GASPARE SCUDERI BEETHOVEN LE SONATE PER PIANOFORTE ČASA ED1TRICE SONZOGNO . MILANO DKLLA SOCIEtA ANONTMA ALBERTO MATARELLI B EETHOVEN LE SONATE PER P1ANOFORTE GASPARE SCUDERI BEETHOVEN LE SONATE PER PIANOFORTE ČASA EDITRICE SONZOGNO / MILANO DELLA SOCIETA ANONIMA ALBERTO MaTARELLI PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA [s Ljubljana«! N9 4031 - — - — 4 Edizione precedente 1933 Ristampa stereotipa finita il SO maggio 1951 Stabilimento Grafico Matarelli della Soc. An. Alberto Matarelli Milano - Via Passerella N. 15 Printed in Italy o-oc-R Al mio Maestro Florestano Rossomandi BEETHOVEN Il diuturno, infaticabile travaglio dello spirito di Beethoven e evidente, forse piti che nelle altre opere, nelle Sonate per pianoforte: nell’analisi quindi di queste Sonate, dedicata ai giovani studiosi, ho cer- cato di dare giusto rilievo alla continua evoluzione del pensiero beethoVeniano e, ubbidendo a questo concetto, ho delineato nella breve Introduzione la vita e l’educazione artistica di Beethoven nel pe¬ riodo giovanile e, per sommi capi, nel periodo vien- nese che precede la pubblicazione deU’Op. 2. Ho accennato anche alla Scuola di Mannheim ritenuta da qualcuno — il Riemann, per esempio — la prima fonte cui attinse lo spirito giovinetto di Beethoven; e per confutare questo giudizio ho pre- ferito riportare quanto hanno scritto stili’argomento alcuni studiosi di Beethoven, aggiungendovi di mio solo un commento di conclusione. E cib, perche esuli ogni dubbio che in una questione puramente artistica il giudizio possa essere fuorviato dalla pas- sione nazionalistica. Ho premesso poi breVemente ad ogni Sonata i jatti piti noteVoli della vita di Beethoven, le sue re- lazioni, il suo stato d’animo, affinche meglio appa- risse il valore delle singole opere; mentre, nell’ana- lisi delle Sonate ho cercato di rilevare le intuizioni e le realizzazioni tecniche ed estetiche di maggiore importanza, soprattutto quando rivelano una nuoVa ascesa della sensibilita artistica beethoveniana. 10 BEETHOVEN Per questo alcune Sonate, in special modo le pri¬ me o quelle in cui e piu evidente la nuova conquista tecnica o spirituale, presentano una particolare di- samina. Non ho voluto indugiarmi su questioni tecniche astratte o su dissertazioni di pura estetica perche le ho credute inutili ai fini del libro; ma non ho tra- lasciato di rilevarne l’importanza quando m’e sem- brato necessario per la maggior intelligenza del pen- siero e dello spirito di Beethoven. INTRODUZIONE Intorno al 1796, anno della pubblicazione del- l’op. 2, Beethoven trovavasi a Vienna da circa quat- tro anni inviatovi dall’Elettore di Colonia. Egli era gia stato a Vienna nel 1787, ma v’era rimasto poco tempo. Sarebbe di questo primo breve periodo viennese il voluto incontro di Beethoven con Mozart; anzi, afferma lo Schindler, i due per- sonaggi che colpirono maggiormente, per la loro diversa grandezza, il giovinetto Beethoven furono 1’imperatore Giuseppe e Mozart che rappresentb sempre, per lui, un’idealita fervente; poi che in¬ čama va con Haendel il genio della razza (1). Questo nazionalismo artistico di Beethoven inte- ressa vivamente perche e uno degli aspetti molte- plici della sua personalita decisivamente moderna che lo fa precursore riconoscibile delFottocento mu- sicale tedesco e delle nuove tendenze romantiche e trascendentali. (2) Un altro aspetto di interesse non minore e la con- cezione di liberta della quale aveva nutrito in Bonn 10 spirito giovinetto. Vissuto sul confine della terra di Francia nel tempo in cui vi giungeva potente 1’eco delle nuove idee, egli, pur non irrobustito dalla necessaria coltura, ne aveva intuito subito non solo 11 valore ideale, ma tutte le conseguenze rivoluzio- (1) Schindler: Biographie von L. Van Beethoven. (2) Vedremo neH’analisi delle sonate op. 81, op. 90, op. 101 come Beethoven, mettendo da parte le tradizionali indicazioni italiane, abbia voluto servirsi della lingua tedesca. 14 BEETHOVEN narie. E si deve a questa nuova coscienza umana 1’orgoglio profondo di Beethoven che, ancor giovi- netto, senti come il valore dell’intelligenza supe- rasse di gran lunga ogni altro valore, e come la sua arte non fosse un’espressione vuota e piacevol- mente graziosa nata per gli ozi delle classi sociali piu elevate, ma essenza prima e piu vera dello spi- rito umano. Onde, appena si affermo in lui una personalita, 1’arte sua si umanizzo drammatizzando- si fino allo spasimo, ed espresse potentemente i piu oscuri tormenti e le piit alte vette della gioia umana. Beethoven si fermo a Vienna la prima volta, come s’e detto, brevissimo tempo — probabilmente dal- 1’aprile al giugno 1787 — e non si hanno di questa breve permanenza particolari degni di nota. Egli dove certo sentire il fascino della citta ege- mone, ed il suo spirito, a questo primo affacciarsi in un mondo cosi nuovo per lui e cosi immenso, dove palpitare ed essere pervaso dal desiderio della conquista ideale cui mirava. Il breve soggiorno fu spezzato tristemente, oltre, forse, che da ragioni economiche, dalle condizioni gravissime di salute della madre ch’egli fece appena in tempo a rivedere. 11 ritorno a Bonn fu doloroso. Ce ne informa lo stesso Beethoven in una lettera al consigliere Schaden che gli era stato d’aiuto nel suo viaggio di ritorno (I). Il dolore ha visitato ormai indelebilmente Bee¬ thoven che gia conosceva la tristezza d’una misera vita di stenti e che, fin dalfeta piu tenera, aveva sentito il tormento delle sofferenze materne ed il peso della famiglia non curata dal padre. Non e fuori di luogo notare qui come gia fino dalle (1) Lettera del 15 settembre 1787. LE SONATE PER PIANOFORTE 15 prime relazioni familiari e dal primo sviluppo della merite giovinetta, Beethoven abbia dovuto sentire la Tita attraverso il dolore; e come il suo potente genip anziche smarrirsi nei tetri meandri d’un nero pessimismo, quando nell’eta matura la sorte gli šara ogni giorno piu avversa, sapra trasfigurare il dolore e rivelarlo quale sentimento necessario alla conoscenza ed alla espressione della grandezza e, in ultima analisi, della gioia umana. Per questo pub dirsi ch’egli senti la « gioia » at¬ traverso il dolore, e che la «gioia» trascende in Beethoven le contingenti relativita per assurgere ad una infinita e luminosa manifestazione del senti¬ mento di tutta la collettivita umana. Egli stesso dice « Noi esseri finiti con uno spirito infinito, non siamo nati che al dolore e alla gioia, e si potrebbe anzi dire che i piu eletti giungono alla gioia attraverso il dolore ». Dalla morte della madre al suo definitivo ritorno a Vienna passano ancora cinque anni: anni di duro lavoro allietati solo dalla soddisfazione del dovere compiuto, dal vigile affetto del suo protettore, conte di Waldstein, e della buona famiglia Breuning do- v’egli strinse le amicizie piu čare e piu salde della sua vita — Stefano Breuning e Gerardo Wegeler — e dove fioriva il gentile sorriso della piccola Lo- schern. Loschem e la prima fanciulla che incon- triamo nella vita di Beethoven. Egli stesso confes- sera piu tardi come il suo cuore avesse tremato di dolcezza per la piccola amica della lontana infan- zia; ma 1’amore di Beethoven ebbe sempre un va- lore tutto ideale, ed egli lo senti solo come desi- derio ed espressione di un’alta vita spirituale. Consigliato ed incoraggiato da Haydn, di pas- saggio per Bonn al suo ritorno da Londra, e con 1’aiuto economico e morale dell’Elettore, ispirato 16 BEETHOVEN certamente dal conte di Waldstein, Beethoven la- scio nel 1792 la sua piccola Bonn per Vienna. Gli amici vollero esprimere i loro auguri e la loro fede nel suo avvenire in un piccolo album. II conte di Waldstein vi scriveva: « Lei va a Vienna per rea- lizzare un desiderio espresso da molto tempo; il genio di Mozart e ancora in lutto e piange la morte del suo discepolo. Nelfinesauribile Haydn trova solo un rifugio; esso desidera ancora di unirsi a qual- cuno. Riceva Lei lo spirito di Mozart dalle mani di Haydn ». E la piccola Loschern citava tre versi delLHer- der: Che 1’amicizia col bene Cresca come l’ombra della sera, Fino a che si spenga il sole della vita. Prima d’iniziare 1’analisi delle opere, crediamo utile fare un’altra breve digressione intorno all’am- biente culturale in cui visse Beethoven, ed alle sue idealita artistiche. Indiscutibilmente, non si pub trascurare il pe¬ riodo di Bonn: qui comincib a formarsi il suo spirito musicale, qui, egli, benche giovinetto, preše parte attivissima al movimento artistico. Beethoven fu iniziato allo studio del pianoforte dal padre che aveva per il figlio, quando il vino non 1’abbrutiva, un grande affetto. Era, anzi, il suo orgoglio: « Mio figlio Ludovico. In lui e, ora, la mia unica gioia... Lo vedo, con il tempo diven- tare grande nel mondo ». Dei primi maestri, oltre il padre, vanno ricordati il Pfeiffer, Wilibald Kok, il Van den Leden. Ma il suo Vero primo maestro fu Chr. Gottlob Neefe. Beethoven stesso lo conferma in una lettera al Nee- LE SONATE PER PIANOFORTE 17 fe: (I) « lo La ringrazio dei consigli che mi ha dato cosi spesso durante lo studio della mia arte divina. Se diverro un giorno qualcosa, Lei avra la Sua parte... ». L'insegnamento del Neefe fu molto serio ed in- dirizzato a sviluppare nel giovinetto il senso del bello e il desiderio del creare. La figura artistica del Neefe e interessante: buon musicista, spirito col to e all’avanguardia del movimento musicale, il suo insegnamento era improntato a questo concetto di modernita che, certamente, esaltava il suo al- lievo. Era il tempo in cui F. E. Bach — ritenuto allora il piu grande dei Bach — poteva dirsi alLavanguar- dia del pensiero musicale tedesco: onde, poi, i po- steri suoi conterranei .gli attribuirono la priorita nel- 1’invenzione della nuova forma di sonata, priorita giustamente non accettata da una critica piu obbiet- tiva (2). Il Neefe, critico e scrittore musicale, conosceva bene la produzione artistica di F. E. Bach, e ne faceva seguire al giovinetto Beethoven il metodo d'insegnamento pianistico (3). Spirito, come abbiamo detto, colto e ricco di senso artistico, egli trasfuse nel suo giovane allievo il (1) Citata da Y. G. Prod’homme in ijeunesse de Beethoven«. (2) Fausto Torrefranoa: La Creazione della Sonata drammatica moderna. Poeti Minori del Claoicembalo. Ricista Musicale Ita- liana, 1910. La lotta per 1’egemonia musicale del Settecento (R. M. I., 1917). La Fortuna di Ph. E. Bach nell’Ottocento (R. M. I., 1918). (3) Si suona, dice F. E. Bach, con le dita arcate e leggere. La rigidita impedisce ogni movimento. Chi suona con le dita teše e rigide va incontro, oltre ad un naturale disagio, ad un in- conveniente capitale perche a causa della loro lunghezza, allon- tana troppo le altre dita dal pollice che dev’essere vicino ad esse piti che sia possibile, e toglie a questo dito principala ogni pos- 18 BEETHOVEN desiderio di conseguire un’alta meta, di non pie- gare alle piccole cose; cosi che 1’educazione del giovinetto fu improntata a grande serieta artistica. Se nella tecnica contrappuntistica Beethoven non raggiunse con lui una piena sicurezza, del che, piu tardi, lamentavasi Haydn e piu ancora 1’Albrechts- berger, ottimi furono i risultati nel campo pianisti- co; n’e prova il nome fattosi da Beethoven a Bonn, e piu ancora, l’ammirazione che egli destb subito come virtuoso a Vienna, centro artistico dove con- venivano d’ogni parte i maggiori musicisti del tem¬ po. £ pero interessante notare — e cib ha impor- tanza essenziale per la preparazione all’interpre- tazione della mušica beethoveniana — che Bee¬ thoven dava valore soprattutto alla espressione, alla rivelazione delFessenza della mušica che eseguiva. Anche molti anni dopo, e gia celebre, cosi egli scri- veva a Czerny, suo antico allievo al quale aveva affidato l’educazione musicale del nipote Carlo: « Sia esigente con lui per quel che riguarda 1'espres¬ sione, non lo faccia arrestare per un piccolo errore, ma glielo faccia notare alla fine del pezzo, Benche 10 abbia insegnato poco, pure ho seguito sempre questo metodo che forma presto il musicista — cib che e uno dei primi oggetti dell’arte — ed affatica meno il maestro e 1’allievo » (1). Questa sua concezione interpretativa ci da la vi- suale diremo panoramica del genio beethoveniano, sibilita di fare il suo ufficio. Se colui che suona intende la vera applicazione di questi principi, suonera, se non ha prešo l’abitu- dine dei gesti inutili, le cose piu difficili senza che quasi si veda 11 movimento delle mani; al contrario, un altro suonera piuttosto male le cose piu facili con molte contorsioni e smorfie. (Versuch iiber die wahre Art das hjavier zu spielen). (1) Lettera a Czerny (1817). LE SONATE PER PIANOFORTE 19 e ci rivela nello stesso tempo il segreto della inter- pretazione della sua mušica. Ma, soprattutto, ci rivela la vera natura del suo spirito profondamente romantico. II romanticismo di Beethoven differisce nettamente da quello che, poi, prendera una particolare espressione tedesca con Roberto Schumann; esso si manifesta incon- sciamente poco a poco nel diuturno lavorio per con- seguire una meta che, benche sentita e chiaramente intravista, gli apparira sempre irraggiungibile. Per questa necessita 1’opera delFeta piu matura, pur co- stretta quasi sempre nei tradizionali limiti della forma — forzata, violentata forse, mai interamente abbandonata — risentira nella sua realizzazione 1’affanno della conquista, e apparira talvolta esu- berante e non espressa entro una castigata ed ade- rente linea formale. La sua natura « quasi selvag- gia e 1’alta coscienza di se sorretta da un’anima fierissima » (1) gli daranno particolari visioni d’arte che trascenderanno la comune sensibilita musicale. E sono appunto queste particolari «visioni » che rivelano la natura del romanticismo beethoveniano che non e materiato — come šara poi, invece, nello Schumann — di nebulosita sensitive, di luči ed om- bre siderali; ma nasce piuttosto dallo sforzo stesso per la conquista delFidea intravista nel mondo di suoni ancora non rivelato, verso cui lo spirito crea- tore tende con passione ed, a volte, con veemenza. Ma Beethoven prima di affrontare e realizzare 1’ardua conquista del « trascendentale n aveva dato nelle pure e adeguate forme espressive alcune opere classicamente perfette. Si pensi alVAdagio della « Patetica ». 11 bello che i popoli del mezzogiorno intuirono ed esaltarono (1) Wagner: Beethoven. 20 BEETHOVEN nella luce del cielo mediterraneo, trovera ancora un’espressione in questo figlio della terra del Reno; e non per una voluta ricostruzione intellettuale che lo porti ad un’eguale visione estetica, sibbene per un’analoga profonda commozione d’arte. Ne l’ambiente di Bonn, ne quello ch’egli conobbe a Vienna nel breve viaggio del 1787 poterono dar- gli una vera conoscenza della mušica strettamente strumentale o sinfonica. L’una e l’altra citta pote- vano considerarsi come due feudi della meravigliosa dilagante attivita melodrammatica italiana, del cui fascino e della cui potenza la sensibilita squisita del giovinetto doveva, senza dubbio, sentire subito l’in- fluenza. Se noi pensiamo alla produzione di Bee¬ thoven fino alle sonate deli’op. 2 dedicate ad Haydn, ne abbiamo sicura conferma. Non che qui si vo- glia affermare che lo spirito beethoveniano si sia formato attraverso il melodramma del tempo; si vuole soltanto constatare come a questo influsso non sia sfuggito il creatore dei recitativi della « Nona » e di alcune sonate spiccatamente drammatiche. Limitandoci, infatti, alle tre sonate delFop. 2 alla creazione, cioe, di un periodo in cui Beethoven non era piu un fanciullo, vediamo come questo influsso si rispecchi nelVAdagio e nella seconda parte del quarto tempo della prima sonata, ed ancora, nel Poco piti animato delVAdagio della terza sonata dove il movimento delle biscrome e, soprattutto, 1’ansimare del canto sincopato riflettono la dram- maticita tipica del melodramma non solo di quel tempo. Altre influenze di importanza non minore contri- buirono alla formazione del suo spirito musicale. Piu che F. Emanuele Bach e la scuola di Man- nheim, cosi a cuore al Riemann, e bene ricordare LE SONATE PER PIANOFORTE 21 Mozart, Haydn e Clementi. L’influenza di quest'ul- timo che Beethoven predilesse e la cui opera egli ebbe sempre presso di se e pero piu evidente in un secondo periodo. Invece, nella prima giovinez- za, gli sono piu vicini 1’italianizzante Mozart ed il classico Haydn che seguono, sviluppandole, le vie nuove tracciate dai sonatisti italiani nel Settecento. Abbiamo accennato alla scuola di Mannheim cui uno spirito nazionalistico — del resto giustificabi- le — attribuisce un’influenza decisiva sulla forma- zione dello spirito beethoveniano. L’argomento e stato completamente esaurito, e non ci pare sia il caso di scriverne a lungo. Cerchiamo piuttosto d’indagare con obbiettivita storica — senza, per altro, dare a cib un significato di rivendicazione nazionale — se i maestri di Man¬ nheim poterono influire sullo spirito del giovinetto Beethoven piu degli italiani. Il Riemann (I) dice che il viaggio di Beethoven a Vienna nel 1787 per diventare allievo di Mozart, ed il viaggio del 1792 per diventare allievo di Haydn dimostrano chiaramente che Beethoven aveva pre¬ sto capito che quella da seguire era la via di Man¬ nheim seguita gia da Mozart e Haydn. Tale affer- mazione non pub che meravigliare in uno studioso della competenza e del valore del Riemann. Noi ci domandiamo come sia potuta sfuggire al Rie¬ mann la vera ragione del viaggio di Beethoven, e con quale serieta critica egli abbia potuto affer- mare che Haydn e Mozart hanno battuto la via di Mannheim, quando non e facile dimostrare in che consista questa nuova via musicale tracciata e seguita dai maestri di Mannheim. (1) Riemann: Analyse von Beethoven Klavier Sonaten. 22 BEETHOVEN E qui e bene, forse, riepilogare brevemente le ori- gini della scuola di Mannheim e le polemiche a cui la voluta importanza di questa scuola ha dato luogo; polemiche dalle quali risulta oramai chiaro che le novita coloristiche e le maniere dei « Man- nheimer » erano gia State create ed usate dai so- natisti e dai sinfonisti italiani prima che dai mae- stri di Mannheim; i quali per la verita, se gode- rono, nel loro fiorire, la stima dei connazionali non assursero mai ad una rinomanza tale da farli rite- nere, come volle il Riemann, i creatori d’un nucvo indirizzo d’arte inteso e seguito da contemporanei quali F. E. Bach — del quale e gia stata mostrata la relativa importanza artistica (1) — da Mozart e da Haydn. Quanto all’origine dei « Mannheimer » dice il Col- lini nelle sue « Lettere sui tedeschi »: « Una nuova scuola di mušica strumentale si for¬ mo poco dopo (quella di Berlino) nel Palatinato del Reno, e s’elevb su quella di Berlino. Il suo gusto era misto, italiano-tedesco. I violini di Mannheim cominciarono a distinguersi in Europa per la loro celerita e per 1’esecuzione dei pezzi piu difficili a prima vista. Questa tendenza alla celerita ha gene- rato un vizio, e cioe, che tutto per loro e divenuto celerissimo. «Un adagio degli italiani e per essi quasi un andante. Non vi sono violini stranieri che possano seguirli in un prestissimo. Cio fa loro trascurare Vespressione, che e quello che v’e di piu difficile nella mušica d’ogni genere ». Il Presidente de Brosses nota, nelle sue « Lettere su 1’Italia », che i « Mannheimer » usarono un pro- (1) Fausto Torrefranca: La Fortuna di Ph. E. Bach nelFOtto- cento (Rivista Musicale Italiana, 1918). LE SONATE PER PIANOFORTE 23 cedimento che non s’era giunti a realizzare fino al- lora: il « crescendo ed il decrescendo ». II Riemann, ch’e stato il maggiore assertore del- 1’influenza di Mannheim su Beethoven, ha fatto piu volte un sottile studio di comparazione fra le prime sonate del Nostro e alcune opere piu signi- ficative della scuola di Mannheim e, soprattutto, dello Stamitz (1). Ma al Riemann giustamente e stato obbiettato, anche in Germania, che la scuola di Mannheim non manifeste principi o tendenze mu¬ šicah che non fossero noti precedentemente. Non pub, infatti, affermarsi — come serisse anche il Pre- sidente de Brosses — ch’essi ebbero una visione coloristica assolutamente nuova, e bene ha detto a questo proposito il Kamienski (2) che non si pub attribuire aleuna invenzione alla scuola di Man¬ nheim che ha soltanto realizzato in orchestra le espressioni coloristiche che gia da prima il Gemi- niani e con lui tutti gli italiani avevano realizzato nella mušica vocale, seguiti poi dai musicisti tede- schi, tutti del resto italianizzanti: Graun Hasse, Bach de Hambourg, Gluck stesso. Non si pub parlare, quindi, di invenzioni dei « Mannheimer », cioe di una necessita spirituale realizzata per la prima vol¬ ta per creare 1’espressione d’una sensibilita artistica sconosciuta fino allora. Con piu forza alferma il Torrefranca (3); « ... la scuola di Mannheim fu considerata dai contempora- nei, e deve considerarsi da noi, come una scuola non tanto di compositori quanto di interpreti. Tanto nel caso dello Stamitz, quanto in quello di Ph. E. Bach (1) Johann Stamitz (1717-1757). (2) Kamienski: Mannheim und Italien. (3) Torrefranca: La lotta per Vegemonia musicale nel Sette- cento. 24 BEETHOVEN si tratta, tutfal piu, di lineamenti tecnici dedotti dal- 1’arte italiana e messi in valore per mezzo di un particolare stile di esecuzione. Senza dubbio, quel- lo cbe e in loro asciuttamente tecnico si rivelera piu tardi, in altri autori (Haydn, Mozart, Beethoven), stilema pieno di forza espressiva, ma questo non vuol dire che essi abbiano creato una musicalita nuova. Essi non fecero altro che insistere su ele¬ menti propri delFarte italiana, nell’atmosfera della quale erano stati educati; e precisamente sugli ele¬ menti che piu si confacevano alla psiche tedesca. Essi non sono degli innovatori: sono, per cosi dire, « dei selettori ». Del resto non pub piu ignorarsi, oggi, il contri- buto dei sonatisti italiani del ’700 che crearono tutti gli schemi, le maniere, il procedere, lo spirito e Fessenza stessa della Sonata la quale, attraverso Haydn, Mozart e soprattutto Clementi — vero fon- datore della tecnica pianistica — trovera in Bee¬ thoven il piu grande realizzatore (1). A quanto abbiamo gia esposto, aggiungiamo una osservazione di carattere non storico, ma piuttosto logico. E cioe questa: come poteva un musicista giovi- netto d’una piccola citta di provincia, dove un Elet- tore manteneva un’orchestra adibita specialmente alle opere teatrali •— 1’attivita artistica piu accetta, piu amata, piu quotata — come poteva il giovine Beethoven, sia pure educato dal Neefe con larga visione d’arte, dare valore alla scuola di Mannheim (1) Oltre gli studi citati del Torrefranca, vedi anche per l’am- biente dove nacquero alcune maniere e forme sonatistiche e sin- foniche G. Cesari: Giorgio Giulini, musicista (Rivista Musicale Italiana, 1917); Torrefranca: Le origini della Sinfonia. Per il Clementi vedi: G. C. Paribeni: Muzio Clementi nella vita e nel- l’ arte. LE SONATE PER PIANOFORTE 25 quando, neppure oggi, pud dimostrarsi che ai com- positori di questa scuola fosse attribuita in quel tempo una particolare espressione di originalita, ne che essi godessero una farna superiore a quella vi- vissima dei musicisti stranieri e, soprattutto, ita- liani ? Del resto, tutta la produzione di Beethoven gio- vinetto dimostra ch’egli era entusiasta della mušica in auge nel suo tempo, e tutto lo spirito del nostro bel settecento — naturalmente anche quello stru- mentale ricco di caratteristiche ritmiche e temati- che — e assimilato nelle sue composizioni. £, quindi, per lo meno esagerato affermare che Beethoven, appena diciassettenne, intuisse il valore della scuola di Mannheim, e che gia il suo spirito ne riconoscesse in Haydn ed in Mozart i musicisti storicamente rappresentativi: Haydn e Mozart la cui personalita artistica, dopo piu d’un secolo, non appare sostanzialmente diversa da quella dei grandi musicisti del loro tempo. Beethoven fu inviato a Vienna, non per seguire le tradizioni della scuola di Mannheim attraverso 1’insegnamento di Haydn — e fuori il vero pen- sare a Mozart, poi che il voluto incontro tra Mozart e Beethoven non ha nessuna seria base storica — ma perche Vienna era allora il centro culturale di maggiore espansione piu vicino, e perche il conte di Waldstein, che vivamente s’interessava all’av- venire di Beethoven, aveva li le maggiori relazioni: e vi fu inviato, come tanti altri giovani venivano mandati per ragioni di studio nei grandi centri na- zionali e stranieri. Benche le relazioni fra Haydn e Beethoven siano state sempre amichevoli, pure e da supporre con fondamento che 1’allievo non sia statp del tutto 26 BEETHOVEN contento del maestro, e che, d’altra parte, il mae- stro non si sia curato molto deH’allievo. Haydn aveva da pensare a ben altro che a cor- reggere gli errori contrappuntistici del giovane Bee¬ thoven, e questi, a sua volta, non doveva essere il piu diligente degli allievi; o per lo meno, do- minato gia da una spiccata personalita, non sapeva elaborare pazientemente 1’esercizio aridamente e sco- lasticamente contrappuntistico. Beethoven non era piu un fanciullo, aveva gia ventidue anni, ed una ricca produzione che, se pure ineguale, non priva di mende e non tutta originale, era tale da avergli procurato la stima incondizionata dei suoi concitta- dini e la benevolenza e l’aiuto dell’Elettore e della sua corte. Ad ogni modo, contemporaneamente alle lezioni di Haydn, Beethoven ebbe quelle molto piu pra- tiche di Giovanni Schenk, 1’autore del «Barbiere del Villaggio«. Alla partenza di Haydn per Londra (19 gen- naio 1794) Beethoven, che gia non prendeva piu le ripetizioni di Schenk si rivolse, consigliato forse dallo stesso Haydn, ad Albrechtsberger, celebre contrappuntista del tempo e famoso, anche, per la sua pedanteria. Temperamenti assolutamente opposti, Beethoven ed Albrechtsberger non ebbero mai alcuna simpa- tia l’uno per 1’altro. Albrechtsberger cosi giudicb il suo allievo: « non ha imparato nulla, e non fara niente di suo». E Beethoven, di rimando: ((Al¬ brechtsberger, un pedante che eccelleva nell’arte di creare carcasse musicali, arte messa da lui so- pra tutto ». Un terzo maestro ebbe Beethoven, e le relazioni con lui furono certamente piu cordiali e 1’amicizia di piti lunga durata: Antonio Salieri. Con il Salieri, LE SONATE PER PIANOFORTE 27 che gli dette lezione gratuitamente, Beethoven stu¬ dio lo stile vocale e l’espressione drammatica; poi che il Salieri, allievo del Gluck, fu un continuatore della potenza drammatica della mušica di cui co- nosceva la tradizione che faceva capo alla Camerata ed ai maggiori musicisti delle scuole italiane che la valorizzarono. Ancora una digressione prima d’iniziare 1’analisi delle Sonate. Esula dal nostro compito studiare le origini e lo svolgimento della sonata che, derivata dalle « forme di ballo » — le prime che dettero vita alla mušica strumentale — fu dovuta anch’essa ai genio ita- liano. Questo libro non si propone di rivendicare all’Italia la creazione della forma della sonata: ba- sta una conoscenza anche mediocre delle sonate del Legrenzi, del Vitali, del Corelli, dello Scarlatti, del Platti, del Galuppi, del Paradisi e del Clementi — citiamo i primi che si presentano alla memoria — per constatare che la forma bipartita e la tri- partita sono State create in Italia e che, ripetiamo, anche ih Italia furono intuiti e realizzati artistica- mente tutti gli schemi, le maniere, il procedere, lo spirito, Vessenza stessa della sonata moderna; si che Beethoven, fin dall’inizio della sua attivita ar- tistica, trovera ben determinata la forma della so¬ nata: snella, vibrante o incisiva nel primo e nel- 1'ultimo tempo, soffusa a volte di sensibilita poe- tica negli Adagi. Vi portera egli la particolare im- pronta del suo genio e dara piu vasto respiro ai vari tempi creando lo Scherzo di cui parleremo a suo luogo. Ma soprattutto creera, edotto del profon- do lavorio dei secoli nella continua conquista di espressivita musicali, piu che nuove forme d’arte un nuovo mondo sonoro d’infinita bellezza, TRE SONATE - OP. 2 dedicate a GIUSEPPE HAYDN Opera 2 - N. 1 Allegro - Adagio - Mi- nuetto - Prestissimo L’opera 2 fu compiuta a Vienna, e pub dirsi che con essa e con i Trii dell’op. I, per pianoforte violino e violoncello comincino le composizioni viennesi di Beethoven. £ stato detto giustamente ch’egli ha voluto che questi suoi lavori portassero i primi numeri delle sue opere per significare che non dava piu alcuna importanza alle composizioni pubblicate precedentemente. Ma non bisogna cre- dere che queste opere siano interamente frutto del periodo di lavoro viennese poiche Beethoven aveva con se, al suo arrivo a Vienna, un numero consi- derevole di composizioni, di appunti e di lavori ini- ziati a Bonn che gli permisero di pubblicare e far conoscere agli intimi, in pochissimo tempo, molta della sna mušica. Rispettando, pero, la volonta stessa di Beetho¬ ven, preferiamo iniziare la nostra analisi con le so¬ nate deli’op. 2 anzi che con quelle senza numero d’opera che le precedono e che, composte tutte nel periodo di Bonn, rivelano, piu che nuove tendenze, le strade percorse dal Maestro, prima di riuscire alla concezione di un’opera significativa quale l op. 2. In queste sonate della prima giovinezza di cui sono visibilissime le fonti, (la mušica che si ese- guiva nel teatro di Bonn, i clavicembalisti e, so- prattutto Haydn, Mozart, Clementi) non ve nulla di veramente notevole, ad eccezione di qualche ten- 32 BEETHOVEN denza ancora non chiara ne come espressione spi- rituale, ne come linea formale. Del resto, rispetto alla forma, Beethoven non fu mai — tranne nelle ultime sonate cui perviene con lenta, continua evo- luzione — un vero novatore. In un primo tempo egli accetto la forma della sonata come l’ebbe in eredita dai piu grandi sonatisti che 1’avevano preceduto. II De Wyzeva (1) scrive in proposito: « Le sue sinfonie, le sue sonate, i suoi quartetti, la sua ope¬ ra, egli li ha scritti sul modello delle sinfonie, delle sonate, dei quartetti e delle opere dei suoi con- fratelli; ma i suoi confratelli s’erano serviti di que- sto linguaggio per accarezzare 1’orecchio, mentre egli se n’e servito per esprimere in tutte le loro sfumature i sentimenti piu profondi che abbiano commosso un’ anima fremente di passione e di poesia ». Ma piu precisamente nota lo Chantavoine (2): '« Beethoven ha accettato la forma della sonata ma l’ha profondamente modificata, nella sua struttura e nel suo spirito: l’ha spogliata di tutto il suo dogma- tismo e le ha dato in cambio tutta l’eloquenza di cui essa era suscettibile. La famosa forma sonata stessa, 1’archetipo del genere, ha subito delle meta- morfosi. Per una scelta piu libera dei tempi e delle tonalita, per le modificazioni che impone alla forma del loro sviluppo, Beethoven piega al suo umore o alle sue emozioni lo strumento fino allora un po’ rigido della sonata ». L’op. 2, composta probabilmente nel 1795 e pub- blicata nel 1796 presso Artaria a Vienna, e dedi- cata a Giuseppe Haydn: « Tre sonate per il clavi- cembalo o il pianoforte composte e dedicate al si- (t} R,- de Wyzeva: Beethoven et Wagner. (2) Chantavoine: Beethoven. LE SONATE PER PIANOFORTE 33 gnor Giuseppe Haydn, dottore in mušica, da L. Beethoven ». Perche Beethoven non mise in rilievo, nella de¬ diča, ch’egli era allievo di Haydn ? Ries ci dice (1) « Haydn aveva desiderato che Beethoven mettesse nel titolo di queste sonate « allievo di Haydn », ma Beethoven non volle perche « non aveva prešo che poche lezioni e non aveva imparato nulla da lui ». Ed in realta Beethoven non pub considerarsi al¬ lievo di Haydn neppure in queste prime sonate; vi e gia in esse il dinamismo che assurgera in lui ad una nuova espressione, e che le rende non confon- dibili con quelle di Haydn e di Mozart. Alcuni studiosi, preoccupati da analogie temati- che ed anche grafiche, s’indugiano a notare le con- comitanze, piii o meno casuali, tra alcuni elementi ritmici del Nostro e quelli dei predecessori. Cosi il Reinecke (2), seguito anche da altri, paragona il tema della Sonata in fa min., con il finale della Sin- fonia in sol minore di Mozart, ed il Riemann, no- tando giustamente che gli accordi in arpeggi ascen- denti si trovano in generale nel periodo che va dal 1750 al 1800, non sa astenersi dalhinsinuare ch’essi erano particolarmente usati dai maestri di Man- nheim: e cio a sostegno della teši della filiazione ideale di Beethoven dai maestri di Mannheim. Ma, se vogliamo cercare i fili ascosi della forma- zione della sensibilita giovanile di Beethoven, e fa- cile trovare altri rivi che provengono da piu lon- tane e pure fonti: le stesse, del resto, che, in ul- tima analisi, diedero vita alla scuola di Mannheim. Basta citare in blocco il ’700 italiano o, se vo¬ gliamo precisare qualche nome, Scarlatti e Galuppi. (1) Ries: Notizen. (2) Reinecke: Die Beethovenschen Klaviersonaten. 2. 34 BEETHOVEN E, se per amore di dettaglio o di confutazione vo- lessimo addurre un esempio di accofdi snodati in arpeggi ascendenti che ricordi, sebbene in modo maggiore, il tema beethoveniano della Sonata in fa, basterebbe citare il tema e quasi tutta la Sonata in fa di Giuseppe Sandoni che, indubbiamente, non cercb fra i maestri di Mannheim i suoi ispiratori. Ma ancora un esempio e bene addurre per la rivendicazione di alcuni movimenti e di alcuni pro- cedimenti: una sonata del Durante — si noti che 1’attivita artistica dello Stamitz (I) non era, pub dirsi, neppure iniziata quando il Durante era nella piena maturita del siio stile — una sonata del Durante, dicevamo, ha come disegno tematico le stesse note del tema del primo tempo della sonata Op. 2 n. I di Beethoven; e la risposta — che nel Durante pub quasi rappresentare una seconda idea — e formata, come in Beethoven la seconda idea del primo tempo dell’op. 2 n. I, dall’arpeggio presentato per moto contrario. 11 Torrefranca (2) giustamente commen- ta: « 11 contrasto alla Beethoven e creato: i due temi non sono frammenti di due mondi diversi che conflagrano insieme come in Wagner, in Ugo Wolf, in Bruchner, che ne furono talvolta tiranneggiati o sopraffatti, sono l’uno la catarsi dell’altro ed espres- sioni ambedue d’una sintesi originaria cui la mušica aspira di nuovo, attraverso lo svolgimento dei suoi elementi generatori ». Concludendo, 1’analogia di un movimento tema¬ tico ci pare sia cosa quasi nulla rispetto allo spi- rito che anima la composizione. Ecco perche e forse maggiormente interessante e (1) Johan Stamitz, il maggiore rappresentante della scuoia di Mannheim. (2) F. Torrefranca : Poeti tninori del clavicembalo (Rivista Mu« aicale Italiana, 1910). LE SONATE PER PIANOFORTE 35 direi, anzi, di valore capitale la teši del Riemann, il quale, volendo rivendicare ai maestri tedeschi la formazione spirituale del giovane Beethoven, non tralascia di far notare che 1’accordo in arpeggi ascen- denti che inizia la sonata in fa min., era partico- larmente usato dai maestri di Mannheim; dimen- ticando, pero, che Beethoven aveva potuto impa- rarlo anche da altri autori, e che come musicista del teatro di Bonn — dove la mušica ed i cantanti italiani signoreggiavano indiscussi — non aveva bi- sogno di fare preziose ed intellettuali ricerche in campi in cui non era facile trovare alcunche di ve- ramente nuovo, e che non erano cosi famosi da attrarre la curiosita d’un artista come Beethoven, ri- cercatore anelante e doloroso soprattutto del pro- prio io, immerso in una profondita spesse volte in- scrutabile. II primo tempo della sonata in fa min., interessa - per un non so che di fresco e giovanile e perche Beethoven, benche giovanissimo, riesce ad espri- mere il suo pensiero in una pura forma perfettamen- te classica. Si noti, infatti, la compostezza della incisiva espressivita račchiusa senza nessuno sforzo nelle linee formali che si direbbero dettate da un maestro. Pare che Beethoven stesso abbia avuto la giusta nozione del suo lavoro: e significativo, in¬ fatti, che sia questa, per lui, la prima sonata; quasi che le composizioni precedenti del genere non fos- sero che abbozzi e studi per il primo quadro da presentare al giudizio del pubblico. Ed in realta e cosi. E solo qui ch’egli riesce a dire in una prima forma propria, o meglio, con assimilazione perfetta degli studi fatti, il suo ancora ingenuo, ma gia inconfon- dibile pensiero musicale. 36 BEETHOVEN In questo tempo troviamo in una inconscia sin- tesi l’allegro slancio scarlattiano e un non so che di contenuto che ricorda il Paradisi ed il Galuppi, gia dello Scarlatti piu sensibili e piu interiori; e del- l’uno e degli altri e sintetizzata la potenza ritmica per cui a Beethoven viene spontanea — quasi na- turale ritomo della prima impulsiva movenza tema- tica formata da un arpeggio in ascesa, — la seconda idea; arpeggio discendente e, ad un tempo, motivo contrastante della prima idea d’onde nasce. £ questa, forse, la prova maggiore dell’educazione classica e clavicembalistica di Beethoven, che pare debba soffrire ad interrompere il suo volo ritmico (cosi profondamente egli era assorbito nella potenza emotiva delle composizioni dei grandi settecentisti tutti spiritualmente classici ed italiani) e che per que- sto riesce, con un processo semplice, a creare da una prima idea ascendente la seconda idea, espres- sione naturale discendente della prima. Vi sono, pero, due momenti che, pur non nuovi nelFespressione musicale, gia caratterizzano Bee¬ thoven: la pausa coronata dopo 1’esposizione intera del tema (1), e 1’elemento drammatico che interviene subito dopo la seconda idea e che ne e, anzi, quasi logica conseguenza. Qui il giovane Beethoven ma¬ nifesta piu chiaramente le tendenze ancora forse in- conscie del suo spirito musicale assolutamente alie- no, appena irrobustitosi, dalla nervosa, briljante e non sempre profonda sensibilita clavicembalistica del 700. Questo disegno drammatico e notevole appunto per il procedimento che ascende ansimando, tra le (1)6 bene non fraintendere: come giustamente ha gia osser- vato il Torref ranča (La Fortuna di Ph. E. Bach nell Ottocento) «pause di intere battute troviamo in Rutini nel 1758, modula- zioni sorprendenti e grossi intervalli... >. LE SONATE PER PIANOFORTE 37 dissonanze d’un sincopato velate dalla pausa di ottaVa (croma), che contribuiscono maggiormente al suo movimento, e che preannunziano un oggetti- vismo passionale nel suo autore certo non dimentico del dinamismo drammatico di F. E. Bach, del Cle- menti e forse anche di altri; quali i gia citati Pa- radisi e Galuppi di cui alcune sonate sono spiritual- mente lontane dall’oggettivismo della mušica cla- vicembalistica. Tecnicamente il primo tempo della sonata in fa non ha nulla che meriti rilievo: e presentato e si svolge sempre con molta osservanza delle regole; le quali, pero, non riescono a soffocare 1’ingenua freschezza della composizione che risulta molto va- ria anche se svolta su un solo tema. Pub essere interessante notare come Beethoven gia in questa prima sonata abbia il senso della sta- bilita e dell’insistenza dello stesso tema nei diversi registri. Si noti, nello sviluppo, 1’insistenza progres- siva e la ripetizione nel registro basso deli’elemente tipico della seconda idea, la quale ci da la sensa- zione d’un vasto ed inesprimibile mondo musicale che, quasi con criteri analoghi, ma con maggior sapienza e con maggior respiro, Beethoven riuscira a rivelarci pienamente nel primo tempo della « sin- fonia pastorale ». L’Adagio dell’op. 2 n. 1 e una bella pagina espres- sa nella forma del Lied tripartito. E una composi¬ zione molto semplice e giovanile, ricca di esube- rante melodia alla maniera italiana e, qua e la, quasi melodrammatica, come, p. es., 1 uscita molto espres- siva in re minore. Non e necessario farne una particolare disamina poi che non ha nessuna delle caratteristiche proprie degli Adagi di Beethoven. 