received: 2009-01-20 UDC 347.962(450.25)"1822/1823" original scientific article IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" AI TRIBUNALI LOMBARDI (1822-1823) Marco BELLABARBA Università degli Studi di Trento, Dipartimento di Filosofía, Storia, Beni culturali, IT-38122 Trento, Piazza Venezia 41 e-mail: marco.bellabarba@lett.unitn.it SINTESI Il saggio esamina i verbali dell'ispezione che il giudice Antonio Mazzetti con-dusse tra 1822 e 1823 in tutti gli uffici giudiziari compresi nella parte lombarda del Regno Lombardo-Veneto. Tutti i tribunali e le preture lombarde vennero soggetti a un'accurata indagine, che riguardava l'applicazione dei nuovi regolamenti di procedura, lo stato delle carceri, l'entità degli organici, i collegamenti instaurati dalla magistratura con gli uffici di polizia, e cosí via. Grazie a questo materiale è possibile ricostruire l"'interpretazione" della società lombarda che fornirono i giudici austriaci pochi anni dopo l'istituzione del nuovo Regno. Allo stesso tempo, l'ispezione di Mazzetti consente di ricostruire le forme di dialogo, non prive di tensioni, che in quegli anni si svilupparono fra la magistratura austriaca e il governo di Vienna. Parole chiave: Giustizia, amministrazione, magistratura, Antonio Mazzetti, Lombardo-Veneto JUDGE AS INSPECTOR: ANTONIO MAZZETTI AND HIS "VISIT" TO THE COURTS OF LOMBARDY (1822-1823) ABSTRACT This paper examines reports of inspection visits conducted from 1822 through 1823 by Antonio Mazzetti to all judicial offices of the Lombard part of the Kingdom of Lombardy and Venetia. All Lombard courts and magistrate's courts were subject to a thorough inspection concerning the application of new procedural regulations, prison conditions, personnel, the connections established by the magistracy with police offices etc. These materials facilitate a reconstruction of the "interpretation" of Lombard society provided by Austrian judges several years after the establishment 411 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 of the new Kingdom. In addition, Mazzetti's reports allow us to reconstruct the forms of dialogue, not devoid of tension, that developed between the Austrian magistracy and the Viennese government in those years. Key words: justice, administration, magistracy, Antonio Mazzetti, Lombard-Venetian Tra i manoscritti della Biblioteca comunale di Trento è conservata gran parte della documentazione (il resto si trova negli archivi viennesi e milanesi) che Antonio Mazzetti raccolse in qualità di "Consigliere Aulico Visitatore" tra il 1822 e il 1823, quando su incarico del Senato di Verona intraprese un lungo viaggio d'ispezione ai tribunali e alle preture del Regno Lombardo-Veneto. Mazzetti, nato a Trento nel 1784, con alle spalle studi di diritto a Vienna e una breve carriera di avvocato napoleonico, era entrato in magistratura nell'autunno del 1813. Procuratore generale alla corte civile e criminale di Trento, poi consigliere del k.k. tirolisch-vorarlbergisches Appellations-und Criminal Obergericht di Innsbruck nel 1815, il 31 maggio 1816 una sovrana risoluzione l'aveva nominato consigliere aulico del Senato di Verona.1 In quello stesso anno, com'è noto, il Codice penale austriaco del 1803 entrava in vigore nel Regno Lombardo-Veneto.2 L'aggregazione alla corte veronese significó per Mazzetti l'ingresso nel più ele-vato organismo giudiziario del Regno oltre che, di riflesso, nei ranghi superiori della magistratura imperial-regia.3 Istituito non senza qualche incertezza dall'imperatore Francesco il primo agosto del 1816 (fino a quel momento la sua sede era stata Vienna) il "Senato italiano del Supremo Tribunale di giustizia" costituiva la più alta istanza giurisdizionale "non solo per le province lombardo-venete ma anche per quelle della Dalmazia e della Croazia, configurandosi cosi come gran corte di giustizia decentrata per l'area sud-orientale dell'Impero asburgico" (Meriggi, 1987, 37-38). A tutti gli effetti i componenti del Senato erano equiparati al rango di consiglieri aulici (wirkliche Hofräthe) e come tali entravano di diritto nell'organico della Oberste Justizstelle viennese,4 il supremo dicastero giudiziario dell'Impero. Il 1 Notizie biografiche relative ad Antonio Mazzetti si trovano in Sfredda, 1989; Bertoni, 1981; Alten-burger, 1845; Wurzbach, 1867, 205-208; Guiotto, 1987; Pedrotti, 1939; Zieger, 1941. 2 Sull'introduzione del codice del 1803 (la cosiddetta Franziskana o Franceschina) nelle province italiane e sulle sue successive denominazioni, rimando ai saggi introduttivi contenuti in Vinciguerra, 2001. 3 BCTn, 16, 25 giugno 1816, che avvisa l'"Appellationsrath Anton von Mazzetti" della sua nomina alla "Oberste Justizstelle-Abtheilung" di Verona, come da decisione dell'imperatore del 31 maggio. 4 Si veda ad esempio l'Hof- und Staatsschematismus des österreichischen Kaiserthums, che per l'anno 1817 elenca sotto l'unica voce della "K.K. Oberste Justizstelle" tutti il personale del Senato veronese e quello del Senato austro-boemo con sede nella capitale (HSÖK, 1817). 412 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 rapporto con la capitale seguiva un iter gerarchico reciproco, poiché se il presidente del Senato fungeva sempre da "secondo presidente" della Corte suprema dell'impero, spettava a quest'ultima "rilasciare decreti presidiali al Senato Lombardo-Veneto" e intrattenere "la corrispondenza uffiziosa nella maniera consueta."5 Lo stretto vincolo di dipendenza con la Oberste Justizstelle era all'origine delle funzioni non giuris-dizionali concesse al Senato che includevano la "sorveglianza suprema nel Regno Lombardo-Veneto sui tribunali d'Appello e Giudizi inferiori, sugli avvocati, patro-cinatori e notai" cosi come l'organizzazione complessiva di tutte le istanze giudiziali. Fino a quando non venne travolto dai moti rivoluzionari del 1848, che ne con-sigliarono la soppressione, il Senato agi come delegato dei dicasteri centrali in ogni questione concernente l'apparato giudiziario. Nel secco linguaggio della risoluzione sovrana con cui Francesco I nominava i vertici dei tribunali lombardo-veneti (3 ottobre 1817), i compiti disciplinari assegnati alla corte veronese erano descritti in modo accurato: "Il Senato dovrà per altro in via riservata comunicare alla Camera aulica, ed in quanto concernesse impiegati qualificati ad impieghi politici anche alla Commissione aulica centrale d'organizzazione, le liste di tutti gli impiegati giudiziari che restano senza destinazione, con tutti i lumi e rettificazioni occorrenti sempli-cemente per l'ulteriore legale trattamento di questi impiegati; nel qual incontro si dovrà evitare ogni divulgazione dei motivi per i quali questi individui non vennero impiegati per ovviare a scritturazioni e reclami, giacché non sussiste né l'obbligo, né la possibilité di ritenere tutti gli impiegati in servizio attivo, e che la scelta dipende dal mio arbitrio e beneplacito. Del rimanente dopo tre mesi dovrà il Senato sotto-pormi per mio uso una lista esatta di tutti gli individui effettivamente impiegati nel Regno Lombardo Veneto, ed un 'altra di tutti i giubilati o pensionati, farmi conoscere altresi la differenza della spesa" (BCTn, 25). Che l'imperatore chiudesse il testo ringraziando per il lavoro svolto in suo aiuto i consiglieri aulici Sardagna e Bertoldi (entrambi allora giudici del Senato),6 è una prova dell'alleanza operativa stabilitasi fin da subito fra Vienna e Verona. Un largo ventaglio di materie, che andavano dal valutare la moralità dei giudici subalterni alle proposte di nuove nomine o di surroga dei posti vacanti, permetteva ai consiglieri veronesi di guidare l'intera macchina della giustizia asburgica in Italia.7 E ai senatori, 5 BCTn, 18, cc. solo in parte numerate; il manoscritto contiene la legge istitutiva del Senato lombardo-veneto tradotta in italiano da Mazzetti. Le ripetute cancellature e correzioni inserite a margine del testo possono essere il frutto di incertezze sui termini tradotti, ma inducono anche a ritenere - si tratta pero di un'ipotesi tutta da verificare - che in qualche modo Mazzetti avesse contribuito alla stesura della legge. 6 "Ai consiglieri aulici Sardagna e Bertoldi si avrä a significare la particolare mia soddisfazione per l'acceleramento di queste laboriose proposizioni:" si trattava di due trentini, il nobile Josef von Sardagna e Jacob Bertoldi, entrambi operanti presso il Senato di Verona (HSÖK, 1817, 259). 