J____L Soldi IO al numero. L'arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annua o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 76 — 25 settein. 77 importa fior. 3 e s. SO ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a beneficio dell'Asilo d'Infanzia 1 i I,'integrità di un giornate consiste nell' attenersi, con costanza ed energia, al cero, all'equità, alla moderatezza. CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE. si pubblica ai 9 ed ai 25 i i Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono" respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore I I ANNIVERSARIO — 28 Settembre 1565 — Wasce Alessandro Tassoni. — (V. Illustrazione.) Ai nostri cortesi e caritatevoli associati Se non ci francasse l'animo il vederci appoggiati dai molti cortesi e caritatevoli associati, ed il sapere di offrire loro indirettamente un' occasione di più per fare un'opera di beneficenza, finiremmo la pubblicazione; ma giacché l'ambito appoggio non ci manca, noi continueremo il nostro lavoruccio colla fiducia che la trepidezza, la quale sempre ci vagola sul tavolo, non ci verrà accresciuta dallo scemarsi di quella benevola indulgenza da noi sempre invocata, e che mai finora sminuì, a nostro grande conforto. Se per avventura talvolta il foglietto non potè appagare le aspettative assennate, possano scusarci e il buon volere e il ristretto programma, programma in parte da noi stessi fattoci per motivi peculiari e in parte imposto dalle circostanze; possano innoltre addurci discolpa tutti quegli inopinati accidenti e intoppi da più cause derivanti e riprodotti, facilmente immaginabili da chi conosce la vita pratica ; e non ultima avvocata ci possa essere (se pure non accusatrice) la debilità delle nostre forze, delle quali troppo forse presumemmo nel sobbarcarci al compito della pubblicazione. Da tale fiducia adunque invigoriti, e dai volonterosi collaboratori sorretti, continueremo a pubblicare la Cronaca di Capodistria, curando diligentemente ch'essa APPENDICE. IL CABECILLA NOVELLA STORICA DI FILIPPO LAICUS pubblicata dall'Elie und Neue Welt tradotta da GIOVANNI de F, — Ed ora, gridò il Cabecilla balzando in piedi, incomincia di nuovo l'opera nostra. Ruiz! manda il più veloce messo a far riunire le piccole bande dei dintorni sulla strada maestra che conducono in Francia ; e che non lascino un minuto di pace ai soldati dell'armata sconfitta. Essi devono perire nelle nostre montagne, e gli avoltoi dei Pirenei si stenderanno i loro cadaveri! — Si, cominciò la voce sonora del francescano, Dio ci ha protetti: il nemico è vinto, e poco ci vorrà che venga annientato. Voi allora potrete ritornare ai vostri focolari, a godere le dolcezza delle vostre famiglie; voi potrete riattare le vostre capanne e cambiare la carabina col bastone e coli' aratro. La pace rallegrerà di nuovo questo paese che Dio ama si mantenga meritevole del favore dei benemeriti associati e degna del nome che porta. Il X Congresso Agrario Cherso 10 Settembre (T.) Vi scrivo queste poche righe, acciocché non in' introniate le orecchie alla prima occasione col solito adagio latino dalla promis-sio, dal bordo del vapore che mi riconduce a Trieste di dove partirò subito per Roma. Solchiamo ora il Quarnaro: questo mare ricordato anche da Dante e spessissimo burrascoso, stanotte ha un'isolita cortesia: esso sembra quasi compreso da quella amabilità con cui i suoi isolani accolsero i fratelli dell' Istria. Le feste, i convegni, hanno tutti un lato comune: gentilezza, cortesia da una parte; complimenti, obbligazioni, dall'altra; evviva, brindisi, banchetti e danze. Ma hanno poi anche il lato che li distingue gli uni dagli altri, a seconda dello spirito che li informa : se li regola cioè una convenienza di pura etichetta, o se li anima un dolce sentimento, una cara speranza, un nobile desiderio. Nel congresso della nostra società agraria, emerse la gentileza dei Chersini, cordiale oltre ogni dire; obbligati si tennero gli ospiti, ma da sentita riconoscenza; cento furono gli evviva ed i brindisi all'Istria, a Cherso, alia Società Agraria, ma sinceri; lieti il banchetto ed il ballo, ma spogli d'ogni opprimente etichetta. E tra i brindisi non posso a meno di parteciparvi quello dell'illustrissimo Podestà, il quale a un di presso si espresse così: "A nome della città che rappresento, e che gode di avervi oggi tra le sue mura, un fraterno saluto ! Grazie a voi tutti che ci avete voluto onorare colla vostra visita ! Valga questo convegno a rendere ancora più stretti i vincoli che a voi del continente ci tengono uniti; e quando tornerete in seno alla famiglia, ricordate ai vostri concittadini che anche sull' isola di Cherso, quantunque disgiunta dal Quarnaro, v'è un popolo che nutre i vostri medesimi sentimenti, e che esso vorrà sempre dividere con voi tanto la prospera che l'avversa fortuna.,, Un mesto ricordo ci colse peraltro in mezzo alla festa, e fu probabilmente causa del limitato concorso: vo'dire la perdita irreparabile dell' egregio patriotta D.r de Belli, presidente della società durante l'anno testé chiuso. Dopo le solenni dimostrazioui fatte dall' interna provincia, vien meno ogni penna nel tesergli un elogio, nel tributargli onoranza. A suo successore quale presidente venne eletto il march. Giampaolo Polesini, l'egregio patriotta che gode tanta popolarità ; e a luogo del