ANNO XVIII. Capodistria, 1 Novembre 1884. N. 21. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Reiliizioiie. DELLA VITA E DEGLI 'SCRITTI D! CARLO COMBI1) Dal 1869 in poi lo vediamo quindi insediato a Venezia che fu fino agli ultimi giorni di vita il campo della sua attività. E quale uomo egli fosse, già dalle prime lezioni conobbero gli scolari, che sono sempre i migliori giudici dei loro maestri. Le sue lezioni di diritto commerciale erano ammirabili per lucidezza, per ordinata esposizione, per profondità di dottrina senza alcun apparato, senza pompa declamatoria di frasi. Ed egli si trovava ad agio sulla sua cattedra, perchè l'insegnamento delle scienze legali era stato sempre il sogno dorato della sua gioventù. Molte volte la sera, mentre tutti tacevano nello studio paterno, lo vedevamo immerso nei libri, poi alzare il capo, e con un moto suo abituale, poggiando il gomito destro sulla palma della mano sinistra, con l'indice abbassato sul pollice, descrivendo curve nell'aria, mormorare ad un immaginario uditorio la sua dissertazione. E conchiudeva col dire sospirando, che l'insegnare in una cattedra universitaria, era il più degno officio a cui uno della sua professione potesse aspirare. Lui felice, che potè compiere così questo suo voto, e più felice ancora perchè la stabilità dell'officio gli permise allora di riunirsi alla famiglia che tanto amava, chiamando a Venezia i vecchi genitori. E fu quello il tempo migliore della sua vita ; allora gli agi che potè far loro godere, la nuova condizione di capo di famiglia, le cospicue relazioni, 1' alta carica in istituto recente dal quale Venezia risorta molto aspettavasi : tutto questo concorse a dargli un' aria di compitezza signorile, senza la compassata gravità, però, e senza i modi secchi e ') Continuazione vedi numeri ant. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. —; Db numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. | freddi con che molti, in mancanza di meriti | reali, credono necessario di tutelare la propria di-! gr;tà. Ma questo stato felice non durò molto tempo, perchè nel 16 settembre 1871 l'ottimo Dr, Francesco, il vecchio poeta delle liete e sante voglie, dopo pochi giorni di malattia, rendeva la bella anima a Dio. Il dolore del figlio fu profondo, e solo poi mitigato, più che dal tempo, dal vivo desiderio di tramandare con qualche pubblico atto ai posteri la memoria del padre. Perciò presentò al congresso pedagogico, tenutosi a Venezia nel "tsione delle Georgiche di Virgilio in ottava rima, opera postuma di Francesco Combi, alla quale fu dal congresso stesso conferito uno dei primi premi con parole che ne accrescono il valore, essendosi giudicato nou solo che facile era V andatura del verso, esatta e precisa la frase, classico e vivo il sapere che domina da capo a fondo il lavoro ; ma che era tale da onorare la letteratura del nostro tempo. Nè di ciò pago, volle il figlio a proprie spese stampare la versione delle Georgiche con bellissimi tipi dello stabilimento Anto-nelli; la dedicò alla diletta memoria di Leonardo D' Andri, e vi premise una dota prefazione sulla vita e sugli scritti dell'autore. Pubblicando questo volume il Combi si era proposto due nobilissimi fini: rendere solenne tributo di affetto riverente alla memoria del padre, e dimostrare ancora una volta l'ingiustizia del detto : — GV Istriani non sono nè carne nè pesce, se con tali opere poteva concorrere ad onorare la letteratura nazionale. Anche nei lutti di famiglia, il professor Combi pensava adunque alla patria ; le glorie della casa più che onori e vanti famigliari, d' altronde legittimi, erano glorie dell' intera provincia ; non venerava solo negli intimi penetrali i Lari privati, ma aveva di mira i Penati sempre : questa l'idea fissa, la nonna di vita così nelle pubbliche come nelle private vicende. Tornando alla prefazione dettata per l'edizione delle Georgiche dirò che è un monumento aere pe-rennius, alzato alla memoria di Francesco Combi, che è un piccolo modello del genere e in poche pagine condensa una vasta dottrina. Ciò che vi si dice sulle doti della poesia didattica, sulle eterne questioni di lingua e stile vale molti trattati ; gli argomenti sono toccati appena, perchè così è richiesto dai limiti del componimento; ma le poche, precise e serrate parole fanno testimonianza di molta coltura e di taro buon gusto. In queste poche pagine Carlo dimostra uno stile, mi si passi la frase, da signore, corretto in ogni suo atto, ma disinvolto; uno stile libero e