ANNO XX. Capodistria, 1 Aprile 1886. N. LA PROVINC DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti li ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. I Tedeschi sul versante meridionale delle Alpi1) Toccato di questi sognati Svevi nell' Istria, nella Liburnia e nel Veneto, il professor Galanti continua valorosamente la confutazione della scuola austro-tedesca. Il suo erudito lavoro è diretto a provare che nelle città e contadi del Veneto e del Friuli, non vennero mai meno le tradizioni, la lingua, l'indole, le costumanze del popolo italiano. Egli non nega che l'elemento germanico abbia contribuito a rinvigorire e ad accrescere la popolazione dell'alta Italia; nega soltanto che vi sia stata un' epoca, come vuole lo Schneller, (e prima di lui gl'italiani Denina, Verci, Bonato, Da Schio), nella quale l'elemento teutonico abbia costituito da solo codesta popolazione. Sono queste le conclusioni dell'autore dopo aver esaminato in ogni sua parte la questione, e ribattuti gli argomenti avversari per la pretesa germanizzazione del Trentino, del Veronese e del Vicentino, della Marca trevigiana e del Friuli. Allorché l'autore estende le sue ricerche al Friuli, e combatte lo Schneller e il Chzörnig "Das Land Görs und Gradisca" frequenti sono, come è naturale, gli accenni alla storia istriana. „Se il Friuli (scrive il Galanti, dopo vari altri argomenti) fosse stato paese tedesco fino al XIII secolo, nè gli statuti de' suoi municipi sarebbero annoverati tra i più antichi d'Italia, nè Venezia avrebbe dato a cotesta terra delle sue origini il nome di Patria del Friuli, nome rispettato da tutti gli scrittori dei secoli XV e XVI compreso quel Iacopo Valvasone conte di Mania-go ecc. . . ." (pag. 237). E qui in nota un cenno — Della vita e degli scritti di Iacopo Valvasone — (Venezia Visentini 1876) opuscolo importante e poco noto del nostro indimenticabile Carlo Combi. ') Memorie storiche del Prof. Arturo Galanti. Vedi i Numeri 3 e 4 della „Provincia". Continuazione e fine. Lo Schneller adduce in suo favore il fatto che i patriarchi aquilejensi, fino alla caduta degli Hohenstaufen, furono quasi tutti Tedeschi. Ma è ovvio rispondere che l'elezione subiva l'influenza degli imperatori germanici, i quali per buone ragioni volevano le chiavi d'Italia in mano d'un potente feudatario del quale si potessero pienamente fidare. Fu forse in tempi recenti meno italiano il Lombardo-Veneto, perchè a Milano pontificava il Gaisruch e il Pyrker a Venezia ? Ma nella prima metà del secolo XIII abbiamo sei patriarchi non tedeschi, fra i quali tre Torriani di Milano, poi un francese, poi un seguito quasi non interrotto d'italiani fra i quali molti patrizi veneti (come a Padova, a Verona, a Vicenza, a Trieste, a Grado) delle famiglie Tecchio, Barbo, Barbaro, Donati, Grimani, Gradenigo, Delfin. All' incontro, fra i Patriarchi di Grado, a partire dall'epoca in cui nacque la scissione del patriarcato d' Aquileja i nomi furono sempre latini ; e questo perchè, come bene ha osservato il Muratori, nella Venezia marittima, non soggetta mai nè ai Longobardi nè ai Tedeschi, i nomi germanici non vennero in uso (pag. 237 e 238). Questa osservazione può estendersi anche alla nostra Istria, dove brevissimo fu il dominio longobardico, nè bene accertato. Ed è perciò che il nostro Carlo Combi adirato un giorno pel famoso „nè carne nè pesce" cascato da penna lombarda, ebbe a dire quel suo motto che vivrà come tante altre sue cose : „Noi siamo dieci volte più italiani di voi." Ed ora tornando alla serie dei patriarchi aquilejesi, dico che un simile ragionamento si può fare per la serie dei vescovi istriani. Si potrà osservare qua e là qualche infiltrazione germanica spiegabile, spiegabilissima, senza incorrere per questo alla strana ipotesi del gregge tedesco. E in generale questa osservazione vale anche nel Friuli per la diocesi concordiese suffraganea d'Aquileja. Tra il mille e il milleduecento si leggono bensì nomi di vescovi tedeschi Adelmano 901, Roberto 1031, Ottone 1118; ma neppure in que' secoli barbari di soldatacci e cortigiani camuffati a vescovi con investitura simoniaca imperiale non difettano nomi di gente del buon seme latino : Crescenzio 1015, Giouata 1180, Romolo 11881). Posto così fuori di questione, continua il Galanti, che i patriarchi ultramontani della sede d'A-quileia dovettero la loro elezione all'ingerenza dei potenti, e forse anco all'uso invalso di fare omaggio di quel patriarcato a prelati stranieri, devesi pure avvertire che essi non fecero mai viva propaganda per 1' elemento tedesco. Essi accrebbero di lor parenti ed amici il numero dei nobili o baroni; ma il popolo minuto delle città, dei villaggi e delle campagne rimase qual' era." (pag. 238) Nè sfugge un'altra circostanza all'autore. „I Patriarchi arricchirono Capodistria, vi protessero gli studi, e tutelarono l'integrità dei monumenti, per quanto pagani." Tali pure le conclusioni di tutti i nostri storici, del Combi specialmente, del Luciani, e del De Franceschi. Questo va inteso così in generale; perchè i patriarchi ultramontani non mancarono di quando in quando di sfoderare le unghie. Così quel Lodovico de Teck prelato tedesco nominato dal capitolo d'Aquileja per maneggi ed imbrogli dell'Imperatore Sigismondo, e che fu 1' ultimo patriarca marchese ti' Istria. Ajutato dall' imperatore in persona con seimila uomini, entrò nell'Istria nel 