ANNALES 10/''17 saggio identifico originale UDC 811.13*282:631.312(497.5 Istra) IL PRIMITIVO ARATRO NELL'IDIOMA iSTRSOTO DI SISSANO 8arbara BURStC GtUDICl Facoltà di pedagogía di Pola, HK-52000 Puta, Meduimska 3 RIASSUNTO Con il presente saggio si vuole acordare i nomi dette varie parti costituenti il primitivo aratro sissanese nei suo típico idioma istrioto. L'antico diaietto è privo di tradizione scritta, non si rinnova e perde rápidamente parole e costrutti. A causa di quanto sopra esso sta progressivamente scomoarrendo Parole chiave: aratro, istrioto, Sissano La popolazione di Sissano, protagonista spiccata e insostituibile nello scenario isíriano, k prevalentemente occupata nella campagna di cui ne conosce ognt segreto e puó esprimere perizia, intelíigenza e soprattutío a more per la propria térra. L'agricoltura e un campo che, piü degli aítri, rifugge per forza maggiore da muta • menti perché priva di mezzí, esperti di scuole agracie, di applicaziorte di misure agro-tecniche e i! tutto é salda-mente attaccato alia tradizione. Quindi, ringraziando la mancata evolucione, l'ostinato trasferimento di pro-cfivitá e disposizioni innate per una certa attivitá agrícola, i a terminología agrícola si é conservata al massimo. É intorno a queste vecchie usanze, intomo ai termini a queste inerenti che ancora sussistono, che si puó scrivere la storia di Sissano. "Buon Iavoratore, buon agricoitore" "Et virum bonum quom laudaban?, ita laudabant, bonum agricolam bonumque colonum Amplissime íauciari existimabatur qui ¡ta laudabatur" (Quando poi lodavano un onest'uomo, lo lodavano cosí: é un bravo agricoitore e un bravo colono. Questa si considerava la massima lode). (Catone, 1936, 84) Gli antichi Román i erano stati per tungo tempo dei campagnoii laboriosi e rozzi, intenti solo a col ti vare i loro campi, a combattere contro i ¡oro nemici, a compiere le pratiche della religione. II vecchio Catone, nel suo libro suil'Agricoltura, c¡ da un'idea dei loro costumi: "i nostri antenati allorché essi volevano faro l'elogio delí'uomo, dicevano: - Buon lavoratore, buon agricoitore - e questo elogio sernbrava il più grande che si potesse fare". Catone cita pure alcuni dei loro vecchi proverbi: "Cattivo agricoitore è quegli che compra ció che ta terra puó fornirgli"; "Cattivo economo è quegli che fa nel giorno ció che egli puó fare nella notte"; "La coltivazione dei campi è cosí fatta che, se tu ritardi una sola faccenda, ritarderai puse tutte le altre", E Cicerone t'a dire a Catone "t dilelti che prova l'agricoltura mi sembra che siano i più conformí alia vita delí'uomo veramente saggio". (Nudrey, 1992, 22) L'importanza della coltivazione del suolo in itaíia fu enorme. CI i scritti di Catone, Varrone, Virgilio, Coíu-mella, Palladio e le numeróse feste agricole (Floralia, Vinalia, Fordicidia, Cerealia, Parilia, Robigalia) dimos-trano quanta influenza l'agricoltura ebbe sulla forma-zione della potenza di Roma. il clima mite di questa regio ne favori sin dai tempi più rernoti varie e diversifícate col tu re delle quai i vanno ricordate in particolare modo ta vite, l'olio ed il grano. Esempi simili lí troviamo anche in Italia nord-orientale: la pianura del Po era favorevole alia