Received: 2016-08-03 Original scientific article ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 DOI 10.19233/AH.2017.42 UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ESTERA ITALIANA 1914-1915 Luciano MONZALI Universita degli Studi di Bari "Aldo Moro", Dipartimento di Scienze Politiche, P.zza Cesare Battisti 1, 70121, Barí, Italia e-mail: l.monzali@yahoo.it SINTESI Oggetto del saggio é il tentativo di compiere una riflessione sulla politica estera italiana nei mesi fra lo scoppio della prima guerra mondiale e l'intervento bellico del governo di Roma, sottolineando le variabili e i condizionamenti esterni (la fragilitá geopolitica del Paese immerso nel Mediterraneo, la dipendenza economica dall'Inghilterra, la potenziale minaccia militare anglo-francese) che spinsero l'Italia a compiere una «scelta difficile», quello dell'abbandono dell'ultradecennale alleanza con la Germania e l'Austria-Ungheria e dell'adesione alla Tríplice Intesa. Parte del testo époi dedicata a delineare gli obiettivi politici che la leadership governativa italiana desiderava raggiun-gere negoziando e concludendo il Patto di Londra del 26 aprile 1915. Parole chiave: Italia, prima guerra mondiale, Sidney Sonnino, Mediterraneo, Austria--Ungheria, Patto di Londra, politica estera A DIFFICULT DECISION. THE LONDON TREATY AND ITALIAN FOREIGN POLICY 1914-1915 ABSTRACT Aim of the essay is an interpretation on Italian foreign policy in the months between the beginning of First World War and the Italian military intervention. We wish to underline the external variables and constrictions (Italy's geopolitical weak position in the Mediterranean sea, the economic dependence from Great Britain, the possible Anglo-French military menace) that pushed Italy to take a "difficult decision", i.e. to abandon the pluri-decennial alliance with Germany and Austria-Hungary and to side with the Triple Entente. In the final part of the text we analyze some of the political goals the Italian leadership tried to achieve in the negotiations which led to the London treaty of April 26 1915. Keywords: Italy, First World War, Sidney Sonnino, Mediterranean, Austria-Hungary, London Treaty, Foreign policy 919 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 INTRODUZIONE II Patto di Londra, l'accordo concluso fra l'Italia, la Gran Bretagna, la Francia e la Russia, firmato nella capitale inglese il 26 aprile 1915, che sanci la decisione italiana di partecipare al conflitto bellico al fianco della Tríplice Intesa e contro gli ex alleati Germania e Austria-Ungheria, fu certamente il prodotto di un progetto politico italiano, ma anche e soprattutto l'adattamento e la risposta della classe dirigente della Penisola ai mutamenti del sistema internazionale prodotti dallo scoppio del conflitto bellico europeo. Il divampare di una guerra che coinvolgeva Germania, Francia, Russia, Austria-Ungheria, Gran Bretagna e, dall'autunno 1914, l'Impero ottomano mise in discussione l'intero assetto dell'Europa centro-orientale e del Vicino e Medio Oriente, rendendo difficile per l'Italia, Stato immerso nel Mediterraneo, fragile e debole economicamente e sul piano strategico, una politica di assenteismo politico e militare, di neutralita e non intervento nel lungo termine. La scelta dell'alleanza con la Tríplice Intesa e della guerra contro l'Austria-Ungheria e la Germania non fu pero affatto scontata. Anzi nell'estate del 1914 nulla la lasciava intravedere. Da decenni l'Italia faceva parte della Triplice Alleanza, l'alleanza difensiva con Germania e Austria-Ungheria, e gli anni precedenti allo scoppio della prima guerra mondiale avevano visto un compattarsi dell'alleanza e un forte miglioramento delle relazioni bilaterali fra Vienna e Roma. I governi Luzzatti, Giolitti e Salandra, con ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano, avevano puntato con decisione sul rafforzamento dei rapporti con Berlino e Vienna per garantire all'Italia un ruolo importante nella politica balcanica e mediterranea. In quegli anni, San Giuliano, esecutore delle decisioni e delle direttive stabilite dal Re e da Giolitti, aveva cercato di sfruttare a vantaggio dell'Italia l'evoluzione della politica europea, ormai caratterizzatasi per la formazione di due blocchi di potenze contrapposti: da una parte, la Germania e l'Austria-Ungheria, dall'altra, la collaborazione fra Inghilterra, Francia e Russia, non ancora alleanza militare, ma effettiva struttura politica che tendeva a coordinarsi sul piano internazionale. In questo contesto di contrapposizione, sfruttando l'alleanza con Berlino e Vienna e l'interesse di Russia, Francia e Gran Bretagna a mantenere buoni rapporti con Roma, l'Italia riusci a rafforzare le proprie posizioni nel Mediterraneo attraverso la conquista della Tripolitania, della Cirenaica e del Dodecaneso e la creazione di propri interessi economici e politici in Anatolia e Albania. Con l'avvento di San Giuliano alla Consulta si era poi rafforzata la collaborazione italo-austriaca nei Balcani, in particolare a partire dalle guerre balcaniche, collaborazione che aveva consentito la costituzione del principato autonomo di Albania sotto la tutela congiunta di Vienna e Roma. Ma la collaborazione italo-austriaca presentava dei nodi irrisolti. Il maggiore di questi era indubbiamente il problema dell'eventuale applicazione dell'articolo VII del patto della Triplice Alleanza, che prevedeva compensi territoriale per l'Italia in caso di mutamento dello status quo balcanico a vantaggio dell'Austria-Ungheria. Questo elemento rimaneva al centro della politica austrofila di San Giuliano, ma il governo di Vienna non condivideva l'interpretazione italiana di tale clausola e ne avrebbe combattuto l'applicazione nel senso desiderato dall'Italia1. 