received: 2006-09-14 UDC 316.343.32:340.153(450.341)"17" original scientific article LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700 Sergio ZAMPERETTI Universita Ca'Foscari, IT-30124 Venezia, Palazzo Gritti, S. Marco 2546 e-mail: zamperet@unive.it SINTESI Nel corso del '700 nei territori del dominio veneziano, ma il discorso puo essere esteso ad una dimensione piu vasta, si assiste ad una gradúale ma progressiva riduscussione del ruolo dei vari giusdicenti privati all'interno delle compagini statali, fino ad interessare il loro status complessivo dal punto di vista non solo politico ma anche, e soprattutto, sociale. Scopo del mio intervento sarä pertanto quello di evidenziare i tratti salienti di questo scenario, nel quale si scontrano immutate ambizioni di sovente nuovi feudatari e attenzioni tutt'altro che concilianti da parte non solo statale, ma in particolare degli altri ceti sociali. Parole chiave: Repubblica di Venezia, giurisdizioni feudali, riforme settecen-tesche THE IMAGE OF THE FEUDAL LORD IN THE REPUBLIC OF VENICE AT THE END OF THE 18th CENTURY ABSTRACT Through the 18th century, in territories under Venetian domination - although even vaster territory could be taken into consideration - we contribute to a gradual yet progressive discussion questioning the role of various private judges within state structures, ultimately touching upon their entire status not only from the political but also and above all social perspectives. The aim of the article therefore is to highlight the most important aspects of the presented scenario, in which the unaltered ambitions of often new feudal lords and all but conciliatory stances not only of the state but in particular other social classes collide. Key words: Republic of Venice, feudal jurisdiction, 18th century reform 235 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 Secondo Francesco Fistulario, avvocato fiscale di Udine, il tema dei "diritti feudali" si poteva lapidariamente liquidare in pochi assunti: erano un retaggio dei "secoli barbari", che quasi ovunque "restarono pel bene dei popoli [...] o affatto spenti o ridotti a tanta ristrettezza che non recassero piu danno alcuno". Ancor mag-giore appariva quindi il suo dolente sconcerto davanti alla constatazione che "non cosi pero ando la cosa in questa provincia del Friuli". Proprio in questa regione, sulla quale il luogotenente veneziano Domenico Michiel lo aveva poco prima incaricato di scrivere sull'argomento una "memoria",1 la situazione era invece tuttora cosi ancorata al passato che "l'autoritá immediata di Vostra Eccellenza" era limitata "per le prime istanze a sole 19 ville che si chiamano comuni" (ASV, 16).2 Si era attorno la metá di febbraio del 1771. Nemmeno un anno prima, nell'agosto del 1770, il Senato veneziano aveva avviato, con una parte (ASV, 25)3 in cui rimbal-zavano echi lontani di stampo piu assolutista che illuminista, un progetto di riordino in materia di feudi e giurisdizioni private che sarebbe sfociato nel dicembre del 1782, dopo la pubblicazione del Codice Feudale di due anni prima, in un vero e proprio Piano di disciplina feudale in virtu del quale, come dei provvedimenti che lo avevano preceduto, i risultati effettivamente conseguiti non dovevano rivelarsi parti-colarmente significativi.4 In ogni caso, lo vedremo piu in dettaglio tra non molto, lontani da quelli ottenuti dal governo austriaco nella contermine Lombardia e de-stinati comunque a precisazioni, distinguo e talora arretramenti nel decennio e mezzo che ancora mancava alla caduta della Repubblica.5 Invitati dunque in quella tarda estate del 1770 dai provveditori sopra feudi, referenti obbligati del decreto dei Pregadi,6 i rettori delle cittá di terraferma avevano messo 1 Francesco Fistulario era stato espressamente incaricato di verificare "ció che vi fosse disonante dalle leggi ed antiche consuetudini": ASV, 10, lettera del 24 ottobre 1770. 2 Scrittura del 16 febbraio 1771. 3 La parte, del 30 agosto 1770, e parzialmente riprodotta a stampa: Codice Feudale, 1780, 214. 