7 BCTn, 25: il Senato doveva "esattamente osservare le prescrizioni sui doveri generali e sulle particolari incombenze delle Istanze subalterne e degli Impiegati, e cosi pure sugli scambievoli diritti 413 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 non a caso, i vertici viennesi erano soliti chiedere informazioni e pareri più o meno segreti8 sullo stato dell'amministrazioni asburgica nelle terre italiane. Fu la preoccupazione di conoscere e verificare gli effetti del nuovo sistema che spinse il Senato nel 1822 a ordinare un'ispezione generale degli uffici giudiziari di prima e seconda istanza. L'incarico della visita cadeva a pochi anni di distanza da quella impartita per gli uffici amministrativi, svoltasi nel 1819 a ridosso della complessiva risistemazione delle strutture politico-giudiziarie del Regno. Come sappiamo, la "Central-Organisierungs Hof Commission" istituita da Francesco I nel 1813 si era imbattuta in molte difficoltà. Solo dopo un biennio di lavori, la com-missione aveva disegnato un impianto politico-istituzionale che accettava ai livelli superiori l'impianto dei dipartimenti napoleonici, ritenuti più funzionali dei tra-dizionali "Kreise" (circoli) caratteristici di tutti i dominî ereditari austriaci. Sotto i due governi di Milano e Venezia vennero poste 17 delegazioni (province), a loro volta suddivise in distretti (127 per la Lombardia e 91 per il Veneto). Queste unità, simili ai cantoni napoleonici, erano ulteriormente suddivise in comuni, che conob-bero un'espansione numerica rispetto al taglio vigoroso del periodo napoleonico. Come ha scritto Marco Meriggi, "lo schema risultante da questa suddivisione non era cosí scontato come la quasi totale omologia delle province lombardo-venete con le attuali province della regioni Lombardia e Veneto induce a credere." Il passaggio dai 14 dipartimenti napoleonici alle 17 province austriache, anche se molte località chiesero inutilmente la propria ricostituzione in provincia, mostra che le scelte della commissione non furono perciô ovvie, "ma implicarono un preciso orientamento di eversione rispetto ad un passato territoriale che i gruppi di potere locali si erano sforzati di resuscitare"(Meriggi, 1987, 34 e ss.). Analoghi, se non maggiori, aspetti di novità riguardavano la struttura giudiziaria, ridisegnata in modo definitivo fra febbraio e marzo del 1818. Cancellati i vecchi riferimenti legislativi con l'introduzione dei codici civile e penale, si rimaneggiô a fondo anche l'intera impalcatura degli uffici. Già nei primi anni della Restaurazione, le giudicature di pace insediate nell'età napoleonica furono sostituite da un sistema di distretti (non sempre e non del tutto coincidenti con quelli politico-amministrativi) sedi di pretura, distinte in preture ubane o "foresi" a seconda che la loro destinazione ed obblighi de' Superiori e loro subalterni [...]. Se poipresso il detto Senato si dà il caso di vacanza delle cariche di Consigliere Aulico, di Segretario, di Protocollista di consiglio, o di secondo Direttore delle Spedizioni, della Registrazione e delprotocollo degli Esibiti; ovvero se nei Tribunali d'Appello e nelle prime Istanze organizzate del Regno Lombardo Veneto vengono a vacare Presidi o Vicepresidi, ne reca notizia alla parte del Supremo Tribunale di Giustizia che siede in Vienna e comunica la proposta sulle persone da impiegarsi, acciö questa venga accompagnata a Sua Maestà col proprio parere dei Senati che trovansi in Vienna. " 8 Come quella portata all'attenzione del principe Metternich nel 1820 da Josef von Sardagna (qui Giuseppe Sardagna) e publicata in Pedrotti, 1931. 414 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 fosse una città o un borgo rurale. Le preture, (68 in Lombardia, a fronte dei 127 distretti politico-amministrativi, e 81 nel Veneto) con un organico composto in genere da un pretore, un cancelliere e alcuni funzionari subalterni, avevano l'obbligo di svolgere le istruzioni e le indagini preliminari dei processi, sbrigando inoltre i casi risultanti dalle gravi trasgressioni politiche previste nella seconda parte del Codice. I fascicoli relativi ai delitti, una volta istruiti dalle preture "foresi" o urbane (che erano due a Venezia e Milano) passavano ai tribunali di prima istanza distribuiti nei quin-dici capoluoghi di provincia. Sopra la rete delle preture e dei tribunali di prima istanza agivano i due tribunali d'appello di Milano e Venezia, già istituiti nel 1815 perché non vi fossero interruzioni nell'amministrazione della giustizia e confermati con i provvedimenti del 1818, anche in questo caso differenziandosi in parte dall'im-pianto napoleonico (Raponi, 1986, 100, nota 5; Garlati Giugni, 2008, 23 e ss.). Il quadro imposto da Vienna si rivelava "da un lato come il di gran lunga più articolato all'interno della compagine imperiale, dall'altro come senz'altro incom-parabile - per dimensioni e spettro d'azione - sia con quello presente nella Lombardia settecentesca sia con quello introdotto dagli austriaci in Veneto nel corso del breve periodo della loro prima dominazione" (Meriggi, 1987, 81-82). Il taglio di competenze giurisdizionali (visibili nel caso di Brescia, che era stata corte d'appello per il Dipartimento dell'Alto Adige) e le modifiche ai profili dei dipartimenti ca-devano in un momento di rodaggio difficile per la macchina della giustizia austriaca. Nel 1821 i tribunali avevano affrontato la prima ondata di processi politici contro la Carboneria, che nonostante la scarsissima eco nella popolazione avevano costituito una prova impegnativa per gli apparati del Regno; proprio durante quei processi Mazzetti aveva lavorato in qualità di referente del Senato e di uomo di fiducia del presidente Leopold von Plenciz (Pedrotti, 1939; Sandonà, 1911; Cassi, 2006). C'era poi il malessere causato dall'afflusso consistente di consiglieri "esteri", per lo più trentini e tirolesi, nelle cariche di vertice dell'apparato, che sembrava condannare i giusdicenti italiani a un esilio forzoso nei livelli inferiori della scala funzionariale e in genere senza la prospettiva di poter lasciare in fretta destinazioni ritenute scomode.9 9 Lo squilibrio tra "esteri" e locali era materia di discussione all'interno dello stesso governo austriaco in Italia. Una nota relazione del conte Giulio Strassoldo (governatore in Lombardia dal 1817 al 1830) sottoposta nel 1820 al principe Metternich, denunciava apertamente i rischi di questa situazione. Secondo il governatore, l'introduzione dei codici civili e criminali austriaci aveva cancellato troppo bruscamente gli usi giudiziari della provincia. Ancora più rischiosa, tuttavia, era per Strassoldo l'immigrazione dei funzionari giunti in massa dalle province ereditarie: "[...] j'observerais à V.A. qu'on a vu arriver lors de l'organisation judiciaire non seulement un nombre très et peut-être trop considérable de jusges et de présidents allemand et parmi les derniers surtout des individus bien médiocres et par fois même ridicules, mais que jusque pour les tribunaux de première instance il est arrivé d'Allemagne nombre de scrittori (chancellistes) dans un moment où une foule d'employés du royaume italien perdait son existence de demandait du pain!" (Sandonà, 1912, 375). Ma perplessità pressochè identiche esprimeva anche Josef von Sardagna, suggerendo modifiche amministrative, "celle qui sont reclamées avec tant d'urgence en matière judiciaire et offrant alors une carrière à 415 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 Fu nel contesto del nuovo spazio giudiziario austriaco e delle incertezze causate dal suo innesto in Italia, che il Senato deliberó d'intraprendere la visita generale alle preture e ai tribunali del Regno. L'incarico venne affidato ad Antonio Mazzetti, che oltre a essersi fatto le ossa nelle inquisizioni contro i Carbonari aveva rivelato già buone doti organizzative nel rimettere in piedi la corte di giustizia trentina dopo la fuga dei napoleonici. Limitata in un primo momento ai tribunali e alle preture com-presi nella parte lombarda, l'ispezione impegnó il magistrato trentino dal 27 aprile 1822 ai primi giorni del febbraio 1823.10 Una funzione di controllo sull'operato dei giudici rientrava nelle competenze prescritte al Senato, che annoverava tra i suoi compiti quello di sorvegliare affinchè nel Regno la giustizia venisse amministrata "in una maniera imparziale, con fermo principio e con prontezza " e che gli affari si trattassero ovunque "congelososecreto duffizio"(BCTn, 19).11 Ma l'ispezione ricor-dava anche da vicino un tipico prodotto del governo austriaco di età giuseppina, le cosiddette "visite circolari" (Kreisbereisungen) commissionate ai funzionari ammini-strativi, che rispondevano alla generale tendenza dei regimi settecenteschi a clas-sificare "i fatti naturali e umani [...] per ridurre ampie classi di oggetti a un numero assai più ridotto di tipi ordinabili e descrivibili" (Said, 2001; Becker, 2000). Esistevano molte somiglianze con i prodotti della cultura di governo asburgica del secolo precedente; lo stesso aspetto formale dei protocolli di visita, suddivisi in due colonne recanti a sinistra la domanda e a destra la risposta dell'interrogato, ve-niva da quel periodo. Mentre peró le Kreisbereisungen mettevano uno di fronte all'altro autorità pubblica e sudditi, l'inchiesta affidata ora a Mazzetti si presentava come un dialogo interno al ceto giudiziario: era un giudice a chiedere, a svolgere il ruolo dell'interprete, erano giudici a dover rispondere indossando una volta tanto gli abiti degli informatori. I personaggi del dialogo, ai quali erano familiari i codici e gli stilemi espressivi del linguaggio impiegato dal questionario, non si trovavano se-parati da una forte "distanza culturale"; ma la posizione gerarchica di chi poneva le domande, gli obiettivi e i compiti legati al suo incarico, influirono sulla "forma l'ambition des Italiens qui ne savent pas l'Allemand, et qui sans s'expatrier désireraient devenir plus que Conseillers du Gouvernement" (Pedrotti, 1931, 15). 