1413 e la devastò barbaramente. — „Da puoi avanti che il Re partisse d'Istria, per grande sdegno concepito fece bruciar violini, e tagliar olivari, e poi s' appresentò a Parenzo e Pola, e per quelli di dentro fu molto ben resposo de bombarde e balestre; e fatto gran preda de bestiame si levò di là per mancamento di vittuarie per non poter dimorar* (Vergottini. Saggio di storia della città di Parenzo, citato dal De Franceschi — L'Istria — Note Storiche pag. 242). Ma torniamo al Galanti. Dopo molte prove dirette per provare l'italianità del Friuli, 1' autore ricorre al seguente argomento per analogia: — Il marchesato d'Istria elettivo fino al 1026, ereditario lino al 1230, acquisito ai patriarchi d'Aquileja fino al 1120 fu quasi sempre patrimonio di principi di germanica nazione, eppure 11011 divenne mai tedesco. Perchè dunque sarebbe divenuto tedesco il Friuli? Per quei signori feudali calati di Germania, che poterono fondare nel Friuli dei castelli cui dettero ') Le serie dei vescovi istriani potrebbero in questo senso dar luogo a varie disquisizioni storiche utilissime. nome tedesco? L'essersi costoro facilmente e sollecitamente naturalizzati nel Friuli è prova che aveano condotto seco scarsi seguaci, e che la romanità d' altra parte aveva serbato in quella regione così estesi germogli, da poter sopraffare in breve tempo e assimilarsi tutti i parassiti abbarbicatisi al grande tronco italico, durante il periodo feudale (pag. 238). Un altro argomento per analogia suggerisco al chiarissimo autore. Tutte le famiglie tedesche che per ragioui di commercio si stabiliscono a Trieste, diventano alla seconda generazione italiane ; benché trovino in città italiana scuole medie, appositamente per loro, a spese dello stato. Con eguale valore e fornito di molta erudizione 1' autore combatte le esagerazioni austro - tedesche nel campo filologico. „I dialetti ladini o romani, scrive il Galanti, altro non sono che la lingua latina innestata nei vecchi tronchi delle lingue parlate dagli antichissimi abitatori di una gran parte della regione alpestre orientale e centrale. La lingua tedesca, quale si parla oggidì (continua il Galanti citando il Malfatti) ha un numero ben più grande di voci, latine d' origine che essa ha raccolto qua e là ; e chi mai perciò vorrà dire che i Romani, o gl'Italiani, o i Francesi abbiano avuto mano allo svolgimento del tedesco odierno?" (pag. 211) Segue in calce una citazione dell' Ascoli : Arch^-glottolo-gico VI, parte terza, pag, 475: „La più superficiale osservazione basta a persuaderci che il Friulano appartiene al sistema dei linguaggi ladini. Il primo scrittore che toccasse della prossima affinità del friulano col ladino dei Grigioni, è per quanto io sappia il Carli (Antichità italiche), Milano 1788 tomo IV, pag. 108 e 474. „Era friulana anche Trieste; ed è recente ia vittoria che il Veneto vi ha riportata sul ladino ; nè ancora è spento il parlar friulano nella vicina 31 uggia." Va da sè che l'oggi va riferito ai tempi del Carli ; oggi come oggi non c' è più traccia del friulano neppure a Muggia. Lo stesso dicasi dell'elemento slavo. „Sia per le irruzioni sclavine, delle quali si occupa di frequente anche Paolo Diacono, sia per il continuo sopraggiungere di colonie di servi della gleba slavi, questo nuovo elemento riuscì a formare anch' esso alcuni distretti nelle pianure fra il Tagliamento e l'Isonzo, ma solo per romanizzarsi a poco a poco e accogliere il dialetto friulano. Anche P idioma slavo è ormai quasi scomparso dalle campagne del Friuli" (pag. 243). Così il chiarissimo autore citando 1' Antonini ed il Combi. Non però è scomparso dai monti ; è una considerevole isola slava eh' è sempre nel Regno a San Pietro del Natisone sopra Cividale. E nel Friuli austriaco, non solo sui colli, sopra Gorizia, ina in qualche luogo rasenta e tocca la pianura, come a Podgora tra Cormons e Lucinico friulani, e Gorizia, e a Salcano, a Merna, sul piano intorno a detta città, ma sempre col monte alle spalle; mentre a Gradisca, Monfalcone, Aquileja P elemento friulano è intatto nell' aperta pianura. E questo sia detto qui tra ptarentesi, perchè l'argomento esce dai confini dell'opera. A combattere poi le pretese slave nel Friuli e nell'Istria pel momento non occorrono libri. Quando la civiltà sarà anche diffusa fra gli slavi dell' Istria (e ciò lo desideriamo proprio di cuore), allora potremo esporre tranquillamente le nostre ragioni. Allora la lenta e secolare romanizzazione delle varie tribù slave accampate sul nostro suolo sarà però compiuta di certo, e coi fratelli vicini sarà facile intendersi, speriamo. Allora sorgerà una pacifica e serena discussione nel campo della scienza come questa tra Tedeschi ed Italiani, la quale se può anche avere delle pratiche applicazioni, non fa però scorrere oggi fiumi di sangue, ma d'inchiostro. Al signor Schneller e compagni adunque un Lebe hoch di là dal Brennero, ed un Yiva ed una stretta di mano di qua al bravo Galanti. P. T. DIGRESSIONI") Pietro Vergerio Favonio, Giuseppe Verona, giustinopolitani. Ed è così che mi spariscono dalla scena della loro attività T uno e l'altro : chè non trovo più menzione nè dell' uno nè dell' altro non in questo e non nei Libri de' Consigli seguenti. Ma un cenno ancora di Giuseppe Verona, cenno che forse leggevasi al principio del Libro P sulle carte di cui è mancante, è questo che si legge nel Quintus Liber