vario come il carattere che soggetto alla sola unità del vero, si ribella (trascrivo dalla sua prefazione) contro ogni pretesa d' imporgli atteggiamenti uniformi. Il discepolo del Correnti lavora adunque sul suo; emancipato dalle imitazioni del Vesta Verde; dagli atteggiamenti uniformi. E non andò molto che tutta Venezia conobbe quale uomo fosse il professore Carlo Combi, e andò superba di possederlo. Fu quindi nominato consigliere municipale, e poi assessore pel ramo -scuole; e perciò si trovò per vari anni a capo dell' istruzione pubblica del Comune : fatto questo che onora il Combi e l'ospitale, la gentil or la quale, erede anche in ciò della romana grandezza e politica, concede i diritti di una vera cittadinanza, senza quel chiuso amore del campanile natio che i fratelli d' altre regioni iufìno delle vicine città, anche dopo molti anni di dimora, fa chiamare sempre - forestieri. Ammirabile fu 1' attività spiegata dal Combi nell' esercizio dell' affidatagli mansione. Frequenti le sue visite alle scuole, primo sempre nell' adempimento del dovere, per eccitare con l1 esempio tutti alla santa opera dell'educazione popolare; i consigli e l'indirizzo dato ai maestri ottimo frutto di soda dottrina pedagogica. E dico soda, perchè, se da uua parte egli combatteva il vecchio formalismo della scuola e i rancidi metodi mnemonici, anche uon accettava ad occhi chiusi il nuovo, solo perchè nuovo. Voleva sì nella prima età largamente applicato il metodo intuitivo; ma non perciò rinegava 1' ufficio della parola per 1' educazione della coscienza morale che della sola rappresentazione del sensibile non può essere eccitata, nè meno ancor regolata. Specialmente ebbe a disdegno certi arruffapopoli che de' nuovi sistemi, fraintendendoli, si giovano per crescere i fanciulli senz' alti ideali o per dirla con franca parola senza Dio-, petu- lanti, riottosi, avvezzi a credere e a stimare vero e buono solo ciò che si può vedere e toccare. Queste sue idee e norme pedagogiche inculcava adunque nelle scuole ed anche le manifestò in un discorso pubblicato poi per le stampe, dove specialmente è a leggersi ciò che vi si dice sui vari mezzi per eccitare 1' attenzione dei fanciulli.') Da quanto si è detto facile immaginare come il dotto assessore municipale volesse che 1' educazione fisica ed intellettuale andasse sempre di un passo con 1' educazione morale. Così vedendo, come nell' ora di riposo tra uua tornata e 1' altra della scuola, alcuni provveduti di tanta colezioue allegramente mangia-! vano, mentre altri poveretti in uu angolo rosic-j chiando il nero loro pane, non ebbe pace, finché i non immaginò una benefica istituzione che provvede anche oggi alle colezioni dei fanciulli poveri: e ciò vale ben meglio per la vera eguaglianza che molti discorsi editi ed inediti di que' tali messeri. Il lusso pure è insulto spesso alla miseria del popolo; la soverchia ricercatezza nel seguire la moda, dannosa sempre ed immorale alle bambine. Perciò en-1 trato un giorno il Combi in uua scuola femmiuile 1 di un povero rione, e avendo veduto tra le bam-i bine dall' abitino rattoppato trionfare la maestra i in un abito all' ultima moda, e alquanto scol-i lato : — Scusi, signora maestra, disse, verrò un' altra volta a visitare la scuola. Vedo che lei non na tempo oggi, perchè probabilmente ha da recarsi ad una festa da ballo. -— E preso il suo cappello, se n'andò. Rideranno molti del nuovo Catone: i veri educatori no. Perchè se una certa elasticità è qualche volta necessaria nelle nostre relazioni della piazza, della bottega, e del salotto di ricevimento, nella scuola non mai. Se vogliamo una buona volta formare il carattere, e dare un' educazione seria, posti i principi è necessario accettare anche le conseguenze, tutte le conseguenze ; guai se il bambino ci coglie iu contraddizione aperta con le nostre parole. Pare impossibile come il Combi potesse attendere a tanti e così vari obblighi assunti ; ma il segreto del suo lavoro, come egli stesso dice del padre, era appunto il lavoro indefesso ) senza inutile perdita di tempo. Non già che egli si rifiutasse dal frequentare qualche volta, specie nelle sere d'estate qualche caffè o birreria : piuttosto avea 1' arte di usare anche dei ritagli di tempo, arte che si può riassumere in tre parole: — Noti ore bruciate. Quanto tempo si spreca di fatto comunemente tra un' occupazione e 1' altra ! Il Combi ') Discorso dell' assessore prof. Carlo Combi ecc. ecc. Venezia Tipografia Longo 1879. -) Nella Prefazione alle Georgiche