1 Il ministro italiano temeva che l'Austria cogliesse l'occasione delle guerre balcaniche per compiere azioni di forza miranti all'occupazione del sangiaccato di Novi Bazar e della Macedonia, rifiutando di concedere 920 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 ALLA RICERCA DI UN ACCORDO CON L'AUSTRIA-UNGHERIA Nel 1914 per l'esecutivo italiano la ricerca di un accordo territoriale con l'Austria-Ungheria in seno alla Tríplice Alleanza rimaneva una scelta politica vantaggiosa e lógica. A ragione Holger Afflerbach (2002) constata che, ancora nei mesi precedenti allo scoppio della prima guerra mondiale, vi era una volontà italiana di rimanere lealmente nella Triplice Alleanza e di accettare un'eventuale espansione austriaca a spese di Serbia, Montenegro o Albania in cambio dell'acquisto di parte o tutte le province italiane dell'Austria2. Non sorprende quindi che nel luglio 1914 il governo italiano fosse pronto a sostenere politicamente le iniziative militari dell'Austria-Ungheria e a considerare anche l'inter-vento in guerra al fianco degli alleati. Era quanto consigliavano gli ambasciatori a Berlino e a Vienna, Riccardo Bollati e Giuseppe Avarna di Gualtieri, ed era un'ipotesi che il governo di Roma consideró seriamente3. Il 24 luglio 1914, l'ambasciatore Bollati, ex segretario generale della Consulta e uomo di fiducia di San Giuliano e Giolitti, in una conversazione con il segretario di Stato agli Affari Esteri Gottlieb von Jagow scese nel concreto, presentando un suo progetto d'ac- compensi; in caso di mutamento dello status quo balcanico a vantaggio di grandi potenze, l'Italia si riser-vava la sua liberta d'azione e pretendeva di ottenere compensi territoriali. È quanto San Giuliano dichiaró all'ambasciatore tedesco a Roma, Gottlieb von Jagow, che affermava che l'unico interesse balcanico dell'I-talia fosse che l'Austria non occupasse l'Albania: «lo gli ho replicato - scrisse San Giuliano - che non si tratta soltanto dell'Albania, ma che se l'Austria fa acquisti territoriali o rioccupa il sangiaccato di Novi Bazar, noi abbiamo, per effetto dei nostri accordi, diritto a compensi, e questi compensi ci sono necessari affinché non sia modificata a nostro danno laproporzione attuale di estensione e di forze tra l'Austria e l'Italia» (ACS, GG, busta 12, San Giuliano a Ambasciate a Vienna, Berlino, Londra, Parigi e Pietroburgo, 1° novembre 1912). 2 A partire dall'aprile 1914 l'ambasciatore tedesco a Roma, Hans von Flotow, convinto che il mantenimento di buone relazioni italo-austriache e dell'alleanza con l'Italia avesse un forte valore per la stessa Germania, di propria iniziativa inizió a discutere con San Giuliano sugli obiettivi della politica balcanica italiana: il fine di queste conversazioni era cominciare a porre le basi per un negoziato che portasse ad un accordo italo-austriaco sull'assetto territoriale dei Balcani. Il 4 aprile Flotow chiese a San Giuliano quale sarebbe stato l'atteggiamento italiano in caso di unione fra Serbia e Montenegro e di un'azione austriaca contro il governo di Belgrado per impedirgli la conquista di un accesso al mare. Il ministro rispose che l'Italia era contraria ad un'espansione austriaca a spese del Montenegro: ma si sarebbe potuto evitare un conflitto trovando un accordo sui compensi da attribuire all'Italia in caso di conquista asburgica del litorale mon-tenegrino. Il ministro ripeté lo stesso concetto a Flotow il 10 luglio: era possibile tollerare un'espansione austriaca nei Balcani solo in caso di compensi all'Italia; se l'Impero asburgico avesse assunto il controllo del Lovcen, avrebbe dovuto cedere il Trentino all'Italia. Al riguardo: Monzali, 2004; Monzali, 2009. 3 Lo testimonia, ad esempio, la lettera che San Giuliano scrisse a Vittorio Emanuele III il 24 luglio, il giorno dopo l'invio austriaco dell'ultimatum a Belgrado, nella quale il ministro degli Esteri propose la seguente linea di condotta, approvata da Salandra: «1°) sostenere presso i nostri alleati che noi non abbiamo obbli-go di partecipare all'eventuale guerra per le ragioni addotte nei telegrammi in partenza; 2°) assicurarci prima di appoggiare anche diplomaticamente i nostri alleati, che essi accettano la nostra interpretazione dell'art. 7° del trattato della Triplice Alleanza; 3°) assicurarci gli eventuali compensi per qualsiasi ingran-dimento territoriale dell'Austria; 4°) assicurarci gli eventuali compensi per l'eventuale ma non probabile nostra partecipazione alla guerra, partecipazione da decidere pro o contro liberamente a suo tempo; 5°) possibilmente assicurarci anche compensi certo assai minori, o almeno garanzie che non saranno danneg-giati i nostri interessi per qualsiasi nostro appoggio diplomático ai nostri alleati» (DDI, 4/XII, 470, San Giuliano a Vittorio Emanuele III, 24 luglio 1914, edito anche in Salandra, 1928, 78-80). 921 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 cordo in vista dell'intervento italiano a fianco dell'Austria-Ungheria, che corrispondeva a quanto desiderato dalla Consulta: Da un lato essa [l'Austria-Ungheria] avrebbe dovuto cederci una parte delle provin-cie italiane in cambio di un ingrandimento territoriale da essa conseguito a spese della Serbia o del Montenegro; dall'altro avrebbe dovuto impegnarsi ad ammettere l'acquisto da parte dell'Italia di Valona e dell'Albania meridionale per l'eventualitá che essa si impadronisse dell'Albania settentrionale4. Il rifiuto del governo di Vienna di accettare la cessione di territori asburgici all'Italia e la miopia della diplomazia tedesca che sottovaluto inizialmente l'utilitá del sostegno di Roma, resero impossibile la collaborazione italiana ai progetti bellici austriaci e provocarono la crisi politica della Triplice Alleanza. Nel corso della seconda meta di luglio il ministro degli Esteri asburgico, Leopold Berchtold, contrasto le richieste italiane di compensi reiterando le antiche tesi austriache sull'articolo VII: la clausola riguardava solo mutamenti dello status quo dei territori ottomani e non la Serbia e il Montenegro; l'Impero asburgico non desiderava annettere territori serbi, i quali sarebbero stati occupati solo temporaneamente, quindi non era applicabile l'articolo VII. Fra la fine di luglio e i primi giorni di agosto 1914 il ministro austro-ungarico, sotto le