Anno II Capodistria, 15 aprile 1942-XX N. 16 Credere e Vincere QUINDICINALE DEL FASCIO DI COMBATTIMENTO „NAZARIO SAURO" FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELL' ISTRIA 1 CADUTI PER LA PATRIA SONO PRESENTI Quando finirà ? E' una domanda che s'incontra in diverse bocche. Si domanda quando finirà la guerra attuale. E in qualche domanda s'avverte un senso di rimpianto per il tempo che fu, una speranza che finita la guerra tutto ritorni come prima, una convinzione che la guerra sia contingenza provvisoria Grandiosa fin che si vuole, ma passeggera, destinata a non incidere sulle abitudini prece-cedenti, sul modo di vita precedente. Dal lato storico invece si può dire che per gli italiani, dal 1848 ad oggi, la pace sia il provvisorio, la guerra il certo, la guerra che è l'elemento dinamico della storia. E la guerra attuale si fa proprio perchè tutto non ritorni come prima. Ed è impossibile che tanto fiume di sacrifici, di eroismi, di fatiche non incida profondamente sulle abitudini prevedenti, sul modo di vivere precedente. Quando finirà? Il ministro tedesco Goebbels scrisse tempo fa su un giornale italiano che il nostro ansioso interesse non deve oggi concentrarsi sul quando finirà la guerra, ma sul come finirà la guerra. Vale a dire che non occorre almanaccare sul calendario per fissare una data, il giorno della fine. Bisogna invece tendersi sull'esito finale della lotta, sul dilemma se vinceremo noi o se vinceranno gli altri. Quando finirà? Come ha notato Titta Madia sul „Popolo d'Italia", ogni sette anni accade nella vita del Duce un fatto di culminante importanza. L'intervento nel 1015, La Marcia su Roma nel 1922. Il Concordato nel 1929. La Fondazione dell'Impero nel 1936. Per il 1943 un'alba radiosa si delinea nel cielo d'Italia. Quando finirà? Questa guerra non finirà nel 1943. Affermiamo che r:on finirà mai. Sì, questa guerra non finirà mai. Occorre perciò prepararsi negli spiriti e nelle armi per tale evenienza. Occorre prepararsi cosi formidabilmente, per poter sostenere una guerra sen- za limiti di tempo e di spazio, una guerra infinitamente lunga. E allora, quando ci si sarà duramente forgiati in vista della suddetta possibilità, allora si avranno nel petto tante e così potenti forze per poter concludere questa guerra bene e in breve tempo. Cosa dissero : giapponesi dopo aver sconquassato la flotta americana alle Hawai, dopo aver mandato in malora le più forti corazzate inglesi al targo della Malacca, dopo aver occupato Wake e Guam, dopo aver espugnato Hong-Kong, dopo aver invaso le Filippine, dopo essere sbarcati a Boi neo e Celebes, dopo aver conquistato la penisola di Malacca, allorché entrarono nella roccaforte di Singapore? Cosa dissero questi piccoli-grandi uomini intrisi di saggezza antica? I protagonisti „sulta scena del più grande disastro dell'Esercito britannico che, la storia ricordi" (sono parole dello stesso Churchill), dissero allora: la guerra comincia aprenti domani. Quando finirà? Ecco. Lo sappiamo di sicuro. E' semplice. Finirà quando le forze del Tripartito avranno annientato le forze nemiche. Finirà quando non ci sarà più alcun bolscevico da buttare nella fornace, quando sarà data al completo all'America di Roosevelt la lezione che si merita, quando Radio-Londra non avrà più balle per riempire le zucche dei fessi, (piando non ci sarà più alcun parvo Governo disponibile per Puntura dell'oro inglese (dagli alFuntore!) Finirà quando la totalità degli avversari sarà messa in ginocchio. „Un solo pensiero deve dominare i cervelli, una sola volontà deve tendere il fascio dei nostri nervi, una sola parola deve riassumere tutte le nostre speranze: il pensiero, la volontà, la speranza della vittoria. La pace verrà poi come conseguenza naturale e logica della vittoria e sarà tanto più lunga e feconda quanto più decisiva sarà la sconfìtta dei nostri nemici". Così