Roberto Dapit Appunti per una ricerca sui riti di carnevale lungo il confine friulano-sloveno: l’ereditä di Niko Kuret V prispevku •Obredno maskiranje ob slovensko-furlanski meji« avtor izpostavlja nekatera temeljna vprašanja (manistična teorija, obredni obhodi, nosilci maskiranja itn.), ki jih je v svojih raziskavah obravnaval Niko Kuret, raziskovalec mask in maskiranja na Slovenskem. Potem, ko je omenil pozitivne dosežke tudi na italijanski in furlanski strani, avtor pričakuje, da bodo Kuretova dognanja osnova in pobuda za nadaljnje raziskovanje obrednega maskiranja ob slovensko-furlanski meji. In his article titled-Ceremonial Masks along the Border between Slovenia and Friuli-Venezia Giulia« the author analyzes some basic questions (the theory of man ism, ceremonial processions, the people behind the mask, etc.) which had been examined by Niko Kuret, a prominent researcher of masks in Slovenia. The author also mentions some positive research results obtained by researchers in Italy and Friuli-Venezia Giulia. He expects that Kuret ’s research results will present the basis and provide the necessary initiative for further research of ceremonial masks along the border between Slovenia and Friuli-Venezia Giulia. 1. L’ereditä di Kuret nella metodologia della ricerca Benche sia noto a tutti il fatto ehe le aree marginali rivelano tratti pin conservativi, ci sorprende la presenza di un numero cost elevato di manifestazioni della cultura popolare nella fascia lungo il confine friulano-sloveno tra Resia e le Valli del Natisone, sia in Slovenia ehe in Friuli. Questa realtä non poteva ehe affascinare un rieereatore eosi acuto come Niko Kuret; giä negli anni Sessanta infatti iniziö il suo studio intitolato Maschere e mascheramenti rituali degli sloveni lungo il confinefriulano sloveno nel modo seguente (Kuret 1966: 79)': 1 I contributi di Kuret 1966, 1969, 1972a, 1976 sono apparsi anclie in traduzione slovena nella pubblicazione Opuscula selecta. Poglavja iz ljudske kulture, Ljubljana, SAZU-Razred za filološke in literarne vede (Dela 43), 1997. Passando in rivista le maschere degli sloveni lungo il confine etnico friulano-sloveno, si direbbe ehe le maschere dell'Europa intera, dal Nord germanico fino ai Balcani, vi si siano date appuntamento. L 'argomento di cui debbo parlare e infatti d’una stupenda ncchezza. Il titolo nonche 1’approccio del contrihuto erano molto promettenti, in particolare nell’ambito dell'iniziativa denominata Alpes Orientalesche riuniva l’esperienza di studiosi dei tre paesi le cui culture nell’area delle Alpi Orientali risultano in stretto contatto.2 Tale iniziativa fu di breve durata e quindi non ebbe continuazione ma in seguito sono stati realizzati diversi lavori di ricerca in questo campo. Sarebbe perciö auspicabile una ripresa dei lavori da parte di un gruppo di studio su temi areali al fine di superare uno stadio della ricerca che per certi versi potrebbe considerarsi concluso.3 L’attivitä di Studio condotta da Kuret sul tema dei mascheramenti e rimasta una costante ed e confluita nel suo volume Maske slovenskih pokrajin dove, oltre alia descrizione dei riti nei punti studiati nel territorio etnico sloveno, vengono riassunte le numerose problematiche giä affrontate precedentemente, offrendone una raffinata sintesi dopo circa trent’anni di dedizione al tema. L’ampia apertura di Kuret come stuclioso nonche i suoi interessi molto articolati gli hanno permesso di affrontare aspetti molto pertinenti nell’analisi del fenomeno in questione. Non solo si e dedicato alla ricerca delle strutture storico-culturali piü profonde relative ai riti ma anche degli elementi innovativi. Si e occupato della classificazione delle maschere in ambito sloveno tracciando pure uno studio comparativo in ambito europeo. Kuret ha sempre saputo porre a se stesso e all’ambiente scientifico questioni molto pertinenti, intuendone con giusto anticipo l'importanza. Estremamente attento a quanto accadeva nel campo della ricerca, giä nel 1956, dopo clue anni di indagini sulle maschere in Slovenia compiute nell’ambito dell’Istituto per l’etnologia slovena dell’Accademia slovena di Scienze e Arti, capi la »necessitä di collaborazione nella ricerca delle maschere slave meridionali«, e intitolö in questo modo il suo contribute al terzo Congresso dei folkloristi della Jugoslavia a Cetinje. I tratti delle maschere Slovene erano riconducibili all’area dell’Europa centrale e perfino occidentale, ma senza una conoscenza del fenomeno nell’area balcanica non sarebbe stato possibile continuare le ricerche in Slovenia (Kuret 1958: 281-282). In seguito Kuret ha affrontato gli aspetti piü rilevanti nell’ambito dei mascheramenti, questioni ehe paiono ancora oggi molto affascinanti, anche perche pongono continuamente degli interrogativi anche alla ricerca nell’area sloveno-friulana. Mi riferisco in particolare alle questioni in relazione ai porlatori di questa tradizione, ossia le compagnie dei giovani, in apparenza esclusivamente maschili, e la piü recente entrata nel rito dell’elemento femminile (Kuret 1963-64). Osservö pure forme rituali all’interno delle quali le compagnie femminili utilizzavano i mascheramenti e fra queste individuö la tradizione delle maschere bianche di Uccea (Kuret 1972a: 339). Se accettiamo il 2 Sempre nell’ambito dell'iniziativa Alpes Orientales anche Perusini in chiusura al suo contributo sostiene che -La zona delle Alpi Orientali e c|tiindi una delle regioni europee piü interessanti per uno studio comparativo su piccola scala. Un atlante etnograflco della regione ci permetterebbe di fare studi e contron-ti di notevole interesse culturale. Mi auguro ehe un atlante della nostra regione possa essere realizzato al piü presto.- (Perusini 1966) Quanto auspicava Perusini non e purtroppo stato ancora realizzato. 3 Da un lato perche e necessario affrontare nuovi approcci di ricerca e raccolta del materiale, dall’altro per lo stato in cui sopravvive la tradizione, esposta a notevoli mutamenti e talvolta destinata alla scomparsa. presupposto che le compagnie di carnevale sono costituite da giovani maschi che si mascherano anche da donna, come avviene oggi ancora a Drežnica per esempio, ci pare piuttosto singolare che la donna partecipi a Resia a fasi cosi importanti come le visite notturne dei babacoppure la vestizione della maschera bianca maschile o addirittura diventi protagonista a Uccea nel ballo iniziatico delle giovani accompagnate dalle madrine. Si tratta di un particolare estremamente importante che nel rimanente territorio resiano non e stato documentato. In realtä anche Niko Kuret era affascinato dalla questione e osservö le compagnie femminili nell’area slava meridionale individuando alcuni casi specifici, tra i quali, come č stato appena detto, troviamo le bile maškire di Uccea. Secondo Kuret in quest’area e possibile notare i segni di riti e culti femminili la cui tradizione sarebbe rimasta in vita fino a tempi recenti. In queste occasioni anche le ragazze avrebbero portato delle maschere ehe sono da ricondurre a origini