4 Quello che nei dispacci coevi si denominava correntemente come Piano di disciplina feudale era stato approvato dal Senato il 5 dicembre 1782 e dato alle stampe 4 giorni dopo col titolo Leggi riguardanti gli obblighi de' Giusdicenti e loro ministri: ASV, 2. Per la versione a stampa cfr. Leggi riguardanti gli obblighi, 1782. 5 Si sono soffermati su questi temi Fasoli, 1952, 84 sgg. e, piu recentemente, Zamperetti, 1991b. Per la Lombardia d'obbligo il rimando a Magni, 1937, 244 sgg. 6 La magistratura dei Provveditori sopra Feudi, composta da tre "onorevoli nobeli nostri", era stata istituita con un decreto del Senato il 25 luglio 1587 per far fronte ai problemi insorti dopo la pro-mulgazione, il 13 dicembre del 1586, della prima legge generale veneziana in materia di feudi e giurisdizioni. Originariamente il suo mandato era a tempo, "per anno uno prossimo o tanto meno, quanto prima si spedisse la presente materia". Il 3 ottobre 1588, vista la complessita delle questioni, si era deciso di rinnovarne il mandato per un altro anno. Da quel momento la magistratura divenne tuttavia permanente: (Codice feudale, 1780, 42-45, 46, 52). Su questi temi mi sono soffermato in (Zamperetti, 1991a, 333 sgg.). 236 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '7GG, 235-248 al lavoro i loro avvocati fiscali e avviato le indagini provincia per provincia. La "memoria" ordinata dal luogotenente Michiel a Francesco Fistulario, conclusa nel febbraio successivo, fu una delle ultime portate all'attenzione del governo centrale, e le rela-zioni che anche dalle altre province dello stato da qualche tempo avevano preso a giungere nella capitale, di fatto prospettando scenari assai meno cupi, finivano in fondo per confermare almeno una delle tesi dell'avvocato fiscale di Udine, quella della particolare gravità della situazione friulana. Inoltrando la sua risposta il ó febbraio precedente, anche il podestà veneziano di Cividale del Friuli Cristoforo Boldù, pur astenendosi da qualsivoglia giudizio di merito, aveva in fondo ammesso che erano talmente tante le giurisdizioni che ci sarebbe voluto "assai tempo per dillatar circo-larmente le necessarie indagini" (ASV, 11). Altri rettori, come il podestà e capitano di Capodistria Nicolô Donado, avevano presentato in quegli stessi giorni, privo di commenti di sorta, un elenco, talora neppure completo, di tutte le giurisdizioni feudali presenti nel territorio di loro competenza (ASV, 13).7 Altri ancora, come il podestà di Treviso Alvise Foscarini, avevano inviato la lista richiesta e demandato invece ad un loro sottoposto, accludendone un breve scritto, la responsabilità di aggiungere qualcosa, sicchè era toccato all'avvocato fiscale Marco Monti il compito di dover ammet-tere che, stante la distanza dalla città di quelle giurisdizioni, e "per non aver se non lontane relazioni con le stesse", risultava impossibile, se non attraverso un impensabile e comunque non consentito "mezzo di processo di inquisizione", avere "cognizione alcuna del modo con cui vengono regolati quei sudditi", né sapere "da qual fonte ri-trarre gli opportuni lumi" (ASV, 15).8 Mentre altri rettori, sempre in quei giorni, avevano invece aggiunto ai soliti elenchi una sostanziale e ferma difesa dei feudatari presenti nelle loro aree di competenza. In Polesine, affermava ad esempio il podestà e 7 Relazione del 14 febbraio 1771. Le giurisdizioni censite erano quelle di Barbana (Mocenigo di San Samuele e Contarini di San Trovaso), Pisinada (Grimani di San Luca), San Vincenti (degli stessi Grimani di San Luca), Momiano (conti Rota), Fontane (conti Bovisi), Giroldia (conti Califfi), Orsera (mensa episcopale di Parenzo), Piemonte (Contarini), Pietrapelosa (marchesi Gravisi), Racizza, sotto Pinguente, (conti Boltristain) e infine Due Castelli (del Consiglio di Capodistria). Non sembra tuttavia che nemmeno questo elenco fosse del tutto completo. Certo, non deficitario come quello del podestà di Pordenone Francesco Alvise Antonio Corner, che il 7 febbraio del 1771 aveva addirittura escluso che nel territorio di sua competenza ci fossero giurisdizioni feudali tranne una, tra l'altro esercitata dal Consiglio di Pordenone (ASV, 12). Ma tuttavia anche nella descrizione sub specie feudi dell'Istria qualche dimenticanza c'era stata. Nessun cenno ad esempio a Castelnuovo (già dei Loredan e ora anche dei Lolin e dei Contarini), o Lesina (già dei Grimani), oppure a S. Zuan della Cornetta (dei Verzi) o ancora Leme "ossia Frattia" (dei Coletti). Non venivano poi menzionate neppure le giurisdizioni dei Becich nel contado di Parenzo. Cfr. Zamperetti, 1994. Per un elenco del 1793, incompleto a sua volta ma in grado di correggere le succitate dimenticanze, cfr. ASV, 23. La giurisdizione di Orsera risultava ad esempio devoluta dal marzo del 1778. Per le giurisdizioni feudali in Istria cfr. anche Ivetic, 2GGG, 4G-44. 