XI congresso fu scelta Rovigno : così coli' anno venturo ricomincierà il turno delle città destinate ad essere successivamente sedi del congresso generale. Se non fosse per me vicino e ineluttabile il trionfo di Morfeo, vi darei relazione delle due sedute ; ma compatite la mia fralezza ed accontentatevi di questo telegramma. Aggiungerò solo che l'ottimo vicepresidente Antonio Cecon, il generoso Mecenate, aprì con un discorso applauditissimo il congresso e lo diresse eccellentemente. Questa sera, al nostro imbarco, grande folla di popolo volle salutarci ancora una volta. Musica, bandiere, razzi, fiaccole benga-liche, fragorosi evviva, baci e strette di mano ci resero la partenza commovente assai. Addio. Da Roma avrete mie nuove. e lo potremo servire con la necessaria tranqui-lità d'animo. — Amen, s'intesero mormorare i Querrilleros. Alla breve aringa risposero i Querrilleros con alto grido di giubilo; indi il Cabecilla ordiuò il riposo onde si ristorassero e prendessero vigore pei prossimi combattimenti ; e, chiamati a sè alcuni dei migliori insieme al francescano, tenne consulta. CAPITOLO VIII L'ultimo combattimento. Mentre nella montagna succedevano le cose che abbiamo raccontato, la notizia della rotta era venuta all'orecchio di altre persone che stanno in relazione coi personaggi della nostra novella. Il maresciallo Jourdan, allorché vide l'esercito in pericolo di essere distrutto, e comprese l'impossibilità di sostenersi entro il territorio spagnolo, aveva dato avviso ai posti lontani che gli assicurassero la ritirata ; tra gli avvisati fu il capitano che comandava il presidio del villaggio nelle vicinanze del castello ; il quale nel disporre 1' opportuno in conformità agli ordini ricevuti, ebbe speciale cura dei feriti che si trovavano nel castello e ordinò che venissero trasportati iu Francia. Fu un miserando convoglio, composto di sei carri di contadini, coperti di paglia, sul primo dei quali giaceva Valliers con tre compagni di sventura, sventura che poteva divenire maggiore, attesa la circostanza che dovevano transitare precisameute quella strada su cui pochi giorni prima era stato assalito e distrutto il grande trasporto per l'armata, presso Vittoria; ma non avendo avuto alcun sentore di Querrilleros dalle numerose pattuglie perlustratrici, il capitano s'era deciso di ordinare la marcia del convoglio, tanto più che i tempi erano critici e che il castello poteva di momento in momento essere occupato dagli spagnuoli. E infatti i feriti giunsero felicemente a Bajona. La lieta notizia del grande successo, diffusasi rapidamente per tutta la Spagna, aveva destato immenso entusiasmo: dappertutto si formavano nuovi battaglioni di volontari che s' univono all' armata regolare ; e i più impazienti, senza attendere l'organamento dei battaglioni, si gettavano ai monti, molestando per proprio conto i Francesi, o facendo parte delle bande già esistenti. Per tale modo anche la truppa del marchese venne considere- m mm PSB FoiREms (Quarta passeggiata — F. t tre N.ri prec.) (L. M.) L'altra sera come di consueto mi recai in casa D. Quando giunsi, la conversazione era già animata, e nei vari crocchi si discuteva con fuoco sulle importanti novità del giorno. Io che abhorro le discussioni e specie quelle di . . . lana Caprina, oggidì tanto di moda, mi rifuggiai nel mio solito cantuccio in fondo al salotto, ove fui ben presto raggiunto dalla padrona di casa e da tre o quattro amici che dividono i miei gusti. Lì fra una tazza di thè e mezza dozzina di biscottini, s'intavolò fra noi una delle ordinarie nostre conversazioni di stile leggiero, senza pretensioni, senza sussiego, che, se non altro, hanno questo di buono di non eccitare il sistema nervoso e di lasciare alle funzioni digestive libera facoltà di compiere regolarmente il loro uffizio. Si stava là da un pezzo a discorrale, a ridere, a gingillarsela, allorché il domestico, aperto l'uscio del salotto, annunziò il commendatore conto di R. una delle più spiccate notabilità di Firenze. La padrona di casa si levò tosto dal suo seggiolone, andò con premura incontro all'ospite illustre, gli strinse famigliarmente la mano e gli indirizzò alcune di quello frasi di cui le sole donne hanno il segreto, e che servono mirabilmente ad ingraziarsi coloro cui sono dirette. Poscia fattoselo sedere dappresso, si misero a chiaccherare insieme. Io era la prima volta che vedeva il conte, ma però lo conosceva già di fama, per aver letto parecchi dei suoi buoni libri e articoli e per aver visto nei giornali con frequenza il suo nome. Stava quindi osservando con curiosità quell'uomo dallo sguardo ardito e intelligente e dal sorriso fino e accorto, proprio dell'uomo di spirito, quando vidi la signora D. lasciare il suo ospite e indirizzarsi alla mia volta, facendomi cenno di aver alcuna cosa da comnnicarmi. Per risparmiarle un po' di strada le mossi incontro e le chiesi in che poteva tornarle utile. Senta, mi disse, or ora la presenterò al sig. Commendatore, che è un appassionato giuocatore di scacchi ; sarei indiscreta se la pregassi di fare una partita con lui? — Ma le pare, signora; accetto anzi di tutto grado la sua proposta; soltanto devo prevenirla d'una cosa: che non sono un giuocatore, che sono un semplice dilettante e che dilettante mio Dio ! — Zitto là, che invece sappiamo che / lei la si tiene e di molto a questo giuoco. — M'hanno calunniato, m' hanno atrocemente calunniato, glielo giuro o signora, e se sapessi chi fu.....