semina, menlre le pendici delle montagne favorivano i vini e gli oli. Fino al 200 a.C preval se la piccola propriété (Catone cbiama ottimo il fondo di 240 iugeri, (iugero cornsponeva alia superficie che una' coppia di buoi poteva arare in una giornata di lavoro. ¡ugerum deriva da iugum = giogo. La íunghezza era calcoíata in base alia misura di un piede, cioè 30 cm circa). Il proprietario sorvegliava diret-tamente l'agricoltura; egli viveva nella sua villa delta 335 ANNALES 10/-97 Bst|»ra RURSIC ClUDICl: Il PRIMITIVO ARATRO NfcLl'IOIOMA ISTRIOTO DI SISSANO. U5-342 urbana ma accanto a ¡u¡ era la villa rustica del fattore con le stalíe, la tinaia, le tettoie per i carrí e per gli strumentí da lavoro, i! frantoio, ii granaio e diverse stanze per gli schiavi. Dal 200 in poi ¡'enorme quantitá di grano prodotto in Sicilia ed in Africa, determinó l'abbanclono di questa . altura nelle nostre regioni. Da allora i piccoli pro-prietari terrieri si ridussero alia sola coltivazione di vigneti e di oliveti, e aii'allevamento del bestiame. Le grandt proprieta sono amministrate da fattori che grada ta mente sfuggono al controllo dei proprietari i quali non si curano d'altro che della riscosstone delie retidite. "Vereor, ne supremus ante me ches occupet, quam universam disciplinarri ruéis possira cognoscere" (Ho paura che prima della morte non potro conoscere I'arte della campagna, cioe la scienza de! l'agricoltura). (Coiu-mella, 1992) Sono le parole di Giunio Moderato Colu-rneila, nato a Cadice (Spagnn) e vissuto durante i regni di Claudio e Nerone. Scrisse un "De Re rustica", un ira (tato che si inserisc.e nella íradizione letteraria agrícola da Catone a Varrone. Dedicó, dopo essersi ritirato a vita privara, la sua atlivita ietteraria all'agricoltura. Per Columella l'agricoltura é scienza difficile, per ía quale occorre molla esperienza, una mente vigile e solerte, pazienza e acume nel conoscere e sperimeníare non solo la qualitá e il regirne produttivo della térra, ma anche ¡1 corso delie stagioni che sono estreno mente mutevoli. L'agricoltura é la piü nobile delle attivjta. Pero, la formazione dell'agricoltore perfetto pare un compito impossibile, tanto vaste e varíe sono le competente necessarie. 1. L'aratro Gis attrezzi rurali ancora in uso a Sissano presso gli agricoltorí ritraggono e con serva no l'aspetío e la forma originaria dei tempi antichi, Puitroppo peto con Pandar del tempo vanno man mano modificandosi e per-fezionandosi e ben presto i tipi primitiví andranno cli necessitJ scomparendo. Cosí il vecchio aratro diverra un arnese in disuso solo ricordato dai vecchi e la nomenclatura delie sue partí sparira dal frasario del carat-teristico dialetto della popolazione agrícola di Sissano. L'aratro e uno strumento per arare la tena, conosciuto e usato fin dai primordi della csviltá. t uno strumento rustico e primitivo, análogo torso a quetio usato dagli antichi romani, come lo dimostrano le vicende di L. Quinzio Cincinnato, patrizio romano di semplici costumi che, nomínalo dittatore mentre era intento a lavorare il suo podere, accorre in difesa della patria costringendo gli Equi alia resa (459 ca a.C.) per poi tornare al lavoro riei campi. Presso gli antichi Romani il