10 Di cui tenne nota in un diario autografo, ricco di impressioni personali e di curiosità storico-artistiche, conservato nel suo lascito presso la Biblioteca comunale di Trento (BCTn, 1). Meriggi ha per primo utilizzato i materiali della visita mazzettiana, ricorrrendo ai documenti oggi conservati negli archivi di Vienna (Meriggi, 1983). Più di recente, i manoscritti trentini sono stati esaminati nel breve saggio di Tedoldi, 2007. 11 "Et procederà in tutto col proprio esempio, riparerà con modi pronti ed idonei alle mancanze che talvolta si manifesteranno nell'amministrazione della Giustizia." La sfera di competenze determinate dalla Risoluzione sovrana del 25 aprile 1816 affidava infatti al Senato "la giurisdizione e direzione superiore nell'amministrazione della giustizia e in tutte quella estensione e maniera nella quale l'esercita il Supremo Tribunale di Giustizia nelle altre parti degli Stati tedeschi di Sua Maestà " (BCTn, 19). 416 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 specifica di comprensione intellettuale"12 (Said, 2001, 125) che si dette in quegli anni della realtà giudiziaria lombardo-veneta. L'intenzionalità13 del dialogo imbastito fra Mazzetti e i suoi colleghi affiorava dalla griglia dei quesiti posti ai tribunali e alle preture lombarde. "Li oggetti più es-senziali" che dovevano "richiamare le indagini all'attenzione del Commissario" erano raggruppati in tre categorie generali: "Parte organica", "Procedura", "Personale". La prima includeva interrogativi sulla nuova rete territoriale degli uffici e sul numero degli addetti loro assegnati;14 la seconda sezione sondava l'applicazione dei regola-menti e dei codici austriaci appena introdotti,15 la terza infine, quella di carattere più disciplinare, chiedeva al commissario di scoprire i difetti professionali o morali delle persone che a vario titolo ruotavano attorno alle corti di giustizia.16 E su tutti i punti 12 Era una "comprensione intellettuale" che rimandava alla forma dei nuovi distretti, alla concatenazione gerarchica tra i giudici, al ruolo del tutto particolare che l'impero austriaco ottocentesco affidava, non solo qui, sia all'amministrazione della giustizia sia al dettato delle norme che i giudici dovevano osservare. 13 La parola, nel lessico antropologico, è "da intendersi come un processo che riguarda entrambi i termini del rapporto, o soggetti dialoganti: tanto l'antropologo quanto l'informatore, tanto quindi chi chiede informazioni quanto chi le dà" (Fabietti, 2005, 57). 14 "a) Se le classi delle Preture sono proporzionate al rispettivo distretto ed alla massa degli affari; se sia necessaria la conservazione di tutte le esistenti, o se possa aver luogo qualche concentrazione; b) Se l'assignatovi personale basti, o sia insufficiente per gli affari o forse troppo numeroso; c) Se le Preture sieno provviste del necessario locale dufficio, e delle carceri, e quale sia lo stato di queste; d) Se i Tribunali sono provveduti dell'occorrente locale, quale sia lo stato delle Carceri, se sono ridotte secondo le prescrizioni del Codice, o quali disposizioni sono date per quest'effetto; e) Se il personale del Tribunale, dietro la sperienza del tempo precorso, è bastante o no, o troppo numeroso; f) Se il personale in generale sia di capacità sufficiente, ed abbastanza istrutto negli affari o in istato di spedirli; g) Quali osservazioni presenti l'attuale riparto della giurisdizione e in quanto possa convenire di modificarlo" (BCTn, 17). 15 "a) Se i metodi introdotti nel trattar gli affari civili e criminali sono conformi ai veglianti regola-menti; b) Di osservare in ispecie iprotocolli, registri, gli atti, l'andamento degli affari interni, lo stato degli Archivi e l'ordine della relativa procedura; c) Di osservare pure quale sia il metodo con cui si tengono le sessioni, decidono le aule, assumono i contraddittori ed altri atti verbali; d) Di osservare il procedimento nelle tutele, negli affari di successione, reso...? e ne'relativi registri; e) Di rilevare se esistono delle casse di deposito e in che stato si trovano e in che modo vengono amministrati; f) Di visitare le carceri ad oggetto d'informarsi dello stato de' detenuti e il contegno dei custodi; h) D'osservare la corrispondenza de Tribunali colle Preture in quanto concerne oggetti criminali e il modo con cui si trattansi da amendue le inquisizioni; i) Di rilevare cone e in che frequenza vengono delegate le Preture alla formazione de 'processi criminali; l) Se sussiste un eguale riparto degli affari civili e criminali fra Consiglieri e se l'uno o l'altro ramo non sia trascurato, se in ispecie non sia stata abbandonata, come si deve temere presso alcuni Tribunali, la parte criminale, e sieno quindi pro-lungate senza bisogno le inquisizioni per esservisi assegnato un personale troppo tenue in confronto degli affari civili"(BCTn, 17). 16 "a) D'indagare la qualità, condotta ed opinione pubblica de' singoli impiegati; b) Di notare ciocché possa meritare loro una particolare menzione, sia in lode sia in aggravio; c) Di rilevare se oltre gl'Impiegati stabiliti dalla pianta od accordati superiormente vengano assunti altri estranei per arbitrio de ' rispettivi Presidenti o Pretori, e di farli, in caso, tosto licenziare; d) Di rilevare la cor- 417 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 dell'ampio questionario, giudici e pretori vennero richiesti di esprimere un parere al Commissario, il quale provvide in seguito a elaborarlo sotto forma di rapporto conclusivo per la presentazione al Senato e all'imperatore (BCTn, 17). Nei volumi che raccolsero le testimonianze dei funzionari lombardi, l'ordine delle domande subi qualche variazione rispetto al testo delle istruzioni originali. Mazzetti apri i suoi interrogatori con un gruppo corposo di domande concernenti il rispetto dei nuovi regolamenti di procedura civile e criminale e la corretta conservazione degli atti giudiziari. Chiese a ogni tribunale e pretura la consegna, che avvenne, delle tabelle degli elaborati civili, criminali e politici dal 1818, il prospetto delle spese criminali e di cancelleria occorse nello stesso periodo, la statistica degli impiegati, dei notai e degli avvocati in servizio; inoltre, solo ai tribunali, un esemplare di tutti i registri, libri e protocolli che si usavano presso ogni tribunale. Quest'apertura dedicata alle tecniche di custodia degli atti giudiziari rifletteva fedelmente le indicazioni del Codice. Il testo del 1803 guidava con estrema pigno-leria tutto l'iter dell'azione penale, incluse le sue modalità di scrittura e i criteri di conservazione del materiale secondo la consegna del "geloso secreto d'uffizio" con cui si doveva coprire ogni documento inserito nei fascicoli dei tribunali (Rossetto, 2007, 61-92). Come peró osservarono pressochè tutti i funzionari interrogati, i paragrafi del Codice e del Regolamento giudiziario galiziano17 sulle istruzioni dei fascicoli risultavano difficili da applicare. Soltanto un paio di giudici misero tutto ció in relazione con la scarsa dimestichezza dei magistrati a trattare le cause nel nuovo metodo: lo fecero da Pavia il presidente Leopold von Blumfeld, lamentandosi di non avere impiegati cresciuti "nei Fori tedeschi" e il presidente di Bergamo Francesco Giuseppe Battisti che quasi con le stesse parole si rammaricó del "ristretto numero di Consiglieri ed altri Impiegati che fecero la loro pratica presso dei Tribunali delle Provincie tedesche" (BCTn, 10; 14). In fondo peró, nelle recriminazioni di questi due giudici "tirolesi" c'era un po' del solito fastidio dei capi ufficio verso le mancanze dei sottoposti e nessuna sfumatura di tipo nazionale. E infatti le "irregolarità nelle diverse procedure" avevano tutt'altre origini. Per un verso si trattava del sovraccarico di compiti affidati alle corti di giustizia; le domande in apparenza eterogenee che punteggiavano la visita - "Come ora si conservino gli atti dello stato civile?;" "Chi amministrile tasse e se sianvireclami?;" "Chi abbia le ispezioni economiche e disciplinari delle carceri. Chi sorvegli alla distribuzione del rispondenza stabilita fra le Preture ed i Commissariati distrettuali e di preparare quei provvedimenti che potessero renderla più utile al servizio Sovrano; e) D'informarsi del contegno degl'Impiegati verso gli Avvocati, Patrocinatori ed intervenienti, e viceversa; í) D'osservare il modo d'amministrare le tasse e gli abusi che in questo ramo si fossero introdotti" (BCTn, 17). 