L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. III. ANNO. Sabato 8 Aprile 1848. M 19-«©. Elezioni pel Municipio. Discorso tenuto dal fabbro ferraio Zamaria Nardin nel Meeting nostro convocato il di 25 maržo nell' osteria di Baracola in Chiarbola superiore. Giunse a nostra conoscenza il seguente discorso tenuto in un Meeting- della Contrada esterna di Chiarbola superiore. Non fa d' uopo di dire che appartenendo noi per piu ragioni a quella Contrada esterna di Trieste vi pre-simo parte, dacche le appendici della citta sono frazioni della citta medesima, ne piu ne meno delle Sezioni urbane. Aggiungiamo che avevamo diritto di intervenirvi siccome membro attivo della Contrada stessa, sebbene le occupazioni del tutto urbane potessero persuadere quel-la buona gente ad avere diffidenza. Dobbiamo attestare čhe nella radunanza di artieri fabbri, falegnami, mura-tori, facchini e contadini fu osservata la massima decen-za di modi e di parole; non uno scherno, non un odio ne contro il passato, ne contro il presente, ne contro persone fisiche, ne contro morali; non sfogo di passioni sotto pretesto di liberta, ma quella calma che e solita del popolo artiere di Trieste, bensi certa serieta che e arra di liberta. Eccolo: Amici cari, voi sapete tutti' le novita che corrono per Trieste, le aspettazioni e le speranze che abbiamo, tutto per lo meglio; e cio non puo essere altrimenti, perche non si sarebbero fatte tante allegrezze ali' udire che 1' Imperatore ha dato la Costituzione. Tutti abbiamo gridato Evviva la Costituzione e torniamo a dirlo qui tra i bicchieri Evviva l' Imperatore Ferdinando, Evviva la Costituzione. Mi chiedete cosa sia la Costituzione? Vi direi so-lenne bugia dicendo di saperlo, ma deve essere certa-mente cosa buona, perche i buoni di tutti i paesi la de-siderarono e la vollero, e masse intiere di popolo la ri-chiesero e la sostennero col sangue e colle sostanze. Io non vi so dire cosa sia la Costituzione austriaca, perche non la e ancora fatta; ma per quanto ho inteso dire da persone di sesto che studiano queste cose, la Costituzione sara il modo per assfcurare che il popolo sia governato con Sapienza e con giustizia, che sia procu-rato al popolo il miglior bene possibile, che possa mettere in pratica ed in vantaggio proprio quelle attitudini che Dio ha dato a lui e di cui e ragione che abbia a godere; che vi sia giustizia imparziale, non dico mica nelle liti da cui Dio ci liberi tutti, ma in tutti gli affari della vita; che venga lasciato a tutti di usare il loro diritto, ed iinpedito ai birbanti di fare quelle cose che vorreb-bero fare a rovina dei buoni e dei poveri. L' altro gior-no mi diceva un contadino: ora che abbiamo la Costituzione non si pagano ne imposte, ne dazi, ne debiti; ma que-sto non puo essere, perche chi ha da dare deve ben pa-gare; il Comune ha spese, ed il Comune deve avere il danaro per farle; ali'Imperatore bisogna bene che qual-cuno ne dia, se si vuole che lo stato sussista; pagare meno che si puo, tanto quanto occorre, ma pagare bisogna. No no, non e questa cosa la Costituzione che 1' Imperatore vuol dare. Volete sapere da me, perche fu voluta la Costituzione? Ve lo diro. L'uomo, vedete bene, epoca cosa in questo mondo, la vita e breve, e se leviamo la gioventu nella quale si cresce, Ia vecchiaia nella quale si cala pochi sono gli anni di giudizio vero. I corpi sociali sono tutto, prima i piccoli, poi i med!, poi igrandi; 1'uomo non e che un membro di queste famiglie nelle quali nasce, vive e muore; ma le famiglie sono quelle che durano. Se ricordiamo cosa facevamo noi da fanciulli, in verita dovremo dire che eravamo fanciulli, se pensiamo cosa diverremo quando saremo vecchi, dobbiamo dire che non saremo buoni piu che a brontolare, e ad ostinar-si che il mondo vada corne anderemo noi; vorremo le serrature come si facevano una volta con tanto di manico da graffiarsi la mano. Io * čredo che le grandi famiglie, ditele comuni, ditele provincie, ditele stati sie-no le vere persone nelle quali ognuno deve concorrere per formare la saviezza, la onesta, la giustizia, perche allora la fanciullezza restera fanciullezza, la vecchiaia, vecchiaia; e le belle qualita deli' uomo saranno poste insieme per averne frutti bellissiini, e duraturi, perche "uno da luogo ali' altro. Quando <3ico vecchiezza non intendo mica della fede di nascita, ma delle faeolta mentali; e quando dico fanciullezza non intendo mica di dire che i giovani non possano avere belli pensieri. Ora io penso che la Costituzione sia chiamata a porre in vita ed attivita la sapienza, la virtu, 1' onesta dei singoli individui, per farne sapienza, virtu, onesta del popolo intero, sia nelle frazioni minori, sia nelle medie, sia nelle maggiori. E queste qualita saranno du-rature e costanti perche il popolo si rinnova, e la rinno-vazione corregge il difetto deli' umana natura dei singoli individui. Ci vuole associazione insomma delle somme, e voi capite che 1' egoismo bisogna che sorta dagli affari pubblici, e che resti limitato negli affari privatissimi. Io čredo che la Costituzione, qualunque abbia da essere dira: ecco qui un popolo, ecco una grande farni- glia che ha bisogno di provvedere ai propri affari affin-che vadano bene; questa famiglia dee durare piu che la vita deli' uomo; il pigliare un uomo che vi provveda solo solo non va, perche succederebbe a lui di credere tutto il popolo ammalato quando gli duole la testa, e di crcderlo allegro quando egli ha allegria, di volere che tutti piangano quando e di mal umore, e che tutti bal-lino quando e di estro; io čredo che la Costituzione dira, vengano la scienza, la probita e la onesta del popolo medesimo a muovere la grande famiglia, e si mandino persone che abbiano queste qualita per fare che il governo cammini come e bisogno che cammini, e che l'Imperatore senta la voce del popolo netta e bella, e possa anche lui far stare a dovere i ministri che vo-lessero comandare un poco troppo, e senza giudizio. Sento dire che vi sia pericolo che lo Stato si sfasci; io non lo so, perche non arrivo tanto in alto, ed io non leggo i foglietti. Non lo čredo, qualcosa se ne andra, o se ne e andata, ma non andra tutto; e se cio