pag. XI. no, e avea sempre a mano qualche utile e breve lavoro per riempire il tempo, anziché gingillarsi, come si dice, per far 1' ora ; e ciò dimostra in lui una mente sveglia e pronta ad afferrare le idee, senza bisogno di accordi e preludi. Se poi in qualche straordinaria occasione, come durante un viaggio, o nel soggiorno in campagna 1' autunno (nel suo miglior tempo era solito asolare sulle Alpi Carniche) doveva smettere dagli studi prediletti, anche allora, seguace del motto Nulla dies sine linea, trovava modo di dedicarsi a qualche studio con carte e libri che avea seco recato; senza dire che anche dai viaggi traeva materia di studio, perchè, visitando una città, non solo voleva conoscerne i monumenti e la vita esterna, ma anche le instituzioni, le opere di beneficenza, e prendeva appunti per nuove applicazioni nelle scuole e negli istituti della sua diletta Venezia. Nello spacciare poi tante e si varie faccende anche gli giovò la snella andatura e le membra esili ma sane. Pochi minuti gli bastavano per recarsi in parti lontane della città, e bisognava vederlo, preoccupato tutto, dell' officio suo, senza vedere, senza udire altro, correre a gran passi dove lo chiamava il dovere. Un giorno egli andava di carriera per giungere a tempo alla scuola; ma avendo trovato impedito il passaggio in una stretta calle da una frotta di donnicciuole e di barcaiuoli, si fece far largo con qualche vigoria delle braccia, e tirò innanzi di fretta borbottando a capo basso. Un barcaiuolo, anziché risentirsi per quel largo ottenuto così energicamente, gli gridò dietro in tono tra comico e tragico: — No sarà gnente, no sarà gnente ; e tutti in coro a ripetere canzonando: — No sarà gnente, no sarà gnente. Nel raccontare questo fatterello, anche molti anni dopo, Carlo si sbellicava dalle risa; e ne traeva argomento a mostrare la proverbiale arguzia e bontà del popolino della sua cara Venezia : e con questo intendimento qui si registra. Così essendo nota a Venezia e fuori, 1' intelligenza, l'assiduità e la specchiata onestà del Combi, alcuni misero innanzi il suo nome per la candidatura all' officio di deputato in un collegio del Veneto. Assai fu discorso in proposito a San Vito del Tagliamento, e in favore del Combi si adoperò un suo nuovo amico: Don Antonio Cicuto, Arciprete di Bagnarola, successore al Brovedani, pel quale il nostro Besenghi scrisse la sua celebre canzone. Ma i soliti arruffoni cominciarono a vociare al clericalismo, non sapendo forse che quando essi avevano tra le gengive la zannina, il Cicuto perdeva la cattedra per ordine superiore, e ripa- rava a vita privata in Trieste. Se il Combi poi avesse voluto, certo avrebbe potuto riuscire a sedere in Parlamento; ma troppo è noto come egli riteuesse prezioso „quel suo costante sentimento di nobile fierezza che lo faceva rifuggire da qualunque dei m.odi, il quale potesse prendere la più \ lontana sembianza delle noti arti di mercare, ele-mosinare, scroccare la fama, così diffuse nelV età nostra, e piene di così minute astuzie e affannoso studio di aderenze, di omaggi, di mutue ammirazioni, di auto - panegirici, di stereotipi ritornelli del proprio nome. Con queste parole e con questo calore di stile il Combi faceva 1' elogio del padre | nella più volte citata prefazione1); e poiché così | evidentemente scolpiscono le virtù pure del figlio, io qui le ripeto, assai più efficaci d'ogni mia parola. Non è a credere però che i pubblici offici del tutto lo togliessero a suoi studi prediletti. Grli stava a cuore di compiere il secondo volume del Saggio di Bibliografia Istriana, che doveva contenere l'indicazione di tutti gli scritti degl'Istriani stessi su qualunque argomento, mentre il primo volume, già edito, raccoglie gli autori di ogni luogo che trattarono dell' Istria. Benché nou 1' abbia poi potuto condurre a termine, per due ragioni che si diranno a suo tempo, pure si può sperare che non sarà difficile ad altri di metterlo assieme, perchè già nel 1873 egli dichiarava pubblicamente di poterla pub-bitcare' fra non molto2). Ed anche dava opera a scrivere opuscoli vari d'occasione, sempre con l'intento di far conoscere la sua diletta provincia, e a leggere dotte monografie nell' Istituto veneto di scienze e lettere. Altri rammenterà qui il noto proverbio — Plurimis intentus......; ma a torto, perchè ciò che può essere colpa in altri letterati, in lui era virtù di sacrifizio, virtù di dedicarsi tutto a ciò che dalle circostanze era indicato opportuno e necessario pel bene del suo paese, fosse