Received: 2011-11-15 UDC 94:347.639(450)"18" Original scientific article ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME NOTE SU SICILIA E VENETO NEL XIX SECOLO Lucia BARBERA Universita degli Studi di Messina, Dipartimento di Studi Europei e Mediterranei, IT - 98122 Messina, Piazza XX Settembre, 4 e-mail: lucia82x@inwind.it SINTESI La questione dell'infanzia abbandonata affonda le sue radici in epoca remota. Seb-bene il ricorso all'esposizione di bambini sia stato costantementepresente nel corso dei secoli, tra ilXVIIIe ilXIXsecolo, è soprattutto nell'Europa "cattolica" che si assiste ad un trend evolutivo del fenomeno. Basti pensare che nell'Ottocento, che potrebbe deno-minarsi anche il "secolo dei trovatelli", risultano abbandonati almeno dieci milioni di bambini. Per far fronte a un tale tasso di esposizioni vennero create un po ' in tutta Europa, e anche in Italia, apposite strutture quali brefotrofi e ospizi per trovatelli. L 'oggetto della ricerca proposta è quello di verificare taluni aspetti centrali di questa complessa problematica attraverso la proposizione di alcune riflessioni su enti e soggetti (ad esempio brefotrofi, parroci, levatrici) che, a vario titolo, hanno svolto un ruolo fondamentale di intermediazione sociale, ossia di raccordo, fra madri "sole", partorienti nubili o genitori poveri e le istituzioni assistenziali. In tale prospettiva, i primi risultati dell'indagine in corso sul contesto siciliano raf-frontati con taluni dati riguardanti quello veneto, consentono (in una prospettiva sinotti-ca e comparativa) di porre a confronto due realtà culturalmente e politicamente distinte. Lo studio di tali "terzi" qualificati, e impegnati alla salvaguardia dell'infanzia abbandonata, costituisce un punto di vista nuovo e a tutt'oggi ancora poco indagato. In tale ottica, quindi, risulta particolarmente utile la verifica e la comparazione tra regioni diverse (in questo caso Sicilia e Veneto) di una sostanziale condivisione di stru-menti eprocedure volte alla tutela dell'infanzia abbandonata. Parole chiave: infanzia abbandonata, assistenza pubblica, "Deputazione de 'Projetti" di Palermo, parroco, levatrice, "ruotara". Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 "THIRD" AGENCIES AND SUBJECTS FOR THE SAFEGUARD OF THE ABANDONED INFANTS: INITIAL REMARKS ON SICILY AND THE VENETO IN THE 19TH CENTURY The question of abandoned infants has its roots in remote time. Even though the recourse to the exposure of children has been a constant throughout the centuries, between the 18th and the 19th "century it is mainly in "Catholic" Europe that is possible to witness a growing trend of this phenomenon. Indeed, it suffices to consider the fact that during the 18th century, which could also be defined as the "century of foundlings", at least ten million children were abandoned. So as to cope with such a high number of abandoned children, specific structures such as orphanages and hospices for foundlings were created all over Europe and Italy. The topic f the proposed research is to verify certain key aspects of this complex theme through reflections on the agencies and subjects (e.g., orphanages, parsons, midwives) that in various ways played a fundamental role ofsocial mediation, acting as the connecting link between mothers "alone" or poor parents and the aiding institutions. From this standpoint, a comparison of the initial results of ongoing research on the Sicilian context with data regarding the Venetian territory allows us to confront (from a synoptic and comparative perspective) the two different cultural and political realities. The study of these trained "third parties", who were committed to the safeguard of abandoned infants, constitutes a new viewpoint, rarely investigated before. In this light, therefore, the verification and comparison between different territories (in this case Sicily and the Veneto) of a substantial sharing of instruments and procedures for the tutelage of abandoned children proves particularly useful. Key words: abandoned children, government assistance, „Deputation de, Projetti" of Palermo, pastor, midwife, "ruotara" "La tutela della vita e l'educazione dei fanciulli esposti e abbandonati dai genitori e la forma di assistenza pubblica la cui retta applicazione ha maggiormente tortura-ta la mente deifilantropi e dei legislatori" (Raseri, 1894, 951) INTRODUZIONE Possiamo dire che, almeno approssimativamente, l'interesse delle istituzioni pubbliche verso l'infanzia abbandonata, inizia a emergere tra il XIII-XIV secolo, quando si assiste al sorgere delle prime istituzioni caritative per iniziativa laica e religiosa. Ma e a partire dai primi anni dell'Ottocento che quegli istituti, anche grazie ad inter-venti riformatori posti in essere dagli stessi amministratori, progressivamente mutano la loro originaria struttura caritativa per assumerne una nuova di stampo assistenziale. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Motivazioni religiose, caritative, assistenziali, ma anche ragioni sociali connesse ad una peculiare concezione della struttura familiare e dell'onore favorivano l'istituziona-lizzazione di strutture ove potevano essere abbandonati infanti, che non si erano voluti sopprimere per carità cristiana ma che non potevano essere riconosciuti, a prezzo di sacrificare l'onore proprio e persino della famiglia di appartenenza. Di contro anche la po-vertà poteva determinare l'abbandono di un figlio, nella speranza di una sorte meno dura affidata alla caritatevole pietà della società. E quanto forte fosse il rilievo dell'onore nella decisione di abbandonare una creatura ci è testimoniato dal comportamento di un personaggio illustre: quel Jean Jacques Rousseau, che affidava agli istituti i cinque figli illegittimi avuti con la compagna Teresa Le Vasseur: «[.. .]Teresa mi richiese la più gran fatica del mondo per farle adottare quel sol mezzo di salvarsi l'onore [...]