8 Relazione inoltrata il 19 febbraio 1771. 237 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 Capitano di Rovigo Angelo Priuli, le giurisdizioni privilegíate su cui valeva la pena soffermarsi erano due, una dei Doná a Villa del Dose e l'altra dei Dolfin a Villa del Buso. Si trattava a veder suo di luoghi quasi idilliaci, bucolici addirittura stante che "solo le arti non si sono introdotte", in cui la vita scorreva serena essendovi banditi bravi, vessazioni, soperchierie ed aggravi indebiti, mentre circa "la giustizia che da es-si si va amministrando ai sudditi non trovo che abbia mai dato ad alcuno motivo di reclamare" (ASV, 17).9 Né diverso, e in questo caso non c'entrava neppure la soli-darietá di ceto tra patrizi veneziani, era l'argomentare del Capitano di Bergamo Nicolo Barbarigo. Anche nella provincia in cui espletava il suo mandato le giurisdizioni feudali c'erano, ed egli pertanto le elencava con lodevole precisione. Ma ai Giovannelli e al Vescovo Di Bergamo, congiuntamente giusdicenti di Morengo, non si poteva proprio imputare nulla, anzi "non si puo se non a buona equitá applaudire alla retta e pronta amministrazione della giustizia che vi si fa esercitar cosi nelle materie civili come nelle criminali". E che dire dei conti di Calepio, giusdicenti dell'omonima valle? Niente se non bene. Grazie alla loro "sollecitudine" la prosperitá si andava diffondendo tra i 10.000 abitanti della circoscrizione feudale. Mentre anche a Malpaga e Ca-vernago, dove i Martinengo Colleoni ai diritti pubblici assommavano proprietá pres-soché monopolistiche, proprio nessuno "ha mai ricorso contro la di loro giurisdizione" (ASV, 14).10 Feudi nel dominio veneziano, e i rettori di Verona non inviarono che dopo un paio d'anni il loro elenco data la difficoltá di censire piu in fretta la sessantina di piccole giurisdizioni presenti in quel territorio (ASV, 19),11 ce n'erano quindi quasi ovunque. Un problema pareva invece da quel preliminare scambio di informazioni che lo costituissero solo in Friuli. Che era certo fin dall'espansione veneziana in terraferma la regione piu interessata dal fenomeno, terra "tota fere feudalis" secondo l'assai nota definizione di Gasparo Lonigo di quasi due secoli prima,12 ma che era anche lo scenario dove ormai da tempo antico balenavano i bagliori degli aspri e tuttora incomposti scontri tra Udine e i castellani.13 Che i feudi fossero un retaggio dei secoli barbari, un sempre piu intollerabile residuo del passato, tra coloro che in quei mesi prestarono la loro opera in ossequio 9 Lettera del 26 febbraio 1771. 10 La prima lettera, con sintetico elenco, era del 23 gennaio 1771. La descrizione e i commenti sono invece in una seconda missiva del 16 febbraio 1771. 11 Elenco del 19 marzo 1773. Sulle giurisdizioni veronesi cfr. comunque Zamperetti, 1991a, 121-148; d'obbligo inoltre il rimando a (Varanini, 1980). 12 Definizione tratta dall'ancora manoscritta opera del Lonigo intitolata Materia feudale, consultabile in ASV, 1. 13 Sull'argomento: Zamperetti, 1991a, 187 sgg. Si vedano anche Stefanutti, 1976; Trebbi, 1998, 193 sgg.; Conzato, 2001. 