ha scritto il Duce. Vincere: questo è lutto. Perchè una cosa dev'essere impressa a caratteri di fuoco in ognuno: con la vittoria tutto andrà bene, con la sconfitta lutto sarà perduto per sempre. „La lotta è per la vita e per la morte". Vincere: questo è tutto. E per vincere ci vogliono ancora sacrifici, ancora eroismi, ancora fatiche, ancora privazioni, ancor maggiore disciplina. N. Lonza DIFENDIAMO il fronte interno «Il partito ha il compito di seguire attentamente l'andamento, la disciplina e i prezzi segnalando con prontezza ogni elemento di rilievo. Deve sopra tutto dare una collaborazione assidua e costante per stroncare ogni fenomeno di accaparramento e di alterazione dei prezzi, rendendo ogni fascista cosciente del suo preciso dovere di realizzare il rispetto della disciplina, di segnalare all'autorità di polizia ogni evasione. Sono sicuro che i Segretari Federali sapranno creare e mantenere questo clima di vigile intransigenza e che tutte le Camicie Nere, dai veterani dello squadrismo ai giovanissimi delle nuove leve, risponderanno all'appello». Sono parole del Duce: parole sacre per noi fascisti, parole che devono informare il nostro modo di vita in quest'oggi di guerra dura. Nessun italiano, e non dico solamente nessun fascista, degno di questo nome, pensa certo a lamentarsi dell'attuale stato di cose, poiché sarebbe un torto per il suo stesso senso civile non comprendere che l'impegno totale della Nazione nella lotta per il suo avvenire, richiede l'impegno totale dei cittadini. Talvolta prevale nel cittadino l'istinto dell'egoismo ed allora l'individuo pensa a riempire le sue cantine di ogni grazia del cielo, subordinando quindi alla sua vita di cel- lula d'un organismo forte come la Nazione, la vita stessa della Nazione. E questo cittadino riesce spesso a trovare la scappatoia anche di fronte alla legge; felice al pensiero di star bene e di non venir colpito dalla legislazione, conduce una vita egoistica, dannosa in modo inconcepibile all'organismo nazionale. Non basta quindi, essere a posto con la legge. Il fascista, ora non parlo del cittadino in genere che deve guardare insieme alla sua anche alla vita della Patria, il fascista ripeto, deve fare di più: deve essere a posto con la propria fede, con la propria morale, con il proprio giuramento. Il fascista deve prevenire la stessa norma di legge e sentire nella sua coscienza gli obblighi che l'ora impone; servire con letizia sia per obbedire alla propria morale, sia per offrire a chiunque l'esempio di una fede superiore, sentita, professata con assoluta coerenza. Noi dobbiamo difenderò con ogni forza il fronte interno; dobbiamo difendere i prezzi; dobbiamo difendere l'esecuzione di ogni disposizione superiore in materia annonaria. Se il cittadino tace di fronte all'offerente che gli porta dell'olio a prezzi iperbolici, se il cittadino rimpiange che non sia arrivato ancora il 27 del mese per poter comperare Poniamo innanzi due realtà. E' una realtà che quello che facciamo noi che siamo a casa (una casa tranquilla, sicura, dove il Bollettino giùnge attraverso la radio e rosei peschi infiorano adesso l'orto), è niente rispetto a quello che fanno i nostri combattenti. La realtà è semplice e pura, grande come una caserma, mille volte ripetuta, e che oggi giova ripetere ancora. Niente facciamo, un meschino niente clic ci filtra dentro un senso di vuoto, di pochezza, diciamo pure di vergogna. Sì, vergogna. Ma ci lasceremo invadere occupare da lei? No, il nostro costume è 1111 altro: ci impone di reagire, di metterla alle strette, di costringerla alla fuga: fare di tutto per cancellarla. Andare incontro con illimitato amore, con pro-' fonda comprensione ai nostri combattenti: questo è un modo per cancellarla. C'è un'altra realtà: pura e semplice ancora, e grande come una caserma, e ripetuta mille volte: non ci porta però vergogna, ci dà