Statutorum lustinopolis a pgg. 195 sg. N. 92 nella Ducale Priuli 28 settembre 1567 diretta al podestà di Capodistria Ottaviano Valier. Si legge: "Habbiamo in lunga disputatone più fiate vditi in „contraditorio con la presentia del Reuerendissimo Nontio „del Sommo Pontefice, li Spettabili D. Iseppo Verona „Bottor, et D. Zuanne Vittorio Nontij di quella fedelissima Communità nostra coli' interueniente per lo „Reuerendo Vescouo di Trieste nella causa de beni „feudali, che pretende Francesco Lugnano col mezzo „di esso Reuerendo Vescouo douer hauer da diuerse „persone, e tutto quello, che hanno esse parti voluto „dir et allegar à fauor delle ragioni loro .... dobbiate „sopra detta causa, e tutte le altre cause, e differentie *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna di Santa Giustina ; 22, 23, 24 an. XVIII; 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 20, 22, 24 an. XIX; 4, 5, 6 an. XX — Digressioni. „de feudi (auditis audientis, et seruatis seruandis) audir, „terminar, e diffinir, si come vi parerà conuenir alla „Giustizia., Queste dunque tutte le notizie che intorno a' due concittadini seppi racimolare io. In vero sarebbero state anche più abbondanti, se gli esaminati Libri de' Consigli non fossero, oltre che al principio e alla fine, come a suo luogo ò notato, anche altrove lacunosi qua e là. Niuna, credo, d'importanza maggiore me n' è sfuggita nell' attento spoglio. Durante il quale, sebbene abalzelloni, s'è percorso ad nn tempo mezzo secolo quasi di vita civile economica e politica del nostro paese, della quale i due non furono picciola parte, ma il perno anzi, e non mi pare dir troppo, attorno a cui eli' aggirossi. Chè per ben quarant' anni osserviamo questi uomini egregi immersi in una non interrotta molteplice e disinteressata attività a prò dello lor patria, non di rado l'uno a fianco dell' altro, discordi forse più d' una volta nei mezzi — per essere l'uno, il Verona, per avventura più aristocratico ed inclinato più al conservare, più ad innovare 1' altro e più democratico, come s' è visto, a cagion d1 esempio, nelle notizie dai Libri P c. 150 v., Q cc. 82 v. e 83 r. — discordi nei mezzi, ma concordi sempre nello scopo del bene: dal 31 agosto 1550 al 31 dicembre 1590 il Verona ; il Vergerio, cavati i quindici anni d' apparente ozio di cui sopra, dal 27 dicembre 1555 al 15 maggio 1586. E, tirate le somme, tre volte incontriamo il Verona sindico ordinario e due vicesindico ; tre volte giudice, di cui una per sentenziare nella materia de' danni dati : due volte avvocato del comune ; due consigliere al monte di pietà ; sette provveditore alla sanità ; una deputato al sale ed al vino ; ventidue provveditor del fontico ; tre tassatore ; otto volte finalmente ambasciatore presso la Serenissima — ed il Vergerio sindico ordinario due volte ed una vicesindico ; giudice tre volte, di cui una per sentenziare nella materia de' danni dati ; avvocato del comune due volte ; revisore del fontico e del monte tre; provveditore alla sanità una; ambasciatore presso la Serenissima ben dieci volte. E non conto altri incarichi di minor rilievo e le garanzie fatte e per questo e per quello. Ma non fossero stati che ambasciatori così di frequente — quell' essere loro affidato di trattare gli affari più dilicati, più intricati e più importanti, non mostra ciò solo la cieca fiducia dai concittadini del tempo riposta nell' integrità del loro carattere ? — e questo e tanti viaggi fra Capodistria e Venezia in cui si misero anche nell' età non tanto fresca, e quando non era da scegliere fra locomotiva o piroscafo, ma giocoforza affidarsi a fragile e incomoda cimba — non è ben meritata da questi due uomini la simpatia e l'ammirazione dei posteri conterranei, ch'io loro tento di qui procurare ? — anche a costo di avere terribilmente annoiato i lettori più benevoli. Die D.niea quinta m.is septembris • 1563' hora tereia noctis in cc.a sup.ti quatuor oratores in cymba s.r nic.i q. s.r stephani de catharo discesserunt ex hoc civitate Iust.lis \enetias versus, c.a fungendi off.o eorum legationis sup.tae, si nota a piè della c. 140 r. del Libro de' Consigli 0. Affé, che non era impresa questa da pigliarsi a gabbo ! e ben aveano ragione i buoni vecchi, prima di avventuratisi, di fare testamento — come vuole la tradizione. E in fine un' altra questione bramerei si risolvesse ora, alla quale ò accennato fin da bel principio di questa digressione : È poi il Giuseppe Verona giustinopolitano dei Libri de' Consigli quello stesso cbe, come dal brano surriportato dalla Lettera di G. Gravisi a G. E. Carli, fu provveditore a1 confini e per commissione della Re-publica intervenne a Trento quando si trattò o si pretese di sanare le dannose conseguenze della guerra combattuta con l1 imperatore Massimiliano ? È un dubbio che nella lettera più volte citata mi fa nascere il Luciani. Però che il Manzuoli nella Nova Descrittione della Provincia dell' Istria, là dove dice degli Huomini che in lettere illustrarono la patria a pgg. 95 sg., chiude così: "Et in fresca età mancorono già pochi anni 18. altri Eccellentissimi Dottori . . . Pietro Vergerio Fauonio, Iseppo Verona . . . „ Or questo cenno farebbe sospettare che nel secolo XVI, non uno solo, ma due fossero i Giuseppe Verona a Capodistria. In fatti la Scentenza di Trento porta la data del 1535. E di un uomo dunque che, pur giovanissimo, avesse preso parte