vera-mente minaccia mi pare necessita che diamo una mano ancor noi per tenere insieme, perche altrimenti diranno che siamo come le oche che gridano, gridano e non sanno ne camminare, ne mordere, e potrebbe avvenire che sieno prese, pelate, arrostite e pappolate, cio che non mi pare poi cosa che a noi stia bene. Anzi dobbiamo far si che non succeda, e conviene che pensiamo ai časi nostri. Io so che in Vienna si chia-meranno deputati delle provincie per vedere cosa si ab-bia a fare per questa Costituzione, e per questo riordi-namento; sento che in Germania bolle qualcosa, che si vogliono fare combinazioni, che so io; anche noi dobbiamo avere voce in capitolo, ma per prendere parte conviene che siamo prima formati nella nostra famiglia, che se no diranno che siamo nell'anarchia. Io non sapeva cosa volesse dire tale parola, ma il nostro Mattia, che fu per diversi anni tamburo, mi spiego la faccenda. E cosa piacevole udire il suono di una banda, ogni suonatore suona il suo stromento indipendente dal suo vicino, ma tutti hanno lo stesso spartito, e vi ha un Capelmei-ster che non comanda ai suonatori, ma batte il tempo, e quando lo batte ne sorte musica che consola le orec-chie, e muove 1' anima. E quando invece ogni suonatore suona quelIo che vuole ne sorte una certa musica che strazia gli orecchi. Io čredo che prima di pensare agli alfari nostri del di fuori, conviene pensare agli affari nostri del di dentro, e che se la Costituzione deve avere un effetto, e giusto che cominci nelle cose che piu dav-vicino toccano il popolo nostro, e čredo che noi non abbiamo tempo a perdere — sapete la canzone del giorno; e. troppo tardi, e troppo tardi. Mi hanno detto che per i principi di ogni Costituzione il popolo doveva avere voce in capitolo e nelle cose proprie e nelle cose di tutto lo stato; questa Costituzione generale si dara appena, ma io so che per Trieste 1' Imperatore Ferdinando aveva dato una Costituzione Municipale propria. Mi dissero che era pianta la quale non poteva fiorire: pazienza, purche non sia mor-ta; perche altrimenti dovremo prenderne un' altra, e non so se abbiamo tempo da fare scelta di piante, mentre il tempo stringe, e non si puo cosi presto andare d' ac-cordo su quale pianta si voglia. Onesta Costituzione mu- nicipale non e abolita, perche 1' Imperatore stesso ordino che fosse conservata, le persone che componevano la rappresentanza se ne sono andate, e se non andavano colle buone avrebbero dovuto andare colle brutte, requie-scant in pace, amen. Veramente non capisco come nel momento in cui 1' Imperatore pronuncia che il popolo deve prendere parte al governo, qui anzi abbiamo scacciato dal governo i rap-presentanti del popolo; basta quello che e successo e successo, e non si puo fare che non lo sia. Io ho letto 1' ordine deli' Imperatore e dice, fino a novello regola-mento restino le leggi come sono, e cio mi pare buona f cosa; si fa piu presto ed e piu facile il disfare che il fare; chi ha bisogno di carro non abbrucia il vecchio . fino a che non ha in mano il nuovo, perche va a ri-schio di restarne senza. Io so che si eleggera un nuovo Consiglio* e che questa elezione verra fatta dal popolo; cio e giusto. Oue-sto Consiglio deve lavorare per noi, bisogna dunque che sia mandato da noi; non so se chiameranno a dare il voto anche noi della campagna: in numero siamo un terzo di quelli di citta; anche noi abbiamo possidenza, abbiamo industrie, ed in caso brusco noi abbiamo da perdere assai, perche non sapremmo dove andare, ne pos-siamo trasportare le nostre čase sulle spalle come le lumache, e perche gli abiti della citta non sono adatti sempre alle nostre spalle. Io spero che qualcuno dei nostri possidenti sara mandato al Consiglio, per due ra-gioni, 1' una perche altrimenti non si provvederebbe ai bi-sogni della campagna, se nessuno sapesse dire quali sieno, 1' altro perche non e giusto nč savio che ci facciano ballare aila musica altrui. Prepariamoci dunque a dare i nostri voti. Ouando sarem chiamati avotare ricordiamoci prima di ogni altra cosa di Dio, di quel Dio che ci čhiedera conto di ogni nostra azione; ricordiamoci del nostro prossimo che dobbiamo amare, t; che ameremmo di cattivo amore, se mandassimo rappresentanti che non avessero la capacita e la volonta di fare il loro debito. Pensiamo a Dio, pensiamo al prossimo, pensiamo ali' Imperatore ed agli altri paesi. Perche se manderemo persone incapaci e cattive, dira 1'Imperatore: hanno voluto la liberta, gliela ho data, e non sono capaci di usarla; diranno gli altri paesi: hanno detto di essere liberali, e poi fanno vedere che hanno bisogno di essere guidati col bastone anzi che colla ragione della quale abusano. Ricordiamoci nel dare il nostro voto il supremo precetto, ama e temi Dio sopra ogni cosa, ama il prossimo come te stesso. Troveremo molti che ci diranno: date il vostro voto a me; vedrete come io sapro fare per voi; —e brighe-ranno anche con mezzi disonesti; noi non venderemo certamente i nostri voti, ma agiremo con timore di Dio, e con liberta di pensiero; — chi compra i voti e tiranno, chi li vende e schiavo; noi non vogliamo ne tirannie, ne schiavitu, ma vogliamo essere liberi ed onesti. Qual-cheduno lo fara, perche il male sara sempre a questo mondo; se il male e di alcuni individui laseiate che faccino, renderanno conto a Dio; ma se il male e generale, allora ci dobbiamo muovere perche il male sarebbe deli' intera citta. Vi saranno di quelli che ci diranno: date il voto a quel tale che e un vero patriotto; — ma noi ci guar- deremo bene di "agire contro la nostra coscienza per le insinuazioni di qualcheduno. Nell' umana famiglia, ognu-no ha risponsabilita insolidaria con tutti per tutte le cose che sono pubbliche, risponsabilita per i viventi e per i posteri, perche questa famiglia deve essere con-servata e migliorata. Ed e percio che non possiamo mica dare il nostro voto a chi meglio ci piace, al nostro compare, od al nostro vicino, al nostro collega pel motivo che siamo amici; oibo conviene che lo diamo a quelli che sono meritevoli di averlo. Se dovessimo scegliere una compagnia di soldati non potremmo mandare gli storpi, i zoppi e gli orbi; cio sarehbe contro