principale strumento per la lavorazione della térra era l'aratro. Questí com-prendeva una bure cli legno di olmo con sulla parte superiore un timone di otto píecli e terminante con un giogo. La bure è munita di due orecchie che gettano la terra arata dalle due parti e di due dentali convergent: verso il vomere, una punta cli ferro. Alla bure c attaccata la stiva che permette all'aratore di guidare l'aratro. Catone (1986, 13) c.ita due tipi di aratri a seconda della consistenza della cerra, mentre varrone (1986, 29) ricorda che, aggiungendo ad essi duc- (avolette ai lati, si poteva sia arare c.he coprire i semi. 1 'aratura in tutta i'lsiria avveniva per mezzo animale. Principalmente venivano adoperati manzi o vacche. Gli asini trovavano il suo impíego dove non era necessarío uno grosso sforzo. A Sissano si usa va una sola coppia di manzi o di vacche. Invece, a Porto!e e Crisignana era normale d'uso della quarta e molto consueto quelle della sesta. fio significaba che venivano ingiogate addirittura sel bestie per l'aratura di un campo e di solito si trattava di quattro manzi e di due vacche - il marzo naturalmente a ve va maggiore / orza nel tramo (Delbello, 1992) Nel sécelo scorso l'aratro era fatto di legno. Es>o ap-partiere alia categoría degli aratri asimmelrici (vargarto ¡ siss. dentó LAC'ffc >11 lato LEPORE > " levero CARNE >" karno SEMPER >" sempro CANTARE + HABUIT > siss. kantaravo E' interessante che questo fenomeno non ha dato iuogo ad ipercorrettismi. II prestigio del veneziano non é abbastanza forte in questo caso né per eliminare l'esito genuino isíroromanzo, né per determinare cfegli ipercorrettismi. (TekavCiC, 1977, 46}. 1.5. ii 'gomero (vomere), chiamato in tempi piü recenti anche 'fero del var'gano, taglia la térra. VDI, 145, gomero, vomero VG, 700, omero (O.) m. agr. vómere, lett. vomero (larga ¡ama massiccia, cóncava, quasi triangolare, tagli-ente in punta e fungo un lato, s'incastra nel dente, e serve a tagliare il terreno orizzontalmente). REW, 9448, VOMER. La popolazione slava a Sissano chiama il vomere le'meS. Dal cr. lemeíS (l.lett.) "vomere", termine gia attestato nello si. eccl. (le mes i "aratrurn") e di estensione panslava. Secondo l'opinione tradizionale sarebbe un corradicale a diverso grado apofonico del vb. lomrti "romperé" e quindi interpretabile come "strumento che serve per rompere la tena" (Skok II, 316), rna non mancano altre ipotesi etimologiche (v. Bezlaj II, 133). La parola slava é stata assunta anche dall'ungh. lernez, ariscamente "vomere", oggi ancora in uso solo nel senso di "lastra, lamina" (Kniezsa I, 311). (Delbelio, 1992, 183) 1.6. L'ala (orecchio) del I'aratro é la 'tola (tavola) che serve da appoggio nel tagliare la térra e nello stesso lempo allarga il fosso, impedendo alia tena di ricadere nella "kava". DDVÍ, 114, tola, f. tavola. 