anche con danno della fama che egli, seppe sempre posporre memore del detto del Sacchetti : «Del suo ben proprio giammai non si cura, Pel ben comun combatter sempre è pronto ; E queste son le cittadine mura." Così Carlo Combi fu sempre il modello del vero cittadino. E ciò non avvenne per noi con detrimento della sua fama ; perchè tanto era 1' a-cume, tanta la lucidezza della sua mente e la vastità della dottrina, che egli poteva benissimo serbare intero il senso alle singole cose. Così nell'apparecchiare materia per il Saggio di Bibliografia istriana, essendosi imbattuto in Pier Paolo V iieorgiche di Virgilio pag. XV. 2) Vedi Prefazione alle Georgiche pag. XIII in nota. Vergerio il Seniore, e non parendogli che di quel-l'illustre suo concittadino fosse abbastanza valutato l'ingegno, tutto si dedicò a studiarne le opere e a pubblicare il suo epistolario. Rimettendo a tempo più riposato, e forse per la vecchiaia, la pubblicazione del secondo volume del Saggio di Biliografia; il Combi si sobbarcava all'immensa fatica di lunghe ricerche per una dotta Monografia sul Vergerio, sempre nell' interesse della sua diletta Istria ; bene avvisando che le Bibliografie si consultano da pochi dotti nelle biblioteche; mentre uua monografia, così vastamente ideata, di un celebre umanista non troppo noto, poteva più sollecitamente richiamare l'attenzione di molti. Questa è una delle cause per cui rimase interrotto il primo lavoro. (Continua) P. T. Ancora dello Stratico Spettabile Direzione, Cittanova ottobre 84 Nel numero 12 di cotesto periodico, a pag. 100, lessila domanda se nel Duomo di Cittanova fu eseguito il coro collo stemma degli Stratico. Per quanto ricercai non potei trovare l'arma di quella famiglia, sibbeue ne vidi un'altra dell'ultimo vescovo cittanovese con sotto una iscrizione recante 1' anno MDCCCIII, e che principia così; theodorvs . lavretanvs . de . comit1bvs . balbi episcopvs aemoniensis e dopo enumerati i titoli del prelato finisce con queste parole : canon1corvm . capitvlo . sibi . charissimo . ao . clero ex . ìntegro . aere . proprio . restitvi ampliarl . exornariqve . ivssit mdccciii Gli atti del Consiglio Nobile di Cittauova furono hi vari tempi e per vari motivi, in gran parte sperperati. Neil' anno 1808, gì' Inglesi, dopo aver danneggiata la nostra città colle loro palle gittate dalle navi, entrarono quivi e bruciarono i carri dei cannoni abbandonati dai Francesi fuggiti a Cittanova. In quell'iacoutro molte carte dell' Archivio Comunale andarono distrutte dalie fiamme. Con tutto ciò l'Archivio Veneto Comunale contiene parecchi metri cubi di grossi volumi e filze, fra i quali si potrebbero trovare gli autografi degli Stratico e la parte presa in favore di quella illustre famiglia. Ci scrivono : LA PERONOSPORA Onorevole Redazione, La peronospora che serpeggia già da qualche anno uella nostra proviucia, ha preso quest'estate uno sviluppo spaventevole in molti luoghi, per fortuna abbastanza tardi, quando i grappoli erano arrivati ad una discreta maturazione, per cui si è potuto fare la vendemmia ed il vino. Vino infelice, ma che si venderà bene causa la generale scarsezza. Ma se si pensa all'anno venturo? Chi ci garantisce che nella primavera le nostre viti non siano colpite dallo stesso malanno e restino senza foglie nel cuore dell'estate. — E intanto non tenteremo qualche rimedio? Ma quale? — Io mi sono procurato di reputati periodici agrarii, e malgrado che non vi abbia trovato ciò che cercavo cou ansia, cioè lo specifico per distruggere la terribile malattia, pure qualche conforto vi ebbi dai consigli di distruggere tutte le foglie cadute dalle viti ammalate, e di cospargere il tronco e i tralci con lo zolfo o colla polvere di calce, oppure di aspergerli cou una soluzione diluita di acqua di calce. Autorevoli agronomi ritengono che il rimedio gioverebbe, ma a condizione che tutti o almeno moltissimi in una data zona lo adottassero precisamente come per l'oidio. A questo scopo il Consorzio agrario trentino convocò i soci per tentare almeno questa lotta contro la peronospora. La nostra provincia che non ha più una società agraria, dove ancora non furono organizzati i cousorzii, dovrà dunque rimanere abbandonata all'invasione? Ecco una bella occasione per il signor maestro ambulante di agricoltura di percorrere la proviucia e predicare la guerra alla peronospora. Nou sarebbe troppo se davanti tauto pericolo, anche la Giunta Provinciale con una circolare ai Muuicipii eccitasse alla lotta, e diffondesse una istruzione pratica ad hoc compilata dalla direzione della stazione sperimentale. Insomma moviamoci! LA COLONNA DÌTSANTA GIUSTINA eretta dai Capodistriani ad onore del loro Podestà Andrea Giustinian ed a ricordo della vittoria di Lepanto eoa molte digressioni e vari documenti per G. VATOYA Lettera aperta al dottar Albino Zenatti — a Roma.