— 111, quanto fuoco, basta, basta, glielo credo.....e la maliziosetta signora mi lasciò ridendo. Di lì a un momento seguì l'annunziata presentazione ed io ed il Commendatore ci trovammo di fronte. Si fecero due partite e le perdetti; ma che importa! perdendo seppi guadagnarmi la simpatia del mio illustre avversario. Smesso di giuo-care, si cominciò a discorrere. Alle mie prime parole il sig. conte si accorse che io doveva essere forestiero. — Lei non è di questo paese mi disse; se il suo accento non m'inganna, lei deve essere di oltre Pò, un italiano del Nord, del Polo, come diciamo noi. — Per l'appunto o signore, — Forse Friulano? — No, istriano. — Istriano! istriano proprio davvero? — puro sangue! — Ma allora qua la mano, giurabacco, chè sono arci-contento di aver fatta la sua conoscenza. Perchè io, veda, amo assai il suo paese ; sono entusiasta di quella terra dai figli forti e robusti che sanno accoppiare alla vivacità, alla svegliatazza d'ingegno dei popoli del mezzogiorno, l'attività e l'energia di quelli del settentrione. In altri tempi, io l'ho percorsa tutta, l'ho girata da capo a fondo, l'ho visitata palmo a palmo l'Istria sua; ho ammirato i suoi monumenti, i suoi ricordi storici, i suoi lavori d'arte e mi sono assicurato di una cosa; che quella terra cioè, può andar orgogliosa del nome che porta, dei figli suoi e del suo passato. — Oh signore, ma lei è troppo buono.....— No, no, mi lasci volmente aumentata, e finì col raddoppiarsi. Non [passava giorno senza scaramucce, perchè il marchese voleva assuefare al fuoco i novelli. Arrivavano i primi fuggitivi dell'armata; massa confusa di cavalleria e fanteria con feriti, artiglieria senza cannoni, e treni di tutte le specie. Dapprima il capitano del villaggio ne potè trattenere non pochi e fare dei contrafforti di terra sul ponte per difenderne il passaggio, ricorrendo talvolta all'espediente della fucilazione per mantenere la disciplina e far ubbidire chi ad onta dei comandi dei superiori voleva continuare la fuga, dichiarando tutto perduto; ma a lungo andare il passaggio si mutò in un vero torrente di fuggiaschi, e allora il capitano non potè più frenarlo. Finalmente giunse anche un colonnello col suo stato maggiore. Questi a colpo d'occhio riconobbe l'importanza di quella posizione, e .per quanto fu possibile cercò di arrestare i fuggenti. Alcuni cannoni ancora adoperabili furono portati sulle trincee, e vennero mandati ufficiali sull' altra sponda del Bidassoa per mettere insieme nuove schiere, e proteggere con queste • il passaggio del 'fiume fino a che la ritirata dire. L'istriano, veda l'ho studiato con passione, e lo trovai, forte, operoso, dai costumi semplici e castigati, razza robusta e fiera, su cui non fece ancora presa le mollezze dell'attuale civiltà, abbenchè dintorno ad essa si aggiri in danza vertiginosa la pazza baraonda del modarno progresso. Abborrente dall'ozio, affezionato alla terra dei padri suoi, da cui trae il proprio benessere. attaccato alla famiglia, al focolare domestico, che è tutto il suo mondo, egli ignora la vita dispendiosa, le perfide lusinghe e i piaceri snervanti delle grandi città. Non parlo poi della classe colta; questa poco numerosa ma eletta, col suo contegno, colla sua perfetta educazione, coi buoni esempi che propaga, ha saputo acquistarsi la simpatia e la stima universale. Essa ama il suo paese, porta alto il suo nome, lo sa rispettare, e quel ch'è meglio, sa farlo rispettare. Che più? la gioventù stessa, quella gioventù che qui ci dà tanto da pensare, colà, nutrita di buoni studi, fornita d'eccellente indirizzo, morigerata, seria (fin troppo seria forse) dà di sè le migliori speranze e offre guarentigie di uno splendido avvenire. E dove lascio la storia di questo popolo, storia interessantissima e in gran parte simile alla nostra; e in quelle simpatiche cittadette! quanta virtù, quanta fede, quanto senno politico! quanto valore militare nelle epoche di mezzo! — Su questo ultimo punto, sono con lei d'accordo, o signore, ma soltanto in parte, giacché se lei mi parla della nostra storia, questa è ben poca cosa davvero. Anzi di storia patria, di storia paesana, sarei quasi per dire che non ne abbiamo punto. E questo è il nostro guajo. Per questo difetto, siam poco considerati, poco noti al di fuor i e, quel che è peggio, mal noti. — Nou dica ciò che si fa torto, si fa torto, mi creda. Si convinca invece, che se la storia dell'Istria è, per così dire, innestata a quella del paese di cui ha fatto parte, ciò nulla può togliere alla sua importanza. Chi è che forma la gloria, la forza, la potenza di uno stato, di una nazione? Non sono forse i suoi cittadini? Ebbene, di questi sommi che illustrarono la patria, l'Istria ne può contare a dovizia. Le loro gesta raccolte, dalla storia, formano una pagina tanto gloriosa, che ogni nazione andrebbe superba di possedere. Non mi dica dunque che l'Istria è poco nota. Quando un paese come il suo, può annoverare fra i suoi figli, uomini che si resero celebri nelle lettere, nelle scienze, nelle arti e nelle armi, quel paese ha già una storia, quel paese è già noto, quel paese infine può prendere il posto che a i non dritto gli si compete. Ecco che cosa è l'Istria: così e non altrimenti deve giudicarla la persona colta. ............