17 Si trattava del Regolamento giudiziario generale per la Galizia occidentale del dicembre 1796, tra-dotto in italiano e applicato nelle province venete annesse il 16 marzo 1803, in Tirolo il 15 settembre 1814 e infine esteso alla Lombardia (Regolamento giudiziario, 1796). 418 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 vitto ai detenuti. Come si proceda in caso di contravvenzioni ai capitoli d'appalto" -e cosí via - lasciavano trasparire il cumulo di compiti non solo giudiziari ma squi-sitamente amministrativi che Vienna attribuiva ai tribunali. E quando Battisti vedeva con preoccupazione il suo tribunale "sopracaricato d'affari, che non sono di sua spettanza, e che gli rubano il tempo per occuparsi in altri del preciso suo istituto" si limitava a constatare l'eredità della Polizei illuministica nei primi decenni della Restaurazione. D'altra parte anche la forma dei regolamenti appariva troppo rigida per un impianto di uffici ancora quasi sperimentale e quasi sempre sotto organico. Ovunque le corti disattendevano l'obbligo (Vinciguerra, 2001, p. I., § 288) di convocare i cosiddetti assessori criminali, poiché come riferiva il presidente di Como non era stato mai "possibile di trovare persone di qualche discernimento che volessero as-sumersi gratuitamente il peso di intervenire ogni giorno nella qualità di Assessori criminali presso ciascun Consesso inquirente" (BCTn, 3).18 Non si rispettava nep-pure la norma che vincolava i consiglieri a interrogare di persona i testi senza delegare ai subalterni un passaggio cosí delicato dell'attività inquisitoria. Le cose stavano ben diversamente, rilevô il presidente Blumfeld: "Sussiste qui come quasi in tutti i Tribunali l'uso tanto pericoloso ed assolutamente contrario alle leggi che non i Consiglieri Inquirenti ma gli Attuarj soli assumono i Costituti degli inquisiti e gl'esami di testimoni. I Consiglieri o non sono neppure presenti o se si trovano nella camera s'occupano d'altri lavori. Quest'uso è tanto generale in queste Provincie che la vocee del solo Presidente non basterebbe per toglierlo, e percià si rendono in-dispensabili fortissime avvertenze delle autorità Superiori. Quali e quante ne possono essere le conseguenze non è ignoto all'Eccelsa Commissione Aulica massime avuto riguardo alla circostanza [...] per cui resta assolutamente ed unicamente dipendente dall'Attuaro solo l'esattezza del Processo e la sorte dell'Inquisito e del danneggiato" (BCTn, 15).19 In alcuni tribunali l'assenza dei giudici dai protocolli delle inquisizioni si suppliva tramite il ricorso agli "ascoltanti", dottori freschi di nomina che cominciavano a fare pratica nelle corti sotto la supervisione dei consiglieri più anziani;20 in altri, sempre 18 Ma lo stesso rilievo venne fatto dal presidente del tribunale di Sondrio: "[...] assolutamente non si possono trovare soggetti con le qualità prescritte dal Codice Penale che gratuitamente vogliano prestarsi a simile occupazione tutto l'anno nella circostanza particolarmente che sono in generale numerose e lunghe le inquisizioni criminali"(BCTn, 9). 19 Lo stesso difetto era riscontrato per altro dal presidente Battisti in riferimento a Bergamo: "L'abuso che anche gli attuari criminali inquisiscano assumendo esami di testimoni ed imputati non è ancora tolto intieramente rapporto ai processi di minor rilievo, né puà togliersi che con un 'energica supe-riore Risoluzione la quale nell'atto di proibirlo proceda con un aumento d'Inquirenti che i processi, attesa la continua loro ricorrenza non rimangano poi giacenti" (BCTn, 13). 20 Come riferiva il presidente della prima istanza di Sondrio accennando al loro impiego "nel Protocollo di consiglio, all'Aula verbale quali attuarj e nelle ventillazioni di eredità quali Commissari ad actum. Non furono giammai occupati dal Tribunale in oggetti criminali e soltanto da me venne loro data 419 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 gli "ascoltanti" sostituivano gli assessori durante le inquisizioni criminali, nell'intento di adeguare le risicate piante organiche alle prescrizioni della normativa. Le lamentele contro l'esiguitá del personale non riguardavano solo gli ausiliari delle corti. Anche il numero dei consiglieri era considerato piu o meno del tutto insufficiente o manchevole, in particolare rispetto allo stile di lavoro collegiale imposto dalla normativa: "A comporre regolarmente il giudizio," ordinava il Codice, "si esige un consesso almeno di tre persone, che siano state dal tribunale superiore dichiarate capaci a giudicare nelle materie criminali, e di due assessori giurati, oltre un cancelliere" (Vinciguerra, 2001, p. I, § 418). Il fatto che i tribunali dei capoluoghi provinciali fossero composti da piu consiglieri era una modalitá caratteristica del suo modo di operare; lo svolgimento dei processi civili e criminali culminava nelle dis-cussioni attorno al "referato" conclusivo, in cui il responsabile dell'istruttoria con-densava il risultato delle indagini e sottoponeva la proposta del verdetto agli altri componenti la corte, che erano chiamati a esprimere ciascuno il proprio parere. La diffidenza nei confronti dei giudici lasciati soli a decidere21 era una cautela studiata dal legislatore austríaco affinche i poteri degli inquirenti, che nei casi criminali non subivano neanche il limite degli avvocati difensori (Dezza, 2001; Cassi, 2006; Chiodi, 2007), fossero frenati almeno da un contraddittorio interno alle corti. Di questo modello di giudizio, i magistrati lombardo-veneti intuirono abbastanza presto gli obiettivi e i rischi; capirono che la collegialitá istituiva un sottile circuito di controlli non tanto dentro ma fuori della corte e che l'ascolto della diversitá dei pareri poteva dare adito a ispezioni, verifiche o provvedimenti disciplinari degli organi superiori.22 Perció molti diedero sfogo al proprio malumore criticando il dispendio di tempo causato dalle discussioni e lo misero a confronto con lo stile piu sbrigativo dei codici napoleonici. Di quel periodo essi rimpiangevano soprattutto la libertá concessa ai singoli uffici di agire quasi in solitudine. Le difficoltá toccavano ad esempio le procedure civili; secondo il presidente di Como, che qui si riferiva alle contrav-venzioni di finanza, le liti civili erano sbrogliate in fretta "allorché vigeva il Sistema giudiziario del cessato Regno d'Italia e sussistevano li Giudici di Pace ai quali era questa incombenza, ritenendo utile e necessario che anco in questo ramo divengano esperti" (BCTn, 8). 21 Ció che spiega la rigida subordinazione delle preture monocratiche, in campo penale, ai tribunali di prima istanza. "Infatti in ogni nostra provincia non vi ha se non un solo Tribunale collegiale di Prima Istanza, la cui residenza é fissata nel capo-luogo della medesima, e negli altri suoi distretti la giustizia é amministrata da Preture non collegiali. Quindi al solo tribunale di P.I. é commessa in tutta la provincia la giurisdizione criminale; quindi le Preture non incombono se non agli atti iniziativi delle inquisizioni per rassegnarli al Tribunale medesimo; e quindi puó questo delegar quelle anche ad assumere e compiere la inquisizione, perché poi gli sieno sottoposti gli atti per pronunciarne il giudizio" (Resti Ferrari, 1819, 19). 22 Sul tema, importantissimo, del controllo gerarchico esercitato ai vari livelli della struttura giudiziaria austriaca, rinvio a Povolo, 2006. 