1.7. II Toldo (coltello dell'aratro} seive a segrwre il soleo e funge pure da tagliaerba. Negli aratri con ¡a ruofa era quesía che serviva da "koltro" Un tipo carattensíko di ara tura era queflo falto con le ruóte ("kole rodé") dove ¡a "grendena" era appoggiata ad un asse portante due ruóte de He quali "la pju granda zeva h kava c la pju pica števa zora la lera". DDVI, 33, cóitro, m. ferro a coltello dell'aratro. VDI, 324, kultrc, coltro o coltello (dell'aratro). D5FEC. 51, cóltro s.m., coltro coltello vertical« che sta davanti ,tl vomere dell'aratro. VDRL 248. cúltro, s.m., la parte dell'aratro che consiste in una lama verticale posta davanti al vomere, atta a penetrare nel terreno e a fenderlo. Dai lat. cul ter (REW, 2382). VG, 278 cultro (D. R.) m. coltro (coltello dell'aratro ossia il ferro tagliente confitto nel timone davanti ai vomere peí tagliare ia térra, verticalmente). REVV, 2382, CULTER. L'italiano coltro piii spesso e una specie di aratro in tante aree romanze a cominciare dal ir coutre, prov. colrre (Pellegrini-Marcato I 42). Tipo di estensione cfla-lettale panitaliana (AIS VII, 1437). Dalle lingue neolatine il termine é stato assunto pure nel basco (goíde), nel-l'anglosass. (culter) e nell'irl. (collar) (Delbelio, 1992, 176). 1.8. La pa'lediga e la parte dell'aratro che si alza e si abbassa per avere l'aratura piü o meno profonda Nessuno de i dialetti istrioti atiesta questo termine che ancor'oggi si usa a Sissano. Con ogni probabilita deriva dal lat. PALUS, RF.VV, 6182. 1.9. La 5'pada oppure .s'padula e un pezzo di legno che uniíce la bu re dell'aratro con il ceppo. Viene fissata con la "5'fika" ("dage ko la manereta ñ kolpo a:a stika"). VDRS, 9 58, spadula s.f., profime, "pezzo di legno di forma cilindrica col quale si unisce la bure dell'aratro con il ceppo". VG, 1060, spádula (D.) f agr. asse dell'aratro che rin- 338 ANNALES 10/-97 8art)ara BUC.iir GRIPICI: ¡L PRIMITIVO ARATRO MtLfOIOMA ISTRtOTO PI SISSANO, 3ÍS-M2 salda la grendena col dentó; mediante la spadula si puó abbassare ed alzare la grendena e cosi regó la re la pro-fonditá del soleo. REW, 8130, SPATULA. 1.10. La manda'resa si usa per puliré la cavóla deü'aratro dalia térra. E uno strumento formato da un manico di iegno che ad un'estremitá ha un raschiatoio di ferro. La mandaresa si appoggia "ala tiesa dele ma-nise" per averia sempre a mano. DDVI, 60, lotica, f lamina con manico per puliré i'araño. VORI, 988, stunbiél, s.m. (p!. -ai). Lo stesso che strun-biél. "Bastone di fegno terminante con un pezzo di lamina tagliente, che serve per puliré il vomere dalla térra". Malusa, valí, lotica; dign. mandarisa; bologn. stom-bef; friul. stonibli. Secondo l'lve da uno stumello, per stimolo (A. Ive, "Dial, iad.-ven. deH'lstria", pag. 22). Cfr. bis. stunbio, bastone con piastrino che serve stimolare i buoi o a spaventare il pesce e spingerlo neíla rete (Domini). VC, 580, mandarisa (D.), f. agr. strumento agricofo (pellica munita a un estremita di un pezzo tagliente) con cui si raschia la térra dal vomere, alí'altra esíremitá essa é si curva per venir bene impúgnala e vi si attacca una correggia, sicché serve anche da scuriadéin, cioé da frusta, da pungolo. Vetimología di quesia voce non ci é nota. 2. E! giogo Gli animali da trairio a Sissano venivano congiunti ail'aratro a tira verso il giogo. 