238 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 alle direttive del Senato veneziano pareva insomma sostenerlo il solo Francesco Fistulario, che dal canto suo aveva espresso tesi che ad Udine circolavano da tempo immemore. Lo stesso luogotenente Michiel, nel commissionargli la "memoria", e in ció sollecitato espressamente dai Provveditori sopra feudi, lo aveva invitato "ad esibire la scrittura del fu avvocato fiscale suo predecessore Fabrizio". Sicche Fistulario non solo aveva riletto la senz'altro nota dissertazione, ma nella prima parte del suo lavoro, pur con approcci terminologici debitori dei tempi nuovi, aveva finito per riprodurne quasi punto per punto tesi ed argomentazioni. Erano passati 141 anni da quando, nel 1630, l'allora avvocato fiscale di Udine Daniele Fabrizio aveva composto quella sua Informazione intorno la qualita de' Feudi nel Friuli che aveva suscitato non poco scalpore, con l'appoggio incondizionato della cittá di Udine a fare da contrap-punto all'aspro e inconciliabile dissenso di tutti i castellani della regione. Di come lo scritto, che pure aveva incontrato ferventi ed autorevoli ammiratori anche nella capitale, non avesse tuttavia prodotto risultati degni di nota ho giá avuto modo di dire.14 Non era sufficiente ricordare al governo centrale la sostanziale precarietá delle basi giuridiche di quasi tutte le giurisdizioni castellane per indurlo a comprimere ció che consuetudine e convenienza politica consigliavano invece di mantenere in buona sostanza inalterato. Non era dunque per comoditá che Francesco Fistulario aveva ripreso a cosi grande distanza di tempo le tesi del suo lontano predecessore. Ad un secolo e mezzo di distanza non era mutato quasi nulla. Anzi, con le vendite decise ai tempi della guerra di Candia, e sancite con appositi decreti nel 1645 e nel 1647, proprio in Friuli era avvenuto ció che altrove altre cittá erano riuscite quasi sempre ad evitare, vale a dire l'ulteriore dispersione a beneficio di privati di beni e diritti pubblici, fino a ridurre le ville comuni, le sole nella regione sottoposte direttamente al luogotenente veneziano, dalle oltre 50 della metá del '500 alle 19 censite appunto nel 1771.15 Ma alla riproposizione di tesi ormai note, a sostanziare il suo sferzante giudizio, Francesco Fistulario aggiungeva tuttavia una dettagliata e vibrante denuncia dei risultati di questo generalizzato conferimento a privati dell'esercizio di diritti giuris-dizionali. Tralasciando la premessa che "in questa sorte di giudicare accordata ai Feudi" era inevitabile scorgere l'abuso "d'una prerogativa Regale", era poi il concreto funzionamento dei fori feudali a suscitare quanto meno sconcerto. Tribunali, sovente 14 II manoscritto dell'opera in BNMV, 1. Per l'edizione a stampa cfr. Leicht, 1901. Tutta la vicenda e riportata in Zamperetti, 1991b, 112-113. 15 Codice feudale, 1780, 106, 110-111 per i due decreti del Senato. Sul tema Zamperetti, 1991b, 132 sgg. Sulle vendite in Friuli cfr. anche Trebbi, 1998, 295 sgg.; Cargnelutti, 1995. Che le nuove giurisdizioni effettivamente istituite fossero situate quasi esclusivamente in Friuli si puó evincere dall'esame comparato di due serie archivistiche, quella delle giurisdizioni richieste, dal 1645 per il Friuli e dal 1647 per le altre province (ASV, 5), e quella delle giurisdizioni realmente concesse (ASV, 9). 239 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 di prima ma talora anche di seconda o addirittura terza istanza, che si dimostravano nel migliore dei casi inadatti ai loro compiti. Cause, nelle mani di giudici non laureati, non abilitati e in ogni caso incompetenti, che si rivelavano lunghissime, costose e magari inutili. Cancellieri che tenevano in casa "gli Archivi delle pubbliche carte che con-tengono le private e pubbliche ragioni", con disinvolte custodie e timore di smar-rimenti ad agitare i sonni degli interessati. Prigioni in molti casi assenti, con rei che non necessariamente per la complice benevolenza, ma piu sovente per la semplice ignavia dei loro giusdicenti, "vedevano differite per anni la spedizione dei loro processi". Addirittura persistenza diffusa dell'usanza antica dei placiti annuali, che ap-parivano anzi come il solo mezzo con il quale, arrogandosi pero in sostanza prerogative sovrane, non pochi castellani giungevano perlomeno a definire, sommariamente s'intende, le cause. Non era possibile "ritrovare piu imparziale e miglior giustizia di quella che deriva dalla Pubblica Rappresentanza, immagine vera del proprio Sovrano", né si poteva astenersi dal vedere "la stragge e rovina nella molteplicitá dei giudizi derivanti dai fori inferiori nel modo che qui si amministrano tanto circa