invece fierezza. Questa realtà: l'Italia nostra è povera, l'Italia non à oro, non à petrolio, non à ferro, scarseggia pure di lana. La fierezza ci viene dal fatto che apparteniamo ad una Nazione di poveri e di proletari che è insorta per prima contro i prepotenti padroni di tutte le ricchezze, a cento lire mezzo chilogrammo di burro di contrabbando, se insomma il cittadino per poca coscienza, oppure per poco senso di responsabilità non ha l'ardire di far fare un volo a chi spudoratamente gli offre generi razionati ad un prezzo di molto superiore a quello fissato, il fascista deve agire. Il fascista che sente il valore morale della tessera che ha ricevuto, che sente il dovere che gli incombe per il giuramento prestato deve agire sempre e in ogni maniera. L'intabarrato cav. Tizio Carciofo-lini non avrà di certo la forza di reagire al venditore dene sue provviste, il fascista clic non è nè cavaliere nò Carciofolini, saprà e deve sapere quale sia il suo dovere in casi simili a quello che noi ora consideriamo. 11 fascista deve difendere la Nazione dalla «borsa nera», deve difenderla dai malati di accaparramento. deve preservarla dai corruttori della sanità del fronte interno. Solo quando egli saprà vedere tutto, agire sempre, coipn'e inesorabilmente, potrà vantarsi di dire di aver mantenuto sempre fede al giuramento prestato a Mussolini. Solo allora potrà capire la bellezza del movimento fascista e potrà far brillare in tutto il suo splendore il distintivo della sua fede nel Duce. che sostiene ora validamente il travaglio della guerra contro l'avversario ridondante di materia, che certamente la Nazione dei poveri e dei proletari vincerà in nome della Giustizia. Siamo poveri, consapevoli e fieri, facciamo la guerra per assicurarci domani il pane quotidiano. La nostra povertà rafforza in noi la determinazione, la decisione, la purezza, ed esige da noi il massimo dello sforzo. Queste le due realtà. E' facile vederle (sono grandi come caserme). Ma bisogna penetrarle, inserirle nello spirito come elementi determinante della nostra condotta. Bi-sulta chiaro il dovere di ognuno: dare tutto. Dare ai soldati che combattono per noi, che ci difendono, che ci salvano, che difendono le nostre città, le nostre famiglie, le nostre case, il nostro destino, il nostro avvenire, 'are ai soldati che muoiono per ncif. dare tutto per vince.-e la guerra. Dareiana: piccolo ma non inutile aiuto è dare lana, lana per vestire, coprire, riparare dal gelo i soldati che si misurano anche contro il bolscevico, lontano, nella terra russa sterminata, terribile. Chi mai si rifiuterà? Cerchiamo di essere un po' degni dei nostri combattenti. Guardiamoci nella coscienza. Ci guarderemo presto negli occhi quando un bel giorno verremo per le strade di Capodistria a misurare la profondità del vostro amore, la profondità della vostra comprensione. Noi di «Credere e Vincere» — Alle Donne d'Italia Diamo lana ai nostri soldati!! E' un invito, ma ogni donna italiana deve sentire che è sopratutto un sacro dovere. L'offerta non deve essere solo simbolica e formale, ma realtà: deve dimostrare una piena consapevolezza, deve far sentire che anche poveri sappiamo lottare e vincere ! Per accorrere all'invito basta fermare 1111 istante il pensiero sull'eroismo dei nostri combattenti, sulle loro privazioni, sui loro sacrifici. Essi danno tutto alla Patria, combattono per noi, soffrono per noi. Combattono per vincere, non per morire; ma se è necessario immolano con abnegazione assoluta le loro giovinezze. E noi al loro confronto siamo niente. Non possiamo fare atti di erois-smo. Ma la guerra non si fa solo con atti eroici. C'è bisogno sopratutto di solidarietà e di spirito di sacrificio. E' giunto il momento di dimostrare tangibilmente la nostra solidarietà. 