2. II 'zogo (il giogo) dei buoi era fatto di iegno duro sagomato con acqua bóllente e fuoco. Esso constava di un pezzo principaíe di dimensioni circa 10 x10 o 10 x 12 cm e di lunghezza 1 m oppure 1,20 m. DDVI, 104, Jogo, m. giogo; "I .f. dei manzi". VDI, 348, zugo, giogo. VORI, 933, Jogo, s.m. giogo, strumento di Iegno che attaccano al timone e posto sul coilo dei buoi li ac-coppia al lavoro de! carro, VG, 436, giogo vi. Ro.5, ni. giogo (strumento di Iegno per aggiogare i buoi). P. 151, camba (/vlt. Pir.) giogo (Iegno piegato a fuoco che passa intomo a! eolio dei buoi e li tiene aggiogati). Frl. camba. P 1260, 3¡ogo (T. Pir. Vd. Mt. Pt. C. Lg.) m. giogo. (Pt.) El 3¡OgO xe ferma al timón con una torta de venchi. (Mt.) Sotto el 3¡ogo no sfiada e mai el bó. REW, 4610, ¡UGUM. Nell'aratro di Iegno e trainato da manzi il giogo veniva fissato ciirettamerite sulla stanga, rnenfre nel-l'aratro tiratc» da un manzo o da asini si adoperava il bilancino "el balansin". Questo veniva attaccato al-l'orecchio - uncino dell'aiatro. Dal bilancino partivano due corde o due catene che si attaccavano ai "comato" che veniva messo suf eolio deil'asino. 2.1. il balan'sín, bilancino di traino, si usava quando si adoperava il giogo singolo. VDI, 310, balanseyr), bilancino. DSFEC, 10, balansin, s.m., bilancino (di carro o car-rozza). WD, 15, baianzin, stanga cilindrica, di iegno, ag-ganciata al carro, con alie estremità due corde, che finiscono nel colíare imbottito del cavallo (el comàcio): meter el baianzin. VDRi, 85, balanseín, s.m., bilancino, piccola traversa di Iegno altaccaca con un gando ai carro. Ven. baíansin, arnese che permetteva di tramare le carrozze al cavaflo non appaiato al traino. VG, 57, balanséini (D.) m. pl., bilancieri. Balansin (Cap. A! i, B P.), m. bilancino (traversa di Iegno al-l'eslremità del timone o delle stanghe di un veicolo, per attaccarvi ii cavallo di rinforzo, il trape lo). REW, 1103, BILANCIA. II bilancino veniva attaccato al coilare degii animali (íatto di Iegno e ferro) con due catene oppure corde Le catene era no metro úsate perché sfregandosi su! l'animale gli procuravano dolorosi faslidi. 2.2. il ko'mato a Sissano sí chiama il coilare degli animali da tiro. Presso gli anfichi Romani per la trazione erano impiegati sia gli equiní che i bovini. Asini, niuli e cavatli non erano sfrutlati al massimo delle loro pos-sibilitá. Essi erano aggiogati pressappoco come i buoi, con i! risuítato che quando gli animali trainavano, la pressione esercitata dalla bardatura sui eolio tendeva a soffocarli e ad ostacolare i'afflusso di sangue al cervello. Solo in età médiévale si affermé in Occidente il coilare imbottito che, poggiando suf petto e su Ile spalle, permetteva all'animale di respirare e di sfruttare cos'i lutta la propria forza Alcuni contadini mette vano sotto il coilare "la komateia" fatta di tela mórbida affinché non si (crisse il coilo dell'animale DDV¡, 33, comato, m. col lare deil'asino e de! cavailo; "méti ( c. al sarnèr". DSFEC, 52, corriàto, s.m., coliare di cuoio imbottito, elemento essenziale del finimento pfù cornu ne per eejuini da tiro. Lessotipo di ampia diffusione nelle aree veneta, ladina e friulana. Da medio alto ted. komâl "coilare per animali da traino", parola prob. d'origine ultima asiatica, cfr. mongoío khomud e tataro korriyt "id.". Siccome la ve. tedesca si riscontra pure neíla slov. e Cf. ko mat, non è escluso che nelle aree di contatto siavo-romanze questo termine costituisca uno slavismo e non un tedeschismo. 