alle trattative che condussero a questa sentenza e fosse stato vivo e provveditor del fontico a Capodistria, come s' è letto, nel 1590, se anche morto in quest' anno stesso, male avrebbe detto il contemporaneo Manzuoli : mancò in fresca età : chè i suoi 70 anni almeno doveagli avere raggiunti ormai il Verona, quando morì. Come risolvono cotale questione gli eruditi? Io, per me, osservo che pur del Vergerio dice il Manzuoli mancò in fresca età, eppure lo vediamo giudice nel 1555 — e giudice nou poteva essere fatto, secondo gli Statuti III 1 pg. 70, chi non avesse compiti i venticinque anni — e ancor vivo e ambasciatore per di più nel 1586, dunque nell' età di 56 anni almeno. Ma neanche per il Vergerio non siamo obbligati affatto ad ammettere che sia morto proprio nel 1586, e nemmeno che giudice sia stato latto a venticinque anni in punto e non d'età più matura. Onde fra 60 e 70 non corre poi quella gran differenza ; e, se dell' uno può dirsi morto in fresca età, non è impossibile dire anche dell' altro. Penso quindi non forse abbia il Manzuoli inteso fresca età nel senso di età che, sebbene provetta, pure serba certa vigoria giovenile nelle membra e tale lucidezza di mente e tale gioventù d' animo, quali di rado a' dì nostri, ma spesso incontravansi nei vecchi della tempra andata ■— e non guardasse la frase così nel sottile. 0 forse a dirittura fu sbadato il Manzuoli nello annoverare fra molti più giovani, uno o, se pare, l'uno e l'altro vecchio, e mirò solo a che di dottori ne saltasse fuori, numero tondo, una dozzina e mezza? Gioverebbe anche sapere se gli altri quindici annoverati sien tutti morti veramente in fresca età — come di monsignor Antonio Zarotti si vedrà eh' è certo nella digressione 11. Ma — per tornare uu passo indietro — se pur vuoisi che il cenno del Manzuoli distrugga 1' identità del Giuseppe Verona provveditore a' confini e di quello di cui è memoria nei Libri de' Consigli, si deve tuttavia ammettere che quest'ultimo del 1550, quando fu fatto giudice, dell' età dunque minima di anni 25, fino al 1590, quand' è scelto provveditor del fontico, dunque dell' età di anni 65, sia sempre il medesimo e precisamente quegli eh' è menzionato dal Manzuoli. Perchè altrimenti e di nuovo così senz' altro volendo credere a quanto ei dice — non due, ma tre dovrebbero essere stati coetanei i Giuseppe Verona a Capodistria, che riuscirebbe cosa anche più strana. In fatti, inteso alla lettera, il cenno del Manzuoli non si può adattare neppure al Giuseppe Verona dei Libri de'' Consigli, il quale, come s' è supposto del Vergerio, potrebb' essere stato giudice anche dopo de' suoi 25 anni. E si può d' altro canto ammettere che il Manzuoli abbia taciuto di colui del quale troviamo in questi Libri tante e sì continuate notizie e così importanti, per toccare di altro del quale non ne troviamo veruna ? Nè quelle eh' i' ò trascritte si può supporre si riferiscano a due individui distinti anche per ciò, che, se accada si nominino due distinti individui aventi gli stessi nomi e cognome, la distinzione è fatta sempre con 1' apporre all' uno o all' altro il suo agnome o più spesso il nome del padre. Ne abbiamo esempi in molti luoghi di questa digressione stessa — v. notizie dai Libri N c. 7 r., 172 v.; 0 c. 168 v, 185 v; P c. 76 v.; Q c. 35 r. e v., 48 r. e v., 56 r., 64 v. e 65 r., 179 v. — . Nè alcun altro Verona incontro o dottore o uomo almeno di qualche levatura — che fosse figlio o nepote del nostro o dell' uno o dell' altro de' nostri due — con nome di battesimo diverso, col quale supporre che il Manzuoli potesse scambiare il suo Giuseppe ; ma solo un s. r. Andreas de Verona contestabile presente allo stendersi d'un contratto Die •26• m.is maij 1541 fra il comune e magister loannes dictus de Verger ijs — v. digressione 10 — e riferente Die 14 sep-tembris 1550 al cancelliere del sindicato come il podestà a Francesco del Bello abbia sostituito nella carica di sindico il fratello Pietro — L e. 166 v.; N e. 10 r. —, un Uincentius de Verona nocchiero — M c. 133 v.: Die, 2, Marciò 1549; N c. 105 v.: Die, 27, Iulij 1554 — e un maestro Francesco Verona fontanaro egli stesso — 0 cc. 98 v. e 99 r. Die 17 Maij 1562 —. Come risolvono cotale questione gli eruditi? ( Continua) Appendice alla recensione sul Verprio Sei Ferrai CENNI STORICO-BIOGRAFICI I Musella possedevano diverse case nelle contrade Ognissanti e Zubenaga, presso quelle dei Barbo. Uu forte, ubicato al lato di tramontana e prospettante il mare, portava il loro nome. Quel forte (castello) si trovava nel centro della città, essendosi franata nel 1000, la parte a settentrione, secondo le memorie dei Minoriti Cargnati e Tommasich. Nei tempi remoti successero diversi franamenti alla costa occidentale dell' Istria. II ritratto del celebre Girolamo Muzio, donato al municipio (che lo conserva con somma cura) dal signor Nicolò Bartolomei, già esistente nella casa dominicale della campagna Manzuoli in Prade, ricorda le sue virtù e le sue passioni ! Illustrò la famiglia e la patria il beato Antonio Orsi - Fedola - Martissa, Servita. Nel 1546 era vescovo di Cittanova, Alessandro Orsi, — e nel 1600 domiciliava ') Continuazione. Vedi n. 1, 2, 4, 5 e 6 a. c. :a Montona il pittore Alvise Orsi, che fece diverse pale per le chiese dell' Istria. L' ultimo dei Petronio, l'ingegnere benedetto, morì in età senile in Trieste, nella famiglia di Giuseppe de