420 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 devoluta la decisione delle cause di cui si tratta; ma dappoi che la cognizione delle cause suddette fu demandata ai Tribunali Provinciali di Prima Istanza, i quali de-vono decidere ogni cosa collegialmente," i processi erano divenuti inutilmente far-raginosi e lentissimi. Per questo, continuava, sarebbe stato opportuna una riforma dell'azione collegiale e prescrivere che i tribunali fossero composti da un "Con-sigliere, da un ascoltante e da un attuaro" (BCTn, 2; 4), come del resto prescriveva la vecchia "Norma interínale" per la Lombardia introdotta in età giuseppina. Il malcontento saliva ancora di più, tuttavia, nei confronti della procedura penale. Magistrati locali ed "esteri" espressero un corale disappunto verso le novità della Franziskana in materia di prove. Il famoso paragrafo 412 della prima parte del Codice, in cui la valutazione degli indizi da parte dei giudici veniva sottoposta a controlli rigidissimi, raccolse una sequela ininterrotta di responsi negativi. A dire il vero, i limiti fissati nell'elaborare la "prova per concorrenza di circostanze" avevano suscitato da tempo rilievi critici nei magistrati,23 ma la visita offri l'occasione di esplicitarli apertamente. In genere, sapendo di toccare una corda sensibile presso gli ambienti governativi, essi spiegarono come i paletti posti da quel paragrafo osta-colassero la repressione della criminalità. In un clima d'inquietudine oggettivo - il Veneto e la Lombardia uscivano da un triennio di episodi di ribellione contadina -fecero sapere che gli obiettivi di quiete e ordine pubblico perseguiti dall'Impero non erano realizzabili con inquisizioni penali tecnicamente impeccabili ma in realtà poco efficaci. Cosi i verbali presentati a Mazzetti si riempirono d'imputati fin troppo scaltri, che sapevano aggirare ogni spinta a confessare i loro crimini, e di giudici quasi del tutto privi di armi nella battaglia contro i crimini. Non si puó non osservare - scriveva sempre il presidente di Como - che uno dei mezzi più efficaci "per conservare la pubblica quiete per la comune sicurezza per la diffesa delle sostanze e delle persone sarebbe quello di togliere le limitazioni apposte dal § 4l2 del Codice Penale autorizzando il Giudice a calcolare gli indizii non nella precisata restrizione, ma con quella latitudine che secondo la differente qualité dei fatti presentano le tavole processuali. [...] Sopra questa sdrucita tavola quanti malvagi sono giunti a salvamento!" (BCTn, 5). Dunque un largo numero di inquisizioni terminava nel nulla a causa d'imputati capaci di negare ogni addebito e, all'opposto, di giudici che non potevano forzare il quadro degli indizi fissati dalla legge. 23 II presidente del tribunale di Milano ricordava lapidariamente che erano state consegnate "già dalla cessata Corte di Giustizia e dal presente Tribunale Criminale all'Appello alcune osservazioni sul § 412 del Codice Penale che non giova qui di ripetere, perché sono abbastanza note all'Autorità Superiore;" e lo stesso faceva Francesco Giuseppe Battisti da Bergamo: "L'applicazione del § 412 del Codice dei delitti, che riguarda la prova per concorrenza di circostanze offre le difficoltà che si sono fatte conoscere al Superiore Giudizio Criminale colla dettagliata Consulta 10 Gennaro 1821 n.° 217 civ. sopra la quale pendono le Superiori deliberazioni" (BCTn, 11). 421 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 L'aumento del numero delle circostanze indiziarie poteva risolvere la "quantité di processure per delitti gravi ne ' quali inutilmente si cerca o la prova per confessione, o la prova per testimoni, e che rimangono impuniti," anche se il rimedio caldeggiato più o meno da tutti fu la cancellazione del paragrafo. Senza troppi giri di parole, chi accenno alla questione propose di lasciare "al saggio e prudente discernimento del Giudice di avere tutti i precedenti indizi che scaturiscono da tante diverse fonti in quel conto che sarà per meritare la loro particolare natura." A Vienna e a Milano ci si doveva insomma rassegnare: solo un'ampia "latitudine" nello stabilire le prove, oltre al permesso di valutarle liberamente, avrebbe creato "l'effetto salutare di diminuire i delitti e dipunire i delinquenti" (BCTn, 6). Non fu che una delle tante espressioni di contrarietà levatesi dai funzionari del Regno. Di fatto, analoghe parole di disappunto vennero messe per iscritto ogni volta che i tribunali sentivano limitato il proprio campo d'azione. Si lamentava la non "perspicacia ed avvedutezza nellassumere gli atti preliminari d'investigazione" da parte delle preture e una scarsa collaborazione dei comuni e della stessa Gendarmería militare, poco sollecita nel porsi al servizio dei giudici.24 Nemmeno i decreti del Tribunale d'appello, che negli anni erano intervenuti a correggere alcune pratiche giudiziarie, furono esenti da critiche. Cosi il presidente Battisti non ebbe peli sulla lingua nel rinfacciare l'eccesso di scrupoli dimostrati dalla corte milanese per alcuni casi di arresti o, fatto ancora più incomprensibile secondo il giudice trentino, per l'indulgenza verso i ricorsi degli avvocati nei processi penali, che invece il "vigente Codice dei delitti saviamente"25 vietava. 24 Risposte dall'i.r. Tribunale di Mantova, che mancando di una forza investigativa alle sue dipendenze, come prescritto dal Codice, era forzato a ricorrere alla Gendarmeria con esiti pero deludenti: "Non è raro il caso nelle procedure di questo genere, e la sperienza lo ha più volte dimostrato che una ben diretta e sollecita investigazione resa necessaria o creduta tale della perspicacia e dai lumi del Giudice in conseguenza delle già assunte informazioni o di emergenze processuali, abbisogni di pronte e sollecite cognizioni sulle persone sospette, sui loro andamenti, sul loro contegno e prima e dopo il fatto, o sopra quant'altro possa tendere e alla verificazione degl'indizi, e alla loro connessione con fatto stesso, o sulle di lui circostanze, non potendosene avere d'altronde le prove, o i testimoni che potessereo somministrarle" (BCTn, 7). 25 "18. Avendo il Tribunale d'Appello col decreto 5 Dicembre 1820 alli Nr.i 3136, 5900 e 8736 ordinato che non si debbano sentire gli arrestati che vengono consegnati alla Polizia sino a tanto che non si sono verificati gli indizi per l'inquisizione speciale, ne viene che talvolta rimangono inauditi per più tempo a motivo degli atti che bisogna assumere per istabilire gli indizi stessi, mentre se si potessero sentire tosto dopo la consegna alle Carceri alcuni si renderebbero confessi e si terminarebbe più presto l'inquisizione. 19. Un altro abuso che sembra meritare la Superiore riflessione poiché riesce d'inciampo alle inquisizioni criminali si manifesta nella frequenza colla quale gli avvocati sotto pretesto di dimandare per gli inquisiti l'ammissione a piede libero o qualch 'altro beneficio presentano in loro [c. 148v] nome o dei loro parenti dei lunghi ricorsi coi quali fanno le difese agli imputati introducendo coartate e testimoni. Il Tribunale ebbe in qualche caso a restituire questi ricorsi ma dal Tribunale d'Appello venne ordinato di unirli agli atti per avervi il conveniente riguardo nel corso delle inquisizioni; lo che è accaduto recentemente con decreto 18 Maggio n.° 41?? sopra un ricorso presentato all'Appello da Antonia Rivola moglie del latitante Francesco dall'Ovo, imputato di truffa 422 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 Questo stato d'animo dovette lasciare un segno profondo su Mazzetti, anche perché i suoi colleghi avevano risposto ai quesiti ripetendo di città in città quasi le stesse parole. Sui fogli degli interrogatori, copiati pazientemente in più registri dai suoi cancellieri, trovó la conferma della difficile transizione in cui si dibatteva la giustizia austriaca del Regno. Erano questi gli anni, per lo meno nella parte lombarda, in cui al timone della magistratura stavano giungendo funzionari professionali di formazione interamente austriaca, chiamati a rimpiazzare giudici dai trascorsi napoleonici e in alcuni casi democratico-giacobini (Meriggi, 1983, 83). Il gioco delle sostituzioni fra "locali" e "esteri" negli uffici giudiziari sarebbe divenuto un problema spinoso nei decenni centrali del secolo e uno dei punti politicamente più controversi sull'agenda del governo viennese. Ma nei mesi in cui Mazzetti conduceva l'ispezione, la preferenza accordata all'affidabiltà dei funzionari giunti dalle province ereditarie, in pratica trentini o tirolesi, fu appenna accennata. All'inizio del marzo 1823, quando il consigliere aulico cominció a stendere i rapporti finali per il Senato, solo