38 BEETHOVEN II Minuetto, per quanto anch’esso semplicissimo, a ben osservarlo presetite lo Scherzo beethovenia- no, anzi, ci pare spiritualmente legato allo Scherzo della sonata in la 9 op. 26. Si provi ad eseguirlo ad un tempo doppio del giusto e la osservazione riuscira convincente. E questo e di grande interesse, perche ci rivela lo spirito beethoveniano ancora come contenuto in un involucro foggiato da altri, ma che gia si mani¬ festa ad un piu attento esame. Nel Prestissimo e stata gia notata 1’influenza di Muzio Clementi; ma, a parte cib, tutto il finale di questa prima sonata e ispirato ad una mušica chiara ed assolutamente melodica pur nel vorticoso pro- cedere del tempo. V’e qui l’espressione d’una sca- pigliata giovinezza cbe ha desiderio di vivere e che grida insaziabile il suo canto. Gia gli accordi del- linizio lo preannunziano, ed il breve disegno che segue (1) pare che provi la valentia del cantore. II Riemann nota, anzi che v’e connessione fra questo disegno e la frase delVintermezzo melodico. Ma e il disegno (1) Per l’analisi delle sonate si e seguita l’edizione Ricordi. LE SONATE PER PIANOFORTE 39 che da l’aire. £ un anelare gioioso ed un po’ tor- turante fino all’esplosione della melodia che e la vera realizzazione del primo disegno me- lodico. Non basta. II giovane Beethoven e troppo prešo dal bel canto {dove sono i maestri di Mannheim ?) che nostalgi- camente gli fa sognare la terra del sole, e s’abban- dona ad un intermezzo lirico che e una vera aria per melodramma; aria che Beethoven aveva forse composta giovinetto, ispirato da uno di quei canti italiani che mandavano in delirio la corte ed il po- polo della sua Bonn. E quanto vi insiste! Pare che non ne sia mai pago, e vi s’indugia spiritualmente anche quando gia il primo tempo del prestissimo s’insinua per riprendere il movimento di gioia viva e spensierata. Con la ripresa del tema s’inizia la terza parte di questo tempo che conserva, come schema, la for¬ ma di primo tempo di sonata anche se nella parte di mezzo i"espansione lirica contrasti con la casti- gatezza inerente allo spirito stesso della sonata. Opera 2 - N. 2 Allegro vivace - Largo appaa- sionato - Scherzo - Rondo II primo tempo della seconda sonata dell’op. 2 — sonata edita nello stesso periodo della prima, anzi facente parte della stessa raccolta — presenta rispetto al primo tempo della precedente sonata un progresso tecnico molto considerevole, anche se come espressivita artistica non riesca a superarlo. II Marx (I) non ritrova in questa sonata la « stessa unita, ne la stessa necessita logica della precedente, ma l’unita del sentimento in cui il poeta l’ha creata, frase per frase, immagine per immagine, splende chiara come il giorno ». II tema qui, e gia beethoveniano: breve ed inci- sivo. La transizione, di carattere melodico, con la in- sistenza armonica sul pedale della tonica, con qual- che accenno non strettamente necessario alla domi¬ nante, ricorda ancora Haydn, o meglio, i maestri che hanno preceduto Beethoven da Scarlatti ad Haydn. (1) Adolf Bernhard Marx: Ludtoig Beethoven, Leben tind Schaffen. LE SONATE PER PIANOFORTE 4| La seconda idea non ha le analogie ritmiche, ne il procedimento cosi spiccatamente incisivo che ca- ratterizza la seconda idea della prima sonata; si svolge, invece, in una linea melodica che la diffe- renzia nettamente dalla prima, benche ad un esa- me piu attento non possa sfuggire 1’elemento ritmico che la germina Lo svolgersi della melodia e dovuto all’incalzare progressivo dell’idea che nell’ascesa raggiunge vera potenza drammatica nei gruppetti e nella frase spez- zata alla fine dall’elemento ritmico della prima idea, ormai ritornata vittoriosa e che bravamente si ri- solve nelle ottave disgiunte discendenti e ascendenti. Lo sviluppo, abbastanza considerevole, presenta gia una maggiore complessita. Ha due momenti principali nati rispettivamente da due elementi che hanno formato la prima parte: prima idea, transi- zione. La terza parte ripete, leggermente abbrevian- dola, la prima con il tradizionale trasporto della seconda idea. Il Riemann osserva che lo spirito animatore del primo tempo šara piii comprensibile se 1 analisi — e quindi logicamente 1’esecuzione — verra fatta calcolandone il tempo in 2/2 anzi che in 2/4; cioe se di ogni due battute di 2/4 se ne fara una di 2/2. Per quanto graficamente in questa edizione il tem¬ po conservi le stesse figure e 1’unica differenza sia la diminuzione e 1’allargamento delle battute, ritmi- camente ci pare che il risultato sarebbe ben diverso. Anzitutto, a parte la necessita di dover cambiare piu 42 BEETHOVEN volte per ragioni di concezione ritmica il tempo di 2/2 in 2/3, tutto il primo tempo perderebbe la sua vera espressione che nasce dal serrato ritmo di due movimenti di semiminime per battuta. Tutta la forza vibrante assolutamente beethoveniana del breve te¬ ma e della seguente transizione acquisterebbe un si- gnificato diversissimo ed infinitamente piu blando. Il secondo tema presenta una piccola anomalia, del resto abbastanza in uso fra i musicisti prebee- thoveniani; la seconda idea e presentata nel tono della dominante, ma in modo minore anzi che in modo maggiore. Il Riemann anche in questo trova una prova spe- cifica delfinfluenza della scuola di Mannheim e, specialmente, dello Stamitz; ma anche qui e facile addurre molti esempi non provenienti dai Mannhei- mer: la decima e la dodicesima sonata del Paradisi, per esempio, che, pubblicate gia fino dal 1754 e composte certamente prima, non possono essere ri- tenute neppur lontanamente originate da quelle del¬ lo Stamitz sebbene abbiano la seconda idea nel tono minore della dominante. Ci pare, in realta, che la scelta della tonalita mi¬ nore del tono relativo abbia un valore presso che insignificante anche da un punto di vista tecnico; ci siamo qui attardati nella priorita storica per ri- levare come anche in questo caso non sia facile di- mostrare 1’assoluto influsso di Mannheim sul gio- vane spirito di Beethoven che, nell’ambiente in cui viveva, creato dalla sensibilita degli italiani, aveva gia tutti gli elementi spirituali e tecnici da cui piu tardi il suo genio, non assolutamente novatore in questo senso, doveva trarre conseguenze sublimi e forse non previste nemmeno da lui stesso. Un particolare tecnico ci sembra che interessi no- tare rispetto alla esecuzione. Beethoven segnb la di- LE SONATE PER PIANOFORTE 43 teggiatura delle ottave disgiunte procedenti per note in arpeggio e volle che fossero eseguite con la sola mano destra. Beethoven aveva gia nella mušica di Scarlatti e in quella dei moltissimi clavicembalisti che lo seguono infiniti esempi di mani alternate per facilitare i passaggi che presentassero notevoli dif- ficolta pianistiche o una meno possibile esecuzione ritmica. Perche ha voluto determinare una diteggia- tura che, essendo piu difficile, meno si presta alla esecuzione piri precisa ? Che egli abbia posseduto una cosi sicura tecnica da potere afFrontare senza sforzo ogni difficolta ? Non e da credere, anche per le molte testimonianzs che esaltano in lui un piani¬ sta espressivo, ma non parlano di tecnica eccezio- nale. Forse, invece, Beethoven avra voluto che que- sto passaggio venisse eseguito senza precisione ritmi¬ ca — precisione che risulta invece eseguendo il mo- vimento delle terzine di semicrome con mano al- ternata — quasi un arpeggio di bravura che, ap- punto senza precisione ritmica, scaturisse dalfalto per tornare, poi, quasi di rimando dal basso. 11 Largo appassionato ha la forma del Lied e fa pensare, come osserva anche il Riemann, a quel- la del Rondo per la ripetizione insistente dell’am- pia melodia. 11 De Lenz (I) forse colpito dalla impostazione grandiosa della frase che, larga nell ispirazione, pro- cede nello sviluppo con intensa ed appassionata maestosita, vi nota la somiglianza con lo stile di Handel, anzi, lo chiama un piccolo oratorio nello stile di Handel. Ci si consenta in proposito una breve digressione. Nelfottocento la cultura musicale fu, pub dirsi, (1) W. De Lenz: Beethoven et ses trois styles. 44 BEETHOVEN predominio e vanto tedesco; sicche anche gli stu- diosi stranieri, seguendo la corrente, attribuirono in- tenzioni e forme nuove d’arte ad autori tedeschi, che, pure immensamente grandi come 1’Handel, non crearono un nuovo stile ne ebbero una concezione nuova d’arte, ma seguirono con le particolari qua- lita del loro genio le orme dei grandi che li avevano preceduti. Se il De Lenz avesse conosciuto, come lo conobbe certamente Beethoven, 1’oratorio italia- no e, segnatamente, il Carissimi — l’erede piu si- gnificativo ed il rappresentante spirituale della Val- licella — per il suo paragone si sarebbe riferito piu che alfHandel alla fonte italiana dell’Oratorio. Tornando al Largo appassionato della sonata op. 2 n. 2, notiamo come vi sia gia il senso di re- ligiosita che anima ed ispira VAdagio beethove- niano e che ha precedenti storici in molti Adagi degli italiani, e si ricollega spiritualmente a tutto un passato di sensibilita religiosa che dette alla mu¬ šica capolavori d’espressione. Con molto acume os- serva il Torrefranča: (1) « 1’intonazione chiesastica... e una caratteristica italiana che ritornera nel Bee¬ thoven del quale gli Adagio sono tanto profondi di significato perche sostenuti da un alito di religio- sita. La sonata da chiesa s’e fusa con quella da camera in un tutto che rivive insieme 1’aspirazione al divino e la volonta di vita, trasfondendole a vi- cenda 1’una neH’altra». 11 Marx sente in questo tempo il pensiero d’un adolescente che erra nei sentieri notturni sotto un cielo stellato; nella contemplazione degli astri eter- ni, lo spirito tace e s’eleva a quel culto della natura che ogni adolescente deve aver sentito e la cui eco ringiovanisce il vecchio. (1) Torrefranca: 1 poeti minori. LE SONATE PER PIANOFORTE 45 Al Riemann il Largo ha sempre fatto 1’impres- sione che sia stato immaginato per « Quartetto » ed in realta, l’idea non e del tutto azzardata. Oltre alLampio respiro melodico che richiedereb- be, forse, una piu completa realizzazione, una vi- brazione piu intensa della pianistica, anche la com- postezza raccolta e 1’insistenza tematica acquistereb- bero realmente un ben diverso ed un piu espressivo valore dalle vibrazioni amalgamate del Quartetto. Beethoven gia nella seconda sonata introduce lo Scherzo invece del Minuetto e, benche il D'Indy dica che questo Scherzo deve essere considerato, nonostante il suo nome, un Minuetto, non pub ne- garsi che esso abbia gia alcune caratteristiche dello Scherzo il quale differisce sostanzialmente dal Mi¬ nuetto che l’ha generato, non solo per alcune par- ticolarita formah e ritmiche ma, anche, perche espressione di uno stato d’animo diverso e piu vi- brante (I). Lo spirito e prettamente beethoveniano; (1) Come schema lo Scherzo non differisce dal Minuetto: 1’uno e l’altro comprendono due parti contrapposte, la prima delle quali e ripetuta: A. B. A. Questo schema semplice non šara piu se- guito da Beethoven quando 1’arte sna acquistera le caratteristiche che la differenziano da ogni altra precedente. La ripresa non šara piu una semplice ripetizione della prima parte, ma quasi una nuova esposizione ricca di particolari svolgimenti melodici e di sensibilita armonica. Naturalmente nella ultima forma dello Scherzo beethoveniano non rimane quasi piu nulla come forma e, soprattutto come sostanza, del Minuetto. 11 Torrefranca nota in un Allegro del Platti lo spirito dello Scherzo. E commenta: «Scherzo? dira qualcuno. Ma si, scherzi non sono soltanto nelle Sonate del Beethoven, sono anche in questi freschi zampilli dell’eterna fonte di giovinezza italiana, che solo da poco pare, e forse e, inaridita. E il Galuppi — che sapeva dalfopera buffa che cosa volesse dire umorismo italiano — ne ha di quelli che non temono paragone alcuno, che supe- rano ogni tentativo di criticas. 6 BEETHOVEN ed, invero, non sapremmo trovarvi nulla dello stile slavo che il De Lenz vi sente. Anzi, egli notando che intorno al 1796 v’erano in Germania pochi canti russi, opina che Beethoven ne abbia casualmente colpito bene lo spirito. V’e piuttosto — e questo po- trebbe causare l’analogia — una freschezza ritmica ed una simpatica semplicita tonale ed armonica. Schematicamente questo Scherzo non presenta nulla d’importante: ha due parti contrapposte, una ritmica e l’altra melodica, ed infine la replica del primo tema: il Trio in minore svolge modulando con accorta sensibilita armonica la sua linea me¬ lodica. Uultimo tempo e scritto in forma di Rondo. Ha qualcosa di scapigliato ed e notevole, pur non as- surgendo a grande valore musicale, per la varieta dei ritmi e dei movimenti. Schematicamente si divide nel Rondo propriamen- te detto, in una parte di transizione, in una seconda idea. Ha ancora una parte altemata in la min., interessantissima per il contrasto che ne risulta, ed anche per la passionalita giovanile, ma intensa, che l’anima. L’esecuzione della parte altemata, per ri- sultare perfettamente, deve rendere 1’intima essen- za passionale da cui fu certamente vinto Beethoven nel erearla. Opera 2 - N. 3 Allegro con brio - Adagio Scherzo - Allegro assai La sonata in do magg., op. 2 n. 3, parimenti dedicata ad Haydn, e fra le tre la meno importante artisticamente. II De Lenz cosi commenta: «La terza sonata (do magg.) tranne 1’adagio e lo scherzo, e ben lontana dalle due prime. II primo allegro e una specie di toccata brillante, la sua fattura e una fusione dello stile di Haydn e di quello di Mozart. Questo allegro non mira molto in alto nonostante le pretese del suo inizio. II canto trattato con un accompagnamento di nota su nota e la imitazione piu evidente delle sonate per piano di Mozart che si trovi in Beethoven; la frase trionfante alla 21 a battuta fa ricordare alcuni accenti del « Don Gio- vanni ». Questo pezzo e il solo in cui Beethoven abbia trovato il tempo di pensare al piano, al pia¬ nista; il solo in cui si riconoscono dei passaggi (160 a battuta) che abbiano 1’unica pretesa di essere pas¬ saggi ripetuti religiosamente senza alcun cambia- mento nella seconda parte... ». I tre temi che costituiscono il primo tempo di questa sonata 48 BEETHOVEN mancano d’una caratteristica prettamente beetho- veniana e 1’essere il secondo prešo da un tema del terzo quartetto (1785) prova che questa sonata pub essere tutta un rifacimento o, comunque, un adattamento di vecchie composi- zioni. Ma anche lo stesso secondo tema presentato senza un vero nesso logico, dopo il passaggio virtuosistico, nella tonalita di sol min., ed il terzo tema in sol maggiore cosi blandamente melodico sono chiaro indizio di un’affrettata concezione, gia, del resto, notata dai precedenti studiosi della so¬ nata. L’immediato influsso mozartiano e evidente nel finale arpeggiato che precede nella terza parte la cadenza assolutamente vuota d’ogni contenuto d’arte. L’una e l’altra ricordano alcune composi- zioni del tempo e, particolarmente, la fantasia in re min. di Mozart che shnizia appunto con arpeggi analoghi — per quanto diversi come contenuto spi- rituale — e che ha due cadenze anche esse d’indole virtuosistica. Ma tutto il tempo rivela la poverta della concezione fondamentale costruttiva. La pri- LE SONATE PER PIANOFORTE 49 ma parte e formata da quattro idee principali, nes- suna delle quali e legata alLaltra da una analogia spirituale non riuscendo di conseguenza a raggiun- gere nello svolgimento una amalgama consistente. Nello sviluppo acquista invece particolare valore il passaggio presentato nella prima parte come bas- so sincopato che qui, alternato frammentariamente con il movimento delle semicrome, assume un ca- rattere tutto beethoveniano. Infatti, quegli urti di seconda nelTinsistenza pro- gressiva dei movimenti esprimono un intimo fuoco e rivelano che, anche in questo tempo di sonata di carattere tutt’al piu « virtuosistico », il genio beetho¬ veniano e riuscito, pur per un istante, a manifestarsi. Notiamo ancora un effetto che acquistera qualche volta un valore straordinario in Beethoven: le pause che precedono la cadenza in accordi e la coda finale. L,’Adagio ha ben altro valore musicale. Senza condividere l’entusiasmo del De Lenz che, oltre a trovarlo il piu bello fra quelli della « prima ma- niera», esprime la sua ammirazione con un lin- guaggio esageratamente enfatico, non pub negarsi che in questo Adagio palpiti il desiderio inespri- mibile d’una profonda commozione. Alla serafica dolcezza del primo tema contrasta efficacemente il « poco piu animato » in minore che ci rivela man mano, per il sincopato che ne rende lo spirito me- lodico, un’angoscia inespressa. Al De Lenz « questa frase drammatica, parlante » fa ricordare « 1’espressione toccante » della Lacri- mosa del «Requiem» di Mozart. Invero, sarebbe difficile trovare in questo Adagio lo stile di Beetho¬ ven; esso ricorda alcuni adagi di carattere religioso dei grandi italiani, e risente 1’influsso dello Scar- latti per la tecnica espressiva. Si ricordi in propo- 50 BEETHOVEN sito, il procedimento tecnico di cui s’e servito lo Scarlatti nel movimento in mi minore della sonata in la maggiore, lo si paragoni — benche qui espresso con una sensibilita drammatica assolutamente di- versa — con quello adoperato da Beethoven nel mo¬ vimento di biscrome deli’ Adagio e si vedra quanta assimilazione e in Beethoven dello spirito e della tecnica dei nostri settecentisti; spirito e tecnica che qui abbiamo rilevato non tanto per la somiglianza grafica delfesempio addotto, quanto per stabilime la lontana origine, fonte di molti movimenti dram- matici del 700 e, conseguentemente, del Nostro. 11 Riemann vi nota giustamente la forma del Rondo ed anche una certa analogia con la forma della sonata. Lo Scherzo e tipicamente beethoveniano, ma e necessario, perche questa caratteristica risulti, e per la giusta espressione, che lo si eseguisca molto ve- locemente anche se il Trio, del resto non estrema- mente difficile, presenti per questo qualche diffi- colta. Altrimenti 1’insistente lavorio tematico, non molto ricco di fantasia, ingombrera come un inutile lavoro scolastico. Interessante, dopo la ripresa dello Scherzo e il finale per le « pause» gia ormai beethoveniane e per 1’insistenza ritmica a « pedale » del tema sotto gli accordi che pare tentino la cadenza senza po- tervi quasi riuscire. LE SONATE PER PIANOFORTE 51 II Finale della sonata ha anch’esso carattere di virtuosismo. II De Lenz nota che e una specie di «Rondo a la chasse». Ed, invero, esso presenta tale carattere non solo nel primo tema e nel se- condo, ma soprattutto nell’intermezzo melodico che si risolve in un breve cantabile di natura assolu- tamente agreste. Non si sente in tutto 1’intermezzo dominare il timbro orchestrale dei comi e delFoboe ? Non pub negarsi un valore musicale a questo tempo, e il De Lenz ha forse esagerato nel credere che Beethoven 1’abbia scritto solo pensando al piano ed al pianista. La forma e quella del Rondo per 1’immediata e continua ripetizione dei temi (primo e intermezzo melodico); ha tutte le caratteristiche del primo tempo di sonata per lo svolgimento delle parti e per la ripresa tipica. Per quanto giovanili queste prime tre sonate preannunziano tutto un programma ed una nuova luce che s’affaccia alhorizzonte, anche se il Ries ab- bia esagerato nel definirle « opera d’un gigante ». Piu nel vero sarebbe stato se le avesse definite l’opera d’un giovane gigante gia conoscitore pro- fondo della sua arte, gia cosciente del mondo ine- spresso che tumultuavagli nello spirito. E per questo che ci sembra incomprensibile quan- to afferma il Ries: « Haydn, il grande Haydn, al quale erano dedicate queste sonate, le rese con un sorriso al giovane Titano dicendogli ch’egli non mancava dhngegno, ma bisognava che studiasse an- coral ». SONATA - OP. 7 dedicata alla Contessa BABETTE von KEGLEVICS Opera 7 Allegro molto e con brio Largo, con grande espres- sione - Allegro - Rondo A Vienna Beethoven fu ben presto uno dei mu- sicisti piu ricercati. La sua figura — specie se con- rrapposta a quella della maggior parte dei musici- sti che 1’avevano preceduto — assume subito una fisonomia ben determinata e tutta moderna. Natura d’eccezione, egli ha la piena coscienza del suo al- tissimo valore e tratta con i suoi mecenati da pari a pari, non consent«ndo mai che la sua dignita di uomo libero e d'artista venga menomata. Cosi egli frequenta le čase piu signorili di Vienna, ricercato e rispettato come ospite illustre; e molti fra i piu bei nomi delLaristocrazia e deH’intellettualita del tempo devono a Beethoven se vivono ancora. Ma l’ambiente mondano non distrae il giovane Beethoven neppur nei primi tempi, e la sua attivita anche in questi primi anni e notevolissima. Alle Sonate dell’op. 2 succedono il Trio in mi p op. 3 per violino, viola e violoncello composto nel 1796, il Quintetto in mi t? op. 4 per due violini, viola e violoncello anch’esso del 1796, le Sonate in fa magg. e in sol min. op. 5 pef pianoforte e violon¬ cello composte nel 1797 e dedicate al re di Prussia Federico Guglielmo e la Sonata in re magg. op. 6 per pianoforte a quattro mani anch’essa del 1797. La sonata in mi P magg. fu composta nel 1796 e pubblicata da Artaria a Vienna nel 1797. £ de- 56 BEETHOVEN dicata alla contessa Babette von Keglevics, una allieva per la quale pare che il maestro nutrisse un profondo e, forse, tenero affetto. La cosa e verosimile. Noi sappiamo che Beetho¬ ven fu uno spirito profondamente sensibile e, in certo senso, romantico; pronto ai subiti affetti, o, forse meglio, a sentire vibrare in se con smisurata potenza ogni piu piccola emozione nata anche da un fatto di per se mediocre. Anzi, di questa sua sen- sibilita esagerata egli e schiavo negli ultimi anni, quando la miseria della sordita lo accascia e lo costringe ad una esistenza isolata, soffocata dal tor- mento delle piccole cose contingenti che irritano e turbano il suo spirito. £ da dubitare, invece, di quanto seri ve il nipote della Keglevics: « Beethoven, che abitava dirim- petto alla allieva, vi si recava in veste da camera, berretto da notte e pantofole ». £ questo per Bee¬ thoven il periodo di maggior eleganza. Egli stesso ci dice che frequentava i ritrovi brillanti ed intel- lettuali della citta e che sperava di potere presto dominare artisticamente la vita di Vienna partico- larmente sfarzosa ed elegante. Come poteva quindi presentarsi in una časa signorile con un abbiglia- mento cosi poco conveniente ? Inoltre una tale di- mestichezza di poco buon gusto non poteva riuscire gradita — quali si fossero le loro relazioni — alla contessa Babette, spirito indiscutibilmente raffinato ed una delle gentildonne piu in vista delfaristocra- zia viennese. Comunque si deve alla amicizia per la contessa Keglevics se la sonata fu detta al suo apparire a Vienna, come conferma lo Czerny, « die verliebte ». Il Combarieu (I) traduce « la sonata preferita da- (1) Combarieu: Hisioire de la Musigue, LE SONATE PER PIANOFORTE 7 gli esecutori ». Ma, « verliebte » ha, veramente, va- lore di amata, anzi di innamorata. Questo potrebbe dare consistenza alle voci sulFinteressamento oltre- modo vivo del maestro per 1’allieva. II primo tempo di questa sonata, se nello spirito del tema non si distacca sensibilmente da quelli di Haydn, Mozart e Clementi — citiamo gli autori piu noti — per alcuni sviluppi d’indole tecnica, per la piu grande liberta del divenire melodico, e, so- prattutto, per il maggiore respiro che gia accenna alla particclare sensibilita beethoveniana e di gran lunga piu importante dei primi tempi dell’op. 2. II De Lenz, sempre potente e magnifico nelle smaglianti imagini, trova con giudizio esagerato che « tutta la sonata e mille miglia lontana » dalle pre- cedenti, e che vi si sente il « leone che fa tremare le sbarre della gabbia entro cui lo chiude una scuola spietata ». Il tema della sonata ha interessato molto gli stu- diosi, alcuni dei quali hanno voluto vedere nelle prime quattro battute quasi un modo garbato di in- troduzione. L/errore e evidente. Pub dirsi alhopposto che il procedimento degli accordi in rivolto e la loro figu- razione ritmica siano proprio 1’essenza stessa formale e spirituale del primo tempo. E, anzi, appunto per cib che la sonata ci appare profondamente beetho¬ veniana. Lo sviluppo non nasce solo da un pro- cesso formale — pub dirsi che questo in quanto forma • avvenga naturalmente per necessita stilisti- che — esso e, invece, il germe stesso ricreatosi per uno spontaneo e nuovo divenire. In altri termini, la sua fisonomia resta tipica in qualunque nuova ed impensata manifestazione del sentimente che l’ha creata. 58 BEETHOVEN Questa šara la piu grande caratteristica delharte di Beethoven che ha analogie profonde piu che con 1’arte degli autori che lo hanno immediatamente preceduto, con quella di Domenico Scarlatti — per 1’agilita inventiva e per 1’incisivita del procedimento — e con quella di G. S. Bach e dei violinisti del sei- settecento per la profonda intensita del sentire. NelLanalizzare attentamente il primo tempo del- l’opera 7 in cui queste qualita si sviluppano in uno stato elementare, mentre ci appaiono evidentissime nella piu beethoveniana delle sinfonie — la' quinta — colpisce subito come la cellula creatrice sia pro- prio 1’accordo ed il suo immediato rivolto. II tema ritmico non e altro che l’accordo rivissuto artisticamente per movimenti di terzine procedenti, alla lor volta, per cadenza. Ma esso rappresenta il movimento mecca- nico e conduttore dell’idea prima espressa nell’ac- cordo che e quello che da consistenza alla sonata. Anzi, l’essenza dell’accordo non si manifesta solo per analogia spirituale, ma accompagna ed appare evidente sotto il tema ritmico procedendo per terze e per moto contrario. Lo spirito delhaccordo e co- stante nell’accompagnamento in tutta 1’esposizione del tema ritmico: sia come figurazione sia come in¬ tervali! di terza che risultano sempre tali anche se LE SONATE PER PIANOFORTE 59 legati tra loro dal movimento della semiminima che ha valore di nota di passaggio. Dall’elemento ritmico della croma in levare na- sce una prima transizione di carattere melodico e quasi d’attesa; e lo stesso elemento, sentito in con- trattempo e vivificato dalle terzine del tema ritmico, forma la seconda transizione che ci porta alla se- conda idea. E non e essa stessa una derivazione, attraverso il movimento delle semiminime in modo contrario, del tema in accordi ? Qui siamo in pieno mondo beethoveniano, o per lo meno, in un mondo che ha prešo da Beethoven una sua non confondibile fisonomia. Anche la ripetizione ritmica della seconda idea, presentata subito dopo, conforta quanto si e detto circa 1’intima connessione di tutto questo primo tem¬ po e la accentuata sensibilita espressiva delFevolu- zione beethoveniana che appare sempre piu mani¬ festa nell’incalzare ritmico fino al J/ sulFaccordo di settima diminuita. La subitanea ed inaspettata modulazione con il dinamico p e una luminosa e spaziosa parentesi, quasi un lampo nella profondita tenebrosa. Il finale della prima parte ha tre momenti, e la insistenza sulla dominante del tono e spiegata dalla grande linea concepita da Beethoven nella compo- sizione di questo primo tempo. Pare che egli v’in- sista e s’indugi anche nei rivolti per sentirvi ancora vibrare il pathos che l’ha creato. Ma, invero, quello che pub chiamarsi finale primo con la ripresa in ot- 60 BEETHOVEN tava disgiunta ha valore soprattutto di preparazione tonale con qualche pretesa di virtuosismo pianistico. II finale secondo e d’una non comune bellezza: sul pedale di si (dominante tonica) si susseguono, fantasticamente, accorte e vaghe modulazioni che acquistano un non so che di fluido e di inconsistente nei brevi arpeggi in cui s’e sciolto ed arieggiato l’ac- cordo. Pare che, ad un tratto, una vaporosa corrente di armonie si dissolva per ricreare un mondo di pura bellezza in cui i suoni vibrino e rivivano nella loro essenza elementare ed assolutamente liberi d'ogni costrizione formale. La Coda con 1’incisivo modo aritmico beethove- niano rida consistenza formale al tempo, contribuen- do per il suo nuovo dinamismo, e nello stesso tempo per il senso del ritorno della linea formale — un po’ come smarrita nelle modulazioni arpeggiate prece- denti — a dare quasi 1’impressione d’un diverso ele¬ mente ritmico intervenuto, ora, per la maggior ric- chezza ed espressione del componimento. Interessante lo sviluppo: una modulazione subi- tanea sull’accordo di dominante di do min., e la cui essenza e formata dagli accordi tematici anche qui in rivolto, ci porta, attraverso il disegno di ter- zine, al modo aritmico presentato nella Coda, ma che ha dato, come s’e detto, consistenza nuova alla sonata. Questo nuovo ritmo e molto importante, ed e logico che Beethoven ne abbia sentito la necessita dello sviluppo che forma anzi il nucleo piu interes¬ sante della seconda parte. La ripresa, terza parte, e preceduta da un accordo fra due pause in pianis- simo: tipica espressione beethoveniana, poi che il silenzio in Beethoven rappresenta a volte, come la sintesi inesprimibile, ma evidente, d'una potente emozione. La terza parte, dopo la ripetizione quasi integrale LE SONATE PER PIANOFORTE 61 della prima parte, si indugia in un finale che e, pud dirsi, la sintesi del tempo ed in cui tutti gli ele¬ menti piu importanti sono ripresentati brevemente, ma con incisiva evidenza. Conchiude con. gli ac- cordi tematici logicamente ripresentati nella loro interezza e procedenti focosamente in rivolto; di- mostrazione sicura del loro profondo ed indubbio valore tematico. II Largo, con grande espressione e una pagina che ci rivela gia la profondita del sentire del giovane Beethoven. Fin da queste prime composizioni egli s’indugia nei silenzi musicali; silenzi che servono come a diffondere Fonda melodica, intesa cosi pro- fondamente da non poterne piu sviluppare con suoni 1’adeguata espressione. Pure essendo molto bello il disegno entro cui si svolge e prosegue la melodia, si sente, in ispecie dopo la prima modulazione, che 1’emozione contemplativa d’onde nacque 1’elemen- to primo di questo Largo e gia rotta. Qui i melismi che seguono ricordano ancora Haydn o forse meglio Mozart; ed e ancora solo negli accordi staccati // che riappare lo spirito animatore di questo tempo. II tema precedentemente ripetuto non ci ha dato infatti, la profonda emozione della prima volta. La bellissima frase che segue, in la J? e di una purezza adamantina e conserva, pur nella facile e semplice espressione melodica, una sua particolare fisonomia. La quale ci appare tutta originale in ispe¬ cie per la risoluzione che ne spezza con vibrante espressione la continuita, quasi un soffio di tragedia Favesse tocca. Questo tempo ha interessato profondamente tutti gli studiosi. II Combarieu commenta: « Nel contenuto di que- sto linguaggio sonoro si puo fare entrare cio che 62 BEETHOVEN la ragione umana concepisce di piu grande e cio che il sentimenta ha di piu profondo »: e, fantasti- camente poetico, il De Lenz ci dice la sua emo- zione: « bisogna riconoscere nel Largo, con grande espressione 1’avvento d’un nuovo ordine di cose nel- la mušica da camera. Si direbbe una lagrima ca- duta dagli occhi della Maddalena nella valle di lacrime abitata dagli uomini ». Il Riemann nota che la forma di questo tempo e quella della sonata connessa al Rondo. Čredo sia difficile trovare qualcosa che possa farci pensare seriamente alla forma di sonata, poi che l’intero tempo non ha una vera caratteristica di stile anche se si voglia ritenere la frase in la bem., come una vera seconda idea ripetuta nella ipotetica terza parte — si noti con espressione diversa — nel tono della tonica del tempo. Anche la forma del Rondo e ap- pena accennata: manca, anche se qua e la si ri- trova, 1’insistenza della ripetizione del tema quale elemento ad un tempo conclusivo e di principio fra le varie parti di sviluppo. £ meglio forse considerare questo tempo come una espressione libera d’un’emozione artistica che ri- sente delle abitudini stilistiche connaturate nei mu- sicisti del tempo. Il terzo tempo e segnato semplicemente « Alle- gro » ma ha i caratteri peculiari dello Scherzo, ed invero non sapremmo vedervi nulla che possa giu- stificare il nome « d’intermezzo lirico » con cui lo chiama il Combarieu. Certo v’e in esso la leggiadria propria al Minuetto di cui conserva ancora lo spirito della lontana ge- nesi; ma il fuoco ritmico, 1’incalzare tematico della seconda parte ed il Trio tradiscono un’emozione d'arte molto piu profonda e consistente, cosi come LE SONATE PER PIANOFORTE 63 la meditata elaborazione manifesta il particolare studio d’una forma d’arte — lo Scherzo beethove- niano — ancora non perfettamente realizzata. II Riemann presenta questo tempo in movimento di 6/4 in due. Invero il metronomo comunemente segnato con misura di minima col punto in uno gli darebbe ragione. Ma eseguito cosi (e cioe dando particolare importanza al ritmo di tre semiminime in uno) VAllegro perde il palpito nervoso e riesce manchevole ed un po’ sdolcinato. Il Poco allegretto e grazioso e un rondo di ca- rattere melodico. Si vuole che lo stesso Beethoven abbia rimpianto d’aver perduto la possibilita di espri- mersi con tanta freschezza. Naturalmente — anche Beethoven faceva forse qualche volta della lette- ratura ? — egli non poteva che riferirsi alla graziosa spontaneita del tema, poi che il Rondo con i pic- coli acrobatismi intermedi non e tale da destare grandi nostalgie, e risente dello stile di molta mušica del tempo anche nella parte migliore. TRE SONATE - OP. 10 dedicate alla Contessa von Browne 3. Opera 10 - N. 1 Allegro molto e con brio Adagio molto - Finale Le tre sonate dell’op. 10 sono dedicate alla con- tessa von Browne, che fu larga verso Beethoven di affettuosa ospitalita. II conte Browne era ufficiale al servizio dello Czar e la sua časa era una delle piu rappresentative di Vienna. Sappiamo che Beethoven faceva gran conto di questa amicizia ch’egli ricambiava sentitamente. Non ebbe anzi, egli spirito orgoglioso, nessuna dif- ficolta di presentare al conte Browne il Ries — suo allievo ed alla famiglia del quale era grato per la bonta verso i Beethoven negli anni duri di Bonn —- affinche lo aiutasse finanziariamente. Ed e no- tevole in proposito la lettera di presentazione con la quale chiede 59 ducati di anticipo per l’equipag- giamento del Ries che, infatti, fu con larga ospi¬ talita ricevuto in časa Browne. La generosita del Browne si rivela anche dalla lettera scritta da Bee¬ thoven al conte ed inviatagli con i tre Trii del- l’op. 9: « 1’autore vivamente commosso dalla Sua liberalita e lieto di renderla nota dedicandole que- sta opera. Se le produzioni delLarte che Ella onora della Sua protezione dipendessero meno dalFispira- zione del genio che dalla buona volonta di fare del proprio meglio, 1’autore avrebbe la soddisfazione tanto desiderata di presentare al primo mecenate della sua musa la sua opera migliore ». Questa lettera pub parere non immune da un certo 68 BEETHOVEN senso di cortigianeria, poi che noi sappiamo come Beethoven avesse gia avuto un potente ed affet- tuoso mecenate nel conte di Waldstein. Ma Bee¬ thoven sentiva davvero una immensa gratitudine per 1’amicizia del conte di Browne che non trala- sciava alcuna occasione per manifestargli il suo af- fetto. E, tal vol ta, in maniera originale, specie se si pensa alla caratteristica persona di Beethoven; come quando gli regalo un cavallo da sella che, secondo quanto racconta il Ries — spirito mordace ed un po’ faceto — fu dimenticato dopo pochi giorni da Beethoven, ma non dal suo domestico che gli pre- sento dopo qualche tempo un conto assai salato pel mantenimento. La sonata op. 10 N. 1, composta nel 1797 e edita con le altre due dell’opera presso Eder a Vienna nel 1798, non si raccomanda nei due primi tempi per nessuna particolare espressione. Il primo tempo s’inizia con un accordo in do min., che, presentato in arpeggi ascendenti, forma il tema il quale non manifesta alcuna profonda caratteristica beethoveniana. 11 suo divenire prende subito un carattere melodico non dissimile dai molti del tem¬ po, e se la transizione in la \} con le sue brevi pro- gressioni ci trasporta per un momento in una atmo¬ sfera piu personale, il secondo tema tradisce le re- miniscenze che dominano ancora il giovane spirito di Beethoven. Un difetto estetico ha, inoltre, questo primo tem¬ po: 1’analogia di tutti gli elementi che lo compon- gono e che concorrono alla sua un po’ scialba omo- geneita: il primo tema, la transizione ed il se¬ condo tema muovono tutti per intervalli ascendenti. Non vi manca, pero, una fresca e dolce ingenuita che appare chiara anche nel brioso attacco iniziale, e la simpatica eleganza — čara, per esempio, al LE SONATE PER PIANOFORTE 69 Paradisi — dovuta, nella seconda idea, all’impiego un po’ fanciullesco del basso albertino (I). La forma di questo primo tempo non ha parti- colare importanza; e calcata sulle piu comuni del passato ed e meno evoluta di quelle precedenti: della sonata in la dell’op. 2 e, soprattutto, della sonata in mi p magg., op. 7. Pare un dolce ritorno; ma, forse, e anche un tempo nato in un periodo anteriore a quello cui apparentemente appartiene; cib avverra altre volte in Beethoven. Nello sviluppo, che s’inizia con la ripetizione in maggiore del tema, prevale una nota melodica non perfettamente affine ad alcuna delle precedenti, ma che ha una lontana analogia con i disegni che ab- biamo chiamato di transizione. Anche lo sviluppo, pero, si raccomanda per l’andamento non privo di grazia, sebbene piuttosto superficiale. Ne nella terza parte v’e un solo momento che caratterizzi davvero il genio beethoveniano; anzi pare che Beethoven abbia fretta di giungere presto alla fine e, rinunziando nella ripresa a ripresentare per intero la prima parte, si limita solo a ripetere, naturalmente in tono diverso, la seconda idea per correre subito con gli elementi della prima parte e con la stessa coda, ora trasportata in do min., alla cadenza perfetta finale. L'Adagio molto s’inizia con un bel tema dolce e settecentesco caratterizzato anche dai melismi e dalle varie fioriture che abbondantemente lo rive- stono. £ un lied in forma quasi di sonata, o me- glio, sviluppato con i criteri classici del tempo. (1) II « basso albertino » dovuto a Domenico Alberti (1717-1740) e, come noto, una forma di accompagnamento in cui 1’accordo armonico e eseguito in arpeggi sciolti. BEETHOVEN 70 Ad un primo tema in la p, infatti, e contrapposto quasi un secondo tema in mi p che e un po’ come spezzato, senza una vera ragione e forse solo per ubbidire alle tipiche preziosita del tempo, da un virtuosismo di dubbio effetto. Maggiore interesse presenta il ritmo di terzine di semicrome che se- gue e che e quasi un piccolo sviluppo, o meglio, una ripetizione con ritmo diverso del precedente disegno. Forse una caratteristica beethoveniana e nella ri- presa finale del tema con accompagnamento sinco- pato. Qui la stessa melodia appare piu consistente, rivela un piu profondo sentimento creativo e trova anche nella nuova linea melodica in cui viene a svolgersi un piu largo e piu caldo respiro. II Finale e di gran lunga superiore ai due tempi precedenti; per lo meno ha carattere assolutamente beethoveniano e lo spirito animatore e gia ricco di particolare espressione. Vi sono gia embrionalmente alcuni movimenti tipici di Beethoven; che, anzi, sono evidentissimi il ritmo e quasi le note d’onde nascera e si svol- gera un nuovo mondo musicale: la 5 a sinfonia. Il De Lenz lo definisce: « una pagina sinfonica in cui il canto risplende a zig-zag come il lampo in una notte tempestosa ». Invero, questo Finale e un conciso e serrato pri¬ mo tempo di sonata; mentre, per la brevita e l’ar- ditezza del movimento vivacissimo manifesta uno stato d’animo che non era consono — almeno in quel tempo — a 1’accorto equilibrio necessario per una composizione di carattere formale. Ma lo stesso Beethoven ci dira, poi, con maggiore sentimento e con maggiore potenza, una piu decisa parola drammatica che, se si pub anche notare in LE SONATE PER PIANOFORTE 71 alcune composizioni precedenti di autori special- mente italiani, dei quali W. A. Mozart era stato un continuatore quasi sempre geniale, con Beetho¬ ven assurgera ad un valore che avra rispondenza spirituale solo in alcune pagine dei nostri grandi secentisti e dei loro maggiori continuatori italiani e stranieri. Questo tempo puo definirsi un momento di gioia spensierata a cui la seconda idea porta qualcosa di rude e burlesca movenza. Interessante e, alla fine, la ripresa della seconda idea in re 7 che si risolve quasi enarmonicamente e per accordo diminuito nel- la tonalita di do min. Opera 10 - N. 2 Allegro - Allegretto - Presto Di questa sonata — la seconda delle tre dedicate alla contessa di Browne — si ritiene a torto che il primo tempo non abbia alcun particolare interesse. Invece si delinea qui come in Beethoven gli ele¬ menti di sviluppo spesso non provengano dalle idee principali, ma da qualche frammento o da analogie spirituali con uno dei temi. Seguendo un’analisi superficiale questo tempo non ha una fisonomia propria ed e facile trovarvi remi- niscenze di modi, per esempio haydniani, pure la dove particolarmente si manifesta lo spirito beetho- veniano: nello sviluppo. Anche in questo tempo si presenta la questione della prima idea della sonata, e cioe se 1’inizio sia da ritenersi dagli accordi iniziali con il movimento di terzine di semicrome, o dall’andamento melodico che ha principio alla quarta battuta. Il Riemann pro- pende per questa ul tima ipotesi, mentre altri sta- biliscono 1’inizio ai primi accordi. La questione interessa lo studioso perche si tratta di dare importanza relativa od assoluta agli accordi iniziali e, quindi, al modo di eseguirli. 11 caso e un po’ diverso da quello della sonata op. 7: in questa sonata si e visto chiaramente come la cellula generatrice fosse da considerarsi 1’accordo iniziale, come il movimento delle terzine di crome fosse una espressione ritmica nata da quel tema e, ancora piu, come tutto 1’intero tempo in ogni suo divenire — LE SONATE PER PIANOFORTE 73 non esclusa la seconda idea — fosse direttamente germogliata da quell’accordo. Nella sonata op. 10 n. 2, invece, sarebbe azzar- dato pensare alla ripetizione d’un caso simile, come pure ritenere le prime quattro battute assolutamente necessarie alla continuita spirituale del tempo Questi accordi, pero, sono qualcosa di piu d«un semplice preludiare iniziale, come afferma il Rie- mann. Ad osservarli bene, 1’accordo maggiore sul tempo forte iniziale e il rivolto di quello di settima nella terza battuta, sia pure in forma embrionale in tempo lato e per rivolto, hanno connessione intima ed in certo modo presentono e generano il movimento di- scendente (per tonica, dominante tonica), che da vita a tutto lo sviluppo. £, necessario, quindi, eseguirli un po’ marcati per fissarne lo spirito decisamente. Ma pure il movimento delle terzine di semicrome ha valore ed ha una sua particolare funzione di cadenza in tutto il tempo, ed interessa anche perche e generatore ritmico del movimento analogo nello sviluppo. 74 BEETHOVEN Del resto, il tema comunemente accettato e come tale recisamente affermato dal Riemann apparira, se gli accordi suddetti saranno eseguiti con intenzione, una conseguenza melodicamente ispirata che procede in rivolti ascendenti, in strettissima analogia anche con la seconda idea. £ chiaro, quindi, che gli elementi generatori sono, pur accettandoli come semplice cadenza preludiante iniziale, gli accordi; e questo anche se Beethoven non ne abbia avuto perfetta coscienza; poi che la sensibilita dell’uomo di genio e piu profonda e piu vigile dello stesso ragionamento. Forse, queHa che ai grammatici della mušica e sembrata ragione decisiva per scartare come inizio di tema gli accordi, proviene dal fatto che nella ri- presa Fintero disegno e ripetuto nella tonalita di re magg., assolutamente estranea, ed in questo caso, non conforme allo schema della sonata. Ma il ra¬ gionamento in se stesso e scolastico e insopporta- bilmente cattedratico, e segue un criterio che esula da ogni considerazione artistica. LE SONATE PER PIANOFORTE 75 Anzitutto bisogna escludere a priori che Beetho¬ ven si sia trovato a cadenzare in re magg. quasi for- zatamente. £ evidente che dalla quart’ultima bat- tuta prima delFentrata del tema in re egli avrebbe potuto nello stesso numero di battute cadenzare co- modamente con continuita logica e melodica nel tono di fa. Quindi, e da arguire che non l’abbia voluto, e che abbia di proposito voluto sentire nella tonalita di re magg. 1’intero inizio della sonata che, indiscutibilmente, ci appare come rischiarata da un raggio luminoso. Portato dalla ispirazione alla ri- presa, ma in una tonalita diversa da quella consen- tita, egli s’e servito degli accordi — che spiritual- mente hanno avuto per lui valore di accordi caden- zati preludianti e generatori — e del conseguente movimento ritmico per modulare al tono di fa in cui ripete solo la linea melodica del tema per por- tarsi subito alla seconda idea. Si noti, infatti, quanto procedimento logico vi sia in cib. S’egli avesse ripetuto nella ripresa in fa con la linea melodica anche gli accordi iniziali, non avrebbe potuto sfuggire ad un senso di pesantezza cattedratica e di monotonia, tutto a detrimento dello spirito leggero di questo primo tempo. Altri parti- colari importanti questo tempo non presenta. Come cenno storico diremo che e gia stato notato che l’op. 14 n. 3 di Clementi ha influito sulla composi- zione di questo primo tempo; pero, le analogie, qui, non sono solo clementine, ma anche haydniane. II De Lenz dice di questo tempo: « Questo alle- gro e magro; la sua seconda frase non sarebbe fuori di pošto in un’opera buffa, e non appartiene ali’idea fondamentale del pezzo. Si direbbe, dopo la 3O.esi- ma battuta, un duetto, una disputa fra il conte Al- maviva ed il Barbiere. £ nella terza frase dell’al- 76 BEETHOVEN legro che Rossini potrebbe aver trovato il suo Fi¬ garo qua, Figaro la... ». Evidentemente, 1’immaginoso ammiratore di Bee¬ thoven ha esagerato anche questa volta e Rossini con quel suo sorriso tutto luce avra strizzato alFim- mortale Figaro un’occhiatina... rossiniana quasi a dire: « caro mio, con tutto il rispetto a Beethoven, ci vuol ben altro I ». L’ Allegretto di questa sonata e caratteristicamente beethoveniano. £ da notare che questa forma espres- siva egli adoperava per dire liberamente la sua dolce tristezza connaturata d'intima gioia (sonata op. 27 n. 2; sonata in mi magg. op. 14, ecc.). L'AZ- legretto di questa sonata e, forse, uno dei piu belli e la semplicita, o meglio, la nudita iniziale nulla toglie, anzi, accresce quel non so che d’indicibile gioia accorata che commuove e sottilmente tormen- ta: giorno un po’ triste di primavera. Sono fusi in- fatti, nell\4 llegretto, questi due opposti stati d’ani- mo, e si sente una tristezza velata pur nel procedere gioioso del tempo. Forse per questo Beethoven non l’ha chiamato Scherzo: ha sentito non rispondente questo titolo che di per se richiama un’idea, se non gioiosa, certo vivace. E qui ogni vivacita e lon- tana; v’e, fra le movenze spigliate, un affanno inte- riore ed inesprimibile. Come forma 1’ Allegretto e chiaramente uno scher¬ zo. Lo schema, nelle sue parti, e inconfondibile. Il De Lenz.il Riemann ed altri lo chiamano, infatti, Scherzo. Invero, se astraiamo dalle condizioni spi- rituali che lo hanno determinato e lo eseguiamo con criteri puramente tecnici, 1’ Allegretto ci si presenta come un vero e proprio Scherzo, ed il suo anda- mento ci costringe ad una animazione che non e nello spirito del lavoro. A cib e dovuta, forse, Fin- LE SONATE PER PIANOFORTE 77 certezza dei revisori nel fissarne il tempo esatto. Nel- la edizione Ricordi, edita a cura del Casella, tro- viamo, per esempio, due andamenti di metronome: 76-84 per battuta. Gia il Riemann ha notato la diversa illusione che da questo tempo nelle sue due parti. 