la robba che la vita dei sudditi", concludeva la sua "memoria" Francesco Fistulario (ASV, 16). E dopo l'invio di questa relazione, che in molti punti, nel tono e nei contenuti, nel sottolineare il carattere prima di tutto anacronistico e residuale della giurisdizione feudale, anti-cipava certe pagine che Ippolito Nievo dedicherá poco meno di un secolo dopo al castello e alla giurisdizione di Fratta (Nievo, 1867), l'avvocato fiscale udinese non aveva neppure mancato di affrontare concretamente la situazione. "Mancato di vita" il conte Rizzardo di Madrisio, ultimo superstite della famiglia investita dell'omonimo feudo, nell'aprile di quello stesso 1771 egli si era recato sul posto, e poiché "mancato di vita il possessore del feudo piu non sentono le persone dimoranti soggezione a parlare", aveva potuto riportare un quadro assai credibile, per cosi dire di prima mano, di quanto "inclina il popolo delle giurisdizioni di farsi piuttosto ascoltare e giudicare dal Capo di Provincia che da propri giudici giusdicenti". Mentre anche altrove, senza "il timore delle genti per li viventi giusdicenti", si sarebbero potuti raccogliere suffragi dall'identico tenore (ASV, 18). Non solo il feudo di Madrisio, devoluto per l'estinzione della casata beneficiata, avrebbe dovuto pertanto attirare l'attenzione governativa. Era il complesso delle giurisdizioni, pertinace e ormai obsoleto retaggio dei "secoli barbari", che secondo Francesco Fistulario avrebbe dovuto sottostare ad un inevitabile processo di razio-nalizzazione amministrativa. Quantunque fossero serpeggiati in quel periodo anche all'interno del Senato veneziano, l'opera di redenzione delle regalie nella contermine Lombardia non aveva mancato di incontrare anche nel governo marciano ammiratori, orientamenti volti al contenimento ulteriore, se non proprio all'abolizione, delle giu-risdizioni feudali, prospettive di tale portata finirono comunque per rientrare in gran fretta, o perlomeno non trovarono terreno propizio per propagarsi (Fasoli, 1952; Gul-lino, 1983; Zamperetti, 1991b). Nello stato veneto del secondo '700, per la loro rile- 240 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 vanza più sociale che política o ancor più economica, feudi e diritti feudali non erano mai stati al centro dei dibattiti e degli attacchi diffusi invece con ben altra ampiezza e vigore in altri stati italiani o più generalmente europei (cfr. ad esempio Ago, 1994; Ajello et al., 1992; Magni, 1937; Hanlon, 2002, 519 sgg.; Godechot et al., 1971). Nep-pure nella produzione letteraria, visto che il solo Carlo Goldoni, nel 1752, aveva composto una commedia intitolata appunto II feudatario, ma l'aveva ambientata nel regno di Napoli, e la presa di possesso di un feudo da parte del nuovo giusdicente era volta a suscitare più il riso e lo sberleffo che la civile indignazione (cit. in Gullino, 1980, 162). I catastici dopo le parti del 1770 avevano comunque cominciato ad arrivare nella capitale. Benché alla luce delle nostre conoscenze posteriori molti di essi fossero in realtà lacunosi ed incompleti (cfr. in particolare ASV, 2; 3 e ASV, 21; 22), la cono-scenza del governo marciano del suo patrimonio di feudi e giurisdizioni si andava via via facendo quantitativamente e qualitativamente più ampia e dettagliata. Ma i pro-positi riformatori, dopo un accenno di fervore iniziale, sembravano di molto assopirsi. Anzi, dall'insieme delle risposte che erano loro pervenute i provveditori sopra feudi nel 1773 avevano finito per concludere che in generale le popolazioni interessate rica-vavano "più felicità che detrimento dal feudale governo". Le giurisdizioni andavano mantenute, per una serie di buone ragioni tra le quali quelle economiche avevano il loro peso, e su questo sia gli avvocati fiscali Vittore Sandi e Giovanni De Albertis che il consultore e feudista Annibale Bassani concordavano pienamente. Al massimo la materia andava regolata. Si doveva vigilare sulle successioni, magari, si era spinto ad osare il professor Bassani, si potevano limitare alle prime istanze le facoltà giurisdizionali dei vassalli o sottrarre da esse "il criminale".16 Per quanto audaci, nemmeno queste erano oltretutto