ragione, e la Costituzione vuole anzi che trionfi la ragione e non che cessi. Mi direte tutti siamo buoni, tutti siamo eguali; si vi diro, ma tutti non sappiamo suonare l'organo, e sarebbe una bella musica quella di chi non suona lo stromento; guaste-rebbe fino le canne e poi dovremmo comprare un nuovo e finire col prenderne uno che sappia suonare. No, no, abbiamo si diritto di mandare deputati, ma abbiamo obbligo di mandare persone che sappiano e vn-gliano fare; la legge sapientemente vuole che gli eletti debbano essere capaci ali' officio loro e che debbano essere onestuomini; un incapace rovinerebbe, un birichino venderebbe; la Costituzione vuole che la liberta si fondi sulla giustizia e sulla sapienza. Credete voi che la Chiesa avrebbe benedetta questa desiderata instituzione se non dovesse essere cosa giusta e santa? se dovesse alfincontro divenire opera di ambizioni, di passioni, di cattive intenzioni? Certamente che no. Mandiamo dunque persone capaci, e persone oneste che abbino limore di Dio, ed amore degli uomini. II Comune di Trieste non e mica come un Comune di campagna per governare il quale bastino le menti di qualunque; il Comune di Trieste non e mica come quel-li di cittfi che esistono da secoli, ne' quali basta il con-servare cio che esiste, e riformarlo secondo 1' esigenza dei tempi, dove l'esperienza di secoli e norma sicura; nel Comune di Trieste si deve ancora formare tutto, vi sono interessi locali, provinciali, europei, tutto e sul prin-cipio—il fare non e facile, peggio se dovremmo comin-ciare col provare questo, col provare quello, ed appren-dere 1' amministrazione facendo esperimenti a spese di noi tutti. Imitare altri paesi? Io čredo che si deve fare lo stivale secondo la gamba ; ogni stivale non e buono per ogni gamba, sebbene tutti abbiano ganibe, e tutti vogliano portar stivali. Noi dobbiamo mandare gente onesta, gente integra. Tutte le amministrazioni ed in tutti i tempi hanno ri-chiesto, richieggono e richiederanno, che quelli i quali si occupano delle pubbliche cose sieno persone di vita onesta; una volta la probita della vita e 1' integrita della farna venivano provate coll' attestato del Capo Contrada, segnato, vidimato con assai sigilli; colla fede di raspa, di non essere stato condannato ecc. ecc. Ma la Costituzione Municipale che Ferdinando ha dato al Comune di Trieste or sono jdieci anni, ha voluto pei Consiglieri municipali la notorieta e la lealta degli elettori. Gli elettori speriamo di essere noi, e noi in buona coscienza non dobbiamo mancare a questo obbligo, secondo cio che sappiamo di certa scienza, quand' anche non si possa sempre dirlo a voce alta; non possiamo mandare persone che si macchiarono • per avidita, per illecite mene, quand' anche fortunate; persone che non hanno ne fede, ne legge, che oggi sono d' un colore, domani di un altro, o sempre pensarono per se. A noi corre obbligo nelle elezioni di mandare persone che abbiano da far cammi-nare gli alfari, non gia che abbiano a sospenderli od a tirarli in lungo. Non istate a credere che la Municipalita sia come una sala da caffe, o da radunanza, dove tutti parlano per diritto o per rovescio, sappiano o non sappiano di queIIo che parlano; la Municipalita e un corpo che ha 1'amministrazione virtuale del Comune; e chi ha da esercitarla, conviene bene che conosca le cose del Comune e 1'amministrazione. Avreste piacere voi, se avendo da chiedere alla Muniripalita cosa che sta in nostro diritto, la vostra domanda venisse decisa da persone che non sanno un ette di questo diritto? Mi direte — faranno quello che loro parera meglio. — Si cid salvera le loro coscienze, ma non le nostre, ne salvera i vostri interessi. Mi direte ci sono i legali, ma io vi rispondo che non ci e obbligo di mandare legali perche sono legali, ma si possono prendere fra i legali come fra altri distinti per intelli-genza quelli che conoscono il diritto amministrativo. II Comune ha il suo Procuratore, mi direte, che provveda lui per questo. Ma io vi rispondero, il Procuratore non e impiegato, il Procuratore non ha paga, ma un piccolo onorario; esso attendeva al diritto amministrativo sol-tanto quando non c' era Consiglio; dopo fatto il Consiglio il Procuratore non attende che alle consulte ed alle cose di diritto civile; del diritto amministrativo esso non ha obbligo di occuparsi, ne potete cio esigere da lui. Abbiamo da mandare gente da testa fredda o gente di testa calda? Ne tutti degli uni ne tutti degli altri il calore dei caldi animera la posatezza dei tranquilli, la posatezza di questi moderera il calore degli altri, e ne sortira la temperatura che occorre per trattare gli alfari. Abbiamo da mandare persone che sieno tutte dello stesso pensiero? Allora non occorrerebbe piu consiglio, basterebbe un uorno solo e tornereinmo al sistema che ci era in-solfribile. Se il consiglio deve rappresentare la citta, conviene che nel consiglio vi sieno quelli stessi elementi che sono nella citta. Se non vi e 1' attrito delle opinioni entra subito la sonnolenza. Abbiamo da mandare anche quelli deli' ex - municipalita? Ognuno faccia quello che črede secondo coscienza. Perche quel Consiglio fu deposto non ne viene mica che non fossero capaci o che non fossero onesti, solo vi ricordo che in alfari di tanto momento non dobbiamo avere ne antipatie ne simpatie, dobbiamo mandare" gente buona, e gente che sappia fare, perche non abbiamo tempo di aspettare che studino appena le ordi-nanze e le leggi del nostro Comune, e che si abituino alle forme di libero e tranquilIo parlare. Noi dobbiamo mandare un terzo di possidenti. Pensiamoci bene perche non e mica possidente quello che tutto il giorno si oc-cupa di altro per sostentare la vita, o che tratta la pos-sidenza come una mercanzia che oggi compra e domani vende. Io intendo per possidenti quelli che precipuamente vivono di rendite. Sapete perche ci vogliono possidenti? ve lo dico subito. Nel 1809 capitarono i Francesi e po- sero la contribuzione di cinquanta milioni, si signori, cinquanta milioni. Quelli che avevano le loro forlune in portafoglio, se la svignarono, chi scappo a diritta chi a sinistra, ed i cinquanta milioni cascarono sui possidenti che non