— Che volete o lettori, al sentirmi parlar così di casa nostra da un uomo di tanta autorità, ini sono sentito dentro di me una certa cosa, che non vi saprei spiegare . . . pensateci voi altri. — Appena congedatomi corsi a casa, e colla testa in fuoco, gettai giù a precipizio queste righe. È pretta storia, quella che vi ho narrato; ma storia mezzo imperfetta, mutilata, che tutta intera, sapete bene, non ve l'avrei potuta dire. Che diavolo! ci sarebbe stato tanto da empiere mezzo chilometro di Unioni messe in fila. E cosa avrebbe detto il . . . Direttore? Nuova serie di Effemeridi Giustinopolitane (Dalla Provincia — V. il N. 7, e seg.ti dell' Unione) Settembre 16 1431 II pod. e cap. Ettore Bembo raduna il consiglio per scegliere undici fiduciarii quanti sono i rioni della città, e vedere quanti sono gli atti alle armi per difenderla, e per armarli si delibera di spendere 150 zecchini del dazio della muda, rimborsabili dal comune cui apparterrebbero quindi le armi. - 1, - 13. fosse compiuta. Ma i pericoli continuavano. Il Cabecilla s'era avvicinato e notteggiava di continuo, recando grande molestia ed accrescendo il panico ai Francesi. Frattanto giunse anche il nucleo dell'armata, che già da lungo tempo era guerreggiante in Spagua: soldati che cedevano il terreno con lagrime di stizza. Ogni posizione uu po' favorevole veniva utilizzata dall'artiglieria di campagna, per mitragliare gì'inseguitori. Vani peraltri riuscivano gli eroici sforzi. Egli era come se nell'esercito ispano- inglese regnasse un solo pensiero, il pensiero di Cari of Wellington. Con insolita tenacità i "Quarres„ spagnoli tenevano testa ai terribili attacchi della cavalleria francese, e i dragoni inglesi si slanciavano all'assalto con sommo valore. Così con reciproci attacchi i due eserciti si avvicinavano al Bidassoa, ove senza dubbio si doveva venire a battaglia decisiva. E la battaglia avvenne: non lunga, ma sanguinosa e colla vittoria degli alleati ; e le truppe francesi furono messe in fuga parte sui monti, parte sulla strada di Bajona e parte s'asserragliarono nelle poche piazze forti che ancora rimanevano in loro potere. 17 1348 II partito patriarchino suscita la città contro Venezia, ne caccia il pod. e cap. Marco Giustiniani ed incendia il pubblico palazzo. - 26, - III, - 156. *17 1254 Innocenzo IV, delega il nostro vescovo con quelli di Pola e Pedeua ad esaminare la nomina d'Arlongo vescovo di Trieste sua patria. 18 1411 Ducale Steno avverte il pod."e cap. Nicolò Capello che, ove i militi di Raspo, mandati a difesa del nostro comune, venissero in conflitto con i cittadini, l'esaminare e giudicare le parti aspetterà ai superiori de rispettivi sudditi. - 1, - 46. *18 1313. Il Consiglio dei XV nomina certo Lelio a nostro contestabile in benemerenza d'aver scoperto congiura che voleva tolta Zara a Venezia per consegnarla all' Ungheria. 19 1775 II pod. e cap. Agostino Minotto prega il vescovo a voler estendere pastorale relativa al deliberato del senato circa la diminuzione dei giorni festivi. - 10. 20 1303 Taurino suddiacono giura al vescovo di voler trattare coscienziosamente la vertenza Decime insorta tra il nostro Capitolo ed il clero e comune d'Isola. - 18. 21 1485 II vescovo raccomanda alla pietà dei diocesani que' di Gemme che andavano questuando per la campana la quale serviva nonché agli offici divini a convocare il popolo tempore hostilitatis. - 10. 22 1489 Ducale Barbarigo che ingiunge al pod. e capitano Pietro Calbo di dover consegnare il dazio dell' olio che va in Friuli in questa camera come praticossi dalla conquista {1278) della città. - 1, - 258. *22 1496. La famiglia Verzi domanda al Vicario Generale di Cittanova la rinvestitura del feudo di S. Gjovanni delia_Corneda. 23 126911 vescovo Corrado e gli altri vescovi istriani radunati per ordine di Volrico duca e capitano del Friuli, eleggono a lor primate e patriarca di Aquileia il di lui fratello Filippo, duca di Cariutia ed arcivescovo di Salisburgo, nomina che Roma a mai riconobbe, - 27, - IV. - 262. *23 1216. Il vescovo Uretmaro ed il Capitolo affrancano il monastero di S. Tomaso in Torcello dall'obbligo della Decima sui beni che possedeva nella città e territorio giustiuopolitano. 24 1464 Ducale Moro che officia il pod. e cap. Castellano Minotto di dare le paghe arretrate a Francesco Verga, castellano di Moccò, e a volergliele mandare d'ora innanzi mese per mese. - 18. *2é 1269. Ulrico duca di Carintia raccomanda al fratello Filippo di rendere manifesti i danni che qui di Capodistria uniti al conte di Gorizia causavano alla chiesa aquilejese e al Friuli. Il Cabecilla coi suoi si trovava in quello stesso luogo in cui due settimane prima avevano distrutto il convoglio, ed ora occupavano le alture dominanti la strada. Sul margine dell' altura v' erano dei grossi tronchi d'alberi, e dietro aquesti numerosi Querrilleros con forti leve in attesa di precipitarli sulla, via per la quale intanto fuggivano i Francesi con grande confusione. I Querrilleros interrogavano collo sguardo il Cabecilla, ma egli teneva la spada sguainata verso terra. Un po' più in dietro nel bosco, stavano le due donne, che avevano preferito di condividere il pericolo al porsi in sicuro come aveva desiderato il Cabecilla ; e con esse si trovava il france-escano ed Entreras, il quale, quantunque le ferite non gli permettessero di prendere parte alla fazione, voleva ciò non dimeno essere presente. Erano già più di due ore che al di sotto rumoreggiava la fuga, e che in distanza s'udiva il crepitare della moschetteria con cui la retroguardia francese sforzavasi di coprire i fuggenti. Sull'altura i Querrilleros sempre silenziosi e impazienti di ricevere l'ordine. (Continua) La fine nel prossimo numero. 