posizioni nuove. Prestando la sua opera circa un secolo prima, nel decennio 1670-1680, il consultore in iure a sua volta friulano Giacomo Gregoris aveva più volte sostenuto che almeno per i "feudi nuovi", quelli concessi cioè per via onerosa dal 1645 in avanti, la successione doveva essere ammessa solo per i discendenti maschi legittimi del beneficiato, con l'esclusione delle femmine e delle linee laterali, sicchè l'aspirante vassallo ideale era quello avanti negli anni e privo o quasi di prole. Mentre anche "il criminale maggiore" doveva a suo dire essere riservato ai soli tribunali statali.17 Il Gregoris era consapevole, forse fin troppo, della portata delle sue esortazioni, tanto che nel 1672, dovendo tornare in Friuli per "debito del suo ministerio", aveva chiesto e ottenuto "una licenza d'arme", con-vinto com'era di aver suscitato l'odio implacabile di tutti i castellani della regione.18 16 Ripercorre queste vicende (Fasoli, 1952, 88-90). Tutte le scritture dei Provveditori sopra feudi sull'argomento in ASV, 8. 17 Tutti i consulti del Gregoris in ASV, 6. 18 La richiesta relativa al porto d'armi, del 31 marzo 1672, in ASV, 7. 241 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 Ma si trattava di una preoccupazione probabilmente eccessiva, giacche le sue proposte, pur appunto in buona sostanza riprese, neppure un secolo dopo erano destinate ad essere completamente accolte. Senza le annesse facoltá giurisdizionali, convenivano pressoché concordi avvocati fiscali, provveditori sopra feudi e in breve gran parte dei senatori veneziani, le brame degli aspiranti feudatari sembravano di colpo rientrare, con danni all'erario immediatamente immaginabili.19 Nei territori del dominio c'era stato anche chi, come i patrizi vicentini Leoni Montanari verso la fine del '600, era giunto ad acquistare all'estero, in questo caso in Ucraina, quella giurisdizione feudale che nella propria provincia di residenza, con la cittá capoluogo arcignamente vigile per evitare diminuzioni di sorta ai propri privilegi, era assolutamente impensabile poter conseguire.20 E anche per tutto il Settecento l'esercizio di prerogative giurisdizionali sembrava continuare a costituire, specie per i nuovi nobili, una prospettiva assai seducente, capace di sancire l'approdo definitivo nelle fila dei patriziati e di mondare quasi l'origine talora scabrosa di ricchezze e fortune. Piu attente verifiche affinché la legge del lontano 1680, che imponeva la comunicazione ai rettori delle cittá capoluogo dei casi di omicidio, prevedesse sempre meno eccezioni e venisse nei fatti applicata, vigile attenzione all'osservanza delle altre restrizioni via via imposte ai giusdicenti fin dagli ultimi decenni del '500, e infine, e soprattutto, una interessata sollecitudine a seguire con estrema cura le varie successioni, optando quando possibile per devoluzioni in prospettiva lucrose. Furono queste, in buona sostanza, le principali preoccupazioni statali che emergono dalle posizioni assunte in quegli anni.21 Mentre sul piano legislativo il progetto di riforma avviato nel 1770 si concretizzo nella decisione, assunta nel 1776, di non attribuire piu "il criminale" solo alle giurisdizioni devolute e rivendute da quel momento in avanti, circoscrivendo del resto i privilegi concessi alla sola discendenza maschile e diretta del beneficiato (Codice feudale, 1780, 219-220),22 e in quella, emanata invece nel 1780, di abolire le seconde istanze, solo pero se erano state indebitamente ed arbitrariamente introdotte, e fatti pertanto salvi i diritti di quanti, non erano pochi e nemmeno erano solo in Friuli, sentenziavano in primo grado d'appello perché cio era prescritto dal tenore delle loro investiture (Codice feudale, 1780, 223-224).23 19 Numerosi e pressochè concordi pareri governativi in proposito in ASV, 8. 20 Con diploma del 27 maggio 1693 Giovanni III Re di Polonia aveva investito i fratelli Giovanni, Leone e Cristoforo Leoni Montanari del titolo di conti e della giurisdizione plenaria "della città di Ladsin nella provincia dell'Ucraina". Il 2 giugno del 1694, presentato il loro titolo ai Provveditori sopra feudi, i neogiusdicenti ottennero di essere descritti nel "Libro d'oro de' veri titolati" (ASV, 24). 