00000000000000 0 0 I Offriamo lana |] a 0 | ai nostri | 0 0 g Combattenti ! g 0 - 0 0 0 00000000000000 Oggi più che mai, noi donne, dobbiamo essere forti, vibranti di fede, e virilmente, generosamente saper tenere il proprio posto. E' egoismo pensare solo a se stessi dimenticando che l'offerta di ognuna può venire incontro ai bisogni più urgenti della Patria nostra. Ogni donna, che si sente veramente italiana deve essere consapevole della sua offerta. E' un povero mezzo per renderci un po' degne dei nostri soldati. Questa offerta deve renderci orgogliose per il fatto che almeno in quel momento ci sentiremo vicine allo spirito dei nostri combattenti. Solo così, l'ora della Vittoria, sarà tripudio di gioia per tutti, ma più per voi, donne italiane, che avrete la certezza tangibile di non aver offerto invano. ' Carici Perini LANA AI SOLDATI ! V I I C O R D O D 1 BRO^O ^ L EBREO Diamo oggi la seconda parte delia traduzione dell'opera «Ad Bruni Mussolini memoriali!» del cav. dott. Tommaso Frosini, Preside del R. Liceo Ginnasio «C. Combi». Ma per venire a qualche accenno della generosità del tuo animo, chi non sa quanto rincrescimento provasti sempre per le altrui sofferenze e quanto spesso porgesti la mano per rialzarsi a coloro cheT abbandonati dalla fortuna, giacevano come distesi per terra? tu, nel tuo ritorno a Guidonia, desti a un vecchio assillato dalla miseria le tue scarpe per difendersi i piedi sanguinanti e ritornasti scalzo al tuo ufficio; tu, ad una donna, anch'essa a corto di ogni risorsa, comprasti di tua tasca un tavolo per esporvi in vendita le ortaglie e donasti un gruzzo-letto per provvedersi di esse; così con tal mezzo quella miserella cominciò a respirar meglio. Ma a che prò vado io ricordando questi tuoi atti generosi, quando non c'è uno che non, sappia che i beni, l'abbondanza di mezzi e di danari o non furono mai da te tenuti in conto- o lo furono soltanto in funzione della utilità che poteva venirne ad altri? Che dire poi dei tuoi costumi? Tu, deliberatamente, schivasti gli eleganti ritrovi da salotto per non abituarti alle mollezze e svenevolezze di essi; tu tenesti a vili, come cose futili e vane, le lodi che gli altri si affannano di conseguire. Ciò è dimostrato dal fatto che, dopo quella memorabile trasvolata che il mondo stupefatto levò alle stelle, abbandonando il Brasile, facesti dono ai suoi abitanti del tuo apparecchio di volo, a ricordo imperituro della tua generosità e come pegno dell'amicizia ospitale: successivamente, a! tuo ritorno a Roma, accogliesti gli applausi prolungati della cittadinanza, che s'era riversata all'aperto per felicitarti, senz'alcun fumo di superbia, dando quasi la sensazione che alla bella impresa da te compiuta avesse contribuito più la fortuna che la tua indiscussa abilità e sprezzo della fatica. Ma per lasciar da parte tante altre prove della tua modestia, gli stessi tuoi compagni d'armi e di viaggi potrebbero essere testimoni di quello che fu l'assillo di tutta la tua vita : consta infatti ad essi che, dopo i nuovi tempi inaugurati dal Duce, nulla ti stette più a cuore che di mettere l'Italia al primo piano nel rango dell'aviazione e di farle acquistare il diritto al primato, nel sorvolare qualunque parte del mondo. Da quanto ho fin qui esposto, sull'autorità di autentici documenti, può ormai desumersi chi fosti tu, o Bruno, e chi sarai presso i tuoi concittadini che, quante volte dovrà deliberarsi di cosa di alto interesse nazionale, essi trarranno, preceduti dai ministri di Dio, alla tua tomba, per conoscere quel ch'essi debbano fare a loro vantaggio", per accrescere la grandezza d'Italia. Ben a ragione il tenente colonnello dell'aviazione Castellani disse un giorno che di tutti coloro che di te hanno scritto, nessuno ha finora fatto conoscere agl'Italiani quale fosse la tua indole, quali i tuoi sentimenti, quale l'amor di patria, quale il tuo rigido tenore di vita, quali i tuoi propositi, quale, infine, la tua premura per la