileja quanto numeroso esser dovesse il concorso de' mercanti, e de' forestieri. Con fondamento però il più volte lodato Strabone 2) chia-molla "Emporio,, e "grande Emporio, la disse Giuliano 3) Cesare ; ed altri Città "grandissima, 4) ricca, 5) e piena 6) di popolo „ la nominarono. Onde Ausonio la 1) Epist. VII. Edit. Veron. 2) Lib. V. 3) "Opulentum Emporium,. In Orat. de Constantio. 4) "Maximam, et ingenlis magnitudinis. Herodian. Lib. 8. cap. 2. 5) "Dilem altingit Aquilejam,. Pompon. Mela Lib. 2. cap. 2. 6) "Magnitudine, et civium frequentia insignem.» Procopio. De Bel. Vandal. Lib. 1. cap. 4. computò tra le più illustri Città dell'Impero, e in Italia soltanto Roma, Milano, e Capua a lei antepose. Ed ivi altresì fecero soventi fiate dimora le milizie Romane. Si impara da Livio, I) e da Cesare 2) quanto frequentemente le Romane Legioni in essa svernassero. Resta ancora memoria della sepoltura, che aveano in Aquilejaji soldati Veterani, stranieri, o barbari cioè non cittadini Romani, nella seguente sepolcrale Iscrizione : 3) LOCVS SEPVLTVRAE GENTILIYM VETERANORYM. L'accennata frequenza di numerose Milizie in quella Città non meno che i suoi fioriti Commercj diedero forse occasione, che in lei si battesse moneta, e che Cassa pubblica vi si tenesse. E però nella Notizia tra gli Uffizi, dell'Impero "il Procuratore della Zecca Aquilejese, e '1 Prestito de' tesori d' Aquileja „ siveggiono menzionati. VIII. Tanta mercantile ricchezza rendeva questo paese d'ogni cosa abbondante. Veggasi per esempio in Erodiano 4) quanto era grande in Aquileja la copia di tutte le cose in tempo ancora che a lei recava de' gravissimi danni 1' Imperator Massimino barbaramente assediandola. Perciocché narra quest' Istorico, che, ucciso esso Massimino, e quindi cessata le ostilità, gli Aquilejesi " Forum rerum venalium „, sono di lui parole, " supra muros exposuerunt, magna ciborum vinique copia, prae-tereaque vestium, et calceorum, rerumque adeo omnium, quas praebere hominibus posset civitas beata et fio -rens. Igitur magis magisque eas res exercitum ob-stupefecit cogitantem fuisse illis abunde omnia e-tiam ad longiorem obsidionem suflectura, contraque se magna egestate omnium prius aliquanto perituros, quam urbe omnibus circumfluente copiis potirentur. ( Ita manente sub muris exercitu, et quae cuiqua usui forent, indo sumentibus.„) Essendo in tale fiorente stata esso nostro paese non è da maravigliasi, se gli Abitanti suoi agiatamente, e con splendore vivessero. Avean eglino in Città ampie, e sontuose abitazioni, come impariamo da S. Girolamo, 5) che alcune ne menziona, cioè, quelle di Eliodoro ricco, e nobile Cittadino Aquilejese, e poi Santo Vescovo di Aitino, in tal guisa al medesimo Eliodoro scrivendo: "Filius hominis non habet ubi caput reclinet, et tu (Heliodore) amplas porticus, et ingentia tectorum spatia meliris„. E godevansi in Campagna di Yilleggiature niente meno deliziose di quelle tanto celebrate di Ba-ja. 6) Lauti, per quanto scrive Marziale, 7) erano i loro 1) Lib. 41. et 42. 2) Bell. Gal. Lib. 1. 3) Riferisce la suddetta Iscrizione ir Can. Bertoli. 4) In Maximin. Libi 8. 5) Epist. XIV. Edit. Veron. 6) "Aemula Bajanis Altini littora Villis„. Martial. Lib. 4. Epigram. 25. 7) "In Venetis sint lauta licet convivia terris. „ Martial. Lib. 13. 