rituali esattamente come le maschere maschili, i cui portatori della tradizione sono i giovani (Kuret 1972a: 347). Un fatto pare comunque certo secondo le osservazioni di Puccio: la donna nell’ultima fase, ossia il funerale a Resia o la questua a Uccea, rimaneva spettatrice o addirittura esdusa. A Oseacco per esempio mentre gli uomini baiciavano il fantoccio di carnevale le donne si recavano in chiesa per ricevere le ceneri.15 A Uccea l’identita femminile, la maskira, veniva distrutta a favore di quella maschile, rappresentata dal maškanm, che si fondava sulla negazione dell’altro sesso (Puccio 1994: 45, 80, 83). La questione di fondamentale importanza attorno alia teoria manistica elaborata da Karl Meuli viene esaminata da Kuret acconsetendogli di ottenere una visione profonda dell’essenza originaria dei mascheramenti/’ Accogliendo molto positivamente questa visione, rileva ehe la teoria lascia spazio anche a interpretazioni e analisi della maschera da un punto di vista della natura umana, giustificabili attraverso la scienza delle religioni o la psicologia (Kuret 1969: 162).7 La presenza delle figure dei »vecchi« fra le tipologie della maschera non solo dell’Europa sud-orientale ma anche centrale e occidentale ha indotto Kuret ad approfondire l’argomento. Egli afferma infatti ehe queste figure sono effettivamente i continuatori delle rappresentazioni manistiche o sopravvivenze della schiera degli antenati ehe le compagnie maschili raffigurano attraverso la mimesi (successivamente contaminata da stratificazioni seriori). Le rappresentazioni dei primi antenati, assieme a quelle totemiche e piü antiche relative al cacciatore dell’etä della pietra, costituirebbero cosi l’essenza originaria delle maschere (Kuret 1979). Nelle figure dei »vecchi* risultano naturalmente infiltrati pure contenuti seriori, subendo cambiamenti * Secondo le indagini della Puccio, a Oseacco prima della Seconda Guerra Mondiale erano le giovani donne non sposate ad unirsi alia compagnia dei babac, sfuggendo talvolta anche al divieto dei genitori. Dalla Seconda Guerra Mondiale al 1976 invece vi avrebbero partecipato anche le donne sposate (Puccio 1994: 29). 5 L’imposizione della chiesa era forse in questo caso abbastanza forte da attrarre le donne distogliendole da quest’ultima fase del carnevale. Probabilmente si tratta di situazioni dove anche la devozione alia religione cattolica gioca un ruolo importante. Tuttavia all’esterno della chiesa i giovani attendevano quanti si recavano al rito delle Ceneri per cospargerli di cenere «profana- che simbolizzava la cenere del Durumigid, atto ehe veniva accettato come forma di gioco in una situazione fra il serio e il burlesco (cfr. Puccio 1994: 45). 6 Kuret si riferisce al contributo di Meuli intitolato Maske, Maskereien pubblicato in Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens, V, Berlin-Leipzig 1932-1933, col. 1744-1852. Altri importanti contributi di K. Meuli sul tema dei mascheramenti sono raccolti nel capitolo Zum Maskenwesen del primo volume di Gesammelte Schriften, Basel, Schwabe & Co., 1975. 7 Un contributo a questa interpretazione e fornito pure dalla tradizione orale resiana, dove una fiaba con-tiene -un nuovo argomento a pro della teoria sui legami esistenti tra le maschere e gli spiriti degli antenati* (cfr. Matičetov 1966: 94). morfologici oltre ehe contenutistici (Kuret 1981-83). Che i mascherati rappresentassero realmente gli esseri »dell’altro mondo sarebbe comunque stato dimostrato da Meuli, secondo cui i nomi dei mascherati in altre civiltä ovunque rivelano 1’aspetto semantico di spirito oppure di defunto. A ciö corrisponderebbe pure il comportamento dei mascherati che e identico in tutto il mondo: non parlano o se lo fanno cambiano la voce, »nuotano" nell’aria, ossia continuamente saltano e ballano (Kuret 1995: 15). II problema della rappresentazione mimetica degli antenati puö apparire completamente svuotata di significato per gli esecutori del rito, tuttavia ci sorprende la conservazione di simili comportamenti atavici protrattisi fino ai nostri giorni. A questo proposito desidero sottolineare la tradizione delle apparizioni notturne dei babaci o kukati a Resia che e ancora osservabile in modo indiretto attraverso le testimonianze di quanti la notte tra 1’Epifania e il giovedi grasso, a viso coperto e muniti di bastone, visitavano a piccoli gruppi tutte le case del villaggio di appartenenza. Benche del tutto estinta, la tradizione era profondamente radicata in tutto il territorio resiano e rappresentava una continuitä rituale (talvolta quasi due mesi in aleuni villaggi) dal periodo del solstizio d’inverno fino alle ceneri, ossia alle porte clella bella stagione. Sorprendente e inoltre 1’intensita delle apparizioni notturne che, alternandosi, i piccoli gruppi di babaci, formati in genere da giovani, visitavano quasi ogni sera le case del proprio nucleo oppure dell’unitä maggiore da cui originavano. I nomi,H la simbologia dell’abbigliamento e del comportamento di questi mascherati infatti corrispondono al modello archetipico riconducibile alla figura dell’antenato ehe a scopo propiziatorio ritorna dai propri familiari. Osservando ad esempio 1’aspetto e il comportamento dei babaci a Oseacco di Resia appaiono aleuni elementi interessanti: 1) abiti vecchi senza colori sgargianti ma riconducibili ai colori della terra e anche della decomposizione (mescolando i colori si ottiene infatti un grigio-marrone) e del concime animale ehe fertilizza la terra; uso di oggetti-simbolo dal mondo animale e vegetale; 2) inversione dei sessi nell’abbigliamento; 3) linguaggio mimico senza parole ne mušica; accenni alla danza rituale e alla mušica mimando il gesto nell’esecuzione di danza e mušica; 4) visita in anonimato delle case appartenenti alla comunitä del villaggio, ossia a quella piü ristretta, ehe potrebbe quindi comprendere il clan. 5) gruppi di giovani sessualmente misti che visitano le case di altri giovani. Questo tipo di osservazioni sono possibili anche grazie ai lavori di Deborah Puccio che ha rivolto una certa attenzione al tema dei babac, dedicando uno spazio particolare a questo fenomeno che nemmeno Kuret pote approfondire (cfr. Puccio 1992, 1994). Questo vuoto e infatti riscontrabile in generale negli studi sui riti di carnevale. Le visite notturne dei babac rappresentano invece un presupposto per la visione generale di un “ Nel mondo slavo ricorrono nomi di maschere che evocano la figura degli antenati. Tale fatto 6 stato messo in evidenza dagli studiosi e spesso anche da Kuret (cfr. ad esempio Gasparini 1966: 36-37; 1973: 443). Anche a Resia questa tradizione continua e infatti ritroviamo le basi babac/bäbac 'maschera brutta’, ded ‘fantoccio di carnevale’ a Stolvizza, chiamato invece a Gniva, Oseacco e Coritis drumIjgic/durumfgič, di origine oscura; kukac a Stolvizza e riconducibile allo sloveno kukec e a kuka nel senso di »Insetto, verme-; semanticamente corrisponde al croato kajkavo kukac -črv, buba, insekt- (cfr. liezlaj F., Etimološki slovar slovenskega jezika