. Scegliemmo una levatrice prudente e fidata, una tal signorina Gouin, [...] per confidarle la decisione, e quando giunse l'ora Teresa venne condotta dalla madre presso la Gouin per sgravarsi. Andai a trovarvela più volte, e le portai una cifra che avevo impresso in doppio su due attestati, di cui uno venne posto tra la biancheria del bambino portato poi dalla levatrice nel ricovero dei trovatelli, con le debite forme» (Rousseau, 1978, 377-378). Di fatto, una complessità sociale che faceva sorgere, e definire istituzionalmente, un insieme variegato di soggetti e istituzioni cui era demandato un ruolo di "terzietà" nella duplice tutela della vita e dell'onore. Ció premesso, con il presente lavoro si vogliono fornire i primi risultati di una più vasta indagine condotta, nell'ambito del Dottorato di ricerca in Storia e Comparazione delle Istituzioni Politiche e Giuridiche Europee, sulle istituzioni previste, nell'Italia preu-nitaria, a tutela del "diritto alla vita e alla salute dei bambini" (Barbera, 2012). Nello specifico, si farà particolare riferimento ad alcuni dati emersi nel corso di ricer-che svolte presso l'Archivio di Stato di Palermo e un archivio parrocchiale di Messina, raffrontandoli sinteticamente con quelli relativi a una realtà sensibilmente diversa, sia sotto il profilo culturale che giuridico, quale quella veneta. La vasta e pregevole bibliografia disponibile in materia d'istituti per l'infanzia ab-bandonata, nell'area veneta, consente di operare utilmente una qualche comparazione, giovandosi degli studi noti. LA CURA DEI PROJETTI1 IN SICILIA: ISTITUZIONI E SOGGETTI DI MEDIAZIONE In materia di tutela all'infanzia abbandonata, possiamo dire che il Regno di Sicilia abbia svolto un ruolo pioneristico a livello europeo2. Infatti, sappiamo che già a partire 1 Projetti è il nome con cui in Sicilia venivano chiamati solitamente i bambini esposti, detti anche gettatelli o trovatelli. 2 Tale affermazione scaturisce da una riflessione in merito a quanto sostenuto dai noti studiosi francesi Jean-Pierre Bardet e Olivier Faron, (Bardet, Faron, 1996, 100-131) che assegnano al Portogallo il primato eu- Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 dal 1751 vi funzionava un sistema fondato su una peculiare legislazione regia, che ridi-segnava il precedente quadro assistenziale fondato su ospedali, legati di beneficenza e confraternite. Proprio con Carlo III di Borbone, il Viceré Eustachio de Laviefuille3, per impulso dell'illustre canonico Francesco Emanuele Cangiamila4, l'11 gennaio del 1751, istituiva una Deputazione delli Projetti, con sede a Palermo (ASPa, 1, 29-33)5, composta da un prelato e quattro nobili (ASPa, 2, 41-56)6. La normativa obbligava tutte le "Città e Terre del Regno" a costituire deputazioni locali dei projetti (ASPa, 1, 29-33)7, attivando, ove non vi fosse già, una ruota pubblica, funzionale a ricevere gli infanti che si volevano abbandonare. La Deputazione Generale dei Projetti veniva a costituire la prima istituzione centrale avente specifiche competenze sull'assistenza all'infanzia abbandonata, potendo essere con-siderata una sorta di "Garante dei minori" ante litteram, con il compito principale di vigilare sull'esecuzione delle leggi a favore dei bambini esposti e di quelli "non ancora nati"8. Essa, infatti, manteneva una corrispondenza periodica sia con i parroci (considerati i deputati locali dei projetti, per elezione) sia con le autorità governative che con quelle ospedaliere ropeo nell'assistenza pubblica agli esposti, nel periodo precedente alla rivoluzione francese. Il riferimento è dato da uno studio edito in inglese dei ricercatori portoghesi Caroline B. Brettell e Rui Feijó, (Brettell, Feijó, 1991, 273-300), che analizza la questione dei trovatelli nel Portogallo del diciannovesimo secolo. Sul proposito apprendiamo che il sistema portoghese era basato su una legislazione regia unica in materia, a partire da una circolare di Maria I del 24 marzo 1783: ben trentadue anni dopo rispetto a quello siciliano (11 gennaio 1751), presentando peraltro taluni aspetti simili. Il ruolo pioneristico della Sicilia per il sistema assistenziale predisposto per il soccorso dei trovatelli, nel periodo borbonico, è anche sostenuto da Raffa-ele, 1997, 101. A suffragare tale ipotesi è stato anche il ritrovamento, tra la documentazione archivistica consultata, di un saggio a stampa di autore ignoto, dal titolo: Delle provvidenze che possono darsi da ogni buon Principe ne' suoi dominj, per i Parti Cesarei, e per i Bambini esposti ad imitazione di quanto stabili nel Regno della ulteriore Sicilia, mentre felicemente la governava la Maestà del presente Re Cattolico, ff. n.n., s.d., in: ASPa, 4. 3 Eustachio de Laviefuille (1747-54), di origine fiamminga, comandante delle armi in Sicilia e capitano degli eserciti reali del Re, fu eletto successore del Viceré Principe Corsini nel febbraio del 1747. Cfr. Di Blasi, 1842, 574-586. 4 Francesco Emanuele Cangiamila era inquisitore e canonico della cattedrale di Palermo, famoso per il trat-tato Embriologia Sacra del 1745, inteso a promuovere il parto cesareo sulle donne che morivano in stato di gravidanza e in tutti i casi di parto difficile, al fine di non trascurare la vita del bambino né quella della madre. Cfr. Trimarchi, 2009, 287-306. 5 Istruzioni del Viceré Duca de Laviefuille alla Deputazione delli Projetti. Art. 1: «E dovrà la medesima chiamarsi col titolo di Deputazione de' Projetti». Tali Istruzioni sono composte da un breve preambolo e 14 articoli. 