pochis-simi giudici lombardi incorsero nell'accusa d'infedeltà al governo: un paio di sospette relazioni con simpatizzanti della Carboneria furono tutto quanto Mazzetti riscontró nelle preture di Sabbioneta e Binasco, segnalando per il momento alla polizia l'opportunità di approfondire il contenuto delle segnalazioni (BCTn, 23; 24). Del tutto più urgente gli apparve invece la questione delle caratteristiche professionali richieste ai titolari delle cariche giudiziarie. Raccolte le numerose segna-lazioni più o meno confidenziali giunte dai presidenti dei tribunali o dalle autorità di polizia, Mazzetti le mescoló ai propri appunti per stilare un nutrito dossier di note biografiche relativo a ciascun funzionario dei tribunali e delle preture. Ne usci un ritratto della magistratura lombarda poco incoraggiante. A cominciare dalla corte di Milano, in cui agivano cursori e attuari disonesti o corrotti, le prime istanze della provincia registrarono una serie copicua d'irregolarità. Le severe prescrizioni di "comprovata buona condotta" (Lorenzoni, 1835a, 299 e ss.) che il Codice richiedeva al personale di servizio (sia i giudici, sia i loro collaborator!) erano smentite dal "non dignitoso indecente contegno"di molti di loro. Tessere una "scandalosa tresca"con ragazze giovani o donne sposate, condurre "una vita immorale e scandalosa" o "la-sciare in abbandono un figlio pezzente ed avere brighe con altre donne," incrinava quella patina di moralità che doveva avvolgere la vita privata e pubblica di qualsiasi funzionario; ed era lo stesso per le imputazioni al bere eccessivo, al tenere assieme all'ufficio una bottega di droghiere o mettersi "quasi a mazzo coi contadini" di-menticando di far valere il giusto distacco tra funzionari pubblici e gente comune (BCTn, 22).26 al Sovrano Erario di circa 58 mille lire. Queste mascherate difese, che il vigente Codice dei delitti saviamente proscrive, volendo il § 337 che l'imputato si discolpi da sé nei costituti, sono se non pregiudicievoli almeno inutili allo scopo dei processi criminali di cui aumentano gli atti" (BCTn, 12). 26 Le note sulla condotta del personale, elencate ufïicio per ufïicio nel decreto del 4 marzo 1823, si 423 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 Individui di questo genere, per i quali Mazzetti comandó un'immediata sorve-glianza di polizia, affollavano i ranghi più bassi della scala gerarchica: alunni, scrit-tori, cancellieri, con in più il variegato universo dei custodi carcerari, avevano salari troppo miseri per dedicarsi solo ai compiti d'ufficio e la loro uniforme non era uno scudo sufficientemente ampio per proteggerli dalle abitudini di vita comune con gli abitanti dei paesi in cui erano cresciuti e bene o male continuavano a vivere. D'altro canto, le cattive note di servizio toccavano anche i loro diretti superiori. Se infatti i consiglieri dei tribunali venivano per lo più tacciati di infrazioni procedurali, i pretori "foresi" condividevano con i loro subalterni le accuse d'immoralità e di trascuratezza nella condotta d'ufficio. Arricchimenti sospetti, assenze ingiustificate per seguire battute di caccia, debolezza nel gestire il personale, allontanavano anche i pretori dal modello di Beamten pubblici austeri e puntuali descritti dai regolamenti austriaci. Non si trattava di un problema recente: già nei primissimi mesi dell'occupazione il governo imperiale aveva incontrato gli ostacoli maggiori con i tribunali dei distretti rurali, dove non si riusciva a destinare personale idoneo per lingua e conoscenze tecniche (Helfert, 1908, 24). Ma come comprese Mazzetti, il poco attaccamento dei pretori ai loro incarichi aveva solo in parte a che fare con mancanze individuali. Dopo aver dato il via a un discreto numero di trasferimenti punitivi, egli provó a spiegare perché la rete della giustizia lombarda risultasse cosi fragile ai livelli più bassi. "Appena comparve la notificazione del febbraro 1S1S," scrisse nel suo rap-porto al Senato, "non mancarono reclami contro la seguita distrettuazione. Non era possibile senza timor di abagli dividere distretti" (ASMi, 4) e in particolare quelli rurali, montando e smontando pezzi di territorio come se ci si trovasse per le mani una mappa da disegnare a tavolino. In fondo, uno degli scopi principali della visita era stato proprio questo: conoscere e definire attraverso il dialogo con gli uffici giudiziari uno spazio giuridico nuovo per le province lombarde. Le continue do-mande sui reati di contrabbando, ma ancor più quelle sull'attività criminale delle preture, sui rapporti tra autorità politiche, giudiziarie e gendarmeria, sulle dimensioni delle giurisdizioni (e le proposte di eventuale modifica), rispondevano infatti a una "strategia di localizzazione"27 dei nuovi distretti, che doveva essere un tema di estrema attualità in questa fase ancora incerta dell'esperienza di governo del Regno. È noto che a sperimentare una definizione amministrativa dello spazio furono anche altre compagini italiane in quel periodo. Ma queste procedure, di origini na-poleoniche, si ponevano con urgenza e con qualche particolarità nei territori asbur-gici. Prima di tutto a causa dell'indefinitezza del diritto di cittadinanza imperiale. Chi trovano in un fascicolo della busta BCTn, 22, spedito dal Senato al Tribunale d'appello di Milano "per le opportune provvidenze." 27 Fabietti, 2005, 74, la definisce come il "complesso delle 'mosse' intellettuali, pratiche, teoriche e ideologiche compiute dall'antropologo per rappresentare il proprio oggetto di ricerca come spazial-mente situabile e riconoscibile, e quindi appartenente a un'area determinata." 424 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 fossero i cittadini, gli Staatsbürger, gli Inländer, e chi gli stranieri, costitui un problema giuridico e pratico controverso durante tutta la Restaurazione. Il problema aveva già interessato il dominio austríaco nella Lombardia settecentesca, quando ci si era dovuti confrontare con i concetti di civis e civitas, del tutto sconosciuti alla cultura giuridica asburgica. Un decreto del 1780 aveva cosi stabilito di considerare sudditi di sua maestà entro lo Stato di Milano tutti coloro che possedevano una stabile e fissa dimora "in der österreichischen Lombardei;" quindi non la nascita in una città, l'appartenenza a un ceto (com'era stato fin li) o il possesso di beni terrieri offrivano la qualifica di cittadino, ma solo la residenza continuativa in un luogo, il cosiddetto politisches Domicil (Strakosch, 1967, 70). Il diritto di residenza (Heimatrecht) era quindi la premessa alla cittadinanza, precisazione accolta e riformulata nella prima edizione del Codice civile, pubblicato in lingua tedesca nel 1812 (Codice universale austríaco, 1815, parte I, §§ 28, 29, 30, 31) e poi esteso alle province riconquistate al dominio napoleonico: ogni Staatsbürger doveva appartenere a una, e una sola, comunità, cosicché la compilazione dei compilazione dei registri di residenza faceva del domicilio il fondamento tecnico-amministrativo della cittadinanza. L'impossibilità di far dipendere questo diritto da criteri nazionali (inattuabili in un edificio plurietnico come l'impero) rese la sua definizione soggetta a continue - e spesso controverse28 - modifiche legislative. Da un lato, come fece il primo auto-revole commentatore del Codice civile, Franz Zeiller, ci si sforzó di definire i cit-tadini in quanto membri dello Stato (Staatsbürger), creando un modello formale di cittadinanza esclusiva e indivisibile, valevole per tutte le etnie imperiali. Dall'altro, tramite successive decretazioni, si variarono i requisiti per il suo acquisto a seconda dei territori. Il principio seguito dall'amministrazione lombardo-veneta si distingueva ad esempio dai criteri adottati da altri Erblande austriaci, nei quali - per le patenti di coscrizione militare - in prima battuta l'individuo era considerato a partire non dal "domicilio politico" bensi dal "Geburtsort", dal luogo di nascita. Era una concessione alla struttura sociale più moderna dei territori italiani, dove i rapidi spostamenti dei sudditi dalla campagna alla città imponevano di "descriverli" almeno nei luoghi della loro residenza temporanea.29 Allo stesso tempo, l'estrema (e per certi versi ossessiva) 28 L'Heimatrecht fu a lungo, per tutta la prima metà dell'Ottocento come scriveva nel 1837 un giurista austriaco "dunkel, widersprechend und unzusammenhängend;" il giudizio è citato in Wendelin, 2000, 196. Ma sulla definizione del diritto di cittadinanza e le sue integrazioni nel primo Ottocento, si vedano anche Bersani, 2007, 614-615; Basevi, 1859, 32-36. 