II, p.108). La questione dell’etimologia del nome škoromat invece (cui Kuret ha dedicate uno studio, Kuret 1976), e stata ripresa recentemente da Metka Furlan offrendo una nuova interpretazio-ne nella relazione ‘O imenu škoromati’, presentata al Conferenza internazionale intitolata Maske in maskiranje v Sloveniji in zamejstvu - II, Cerkno, 18 e 19 aprile 2001. rito che anche dal punto di vista della durata temporale, e il piü importante nel ciclo delle festivitä annuali. GJi studi della Puccio realizzati nelle singole localitä di Resia inoltre rivelano caratteristiche assai diverse fra i rituali delle diverse frazioni, un nuovo elemento che conferma la diversificazione culturale delle comunitä resiane interne. A Oseacco la maschera invernale o babacsi trasforma in quella primaverile o di passaggio chiamata maskira, indicando simbolicamente il passaggio a un’etä piü matura; a Stolvizza invece la maskira non esiste e la metamorfosi del kukac e rivelata soltanto dai comportamenti e discorsi; a Uccea la maskira diventa babac (Puccio 1994: 27). II tema relativo alle visite rituali (giri, percorsi, processioni) nel mondo sloveno e stato pure abbozzato da Kuret che lo ha considerato non come singolo fenomeno ma come sequenza di tipologie che ricoprono quasi tutti i mesi dell’anno (Kuret 1972b). Tali manifestazioni conservano da sempre un carattere sacrale e rappresentano la forma piü antica di rituale (Kuret 1984: 82). Dal calendario appare che i mesi invernali ospitano il maggior numero di riti di questa natura e il solo mese di dicembre comprende otto date con percorsi rituali (Kuret 1972b: 110). Questa dimensione tipologico-temporale lascia affiorare il tema della molteplicitä di espressioni destinate a svolgere funzioni simili o collegate dalle esigenze dell’uomo nella sua esistenza concreta e simbolica nel corso dell’anno. Un ulteriore collegamento si rende evidente nella caratteristica dei portatori della tradizione o esecutori del rito nel ciclo annuale: se osserviamo solo il periodo che va dall’autunno alle porte della primavera anche fra gli sloveni del Friuli, i principali protagonisti sono i giovani e talvolta pure i bambini. II rapporto bambini-giovani-morti si delinea in forme molto esplicite: essi raccolgono e consumano il pane o altro cibo per i defunti a Ognissanti, formano le Compagnie di San Niccolö, dei questuanti/coscritti di Capodanno ed Epifania, nonche del carnevale. L’interesse di Kuret per le forme del teatro popolare, per la tradizione delle marionette, nonche del dramma popolare, in particolare per quelle calendariali dei questuanti o koledniki, gli ha sicuramente permesso con anticipo di osservare i fenomeni dei mascheramenti in una dimensione di ampio respiro (cfr. Kuret 1986). Nel suo percorso intellettuale e scientifico dove gli interessi per la cultura spirituale del popolo sloveno hanno mantenuto importanti direttrici sia nell’ambito letterario ehe etnologico, Kuret ha cercato di giungere all’essenza attraverso metodologie trasversali e incrociate. Un’ottimo esempio di questo atteggiamento dello studioso e visible in uno dei suoi ultimi saggi, uscito postumo, dove la sua ricerca del nucleo etnologico o antropologico si misura in un approccio comparativo in Sredozimske maske. Poglavje iz primerjalnega narodopisja dove si sottolineano le differenze fenomenologiche fra le maschere invernali in rapporto alle quelle di carnevale. Altre differenze riguarderebbero 1’origine, la funzione e la tipologia delle maschere (Kuret 1995).9 Uno dei grandi meriti di Niko Kuret e proprio la sua strategia di analisi poiche una determinata prospettiva assume nell’arco di un piü lungo periodo direzioni diverse, anche contrarie, nella fase di ricerca. E un continuo rimaneggiare la propria materia per poterle conferire forma e profonditä. Possiamo ammirare cio nel lavoro Maske slovenskih pokrajin, raro esempio di sintesi e prova di grande cura per il tema dei mascheramenti. Le questioni trattate anche piü tardi da Kuret appaiono infatti di notevole importanza e '} Un approccio analogo e osservabile in Morelli e Poppi 1998 ehe hanno messo in relazione i rituali di mascheramento in un’altra area alpina, il Trentino, da San Niccolö al Tratomarzo. rappresentano valide chiavi di lettura, non solo per Panalisi storica, ma soprattutto semantica e quindi funzionale dei riti che utilizzano il mascheramento. Gli spunti offerti dallo studioso non si limitano, come giä accennato, all’interpretazione classica del rito, ma preparano un terreno di ricerca metodologicamente assai valido, poiche indicano alcune vie da seguire anche in fasi di decadenza o profonda trasformazione della tradizione, come e il caso dei riti in Friuli. E opportuno infine sottolineare un ultimo aspetto metodologico nell’attivitä di Kuret, ossia l’approccio visuale della ricerca. Grazie al suo atteggiamento di assoluta avanguardia divento l’iniziatore del film etnologico sloveno creando nel 1957 la Commissione per il film etnografico (presso l’Associazione etnografica slovena, una succursale della Commissione jugoslava per il film etnografico) di cui fu segretario e quindi promotore di importanti iniziative in questo campo. Nell’ambito della tradizione del carnevale Kuret ci ha infatti lasciato alcuni documenti audiovisivi di estremo valore.10 Quanto esposto in questo capitolo, relativo ad alcuni aspetti dell’esperienza di Niko Kuret direttamente e indirettamente legati alia ricerca dei riti di mascheramento in Slovenia e in Europa, intende offrire una dimostrazione del grande passo in avanti compiuto nello Studio del tema. I risultati del suo lavoro vengono considerati esemplari, oltre che fondamentali per ulteriori ricerche, e un importante riconoscimento in questo campo gli venne attribuito giä nel 1964 quando fu invitato a redigere la voce Maschere e mascherate nella tradizionepopolare europea per 1’Enciclopedia Universale dell’Arte (Kuret [1964b]). L’esperienza del grande studioso sloveno, con lontane radici anche friulane tra l’altro, per vari motivi e stata accolta solo in minima parte dagli Studiosi che si sono occupati o che tuttora si occupano della ricerca sulle maschere tradizionali degli sloveni in Friuli. L’ereditä di Kuret ci rimane tuttavia a disposizione per continuare lo studio anche adattandolo alla nuova realtä sia sul campo che nelle metodologie di analisi. Prima di passare all’esposizione di alcuni spunti per la continuazione del lavoro e necessario almeno tracciare l’esperienza degli studiosi friulani o italiani nel campo delle maschere di carnevale. 