25 1450 II patrio consiglio, presieduto dal pod. e cap. Marco da Lezze, delibera sulle misure da prendersi per provvedere il legna-me per i ponti del territorio. - 1, - 121.b 26 1717 Domenico Morosini pod. e cap. minaccia della multa di lire dieci chiunque della villa Alber (Scofia) e della villa Canno osasse spingersi nei boschi della mensa vescovile per danneggiarli. - 10. *26 1514. Il Comune di Trieste ed il nostro vengono ad una transazione stipulata nel palazzo vescovile di quella città. 27 1398 Lodovico Morosini pod. e cap. notifica al senato la incursione dei patriarchini di Pinguente sul nostro distretto e le loro rubac-chierie commesse. - 1, - 53. 28 1538 Ducale Cicogna che ordina ai podestà di Pirano, di Umago e di Cittanova di riconoscere nel capitano Rizzardo de' Verzi, procuratore del proprio padre Giacomo, dei figli del fu Cristoforo Verzi, Marco, Francesco e Nicolò, e di Antonio e Pietro del fu Luigi Verzi, il vero feudatario di San Giovanni della Cornetta. -4,-9-10. *28 1419. Ducale che condanna abusi praticati dalla nostra città, perchè i camolini non avessero a portaasi altrove a vendere i loro grani. 29 1756 Carlo Camuzio da Tolmezzo eletto a nostro vescovo. - 22, - Vili, - 739. *29 1532. P. P. Vergerio subentra al fratello Aurelio nel posto di Segretario ap. e dei Brevi. 30 1445 Ducale Foscari che officia il pod. e cap. Antonio Contarmi di provvedere ai bisogni di Castel Leone, forte importante. 1, - 110A__ Delle antichità di Capodistria Ragionamento di Gian Rinaldo Carli (F. il N. 10 e seg.ti) VII. C. LORENTIVS TESIFONVIBUS PO S VIT. SIBI Ecco che la perizia di scolpire, e la purgatezza del ragionare a declinare comincia. Vedi la linea seconda primamente tutta unitamente TESIFONVIBUS; quando doveva essere in due parole distinta così: TE-SIFON. VIBVS, e poscia osserva la corruzione del B. per V. Vibus per vivus. Infiniti esempj però nelle antiche iscrizioni ritrovarsi di tale abuso; e in una sola presso il Fubbretti CI) abbiamo Bidit. Bixit, Bis, e Bibes : per vidit, vixit, vis e vives. Molto più sensibile ella è poi l'alterazione de' Romani caratteri nel quarto secolo, in cui da Grecia cominciarono col governo a venir in Italia e Greci e lettere greche. Vedi tale mescolanza di caratteri latini e greci nella nostra inscrizione seguente. L. PA SELLIO PLAV TI AE TERTULLAE — S E AI F. M E REN VI POSVIT 11 cavaliere Orsato la interpreta così (2): Lucius Plau-tius Sellio Plautine Tertullae .... Seli Filiae inerenti vivus posuit. Ma il P. Abate Gianantonio suo nipote, nellle annotazioni ai di lui Marmi Eruditi, confessa che in tale interpretazione non vi è tutta la proprietà del parlare, intendendosi chiaramente per urbana significazione che drizzando egli (L. Plauzio) quella memoria era certamenti fra' vivi. 11 perchè s' induce a credere che legger debbasi VIVAE sembrando a lui, che sigla tale possa a Plauzio Tertulla applicarsi, a cui Lucio che la chiama benemerita, abbia voluto drizzarla memoria, mentre ella era ancora fra'vivi Se dall'un canto io pongo l'improprietà dell'espressione VI WS riferito a Plauzio, e dall'altro quella di VIVAE attribuita a Plauzia, confesso il vero, che io sono in dubbio a qual parte debba piegarmi. Imperciocché per quanta diligenza abbia fatto, non m'è toccato in sorte ancora di ritrovare un esempio onde potessi appoggiarla. Ho ritrovato bensì, che in memoria di simil fatta ci manca il VI; o sieno esse onorifiche o sepolcrali. Egli è solamente quando indicar vuole persona che si faccia il sepolcro per sè. Quindi io supporrei, che legger non si dovesse nè VIVVS nè VIVAE; ma che le parole MEREN VI. POSVIT fossero, o malamente incise, o malamente trascritte; e che invece del V ci fosse il T, onde venissero a esprimere MERENTI. POSVIT., che ha tutto l'intero suo senso. Dell'origine poscia di nomi tali, io non dirò cosa alcuna (com' è mio costume) essendo stato sempre inimico di certe etimologie, che richieggono molta fatica per insegnare poi nulla. Più che discendiamo, si fa sempre maggiore la corruzione nelle antiche pietre; come apertamente (ì) Imcript. ed. |Roma 1699. p. 94. — (2) Marmi eruditi p. 259. si ravvisa pare nella seguente da me trascritta dall'originale, che ora serve di base ad un pilastro della scala maggiore nel cortile de' signori Petronj. IX. D AA PIIAIO VICTO RIANORAA Vili. M. III PARIINTIISPI IINT1SSIAAI Cosi sta nella pietra. Ma diversamente fu scritta da chi n'ebbe l'incumbenza da Monsignore Zeno, che volle spedirla all' Orsato-, onde con qualche varietà fu ella pubbicata, ed intesa. Essa dunque era letta cosi : l)iis manibus Publio Elio Viatori anorum VIII. Men-sium III. Parentes Pientissimi. Vedi prima la scorrezione nello scarso uso de' punti; nell'aio, scritto così in vece d' Aelio, e in anorum con una sola n. La mescolanza poscia delle greche lettere è considerabile. Vedi l'H per E; e A ora per A, ed ora per L; onde due Lamda formano l'M. Tutto ciò denotante la corruzione della romana ortografia per la mescolanza de'Greci: com'è più palese ne'documenti particolarmente scritti in Ravenna; ne' quali lettere prette greche frammischiansi ad una pessima ad alterata scrittura romana : e tal volta anche alcune so-scrizioni ritrovansi dettate in latino, e scritte per esteso in caratteri greci. Dal che argomento aperto abbiamo da dire, che con tutte le irruzioni de'Barbari e le corruzioni ben note si mantenesse negli originarj d'Italia viva sempre mai la comune, popolare latina favella; benché dalla necessità di maneggiare la spada, anziché la penna, si fosse, o alterata o perduta la costumanza di scrivere nel proprio carattere, colla solita antica forma. Altre antichità ritrovansi in Capodistria : ma di parte non mi sono assicurato, e di parte non ho potuto aver disegni fatti con fedeltà. Continua La sala d'armi, ora delle stalattiti, nel Castello di Duino Ballata *) Ov'è lo scudo, l'asta, lo strale. La maglia, l'elmo del mio rivale, La suppellettil ferrea d'un dì? Disse un gagliardo: tacque e sparì. Altrove cerca, ombra sdegnosa, Il ricco arnese, oltr'alpe posa; Cenno rapace volle così Del Còrso Sire che ci tradì. Strepito d'armi, cozzo di brandi, Urla, minacce, vendette, bandi I Castellani vollero qui; La Castellana non vuol così. Non più '1 feroce de l'armi gioco Rompe il silenzio dell' ermo loco, A crescer 1' ansia tema d'un dì ; La Castellana non vuol così. Or fra le mura di questa chiostra Arti di pace fan bella mostra. Omaggio al gusto de' nuovi dì; La Castellana volle così. Dai vetri il raggio del Sole occiduo Più non saetta con metro assiduo Le panoplie terror d'un dì ; La Castellana non vuol così. L' argenteo a sera chiaror di luna Su tei ri oggetti più non s'aduna, Plorando il truce genio d'un dì; La Castellana non vuol così. Invece d'armi, arnesi miti, Raggian dai muri le stalattiti, Sfatando il vezzo de' corsi dì ; La Castellana volle così. Soavi note da eburneo piano Trae geniale la nivea mano, Temprando l'ire de' ferrei dì; La Castellana vuole così. Misto alle grazie del Franco idioma Odi quel dolce che parla Roma, Non aspri accenti d' antichi dì ; La Castellana vuole così. Dell'ampia sala sotto la volta La gentilezza è tutt'accolta, Forte contrasto d'andati dì; La Castellana volle così. Ombra ch'udisti da la tua fossa, Del tempo tutto strugge la possa ; Innova il genio l'opre d'un dì: La Castellana volle così. __Prof. C. 11. *) Di queste BALLATA Tcnneio tirate delle copie a parte. Spedizione Gessi — Matteuccj L'intrepido viaggiatore P. Matteucci mandò da Trieste in data del 5 corr. al Nuovo Alfiere la seguente corrispondenza, riportata inWIndipendente-di Trieste del 9 corr. N™ 98 „Mi trovo a Trieste per dare opera agli ultimi e definitivi apprestamenti per la spedizioni all'Affrica Equatoriale; questa sera sul vapore che va a Ravenna imbarcheremmo il nostro bagagliume e diretto per Napoli sarà spedito sul Rubattino per Suez". „Nel nostro bagaglio manca tutto il lusso di quello della spedizione Antinori. ma per effettivo nulla lascia a desiderare; sono circa venti casse che contengono presumibilmente quanto può occorrerci per compiere il nostro viaggio. Gli istrumenti son ottimi, e potremo con questi compiere tutte le operazioni topografiche compatibili col tempo e con le difficoltà." „Con maggior calma ho ristudiato col Gessi la strada e mi preme assicurare ehe ci troviamo in perfetto accordo sull' itinerario che ho tracciato, e solo invece di tentare la via Godo Koro-Kaffa, tenteremo il Fazoglù come più vicino al reame di Kaffa. Abbiamo formalmente promesso di tentare ogni mezzo per incontrare Antinori, e manteremo la nostra promessa, anche a prezzo di entrare come servi in una carovana araba, di quelle che battono di continuo i mercati di Kaffa." „Da Trieste ci recheremo a Milano per ricevere gli ordini dal principe Umberto, che ha tanto bene-meritato della nostra spedizione, e di là a Roma per ritirare le lettere pei consolati italiani, ed il giorno 18 il capitano Gessi s'imbarcherà a Napoli per Alesan-dria, ove si darà cura di preparare l'occorrente per il viaggio a Kartum, che intraprenderemo al mio arrivo al Cairo, sui primi dal venturo mese." ,11 console italiano comm. Bruno, sta trattando coi più facoltosi della colonia per nn sussidio alla nostra spedizione." "Trieste, la patria degli ardenti spiriti, anche in questo incontro saprà mostrare quanto apprezzi la idea che la bandiera italiana affidata a giovani entusiasti e di buona voglia, parta per sventolare in mezzo alle inospitali terre dell' Africa e per ritentare le glorie di uno splendido passato, e legarlo all' avvenire della nostra patria che deve essere geografico." "Se anche la nostra spedizione dovesse fallire, poco male : sulle nostre rovine un pugno di valorosi dovrebbe ritentare quelle vie, persuasi che la patria. per essere grande è rispettata ha bisogno di espandersi al di là dei naturali confini e cercare nell' incognito le seduzioni del nuovo, la grandezza di una scoperta." P. Matteucci. IM1I@I¥@ Eppure han ragione i poeti se portano ai sette cieli i quindici, i sedici, i diciotto ed anche i vent' anni. — È la gran beli' età quella, affé mia! C'è un'abbondanza di color di rosa, si guarda sempre attraverso quel siffatto prisma dell' inesperienza, c' è l'immancabile trasporto a grande velocità del primo amore.....che volete di più? La mente è fucina di gagliardi pensieri temprati al vapore