29 Lo spiegava esaurientemente Lorenzoni, 1835a, 125, Capitolo VII, commentando i passi del Codice (e in particolare il § 31) dopo averne elencato i modi d'acquisto tradizionali, Lorenzoni puntualizzava: "Colla sola detenzione o col solo godimento perö di una casa, di una possessione o di un fondo, collo stabilimento di un traffico o di una fabbrica commerciale, o colla partecipazione all'uno od all'altra senza il personale domicilio in una Provincia del Regno, non si acquista la cittadinanza lombardo-veneta. " Le norme previste dalla versione originaria del Codice - servizio nella pubblica ammini-strazione, attività commerciale accompagnata alla residenza, residenza decennale continuata, concessione graziosa dell'autorità politica - vennero integrate da ulteriori condizioni. Una patente del 1 425 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 insistenza delle autorità austriache sul criterio del domicilio, dimostrava la grande paura ottocentesca (Friedmann, 1993, 103) verso tutti coloro che costretti a muoversi di frequente dentro e fuori i confini statali sfuggivano all'ordine morale delle co-munità e delle famiglie. Il radicamento (Ortung) in luogo definito, qualunque esso fosse, rappresentó dunque per l'impero la fondamentale categoría di ordinamento dello spazio giuridico. Le severissime misure sul controllo della mobilità individuale messe in opera dalla polizia per tutto il periodo del Vormärz si collegavano direttamente alla dif-ficoltà di stabilire chi fosse cittadino austriaco e chi no. Tutto ció condusse a una quotidiana, accurata attività di delimitazione dello spazio. A questa finalità vennero impiegati strumenti come il domicilio coatto, l'obbligo applicato dalle autorità di polizia di scontare la pena nel proprio domicilio (e per fare ció si organizzarono periodicamente i trasferimenti dei condannati: i cosiddetti "passi di tradotta" nel linguaggio giuridico austriaco) o ancora, allo scadere della carcerazione, l'invio vigilato del recluso al proprio domicilio. Anche l'ispezione di Mazzetti agi sullo sfondo della contraddittoria relazione fra frontiere esterne e interne, fra una residenza comunale, produttrice d'identità e diritti, e una cittadinanza austriaca tutta da costruire. Il giudice trentino ricordó alla Congregazione centrale e al Governo le "tre massime cardinali" da cui erano partiti: che la gurisdizione pretoria si ponesse "sopra un circondario avente una residenza centrale;"che ogni pretura dovvesse "esserepossibilmente collocatanell'egualluogo di residenza del Commissariato Distrettuale;" e infine che "anche prescindendo dalla centralità" fosse conveniente fissare le preture "in quelle Comuni che per popolazione, carattere, traffico maggiore, possessioni e località dieno da se sole un aggregato di oggetti superiore fors 'anche al numero complessivo di tutte le altre comuni della Giurisdizione." Questi principi, per altro, non dovevano essere sempre di facile applicazione: "Il Governo da suo canto osservà che il giusto principio che la giurisdizione giudiziaria segua l'amministrativa è suscettibile di qualche eccezione, quando la diffettuosa [sic!] giurisdizione amministrativa ed un complesso di speciali circostanze rendessero evidentemente gravosa e difficile l'amministrazione della giustizia, nel qual caso minore mostrasi l'inconveniente che un distretto amministra-tivo appartenga a due giurisdizioni che lasciare una parte del distretto medesimo in una relazione contraria alla località rispettiva incomoda alle parti e dispendiosa all'Erario" (ASMi, 5). marzo 1833 emanata per il Regno Lombardo-Veneto, introdusse un cambiamento nella procedura in merito al requisito dei dieci anni di ininterrotta residenza. Da allora, lo straniero che avesse soddisfatto questa condizione, riceveva la cittadinanza austriaca solo quando dimostrasse alle autorità locali il proprio Wohnort (luogo di residenza), prestasse giuramento, e le competenti autorità politiche fossero convinte che il richiedente non aveva commesso crimini, teneva un comportamento morale e non dava origine a sospetti o lamentele. 426 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 Nelle discussioni sorte attorno ai quesiti dell'ispezione, qualcuno avanzó l'idea di accorpare le giurisdizioni delle preture come rimedio ai difetti riscontrati dall'ispezione. Mazzetti e il Senato, che avalló il suo suggerimento, scartarono quest'ipotesi, preferendo richiedere un numero contenuto di correzione ai confini e alle residenze delle preture esistenti senza ridisegnare l'impianto del 1818 (BCTn, 21). Le circoscrizioni giudiziarie erano già allora molto meno numerose dei distretti politici e Mazzetti scelse di non accentuare questo squilibrio. Forse anche il disagio espresso più volte dai delegati provinciali di fronte alla "potente e temuta cor-porazione" dei giudici (Berengo, 1993, 346), suggerí al consigliere aulico che non fosse il caso, adesso, di alimentare nuovi dissidi tra corpi dell'apparato statale. L'at-tenzione del Senato veronese piegó decisamente verso il terreno delle pratiche giudiziarie; cosí, invece di delimitare nuovi confini territoriali, si dispose d'intervenire sui "contesti d'uso" (de Certeau, 2001, 68) del linguaggio e del potere giuridico con-segnati nelle mani dei magistrati. Un'amministrazione della giustizia efficace era una necessità primaria a causa del sommarsi delle tensioni sociali e della crisi di legittimità che il Regno attraversava nei primi decenni dell'Ottocento. Ma il dialogo con i magistrati lombardi aveva messo sul tavolo del Senato, prima di ogni altra cosa, un elenco di proposte tendenti ad accrescere le capacité repressive dei loro uffici. Nonostante il testo del Codice, l'ambizione di restituire tranquillità e ordine pubblico alla società doveva mettere in un angolo le cautele imposte alle inquisizioni penali; dove gli scrupoli delle leggi frenavano l'attività delle corti, non c'era verso di catturare i delinquenti né di con-dannarli in maniera esemplare. Consigli di questo tipo finirono numerosi sotto gli occhi di Mazzetti. E tuttavia, una volta ultimato il proprio lavoro d'ispezione, il giudice trentino oppose una visione della giustizia molto lontana dall'intransigenza dei suoi colleghi. Basta scorrere i primi fogli del rapporto "All'Eccelso Senato Lombardo-Veneto" per rendersi conto del fossato che si era aperto in quei mesi tra le opinioni dei giudici e le sue. Se i magistrati avevano sempre parlato d'imputati e di come punirli in fretta, a qualunque prezzo, Mazzetti cominció la sua relazione non dalle aule dei tribunali, ma dai luoghi in cui le persone espiavano le loro colpe. Le carceri lombarde, non le procedure troppo miti o lente, erano il primo e il più grave dei "difetti" che il consigliere aulico presentava al Senato: "Criminale. Nel visitare le Carceri ho rilevato che si lasciano languire in carcere detenuti senza sentirli. Non solo non si sentono tostochè vengono arrestati come providamente dispongono i §§ 285 287 del Codice penale, ma si lasciano nelle carceri gli arrestati mesi e mesi senza mai sentirli. Cià succede massimamente con tutti coloro che vengono dalle politiche Autorità consegnati alle Carceri del Tribunale, quand'anche si fossero trovati in flagrante delitto, o negli atti politici ne risultasse la confessione. Essi non vedono mai la faccia del Giudice, finchè non si è formalmente aperta la speciale inquisizione se non si sono premesse tutte quelle operazioni che talvolta 427 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 sentito subito larrestato tornerebbero inutili. Queste operazioni succedono lentamente né a simili causi si dà preferenza. Le lagnanze dei detenuti alla visita della carceri erano infinite"(ASMi, 1).30 Orribile era lo stato delle carceri a Brescia, che rinchiudevano detenuti "non mai sentiti neppur sommariamente" da anni, e dove ai suoi rilievi si accampó il pretesto che "erano birbanti famigerati, quasiché co ' birbanti luogo non avesse il regolare corso di giustizia; " "sede del pianto, in ver pianto troppo giusto " erano anche le prigioni annesse ai tribunali di Milano, "per la moltitudine degli arrestati che non si sentono che dopo qualche mese;" cosi quelle di Mantova, Lodi e Como, mentre gli abusi diminuivano leggermente nelle sedi di Pavia, Cremona e Bergamo. Sulle conseguenze deteriori di queste procedure Mazzetti non aveva dubbi: "È veramente cosa strana e contraria ai filosofici principj della legislazione penale, ed alla libertà individuale de' Cittadini, che si veggano decreti di Tribunali criminali i quali ordinano che star debba