2. Il contributo degli studiosi friulani e italiani al tema delle maschere Slovene I-’interesse per i riti di mascheramento nasce pure in Friuli negli anni Sessanta, dove i coniugi Luigi e Andreina Ciceri realizzano un censimento delle localitä dove si conservano tali tradizioni, comprendendo naturalmente anche le zone Slovene del Friuli (Nicoloso Ciceri-Ciceri 1967)." Andreina Ciceri continua negli anni successivi la propria indagine su tutto il Friuli e negli anni Settanta pubblica alcuni contributi specified riguardanti Montefosca/Črni vrh e altre tradizioni nelle Valli del Natisone (Nicoloso Ciceri 1972a; 1972b) e Masarolis (Ciceri-Pellis 1978). Con Olivia Pellis, ehe si occupa Sulla figura di Niko Kuret come teorico del film etnografico parlano i testi delle sue conferenze e altri documenti del 1957, 1958 e 1959, pubblicati per la prima volta in Križnar 1997. Cfr. inoltre i contributi di Križnar 1995, 1996, 1997 sull’attivitä dello studioso nel campo visuale. Lo stesso Naško Križnar inoltre ha raccolto per l’Istituto per l’etnologia slovena di Lubiana (ISN ZRC SAZU) copioso materiale audiovisivo fra gli sloveni in Friuli e redatto alcuni contributi sui blumapi di Montefosca (Križnar 1974; 1976-77). 11 I punti di rilevamento sono i seguenti: Val Kesia: Prato di Resia, S. Giorgio, Oseacco; Valli del Torre e del Cornappo: Billerio, Coia, Sedilis, Sammardenchia, Bulfons, Malamaserie, Stella, Lusevera, Micottis, Monte-aperta, Montemaggiore, Cornappo, Platischis; Valli del Natisone: S. Pietro al Natisone, Scrutto, S. Leonardo, Drenchia-Grimacco, Clabuzzaro, Rodda, Mersino, Pulfero - Loc, Savogna, Cepletischis, Tercimonte, Tarpez-zo, Montemaggiore, Sorzento, Oblizza; Tolmino; Caporetto. della documentazione fotografica, pubblica due volumi intitolati Feste tradizionali in Friuli (198?-1993),12 dove.viene attribuito un interesse particolare ai riti di carnevale. I volumi includono copioso materiale fotografico che sta acquistando un certo valore dato che alcune manifestazioni risultano giä estinte, come le maschere bianche di Uccea. Nei due volumi Tradizionipopolari in Friuli sono pure compresi i riti di tutte le comunitä Slovene entro i conrini friulani (Nicoloso Ciceri 1992). Un nuovo approccio di ricerca viene inaugurato alia fine degli anni Settanta da alcuni študenti universitari che come materia di tesi di laurea scelgono un argomento monografico dedicandosi a temi inerenti il carnevale nelle singole localitä. II primo e Valter Colle che si dedica al carnevale di Rodda/Ruonac (Valli del Natisone) utilizzando una metodologia che tiene conto del documento audiovisivo (Colle 1979). Colle inizia le proprie ricerche con strumenti audiovisivi giä nel 1976 e da allora si dedica alla raccolta di materiale. II suo archivio privato si puö quindi considerare la piü ricca collezione di documenti audiovisivi sulle tradizioni popolari in Friuli e in particolare degli Sloveni in Friuli, a cui ha dedicate un’attenzione particolare. Segue l’esperienza di Silvana Magnis ehe studia II rito di Carnevale a Masarolis, nella zona meridionale delle Valli del Torre (Magnis 1980). Le esperienze di ricerca audiovisiva continuano e Marinella Chirico nella propria tesi di laurea analizza la documentazione audiovisiva dal 1977 al 1991 relativa al mercoledi delle Ceneri a Resia (Chirico 1993). Renato Morelli si interessa al pust dei confini orientali e oltre ad alcuni contributi produce pure dei videodocumentari (Morelli 1993). Cerca inoltre di osservare le maschere di carnevale, in particolare i blumarji di Montefosca, come espressione di riti legati alla tradizione dei ‘coscritti’ in Friuli e Trentino (Morelli 1994). II carnevale di Resia diventa oggetto di studio per Deborah Puccio ehe, oltre a effettuare un’osservazione dei tratti specifici dei riti che si differenziano nelle varie localitä resiane (1992, 1994), ha trattato alcuni temi specifici come l’analisi delle figure del rito a San Giorgio (1993a), le innovazioni provenienti dal mondo friulano (1993b), l’opposizione fra la chiesa e la cultura popolare in occasione del carnevale (1997). Lo scrivente sta inoltre raccogliendo dai primi anni Novanta testimonianze orali, documenti fotografici e dal 2000 effettua anche videoregistrazioni sul tema delle maschere popolari nell’area friulano-slovena. La ricerca presso gli Sloveni del Friuli ha quindi portato a risultati discreti ma soprattutto come rilevamento dei dati e specifica analisi fenomenologica nelle singole comunitä.13 3. Vitalitä e funzionalitä del rito: l’identita collettiva e l’appartenenza alla comunitä La tradizione del carnevale fra gli Sloveni in Italia si conserva ancora in forme particolari a Resia, a Masarolis/MažaruoleH nelle Valli del Torre, mentre nelle Valli del Natisone e presente in tre frazioni dello stesso comune di Pulfero, ossia a Montefosca, 1,1 Tiene conto delle localitä di Rodda, Mersino, Montemaggiore, Montefosca, Uccea e Masarolis. Materiale fotografico relativo alle maschere di Resia e della Benecia e eompreso pure nella pubblicazione di M. Bažato e J. Bogataj, Človek z masko. Od Prekmurja do Benetk, Radovljica, Didakta, 1994. 11 Un tentativo di superamento di questa fase viene condotto da Deborah Puccio ehe tuttora sta studiando la realtä resiana. Sta tentando inoltre di percorrere alcune direttrici, ehe anche Kuret a suo tempo ha messo in evidenza, attraverso un approccio comparativo analizzando in particolare la figura femminile nei riti di mascheramento. M Pare che in questa localitä la tradizione abbia subito un'interruzione. Non possiedo dati sull’esecuzione del rito per il carnevale 2001. Mersino e Rodda. Esistono altri carnevali tradizionali come ad esempio a Matajur o ripresi dalla tradizione con alcune innovazioni a Micottis/Sedlišča presso Lusevera/ Bardo (Alta Val Torre) o ancora a Tribil/Tarbij, nel cornune di Stregna (Valli del Natisone). Nella zona corrispondente a questa fascia in Slovenia spiccano le tradizioni di Drežnica, soprattutto, e di Lig nad Kanalom. Non serve sottolineare che il carnevale di Drežnica rappresenta tutt’oggi un caso esemplare dove i tratti morfologici e strutturali del rito rivelano un grado di conservazione eccezionalmente elevato, tanto da rappresentare un osservatorio e una »scuola» pergli studiosi.15 Di queste localitä terrö conto nella discussione, in particolare di Resia, Rodda, Mersino, Montefosca e anche Drežnica, in quanto e stato possibile osservarne i riti in anni diversi e piü nel dettaglio. Di fronte a questi riti del carnevale ci poniamo naturalmente delle domande riguardanti la motivazione ehe spinge i portatori della tradizione a perpetuare un rituale che e legato a un mondo rurale ormai, nella maggior parte dei casi, in fase di declino o estinzione. Molto significativo e il fatto ehe i giovani, i quali per la loro eta e stato sociale sono fondamentali nello svolgimento del rito, vi siano presenti sebbene non partecipino piü direttamente alia vita economica e sociale della comunitä di origine perche studiano o lavorano per esempio a Lubiana o a Udine. Il sistema rurale sta quindi abbandonando le proprie forme tradizionali di vita sia materiale che spirituale. Molti giovani tuttavia, in occasione dei riti della comunitä, sono presenti in forma attiva rispettando, in generale, le antiche regole imposte dalla comunitä stessa. Quale funzionalitä si potrebbe attribuire ai riti nella forma in cui vengono oggi eseguiti e vissuti? In base a quanto giä esposto, secondo l’interpretazione etnologica classica del carnevale fra gli elementi fondamentali