88. conviti. Ci esibisce il Bertoli 1) una statuetta di bronzo rappresentante uno di que'ministri de'conviti, che nomi-navansi "Pocillatori,,. Questo giovane Pocillatore Aquilejese, che ha succinta la tonaca, ed i capegli studiosamente arricciati, tiene nella desta sollevata in alto un Corno, e nella sinistra mano una Coppa. Apparisce in quel Corno la forma de' bicchieri, che allora qui usavasi. Nelle corna di Bue si bevè da principio, e quindi bislunghi, e curvi formaronsi i calici e guisa di corno, e anticamente, come insegna Ateneo 2) la più usata forma di bicchieri fu questa, la quale sembra, che non fosse dimessa ancora a tempo di S. Ambrogio, 3) in cui abbiamo: "per cornu etiam lluentia in fauces hominum vina decurrunt.„ Si fecero ne' primi tempi di legno, e di creta, dopo vi s'impiegò il vetro, e l'ambra, e finalmente i metalli preziosi, e le gemme. Si menzionano da Eschilo presso Ateneo Corni d'argento per bere, e afferma l'istesso Ateneo, che in corni d'argento gli Ateniesi beveano. D'argento o d'altra preziosa materia ne avranno forse avuti anche i nostri ricchi Aquilejesi. Seppe tuttavolta questa gente valersi con saggia moderazione di così fortunati vantaggi. Non si sa eh' ella si abbandonasse giammai alla dissolutezza, o ad un lusso smodato, e quindi perdesse, o infievolisse quella industre virtù, che la rese celebre, e doviziosa. Si sa bene all' incontro, che fino alla distruzione di Aquilej* ricche, ed in fiore si conservarono le sue Città, il che è indizio sicuro del felice proseguimento fino a quel tempo non meno de' suoi commercii che delle applicazioni sue a mantenerli fioriti. Da essi ricavava ella vantaggi di gran lunga maggiori di quelli, che in altra stagione a lei recò quella feracissim? miniera d' oro, che a tempo di Polibio citato Strabone 4) era presso Aquileja, e della quale poi si perdè affatto la notizia. Non dovette essere l'agricoltura l'ultima delle suddette sue applicazioni. La copia grande degli olii, de'vini, e de' grani, ch'ella, come notammo con l'autorità di Strabone, somministrava particolarmente agi' Illirici, ed a' Pannonii, dimostra con chiarezza, che qui molto, e con buon successo l'agricoltura medesima si coltivasse. Il che ancora ci conferma Erodiano, 5) ove descrive qual fosse la bellezza, e amenità delle Campagne di questa Regione, allora quando i soldati dell' Imperatore Massimino le desolarono barbaramente. Si vedeano in esse, così egli si esprime, " numerose, e ben ordinate file di alberi accoppiati a belle viti, le quali con i suoi tralci frondosi in- 1) Antichità d' Aquil. car. 29. 30. 2) Lib. II. ; > , 3) De El. et Ter. cap. 7. 4) Lib. V. 5) In Maximino Lib. VIII. pag. 225. Ediz. di Parigi 1546. ove leggesi: "Quod ubi factum est, facile milites in ulteriorem ripam transgressi suburbanis aedificiis, quae deserta invenerunt, igne coireptis, vites. arboresque ex-ciderunt, omnemque ejus regionis ornatum foedaverunt. Siquidem arburum comparibus ordinibus, ac vitibus inter se junctis, et in sublime evectis ad festae celebritatis speciem quasi coronis quibusdam redimita omnis regio videbatur. torno ad essi alto da terra salendo quasi a foggia di festivo apparato tutto il paese adornavano,. Fanno poi indubitata testimonianza le guerriere imprese di essa nostra gente, che pure fino al poc' anzi e-spresso tempo dell'eccidio d'Aquileja in lei non .venne meno il valor militare. Vi sovvenga per esempio, o Signori, con qual bravura nell'anno 0 238. dell'Era volgare essa difese Aquileja dal furore di Massimino, che alla testa di poderosa Armata tentò invano d'impadronirsene; come seppe ella vigorosamente mantenere all' Augusto Costanzo la istessa Città contro alle truppe dell'Im-perator Giuliano, che nell'anno 2) 361 la assediarono; e finalmente con quanta fortezza si oppose nell'anno 3) 452 al numerosissimo esercito d'Attila, il quale sebbene prese, e atterrò le sue più belle Città, cioè Aquileja, e Concordia, si merita nondimeno singoiar commendazione il valore, onde