degli affetti bollenti, che nel cuore gorgogliano; si percote il suolo, si sbuffa, si crede poter dovunque ed a chiunque rivelar que' pensieri, si crede poter dar sfogo a quelli affetti. . . „Ah! veramente manca la malizia A quindici anni!,, Ma "caduta una volta la magica benda, — oh, allora si conoscono i polli, si capisce che si ha da fare con una congiura, — sissignori, chiamatela voi come volete quella certa congrega — io la chiamo congiura; — chè tutti son lì pronti a darvi torto marcio, se per caso avete che da dire o da fare con alcuno di loro. "C'è una lega,, direbbero alcuni personaggi del Manzoni; e "l'oste è della lega,, direbbe Renzo. — "A quindici anni immaginavo anch'io Che un uomo onesto, un povero minchione Potesse qualche volta aver ragione: Furbo per Dio ! — „ Eccovi qui un'altra confessione ; li conoscerete senza dubbio que' versi; non sono io il solo dunque che lo dica. Ma dunque questa "lega„ c'era sempre e dappertutto? — Ma, ecco : a dir il vero, mi par di no. Questa parola "lega„ mi sa molto del "legare,, e direi che questa lega esisteva ed esiste quando gli altri erano o sono legati, e che quando gli altri erano o sono liberi, della lega non se ne parlava o non se ne parla più. Perchè poi in fin dei conti, un po' di storia del mio paese la conosco anch'io, e vedo che certe cose, giuste, vere e sacre come il Vangelo, se le dicevano un tempo in rima e in prosa, — e che al giorno d'oggi non se le può dire. E perchè? Causa quella benedetta lega. E perchè poi si arriva al punto da sacrificare la propria opinione e da calpestare la logica? La spiegazione domandatela al popolo, e udrete rispondervi: — perche Can no magna de can. Y. Illustrazione dell' anniversario Di cospicua famiglia, rimasto orfano fino dai primi anni a Modena sua città nativa, passò la giovinezza afflitto da malattie, da disgrazie e da litigii forensi, che non gì'impedirono peraltro di applicarsi assiduamante allo studio, prima in patria e poi nelle università (li Ferrara e di Bologna. In breve la natra gioconda e_ l'ingegno pronto e sottile lo resero noto ; divenne primo segretario del cardinale Colonna, che segui in Spagna ; appartene alle celebri accademie degli Umoristi e dei Lincei ; ma la proclività a satireggiare gli occasionarono controversie letterarie e inimicizie. Durante il tentativo fatto da Carlo Emanuele I duca di Savoia di liberare 1' Italia dal giogo spagnuolo, il Tassoni si trovava alla sua corte, festeggiato e consultore ; ivi scrisse le Filippiche con cui, dimostrando lo svigorimento della Spagna, eccitava gli altri principi italiani a fare causa comune Andato a vuoto il nobile conato, e alternatisi pel Tassoni tempi prosperi e avversi, rimpatriò e mori nel 1635, dopo di aver goduto e meritato sotto Fraucesco I. cariche, titoli ed alloggio in corte. Egli è l'autore del notissimo poema epico in dodici canti, La Secchia rapita, col quale probabilmente intese biasimare beffandole, le funeste guerre fraterne degli Italiani ; poema che, in sorprendente contrasto coli' andazzo dell' epoca, offre saggio di verseggiatura leggiadra e robusta, e di ammirabile metodo descrittivo. La "Secchia rapita,, venne tradotta in diverse lingue ed ebbe finora in Italia una cinquantina di edizioni. A lui appartengono anche una Storia Ecclesiastica e altre opere minori, come per esempio il libro dei Penssieri, che l'Emiliani Giudici assentisce "pieno di molto oro e di molta mondiglia,____" dove lo scrittore notava come in un taccuino, secondoche gli girava il cervello, tutte le sue fantasie sopra ogni generazione di scibile.,. Il Ginnasio verrà aperto il 1 ottobre p. v. L'inscrizione degli studenti — accompagnati dai genitori o da chi ne fa le veci, ai quali imcombe di notificare la famiglia presso cui staranno a dozzina — durerà dal 27. corrente, (dalle ore otto alle dodici della mattina), fino al giorno dell'apertura, da inaugurarsi colla solita funzione religiosa alle dieci aut. Coloro che chiedessero sussidio dal fondo ginnasiale di beneficenza o esenzione dalle tasse, dovranno essere provveduti di un'attestazione legalizzata di povertà. Subito dopo l'apertura, si faranno gli esami di ammissione, di riparazione ecc. Scuole Magistrali. L' anno scolastico comincerà col 1 ottobre p. v.; e per l'inscrizione degli allievi sono stabiliti i giorni 28 e 29 corr. dalle nove ant. alle 1 pom. Nello stesso giorno 29 avranno luogo ,gli esami di ammissione e di riparazione. Scuola Reale Superiore di Pirano. L'inscrizione dogli studenti verrà fatta nei giorni 30 sett., 1 e 2 ottobre dalle 8 alle 11 ant. e dalle 2 alle 4 pom. Per i nuovi inscritti la tassa è di fior. 2.10. Prima del 5 ott. dovranno aver luogo gli esami di riparazione. Il nostro sequestro. Non essendoci lecito, come lo potremmo e come i lettori lo avranno già fatto, il dedurre da ovvie premesse ovvia conclusione sul disameno argomento, ci limitiamo a ripetere qui il „Comunicato" inserito nel-l'Indipen. (14 sett.) e nel Cittadino (15 sett.) di Trieste. Comunicato Questo i. r. Capitano distrettuale, eseguito il sequestro dell' Unione di data 9 settembre corrente con un ordine aperto in cui non si indicava l'articolo colpito, ne fece scomporre uno nella forma del torchio; e poi dichiarò al tipografo che per una seconda e-dizione sarebbe abbisognato il suo permesso. E ne concedette la ristampa all'assoluta condizione che oltre, bene inteso, il brano sequestrato (cioè i versi 113 e 114 del IX canto dell'Infer.), si ommettesse pure l'ultimo periodo del cenno necrologico, "periodo, disse, che non ho sequestrato, ma che non deve ricomparire.,, Capodistria, addì 12 settembre 1877. 