ritroviamo la stretta relazione con i defunti, ossia con gli spiriti degli antenati di cui i giovani sono mediatori di propiziazione per la stagione entrante e quindi per un buon raccolto. Si tratterebbe quindi di un’importante relazione fra i vivi e i propri defunti ehe in quel momento li verrebbero a visitare sotto forma di compagnie giovanili mascherate. Osservando le condizioni economiche e sociali odierne dobbiamo perö supporre ehe questi elementi siano scarsamente funzionali poiche la percezione di queste funzioni o legami, almeno in ambito europeo, dovrebbe risultare ormai neutralizzata. Nei mascheramenti invernali osservabili ancora oggi sia presso i friulani ehe gli sloveni si notano tuttavia dei comportamenti atavici, ossia una stretta relazione tra chi appare mascherato e chi li attende, di solito nelle proprie dimore. Soprattutto gli anziani vedono le apparizioni dei mascherati quale segno propizio e la loro venuta č, salvo rare eccezioni, assolutamente attesa e gradita. Si puö forse cogliere nell’entusiasmo delle persone un sentimento di soddisfazione per un momento allegro di socialitä o per una tradizione ehe continua e come tale non e mai completamente vuota di significati, siano essi di creazione recente o di provenienza antica. Anche l’offerta di cibi e bevande, in particolare in occasione della visita delle maschere nelle case, e sempre molto abbondante, quasi orgiastica, tanto da rendere la compagnia dei mascherati alia fine della giornata in una condizione di completa ebbrezza. Ritornando nuovamente alia vita economica delle localitä in questione ci rendiamo conto che solo due, ossia Drežnica e Montefosca, conservano forme piü arcaiche delle altre, dedicandosi all’agricoltura e all’allevamento, benche in dimensioni assai ridotte rispetto a un tempo. A Resia, Mersino e Rodda invece l’economia tradizionale č quasi 15 Un’attenta descrizione del rito e delle maschere, pustovi, e stata realizzata nel contributo di P. Šega. scomparsa e la forza lavoro ancora rimasta sul Iuogo si sposta giornalmente all’esterno per svolgere l’attivitä lavorativa. Benche rappresenti un fattore di conservativitä, pare che l'economia rurale non costituisca quindi il presupposto per la vitalitä dei riti. Se consideriamo poi l’esperienza psicologica individuale e collettiva vissuta nella mimesi del earnevale, ossia capovolgimento dei ruoli, catarsi e quindi divertimento e soddisfazione, possiamo chiederci se questo tipo di esperienze sia necessario se giä e vissuto, realmente o virtualmente, nel quotidiano di ognuno. I principi fondamentali che sostenevano l’idea del earnevale come rito sembrano quindi esistere in forma cosi labile da metterne in dubbio il valore del rito stesso. ln determinati luoghi il earnevale ha infatti cessato di esistere oppure si e profondamente trasformato, in altri aneora eonserva piü rigidamente i suoi tratti original! Nel prendere atto di questa molteplicitä di forme, e proprio in questa fase di trasformazione ehe ei sorprendono reazioni dei giovani mascherati quali la protesta per averli ripresi a viso scoperto con la videoeamera o con la macchina fotografiea oppure l’affrettarsi a coprire il viso appena uno aecenna a usare questi strumenti per ritrarli. Questo atteggiamento e ben visibile a Drežnica e puö testimoniare della soprawivenza di certi comportamenti che contribuiscono a mantenere la segretezza dei partecipanti. Questo e traducibile in un tentativo di conservare integra la struttura del rito anche se simili atteggiamenti vengono tramandati dagli stessi portatori senza una spiegazione razionale. Quäle potrebbe essere quindi la motivazione psicologica e quindi la funzione del rito oggi? Prima di tutto non bisogna ignorare il fatto che la conservativitä di certe aree e un fatto oggettivo che deve essere osservato dall’interno e non dall’esterno. Sebbene da ogni punto del pianeta sia possibile mettersi in eontatto audiovisivo eon altri punti, anche solo attraverso il filo del telefono, esistono forme e concezioni di vita piü o meno arcaiche tipiche di una societä tradizionale in trasformazione. 1 legami eon il luogo di origine, e quindi anche con le persone che ci vivono, possono essere molto profondi, nonostante eiö l’individuo puö entrare in eontatto eon espressioni di vita urbane o piü globalizzate, sviluppando un sincretismo di esperienze e forme di eonoseenza. A tutti i giovani e data la possibilitä di spostarsi fisieamente o virtualmente e quindi se essi scelgono, nonostante tutto, di rimanere o ritornare sul luogo e parteeipare ai riti, significa che questa relazione e in grado di trasmettere signifieati piuttosto profondi. Pare allora ehe la relazione »individuo - collettivitä/comunitä« gioehi ancora un ruolo determinante nella soprawivenza dei riti. 11 fatto che l’individuo, il quäle si trova all’esterno della comunitä, rientri per continuare la tradizione e molto significativo e in se definisee o meglio delimita i contorni dell’idea di comunitä che coincide con la Pereezione dell’identitä. Di fronte alle forze ehe tendono a spianare l’esistenza dell’uomo rendendola una superficie uniforme e incolore, il rito e piuttosto un fattore esistenziale e non tanto di distinzione nei confronti delle altre comunitä - ognuna di esse infatti e generalmente convinta dell’unieitä della propria tradizione, senza conoscere molto delle altre espressioni culturali di uguale natura anche molto vieine. Rappresenta quindi la prova di un’esistenza di gruppo, riealcando il modello della comunitä tribale che al niomento del rito si chiude nuovamente in se stessa per perpetuare una tradizione, abbraeeiando anche gli individui che si sono temporaneamente spostati all’esterno. Il rito potrebbe quindi rappresentare l’insieme delle forze espresse nell’istinto di continuazione dell’esistenza all’interno del clan: momenti o pulsazioni della vita della comunitä quindi ehe durante l’anno si ripropone, mantenendo il flusso della sua vitalitä che trova nel earnevale l’espressione piü intensa e spontanea anche perche, come da sempre, libera da eostrizioni di natura sociale o religiosa nel senso ufficiale. Un ulteriore aspetto incita a una riflessione nel senso dell’identitä e precisamente le visite ehe le compagnie di mascherati rendono alle comunitä vidne sia nella stessa valle ehe nelle valli adiaeenti. Piuttosto esemplare e il caso dello scambio tra i gruppi di Rodda e Mersino, due localitä molto vieine, e il gruppo di Montemaggiore di Savogna, Matajur, piuttosto distante da questi due punti. Durante la domeniea di eamevale di quest’anno ho potuto osservare che 1’intera eompagnia di Montemaggiore era presente a Mersino. La eompagnia di Rodda a sua volta rende visita alle frazioni di Savogna come Matajur o Starmiea. Tale fenomeno, i cui tratti mi sono noti solo in parte, potrebbe esprimere la percezione di un’identitä piü ampia, non solo del villaggio d’origine, e potrebbe delinearsi come senso di apparteneza alla cultura delle Valli del Natisone. Si tratta di un elemento che denota una fase di trasformazione del senso di identitä che si sta dilatando e, forse, allo stesso tempo anche in parte dileguando. 