potevano portar via le čase ed i campi, sugli artigiani che non avrebbero saputo dove andar a fare il mestiere; e noi poveri cani abbiamo dovuto pagare anche per gli altri che avevano debito e mezzi; siamo di-venuti allora si poveri che l'erba cresceva per le strade. Credete che non vi sieno tanti puri puri possidenti? Eh so ancor io che non sono assai, ma ve ne sono; almeno mandiamone quanti possiamo. Dobbiamo mandare un terzo di negozianti, e cio e giusto; questa citta e citta mercantile, ed il četo mercan-tile e preči puo. Mi direte non hanno lo Borsa dove ra-dunarsi e dove e rappresentato il commercio? Vi diro la borsa e sollanto per gli afTari e per gli interessi mer-cantili, ma il negoziante oltre di essere negoziante, e anche cittadino; oltre di avere interessi mercantili, ha anche interessi cittadini; e se alla borsa i negozianti sono chiamati per trattare gli alfari di commercio e giusto che vengano chiamati in consiglio per trattare gli alfari cittadini. Mandiamo negozianti, ma ricordiamoci che dovendo occuparci di cose cittadine, conviene che abbiano anche interessi cittadini, perche altrimenti non saprebbero cosa rappresentare nel consiglio; la borsa non verra mica disfatta. Dobbiamo anche mandare un terzo di persone che sieno distinte per coltura della inente, e per amore e conoscenza di questa patria nostra, e che abbiano titolo a benemerenza pubblica, e che possono mancare e di possi-denza e di commercio. Vedete! questo e progresso! La sapienza e 1' amor patrio innalzati ad elemento sociale! chiamati a concorrere nella pubblica anuninistrazione! Io non comprendo il motivo perche questa cate-goria sia stata divisa in tre sezioni, di avvocati, di medici e di altri che non sono ne 1' uno, ne 1' altro, perche potrebbe darsi che la sapienza e la carita patria emi-nente si trovino anche in una sola di queste tre suddi-visioni, o manchi in una. Non vi crediate gia che si chia-mino due dottori di legge per trattare le liti: oibo il Comune ha il suo avvocato; ne che si chiamino i medici per consultare di malattie: oibo il Comune ha i suoi medici; ne si chiamino gli ingegneri perche facciano dise-gni e progetti: oibo il Comune ha i suoi ingegneri; il Consiglio non puo mica essere ne una radunana per af-fari agricoli, o di possidenza, ne una borsa mercantile, ne un consulto di dotte facolta, ma una radunanza di persone esperte deli'amministrazione e dei bisogni del Comune, cavata dai vari ordini del Comune nostro. Io pen-so che si tolgano questi deputati dal corpo dei Iaureati, perche 1'educazione scientifica che hanno avuto, ha reso loro o propria o facile la conoscenza della cosa pubblica. Ma anche senza la laurea si puo essere addottri-nati nelle cose del Comune e nella sua amministrazione, e percio si vollero due che possono essere di qualunque classe, ed anche di nessuna; due che sieno distinte anche per eminente amor patrio. Mi direte, cosa e questo amor patrio? Amor patrio non e gia il declamare contro chi am-ministra od ha amministrato, ed amministrera, non e gia la perpetua censura di cio che si fece e che si fa e che si fara, non e gia il mormorare degli altri ed il piagnu-colare che le cose vanno ed andranno in peggio. Amor patrio e il porre sotto le spalle, affinche il carico sia portato a salvamento, e 1' agire con sagrifizio di se me-desimi per giovare agli altri, 1' agire con coscienza senza speranza di premio, senza spavento di biasimo ciar-liero, per puro amore della citta, nelle cose che sono cittadine. Ouesto io penso che sia amor patrio. Mi chiederete cosa sia questo titolo a benemerenza pubblica. Ouesto non e mica 1' avere speculato sul comune o 1' avere fatto propri affari a danno di quello, ma sibbene 1' avere fatto qualcosa con proprio sagrifizio d' interesse di tempo e di fatica per promuoverne il van-taggio comune sia con imprese mercantili od industriali, sia con le arti, con le scienze, col dilfondere la civilta, col procurarne l'estimazione ed il decoro della patria, coll'e-sercizio delle opere di carita verso il prossimo e verso la patria. Dovremo noi mandare tutti triestini, o tutti di altri paesi; io čredo che non convenga fare ne 1'uno, T altro; stiamo alla legge che dice clomicilio stabile', perche se manderemo tutti di altro paese penseranno per il loro, non per il nostro, e se mandiamo triestini non sara rappresentata tutta intera la citta; come e la citta, cosi sia il Consiglio, nessuna sproporzione. Mi direte vogliamo tutti cittadini — adagio — se per cittadino intendete 1'abitante della citta, non mi pare giusto di volere con questa parola escludere 1' abitante della campagna, dacche il Comune e uno ed indiviso; lo zappatore non puo essere preso, non gia per essere zap-patore, ma perche della pubblica amministrazione, del nostro governo municipale ne sa tanto quanto io delFAra-bia; se poi per cittadino intendete quello che ha assunto o per dichiarazione o per fatto di stare ai pesi ed ai vanlaggi di questo comune, allora 1' e un' altra cosa. Ho inteso tante volte dirsi da qualcuno —concittadini miei— ho preso nota del nome, sono andato a vedere se sieno stati fatti cittadini, se hanno dichiaratg di volerlo essere, e non li ho trovati sui registri; anzi ve ne erano che nemmeno avevano la carta di permanenza, liguratevi poi il decreto che li ammette cittadini, o che ammetta il loro domici-lio; possono andarsene quando vogliono, e lasciare gli altri che si grattino, e dieno fuori cio che occorre. Ho guardato se avendo ricreduto di dichiararsi cittadini o domiciliati, si possa ritenere che sieno domici-liati a motivo delle loro occupazioni; oibo, occupazioni per la pagnotta, erano in eta che si dice scapola, di va e viene; domani se piove pigliano 1' ombrello e se ne vanno ove vi sia da manducare; il resto tocca a noi. Non badate alle parole, state ai fatti, non sbaglierete nel riconoscere quelli che sono cittadini, la e facile, sono cittadini quelli che vogliono partecipare al nostro bene ed al nostro male, e che vogliono lavorare per la patria. Nello scegliere, scegliete quelli che se hanno da guadagnare nella prosperita della citta, vi hanno anche da perdere nelle sventure; non accaderanno sventure, ma