*) Dico dunque, seguitando, che il fusto della Colonna e la sua base nulla presentano di notabile all'infuori di quello che ò accennato di sopra e vengo al dado e alle sue iscrizioni. Ciascuna delle quattro facce à, come s' è veduto, con le cimase una superficie di m. 1.03X0.50. Le lettere d'un bel maiuscolo romano sono alte, quelle dei primi due versi di A e varie iniziali anche di B e C specialmente di nomi propri, min. 45, le altre fra min. 35 e 36, ma assai danneggiate dal tempo e dalle sassate, a cui i monelli fecero bersaglio il monumento, come ò accennato; distanti le linee l'una dall' altra or 20 or 25 mm. Le lettere di sopra sulla cimasa sono alte mm. 70. Ma ecco le iscrizioni qualmente le leggo io, indicate le lettere qua e là più o men corrose con caratteri leggermente scalfiti : *) 'Cont. vedi numero ant. A ■ ■ ■ 'ir 1 ANDRENE IVSTI 1 NI ANO qui Pr^et. anno !! MAX. INSIGNIS 1 ADVERSVS TYROAS in Ambrogio sinv ADVOOATA CVRZOL VICTORIA QVOMOD ET SEIPSVM VINCERE ET ALIIS BENE PRJ3ESS CONTINGIT IVST1NO POLIT. SYO EXEMPLO PRiEMONSTRAT l::: — B Palladis et ivstini ci VITA S tantje VIRTVTIS in pr^ECIPVA VN! versi christiani orbis l^etitia speotatrix non o ci os A petro doct. ver gerio favonio et iosepho doct. ve rona syndicis procvrantibvs La prima, quella sulla faccia A — come vede — si legge per intero senza difficoltà; ma è vero altresì che mal s'intende. Il latino è, mi pare, sgrammaticato, la costruzione zoppica, epperò non bene s'intravvede il nesso logico, con cui i concetti sien fatti dipendere l'uno dall'altro. Al più, con un po' di buona volontà, se ne cava il succo. Che se ne deve mai pensare ? Sì grave trascuratezza in cosa, a cui que' nostri buoni vecchi dovettero pure annettere non picciola importanza e solennità? E le iscrizioni certo composero, o almen rividero, i due sindici dottori! e, come si vedrà dal saggio oratorio che del Vergerio recherò in Appendice — B —, i suoi concetti ei li sapeva esprimere con disinvoltura e non senza una cotale eleganza ! Certo si dee imaginare qualche errore dello scalpellino e l'architetto illustre del capitello — se fu presente — non la guardava così nel sottile. E gli altri dissero: cosa fatta capo à. Io credo che quell'S ultima della parola IN-SIGNIS l'abbia tenuta lo scalpellino necessaria alla simmetria — come s'ingannò nel prendere le misure dei versi ottavo e decimo e dovette poi om-mettere per mancanza di spazio e l'ultima 0 di QVOMODO e l'ultima E di PRJ1ESSE — ed abbia letto poi, verso ottavo, VICTORLE in vece di VICTORIA e, verso undecimo, CONTINGIT in vece di CONTINGAT, e forse commise altri errori o di trasposizione e d'altro. Ma que' soli supposti ed emendati, io compirei e leggerei così: Andreae Iu-stiniano | qui Praet[or] anno max\ime] insigni | adversus Turcas in Ambracio sinu | advocata Cu-zoì[armn\ Victoria \ quomod[o] | et se ipsum vincere | et aìiis bene praeess[e] | contingat \ Iusti-nopoìit[atiis] | suo exemplo praemonstrat. E spiegherei: Ad Andrea Giustinian che, pretore in anno sommamente glorioso per la vittoria sui turchi nel golfo ambracio, detta delle Curzolari, come si faccia e a vincere se stesso a ben presiedere gli altri, ai giustinopolitani con l'esempio suo proprio insegna. Resterebbe a commentare quel vincere se stesso, se non va tradotto altrimenti. Sarebbe mai quel che i nostri contadini chiamano far de l'impossibile ? Ma già mi affido a lei : certo saprà meglio di me e leggere ed emendare e interpretare e commentare la un po' strana epigrafe. Della seconda, sulla faccia B, sebbene più malandata della prima quanto alla conservazione delle lettere, ed è facile, o m'inganno, supplire quel che manca e risulta chiarissimo il senso : di Pallade e di Giustino la città, di così gran valore nella singolare letizia di tutto V orbe cristiano spettatrice non oziosa, Pietro Dottor Vergerio Favonio e Giuseppe Dottor Verona Sindici procurando. Il Luciani vorrebbe supplito ACTEjE alla fine della prima riga piuttosto che ET; ma a me una T mi pare bensì di vedercela e prima di lei ci sarebbe forse spazio sufficiente per le lettere AC, ma non dopo per EJE. Della terza iscrizione, dal lato C, non resta ormai che il magro frammento della fine, il resto affatto affatto corroso specialmente, io credo, per la qualità della pietra poco resistente alle intemperie e agli spruzzi dell'acqua marina. Yi si leggono le parole sublimi HO[NOR ATQVEJ — così penso si possa forse riempire l'undecima riga — GLORIA. Nelle righe ultime v' era forse indicato per intero 1'anuo, il giorno e il mese, che il monumento fu eretto: [ANNO D. vel AN. DOM. MDLX]XII.X1I| [MENSIS vel DIE vsl potius KAL.] OCTOBRIS. 