pressioni tedesche, si convinse a considerare possibile l'applicazione della clausola in caso di conquiste dell'Austria-Ungheria, ma rifiuto ogni ipotesi di cessione di territori austriaci all'Italia. Al fondo del rifiuto austríaco di un inter-vento bellico dell'Italia vi era la convinzione dell'inutilita di tale concorso militare in una guerra che si sperava rimanesse regionale (Hobelt, 2015, 27 e ss.) e la forte riluttanza a rinunciare ad una posizione di forza strategica e militare rispetto allo Stato italiano. Alla fin fine Vienna accettava gli italiani come partner solo a condizione di preservare una posizione di superioritá e rifiutava ogni ipotesi di trasformare le relazioni fra Italia e Austria-Ungheria in un rapporto paritario, quale sarebbe diventato in caso di mutamento dei confini con l'applicazione del principio di nazionalita in Tirolo e la concessione a Roma del controllo di alcune isole dalmate e di parte dell'Albania. L'impossibilitá di raggiungere un accordo territoriale con l'Austria-Ungheria spinse il governo italiano a rimanere neutrale in un conflitto che fra la fine di luglio e i primi di agosto 1914 vide scendere in campo la Germania al fianco dell'Austria-Ungheria, la Russia, la Francia e la Gran Bretagna a difesa della Serbia e di uno Stato belga la cui neutralita era stata violata dagli eserciti germanici. ESTATE 1914: LA TRIPLICE ALLEANZA ENTRAVA IN CRISI Certamente la Triplice Alleanza fu denunciata dall'Italia soltanto nel maggio 1915, ma di fatto l'alleanza entro in una gravissima crisi nell'estate 19145. L'atteggiamento assunto 4 DDI, 4/XII, 524, Bollati a San Giuliano, 25 luglio 1914. 5 Si vedano le dichiarazioni di Szogyeny e Berchtold (DDI, 5/I, 41, Bollati a San Giuliano, 3 agosto 1914; DDI, 5/I, 51, Avarna a San Giuliano, 4 agosto 1914). 922 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 dall'Austria-Ungheria verso l'Italia fu giudicato dalla classe dirigente italiana offensivo e lesivo degli interessi nazionali. Si ruppe quel rapporto d'intimità e collaborazione politica che Giolitti e San Giuliano avevano cercato di creare fra i due Paesi, e la cui assenza condi-zionô fortemente l'esito dei successivi negoziati italo-austriaci per la neutralità compensata fra il 1914 e il 1915. Di fatto, a partire dai primi di agosto l'austrofilo San Giuliano, di fronte al totale fallimento della sua politica di buoni rapporti con l'Austria-Ungheria, cominciô pure lui a prevedere la probabilità di una futura guerra contro l'Impero asburgico. Comunque un elemento decisivo nell'evoluzione della politica estera italiana in senso anti-austriaco e anti-tedesco fu l'intervento della Gran Bretagna in guerra. Come il ministro degli Esteri Pasquale Stanislao Mancini aveva espressamente dichiarato fin dal 1882, l'alleanza dell'Italia con Austria-Ungheria e Germania era possibile e sostenibile solo se queste due potenze avessero condotto una politica di amicizia verso Londra. La Gran Bretagna era la principale potenza marittima e la dominatrice del Mediterraneo: l'Italia non poteva condurre una politica estera in contrapposizione con la potenza militarmente egemone in tale spazio marittimo6. L'offerta italiana di intervento in guerra al fianco delle potenze centrali era stata concepita nel luglio 1914 in un quadro in cui ci si aspettava un conflitto militare esclu-sivamente continentale e senza la partecipazione britannica. Ma la determinazione di Londra nell'entrare in guerra7 sconvolse il quadro generale delle aspettative italiane e mise in crisi la Triplice Alleanza. Di fronte alla netta predominanza marittima della Francia e della Gran Bretagna alleate l'Italia era indifesa militarmente. Vi era poi la forte dipendenza economica e commerciale dell'Italia dalla Gran Bretagna, fornitrice di materie prime e carburante, dipendenza che aumentó dopo lo scoppio della guerra e la riduzione delle esportazioni tedesche e asburgiche verso il mercato italiano. La guerra europea fece riemergere la fragilità geopolitica e economica dello Stato italiano, nonché la sua debolezza politica interna (Castronovo, 1982; Castronovo, 2006; Forsyth, 1998). I leader italiani furono costretti a constatare il bilancio fallimentare della Triplice Alleanza e a ripensare e mutare le direttive della politica estera del Paese. Ripensamento fatto malvolentieri e controvoglia, anche perché ci si rendeva conto dei rischi impliciti in ogni decisione. Di fatto, essendo sulla base degli schieramenti dei belligeranti un suicidio militare l'entrata in guerra a fianco di Berlino e Vienna, a partire dall'autunno 1914 le possibili opzioni politiche per l'Italia si restrinsero progressivamente all'alternativa fra la neutralità e l'alleanza con le Potenze della Triplice Intesa. 6 Come il 2 agosto 1914 San Giuliano ricordô all'ambasciatore italiano in Austria-Ungheria, Avarna, cieco sostenitore della discesa in campo a fianco di Berlino e Vienna, l'Italia era stata costretta alla neutralità e a non combattere al fianco delle Potenze centrali contro la Triplice Intesa perché altrimenti «avremmo esposto le nostre città marittime a gravi offese, con pericolosa ripercussione politica in tutto il nostro paese e rischiato di perdere le Colonie e le truppe che vi si trovano e peggio ancora avremmo visto distruggere la nostra flotta dalla flotta anglo-francese rimanendo per alcuni anni privi di marina militare con durevole danno di tutti i nostri interessi politici ed economici e di tutta la nostra posizione nel Mediterraneo e nel mondo» (DDI, 5/I, 2). 7 Sull'intervento britannico e la visione di politica estera del ministro degli Esteri Grey si veda: Hinsley, 1977; Grey, 1925; Gooch, 1936; Matthew, 1973; Clark, 2013. 