possono accadere, ed abbiamo veduto certe epoche, e ne abbiamo provato gli effetti. Scieglieremo anche iinpiegati? La legge lo vieta, ma intendiamoci, io čredo che sieno impiegati quelli che esercitano un potere pubblico, mica quelli che esercitano una professione pubblica; quelli che hanno paga, pen-sione, diete, quelli che hanno dato il servigio di tutta la loro persona ad altri, e che non possono disporre del loro tempo, e che possono essere influenzati nella loro volonta. II servigio della Municipalita e gravoso, si esige molto tempo, e molto Iavoro, se i municipali non vo-gliono limitarsi a dire sempre di si, od a credere che sieno li soltanto per fare le cose in furia in furia. Io ho inteso dire da persona pratica di silfatte cose, che nella passata Municipalita spesso si trasportavano le sedute, perche mancava il numero legale; i medici non possono dire alla malattia, tornate domani; ne gli impiegati possono abbandonare il loro officio; ne le persone in servigio possftno dire al loro principale, questa mattina vado in Consiglio. Non mandiamo persone le quali abbiano interessi personali col Comune, perche questo tale soster-rebbe la causa; sapete il proverbio vicino agli occhi, vicino al cuore; e questo non e giusto, perche altret-tanto dovrebbero poter fare tutti quelli che hanno qual-che interesse che si tratta in Consiglio. Amici quando saremo chiamati a votare ricordia-moci di cio; noi non brigheremo, noi non ci lascieremO' comprare, noi non compreremo, ma agiremo con co-scienza e con liberta, noi non diremo alzatevi perche io mi ponga a sedere, noi non ci lascieremo guidare ne da odi, ne da prevenzioni, ne da maldicenze, ne da pane-girici, noi ci sovverremo di essere uomini, e rispettereino in noi medesimi la nostra dignita, noi non ci scorderemo di essere liberi, e mostreremo col fatto di esserlo; noi vo-gliamo instituzioni e non guarderemo in faccia a persona; noi faremo che il Comune abbia la sua rappresentanza libera, onesta, sapiente; e faremo che vi sia ordine, e se occorre a mantenere questo saremo pronti per dare una mano, e, se piace a Dio, non debole. Noi sceglieremo persone oneste, e che sappiano fare, e noi non avremo ad arrossire delle scelte che faremo, perche le sedute saranno pubbliche, e divulgate colle stampe le discussioni e le deliberazioni, ed il pubblico ne giudichera (ed ha diritto di giudicare, perche altri— menti a porte chiuse ognuno puo fare da municipalista e poi dire io fui di altra opinione) e dobbiamo sapere se i nostri deputati faranno il debito loro, e se penseranno di essere padroni invece che mandatari; se devono trat-tare i nostri interessi e giusto che vediamo se trattano i nostri od i loro privati, cio e ben ragionevole; padroni non ne vogliamo. E fatto che sia il Consiglio, esso provvedera alla salvezza ed alla prosperita del Comune, delle nostre proprieta, dei nostri commerci, delle nostre cose pubbliche, alle quali e tempo di pens^re. Intendo quaIcuno che dice: eh! Ie belle parole! quando sono nominatij sono nominati, e si lagni pure chi vuole. Cio non va, perche se noi esercitiamo un potere dobbiamo esercitarlo con ragionevolezza, altrimenti man-chiamo al debito di uomini. E poi, credete che un Consiglio di inabili non verrebbe sciolto per comporne altro? Guardate cio che avviene in altri luoghi; e con ragione. Se p. e. noi mandassimo per nostri deputati tutte persone sorde, o tutte persone mute, converra bene rimandarle a časa, e prendere gente che abbiano orecchie e lingua. Cosi anche delle facolta dello spirito, e delle doti del cuore. Io non so a chi sar& poggiato il diritto, ed il do-vere di esaminare le validita e la regolarita delle ele-zioni, e vegliare che la legge sia osservata; ma io vi so dire che cio dovra introdursi perche questa e indispen-sabile necessita. Supponete che uno dei nostri deputati divenisse imbecille mentre e in carica, o diventase inetto per difetti morali, convien bene che qualcuno abbia 1' ob-bligo ed il diritto di dire — quest' uomo non e piu atto a fare da Consigliere municipale — anche se tutti per riguardo o per delicatezza preferissero di tacere, pen-sando uno meno non importa; ma io vi dico che una mosca guasta 1' unguento dello speziale. Supponete che un' elezione seguisse per violenza, per minaccie, per cor-ruzione, questa elezione sarebbe nulla, perche non libera; la liberta deve essere mantenuta, e non puo tollerarsene abuso, e convien bene che vi sia un corpo, una commissione, che so io, la quale dica questa elezione non val niente. Mi opporrete, che razza di liberta e mai questa, che non si puo fare quello che si vuole, che vi sono tanti limiti e tante clausole? Ed io vi rispondo — anche le vostre azioni sono libere ma perche sieno morali dovete astenervi da questo, dovete pensare a quello, e non po-tete fare tutto quanto vi viene in testa, e nonostante voler entrare in paradiso. La liberta deve essere onesta e sapiente, e per averla conviene ponderare colla mente, sentire col cuore, conviene che cosi facciano quelli che agiranno per noi. Un mio collega d' arte mi raccontava che in certo paese quando tengono radunanze, cominoiano e finiscono col pregare; 1' uso mi pare buono, la religione deve essere guida in ogni cosa onesta; noi che non abbiamo tuono di mostrarne noncuranza, noi che non abbiamo bisogno di ostentarla, ricorreremo a lei, se cosi a voi piace, fanche in questo luogo, perche la occasione ci scusa, levate il cappello, alzatevi e preghiaino: Signore, che nell' inarrivabile vostra sapienza creaste 1' uomo perche viva in societa, e questa avete disposta per modo che le facolta dei singoli vengano a fonnare il complesso, Signore che ci avete impresso nel cuore il debito di amare il prossimo come noi stessi, e nei vostri sanli precetti 1' avete manifestato a cio che sia se-guito; voi che avete permesso che questa citta sorga ad emporio, e cresca in prosperita, che le avete donata la saggezza mercantile; voi coinpite 1'opera ora che abbiamo bisogno della saggezza civile, benedite il nuovo ordinamento di liberta, nelle intenzioni, nelle opere, nei frutti. Fate che la sapienza civile cresca e maturi a fine che ne ridondino gli effetti di carita, di