6 Si prevedeva che due dei quattro nobili dovessero essere baroni. La prima Deputazione era composta dallo stesso Canonico Cangiamila, dal Principe di Carini, dal Principe di Belmonte, dal Balio Gaetano Bonanno e da don Alessandro Vanni, con l'assistenza del segretario Sacerdote Nicoló Filippone. 7 Secondo tali regolamenti la deputazione locale de ' projetti doveva essere composta dal Giurato Seniore, dall'Arciprete e da un nobile del paese (chiamato deputato secolare). 8 Venivano cosi definiti i bambini che «perdevano miseramente ogni speranza si della vita temporale, che della eterna, perchè restavano sepolti vivi nell'utero delle loro madri, che morivano morte». Per la loro salvezza era stata emanata la prammatica viceregia sul "Parto Cesareo" del 9 agosto 1749, ispirata ai con-tenuti dell'Embriologia Sacra del canonico Francesco Emanuele Cangiamila. (Cfr. Delle provvidenze che possono, cit., in: ASPa, 4). Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 periferiche. Queste avevano l'obbligo d'informare la Deputazione, con relazioni semestrali, su materie, quali: l'esistenza delle ruote, il numero dei bambini ivi ritrovati, i provvedimenti adottati per il mantenimento degli infanti, il numeri dei projetti "fuoriusciti dagli alimenti", il numero dei vaccinati, il numero dei parti cesarei effettuati sulle gravide decedute, i "mo-stri nati", gli abortivi battezzati, i parti illegittimi custoditi, etc. Una volta all'anno, la stessa Deputazione, per il tramite del Viceré, presentava al So-vrano una relazione generale di sintesi, essenzialmente di carattere statistico-quantitativo, sui dati ricavabili dalle relazioni semestrali. Nonostante il ruolo positivo svolto dalla Deputazione, per piu di mezzo secolo, come istituzione centrale posta al vertice di un sistema presente su tutto il territorio a salvaguardia dell'infanzia abbandonata, la stessa veniva soppressa, con real dispaccio del 27 aprile 1813 (ASPa, 6)9, nel contesto del ripensamento delle istituzioni centrali siciliane attivato dall'esperienza costituzionale del 181210. Dopo un intervallo di soli tre anni, in conformitá al decreto del Parlamento generale del 15 maggio 1815 (ASPa, 8), la Deputazione veniva pero ricostituita e restituita alle sue funzioni, con il dispaccio del 19 settembre 1816 (ASPa, 7)11, contenente, articolate in 41 articoli, le Istruzioni per la conservazione e pel buono ed esatto regolamento de' bambini projetti (ASPa, 5, 1-11). Nello specifico si trattava di una sorta di testo unico sulla tutela dei trovatelli, che modificava, in parte, le precedenti Istruzioni del 17 giugno 180812 e compendiava tutta la normativa sulla materia promulgata in circa mezzo secolo. Tali provvedimenti venivano ulteriormente ridefiniti dalla Deputazione con le "nuo-ve" Istruzioni del 30 aprile 1817 (§§. XXIV) (ASPa, 5, 12-46) che, insieme alle spe- 9 La cura del mantenimento dei bambini esposti adesso veniva interamente rimessa ai consigli civici e ai magistrati municipali dei rispettivi comuni. Di seguito si riporta la prima parte del dispaccio del 27 aprile 1813, che il Principe di Castelnuovo invia al Consigliere e Segretario di Stato ed Ecclesiastico Principe di Belmonte: «Ecc.mo Signore, dovendo tutti gl'interessi de' Comuni del Regno, in forza degli Statuti dell'ultimo Parlamento esser trattati e amministrati dai rispettivi loro Consigli, e Magistrati Municipali, senza che vi si possa ingerire qualunque autorità: Ed essendo uno de' più gelosi carichi degli stessi Comuni la cura e il mantenimento degli esposti bambini, S.A.R. il Principe, Vicario Generale, col parere del suo privato Consiglio ha comandato che tale affare sia totalmente, e senza alcuna dipendenza, affidato a' senati, giurati e corrispondenti consigli delle differenti popolazioni, e che resti soppressa la Deputazione Generale, stabilita in Palermo, chiamata de' Projetti» (ASPa, 6). 10 Sull'esperienza costituzionale siciliana del 1812 si vedano: Romano, 1996, IX-XXIV; Romano, 1997, 777-797; Romano, 2000, XIX-LVIII; Pelleriti, 2000; Romano, 2001, 31-53. 11 La decisione di ripristinare l'istituzione della Deputazione scaturiva dalla presa di coscienza dell'assoluta incapacità dei magistrati municipali dimostrata nella gestione della situazione dei bambini abbandonati: «Commossa la religiosa pietà della M.V., dalle lagrimevoli sciagure che han sofferto in tre anni gli sven-turati projetti abbandonati esclusivamente alla cura de' magistrati municipali, con dispaccio dei 19 dell'or passato settembre si è degnata di rimettere quel salutare istituto, e ripristinare nelle sue funzioni quella generale deputazione, che l'augustissimo vostro genitore Carlo III avea fondato, e stabilito» (ASPa, 7). 12 Le Istruzioni del 17 giugno 1808 emanate dal Tribunale del Real Patrimonio, a loro volta, non erano altro che un Compendio delli Circolari, Istruzioni, ed ordini Reali emanati in diversi tempi per il buon ed esatto regolamento de 'Bambini Projetti. Si era sentita l'esigenza di emanare un testo di tale genere, affinché nessuno potesse addurre come scusa l'ignoranza della normativa vigente in materia. Un esemplare a stampa è stato ritrovato compiegato in: ASPa, 9, 734r.-740v. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 cifiche disposlzloni successive, avrebbero costituito la normativa di riferimento per la materia, nei Reali Domini oltre il Faro, fino all'avvio dell'unificazione italiana (Petitti, 1852, 327, nota 1). Sebbene la normativa precedentemente prodotta continuasse ad avere vigore, la De-putazione, dopo la restaurazione del 1816, non sarebbe più riuscita ad operare con la stessa efficacia di prima, cessando di esistere dal 1° settembre 1818 (GIPa, 1, 76). Da quella data in avanti tutte le sue competenze, unitamente alla pubblica beneficenza, erano assunte dagli Intendenti (GIPa, 1, 69), assistiti dai Consigli degli Ospizi delle Valli, secon-do il nuovo assetto amministrativo del Regno delle Due Sicilie (Landi, 1977, 611-613). Se da un lato la sorveglianza, tutela e direzione degli stabilimenti di beneficenza e dei luoghi pii laicali, compresi i "brefotrofi", era affidata ai Consigli degli Ospizi, pre-visti in ogni capoluogo di provincia, dall'altro l'amministrazione diretta del "servizio di proiezione", nei comuni, era delegata alle Commissions amministrative comunali di beneficenza13, a cui venivano assegnate, peraltro, le funzioni esercitate precedentemente dalle antiche deputazioni locali de ' projetti. La deputazione locale o, come verrà chiamata successivamente, la commissione de ' projetti costituiva l'istituzione principale da cui dipendeva la sorte degli esposti in tutti i comuni delle Valli siciliane, soprattutto ove non vi fosse uno specifico stabilimento dedito all'accoglienza. Nell'800, troviamo infatti Spedali per trovatelli soltanto nelle grandi realtà cittadine che vantavano una maggiore tradizione caritatevole e assistenziale, ovvero Palermo14, Catania15 e Messina (ASPa, 10)16. In altre città, compresi i capoluoghi di Intendenza, quali 13 Il funzionamento del Consiglio degli Ospizi, e delle Commissioni amministrative comunali gia regolato per i Domini al di qua del Faro, veniva disciplinato con le Istruzioni del 20 maggio 1820, volte a sistematizzare l'amministrazione della beneficenza pubblica del Regno delle Due Sicilie (Istruzioni, 1820, 7-54). Tali Istruzioni, costituite da 158 articoli, restavano vigenti, salvo alcune integrazioni e modifiche, sino al 1860 e rappresentavano la "legge generale sulla beneficenza pubblica". In base all'articolo 4, i Consigli degli Ospizi erano «corpi assolutamente distinti da tutte le altre amministrazioni», compresa quella dell'Inten-denza. Secondo gli artt. 5-7, facevano parte dei Consigli: l'Intendente (che li presiedeva), l'ordinario della diocesi del capoluogo di provincia, tre consiglieri e un segretario. I consiglieri venivano nominati dal Re su terne proposte dallo stesso Intendente, tra i possidenti del capoluogo che si distinguevano «per grado, per carattere personale e per pieta verso i poveri». Il loro ufficio era gratuito e durava tre anni, salvo riconferma. Le Commissioni amministrative comunali, invece, erano disciplinate all'articolo 87, secondo cui in ogni comune doveva essere presente tale istituto, composto «dal sindaco o da chi ne fa le veci, e da due ammi-nistratori da scegliersi dalla classe dei cittadini possidenti, forniti di probita e intelligenza [...] proposti in terne da' Collegi Decurionali [...] approvati da' Consigli degli Ospizi, dai quali ne sara data cognizione al Ministero». L'incarico, come per i Consigli degli Ospizi, era triennale e gratuito. Sull'amministrazione civile e la beneficenza durante il Regno delle Due Sicilie si veda: Landi, 1977, 804-834. 14 I trovatelli di Palermo, che sin dal 1539 erano accolti presso l'Ospedale grande e nuovo di Palermo, nel 1826 venivano trasferiti all'Ospedale San Bartolomeo (attuale sede dell'Istituto Nautico) che assumeva la denominazione di "Conservatorio di Santo Spirito". Cfr. Ciccarelli (ed.), 1998, 53-75. 15 La casa degli esposti di Catania era situata presso l'Ospedale San Marco sino al 1828, anno in cui la ruota e il brefotrofio venivano trasferiti presso la "Casa di nutrizione". Raffaele, 1990, 95-111. 16 Messina e la citta che, nei confronti dei trovatelli, presenta una storia assistenziale piu antica rispetto a Catania e a Palermo. Il primo ospizio per trovatelli risale alla prima meta del XIV secolo, con un'attivita durata circa due secoli. Dal 1548 al 1908 l'Istituto dei proietti veniva, invece, compreso nel fabbricato del Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Agrigento (ASPa, 12), Siracusa (ASPa, 13)17, Trapani (ASPa, 14) e Caltanissetta (ASPa, 15), esistevano solamente le case delle ruote, dove i bambini esposti erano presi in carico da una donna pagata dal comune, chiamata ruotara. Sin dalle previsioni governative del 1751, successivamente ribadite e ampliate nel 1816-17, si diceva che: «La ruota deve essere posta nel mezzo di un muro di una casa abitabile, in un luogo commodo, ma non molto pubblico [...]» (ASPa, 3, 57-63)18 e «[...] deve essere capa-ce di ricevere un Bambino nato di fresco [...]», dovendo «[...] stare aperta, [...] senza il menomo impedimento in qualunque tempo, e spezialmente la notte» (ASPa, 5, 2, art. I.). Ed ancora che andava situata «in un luogo ben visto al Parroco, e a' Giurati, o alli Rettori dello Spedale (se l'obbligo di alimentare i Projetti, e riceverli è dello Spedale)» (ASPa, 5, 2, art. II.). Nella stessa casa doveva abitare e dormirvi, in particolare nella camera stessa ove era posta la ruota, o tutt'al più nella stanza contigua, «una femmina proba ed onesta», la ruotara, approvata dal parroco principale del luogo19. Nella stanza della ruotara andava fis-sato un campanello, con un cordoncino che corrispondeva all'esterno della ruota, in modo tale che la donna non fosse costretta ad uscire di casa per accogliere i proietti, rispettando cosí anche il divieto assoluto di indagare sull'esposto e sui suoi genitori. Questo articolato sistema, "ponte" tra l'esterno e l'interno, permetteva a chi esponeva un bambino di restare ignoto: deposto il neonato nella ruota, egli girava la stessa verso l'interno - in modo tale che l'infante fosse al riparo - e quindi azionava il campanello affinché la ruotara accorresse. Di fatto quest'ultima assumeva un ruolo fondamentale nei confronti degli esposti, non solo come responsabile del servizio di prima accoglienza e assistenza, ma anche in qualità di soggetto mediatore con le istituzioni preposte alla loro presa "in carico" e mantenimento, che restava previsto fino all'età di cinque anni, per i maschi, e di sette, per le femmine20. Grande Ospedale Civico di Messina "Santa Maria della Pietà", a cui era annesso anche il Conservatorio delle trovatelle settenarie. Cfr. Silipigni, 1875. 