0 sa lei riempire meglio e più? La quarta faccia non serba indizio d' essere stata incisa mai e forse non fu mai, sì è liscia e non ci si vede, come notai, neanche la lettera D, della quale dovrebbe andar segnata. Ma, perchè, richiesto del significato delle iscrizioni qualche vecchio concittadino, anche rispettabile persona, ma del leggerle mal pratico, mi rispose: „ei son nomi, nomi, nomi" — c' è forse da credere che sulla quarta faccia fossero scolpiti i nomi dei prodi che combatterono alla gloriosa battaglia e vi si distinsero con Domenico del Tacco? o di tutti o di quei soli che meglio degli altri si copersero di gloria o di quelli soltanto che nel cimento lasciaron la vita o de' sorvissuti ? — Io noi crederei, perchè troppo liscia è la pietra. Ma se le iscrizioni un bel giorno da qualche polveroso scaffale saltassero fuori intere ! E con questo desiderio, carissimo amico, avrei terminato il mio cómpito e attenuta la promessa, con quanta soddisfazione di lei, non so. Ma, poi-ch' ella si propone di discorrere anche degl'istriani eh' emersero in altre guerre contro i turchi in quel torno di tempo, non le sarà discaro, s'io le comunichi e colga per tal modo 1' occasione di publicare un* altra epigrafe, pure del secolo XYI, la quale riguarda del pari le guerre de' veneti, epigrafe rimasta — quanto io ne sappia ed altri — fin qui inedita e, non che inedita, quasi inosservata.11) La lapide è dal fratello Francesco e dai nepoti figli di questo, cavaliere Nicolò, dottore Leandro, Za-rotto e Giovan Paolo12), mestissimi, come si legge, dedicata alla memoria di Antonio Zarotti, splendidissimo cavaliere, il quale, sopracomito per i giustinopolitani d' una galea veneta nella guerra contro il turco, morì a Candia nel 1539 nell'età d'anni 55, cagionando immenso dolore a tutta 1' armata, di cui ottimamente avea meritato. Egli è quell'Antonio Zarotti, di cui tocca lo Stancovich nella Biografia, T. Ili pg. 19 N. 290, riferendosi al Man-zuoli Nova Descrittione dell'Istria pg. 86. Dove non è detto nè quando sia nato nè quando morto: onde chi rifarà il libro del benemerito canonico anche di questo granello potrà giovarsi per rendere più compiuto quel cenno. I graneli gempono i curateli dicono i nostri buoni amici di Pirano — e sia maledetta la fillossera! Ma l'iscrizione, serbato fedelmente il testo com'è e la grafia, è questa: ABC ANTO* IO ZAl OTO EQV11 SPLEfs )IDISS QVIB1 LLO CO [TRA TVRt 1S svs CEPTO TRIREls [ VENE! JPRO IVST1 POPOLI "ANIS PREFE OTVS C IETE SVMO CV TC. nvs' CLAS SIS ME IORE DE C „VA OF TIME MEE TUS EL AT E VI "A DECI 3SIT àNO • D M-D-X5 XIX E Ti :IS-LV- P iANC ] t ET EX HOC NI JOTES N 1 OL • EQ nss LEANE ER DO CTOR • ZAR • El IO • PAV VS 1ESSTIS . p. UMIIlllllllllllll! llllllllllilllll E prima che mi accommiati, permetta, egregio amico, ch'io ritorni per un momento alla battaglia delle Curzolari e le riferisca una tradizione ancora e due altre memorie scritte che quella riguardano. Come vuole il popolo, Domenico del Tacco — de Otiacco leggo nel Libro de' Consigli Pc. 125v, dov'è detto dell'elezione di lui a sopraco-mito della trireme giustinopolitana, ai 25 marzo 1571, in luogo di Giambattista Gravisi, il quale vi rinuncia per malattia, documento che già le comunicai, ed altrove piii volte — egli non avrebbe preso ad una capitana turchesca soltanto lo stendardo che ai tempi del Naldini animiravasi ancora nella soppressa chiesa de'Servi — nè già di S. Domenico, come per isvista si stampò in questa Provincia XYII 11 pg. 84 c. II ; v. la mia nota 11 —; ma sì ancora il fanale dorato che pende tuttora dal mezzo dell'atrio di casa Tacco, nella futura via Santorio, e due cassoni che là sono posti in un canto. Il Marsich poi mi comunicò di aver letto negli Atti del vescovato di Capodistria che si conservano manoscritti nella cancelleria vescovile di Trieste, che «nel giorno di s. Giustina, anniversario della battaglia di Lepanto, le autorità ecclesiastiche e civili giustinopolitane si raccoglievano, per assistere a solenne funzione religiosa, nella chiesa dei ss. Vito e