CAPODISTRIA, Sabato 2 maggio 1914. Rila corrispondenza di Capodistria dell',Unions nazionale" Si era già in antecedenza parlato di un'autocandidatura da parte del .signor Sardotsch, ma i più non vollero prestar fede a queste voci, ritenendo di poter escludere che egli, il quale aveva sempre militato con entusiasmo nelle prime file del nostro partito e che da esso era stato di recente portato all'alta carica di Podestà dell' Atene dell'Istria — una carica che avrebbe potuto appagare la più sconfinala ambizione—potesse a cinquanta anni mutar casacca. Come pensare infatti che un uomo, il quale dai suoi amici politici e personali di ie'i i era stalo appoggiato in tutte le sue aspirazioni, potesse allearsi a coloro di' egli aveva, assieme ad essi, apertamente combattuto?» Copio questa sfuriata malignamente illogica, misera e strana dall'organo del partito «Unione Nazionale» del giorno 25 c. m.. E voglio passar sopra per un momento alla verità delle premesse, ossia alla giustezza di tutti gli attacchi mossimi nel-1' articolo in parola, per esaminare soltanto la bontà del ragionamento. «Come pensare infatti»..... ecc., così conclude il su nominato giornale, e non vede quanto egoistici esso addimostri con ciò i suoi ideali 1» ' ,ici; quanto ristrette le sue vedute di indole pub-. blica; quanto prettamente personali i suoi scopi di parte. A !,i unque si concedono cariche, che possono decidere delfe sorti di una città e si impartiscono titoli e onori solo per appagare le più sconfinate ambizioni?! E dopo * ciò, chi ne è stato insignito deve rinunciare irri-i, 'diabilmente per essi a ogni atto volitivo della - ;a mente, a ogni slancio del suo cuore?! Ma allora, se così si fa, e, così facendo, si crede di far bene, in che consiste questa vantata «coscienza civile» ? in che questo «sano» amore al popolo?in che questa « vera carità di patria» ? E contro chi non la pensa a questo modo ; contro chi antepone alla propria individuale sodisfazione il comune benessere e — nel caso concreto — rifiuta la sicurezza di un mandato, il quale lo metterebbe in una posizione, che, per esperienza del passato, vede sterile e falsa, e si mette invece in una lotta, che da nessuna recondita mira gli fu consigliata, ma solo dall' intima coscienza della bontà del suo programma, eh' egli potrebbe, se vittorioso, liberamente svolgere, — contro costui si scaglia 1' anatema e si invocano le saette del cielo, sol perchè reo lo si chiamava del grande delitto di indisciplinatezza di partito. Fate pure come vi piace, o oligarchi capodi-striani, chè io, se vedo il bello, lo addito agli altri; se vedo il buono, lo seguo e ammiro; se vedo il giusto, cerco di imitarlo e di sostenerlo. Dopo di ciò vorrei rivolgere concittadini e agli elettori una domanda : E' indisciplinatezza condannabile il mio contegno, o non è invece burbanzosa prepotenza il contegno loro? E veniamo ora a esaminare la verità degli attacchi. Non già spontaneamente fui portato dal partito liberale all' alta carica di podestà dell' Atene del-l'Istria, ma bensì sotto l'incubo del «Blocco popolare», allora costituito, perchè si sperava — a torto o a ragione — di vincere, sul mio nome e su quelli dell'Esecutivo cessato, l'opposizione, o di scioglierla a dirittura. Ma creata la Rappresentanza comunale, di cui ero io il primo cittadino, ecco mutarsi a un tratto scenario e attori e mettersi le cose in modo, da allontanare dal seggio podestarile me — che appena dopo ripetute insistenze avevo finito con accettarlo — con un colpo di scena, che dai suoi provocatori non poteva essere che meditato e voluto. E dico il perchè. Il fatto è di ieri ; e tutte le persone imparziali e sincere hanno riportato la sicura impressione, che la crisi comunale dello scorso anno sia stata voluta. Ma sopratutto si noti che alla «seduta dell'8 marzo 1913», di cui parla 1' «Unione Nazionale», «e nella quale fu dichiarato che la Deputazione doveva persistere nelle sue 'dimissioni, ma si ritirava senza rancori e decisa di cooperare anche in avvenire per il bene del Comune», a questa seduta, ripeto, seguirono delle trattative ufficiali e private, intese ad e-vitare la crisi, e nel corso di quest' ultime sono state fatte da me alcune proposte di componimento, (non su base di voti di fiducia, ma di intesa amministrativa) le quali furono pienamente approvate dall' Avv. Belli con le parole: «Poiché così sta la cosa, credo la crisi si possa dire risolta». — Viceversa nella seduta preparatoria della Rappresentanza comunale del 19 marzo, che precedeva immediatamente quella, in cui avvenne la nomina del nuovo