11 Trio, cioe la seconda parte, pare un tempo piu lento contrapposto ad un non so che di nervoso che e nel procedere della prima parte ad unisono, quasi che una staticita irreale costringa 1’autore a contemplare un suo sogno vaporoso. Si noti anche la morbida tonalita di re subentrata inaspettata- mente dopo la cadenza in fa min. Sembra che ad un tratto una nuova visione sonora si sia rivelata a Beethoven dopo 1’incedere del primo andamento. Si noti ancora il procedimento armonico di tutto il Trio su cui, pur modulando qua e la anche viva- cemente, insiste e risolve la tonalita di re p. Verso la fine del Trio le armonie cadenzali sono d’una bellezza trascendentale. Esse completano la illusione del mondo di puri suoni creato dalla con- templazione beethoveniana 11 Riemann commenta: « Tali passaggi rivelano il romantico Beethoven il quale grida aH’attimo fug- gente: « Arrestati, sei bello!». La ripresa della prima parte procede quasi tutta con moto sincopato: Beethoven, uscito dal mondo irreale del Trio, ne risente ancora come un’eco dol- ce, indefinita. 78 BEETHOVEN II Presto piu che un vero fugato e una composi- zione all’antica, il cui tema stesso ricorda molte com- posizioni dei clavicembalisti della seconda meta del secolo XVII e del primo settecento. II Marx dice con molto spirito: « In questo sug- gestivo Presto-Impromptu germoglia con la Sonata e la Fuga il petulante Scherzo, e la Fuga appare come un vecchio tirato per la barba da un bimbo ». Beethoven v’ha portato, pero, la sua particolare espressione ed un non so che di scapigliatura gio- vanile, per cui tutto il tempo si risolve con una continuita melodica piacevole e simpaticamente leg- gera, ma non superficiale. Il De Lenz ne parla come d’una composizione di scarso interesse. Eppure v’e tanto fuoco e tanto de- siderio d’ascesa in questa piccola e non formalmen- te chiara composizione, che ha in se visibili, con lo spirito animatore dello Scherzo, gli elementi for¬ mah della Fuga e quelli della Sonata! Non sapremmo seguire il Riemann fino ad affer- mare che il movimento ritmico — evidentemente lo stesso del tema — che contrappunta il pedale di do alla fine della prima parte sia una vera seconda idea, Ma la divisione delle parti: prima, sviluppo e ripresa con la ripetizione del pedale (pseudo se¬ conda idea) nel tono principale, richiamano forte- mente lo schema del primo tempo di sonata, che qui, pero, non e svolto intenzionalmente ma come mezzo e procedimento tecnico di espressione. Opera 10 - N. 3 Presto - Largo e mesto Minuetto - Rondo Questa sonata e considerata la piu importante delle tre dedicate alla contessa di Browne. E lo e indiscutibilmente. Ma, soprattutto, interessa per il primo tempo che e, come nesspno delle precedenti sonate, — per quanto, come s’e visto, l’op. 2 n. 2 e l’op. 7 pre- sentino caratteristiche assolutamente peculiari al Nostro — spiritualmente beethoveniano. L’elemento creatore e racchiuso in una sola bat- tuta e si prolunga, quasi per la necessaria consistenza, per quattro battute. Ma questo suo procedere per gradi disgiunti e congiunti in ascesa non porta di per se un elemento nuovo spirituale; e non altro che la realizzazione, direi quasi per armonici natu¬ rah, dell’elemento primo generatore. Si noti, infatti, che nella terza battuta il movimento si serra per gradi congiunti per conseguire come nota piu alta il la, la cui vibrazione, quasi eco naturale, si pro¬ lunga per poi risolvere, nel secondo periodo con- clusivo, sulla tonica d’onde e nata. 80 BEETHOVEN E qui e gia embrionalmente tutto il primo tempo della sonata. A ventisette anni Beethoven manifesta una poten- te personalita che lo differenzia sensibilmente dai suoi predecessori o contemporanei; i quali se anche qua e la sembrano affiorare nei lavori del giovane Maestro, un piu attento esame ce li dimostra sbia- diti o lontani. Si e detto che negli elementi generatori e gia em¬ brionalmente tutto il tempo di sonata. L’incisivita di questi elementi e tale che Beethoven s’indugia a ripeterli con variazioni di dettaglio, sia presen- tandoli in rivolto con accompagnamento d’intervalli di sesta disgiunti, sia quasi integralmente con l’al- terna vibrazione delle ottave superiori; facendoli soltanto progredire in fine, quasi una nuova con- quista, verso un piu alto suono che presente ed an- nuncia una modulazione nella alterazione del la JJ, sensibile della nuova tonalita di si min. Anche dopo troveremo una modulazione per « sensibile«, ma il procedimento risultera piu tipico perche meno pre¬ parate e, quindi, piu inatteso. Un nuovo elemento interviene qui: una transi- zione melodica in si min. Il carattere assolutamente melodico, anzi cantabile, che si contrappone al tema principale, ha tratto in inganno molti studiosi bee- thoveniani che hanno confuso questa transizione con il secondo tema. L’errore, da un punto di vista as¬ solutamente formale, e imperdonabile, poi che una elementare conoscenza della forma della sonata lo esclude a priori. Basta, del resto, notare come que- sta transizione non intervenga quasi mai fattivamen- te nello sviluppo, ad eccezione del piccolo elemento di crome che per tre volte si ripete, e come, da un punto di vista tecnico, essa sia ripetuta nella ripresa non come elemento essenziale nella tonalita di re, LE SONATE PER PIANOFORTE 81 ma sempre come elemento di transizione in una tonalita casuale, atta solo a ricondurre alla vera seconda idea che si svolge nella tonalita principale del tempo. Per le ragioni dette non pud, dunque, accettarsi la transizione in si min. come una seconda idea vera e propria; ma non pub negarsi ch’essa rompa, forte d’un nuovo elemento, la continuita del primo tempo, con effetto di gran lunga superiore a quello d’una semplice transizione. In proposito non puo raccogliersi il dubbio del Mara; poi che, invero, la forma di sonata non ri- sulta per nulla pregiudicata, ma soltanto arricchita di un nuovo elemento che e in se, dopo tutto, rela- tivamente interessante e, comunque, forse non per- fettamente rispondente allo spirito del tempo. Dalle armonie che sovrastano al basso discenden- te per toni in ottava, anch’esso un’emanazione del tema, si forma un disegno melodico che ha rispondenze spirituali con il modo cadenzale di minime, in ottave, che ci porta allo stretto finale della prima parte. Per quanto forse 1’analogia risulti poco chiara dall’esecuzione, rifacendo il processo inventivo ci 82 BEETHOVEN colpira che l’uno e 1’altro, in fondo, non sono che cadenze in progressione piu. o meno visibili; e que- sto ha valore non solo per 1’esecuzione, ma perche appare chiaro il filo ideale che crea e lega 1’intera composizione. S'e gia notato come Beethoven si sia servito della sensibile presentata in ottava per modulare, e chia- rissima ed anche molto bella e in proposit0, nel- 1’inizio dello sviluppo, la modulazione in sil?. Lo sviluppo ha una fisonomia interessantissima e bee- thoveniana nel movimento del basso che ascende insistente toccando tonalita diverse, per ben cinque volte e con palpito sempre nuovo, quasi alla ricon- quista del tema generatore il quale ci apparira, dopo la corona, all’entrata della terza parte, come luce serena agognata e promessa. E pare che davvero questo primo tempo non trovi modo di finire; tanto s’avvolge nel ritmo delle quat- tro semiminime, ripetendosi e richiamandosi quasi per giuoco finche riesce a contrapporsi e ad unirsi dolcemente per serenarsi poi e, poco a poco, cedere nell’onda degli accordi disciolti in rivolti ascendenti sul pedale ideale della tonica. In questo tempo noi vediamo la grandezza bee- thoveniana: un elemento di per se insignificante in- gigantisce fino a prendere figura e quasi sostanza diversa senza, per altro, perdere 1’impronta che lo lega spiritualmente alla cellula d onde e nato. Questo e un esempio del dinamismo beethove- niano, che ha ancora limitazioni tecniche e formali ma non piu spirituali. Il Largo e mesto e una delle pagine piu belle e piu dolorose di Beethoven. Alcuni hanno voluto ve- dervi 1’espressione del dolore per 1’incipiente sor- LE SONATE PER PIANOFORTE 83 dita; altri 1’hanno detto ispirato dal ricordo della madre che Beethoven perde giovinetto. Lo stesso Beethoven ed alcuni dei suoi biografi piu vicini, hanno contribuito a far ritenere che que- sto tempo esprima uno stato d’animo profondamente angosciato. « Ognuno sentira che esprime lo stato d’un’anima in preda alla melanconia con diverse sfumature di luce e d’ombra » cosi avrebbe risposto Beethoven a Schindler sul significato di questo Largo, e il De Lenz racconta che in un esemplare della sonata Beethoven scrisse « La Tomba della Madre »; per cui dice il De Lenz « leggere questo Largo e sollevare una pietra sepolcrale ». A parte l’espressione d’uno stato d’animo — sog- gettivismo che trovera in Beethoven momenti d’una drammaticita potentemente umana in cui tutto il do- lore sembra espresso da una sensibilita veramente trascendentale — questo Largo ha un’impronta per- sonalissima ed assolutamente drammatica. Il suo procedere e in continuo divenire, e non e possibile affermare quale sia la sua vera essenza formale. La definizione del Lied sviluppato e di per se stessa empirica e non dice, in fondo, nulla; ne si pub se- guire il Riemann che vi vede, in certo qual modo, la forma della sonata. Non e sufficiente trovare un’idea, o meglio, un elemento ritmico o melodico in un tono relativo, ripetuto poi nella ripresa — ripresa, in questo caso, o ripetizione? — per stabilire o propendere per la forma di sonata. La sonata, per essere tale, non contempla solo alcune regole, di per se elastiche, ma ubbidisce, soprattutto, ad un divenire spirituale che svolge entro una linea stabilita una sua attivita organica e formale. Ora, questo Largo — indiscutibilmente espressio- ne d’uno stato d’animo — e, anche fra alcune par- 84 BEETHOVEN venze di ripetizioni, assolutamente aformale e, di- rei, inorganico. Esso e legato, piu che da un’idea generatrice, da uno stato d’animo « a luči ed om- bre » che esprime, volta a volta, un profondo turba- mento od una particolare visione. Qualche analogia ritmica che si trova fra le molte idee ha valore di anello di congiunzione, ma non proprio di sviluppo organico. Infatti, abbiamo momenti diversi, e cioe, motivi o ritmi diversi man mano che il Largo con- quista il suo « divenire ». Volendo analizzarlo noi abbiamo, per notame i principali, sei momenti diversi d’uno stesso stato d’animo, alcuni dei quali hanno stretta analogia fra loro senza potersi d’altra parte affermare che siano veri sviluppi di uno dei motivi o ritmi pre- cedenti. Anzitutto notiamo il primo momento, che racchiu- de pure la prima idea del tempo: Il terzo e ritenuto dal Riemann come seconda idea. Ma se questa idea pub essere ntenuta tale per la ripetizione nel tono del tema, non ha una con- LE SONATE PER PIANOFORTE 85 sistenza veramente seria, e anzi, per se, fra le meno tipiche. II secondo, invece, ha tutto il carattere spirituale d’una seconda idea; mentre l’ultimo e cosi diverso nella sua essenza mu- sicale che ha piu valore di Trio, come giustamente osserva il Riemann. II quarto e quello che ha un carattere vibratamente drammatico : mentre il quinto, che °di e contrapposto, si snoda liricamente in una breve accorata melodia. Tutto il Lar go acquista poi una diversa fisonomia dall’elemento ritmico delle biscrome che portano un 86 BEETHOVEN nuovo palpito espressivamente drammatico lontano da qualsiasi sensazione di melismi ornamentali, e danno al pedale cadenzale della dominante il senso di un’angoscia inesprimibile che profonda e s’an- nulla nel primo pensiero. Ma 1’idea ritmica non e spenta: ancora nel finale il ritmo delle biscrome pare che turbi l’idea fonda- mentale del Largo; ed insiste, progredendo, fino ad irrompere impetuoso con nuovo grido, per poi pla- carsi vinto nel ritmo severo della prima idea che riesce a dargli, finalmente, pace. Il Minuetto non ha nessuna analogia spirituale con gli altri tempi della sonata. Ha valore di con- trasto e conferma le origini della sonata stessa che nacque da tempi diversi contrapposti. £ stato detto ch’esso e, nel mezzo della sonata, come un prato fiorito di primavera e davvero pub dirsi che, dopo tanto dolore, esso ci dia un momento di fresca dolcezza. La sua forma schematica ha il carattere del Mi¬ nuetto, ma v’e in esso una spiritualita ben diversa e piu aperta: vi si sente, piuttosto, 1’influsso d’una contemplazione agreste ed un non so che di pasto¬ rale nel cantare melodico. L’imitazione, o meglio, la ripetizione non con- trappuntistica che risolve al tema su cui il trillo tesse un suo dolcissimo gorgheggio, ed anche la giovanile allegria che informa il Trio — assolutamente alieno da forme e spirito di danza — danno a questo tempo in alcuni momenti il brio dello Scherzo con un non so che di sapore georgico. E ci pare che bene ab- bia fatto il Riemann a segnarlo in tempo 6/4. 11 Rondo e tipicamente beethoveniano. 11 breve disegno con cui s’inizia questo tempo, (tre crome LE SONATE PER PIANOFORTE 87 seguite da pause) e una delle espressioni caratteri- stiche del Maestro: Meno originale e il disegno melodico accompa- gnato dalle semicrome, ma tuttavia ricco d’una vi- vace chiarita espressiva. Idee, e frammenti di idee informano questo tempo, che se pur non pub essere additato come uno dei piu significativi del Maestro, non giustifica, anzi ci rende del tutto incomprensi- bili, i giudizi dei critici del tempo, che si trovarono disorientati innanzi a questa composizione. Questo tempo ha tutte le caratteristiche del Rondo non solo per le continue ripetizioni, ma perche esse stesse contribuiscono allo spirito di gaiezza che tra- spare in tutto il pezzo. Fra i disegni che lo com- pongono il primo e, come s’e detto, assolutamente beethoveniano ed interessantissimo. Esso anima di se il Rondo e gli da un andamento vibratamente nervoso che, caratterizzandolo, lo dif- ferenzia dalle composizioni che nel genere lo hanno preceduto. 11 suo ritmo e quasi sempre insistente e cede qua e la a qualche idea melodica e ritmica — che ha solo valore di contrasto e che, appunto per¬ che tale, non assurge mai ad un’espressione essen- ziale, ne tenta la conquista d’un suo divenire — per riemergere piu efficace e colorita. Il Riemann ha voluto segnare questo tempo in due movimenti 2/4. A noi pare, invece, che tutto il procedere e la quadratura ritmica risulti ben chiara e piu propria in 4/4, tempo in cui il Rondo e stato sentito e pensato. 68 BEETHOVEN Anche il ritmo iniziale, che potrebbe essere il solo per una discussione in proposito, ci pare che acquisti un valore maggiore e piu determinato nel cadere fra due primi movimenti sonori dopo altri secondari di silenzio. Cosi ha un valore dinamico molto piu espressivo che nella figurazione proposta dal Rie- mann: E evidente che il ritmo per due movimenti toglie aria e orizzonte musicale all’ispirazione tematica, mentre tecnicamente il disegno melodico che lo com- pleta necessita indiscutibilmente di quattro movi¬ menti di valore diverso Secondo noi ha tratto in inganno 1’incalzare ritmi- co della ventinovesima battuta e delle seguenti. Ma come non sentire che anche in queste battute il respiro ritmico e piu largo di quello che consenta il procedere per due movimenti ? Non ci dilunghia- mo su gli altri elementi melodici o ritmici che com- pongono il Rondo, poi che sono di evidenza asso- luta. Ci e sembrato interessante, giacche abbiamo avu- to occasione di parlare della critica ai tempi di Beethoven, riportare quanto VAllgemeine Musika- lische Zeitung scrisse nell’ottobre del 1799 sulle tre sonate dell’op. 10. « Non si pub negare — scriveva il redattore ano- LE SONATE PER PIANOFORTE 89 nimo — che Beethoven sia un uomo di genio, e che abbia delForiginalita. Inoltre, la profondita poco comune nello stile elevato, il suo virtuosismo sullo strumento per cui scrive lo pongono fra i migliori pianisti e compositori per pianoforte del nostro tem¬ po. La ricchezza delle idee lo porta troppo spesso ad accumulare idee gregge (Wild) e ad unirle in modo bizzarro; per cib spesso egli cade in un’arte oscura o in un’oscurita artificiale che e per 1’effetto d’insieme piuttosto un difetto che un vantaggio. Vi sono pochi artisti ai quali si possa dire: risparmia i tuoi tesori ed usane parcamente! Poiche non ve ne sono molti che abbiano troppe idee e che sap- piano bene metterle insieme. Non dunque un rim- provero deve trovare nelle nostre parole il signor Van Beethoven, ma un benevolo richiamo che, se e critica, racchiude d’altra parte una lode. Inven- zione buona, stile maschio, e serio (che dal punto di vista del sentimento da cui deriva, ha qualche analogia con F. E. Bach, eccezione fatta per cib che caratterizza il modo del tempo che si allontana molto dallo stile di Bach); dei pensieri legati fra loro con ordine, un carattere sostenuto, in tutte le parti, un impiego interessante dell’armonia mettono queste sonate al disopra di molte altre ». SONATA - OP. 13 DETTA “SONATA PATETICA” dedicata al Principe CARLO von LICHNOWSKY Opera 13 Grave - Allegro molto e con brio Adagio cantabile - Rondo II Trio in sit? op. 11 per pianoforte, clarinetto (o violino) e violoncello, dedicato alla contessa de Thun e composto nel 1799, e le Tre sonate del- l’op. 12 (in re magg. la magg. e mi (?) per clavicem- balo o fortepiano con violino, dedicate al signor A. Salieri, dello stesso anno, precedono la « Patetican. La « Patetica » fu composta in un periodo in cui le speranze fiorivano ardenti e ricche nel tumultuoso spirito di Beethoven che sentiva la bellezza d’una nuova visione d’arte illuminare il suo pensiero. Ma anche la sua vita, diremo mondana, procedeva con ritmo diverso da quella degli anni precedenti. Ora egli era e sentivasi ricercato, carezzato, adu- lato, ed il suo orgoglio ed il suo desiderio di ascesa avevano impeti d’intensa gioia per il conseguimento d’una realta artistica non solo sentita, ma anche riconosciutagli. Vedeva oramai sempre piu realizzarsi il sogno per cui fino dal 1796 aveva scritto nel suo taccuino: « Coraggio! Ad onta di tutte le infermita del corpo, il mio genio trionfera ». La sordita, e vero, aveva gia iniziato il suo terribile tormento fisico e quello morale ancora piu atroce. Ma non riusciva a soffo- care le speranze, e la naturale reazione della forte giovinezza riusciva facilmente vittoriosa. Beethoven, infatti, pur essendo rimasto in fondo il provinciale quasi sempre trascurato, impetuoso ed incomprensibile, non rifuggiva dalla grande societa 94 BEETHOVEN viennese, la piu ospitale, forse, e la piu raffinata di quel tempo; ma vi si tratteneva volentieri e non rimaneva insensibile alle manifestazioni d’ affetto che gli venivano prodigate; anzi le notava e ne inorgogliva. Lo commovevano anche: « ancora poco, diceva della principessa Lichnowsky, ed ella mi mette sot- to una campana di vetro per sottrarmi al contatto delle persone indegne ». E per la famiglia del prin¬ cipe Lichnowsky nutriva un particolare affetto. Le frequentava volentieri; anzi, non disdegno di accet- tarne la signorile ospitalita per un tempo non breve. Questa amicizia non. venne mai meno pur se qual- che nube (dovuta, soprattutto, alLinsistenza del principe per farlo suonare; cosa di cui, come dice il Wegeler, Beethoven soffriva fino a perdere ogni gaiezza) turbo a volte il sereno. La « Patetica » e Lunica sonata di Beethoven che abbia un particolare titolo che la differenzi e che sia stato, se non proprio voluto, permesso dall’au- tore; poi che lo troviamo gia nella prima edizione del 1799. £ risaputo che tanto la « Pastorale » op. 28 quan- to la sonata al « Chiaro di Luna » op. 27 e L« Ap- passionata» op. 57 ebbero invece in un secondo tempo, da altri e non dall’autore, 1’attributo che ne determinb la particolare ed arbitraria espressione; la quale, se rispose in certo modo alPessenza della composizione, ne limito ingiustamente Linfinita emotivita. Perche Beethoven ha permesso che questa sonata portasse un titolo ? Crediamo che sia da escludere ch’egli abbia vo¬ luto davvero esprimere un particolare stato dani¬ mo, o che pensasse di creare tutto un ciclo di so- LE SONATE PER PIANOFORTE 95 nate ognuna delle quali dovesse avere uno ^peciale significato espressivo. Quasi tutte le sonate di Bee¬ thoven si prestano, e vero, ad una interpretazione programmatica e pochi poemi sinfonici possono vantare tanta emotivita ed immediatezza dramrna- tica; ma sarebbe ugualmente facile notare che nes- suna sonata di Beethoven e dovuta interamente ad una sola ed identica emozione, e che esse nascono piuttosto dalla trasfigurazione musicale di diversi stati d’animo che sfuggono a qualsiasi catalogazio- ne per la loro natura assolutamente ideale e trascen- dentale. E questo pub dirsi anche della « Patetica ». Poi che, ad eccezione dell’y4dag(o cantabile, gli altri due tempi non rispecchiano nessuna particolare espressione di malinconia; ma presentano, invece, caratteri assolutamente diversi fra loro e dissimili dalPAdagio: piu profondamente tragico il primo tempo, di cui 1’« Allegro molto con brio » e il grido gioioso di un’anima dolorosa, e di gran lunga piu inconsistente e quasi superficiale come entita emo- tiva 1’ultimo tempo nel suo brillante procedimento. Quindi, uno stato « patetico » non esiste in tutti i tre tempi; il che significa che a nessuna ragione artistica ha ubbidito Beethoven nel consentire al ti- tolo di questa sonata. Vi sono, invece, ragioni contingenti: 1’ambiente mondano-intellettuale in cui viveva; il desiderio giu- stificato e nobilissimo della conquista, ed ancora, ragioni editoriali cui forse piu che alle altre, la sonata in do minore op. 13 deve il titolo di ((Pa¬ tetica » (I). (1) Una sonata patetica di Lipawski ricorda lo stile della so¬ nata di Beethoven nelle cose secondarie, nella notazione, negli accompagnamenti, nella maniera di porre in un allegro alcune 96 BEETHOVEN La «Patetica», dedicata al Principe di Lich- nowsky, fu composta nel 1798 e pubblicata nel 1799 presso Eder a Vienna. II primo tempo s’inizia con un andamento Graoe; vera e propria introduzione a VAllegro molto con brio successivo. E, qui, la parola « introduzione» ha significato specifico di preparazione; poi che gia in essa e 10 spirito ed anche, come vedremo, embrionalmente 11 disegno di tutto il primo tempo. Ricorda 1’impiego del tema ciclico, gia inteso e voluto dal Vitale e con piu coscienza artistica dal Corelli; ma lo ricorda solo, poiche in questo tempo il tema ciclico non e propriamente visibile, ne ap- pare quale risultato di una particolare concezione tematica e stilistica, ma quale conseguenza espres- siva naturale d’uno stato d’animo che, man mano, riesce a manifestare interamente la profonda emo- zione d’arte donde e nato. battute di un adagio episodico, nella disposizione, nel titolo. Si e supposto che questa sonata rara in commercio e che noi ab- biamo visto nella biblioteca del principe Odoewski a Pietroburgo, sia anteriore a quella di Beethoven; si e voluto quindi, conside- rarla come un*opera di grande originalita, perche Gerber ha detto che Lipawski fiori verso il 1790, quando Beethoven non aveva ancora composto le sue tre prime sonate (1796). Ma v’e un errore. La Gazette musicale universale di Lipsia analizzo la so¬ nata di Lipawski nel novembre 1805, la sonata di Beethoven nel febbraio 1800. Questa differenza fra le date dei due articoli ne stabilisce una fra le date delle sonate. Gli articoli della Gazette non coincidono sempre, e vero, con 1’epoca della pubblicazione delle composizioni di cui parlano, ma non sono in ritardo che per le opere piu importanti che esigono un’analisi piu particolare. La Gazette parla nel 1799 delle composizioni di Beethoven op. 10, 11 e 12 che sono di quell’anno; perche avrebbe fatto per la so¬ nata di Lipawski altrimenti di quel che ha fatto per la sonata di Beethoven? De Lenz: Opera citata. LE SONATE PER PIANOFORTE 97 Si noti, infatti, l’analogia spirituale e, in certo modo anche degli intervalli, fra il tema d’introdu- zione, quello propriamente del primo tempo, ed ancora piu quello della seconda idea; apparira evi- dente quanto si e gia detto, e cioe, la parentela spi¬ rituale che li accomuna tutti e che li fa provenienti da una stessa fonte di emotivita espressiva. II D’Indy, nel suo Corso di composizione, nota in tutti i tre tempi della « Patetica » la presenza del¬ la cellula ciclica. Egli dice: « Quest’opera, la piu completa come struttura fra tutte quelle che appartengono alla prima maniera, offre un vero esempio di cellula ciclica che influi- sce direttamente su ciascuno dei suoi tre tempi... ». L’osservazione ha carattere tecnico; ma ci pare che la cellula ciclica sia qui, anche tecnicamente, piu casuale che voluta da una cosciente concezione tematico-ciclica. Non sono sufficienti, invero, pochi elementi di figurazione grafica, che non hanno una vera rispondenza spirituale fra loro, per affermare la comune origine, sia pure embrionale, dei tre tempi della « Patetica n. E se questo pub obbiet- tarsi per una constatazione puramente tecnica, piu sicuramente pub dirsi per il valore spirituale che lega i tre tempi, i quali sono, come gia s’e detto, dissimili come stato d’animo e concezione (1). (1) La Sonata ciclica e quella la cui costruzione e subordinata ad alcuni temi speciali che riappariscono sotto forme diverse in ognuna delle parti che costituiscono 1’opera, dove esercitano una funzione in certo modo regolatrice o unificatrice. 11 carattere ciclica dovuto alla presenza di questi temi perma- nenti, di questi motivi conduttori, che danno ai diversi movi- menti o pezzi d’un lavoro musicale, l'aspetto di un ciclo di pezzi dipendenti necessariamente 1 uno dali altro, non e particolare della Sonata. (D’Indy: Cours de Composition Musicale). 4. 98 BEETHOVEN L'Introduzione e caratterizzata dal tema in « con- tinuo divenire ». Grare ^ = «8 £ un palpito spirituale che cerca nelfascesa una sua realizzazione inesprimibile che per ben tre volte tenta senza riuscirvi. Nella ripresa in mi \) dopo il precipitare dalla altezza sonora gia conseguita, pare che con piu serena espressione s’inizi la nuova ascesa la quale, dopo un continuo ed ancora affannoso progredire, risolve, quasi profondando, nell’ Allegro molto con brio, nuova, piu viva e piu ardente manifestazione dello stesso, sentimente. II Riemann traserive Vlntroduzione in 2/4 an- ziche in tempo ordinario, preoccupato dalla figu- razione della fine che a lui pare non corretta. L’errore e evidente. L’analisi un po’ scolastica lo ha fuorviato da ogni considerazione spirituale, da cui non si pub prescindere senza tradire l’essen- za animatrice della composizione che di per se in questo caso, comporta indiscutibilmente la espres¬ sione grafica beethoveniana. Infatti, mentre nella figurazione originale ci ap- pare evidente lo stato d’animo che ha creato l’am- biente sonoro non piu contenuto entro limiti pre- stabiliti e che trascende verso un divenire inespri¬ mibile, il quale pare costretto alla fine a precipi¬ tare, nella figurazione proposta dal Riemann ap- pare con evidenza svisato ogni intimo tormento, ed LE SONATE PER PIANOFORTE 99 il pathos realizzato perde tutta la sua inesprimibile intensita. 11 tema delVAllegro molto con brio s’inizia dal- 1’ultimo quarto della prima battuta; la nota che precede e meglio considerarla con il Riemann come finale dell’introduzione, o forse meglio, come nota di trapasso fra i due andamenti. Questo tempo va eseguito con movimento cele- rissimo. Allegro molto e oon brio J = isa~i6O 'bon misurato, guasinon legata II Casella, nell’edizione Ricordi, stabilisce il me¬ tronome fra 152-160 per ogni minima; ma il ritmo piu consono ed espressivo e, forse, in uno per bat¬ tuta. Qui, idealmente, 1’affannoso divenire pare che riesca a realizzare una piu ardente ed anche piu determinata manifestazione, e troppo breve sarebbe il respiro ritmico di due movimenti per battuta per realizzare la piu intensa e progrediente espressione del tema gia embrionalmente contenuto come s’e visto, nel motivo primo deli’introduzione. Ora l’a- scesa procede senza ritorni spasmodici per due ot- tave, e pare che nulla possa contrastare la conqui- sta sonora entro cui lo spirito spazia. 100 BEETHOVEN La seconda idea non cambia 1’ambiente sonoro; lo liricizza soltanto con un canto che parte dal pro- fondo per librarsi quasi gioiosamente; una gioia che ricorda e conserva pero la sua origine anelante ed affannosa. (sotto) L’analogia del sentimente e cosi affine che que- sta nuova idea e solo con disamina formale detta tale. Infatti, e soltanto per ubbidire ad una defini- zione tradizionale che qui si pada di seconda idea, di per se non tale, ma solo conseguente alla prima di cui e idealmente la trasfigurazione lirica, come e, con la prima, la manifestazione piu determinata e piu ardente del motivo generatore della intro- duzione. E questo spiega il perche della scelta della to¬ nalita minore di mi p, certo inconscia e dovuta solo alla ispirazione — che determina tutto l’an- damento e lo sviluppo di questo tempo — anzi- che, di quella maggiore come avrebbe dovuto, per logica di contrasti e per disciplina formale. Gia nella sonata in la magg. op. 2 n. 2 abbiamo avuto un esempio di seconda idea in tonalita, in certo modo, di eccezione (la seconda idea nella to¬ nalita minore della dominante, anziche in quella di modo maggiore). Ma, a parte i molti esempi pre- cedenti, che di per se hanno un valore relativo, nel caso della sonata in la magg., tutto ubbidisce alle leggi che guidano apparentemente le volute forme della sonata. La seconda idea di quella sonata e una vera idea contrastante come spirito e come ritmo, ed ancora LE SONATE PER PIANOFORTE 101 la tonalita minore poteva darle un senso di mag- gior contrasto anziche uno di monotonia. Ma nel primo tempo della « Patetica » il caso e assolutamente diverso: la prima idea e in minore, cosi pure la seconda. Non solo: ma la seconda idea non ha carattere di assoluto contrasto con la prima, anzi, se n’e gia notata 1'analogia della fonte. Teoricamente il risultato dovrebbe essere man- chevole, ed e, invece, superbo. £ che interviene il genio creatore con l’equilibrio che non e risul¬ tato di un calcolo logico, ma conseguenza inscru- tabile di una nuova intuizione che viene rivelata. Il contrasto non e piu dato da elementi diversi, ma da diversi momenti musicali che rivelano e chia- riscono, man mano che si manifestano, tutta la po- tenza emotiva d’uno stato d’animo. Se si vuole con un esempio determinare cib, si pensi ad un’ascesa in montagna che man mano pre- senti lo stesso paesaggio in piu ampie ed infinite proporzioni: il contrasto con quello visto prima e dato dal maggiore spazio che abbraccia lo sguardo che rivela ora quanto prima era stato appena in- travisto o accennato. La rivelazione del genio beethoveniano e, ora, evidente. Gia, qua e la, ne abbiamo avuto alcune manifestazioni: embrionali e piu spesso mancate alcune, meglio riuscite altre, sempre significative. Ricordiamo la sonata in mi U op. 7 e la sonata op. 10 n. 3. Particolarmente interessante e il finale della pri¬ ma parte che, per le note tenute sul basso che scen- 102 BEETHOVEN de. acquista un piu ampio respiro e si risolve, dopo il veloce movimento delle crome, nella ripresa del tema che ora pare prolungato dagli accordi a cui il basso discendente ad ottave disgiunte da una espressivita sonora fortemente drammatica. La fine della prima parte pare non possa risol- versi, e si prolunga ancora sensibilmente sull’ac- cordo dissonante prima di cadenzare sulLaccordo di sol minore. Lo sviluppo s’inizia con la ripresa del Grave. 11 ritorno del Grave conferma 1’importanza del- 1’introduzione che non e un semplice preludiare, ma parte essenziale e, come s’e visto, germinale di tut- to il tempo; ragione per cui la ripresa appare ora logica come procedimento non solo spirituale, ma anche formale. Lo sviluppo propriamente detto da la misura della fantasia del giovane Beethoven che, se ancora non sa esprimere tutta la potenza della sua emotivita, ne da pero un saggio molto significativo. V’e gia, sia pure appena accennato, quel largo respiro beethoveniano e quell’impetuosita nell’asce- sa che lo differenzia da tutti gli altri; cosi sentiamo nel movimento delle crome al grave sul pedale di sol la profondita del mondo beethoveniano, in cui 1’idea si foggia e parte per la conquista d’una su- perba meta dove la ritroviamo trasfigurata. La spontaneita e la stessa foga di questo tempo hanno portato Beethoven a non curare con la dili- genza voluta la scelta del tono della seconda idea LE SONATE PER PIANOFORTE 103 nella terza parte; sicche la seconda idea e ripresa in fa min. invece che in do min. Tonalita che si presenta subito dopo con slancio genialmente me- lodico per cui il ritorno della tonalita di do min. acquista una piu intensa e viva espressione. Prima di finire, anzi dopo una prima conclusione, Beethoven ci fa ancora risentire il Grave, ma solo in senso dissonante e progressivo. Breve. Riprende subito il tema che ascende come ultimo guizzo e si risolve cadenzando fortemente. L’ A dagio cantabilc e il tempo propriamente « pa- tetico«. Conserva ancora intatto, dopo piu d’un secolo che gli esibitori del pianoforte lo tormentano, il profumo della sua incorruttibile giovinezza, a cui la stupenda classica linea della «forma» non e piii mezzo d'espressione, ma essenza medesima di arte. Sul classicismo di Beethoven si e gia accennato nell 'Introduzione. Diremo ora soltanto che VAdagio della « Patetica n ne e 1’esempio piu perfetto e piu bello. Il sentimente « atto a commuovere» e che fu inteso e interamente vissuto dal creatore, si ma¬ nifesta con armonia assoluta non solo nelFessenza delFidea, ma nella forma che la contiene e che la rende intelligibile. Un tentativo o abbozzo di questo A dagio pub chiamarsi 1’ Adagio molto della sonata op. 10 n. 1 che il Riemann definisce « Piccola Patetica«. Giu- stifica il ricordo anche la tonalita di la p magg.; ma quanto cammino e quanta diversa luce! Neir^dagio dell’op. 10 vi ve ancora e si mani¬ festa sensibilmente il 700 con i suoi soavi ma vuoti melismi, carezze superficiali e dolcemente sensuali; nella « Patetica«, invece vi e gia una linea ada- mantina che non piega a nessuna tendenza con- 104 BEETHOVEN tingente e che s’erge pura neH’eterna giovinezza dello spirito. Beethoven non ha piu parentele con Haydn e con Mozart; assomma ora in se e manifesta, sia pure inconsciamente, lo spirito che ha gia animato gli Adagi violinistici dei grandi italiani, e ci ap- pare ancora non tocco dal tempestoso tormento per cui piu tardi, trascendendo gli infiniti spazi del- 1’ideale, cerchera nuovi mondi di bellezza, piu va- sti e piu prof ondi, ma rare volte contenuti in una linea estetica cosi aderente e cosi perfetta. L’?4 dagio cantabile s’inizia con un’ampia melo- dia; trasfigurazione ideale d’un dolore sopito e che canta, ora, con dolcezza serena. La melodia, ripetuta alFottava superiore, appare come spiritualizzata. Un elemento nuovo interviene alFentrata non preparata della tonalita di Ja min. e si svolge e shndugia fino alla ripresa della frase iniziale. Gli abbellimenti ed i melismi, che troviamo in questa seconda parte, sono chiaramente inerenti alFinven- zione melodica e non hanno valore di ornamento, poi che aderiscono perfettamente alla continuita del canto. La plasticita sonora del la 'p min., come il movimento delle terzine e Fardita e geniale mo- dulazione enarmonica in mi maggiore con il ri- torno per brevi sviluppi cadenzali alla frase iniziale, ora presentata con sonorita piu vibrante, sono an- ch’essi d’una semplicita e d’una bellezza cosi evi- dente che ogni commento e certamente superfluo. Anche questa ripresa ripete la frase alFottava su¬ periore e pare che vanendo si perda, con Facco- rato disegno melodico sulFinsistente pedale di do¬ minante, nella semplicita classica della cadenza in- tramezzata dalle brevi pause. A proposito di questo A dagio 1’ Allgemeine Musi\ LE SONATE PER PIANOFORTE 105 Zeitung (19 febbraio 1800), faceva a Beethoven que- sto appunto critico: « L’unica cosa che la critica possa dire ad un Beethoven che sa inventare il nuo- vo quando vuole (non e critica, ma 1’augurio di una maggiore perfezione) e che il tema risente di qual- che reminiscenza. Di chi ? La critica npn pub de- terminarlo, ma pub dire solo che il pensiero non e nuovo ». Il Rondo e il terzo ed ultimo tempo di questa so¬ nata. Secondo Nottebohm esso fu dapprima creato per una composizione strumentale non di grande entita. Ma carattere strumentale non pub dirsi che abbia, ad eccezione del tema di quella che pub de- finirsi seconda idea e di qualche Irammento. , £ inutile insistere sulla nessuna espressivita pa- tetica di questo tempo, ne vale la pena di rilevarne la tonalita minore che, del resto, come tonalita ha in se un valore sempre relativo quando tutto l’an- damento d’un pezzo non ha o non conserva un carattere, diremo, spiritualmente in ombra. Sarebbe difficile, infatti, affermare che 1’entrata del nuovo tema in mil?, in cui il Nagel (I) ha vo- luto vedere il secondo tema, abbia un qualsiasi ca¬ rattere patetico; rivela, piuttosto, una grazia ancora settecentesca non oflfuscata dalla celerita delLanda- mento. (1) W. Nagel: Beethoven and seine Klaviersonaten. I06 BEETHOVEN Questo ultimo tempo, oltre alle caratteristiche, del resto non proprio accentuate del Rondo, pre- senta anche quelle del primo tempo di sonata; ma le une e le altre, piu che darci una forma incon- fondibile di rondo o di sonata, creano un tipo mi- sto di composizione che piu volte si e gia consta- tato in Beethoven. II movimento, per quanto in minore, e vivacis- simo e presenta appunto per questo qualche diffi- colta, piu che d’indole tecnica, per la giusta rea- lizzazione dello spirito animatore. La scelta di questo Rondo ha lasciato perplessi tutti coloro che volevano vedervi una stretta ana- logia con gli altri tempi. Ho gia accennato ai temi ciclici del D’Indy, la cui opinione e anche smen- tita dal fatto che questo Finale fu composto qual- che tempo prima della « Patetica )>. Ma, oltre al D’Indy, e da ricordare anche il Rei- neke che opina che il tema del Rondo possa essere nato dal motivo del secondo tema del primo tempo. Per contro, il De Lenz ed altri lamentano la nes- suna analogia di questo tempo con i precedenti; nessuna analogia gia da noi notata, ma che non e di per se un fatto nuovo, poi che la sonata deve alla sua stessa origine questa diversita anche spi- rituale nei van tempi. I quali, se qualche volta in alcuni autori e nello stesso Beethoven nascono da un analogo stato d’animo — vissuto pero con sensi- bilita diversa, per cui prendono quasi aspetto e si- gnificato poemico — non tolgono che la sonata nella sua realizzazione tecnica e nei suo valore spi- rituale sia un insieme di tempi contrapposti e le¬ gati solo dalla parentela tonale. DUE SONATE - OP. 14 dedicate alla Baronessa von Braun Opera 14 - N. 1 Allegro - Allegretto - Rondo L’opera 14, composta delle sonate in mi magg. e sol magg., fu dedicata alla baronessa di Braun. L’amicizia di Beethoven con la famiglia di Braun ha un valore non trascurabile nella sua vita arti- stica. La relazione, che in questo primo tempo era ancora superficiale, divenne man mano piu intima; per quanto possa arguirsi da alcuni fatti che non mancb, tal volta, qualche malumore reciproco. Da una lettera del fratello Carlo del 22 aprile 1802 rileviamo, infatti, che i Beethoven erano scontenti d’un rifiuto per un concerto da eseguirsi in teatro; per quanto, dice Carlo, « il fratello avesse dedicato parecchie opere alla signora di Braun ». Ma, nono- stante qualche nube passeggera, fu con il Braun, direttore dapprima del Nazionale e piu tardi (1804) del « Theater an der Wien», che Beethoven fece il contratto nel febbraio del 1804 per la composi- zione del « Fidelio » che, anche dopo la non felice riuscita della prima rappresentazione, trovb sempre nel Braun, quasi a dispetto dello stesso Beethoven, un fervente difensore. Della baronessa Braun sappiamo che era una buo- na pianista, che s’interessava molto del movimento musicale, e che Beethoven dedicb a lei, oltre alle due sonate deli’op. 14, anche la sonata per piano e corno op. 17 composta nel 1800 per il cornista Pinto ed eseguita a Vienna, per la prima volta, con la col- laborazione pianistica dello stesso autore. La sonata in mi magg. fu composta nel 1798 e IIO BEETHOVEN fu pubblicata nel dicembre del 1799 da Mollo a Vienna. ■ Ma fin dagli schizzi del 1795, e secondo altri an- che prima, risulta gia il primo abbozzo. Certo, il suo carattere la fa ritenere una composizione ante- riore alle ultime due sonate di cui ci siamo oc- cupati, poi che in essa esula ogni particolare im- pronta beethoveniana, soprattutto per la mancanza di una determinata e personale linea di sviluppo. Il tema e invece interessante, non per una sua particolare bellezza od importanza, ma perche tro- viamo il procedere progressivo di salti di quarta, procedimento che ritroveremo in Beethoven piu di una volta. Uno studio del Durante (I) ha per tema simili intervalli che procedono alla stessa guisa e, forse, e possibile che Beethoven lo abbia conosciu- to; poi che egli studio molto, anche per 1’insegna- mento del Salieri, le opere italiane, e Durante fu uno dei musicisti piu noti di un passato recente ri- spetto a Beethoven, e maestro di mol ti musicisti quasi contemporanei o comunque famosi al tempo del Nostro. Abbiam detto che in Beethoven tale procedimen¬ to si trova ripetuto piu volte. Notiamone tre d'im¬ portanza diversa e di diversa conseguenza: un pri¬ mo durante lo sviluppo del Rondo della « Patetica », un secondo in questo primo tempo di sonata di cui forma il tema, ed un terzo piu interessante nella Fuga della sonata in lat? op. 110 in cui e adope- rato come tema. Limitandoci pure a queste tre sole constatazioni si deve convenire che Beethoven ha sentito partico- larmente questo intervallo che, se nelheta giova- (1) Francesco Durante: Studio II a cura di Alceo Toni LE SONATE PER PIANOFORTE III nile adoperb senza un sensibile carattere signifi- 'cativo, nelFeta matura gli ispiro una delle sue piu poderose e geniali composizioni pianistiche : la Fuga delFop. HO. Non pub dirsi che l’op. 14 n. I sia molto im- portante, ne che questo tempo abbia in se alcun- che di veramente notevole, se se ne eccettui una sua particolare grazia. Ha interessato, invece, per quello che con ric- chezza di fantasia, non proprio peregrina, ha detto lo Schindler in parte seguito dal Moscheles: l’op. 14 risponderebbe, secondo lo Schindler, ad una con- cezione di dualismo contrapposto, quello che prega, quello che resiste: e Moscheles commenta perso- nificando le due entita contrapposte nelFamante e nell’amica! Basta richiamare per un momento la se- rieta della concezione beethoveniana perche ci ap- paia chiaramente il ridicolo di tali ipotesi. Questo primo tempo, s’e detto, non ha nulla di veramente interessante. 