339 II sarchiatore (Foto: G. Fi(ipi). Okopalnik. ANNALES 10/'97 B.-itlMr.i burmc Ütb'DICh ¡T'primitivo akatro ñ?í riTMOMA ISÍRICTO 0! SISSANO. 335-3-12 WD, 56, comacio, collare imbottiio del cavallo o deil'asíno: meter el comacio; duro come un cornado (detto di un ubriaco íradicio). VDRI, 250, cu mato, s.m., coliare degli anirnaíi cía tiro "El gira doúro cume oün curnáto", era ubriaco fradicio, espressione úsala nel triesi. (Cir. Pinguentini, NDDT, p. 102). Secondo il Doria dai medio alto ted. kornat, id. p. 250, cumatieía, s.f., piccolo coliare che- si mette al eolio degli animali per evitare piaghe caúsate dal giogo. Da cumalo. Bis. cómatela. IMÜDT, 102, corríalo, coliare imbottito nei finimenti del cavallo ¡n due meta apribili, riunite da una cerniera; nel friulano "comáit", trevigíano "comacio". Dal tedesco "Kummet". La locuzione batú come un comato per "tjbbriaco íradicio", pare accostare "comato" e "camato'1, verga deí materassi, quando non si voglia daré alia predetta locuzíone una connessione con l'aitra di píen batú, pieno al massimo, derivante, con verisimiglianza, dail'uso di batiere i! recipiente, per coprirnere il contenuto, e ció perché ii "comato" é sovente colpito dalle frustate? Taca el caval e métighe e! comato novo. VC, 234, comat (Fo.), -o, m. coliare (deil'asíno, deí cavallo); ffig.) (T.) el xe duro come un comato. E ubriaco íradicio; ÍT.) Che magna dal son pien come un comato Pieno come un otre. "Debitai come comat i" (Sper.) fino agli occhi. Fr!. colar, daí ted. (lat. coma, ae, criniera del cavallo). Anche a Sissano si usa I'espressione "karigo kome un komato" per ubriaco fradicio. II nosíro lemma e stato attestato giá nel 1042: Duas spatas dúos culteilos, unam baiistam. unam planetam, cum uno comatho (FJESF II, 444), sempre nel significara di "collare1. Per F. Crevatin {1 984. 33) comato é un prestito di necessiiá, di mediazione in parte slava in parte germánica (Grigioni) e probab Imente d'origine ultima asiática (turca?) (Delbello, 1992. 176-177). 2.3. Le bra'sole, sagomate a caldo in legno di "kor-rial" (comiolo), venivano fatte passare nei buchi alie due estremitá dei giogo. Nelia parte superiore erano attraversate dalle "sepole" (tasselli di legnoi che le tene-vano nel giogo affinché non fuoriuscissero. DDVJ, 24, brasula, í. collare di legno che cinge il eolio del bue VDRI, 99. barsóla, s.f., aneóle. VG, 114, brafola (D.), f.agr. giuntoia (collare di legno che viene ¡nfilato nel giogo per buoi e per asini e posa sul cumbato) REW, 1255, BRACHOLUM. 2.4. La pas'tora si trovava nel mezzo del giogo. fia un pe2Z.o di ferro lavorato e battuto che si infilava neíla. stanga di traino. 340 ANNALES 10/'97 Et.ulwíi BUUàHÎ C1UDICI- IL PRIMITIVO ARAïfiO N'EIL'IDIQMA fSTKIOTO D! SUSANO, .Í.