Esecutivo, quelle mie proposte non furono nemmeno accennate nel-l'ampia e minuziosa relazione delle trattative precorse. Ma v' ha di più : quando io — per l'esattezza dei fatti — con l'approvante silenzio dell'Avv. Belli, presi la parola, per far rimarcare una tale lacuna, fu dall'Avv. Bennati, precipitosamente aggiunta la frase: «Ora è troppo tardi». Troppo tardi però non era quel giorno, in cui veramente da me le proposte erano state fatte. Quando a ciò si aggiunga la sistematica opposizioue, fatta fino dalle prime sedute alle proposte della deputazione, chi non dovrebbe concludere che la crisi comunale fu meditata e voluta? Non rancore adunque, come oggi mi si rimprovera, io nutro in petto, ma sdegno! sdegno per la falsità dell' agire; sdegno per il Suo „troppo tardi", Avv. Bennati! Anzi a questo proposito — non perchè ciò abbia alcun valore politico — ma soltanto allo scopo di dimostrare che fui io, benché in buona fede, ad appagare le ambizioni altrui e non già altri le mie, Le ricorderò una cosa, Avv. Bennati. Dopo che dai rappresentati capodistriani del partito, di cui Ella è capo, io era stato designato per lo scorso sessennio in seguito, alle Sue ripetute e persistenti ripulse, a Deputato Dietale della Camera di Commercio, Ella una mattina mi espose, come da un alto personaggio era stato invitato a non persistere nel suo ritiro dalla vita pubblica e come Ella intendeva di cedere alle sue insistenze. E allora io, che con sincerità desideravo che Ella avesse modo di cooperare alla tutela degli interessi provinciali, spontaneamente rinunciai a quel seggio, che a me era stato offerto; nè attesi ch'Ella si opponesse; ma decisamente e immediatamente resi noto che declinavo l'offerta di già accettata. A tre giorni di distanza dalle elezioni avrei potuto risponderLe, Avv. Bennati: „Ora è troppo tardi". Dovrei ora parlare, per mantener l'ordine osservato nelT articolo su riferito, della mia responsabilità con riguardo alla Prima Esposizione P. I., ma poiché questo argomento e assai più complesso e nei suoi particolari molto meno conosciuto, mi riservo di trattarlo più ampiamente e a parte. E vengo alla finale insinuazione, ch'io possa mutar colore. Si veda a questo proposito di riflettere (ma non v' ha persona di più corta memoria di chi non vuol ricordare) che il mio programma d'oggi, „fede, patria e democrazia", fu incondizionatamente accettato così dalla cessata «Società politica», come dalla presente „Unione Nazionale". Nè si dica che io ho mutato colore perchè gli organi ufficiali di questo o quel partito hanno parlato di me in modo relativamente lusinghiero, o perchè magari di questo o quel partito avrò P appoggio o i voti ; dappoiché io mi rivolgo, e abbastanza chiaramente credo, agli elettori democratici per convinzione di tutti i partiti ; gli arristocratici o i democratici finti non cerco e non curo. .....ciFFinchè il deFicif dell'Esposizione pesi meno e per meno anni sulle nostre spaile... Si fanno le meraviglie nello stesso articolo che io mi sia sentito costretto a scindere le responsabilità e mi si chiede con una spudoratezza, che non ha pari, «di quali responsabilità di grazia si tratti; se forse di quelle, che ci derivano dall' Espo- sizione, che fa appunto impersonata da me e che pesano e peseranno per vari anni sulle nostre spalle». Non è difficile rispondere : Certamente anche alla responsabilità della Esposizione, assieme a tutte le altre, avevo diritto di alludere...... ma a rendere l'argomento del tutto chiaro sarà necessario farne una narrazione completa, benché il più possibile succinta. Se mi si vuole attribuire il vanto di avere ideato la Prima Esposizione P. I., io mi sento di ciò altamente onorato, nè scorgo in questo responsabilità alcuna; chè altrimenti dovrebbesi biasimare chiunque in ogni tempo e in ogni luogo ha preso o sarà per prendere iniziative eguali, e sopratutto si dovrebbe gridare il «crucifige» contro tutti quegli uomini eminenti dei più diversi partiti, che hanno accolto con entusiasmo questa mia idea. Che essa poi nel suo scopo sia stata civilmente e nazionalmente lodevole e buona, è dimostrato dalla nobile e unanime affermazione di vita rigogliosa, cui essa ha dato occasione nello slancio col quale vi concorse il popolo italiano di queste terre. — Quanto al modo di portare questa idea di-fervente italiano nel campo pratico della esecuzione, la quale soltanto poteva influire sullo eventuale esito finanziario, ciò è ben altra cosa. Neghi a questo riguardo 1'«Unione Nazionale», se è capace, che anche i deliberati di minima importanza venivano presi col pieno