11 De Lenz, invece, cosi si esprime a proposito di questo tempo: « Questi due deliziosi piccoli lavori (9 a e 10 a sonata) sono un ri- poso dopo V eroismo della « Patetica ». « La frase del primo Allegro della sonata in mi maggiore s’innalza leggera come la prima allodola della primavera si lancia gioiosa nel cielo. V’e in questo brano come una bella giornata dopo i rigori de 1’inverno »; ed ancora: « la sonata in mi asso- miglia ad una gran dama di Van Dyck dal viso fresco e roseo e daH’insieme nobile ed austero ». Ben contrapposta e la seconda idea (battuta 22 a ) e dalla sua entrata fino alla fine della prima parte e facile notare il suo carattere poco pianistico — del resto mai veramente notevole; poi che gli ar- peggi che accompagnano la melodia esposta in ot- tava e le scale nella terza parte non hanno nessuna 112 BEETHOVEN consistenza ne alcun vero significato pianistico — il che potrebbe giustificare la riduzione di questa sonata per quartetto ad archi fatta da Beethoven stesso e pubblicata nel 1802 dal « Bureau des Arts et de 1’Industrie ». Di gran lunga piu interessante e V Allegretto sia per il valore musicale che per la forma. £ la seconda volta che Beethoven si serve di que- sta semplice indicazione per 1’andamento di un tempo; indicazione necessaria piu che quella non indispensabile del metronomo per orientare 1’inter- prete. L’espressione Allegretto 1’abbiamo gia vista ado- perata da Beethoven nel secondo tempo della so¬ nata in fa magg. op. 10 n. 2. Anche in quella so¬ nata 1’ Allegretto e il secondo dei tre tempi che la formano e fa quindi, come in questo caso, le veci e le funzioni del tempo cantabile o di riposo e dello Scherzo o Minuetto. Questa considerazione ci pub dare un po’ la chia- ve del significato che Beethoven dava all’andamen- to Allegretto che ha, appunto, affinita con VAndante e lo Scherzo. £ necessario insistere su questo e su le propor- zioni costruttive volute da Beethoven per contrad- dire l’asserzione dello Schindler che ha affermato — e da notare che lo Schindler ha studiato le due sonate dell’opera con Beethoven, e che in propo- sito ha quindi funzione di testimone — che Beetho¬ ven eseguiva questo Allegretto come un Allegro furioso. Gia molti chiosatori hanno reagito all’afferma- zione dello Schindler e, fra i piu autorevoli, il Manc ed il Reineke, il quale molto piu giustamente vede in questo tempo una « calma rassegnazione », LE SONATE PER PIANOFORTE I 13 A parte quel che Beethoven spiritualmente abbia voluto esprimere, non v’e alcuna ragione di cam- biare un andamento segnato dallo stesso Beethoven; perche, se pud essere vero che egli abbia qualche volta eseguito la prima parte di questo tempo in Allegro furioso — nel maggiore seguente, aice lo Schindler, il tempo e piu moderato — e di gran lunga piu sicuro che Beethoven pensatamente l’ab- bia scritto in modo Allegretto. Infatti questo tempo oltre ad avere un precedente epressivo nella sonata op. 10 n. 2, risponde per l’equilibrio della struttura della sonata e sopratutto per lo spirito che 1’informa all’essenza medesima del tempo Allegretto piu che a quello di Allegro furioso. II Riemann, autorizzato in certo modo dalbasser- zione dello Schindler, ha segnato questo tempo nel¬ la sua « Analisi » in 6/4 anzi che nelForiginario 3/4. Si potrebbe dire in proposito con il Nagel che sarebbe ora di porre fine alle speculazioni intorno alla mušica beethoveniana, e presen tare invece l’o- pera nella sua piu schietta espressione, senza i com- menti, le testimonianze piu o meno veritiere — siano pure in buona fede — dei suoi appassionati cul tori. La semplicita e caratteristica deli’ Allegretto. Non ha piu la larga contemplazione d’un Adagio o d’un Andante, e non realizza ancora la vivace, ner- vosa espressivita dello Scherzo che in Beethoven si manifestera, alla fine, quasi non piu contenuto da una linea formale ritmica (Scherzo IX Sinfonia). Ma ne\YAllegretto della sonata in mi magg. non v’e nulla che lasci lontanamente supporre lo stato d’animo che čred lo Scherzo beethoveniano; ed e soprattutto per questo che 1’asserzione dello Schin¬ dler anche se vera — ne v’e ragione di dubitarne — non ha un valore assoluto, poiche tutto al piu 114 BEETHOVEN dimostrerebbe che Beethoven, spirito essenzialmente trascendentale e natura romantica, ubbidiva volta a volta nell’eseguire la sua mušica ad un’emozione diversa. E cio e, del resto, piii comune di quanto si possa credere poiche la sensazione soggettiva d’un dato momento ha un’influenza imponderabile sulla crea- zione e sulLesecuzione musicale. Schindler ci avverte che Beethoven teneva molto 1’accordo di settima della quarantreesima battuta e, come gia s’e detto, nel maggiore moderava il tempo. Ma in tempo Allegretto queste due asser- zioni non hanno quasi nessun valore. L,’Allegretto dell’op. 14 n. I non presenta nulla di notevole. £ diviso in tre parti: tema e suo svi- luppo; maggiore; ripresa con la breve ripetizione dell’ultima parte del maggiore che conchiude l’z4Z- legretto con la modulazione nella tonalita minore primitiva. L’Allegro comodo e una delle composizioni meno interessanti di Beethoven. II Riemann nota l’ana- logia del tema del Rondo con quello del primo tem¬ po e trova anche in esso analogia con il tempo di sonata. Ma, invero, questo tempo e spiccatamente un Rondo in cui tutti gli elementi che lo formano si ripetono in tonalita vicine o lontane senza ca- ratteristiche di sviluppo che possano dare un’im- pressione, sia pure lontana, di sonata. Non e sufficiente per trovare una parentela con la forma della sonata notare come un nuovo dise- gno si presenti nella quinta del tono con diverso carattere od espressione diversa. La seconda idea ha un valore imprescindibile nella sonata, e non e LE SONATE PER PIANOFORTE 115 un semplice diversivo; cio che e, invece, questa presunta idea del Rondo la quale non e altro che una forma melodica di cadenza non presentata neppure alla ripresa del Rondo nella tonalita della tonica, ma in quella della sottodominante, e sempre in modulazioni ca- denzali che, rotte da un accordo di settima dimi- nuita, preparano la ripresa sincopata del tema del Rondo. Interrompe la continuita del Rondo, per evitarne la monotonia, una specie di Trio che procede per terzine di crome e che ricorda quello molto piu interessante, per il suo carattere drammatico, de' Rondo della sonata op. 2 n. 2. Questo indica chia- ramente il periodo in cui fu pensata la sonata op. 14 n. I che čerto precede e comunque e molto infe- riore, ad eccezione deli'A llegretto, allop. 2. Opera 14 - N. 2 Allegro - Andante - Scherzo Questa seconda sonata dell’op. 14 dedicata come 1’altra alla baronessa di Braun e, senza dubbio, su- periore alla precedente. Con tutta la buona volonta, 'sarebbe difficile tro- vare in questa sonata, come nella precedente, ele¬ menti che possano giustificare recondite intenzioni programmatiche. Quindi, il soprannome di « Sona¬ ta del matrimonio », ha tutto il sapore di una sto- riella di poco buon gusto. Il primo tempo della sonata in sol deli’op. 14 non ha una vera unita di stile. Mentre la prima idea e propriamente il movimento iniziale delle semicrome pare debba essere seguito da tutto un procedere analogo, ancor piu interessante se riferito al tempo in cui fu scritto, poi che non ha nulla del carattere dell’ultimo settecento (piuttosto non sarebbe difficile trovare qualche parentela con quello piu significa- tivamente nervoso del periodo precedente), la tran- sizione che segue, e la seconda idea LE SONATE PER PIANOFORTE I 17 ci riportano in piena fine settecento, per di piu, con carattere spiccatamente melodrammatico. Si direbbe che il barone di Braun, direttore o, forse meglio, impresario di teatro, abbia avuto una certa influenza nell’ispirazione di alcuni procedimenti di passaggio e, soprattutto, della seconda idea. L’ete- rogeneita spirituale e evidentissima, e lascia sup- porre che Beethoven si sia servito di qualche vec- chio motivo per la transizione e per la seconda idea. Si noti, anche, il basso albertino della transizione, raro in Beethoven anche nelle primissime sonate, e qualche volta adoperato, piu tardi, per un effetto particolare che non conserva piu nessuna caratte- ristica della sua origine. Ma, soprattutto, si noti il carattere melodico della seconda idea. La disposizione con la terza al canto, il fraseggiare e tutto il disegno melodico con le se- microme legate per coppia ricordano alcuni passag- gi melodici strumentali delle sinfonie d’opera, o di preparazione ali’« aria » per flauti e clarini; e non e difficile pensare che fin dal periodo di Bonn il piccolo violista delforchestra di corte dove avere una discreta raccolta di questi passaggi i quali, an¬ che col progredire degli anni, si affacciavano qual- che volta alla sua fantasia. Ma e sempre la prima idea quella che maggior- mente riempie di se questo primo tempo. La se¬ conda idea e appena accennata con valore di pas¬ saggio nella seconda parte che prende vita magni- ficamente solo dalla prima idea. 118 BEETHOVEN Lo sviluppo, infatti, e molto bello ed e carat- teristico, come senso drammatico beethoveniano, di quel periodo in cui si manifestano le tendenze piu tipicbe del Maestro. Una cosi serrata incisivita di sviluppo non e fa- cile trovare in Haydn e Mozart; nello stile del Cle- menti v’e molto, invece, di questa stessa foga che cerca una sua via di espressione e che, a sua volta, proviene con respiro piu soggettivo — non va di- menticato che le Sonate del Clementi hanno spesso anche carattere drammatico fino al tentativo di poe¬ ma pianistico — da quella emotivita drammatica i cui primi riusciti saggi sono dovuti gia nel clavi- cembalo, (per citare i piu significativi ed i piu noti) al Paradisi ed al Buranello. L'Andante e un lied in cui ad una prima parte che propone il canto con graziosa semplicita e che deve anche la sua snellezza al procedere slegato, e contrapposta come logica conseguenza la seconda parte legata e che ha valore quasi di risposta. Chiu- de il breve lied la ripresa del primo tema alLottava superiore, naturalmente con un particolare proce¬ dere di cadenza. La melodia e molto semplice e d’una bellezza fresca ed ingenua. Non ha nessuna caratteristica drammatica, e pare un riposo dello spirito in un bel giardino settecentesco che, qui, e ricordato an¬ che per 1’analogia della graziosa forbitezza e della snellezza della concezione delle parti. Dopo la esposizione del tema seguono le varia- zioni. Ma questo tempo non e un andante con varia- zioni, e un lied variato. Dal tema, in altri termini, non nasce un nuovo mondo di fantastici ricami che l’involgano e lo trasformino, ne la fantasia di Bee- LE SONATE PER PIANOFORTE 119 thoven s e indugiata nella contemplazione d’una atmosfera musicale creata dalla sua melodia riflessa in una lontananza sonora dove l’idea generatrice accenni ad infiniti ed impalpabili sviluppi, come poi vedremo in Beethoven stesso. L'Andante della seconda sonata dell’op. 14 e va- riato modestamente come usava in quel tempo: ar- monie sincopate, note di passaggio, procedimenti legati o staccati, ricami semplicissimi di movimenti sulla melodia ripetuta in registri diversi. V’e tutta la semplicita mozartiana, anche se l’ultima varia- zione accenni ad una vaga indeterminatezza sensi- tiva che esula dalla castigatezza formale e dalla leg- gerezza espressiva del settecento. (Per creare que- sto tempo di vaga indeterminatezza, e necessario pero dare nell’ultima variazione, un particolare ri- lievo alla seconda semicroma cui e affidato il dise- gno melodico del tema). Chiude la sonata in sol delhop. 14, uno Scherzo. In realta, il titolo e controverso poi che la forma di questo tempo ha dello scherzo solo la vivacita particolare del tema, mentre il suo procedere risente di altre forme piu o meno affini, non esclusa, nella prima parte, la forma della sonata. Ma con piu evidenza appare la forma del Rondo, per cui ci par meglio ritenere questo tempo come un Rondo-Scherzo. E caratteristica la vivacita di questo tempo ed an¬ che una certa frammentarieta espressiva, abbastan- za tipica, a volte, in Beethoven. Elementi diversi e spiritualmente non affini compongono questo Scherzo. Si possono dividere in piu parti: tema, transizione prima in mi min., nuova idea in do magg., ed ancora, il disegno melodico in sol magg., che s’alterna in registri diversi nelfultima parte pri- I20 BEETHOVEN ma della conclusione e che riceve una particolare vivacita dalle terzine di semicrome. £ da notare, pero, che anche attraverso questa apparente frammentarieta costruttiva lo Scherzo ha una sua unita di espressione organica dovuta, so- prattutto, a qualcosa di vibrante ed irruente che ma- teria di se questa composizione. II Combarieu, che definisce senz’altro Rondo il finale della sonata in sol magg. dice che esso ha: « un’aria ed un andamento di rivolta umoristica che va quasi fino al barocco ». SONATA - OP. 22 dedicata al conte von Browne Opera 22 Allegro con brio - Ada- gio con molta espres- sione - Minuetto - Rondo Beethoven e in un periodo di intensa attivita. II male che 1’insidia lo costringe gia alla ricerca della solitudine che si trasformera negli ultimi anni in un isolamento doloroso, scosso solo dalle tempeste del suo spirito. Tra la sonata op. 14 e questa dell’op. 22 le com- posizioni sono numerosissime: Concerto in do magg. op. 15, Quintetto in mi p op. 16. Sonata in fa magg. per piano e corno op. 17, i Sei Quartetti op. 18, il Concerto in si op. 19, il Settimino in mi op. 20, la Sinfonia in do maggiore op. 21, dedicata al Ba¬ rone van Swieten. Ogni genere di mušica, tranne quella teatrale, e coltivata attivamente da Beethoven che finalmente s’e anche misurato nel campo sinfonico con un primo saggio in cui, pur nella fresca ingenuita del- l’eta giovanile che ricorre qua e la agli insegnamenti dei grandi che I’hanno preceduto, si notano le par- ticolari tendenze beethoveniane. Perche Beethoven ha aspettato d’essere trentenne per iniziare la sua opera sinfonica ? Necessita con- tingenti o il giustificabile timore di manifestare il suo pensiero ancora laboriosamente e — notare — quasi doldrosamente in divenire, in una forma com- plessa di mezzi e grandiosa di linee quale gia egli concepiva o, almeno, sentiva ? 124 BEETHOVEN Forse le necessita della vita che si svolgeva in una societa aristocratica sempre desiderosa di nuove sue composizioni da camera, e la grandiosita della concezione sinfonica che gia tormentava il suo spi- rito vi contribuirono in ugual misura. Ormai Beethoven e il beniamino della societa viennese, e la sua opera e ricercata dagli editori. Ce lo dice egli stesso in alcune lettere. Scrive a Wegeler che sei, sette editori e piu ancora chiedono le sue opere che non si contrattano piu: « io do- mando e mi si paga» (I). E ad Amenda, 1’amico dilettissimo curlandese a cui dedicb in segno di vivissimo affetto il Quartetto in fa e con cui sognava di fare il viaggio in Italia dice: « tutto quello che io scrivo ora, posso venderlo subito ed esserne ben pagato » (2). La sua personalita s’era imposta, i salotti mon- dani se lo contendevano come 1’artista piu interes- sante e, forse, piu di moda per quella sua natura d’eccezione che lo distingueva dagli altri; e la stes- sa stampa, anche fra riserve e critiche non sempre benevole, era costretta ad interessarsi di lui. L'Allgemeine Musi^alische Zeitung scriveva, per esempio, nel 1801: « Fra le nuove opere vi sono interessanti composizioni di Beethoven, i cui tre Quartetti danno la misura del suo ingegno; ma e necessario sentirli molto perche sono difEcilissimi e per nulla popolari ». La sonata in si [? op. 22 e dedicata al conte von Browne (consorte della contessa Browne alla quale aveva dedicate le sonate dell’op. 10 edite nel 1797) che gli dimostrava molto affetto e pel quale Bee- (1) Lettera a Wegeler (29 giugno 1801). (2) Lettera a Carlo Amenda (1 giugno 1801). LE SONATE PER PIANOFORTE 125 thoven aveva grande stima anche per il suo nobi- lissimo mecenatismo. Questa sonata apparve, secondo 1’indicazione di alcuni, fra cui il Riemann, presso A. Kiihnel in Lipsia (Bureau de Musique) con il titolo di Grande sonate pour Pianojorte nel 1802 e risulta composta nel 1799-1800. Altri dicono cbe sia stata pubblicata a Lipsia pres¬ so Hofmeister, e che, apparsa nel 1802, sia stata composta nel 1800. Beethoven in una lettera all’Hofmeister, ch’egli chiama « suo fratello in arte » — 1’Hofmeister era musicista oltre che editore — da ragguagli sulla so¬ nata che definisce « grande sonata » (grosse Solo sonate) (1). Questa sonata, in realta, non ha proporzioni tali, ne una cosi vasta sensibilita emotiva da giustificare il titolo di grande sonata, neppure in confronto alle precedenti, alcune delle quali — la seconda del- l’op. 2, l’op. 7 e soprattutto la terza delLop. 10 — esprimono, forse, una sensibilita musicale piu evo- luta e piu particolare al genio di Beethoven. Qui v’e piuttosto, la maggior liberta del procedere rispetto al tema, e gia si delinea 1’importanza di alcuni movimenti od elementi melodici che, pre- sentati come transizioni, acquistano — come šara facile notare meglio nelle opere successive — una importanza talvolta capitale nello sviluppo della so¬ nata beethoveniana. La transizione in Beethoven, infatti, non e piu un elemento di passaggio fra la prima e la seconda idea; e essa stessa una manifestazione della sensi¬ bilita emotiva della sonata e, oltre a legare le sue (1) Lettera a Franz Anton Hofmeister (gennaio 1801). 126 BEETHOVEN idee logicamente fra loro — idee con cui a volte ha una stretta parentela — serve essa stessa allo sviluppo della sonata, sappresentando cosi il vero elemento generatore dell’insieme in cui i due temi principali sono il momento culminante deH’espres- sione lirica o drammatica. Un vero primo esempio l’abbiamo in questa so¬ nata e šara stata questa visione musicale nuova e questa concezione un po’ diversa, per quanto an- cora embrionale, che avra indotto Beethoven a de¬ finira questa sonata in quattro tempi (la prima dopo quella dell’cp. 10 n. 3 apparsa gia da qualche tem¬ po) « grosse Solo sonate ». £ vero che anche ragioni contingenti di natura editoriale od altro v’hanno po- tuto contribuire; poi che, ripetiamo una vera ra- gione di indole artistica non giustifica questa defini- zione. Il primo tempo della sonata op. 22 s inizia con un movimento brioso che non ha, tranne che come impronta di carattere, una vera grande importanza. Infatti, troviamo alla quarta battuta, che pub con- siderarsi il punto d’arrivo dello slancio iniziale, un movimento melodico di natura piu orchestrale che pianistica ed anch’esso pero non ricco di conseguen- ze nello svolgimento della sonata. La ripresa im- mediata del movimento del tema ci porta ad una prima transizione che e quella che dara, sia come LE SONATE PER PIANOFORTE 127 linea melodica piu o meno adombrata, sia come movimento, un’impronta decisiva a guesto tempo Un nuovo elemento, alla quinta del tono della sonata, appare gia nel breve corso delle non molte battute di questo inizio della prima parte. La fan- tasia di Beethoven non ha requie: pare che il suc spirito non trovi 1’idea che voleva esprimere, o meglio, non riesca a realizzare perfettamente in una idea unica la emozione artistica. L’importanza di questo nuovo elemento e contro- versa . » n? Per taluni esso e la vera seconda idea; per altri, e ancora una nuova transizione alla vera seconda idea L’una e l’altra ipotesi possono vantare ugualmen- te qualche diritto. II Riemann propende per il primo esempio ad- dotto, lo Jadassohn per 1’altro (I). (1) Jadassohn: Le jarme nelle opere musicali. 128 BEETHOVEN Accettata la disamina del Riemann, la seconda idea di questo tempo ha un valore del tutto scola- stico; poi che essa pud considerarsi tale solo per¬ che e 1’elemento nuovo che si trova nella dominante della tonica. Ma, se la si osserva bene, si notera ch’essa non e che .un accordo sciolto in brevi rivolti sulla to¬ nalita della dominante, di cui ci da la sensazione viva e di preparazione per il piu vero e piu nuovo seguente movimento melodico. II quale, spiritual- mente, ha maggiore carattere di nuova idea in certo modo contrapposta e comunque, ha un’importanza maggiore nello svolgimento del tempo. L’una e l’altra hanno una stretta parentela fra loro dovuta, oltre che alla sensibilita sonora della tonalita, alla cellula prima che le ha generate: la melodia discendente per terza comune alFinizio del¬ la prima idea e a queste due nuove idee. Ma tutti questi elementi di prima e di seconda idea, ripeto, non hanno che un’importanza minima nel corso della sonata: il tema iniziale — senza la melodia che segue — e appena accennato nelle ca- denze di chiusura o, rare volte, come elemente di passaggio; e delle due seconde idee solo la seconda ha qualche valore sia perche e ripetuta in modo alternato, sia perche, qua e la, e adombrata in qualche intervallo. Lo svolgimento del tempo e dovuto invece prin- cipalmente alla potenza germinatrice della prima transizione che, vero tema spirituale di questo tem¬ po, da vita alle due code: elementi alla lor volta veramente integrali di tutto lo sviluppo. Come gia s’e accennato, 1’importanza delle due idee rispetto allo sviluppo del tempo e oramai re- lativo in Beethoven che, a volte, s’indugia invece sul mondo sonoro che pub creare un elemento nuo- LE SONATE PER PIANOFORTE 129 vo, integratore ed affine, che intervenga fra i due temi. Tal altra, una delle due idee e letteralmente sacrificata e, per riferirci ad una importante com- posizione di questo periodo, ricordiamo la « Prima Sinfonia » dove nello sviluppo del primo tempo non v’e nulla che ricordi il secondo tema, e nello svi¬ luppo dell’ultimo tempo la seconda idea e appena accennata con qualche frammento ritmico affidato ai legni. La ripresa ripete esattamente, nella tonalita do- vuta, tutta la prima parte senza che il finale pre- senti nessun ulteriore e significativo sviluppo. L’Adagio con molta espressione delLop. 22 ha un carattere largamente melodico, come raramente si trova in Beethoven la cui particolare espressione e dovuta piu spesso al sintetismo delLidea ricca di possibilita di sviluppi. Qui, invece, la linea melo- dica si svolge ampiamente e con un larghissimo re- spiro, senza ritorni tematici, ma piuttosto con l’an- damento tipico deW Adagio melodrammatico o, for- se piti, con quell'ampiezza che caratterizza la espres¬ sione dolorosa del cantabile delLoratorio e della mušica sacra in genere. Ed e per questo che l’Ada- gio deli’op. 22, in tutta la prima parte specialmente, risente delLorigine orchestrale; per cui e difficile renderne pianisticamente, con la linea melodica, la necessaria morbidezza espressiva che solo si po- trebbe ottenere con uno strumento meno meccanico, ma piu sensibile e direi piu vocale: gli strumenti a fiato, per esempio. Non v’e chi non veda, infatti, come la larga me- lodia iniziale dell’^4 dagio ricordi quella di alcuni adagi del 700 melodrammatico e sacro che cosi profondamente colpivano Beethoven (non e dovuto a questo, oltre che alla grandiosita della concezio- 130 BEETHOVEN ne, il suo amore per Handel ?) e in cui la linea me- lodica era affidata spesse volte ai fiati quali stru- menti piu sensibilmente espressivi e ricchi di pos- sibilita canore. Con 1’entrata del secondo tema L/ldagio prende una fisonomia piu pianistica La bellezza di questo tema e evidente ed esso ha inoltre un carattere piu beethoveniano del primo; ma ben presto le spiccate caratteristiche del secolo informano di se VAdagio: e cioe i melismi tipici ed i passaggi movimentati ed ornamentali. I quali, pero, non disdicono alfentita dell’/l dagto il cui špi¬ rita animatore e chiaramente pervaso dalla mušica del tempo. Lo sviluppo, che ha inizio con le terzine insistenti di sol, quasi pedale cadenzale che si risolvera nei continui e dinamici accordi di settima di dominante, e molto bello; soprattutto quando, dopo 1’andamen- to progressivo della ripetizione della prima idea, il movimento delle semicrome procedenti per sesta creano un ambiente sonoro d’incomparabile dolcez- za, su cui insiste doloroso un frammento lirico, qua- si ricordo d’una speranza ormai spenta. La breve e spezzata linea melodica trova la sua genesi gia nella prima parte, e proprio nelle due ultime crome della quindicesima battuta e nell i- nizio della sedicesima; qui essa ha, pero, la sua integrazione lirica che raggiunge una commozione espressiva assolutamente religiosa. LE SONATE PER PIANOFORTE 131 Questo Adagio ha fatto scrivere pagine d’intensa poesia. Al Griepenkerl (I) la continua melodia deli’ Ada¬ gio fa pensare ai cigni che « immagine di tutti i nostri desideri, cercano sotto di loro, col loro lungo collo alterato, i segni celesti, ingannati dalla dolce illusione delle acque che li riflettono ». II De Lenz cosi commenta V Adagio: « Le sue larghe proporzioni (77 battute nel ritmo di 9/8), la sovrabbondanza dei suoi accidenti sono gia la gran- de, la seconda maniera di Beethoven. Vi si ritrova quella vaga preoccupazione di non avere detto mai abbastanza, cib ch’e uno dei tratti caratteristici della sua seconda maniera ». La forma delLAdagio dell op. 22 e quella di pri- mo tempo di sonata di cui ha tutte le caratteristi- che: i due temi, lo sviluppo, la ripresa. Segue il Minuetto: semplice e tutto grazia. II tema ha tutta la freschezza poetica settecentesca e, per quanto possa sembrare poco originale e gia ritro- vabile spiritualmente in autori precedenti, esso ha una sua particolare espressione che lo differenzia dagli altri del suo tempo per 1’inconfondibile proce- dimento. Gia nella seconda parte, infatti, pur senza perdere nulla della grazia iniziale, il movimento si drammatizza, riesce cioe a comunicare una emo- zione profondamente soggettiva. E nel Trio, dove il carattere del Minuetto e vinto e quasi annullato, l’elemento drammatico si contrappone pienamente alla dolcezza contemplativa e di natura oggettiva donde primariamente nacque il Minuetto. Il dualismo beethoveniano e evidente anche in queste piccole manifestazioni del suo genio: cosi (1) Griepenkerl: D as Musikjest oder die Beethovener. 132 BEETHOVEN come la tendenza al romanticismo trascendentale, che incomincia a conguistare il suo spirito, gia ap- pare in questo Minuetto il quale, se non pud ad- dursi come un esempio perfetto del genere per il procedere musicalmente un po’ slegato, e interes- sante appunto per le visioni che suscita, quasi che in esso, piu che la mušica « da ballo » siano da ri- cercare le emozioni di natura drammaticamente sog- gettiva suscitate appunto dal « ballo«. Il Riemann nota alcune evidenti analogie fra gli elementi grafici che compongono il Minuetto ed al- tri che si ritrovano nel primo e nel secondo tempo della sonata. Ma sarebbe difficile potere sostenere che cib sia dovuto ad una concezione ciclica di temi: e piut- tosto la conseguenza di una casuale analogia grafica senza nessun significato particolare ed e causata, forse, da un’inconscia ripetizione ritmica di alcuni elementi in lavori nati nello stesso periodo di tem¬ po, senza che per altro riescano a dare allo spirito delle varie composizioni una parentela ideale che faccia arguire seriamente un richiamo ciclico di ele¬ menti integratori. Ancora di un Rondo si serve Beethoven per il finale della sonata op. 22. Le sue dimensioni ed ii suo sviluppo sono considerevoli e contribuiscono con 1'Adagio a rendere non breve questa sonata. S’e molto discusso su le somiglianze di questo tempo con il Rondo dell op. 7, ed il Riemann ha accennato anche alle parentele di esso con altri la¬ vori di Beethoven e con alcuni di Mozart. Sono, pero, somiglianze casuali che non hanno importanza vera, ne possono fare supporre una in- fluenza diretta su la creazione del Rondo op. 22, il quale s’inizia con un tema molto semplice che LE SONATE PER PIANOFORTE 133 non ha nessun tipico carattere beethoveniano; e forse a cib, sono dovute le analogie con temi di altri tempi di sonata. Piu personale e il nuovo elemento tematico che si presenta alla diciottesima battuta. Beethoven se ne serve con notevole larghezza nel- lo sviluppo del Rondo che, pur seguendo la forma tipica del Rondo, accenna sensibilmente alla forma di sonata; la quale in Beethoven quasi sempre sot- tintesa, e da considerare come il mezzo espressivo piu confacente al suo spirito, anche quando egli, vinto dalla forza trascendentale del suo tempera¬ menta, riesce a forzarla, non a distruggerla, sicche talvolta quasi tutti i tempi della stessa sonata risen- tono della forma che la caratterizza. Nelfop. 22, per esempio, oltre al primo tempo, anche VAdagio e scritto in forma di sonata asso- lutamente impeccabile, se se ne toglie il mancato segno del « da capo » dopo la fine della prima parte che cadenza, per di piu, nella tonalita di si [7 del- TAdagio. E nell’ Adagio, anzi, la forma della so¬ nata ha una caratteristica profondamente beethove- niana: 1’inizio dello sviluppo si trova in una tona¬ lita non preparata. Anche il Rondo si svolge nella forma di sonata, pur se il disegno che potrebbe rappresentare la se- conda idea, non ha in se importanza tale da farlo assurgere ad un significato cosi preponderante. 134 BEETHOVEN Tutta la prima parte, infatti, nella ripresa si ri- pete esattamente; come esattamente la seconda idea ed il conseguente sviluppo con i passaggi del mo- vimento di biscrome si ripetono nella tonalita va¬ luta. dalle regole, per poi cedere ancora alla forma del Rondo, quella che indiscutibilmente domina. Due momenti tipici sono nella parte che pub de- finirsi di sviluppo: il movimento di biscrome (pa- gina 247, edizione Ricordi) in cui e evidente la de- rivazione del tema iniziale per gradi discendenti, che qui risulta in contrattempo, e lo sviluppo per ripetizioni Progressive ed imitazioni in contrattempo dell’elemento tematico della gia citata diciottesima battuta. SONATA - OP. 26 dedicata al Principe CARLO von LICHNOWSKY Opera 26 Andante con varia- zioni - Scherzo - Mar- cia funebre - Allegro Con l’op. 26 Beethoven ritorna alla mušica pia- nistica dopo aver composto la sonata in la minore per pianoforte e violino op. 23 dedicata al Conte Moritz Fries, quella in fa maggiore op. 24 anch’essa per pianoforte e violino dedicata al Conte Ferdi¬ nande Fries e la Serenata in re maggiore op. 25 per flauto violino e viola. La sonata in la (7 magg. op. 26 e dedicata al principe Carlo von Lichnowsky. Dalla dediča delle opere e facile sempre rico- struire le relazioni di Beethoven con i suoi contem- poranei. £ ai suoi amici, a quelli che hanno per lui una parola buona e consci del suo genio l’aiu- tano, ch’egli dediča quanto il suo instancabile fer- vore artistico crea senza posa. Al principe Lich- nowsky, Beethoven, in questo periodo che possia- mo stabilire intorno 1’ottocento (Nottebohm (I) ha notato che il primo abbozzo di questa sonata e del 1799), era particolarmente grato per la munificenza del suo mecenatismo. Gia abbiamo visto quanta liberalka fosse nei principi di Lichnowsky verso Beethoven, che vollero anche, per qualche tempo, loro ospite. Beethoven, da parte sua, mostrava ai principi la sua gratitu- dine ed il suo affetto dedicando al principe Carlo (1) Nottebohm: Beethoveniana. 138 BEETHOVEN alcune composizioni: i Trii dell’op. I e la « Pate- tica». Ora, anche questa sua nuova sonata op. 26 e dedicata al principe che, invero, non tralasciava nulla per aiutarlo. « Lichnowsky dunque m’ha fis- sato un assegno di 600 fiorini che io riscuotero per tutto il tempo che m’e necessario per trovare una posizione conveniente » scrive Beethoven all’amico Wegeler parlando del nuovo, generoso contributo economico del principe, nella lettera del 29 giu- gno 1801 ; lettera che e anche interessante perche ci rivela 1’importanza artistica da lui gia consegui- ta. « I miei lavori d’altronde mi rendono abbastan- za, ed io posso dire di avere piu ordinazioni di quelle che m’e possibile soddisfare. Per ognuna delle mie composizioni ho cinque o sei editori pronti a pubblicarla, e ne avrei ancor piu, se mi dessi la pena di cercarne. Oirnai, con me, non si discute piu di prezzo: io fisso la cifra, e questa mi viene pagata. E, come vedi, una cosa molto piacevole. E se vedo un amico nel bisogno e non posso ve- nirgli in aiuto con la mia borsa, mi metto al tavo- lino, lavoro, ed in breve lo tolgo d’ogni pena«. E notevole il senso di gioia che traspare da que- ste parole. Vi contribuiscono due fatti, e Beethoven vi si indugia con evidente compiacimento per un giustificabile senso d’orgoglio, e per la soddisfazio- ne di poter constatare che, aiutato economicamente dal principe, e a sua volta in grado di aiutare con il suo lavoro qualcuno piu bisognoso di lui. E pure in questa lettera alTamico che Beethoven, con vicenda dolorosamente drammatica, confessa il suo male. E terribile. Il dramma della sua esistenza, ch’egli viveva da due anni e celava gelosamente quasi a se stesso, ora prorompe e ci svela il tormento della sua anima immensa. LE SONATE PER PIANOFORTE 139 Egli non sa piu contenere il suo segreto, ha bi- sogno di confessarlo, di gridarlo, affinche qualcuno risponda al suo dolore. Gia aveva scritto prima che a Wegeler al suo buon Amenda (I giugno 1801): « Sappi che la parte piu nobile di me, il mio udito, e molto scemato. Sin da quando tu eri ancora con me notavo qualche sintomo, ma tacqui; ora e an- dato sempre peggiorando. Sta a vedersi se potrb mai guarire. Come devo vivere tristemente ora! Fug- gire tutto cib che mi e caro e diletto e vivere fra uomini cosi miseri ed egoisti... I miei anni piu belli voleranno via senza ch’io possa compiere tutto cib a cui il mio ingegno e la mia forza mi avrebbero chiamato. Triste rassegnazione nella quale debbo pur trovare il mio rifugio. Mi sono proposto, e vero, di essere superiore a tutto, ma come šara possi- bile ? ». La coscienza del genio ingigantisce nella crea- zione dello « sviluppo beethoveniano ». Ma il dram- ma della vita beethoveniana si delinea ora in tutta la sua evidenza: il mondo non ha piu suoni per lui ! Ed egli grida il tormento che lo tortura da anni: sono sordo ! Vinto, si ribella ed impreca. Questo il suo primo sentimento. Poi la grandiosita del dramma che l*i- sola spietatamente gli da coscienza della sua forza: « non afferrera piu il destino alla gola », ma lo su- perera in una visione assolutamente interiore e tra- scendentale. E un miraggio celeste conforta il suo spirito. La bellezza ideale dell’amore, sognato sempre, si ma¬ nifesta in questo stesso tempo umanamente. L’ani- mo suo « sempre innamorato » come dice Wegeler, contempla ora realmente una visione non piu ete- rea, ma viva e reale che lo turba, lo serena, ed, an- cor piu, lo esalta e lo sprona alla conquista di quel 140 BEETHOVEN mondo cosparso d’infinite impalpabili fate morgane che pure alla fine rivelano, dopo gl’infingimenti cru- deli, 1’esistenza d’un mondo di spirituale bellezza. La confessione del suo amore a Wegeler ci rivela il suo stato d’animo. « Ora vivo piu piacevolmente perche mi trovo piu fra la gente. Non puoi imma- ginare come vuota, come triste ho passato la vita da due anni a questa parte: il mio debole udito mi appariva ovunque come uno spettro e io fuggivo gli uomini, dovevo apparir misantropo e lo sono in- vece cosi poco! Questo mutamento lo ha prodotto una čara ragazza incantevole, che mi ama e che io amo. In due anni sono questi i soli momenti beati ed e la prima volta che serito che... lo sposarsi potrebbe rendere felici. Purtroppo essa non e del mio stato sociale... ed ora — non mi potrei dav- vero sposare — devo combattere ancora gagliarda-. mente » (1). Le opere musicali di questo periodo risentono naturalmente, di questo stato d’animo, ed una nuo- va espressione drammatica e in esse. La sonata in la p magg. op. 26 e forse la prima in cui questa nuova sensibilita emotiva ci appaia chiaramente. Fino ad ora, solo a tratti pub rilevarsi la differenza del mondo beethoveniano: in alcuni procedimenti tecnici che accennano a nuovi mezzi espressivi, e nella tendenza a rompere un argine ormai debole per arrestare una corrente troppo piena e ricca di travolgente forza per essere contenuta. Ma, in fondo, il mondo ideale e quello dei contemporanei; piu drammatico, piu interiore, piu soggettivo, ma sem- pre tale: cosi la « Patetica », la sonata in re del- l’op. 10, gli Adagi stessi. L’Andante della ((Pate¬ tica )> e forse 1’espressione piu perfetta di questo (I) Lettera a Wegeler (16 novembre 1801). LE SONATE PER PIANOFORTE 141 primo periodo. II genio beethoveniano riesce, in- fatti, a condensarvi con freschezza e visione gio- vanile e con la scienza — divino dono in lui — di artefice perfetto il mondo spirituale che declina, dando l’impronta di un’anima musicale assoluta- mente nuova. La purezza classica della forma di questo Andante pare pero non consenta ancora la rivelazione della sua personalita; ma forse, anche, la visione musicale e velata al suo spirito. II dolore straccera quel velo, ed il dramma della mušica beethoveniana šara rivelato. Il De Lenz seguito anche da altri, cataloga la sonata in lat> op. 26 fra quelle della seconda ma- niera. Esiste, anzitutto, una maniera beethoveniana, an¬ che se il vocabolo possa avere qui valore di « espres- sione » e non di ingegnosita stilistica da esprimere ? £ poi possibile stabilire esattamente quali siano la prima, la seconda, la terza maniera beethoveniana ? Beethoven, s’e gia detto, non e creatore di sen- sibilita armoniche particolari o assolutamente nuo- ve, ne costruttore di forme d’arte di cui gia non fossero note le origini. Egli ha saputo, soprattutto, prospettare il suo nuovo mondo sonoro servendosi di mezzi conosciuti che da lui hanno pero acqui- stato una nuova luce ed una forza nuova solo per la grandiosita e 1’intensita delfespressione. Tempe¬ ramente dinamico ed intuitivo non poteva pervenire all’estrinsecazione di tutto il suo pensiero serven¬ dosi d’un processo metodico diviso e percorso da lui stesso a tappe (le maniere del De Lenz). Cio esula assolutamente dal suo spirito; come appare dalla disamina di tutta la produzione beethoveniana che non e conseguente nella realizzazione formale stilistica e di sensibilita armonica, ma che ubbidisce volta a volta allestro creatore sia nella struttura 142 BEETHOVEN della forma (concisa, esuberante e quasi arbitraria secondo 1’intensita della creazione), sia nella scelta del tema (melodico o ritmico tanto nelle prime che nelle ultime sonate), sia nella struttura armonica. Non e possibile, quindi, catalogare con precisione cronologica la complessa opera di Beethoven. In realta, si pub solo parlare di maggiore o minore intensita, di maggiore o minore realizzazione della natura trascendentale di Beethoven sempre « in di- venire ». Ma non e possibile stabilire tutto cib par- tendo da un anno anziche da un altro, da una so¬ nata anziche da un’altra. Cronologicamente noi pos- siamo solo constatare, almeno per quanto riguarda le sonate, che comincia dalla sonata in la p magg. op. 26 la manifestazione d’una piu profonda perso- nalita. Era facile notare nelle precedenti opere di Bee¬ thoven elementi non solo tecnici ma anche spirituali che lo legavano ai suoi immediati predecessori e, come senso drammatico — per ricordare i piu vi- cini — a Mozart e Clementi: una ben diversa per- sonalita drammatica da vita invece ai tre primi tempi ed anche alFultimo della sonata op. 26; ben- che quest’ultimo differisca da alcuni modelli del passato, sqprattutto dai čembalisti italiani, solo per la diversa sensibilita espressiva che lo caratterizza. Si e detto che, cronologicamente, la sonata in la p op. 26 e la prima che compiutamente ci presenti una diversa e piu personale espressione drammatica; ma sarebbe un errore ritenere che la produzione di Bee¬ thoven, da questo periodo in poi non risenta piu 1’influenza del passato. La sonata in la P magg. op. 26 fu composta se¬ condo alcuni intorno al 1801 e pubblicata nel mar¬ žo 1802 presso Cappi, a Vienna. II Riemann, se- LE SONATE PER PIANOFORTE 143 guendo il Nottebohm, la presenta composta come s’e detto tra il 1799 e 1800. Alcuni abbozzi, infatti, mostrano cbe gia fino da quel tempo la sonata ve¬ niva elaborata lentamente da Beethoven che Lavra finita, quasi certamente, nel 1801. Questa data e stata generalmente accettata per la versione del Ries il quale affermb che Beethoven scrisse la Marcia ju- nebre spinto dal desiderio di creare anche lui una composizione di questo genere; genere che l’aveva colpito nell’opera « Achille » di Paer rappresentata il 6 luglio 1801. Giustamente nota il De Lenz come non possa ac- cettarsi la versione che vuole che Beethoven abbia composto la Marda funebre dell’op. 26 in onore del principe Luigi Ferdinande, morto nel 1806 (12 ot- tobre) a Sanfeldt: sanziona la data della pubblica- zione, se ve ne fosse bisogno, V Allgemeine Musila- lische Zeitung di Lipsia, che ne parla nel 1802, e cioe, quattro anni prima della morte del principe. 