Modesto"13); ma non è al caso ora di precisarmi più da vicino il passo nè di dirmi da quando tal consuetudine datò nè per quanto tempo proseguì. Certo sarà cominciata d'allora che la Serenissima annoverò il 7 ottobre tra le feste repentine. Per ultimo nel Libro Q de'Consigli a c. 35 r. e v. che la seconda delle due parti prese nel Maggior Consiglio addì 24 agosto 1574, Podestà Giov. Ant. Venier, va d'incaricare gli ambasciatori — Giacomo del Bello e Zuanne Vittorio, ma prima s'era occupato della bisogna anche il nostro Pietro Vergerio — d'insistere negli adopra-menti presso Sua Serenità, onde ottenere la concessione d' una fiera franca, che debba durare giorni quindici, cominciando da quello di s. Giustina.'4) Nè penso io già, amico carissimo, di entrare nell' argomento suo, intorno al quale, come imagina il Luciani, ella con l'ammirabile sua abilità avrà fatte le più ampie e diligenti ricerche e raccolti i particolari piti minuti di persone e di casi da mille fonti. Sicché non le sarà difficile dimostrare che pure di questo fatto l'Istria e Capodistria, come dice l'iscrizione, non furono no spettatrici oziose. — Io, quanto posso dar tutto le dono. Se ne giovi come meglio crede e può : quello che trova inesatto corregga e quel che manca supplisca. E viva sano e operoso. Salara di Capodistria, vacanze estive 1884 Atf.nio suo ti. V. ILT otizie All' ili. podestà di Capodistria venne intimato un decreto con cui la Luogotenenza di Trieste scioglie il Consiglio Municipale della nostra città ed ordina novelle elezioni. Il decreto, benché non motivato, sembra sia stato emesso in seguito alle deliberazioni adottate dal Consi-I glio Municipale nell' ultima sua seduta per onorare la j memoria dell' illustre nostro Carlo Combi. A fungere la dirigenza interinale venne nominato l'egregio nostro concittadino sig. Andrea Bratti. Il giorno 20 ottobre venne inaugurato a Torino il Congresso internazionale fillosserico. Il ministro Grimaldi nel discorso di apertura constata gli effetti poco consolanti del solfuro di carbouio e di altri rimedi sperimentali, spera in altri provvedimenti, e accenna pure alla trasformazione della coltivazione della vite europea colla introduzione della vite americana. Erano rappresentati da illustri scenziati la Francia, la Serbia, la Rumenia, la Spagna, il Portogallo e la Germania. Lettere agricole istriane. IV. Sembrerà strano che alla mia ultima ne faccia seguire ancora un' altra di argomento molto triste, in particolar modo pei viticoltori. S'indovina subito che intendo parlare della fillossera. A Pirauo si ospita la fillossera fin dal 1880. Subito si sarebbe potuto prevedere che il triste flagello non avrebbe tardato a dilatarsi non soltanto nel territorio infetto ma auche nei limitrofi. Chi si porta ora nella valle di Siciole, non può fare a meno di provare un senso di raccapriccio e rimanere desolato alla vista di quegli ubertosi vigneti chiazzati qua e là da macchie gialle, che di anno in anno vanno dilatandosi e che ora hanno già investito parecchie ceutinaja di migliaja di viti. Sappiamo che contemporaneamente a Pirauo, era stata trovata la fillossera anche a Isola; l'anno scorso si è propagata a Salvore, questo anno a Materada.....e chi sa ancora quanti altri territori si trovano" già infetti. La supposizione, credo, uon ha punto dell'inverosimile. Applicato, poiché fu constatata l'esistenza del terribile afide, il sistema distruttivo col solfuro di carbonio, non si ottenue dei buoni e pratici risultati, ciò che è a dolersene assai, in quanto ci consti, che con questo sistema non si è riusciti da noi a distruggere neppure il più piccolo focolare d'infezione. Sappiamo per lo con» trai io che nelle provincie di Milano e di Corno, a Porto Maurizio e in Isvfzzera. località tutte nelle quali si trattava difendere importanti regioui vinicole, il sistema distruttivo, applicato con diligenza e perseveranza, fu molto efficace; anzi servì ad arrestare totalmente il male in alcune località. Non voglio qui erigermi a giudice dell' operato dell'Oli. Commissione, incaricata di difenderci dalla fillossera ; certo però che la fiacchezza con la quale sono stati presi questi provvedimenti, contribuì non poco a rendere inefficace il sistema adottato. Da due anni a questa parte si volle tentare il sistema curativo, mediante injezioni nel terreno di solfuro di carbonio. Questo metodo applicato altrove, specialmente in alcuni dipartimenti della Francia, ha dato un qualche risultato; certo però che noi coli'applicazione del