923 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 L'eventuale scelta del mantenimento della neutralità, che godeva di ampi consensi nella società italiana (fra i cattolici, i socialisti, nel mondo conservatore), era peró condizionata da due elementi. Da una parte, tutta la classe dirigente liberale, dal Re Vittorio Emanuele al presidente del Consiglio Antonio Salandra e a Giovanni Giolitti, capo della maggioranza alla Camera dei deputati, ritenevano che il conflitto bellico europeo fosse un'occasione che andava colta per risolvere un grave problema territoriale che angustiava lo Stato italiano dal 1866: il tracciato del confine italo-austriaco, ritenuto insoddisfacente sul piano della sicurezza strategica, in quanto lasciava aperte «le porte di casa» ad un'invasione asburgica dell'Italia settentrionale e non rispettava il principio di nazionalità, escludendo importanti comunità italiane dallo Stato nazionale. Vi era, dall'altra, il condizionamento che a partire dall'estate 1914 la politica britannica con il suo nuovo attivismo cominció ad esercitare sull'azione internazionale dell'Italia. Un Paese marittimo come l'Italia poteva rimanere neutrale solo fin quando ció era consentito e accettato dalla principale Potenza navale nel Mediterraneo. In reazione alle difficoltà militari della Russia e all'entrata in guerra dell'Impero ottomano al fianco della Germania e dell'Austria-Ungheria, la Gran Bretagna inizió a sviluppare una serie di iniziative militari e politiche nell'area mediterranea che culminarono nell'attacco allo Stretto dei Dardanelli. Contemporaneamente la diplomazia britannica svolse con sempre più decisione un'azione di pressione diplomatica, non poco minacciosa, sull'Italia, al fine di spingere il governo di Roma a uscire dalla neutralità e dall'attendismo8. L'assoluta liberta di mantenersi neutrali era quindi in parte un'illusione: le traversie della Grecia durante la prima guerra mondiale, costretta da Francesi e Inglesi a schierarsi forzatamente con la Triplice Intesa, ne furono una lampante dimostrazione (Riccardi, 1992; Woodhouse, 1998, 195 e ss.). Una strategia diplomatica di compromesso fra gli orientamenti pacifici dell'Italia profonda e le aspirazioni delle élites liberalnazionali fu l'ipotesi della cosiddetta «neutralità compensata». Il governo di Roma era disponibile a rimanere neutrale, ma in cambio l'Austria-Ungheria avrebbe dovuto cedere pacificamente alcuni territori di confine abitati da italiani o desiderati dall'Italia per ragioni militari. Le domande italiane all'Austria-Ungheria9 consistettero, da una parte, nell'auspicio di una riformulazione dei confini italo-austriaci sulla base dell'applicazione del principio di nazionalità, con la richiesta del Trentino, e, sotto l'escamotage della città libera, di Trieste e dell'Istria settentrionale; dall'altra, invece, vi erano esigenze di tipo militare, derivanti dalla vo-lontà di assicurarsi la sicurezza strategica nell'Adriatico, che spingevano a chiedere il controllo di parte del Sudtirolo e della valle dell'Isonzo e l'annessione di alcune isole dalmate e di Valona. Ma il negoziato con Vienna e Berlino fu condizionato dalla diffidenza reciproca. L'imperatore asburgico Francesco Giuseppe era deciso a non fare concessioni territoriali all'Italia, e in questa posizione era sostenuto dagli ungheresi guidati da Istvan Tisza (Hanák, 1969; Rauchensteiner, 2013, 369 e ss.; Hobelt, 2015, 27 e ss.). Da parte italiana vi era scarsa fiducia nelle intenzioni dell'Austria-Ungheria e si cominció a essere pure 8 Utili al riguardo le riflessioni dell'ambasciatore a Londra Imperiali (2006). 9 Al riguardo la comunicazione di Sonnino dell'8 aprile 1915 ad Avarna e Bollati (DDI, 5/III, 293). 924 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 diffidenti verso i tedeschi, che nell'estate 1914 con la loro política filoasburgica avevano tradito l'amicizia italiana10. L'Italia, quindi, pur auspicando il successo dei negoziati con gli alleati austro-tedeschi, inizio a preparare un programma alternativo di conquiste territoriali da perseguirsi in caso di un eventuale intervento in guerra a fianco dell'Intesa11. Salandra e San Giuliano cominciarono a rendersi conto che il sostanziale isolamento internazionale in cui la neutralitá aveva posto l'Italia era una posizione rischiosa e pericolosa, insostenibile sul lungo termine. Pur in un atteggiamento attendista, motivato dalla volonta di vedere il corso degli eventi bellici, San Giuliano continuo e intensifico la preparazione di un progetto di tratta-to di alleanza con la Triplice Intesa nel corso del settembre 1914 e uno degli suoi ultimi atti prima di morire il 16 ottobre fu la predisposizione di un'ulteriore versione della bozza di accordo datata 4 ottobre. Come ha sottolineato Ferraioli, tutto lascia pensare che San Giuliano fosse ormai favorevole ad un futuro intervento in guerra contro Vienna e Berlino (Ferraioli, 2007). DA SAN GIULIANO A SONNINO - SIMILITUDINI E UNA CERTA CONTINUITÁ Dopo un breve interim agli Esteri da parte del presidente del Consiglio Salandra, la guida della diplomazia italiana fu assunta dal suo vecchio amico ed ex capo politico, Sidney Sonnino12. Nella storiografia si e spesso teso ad accentuare le presunte differenze e diversita fra le idee di San Giuliano e quelle del suo successore Sonnino nella preparazione del contenuto delle rivendicazioni territoriali italiane. A nostro avviso, invece, se riflettiamo sui disegni complessivi di politica estera di San Giuliano e di Sonnino prevalgono le similitudini e una certa continuita. Erano certamente uomini diversi per origini, stile e personalitá, ed anche per statura politica, avendo svolto Sonnino un ruolo assai piu rilevante del nobile siciliano nella vita politica e culturale italiana. Ma forti erano le similitudini nella loro visione politica e ideologica: non a caso erano amici ed ex compagni politici, essendo stato San Giuliano per molti anni seguace di Sonnino e l'esperto di politica estera del gruppo parlamentare guidato dal politico toscano (Nieri, 2005). In politica estera le differenze fra i due erano davvero limitate ad aspetti marginali. A lungo entrambi erano stati convinti sostenitori dell'alleanza con la Germania e decisi fautori dell'espansione coloniale italiana in Africa e nel Mediterraneo. Ma dall'estate 1914 San Giuliano e Sonnino condivisero pienamente l'aspirazione al ritorno ad una politica estera d'ispirazione «risorgimentale», con la constatazione della necessitá di uno spostamento del baricentro della politica estera italiana dal Mediterraneo e dall'Africa verso i problemi adriatici e alpini: la guerra europea era l'occasione per ottenere i territori 10 Interessanti le osservazioni di Bollati sul comportamento di Jagow (DDI, 5/I, 67, Bollati a San Giuliano, 5 agosto 1914). 