11 primo tempo deli’op. 26 e un Andante con va- riazioni. Non e questa una novita. La sonata in la magg. di Mozart, per esempio, ha anch’essa per primo tem¬ po un Andante con variazioni. La differenza e, quindi, nella sostanza, non nella forma. Del resto, Beethoven non ebbe mai coscienza del¬ la rivoluzione portata nella spiritualita musicale. Tranne che nelle ultime opere, concepite ed ela¬ borate quando ogni contatto con il mondo esteriore era completamente rotto e solo la potente sua fan- tasia dominava assoluta, Beethoven non volle mai coscientemente produrre una rivoluzione musicale. Egli stesso confessava: « quando ho delle idee nuove 144 BEETHOVEN non me ne accorgo mai, non me lo sento dire che da altri » (I). La grandezza e tutta nella divinazione di una sen¬ sibilita musicale nuova ed umana che la differenzia da tutte le precedenti e che, in certo modo, ha pro- fonde analogie con quella secentesca italiana. Se Beethoven fosse venuto in Italia ed avesse co- nosciuto alcune musiche del grande seicento ancora vive nella tradizione, avremmo forse di lui giudizi interessanti su i musicisti di quel tempo, e nelle sue composizioni una piu viva impronta dei grandi se- centisti, spiritualmente affini alla sua arte dramma- ticamente umana e universale. II tema deli’ Andante e formato da una melodia piana e semplicissima. Come andamento, non e molto dissimile da alcune del primo settecento; v’e gia pero, in questa melodia, il particolare senti¬ mente dell’autore, 1’espressione d’una sensibilita sa- tura di umanita e che dice un aolore vissuto coscien- temente. £ questo senso nuovo di umanita in lotta non sempre vincitrice che differenzia la sensibilita do- lorosa di Beethoven da quella di aleuni grandi mu¬ sicisti che l’hanno preceduto il cui dolore, rivelato forse con non minore intensita, e l’espressione di- remmo oggettiva d’un mondo infinitamciite vasto, ma appunto per cio meno determinato e in certo modo meno accessibile alla nostra sensibilita mo¬ derna. La forma di questo Andante e quella del Lied. Esso va diviso in quattro momenti: primo, ripeti- zione, sviluppo cantabile (vera seconda parte), ri- presa del tema iniziale. In quel che abbiamo definito sviluppo cantabile, (1) Lettera a Breitkopf (18 ottobre 1802). LE SONATE PER PIANOFORTE 145 la profondita del sentimente e espressa con mezzi d’una semplicita elementare: la ripetizione progres- siva deirelemento esula da qualsiaii considerazione scolastica, e rie- sce ad esprimere con evidenza perfetta uno stato d’animo di mortale incertezza. Si notino i due s/ sul fa e sul mi. La rivelazione artistica d’uno stato da¬ nimo con mezzi cosi semplici e particolare potenza della mušica: nessun’altra arte avrebbe potuto espri- merlo con eguale semplicita e quasi poverta di mezzi. Con quanta logica musicale e drammaticamente intuitiva si sviluppa la linea melodica verso la ca- denza, per la ripresa della prima idea! Le variazioni ripetono puo dirsi, materialmente il tema; pure, riescono a trasfigurarlo ed a dargli una vita assolutamente diversa. Non v’e un’arte nuova di variazione, non v’e il senso trascenden- tale che troveremo in altre variazioni di Beetho¬ ven, e particolarmente nell’op. III; qui tutto e allo stato elementare e tradizionale. £ rispettato il tema, il procedimento melodico al- cune volte, come nell’ultima, e ripetuto esattamen- te; ma quanta vita diversa, quanto diverso dolore in ogni variazione! Anche qui la forma aderisce perfettamente alla sostanza, anche qui la purezza espressiva ricorda, come gia 1 Andante della « Pa- tetica«, la nitida concezione delfarte greca. Dove, quindi, una « seconda maniera?«. Questa, invece, deve solo ritenersi come 1’espres- 146 BEETHOVEN sione di uno spirito che conquista man mano con continuita progressiva il suo divenire, cioe il par- ticolare mondo che sempre piu si rivela alla pro- fondita del suo sentire. Ma, in fondo, non v’e nes- suna diversita sostanziale, v’e la rivelazione dello stesso mondo luminoso, ma sentito con pathos piu profondo e piu umano. Piu affini tra loro spiritualmente sono la prima, la seconda e la quinta variazione; particolare carattere hanno la terza e la quarta. Il primo gruppo di variazioni e semplicissimo: esse creano un'atmosfera armonica di suoni che le rende affini; hanno, come s'e detto, una partico¬ lare vita espressiva pur nella comune atmosfera ar¬ monica : piu snella la prima, piu determinata e nello stesso tempo piu nervosa la seconda, eterea e me- lodica la quinta a cui il movimento di terzine di semicrome, prima, e di quartine di biscrome, poi, danno una sensazione di nebulosita entro cui risulta idealizzata e prigioniera, ad un tempo, la melodia. 11 breve finale pare una improvvisa chiarita lu- minosa che rompa 1’incanto velato. La melodia ora ccnclude con evidenza reale e si plača serenamente. La terza e la quarta hanno, invece, una partico lare espressione che le differenzia. La terza e in minore. La melodia si drammatizza in un dolore che la trasforma. Non solo la tonalita in minore, ma anche il sincopato ci da la sensazione d’una tor¬ tura interiore che affanna e che distrugge. L’espres- sione di bellezza drammatica che consegue e stupen- da; e come un quadro di evidenza meravigliosa in cui pare che s’agiti, trasformata dal dolore, la me¬ lodia. La sensazione che se ne ha e di umanita sof- ferente: la melodia e stata umanizzata. Opposta e la variazione che segue: un lieve sor- riso pare la rischiari, qualcosa di civettuolmente bur- LE SONATE PER PIANOFORTE 147 lesco che a volte affiora allo spirito di Beethoven. Essa e spiritualmente, come andamento, originale anche se ricorda la terza variazione del « Tema in fa magg. » di Mozart. La terza variazione si esegue generalmente piu lenta per ragioni evidenti di portamento. A vivaci discussioni ha d ato luogo, invece, la quarta varia¬ zione. II Casella nella revisione delfedizione Ri- cordi, dice: « II piu mosso, che alcuni commenta- tori, il Cesi, per esempio, hanno segnato per que- sta variazione e secondo me irriverente verso l’au- tore e, inoltre, di pessimo gusto. II tempo deve es- sere quello del primo tempo ». Ma la questione resta controversa, perche non pud negarsi che la variazione comporti una vivacita spi- rituale non facile a stabilire meccanicamente nella esecuzione. Anche qui la natura e la sensibilita del pianista e necesšario che intervengano, volta a volta, per determinare il tempo che, affine a quello del tema, deve risultare castigatamente contrapposto a quello della precedente variazione. Uno Scherzo anzi che un Adagio forma il secondo tempo della sonata. Probabilmente, per ottenere im- mediato contrasto con il tempo precedente. Ma, in realta, e da notare qualche analogia, se non assolutamente tematica, certo, spirituale con il primo tempo. Bene dice il Riemann che questo tempo pub considerarsi come una sesta variazione libera delLAndanfe. Appare chiara anche la stretta parentela fra que- sto tempo e la quarta variazione del primo. L’uno e l’altra — nello Scherzo piu accentuata — hanno una particolare espressione burlesca che si confa perfettamente alla gaiezza inerente allo Scherzo giovanile di Beethoven. £ come un riposo I48 BEETHOVEN che il Maestro si concede nella creazione di quešta sonata cosi piena di prof ondi ta emotiva. La continua vicenda del « legato e staccato » con- tribuisce a dare allo Scherzo quel garbato e vivace procedimento che lo caratterizza; e necessario quin- di, nell’esecuzione, osservarlo pienamente, come e pure necessario eseguire legatissime le « crome » del finale ed il trio. II Trio contrasta assolutamente con lo Scherzo. Al carattere quasi comicamente brioso subentra qualcosa di pastorale. Il senso di danza georgica che trovera in Beethoven irraggiungibili espressioni so- prattutto nella VI sinfonia e nella IX, e qui gia vi- sibile, sia pure velatamente. La Marcia funebre fu composta per la morte d’un Eroe. L’espressione e originale di Beethoven che anzi l’ha scritta proprio in italiano: « Marcia funebre sulla morte d’un Eroe ». La persona non conta; e lo spirito eroico che qui si piange ed esalta. E, qui, « eroe » ha valore che diremo anacronisti- camente carlyliano, anche se il « modo maggiore » del tempo presenti un particolare carattere guerriero. Ma in un senso elevatissimo il guerriero non e il simbolo della difesa di una idealita, di cui certo la piu elementare e la piu generalmente sentita e la patria, intesa non nel significato limitato di terra difesa da un confine, ma in quello infinito ed as¬ solutamente piu vero dellimpronta particolare dello spirito? Qui, forse, il suo valore e ancora piu va- sto; poi che « eroe » ha significato universale di « piu puro della specie ». Il Riemann nota le analogie tecniche fra la Marcia e VAndante della « Patetica »; ma piu che le pre- ziose per quanto acute e giuste considerazioni del LE SONATE PER PIANOFORTE 149 ' Riemann, interessa notare quanto egli stesso dice sulla necessita della giustezza ritmica dell’esecuzio- ne: osservazione che con molto acume fa anche il Casella nella sua revisione: « Di grave difficolta e in questa Marcia il misurare esattamente il ritmo fondamentale »; ed aggiunge dopo aver riportato al- cuni esempi di usuale cattiva esecuzione: «L'in¬ terprete intelligente avra qui un’ottima occasione di ricordarsi che la maggior potenza del genio beetho- veniano e nel Ritmo ». Il procedere della modulazione e interessantissimo nella Marcia. Con una continuita ideale le tonalita di si min. e di re magg. ci appaiono come una tra- sfigurazione trascendentale della sensibilita emoti- va, ed il « maggiore », dopo la vibrante cadenza, come 1’esaltazione eroica del personaggio comme- morato. E cib con una semplicita di mezzi assolu- tamente elementari. Si osservi tecnicamente il « maggiore ». Non vi sono impiegati che due accordi cadenzaii! Tutta la Marcia ha questa elementarieta espressiva, ed una castigatezza melodica che pure risulta nella sua, di- remmo, impalpabilita infinita. Bene e stato detto che Beethoven ha realizzato nel pianoforte l’orche- stra. L'orchestra, cioe la molteplicita di suoni di- versi amalgamati, risulta sinteticamente, ma con evidenza, nella realizzazione pianistica che di que- sta Marcia e la sola vera espressione. Nessuna nuova grandezza, infatti, acquista nelle tentate realizza- zioni orchestrali. Un Allegro e il quarto tempo della sonata op. 26. Il De Lenz osserva che molti sono i nomi che si possono dare a questo tempo, e non esclude quello di Esercizio. Invero, la sua forma e quella dello Studio-Rondo; ha carattere anche di Studio-Eser- 150 BEETHOVEN cizio, in quanto si presta mirabilmente per lo svi- luppo tecnico delLallievo. Con questo non si vuole consigliare di sciupare la vibrante bellezza di que- sto tempo nello studio giornaliero; se ne vogliono solo notare le qualita anche didattiche. A queste sue qualita, anzi, e dovuta forse 1’asserzione dello Czerny che lo vuole addirittura imitato dalla sonata in la 0 di Cramer dedicata ad Haydn. £ inutile no¬ tare la differenza che passa fra le due composizioni; v’e solo da notare il superficiale giudizio dello Czerny. Abbiamo detto che la sua forma e quella del Rondo-Studio. II Riemann vi nota solo quella del Rondo; ma, a parte le osservazioni fatte circa la sua utilita che gli da anche il diritto scolastico ad un tal nome, tutto il suo procedimento che sviluppa un tema unico con insistenza e bravura ritmica lo pub fare ritenere uno Studio. Tutto VAllegro pro- cede fra il continuo alternarsi del giuoco delle mani, giuoco che gli da un particolare andamento leg- gero, ma nervoso e vibrante. La melodia procede in continue ascese e discese, alternandosi nei diversi registri. Il virtuosismo e sem- pre puramente classico e non trascende mai, nep- pure nel breve tratto con ripetizione dove la espres- sivita impetuosa pare debba rompere il classico procedere del ritmico andamento. Lo stile di questo tempo, assolutamente diverso da quello di Haydn e di Mozart e di tutti i com- positori loro contemporanei, non che da quello di Beethoven stesso fino ad ora, ha qualche affinita con Clementi e, soprattutto, con i clavicembalisti italiani. La sua provenienza castigatamente classica e in- confutabile. Basta citare, del resto, per 1’analogia del movimento, ed in certo modo, per lo spirito di LE SONATE PER PIANOFORTE 151 « moto perpetuo » che lo caratterizza, la « Toccata » della 6 a sonata del Paradisi. Ma non bisogna fraintendere ne esagerare circa le analogie di questo tempo con quelli di alcuni cla- vicembalisti italiani. Qui s’e notata 1’origine storica del tempo, la sua discendenza, infine la sua parentela; ma un ben diverso spirito informa YAllegro di Beethoven, dove alcune sue caratteristiche piu evolute si manifestano anche attraverso la classicita, diremmo, clavicem- balistica deli’?! llegro; come per esempio alcuni pro- cedimenti sincopati, il precipitare quasi aritmico delle scale, ed ancora il giuoco modulatorio degli arpeggi sul pedale del la finale, che da la sensa- zione di un riepilogo ma anche di una esuberanza di ritmi e di suoni non piu contenuta. DUE SONATE - OP. 27 SONATA QUASI UNA FANTAS1A Sonata op. 27 N. I dedicata alla Principessa di Lichtenstein Sonata op. 27 N. 2 dedicata alla Contessa Giulietta Guicciardi Opera 27 - N. 1 Andante - Allegro moko e vivace - Adagio con espressione - Allegro vivace L’op. 27 e composta di due sonate; Tuna e l’al- tra non presentano, pero, la forma classica della sonata e furono dallo stesso Beethoven indicate come a Sonata quasi una Fantasta ». La ragione per cui queste due sonate pur essendo dedicate a persone diverse, delle quali una particolarmente čara a Bee¬ thoven, sono raccolte in una sola opera, e da ri- cercarsi nelLinteresse editoriale. Oltre la ragione editoriale potrebbe esservene, pero, anche una artistica: 1’una e 1’altra sonata non obbediscono alle leggi formah e vanno eseguite sen- za interruzioni, cioe come una vera fantasta che ha 1’ideale valore, specialmente in tedesco, di improv- visazione. Ed anzi, forse appunto percib, troviamo nella n. I delLop. 27 la ripetizione del tema del- 1'Adagio nelLultimo tempo, che dando unita di con- cezione alla sonata, ribadisce meglio il supposto di una creazione improvvisa e fantastica. Le altre supposizioni sono tutte inconsistenti e qualcuna persino ridicola; come quella per cui Bee¬ thoven avrebbe pubblicato le due sonate in una sola opera per dissimulare il suo amore per Giulietta Guicciardi cui e dedicata la sonata n. 2 deli op. 27. L’op. 27 n. I e dedicata alla principessa Soha di Lichtentstein, moglie del maresciallo di campo generale reggente di Lichtenstein, cugino del conte 156 BEETHOVEN di Waldstein. Non si sa con certezza se Beethoven l’abbia conosciuta a Bonn, o a Vienna in časa Lichnowsky. Si vuole che la principessa Sofia (al- cuni, come il De Lenz, la vogliono Giovanna, altri Giuseppina; ma Giovanni-Giuseppe sono i nomi del marito) fosse allieva di Beethoven. 11 De Lenz opind che la sonata n. 1 op. 27 fosse una čomposizione giovanile rimessa a nuovo da Beethoven per accontentare 1’editore che voleva, per ogni opera, piu sonate, cosi come usavano Mo¬ zart ed Haydn; ma gli abbozzi della sonata, in data 1801, distruggono questa opinione. L’opera composta ed ultimata nel 1801, fu pub- blicata nel 1802 presso Cappi a Vienna. II Casella, nella edizione Ricordi delle Sonate di Beethoven, la fa pubblicata nel 1803. II Riemann accetta invece la data del 1802, aggiungendo che fu annunziata il 3 maržo nel « Wiener Zeitung ». Si e gia detto che il primo tempo deli’op. 27 n. 1 non ha forma di sonata, ed e da considerare, piut- tosto, come un lied tripartito di cui la seconda parte e formata dall’yl llegro. Ma questo primo tempo non ha un carattere for- male spiccato, e lascia chiaramente intravvedere la improvvisazione che s’indugia nell’insistenza del tema. Ne il diversivo tematico ancora in mi O rie- sce a dargli un carattere di sviluppo; anzi contri- buisce maggiormente a determinarne 1’inconsistenza formale. E lo stesso va detto dellVL llegro; disegno e movimento melodico assolutamente estraneo e lon- tano da ogni considerazione stilistica e che ha va- lore solo di contrasto, con la conseguente ripresa del primo disegno melodico. Questo tempo ha una sua particolare espressione. Una dolcezza un po’ triste, una soffusa malinconia LE SONATE PER PIANOFORTE 157 lunare e nel suo canto, cui VAllegro riesce a dare, forse, una maggiore consistenza ritmica ed un vi- gore piu virile, ma senza vincerne Tinska melanco- nia che riappare, nella ripresa, ancora piu sensi- bile fino a perdersi in un dolce annullamento nelle battute finali della cadenza sul mi [7. II Riemann ha cambiato la figurazione ritmica di questo tempo; ma egli non ha inteso che dalla poca determinatezza ritmica (dovuta appunto alle semi- minime nel movimento forte a cui fa seguito la minima) risulta quel non so che di fantastico che ha dovuto vincere Beethoven quando ha creato que- sto tempo assolutamente statico e cosi diverso da ogni altro. Se, — come forse apparentemente si presenta piu corretto e, cioe, invertendo i movimenti in modo che risulti la minima sul tempo forte — se come dicevamo, si esegue questo tempo con i criteri del Riemann, ogni vaga indeterminatezza scompare ed il tempo ha perduto ogni sua ragione d’essere. V’e, pero, ]\< Allegro » che determina la grafia beethoveniana. Esso e nato come contrasto e sarebbe azzardato volerlo (come fa il Riemann) invertire nelTordine ritmico. L’accento ritmico « forte » dovrebbe cadere sulla seconda sestina della battuta — che non ha in se nessun valore determinativo — mentre il movimento di terzine di crome, ed in particolare il sol (sopra rigo) che rappresenta il momento musicale d’arrivo e piu tipico, risulterebbe ritmicamente debole e quasi soffocato. Conseguentemente e nella seconda parte delV Allegro che pub meglio constatarsi Ter- rore del Riemann. Le crome punto d’arrivo delle tre progressioni (si-re-fa) risulterebbero ritmicamente sbagliate. 158 BEETHOVEN L'Allegro molto e vivace ricorda VAllegretto del- l’op. 10 n. 2 per 1’andamento ad ottava senza ar- monie, per il procedimento sincopato che l’uno e l’altro prendono nelFultima parte, e per 1’analogia ritmica del Trio. I due tempi, pero, agli effetti dif- feriscono e la loro somiglianza e solo apparente e non sostanziale, Nascono da una emozione spiri- tuale diversa: un po’ triste, soave e quasi lirico 1'Allegretto; vibrante, dinamico e ricco di espres- sione ritmica Y Allegro molto e vivace. L/inizio di questo tempo ricorda anche lo Scherzo della Sinfonia in do min.; ma e solo un accenno forse casuale. Benche non definito dallo speciale ti- tolo, il carattere dello Scherzo e evidente; ne ha tutta la particolare espressivita. Il Casella, seguendo il Reineke ed il Riemann, suggerisce l’andamento 6/4 e nota: « Come in quasi tutti gli Scherzi beethoveniani, le battute di que- sto pezzo si altemano forti e deboli; abbiamo cioe, come si diceva ai tempi di Beethoven, un ritmo di due battute ». LAdagio con espressione e legato non solo spi- ritualmente, ma anche come contenuto, ali’ Allegro vivace seguente su cui cadenza. Potrebbe essere ri- tenuto come una introduzione all’4 Z/egro vivace, se non avesse in se i segni caratteristici della forma del lied (a - b - a). £, come Adagio prešo in se, brevissimo e manca di sviluppo. Il suo andamento grave ed espressivo contrasta con quello dei tempi che lo precedono; ed, infatti, e un tempo di contrasto nell’insieme della jantasia-sonata. La melodia e ampia e molto bella; ha alcuni ca- ratteri beethoveniani, soprattutto nel sincopato della seconda parte, ma non tali da essere inconfondibili. LE SONATE PER PIANOFORTE 159 Ne la cadenza Allegro vivace contribuisce a dif- ferenziar questo Adagio, come sensibilita spirituale, da alcune composizioni che lo hanno preceduto. Interessante, invece, e la costruzione deli’ Allegro vivace, vario e ricco di sviluppi imprevisti. Gli elementi generatori del tempo sono contenuti em- brionalmente nelle prime tre battute, battute che, alla loro volta, formano la linea melo- dica base di tutto 1’ Allegro vivace. La struttura di quest’ultimo tempo e originale e perfettamente beethoveniana. Esso e formato dal- Allegro vivace, dalla ripetizione nel tono della tonica delV Adagio, e da un breve Presto finale. I caratteri fondamentali sono quelli del Rondo, di cui ha anche l’espressione tipica; ma 1’elabora- zione costruttiva risente della forma di sonata, di cui appare chiaramente il tradizionale procedimento. Abbiamo gia detto quali siano gli elementi gene¬ ratori facilmente visibili ad un esame superficiale. Alla 36* battuta si trova una transizione, nata si direbbe essa stessa dal tema in diminuzione che, merce uno sviluppo interessantissimo e ricco di fan- tasia, ci porta ad una vera seconda idea. Un processo intuitivo e da fare qui: 1’elemento crome, cioe la seconda battuta della linea melodica iniziale, traccia indiscutibilmente la linea ritmica che appare nella 9 a battuta deli’ Allegro vivace, la quale, alla sua volta, e da ritenere generatrice di quella che si e definita per seconda idea. 160 BEETHOVEN La ricchezza della fantasia beethoveniana risulta in tutta la sua grandezza, anche se come contenuto musicale tutto VAllegro vivace non sia una delle composizioni maggiori di Beethoven. Seguendo 1’analisi noi troviamo ancora sviluppato e con larghezza imprevista (vera seconda parte del- VAllegro) l’elemento semicrome, e cioe la terza bat- tuta della linea melodica iniziale, semicrome con- trappuntate dall’elemento primo del tema (l’inter- vallo di terza iniziale). Nella terza parte sono osservate rigorosamente le particolari caratteristiche: la ripetizione della pri- ma parte e pressoche integrale, come pure la tran- sizione e la seconda idea ci appaiono nella traspo- sizione dovuta, e cioe al tono principale. Lo sviluppo di quest’ultima parte ci porta alla ri- presa deli’ Adagio con espressione, questa volta nel¬ la tonalita di mi (f. E da notare che 1’andamento e indicato semplicemente con le parole « Primo tem¬ po »; il che lascia intravvedere che Beethoven ri- teneva 1’Adagio con espressione come una intro- duzione. In realta, questa ripetizione non ha una giustificazione formale, ma tutta la sonata e atipica ed e dovuta ad una particolare concezione del suo autore che !’ha definita, appunto, « quasi fantasia » per questo suo procedimento atipico. 11 Presto conchiude si direbbe tutta la sonata. £ brevissimo ed e formato dall’elemento primo della linea melodica iniziale. £ tipicamente beethovenia- no per la potenza espressiva deli andamento per se quasi esuberante e gia trascendentale; ma, per la brevita, ha solo valore di conclusione e non pub considerarsi ancora come espressione della potenza dinamica che conseguira in alcune opere seguenti altezze non raggiunte mai ne previste. Opera 27 - N. 2 Adagio cantabile - Alle- gretto - Presto agitato La sonata op. 27 n. 2 e dedicata a Giulietta Guic- ciardi in cui molti hanno voluto vedere « 1’immortale amata ». £ fuor di luogo dilungarsi qui sulla con- troversia sorta intorno a questo grande amore di Beethoven. Molto si e scritto in proposito. Gli studi del Tayer, della La Mara (Maria Lipsius), dello Stork accreditano 1’ipotesi, seguita anche dal Rie- mann e dal Wyzewa, che «l’immortale amata » sia stata la contessa Teresa di Brunswick cui Beethoven dedico la sonata op. 78. II Frimmel pensa, invece, a Maddalena Wilmann, il Thomas-San-Galli ad Amalia Sebald; mentre per lo Schindler, il Marx, il Kalischer la « immortale amata » fu la contessina Giulietta Guicciardi. E certo, se la Guicciardi non fu realmente « I’immortale amata », fu, pero, molto amata da Beethoven. Egli scriveva a Wegeler, come s’e visto nelFanalisi delFopera precedente, «Una čara fanciulla che amo e che mi ama... Sono que- sti, in due anni, i soli momenti beati, e la prima volta che sento che sposarsi potrebbe far felici. Pur- troppo, ella non e della mia condizione sociale... ». Giulietta Guicciardi apparteneva ad una nobile famiglia italiana originaria del ducato di Modena e stabilitasi a Vienna. Era imparentata, dal lato ma¬ terno, ai Brunswick in časa dei quali conobbe Bee¬ thoven. Era nata nel 1784, ed era quindi una gio- vanetta diciassettenne quando Beethoven Farno. £ noto che Giulietta preferi a Beethoven un conte B. \ 162 BEETHOVEN Gallemberg a cui Beethoven ebbe agio piu tardi di fare del bene. Lo Schindler, che e il primo che parla di questo amore, riporta fedelmente il collo- quio avuto con Beethoven quando i Gallemberg tor- narono a Vienna, e ci dice il sentimente che ani- mava allora Beethoven rispetto a Giulietta Guic- ciardi. Secondo quanto riferisce lo Schindler, Giulietta, di ritorno dall’Italia, avrebbe cercato Beethoven « piangendo », ma Beethoven « la disprezzava... ». Se negli ultimi anni della sua vita Beethoven pote forse parlare di questo amore con serenita, grande fu il suo dolore per 1’abbandono della Guicciardi, che, pero, dove torturarlo anche quando egli si cre- deva amato; poi che la fanciulla, superficiale e leg- gera, non seppe mai sentire la potenza del genio e la grandezza dello spirito di Beethoven. Quando egli dove rinunziare a questo amore senti Tanimo schiantarsi e pensb al suicidio. Uesistenza che aveva intravisto nel breve sogno delTamore, ricca di luči e di speranze rhbaglianti, gli si presenta ad un tratto di nuovo intristita, im- miserita nel male che ogni giorno piu soffoca il suo spirito sonoro. Si ribella, grida, impreca, ma la realta del male, piu spesso, Tavvilisce. Uno stato di depressione vince a volte ogni sua attivita. Ogni essere appare a lui come un nemico, e se Tamore di Giulietta era riuscito a placare, a fargli quasi dimenticare la sua infermita, 1’abbandono e per lui come unhngiustizia del destino che gji da nuova coscienza del terribile male per cui egli e « musici- sta sordo » costretto a dire agli altri: « Parlate piu forte, gridate perche io sono sordo«. Il dolore e grande quanto la possibilita immensa del suo sentimenta. La necessita della fine quasi si LE SONATE PER PIANOFORTE 163 impone al suo spirito, e 1’abbandono di Giulietta sta per creare 1’irreparabile. Ma la forte natura vinse lo scbianto del cuore ed egli seppe, ccme aveva scritto a Wegeler, « afifer- rare il destino alla gola per non essere piegato in- teramente d poi che « e cosi bello vivere mille volte la vita ». Parole da gigante. L’arte ha vinto. II genip e piu forte del male, la necessita spirituale di portare a compimento il mon- do sonoro che tumultUavagli dentro ancora inespres- so lo costringe ad accettare la vita, e con essa, il male che lo strazia. « E stata l’arte la sola che mi pote trattenere! Ah, mi sarebbe sembrato impossi- bile disertare questo mondo senza aver prima con- dotto a compimento tutto cib che io sentivo di es¬ sere stato chiamato a compiere ». Il dolore lo sublima, ed egli ormai non aspira che alla purezza dell’arte ed alla bonta. « Divinita ! Dal- I’alto il tuo sguardo penetra il profondo del mio cuore che tu conosci, e tu ben sai come esso non aspiri che all'amore degli uomini, e al desiderio di far del bene. O uomini, se un giorno leggerete que- ste righe pensate quanto ingiusti siete stati verso me; e possiate consolarvi di ogni sventura incon- trandovi spiritualmente con un vostro simile che ad onta di tutti gli ostacoli posti dalla natura, ha ten- tato di fare tutto cib ch’era in suo potere per es¬ sere ammesso nel rango degli artisti e degli uomini eletti » (I). L’op. 27 n. 2 fu composta nel 1801 e pubblicata presso Cappi di Vienna nel 1802. (Il Casella, nel- 1’Edizione Ricordi, la vuole pubblicata nel 1803). Fu, fin dal primo apparire, una delle favorite e ben (1) Beethoven: Testamenta di Heiligenstadt. 164 BEETHOVEN presto i virtuosi e... 1’infinita teoria degli appassio- nati la vollero nei loro programmi. Nondimeno, la purezza celestiale, specialmente del primo tempo, e ancora monda da ogni contaminazione. La tersa melodia e la semplicita della concezione armonica conservano la loro imperitura bellezza. ’ Questa sonata fu detta « die Mondscheinsonate » : « Sonata del Chiaro di luna ». II titolo non e di Bee¬ thoven, ma riflette la popolarita romantica della so¬ nata in do ff min. Ancora prima fu chiamata Lauben Sonata (Sonata del pergolato), perche si voleva com- posta da Beethoven, innamorato di Giulietta, sotto il pergolato d’un giardino. II titolo « Chiaro di luna » ha una genesi ancor piti romantica. Ludovico Rellstab paragonb 1’effetto del primo tempo della sonata al chiaro di luna che si diffonde sul lago dei Quattro Cantoni. II roman- ticissimo, personale e, rispetto alla sonata, arbitrario paragone del Rellstab ebbe un inaspettato successo, perche l’op. 27 n. 2 fu da allora nota universalmente sotto il titolo di « Chiaro di luna n. Anche questa sonata fu detta da Beethoven Sona¬ ta quasi una fantasia. Qui, come nella precedente, non v’e riposo fra tempo e tempo, e tutta la sonata va eseguita senza interruzione. In real ta essa manca del tempo tipico della sonata, il primo, ed a questo e dovuto il sottotitolo dello stesso Beethoven. L Ada- gio potrebbe esserne il secondo tempo, e gli altri, conseguentemente, il terzo ed il quarto. Ma tale valutazione sarebbe arbitraria; poi che la sonata e, nella sua particolare linea estetica, completa e 1’aggiunta d’un primo tempo ne avrebbe alterato la singolare espressivita che nasce da un eccezionale stato d’animo. La forma deH’/l dagio sostenuto e quella del Lied; ma e forse meglio considerare V A dagio come un LE SONATE PER PIANOFORTE 165 canto purissimo non costretto da nessuna forma pre- stabilita. Incommensurabile ne e la potenza emotiva: e il profondo dolore di un alto spirito espresso con lin- guaggio musicale. Poche musiche, anche dello stes- so Beethoven, hanno ispirato pensieri e sensazioni poetiche come questo Adagio. II Berlioz nel suo « Votjage musical» cosi si espri- me: « V’e un’opera di Beethoven, conosciuta sotto il nome di sonata in do Jf minore, il cui adagio e una di quelle poesie che il linguaggio umano non giunge a definire. Il suo procedimento e molto sem- plice; la mano sinistra spiega dolcemente dei larghi accordi d’un carattere solennemente triste e la cui durata permette alle vibrazioni del pianoforte di spe- gnersi gradatamente su ciascuno di essi; mentre la mano destra arpeggiando un disegno ostinato d’ac- compagnamento, la cui forma non varia quasi dalla prima battuta all’ultima, fa sentire una specie di lamento: fioritura melodica di questa oscura ar- monia ». L’esecuzione di questo primo tempo, tecnicamente facile, e rare volte perfetta. E necessaria una pre- parazione spirituale ed una sensibilita artistica non comune negli innumerevoli esecutori di questa so¬ nata. Il Riemann fa notare che, generalmente, dai dilettanti questo primo viene eseguito troppo len- tamente mentre Beethoven ha scritto Adagio soste- nuto, ma con tempo tagliato. L/osservazione del Riemann e in parte giusta, ma va intesa ctttn grano salis. L’esagerazione opposta potrebbe fare incor- rere in un errore formidabile. Tecnicamente v’e poco da dire poi che e un canto di ispirazione sublime. Le terzine creano l’ambiente sonoro armonico, mentre la melodia col suo ritmo particolare, in certo modo contrapposto e comunque 166 BEETHOVEN diverso, procede con mirabile semplicita di mezzi non schiava d’una linea prestabilita, ma, come giu- stamente dice il Berlioz, quasi « fioritura melodica deli’ armonia ». E cib e visibilissimo nelle battute specialmente del fipale, in cui 1’ambiente armonico prodotto dalle terzine ascendenti, superata ogni singola espressione di disegno melodico, esprime esso stesso un mondo d’infinite ed indicibili melodie, amalgamate indisso- lubilmente dalla pienezza armonica creata. AJTAdagio sostenuto segue senza interruzione VAllegretto, « un fiore tra due abissi », commenta Liszt. La soave dolcezza di questo tempo, scherzo e danza ideale, spiritualmente alieno da ogni ricordo mondano, contrasta efficacemente con VAdagio, di cui pare conservi un non so che di profonda tri- stezza trasfigurata da un sorriso di novella luce. E questa espressione d’una sensibilita, complessa, fat- ta di dolore e di serenita, e tipica nell’/l llegretto beethoveniano. II De Lenz nota : ’« L’indicazione vaga Allegretto, che esprime cosi una forma della mušica e non un movimento sol- tanto, si confaceva meglio a Beethoven, perche lo lasciava libero quando non dovea esprimere senti¬ menti di gaiezza e di slancio di cui il nome di Scherzo sveglia l’idea. Gli Allegretti di Beethoven sono spesso degli episodi pieni di dolce tristezza e della segreta ironia che e il piu delle volte il fondo del pensiero di Shakespeare e di Cervantes ». Perche Beethoven ha preferito il tono in re p a quello in do $ maggiore ? S’e scritto, in proposito, molto. Eppure, e chiaro che la tonalita non po- teva essere che quella di re 17, sia per un portato naturale dello spirito (la necessita d’una tonalita di sua natura flebile), sia — e questa ragione tecnica LE SONATE PER PIANOFORTE 167 e la naturale conseguenza della sensibilita emotiva e creatrice del particolare momente — perche la modulazione in la p ci da la chiave sicura della scelta della tonalita in re p. Infatti la tonalita di do , assolutamente innaturale in questo caso, avreb- be costretto Beethoven all’impiego di toni enarmo- nici certamente troppo preziosi che avrebbero dato airX llegretto un ben diverso sviluppo. La forma dell’X/Zegreffo ricorda il Minuetto, ma vi palpita anche lo Scherzo. Schematicamente v’e una prima parte, una seconda, un trio con la ripe- tizione della prima e della seconda parte. Attacca subito il Presto agitato finale. £ uno dei tempi piu vibranti e piu agitati di Beethoven. Lo si e paragonato, appunto per questa foga, espressa per mezzo di passaggi arpeggiati, all’ultimo tempo della sonata in fa min. op. 2. Ma in questo Presto lo spirito di Beethoven e infinitamente piti complesso ed esprime con maggior personalita la sua emozione. Quanta diversa sensibilita emotiva fra la piana, dolce e melodrammatica linea melodica della se¬ conda idea del Prestissimo dell’op. 2, e la dinami- ca, vibrante, impetuosa espressivita della seconda idea del finale della sonata in do jj ! Ed ancora; quale incomparabile ricchezza di sviluppo in questo ultimo tempo di sonata! Soltanto Muzio Clementi ha, alcune volte, la stessa larghezza, la stessa im- petuosita; ma manca al grande italiano la tragicita che grava sullo spirito di Beethoven. Per l’impetuosita espressiva fa pensare — in con- trapposto al primo tempo « Chiaro di luna » — ad una tempesta: la tempesta dello spirito in cui si agita la lotta per la conquista d’una piu grande idealita che sfugge ed e, forse, inconseguibile; in cui v’e dolore, desiderio, disperazione, e, alla fine, 168 BEETHOVEN un non so che di sfrenato che grida una sua gioia, sia pur dolorosa. II Presto agitato ha la forma tipica del primo tem¬ po di sonata sviluppato pero con una certa am- piezza. La prima parte e composta da un movimento iniziale che e l’idea informatrice — se non prima idea vera e propria — del tempo, a cui, dopo una transizione ed una ripresa, fa seguito nella tona¬ lita relativa la seconda idea; la quale attraverso un succedersi di movimenti, fra cui un nuovo inte- ressantissimo diversivo melodico, chiude la prima parte. Lo sviluppo, pur prendendo inizio dal mo¬ vimento generativo del tempo, e formato dalla se¬ conda idea, alternata in ottave diverse e leggermente modificata o variata. Della terza parte e interessante il finale per l’esuberante passione, non piu conte- nuta, e che trascende nel movimento delle biscrome. Dopo l’alterno procedere della seconda idea, il mo¬ vimento delle terzine delle quartine e della cadenza esprimono bene il dinamismo tormentoso di Bee¬ thoven che avra ancora un palpito nuovo, quasi un guizzo finale, nel « piano » della breve ripresa me- lodica e negli impetuosi arpeggi ad unisono. SONATA - OP. 28 dedicata al Nobile Giuseppe von Sonnenfels Opera 28 Allegro - Andante Scherzo - Rondo La sonata op. 28 e dedicata al nobile Giuseppe von Sonnenfels. Questo nome non si riscontra quasi mai fra i molti legati alla vita viennese di Beetho¬ ven, per quanto il Sonnenfels, d’origine ebraica ma di cul tura e di sentimenti cristiani, fosse mol to noto nell’ambiente intellettuale di Vienna per le sue forti doti di scrittore e per la sua qualita di segretario permanente della « Wiener Akademie ». Non e da escludere che Beethoven sia stato qual- che volta suo ospite; e si vuole, anzi, che a Hetzen- dorf egli godesse 1’ospitalita del nobile Sonnenfels. La sonata op. 28, composta nel 1801, fu pubbli- cata nelfagosto del 1802 con il titolo di « Grande Sonate pour le Pianoforte » dal « Bureau d’arts et d’industrie » a Vienna. Il nome di « Sonata pasto¬ rale » non e dovuto a Beethoven; e apparso, la pri- ma volta, nelLedizione amburghese di A. Cranz. Anche con questa sonata Beethoven si distacca sempre piu, per una maggiore, piu vasta concezione e per 1’espressione d’una particolare sensibilita mu- sicale, dai precedenti modelli. L’ambiente georgico o pastorale aveva ispirato piu volte, a musicisti, pagine magnifiche e suggestive, pervase dalla soave semplicita idilliaca della natura. Ma Beethoven non poteva creare semplicemente un « quadro di genere »; la sua personalita da anche qui una particolare impronta. Certo, non in questa sonata pub ricercarsi il vee- 172 BEETHOVEN mente « divenire » beethoveniano, ne qui v’e dav- vero un voluto contrasto fra le forze naturali sog- gettivate da una visione realistica umana, come in alcune pagine della « Sinfonia Pastorale»; ma i tempi pastorali della sonata, e soprattutto l’ultimo, sono lontani dall’esprimere soltanto la pura con- templazione della natura che, evidentemente — a parte il titolo — ha dovuto ispirare Beethoven. In questa sonata, pur nella semplicita agreste del¬ la linea melodica, vanno notati — specialmente ne- gli sviluppi del primo e dell’ultimo tempo — i par- ticolari accenti drammatici che caratterizzano sem- pre Beethoven; il quale pare non possa mai ri vi vere, serenamente oggettivata dentro di se, una pura vi¬ sione della natura, perche portato a soggettivarla e vivificarla con la sua profonda passionalita umana. Anche Top. 28 rappresenta una nuova conquista dell’arte beethoveniana. Il genio spinge ormai Bee¬ thoven sempre piu verso le lontane mete intraviste, che gia danno luce a tutto il cammino e lo costrin- gono a nuove ascese per nuove vie. Non pub negarsi che la Sonata Pastorale prean- nunzi la « Sinfonia Pastorale » ; v’e il grande amore per la natura espresso con una nuova sensibilita mu- sicale. « Nessuno pub amare la campagna cosi come 1’arno io. I boschi, le piante, le rocce danno pure l’eco che 1’uomo desidera» scrivera un giorno a Teresa Malfatti (1). Il primo tempo deli’op. 28 non ha uno spiccato carattere pastorale; riflette piuttosto uno stato da¬ nimo ancora pervaso dalla contemplazione dell’a- greste serenita della natura. Il suo carattere, per quanto melodico, e tipicamente strumentale anche (I) Lettera, fine daprile 1810. LE SONATE PER PIANOFORTE 173 per il procedimento delle parti che si muovono con- trapposte e che ricordano i vari strumenti sottintesi. 11 pianista D'Albert nota d’un passaggio la natura «quasi clarinetto» e l’osservazione e interessante perche denota come Beethoven sia riuscito a ricreare, in un semplice passaggio pianistico, il particolare colore georgico che, per analogia sensitiva, richiama il suono d’uno strumento di origine agreste. Del resto, la natura strumentale della sonata ha colpito fin dal suo apparire i cultori beethoveniani. Ferdinando Ries, per esempio l’ha strumentata per quartetto. Lo sviluppo del primo tempo e gia considerevole fin dalla prima parte. Fra la prima e la seconda idea la fantasia beethoveniana s’e attardata a creare epi- sodi piu o meno inerenti alle due idee principali, ma mirabilmente ad esse connaturati. Di sapore georgico e il primo tema che, ripetuto nel registro acuto, conforta appunto 1’ipotesi che questo tempo sia stato concepito in una prima ideazione, per or- chestra o per insieme strumentale. Lo sviluppo me- lodico della prima idea prosegue ancora con lo stes- so criterio, e cosi pure il primo elemento diversivo che segue. Una transizione ci porta al movimento melodico della seconda idea, che e gia presentita subito dopo 1’accordo sul do #. Questo presentire il tema, che pare si formi na- turalmente da un movimento ritmico e melodico, e singolarmente interessante. Consegue una potenza 174 BEETHOVEN espressiva incomparabile, e quando finalmente rie- sce a manifestarsi nella vera essenza e forma me- lodica, pare cbe veramente una gioia indicibile sia stata creata e vissuta. (mo lto espress) 7-F' . satir F. 1 II succedersi dei passaggi cadenzali non riesce a rompere la continuita melodica cbe ritorna piena- mente nella ripresa del movimento tipico della se- conda idea. Una breve coda melodica, legata spi- ritualmente alla transizione, chiude la prima parte. Tipica e la continuita del pedale sia realizzato cbe sottinteso; il quale, invero, e quello cbe mag- giormente determina il carattere sinfonico-georgico di questo tempo. Lo sviluppo e dovuto principalmente, se non uni- camente, alla prima idea. Esso, dopo la ripetizione alla quarta superiore del tema, procede sviluppando alcuni elementi — soprattutto quello caratteristico della quarta e della nona battuta iniziale — per imitazione alternata o per progressioni o maniere Progressive. Questa parte e ricca di soggettiva dram- maticita e pare cbe ogni serenita contemplativa sia sommersa da una viva emozione umana. Ma, a sua volta, lentamente, essa stessa cede ad un mondo purissimo di suoni che ricrea 1’ambiente armonico pastorale del primo tempo il cui primo tema ritorna. nella terza parte, dopo un breve vagare di transi¬ zione. LE SONATE PER PIANOFORTE 175 tSAndante delFop. 