1). Manzoni edit. e'redat. resp. dell'.UNIONE" Scorrendo poscia gli "Atti Uffiziali. dell' Osservatore Triestino ci cadde sott'occhio la decisione dell'i, r. Tribunale Provinciale (13 sett. N. 6258-675), colla quale venne confermato il sequestro, dietro proposta dell' i. r. Procura di Stato, perchè si trovò che l'articolo della Vergine conteneva "gli elementi „ oggettivi del crimine di perturbazione della „ pubblica tranquillità prev. al §. 65 C. p.„ Del nostro sequestro trovammo cenno nei seguenti giornali. Nel Cittadino N. 216 ; 12 sett. (Dante sequestrato) — nell' Indipendente N. 101 ; 12 sett. (Dante colpito da sequestro) — nell'Isonzo di Gorizia N. 74; 15 sett. (Sequestro) — nel Neues Wiener Tag-blatt N, 256; 15 sett. (Dante-confiszirt) — nella Provincia N. 18; 16 sett. (Cose locali) — nella Gazzetta di Venezia N. 248; 16 sett. (Dante sequestrato in Austria) — nell' Unità Cattolica di Torino N. 220; 21 sett. (Dante sequestrato in Austria). La lista primitiva dei Ginrati. — Un avviso del Municipio di data 20 corr. rende noto essere esposta tale lista nell'Ufficio, in conformità alla [legge 23 maggio 1873 N. 21 (§. 6), alla pubblica ispezione fino a tutto il 28 corr. affinchè gl'interessati possano reclamare se fossero avvenute ommissioni, o inscrizioni di persone incapaci ed inammissibili, oppure far valere i motivi per la loro propria esenzione. Sig. It. M - r. Trieste L'articolo critico, che ella c'inviò insieme al libro, accompagnato da una sua lettera (senza data e senza recapito, da noi ricevuta il 16 corr.), è uno scritto troppo acre, epperciò uon lo pubblichiamo. Permetta che le ricordiamo dovere la critica admoìiere non mordere, prodesse non laedere, consulere non officere. 11 libro è a sua disposizione. _._ Trapassati nel mese di Agosto. 1 G S. (carcerato) d'anni 27 da Pisano (Dalmazia). — 3 P. K. (carcerato) d'anni 27 da Gover-slia (Dalmazia). — 5. Teresa Vattovaz moglie di Matteo d'anni 32; L. S. (carcerato) d'anni 30 da Krujeva (Dalmazia). — « Angiola Martissa moglie di Luigi d'anni 31; P. T. (carcerato) d'anni 20 da Razvadje (Dalmazia). — 10 A. L. (carcerato) d'anni 31 da Zernova (Dalmazia). — 12 Nicolò Dezorzi fu Pietro d'anni 76. — 14 Antonia Ceregon fu Giov. d'anni 22. — 10 Anna Grasso d'anni 60. — 17 Cornelia Giraldi d'anni 38. — 21 Maria Corbato di Giacomo d'anni 17. — 23 Giuseppe Marchio fu Domenico d'anni 50 da Muggia. — 24 Maria Bann Ved .a Stefeno d' anni 86. — 29 Giovanni Bischop d' anni 80 da Scuth (Scozia). — 30 Giuseppe de Al-merigotti fu Francesco d' anni 67. Più quattordici fanciulli al di sotto di sette anni. Corriere dell' Amministrazione (dal 6 a tutto il 22 corr.) Albona. Baronessa Polissena Lazzarini (IH anno) — Ferdinando Vogel (idem) — Buje. Antonio Fe8t,i (idem) — Isola. Domenico Kavasini (Il sera, del III anno) — Pola Ing. Giovanni Mattiassi (III anno) — Trieste. Ab. Angelo Marsich (II sem. del III anno) ; Maria Marsich - Morsan (idem) ; Consigliere F. M. Werk (II sem, del III anno e I sem. del IV). Avviso agli associati Nello spedire la seconda edizione del numero precedente, originata dal sequestro, avvennero delle irregolarità. Perciò quegli associati che non l'avessero ricevuta, ce ne diano notizia. Il reclamo aperto va esente da francobollo; occorre peraltro scrivere sulla busta la parola: Reclamo". Lo stesso vale anche per gli associati dell'estero. RESOCONTO DELL'AMMISISTBAZIOIE per 11 terzo «mio 9 Ottobre 1876 - 25 Settembre 1877 (fino a tutto il 22 corrente) INTROITO Fior. Sol. ESITO Fior. Sol. Civanzo di cassa del secondo anno Arretrati incassati (come dai 24 Corrieri e dal Bollettario consegnato) 213 Semestri incassati dai 119 associati annui della Città (V. il Supplemento del N. odierno e il Bollettario consegnato) 148 Semestri incassati dai 141 associati annui fuori di città (V. i 24 Corrieri) 6 Semestri insassati da 6 associati non annui della Città, come emerge dal Bollettario consegnato 40 Copie spacciate in Città, nelle botteghe, colla trattenuta del 20 °/0. Una non volle lucro Regalo (V. "Generosità„ nel N. 1 dell'anno corr.) Vendita di N.ri arretrati Per inserzioni di Comunicati Somma fior. 198 111 340 236 9 3 10 19 930 70 20 80 80 60 84 40 50 84 Consegnati al Municipio per l'Asilo d'Infanzia Carta e stampa dei 24 N.i, come risulta dai 24 saldati (Doc. 1-24). Copie 450. Parecchie gratuite: cambii, autorità, omaggi, capicontrada ecc. ecc. Seconda edizione del N. 24 del II anno e del N. 23 dell'anno corr., Carta e tiratura (Doc. 1 e'23). E Supplemento al N. 24 dell' anno II (Doc. 1) Stampa di fascette (Doc. 2, 10, 15, 17, 21) Stampa del Supplemento odierno (Doc. 24) Per tre incisioni in legno (Doc. 12) Francobolli Cursore (Doc. 25) Spedizione (Doc. 26) Al portalettere (Doc. 27) Spese di Cancelleria (Doc. 28) Mance e strenne All'Ufficio della spedizione delle Gazzette a Trieste (Doc. 29) Rilancio Somma fior. Introito fior. 930.84 Esito „ 815.89 Civanzo fior. 114.95 150 — 454 40 16 75 12 55 4 — 14 — 79 79 40 — 15 40 10 — 1 90 10 — 7 10 815 89 Al presente numero, ultimo del terzo anno, è annesso l'elenco degli associati annui della città