le Città medesime furono da essa per non poco tempo custodite, e difese. S'impara da Erodia-no, 4) che nel dinanzi mentovato assedio posto da Massimino ad Aquileja non solo gli uomini, ma le donne altresì diedero saggi di valore singolare. E ci racconta Capitolino 5) una magnanima impresa delle donne Aquilejesi, le quali scorgendo nel suddetto assedio venir meno le corde agli archi si tagliarono i capelli, per farne corde ai medesimi, e quindi dar modo di continuare ad offendere l'inimico anche coi dardi. Ma queste nostre antiche femmine più che per altro furono rispettabili per la loro pudicizia, che del sesso femminile è il proprio, e più bello ornamento. Fa onorevole menzione Paolo Diacono 6) di una di esse chiamata "Tugna, o Digna,, la quale, allorché Attila prese Aquileja, scelse di precipitarsi nel fiume, che scorreva rasente le mura della di lei abitazione piuttosto " che soffrire, che la sua pudicizia alcun detrimento patisse. E nelle vetuste Iscrizioni sepolcrali di questo paese non di rado s'incontrano i nomi delle suddette femmine coll'aggiunto ora di "Conjugi castissimae,, 7) ora di "Feminae pudi-cissimae,, e quando con altre formule esprimenti questo loro incomparabile pregio, come leggesi per cagione di esempio nella seguente Inscrizione : 1) Si vegga Erodiano Lib. 8., e Capitolino "in Maximino Seniore,. 2) Si vegga Ammiano Marcellino Lib. 21. cap. 10. 3) Vedansi 1' "Histor. Misceli., Lib. 15. Tom. I. Rer. Italie., Giornande "de Reb. Geticis, e Cassiodoro "in Chron,. 4) "Aquilejenses, clausisque templis, et domibus u-niversis cum liberis, et conjugibus urbem defensabant: neque ulla tam inutilis aetas quae pugnare prò patria re-cusaret,. In Maximin. Lib. 8. pag. 225. 5j In Vita Maximini Junior, cap. 7. 6) In continua t. Eutrop. Lib. XV. "Tugna, chiamasi nella "Historia Miscella, Tom. I. Script. Ital. 7) Si veggano le Antichità d' Aquileja del Bertoli car. 130. 2)1. 2<'3. 232. 248 e in altri luoghi. D. M. REVIDIE. MARCELLAE. FEMINAE CASTITATIS ET. VERECVNDIAE. CVLTV. SINGVLARIS. , SEX. EROS. : , : OB. INSIGN. EIVS. ERGA. FILIVM. SVVM.----- IX. Non è qui da tacere quanto a que' dì ancora ospitali fossero gli Abitatori di questa Regione. È assai noto, che la ospitalità fu in pregio grande presso gli antichi. Credevano essi, che godessero gli Ospiti la special protezione 1) di Giove, e che tutti da lui 2) provenissero. Quindi annoverarono così Greci, 3) che Latini 4) tra gli attributi di Giove anche quello di ospitale. E si tenne questo Giove Ospitale in somma venerazione. Imparasi da Polluce, 5) che dalle Città anticamente si deputavano persone, che i forestieri albergassero, e sembra^ che quest'uffizio si denoti anche da S. Paolo dove nell'Epistola a'Romani scrisse ràv (pdo^evi'av duaxovteg Non abbiamo eh' io sappia monumenti, da cui si raccolga , se nelle nostre Città vi fossero o no questi pubblici Ospitali, o "Ospitalieri, chiamati da'Greci cpci rimane bensì ancora un'antica Inscrizione riferita dal Berto-li,^) che ci fa sicura testimonianza della molta Ospitalità, eh' elle medesime esercitavano. Si narra in essa, che un certo di nome "Restuto, venne a bella posta dall'Africa, per ammirare le grandezze d'Aquileja, e che ebbe dagli Aquilejesi tale accoglimento, che più cortese, e cordiale non avrebbe dagli stessi suoi parenti potuto ricevere; sicché vedendosi egli tuttoché Africano riguardato come un altro Aquilejese quivi condur volle il rimanente dei giorni suoi. X. Potrà poi di leggieri immaginarsi ciascuno quanto in questo paese, che i suoi commercii rendevano pieno di comodi e di ricchezze, fiorir dovessero le arti, che come ebbe a dire un Reale