28 conferma 1’ipotesi della natura sinfonica di questa sonata. La disposizione, anzi, la necessaria disposizione delle parti e evi- dente, e chiaro appare nello staccato della mano sinistra il pizzicato dei violoncelli. £ inutile dire che nellesecuzione cio ha importanza grandissima. La linea melodica e piuttosto ampia. Iniziatasi in re minore, dopo le prime quattro battute modula in fa maggiore; nel qual tono, piu che svilupparsi si ripete. £ notevole la imprevista modulazione in la minore subito dopo quella in fa maggiore; sic- che in queste otto battute, piu che lo svolgimento graduale della melodia, e da notare la instabilita tonale. Piu obbediente ad una stabilita armonica appare la parte che segue, in cui la nota lirica, piu ricca di slancio, mirabilmente contrasta con quel non so di triste e di grigio che incombe sul primo periodo delFzlndanfe. La ripetizione in ottava della linea melodica chiarisce 1’ambiente sonoro, sicche il « maggiore » che segue non giunge piu inaspettato. Qui, non v’e che un diversivo ritmico, contrasto piu spirituale al tema dell’z4 ndante. Noteremo ancora il finale che pub considerarsi una piccola coda, dove i due elementi che compon- gono VAndante riappaiono brevemente, ih ispecie elaborato il secondo. La forma dell’z4 ndante non ha caratteristiche spe- ciali. Per 1’insistenza del tema ricorda quella del Rondo; ma non ne ha alcuna impronta spirituale. £ piuttosto da considerarsi come un momento li- rico che s’attarda nella ripetizione, sia pur variata, d’un dolce e non profondo pensiero musicale, cui fa da contrasto brevemente la graziosita delFele- mento ritmico del « maggiore ». La sensibilita che l’ha creata non e nuova, e, pur essendo chiaramente 176 BEETHOVEN beethoveniana, non ha caratteristiche particolari. Anche 1’esposizione iniziale non e nuova in Bee¬ thoven. Gia di una disposizione simile e di un ugnale contrasto ritmico di legato e staccato Beethoven ci aveva dato un esempio fin nelle prime opere, e pre- cisamente nell’A dagio della sonata in la maggiore op. 2, dove anzi la linea melodica ha un maggiore sviluppo. Ancora uno sguardo a questo tempo. £ interes- sante notare la variazione del tema con i movimenti delle biscrome le quali creano, per la vaporosa mo- bilita dovuta alla loro celerita, un ambiente sonoro che, gia sentito nell’ultima variazione della sonata op. 26, conseguira nell’ Andante deli’« Appassiona- ta » e neir.drie/fa deli’op. III, efTetti di suono po- tentemente suggestivi ed assolutamente nuovi e sco- nosciuti nelFambito pianistico. Lo Scherzo, vivacissimo e tutto beethoveniano, e d’una semplicita elementare. Par quasi impossi- bile che si sia potuto creare con cosi pochi mezzi e, diremmo, con cosi pochi suoni, un tempo tanto vario e brioso dovuto quasi unicamente all’insistenza di una sola nota progrediente per ottava. L’elemento generatore di questo Scherzo e il fa $, che, pur nelfindeterminatezza tonale — di cui Bee¬ thoven ci dara un saggio meraviglioso nelle prime battute della Sinfonia in do min. — riesce a creare, e forse appunto per cib, un ambiente nuovo pro- fondamente suggestivo. L’insistenza d’una sola nota, nella vibrazione sonora diversa, risveglia ed acuisce il desiderio di armonie ancora non create e gia pre- sentite. Lo Scherzo e tutto nelle prime otto battute. Lo ipirito del tempo e tutto li, Beethoven lo varia, ci LE SONATE PER PIANOFORTE 177 si indugia, ma egli stesso n’e prigioniero con gioia, e non sa piu staccarsene. Anche il Trio ne e una diretta emanazione. II breve disegno melodico del Trio, nato dal fa fi , si ripete con la stessa insistenza come nello Scherzo il fa Jf generatore. Le modulazioni armoniche sotto- stanti al disegno melodico del Trio non colpiscono come una preziosita tecnica, ma interessano per- che danno la sensazione d’una nuova sensibilita espressiva che, se apporta una grazia diversa alla melodica, non riesce a snaturarla; ma solo a fare risultare le ricche possibilita armoniche della ta- volozza beethoveniana. Un Rondo AUegro ma non troppo chiude questa sonata. Il movimento stesso in 6/8, ed ancor piu la linea melodica cosi tipicamente georgica che par nata dallo zufolio di un primitivo strumento agre- ste, caratterizza questo tempo che, con il primo, ma incomparabilmente di piu, ha dato il nome di « Pa¬ storale » alla sonata. Beethoven ha chiamato questo tempo Rondo; ma e evidente che nella elaborazione ha avuto presente la forma, se non lo spirito, del primo tempo di so¬ nata. Vi manca, invero, la seconda idea, ma non la preparazione tecnica e spirituale; poi che la trasfi- gurazione lirica del movimento ritmico alla ripresa del « 1° tempo« pub dirsi che faccia le veci d’una vera seconda idea. 178 BEETHOVEN Non manca prima un periodo di transizione fra le due idee, (poco piu mosso) ne dopo, una coda conclusiva nel movimento di semicrome che chiude la prima parte. Qui s’inizia dopo la ripresa del tema (Rondo) un ricco sviluppo, vera e propria seconda parte, dove gii elementi melodici e ritmici della prima sono elaborati con fantasia ed anche tecnicamente. La terza parte comincia con la ripresa del tema che, se e ripetuto soprattutto per la natura di rondo del tempo, non pub per altro negarsi che esso qui abbia un carattere di ripresa, tanto piu che il pro- cesso arrnonico seguente rispetta le regole del primo tempo di sonata. Infatti, quella che abbiamo detto seconda idea, ora e presentata nella tonalita voluta dalla forma di sonata che qui e evidentissima anche per il trasporto della Coda nella tonalita di re mag- giore. Due nuovi episodi completano questo tempo, l’uno e l’altro formati da elementi tematici: il primo, piu dolce, pare s’indugi nella contemplazione della serenita delle cose, mentre il finale (Piu allegro, quasi presto) fa pensare alle gioiose incomposte dan- ze della gente del contado, e chiude mirabilmente il quadro campestre spiritualmente creato da que- sto tempo. TRE SONATE - OP. 31 Opera 31 - N. 1 Allegro vivace - Ada- gio grazioso - Rondo All’opera 28 seguono il Quintetto op. 29 in do magg. composto nel 1802 e dedicato al conte Fer- dinando Fries, le tre Sonate per pianoforte e vio¬ lino op. 30 in la magg., do min., e sol min., de- dicate all’imperatore Alessandro, e l’op. 31. L’op. 31 e costituita da tre sonate di diverso va- lore artistico. E 1’ultima volta, del resto, (l’op. 49 non e da considerare in proposito) che Beethoven riunisce in una sola opera tre sonate. Uimportanza ed ancor piu lo sviluppo delle sonate successive do- veva convincere anche gli editori a non insistere nelle abitudini editoriali del tempo di Haydn e di Mozart. Queste tre sonate furono raggruppate in un’opera sola (op. 31) in un secondo tempo; dapprima, quella in sol (n. 1) e quell'a in re min. (n. 2) furono edite a Zurigo (1802), presso Nageli (op. 29 Cahier 5 des « Repertoires des Clavecinistes »). La sonata in mi p magg. (n. 3) fu pubblicata nella stessa raccolta (Cahier n. 1803) con la « Patetica » (Deux grandes sonates oeuvre 13 et 33). La sonata op. 31 n. I fu composta intorno al 1802. Lo spirito di Beethoven maturava in questo tempo le idealita d’una piu vasta concezione artistica. « La mia forza fisica cresce piu che mai con la mia forza intellettuale... La mia giovinezza, io lo sento, ha appena principio. Ogni giorno io mi approssimo 182 BEETHOVEN sempre piu al punto che intravvedo, senza poterlo definire e raggiungere » (1). Era questa la reazione salutare del suo spirito troppo forte per lasciarsi abbattere dalla sorte av- versa: « lo non sono contento del mio passato la- voro; vogli o da ora iniziare un nuovo camrnino«. II titano afferra ancora « il destino alla gola », e prosegue verso le infinite altezze. II Riemann fa uno studio di comparazione fra l’op. 31 n. I e le Sonate op. 53 e 57. Non lo seguiremo nella sua disamina, poi che troppo dista il valore della sonata in sol magg., da quello deli’« Aurora » e deli’« Appassionata », ne alcune somiglianze di struttura hanno cosi grande importanza da avvicinare questa sonata alle sorelle incomparabilmente maggiori. In questa sonata op. 31 n. I v’e il desiderio di dire qualcosa di nuovo; ma sarebbe azzardato vo- ler sostenere che essa abbia, percid, una particolare importanza. Se come struttura ha somiglianze con l’op. 53 e l’op. 57 ed ha proporzioni considerevoli, in ispecie nel šecondo e nel terzo tempo, manca all’op. 31 n. 1 il soffio animatore che da la sensazione delFopera d’arte. Si direbbe che Beethoven « non piu contento del passato», prepari la « forma nuova » per l’arte che gia pulsa nel suo spirito e che šara creata. E in questo senso le analogie di struttura fra que- sta e le opere 53 e 57 possono anche essere interes- santi. Artisticamente l’op. 31 n. 1 e una delle meno riuscite, e fra le tre di quest’opera, la meno espres- siva. (1) Lettera a Wegeler (16 novembre 1801). LE SONATE PER PIANOFORTE 183 L’inizio del primo tempo non e scevro di potenza viva ed animatrice e gli accordi ansimanti in con- trattempo farebbero sperare molto di piu nello svi- luppo della sonata. Piuttosto slegata appare la se- conda idea; non per la tonalita di si maggiore con- trapposta a quella di sol della prima, ma per l’en- tita del disegno melodico tutt’altro che peregrino per quanto, in se, fresco e grazioso. Certo, non pud ne- garsi, oltre all’interesse di struttura formale, una bella forza espressiva a questo primo tempo, al qua- le anche i passaggi delle semicrome, progredienti per ottava e senza armonie intermedie, danno par- ticolare rilievo. Nella edizione Ricordi, il Casella riporta le ag- giunte fatte dalheditore Nageli alla fine del primo tempo. £ noto che Beethoven nel sentirle protestb vibratamente gridando: « Che diavolo e questo ? ». L.’Adagio grazioso forma il secondo tempo di questa sonata. E una composizione di vaste propor- zioni, con carattere di Rondo da cui non e alieno quello del lied. Ha schematicamente un disegno iniziale (Rondo), una seconda parte ed un Trio (lat? magg.). Deve soprattutto alla ripetizione (forma di Rondo) le proporzioni non brevi; ma anche alla grandiosita dello sviluppo che, se non raggiunge mai le alte vette beethoveniane, e perche a questa sonata man- ca quella forte personalita che differenzia Beethoven da ogni altro compositore. Questo Adagio risente moltissimo dello stile e della sensibilita melodica italiana; ma non riesce a realizzarla interamente con quella leggerezza spi- rituale che e una delle prerogative piu tipiche ed interessanti dei musicisti italiani del ’700. Qui, que- sta leggerezza e, alcune volte, superficialita che ap- 184 BEETHOVEN pare traverso i melismi, mentre la prolissita e 1’insi- stenza stessa della forma del Rondo finiscono, forse, con lo stancare. £ una delle pochissime composi- zioni scritte da Beethoven in un momente di stan- chezza spirituale; ed in realta non ha una vera ra- gione di esistenza nell’immenso mondo beethove- niano cui rimane quasi estranea. Pud, quindi, avere un suo valore soltanto per l’ac- cennata grandiosita di linee, che non solo giusti- ficano V Adagio, ma affermano anche la volonta di un mondo espressivo infinitamente vasto. Noi siamo lontani dall’ammirazione del De Lenz: « Questo Adagio, fresco come la brezza marina, e chiamato da Beethoven « adagio grazioso«, ha 120 battute nel ritmo di 9/8, e l’interesse che ispira non viene mai meno. Bisogna saper dare a questo pezzo un movimento calmo, uguale; ha bisogno di scor- rere naturalmente, ingenuo come il canto dell’uc- cello che saluta 1’aurora dal piu alto albero del bosco ». II terzo tempo dell’op. 31 n. 1 e un Rondo con andamento di Allegretto. Questo tempo, anch’esso di grandi proporzioni, non ha caratteristiche par- ticolari. Ricorda alcuni tempi del Clementi per le sue pro¬ porzioni e per 1’elaborazione dello sviluppo. Come forma di rondo e uno dei piu tipici perche 1’insi- stenza del tema e continuo. E da notare anche la lontana forma di sonata che fu certamente, come spesso accade in Beethoven, lo schema seguito nella creazione di questo tempo. II Riemann divide questo rondo in 24 periodi ed in sette episodi: Rondo, 1° Ritornello; Rondo, 2° Ritornello; Rondo, 3° Ritornello; Coda. Opera 31 - N. 2 (Largo) - Allegro Adagio - Allegretto Vi sarebbe da scrivere un intero capitolo per gli infiniti significati cbe la fantasia degli studiosi o, meglio, degli appassionati, ha dato al contrasto del Largo e deli’Allegro di questo tempo. II periodo ro- mantico iniziatosi, pub dirsi, con 1’ultimo Beethoven trovava nei suoi cultori lo spirito meglio atto a dare consistenza alle idee piu disparate ed ai significati piu strani ed impensati. Per questo caso, v’ha contribuito lo stesso Bee¬ thoven. Schindler ci dice che, interrogato sulle so¬ nate op.* 31 n. 2 e op. 57 « Appassionata », Beetho¬ ven rispose: « Leggano la Tempesta di Shake¬ speare ». £ naturale, quindi, che « Ariele e Calibano » ven- gano chiamati, in questo primo tempo, a dare si- gnificato alla essenza spirituale del Largo e del- 1'Allegro. Questa sonata differisce formalmente dalle prece- denti. £ la prima volta che Beethoven ci da un vero contrasto, il quale viene personificando quasi Tespressivita drammatica col recitativo, usato per la prima volta con un significato, assolutamente nuo- vo, e cioe come elemento di forte drammaticita ed anche come espressione individualistica di sogget- tivismo. Senza insistere sui particolari significati program- matici di questa sonata, e evidente il valore dram- matico dei due tempi adoperati, e quanto contribui- 186 BEETHOVEN sca alla potenza espressiva il Largo che s’indugia sviluppandosi nel recitativo. Gia nella «Patetica» il GraVe dell’Introduzione e. come s’e visto, inerente a tutta 1’espressivita del tempo, e serve anche stupendamente al contrasto delle idee. Ma questo contrasto e puramente musi- cale, e il GraVe dell’op. 13, ripetuto in parte nel mezzo del tempo, non vi porta una particolare nota drammatica ed ancor meno esprime un indivi- dualismo contrastante fra i due andamenti. £ solo nell’op. 31 n. 2 che per la prima volta cio e stato creato da Beethoven, ed e per questo che alcuni vogliono vedere nella sonata in re min., anziche in quella in la \) magg. dell’op. 26, 1’inizio d’un nuo- vo periodo beethoveniano. Ma, come e errata la prima divisione, e errata la seconda; poiche anche se nell’op. 31 n. 2 appare con maggior evidenza e con maggiore continuita espressiva una personalita piu cosciente, non pud affermarsi che cib sia del tutto nuovo in Beethoven. Piuttosto, e sempre piu evidente la indipendente personalita creativa del grande musicista che, nel- l’esprimere il suo travolgente pensiero, non obbe- disce a nessuno stretto canone scolastico, ma fa aderire volta a volta al suo spirito, le forme gia consacrate del passato. La sonata op. 31 n. 2 s’inizia con due battute in tempo largo. Ma non e un’introduzione; e un ele- mento drammatico che acquista, come s’e detto, un valore individualistico nello svolgimento del tem¬ po. Contrasta il disegno Allegro che segue imme- diatamente. In realta la battuta Adagio su cui va a spezzarsi il movimento Allegro pub dirsi la continuazione LE SONATE PER PIANOFORTE 187 ideale del Largo. E cib va notato soprattutto per 1’esecuzione. II Casella giustamente ha segnato il tempo « ta- gliato » abbandonato da alcune edizioni, mentre e il piu logico, ed e quello voluto dallo stesso Bee¬ thoven. II Combarieu osserva, a proposito di questo tem¬ po, come nelle edizioni correnti in quasi tutte le sonate di Beethoven non siano osservate le divi- sioni ritmiche; e per questo passaggio: propone la seguente interpretazione che ci pare la piii opportuna: Per la stessa ragione suggerisce che questo pas¬ saggio venga eseguito, per una maggiore energia del di- scorso musicale, con i seguenti criteri di accentua- zione Conchiude, alla fine, commentando: «Queste dieresi, liberando 1’anacrusi dai mem- bri di frase, restituiscono loro 1’energia del discorso musicale, snervato, indebolito dalhabituale assenza di punteggiatura ritmica. E questa correzione ci sem- bra indispensabile nel testo di un’opera in cui si scatena una volonta ostinata, quasi minacciosa », 188 BEETHOVEN 11 Marx suggerisce di ritenere 1’arpeggiato della prima battuta come una forma abbreviata, e di suo- nare l’accordo diviso perfettamente cosi: semimini- me: (do, mi, la); crome: (do, mi); minima (la); semi- minime (do, mi). Ma cib e assurdo; poi che si ver- rebbe a togliere la pienezza armonica voluta da Bee¬ thoven il quale, anzi, giusta quanto si rileva dallo schizzo pubblicato dal Nottebohm, in una prima ideazione non segnb neppure 1’arpeggio. Qual’e il vero primo tema di questa sonata ? II movimento Allegro, dopo il Largo e piu uno stato d’animo che si risolvera liricamente formando la seconda idea anziche un vero disegno generatore, il quale e piut- tosto vera idea spirituale di questo tempo e šara mera- vigliosamente elaborata nello sviluppo. Nella prima parte un nuovo contributo dramma- tico e dato dal movimento di transizione in accordi che precede la coda e che contribuisce, anch’esso, a rendere atipico questo primo tempo in cui il mas- simo della espressivita drammatica e raggiunto nelle ottave senza armonie che precedono la ripresa, e nello sviluppo dinamico dei recitativi alla ripresa della terza parte. LE SONATE PER PIANOFORTE 189 Anche qui Beethoven con mirabile fantasia an- ziche ripetere il disegno melodico che noi abbiamo detto prima « idea spirituale », introduce una nuova transizione stupendamente drammatica che si risol- ve nella ripresa della seconda idea. Con la ripetizione, nel tono dovuto relativo, della seconda idea, degli accordi di transizione e della Coda finale, il tempo si chiude, quasi come la prima parte, senza che nuovi elementi ritardino o guastino la vibrante snellezza, tipica nella linea di questo tempo. L'Adagio dell’op. 31 n. 2 ha la caratteristica del lied, ma risente della forma di sonata per la ripe¬ tizione della seconda idea nel tono principale. E una composizione fra le piu pure di Beethoven, ed esprime due momenti lirici d’incomparabile bel- lezza. Il primo tema alterna il registre grave allacuto, il che contribuisce maggiormente all’ampiezza del respiro melodico. I melismi qui sono adoperati come integrazione del pensiero e sono assolutamente alie- ni da ogni significato ornamentale; sicche tutta la linea melodica procede continua senza che dagli ab- bellimenti risulti aleuna menomazione alla sempli- cith dell’espressione lirica. Una serenita grave domina e, diremmo, vigila su tutta la prima esposizione delFidea melodica. Se v’e dolore, in questo Adagio, esso e contenuto in un mondo lontano da ogni vivezza di contingente dram- matismo umano; esso ci appare come trasfigurato e purificato dalla stessa sua nobilta. Si notino le ter- zine di biserome sul si 9 al basso. Quanto ampio respiro! Pare che tutto un mondo misterioso si schiuda per rivelarci lontananze di sensibilita musicale mai 190 BEETHOVEN prima intraviste. E con quanta semplicita si alterna la linea melodica che man mano si svolge fra le vi¬ brazioni di questo ambiente sonoro creato dai bre- vissimi tremuli delle biscrome! Molto giusto il suggerimento che il Casella da per 1’esecuzione delle terzine di biscrome: « sottovoce, quasi timpani ». Il ricordo del timpano qui e natu- rale e suggestivo: le lievi sue oscure vibrazioni crea- no stupendamente quel senso, cui abbiamo accen- nato, di lontananze musicali indefinite. Una linea melodica d’una purezza adamantina e il naturale corollario di questo mondo sonoro. Il disegno e d’una semplicita elementare; pure la sua bellezza e incomparabile. Poche melodie d’ogni tempo sono cosi ricche di dolcezza canora; essa ap- pare veramente come 1’espressione del mondo ir- reale che avevamo intravisto e di cui e 1’essenza piu viva e piu pura. Cede ad un tratto quasi as- sorbita dalla profondita del mistero, ricreato dalle vibrazioni ancor piu fonde ed oscure delle terzine di biscrome. Nella ripetizione del primo tema 1’ambiente ar- monico e come arieggiato dai brevi arpeggi delle biscrome che qui non hanno alcun valore virtuo- sistico, ma solo di risonanza armonica. L’ultimo tempo di questa sonata e un Allegretto. Noi gia sappiamo quanto sia elastico il significato di tale definizione in Beethoven. Si devono d’altra parte a questa indeterminatezza di tempo e di si¬ gnificato le varie interpretazioni cui va soggetto 1’ Allegretto beethoveniano. Questo dell’op. 31 n. 2, che per la sua relativa difficolta interessa molto anche i pseudo pianisti, ha risentitc dell’elasticita delFespressione che ne determina lo spirito ed il tempo; si che il Marx LE SONATE PER PIANOFORTE 191 raccomanda agli esecutori di non farne un valzer viennese od uno studio, poi che e un tempo pieno di sentimente da eseguire quasi Andantino; il Rei- neke, seguito dal Riemann, lo sente come un moto perpetuo, e lo Czerny accetta la versione che Bee¬ thoven l'abbia scritto sentendo galoppare un ca- vallo, ed anzi aggiunge che molti dei suoi pensieri piu belli sono nati da časi simili, poi che ogni ru- more ed ogni movimento diveniva per lui mušica e ritmo. Questo Allegretto ha avuto volta a volta, come s’e detto, una diversa interpretazione ed il Rie¬ mann, che lo vuole Allegro, lo raddoppia come tem¬ po portandolo con ritmo di 6/8. Noi preferiamo l’e- dizione originale beethoveniana perche sentiamo la cadenza ritmica ugualmente forte ad ogni tre crome. Questo Allegretto e particolarmente notevole, ol- tre che per la bellezza varia, vibrante e poetica dei vari episodi, perche caratterizza stupendamente la infinita fantasia di Beethoven, che da un elemento ritmico semplice e trascurabile sa creare tutto un poema. La forma e quella del primo tempo di sonata; e strano percib, che il De Lenz vi abbia voluto ve- dere quella del Rondo che e forse nello spirito per 1’insistenza ritmica del tema, ma non e presente, anche se qua e la sia gia accennata nella linea for- male del? Allegretto. La seconda idea si fa notare per il particolare interesse della « rottura ritmica » che del resto e ti- picamente beethoveniana. L’effetto e interessantis- simo; da come una sensazione viva di cosa conte- nuta che cerchi di prorompere, e l’insistenza, nella ripetizione in ottave disgiunte, conferma e pare anzi che acuisca il desiderio e quasi il tormento d’una impossibile realizzazione che e alla fine, con la ri- 192 BEETHOVEN preša del ritmo ternario, piu che manifestata, fuor- J viata. S’e gia detto della ricchezza di sviluppo di que- sto Allegretto che e un mirabile esempio della fan- tasia beethoveniana. Gli episodi vi sono innume- revoli e, per quanto il movimento ritmico sia, tranne per qualche brevissimo respiro, insistentemente lo stesso e chiaramente determinato, cosi e viva la fan- tasia creatrice che non ne deriva senso alcuno di monotonia; anzi, il continuo procedere dello svi¬ luppo ritmico appare come un divenire imprevisto, e tutto il tempo risulta, percib, ricco di dinamismo inconfondibilmente beethoveniano. Opera 31 - N. 3 Allegro - Scherzo - Mi- nuetto - Presto con fuoco La sonata in mit? deli’op. 31 e stata composta nel 1802-03 e pubblicata dapprima, come si e detto, con la « Patetica » come op. 33. Per quanto composta in un periodo notoriamente doloroso della vita di Beethoven, questa sonata non ha accenti profondamente drammatici che tradisca- no uno stato d’animo turbato o scosso. Anzi e duna semplicita scorrevole, in ispecie la seconda idea e lo sviluppo del primo tempo. L’inizio della sonata con 1’indeterminatezza tonale e con quel suo ritmo incisivamente tipico, lascia supporre, la per la, un ben diverso sviluppo; ma la seconda idea, dopo il divagare del movimento iniziale che pare non riesca a trovare il suo logico divenire, stabilisce subito la schietta graziosita della sonata che esula da ogni recondita espressivita dram- matica. Pochi primi tempi di sonata hanno, come questo, una cosi contrastante relazione fra i due temi. Poi- che, se il primo ha un contenuto d’insita, anche se non evidente, sensibilita dolorosa — non v'e nelle vibrazioni dei vari registri su cui s’indugia il tema, e nel gioco dei modi maggiori e minori, sempre tonalmente indecisi, un non so che di indefinibil- mente drammatico ? — il secondo tema ha la snel- lezza e la schietta superficialita settecentesca che acquista, dal basso albertino, uno spiccato carattere 7. 194 BEETHOVEN di gioconda serenita e che ricorda alcune sonate, fra le piu semplici, del Paradisi. V’e qui, come in quelle delhitaliano, la piccola gioia virtuosistica dell’espressione la quale non ha altro significato che quello strettamente musicale del- la creazione di movimenti ritmici sonori guidati da una melodia semplice e piana, che e come un canto che affiora all’anima senza turbamenti, Nulla tra- spare, in questo tempo, del dolore che attenagliava Beethoven in questo grigio periodo della sua vita! Anche lo sviluppo non presenta particolarita de- gne di nota. S’inizia con la ripetizione del primo tema ed ha per un momento una risoluzione poten- temente drammatica. Un attimo. Poi 1’andamento si plača sul pedale di « do », ed il ritmo acquista un sapore graziosamente scherzevole. Ne il breve ansimare ritmico del movimento delle due semicro- me nel registro grave riesce a vincere lo spirito gaio del tempo, per quanto il contrasto risulti efficacis- simo. Nessun elemente della seconda idea interviene nello sviluppo. Vi sono ricordati, piuttosto, i pas- saggi, i trilli e gli arpeggi che hanno chiuso la prima parte; ma questi non assumono una caratteristica nuova e degna di nota. L’ultima parte, invece, non ripete meccanicamen- te la prima, ma ha maggiore sviluppo, ed in ispecie nel finale riesce a dare, con 1’insistenza del primo tema, un piii ampio respiro ed un piu intenso si¬ gnificato a tutto il primo tempo. Il quale fa qui sen- tire ancor piu vivo il contrasto fra quel non so che di drammaticita inespressa che si e gia notata e la gaia semplicita inerente anch’essa all’espressione di questo tempo che, in tal senso, e particolarmente interessante e caratteristico. LE SONATE PER PIANOFORTE 195 II secondo tempo di questa sonata e uno Scherzo - allegretto - vivace. Beethoven si distacca sempre piu dalle forme tradizionali. Infatti, l’op. 31 n. 3 non ha tempi lenti; racchiude, invece, uno Scherzo ed un Minuetto. II De Lenz dice: « Questo Scherzo impetuoso, ar- dito, nuovo, inqualificabile ed inqualificato nella vecchia scuola, e d’una incredibile vivacita. £ un pezzo per piano che basta a se stesso, e che non ha alcun richiamo orchestrale; cosa rara in Bee¬ thoven ». In realta, la vivacita di questo tempo e grande- mente espressiva ed ha un carattere tutto beetho- veniano. £ difficile definirne la forma; dello Scherzo ha soprattutto la vivacita, ma, nella costruzione, ap- pare chiara la forma di sonata. II Riemann da come anima della seconda idea: essa acquista pero meglio il suo carattere nella ri- soluzione melodica in mi i? dove appare chiaro il contrasto con il primo tema. £ questo Scherzo un tempo vivacemente dinamico e nella semplicita dei mezzi e della struttura pre- senta alcuni momenti d’intenso interesse ritmico. «ooo riiara:~—.——— a tempo Dopo 1’accordo imprevisto di fa magg., il disegno per seste «staccatissimo» riesce a conseguire un effetto ritmicamente vibrante che ci fara poi meglio 196 BEETHOVEN gustare, preparato dal breve ansimare delle biscro- me, 1’allegro e spensierato motivo della seconda idea. Tutto lo Scherzo non ha un attimo di riposo; procede sempre incalzando ed acquista, alla fine del¬ la seconda parte, particolare irruenza nelle brusche, velocissime semibiscrome che vi portano un soffio non facilmente definibile se di imprevista tragicita, o di potente espressione d’una gioia quasi feroce. Sono questi passaggi che fanno ricordare le subi- tanee, omeriche risate di Beethoven, delle quali non era facile intuire la causa. « Chi lo conosceva, dice il Seyfried (1), sapeva che nell’arte di annientare con una risata era maestro. Non sempre pero anche i piu intimi riuscivano ad indovinare sul momento le ragioni di queste improvvise esplosioni di ilarita, che solo la piena visione della vita multiforme e bizzarra, che s’agitava in quei momenti nel suo spi- rito, avrebbe potuto spiegare ». II terzo tempo di questa Sonata e un Minuetto. Spiritualmente esso non pub paragonarsi a nessun altro tempo anche dello stesso Beethoven. V’esula qualsiasi idea di danza; e piuttosto, un canto triste ed accorato che rivela un nascosto tormento. « II do p, dice Combarieu, che, solo, impediva al De Lenz di riallacciare questo piccolo brano alla ma- niera di Haydn e Mozart, non e che un tocco piu vivo in un quadretto, una parola un po’ piu accen- tuata in un madrigale, ed il Trio sembra scritto per la piu bella delle tre Grazie ». Ma, invero, questo Minuetto e lontano dalla sen- sibilita di Haydn e di Mozart, e cib devesi non al (1) Ignazio Seyfried: Beethoven Siudien in Generalbasa, Con- trapuncfy> etc. LE SONATE PER PIAN0F6RTE 197 doj? notato dal De Lenz, ma allo spirito che l’ha creato. Formalmente, ha tutte le caratteristiche del Mi- nuetto; ma il Trio contribuisce anch’esso a dare al movimento un significato drammatico di gran lunga diverso da quello di danza. Pud definirsi, questo, « 1’ultimo minuetto«. Se an- cora appaiono nella movenza del tempo, il dorato salone e la dama incipriata, con piu profondo sen¬ timente e espressa 1’umanita del secolo nuovo che non sa piu, anche se si serve di vecchie foggie, gioi- re della spensierata superficiale gaiezza entro cui il settecento affogava le preoccupazioni e le tristezze. La Coda drammatizza sempre piu questo Mi- nuetto, che, oramai, perde ogni carattere di danza. £ la ripresa ritmica dell’elemento tematico, sempli- cissima, ma d una efficacia drammatica stupenda. Molto bene il Casella ne commenta la esecuzione: « Quasi fagotto. Il ricordo del solo alla fine delFdln- dante della 5 a sinfonia potra aiutare gli esecutori intelligenti a trovare la giusta sonorita ». Il commento da una chiara idea della espressi- vita della Coda che chiude questo che abbiamo de- finito « ultimo Minuetto ». Il Presto con fuoco, quarto tempo dell’op. 31 n. 3, ha tutta la prodigiosa veemenza beethoveniana che appare qua e la non con tenu ta. Anche in questo tempo sono da constatare le possibilita infinite di sviluppo di Beethoven, e cpme lo spirito essenziale e creatore sia sempre la potenza ritmica. La linea melodica non e che una derivazione, ma solo il ritmo e quello che ha valore dinamico. £ questa una composizione tipicamente pianistica; e cioe, il pianoforte riesce a realizzare una potenza espressiva e, diremmo, smfomca, anche attraverso 198 BEETHOVEN gli unisoni d’ottava, anzi soprattutto attraverso essi come, ad esempio, nel principio della seconda parte. Come forma questo tempo non ubbidisce a nes- suna veramente tipica. V’e, sottintesa, la forma di sonata, ma non v’e rispondenza tonale fra le parti. Lo spirito del tempo, 1’insistenza ritmica e la brio- sita stessa fanno pensare anche al Rondo; ma non vi sono elementi formali che possano giustificame il nome, ancbe se nel finale l’insistenza del tema dia la sensazione del ritorno continuo e completo del- l’idea generatrice. DUE SONATE - OP. 49 Opera 49 - N. 1 Andante - Rondo Dopo l’op. 31, Beethoven concede un lungo ri- poso alla sua produzione pianistica, e manifesta la sua mirabile attivita creativa in numerose composi- zioni strumentali e vocali. Ne l’op, 49 rappresenta una ripresa; poi che non fu composta nel periodo in cui venne edita. II numero d’ordine risponde solo a ragioni editoriali; e pero noi troviamo l’op. 49 preceduta numericamente da mol te opere strumen¬ tali e sinfoniche di piu ampio respiro e di piu pro- fondo significato. Questa poca precisione ha fatto si che nel nu- merare l’opera beethoveniana si sia incorsi in lacune o raddoppi. I cataloghi del Breitkopf e dell’Artaria hanno fra loro palesi contraddizioni. Per esempio l’op. 51 e costituita per il Catalogo tematico del Breitkopf da due Rondo per pianoforte, mentre per quello del- 1’Artaria e costituita dal Sestetto per due clarinetti, due corni e due fagotti. Molti studiosi, fra cui il De Lenz e il Nottebohm hanno cercato una logica ricostruzione, senza venire peraltro a risultati concreti. Tra i contemporanei ci- teremo il Riemann che, partendo dalle sonate del 1783, ha cercato di dare una nuova interpretazione al numero d’ordine delle opere nella parte in cui questo risulta confuso. Le due Sonate Op. 49 appartengono alle compo- sizioni giovanili di Beethoven e, benche apparse come s’e detto in una stessa edizione con un nu- 202 BEETHOVEN mero d'opera piuttosto elevato, sono due sonatine composte in tempi diversi e di nessun valore per 1’arte beethoveniana. La prima, in sol min., era gia composta nel 1798 e la seconda, in sol magg., e di data anteriore: 1795. Furono pubblicate, invece, per ragioni evidentemen- te editoriali, nel 1805 ed in un’opera sola col titolo: « Deux sonates faciles pour le Pianoforte » presso il « Bureau des Arts et de 1'Industrie ». Sono senza dediča e cib pub confermare che la pubblicazione fu dovuta soltanto a ragioni commerciali. Faremo una breve analisi delle due sonate, che e meglio chiamare « sonatine ». Hanno l’una e l’al- tra, in ispecie la seconda, una linea notevolmente classica; ma solo la seconda ha una sensibilita espressiva interessante, per la bellezza melodica del primo tempo e per la grazia soave del Minuetto. II primo tempo dell’op. 49 n. 1 ha per tema un movimento melodico non ricco di significato e che non assurge a nessuna importanza nello svolgimento del tempo, anche per il poco rilievo del suo pro- cedere ritmico. La seconda idea ha carattere melo¬ dico, ma anch’essa e di breve respiro e si confa alla mediocre importanza di tutto il tempo; da pero vita allo sviluppo e riesce a conseguire qua e la, qualche interesse. L’ultima parte ripete la prima, ma con piu ampio sviluppo nel finale. Il Rondo e il secondo ed ultimo tempo di questa sonatina. £ vivace, brioso e consegue anche sim- patiche movenze melodiche che riescono a dargli contrasti efficaci e piacevoli. Come il primo tempo, non presenta particolarita degne di nota. Scorre con semplicita leggiadra e quasi fanciul- lesca. Opera 49 - N. 2 Allegro ma non troppo Tempo di minuetto La Sonata op. 49 n. 2 e piu ricca, rispetto alla precedente, di sensibilita melodica, e vi si nota fin dal primo tempo una piu sentita e piu spontanea espressivita musicale. II tema e chiaramente melo- dico nonostante 1’accordo iniziale del tempo che pareva dovesse dargli un andamento di vibrante drammaticita. II secondo tema, dopo la breve transizione, non toglie, anzi accresce il carattere melodicamente in- genuo di questo tempo; ne lo sviluppo sa dargli motivi nuovi di drammaticita, o movimenti d’im- portanza e d’espressione diversa da quella gia no- tata. £ naturale quindi che anche la forma sia delle piu semplici e non presenti rilievi degni di osser- vazione. Anche questa sonatina e di due tempi come la precedente; ed il secondo tempo e un Minuetto tutto grazia melodica pure la dove — 1’entrata del do magg., per esempio — assume accenti piu vivi e vibranti. SONATA - OP. 53 dedicata al conte von Waldstein Opera 53 Allegro con brio - Adagio molto - Allegretto moderato La Sonata op. 53, composta ne! 1804 e pubblicata nel 1805 presso il « Bureau des Arts et de 1’Indu- strie », e dedicata al conte di Waldstein. II primo e piu grande mecenate del giovinetto che stentava la vita nella piccola citta natale, non fu dimenticato dali’artista cbe a Vienna creava opere meravigliose; appare quindi logico che una delle sonate piu significative sia stata dedicata, dopo piii di dieci anni dalfultimo addio alla piccola Bonn, all’amico che avevagli augurato che il genio di Mo¬ zart rivivesse in lui. I primi abbozzi di questa sonata si trovano in un quaderno di appunti del 1803, con quelli della « Leo- nora», deli’« Eroica », del « Concerto per piano in sol magg.» e della « Sinfonia in do min. ». Beethoven aveva attraversato un periodo di stan- chezza. Egli stesso scrive al Ries nel luglio del 1804: « Non avrei mai creduto di poter essere cosi pigro in vita mia. Ma se seguira a questo, un pe¬ riodo di grande attivita allora potro fare davvero qualcosa di buono ». Fu un periodo anche di raccoglimento e di me- ditazione. Alcune fra le opere maggiori nascevano in lui: per pianoforte la « Waldsteinsonate e l’Ap- passionata ». L’op. 53 fu detta al suo apparire Waldsteinsonate, e solo piu tardi fu detta « l’Aurora » : probabilmente 208 BEETHOVEN per la meravigliosa freschezza e per un non so che di gioia che la pervade, quasi una promessa rina- scita. Si e gia accennato alla somiglianza di struttura fra questa e l’op. n. 31. Ma qui, oltre 1’arditezza tecnica del procedimento, v’e una espressivita d’arte fra le piu riuscite di Beethoven. La personalita e, ora- mai, inconfondibile: non v’e nessuna analogia fra lo spirito che anima questo tempo e quello della mušica che lo precede. In questo senso, la sonata e una vera «aurora», un principio di quel senso del trascendentale che culminera nelle ultime opere. Non e solo, come nell’op. 31 n. 1, diversa la strut- tura della forma, ma anche lo spirito creativo. Si noti la brevita del tema: un guizzo che lampeggia in una profondita remota. £, ancora, una sensazione primordiale; appare imprecisa, indistinta, ed e ripresa come un’eco, piu debolmente, in tono piu grave, quasi che la fan- tasia abbia bisogno di risentirla prima di conseguirla interamente. Ma ora, e ben fissata e ben chiara; le crome e la corona danno la sensazione del neces- sario riposo dopo la conquista. II tema e ripreso con piu consistenza e ripetuto in progressione crescente. Non v’e altro sviluppo. L’incisivita drammatica stessa crea lo sviluppo mu- sicale. Quattro volte lo stesso motivo e stato ripe¬ tuto in modo diverso; eppure la chiara e completa esposizione del pensiero e evidentissima. LE SONATE PER PIANOFORTE 209 Una transizione un po’ irruente (non troppo presto} P subito che si plača e quasi si esaurisce nel breve passaggio delle crome, ci porta alla seconda idea dolce e malto legam La dolcezza di questa linea melodica e come la rivelazione inattesa d’un chiaro mondo sonoro. £ suggestiva per la pienezza armonica, ma e, so- prattutto, spiritualmente serena e pare che una luce nuova subentri alla passione primitiva. Anche qui v’e qualcosa che nasce rischiarando e che dischiude 1’orizzonte sonoro. Si noti 1’efhcacia delle modulazioni che, per quan- to semphcissime e quasi elementan, contnbuiscono a dare questa sensazione di ampia visione musicale. La linea melodica, ora piu vaga per il movimento delle terzine, ci appare sempre piu trasfigurata, e quasi si perde nel movimento ch essa stessa ha crea- to fino a spezzarsi nel nuovo ansimare dinamico che ci porta al finale. .... La Coda ha due momenti: il pnmo nasce dalla transizione gia notata. 210 BEETHOVEN II secondo e anello di congiunzione fra le due parti: respiro melodico su cui riposa la prima parte e d’onde nasce lo sviluppo. Due elementi contribuiscono alla creazione dello sviluppo. II primo e prešo dalla prima idea che qui procede per diminuzione e che ci porta, quasi an- simante, al largo respiro del movimento delle ter- zine; le quali, nate, come abbiamo visto, dallo spi- rito della seconda idea, hanno pero una caratte- ristica tutta propria pur riflettendo il mondo sonoro creato dalla seconda idea. La ripresa e preceduta da un pedale sonoro che da la sensazione d’una oscura sensibilita musicale ancor remota e profonda, in cui guizzano, come lam- pi forieri, gli elementi del primo tema. Man mano si forma come un processo di chiarificazione fino alla ripresa che appare come la realizzazione for- male della nebulosita sonora che la precede. II Casella commenta: « La pedalizzazione di que- sto passo potra forse parere arrischiata a certi orec- chi conservatori. lo čredo, pero, che nella fantasia di Beethoven, queste 14 battute di « dominante » appartenessero piuttosto all’ordine del rumore che a quello della mušica. Da una sonorita sorda, cao- tica, lontanissima, far sorgere progressivamente uno sprazzo di luce abbagliante: ecco, secondo me, il senso espressivo di questo brano, che potrebbe be- nissimo aver dato origine al titolo l’«Aurora». Il LE SONATE PER PIANOFORTE 211 CaseHa colpisce bene lo spirito animatore del brano; ma la pedalizzazione suggerita e azzardata, tranne nel caso in cui si possa disporre d’un pianoforte che lo consenta. Piu pratico, non venendo meno d’al- tra parte 1’effetto intuito dal Casella, e 1’impiego del pedale per ogni battuta. La ripresa si effettua con un dinamismo tutto bee- thoveniano. La terza parte di questo tempo non ri- pete meccanicamente la prima, ma ha un suo svi- luppo particolare che le da un’ampiezza ed un re- spiro mai notato neppure nelle precedenti sonate di Beethoven. Le due corone sul la 1? e sul si t> ed i movimenti nati dalle crome intercalate dalle pause portano un senso drammatico nuovo e prean- nunziano il largo sviluppo della ripresa. In real ta, sarebbe piu giusto considerare il finale come una quarta parte di questo tempo dove tutti gli elementi costruttivi riappaiono per una nuova elaborazione e dove e anzi quasi l’accenno di una nuova sensibihta ritmica. Certo v e un’ampiezza co- struttiva che non ubbidisce a canoni, e che solo abbandonandosi al giuoco della fantasia ci da, con proporzione stupenda, il piu ampio ed impensato sviluppo d’una mirabile costruzione sonora. £ inu- tile raccomandare alFesecutore la essenza spirituale di questo primo tempo che per il suo continuo •« di- venire » pub giustificare il titolo con cui tradizional- mente e chiamata questa sonata. Ma e anche vero che, in questo senso, le maggiori sonate di Beetho¬ ven avrebbero dintto tutte a questo nome. Per questa sonata Beethoven aveva scritto un An- dante in tempo 3/8 di ampio sviluppo ed in forma di Rondo variato. 11 Ries, che racconta cib, ci dice 212 BEETHOVEN che alcuni amici sconsigliarono Beethoven di pub- blicare questo Andante, quale seconda parte della sonata, dato l’ampio sviluppo degli altri due tempi. Beethoven, che in un primo momento accolse male il consiglio, 1’accettb in seguito e compose la Introduzione che e, in verita, gia parte delFultimo tempo; e VAndante fu poi pubblicato come An¬ dante Favorita dal « Bureau des Arts e de Indu¬ strie » nel maggio del 1806 come numero 35 della raccolta. L.' Introduzione — Adagio molto, e formata di po- che battute ricche d’una sensibilita emotiva forte- mente drammatica. Poco a poco 1’elemento creativo si risolve in una linea determinata che acquista tutto il carattere del Lied il quale, pero, e appena accen- nato e per nulla sviluppato. £, pub dirsi, 1’elemento ritmico introduttivo che si liricizza in una composta ed espressiva linea me- lodica. L’Introduzione pub dividersi in tre brevi parti, (a, b, a), piu una quarta che diremo di sviluppo e che procede dapprima drammaticamente, per poi cedere dinanzi alla presentita chiarita incomparabile del tema del Rondo. Il Rondo — Allegrett» moderato, e d’una freschez- za georgica. La semplicita primordiale della melo- dia, la tonalita stessa, la elementarita armonica su cui si sostiene — tonica dominante — ed ancora le parti mediane, veri ritornelli strumentali d’un canto agreste, contribuiscono a questo suo carattere di pura serenita georgica. I due ritornelli, l’uno in terzine di semicrome, 1’al- LE SONATE PER PIANOFORTE 213 tro in tono minore, e gli sviluppi cadenzali prima della ripresa della primiera tonalita maggiore {Ron¬ do) non riescono a togliere, pur con il loro inter- vento drammatico, il carattere di plastica serenita che anima tutto il Rondo. 11 Finale — Prestissimo vi porta come un senso di gioia sfrenata non piu contenuta; e ci rivela un ignorato mondo sonoro che consegue la sua espres- sione piu intensa nell’armonia luminosa creata dalla nuova ripetizione del tema che appare come trasfi- gurato dalfindefinibile sonorita del trillo. E questa la prima sonata di Beethoven che pre- senti qualche seria difficolta; per quanto la tecnica moderna abbia risolto ben altri problemi. Comunque molti chiosatori di questa sonata si sono preoccupati della difficolta di qualche passag- gio. Segnaliamone alcuni. Anzitutto, Beethoven stesso consigliava due modi di eseguire il seguente passaggio. 