ÍS-M2 DDVI, 81, pasturula, í. chiodo che tiene uniti il giogo e il timone. V'jRí, 668, pasturen, s.m., pezzo di corda o di íegno che unisce il giogo dei buoi ai timone del cano (Scg.). * Accr. di pastura, pastoia. VC, 743, pastura (O. R.), f. perno, nei carro rustico, di Iegno, che salda il gtogo col timone e che sporge di sotto e di sopra per un terzo della sua lunghezza. REW, ó 280, PASTORIA- 2.5. li 'gongo era un anelío che sbbraccia la stanga dell'aratro coi giogo. La "pastora" atrraversava ií "gongo" in posizione ciavanti esterno, dierro interno. DEL 1844. gónghia, f.ant. (XIV sec„ Fr. Sacchetti; i-rescobaldi); coilare di ferro, "gógna"; il corrispondente dell'a. Ir. congle, accanlo a conongie e a conjongle, voci che fanno capo al Sat. tardo CONjU(N)GLA, cin-ghia del giogo, vedi "conz'óbla", attraverso un *cungula per contaminazione con cingula, come mostra l'a.fr. concengle. La forma "gognaó sta a "gonghia". DDVI, 53, gongo, m. ancíto di ritorta; "I g. del fógo". VORI, 430, gongo, s.m., anello di ri torra che ab-braccia if timone del carro o la bure dell'aratro e che, per mezzo di un altro anello minore (tuórta) congiunge i detti ai giogo (G. Malusa). VC, 446, gongo {D.), m, agr. ritorta (fatta con un virgulto flessibile (biata), la quale attorciglrata serve da legarme). REW, 2151, CONjíJ{N)CÜLA. 2.6. La 'torta era un anelío a due giri di ntorta che univa i! "gongo" al giogo. Era dovuta alia perizia del contaditio e sí costruiva sfruífando due bacchette tunghe di carpano bianco, una piu sottile e una piü grossa, attorcigiiate con maestría tenendo due apici sotto il p¡-ede. La torta veniva poi piegata a meta e fissata al giogo per tramite un "pa'Sel o í'tika". DDVí, 114, torta, f. ritorta. VDl, 344, torta, ritorta dei giogo. VDRi, 1072, íuorta, s.f., anello di ritorta attaccato al giogo che lega questo al timone del carro per mezzo del gongo (Malusa, 1982-33, 394). VG, 1166, torta (D.), anello a due giri di ritorta che unisce rí gongo al giogo del carro mediante un grampéin a passéil (gando di Iegno). RFW, 3809, TORTUS. La torta "chiovolo" é a (tes tata anche per Visignano da AIS VI, 1241 Evokrzione sernant.ica di torta "ritorta (per legare la fascina), fascio (di lino?", che troviamo puré nel írl. tuartie "ritorta, generalmente di vermene o vetrici" le stesse vermene e vetrici da farne ritorte. Oltre all'uso comune di legar fastelli, ecc., la tuartie serve ad allacciare ii giogo dei bovini alia punta del timone, riel carro rustico" (Pilona, 1222, Pellegrini-Marcato, I 407). Sostantivazione del femm. di torto < lat. TORTUS (REW, 8809), participio passalo di torquere "torcere". La voce é stata mutuata anche da Croa ti e Sloveni: cfr. sin, tita "vite, vimine", cr. tita (Istria) "vite; clemátide; ritorta del giogo" (Skok !¡í, 511). (Delbello, 1992, 197) PRIMITIVNI PLUG V SIŠANSKEM ISTRSKEM NAREČJU Barbara BURŠIČ GIUDICI Peclagoika fakulteta Pula, HR-S2000 Pola, Meduiinsk» a POVZETEK Narečje Šišana, majhnega kraja blizu Puie, sodi v družino tistih staroistrskih govoric, ki so bile v daljni preteklosti verjetno razširjene po območju celotne jugovzhodne Istre. Pod trojnim pritiskom italijanščine, istrovenetščine in hrvaščine so se počasi skrčile na območje Šestih krajev, kjer jih danes ohranjajo pri življenju maloštevilne in med seboj ločene etnične skupine. Prebivalci Šišana živijo v pretežni meri od dela na polju. Poljedelstvo pa je področje, ki se po sili razmer izogiba spremembam. Vse je trdno zakoreninjeno v tradiciji in zato se je tudi kmečka narečna terminologija ohranila celoviteje od drugih. Primitivni plug, ki so ga uporabljali kmetje v Šišanu, odseva tipično podobo izvirnega pluga iz starih časov. Vendar se sčasoma spremeni in se izrodi v nepotrebno orodje. Zato se nam zdi pomembno to izrazoslovje zabeležiti in opisati glavne dele tega orodja. Ključne besede: plug, istriotski govor, Šišan ANNALES 10/'97 Ba/bar» BURÍIC CIUOIO II PRIMITIVO AKATPO NEiflOîOMA ISIRIOTOOI SSSANO. 