Chiarissimo Scrittore, sono figliuole dell'abbondanza. Non permettono di dubitare i nobili Elogi, che della Città d' Aquileja ci lasciarono tanti illustri Scrittori, che in essa non fossero delle sontuose fabbriche, e ben intese. E tuttoché la barbarie degli Unni le abbia rovinate, e distrutte, rimangono ancora alcuni pochi avanzi delle medesime, da cui traluce abbastanza in qual egregia forma qui allora fiorisse 1' Architettura. E v' ha tra i lodati avanzi de' pezzi, come per 1) "Jupiter (hospitibus nam te dare jura loquun-tur), Virgil. AEneid. Lib. I. v. 735. 2) "Ab enim Jove sunt omnes Hospites,. Homer. Odis. E. 3) Séviog cioè Ospitale si chiamò Giove da Pausa-nia in Lacon. 4) Si vegga Cicer. ad Quin. Frat. Lib. 2. cap. I. et prò Dejotar. cap. 6. 5) Lib. 3. cap. 4. 6) Antichità d'Aquileja car. 424. esempio colonne, archi, cornici, fregi, e Capitelli singolarmente d'Ordine Corintio, in cui tutte risplendono le grazie dell'arte, e pienamente apparisce quali fossero il buon gusto, e la intelligenza de' nostri antichi Architetti. L' essersi in più incontri difesa Aquileja, come sopra si accennò, contro potenti nemici indica, ch'ella fosse assai bene fortificata, e veramente si lodano da Ausonio!) lo mura di lei, e chiamasi da Ammiano 2) Marcellino forte per sito, per mura, e per fortificazioni. Dal che riluce, cho qui pure l'Architettura militare in buon modo si coltivasse. Abbiamo tra le nostre anticaglie statue di buona maniera, e bassirilievi in pietra con perfezione condotti, che fanno vedere quanto eziandio nella scultura, e nel disegno queste genti valessero. Ma che diremo della loro maestria ne' lavori a Mosaico, 3) e a getto, 4) e che finalmente della vivacità, e perpetuità delle loro indorature, e argentature, delle quali cose i monumenti, che ci restano ancora, fanno ampia fede qual fosse a que' tempi in questo paese di tutte le arti l'eccellenza, e perfezione. E qui mi sia lecito riferirvi ciò che scrive il celebre Nic-coletti della bellezza de' Mosaici scoperti a Cividale. "Fanno di se„, così egli, "nuova, e meravigliosa vista i pavimenti di lavoro Mosaico, che con la vaghezza delle pietre di diversi colori rappresentando e la natura, e l'arte, qua spirar fanno Uomini, ed Animali, e fiorir piante, là sollevarsi colonne, congiungersi artificiosi fogliami, apparir superbi palazzi. XI. Ma siccome non suole la coltura delle belle arti andarsi d' ordinario disgiunta da quella delle buone lettere, così queste pure si videro allora qui coltivate. E con quanta felice riuscita ciò si facesse lo dimostra ampiamente il celebre Cornelio Gallo, che nella Città di Forogiulio ebbe il suo nascimento. Attesta Fabio Quintiliano, 5) ch'egli fu eccellente Oratore. E Ovidio 6) il mette in ischiera co'migliori poeti dell'aureo secolo di Augusto, in cui e* visse. Delle molte poesie da lui composte; che si trovano dagli antichi Scrittori latini grandemente lodate, non ci rimangono in oggi che assai poche. Spiccano per altro anche in queste tante grazie, e bellezze così di sentimenti, che d'espressioni, che alcuna 7) di loro potè essere creduta opera di Virgilio. Ma quand'anche non ci restasse di lui cosa alcuna, sola basterebbe a farcelo conoscere per un grand' 1) Ordo Nobil. Urbium pag. 74. Edit. Amstel. 1631. 2) Lib. 21. cap. 12. 3) Apud Zancarolum Antiq. Civit. Fori Julii Lib. I. pag. 63. 4) Ibidem. 5) Instit. Lib. L cap. 5. 