11 E del 9 agosto il primo schema di rivendicazioni territoriali preparato da San Giuliano nell'eventualita di un'alleanza con la Triplice Intesa (DDI, 5/I, 151). 12 Sulla biografia politica di Sidney Sonnino: Ballini, 2000; Ballini, 2011; Haywood, 1999; Carlucci, 2002; Biagi, 1923; Jannazzo, 1986; Nieri, 2000; Nieri, 2005; Monzali, 1999, 397 e ss.; Monzali, 2012. 925 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 asburgici da decenni bramati dall'Italia liberale; in caso di rifiuto dell'Austria-Ungheria di accettare e applicare l'interpretazione italiana dell'articolo VII del testo della Triplice, e di concedere quindi alcuni suoi territori al governo di Roma, si sarebbe scelto di com-battere contro gli ex alleati per conquistare le «terre irredente». Peraltro per San Giuliano e Sonnino la conquista della sicurezza nell'Adriatico non era in antitesi con le aspirazioni di espansione coloniale, ma ne era piuttosto una condizione preliminare: solo acquisendo l'egemonia militare nell'Adriatico e la sicurezza strategica delle proprie frontiere l'Italia sarebbe potuta divenire una grande Potenza euro-mediterranea. Si puó quindi, a nostro avviso, sostenere che il Patto di Londra e il suo contenuto furono l'espressione di un progetto politico condiviso dai due ministri degli Esteri cosi come da numerosi altri esponenti del liberalismo italiano. Nel corso dei mesi che vanno dall'estate del 1914 ai primi mesi del 1915 si rafforzó la consapevolezza nei governanti italiani della pericolosità della posizione dell'Italia, Stato neutrale, ma di fatto isolato, formalmente membro di un'alleanza, quella con Vienna e Berlino, che politicamente non esisteva più, ma visto con crescente sospetto dalle potenze della Triplice Intesa, da cui era sempre più dipendente economicamente e sul piano della sicurezza13. Una volta che si percepi l'impossibilità di raggiungere un'intesa pacifica con Vienna sulla concessione dei compensi, che avrebbe potuto provocare una dura reazione militare franco-britannica mettendo a repentaglio la sopravvivenza dello Stato, le opzioni possibili per il governo Salandra erano ormai estremamente limitate. In un contesto di forte instabilità e insicurezza, per i governanti italiani la decisione della guerra contro l'Austria-Ungheria e della ricerca di una nuova alleanza, quella con la Gran Bretagna, la Francia e la Russia, divenne la scelta più facile e logica sul piano strategico e politico. La guerra avrebbe rafforzato e ricompattato le forze di governo liberali sul piano interno rispetto ai rivali socialisti e cattolici e avrebbe rilanciato il prestigio alla Monarchia come istituzione espressione dei valori nazionali. L'intervento a fianco della Triplice Intesa, poi, avrebbe assicurato i necessari rifornimenti ad un Paese privo di risorse alimentari e minerarie e avrebbe consentito di risolvere l'ultradecennale problema del raggiungimento di confini più favorevoli sulle Alpi e nonché di soddisfare l'ambizione di conquistare l'egemonia e la sicurezza nell'Adriatico14. IL PATTO DI LONDRA 1915 Come noto, l'accordo che l'Italia concluse con le potenze della Triplice Intesa (Francia, Russia e Gran Bretagna) per regolare il suo intervento in guerra «contre tous leurs 13 Sulla política estera italiana fra la fine del 1914 e il maggio 1915: Gottlieb, 1957, 135-401; Toscano, 1934; Toscano, 1939; Toscano, 1965a, 342 e ss.; Pastorelli, 1970; Pastorelli, 1997; Monzali, 1996; Monzali, 2004; Monzali, 2009; Albertini, 1951; Albertini, 1952; Albertini, 1942; Albertini, 1943a; Albertini, 1943b; Mon-ticone, 1971; Vigezzi, 1962; Vigezzi, 1966; Valiani, 1966; De Felice, 1965; Renzi, 1987; Burgwyn, 1993, 16 e ss. 14 Interessanti sono le dichiarazioni di Sonnino all'ambasciatore britannico Rodd. A tale riguardo: Rodd a Grey, 7 novembre 1914 e 2 aprile 1915 (Lowe, Dockrill, 1972a). 926 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 ennemis», ovvero contro la Germania, l'Austria-Ungheria e l'Impero ottomano, prese il nome di trattato di Londra perché venne firmato nella capitale britannica il 26 aprile 1915. Il governo italiano era stato fortemente favorevole a che i negoziati relativi al suo even-tuale intervento bellico si svolgessero a Londra e fossero guidati dal ministro degli Esteri britannico Edward Grey. La scelta della capitale inglese indicava il peso e l'importanza che la Gran Bretagna aveva assunto per i governanti italiani a partire dall'estate 1914: l'Inghilterra era considerata il futuro principale alleato dell'Italia e la Potenza che avrebbe potuto svolgere un ruolo di onesto broker nel corso delle trattative. Nella percezione dei governanti italiani non vi erano serie differenze di interessi e possibili punti di dissidio fra Roma e Londra, mentre si temeva che la Francia e la Russia potessero contrastare le ambizioni espansionistiche italiane nell'Adriatico e nei Balcani. Per il governo di Roma, insomma, Londra divenne il nuovo polo di riferimento della politica estera italiana, so-stituendo la Germania, che a partire dal 1882 era stata l'interlocutore più importante per l'Italia in campo internazionale. Questa visione della centralita della Gran Bretagna nella nuova politica estera dell'Italia post Triplice Alleanza si evidenzió pure nel modus operandi del negoziato del trattato di Londra nel marzo e aprile 1915, tutto incentrato sulle comunicazioni fra il governo di Roma, l'ambasciatore a Londra Imperiali e Grey, ritenuto supremo rappresentante delle Potenze dell'Intesa e mediatore fra Roma e le altre capitali15. Il negoziato con la Triplice Intesa ebbe inizio solo ai primi