Lugnani, Direttore di quell' Accademia di commercio e di nautica, suo parente, al quale lasciò la sua cospicua facoltà. Il più benemerito dei Pola è il Decano e poi Vescovo Geremia, che ricuperò le reliquie, nel 1422, dei SS. Nazario ed Alessandro, involate dai Genovesi nel 1380, coll'incendiare il portico ed il portale del Duomo. Il portico venne rifatto ed affittato nel 1385 ai rivenduglioli, Marco Semitecolo, Rinaldo de Arimio e Tom-masino Marasca, per sua moglie Beatrice. La famiglia Iiimizia è estinta. Il cognome Rondolini, di famiglia già qui esistente, fa ricordare il medico triestino Lorenzo Rondolini, dottore di medicina, di veterinaria e di filosofia, che compose l'iscrizione, posta sopra l'arco della Muda di questa dttà, inaugurata nella mattina del 7 maggio 1816, all' arrivo, verso le ore 9, di S. M. l'Imperatore Francesco I, che dopo sei ore di fermativa, partì per Pirano. Addì 16 Agosto 1808 fu collocata sul medesimo jirco della Muda, in allora denominata Porta d'Italia, una lapide di marmo coli' iscrizione in lettere d1 oro. NAPOLEONI IN • VRBE • CIVI IN ' AVLA ' SAPIENTI IN ' ARMIS HEEOI IN ' OEBE " PRIMO IN - SAECVLIS ' VNICO A. IMPERI. IV (Continua) L'INFEZIONE FILLOSSERICA IN ISTRIA nel 1885.*) Nelle esplorazioni fillosseriche eseguite nella scorsa «state e nei mesi di luglio, agosto e settembre, si procedette nell' eguale guisa come nel 1884, cioè si visitarono non solo tutte le località in cui nello scorso anno si trovavano le infezioni periferiche, ma anche le località limitrofe più sospette. Si esplorarono dapprima i seguenti comuni cen-suari : Monte, Corte d' Isola, S. Pietro dell' Amata colle frazioni di Padena e Villanova, Castelvenere, Salvore, Momiano, Buje, Matterada, Petrovia, S. Lorenzo ed Umago. L' esplorazione del Comune d'Isola avvenne per cura dell' esploratore fillosserico locale, coadiuvato dalle indicazioni della Commissione fillosserica locale ; all' incontro nel Comune di Pirano le visite ai vigneti si fecero a più riprese e particolarmente a fluita vendemmia; anche qui molti proprietari denunziarono vigneti sospetti, che vennero tosto ispezionati dagli organi locali di e-splorazione. L' infezione periferica nel 1885 si trovò ancor sempre circoscritta ai Comuni infetti già nel 1884, cioè a *) Rapporto del prof. Bolle letto nella seduta 9 febbraio a. c. della Commissione fillosserica provinciale e pubbli«ato nell'Appendice dell'Osservatore N. 53 e 54 a. c. Corte d' Isola, S. Pietro dell' Amata, Salvore e Matte-rada; nuove infezioni negli altri Comuni esplorati non si riscontrarono. In seguito ci facciamo a descrivere il risultato delle esplorazioni fatte nei singoli Comuni censuari infetti. I. Comune censuario di Corte d'Isola. In questo Comune si scoprirono nuove infezioni fillosseriche nelle località di Velaguiva e di Stermaz, situate sulle colline che cingono ad occidente la Valle Valderniga ; nuovi focolai insorsero anche sul monte Narguzan in vicinanza del confine comunale di Pirano. Il vigneto infetto già nel 1884 nella località Modian, e trattato ancora nell' anno scorso in parte col sistema estintivo, in parte con quello colturale, non palesò que-st' anno un deperimento delle viti. L'infezione totale in questo Comune puossi calcolare a circa 0'5 ettari, ed è da prevedere che negli anni venturi la medesima vada sempre più aumentando, per causa della prossima vicinanza dei numerosi focolai di Pirano e d' ìsola, e per causa delle frequenti comunicazioni con questi due Comuni. 11. Comune censuario di S. Pietro dell' Amata colle frazioni di Padena e Villanova. Nelle località di Skoflize e Natvale, ed in vicinanza immediata dell' infezione del 1884, si trovarono due nuove infezioni estese sopra un' area di 500 m. q., mentre nella località Tersie, infetta pure nel 1884, il male rimase stazionario, cioè senza palesare una dilatazione. L' attuale infezione nell' intero Comune di S. Pietro dell'Amata si può valutare a circa O'I di ettaro. III. Comune censuario di Salvore. a) Infezione in Volparia (Possessione F. Gabrielli) In questa località non si riscontrarono focolai propriamente detti, ma soltanto faville fillosseriche, costituite di singole viti, le quali erano sparse irregolarmente attorno i focolai dell' anno scorso, e sommarono in tutto 93 ceppi infetti. Attorno il centro primitivo d'infezione, scoperto nel 1882 in questa località e trattato col metodo estintivo nel 1882 e 1883, non si rinvenne l'infezione neppure nel 1885, per modo che attualmente sono già due aüni che qui il male sembra scomparso. b) Infezione in Borosia (Proprietà del sig. Caccia.) Attorno i focolai degli estesi vigneti di questa località, trattati estintivamente nel 1884, si scoprirono quest' anno in tutto 26 ceppi infetti ; due dei suddetti focolai non diedero però a constatare infezioni alla loro periferia. In due appezzamenti, uno di refosco e 1' altro di negra tenera, ambidue assai sofferenti nel marciume delle radici, si scoprì però un' infezione oltremodo sparsa e tale da ritenerla estesa sopra circa 1000 ceppi. — È probabile che il marciume delle radici, distruggendo già nel 1884 molte radici, rendesse difficile l'esplorazione dell'anno scorso e forse anche il modo di coltura estiva, usata in questo vigneto, cioè con erpicature assai profonde, avrà contribuito a diffondere il male in guisa insolita. c) Infezione di Stanzia Grande (Proprietà del signor Cesare.) In questa località si scoprirono in tutto 28 ceppi infetti, formanti faville fillosseriche. Attorno un focolaio, trattato nel 1884 col metodo estintivo, non si potè scoprire quest' anno un' infezione. TV. Comune censuario di Matterada. (Comune locale di Umago) a) Infezione di Pizzudo. (I. Vigneto di proprietà del sig. Rossi.) L' esplorazione eseguita tutto all' ingiro del focolaio trattato 1' anno scorso non diede a constatare che 19 ceppi di viti infette. Essendo però questi ceppi in piantagioni recenti e tutte affette in alto grado dal marciume delle radici, 1' esplorazione riesci assai difficile ed è da ritenere che il male si trovi sur un maggior numero di viti che non quelle trovate realmente fìllosserate. 