4. Alcune questioni La ricerca sulle tradizioni popolari e sul carnevale nell’area studiata e riuscita negli ultimi decenni a immagazzinare un’ingente quantitä di materiale raccolto sul campo, ma 1’analisi vera e propria dei fenomeni attende di essere realizzata, almeno in una dimensione piü ampia ed organica. Per il momento vi e la consapevolezza di aver raccolto dati sufficienti per poter individuare i tratti morfologici. Meno precisa invece appare ancora la definizione della struttura rituale (anche nel senso piü ampio connesa ad altri riti del ciclo annuale) ehe sebbene in apparenza si ripeta ovunque, acquistando il carattere di modello archetipico, si diversifica adattandosi anche a presenze e dinamiche endogene o di substrato. Tale complesso e messo in azione da »attori« i cui simboli sono costantemente presenti nella struttura universale. Si riscontrano tuttavia fenomeni e funzioni in parte diversi dello stesso rituale, poiche la stessa funzione viene assunta in modi, tempi, luoghi e talvolta tratti morfologici diversi.16 Motivi e figure con una valenza simbolica precisa e culturalmente codificata vagano nella dimensione spaziotemporale e si possono racchiudere nell’ambito piü ampio dei mascheramenti la cui funzionalitä si attiva nel periodo dall'inizio alia fine dell’inverno.17 In realtä dal punto di vista antropologico i riti di carnevale, come giä accennato, rivelano presupposti comuni in aree molto vaste, in cui anche i caratteri morfologici si ripetono con variazioni minime. Si confrontino ad esempio le maschere zoomorfe ehe si riscontrano in Europa non soltanto nelle aree di origine indoeuropea ma anche in Ungheria, dove infatti sono presenti il cavallo, la capra, l’orso, la cicogna (Zoltan 1997). Si osservi ancora in ambito europeo l’uso dei nastri colorati, dei campanacci e delle pelli animali ehe e documentato sia sulle Alpi ehe in Basilicata, in Benecia come in Slovacchia, rappresentando un tratto ehe si puo facilmente ricondurre a valenze simboliche comuni, talvolta antichissime, attivate nel mondo rurale. lf' Per esempio, la tipica figura mascherata della morte, di nota valenza simbolica, e presente nel corteo di San Nicolö, Mikulaž, il 5 dicembre in Cechia ma e presente nella eompagnia dei questuanti a Natale in Polonia e ampiamente attestata anche nelle compagnie di carnevale della Benecia. 17 Nell’ambito culturale sloveno il rituale e stato principalmente osservato nella sua manifestazione morfo-logica e strutturale endemica o isolata entro i conlini etnici. Niko Kuret ha tuttavia trattato il tema a livello piü ampio e preparalo uno studio sulle maschere europee intitolato Velika knjiga o maskah (conservata nell’archivio Niko Kuret presso ISN ZRC SAZU di Lubiana) ehe attende di essere pubblicato (cfr. anche Novak 1995: 66). Se alcune maschere addirittura sono perfettamente identiche in Benecia e in Cechia vale forse la pena di realizzare uno sforzo comparative» per definirne le forme di espressione confermando, se non altro, almeno l’universalitä di queste. Simili studi porterebbero inoltre a risultati interessanti riguardo la storia culturale dell’intero popolo sloveno, non solo della comunita che vive in Friuli. In generale le manifestazioni fra gli sloveni in Friuli, per la loro l’arcaicitä, oltre a condividere numerosi tratti con il mondo sloveno naturalmente, talvolta si ricollegano ad aree piü distanti nell’ambito delle estremitä areali della Slavia a Occidente. Un aspetto affascinante, a cui si e gia accennato, ma che a livello areale richiederebbe un vero approfondimento, e la posizione dei riti di carnevale all’interno del ciclo annuale e della vita di una comunita, dove osserviamo che la costante e la compagnia dei giovani, presente anch’essa in modi e componenti diversi. La ritroviamo infatti piü o meno costantemente nei riti del ciclo annuale, non solo invernali. Nella compagnia giovanile risiede uno dei principali nuclei simbolici e funzionali dei riti. Essa si esprime ancora come una costante a Drežnica, dove detiene la forza propulsiva nei vari rituali, esprimendosi con autonomia e mantenendo ancora l’assoluta segretezza di certe manifestazioni come l’iniziazione. Esistono stretti legami con i riti che vengono definiti oggi della coscrizione, dove l’obbligo di leva ha fatto coincidere l’espressione iniziatica con la chiamata alle armi. Si tratta di un momento in cui il giovane viene chiamato a dare una prova di idoneitä fisica e mentale, legata anche al senso patriottico, benche questo venga oggi comunque messo fortemente in discussione, vista anche la possibilitä di servizio civile. Formalmente questa entrata puö avvenire in vari momenti dell’anno nell’ambito di riti molto differenti. A Rateče peresempio i parkeljnial termine del loro primo itinerario questuante (il 5 dicembre nella tradizione di San Niccolö, definita in sloveno miklavževanje, assai viva anche nella Val Canale), ossia della prima uscita con le pelli e i campanacci, vengono frustati dai compagni con una verga a conclusione della loro iniziazione e poi possono riunirsi tutti attorno a un tavolo per consumare una frugale cena a base di mineštra. La compagnia dei coscritti a Resia, ehe mantiene ancora attiva la propria tradizione e nella quale sono entrate pure le ragazze, si esprime nei periodo tra Natale e l’Epifania, a seconda delle localitä. I componenti svogono anche la funzione di questuanti, iserivendo sulle porte le iniziali dei Re Magi e raccogliendo doni in forma di cibo. In area Fiulana, a Alesso in comune di Trasaghis, durante la notte di San Silvestra appaiono le compagnie dei giovani: i coscrits, i veri e propri coscritti di vent’anni (partecipano anche quelli delle generazione piu anziane), las verzas ‘i cavoli’, ossia quelli piü giovani di un anno, las visejas ‘le rape’, piü giovani di due anni e altri gruppi ancora si avvicinano alla soglia della maturitä. La simbologia della pianta e forse da ricondurre al segno di immaturitä delle generazioni ehe attendono 1’entrata nella societä (Nicoloso Ciceri 198?: 64). I coscritti di Alesso non sono mascherati ma vestono dei costumi particolari.18 II caso piü emblematico 6 rappresentato pero dalla compagnia dei blumatji di Montefosca che piü di ogni altra riassume allo stesso tempo la simbologia relativa alla coscrizione e al rito di carnevale. Le compagnie giovanili quindi non solo svolgono il ruolo principale in determinati riti calendariali ma gli stessi appartenenti ai gruppi giovanili sono presenti anche nei 1B Le compagnie dei giovani appaiono oggi anche senza costumi o mascheramenti. A Resia gruppi di giovani si riunivano per raccogliere il latte e fare il formaggio da offrire alla chiesa in occasione della segra, ossia 1’anniversario della dedicazione della chiesa. In Carnia sono i giovani e talvolta bambini a lanciare las cidulas, le rotelle infuocate, in occasion! che ricoprono quasi l’intero anno solare. momenti piü important del ciclo della vita. La