6) Trist. Lib. III. Elegia X. 7) Il poemetto intitolato "Ciris„ viene da alcuni attribuito a Virgilio, e da altri a Catullo; Monsig. Fontanini però nella sua "Hist. Lit. Aquil.» appoggiato a gravi fondamenti dimostra esser opera di Cornelio Gallo. Uomo la bella lode, che gli dà Ovidio 1) ne' seguenti versi : "Gallus et Hesperiis, et Gallus notus Eois, Et sua cum Gallo nota Lycoris erit. Più altri insigni Scrittori oltre a Cornelio Gallo nello spazio di tempo, di cui vi ragiono, fiorirono in questa Contrada. Io di loro vi parlerò nel Ragionamento, cho sopra vi promisi di fare su quella parte di costumi della nostra antica gente, che nel lodato periodo di tempo la Cristiana fede riguardano. Perciocché essendo Cristiani gli accennati Scrittori, e su materie Ecclesiastiche versando le Opere loro, sembra, che meglio convengasi che i medesimi piuttosto in quello, che in questo discorso abbiano luogo. XII. Non mi rimane per compimento di quanto proposto mi sono di ragionarvi in quest' oggi se non che io vi accenni le costumanze, che qui praticavansi nelle funzioni. Queste nostre genti seguendo il costume Romano abbruciavano anch' esse i cadaveri de' loro defunti, e ne riponevano le ceneri in urne di terra se poveri, o di pietra se ricchi erano. Si scoprono tutto giorno dell'urne nelle campagne poste intorno ad Aquileja, eJ a Concordia ; il che dimostra, che pur fosse il costume di seppellire i defunti fuori delle Città per forse uniformarsi a quella legge 2) delle dodici Tavole, che così prescriveva. Nelle suddette urne più volte si rinvennero delle monete che state saranno per avventura di quelle, che poneansi in bocca a' defunti prima che si abbruciassero, e che poscia colle ceneri si collocavano nelle urne, affinchè secondo la credenza loro essi defunti pagar potessero con le medesime a Caronte 3) il passaggio dello Stigio fiume, all' altra riva del quale quel Burcajuolo duro, e scortese non traghettava persona che non gli avesse innanzi pagato il nolo. Si collocarono d'ordinario anche in questa Contrada i sepolcri lungo le pubbliche vie, o perchè servissero ad ammonire chi passava della propria mortalità, o per 1' effetto espresso nella seguente Inscrizione riferita dal Grutero : 4). T. LOLLIVS. T. LOLLII MASCVLVS IIII. VIR. BONDOCOMIENSIS HIC. PROPTER. VIAM. POSITVS. VT. DICANT. PRAETERVNTES LOLLI. YALE. CContinua.) 1) Lib. 3. Amor. Elegia XV. 2) "In Urbe ne sepelito, neve urito„. 3) "Apud Inferos Charon est expectans portorium; sic ad ripam ulteriorem subtili cymba deducit commean-tes, et inter mortuos avaritia vivit». Apulejo Lib. VI. Metamorph. Al che pure alluse Properzio nel Lib. IV. Eleg. 12. in tal guisa cantando: " Vota manent superos, ubi portitor aera recepit " Obserat umbrosos lurida porta rogos „. 4) Pag. 431. CODICE DIPLOMATICO ISTRIANO. 1 i ' ^ -li : ■-r-.'<: fi//VK-. / ; • , >hi- . 8 Agosto. Indiz. VI. Pavia. • •' ■' II! OF'i:;iìlili;(f olili; ,i.:K!»;;f/À OÌ'l IV.}::-'» III . Re Lottano li dona ai Vescovi di Trieste il dominio della città. CTratto dalle carte del Bonomo e da copia dell'Archivio Municipale di Trieste. In nomine sancte et individuae Trinitatis Lotharius, divina favente clementia Rex. Si sanctis ac venerabilibus ^locis") digna conferimus munera, animae no-strae proficuum esse non ambigimus. Quo circa omnium Sanctae Ecciesiae Dei fidelium nostro-rumque praesentium scilicet et futurorum, comperiat universitas, qualiter interventu ac petitione Ottonis Venerabilis Episcopi nobis dilecti fidelis, ac prò Dei amore animaeque nostri parentis nostrae-que remedio, per hoc nostrum praeceptum, prout juste et legaliter possumus, donamus atque conce-dimus, largimur, atque offerimus Ecciesiae Beatae Dei Genitricis et Virginis Mariae, Sanctique Justi Martyris quae caput sunt Tergestini Episcopii, cui praeest venerabilis vir Joannes Episcopus noster di-lectus fidelis, omnes res juris nostri Regni atque districtus