del marzo 1915, quando apparve chiaro al governo di Roma che le trattative con gli Austro-Tedeschi, iniziate alla fine del 1914, non avrebbero avuto esito positivo e favorevole. Le trattative con Gran Bretagna, Francia e Russia si svolsero abbastanza rapidamente dal 12 marzo al 14 aprile16. Poiché l'Italia aveva reimpostato la sua politica estera sulla questione nazionale italiana e sulla ricerca della sicurezza strategica sulle Alpi e nell'Adriatico, i problemi del Mediterraneo, il Vicino Oriente, le questioni africane furono temi secondari del negoziato (Toscano, 1965a; Monzali, 1996). Sonnino e Salandra non gli diedero grande importan-za: quando si percepi che rivendicazioni estese in Africa e nel Mediterraneo orientale avrebbero complicato le trattative, il governo di Roma ridimensionó rapidamente le proprie richieste al riguardo. È indicativa a tale proposito la genesi degli articoli IX e XIII del Patto di Londra. Questi articoli risultarono abbastanza generici e servivano solo a garantire eventuali compensi all'Italia in caso di modifica dello status quo dell'Impero ottomano e del continente africano. Di carattere ben diverso, possiamo dire massimalista, furono le richieste territoriali dell'Italia in Adriatico e sulle Alpi, con la domanda dell'annessione del Tirolo meridio- 15 Fonte utile a tale riguardo: Imperiali, 2006. 16 Materiale documentado sul negoziato del Patto di Londra è edito in: IBZI, II/7, tomi 1 e 2; LN, 3.1, 77 e ss. Intervento dell'Italia, 84 e ss.; DDI, 5/III; DDF, 1914-19/2. Sul piano della ricerca storiografica: Toscano 1934; Toscano, 1939; Toscano, 1965b; Toscano, 1965c; Toscano, 1965d; Toscano, 1965e; Toscano, 1967 Toscano, 1968a; Toscano, 1968b; Toscano, 1968c; Petrovich, 1963, 178 e ss.; Renzi, 1987; Solmi, 1923 Gottlieb, 1957, 135-401; Pastorelli, 1997, 15 e ss.; Pastorelli, 1970; Lowe, 1977, 411 e ss.; Lowe, 1969 Lowe, Dockrill, 1972b, 169 e ss.; Pingaud, s.a., 257 e ss.; Monzali, 1996; Monzali, 2004; Monzali, 2009 Šepič, 1989. Non contengono novità storiografiche i recenti volumi Varsori, 2015 e Petracchi, 2015. 927 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 nale, della Venezia Giulia, di gran parte della Dalmazia e di Valona e del suo hinterland. Era un programma territoriale che mirava non solo ad annettere i territori austriaci abitati da popolazioni italiane, ma anche ad assicurare all'Italia l'indiscussa egemonia militare nell'Adriatico e a «chiudere le porte di casa» nelle Alpi, violando se necessario il principio di nazionalità17. Varie sono le ragioni che spinsero il governo di Roma a delineare questo programma territoriale massimalista18. Le rivendicazioni italiane erano in parte il prodotto dei ca-ratteri prevalenti del sistema politico europeo dominato dalla politica di potenza e dagli imperialismi. In un tale sistema internazionale l'assicurarsi una posizione di sicurezza ai propri confini era un elemento vitale e irrinunciabile. L'acquisizione di una posizione egemonica nell'area adriatica era anche ritenuto un passo fondamentale per fare dell'Italia una grande Potenza euro-mediterranea e coloniale. Va posto poi l'accento sul fatto che le richieste territoriali del governo di Roma erano il risultato di una riflessione sulla storia italiana. Vi erano i tristi ricordi della guerra del 1866 e della sua fallimentare preparazione diplomatica19 ad ossessionare i politici italiani e a spingerli ad avanzare richieste territoriali massimalistiche ai futuri alleati. L'incapacità del governo La Marmora di garantirsi la conquista del Tirolo meridionale e dell'Istria nel negoziato con la Prussia che aveva portato al trattato d'alleanza dell'aprile 1866, era stata una delle cause dell'impossibilità per l'Italia di realizzare pienamente i propri progetti territoriali: il governo italiano, sconfitto dagli Austriaci a Custoza e a Lissa, era stato costretto ad accettare l'interpretazione letterale del patto d'alleanza con la Prussia, a concludere un armistizio con Vienna e a rinunciare alla piena realizzazione dei propri disegni espansionistici, accontentandosi della sola parte veneta del Regno Lombardo-Veneto. Sulla base di questo precedente storico, ben presente a tutti i politici italiani e in particolare a Sonnino20, a Salandra e al Re Vittorio Emanuele III, il richiedere 17 In quei mesi in seno al governo di Roma prevalse l'idea che fossero soprattutto le motivazioni di natura strategico-militare a dovere determinare le richieste territoriali italiane, in particolare in caso di guerra contro l'Austria-Ungheria. Il segretario generale della Consulta, De Martino, lo scrisse chiaramente: «Il programma dei confini naturali è un programma minimo, ma non è un programma sufficiente in caso di nostra partecipazione alla guerra. [...] Facendo la guerra dobbiamo avere per obbiettivo, oltre la conquista delle terre italiane, anche la supremazia nell'Adriatico: diversamente non vale la pena di fare la guerra. [.] Quanto alle isole del Quarnero e della Dalmazia, la questione va considerata sotto l'aspetto prevalente politico e strategico. Trattandosi di isole, è meno grave ilpericolo d'irredentismo slavo, mentre è assolutamente predominante il fattore strategico. Di fronte alla nostra costiera adriatica piatta e senza basi navali, non possiamo lasciare ad altri quei rifugi sicuri che sono i canali delle isole dalmate, dai quali anche una mediocre forza di silurantipuó costantemente minacciare la nostra costa [...]» (DDI, 5/II, 164, De Martino a Salandra, 31 ottobre 1914, allegato IV). 18 Al riguardo: Salandra, 1930; Monzali, 2004; Monzali, 2009. 19 A proposito della guerra del 1866 e della genesi della partecipazione italiana vi è la documentazione diplomatica italiana: DDI, 1/V; DDI, 1/VI; DDI, 1/VII. Si consultino anche: Blaas, 1966; Blaas, 1968; Blaas, 1969; Wandruszka, 1966; Silva, 1927a; Silva, 1927b, in particolare 260 e ss.; Silva, 1935; Lill, 1968; Wawro, 1996; Monzali, 2004; Monzali, 2009; Gottsmann, 2005. 