2. Vigneti di proprietà dei signori A. Mattelich ed A. Giosefin. Circa 700 metri distante dal vigneto infetto del sig. Rossi, trovasi un altro vigneto, appartenente al sig. A. Matteicich, nel quale si scoprì nel 1885 un focolaio con 12 viti fìllosserate ed aventi un appariscente deperimento. Separato da questo vigneto per mezzo di uno stretto viottolo, havvi un altro vigneto, del signor A. Giosefin, in cui apparve pure l'infezione, in modo tale da ritenerla d' eguale data come la suddetta. 1 due vigneti di recente piantagione, comprendono in tutto 2167 ceppi di viti, le quali esplorate accuratamente dietro a constatare un' infezione saltuaria sopra 250 ceppi. E pubblica opinione, senza che si potesse però rilevarne la verità che negli anni addietro, tanto il signor A. Mattelich e così pure il signor Giosefin, avendo bisogno di canne per sostegno delle loro viti, avessero ricorso a Pirano, e si dice anzi di aver veduto canne usate nel vigneto del sig. Mattelich. Sia vera o meno questa supposizione, certo è però che questi nuovi focolai di Pizzudo da calcolarsi per la loro prossimità, come una sola infezione, devono avere avuto origine da un trasporto artificiale dell' insetto, poiché fra il vigneto del signor Rossi e quelli del sig. Mattelich e Giosefin si eleva un colle boschivo, sprovvisto di viti, che frappone un ostacolo più che sufficiente alla diffusione naturale del male. V. Comune censuario d'Isola. In questo comune la Commissione fillosserica locale funzionò anche nel 1885 con zelo ed indicò numerosi vigneti sospetti d'infezione. Nella grande maggioranza dei casi tali sospetti erano pur troppo fondati, oramai quei viticoltori conoscono bene i sintomi del male e sanno tenerlo nella dovuta considerazione. L'infezione d'Isola nel 1885 può ritenersi triplicata in confronto a quella del 1884. Le località di Casanova e Saletto costituiscono oggidì una unica plaga fillosserica, dalla quale si dipartono numerosi focolai fillosserici sulle colline adiacenti e lungo le pendici occidentali del monte di S. Donato quasi fino a quello di S. Marco, al confine di Capodistria. Un' altra estesa plaga fillosserica trovasi nella lo- calità di Modian, vicino al monte Maglio, da dove nuovi focolai formano la congiunzione colle infezioni di Corte d'Isola e di Pirano. La superficie di vigneti infetti a Isola può essere-valutata a 20'0 ettari, di cui circa la quarta parte è resa improduttiva. Da rimarcarsi si è che il male tende quivi a dilatarsi e riescire funesto in guisa ben più allarmante che non nel limitrofo comune di Pirano. VI. Comune censuario di Pirano. Come nel 1884 cosi pure nel 1885 l'infezione fillosserica fece progressi meno rilevanti di quelli, che per l'estensione del male già esistente, si avrebbero dovuto attendere °). La dilatazione dei vecchi focolai è relativamente poco sensibile nel piano, più invece sui eolli, ove anche il deperimento delle viti rendesi più manifesto. Da segnalarsi havvi la campagna dei nuovi focolai verso corte d'Isola ed attorno i colli che circondano la plaga fillosserica di Cortina. L'aumento del male nel comune di Pirano dal 1884 al 1885 puossi calcolare eguale a quello del 1883 al 1884, cioè di 10 ettari, per cui 1' area totale infetta ascende quivi a 61.6 ettari, della quale meno della quarta parte è da considerarsi siccome distrutta od improduttiva. (Continua) ILT o t ì z i e Il 17 marzo decorso si compì il venticinquesimo anniversario dalla fondazione del Regno d' I-talia. La legge pubblicata nella Gazzetta Ufficiale contiene un articolo unico del seguente tenore: Il Re Vittorio Emanuele assume per sè e suoi successori il titolo di Re d'Italia. — Dato a Torino, addì 17 marzo 1861. V. E. In seguito ai lavori della Convenzione monetaria, il ministro Freycinet nominò il triestino comm. Ressman, segretario dell' ambasciata italiana a Parigi, grande ufficiale della Legion d' onore. Nel meriggio di sabbato 27 d. le società triestine, in numero di trenta sei, rappresentate dai rispettivi presidenti, si recarono dal rieletto podestà Dr. Riccardo Bazzoni. Raccolti nella sala maggiore del palazzo municipale furono ricevuti nella stanza presidenziale, dove il presidente della società agraria, quale anziano, pronunziò un discorso di felicitazioni e di auguri al Dr. Bazzoni, che rispose commosso e porgendo i più sentiti ringraziamenti. Ad una domanda fatta da molti azionisti della Società di navigazione a vapore istriana al comitato pro- (7) Notiamo qui per incidenza che nei due ultimi anni lo sminamento delle fillossere alate era oltremodo scarso in confronto a quello veramente sterminato dei primi anni che seguirono la scoperta del male. motore col mezzo