prosperita, non in noi soli, ma per tutto il tempo avvenire, in tutta la nostra famiglia sociale, della quale siamo membri deboli transitori. Inspirate la sapienza ai nostri rappresentanti, a fine che nella varieta dei pensamenti, si appiglino a cio che deve essere di salute durevole e di prosperita; difTondete lo spirito di pace, e di concordia, teneteci anche nel novello ordine di cose in quella santa custodia e protezione, per la quale surse e crebbe questa citta emporio delle genti; dateci forza di superare le passioniacui venissimo trascinati per la fragilita dell'u-inana natura. Fate che nei consigli nostri regni il santo timor vostro, la carita, la mansuetudine, la tolleranza. Amen. Dedizione di Trieste alla Časa d'Austria. La dedizione di Trieste alla Časa d' Austria fu avvenimento importantissimo nelle nostre storie, perche incomin-ciamento di un' era che segnata fino dal principio con leale fedelta vide nell' ultimo secolo che ci precede compirsi colla creazione di un emporio mercantile di primo rango, il qual da esistenza, lustro e farna aH' odierna citta. La citta di Trieste che aveva 1' imperio, la podesta e la magistratura di se medesima riconosciuta nella pace di Torino, poteva a buon diritto darsi a Signore di suo piacimento; e pochi stati o provincie possono mostrare come Trieste il patto volontario con cui si diedero suddite a principe, dacche il diritto di principato venne assai spesso da con-quista, da dote, da cessione, modi nei quali la volonta del popolo viene solitamente del tutto appartata. Potrebbe chiedersi a ragione, se Trieste col dare ai duchi di Austria 1' imperio e la potesta, sia .venuta nella Časa d'Austria anche la sovranita su Trieste, ma conviene riflettere alle circostanze, perche nel medio evo nel quale avvenne la dedizione, la sovranita ridu-cevasi a potere quasi impercettibile per la preponderanza dei comuni, delle provincie, dei baroni formatisi a po-tentati, tutti aventi le regalie maggiori, quelle regalie poi si ritennero inseparabili dalla maesta del Sovrano. Certo si e che niun indizio si ha nel secolo XIV di una giurisdizione qualsiasi, di grande potentato, e che almeno di fatto poteva Trieste ritenersi totalmente emancipata da piu antichi legami; i privilegi di cui vennero insigniti i duchi d'Austria dagli imperatori, e le condizioni di que-sta Augusta Časa erano tali, che la sovranita era in loro mano identica col dominio. Per compiacere a qualcuno diamo in oggi 1' atto di dedizione nel testo originale latino, ed in traduzione ita-liana. A quelli fra i nostri lettori i quali dali' atto di dedizione amassero trarre argomenti di odierni quesiti, fac-ciamo ricordo che ali' intelligenza di quest' atto occorre premettere conoscenza delle condizioni del diritto pubblico ed amministrativo di allora ben diverso dal presente. Ouell' atto rimase bensi integro per molti secoli e ri-guardo al reggimento del comune, e riguardo alle cose di finanza e di economia; ma i precipui cangiamenti re-cativi avvennero in due tempi e per ragioni diverse; nei tempi in cui 1' emporio prese sviluppo e per ragioni mer-cantili, essendo avvenuto che il sistema delle dogane, dei dazi, dovette essere cangiato con detrimento dell'E-rario civico al quale mancarono i numerosi dazi, con-centratisi in quello del vino e cio per dare giovamento al commercio: 1' altro cangiamento si opero quando ria-vuta Trieste, fu nel novello ordinamento del tutto amal-gamata ed equiparata ad altri paesi pel sistema preva-lente di fusione col corpo precipuo deli'impero; princi-cipio di equiparazione che e riconosciuto dai tempi moderni. Ouest' atto di dedizione non puo venire giudicato cosi isolatamente, ma deve porsi in concordanza con tutte le instituzioni di allora. Abbiamo altra volta in-dicato come Trieste sebbene con perfetta autopolitia conservasse dei legami provinciali coll'Istria; la dedizione di Trieste mostra nella carta medesirna, come la dedizione fosse suggerita anche da cio che la Časa d'Au-stria possedeva la Contea deli' Istria. Difatti nei secoli successivi fu sempre compreso sotto il nome di Istria Au-striaca, Trieste e Pisino nelle opere di dotte persone ed anche di indotie, e cesso questa generale credenza soltanto nei tempi vicini a noi, quando alle idee di antica geografia e di geografia naturale subentrarono altre, che poi oscillarono fino a credere che Trieste fosse qualcosa di affatto da se, ed isolata per cio che riguarda la provincialita. Nel precedente numero abbiamo mostrato cosa si intendesse per distretto triestino; la sua estensione al tempo della dedizione non era gia limitata alle ville di Opchiena e di Basovizza come e oggidi, ma abbracciava altre ville, in alcune delle quali il desiderio ed il biso-gno di essere riunite a Trieste si manifesto piu volte, ad anche in tempi recentissimi, perche le ragioni di agro alimentare prevalgono alle ripartizioni di amministrazione politica. Al tempo nel quale la citta di Trieste si diede alla Časa d'Austria dipendevano da lei le ville che abbiamo indicato nel primo anno di questo giornale (pag. 159); 1'estensione del territorio era doppia del presente; il comune che si dava in dedizione non era si piccolo, e prescindendo dalla importanza per le cose di inare e pei commerci, non era nei pensamenti di allora acquisto indifferente, meglio se si ponga mente che poco distante da Trieste v' erano gli altri possedimenti della Časa d'Austria nell'Istria, contermini i possedimenti sul Carso e sulla Piuka, due regioni che altra volta appartenevano alla giurisdizione di Trieste e che allora non si consi-deravano come parti integranti od appendici del ducato del Carnio. Ouali relazioni di provincialita conservasse Trieste col Marchesato d'Istria, non le conosciamo; le citta della costa istriana sebbene non avessero mai 1'autopolitia come Trieste e fossero in dipendenza amministrativa del Marchesato, allorquando si diedero in dominio dei Ve-neziani si emanciparono totalmente dal Marchesato, al quale la Repubblica Veneta dava un' indennita in dan aro e questa aneora assai mesehina. Caduto il Marchesato, i Veneziani non ne assunsero il titolo; ma questo titolo fu ripristinato allorquando 