20 Vi sono numerosi riferimenti al 1866 nei diari di Sidney Sonnino: ad esempio Sonnino, 1972a, 10 e ss.; Sonnino, 1972b, 95-96. Sull'importanza degli eventi bellici del 1866 nella formazione politica e culturale di Sonnino: Haywood, 1999, 29 e ss. Si veda anche: Carlucci, 2002. 928 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 A CUBA DEl.l.'lSTirLrro FASCISTA (II BUI.TURA Hl NOVABA MARIO TOSCANO IL PATTO DI LONDRA STOR1A DIPLOMATICA DELL'INTF.RVF.NTO ITALIANO (1914 - 1015) CON PRËFA2IONE DI S. E. ARRIGO SOLMI NICOLA ZANICHELLl EDITORE BOLOGNA IM4-XU Fig. 1: Copertina del libro di Mario Toscano (1934): un «classico» della ricerca storiografica sul negoziato del Patto di Londra. e ottenere nel trattato di alleanza un insieme di conquiste territoriali piu ampio di quello ritenuto indispensabile e vitale era non solo una normale tattica diplomatica all'inizio di un negoziato, ma anche un'esigenza política per garantiré lo Stato in caso di esito non favorevole della guerra e di evoluzione non amichevole dei rapporti con gli alleati. Ottenere molto nel trattato d'alleanza, al contrario del 1866, avrebbe rafforzato il governo di Roma al momento della conclusione dei preliminari e del trattato di pace, garantendo all'Italia posizioni negoziali piu forti; e quanto spiego Salandra al ministro delle Colonie, Ferdinando Martini, nell'aprile 1915: 929 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 E bene chiedere molto per poter poi aver qualcosa da cedere in un futuro congresso (Martini, 1966, 397). Era peró anche vero che una volta che erano avanzate vaste aspirazioni territoriali, diveniva politicamente molto difficile fare concessioni e rinunce. Il negoziato confinario italo-jugoslavo dopo la guerra, fortemente condizionato dall'accordo di Londra del 1915, lo avrebbe dimostrato. Non fu difficile per Sonnino ottenere rapidamente gran parte di ció che l'Italia desi-derava. Poiché per il momento Sonnino aveva rinunciato ad un programma di conquiste coloniali in Africa e Medio Oriente, le Potenze dell'Intesa non ebbero serie obiezioni alle aspirazioni italiane: l'Italia chiedeva soprattutto territori dell'Austria-Ungheria e ovviamente britannici, francesi e russi non avevano difficoltà a cedere terre altrui21. Unico serio problema nelle trattative fu quello dell'entità e dell'estensione delle richieste territoriali italiane in Dalmazia. Che l'ampiezza e la vastità delle rivendicazioni italiane in Dalmazia fossero in parte frutto di una tecnica negoziale e superassero am-piamente le aspettative minime del governo di Roma, fu ben presto evidente. Di fronte alla forte opposizione della Russia, desiderosa di garantire alla Serbia un vasto sbocco al mare nell'Adriatico, alle richieste italiane di contrallare la costa dalmata fino al fiume Narenta, il governo di Roma accettó di ridimensionare il proprio programma territoriale, rinunciando al controllo della regione di Spalato e accontentandosi della Dalmazia set-tentrionale. L'accordo di Londra esprimeva la visione politica italiana circa il futuro dei Balcani occidentali e della costa dell'Adriatico orientale. L'Italia non chiedeva espressamente e non puntava alla dissoluzione dell'Impero asburgico, ma al suo ridimensionamento. Nella logica del mantenimento dell'equilibrio europeo la sopravvivenza dello Stato asburgico corrispondeva ad un interesse dello Stato italiano, timoroso di un'eccessiva espansione della Germania o della Russia nell'Europa danubiana. La rinuncia a Fiume segnalava la volontà di lasciare anche uno sbocco al mare allo Stato vicino. Ma il testo del Patto di Londra indicava anche che i governanti italiani consideravano possibili pure altri esiti della guerra, ovvero la creazione di uno Stato croato o il distacco dell'Ungheria dell'Impero asburgico. Il trattato negoziato da Sonnino mostró anche l'interesse che l'Italia aveva verso il rafforzamento della Serbia. L'accordo prevedeva non solo la restaurazione di una Serbia indipendente, ma pure la futura conquista serba della Bosnia-Erzegovina e della Dalmazia centrale, nonché di vaste parti dell'Albania settentrionale. Dalla documentazio-ne italiana sappiamo pure che non pochi in seno alla diplomazia italiana dubitavano delle possibilità di sopravvivenza di un Montenegro indipendente ed erano pronti a considerare un suo assorbimento pacifico e amichevole da parte serba. Peraltro la dinastia reale italiana era imparentata con i Karadordevic attraverso la regina Elena/Jelena e i rapporti fra le due famiglie erano stretti e cordiali. 21 Al riguardo risultano utili: Asquith al Re d'Inghilterra, 24 marzo 1915 (Lowe, Dockrill, 1972a, 494); Grey a Rodd, 1° aprile 1915 (Lowe, Dockrill, 1972a, 495-496); Rodd a Grey, 2 aprile 1915 (Lowe, Dockrill, 1972a, 496-497). 930 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 Nonostante queste importanti concessioni alla Serbia, il patto di Londra fu considerato dai circoli politici serbi come una grave minaccia e un totale tradimento degli interessi dello Stato serbo da parte della Triplice Intesa22. I politici serbi ritenevano inaccettabile il desiderio italiano di conquistare la Dalmazia settentrionale dove vivevano importanti comunità serbe, cosi come l'ambizione di Roma di contrallare l'Albania centrale e Valona. Ma la principale fonte di dissidio fra Italia e Serbia fu la decisione serba di sposare il programma jugoslavo, ovvero la creazione di uno Stato unitario jugoslavo, che includesse non solo Serbi, ma anche Croati, Musulmani di Bosnia e Sloveni: la volontà dell'Italia di conquistare la Venezia Giulia e parte della Dalmazia suscitava un antagonismo nazionale e politico con i Serbi sostenitori del programma jugoslavo molto difficile da superare. Il Patto di Londra, firmato da Italia, Francia, Gran Bretagna e Russia il 26 aprile 1915, garanti al governo di Roma, in cambio del suo intervento di guerra contro tutti i nemici della Triplice Intesa, il futuro possesso del Tirolo meridionale, della Venezia Giulia, esclusa Fiume, della Dalmazia dal nord della regione di Zara fino a Capo Planka, nonché della quasi totalità delle numerose