et publicam quaerimoniam, et quidquid parti nostrae rei publicae pertinere videtur, tam infra eandem Tergestinam civitatem conjacentes, quam quod extra circuitum circa et undique versus tribus miliariis protentis. Nec non et murum ipsius ci-vitatis totumque circuitum cum turribus, portis, et porterulis, et quidquid, ut dictum est, ad partem nostrae rei publicae inibi pertinere videtur. Praecipientes itaque jubemus, ut nulla regni nostri magna parvaque persona in praelibata civitate, curaturam, aliquod vectigal, aut aliquam publicam functionem exigere audeat, neque de foris ut dictum est tribus miliariis undique versus protentis, nec alicujus auctoritate Principis placitum cu-stodiant, nec ante aliquem distringantur, nisi ante praetaxatum Johannem Episcopum suosque succes-sores ad partem praedictae Ecciesiae vel eorum Missos, tanquam ante nos aut ante nostri Comitis praesentiam Palatii. Et quiquid nostrae publicae rei parti usque modo pertinuisse videtur, ipsi quos praediximus ad partem praedictarum Ecclesiarum procurent in perpetuum et fruantur, omnium hominum contradictione remota. Si quis igilur hujus nostri praecepti violator exliterit, cognoscat se compositurum auri optimi libras mille, medietatem praedictae Ecciesiae atque eidem Johanni Venerabili [Episcopo dilecto fideli nostro suisque successoribus. Insuper cum Juda et Saphyra in aet rno incendio habeat punitionem Quod ut verius credatur, diligentiusque ob omnibus observetur, manu propria roborantes annulo nostro subter insigniri jussimus. Signum Domini Lotharii Regis Serenissimi. Odoricus Regis Vice Cancellarius. Brumineus Episcopus ac Vice Cancellarius recognovit. Datum octavo die Augusti, anno Dominicae Incarnationis DCCCCXLVIII, Regni vero Domini Lotharii Regis XVIII, Indictione VI. Actum Papiae feliciter. CODICE DIPLOMATICO ISTRIANO. . i'ii • ,h ; • ■ ■ ■ • • ' "" "'' 'iillt) ' H[;ì»(>i';U , r, ; . " ■•'• '•' ••' i i ;i Ì^.-J- ■ ■ > ' ' ■ '.(,■•• it-.?.: i Anno 1316. - i, ! > j.'f.' I i.: i ,-'•■ : .... . . , , XI. Maggio Indictione XIV. Trieste. Vescovo Rodolfo Pedrazzani instituisce stabile pievano e chierico nella chiesa di Tomay, e ne assegna le doti. [Da pergamena dell'Archivio Capitolare di Trieste). In nomine Dei eterni Anno ejusdem millesimo trecentesimo sextodecimo indictione quartadecima, undecimo intrante Majo • Actum tergesti in contrata Castelli juxta Ecclesiam Sancti Silvestri, presentibus Domino presbitero Ubicino, qui fuit de Brixia mine officiante in Ecclesia S. Justi, domino Anzulo Munario qui fuit de tergesto, Ugerio qui fuit de Rebecho, nunc servitore Reverendi patris et, domini Redulfi Episcopi tergestini, morandino et petro clerico fratribus et filiis q.m domini Justini qui etiam fuit de Rebecho, Philippo dyacono et notario qui fuit de Justinopoli, et aliis testibus ad hoc vocatis et rogatis. Ibique reverendus in Christo pater et dominus Redulfus Episcopus tergestinus ut in plebe Thomay cultus divini numinis augeretur deinceps ibi esse unum plebanum et unum clericum ordinavit. Itaquo medietas reddituum proventuum oblationum et jurium honorum et onerum diete plebis cedat plebano et alia medietas clerico infrascriptis et secundum ipsam ordinationem eandem plebem vacan-tem per mortem presbiteri Bertoldi olim canonici tergestini contulit Raymundino Canonico tergestino, recipienti prò Melchiore Canonico tergestino, tanquam prò plebano et qui plebanus sit ipsius plebis et prò se ipso Raymundino recipienti tanquam prò clerico et qui clericus sit plebis ejusdem. Ipsumque quodam libro quem tenebat in manibus recipientem ut supra prò se et Melchiore predicto investivit propter fidelitatem ipsorum