1' Istria gia Veneta passo in potere deli'Austria; il titolo di Conte non venne piu usi-tato, meno poi quando la Contea che prese nome di Pisino, passo per vendita in condizione di Baronia, ed in mani private; col titolo diMarchese crediamo ripristinato legalmente la condizione di provincialita, non solo come era nel medio tempo, ma altresi come era nell'antichita. Le quali condizioni antiche non sarebbero autore-voli se non fossero frutto di lunga esperienza, madre del sapere. Qiiesta provincia d' Istria e da Dio confor-mata per costituire una sola provincia, il mare, i monti la circondano per guisa che da altre e distinta e sepa-rata; quelli che sono di favella italiana parlano lo stesso dialetto, perche di la di Duino si parla il friulano, tutto intorno lo slavo; le convenienze economiche richieggono che stia unita; una citta se non grande, certamente non piccola, e che si spera avviata a destini maggiori e nella provincia medesima, questa sola citta e piu che bastante aila provincia, e nel suo aumentare fa possibile una mi-gliore prosperita nella provincia stessa; assai cose sono comuni nella provincia, le quali fuori di questa sono straniere, abbiamo le nostre glorie letterarie tutte nostre, che sdegniamo di dividere con altri, la celebrita antica che equiparo v Istria, sebbene minore di estensione, ad altre ben maggiori provincie, i monumenti deli' antichita, tutto persuade a stare uniti, ed a sentire il nobile orgo-glio di essere provincia da se, anzi che il mercare ser-vilmente di essere accettati ma non creduti di altra provincia. Antiche relazioni possono molto nella memoria, ma piu devono potere sulla ragione il sentimento di nostra provincialita, la conveliienza delle nostre economie, la divisione ci .annulla e ci fa spregevoli anche agli oc-chi di quelli che da Silfatte divisioni saprebbero trarre profitto. Nel nome del Signore, Amen. Noi Leopoldo per la grazia di Dio Duca d'Austria, Stiria, Carintia e Carniola, Signore della Marca e di Pordeuone, Conte di Absburgo, del Ti-rolo, di Ferrete e di Kiburgo, Marchese di Burgovia e di Treviso, Landgravio di AIsazia. Riconosciamo e confessiamo per Noi, pei nostri eredi, e pei nostri successori presenti e futuri, che i nobili, sapienti e fedeli a noi dilettissimi, il Comune, il Consiglio ed i Cittadini della citta di Trieste, conside-rando i carichi grandi ed insopportabili della citta, e le oppressioni, che ebbe a sofTrire finora per il frequente cangiamento di dominio siccome e notorio; considerando che i patti e le convenzioni coi quali diedero al patriarca di Aquileja, il Reverendissimo Padre in Cristo Mar-quardo or defunto, ed aila sua chiesa la citta ed il distretto di Trieste sieno stati manifestamente violati ed infranti; considerando inoltre che confinando alcune terre e distretti e domini nostri col loro territorio possiamo difenderli piu validamente che qualunque altro principe e potentato; considerando precipuamente che alcuni progenitori nostri di buona memoria godevano nella citta di Trieste buoni diritti e li esercitarono, i quali non im-meritamente si rinnovano in noi per successione eredi-taria; hanno inviato gli onesti e sapienti Adelmo dei Petazzi, Antonio de Domenico, e Nicolo de Picha Pro-curatori della citta e del distretto di Trieste, Sindici, Nuncii ed Ambasciatori a cio legittimamente ed insoli-dariamente costituiti con pienezza di poteri chiamando Noi in loro vero e naturale Signore e Principe e coll'a- I iuto di Dio in precipuo difensore della detta citta, dei castelli di lei e del distretto, degli abitanti e dei distret- . tuali, siccome appare da pubblico slromento del comune e della citta di Trieste sigillato col sigillo della Comu-nita, e consegnatoci dai sopradetti Procuratori e Sindici: Noi Duca Leopoldo riconoscendo come benefizio grazioso la placida loro obbedienza abbiamo accettato ed i ammesso gli infrascritti articoli modi ed osservanze con essi loro e con tutti gli abitanti della citta e del distretto, siccome qui sotto si contiene. I. Che Noi, gli eredi e successori nostri dovre-mo governare, mantenere, e difendere la citta ed il distretto di Trieste, ed i castelli, tutti i cittadini e gli abitanti, i loro beni e possessioni in qualunque parte si trovino contro qualunque persona, siccome facciamo degli altri nostri fedeli e sudditi, e siccome abbiamo con-suetudine di fare; che non venderemo la predetta citta di Trieste, i di lei diritti e pertinenze a nessuna persona fisica o morale, ne li obbligheremo, affitteremo, daremo in enfiteusi o feudo in qualsiasi modo; anzi che non alieneremo dalle nostre mani e potere la citta, i castelli, il distretto dovendo rimanere in perpetuo inviolabilmente attaccata al Principato' e titolo dei Duchi d'Austria. Noi Duca, i nostri eredi e successori avremo ed abbiamo il diritto di preporre aila citta di Trieste il Capi-tano a nostro beneplacito, quantunque per le usanze il Capitano della citta si potesse cangiare ogni anno; ve-nendo riservato a Noi, ai nostri eredi e successori, di tenere in carica il Capitano fino a che piace a Noi, a meno che non sia meritevole di venire cangiato per cau-se ragionevoli. II Capitano da Noi deputato dovra tenere presso di se due Vicari idonei periti dei sacri canoni e delle leggi civili siccome compagni, e tenere famulizio come e dis-posto dagli statuti e consuetudini di Trieste. II quale Capitano percepira dal Comune e dal Consiglio di Trieste quattro mila lire di piccoli per onorario suo e dei suoi. Sara dovere del Capitano di reggere, governare e mantenere fedelmente la citta ed il distretto, i cittadini e gli abitanti secondo li statuti e le consuetudini di Trieste; i quali statuti e riforme dovranno essere valide e ferme anche pei posteri senza dolo e frode. Per le sentenze del Capitano, dalle quali si vorra ap-pellare il Consiglio di Trieste, dovra due volte 1'anno, cioe aila fine di ogni sei mesi, deputare Sindici ed Officiali idonei, i quali abbiano a pronunciare secondo gli statuti e le consuetudini, se la querimonia sia giusta 0 no. Di ogni condanna pecuniaria, delitti, eccessi, multe in qualunque modo avvenute in Trieste, la meta integra spettera a Noi siccome a naturale Signore. Le