in carcere chi non è né sentito né a lor giudizio gravato d'indizi legali. Tutta volta dopo i decreti d'Appello è questo il metodo ordinario dei Tribunali Lombardi" (ASMi, 2).31 Da qui in avanti le carte della relazione esposta al Senato mantennero lo stesso registro di toni: alla segnalazione d'irregolarità lesive dei diritti individuali, Mazzetti faceva seguire il puntuale rimando ai paragrafi del Codice che servivano a evitarle. Non dimenticó di far valere la propria esperienza sul campo, osservando che tenere troppo a lungo in carcere i sospettati senza sentirli significava "guastare le inquisizioni, un perdere ilprofitto che ne'primi momenti dell'arresto porge all'inquirente l'abbattimento in cui trovasi la coscienza del reo;" eppure non si scostó dal principio che in ogni caso, era "ben meglio fare una sentenza che tenere mesi ed anni i detenuti in carcere senza sentirli" (ASMi, 3). Il decreto aulico del 4 marzo 1823 condensó le osservazioni di Mazzetti "pel miglior andamento degli affari e per l'esatta esecuzione delle leggi" in un testo rilasciato all'I. R. Tribunale d'appello di Milano (BCTn, 21). I suggerimenti del 30 Alla prima carta si legge l'intitolatura del volume, "All'Eccelso Senato Lombardo-Veneto dell'I.R. Supremo Tribunale di Giustizia sedente in Verona. Rapporto del Consigliere Aulico Antonio Mazzetti, mediante il quale rassegna il risultato della visita dei Tribunali e delle Preture della Lombardia da lui eseguita in esecuzione dell'Aulico Decreto dei 10 aprile 1822." Il registro riporta note manoscritte, integrazioni, correzioni, di mano di Antonio Mazzetti e si conclude con una sottoscrizione autografa, datata Verona, 29 gennaio 1823 (ASMi, 1). 31 "Era io presente alla sessione del Tribunale di Brescia li 6 maggio 1822 quando il consigliere Cattaneo riferl sugli atti di tre detenuti che molti mesi prima erano stati della Polizia consegnati, né mai sentiti dal Tribunale, il quale allora conchiuse doversi aprire contro di loro l'inquisizione, ed intanto a tempo indeterminato tenere in prigione gli altri due senza pronunciare cosa alcuna sulla loro sorte, senza sentirli, e per la sola possibilità, che il terzo sentito potesse anche contro di loro deporre, conchiuso che fu cangiato sopra alcune osservazioni che io mi tenni in dovere di fare in vista di tale e tanta irregolarità, ma che vedesi spesso nel Tribunale di Brescia [...] Né solo pei detenuti dati dalla Polizia eravi nel Tribunale di Brescia l'abuso indicato" (ASMi, 2). 428 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 Commissario aulico esposti nelle riunioni del Senato furono presi alla lettera. Poiché gli ingranaggi della giustizia austriaca s'inceppavano spesso ai livelli inferiori, per-mettendo abusi e violazioni, le preture vennero sottoposte a un controllo ancora più stringente dei tribunali collegiali.32 L'ordine del Senato ribadiva l'esistenza di un ordinamento giudiziario suddiviso in rigide gerarchie interne; era uno dei tratti carat-teristici del sistema austriaco che qui venne deciso, se possibile, di rinforzare. Quanto peró alle pretese dei magistrati per aggiudicarsi una maggiore discrezionalità, le misure del decreto aulico andarono in senso contrario. I suoi articoli (Atti del Go-verno, 1823, 37 e ss) non introdussero alcun genere di modifica che rendesse le procedure inquisitorie meno aderenti al testo originale della Franziskana: tutte le parti del rito penale che i giudici consideravano superflue (la presenza degli asses-sori, la scrittura ordinata del fascicolo, una valutazione personale degli indizi) vennero precisate con ancora maggiori dettagli. La battaglia ingaggiata dai presidenti dei tribunali terminava, per il momento, in un nulla di fatto.33 Contro le "finalità di legittimazione" del potere giudiziario espresse nei verbali della visita, Mazzetti e il Senato opposero ancora una volta le ragioni di un controllo politico sulla magistratura. Dietro di esse s'intuivano facilmente nervosismi e preoccupazioni espresse negli ambienti governativi viennesi; in parte se n'era avuto sentore già in quegli anni,34 ma si poteva facilmente prevedere che gli attriti con i giudici non sarebbero cessati presto. 32 Copia del Decreto aulico rilasciato all'Appello di Milano il 4 marzo 1823 nr. 334/7, nr. VI: "Essendosi riconosciuto che il subordinare i Pretori ai Presidenti dei Tribunali porrebbe i primi sotto una più vicina sorveglianza e renderebbe essenzialmente più facile l'ispezione sul loro contegno e sulla loro diligenza in officio"(BCTn, 21). 33 E in una serie di trasferimenti di giudici da un tribunale all'altro che non pare casuale: si vedano i loro nomi in Atti del Governo, 1824, 68-70. Fu in quest'occasione, tra l'altro, che Mazzetti venne promosso a presidente del Tribunale civile di Milano. Il trasferimento coinvolse anche Francesco Giuseppe Battisti, una delle voci più critiche come abbiamo visto sullo stato della giustizia lombarda: da Rovigo, dove si trovava già nel dicembre del 1822, Battisti scrisse a Mazzetti una lettera molto deferente ma non priva di un punta di rammarico: "Approfitto dell'occasione che questo Deputato provinciale Signor Durazzo va a presentare gli omaggi di questa città a Sua Maestà per ricordarmi alla Sua grazia. Sebbene nell'economia domestica provi un terribile pregiudizio dalla mia traslocazione essendo qui assai maggiori le ordinarie mie spese, tuttavia la circostanza di avermi liberato da tanti fastidi che mi cagionava il Tribunale di Bergamo e la fiducia in cui vivo che non sia seguita per alcun mio demerito in faccia a Sua Maestà, fanno si che vivo colla mia famiglia contento. Il tribunale ha buoni impiegati e il Supremo Senato, dalle tabelle che verranno rassegnate al principio dell'anno nuovo, conoscerà che le discipline che vi ho introdotte senza aver disgustato alcuno hanno dato agli affari un più celere e regolare corso" (BCTn, 20). 34 Ad esempio, in un altro rapporto confidenziale del solito Josef von Sardagna al principe Metternich stilato nel 1822 (Pedrotti, 1929, 52 e ss). 429 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 SODNIK KOT INŠPEKTOR: ANTONIO MAZZETTI IN "VIZITACIJA" LOMBARDIJSKIH SODIŠČ (1822-1823) Marco BELLABARBA Univerza v Trentu, Oddelek za filozofijo, zgodovino in kulturno dediščino, IT-38122 Trento, Piazza Venezia 41 e-mail: marco.bellabarba@lett.unitn.it POVZETEK V začetku dvajsetih let 19. stoletja je veronski senat naročil sodniku Antoniu Mazzettiju, naj opravi skrbno inšpekcijo vseh sodnih organov v lombardijskem delu Kraljestva Lombardije in Veneta. Vnaprej pripravljen niz vprašanj je bil poslan vsem lombardijskim sodiščem in preturam, od sodnikov in pretorjev pa so pričakovali, da bodo izrazili svoje mnenje o upravljanju pravosodja. Predmet obsežnega vprašalnika so bili (ne)izvajanje novih uredb o postopkih, stanje zaporov, število osebja, vzpostavljene povezave med sodstvom ter policijskimi uradi in tako naprej. Izhodišče pričujočega prispevka so zapisniki, izročeni sodniku Mazzettiju, prek katerih preučujemo "interpretacijo" lombardijske družbe, ki so jo proizvajali avstrijski sodniki (v tistem času so bili pretežno lombardijskega in tirolskega porekla) nekaj let po ustanovitvi novega kraljestva. Vizitacijski protokoli so cesarsko vlado nadrobno seznanjali s stanjem pravosodja in spodbudili vrsto pomembnih zakonodajnih ukrepov, ki so bili izdani v prihodnjih letih po ukazu senata. Poleg tega je bila preiskava tudi priložnost, ob kateri so prišla na dan pričakovanja avstrijskih sodnikov v zvezi z njihovo vlogo. Dialog z Mazzettijem je torej razkril številne obstoječe vzroke za nesoglasje med dunajsko ministrsko birokracijo in lombardijskimi sodniki, ki so se upirali togemu hierarhičnemu nadzoru, kakršnega je nad njimi izvajala vlada, in omejitvam pri vodenju sodnih procesov, ki so jih določali zakonsko predpisani postopki. Ključne besede: pravo, uprava, sodstvo, Antonio Mazzetti, Kraljestvo Lombardije in Veneta 430 Marco BELLABARBA: IL GIUDICE COME ISPETTORE: ANTONIO MAZZETTI E LA "VISITA" ..., 411-434 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASMi, 1 - Archivio di Stato di Milano (ASMi), Senato Lombardo-Veneto, b. 273, c. 3r. ASMi, 2 - ASMi, Senato Lombardo-Veneto (SLV), b. 273, c. 7r. ASMi, 3 - ASMi, SLV, b. 273, c. 9r. ASMi, 4 - ASMi, SLV, b. 273, c. 521v. ASMi, 5 - ASMi, SLV, b. 273, c. 522v. BCTn, 1 - Biblioteca comunale di Trento (BCTn), BCT1, 1141-1146. BCTn, 2 - BCTn, BCT1-1387, cc. 42r/v. BCTn, 3 - BCTn, BCT1-1387, c. 52r. BCTn, 4 - BCTn, BCT1-1387, c. 52v. BCTn, 5 - BCTn, BCT1-1387, c. 69v. 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