famiglia e i genitori. Tutto cotesto è stato ben chiarito in quel libro che il tuo genitore scrisse trenta giorni dopo il tuo trapasso da questa vita acciocché, riandando il tuo passato e rendendolo di pubblica ragione, trovasse, se pure ciò era possibile, un conforto al dolore che Egli aveva sopportato virilmente. PoichQ tu, o Bruno, le tempie avvinte dal duro sonno della morte, non vedesti le guance del genitore umide di pianto; nè giunse al tuo orecchio la voce delirante della tua povera mamma che, piagata dal dolore, abbracciando e coprendo di baci il tuo corpo irrigidito, con voce convulsa ti chiamò dìù volte per nome. Tu non sentisti la tua affettuosa consorte quando, premendo col suo il tuo petto, ti supplicava di ricambiarla almeno di una parola per molcere la profonda angoscia de! suo animo; tu non vedesti il volto deformato dal cordoglio e le lacrime di Marina, candida piccina, nè di Vittorio, tuo amatissimo fratello. Tu, infine, non potesti conoscere il dolore che portavano segnato in fronte centinaia di migliaia di persone, quando scortarono la tua salma da Pisa a Predappio, nè i gemiti mal repressi delle donne che, lungo la via, invocarono su te la pace dell'Onnipotente. Chiunque dice che sacra è la tua tomba, dice cosa rispondente al vero. Sacra è infatti alla patria che tu amasti di purissimo amore; sacra è alla tua famiglia alla quale, col sacrificio della tua vita, desti il suggello della gloria; sacra è a tutti quelli che, dopo averti visto una infinità di volte passare a volo sulle loro città per allacciare le più lontane regioni del mondo con un regolare servizio aereo, apprendendo la tua fine improvvisa tacquero, stupefatti dal dolore. Invero, per gli innumerevoli' viaggi che avevi compiuto con disinvoltura e la bravura non comune che avevi mostrata nel condurre i velivoli non si aveva neppur l'ombra del sospetto che tu potessi soccombere in un'azione di volo. Ed ora invece tutti ti piangono, nè alcuno dei tuoi colleghi può più scordarsi del fiore degli anni tuoi spezzato e spesso t'invocherà nelle traversate per il cielo, come soleva fare in alcuna di esse, se all'insorgere di un'improvvisa tempesta, era, mal suo grado, costretto ad abbandonare la tua guida o a seguire una rotta diversa da qùella che teneva. Ma tu. o Bruno, non sei morto: tu vivrai eterno nel cuore di tutti gli Italiani che, col tuo patrocinio e l'aiuto che otterrai da Dio, senza fallo trionferanno dei loro nemici. Quando poi, terminata questa guerra cruenta e ritornata in seno ai popoli la pace con giustizia, si torneranno a udire, sulle nuove terre consacrate dal sangue e dal valore dei figli d'Italia, i lieti muggiti dei pacifici buoi, o quando le lor navi attraverseranno come frecce i nostri mari per trasportar d'uno in altro porto delle città più remote le nostre merci; e parimenti, quando la vecchietta, senza la preoccupazione del suo figliuolo sotto le armi, seduta sulla soglia di un uscio, girerà in mano la conocchia guardando di fronte il sole che volge al tramonto, e la casta fanciulla coi capelli ben divisi sulla fronte, si sporgerà dalla finestra aspettando il fidanzato che ha fatto il suo dovere di soldato e contando le ore che trascorrono lente, allora una voce misteriosa echeggerà di quando in quando sulle terre e i mari benedicendo, o Bruno, alla tua Anima e a quella di coloro che, a servizio della patria, ebbero la medesima tua sorte. Allora, quando gli uomini ritorneranno ai consueti lavori del giorno senza timore, scomparso ogni pericolo per la patria nostra, di esserne distratti, essi sentiranno più in pieno la tua perdita e nei lor discorsi riparleranno di te, o Bruno, con pia riconoscenza. Infine, quando un velivolo, abbandonata l'Italia, dirigerà il suo timone a quei porti che tu, o Bruno, stabilisti come luoghi di sosta necessari agli aeroplani, fornendoli, a tal uopo, di quanto era