MV Indipendente, il Dr. Felice Glezer, segretario del comitato, rispose, tra altro, in lettera pub-licata da quel giornale che to statuto della predetta società giace su qualche scaffale di qualche referente del ministero dell'interno, che poco o nulla si cura degli interessi dell' Istria, abbenchè ne sia stato spesso sollecitato con telegrammi da parte di un forte azionista, il sig. J otti, ed a mezzo di altolocate persone. La Cronaca Trevigliese reca un succosissimo cenno bibliografico intorno alle notissime Macchiette dell' emigrazione veneta, egregio lavoro dell' infaticabile professor Paolo Tedeschi. I seguenti brani dimostrano come si sappiano sempre apprezzare gli scritti del notissimo letterato istriano, il quale è chiamato dall'autore del cenno bibliografico: uno di quegli spiriti d' altri tempi, che ai loro ideali tutto sacrificano. Ecco i brani che togliamo dall'articolo della Cronaca Trevigliese : Il Tedeschi, istriano, dipinge con evidenza mirabile e rara la vita dell' emigrazione veneta, le impazienze, i dolori, le disillusioni, le gioie di essa. E la coglie ne' suoi momenti più caratteristici, sieno fatterelli minuti e d'indole privata sieno casi pubblici e clamorosi. Anzi, a dirla come la penso, riesce meglio assai nella prima bisogna che nella seconda. Il talento analitico è in lui notevole e lo rende un artista valoroso della parola, accostandolo di molto a' romanzieri inglesi. Ricordate, a cagion d'esempio, il passo del Grillo del focolare di Carlo Dikens ov' è così mirabilmente descritto il bollir della pentola? Fate conto che di analoghi se ne trovano spesso nelle pagine del Tedeschi. E la sua non è una fredda anatomia, e'' non cade in tritumi, non stende inventari da rigattiere, come faceva il reverendissimo padre Bresciani e come fanno certi odierni pseudo veristi, le cui descrizioni, i cui racconti sono talora dizionari belli e buoni, col solo divario, tra i loro e i dizionari propriamente detti, che le parole non hau 1' ordine alfabetico. Date (al Tedeschi) l'accidente più trito, specie significativo di fatti morali, ed a poco a poco ne trae un quadro pieno di luce, di movimento, di espressione e a volte d'umorismo. Un inarcar di ciglia, un contrarsi di labbra, uno sguardo, un gesto, un passo bastano a rivelargli una situazione interiore, eh' egli vi ritrae con pennello felicissimo. E indi l'analisi minuta non leva al dettato snellezza, poiché sa essere obbiettivo e subbiettivo a un tempo, dei moti dell'animo trovare gl'indizi direi quasi parlanti, rappresentare mentre analizza. O in altri termini, il reale da lui scomposto, piglia nel suo spirito atto di vita e organica unità. Per ciò ne' fatti singoli trovasi proprio a casa sua, nella pittura psicologica e nell'altra di oggetti esteriori in relazione all'interne commozioni mostra un' abilità non ordinaria ; quando, per contro, o bisogna rendersi al tutto obbiettivi o cogliere, direbbe un pittore, l'insieme d'una massa, il pennello non gli obbedisce più fedelmente e se è un racconto, mancano di fusione le parti, — se è una descrizione, spezza l'intero come in una serie di quadretti, di miniature. A e-sempio, nella macchietta prima, sento un che di frammentario ; mi piacciono assai, qual più qual meno, i vari tratti, non mi piace il complesso, le cui parti han l'aria di tanti quadri colla rispettiva cornice messi 1' uno accanto 1' altro. Il medesimo ripetasi dell'ultima. All'opposto Maria Maddalena, In Babilonia, Un pesce fuor d'acqua, Tilde questa mi piace di molto). Lo sfiduciato si leggono e rileggono con crescente diletto. Cose locali La rappresentanza comunale si raccolse a seduta il giorno 13 Marzo p. d. sotto la presidenza dell'ili, sig. podestà, presenti 17 onor. rappresentanti e 5 onor. sostituti ; commissario governativo sig. Alfredo de Manussi. Il podestà fece le seguenti comunicazioni : in occasione di grave disgrazia che lia colpito la famiglia del signor capitano distrettuale, la deputazione gli dirigeva un atto di condoglianza ; —■ il terzo esperimento d' asta volontaria delle case ex Grisoni ebbe esito negativo per mancanza di concorrenti ; — la spesa totale per il ri-stauro della guglia del campanile sommò f. 1411.54, e le prestazioni gratuite dell' onor. ing. Carlo Yallon giovarono all' economia e buona riuscita del lavoro ; — in luogo dell' onor. rappresentante sig. Vittorio Rumer traslocato notaio a Trieste, subentrava per legge il sostituto onor. sig. Francesco Visentiui ; — la signora Emilia Rumer nell' abbandonare la città elargiva fiorini 50 ad incremento del patrimonio del civico asilo d' infanzia; la direzione del ginnasio ringraziava per lo stanziato importo di fior. 100 a favore del fondo beneficenza di quell'istituto; — la gestione comunale dell'anno 1885 della quale sarà presentato il rispettivo conto consuntivo, presentava un civanzo di fior. 3682. 