accordo del comitato esecutivo ; sostenga, se può, che non è vero eh' io, lungi dall' impersonare l'Esposizione, vi occupava appena il quinto posto, perchè — quale terzo vicepresidente — avevo dinanzi a me il Presidente onorario, il Presidente effettivo, nonché il primo e il secondo vicepresidente. Ciascuno quindi può vedere assai chiaro che la mia responsabilità, ammesso pure che ci sia stata, era almeno eguale a quella dell' avv. Belli, secondo nel posto dei Vicepresidenti, il quale appunto nel menzionato articolo incoerentemente si vuole contrapporre alla mia responsabilità e alla mia auto-candidatura. Ma ciò non basta. Proprio a scindere la responsabilità mi vidi costretto; e perciò, unitamente al Segretario generale dott. Carlo Nobile, anch'egli convinto della inopportunità degli adottati criteri amministrativi, insistei, e con molta energia, acchè fossero accettate le nostre vedute tendenti a ottenere una migliore riuscita. Ebbimo la risposta che non si condivideva il nostro pessimismo. Dietro nostra domanda ci si esonerava però della parte am ministrativa e si affidava questa, proprio.... all' Avv. Belli. E da un altro lato ancora, sempre nel campo dell'Esposizione, dichiaro su questo foglietto che voglio scindere la mia responsabilità, come già nel passato ho ripetutamente fatto col mezzo di lettere.... e proprio su l'opra mia tutta intesa affinchè il il deficit dell'Esposizione «pesi meno e per meno anni sulle nostre spalle». Ed ecco come: Già quattro anni sono scorsi, dacché le vigili note dell' Inno Istriano hanno salutato per l'ultima volta il vigile simbolo del veneto leone, ma pur ancora è attesa, contro le prime regole di una buona amministrazione e in contrapposto alle princise disposizioni del Regolamento della Mostra, la finale regolazione e presentazione dei conti. A ciò si aggiunga la mancata concretazione del rispettivo piano di ammortizzazione e la conclusione del relativo mutuo- E, voglio dirlo a chiare note, esposi a suo tempo tale omissione all' avv. Belli, eh' era appunto la persona di ciò incaricata. Ebbi in risposta che avevo ragione ; ma fu atteso che passasse 1' estate, e poi l'inverno. Venne anche la primavera, ma la convocazione non avveniva ancora; mi rivolsi quindi, seguendo un ordine forse un po' troppo burocratico, si dirà da qualcuno, al Presidente effettivo onor. Vianelli : furono, com' era giusto, approvate le mie apprensioni, e data l'assicurazione di pronte insistenze.....Ma l'effetto pratico era sempre nullo. Scrissi poscia al Capitano Provinciale onor. Rizzi, Presidente onorario del Comitato : in una sua gentile e sollecita lettera, ricevei approvazioni e promesse.... vane anche queste però. Dopo un'ultima lunga attesa pensai, benché — ammaestrato dall' esperienza — ormai poco fiducioso del risultato, all' avv. Bennati ; egli forse, quale capo partito, avrebbe fatto comprendere a chi di ragione quale responsabilità pesava assieme agli altri sul partito intero. Ma dalle sue parole di approvazione per il mio interessamento e di disgusto per la solita indolenza di chi tale questione da cosi lungo tempo trascurava è di bel nuovo trascorso il periodo di mesi nove. Oh, i buoni amministratori ! Altro che «quali responsabilità di grazia?» Ho esposto fatti concreti e precisi, e spero che ad essi si vorranno contrapporre, se si sarà in grado, altrettanti fatti precisi e concreti ; e non si tenterà di continuare, contro chi s'è presentato con serietà di propositi e ferma volontà di operare, nel sistema di facili insolenze e artificiose insinuazioni. E credo di avere tutte le ragioni di muovere questo rimprovero a chi con leggerezza e malignità ha raccolto e publicato fra altro vane ciarle di precorse offerte di candidature da parte di non so quali deputazioni; insinuazioni e ciarle, che io categoricamente e decisamente smentisco. Miserie ! Questo infine il titolo con cui 1' «Unione Nazionale» sciorina ai suoi lettori 1' articolo, nel quale si parla, o meglio 'si sparla, della mia autocandidatura. Non tornerò a dilungarmi sul tono bilioso, acre e tutt' altro che oggettivo, con cui si tenta di gettare la diffidenza sulla mia persona e sui miei intendimenti, nè voglio far mio il giudizio di qualcuno che quell' articolo ha definito «un momento di sciocca malafede»; ma ripetendo semplicemente il titolo, dirò a mia volta: «Miserie!...», persuaso che, col porlo in testa a quel suo brano di prosa, l'infelice articolista dell'«Unione Nazionale» abbia voluto, a scanso di equivoci, stabilire fin da bel principio la povertà e qualità dei concetti dell' articolo stesso. Già