necessario, alta sua voce, levandosi da esso, romperà il silenzio azzurro del cielo. «Proteggi tu, o Bruno, questa nostra traversata!» Il mare e il cielo accoglieranno questa voce e, come un fausto augurio all'Italia fascista, la inoltreranno a distanza più grande. T. FROSINI Piccolo ebreo, relitto di un popolo che ha preso l'aire verso prode straniere dopo il «via» che gli è stato ordinato nel 1938, sì piccolo ebreo che ho notato tra la folla di una via cittadina, tu che cosa sei rimasto a fare tra la gente pulita? Non ti accorgi di stonare con quel naso semita, tra gente ariana? Non li avvedi che ogni sguardo si ferma su di te quando passi avvolto nel tuo soprabito chiazzato di macchie di sudiciume, col capo coperto da una cappello stile principio di secolo? Tu passi serio tra i passanti, in-differente dei loro sguardi di sprezzo, quasi frecciate che non ti risparmiano mai, che non hanno alcuna misericordia di te. Ti vedo entrare in un piccolo caffè in una strada trasversale del corso, ti vedo sederti nell'angolo più oscuro. 11 cameriere ti viene vicino, forse nauseato dal puteolente aspetto che hai, e ti chiede cosa desideri. A mezza voce chiedi un'aranciata. Poi vedo entrare un altro individuo che ti somiglia assai: mi lascerei impiccare cìie è tuo fratello. Puzza anche lui come te. Mi sono messo vicino al tuo tavolo: mi sono seduto in modo da sentire le porcherie che dirai. Me l'ero immaginato: sei un grande stratega, sei un grande disfattista, sei un lurido propalatore di notizie false. Narri al tuo compagno che a Londra si capisce; che a Waschington non c'è che dire e che invece a Roma... Siamo in guerra. Dovere di lutti è: TACERE e far TA- CERE. Gli dici che se non ci fosse il mercato nero, a quest'ora si morirebbe di fame: altre ed altre porcherie, chè altro non sono; nel narrarle i tuoi occhietti di porco brillano di soddisfazione, la tua vocetta di timido impaurito ha fremiti di felicità nel potere raccontar quelle deliziose «verità». E infine somministri al tuo ascoltatore la farsa. Sì la farsa a base di barzellette galeotte, in piena regola, a base di quelle barzellette di conio ebreo e che non possono essere preparate che da ebrei per avvelenare il sangue della gente per bene. Ma guardati bene Samuele o Isacco, Salomone o Giuda (qualunque sia il nome che porti), guardati bene, ripeto, da quello che fai, da quello che osi dire. Io ti vedo ben presto, lurido ebreo inzaccherato fino alla midolla di veleno anti italiano, ti vedo passeg- giare dietro al filo spinato di un campo di concentramento oppure -—- meglio ti vedo su un contine e diviro di te vedo una gamba levata con forza per darti un pedatone fenomenale E poi ti vedo volare tra le nubi che fuggono al tuo avvicinarsi, impaurite dal tuo volto verde di bile. E ti vedo cadere infine nel luogo ove potrai startene in pa- ce cme a casa tua: parlo dell'Inferno. Vecchio, piccolo semita", non truccarli il volto, non metterti un naso fìnto, non vestirti decentemente: anche sotto quell'abito li saprò riconoscere. Mi basterà sentire una tua sola parola. E quella sola parola sarà quella che segnerà il tuo destino. IL BOZZETTO PER „IL FORNARETTO DI VENEZIA E' stato esposto al pubblico un bozzetto plastico del camerata Giuseppe Borisi per «Il Fornaretto di Venezia» che la compagnia Filodrammatica del locale Dopolavoro rappresenterà all'aperto nella artistica Piazza del Pretorio. Il bozzetto del camerata Borisi è un lavoro veramente encomiabile: è frutto di lunghe fatiche e di paziente elaborazione che hanno trovato in Borisi l'artista completamente a posto che, sfruttando ogni possibilità, ci ha presentato un bozzetto che non temiamo di definire un capolavoro. Esso è costruito con tale finezza, con tale delicato amore, con tale sicurezza della materia d'i lavorare da farci sostare in silenzio davanti a lui per ammirarlo nella completezza di tutto