70 coi quali veniva saldata la rata VII di annualità all'Istituto fondiario provinciale. Primo punto dell' ordine del giorno : Richiesta dell' 1. li. capitanato distrettuale per la vendita del palazzo comunale e relativa proposta di massima. Il podestà comunica che ancora li 7 Luglio 1883, da parte dell'i, r. capitano distrettuale venne interrogato, 1' ili. podestà Pier' Antonio Gambini, „se il comune „fosse intenzionato di cedere in vendita al sovrano erario l'intiero palazzo comunale e verso quale approssimativo indennizzo di denaro." Quell'ili, sig. podestà prontamente rispose „che „secondo il suo parere l'affare si potrebbe trattare con „speranza di successo sulla base per lo meno di fiorini „trenta mila, prezzo richiesto dagli eredi Conte Giuseppe „del Tacco per il loro palazzo, ove, in caso di vendita „del proprio, si trasferirebbe il municipio." Il podestà, premesse queste informazioni, a nome della deputazione: „considerato che il sovrano erario gode l'uso perpetuo di una gran parte del palazzo comunale, e che ragionevolmente non si può credere che sia disposto a pagarne in proporzione del valore dell'edi-fizio la trascrizione del possesso in suo nome ; considerato che la parte ora goduta dal comune rappresenta un valore di almeno 2ó mila fiorini e per la ubicazione sulla piazza è sede conveniente del municipio ; che il comune oltre ciò percepisce fior. 315 di affitti dal sovrano erario per alcuni locali del palazzo, affitto corrispondente ad un capitale di fior. 5250; che l'uso nel palazzo stesso dei locali per corpo di guardia, arresti municipali e pesa publica, rappresenta per se stesso un altro capitale di fior. 6000 ; che quindi l'insieme di questi valori sommano a fior. 36250 ; che appena con fior. 40 mila si potrebbe, in luogo meno conveniente, erigere un edifizio che comprenda le accennate comodità; considerato che malgrado il diritto perpetuo di servitù d'uso a favore del sovrano erario, il palazzo è di proprietà iscritta a nome del comune, e come tale ha potuto essere offerto, e fu accettato in garanzia ipotecaria; considerato che così stando le cose si potrebbero forse mutare le relazioni tra comune e sovrano erario ; considerato che mai troppo degnamente si potrà valutare l'interesse morale di avere in proprietà un edifizio che ricorda gloriose memorie di storia cittadina, propone: La rappresentanza convinta a priori di non poter conseguire dall' alienazione del palazzo comunale, nella massima parte posseduto di fatto dal sovrano erario cotali vantaggi economico - finanziarli, che in coscienza le impongano di posporre gelosi interessi morali, intimamente collegati al decoro del paese, coli' abbandonare la residenza degnissima del patrio Municipio e col rinunziare per sempre alla proprietà di antico monumento che fà storica fede del nostro passato, risponde in massima negativamente al quesito dell' inclito I. R. capitanato riguardo la vendita del palazzo comunale e passa all' ordine del giorno. Aperta la discussione, vi prendono parte 1' on. Babuder in appoggio della deputazione ; 1' on. Radoico-vicli invece contro, colla proposta di collocare gli uffici comunali nelle case ex Grisoni e sollevare le finanze comunali coli' incasso di fior. 30 mila che potrebbe essere aumentato ; l'on. Orbanich appoggia 1' on. Ra-doicovich coli'idea d'impiegare il ricavato della vendita del palazzo nella fabbrica d' un edifizio per le scuole popolari. Su questo proposito, il podestà osserva che attualmente le case Grisoni rendono f. 680, rappresentando quindi un capitale di fior, diecimila, che occupate che fossero da tutti gli uffici comunali, ciocché si potrebbe fare con una spesa grossa, cesserebbe allora la rendita CAPODISTEIA, Tipografia di Carlo Priora. di fior. 680 e quella di fior. 315 che oggi ricavasi d'affitto dal sovrano erario di alcuni locali del palazzo in piazza e resterebbe con discapito del Comune uno scarso civanzo col quale nou si potrebbe affatto provvedere alle scuole. Chiusa la discussione, l'ordine del giorno della deputazione viene quindi accolto da grande maggioranza. Secondo punto : Istanza di Giovanni Almerigotti e Consorti per ottenere il trasferimento di diritto ipotecario a garanzia di credito del Civico Ospedale. — La rappresentanza accorda il chiesto trasferimento. Terzo punto : Proposta della Direzione del Civico Ospedale per la stipulazione di mutuo e conseguenti domanda d'autorizzazione. — La Rappresentanza approva la stipulazione del mutuo di fior. 200 con Giovanni Furiameli fu Giovanni da Manzano. Quarto punto : Conto consuntivo del Civico Asilo d'Infanzia per Vanno 1885. Il conto viene approvato con un introito di fior. 1480.19 ed un esito di fior. 1154.83. Quinto punto : Elezione di due fiduciari comunali e di due sostituti per la leva militare. Furono eletti gli onor. Andrea Marsich fu Domenico e Biagio Fontanot a fiduciari, e Pietro Rasman di Matteo e Giovanni Furiameli fu Matteo a sostituti. Eletti infine per la firma del protocollo gli onor. Giuseppe Gravisi e Pietro D'Andri la seduta viene chiusa. IL MUNICIPIO DI PIRANO ringrazia tutte le città, corporazioni, i. r. Autorità e privati che presero parte al lutto cittadino in occasione del decesso dell'amato suo Podestà PIETRO VATTA. PUBBLICAZIONI Coi tipi del Coana di Parenzo uscirono i fascicoli III e IV degli Atti e Memorie della Società tstriana di archeologia e storia patria. Con questi fascicoli si compie il primo volume del 1885. È in vendita presso il librajo Benedetto Lonzar la quadriglia di Giulio Morterra intitolata — Chi dura vince! — Il lavoro è offerto all'ili, podestà di Trieste Dr. Riccardo Bazzoni. Prezzo soldi 50. Errata-corrige Negli Appunti bibliografici del penultimo numero vanno fatte, le seguenti correzioni. Pag. 46 penultima linea — si dice chi — si dice di chi „ 47 — linea 45 — l'intenzione — l'intonazione „47 — „ 27 —macina — marina. ^"Pietro MadoaTzžr^^^nte^SraTisrTdireTod^r^espoaeabiH