altrove ho esposto la confutazione degli attacchi specifici,"che si muovono a mio carico, qui voglio far presenti agli elettori e ai concittadini i giudìzi che gli altri giornali di tutti i partiti hanno formulato sulla mia autocandidatura. Non mi dilungherò a dire dell'apprezzamento dell' «Unione», organo dei cattolici istriani : è naturale che essi vedano con simpatia la mia candidatura, e ciò, perchè io della mia Fede —• compresa nel trinomio, che forma il mio motto mai ho fatto mistero. Accennerò ancora al commento dell' «Istria socialista», la quale — a ragione — ha voluto rilevare il mio spirito sinceramente democratico e — giustamente o meno — la mia conosciuta tenacia, per finire col compiacersi, che in me il partito liberale abbia perduto uno — com' essa dice — dei suoi uomini migliori. Ma dove più mi piace soffermarmi è sul trafiletto comparso sull' «Idea Italiana», giornale liberale e quindi non sospetto, trafiletto che voglio in parte riprodurre. Scrive il giornale rovignese : *Il signor Bortolo Sardotsch, già podestà di Capodistria, annuncia pubblicamente di porre la sua candidatura nel collegio di quella città. Ed egli è patriotta fervente e come tale stimato e onorato di incarichi pubblici,e coltiva ideali identici a quelli del nostro partito..... Noi che conosciamo l'amor di Patria del signor Sardotsch non possiamo attribuire il suo atto se non ad un malinteso, che con buona volontà e spirito di sacrificio da parte degli interessati deve poter essere eliminato e lo sarà certamente a onore di Capodistria ed a vantaggio della causa. Bortolo Sardotsch non può cancellare con un atto tutto un passato di attività patriottica che lo onora e che fa sperare di lui ottimamente per V avvenire.....» Quale disparità di giudizi! Da una parte la stampa democratica, cui fa coro la libéralissima «Idea Italiana», dall'altra 1'«Unione Nazionale», che si chiude in uno splendido isolamento e non sa far di meglio se non ascrivere il mio distacco dal partito liberale unicamente ad ambizione più che sconfinata. La tattica non mi meraviglia e sarebbe stato da ingenui aspettarsi un giudizio differente da quelle poche persone, che s' arrogano il diritto di fare in Istria il bello e il brutto tempo, infischiandosi di tutto e di tutti ; che, avversari dichiarati dello spirito de mocratico dei tempi, vogliono tener lontano il popolo dall' Amministrazione della cosa pubblica, pronti a gettare a piene mani il discredito sull'imprudente, che accennasse a criticare o'non fosse disposto a sottoscrivere qualunque atto loro, per quanto dispotico e dannoso fosse. Non possono però toccarmi gli attacchi di persone, che nel dirigere un partito sono andate ormai fuori di strada e nei principi e nelle manifestazioni e che perciò il popolo istriano non può e non vuole più riconoscere quali legittimi ed esclusivi depositari e monopolizzatori dei suoi sentimenti e delle sue aspirazioni. L' esitazione mia nella scelta fra l'amicizia del popolo e la partecipazione all' oligarchia antidemocratica non doveva durare più oltre: col popolo, per il popolo ! nè, lo ripeto, varranno attacchi ignobili o pratiche non sincere a farmi mutar di proposito. Se poi nel campo economico - politico - sociale non sarò il «Messia», come vuole lo spiritoso e poco felice articolista dell'«Unione Nazionale», mi consolerò sapendo che di Messia.... o padri Zappata, direi piuttosto, ce n' è già a bizzeffe fra i miei avversari, massime in epoche elettorali. A chi mi domanda che cosa intenda per fede e patria e su quale appoggio mi proponga di contare. Assai brevemente dirò: Fede ho nella patria, fede nella democrazia, fede in tutto ciò che v' ha di bello e di buono; ma intendo per fede: intima convinzione religiosa, nel senso cattolico della parola. Intendo per patria : amore sconfinato alla nazionalità nostra, il quale si esplica nel volere fermamente e fieramente tutto ciò, che è utile e buono al popolo nostro che è italiano, e sopratutto il suo civile e morale progresso; e ciò a tutti i costi e con tutti i mezzi saggi e onesti, non ultimi la cultura e la partecipazione più larga di esso alla cosa pubblica, spezzando a questo scopo i pochi pugni, solo in ciò purtroppo di ferro, che accentrano il potere. Conto per la scrupolosa attuazione del mio programma sul consenso del popolo tutto nella Provincia e nella Dieta, se eletto, sull' appoggio leale e patriottico di tutti i deputati professanti una vera democrazia. Bortolo Sardotsch Autocandidato nel collegio di questa città per le elezioni dietali del giorno 30 giugno 1914. i t V. Vascotto, Tip. C. Priora