214 BEETHOVEN II Biilow suggerisce per 1’esecuzione delle due bat- tute che precedono il « Poco piu animato » i due se- guenti modi II Reinecke quest’altro II Riemann ha cambiato in tempo tagliato 1’ori- ginale tempo 2/4. Naturalmente, 1’espressivita ritmi- ca risulta diversa con questa notazione; ma sarebbe azzardato affermare che lo spirito della prima parte venga ad esserne menomato; anzi, quel non so che di irreale e di gioioso che e nella natura del Rondo acquista una maggiore snellezza espressiva. Ma cib va detto per la prima parte e, cioe, per il solo tema del Rondo; e evidente, invece, l’im- possibilita d’una tale valutazione ritmica alhentrata del movimento delle semicrome in terzina per il particolare determinato accento ritmico. SONATA - OP. 54 Opera 54 In tempo di mi- nuetto - Allegretto Questa sonata e una delle poche che non abbia una dediča; e catalogata dalla « Wiener Zeitung » come cinguantunesima sonata e piu volte 1’errore fu ripetuto (I). Fu composta intorno al 1805 e, forse, anche prima. II Riemann la vuole composta nel 1803-4. Fu pubblicata nel 1806 presso il « Bureau des Arts e de 1’Industrie ». £ una delle opere meno significative del Maestro, per guanto abbia una sua particolare grazia espres- siva. Non- ha ne lo spirito, ne la forma della so¬ nata. II primo tempo, benche segnato: In tempo di Mi- nuetto non ubbidisce a nessuna forma determinata. L’insistenza del tema, accenna al rondo; ma sa- rebbe difficile voler trovare in guesto tempo lo spi¬ rito ed il carattere del rondo. Piu interessante e il secondo tempo. E evidente la analogia ritmica, e gua e la del disegno, con 1’ultimo tempo della sonata op. 26; ma guesto del- l’op. 54 e musicalmente inferiore. Il De Lenz, nonostante 1’ammirazione enfatica per tutte le sonate di Beethoven, a guesta non sa trovare un’attenuante. Egli che, come e noto, divide le sonate di Bee¬ thoven in una prima, in una seconda ed in una terza (I) Vedi circa la catalogazione delfopera beethoveniana quan- to si e detto nelFop. 49. 218 BEETHOVEN maniera — črede di trovarvi lo stile della terza ma- niera per la indeterminatezza della forma e perche musicalmente non chiara: pero, egli nota, questa composizione ha della terza maniera solo i difetti! Ma, forse per giustificare la ragione d’essere di questa sonata, il De Lenz pensa che qui vi sia stato un pensiero non chiaramente manifestato e, per la sua soggettivita, non chiaramente intelligibile. Egli, infatti, nota: « Si pub applicare a lui, (a Beethoven) a buon diritto questo passaggio di Hand (Estetica della Musiča): Beethoven nei suoi ultimi anni, si ripiega su se stesso e lascia predominare dei motivi individuali che chi ricerca Voggettivo non saprebbe seguire ». Forse, e meglio pensare che questa sia un’opera di transizione, o piuttosto, ch’essa sia stata compo- sta in un momento di stanchezza. E facile notare, infatti, che le idee generatrici dei due tempi non sono in se molto interessanti, e che lo svolgimento di essi non presenta caratteristiche tali da raccoman- darli per una particolare disamina. II primo tempo e piuttosto slegato. Ad un primo disegno melodico di evidente carattere di danza, il quale si ripete in piccole strofe che accennano a brevi sviluppi, fa seguito un movimento di terzine ad ottave che, iniziatosi con procedimento imita- tivo, non conserva il castigato carattere canonico, ma si svolge piuttosto liberamente senza mai con- seguire, pero, un momento di vero interesse musi- cale. E lo stesso puo dirsi dell’ultima parte dove, pur negli sviluppi piu significativi del tema, non v’e mai un’espressione musicale veramente notevole. Il secondo tempo si raccomanda, invece, per la briosita e per la purezza classica del disegno ritmi- co. Questo tempo rivela lo studio delle sonate cla- vicembalistiche o, per lo meno, denota quanto le LE SONATE PER PIANOFORTE 219 abbia assimilate Beethoven il quale, a volte, si ab- bandona quasi ad una rielaborazione spirituale dei disegni ritmici che gia furono espressione delParte dei Buranello, dei Paradisi, dei Rutini, ecc. II carattere di questo tempo e quello dello Studio di cui ha 1’insistenza tematica; ma non gli si pub negare un suo valore artistico evidente, oltre che nella elaborazione ritmica del movimento iniziale delle semicrome, nella struttura classicamente ser- rata del tempo, ed ancora, in alcuni momenti in cui 1’essenza puramente ritmica — che e quella che informa di se il tempo — manifesta un suo conte- nuto musicale e, qua e la, drammatico. SONATA - OP. 57 dedicata al conte Francesco von Brunsvvick Opera 57 Allegro assai - An- dante con moto - Al¬ legro ma non troppo Due superbe composizioni precedono numerica- mente 1’op. 57: la 3 a Sinfonia op. 55, dedicata al principe Lobkowitz, e il Grande Concerto in do min. per pianoforte, violino e violoncello con ac- compagnamento d’orchestra op. 56 dedicato anche esso al principe Lobkowitz. L’op. 57 e fra le piu belle di Beethoven, e, per quanto un po’ logorata dalle infinite esecuzioni, con- serva ancora intatta la sua stupenda vitalita emo- tiva. Fu pubblicata nel 1807 come « LIV e Sonate com- posee pour le Pianoforte» dal « Bureau des Arts et de 1’Industrie ». II Ries la vuole composta a Dobling fin dal 1804. Egli scrive: «A una passeggiata a Dobling ci perdemmo; si ritornb a časa dopo le otto di sera; lungo tutto il cammino Beethoven susurrava o in parte con voce piu forte prendeva note ascendenti e discendenti senza motivi determinati. Alla mia do- manda, che cosa fosse, rispose: « Mi e venuto in mente il motivo deli’Allegro della mia ultima so¬ nata ». Entrato in časa non si tolse nemmeno il cap- pello e si precipitb al piano. lo mi sedetti in un angolo in silenzio ed egli tosto mi dimenticb. Tem- pestb per un’ora sulla bellissima ultima parte della sonata. Finalmente alzatosi e stupito di vedermi an- 224 BEETHOVEN cora, disse: « Oggi non le posso dare lezione. Devo lavorare ancora ». Lo Schindler, invece, la vuole composta nel 1806 in un breve soggiorno presso i conti di Brunswick. Ma il Nottebohm nel 1880 ha trovato alcuni ab- bozzi della sonata in un libro di appunti del 1803. La sonata e dedicata al conte Francesco von Brunswick, fratello di Teresa:((1’immortale amata«. Abbiamo visto (1) come dagli studi piu recenti del Tayer, delja La Mara (Maria Lipsius) e dello Storck appaia in tutta la sua grandezza 1’amore di Beethoven per Teresa di Brunswick. Pare, anzi, che nel 1806 Beethoven si fidanzasse con la Brunswick, consenziente il fratello di lei. Ma la loro amicizia e la profonda stima di Teresa per il Maestro, erano di piu vecchia data. Gia fino dal 1803 la fanciulla aveva donato al Maestro un suo ritratto con questa dediča: « Al raro genio, al grande artista, aH’uomo buono ». Si notino queste tre espressioni: Beethoven, dun- que, riassumeva in se, per la Brunswick, tutte le piii alte qualita del cervello e del cuore. Non e sol- tanto aH’uomo di genio, ma alfartista ed all’uomo buono, nel piu nobile senso della parola, ch’ella fa omaggio della propria effige: questa valutazione da anche la giusta misura delle qualita stesse della Brunswick atte ad intendere il profondo, immenso e non sempre chiaro spirito di Beethoven. Le lettere « alFimmortale amata » (2) sono forse il commento migliore alla sonata op. 57. Comunque, noi diamo un valore relativo all influenza dell’amore sulla concezione beethoveniana. Il genio di Beetho¬ ven non ha nessun carattere estemporaneo; e, di (1) Op. 27, N. 2. (2) (6 luglio di mattina - 6 luglio sera - 7 luglio). LE SONATE PER PIANOFORTE 225 sua natura, meditativo ed analitico. La sua compo- sizione non e mai di getto; pur intuita immediata- mente dalla straordinaria sua sensibilita, e elaborata lentamente e tormentosamente fino alla realizzazio- ne finale, la quale conserva a volte, della prima intuizione, solo 1’idea musicale o lo schema ritmico generatore. Beethoven e ricco di sensibilita interiore, ed il mondo gli appare non nella sua realta contingente, ma attraverso la luce vivida della sua sensibilita, e cioe, diverso dalla sua materialistka apparenza. Ma, a bene osservare, egli non si cura neppure di capire cib che sia il mondo; lo foggia o črede di piegarlo volta a volta al suo sentire, e non si accorge che lo divide da esso un abisso. Onde il continuo dissidio quando egli e costretto alle rela- zioni sociali. La realta lo turba ogni volta, e le visibili con- traddizioni del vivere sociale lo rendono diffidente, irritabile, apparentemente quasi cattivo. Un tale uomo d’eccezione quando e solo con il suo io, in- finitamente lontano dal mondo che lo circonda e di cui soltanto la sua persona mortale e prigioniera, non pub essere turbato da nessun ricordo di natura umana, ne il suo spirito vagante in un mondo tra- scendentale pub ricevere da altri un impulso piu grande di creazione. L’amore e stato sempre una sua creazione. Le persone, cui fu rivolto, non contano; egli fu, come dice il Wegeler, sempre innamorato, ma, quando 1’amore doveva concretarsi e sottostare alle leggi sociali, esso si e sempre spezzato. Ne crediamo vi sia da dare una priorita all’una anzi che alLaltra delle amate: tutte sono immor- tali, poi che immortale e lui: Beethoven. Teresa di Brunswick fu, quasi certamente, la piu degna ; ma 8. 226 BEETHOVEN nemmeno ella e riuscita a vincere la barriera ideale che separava 1’« Amore » di Beethoven appena esso scendeva per realizzarsi umanamente. II titolč di « Appassionata » ali’op. 57 non fu dato da Beemoven, ma dalFeditore Cranz di Amburgo. £ inutile accennare ai vari significati che gli stu- diosi hanno dato a questa sonata. Certo, il suo ca- rattere di « Poema » e evidente, per quanto appaia chiaro che essa non commenta nessuna particolare trama, ma e espressione purissima d’uno stato da¬ nimo. Della sua fremente drammaticita fu cosciente lo stesso Beethoven che, a quanto racconta lo Schin¬ dler, ebbe a dire per 1’intimo significato di questa sonata: « Leggete la « Tempesta » di Shakespeare ». Se vero, cib conferma non solo 1’affinita spirituale di Beethoven con i sommi pensatori dell’umanita, ma dimostra anche come egli si ispirasse alle loro letture, oltre che alla divina contemplazione della natura, e lumeggia quel che abbiamo detto su le re- lazioni ideali fra la sua sensibilita creativa ed un mondo trascendentale alieno da ogni perturbazione di indole contingente. Nella sonata op. 57, troviamo per la prima volta la soppressione del « ritornello di primo tempo » (1). La mancanza della replica della prima parte che riscontreremo nelle opere successive, (90, 101, 109, 110), dimostra come Beethoven sentisse sempre pih la sonata libera da ogni vecchia e non sempre lo- gica tradizione, e ne accettasse solo lo spirito in- (1) ... « fino dal 1748 si componevano sonate delle quali persino gli Allegri ed i Presto erano in una parte sola senza ritornelli. Le componevano, naturalmente, due italiani. Ma questa soppres¬ sione di ritornelli passa, nei soliti Manuali, per ardimento affatto moderno >. (Tor ref ranča : La Creazione della sonata drammaiica moderna rivendicata all’Italia). LE SONATE PER PIANOFORTE 227 formatore di « idee da sviluppare »; e, cioe, di crea- zione non solo spirituale, ma anche formale. Invero, rispetto alla forma, piu che « novita » e meglio dire « evoluzione »; evoluzione che ha aperto non propriamente la via d’una nuova forma di so¬ nata, ma certo nuove vie; e, cioe, quelle che mo- vendo dalle classiche della sonata, attraverso il suc- cessivo poema sinfonico di Liszt e di Berlioz, sono sboccate nel Poema sinfonico moderno, essenzial- mente drammatico trascendentale e ricco, alla sua volta, di ripercussioni in ogni campo musicale, non escluso — attraverso soprattutto 1’opera di Wagner — quello teatrale. Non qui interessa accennare al valore di questa influenza sinfonica drammatico-trascendentale (nata almeno in parte, come si e detto dal trascendenta- lismo spirituale ed aformale beethoveniano) nel cam¬ po teatrale, alla sua importanza ed alla sua con- sistenza, non che alla sua reale opportunita. Solo s’e voluto rilevarla come fatto storico inne- gabile: per quanto 1’espressivita drammatica nel tea- tro possa vantare origini di gran lunga piu remote ed ugualmente nobili. L’« Appassionata » shnizia con il tema per dop- pia ottava senza armonie. Gia altra volta Beethoven s’e servito di questo procedimento ad unisono, riu- scendo sempre a realizzare una espressivita dram¬ matica indefinita. Questo e 1’esempio piu significa- tivo; 1’effetto e mirabile e la sensazione d’un arcano mistero rivelato e piena ed efficacissima. i- 5- 228 BEETHOVEN Egli v’insiste con vibrazione piu alta, crescente. Un nuovo elemento drammatico interviene e par che spezzi un’unita forse non ancora perfettamente con- seguita. (espr.) Insiste, cede, poi tutto crolla precipitando La ripresa e spasmodica; ma subito dopo e an¬ cora il secondo elemento (in terzine di crome) che interviene con fisonomia questa volta diversa. V’e — sul pedale di mi i? — un continuo tormento di rivelare una inesprimibile musicalita intuita, ma non chiaramente percepita: brevi modulazioni pare ten- tino le corde piu. sensibili per sentirne le possibilita espressive. Alla fine, cede poco a poco profondan- do. E da una profondita inscrutabile šale il canto nuovo, gia preannunziato fin dalFinizio, ma che solo ora acquista il suo immenso respiro LE SONATE PER PIANOFORTE 229 Pare smarrirsi, e dopo un incerto vagare, preci- pita quasi sommergendosi nelFirruenza d’una pas- sionalita stupendamente drammatica. Abbiamo accennato a cinque momenti tipicamen- te drammatici che sono 1’essenza primordiale di que- sto primo tempo. £ evidente che il quarto — cioe la seconda idea nella valutazione tecnica — non e altro che la trasfigurazione lirica del primo tema. Non sfuggira nemmeno come 1’elemento terzo abbia la stessa struttura ritmica e, quel ch’e piu impor- tante, la stessa veemenza drammatica delFultimo elemento di cui e, forse, Finconscio generatore. L’e- lemento secondo e, fra tutti gli altri, quello che esprime una perplessita drammatica e, come essenza ritmica, ha valore di legamento. Crediamo inutile insistere sulla valutazione tecni¬ ca di questa prima parte di tempo di sonata. £ im- possibile considerarla classicamente formata di due temi contrapposti, e considerare il resto o come parte finale o come coda. £ voler costringere la struttura tecnica di questa prima parte ad adattarsi a formole non pensate ne sentite nelFatto della sua creazione. E cio e tanto vero che Beethoven rinunzib al ritornello di primo tempo. Dal passaggio — per enarmonia — dalla tonalita di la min., su cui cadenza la coda finale della prima parte, a quella di mi magg. ha inizio lo svi- SONATA - OP. 78 dedicata alla contessa Teresa von Brunsvvick Opera 78 Adagio cantabile - Al- legro ma non troppo Ailegro vivace Dopo T« Appassionata », per tre anni Beethoven non scrive piu sonate per pianoforte. Egli forse sen- tiva che con l’op. 57 aveva chiuso un ciclo storico della sonata e che, prima di iniziarne un altro, il suo spirito doveva tentare di realizzare un’attivita diversa da quella delle creazioni pianistiche. La sua produzione, nel periodo che va dal 1806 al 1809, e intensissima. Le opere create in questi anni sono ventuna, e quasi tutte d’importanza capitale. Con l’op. 78, dopo tanto geniale vagare nei molti campi delTespressione strumentale, Beethoven ri- torna al pianoforte, lo strumento preferito, e vi ri- torna con la composizione d’una sonata dolce, quasi idilliaca, non di grandi proporzioni ma ricca, soprat- tutto, di valore soggettivo; soggettivita che spiega il perche di questo giudizio dello stesso Beethoven: « Si parla sempre della sonata in do jj min. Ma io ho scritto, in verita, qualcosa di meglio. V’e la so¬ nata in fa magg., che e ben altra cosa ». La sonata op. 78 e dedicata, infatti, a Teresa di Brunswick. Abbiamo gia detto di questo grande amore di Beethoven, ed e inutile qui ripeterci (I). Diremo solo che la Brunswick, per 1’intelligenza e Tanimo fu, forse, la piu degna fra le donne amate (1) Vedi sonata precedente. 236 BEETHOVEN da Beethoven, e tutta la sua vita fu esempio lumi- noso di alte virtu. I Brunswick erano nobilissimi: si vuole che de- rivassero dal duca Enrico di Braunschweig (En- rico Cuor di Leone 1139-1195). Ad ogni modo, una grande tradizione di nobilta era in questa famiglia che, magiara d’origine, aveva ricevuto nel 1775 la corona comitale dall’imperatrice Maria Teresa la quale fu madrina di Teresa nata appunto in quel- I’anno. Per le continue vicende politiche la ricchezza dei Brunswick era di molto diminuita: la loro esistenza trascorreva, quindi, in una modesta agiatezza. Beethoven li conobbe nel 1799; frequentb dappri- ma la loro časa come insegnante di pianoforte, poi come amico, soprattutto di Franz (fratello di Teresa) cui dedicb 1’« Appassionata» e che amb sempre come fratello. Di Beethoven, Teresa scrive nelle sue memorie: « Egli veniva ogni giorno e restava quat- tro o cinque ore... Allora fu stretta con lui quella profonda, cordiale amicizia che durb fino alla fine della sua vita. Venne a Ofen, a Marton-Vasar, fu legato alla nostra repubblica sociale di persone elet- te. Avevamo formate un circolo sotto alte e mae- stose piante di tiglio; ogni albero portava il nome di uno di noi, cosi che nell’assenza di uno parla- vamo con 1’immagine che lo rappresentava ». La Brunswich dedicb tutta la sua vita, specialmen- te dopo la morte di Beethoven, al bene dell’uma- nita e, soprattutto, dei bambini. 11 Pestalozzi, che fu suo amico e consigliere, cosi le seriveva nel mag- gio 1809: «... Brunsvvick, oh Brunswick, dall’anima eletta ! 11 tuo cuore aspira al bene. Batte soltanto per la patria e per 1’umanita)). II 1° giugno 1828 Teresa apriva, ad Ofen, il primo LE SONATE PER PIANOFORTE 237 asilo infantile con 40 bambini, e lo chiamb il « Giar- dino degli Angeli ». Mori a Pest il 23 settembre 1861, quando la sna opera aveva ottenuto i piu larghi consensi e la sua persona le piu grandi attestazioni di stima. Chiesta in isposa nel 1814 da un ricco barone, rifiutb: « una antica passione, ella scrive, mi aveva consumato il cuore ». L’op. 78 che da vita, pub dirsi a tutto il tempo. Un altro elemento ritmico va notato nell'/l dagio introduttivo 252 BEETHOVEN Esso, oltre a contenere embrionalmente il ritmo con cui s’inizia VAllegro, ha valore ciclico perche e adoperato come espres- sione ritmica nel secondo tempo Andante espressivo (Die Abwesenheit). L’unita organica di concezione non solo tecnica, ma spirituale, e evidente. II momento doloroso del distacco vive profondamente nostalgico durante l’as- senza. La sonata ha quindi davvero una visione poe- mica ed ha, percib, un vero valore programmatico. Questo, artisticamente, non e nuovo, e da Vivaldi a Clementi il poema musicale a programma e stato realizzato piu volte; se non assolutamente con i cri- teri che piu tardi dovevano informare le composi- zioni di Liszt e Berlioz, certo con sensibilita non inferiore. Tecnicamente questa sonata, ed in ispecie il primo tempo, e molto interessante, per quanto abbia ri- spetto alle ultime sonate un valore di transizione. Certo, qui v’e una concezione assolutamente libera che segue e da un valore grandemente espressivo all’elemento ritmico, come abbiamo gia accennato. UAdagio ha una spiccata, angosciosa tendenza a pervenire ad un’altezza di espressivita da cui, volta a volta, ricade quasi vinto. Nelle ultime quat- tro battute ricorda per l’ansia non contenuta, piu che il ritmo, lo stesso momento cadenzale ed espressivo deli ’Introduzione della «Patetica». LE SONATE PER PIANOFORTE 253 L’Allegro, come s’e visto, nasce ritmicamente al- 1’inizio dal secondo elementa deli 'Introduzione; ma subito si espande in un nuovo disegno melodicp. lutto il tempo e d’una originale ed espressiva bel- lezza; non ha sempre la potenza dinamica beetho- veniana, ma ha la particolare linea del maestro, ed una sua originalita che la differenzia da ogni altra sonata, anche di Beethoven, II tema deli’« addio » ne e l’anima piu o meno evidente. Appare chiarissimo, nella 34 a battuta, creando una musicalita d’intensa espressione e di sentita melodia. Ma gia e adombrato nel tema stesso deWAllegro e, per moto contrario, nella I8 a e nella 20 a battuta. Cio ha grande importanza per la ese- cuzione. Questo tempo acquista un particolare valore nello sviluppo, d’una semplicita e d’una espressivita dav- vero beethoveniana. L’unita del disegno melodico delle semibrevi, ap- parentemente rotta dal ritmo quasi tragico delle cro- me — elemento generatore del tempo — e eviden- tissima ed e come creazione musicale, nella sua semplicita, una delle piu belle di Beethoven. Dopo la ripetizione voluta, nella terza parte si ini- zia ancora una nuova ripresa che e da considerare come una vera quarta parte in cui alcuni disegni dello sviluppo (le semibrevi) acquistano un nuovo e intenso significato, risolvendosi nel finale creato tutto sul tema deli’« Addio ». Crediamo inutile accennare agli urti armonici dis- sonanti degli accordi di tonica e di dominante nei disegni del tema; e evidente il loro valore dram- maticamente espressivo. Una tale arditezza ha avuto, naturalmente, cri- tiche tutt’altro che favorevoli. Lo stesso De Lenz, pur cercando di spiegarne il significato, non 1 ac- 254 BEETHOVEN cetta: « E un effetto strano, penoso per 1’orecchio. Si ha un bel rimediare con gli artifici del tocco e lell’accento. L’orchestra sola potrebbe, con la di- visione delle parti e la diversita dei timbri, fare trionfare cib che l’idea di Beethoven ha di poetico e la sua espressione di bizzarro ». II Fetiš commenta che questa « non e piu mušica ». UAndante espressivo Die Abwesenheit (L’Ab- sence) e formato, come s’e detto, ritmicamente, da un elemente delFA dagio introduttivo. Questo tempo e l’espressione d’uno stato d’animo e, piu che ub- bidire ad una particolare forma, insiste, quasi senza svilupparli, su i due temi generatori su cui s’indugia con profonda ed accorata insistenza. Le prime dodici battute ripetono, con quasi ana¬ loga movenza melodica, 1’elemento ritmico che ab- biamo visto nelVAdagio deiVIntroduzione e che rap- presenta il « dolore per 1’assenza n. Nella ripetizione in do min. (quarta battuta), questo elemento acquista una maggiore e piu determinata intensita, ed e con il movimento melodico delle biserome che lo stato d’animo che l’ha creato pare riesca a placarsi. La melodia che segue, per un non so che di tristezza che l’anima, rende con mirabile evidenza lo scora- mento di chi non potendo resistere al dolore vi si abbandona. Qui infatti, non v’e piu urto drammatico, ma solo abbadono lirico; e il canto esprime esso stesso, con 1’intensita del dolore che non sa piu ribellarsi, il conforto del pianto. Questi due momenti spirituali — dolorosa espressione il primo dello stato d’animo delFattesa; nostalgia, stanchezza e prostrazione il secondo — informano, alternandosi, tutto 1’ Andante espressivo che e come spezzato subitamerite dall’e- mozione gioiosa del « Ritorno ». LE SONATE PER PIANOFORTE 255 L’ultimo tempo Das Wiedersehen (Le Retour) — veramente, il rivedersi — e d’una vivacita briosa. Si inizia su 1’accordo di settima di dominante che si svolge in arpeggi ascendenti i quali danno perfet- tamente la sensazione d’un immediato contento. E quanta dolcezza e fresca ingenuita espressiva nel chiaro movimento melodico delle terzine di cro- me! Tutto il tempo, pero, ha una frammentarieta di idee che pub essere spiegata dalle emozioni di- verse che, colpiscono Tanimo al ritorno dopo un periodo di lontananza. Cosi hanno un carattere particolare le sestine di semicrome, il bellissimo disegno melodico in mi — seconda idea di questo tempo che ha anch’esso carattere di sonata — e le semiminime intercalate di pause. Si noti, inoltre, il grazioso e scherzando, ed an- cor piu la fresca linea melodica del molto dolce e la fusione armonica che ne deriva. Il Poco Andante che precede le battute finali (vi- vacissimo) riprendendo il movimento delle terzine di crome, in un desiderio quasi di continuare senza fine lo stato d’animo della gioia, contribuisce chia- ramente a dare carattere di poema a questa sonata. SONATA - OP. 90 dedicata al Conte Maurizio Lichnowsky Opera 90 Con vivacita, ma sempre con sentimento ed espressione Non tanto mosso e molto cantabiie Questa sonata e dedicata al Conte Maurizio Lichnowsky cui Beethoven aveva gia dedicato le Variazioni per pianoforte op. 35 composte nel 1804. Della amicizia dei Lichnowsky per Beethoven ab- biamo gia difFusamente detto a proposito della so¬ nata op. 13. La dediča di questa sonata composta in un tempo in cui il Conte Maurizio era riuscito finalmente a sposare la cantante Muller dopo lunghe lotte soste- nute con la famiglia, ha fatto nascere una delle tante storielle di cui furono molto spesso prodighi coloro che vissero accanto al Maestro. Lo Schindler racconta che lo stesso Beethoven’ spiegb al conte il significato della sonata. Essa sa- rebbe, secondo lo Schindler, il romanzo sentimen- tale del Conte Maurizio in mušica: Conflitto jra la testa ed il cuore, il primo tempo; ConVersazione con 1’amata, il secondo. Crediamo inutile seguire lo Schindler poi che non e nello spirito beethoveniano realizzare musicalmen- te un fatto che non sia per sua natura universale o trascendentale. L’op. 90, composta nel 1814, fu pubblicata nel gennaio del 1815 presso Steiner a Vienna. Da circa cinque anni Beethoven non componeva sonate per pianoforte. BEETHOVEN Z6U La ragione piu probabile e, forse, ch’egli sentiva una sua particolare forma di sonata che non riu- sciva ancora a realizzare. Dopo 1’« Appassionata », e cioe dal 1807, egli non ha scritto per pianoforte che l’op. 78 che e in se relativamente una piccola composizione di valore soprattutto soggettivo, la so- natina op. 79, probabilmente rifacimento di un’opera giovanile, e la sonata op. 81 che ha piu carattere di poema che di sonata, ed in cui 1’insofferenza di una forma prestabilita e evidente. Ed anche la sonata op. 90, pur condotta attra- verso le note forme, (senza ritornello), ha una sua particolare espressione lirica che la differenzia dalle sonate del passato. Pur nella sua innegabile bellezza, si sente 1’opera di transizione, si sen te che Beethoven tende a un soggettivismo che non e ristretta visione di sensibilita musicale, ma nuova interpretazione — e solo in questo senso soggettiva — del suo stesso mondo musicale. Anche senza il racconto dello Schindler, e inne¬ gabile il contrasto delle idee del primo tempo. La chiarezza serena delLintroduzione che assurge quasi ad espressivita idilliaca nella me- lodia di transizione LE SONATE PER PIANOFORTE 261 contrasta visibilmente con il singhiozzo drammatico della seconda idea che si sviluppa nella seguente frase appassionata e che si drammatizza ancora piu nella ripetizione. A parte il dualismo accennato, quello che colpi- sce in questo primo tempo, e un non so che di ele- giaco che informa di se, pure attraverso alcuni ac- centi drammatici che danno la sensazione del con- trasto, tutta 1’esposizione della prima parte; ed e anche notevole il desiderio di ascesa evidente nel procedere progressivo dell’elemento tematico. La soave melodia di transizione e come un riposo dolcissimo che plača e quasi assorbe, profondan- dolo, questo desiderio d’ascesa; ma dopo il punto coronato, un grido di richiamo esprime ancora que- sta necessita spirituale di conquista; e, dal contra- sto dei due registri sonori, si determina chiaramente la natura drammatica di questo tempo che con un crescendo d’ansia — vittorie di ascese e cadute im- provvise — ci porta allo spasimo ritmico della se- conda idea la quale prorompe, con passione non piu contenuta, nella frase ricca di senso melodico e drammatico pur nella elementarita e quasi nell’im- mobilita degli intervalli adoperati. La melodia e, pud dirsi, tecnicamente non espressa; ma si mani- 262 BEETHOVEN festa larga e compiuta nella sua semplicita, quasi che gli intervalli delle ottave che la comprendono facciano sentire tutti i loro suoni. Si noti anche il pathos che nasce dall’insistere con ritmo, e quasi con suono diverso, sull’idea melo- dica la quale alla fine cede estenuata sugli accordi che ricreano 1’ambiente spiritnale della prima idea, il cui intervento qui conferma il dualismo dramma- tico di questo tempo. Nello sviluppo, altamente interessante, questo dualismo e sempre presente; ma e evidente 1’espres- sivita della continua linea melodica, anche la dove — come nel movimento delle semicrome — avrebbe potuto prendere un carattere virtuosistico. Lo sviluppo ormai, in Beethoven, non e piu rie- laborazione tematica delle idee principali, come e sempre stato nelle sonate degli autori che lo hanno preceduto; ma continuazione ideale, cioe ripresa discorsiva della persona drammatica che svolge in un ambiente sonoro nuovo le possibilita espressive della sua entita musicale-drammatica. Per questo, Beethoven ha sentito quasi sempre, ormai, la neces- sita di rinunziare al « da capo » che nella concezione della sua sonata sarebbe stato un errore estetico: la ripetizione inconcludente che avrebbe spezzato il logico procedere della creazione. A conferma di quanto s’e detto, si noti 1’inizio dello sviluppo di questo primo tempo e tutta la logica serrata dello svolgimento delle idee musicali che, pur forti d’una loro entita musicale, realizzano una sempre diversa realta drammatica. In questo sviluppo ogni idea ge- neratrice ha una sua parola nuova da dire: la prima idea informa di se tutta la prima parte, ma e dram- matizzata dallo spirito della seconda idea; la tran- sizione contrasta, ricca di aspetti nuovi, con il mo¬ vimento delle semicrome entro cui pare prigioniero LE SONATE PER PIANOFORTE 263 e vi si dibatte 1’accento drammatico che espresse il tormento della « frase appassionata ». Nel Finale colpisce il senso del riposo. Pare che dopo tanto an- simare subentri ima dolce serenita in cui l’anima finalmente ha pace. Nel secondo tempo il carattere lirico della so¬ nata si accentua e, per quanto sia svolto in forma di Rondd, ed in certo modo anche di sonata, il suo carattere melodico di romanza e evidente. La melodia e larga, semplice e chiara: si direbbe un’anticipazione dello stile di Mendelssohn. Questo tempo e un riposo dello spirito di Bee¬ thoven cosi potentemente drammatico, un indugiarsi dolcemente e lungamente: poi che non e breve, in- fatti, questa composizione la quale insiste con visi- bile piacere sul tema di rondo. 11 nuovo disegno della frase in si magg., a cui le terzine del basso danno una nota ritmica piu vi- brante, pare debba creare un contrasto drammatico; ma e solo un momento che si perde subito nella ripresa del movimento di Rondo con cui ritorna la dolce nota lirica che informa di se tutto il tempo, sia presentandosi integralmente nel disegno melo¬ dico del tema di Rondo, sia nel breve modo minore o nei tentati diversivi ritmici e nella frase di con¬ trasto. Abbiamo gia notato, nella sonata che precede, l’uso della lingua tedesca per le indicazioni delle sue esigenze espressive. Beethoven non solo vi insiste, ma vi da un par- ticolare significato di dignita nazionale. Riguardo agli effetti pratici di questa sua inno- vazione egli stesso nelle ultime composizioni, con il ritomo alle indicazioni espressive italiane, ne ri- conosce implicitamente la inutilita. SONATA - OP. 101 dedicata alla baronessa Dorothea Ertmann Opera 101 Allegretto, ma non troppo - Vi- vace alla marcia - Adagio, ma non troppo, con affetto - Allegro Con la sonata in la magg. s’inizia la cosidetta terza maniera dello stile di Beethoven. Ripetiamo: non e di nostro gosto la catalogazione della produ- zione del genio, anche perche crediamo sia impos- sibile dividere nettamente l’opera sua in tante ca- selle diverse. Di Beethoven si potrebbe piuttosto os- servare ch’egli in ogni sonata ha portato 1’impronta della sua natura non aggiogabile a nessun sistema, che la sua evoluzione e lenta, ma continua e visi- bile non solo nella sostanza ma anche nella forma. Gia abbiamo notato le sue conquiste di ricchezza e di emancipazione fatte lentamente nella forma e, ancor piu, nello spirito e nella espressivita della so¬ nata. Erede diretto di Haydn, di Mozart e di Cle- menti, poco a poco egli se ne allontana con una evoluzione che e frutto di pensiero e di superamenti, portando una maggiore e piu intensa vibrazione drammatica quasi sconosciuta ad Haydn; ed una piu consistente, piu umana potenza espressiva, un piu. ampio respiro che, se sono qualche volta in Mo¬ zart, in Clementi e, — naturalmente con criteri di relativita — nel Buranello, nel Paradisi, nel Platti ed in qualche altro, solo in Beethoven trovano le vie nuove per una reale e potentissima espressione umanamente drammatica. 268 BEETHOVEN La cosidetta terza maniera non e, quindi, un fatto nuovo; ma solo una nuova quota conseguita nel- 1’ardua ascesa. Qui la visione panoramica prende aspetti diversi per il piu. largo orizzonte. Le piccole vie, oramai, non sono piu visibili per 1’altezza con¬ seguita; il mondo sonoro beethoveniano infinitamen- te vasto abbraccia lontananze assolutamente impen- sate e canta con accenti drammatici cbe hanno l’am- piezza di suono e la purezza di linguaggio neces- sarie ad esprimere 1’infinito, puro e mirabile mondo cbe gli si rivela. Naturalmente, un tale processo ascensionale di evoluzione ed ancor piu il conseguente linguaggio espressivo non fu piu inteso dai musicisti cbe ada- giavano il loro spirito sulle conquiste del passato, ignari delle tempeste cbe pure avevano colpito co- loro cbe quelle conquiste avevano realizzato. Non e meraviglia, quindi, se il Fetiš commenta qualche ar- ditezza beethoveniana con visibile irritazione: « ma questa non e piu mušica », e se molti musicisti per dare nome ad alcune conquiste di Beethoven cata- logano le sue opere in tre sezioni diverse. Peccato, pero, cbe l’una nasca cosi dalLaltra e 1’anticipi e la ricordi e cbe per quanta indagine microscopica si voglia fare, non sia possibile trovare il punto per una netta divisione! E noi ci rinunziamo facendo nostro quanto dice il D’Indy: « Queste innovazioni lungi dal rompere le tradizioni della sonata, come hanno preteso alcuni storici poco»informati, hanno, al contrario, conso- lidato le basi logiche ed eterne di questa forma ap- portandovi tali elementi di progresso cbe queste ope¬ re ammirevoli sono divenUte il punto di partenza di tutta la nostra mušica sinfonica moderna ». Ma non pub negarsi cbe queste ultime sonate, gli ultimi Quartetti, la Sinfonia con cori accentuino, ed LE SONATE PER PIANOFORTE 269 a volte, sforzino alcuni procedimenti ed alcune espressivita beethoveniane. Formalmente essi con- servano solo lo spirito e, diremmo, il modo di ela- borazione dell arte del passato, ma rare volte ub- bidiscono a preconcetti d’indole formale. La loro forma aderisce allo spirito ed ha tutta 1’elasticita del pensiero rivelatore. Sarebbe pero leggerezza credere che qui vi sia un libero arbitrio che proceda incon- sciamente a seconda dei bisogni: v’e una sagace ed elaborata costruzione formale che, se a volte ha qualche ampiezza di linee nori perfettamente con- tenuta, deve cib allo sforzo stesso della conquista. Ancora piii evidente e 1’espressivita drammatica. La sonata ha raggiunto il suo essenziale significato di idea drammatica che vive e che esprime i diversi momenti del suo divenire. I varii ritmi di danza della vecchia Suite, sono stati trasfigurati idealmente dall unica idea genera- trice della sonata, che, crmai, si serve di essi non piii per un’espressione superficiale di danza, ma per la manifestazione stesSa dell’intimo dramma umano e, ancora piii, per la rivelazione sensitiva dell’in- scrutabile vita della natura e dello spirito. Se questo va detto per la forma e per lo spirito creativo, v’e da fare ancora una considerazione di indole tecnica che riguarda 1’importanza contrap- puntistica delle ultime sonate; la quale, se vigile sempre nella mušica beethoveniana, non ha mai as- sunto, nelle composizioni precedenti Lop. 101, un significato considerevole. La sensibilita polifonica e quasi sempre costante nelle ultime sonate, ed e cosi avvertita dallo stesso Beethoven da costringerlo, per una piu vasta e com- plessa espressione, ali impiego della forma contrap- puntistica piii alta e piu tipica: la fuga. La quale, come vedremo, non e sentita e adoperata come for- 270 BEETHOVEN ma darte chiusa compiuta in se e di valore asso- lutamente musicale, ma come il mezzo piii idoneo alla manifestazione d’un mondo trascendentale-po- lifonico che si serve liberamente di tutte le conqui- ste della tecnica per rivelarsi. La sonata in la magg. op. 101, composta nel 1815-16, fu pubblicata nel febbraio del 1817 presso Steiner a Vienna, con il titolo di Sonate fiir das Hammer-Klavier. Abbiamo gia accennato alla vo- lonta di Beethoven di servirsi della lingua tedesca per le espressioni di colorito musicale, tradizional- mente italiane. Fu una vera crisi spirituale di pan- germanesimo, lodevole, del resto, in questo gran- dissimo figlio del popolo tedesco, e restano sempre come documento di alto interesse le lettere che a questo proposito scrisse all’editore. L’op. 101 e dedicata alla baronessa Dorotea Grau- mann, sposa al generale von Ertmann (I), e che Bee¬ thoven chiamava « Cecilia » per le sue rare qualita pianistiche che la fecero particolarmente čara al Maestro di cui fu ottima interprete. L’op. 101 fu creata da Beethoven in un periodo doloroso della sua vita. Nel novembre del 1815 gli mori il fratello Carlo (Gaspare Antonio) che lo la- scid tutore delFunico figlio Carlo. Sono noti i do- lori che gli diede questo nipote, le lotte che dove sostenere per educarlo, i processi con la madre di lui. Ed a questo proposito e da notare che, se le intenzioni di Beethoven erano sempre ottime, non furono sempre tali i mezzi che egli adoperb. Ad ogni modo, da questo tempo comincia per Beetho¬ ven un periodo di intense preoccupazioni familiari; (1) Beethoven accompagno la sonata 101 con una affettuosa let- tera. (Lettera a Dorotea von Ertmann, 23 febbraio 1817). LE SONATE PER PIANOFORTE 271 periodo che culminb nel luglio del 1826 col tentato suicidio del nipote, non ultima causa, forse, della immatura morte di Beethoven. II De Lenz trova nell’Allegro dell’op. 101 « una prova delhimportanza delFespressione strumentale nella mušica. Pub non essere un Allegro di sonata, ma non puo non piacere ». Del resto commenta: « Qual altro nome dare ad una composizione di piu parti, subordinate ad una unita di idee che e precisamente la sonata ? ». E riporta la definizione che 1’Hand fa della so¬ nata nell’« Estetica della Musiča » : « La sonata b la rappresentazione strumentata di parecchie situa- zioni delfanima unite fra loro naturalmente e che possono essere considerate come lo sviluppo d’un sentimente fondamentale ». Crediamo anche noi che nessun dubbio possa es- servi sulla entita di sonata deli’op. 101. Natural¬ mente, essa va intesa, come gia s’e detto, in un senso, se non propriamente nuovo, alquanto diverso, sia per aleune particolarita formali e di sviluppo, sia per il carattere stesso della concezione; la quale presenta, accanto ad un romanticismo che anticipa 10 Schumann, un serrato e quasi maschio procedi- mento classico che rivela gia il particolare stile ed 11 senso di costruzione della futura opera brahm- siana. Il tema della sonata op. 101 ha, nella sua sem- plicita, uno spiccato carattere modernamente ro- mantico. Si svolge per sei battute, per riprendersi subito in una ininterrotta linea melodica. Non e facilmente dimostrabile la seconda idea di questa sonata. BEETHOVEN 272 II Riemann considera il seguente passo melodico come seconda idea II Nagel quest’altro Ma un inconfondibile carattere di discorso melo- dico conclusivo ed assolutamente aderente a tutta la linea melodica precedente, presenta il disegno proposto dal Riemann. Si osservi, infatti, che lo stesso disegno e gia ner- bo lineare nelle battute precedenti; e giustamente il Biilow nota che un medesimo criterio esecutivo deve animare il disegno ogni volta che esso si pre- senti. Esso, quindi, non e nuovo, ne acquista nella espo- sizione di « a solo recitativo » una fisonomia diversa da contrapporre a tutta la linea melodica del primo tempo, ed ancora meno ha, nello sviluppo, un suo particolare significato. Riguardo, poi, alla voluta seconda idea del Nagel, e evidente il suo carattere cadenzale. Questo tempo e da considerare, in vero, come una espressione singolare che ubbidisce, pero, ad una disciplina formale, strettamente aderente a quella della sonata di cui e, anzi, una logica ed evoluta derivazione. Pub dirsi certamente che ne rispetti i capisaldi: prima parte, dove, pero, le due idee sono cosi connaturate che e impossibile scinderle; svi¬ luppo, assolutamente alieno da qualsiasi virtuosismo di vieto formalismo, e che raggiunge, come s’e gia LE SONATE PER PIANOFORTE 273 detto, il suo significato ideale di svolgimento non solo tematico, ma di sensibilita espressiva musicale ; terza parte finale che riprende lo spirito della prima, ma che conserva la sua indipendenza, e che shnizia e finisce dando la sensazione d’un ulteriore sviluppo e non quello accademico di ripetizione. Questo primo tempo e d’una vaghezza veramente espressiva, ed il suo carattere e assolutamente mo¬ derno. Abbiamo accennato ad una anticipazione quasi schumaniana; ed infatti, all’inizio dello svi¬ luppo, una sensibilita romantica, ricca di misteriose ed indefinibili risonanze armoniche, ed ancor piu rivelatrice di quella vaga indeterminatezza che tra- scendendo ogni barriera formale si esprime lirica- mente, — mai forse prima rivelatasi neppure in Beethoven, e che piu tardi šara il mondo dello Schu¬ mann — trasfonde nella linea formale tematica una fisonomia nuovissima di sviluppo di natura essen- zialmente lirico romantica che consegue, alla fine, una mirabile espressione Il secondo tempo e un Vivace alla Marcia. V’e realmente un non so che di guerriero ed eroico ritmo vibrante di questo tempo? ntmo che ne e l’anima e che, nelFinsistenza continua, non solo 274 BEETHOVEN non riesce a stancare, ma consegue anzi la parti- colare vibrazione che forma il carattere tipico del tempo. La genialita dello sviluppo ritmico e evi- dente, in ispecie se si nota che esso raggiunge, a volte, un carattere quasi lirico, pur con procedimenti diremmo scolastici, quale 1’imitazione o il canone. Ma lo spirito contrappuntistico di questo tempo appare con maggiore evidenza in questo passaggio in cui il carattere « fugato» e evidente, e dove il giuoco delle parti ha appunto uno spiccato carat¬ tere contrappuntistico. Segue il Trio che s’inizia come uno squillo di tromba e che ha, pur nella sua dolcezza melodica iniziale, carattere guerriero. Anch’esso procede con mezzi contrappuntistici, soprattutto canonici, che dimostrano come ormai il pensiero musicale di Bee¬ thoven esprima anche pianisticamente un complesso mondo di suoni; suoni che si muovono contrappo- nedosi ed armonizzandosi ad un tempo. £ interessante riportare il giudizio del De Lenz su questo secondo tempo, poich’e evidente come il significato e la bellezza costruttiva di esso sia del tutto sfuggita, oltre che a molti contemporanei, an- LE SONATE PER PIANOFORTE 275 che agli stessi studiosi ed appassionati beethove- niani della successiva generazione. Dice, dunque, il De Lenz: « V’e troppa ricerca scolastica per lasciar pošto alle idee; e, percib, esse difettano. Noi non gustiamo questo pezzo, e non abbiamo incon- trato ancora nessuno che 1’abbia gustato ». Segue VAdagio ma non troppo, con affetto. II carattere soggettivo della mušica di Beethoven e ora evidente anche nella cur. che il Maestro mette nello specificare come debba essere l’esecuzione. Qui, v’e un desiderio di esprimere un intimo, soave, indefi- nibile pensiero musicale, realizzato stupendamente. Anche qui appare chiaro il carattere sinfonico. Si noti 1’ascesa sonora delle armonie della quinta bat- tuta, e la 7* e l’8 a battuta di spiccato carattere sin¬ fonico. 