ciclicitä dei rituali nella sezione temporale dell’anno sostiene e alimenta, nel fluire generazionale, gli eventi durante il ciclo esistenziale dell’uomo. La compagnia dei giovani partecipa quindi ai riti di fidanzamento e di nozze, momenti dell’esistenza ai quali essa dovrebbe convergere, ma anche ai riti legati alia morte. A parte il carnevale vero e proprio, i coscritti giocano un ruolo speciale nei rituali di fidanzamento, ad esempio las cidulas o rotelle infuocate in Carnia o il Tratomarzo in Trentino.19 La Puccio invece mette in evidenza il legame fra le visite notturne della compagnia dei babaci, sessulmente mista, e la frequentazione di banchetti e veglie funebri a Resia: questi momenti sociali rappresentavano situazioni privilegiate per gli incontri amorosi e la formazione di coppie (Puccio 1994: 90). Si puo quindi intuire ehe i legami piü profondi dei riti di carnevale non si possono intravedere solo in forme isolate ma e necessario ampliare gli ambiti spazio-temporali dei riti, collegando le valenze funzionali dei comportamenti umani nella compagine esistenziale. 5. Di fronte alle innovazioni tecnologiche e alle trasformazioni dei riti Gli strumenti odierni a nostra disposizione, soprattutto le videocamere, hanno permesso di riprodurre una visione piü ampia e dettagliata dei riti, sebbene da punti di vista assai diversificati, trasmettendo anche i tratti morfologici. Ogni strumento, sia tradizionale ehe all’avanguardia, puo tuttavia riprodurre la realtä con una certa distorsione se non osserva le regole scientifiche di raccolta ed elaborazione del materiale. Soprattutto in questa seconda fase, un prodotto destinato a un pubblico specialistico e non, puo commettere l’errore di riprodurre anche in un’ottica estetica ed arcaizzante quanto registrato. La videocamera stessa rappresenta lo strumento di ricerca piü completo ma non esclusivo. E necessario quindi avere la cosapevolezza ehe i riti di carnevale, come il mondo materiale e spirituale in cui sopravvivono, stanno vivendo profonde trasformazioni. Nei villaggi della Benecia i mascherati ormai percorrono talvolta vicoli dove si nota ancora uninteressante architettura rurale ma le case sono vuote, poiche lo spopolamento delle aree di montagna e ormai una realtä generale. II documento visivo puo quindi riprodurre una condizione reale diversa da quella evocata dalla singola scena o immagine. Alio stesso tempo gli strumenti come videocamere e macchine fotografiche, essendo posseduti da professionisti e non, diventano, assieme agli operatori, una presenza, un fenomeno di cui bisogna tenere conto nel lavoro sul campo. Le tradizioni popolari e in particolare il carnevale sono oggetto di interesse da parte di spettatori-operatori, ehe per la maggior parte raccolgono materiale a scopi non professionali, senza saper distinguere talvolta l’autentico rito popolare dalle manifestazioni folkloristiche, creando cosi una specie di turismo della festa popolare. In certe occasioni la presenza di individui estranei muniti di strumenti fotografici o di ripresa e talmente invadente ehe durante il carnevale di Resia del 2000 e stato imposto un divieto dalla eomunita di San Giorgio di raccogliere documenti visivi. Se da un lato alcune eomunita riattivano a scopi turistici anche le feste popolari defunzionalizzandole dal punto di vista della loro natura 15 Anche in Morelli e Poppi 1998 viene rivolta particolare attenzione alia questione della presenza di Compagnie giovanili e dei coscritti non soltanto nei rituali di mascheramento (riti della Stella, fidanzamento e nozze). In area friulana, a Alesso, Stefanutti sottolinea il ruolo della compagnia dei coscritti durante l’anno, ossia in occasione dei matrimoni e delle processioni religiose, nonche, un tempo nell’organizzazione del carnevale e delle feste da ballo (1987: 618-619). originaria,20 altre trovano in un certo senso degli stimoli alla sopravvivenza se vengono riprese o fotografate. Nei punti di osservazione qui trattati, nonostante la continua presenza di strumenti di ripresa, non e avvenuta una trasformazione nel senso di spettacolanzzazione, poiche sembra che la motivazione interna abbia una forza propulsiva tale da permettere la continuazione del rito. L’aspetto spettacolare riguarda tuttavia anche i gruppi della Benecia ma soltanto in determinate occasioni, staccate dai momenti tradizionali, come le sfilate a San Pietro e Cividale oppure la partecipazione alla manifestazione organizzata dall’anno 2000 e intitolata Pust na meji, alla quale partecipano gruppi locali e altri dalle zone limitrofe della Slovenia. Forse a proposito della forza interna della compagnia di carnevale si potrebbero spendere ancora alcune parole. La guida dei gruppi e affidata spesso ai piü anziani che dimostrano una continuitä nella presenza, mentre i giovani sono soggetti a un affaticamento precoce. Lo svolgimento dei riti in certi casi richiede ai partecipanti molto tempo a disposizione e anche molto dispendio di energie fisiche. La compagnia di Rodda per esempio dedica quattro giorni consecutivi, dal sabato al martedi grasso, oltre ad alcune uscite notturne il sabato durante l’ultimo periodo di carnevale. I lavoratori, la maggior parte dipendenti fuori dal luogo di origine, sono costretti a chiedere giornate di permesso o di ferie e ora pare che ciö rappresenti un fattore deterrente. 11 fatto che le attivitä economiche rurali non siano piü praticate, oltre ehe provocare una situazione di maggiore distacco, rispetto a un tempo, dalla terra, non conferisce nemmeno la necessaria forza fisica per affrontare lo svolgimento del rito che un tempo derivava dalla pratica del lavoro manuale. I blumarji di Montefosca per esempio dovevano compiere tanti giri del paese quanti erano i membri della compagnia. Oggi il percorso circolare viene compiuto 3 o 4 volte con pause piü lunghe nelle case dove avviene l’offerta di cibi e bevande. A Rodda ad alcune figure come il diavolo e 1’angelo oppure ai puste richiesto un impegno fisico non indifferente. II loro sforzo e quindi l’entusiasmo vengono fra l’altro smorzati dal fatto ehe la gente non accetta piü il disordine rituale che questi personaggi creano davanti alle case, per esempio spostando oggetti o facendo crollare cataste di legna. Ciö crea automaticamente un parziale svuotamento del personaggio ehe appartiene a una teatralitä concreta, terrestre e che di fronte al nuovo divieto imposto al -disordine« percepisce la perdita del significato rituale di certi gesti presso le persone ehe, seppure con istinto atavico, un tempo li consideravano gesti benefici. Alio stesso tempo pero le persone nelle case, specialmente gli anziani, attendono la visita della compagnia mascherata, come e giä stato accennato. A Resia e avvenuta una drastica riduzione del fenomeno del carnevale che ha luogo oggi principalmente nella frazione di San Giorgio. Importante fattore di continuitä e l’esistenza dell’Associazione Sangiorgina la quale ha assunto l’organizzazione della struttura ehe sta attorno al rito vero e proprio, cioe il