condanne suddette, il vino di cui pili abbasso, 1 dazi, le gabelle, le dogane ed altre esazioni che spet-tano al dominio di Trieste, si esigeranno da quelli che Noi, i nostri eredi e successori troveranno di deputare ad esigerli; pero la meta delle condanne dovra passare al comune di Trieste affinche possano pagare P onorario -di 4000 lire al Capitano, e dare a Noi ed ai nostri eredi e successori 1'annuo tributo del vino di cui si dira piu abbasso; e possano pagare i salari dei medici e degli officianti di detta citta, riparare le mura, le porte, le strade e provvedere ad altre necessita. Noi, i nostri eredi e successori avremo la potesta di imporre aila predetta cittž dazi, mude, gabelle, dogane e di esigerli a nostro piacimento entro o fuori delle porte d'essa citta, pero colle seguenti condizioni — di tutte le merci che verranno esportate dalla citta di Trieste per la via di mare, si pagheranno i dazi, le mude, le gabelle, le dogane al nostro dominio, eccettuato il vino di RibollaJ pel quale non si paghera cosa alcuna; similmente di ogni mercanzia che verra a Trieste per la via di mare si pagheranno le imposte, eccettuato cio che si introduce in Trieste per la via di mare per servire all'uso e consumo dei cittadini e degli abitanti, come frumento, sale, vino, uve, ed altri commestibili, i quali generi devono essere totalmente esenti. Qualunque ani-male sortira dalla citta di Trieste e dal distretto per por-tarsi in altre regioni per la via di terra, sara soggetto al dazio, muda, dogana. Gli animali, somieri ed altri che en-trano per la via di terra nella citta di Trieste e nel distretto per uso degli uomini, purche non si trasportino in altre parti, devono essere totalmente esenti da im- poste. . La citta, il comune, ed i cittadini di Trieste do-vranno e devono scegliere il Consiglio, gli Officiali, ed Officiari secondo gli statuti e consuetudini della citta di Trieste. I cittadini di Trieste, i loro eredi e successori devono ogni anno nel giorno di s. Giusto martire, il qua-le cade nel di 2 di novembre, corrispondere a Noi, ai nostri eredi e successori nella citta di Trieste a titolo di censo annuo cento orne di vino Ribolla della miglior qualita che si potra avere in quell' anno. Fino a che i due castelli di Montecavo e Monco-lano verranno custoditi a spese di Trieste, il Capitano nostro si fara dare giuramento corporale dai custodi che ogni mese verranno mandati dai cittadini, che dessi coi castelli saranno fedeli ed obbedienti alla nostra magnifi-cenza, ai nostri eredi ed ai nostri successori, e cio si osservera fino a che prenderemo in consegna detti castelli, e vi destineremo alla custodia altre persone. Per ultimo che la detta citta e gli abitanti non verranno minimamente impediti nei loro introiti e redditi, ne aggravati piu di quello che sopra fu detto, se pur cio non avvenga a domanda nostra o dei nostri, e di bene-placito dei cittadini e distrettuali. Noi Duca Leopoldo tutte e singole le cose sopra-scritte abbiamo approvato ed approviamo, di certa nostra scienza per noi, pei nostri eredi e successori ricercando 1' onesto notaro ed i nobili infrascritti a voler sottoscri-vere le presenti in testimonianza di verita. Dato e fatto nel nostro castello di Gratz, nella sala ducale 1' anno del Signore mille tre cento ottantadue, indizione quinta, il di ultimo di settembre ali' ora dei vesperi o quasi in presenza del Notaro pubblico infrascritto, del Reverendissimo Padre in Gesu Cristo Federico vescovo di Bressanone, Cancelliere della nostra curia ducale; degli egregi e valorosi Golfredo Mulner, ed Enrico Gessler vassalli della nostra Curia ducale, e Magistrati della ca-mera, di Giovanni Rischach e Flach, vassallo e nostro Consigliere, dei provjdi e discreti Conrado Impiber, ed Andrea pievani nel detto Vico, nella Marca presso Sit— tich delle diocesi di Seckau e di Aquileja, e di molti altri testimoni chiamati e pregati specialmente per quest' atto. Ed io Paolo del fu Ulmano da Castelrut, chierico della diocesi di Bressanone Notaro pubblico per autorita imperiale, a motivo che Burkardo de Stain della diocesi di Costanza per la stessa autorita pubblico Notaro e impe-dito da altri gravi negozi, pregato da lui con grande diligenza ed insistenza di assisterlo nella scrittura di questo stromento lo scrissi tutto di proprio pugno, lo ho redatto in questa pubblica forma, e vi apposi il segno del mio Tabellionato in testimonio della verita, cosi ro-gato da ambedue le parti. Io Burkardo di Stain al Reno, diocesi di Costanza, Notaro giurato per pubblica autoritčk, fui presente a tutte le cose singole sopra esposte, mentre si trattavano ed a richiesta d' ambedue le parti lo ho redatto nella presente forma pubblica, ma impedito da altri ardui alfari feci scrivere il presente instromento da altra persona, la di cui scrittura io approvo come fosse mia propria, e rico-nosco che il suggello del suddetto illustrissimo Principe, fu appeso al presente stromento in certezza e migliore evi-denza delle cose premesse. Cronaca municipale. 3 i Maržo. Continua lo spoglio per le elezioni della Commissione Municipale; il pubblico e in grande attenzione di vedere il risultato di questo primo atto di liberta municipale. La Nazionale viene scompartita in quattro coorti, dette legioni, ognuna di sei centurie; colla Civica sareb-bero cinque le coorti. Verso la sera lo spoglio dei voti per la Commissione municipale e compiuto e vengono proclamati Dell' ordine dei possidenti i Signori: Duma Teodoro. Bardeaux Carlo. Levi G. di Nedanel. Samengo Luigi. Brucker L. M. Caroli Daniele. Dell' ordine dei negozianti Martin Antonio. Brentano G. A. Renner de Oesterreicher. Cozzi G. B. Lutteroth Ermanno. Kempter E. Dell'ordine dei legali, filoso/i e matematici D.r de Baseggio, avvocato. D.r de Rin, agente politico. DelF ordine dei medici e chirurghi D.r Lorenzutti, direttore deli' ospitale civile e degli ii. rr. luoghi pii. D.r Cappelletti, medico civico distrettuale. JDeir ordine di persone distinte per fiducia pubblica ed amore a questa patria Scandella Pietro. Ongaro A. G. , f Aprile. Messa funebre in Santa Maria Maggiore I per i caduti di tutte le nažioni nella causa della liberta.