21 Sono queste le posizioni che si possono evincere dalle scritture dei provveditori sopra feudi, e anche da quelle di avvocati fiscali e consultori "feudisti", a partire dagli anni 70' del XVIII secolo; ASV, 8. 22 Decreto del Senato del 21 marzo 1776. 23 Decreto del Senato del 27 luglio 1780. Non solo in Friuli erano presenti giusdicenti feudali i cui titoli prevedevano anche le seconde istanze di giudizio. Tali prerogative spettavano ad esempio anche al Vescovo di Verona su Monteforte e Bovolone o ai Morosini a S. Anna, nel Padovano: cfr. Zamperetti, 1991a, 120, 138, 187-222. 242 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 Fig. 1: Piemonte d'Istria (foto: D. Podgornik). Sl. 1: Zavrsje (foto: D. Podgornik). In quello stesso 1780, frutto del pur intenso lavoro di quel periodo, venne pubblicato il Codice Feudale della Serenissima Repubblica di Venezia, in realta una compilazione ponderosa nella quale venivano raccolte, divise per titoli e argomenti, le leggi fino a quel momento emanate e precedenti pronunciamenti in materia feudale (Codice feudale, 1780, passim.). E due anni piu tardi, dato alle stampe dai provveditori sopra feudi il 9 dicembre del 1782 dopo l'approvazione del Senato di 4 giorni prima, apparve un volume assai piu agile intitolato Leggi riguardanti gli obblighi de' giusdicenti e loro ministri, che nei documenti coevi prese da subito ad essere denominato Piano di disciplina feudale. Stampata in 2.500 copie, l'opera doveva nelle intenzioni statali sopperire ai limiti del voluminoso e ai piu sconosciuto Codice. Capillarmente diffusa in ogni giurisdizione feudale, essa doveva costituire per vassalli e sudditi una sorta di prontuario in cui entrambe le parti interessate potevano facilmente comprendere e immediatamente verificare estensione e limiti dei rispettivi diritti (Leggi riguardanti gli obblighi, 1782, 3-4). 243 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '7GG, 235-248 Suddiviso in 4 "titoli" strutturati a loro volta in vari capitoli, il Piano limitava tuttavia la propria efficacia alla diffusione piu ampia possibile di quanto fino ad allora deliberato, astenendosi invece dal prospettare novitá sostanziali. Vi si affermava, relativamente alle terze istanze, l'inderogabile prerogativa sovrana almeno circa l'ultimo grado di giudizio in sede d'appello. Ci si soffermava sulle norme relative ai vicari e ai cancellieri nominati dai feudatari, che avrebbero dovuto essere davvero addottorati in discipline giuridiche o perlomeno di provata esperienza, e neppure mancava una riproposizione "Degli obblighi in genere dei giusdicenti" (Leggi riguardanti gli obblighi, 1782, 5-18). Nessuna ulteriore riduzione di prerogative e competenze feudali compariva tuttavia ad angustiare i pensieri dei vassalli veneziani, riottosi, talvolta esuberanti, in alcuni casi decaduti in ricchezze e prestigio, magari non sempre integerrimi, ma comunque tuttora presenti negli ordinamenti statali. Anzi, l'affermazione dei Pregadi, che nell'approvare l'opera si erano sbilan-ciati ad affermare che la sua semplice comparsa avrebbe raggiunto lo scopo "di togliere l'intolerabile abuso che i sudditi viventi nelle Giurisdizioni siano a dissimile condizione di quella in cui si trovano gli altri dello Stato" (Leggi riguardanti gli obblighi, 1782, 19-20), costituiva piuttosto una pubblica dichiarazione governativa circa la fine di ogni ulteriore progetto riformatore. Che la loro fosse ormai una condizione non piu particolare i "poveri villici di Leme ossia Frattia", giurisdizione istriana dei conti Coletti, probabilmente non lo avevano compreso. Nel loro caso le indagini avviate per la redazione del catastico avevano trasformato tutte le terre in arative, sicche la percezione dei mutamenti si era risolta in un aumento delle decime dovute "al granaro di essi nobili conti". Contrapposti in giudizio ai feudatari di fronte ai provveditori sopra feudi, nel settembre del 1780 avevano oltretutto perso la causa (ASV, 20). Né dalle periodiche informative dei rettori emergeva per gli anni successivi un quadro migliore. In molte giurisdizioni, dal Friuli al Veronese, i vicari e i