17 Per un approfondimento sull'assistenza all'infanzia abbandonata nella provincia di Siracusa dal XVI al XX secolo si veda Russo Drago, 2000. 18 A titolo d'esempio si veda la figura 1. 19 In base all'articolo VII. delle Istruzioni del 1816-17, il Parroco poteva rifiutare la ruotara nel caso in cui questa fosse «imperita nella pronunzia delle formola del battesimo, e nella collazione del detto Battesimo, o se non sarà di buoni costumi». (ASPa, 5, 3, art. VII.). 20 Le nutrici dovevano essere pagate in anticipo, in denaro, e «non in generi», con 15 tari al mese (ASPa, 5, 5, art. XV.). Nonostante in quasi tutti i comuni dell'Isola l'allevamento presso le balie fosse previsto fino ai cinque anni per i maschi, e ai sette per le femmine, in una lettera inviata dall'Intendente di Catania al Direttore della Direzione Centrale Statistica della Sicilia, il 6 giugno 1859, si informava che la durata del mantenimento poteva variare fino a sei anni per ambo i sessi in alcuni comuni di quella Valle, in quanto al-cuni applicavano quanto prescritto sul proposito dalle Istruzioni napoletane del 30 aprile 1810, mentre altri seguivano le disposizioni contenute nelle Istruzioni approvate con il real decreto del 21 settembre del 1826 (ASPa, 11). Successivamente, con il real rescritto del 18 luglio 1859 l'età del mantenimento dei trovatelli veniva innalzata a sette anni per i trovatelli di entrambi i sessi. Silipigni, 1875, 33. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVABUARDD DELEENANZLAABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Slika 1: Mesto v ulici Ognissanti v Padovi, kjer je stalo kolo za najdenčke, in detajl notranjosti kolesa. Fig. 1 Sito della ruota degli esposti di Padova in Via Ognissanti, e particolare interno della ruota. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Se la ruotara dipendeva dal comune, una volta ricevuto il bambino, lo presentava alla Commissione amministrativa locale, la quale provvedeva ad affidarlo a balie, debi-tamente pagate dal comune stesso. Se, invece, quella lavorava in un brefotrofio, comu-nicava l'avvenuta ricezione del neonato al responsabile della sorveglianza dei proietti e dell'affidamento al baliatico esterno, che per Messina era un sacerdote nominato Padre de ' Trovatelli21. In entrambi i casi la ruotara aveva l'obbligo di dichiarare se i proietti erano stati ritrovati con una póliza (fig. 2), ovvero con un biglietto ove s'indicava se il bambino era stato battezzato, o con un qualunque altro segno distintivo, per un eventuale futuro rico-noscimento da parte dei genitori. Tutto quanto accompagnava i neonati abbandonati veniva "verbalizzato" in appositi registri d'ingresso, ove si annotavano non solo il giorno e l'ora della "consegna", la presunta età e lo stato fisico del neonato, ma anche gli indumenti che lo rivestivano ed eventuali oggetti o segni che l'accompagnavano. Quei registri dovevano essere custoditi dal Parroco. Ogni bambino, inoltre, prima di essere affidato alle nutrici, veniva battezzato condi-zionatamente, di solito con l'assegnazione di un nome scelto dal parroco e di un cogno-me di fantasia, e poi sottoposto "all'impiombatura": ovvero gli si apponeva al collo una "funicella" di seta, o di canapa, con una medaglietta di piombo avente inciso, da un lato, lo stemma del comune o del brefotrofio in cui era stato ricevuto, e dall'altro, il numero di matricola assegnatogli (ASPa, 5, 5, art. XIII.). Tale operazione, che già a partire dal 1771 aveva sostituito la barbara usanza di «bullarsi nelli carni» i trovatelli, tra gli anni Venti e Trenta dell'Ottocento veniva, in alcuni comuni, gradualmente sostituita con l'apposizione di uno specifico orecchino d'oro (Russo Drago, 2000, 52-53; Silipigni, 1875, 24)22. La di-sposizione tendeva a contrastare le possibili frodi operate dalle nutrici, come ad esempio lo scambio di un proietto morto con un proprio figlio per continuare a percepire l'assegno di baliatico, o l'assegnazione dell'esposto da allattare alla stessa madre in qualità di nutrice appositamente stipendiata dal comune o dal brefotrofio. 21 Per ció che concerneva Messina: «La pratica pella consegna dei bambini alle nutrici che li dimandano è di farli diriggere al Padre delli trovatelli, et quali presa informazione della morale delle medesime li esclude o ne fa rapporto ai tesorieri per permettersene la consegna, ottenuta la di costoro adesione si danno i projetti portando la nota distinta in un registro a tal uopo del giorno della consegna, del numero di ordine del pro-jetto, del suo nome e cognome, di quello della nutrice, e del di lei marito, del mestiere di costui, e del suo domicilio, e diverse altre informazioni secondo il bisogno». (ASPa, 10). 22 II sistema dell'apposizione di un orecchino d'oro era stato sperimentato in precedenza presso il "Conservatorio di Santo Spirito" di Palermo, e nel 1838 veniva esteso anche a tutti gli altri comuni della Valle. Nello specifico si trattava di mettere un «cerchietto d'oro con una pezzetta dello stesso metallo, ov'è impresso un numero, che sarà sempre progressivo, [...] all'orecchio destro del bambino, se è maschio, ed a quello sinistro, se è femina». Tale orecchino aveva come gancio una «pallina di argento» fino, e veniva schiacciato da un apposito torchio, che imprimeva «da una parte una colomba, figura dello Spirito santo, e dall'altra I. P., indicante projezione». (GIPa, 5, 199). Sebbene una ministeriale del 20 novembre 1851 prescriveva a tutti i Consigli degli Ospizi delle province siciliane, l'utilizzo dell'impiombatura al collo (secondo i nuovi accorgimenti, che nel frattempo, erano stati adottati ancora una volta nella provincia di Palermo) (GIPa, 6, 188-189), il brefotrofio di Messina aveva continuato a utilizzare l'orecchino, come segno identificativo dei propri trovatelli, addirittura fino ai primi anni del Novecento (Miceli, 1899, 22-23; Grande ospedale civico di Messina, 1904, 24). Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI 'TERZI" A SALVAGUARDIADELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 2215-232 Slika 2: Primerek tako imenovane 'polize', sporočila, s katerim so zapuščenega otroka pospremili v najdenišnico v Messini (APaSC, 1). Fig. 2 Esemplare di "poliza" che accompagnava un bambino abbandonato al "brefotro-fio" di Messina (APaSC, 1). Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Per evitare tali eventuali truffe, il parroco "principale", considerato il «deputato nato dei proietti», insieme agli altri membri della Commissione amministrativa, doveva ve-gliare sulla custodia dei trovatelli. Lo stesso, periodicamente aveva il compito di contrallare che gli infanti affidati al baliatico versassero in buone condizioni e che non vi fossero irregolarità nel pagamento delle "mesate" alle nutrici (GIPa, 4, 82). Come è stato ben evidenziato nell'analisi svolta da Luciano Allegra, il parroco, a partire dalla Controriforma, da membro interno alla comunità contadina, cominciava ad acquisire una funzione di interfaccia tra controllori e controllati, assumendo quasi un ruolo di "cerniera" o di intermediario con il mondo esterno (Allegra, 1981, 895-947). La vicinanza e la conoscenza della comunità dei fedeli lo portavano ad essere considerato il soggetto maggiormente in grado di esercitare un contrallo sociale sulla sua parrocchia, quasi di garante della stessa. In virtù di ció il prete era anche chiamato a tenersi informato e a sorvegliare, nel rispetto di quella che oggi indichiamo privacy, sul-le gravidanze illegittime eventualmente presenti nella comunità parrocchiale, al fine di assicurarne il parto futuro e avere, a tempo debito, l'affidamento del neonato non tenuto dalla madre. Per il raggiungimento di tale scopo, in caso di impedimenti sopraggiunti, lo stesso parroco era legittimato a richiedere l'intervento dei funzionari di giustizia (ASPa, 5, 13, §. IV). La nascita di un bambino illegittimo rappresentava uno degli eventi che maggiormente suscitava scandalo nell'ambito di una collettività, in quanto strettamente connessa a questioni di grande rilievo attinenti alla morale sociale, quali l'onore e la reputazione personale della donna e della famiglia. Da qui, la necessità di allontanare al più presto il bambino, simbolo del "peccato", per evitare che la vicenda privata diventasse oggetto di pubblico scandalo. Anche a fronte di tale situazione il parroco entrava in gioco in qualità di mediatore per il mantenimento dell'onorabilità di singoli soggetti e gruppi parentali. All'interno di alcuni registri del brefotrofio di Messina relativi alla ricezione dei trovatelli, sono stati rinvenuti alcuni esemplari delle polize innanzi citate, sottoscritte dai par-roci delle zone limitrofe, inviate per presentare e affidare il proietto all'istituzione. Nello specifico, si tratta di "pizzini", nei quali si faceva fede al Reverendo Padre Maggiore del Civico Spedale di Messina, nonché "Rettore dei proietti", dell'avvenuta amministrazione del Santo Battesimo al neonato con l'indicazione del nome datogli. Da un confronto fra le annotazioni risultanti nelle polize e quelle nel registro di ingresso, si rileva che i bambini, alla presenza di una madrina, potevano anche essere ribattezzati con l'assegnazione di un nome totalmente diverso da quello indicato in precedenza (APaSC, 1, fig. 2). Nel panorama appena tracciato, fatto di istituzioni amministrative, "brefotrofi", ruota-re e parroci, s'inseriscono anche tante figure coinvolte nella vicenda dell'abbandono, prime tra tutte le levatrici. Le mammane (come venivano chiamate le donne che assistevano la partoriente) collaborando al parto, comunemente vivevano l'evento dell'esposizione da vicino. Sul finire del Settecento, per la stretta vicinanza tra levatrici e partorienti, l'attenzione del Governo e dei medici verso tali donne diventava crescente (Filippini, 1990, 291-297). Per poter essere abilitate all'esercizio del mestiere di levatrice, veniva prescritto che si dovesse saper leggere e scrivere, essere istruite nell'arte ostetrica, e in grado di ammini- Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 strare il battesimo nei casi urgenti (Castiglione, 2010, 237; GlPa, 3, 120). Specifiche norme disponevano l'apertura di pubbliche scuole di ostetricia presso le sedi universitarie, nonché la diffusione capillare in tutti i comuni di catechismi per levatrici23, «da spiegarsi alcune volte alla settimana dal medico o dal chirurgo del comune» (GlPa, 2, 145). Qualora si trovassero a fronteggiare gravidanze clandestine, le levatrici dovevano far desistere la donna dall'aborto e, se del caso, provvedere direttamente alla sorte del neonato. Talvolta erano, infatti, le stesse "comari mammane" ad aiutare le "madri illegittime" a sgravarsi dei "frutti della colpa", consegnando i neonati, in forma anonima, al brefotrofio. Per esempio, nel caso di Zavonte Maria Candilora, proietta di Messina, si rileva che il giorno 17 gennaio del 1840, alle tre del mattino, fu portata alla ruota del brefotrofio dalla levatrice Mondello, in condizioni di salute buone. La ripetuta espressa indicazione del nome dell'ostetrica nei registri degli infanti abbandonati, fa dedurre la normale conoscenza della stessa da parte dei funzionari del brefotrofio e il riconoscimento del suo ruolo di "traghet-tatrice d'infanti" di cui più volte era stata protagonista, anche se non la sola (APaSC, 1). ALCUNE PECULIARITÀ DEL SISTEMA ASSISTENZIALE VENETO A fronte