de ipsa plebe et juribus spiritualibus et temporalibus suis ac bona fide per sortes facta ibidem divisione quartesii et mansorum dolis ipsius plebanatus declaratum fuit et de-cretum per ipsum dominum Episcopum quod mansi quos habet ipsa plebes in Dotoglan Caslan, Oto-glan, et Scopa et quartesium et jura que habet ipsa plebs in villis de Ponicha Alòer Gradina, Godi-mer, Dobraugna, Ottoglan, Casglan, Gradischa, duobus bredis, Xipuglan et in S. Cruce, Liscoviz Ter-noviza, Yercoglan. Ad plebanatum mansi vero quos habet ipsa plebes in Thomay S. Cruce, Alber, et /.;i)li' ) . : ■ : mi. 0 Craynovas, et quartesium et jura que habet dieta plebes in villis de Sancta Maria, Reppen, Voglan, Sabragen, Chopve Craynavas, Scopa, breca Thomay Dotoglan Godignam Crepeglan ad clericatum diete plebis de Thomay q. Adam dyaconus Eccle tergestine induceret in tenutam et corporalem possessionen diete plebis et jurium ejus spiritualium et temporalium Recipientem prò plebano et clerico memoratis et inductum defendere secundum modum et formam collacionis investiture et divisionis supradictarun ac predictum Adam ad premissa sibi nuncium deputavit. Ego Bartholomeus de Anselmo imperiali auct. notar, et judex ordinarius predictis interfui et rogatus scripsi et roboravi. Anno 911. Kal. Jun. Ind. II. Papiae. \ .!"f. "'.'.: ! .7 » .0 y. m. . , ■ i?e Berengario dona al Vescovo Taurino di Trieste i Castelli di Vermo♦ (Archiv. fur Sud. Deutschland p. 2180 In nomine sancte et individue trinitatis Berengarius rex„ Omnium fidelium sancte dei ecclesie nostrorumque presentium scilicet ac futurorum industria. Intervenlum et petitionem Hellulfi sancte mantuanensis ecclesie episcopi et dilectum fidelem nostrum. Quatenus nostram exorasse clementiam ob amorem dei anime-quae nostrae mercedem concedere dignaremur. Per hoc nostrae largitionis preceptum in sancta ter-gestlna ecclesiae quae est constructa in honorem pràeclarissimi Justl martiris tibique taurino episcopo tuisque successoribus. Quadam castellos iuris regni nostri qui dicitur uermes unus malore et alius minore ■ et est infra iuris et potestafes regni nostri. Cum omnibus sibi ad eorum pertinentibsu . montibus * uallibus • planitiebus * pratis * pascuis • siluis • rupis • et rupinis • aquis aquarumque de-cursibus piscationibus • uenationibus • cultis et incultis • et cum omnibus ad eorum pertinentibus . ibidem adiacentes. * Dono et trasfundo in sancta tergestinae ecclesiae et in honorem praeclarìssimi Justi martiris • cui tutaurinus episcopus in presenti presralesse uidetur. Pro dei amore mercedemque anime nostrae. Nostra preceptaria auctoritate sub omni integritate concedere atque largiri di-gnaremur. Praecipientes ergo iubemus • ut nullus dux * marchio • comes ' uicecomes • sculdassio • decanus aut qualibet persona • in ipsis iam dictis castellis nec placito tenere • neque ulla districtione facere presummat • nisi ante praetaxatum taurinum episcopum suosque successores tamquam ante nos aut ante nostrum legalum palatii. Per hoc nostrum regalem praeceplum iure proprietario sub omni integritate concedimus et largimur. Ac de nostro iure et potestate in eiusdem ecclesiam sancti Justi martiris omnino transfun-dimus ac delegamus. Siquis igitur hoc nostrae concessionis praeceptoxn irifringere uel uiolare aut inquietare ' temptauerit sciat se compositori • auri optimi libras centum • medietatem camere nostrae et medieta-tem pr a elibate sanctae tergestine ecclesie. Quod ut uerius credatur et diligentius ab omnibus observetur manu propria roboratum de anulo nostro subter insigniri iussimus. Signum domini Berengarii piissimi regis Johannes Cancellarius ad uicem