cancellieri designati dai titolari dei feudi, che comunque avrebbero potuto esercitare in proprio senza preparazione o competenza alcuna le loro prerogative, risultavano sovente non in regola con le recenti disposizioni. Taluni non erano laureati, altri non erano mai stati esaminati da nessuno. E ancora negli anni 90 del '700 la situazione pareva lontana dall'essere stata uniformata alle prescrizioni statali, che nemmeno parevano essere imposte con particolare determinazione.24 Cosi come dal piu generale progetto di riordino, e 24 Già il 29 settembre 1784, con un apposito decreto, il Senato era costretto a ribadire molti punti del Piano di disciplina feudale, confessando che anche la sua diffusione aveva incontrato finora non pochi ostacoli: ASV, 26. Ancora nel 179G molte delle prescrizioni governative, come quelle sull'obbligo di eleggere vicari professionalmente ineccepibili, erano ben lungi dall'essere state accolte in molte giurisdizioni feudali un po' in tutto lo Stato (ASV, 2). 244 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '7GG, 235-248 dall'osservanza di molti punti anche del Piano di disciplina feudale, taluni ottennero espressamente di essere esentati, come ad esempio i patrizi veneziani Gabriel, da secoli giusdicenti di San Polo (ASV, 4).25 Nello stato veneto di fine '7GG i piccoli principi erano ormai assai pochi.26 Certo, dando alle stampe nel 17óG lo statuto di Latisana, il consorzio di patrizi veneziani titolare di quella giurisdizione della Repubblica di Venezia, della sua Repubblica, nemmeno faceva menzione (Statuto, 176G).27 Ma tali tendenze centrifughe, rilevanti nei secoli precedenti, si limitavano ormai a qualche episodica affermazione di orgo-gliosa alterigia da parte, come nel caso dei Pisani, delle più influente casate del patriziato della Dominante.28 Sottoposti a maggior controllo, spesso costretti ad una sempre più evidente marginalità e quindi ancor più tenacemente abbarbicati ai loro privilegi, la maggior parte dei feudatari dello stato veneto apparivano tuttavia fino alla caduta della Repubblica figure residuali solo dal punto di vista economico, non ancora da quello politico e sociale. PODOBA FEVDALCA V BENEŠKI REPUBLIKI OB KONCU 18. STOLETJA Sergio ZAMPERETTI Univerza Ca'Foscari, IT-30124 Benetke, Palača Gritti, S. Marco 2546 e-mail: zamperet@unive.it POVZETEK V zadnjih desetletjih 18. stoletja so razprava in reforme na ozemljih pod beneško oblastjo in drugje gotovo postale še pomembnejše; priča smo postopni, a progresivni ponovni razpravi o vlogi fevdalcev in zasebnih sodnikov znotraj državnega okvira do te mere, da je v obravnavo zajet njihov celoten status z družbenega, če ne že povsem političnega vidika. Namen članka je zato izpostaviti glavne značilnosti tega dogajanja, v katerem se soočijo nespremenjene ambicije starih in novih fevdalcev, in ne 25 Decreto del 4 giugno 1784. Per l'origine della giurisdizione dei Gabriel, ereditata agli inizi del '500 da Lancillotto da Tolentino, cfr. Zamperetti, 1991a, 86-87. 26 Sulla situazione complessiva nei secoli precedenti rimando a Zamperetti, 1991a. 27 Sulle vicende settecentesche di questo distretto cfr. Zamperetti, 1989. 28 Sul tema si veda Zamperetti, 1997. 245 Sergio ZAMPERETTI: LA FIGURA DEL FEUDATARIO NELLA REPUBBLICA DI VENEZIA DI FINE '700, 235-248 vedno spravljiv odnos s strani države, pa tudi in predvsem drugih družbenih sil. V realnosti razprava o fevdalcih in njihovih pravicah v Beneški republiki ni povzročila znatnejših rezultatov samo na območjih kot je Furlanija, kjer je bila prisotnost raznih zasebnih sodstev večja. Zaletavanje v ovire, hipoteze, da naj snov podredimo pravemu reformatorskemu projektu ali da kar odpravimo tisto, kar nekateri imenujejo dediščino temnega veka, takoj trčijo ob pomisleke povsem druge vrste. Gospodarski interesi in temeljna politična nezmožnost soočiti se s tako obsežnimi revizijami beneške vladarje hitro navedejo k mnogo previdnejšim izjavam. Ključne besede: Beneška republika, fevdalno sodstvo, reforme v 18. stoletju FONTI E BIBLIOGRAFIA ASV, 1 - Archivio di Stato di Venezia (ASV), Consultori in iure, filza (fi.) 37-38. 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