dei pochi studi disponibili per la Sicilia, la bibliografia veneta in materia d'infanzia abbandonata è assai più ampia24. Appare opportuno sottolineare, innanzitutto, che l'organizzazione del sistema d'acco-glienza veneto presentava differenze sostanziali rispetto a quello siciliano dove ogni comune doveva avere la ruota e provvedere al mantenimento in loco dei propri trovatelli, al fine di evitarne la morte nel trasporto da un luogo ad un altro dotato di adeguate strutture ricettive. In uno dei suoi lavori statistici, Antonio Quadri25 riporta che nel 1826, in Veneto, esi-stevano sette case adibite stabilmente alla raccolta ed al ricovero degli esposti provviste di ruota: una per ogni capoluogo di provincia, tranne che a Venezia, dove di ruote ne erano presenti due, una peró filiale dell'altra. Istituzioni simili mancavano, invece, a Rovigo26 e a Belluno, e pertanto gli esposti della prima città venivano trasferiti alla Ca ' di Dio di Padova27, mentre quelli della seconda alla Pia Casa di Treviso28 (Quadri, 1826, 248). 23 Tra i catechismi di ostetricia editi in Sicilia nella prima metà del XIX secolo si segnalano, in particolare, quelli di Merulla, 1806 e Manzella, 1823. 24 Per un panorama articolato degli studi veneti sul tema si veda, tra gli altri, Grandi (ed.), 1997a. A tale rigu-ardo si segnala anche Povolo, 1989, 92, nota 3. 25 Antonio Quadri, nel periodo in cui elaborava i suoi lavori statistici, era il regio Segretario presso il Governo di Venezia e membro ordinario dell'Ateneo Veneto. (Quadri, 1826, 1). 26 La Pia Casa degli esposti di Rovigo veniva inaugurata nel 1846 ed era annessa all'Ospedale civico della città (Andreotti, 1997, 170-196). 27 La Ca'di Dio di Padova era un'istituzione ospedaliera specializzata nelle cure degli infermi e degli esposti che durante il Quattrocento raggiungeva i massimi livelli organizzativi per l'assistenza ai trovatelli. Per ul-teriori approfondimenti sugli sviluppi storici dell'istituto e sull'attività sociale esplicata cfr. Bianchi, 2005. A riguardo cfr. anche Pastori Bassetto, 1997, 132-143. Nella fig. 1 il sito della ruota degli esposti di Padova, in Via Ognissanti. 28 Per una trattazione approfondita sulla Casa degli esposti di Treviso in epoca austriaca, si veda Visconti, 1997, 152-159. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 Inoltre, esistevano, ventitré «Ospizi pegli Esposti di transito [..] quasi tutti annessi a qualche altro Pio Stabilimento locale», dotati a loro volta di una ruota (Quadri, 1827, 124). Questi fungevano da tramite con gli ospizi centrali, in quanto accoglievano i bambini solo momentaneamente in attesa che venissero trasportati, non sempre senza conse-guenze, in quelli maggiormente attrezzati del capoluogo di provincia. Una pratica non priva di complicazioni e a tal proposito, il professor Povolo afferma che: «Tale decen-tramento favoriva da un lato gli abbandoni anonimi e illegali e, dall'altro, con notevole preoccupazione delle autorità, il passaggio dei bambini da una giurisdizione all'altra» (Povolo, 1989, 100, nota 19). Ovunque, l'ingresso dei bambini negli istituti centrali si poteva realizzare oltre che attraverso la ruota, anche dietro consegna diretta dei proietti da parte di intermediari quali gli infermieri degli ospizi territoriali, i massari, le levatrici. Presso l'Ospedale di San Marcello di Vicenza, per esempio, l'accesso era permesso anche «dalla porta dei carri» o dalla «porta del campanello» (Povolo, 1989, 100). Un contesto in cui emergeva la Pietà di Venezia, se non altro per il maggior numero di assistiti, derivante dall'afflusso di bambini provenienti dalla terraferma e dall'Istria (Povolo, 1989, 117, nota 48). L'identità di ogni bambino introdotto alla Pietà veniva garantita, a partire dal 1807, mediante l'apposizione al collo di un laccio in seta rossa «con un fermaglio di piombo sul quale erano impressi l'anno di entrata e il numero di ruota» (Cosmai, 1997, 263; Grandi, 1997b, 255), sostituendo cosi la prassi della marchiatura a fuoco della "P" di Pietà (Grandi, 1997b, 242-243). Molte balie delle campagne veneziane, allevavano i trovatelli ricevuti dalla Pietà, sino al compimento del dodicesimo anno di età, percependo un salario che si aggirava tra le 7 e 10 lire mensili (Pellegrini, 1995, 186). A livello locale, la vigilanza sugli esposti nei comuni veneti, ricadeva sui Regi Com-missari distrettuali, sulle Congregazioni municipali e in particolare sui parroci: a questi ultimi infatti era demandata la tenuta di appositi "registri di esposti" (Pellegrini, 1995, 186), nei quali si riportavano i nomi dei bambini affidati al baliatico, quelli delle nutrici nonché dei tenutari. Solo a fronte di un'attestazione del parroco, in cui si garantiva che il bambino era vivo e ben nutrito, si liquidava la mesata alle balie (Cappelletto, 1983, 426). Nel contesto veneto, cosi come è stato evidenziato per la Sicilia, comunque, il parroco non rappresentava per l'ospizio soltanto un referente territoriale importante per ció che concerneva il controllo sulle condizioni di vita degli esposti e sulle maternité illegittime. E c'è da dire che, in una circolare del Governo di Venezia del 1832, si biasimava lo zelo dei parroci delle campagne venete nel consigliare alle madri di mandare i figli illegittimi negli istituti assistenziali per sottrarsi allo scandalo (Cappelletto, 1983, 428). Come ha sottolineato Giovanna Cappelletto, il parroco nelle terre venete era protagonista anche nelle vicende connesse all'abbandono dei neonati e alla ricerca delle balie (Cappelletto, 1983, 426). Erano sempre i parroci che, se da un lato sottoscrivevano le fedi di battesimo per l'o-spizio, da un altro lato si facevano garanti della povertà del figlio di genitori conosciuti perché venisse anch'esso accolto e assistito