Ardirgi episcopi et archicancellarii recognoui et subscripsi. v Data V. Kalend. Jul. Anno dominicae incarnationis DCCCC. XI. Domini uero Berengari Piissimi Regis XV. indictione II. Actum Papia. In Christi nomine feliciter amen. «fi Anno 538. Il Senatore Prefetto del Pretorio Ministro dell'internodel Re '■ i Vitige ordina ai Tribuni dei marittimi veneti, il trasporto dall' Istria a Ravenna, di derrate per uso del palazzo reale♦ (Cassiodoro Epist. XII. 24.) TRIBUNI^ MARITIMORÙM SENATOR PRAEF. PRAETV Data pridem jussione censuimus, ut Istria vini et olei species, quarum presenti anno copia indulta perfruitur, ad Ravennatem feliciter dirigeret mansionem. Sed vos qui numerosa navigia in ejus confinio possidetis, pari devotionis gratia providete, ut. quod illa parata est tradere, vos studeatis sub celeritate portare. Similis erit quippe veriusque gratia perfeclionis, quando unum ex bis dissociatum impleri non permittit effectum. Estote ergo pomptissimi ad vicina, qui saepe spalia transmittetis infinita. Per hospitia quodammodo veslra discurritis, qui per patriam navigatis. Accedit etiam commodis vestris, quod vobis aliud iter aperitur perpetua securitate tranquillum. Nam cum venlis saevientibus maro fuerit clausum, via vobis panditur per amoenissima fluviorum. Carinae vestrae flatus asperos non pa-vescunt, terram cum summa felicitate contingunt, et perire nesciunt, quae frequenter impingunt. Putan-tur eminus, quasi per prata ferri, cum eorum contigit alveum non videri. Tractae funibus ambulant, quae stare rudentibus consueverunt; et conditione mutala pedibus juvant homines naves suas: veetrices sine labore trahunt, et prò pavore velorum utunlur passu prospcriore nautarum. Juvat referre, quemadmodum habitaliones vestras sitas esse prospeximus. Yenetiae praedicabiles quondam plenae hominibus, ab austro Ravennani Padumque contingunt, ab Oriente jucun-ditate Jonii litoris perfruuntur ubi alternus aestus egrediens modo claudit modo aperit faciem reciproca incendalione camporum. Hic vobis aliquantulum aquatilium avium more domus est. Namque nunc ter-restris, modo cernitur insularis. Ut illic magis aestimes esse Cycladas, ubi subito locorum facies respicis immulalas. Earum quippe similitudine, per aequora Ionge patentia, domicilia videntur sparsa, quae natura non protulit, sed hominum cura fundavit. Yiminibus enim flexilibus illigalis terrena illic soliditas aggregatur, et marino fluctui tam fragilis munilio non dubitalur opponi; scilicet quando va-dosum litus inoles ejicere nescit undarum; et sine viribus fertur, quod altitudinis auxilio non juvatur. Habitatoribus autem una copia est, ut solis piscibus expleantur. Paupertas ibi cum divitibus sub acquabilitate convivit. Unus cibus omnes reficit: habitatio similis universa concludit: nesciunt de pe-natibus inviderò; et sub hae mensura degentes evadunt vitium, cui mundum constat obnoxium. In salinis autem exercendis tota contentio est, prò aratris prò falcibus, cylindros volvitis: inde vobis fruclus omnis enascitur, quando in ipsis et quae non facitis, possidetis. Moneta illic quodammodo percutitur victualis. Arti vestrae omnis fluctus addictus est. Potest aurum aliquis minus quaerere, nemo est qui salem non desid eret invenire, merito quando isti debet omnis cibus qui potest esse gratissimus. Proinde naves, quas moro animalium ve-stris parietibus illigastis, diligenti cura reficite, ut cum vos vir experientissimus Laurentius, qui ad procurandas species directus est, commonere tentaverit, festinetis excurrere. Quatenus expensas ne-cessarias nulla diflicultate tardetis, qui prò qualitate aeris compendium vobis eligere potestis itineris.