33Í-M2 BIBLIOGRAFIA AIS - Jaberg, K.. Jud, ). (1928-40): Sprach- und Sachadas Italiens und der Schvveiz. Zofingen. Bezlaj, F. (1976): EtimoloSki slovar sfoveiiskega jezika. Ljubljana. Coiumella, G .M. (1992): De re rustica.. I., 1. In: Domenico Guerra: Humannae Voces A.P.E., Milano. Catone, M.P. (1986): De agri cultura, 1-4. in: Fedeli-Oaca: Antología deila letteratura latina. Napoli, Il Trípode. Cerasuolo Perfusi, M.G. (1990): il contrïbuto del-l'elimoiogia alla storia délia neolatinità istriana. In: Atti e Memorie de!la società istriana di archeologia e storia patria. Vol. XC. Trieste. Coiumella, G.M. (1992): De re rustica, I, 1. In: Domenico Guerra. Humanae Voces, A.P.E. Milano. Crevatin, F. (1984): latino volgare. latino medioevale, Delbello, P. (1992): Strumenti tradizionali dell'agri-coltura nelle campagne dell'lstria. Trieste, Italo Svevo. DDVI - Cernecca, D. (1986): Dizionario del dialetto di Valle d'Istria. ACRSR 8. Trieste, Lint. DEI - Sattisti, C., Alessio, G. (1975): Dizionario etimologico italiano. Firenze, G. Barbera. DELI - Cortelazzo, M., Zolli, P. (1979): Dizionario etimológico délia I i ligua italiana. Bologna, Zanichelli. DESF - Dizionario Etimologico Storico Friulano (1984). Udine. DSFEC - Manzini, G., Rocchi, L. (1996): Dizionario storico fraseologico etimologico del dialetto di Capodistria ACRSR 12. Trieste, Mosetti tecniche grafiche. Kniezsa, i. (1974): A magyar nvetv szfáv jovevény-szavai. Budapest. Malusà, G. (1982-33): Terminología agrícola dell'istro- romanzo. ATTI XIII (Centro di ricerche storiche). Trieste-Rovigno. NDDT - Pinguentiní, G. (1986): Nuovo dizionario del dialctto triestino (storico - etimológico - fraseoiogico). Moena, Del Bianco. Nudrey, A. (1992): Electa Romae. Napoli, Frateili Fer-raro editori. Peliegrini, G.G., Marcato, C. (1992): Terminología agrícola íriulana. Udine. Pirona, N. (1935): li Nuovo Pirana - Vocabolario Friulano. Udine REW - Meyer-Líibke, W. (1972): Romanisches Etymo-logisces Worterbuch. Heidelberg, Cari Winter. Rismondo, D. (1925): Dignano nei riccordi. Attrezzi rurali. Parenzo, Gaetano Coana. Skok, P. (1971-74): Etimologiski riecnik hrvatskoga jezika l-IV. Zagreb. Tekavcic, P. (1977): Probiemi teorici e metodologici nella ricostruzione dell'stroromanzo. SRAZ 43. Tekavdc', P. (1982): L'importanza e l'interesse degli studi istroromanzi per la lingüistica neolatina e generale. Strasbourg, RIR. Varrone, M-T. (1986): De re rustica I. In: I edeli-Craca: Antología della letteratura latina. Napoli, Sí Trípode. VDI - Dalla Zonca, G.A. (1978): Vocabolario dignaese-¡taliano / a cura di Debeljuh, M., presentazione di Tekavcic, P ). ACRSR 2. Trieste, Lint. VDRI - Pellizzer, A. e G. (1992): Vocabolario dei dialetto di Rovigno d'istria i-ll. ACRSR 10. Trieste, La Mongol fiera. VG - Rosamani, E. (1958): Vocabolario Giuíiano. Bo logna, Cappelii. VVD - Miotio, L. (1984): Vocabolario del dialetto veneto - dalmata. Trieste, Lint.