dall'istituzione. A ció si aggiunga che, in ca- Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 renza di balie da latte, erano gli stessi parroci ad essere interpellati dagli istituti, affinché si prodigassero per farne giungere al pio luogo. Infine, per ció che concerne le levatrici, anche i registri degli ospizi veneti riportano casi in cui erano quelle a consegnare i bambini personalmente. In parecchi casi, le stesse, al pari dei parroci, lasciavano presso l'ospizio dei bigliettini in cui spiegavano sinteticamente le vicende legate alla nascita (Cappelletto, 1983, 431-433)29. BREVI RIFLESSIONI FINALI SULLE DUE REALTÀ VENETA E SICILIANA A CONFRONTO Talune differenze strutturali riguardano l'aspetto organizzativo a livello territoriale: se in Sicilia erano direttamente i comuni ove erano stati esposti i bambini che dovevano farsi carico del loro mantenimento, in Veneto questa responsabilità veniva delegata all'ospizio del capoluogo di provincia che, peraltro, affidava i trovatelli a balie residenti nelle campagne d'origine degli stessi, provvedendo al pagamento delle donne. Altre differenze attengono ancora ai metodi di identificazione istituzionale, alla durata del mantenimento dei trovatelli, alla possibilità (in Veneto) dei genitori legittimi di affida-re il bambino all'assistenza pubblica, previa presentazione di una fede di povertà redatta dal parroco, a quella di indagare sugli "occulti" genitori dei trovatelli, e ancora, all'utiliz-zo dell'intermediazione dei parroci, da parte dei brefotrofi, nella ricerca delle balie. Un insieme di pratiche diverse che, unitamente ad altri elementi, come ad esempio il metodo di accettazione dei neonati, contribuiva a rendere quanto mai variegato il sistema dell'assistenza all'infanzia abbandonata nelle varie regioni d'Italia, sia prima che anche dopo l'Unità. Un multiforme e complesso panorama che presenta anche dei tratti di somiglianza, in particolare con riferimento al ruolo dei brefotrofi. Questi, deputati ad accogliere, curare e collocare i figli illegittimi (e talvolta anche legittimi), di fatto sorgevano come istituzioni terze rispetto alle famiglie, in relazione alle quali costituivano un'alternativa quando esse non potevano prendersi cura della prole. In questo senso, sia a nord che a sud, la rete territoriale "di bassa intermediazione" fatta in particolare di parroci e levatrici, si rivelava quanto mai funzionale, non solo per il migliore espletamento delle pratiche istituzionali, ma anche per rispondere alle esigenze di comunità che "mal digerivano" coloro che rappresentavano un evidente frutto del diso-nore: ovvero i cosiddetti "trovatelli". Del resto, gli ospizi, che accoglievano questi emarginati sociali, rappresentavano «una valvola di sfogo» al regime demografico di una società che moralmente ripudiava le rela-zioni sessuali e i figli che nascevano fuori dal contesto della famiglia legittima (Povolo, 1989, 97). 29 Sulla figura della levatrice nella Venezia tra Sette e Ottocento si veda Filippini, 1985, 149-179. Lucia BARBERA: ENTI E SOGGETTI "TERZI" A SALVAGUARDIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA: PRIME..., 215-232 USTANOVE IN SUBJEKTI, »TRETJA STRANKA« PRI ZAŠČITI ZAPUŠČENIH OTROK: PRVI ZAPISI O SICILIJI IN VENETU V 19. STOLETJU Lucia BARBERA Universita degli Studi di Messina, Dipartimento di Studi Europei e Mediterranei, IT - 98122 Messina, Piazza XX Settembre, 4 e-mail: lucia82x@inwind.it POVZETEK Korenine problema zapuščenih otrok segajo v pradavne čase. Čeprav je že dolga stoletja stalno prisotno opozarjanje na problem, smo zlasti v »katoliški« Evropi, še posebej v 18. in 19. stoletju, priča naraščanju tega pojava. Kaže, da je bilo samo v 19. stoletju, ki bi ga lahko poimenovali tudi »stoletje najdenčkov«, zapuščenih najmanj deset milijonov otrok. Da bi bili lahko kos tako obsežnemu pojavu, so po Evropi in tudi v Italiji začeli ustanavljati posebne ustanove, sirotišnice in zavode za najdenčke. V zaključni fazi predstavljene raziskave poskušamo preveriti nekatere osrednje vidike te zapletene problematike s predstavitvijo razmišljanj o ustanovah in subjektih (na primer o najdenišnicah, sirotišnicah, župnikih, babicah), ki so v različnih funkcijah odigrali temeljno vlogo v družbenem posredovanju oziroma so bili vez med »samskimi« materami, neporočenimi porodnicami ali revnimi starši in skrbstvenimi ustanovami. Iz tega zornega kota nam prvi rezultati raziskave, ki poteka znotraj sicilijskega okolja in jih primerjamo s podatki iz beneškega okolja, omogočajo (s preglednim in primerjalnim pristopom) soočanje dveh kulturno in politično povsem različnih stvarnosti. Študij »tretje« strokovno usposobljene strani, ki se zavzema za zaščito zapuščenih otrok, predstavlja novo in vse do danes zelo malo raziskano področje. Zaradi tega je še posebej koristna primerjava med različnimi regijami (v tem primeru med Sicilijo in Venetom) in preverjanje v bistvu zelo podobnih sredstev in postopkov, katerih cilj je zaščita zapuščenih otrok. Ključne besede: zapuščeni otroci, državne pomoči, „Deputacija de, Projetti" v Palermu, župnik, babica, "ruotara". FONTI E BIBLIOGRAFIA ASPa, 1 - Archivio di Stato di Palermo (ASPa), Giunta poi Deputazione suprema degli ospedali per il ramo dei bambini proietti (DP), v. 1, Volume dei biglietti viceregi e dispacci originali (1750-1768), 29-33, 11 gennaio 1751. ASPa, 2 - ASPa, DP, v. 1, 41-56, 11 gennaio 1751. ASPa, 3 - ASPa, DP, v. 1, 57-63, 11 gennaio 1751. ASPa, 4 - ASPa, DP, b. 27, Istruzioni ed altro, ff. n.n. ASPa, 5 - ASPa, DP, b. 28, Istruzioni a stampa, 1-46, 30 aprile 1817. ASPa, 6 - ASPa, Real Segreteria Incartamenti (RSI), b. 5439, ff. n.n., 27 aprile 1813. ASPa, 7 - ASPa, RSI, b. 5439, ff. n.n., 5 gennaio 1817. 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