coordinamento dei suonatori, la gestione del locale, della vendita dei cibi e delle bevande, la scelta dell’allestimento drammatieo per il funerale del pupazzo il giorno delle Ceneri. La riduzione interessa sia l’area e il numero di partecipanti sia la struttura generale del rito in quanto sono scomparse, pare completamente, le visitazioni notturne dei babaci o 211 Un caso interessante e rappresentato dal carnevale di Sauris, un’isola linguistica di lingua tedesca della Carnia (Udine), dove vengono riproposte tutte le maschere tradizionali ma principalmente a scopo turi-stico. kukaci.21 Fare che queste visite nottume rappresentassero una fase assai lunga e dalle testimonianze traspare sempre l’accenno al divertimento dei partecipanti. La trasformazione da maschera »grigio-marrone« a maschera »bianca« e oggi appena visibile a Resia negli ultimi giorni del carnevale soprattutto la domenica e il martedi, ma il vestire di bianco tuttavia e svuotato del suo significato. Molto spesso sono le donne anziane ehe si vestono da bile maškire, mentre sappiamo ehe a Uccea erano le ragazze accompagnate dalle madrine ehe, vestite di bianco e a viso coperto facevano la loro entrata nella societä eseguendo aleune danze /ra/, ossia da sole. Ora la presenza delle maschere bianche riflette un atteggiamento estetizzante e rientra piuttosto nelle manifestazioni, benche sempre molto speciali, ma in realtä folkloristiche della comunitä. Per esempio le bile maškire compaiono senza scopi rituali tra le varie maschere non tradizionali durante il ballo dal sabato al martedi di carnevale oppure, talvolta, tra i ballerini del gruppo folkloristico. E opportuno considerare anche 1’influenza esercitata dallo stesso gruppo folkloristico Val Resia che rappresenta per i piü giovani probabilmente anche un modello per la danza, nella quale si nota una generale standardizzazione, a scapito delle tradizioni documentate nelle singole frazioni e con maggiori tratti specifici a Uccea.22 Una questione giä abbozzata ma che richiede particolari approfondimenti e 1’importante presenza della donna nei riti di carnevale a Resia: tale fenomeno e inquadrabile con difficoltä nel piü ampio sistema areale del confine friulano-sloveno. Di cio si e parlato precedentemente, indicando aleune prospettive delineate a suo tempo da Kuret. Altro problema e invece la femminizzazione dei riti di carnevale rispecchiando condizioni sociali ed economiche ehe nella globalitä coinvolgono anche le aree marginali. A Rodda per esempio la presenza femminile e negli ultimi anni importante anche per la scarsa presenza di giovani maschi, piü impegnati in attivitä di lavoro dipendente.23 Il numero limitato di partecipanti metterebbe in dubbio la sopravvivenza del rito e in questo senso 1’elemento femminile per il momento rappresenta anche una garanzia di continuitä. Accade quindi che le donne o addirittura bambine assumano il ruolo di pust, con le tipiche tenaglie o kliešče, figura a cui e richiesto, oltre tutto, anche una notevole resistenza fisica. La situazione qui delineata attraverso 1’esposizione di aleune problematiche ehe affiorano nella ricerca dei riti cli carnevale, appare assai articolata e complessa. La combinazione di tratti che rivelano profonda arcaicitä ed elementi fortemente innovativi, fatto naturale nel mondo contemporaneo, rappresenta forse un interessante stimolo per nuovi indirizzi nello studio di questi fenomeni, in parte osservabili ormai soltanto attraverso una fase di ricostruzione. Desidero quindi che questo contribute rappresenti, oltre ehe un ulteriore riconoscimento a Niko Kuret come studioso e come uomo dallo straordinario senso di umanitä (che ho avuto modo di conoscere solo pochi anni prima della sua scomparsa purtroppo), anche un appello alia continuazione della ricerca dei riti di mascheramento nell’area di confine sloveno-friulana. Come tale, essa 6 di per se doppiamente importante nel suo essere ai margini di due culture: la conservativitä del 21 Quest’anno a Stolvizza e avvenuta un’uscita notturna ma non mi sono del tutto noti i modi e le motivazloni della stessa. u Ho avuto modo di ascoltare i commenti di molti resiani anziani, i quali sostengono ehe i giovani danzano non piü secondo i dettami della tradizione specifica di ogni paese ma seguendo i modelli del gruppo folkloristico. 2J L’entrata della donna pare sia iniziata giä negli anni settanta dello scorso secolo, cfr. Colle 1979. mondo friulano e stratificata a vari livelli assieme a quella del mondo sloveno e tale combinazione ci offre ancora oggi manifestazioni eccezionali. Attraverso l’esperienza di Niko Kuret sarä forse possibile effettuare una ulteriore e piü approfondita lettura delle problematiche classiche adattandole alla situazione specifica ed estremamente interessante degli sloveni in Friuli. * Desidero ringraziare il prof. 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Povzetek Obredno maskiranje ob slovensko-furlanski meji: osvetlitev Kuretove dediščine z drugimi pogledi Avtor izpostavlja nekatera temeljna vprašanja, ki jih je pri svojem raziskovanju mask obravnaval Niko Kuret: manistična teorija, obredni obhodi, nosilci maskiranja in z njim povezanih šeg in ženski element v teh šegah, komparativistika, inovacije v obredjih in najsodobnejša metodologija. Kuret je obrede maskirancev vsestransko analiziral, tako da je njegovo delo priznano na evropski ravni in predstavlja nezanemarljiv zgled tudi za nadaljnje raziskave. Zgoraj omenjena vprašanja so vsa neobhodno potrebna za nadaljevanje raziskav o maskah pri Slovencih v Furlaniji, ki so doslej le delno upoštevale Kuretova spoznanja. Po kratkem pregledu furlanskih in italijanskih študij s tega področja v Reziji in Benečiji so v članku vtisi in sugestije, ki izhajajo iz avtorjevega desetletnega terenskega opazovanja pustnih in drugih šemskih običajev in naj bi bile pobuda za sodelovanje in nadaljevanje dela. Na furlanski in italijanski strani seveda ne manjka pozitivnih dosežkov. Nekateri raziskovalci so zbrali precej dokumentarnega gradiva, tudi vizualnega. Na podlagi Kuretovih širokih pogledov na fenomen mask naj bi bilo pustne .šege pri Slovencih v Furlaniji lažje obravnavati kot obred, ki je funkcionalno povezan z drugimi simboličnimi pojavi v skoraj neprekinjenem letnem ciklusu. Ti pojavi so prvotno konkretne človekove potrebe, ki so uravnovesile njegovo duhovno in materialno življenje v ruralnem svetu. V sodobnem ekonomskem in duhovnem sistemu so pustni in drugi šemski obredi močno defunkcionalizirani, kljub temu jih ljudje na splošno še vedno izvajajo, čeprav so včasih izgube, inovacije in spremembe v šegah zelo bistvene. Avtor se sprašuje, zakaj so pustni in drugi obredi na splošno še vedno tako vitalni. Pomensko so delno ali popolnoma spremenili izročilo in torej tudi namembnost, še vedno pa živijo v starih strukturah znotraj skupnosti. Socialni element naj bi torej igral pomembno vlogo, zato ker je domnevno občutek pripadnosti najmanjšega jedra izvirne skupnosti tisti dejavnik, ki seveda poleg drugih, omogoča nadaljevanje izročila.