11 tema acquista nello sviluppo, nelle vibrazioni sonore che si rispondono per ottava, una romantica indeterminatezza che pare s’indugi in un mondo di suoni captivo ed un po’ statico e che finalmente riesce come a scomporsi ed a cedere nelle tre pro- gressioni. Una cadenza (non presto) ci riporta al tema me- lodico del primo tempo, il cui richiamo, del resto non nuovo in Beethoven, fa pensare alla concezione organica e di natura poemica della sonata. L.’Allegro, ci avverte Beethoven, deve essere ese- guito, piu che «molto presto«, con energia (mit Entschlossenheit): aggiungeremo, a tratti, quasi con rudezza. Il suo carattere e assolutamente vibrante anche come senso ritmico. La natura del tema ed il procedimento presentano subito il carattere se¬ vera contrappuntistico, che conseguira tutta la sua magnificenza nella Fuga. £ la prima volta che troviamo in un tempo di 276 BEETHOVEN sonata di Beethoven, la fuga adoperata non come fine a se stessa, ma come elaborazione tematica per conseguire la massima espressione del tema. II procedimento e senza precedenti e dimostra come il Maestro abbia superato, ormai, ogni limitazione che divida nettamente una forma espressiva dal- l’altra. Per lui ogni mezzo pub essere necessario ai fini del suo pensiero; cosi che, per la piu completa rea- lizzazione di esso, egli s’induce a servirsi d’una forma d’arte che dall’uso aveva acquistato una fiso- nomia tipica ed un significato limitato ad una par- ticolare espressione. Particolarmente al carattere ed allo sviluppo di questo tempo, alla Marcia, come a parte delhope- ra 106, pensavamo quando abbiamo accennato alla anticipazione dello stile di Brahms. Ed, infatti, cre- diamo che la complessa opera brahmsiana, a volte anche pesante, avrebbe avuto un altra espressione ed un altro significato se non fosse stata preceduta da questa formidabile ultima manifestazione del ge- nio di Beethoven. Si pensi alla elaborazione delle Sinfonie di Brahms, e sopra tutto, per le opere pia- nistiche, alle Variazioni sul tema di Handel. Nella fuga di quest’ultima v’e il senso del trascendentale realizzato spiritualmente e tecnicamente gia da Bee¬ thoven; come pure lo stesso uguale senso di gra- nitica costruzione, senza che peraltro Brahms sia riuscito a nuove conquiste, se se ne tolga, come logico, il minore sforzo di realizzazione e forse, ma non sempre, la piu aderente proporzione. Neir.4/Zegro dell’ultimo tempo delFop. 101 tro- viamo, come abbiamo detto, adoperata per la prima volta la forma della fuga impiegata come sviluppo stesso del tempo, il quale ha, alla sua volta, forma di primo tempo di sonata. LE SONATE PER PIANOFORTE 277 Questo e un esempio mirabile delle possibilita di sviluppo che pub conseguire un breve tema di per se poco importante, e che non ha altra caratteri- stica se non quella ritmica, neppur essa forse molto peregrina. Dopo una prima divagazione ritmica, una transi- zione melodica presentata con criteri contrappunti- stici interrompe brevemente il ritmo generatore che ritorna subito dopo per svilupparsi, con carattere melodico, fino all entrata della seconda idea. S’ini- zia questa, ad una sola voce, ed e chiara la sua semplice linea melodica che si svolge brevemente, sempre accompagnata con criteri contrappuntistici, fino alla ripresa del ritmo tematico che con diversa espressione chiude la prima parte. 11 carattere contrappuntistico, gia notevole in al- tre composizioni precedenti, ha qui una indubita- bile applicazione e prepara con logico rigore stili- stico la Fuga che forma lo sviluppo del tempo, e che s’inizia dopo poche battute di « quasi preludio cadenzale» e dopo il ritmo generatore del tema presentato ad unisono e fortissimo alla maniera ca- ratteristica beethoveniana. 11 tema della Fuga, tranne che per la natura degli intervalli, e uguale al primo tema ed e conchiuso da due nuovi disegni ritmici che procedono con lo stesso criterio di progressione discendente che carat- terizza il tema della « fuga » ed anche del « tempo ». Uentrata delle quattro parti ci mostra gia un cri¬ terio di assoluta liberta espositiva che, osservando lo spirito contrappuntistico della fuga, non ne ri- tiene necessaria la dogmatica realizzazione esposi¬ tiva. I temi delle parti sono presentati rispettivamen- te in la min., do magg., re min., la min. Dopo un primo «divertimento», nato dall’ele- mento conclusivo del tema e altemato da elementi 278 BEETHOVEN del tema stesso e del controsoggetto, e ripresentato il tema in rivolto. Molti sono gli episodi che si suc- cedono ora, quasi con andamento melodico. Essi acquistano un carattere piu drammatico dalla ri- presa delle progressioni tematiche e, proprio, dalla sessantesima battuta dove il tema, benche adom- brato, acquista una sua espressivita piu viva e, man mano sempre piu grandiosa fino alla stretta finale in cui gli episodi riappaiono con veemenza dram- matica. Un arpeggiato ci porta alla « ripresa ». La ripresa non presenta particolarita notevoli. Piu interessante e la Coda per il nuovo colore che acquista 1’elemento tematico, qui presentato con soave dolcezza melo- dica che, spezzata per un momento, riprende su- bito nel ricordo spirituale della fuga per farci ri- sentire la gia notata transizione melodica, non ri- petuta nella « ripresa » e qui un poco ampliata. La dolcezza di questa Coda trova un suo nuovo respiro melodico nel movimento « a pedale» delle semi- crome su cui il tema, che pare abbia ancora un :anto da esprimere, s’indugia prima di cedere. Chiude la sonata l’accordo di la magg. subitamen- te ed impetuosamente in rivolto. SONATA - OP. 106 dedicata all’Arciduca Rodolfo Opera 106 Allegro - Scherzo - Adagio e sostenuto - Allegro risoluto La sonata op. 106. come l’op. 81-a, e dedicata al- 1’arciduca Rodolfo verso cui erano vivissimi l’affetto e la gratitudine di Beethoven. Fu composta nel 1818 e fu pubblicata nel settembre del 1819 presso Ar- taria, a Vienna. La vita di Beethoven in questo tempo non e tra le piu liete: procede tra l’irritazione, pub dirsi gior- naliera, che i fastidi domestici gli procurano ed i dolori piu intimi di tutta una esistenza travagliata, aggravati dal tormentoso pensiero della educazione del nipote. Pure il suo genio, assorto in miraggi grandiosi, maturava nuove creazioni. Ormai, egli concepiva con grandiosita di linee tutti i suoi lavori, e si direbbe che la sua sensibilita rimanesse solo colpita da visioni d’arte che trascen- dessero ogni normale proporzione. II suo spirito va- gava in un mondo assolutamente ideale e, quasi, non piu umano; ed e appunto degno di nota que- sto superamento di ogni contingente relativita nelle composizioni deli ultimo periodo. Dagli appunti del 1818 per una decima sinfonia appare chiaro come ormai Beethoven non senta piu, artisticamente, le piccole gioie o i piccoli dolori della umanita; e come egli tenda interamente verso Finfinito mondo dello spirito che, assorbendolo, lo rende sempre piu alieno da ogni considerazione pra- tica anche nel realizzare il suo pensiero. 282 BEETHOVEN Si noti la grandiosita dello schema di struttura della decima sinfonia, non realizzata per 1’immatura morte del Maestro (1). In sintesi, e gia tracciata tutta la sinfonia umana della gioia e forse anche del dolore ch’egli sente oramai nella sua grandiosita collettiva e, diremmo, della specie, e non piu individualizzato in un solo essere. Si noti anche che Beethoven sente la «fuga» come la piu alta manifestazione del pensiero. Ma e bene aggiungere che la « fuga » in Beethoven non ha il valore, in certo modo quasi tradizionale della « fuga » di Bach, cioe non e abitudine espressiva di un dato periodo storico; ma ha valore spirituale di sincronismo di voci che, intervenendo per contrap- porre il loro diverso carattere particolare, realizzano sinfonicamente una complessa visione sonora sca- turita da una viva emozione nata, alla sua volta, dalla contemplazione di tutta la gioia e di tutto il dolore delLumanita. La sonata op. 106 realizza al massimo grado la aspirazione di Beethoven di creare un’opera gran- diosa. Essa e, infatti, la sonata « colossale » di Bee¬ thoven; benche vi sia da notare, subito che egli perviene a questa grandiosita di costruzione ser- vendosi di pochi e brevi elementi tematici. Puo dirsi che tutto il primo tempo sia nato dall’elemento ritmi- co del tema. (I) «Inni sacri con le antiche melodie: Te Deam laudamus, Alleluja. Come preludio, oppure come pezzo stacoato, una fuga. LE SONATE PER PIANOFORTE 283 Anche la stessa prima transizione melodica na- sce, come struttura ritmica, dal tema. Cosi pure la seconda idea Lo sviluppo, vera elaborazione tematica con ca- rattere di fugato, e essenzialmente formate dal ritmo Perche, qui, il lavoro tematico ubbidisce ad una intima necessita espressiva dello spirito che, serven- dosi di questo mezzo, crea il suo mondo musicale. Questo forse il carattere di tutta la Decima sinfonia. Nelfultimo tempo, o forse gia nell'Adagio, introduzione delle voci umane. Neli' ultimo tempo il numero dei violini che s' usa in orche- stra, ecc., va decuplicato. Oppure si ripeta in certo modo nell'ul- timo tempo 1'Adagio, inserendovi poco a poco le voci umane. NelTAdagio il mito greco, cantique ecclesiastique nelTAllegro la festa di Bacco». Appunti di Beethoven per una decima sinfonia. (Autunno 1818). 284 BEETHOVEN L’analisi tecnica di questa sonata e d’interesse veramente eccezionale, poi che essa consegue con i semplici mezzi accennati, un massimo di compiu- tezza musicale. Quanto s’e gia detto nella sonata precedente, accennando alla cosiddetta terza manie- ra beethoveniana, trova qui la sua piu vera e com- piuta realizzazione, almeno come sistema costrut- tivo. Ma anche artisticamente, per la potenza della vita tematica e per alcuni episodi di natura mirabilmente melodica questo primo tempo e fra i piu belli, oltre che fra i piu grandiosi di Beethoven. Pure, molti studiosi non hanno sentito la bellezza di questa sonata. II De Lenz ad esempio dice: « Questa sonata non e la piu bella; e soltanto, rispetto alle sonate, cio che la sinfonia coi cori e rispetto alle sinfonie. Ma delF/ll/egro dice giustamente: «Questo Allegro, il piu mirabile degli Allegri di sonata, non sarebbe stato inteso se non fosse stato preparato dalle altre sonate, le piu considerevoli (op. 22; op. 27, n. 2; op. 31, n. 2; op. 57; op. 53) delle quali sono come delle terrazze che questo co- losso domina ». II carattere sinfonico del 1° tempo e evidente, e soprattutto e evidente la sua natura quartettistica. £, necessario tener presente questo carattere nella esecuzione deli’op. 106, non facile, piu che tečni- LE SONATE PER PIANOFORTE 285 camente, per la realizzazione della grande linea costruttiva; alla chiarezza della quale contribuisce appunto la giusta messa in valore di ogni episodio, di ogni particolare. La natura quartettistica e gia evidente fin dal pri- mo movimento melodico dopo il tema iniziale degli accordi; e se nella transizione e nelle divagazioni tematiche che seguono perde un po’ questo carat- tere, lo riacquista subito dopo 1’entrata della seconda idea, per lasciarlo soltanto raramente. Poi che non solo lo sviluppo, ma tutta la ripresa ubbidisce ad un concetto di realizzazione tematica « a quattro ». L’analisi del primo tempo delLop. 106 e partico- larmente interessante, oltre che per il valore artisti- co, per 1’elementarita del tema cui abbiamo gia ac- cennato e che si sviluppa in episodi mirabili per in- venzione e bellezza espressiva. Pub dirsi che il tempo proceda fra episodi legati dalla continuita logica del pensiero e che, generali l’uno dalLaltro, sono perfettamente compiuti in se. Dopo gli accordi tematici introduttivi, si inizia il primo episodio di evidente carattere quartettistico. Esso si svolge fino al fraseggiare progressivo che ci porta, anziche alla seconda idea, alla ripetizione del tema da cui nasce un nuovo episodio essenzial- mente vivace e contrapposto al primo che si esau- risce alLentrata della seconda idea. Anche la seconda idea presenta, aderendo per¬ fettamente allo spirito del tempo, un evidente ca¬ rattere tematico ricco di possibilita di sviluppo. Ma appare chiara la derivazione ritmica del primo tema, per cui forse e meglio ritenere questo tempo come un continuo ed inventivo « divenire » d’un pensiero generatore, anziche formato da due elementi gene¬ rator! dissimili o contrapposti. Una nuova transizione, sempre con carattere epi- 286 BEETHOVEN sodico, subentra alla seconda idea che, interrotta dal ritmo tipico del tempo, ci porta alla soave espres- sione lirica di natura fantastica e trascendentale. Ogni limitazione della forma e interamente abolita; poi che questa che dovrebbe essere, tutto al piu, una prima coda cadenzale contrapposta alla seconda se- guente (ff), e una vera terza idea, anzi, e forse la vera nuova idea musicale cosi diversa e pure cosi aderente allo spirito trascendentale di questo tempo il quale riesce finalmente a conseguire, dopo tanto tormento drammatico, una sua meravigliosa nota lirica. Beethoven ha sentito la necessita del ritornello. Lo ha costretto a cib la concezione stessa del primo tempo, quasi che prima d’iniziare lo sviluppo fosse meglio insistere ancora sulla base dell’edifizio che si accingeva a creare ? L’idea architettonica nasce qui spontanea: e una vera costruzione ideale di suoni ricca di disegni mi- rabili e di sviluppi che, aderendo perfettamente l’uno alFaltro, riescono a rivelare chiaramente, pur in un mondo cosi vasto, 1’origine comune della par- ticolare loro fisonomia; fisonomia che non distrugge, pero, 1’unita organica di questo tempo. Inutile fare notare che la ripresa non ha valore di ripetizione; ma di ricreazione infinitamente piu ricca della struttura della prima parte, con un finale aggiunto affatto indipendente dove pare, anzi, che si plachi ed un po’ si estingua tutta la grandiosa visione che ha creato il primo tempo deli’op. 106. Segue lo Scherzo che, pero, nella prima edizione inglese figura come terzo tempo. Anche qui lo svi¬ luppo ritmico e anima del tempo. £ necessario dare alla esecuzione una vivacita quasi nervosa, ma ben determinata affinche il ritmo risulti chiaro e, nello stesso tempo, non monotono. LE SONATE PER PIANOFORTE 287 Lo Scherzo e assolutamente beethoveniano ed e semplicissimo nella costruzione. 11 Trio conserva una semplicita statica. Una breve frase e ripetuta, anche in rivolto, alternandosi fra le due mani. Ne il Presto, che precede la ripresa, presenta diversita formali notevoli. Ha, invece, quel- la esuberanza espressiva per cui lo stesso pensiero del Trio e riuscito ad acquistare una fisonomia ritmi- ca e lineare diversa. L'Adagio, appassionato e con molto sentimenta, e la composizione per pianoforte di Beethoven piu granitica e grandiosa. L’affinita spirituale con la « Nona Sinfonia » e evi- dente; cosi pure il suo carattere strumentale. Ed, invero, se questo Adagio facesse parte d’un lavoro orchestrale potrebbe oggi vantare una popolarita di gran lunga maggiore. L’Adagio, e stato gia detto, ha qualcosa di « bi- blico »; ma il senso religioso di questo poema tra- scende ogni concezione singola religiosa e le ab- braccia tutte in una sintesi, diremmo, universale. L’ampiezza del respiro melodico e senza prece- denti, non per la sua continuita, forse, ma per la vastita e profondita del respiro stesso: espressione completa d’uno spirito che ha superato tutte le bar- riere del passato e che risplende della luce di un mondo sonoro prima mai neppure intuito. Non e nella profondita dell’espressione dramma- tica che consiste la nuova grandezza di Beethoven. Anzitutto, v’erano State in passato — dovute ai gran- di cinquecentisti e secentisti italiani — opere dove lo spirito drammatico, con i mezzi del tempo, (e cioe canori) aveva conseguito un’altezza di espressio¬ ne non superata neppure dallo stesso Beethoven. Ma 268 BEETHOVEN e in questa immensa visione sonora complessa e qua- si non sempre percepibile in una prima disamina, che il suo spirito si erge con una nuova e diversa potenza; e nell’espressione d’una sensibilita sinfo- nica dove non piu, — come nei capolavori del pas- sato — ogni voce, pur fondendosi in un tutto ar- monico, ha una sua particolare parte da rilevare: ma dove il sinfonismo ha esso solo valore essen- ziale, e la sintesi sonora si manifesta in una unita inscindibile di realizzazione, in cui ogni priorita di parte e annullata. La sinfonia stessa e ormai espressione di canto, poi che essa ha realizzato il suo ideale significato di voci sincrone che ne formano una sola: il canto del gigante. Ed e in questo senso che va accettato 1’aggettivo di « gigante » dato a questo Adagio. Il Ries ci racconta che la battuta d’inizio del- 1’ Adagio fu aggiunta da Beethoven pochi giomi pri¬ ma della pubblicazione della sonata. Forse egli senti che questa sua gigantesca composizione doveva, prima d’iniziare il suo canto, quasi preparare un indefinito ambiente sonoro; di qui, 1’aggiunta delle due note. L’ Adagio e scritto in forma di sonata, sentita at- traverso una concezione vastissima e con sensibilita nuova. La sonata ha prestato solo lo schema for- male di struttura che Beethoven ha rivestito con ric- chezza di fantasia. La seconda idea LE SONATE PER PIANOFORTE 298 porta uno spirito di serenita contemplativa al vago ma tormentoso procedere del discorso melodico pre- cedente, dove alcune modulazioni alcuni disegni ritmici e la stessa complessita sonora incombono con una potenza espressiva, a volte, quasi insostenibile. Ma anche la ripresa, oltre lo sviluppo, presenta un’impronta parlicolare dovuta al senso della « va- riazione » che acquista, nello spirito di Beethoven, non piu il significato di omamento sonoro, ma di entita espressiva. E di cio, saranno esempio mirabile il Finale della sonata op. 109 e VArietta della sonata op. III. La Fuga a tre voci, con alcune licenze e preče- duta dal Largo, interrotto da vari andamenti. £ evi- dente il carattere aformale di questo « preludio alla fuga » che pare quasi un’improvvisazione fantastica. Notevole e, nel Largo, la soppressione della sbarra di divisione fra battuta e battuta; una delle tante prove dell’insofferenza del Maestro per ogni limi- tazione e indice, anch’essa, del desiderio di supe- ramento che lo animava. La Fuga a tre voci, con alcune licenze pub rite- nersi come la maggiore espressione della possibilita contrappuntistica di Beethoven. £ inutile ripetere, qui, quanto s’e detto sulla « fuga » beethoveniana, che non va intesa con criteri scolastici ma che, d’al- 10. SONATA - OP. 109 dedicata a Massimiliana Brentano Opera 109 Vivace, ma non troppo - Prestissirno Andante molto cantabile ed espressivo La sonata op. 109 fu composta nel 1820 e pub- blicata nel 1821 presso Schlesinger a Berlino. Fu dedicata alla piccola Massimiliana Brentano, « alla sua Kleinen Freundin», figlia del senatore Franz Brentano (« con 1’arciduca Rodolfo, uno dei due uo- mini piu nobili del mondo ») e della signora Anto¬ nia, nata Birkenstok, ritenuta una delle donne piu intellettuali del tempo. Fu appunto presso Melchiorre Birkenstok, (padre di Antonia), il praeceptor Austriae, che Beethoven conobbe nel 1810 Bettina, sposa poi del conte Ar- nim. £ nota 1’amicizia di Beethoven per Bettina e come questa gliela ricambiasse entusiasticamente. La famiglia Brentano ebbe per Beethoven una cal- da amicizia, e, qualche volta, intervenne anche eco- nomicamente in suo aiuto. La signora Antonia, ot- tantasettenne, nel 1867 parlava di lui al biografe Nohl con vivissima emozione. Ma anche Beethoven era profondamente legato ai Brentano. £ una prova di questo attaccamento la lettera che accompagnava 1’invio della sonata alla piccola Massimiliana « Una dediča! Ah! non e di quelle di cui si abusa! V’e uno spirito inaccessibile alle ingiurie del tempo, che avvicina su questa terra gli esseri migliori e piu no¬ bili, e Lui che Le parla in questo momento e La mostra a me con il Suo aspetto infantile, insieme ai Suoi genitori, a Sua madre cosi eletta, a Suo padre cosi nobile e buono, sempre attento alla fe- 296 BEETHOVEN ličita dei Suoi... lo La vedo dinanzi a me: pensando alle eminenti virtu dei Suoi genitori, non dubito cb’Ella cerchera di imitare con entusiasmo modelli cosi perfetti, e sono sicuro che si avvicina a Loro ogni giorno piu. Giammai potra svanire in me il ricordo d’una nobile amica; possa anche Lei pen- sare qualche volta a me con affetto! Addio! Che il cielo protegga Lei e tutti i Suoi! Con affetto e sem- pre. Suo amico Beethoven ». La sonata in mi magg. op. 109 differisce dalle precedenti per la forma; anzi, la sua forma e stata quella che ha colpito maggiormente gli studiosi e non sempre in modo favorevole. Seri ve il De Lenz a proposito del primo tempo: « L molto se questo primo pezzo con i due Adagi pub passare per un preambolo di una improvvisazione». £ difficile stabilire, seguendo lo schema della forma di sonata, quale possa essere la seconda idea in questo prir~o tempo. Le ipotesi sono State mol- tissime, ma nessuna soddisfacente, forse perche, in realta, non v’e una vera seconda idea, almeno nel significato tecnico che si suole dare a questa espres- sione. Il Reineke considera VAdagio espressivo come seconda idea: il Nagel con il Von Biilow ed altri, considera invece questo tempo come una libera fantasia. Il Rieman propone il seguente passo Ma, a parte le altre osservazioni, e evidente che questo disegno melodico non rappresenta un’idea LE SONATE PER PIANOFORTE 297 nuova da potersi contrapporre al primo tema; ne e, piuttosto, uno svolgimento. Dobbiamo anche qui osservare quanto gia si e detto altra volta. Non pub negarsi che anche in questo tempo la forma di sonata sia lo schema ideale seguito da Beethoven: un primo tema, un contra- sto, sviluppo, ripresa; ma non e men vero che ognuna di queste parti, in ispecie il contrasto della seconda idea che spiritualmente e dovuto piu che ad altro alVAdagio espressivo, sia 1’espressione di uno stato d’animo che non piega alle volute limi- tazioni formah. Aggiungiamo ancora ch’e ugualmente innegabile il carattere di Fantasia, per l’indipendenza da qual- siasi giogo schematico, e per il modo stesso di pro- cedere assolutamente personale. Si noti il modo, diremmo arbitrario, con cui e spezzata la prima idea ed ha inizio 1’Adagio espressivo. Anche in questo caso ci troviamo, quindi, dinanzi ad una Sonata quasi fantasia, che il genio di Beethoven ha scritto seguendo 1’impulso creativo del suo spirito. Il contrasto drammatico nasce, in questo tempo, dal diverso carattere espressivo del Vivace ma non troppo e deH’A dagio. Alla semplicita elementare del primo, chiaro an¬ che nelfessenza ritmica e che ricoida 1’ingenua fre- schezza del lied, V A dagio contrappone una profonda ed appassionata sensibilita drammatica che pare dis- solversi subitamente vinta dahe armonie ondeggianti degli arpeggi. Benche la forma della sonata sia, come s’e detto, lo schema di tutto il tempo, essa non e mai visibile, e tutto il tempo acquista la sua fisonomia particolare solo da questo contrasto dram¬ matico che si rinnova — non si ripete — nell’ultima parte; onde appare evidente il carattere di Fantasia. 298 BEETHOVEN Segue un Prestissimo vivace ed impetuoso di ca- rattere chiaramente beethoveniano. Di ugnale interesse sono il tema propriamente detto ed il basso, che acquista grande importanza per l’elaborazione contrappuntistica potentemente suggestiva in tutto il finale della prima parte. Anche il Prestissimo ha, schematicamente, il carattere di primo tempo di sonata. Chiude la sonata VAndante molto cantabile ed espressivo: una melodia in due periodi di otto bat- tute. £ d’una chiarezza lirica assolutamente lineare e semplicissima che acquistera, nelle sei variazioni, molteplici caratteri espressivi. S’e gia accennato alla variazione beethoveniana; s’e detto ch’essa non ha piu alcun carattere orna- mentale, ma esprime un suo contenuto ideale e formale che conserva del tema solo l’anima gene- ratrice (I). In queste brevi variazioni, ed ancora piu in quelle dell’op. 111, Beethoven raggiunge una intensita espressiva potentissima e crea un genere nuovo di composizione. L’arte dello svolgimento di un’idea attraverso una sensibilita spirituale e ritmica diversa, ha qui una realizzazione forse mai prima neppure intuita. £, in fondo, una derivazione dell’arte dello svolgimento tematico, e non della variazione pro¬ priamente detta. E forse in cio consiste la differenza essenziale fra le variazioni prebeethoveniane e quelle postbeethoveniane; delle quali ultime il piu grande artefice fu certo il Brahms, e che ebbero, poi, im- pensate e strane derivazioni, non sempre ugualmen- te interessanti, in alcuni nostri contemporanei. (1) Vedi sonata Op. 57. LE SONATE PER PIANOFORTE 299 Questa « variazione spirituale » del tema, scevra di qualsiasi ornamentalita esteriore, e facilmente avvertibile fin dalla prima variazione, dove 1’ele- mento tematico, spiritualmente lo stesso, ha una fi- sonomia lirica assolutamente propria. Nelle altre, e la vita ritmica ed alcune volte l’am- biente armonico — si noti, nella seconda, 1’audacia geniale della modulazione prima della ripresa della tonalita di mi magg. — che costituiscono l’anima nuova musicale; la quale a volte consegue, come nella quarta variazione, una bellezza di espressione incomparabile o, come nell’ultima, una linea inde- finita di sensibilita trascendentale. II tempo si chiude con la ripresa del tema che pare plachi, con la semplicita serena della melodia generatrice, il vagare anelante del pensiero. SONATA - OP. 110 Opera 110 Moderato cantabile, molto espressivo - Allegro molto Adagio ma non troppo - Fuga La sonata op. 110 e senza dediča. E una delle pochissime opere di Beethoven che non sia stata dedicata a qualcuno. Non crediamo che vi sia stata una ragione parti- colare, ed ancor meno, ch’egli abbia voluta de.di- carla a se stesso come e stato detto da qualcuno. La sonata fu composta nel 1820-21 e dail’originale si rileva che fu « finita il giorno di Natale 1821 ». Fu pubblicata nell’Agosto del 1822, a Berlino e a Parigi presso Maurizio Schlesinger, ed a Vienna presso Steiner. £ una delle cinque sonate della cosidetta terza maniera, per il significato della quale ci richiamiamo a quanto abbiamo detto precedentemente (I). Il Riemann considera le prime quattro battute come introduzione; ma, per quanto abbiano un ca- rattere diverso dallo stupendo disegno melodico che segue, non e possibile considerarle come una sem- plice introduzione, per la loro importanza temalico- ritmica che si manifesta come anima creatrice di tutto lo sviluppo, e cioe, della sonata stessa. Il Riemann ritiene come seconda idea il seguente passaggio (1) Vedi Op. 101 e 106. 304 BEETHOVEN Ma pensiamo che sia piu logico considerare opale seconda idea il disegno Meglio, pero, anzi che limitare ad un solo mo¬ mente musicale l’inizio d’una seconda idea, — che non sempre nasce chiaramente ad un tratto in alcune opere del Maestro, ma proviene piuttosto da un nuovo processo evolutivo, per analogie tematiche o ritmiche — meglio ritenere, con il D’Indy, come se¬ conda idea tutto 1’intero nuovo periodo musicale di cui la prima parte e semplice progressione, la se¬ conda parte e affermazione della tonalita, ed e con- clusione quella che alla disamina tecnica abbiamo detto seconda idea. 11 primo tempo dell’op. 110 non presenta tecnica- mente particolarita degne di nota: v’e abolita la replica e la linea costruttiva prosegue con ritorni spi- rituali, anzi che con vere e proprie ripetizioni. Ha piuttosto uno spiccato carattere melodico, non solo nel largo fraseggiare del tema e del suo sviluppo cantabile, ma anche nel movimento transitivo delle biscrome, in tutto il disegno che abbiamo accettato per seconda idea, nel breve sviluppo e in tutta la ripresa in cui questa sensibilita lirica e sempre piu manifesta. La potenza espressiva di questo primo tempo non ha bisogno di aggettivi. Bene ha detto il Comba- rieu : « A un mondo superiore del sentimento e del pensiero appartiene la sonata in la p magg., ope¬ ra .110». LE SONATE PER PIANOFORTE 305 Questo primo tempo e degno della insuperabile bellezza di tutta la sonata, che e ima delle piu mi- rabili espressioni del genio di Beethoven. Qui, la linea e d’una chiarezza adamantina e non v'e neppure lontanamente la sensazione dello sforzo del « divenire » che, qua e la, e evidente nell’o- pera 106. Pare che questa grandiosa composizione sia sgorgata naturalmente, come un divino fiume di suoni, dallo spirito di Beethoven. Ed e stato certo cosi, almeno in parte, se si pensa che la composi¬ zione delle opere i09, 110, lil, va dal 1820 al 13 gennaio 1822. Segue VAllegro molto che ha tutto il carattere dello Scherzo. E vibrante, ed ha una spiccatissima linea tutta beethoveniana. E diviso, naturalmente, in A. B. A. contrastando, fra loro, lo Scherzo pro- priamente detto ed il Trio. Notevole il silenzio « bee- thoveniano» (1) prima della cadenza finale dello Scherzo, e 1’ansimare del basso in contrattempo nel Trio. Dopo la breve Coda, che e un vero trapasso di sensazioni musicali, s’inizia senza interruzione, quasi nato dalle vibrazioni delhaccordo prolungato sensi- bilmente dalle ascendenti armonie arpeggiate, l’Ada- gio, ma non troppo; una delle pagine sublimi di Beethoven. Qui ci troviamo dinanzi ad un monumento di bel¬ lezza imperitura; ogni commento sarebbe una pro- fanazione. Non e piu una linea melodica o una (1) Per »silenzio beethoveniano » non intendiamo qui l'uso delle pause non nuove come espressione nella mušica e gia ado- perate da molti musicisti italiani e tedeschi; ma quel senso in- definito di silenzio sonoro, dove pare che l’idea trovi una conti- nuita musicale inesprimibile con suoni. 306 BEETHOVEN sensibilita armonica peregrina che riesce a colpire il nostro spirito vinto da commozione intensissiiha; v’e tutta una spiritualita di suoni realizzata che ri- vela la drammaticita latente dell’intera umanita. E quanta semplicita espressiva! A volte canta una sola voce La sua esecuzione presenta notevoli difficolta di interpretazione; poi che non e facile realizzare tutta la tragica bellezza del « Recitativo ». II Casella suggerisce: « Conferire — per quanto sia possibile — a questo recitativo, il carattere vero e proprio di una voce umana. Pensare all’esordio del baritono nel finale della « Nona Sinfonia«. Ri- cordare quanto fosse nobile ed elevata la conce- zione beethoveniana della voce, intesa come mezzo espressivo, e come — nei momenti piu intensi della sua opera — egli sembrasse sentire istintivamente la necessita di ricorrere alla parola, per accrescere ancora l’eloquenza di un pathos giunto ai limiti estremi delle sue possibilita ». Il recitativo, dopo un ultimo respiro d’invocazio- ne, cede al mondo armonico da cui šale, divina- mente tersa, una delle piu pure melodie che abbia mai creato il genio musicale. A che tentare una disamina ? Lo spirito musicale di Beethoven e de- gno, per 1’intensita dell’espressione e per la profon- dita dell’intuizione, del pensiero di Dante, ed ogni analisi cede dinanzi a questo michelangiolesco « ri- lievo musicale ». LE SONATE PER PIANOFORTE 307 Del resto, nessun problema tecnico. Una sempli- cita elementare: il canto accompagnato da terzine di semicrome! Chiude la sonata la Fuga. Ci troviamo dinanzi ad uno dei capolavori beethoveniani. Beethoven aveva scritto, come gia abbiamo vi- sto (I), che « bisognava introdurre, nella fuga, un elemento nuovo, una poesia reale ». Egli, infatti, ha saputo realizzare poeticamente una forma di espres- sione d’arte per sua natura meglio rispondente alla concezione costruttiva che non a quella piu imme- diata del sentimento. E che la sua concezione sia tutta pervasa di drammaticita e nata da un biso- gno espressivo drammatico-lirico, lo prova la ri- presa dell’71 rioso con accento drammatico, questa volta, d’intensita senza pari. Sulla partitura originale e scritto, nella ripresa, in tedesco e in italiano « Klagend, ermattet — per- dendo le jorze, dolente ». Forse 1’indicazione non e di Beethoven; pare, anzi, che sia dello Czerny. Comunque, risponde mirabilmente allo spirito della ripresa. Riguardo alla concezione beethoveniana della fuga, ci riportiamo a quanto abbiamo gia scritto nelle precedenti sonate; qui v’e solo da osservare la maggior chiarezza espressiva e la nitidezza della linea formale, non che la magistrale fattura tecnica la quale riesce a ricreare, con il tema a moto con- trario, una novella fuga, non solo piu ricca di espres- sivita della precedente, ma anche piu complessa per il contributo squisitamente drammatico che vi apportano i due temi e, specialmente nel finale, il primo che crea un ambiente sonoro di potenza espressiva veramente sinfonica. (I) Vedi sonata op. 106 308 BEETHOVEN Tecnicamente, la Fuga che e sempre a tre parti reali — poi che una quarta interviene non per/ un suo particolare significato, ma soltanto come rad- doppio delFultima e nel finale della prima parte — rispetta, pur nella sua larga concezione, le regole formali della fuga. Ha pero un carattere piu melo- dico che tematico, non solo nel tema ma anche in tutto lo sviluppo, e si ricollega piu alla sensibilita italiana che a quella tedesca. Abbiamo gia detto che la ripresa dellL4 rioso in- terrompe la Fuga, e che esso assurge qui ad una drammaticita piu intensa per il particolare signifi¬ cato d’intermezzo che assume e per la piu accorata espressione della linea melodica che deve essere realizzata « perdendo le forze, dolente«. La ripresa della Fuga e per moto contrario. £ una vera inversione, anche se 1’indicazione non e do- vuta a Beethoven, ed e una delle infinite prove della genialita di sviluppo del Maestro che a volte, come in questa ripresa della Fuga, assurge a possibilita meravigliose di potenza espressiva. II tema della Fuga ricorda il tema del « II. Stu¬ dio » del Durante. £ fuor di luogo ogni paragone fra le due composizioni. Comunque conobbe Bee¬ thoven questo « Studio » del grande napoletano ? Certo, la tradizione italiana era sempre viva a Vienna, dove Salieri imperava ancora quando Bee¬ thoven raccoglieva i primi allori; Salieri, da cui Beethoven imparb l’arte della espressione dramma- tica, e per cui egli e, specialmente con 1’Arioso della Sonata in la i? e con tutti i recitativi, legato idealmente al periodo aureo del Seicento italiano. SONATA - OP. 111 dedicata alPArciduca Rodolfo Opera 111 (Maestoso) Allegro con brio appas- sionato - Arietta (con variazioni) La sonata op. 111 chiude la serie delle sonate per pianoforte, e pub dirsi, delle composizioni per pianoforte; poi che quelle che seguono hanno un valore relativo. La Sonata e dedicata all’arciduca Rodolfo. Se- condo il Tayer 1’op. 1 10 e Lop. 111 dovevano essere dedicate alla Signora Antonia Brentano; ma, men- tre la prima non ebbe, come abbiamo visto, alcuna dediča, la seconda fu dedicata invece alLArciduca Rodolfo. L’op. 111 fu composta intorno al 1821-22: (anzi, 1’originale porta 1’indicazione « finita il 13 gennaio 1822»), e fu pubblicata nell’aprile del 1823 presso Schlesinger a Berlino ed a Parigi. Anche questa sonata e svolta con i criteri della cosi detta terza maniera che noi abbiamo prece- dentemente definiti: logica liberta del procedimento e superamento non arbitrario, ma razionale, di ogni limitazione formale. La sonata op. III e composta di due tempi e, se nel primo e evidente lo schema di tempo di sonata, il secondo, Arietta con variazioni, ha carat- teristiche particolari e non segue nessuna delle forme tipiche dei tempi di sonata. Il primo tempo s’inizia con una introduzione Mae¬ stoso. Il De Lenz ne definisce bene lo spirito: « L’i- dea che noi ci facciamo di una introduzione e che essa sia un pezzo di mušica indipendente. Una 31 BEETHOVEN introduzione deve bastare a se, esse in se et per se, non appartenere alla composizione che precede che per il suo carattere. Se le idee che 1’introduzione propone si incontrano nel resto della composizione, l’introduzione ncn šara piu un microcosmo. Perche una introduzione sia unhntroduzione, bisogna se- condo noi, che il pezzo che segue possa farne ri- gorosamente a meno. £ a questo stile che appartiene Y Introduzione della 32. a Sonata)). Una grandiosita epica anima questa Introduzione, che non interviene piu, a differenza di quella del- l’op, 13, nello svolgimento di tutto il primo tempo. Conserva, per questo, un carattere d’indipendenza e, come dice il De Lenz, di « microcosmo ». Il Combarieu ha voluto notarvi una certa enfasi; ma la semplicita dei mezzi espressivi adoperati e 1’architettura stessa, breve, ma efficacemente misu- rata, non danno neppur lontanamente impressione d’enfasi. L’/l llegro con brio appassionato pare nasca dalla profondita sonora che lo precede e, si direbbe, lo annunzia. Il tema e schematico; ma la sua potenza espressiva e pari alla sua elementare semplicita Si pub dire che Beethoven crei tutto il primo tempo solo con questo elemento ritmico, dando un’altra mirabile prova del suo genio superbamente costruttore e ricco di michelangiolesco senso archi- tettonico. Diremo anzi che 1'idea in Beethoven e quasi sem- pre schematica, ma incisiva e ricca di possibilita LE SONATE PER PIANOFORTE 313 costruttive; pare, ogni volta, ch’egli si sia di pro- posito servito di pochi mezzi, per ideare il monu- mento architettonico delle sue sonate. La seconda idea del primo tempo deli’op. 111 porta un momento di riposo: uno solo, che subito la travolgente dinamica del tempo vince e distrugge ogni piccola oasi di riposo melodico. Questo primo tempo, a differenza di quelli delle sonate che precedono immediatamente osserva il « da capo » e non presenta i caratteri d’una vera atipicita. Piuttosto, e da notare come la ripresa, piu logi- camente, sia sentita con ima nuova e piu grande potenza drammatica. £ evidente 1’efficacia delfentrata del tema ad ot- tave e di tutto il diverso e piii grandioso procedere della ripresa. £ da notare anche il Finale dove, final- mente, pare si plachi lo spirito animatore e travol¬ gente che ha creato questo primo tempo. Segue VArietta con Variazioni (Adagio molto sem- plice e cantato). 11 tema chiaro, lineare, canta con una semplicita elementare di efficacia potentemente espressiva. 'L’elementarita tematica e sempre tipica in Beethoven, ma alcune volte e evidente come essa sia il risultato lirico d’una verita primordiale e fon- damentale intuita e vissuta dal Maestro. NelLzlrielfa, la adamantina purezza delLespres- sione lirica e, diremmo, palpabile: ha i caratteri in- 314 BEETHOVEN confondibili dell’anima universale, intesa nel suo senso panteistico. La visione della vita terrena e ormai superata, e lo spirito di Beethoven e asceso ad una contemplazione assolutamente trascenden- tale. Ogni variazione acquista un suo carattere parti- colare; ma la stessa eterea luminosita risplende in ognuna. L’arte della variazione beethoveniana, di cui gia abbiamo parlato (1) assurge qui alla piu alta espressione di ricreazione del pensiero generatore che, volta a volta, assume dalla fisonomia diversa — non variata — una particolare espressivita ana¬ loga a quella precedente, ma, nello stesso tempo, inconfondibile. La melodia dell’^4 rietta e, ripetiamo, assai sem- plice, ed anche la struttura della forma ubbidisce alla sua elementarita espressiva. Nelle prime tre variazioni il disegno melodico non acquista una nuova essenza drammatica, ma e ripetuto quasi esattamente e variato solo ritmi- camente. Pure e chiaro, fin dalla prima variazione, come la linea melodica realizzi una sua partico¬ lare espressione e come tenda — la terza forse fa eccezione — a quella indeterminatezza che ci rive- lera nelle ultime variazioni un mondo ideale di luce infinita. Nella quarta, anch’essa riflesso sonoro di una concezione trascendentale, il contrasto dram- matico e visibile. La profondita di un mondo an- cora quasi statico ed inespresso pare ad un tratto rivelarsi in una luminosita eterea assolutamente nuo¬ va che, realizzata pianisticamente da Beethoven per la prima volta, dara vita a tutto il sinfonismo poe- mico del romanticismo tedesco. La quarta varia¬ zione vive tutta di questo contrasto di due stati d’a- (I) Vedi op. 57. LE SONATE PER PIANOFORTE 315 nimo forse ugualmente statici: l’uno assorbito da una profondita remota ed inesprimibile, l’altro per- vaso da una luminosita celestiale che lo sublima. Ne il quasi recitativo finale, pur nel contrasto dram- matico del dialogato, riesce ad umanizzare il con- tenuto sonoro di questa variazione: essa conserva sempre il carattere di serena contemplazione d’un mondo irreale che ci appare, anche nella quinta variazione, puro da ogni contaminazione di passio- nalita umana. Beethoven ha superato oramai ogni lelativita espressiva, ed il suo pensiero spazia, quaai dimentico del dramma umano che dette vita a tutta la sua opera, in un sereno mondo trascendentale. Con questa meravigliosa ed infinita luce spirituale, Beethoven chiude le Sonate per pianoforte; i poemi, forse, piu profondi e piu sentiti del suo spirito se dobbiamo credere ali o Schindler quando afferma che Beethoven parlava con piu amore di alcune fra le sue Sonate, che della sua piu grande Sinfonia. FINE INDICE INDICE INTRODUZIONE. Pag. 11 Tre sonate — Op. 2 » 29 N. 1 . » 31 N. 2 » 40 N. 3 » 47 Sonata — Op. 7 » 53 Tre sonate — Op. 10 » 65 N. 1 » 67 N. 2 » 72 N. 3 > 79 Sonata — Op. 13 » 91 Due sonate — Op. 14 » 107 N. 1 »109 N. 2 » 116 Sonata — Op. 22 »121 Sonata — Op. 26 » 135 Due sonate — Op. 27 » 153 N. 1. » 155 N. 2. » 161 Sonata — Op. 28 » 169 Tre sonate — Op. 31 » 179 N. 1 » 181 N. 2 » 185 N. 3 » 193 230 INDICE Due sonate — Op. 49. Pag. 199 N. 1. »201 N. 2. »203 Sonata — Op. 53. » 205 Sonata — Op. 54. »215 Sonata — Op. 57. »221 Sonata — Op. 78. » 233 Sonata — Op. 79. » 241 Sonata — Op. 81-a. » 247 Sonata — Op. 90.- - » 257 Sonata — Op. 101. » 265 Sonata — Op. 106. » 279 Sonata — Op. 109. » 293 Sonata — Op. 110.. » 301 Sonata — Op. 111 . . . .. » 309 wk:v> :»učit«:"!*« ouihi:« I 705 002 ■Hill 200815254