sò stesso. E' uno scorcio incantevole di Venezia dogale, è un angolo romantico della città di S. Marco che attendiamo di veder ricostruito nella nostra suggestiva Piazza del Pretorio, quanto prima per il costante interessamento del Fascio per l'incremento dell'attività filodrammatica. Sior Todero Brontolon t'n buon pubblico, non eccessivo ma scelto, si è dato convegno nel Teatro di Santa Chiara per assistere alla brillante commedia in tre atti e più quadri di C. Goldoni «Sior To-daro Brontolon». L'ambiente veneto in cui veniva rappresentata la commedia ha trovato della nostra città / la sua cornice degna poiché sono solo i veneti che possono apprezzare l'arte di Goldoni in tutta la sua grandezza dato che conoscendo le finezze del nostro italianissimo dialetto, possono gustare in pieno tutta la salacità e lo spirilo contenuto nelle battute goldoniane. Gli attori della filodrammatica dell'O. N. D , diretta dal camerata Rino Rello, sono stati all'altezza del compito loro affidato ed hanno convinto il pubblico ancora una volta delle loro capacità. Il pubblico ha frequentemente applaudito a scena aperta e a fine di atto esprimendo così tutta la sua ammirazione per l'ottimo svolgimento della rappresentanzione. CAPQDISTRIANI DECORATI AI camerata Libero Sauro, valoroso comandante di sommergibile, è stata concessa la medaglia di bronzo al valor militare. A Libero Sauro giunga il fervido alalà augurale del fascismo capodistriano * * * E' stata concessa la stella al merito coloniale ai camerati tenente Mario Zetto e sergente maggiore Antonio Luis. I due valorosi camerati hanno combattuto con le eroiche truppe del Duca d'Aosta durante tutta la campagna d'Africa Orientale, dando ripetutamente prova del loro ardimento. «Credere e Vincere» ha riportato qualche numero fa la motivazione della medaglia d'argento concessa ad Antonio Luis. Oggi che una nuova decorazione brilla sul suo petto di valoroso, attraverso queste pagine esprimiamo a lui e insieme al tenente Mario Zetto l'orgoglio della città di Sauro per il loro eroico comportamento di veri soldati d'Italia. Comunicazioni del Fascio Il Segretario Politico muove ai fascisti la seguente raccomandazione: Ho constatato che il tesseramento procede con lentezza e che, essendo già in aprile, molti sono ancora i fascisti che non hanno sentito il dovere di versare la quota tessera per l'anno XX. E' questa una mancanza riprovevole che dimostra scarsa comprensione del dovere di fascista. I nomi di coloro che non avranno ottemperato al pagamento della quota tessera e del contributo annuo entro il 3(1 aprile, saranno segnalati alla federazione per i provvedimenti del caso. Si porta a conoscenza dei fascisti che le operazioni di cassa del Fascio di Combattimento (incasso quote tessere, contributi annui, pagamenti di fatture, sussidi, conti ecc.) dal 1. aprile 1942-XX in poi si effettuano presso l'esattoria comunale, allo sportello P. N. F. I fascisti, dipendenti o pensionati statali, che devono versare al Fascio il contributo anno in misura del 1, 2, 3 e 4 per cento a seconda dello stipendio goduto all'atto del versamento del contributo stesso, devono esibire una attestazione dell'amministrazione da cui dipendono, comprovante lo stipendio netto goduto alla data 28 ottobre 1940-XVIII. (Dal foglio di disposizioni del P. N. F. 77. U del 24 gennaio 19V2-XX. Non esiste una distinzione fra iscritti al Partito e terresati. Per iscritti al Partito debbono intendersi soltanto i Fascisti che sono in regola coi tesseramento. Tutti coloro che non avranno curato il rinnovo della tessera entro i termini prescritti saranno perduti di forza. I Segretari Federali rinnoveranno gratuitamente la tessera ai camerati che per accertata indigenza non possono provvedere al pagamento delle quote dovute". Direllore responsabile il Segretario Politico Bruno Boico Redattore capo Fulvio Apollonio