sistema curativo non si scioglie il grave problema di difendere la viticoltura istriana dalla invasione fillosserica. Che se si intende di introdurre il solfuro di carbonio quale rimedio usuale, come si fa ora con lo zolfo per combattere 1 oidio, riteugo che una cimile spesa non la potrà sostenere che pochissimi dei nostri viticoltori. D'altronde questo sistema, qualora fosse applicato, non si avrà più dalle viti quel reddito che è necessario per sopperire alle ingenti spese a ciò necessarie; il che equivale a non applicarlo. Sta bene che si facciano esperienze col sistema curativo; anzi sarei ben lieto se un giorno potessi citare dei fatti che contradicessero quanto ho qui esposto; so peraltro che fino ad ora in Francia, i vigneti trattati col metodo curativo vanno sempre più diminuendo; mentre invece si vauuo moltiplicando nuovi ed estesi impianti di viti americaue. Le viti americane souo in oggi considerate da tutti, quale ultima aucora di salvezza per ripristinare i nostri vigneti. Molti che prima erano assolutamente contrari a questa opinione, cominciano ora a ricredersi, ciò che trovo correttissimo e punto degradaute. È vero che il numero delle varietà delle viti americane ritenute resistenti è ora diminuito di molto in confronto a quauto ritenevasi negli anni decorsi; ma ciò era d'attendersi, poiché codeste viti erano assai poco coltivate, epperciò erano anche poco bene conosciute rispetto alle loro esigenze; in secondo luogo, delle molte varietà, ve ne sono alcune che per le condizioni del clima e del terreno non possono fra uoi attecchire. Abbiamo due specie di viti americane, la cui resistenza è assolutamente incontestata fino ad ora: VAesti-valis e la Riparia ; la prima per la produzione diretta, la seconda come portainnesti. Oltre a queste ve ne sono delle ibride, fra le quali metto per primo il York * Madeira, il quale per la quantità di frutto che dà, può essere coltivato per la produzione diretta. Molti potrebbero obbiettarmi, che al modo stesso che una volta era maggiore il numero delle viti ritenute resistenti, così auche quelle varietà che ora si dicono resistenti, potrebbero non esserle in avvenire. Va bene tutto ciò, anzi lo voglio ammettere auche io, quantunque non ne sia proprio persuaso; ma quando constato che codeste viti mi resistono in Francia già da 10 e 12 anni, poco m'importa se dopo tal epoca dovessi estirparle. Durante questo tempo non ho forse ricavato le spese dell'impianto ed anche tanto di più da poterlo rinnovare? E per questo che io non mi so capacitare, come in Istria uon ci sia ancora alcuno che abbia pensato a prepararsi uu vivajo di viti americane : e se il governo non permette l'importazione dei magliuoli rispettivi, perchè non si è provveduto colla semina? Nella provincia di Bergamo, ci si trovava al mede-| simo caso; ma tuttavia sono ricorso alla semina ed ho ! ottenuto, è vero, molte piante maschi, altre che non mi corrispondevano al tipo, ma a forza di selezione souo riu-! scito ad avere un discreto numero di piante, che ora valgono quanto oro pesano, poiché con queste annualmente : si otteugouo migliaja di piante che vanno distribuite ai | viticoltori della proviucia. Questo lavoro poi uon richiede | nè gran tempo, uè gran fatica: le semine l'ho incomin-| ciate nel 1881, e già daii'auno scorso ne ho ottenuto da quelle piante, il frutto. I territori di Pirauo. Isola e Capodistria, aumentando l'invasione fillosserica, che del resto è indubitabile, hauno un altro mezzo ancora per ripararsi da cotanto disastro nella economia agraria: sostituendo cioè alla viticoltura la frutticoltura, la quale potrebbe occupare altrettante braccia, quante ora sono impiegate colle viti, e la rendita non sarebbe sicuro inferiore. Ma anche a questa sostituzione siamo forse preparati ? Che cosa si farà nel periodo della crisi inevitabile ? Viti americane no, frutta no. . . io ci vedo un orizzonte molto, ma molto oscuro. E dato che la fillossera prendesse come prenderà, più vaste proporzioni ed invadesse terreni uon atti alla frutticoltura, quali espedienti si escogiteranno ? Io rabbrividisco tanto più, in quanto osservo che assai poco ci si preoccupa. D. Dr. I. PUBBLICAZIONI IVotizie degli istriani viventi nel 1829, distinti per lettere, arti ed impieghi, del canonico Pietro Stancovich da Barbana, pubblicate per cura del Dr. Felice Glezer da Rovigno, Pareuzo. — Tipografia di Gaetano Coana, 1884. CAfOliltìrBlA, Tipografi!, di Carlo l'riora. l'iefró Mn.l'ini-T/.i — Anteo Uravisi edit.e redat. responsabili.