isole della Dalmazia settentrionale (escluse Veglia e Arbe), oltre a Lissa, Lesina, Curzola, Lagosta, Meleda, Cazza, Sant'Andrea, Busi, Tercola e Pelagosa23. L'Italia otteneva anche la sovranità su Rodi e il Dodecaneso, nonché su Valona, il suo retroterra e l'isola di Saseno. Era prevista la sopravvivenza di uno Stato albanese ridimensionato territorialmente e sotto la protezione italiana. In caso di spartizione dell'Impero ottomano l'Italia avrebbe avuto diritto ad occupare parte dell'Anatolia, in particolare la regione di Adalia/Antalya; mentre nell'eventualità che la Francia e la Gran Bretagna aumentassero i loro domini coloniali d'Africa a spese della Germania, il governo di Roma avrebbe potuto esigere «qualche equo compenso» relativamente ai confini delle colonie di Eritrea, Somalia e Libia. L'Italia sosteneva poi la costituzione di un potere musulmano indipendente in Arabia e nei luoghi santi islamici. CONCLUSIONI Il trattato del 26 aprile 1915 fu un successo diplomatico italiano. Contrariamente al conflitto del 1866, il governo di Roma si accingeva ad entrare in guerra con il sostegno di un trattato d'alleanza che garantiva il futuro possesso di un insieme di territori che nell'Adriatico superava ampiamente le aspettative minime della classe dirigente italiana: era, per esempio, il caso della Dalmazia, dove il riconoscimento della sovranità italiana non solo sulla maggior parte delle isole dalmate ma anche sulla terraferma da Zara a Capo Planka rendeva l'Italia Potenza dominante in quello spazio marittimo e lo poneva in una vantaggiosa posizione negoziale in una futura Conferenza di pace, qualunque fosse stato l'esito del conflitto bellico. In un contesto internazionale di forte instabilità e insicurezza, la decisione di fare la guerra contro l'Austria-Ungheria e di concludere una nuova alleanza, quella con la Gran 22 Per una analisi della politica estera serba nel 1914—1915 rimandiamo a: Mitrovic, 2007; Pavlovic, 2015, 197 e ss. 23 Testo del Patto di Londra in DDI, 5/III, 470. 931 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 Bretagna, la Francia e la Russia, risulto la scelta piu facile e lógica sul piano strategico e politico per i governanti italiani, evitando il mantenimento di una pericolosa posizione di neutralita piena di incognite. La convenzione del 26 aprile 1915 espresse comunque compiutamente la visione ambiziosa che i leader liberali italiani avevano del ruolo e del posto dell'Italia in Europa e nel mondo. Era una visione che auspicava un'Italia grande Potenza regionale e sperava nella creazione di un assetto mediterraneo e europeo fondato sull'equilibrio fra gli Stati, attraverso il quale lo Stato italiano si sarebbe emancipato da tutele esterne che diminui-vano e limitavano la sua indipendenza. A posteriori possiamo pero notare alcuni limiti e pericoli insiti nel programma di guerra italiano. Fu forse un errore un piano di conquiste massimalista, senza troppa attenzione agli equilibri nazionali esistenti in Tirolo e nell'A-driatico orientale, il quale suscito rancori e diffidenze di austriaci, croati, sloveni, serbi e albanesi verso l'Italia. Era un'illusione pensare che fosse possibile conciliare l'esistenza di un'Albania autonoma con l'appartenenza di Valona e del suo retroterra all'Italia. Pure contraproducente e velleitaria si rivelo l'ambizione di partecipare alla spartizione delle spoglie dell'Impero ottomano prendendo il controllo di una vasta parte dell'Anatolia meridionale. 932 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. IL PATTO DI LONDRA E LA POLITICA ..., 919-938 NELAHKA IZBIRA. LONDONSKI PAKT IN ITALIJANSKA ZUNANJA POLITIKA 1914-1915 Luciano MONZALI Universita degli Studi di Bari "Aldo Moro", Dipartimento di Scienze Politiche, P.zza Cesare Battisti 1, 70121, Bari, Italija e-mail: l.monzali@yahoo.it POVZETEK V razpravi je avtor želel najprej analizirati italijansko-habsburške odnose v letih pred izbruhom prve svetovne vojne, da bi nato lahko obrazložil genezo italijanske nevtralnosti, ki je bila v bistvu posledica izbir Avstro-Ogrske in Nemčije, da ne storita ničesar, da bi se na začetku Italija vpletla v konflikt. Po nekaj mesecih se je izkazalo, da bo nevtralnost na dolgi rok težko obdržati. Po eni strani so postajali odnosi z Dunajom in Berlinom težavni zaradi nezmožnosti doseči nek dogovor o nevtralnosti, ki bi bil za Italijo ugoden: rimska vlada je bila na nevtralnost pripravljena, v kolikor bi ji Avstro-Ogrska na miren način prepustila določena obmejna območja, poseljena z Italijani oziroma, ki si jih je Italija želela zaradi vojaških razlogov. Po drugi strani so se večali neposredni in posredni pritiski s strani Velike Britanije, od katere je bila Italija vedno bolj odvisna zaradi zalog premoga in hrane. Odločitev o začetku pogajanj glede vojaške intervencije na strani Antante, kar je pripeljalo do Londonskega pakta, je bila za vlado v Rimu najlažja ter v strateškem in političnem smislu najbolj logična izbira. Vojna bi monarhiji, kot inštituciji izražanja nacionalnih vrednot, povečala ugled. Intervencija na strani Antante bi zagotovila potrebne zaloge državi, kjer je primanjkovalo hrane in mineralnih surovin, obenem bi ji omogočila, da reši večdesetletni problem v zvezi z doseganjem ugodnejših mej na Alpah, kakor tudi, da izpolni ambicije po hegemoniji in varnosti na Jadranu. Londonski pakt, sklenjen v angleški prestolnici 26. aprila 1915 med Italijo, Veliko Britanijo, Francijo in Rusijo, ki je predstavljal italijansko odločitev za oboroženo sodelovanje na strani Antante proti nekdanjim zaveznikom Nemčije in Avstro-Ogrske, je bil produkt italijanskega političnega projekta, a hkrati in predvsem prilagajanje ter odgovor vladajočega sloja na spremembe v mednarodnem sistemu, ki jih je povzročil izbruh vojne v Evropi. Ključne besede: Italija, prva svetovna vojna, Sidney Sonnino, Sredozemlje, Avstro-Ogr-ska, Londonski pakt, zunanja politika 933 ACTA HISTRIAE • 25 • 2017 • 4 Luciano MONZALI: UNA DIFFICILE SCELTA. 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