ACTA HISTfUAE • 10 ■ 2002 • 2 riccvulo: 2002-02-11 UDC 3l6.343.32<450.2/.4n5":343.6 DISORDINI IN UNA FAMIGLIA DELL'ARISTOCRAZIA VICENTINA: ITRISS1NO NHLLA SECONDA METÀ DEL '500 4 Lucien FAGCAON Université de Provence (Ai* Marseille 1), FR-! 3621 Aix-eti-Provence Cedex 1, 29 avenue Robert Schuman e-mail: lcn.faggion#wanadoo.fr SINTESI Lo studio délia 'labile famiglia Trissino permette, all'autore di e\>¡denztare le forti tension i cite opponevano diversi potenti e ricchi lignaggi di una fra le più importanti. Case deU'aristocrazia vicent'ma in età moderna. I conjlitti rinviano all'opposizione vigente nell'antica Grecia, ira il diritto sacro e intrafanuliare (la "Thémis") e il di-ritto interfamiliare e utnano (la "Dike"). Nel sistema délia "Thémis", il reo si trova collocato ai centro del gioco relazionale, remiendo necessario il castigo, ment re nel sistema délia "Dikè" il colpevole assume un ruolo subalterno nei confronti dell'ojfe-so, il quale chiede riparazioneper il tono subito. L'interesse consiste quindi nel traduire il linguaggio, i rit i, i codici messi in atto dalla j.aida tra diversi rami di una stessa Casa aristocrático delta Terraferma vetieia negti ¡dti/ni deccnni del '500, un periodo in cui il sistema vendicatorio retío da una rigorosa e poderosa lógica perde della sua consistenza e si inoltra in una sfrenaia e. sregolata violenza, la quale è gestita infine dalla Rcpubblica veneta che, oltre le corti pretoria locali, fa intervenire le sue magistrature, l'Avogaria di Común e il Consiglio dei Dieci. Si tratta di svelare la lógica della reciprocità e della scambio che animano gli individui coinvoili nel con-flitto violento. Il diritto cerca di porre delle parole al posto della violenza e l'obbligo di un debito da cui ogiuaio deve liberarsi per trovare una pacificazione. Parole chiave: alleanze, aristocracia, confiitti, crisi, Dominante, Vicenza, XVI secólo CONFLICTS WITHIN AN ARISTOCRATIC FAMILY OF VICENZA: THE TRISSINQS DURING THE SECOND HALF OF 1500 ABSTRACT An analysis of the Tris sino noble family enables the author to highlight the enormous tension existing between the different powerful and rich houses of one of the 285 ACTA HI STRIAE • if) • 2002 • 2 Uiete» PAGO ION: DISOUDIM IN UNA F AMELIA DEM.'ARISTOCftAZlA VICENTINA- I TRISSINO .... 2SS.»» most important dynasties of Modern Age Vicenza's aristocracy. The conflicts remind of the opposition existing between the sacred-family right (the Thémis) and the. family-human right (the Dike) in ancient Greek times. In the Thémis system the culprit is the centre of the relational situation, whereas in the Dike system the culprit plays a subordinate role with respect to the offended, which demands for reparation for the wrong lie was done. It is therefore interesting to analyse the language, the rituals and the codes used in the blood feud between the different branches of this aristocratic family of the Veneto region during the last decades of 1500, since this H'tfi a time, when the avenger system, based on rigorous and strong logic, lost its consistency. Indeed it gave way to unbridled and. uncontrolled violence, which is finally dealt with by the Veneto Republic through its courts of justice, the Avogaria of Coman and the Counsil of Ten. They tried to unveil the logic of reciprocity, which animates the individuals involved in the conflict by substituting violence with words and by establishing a debt everyone was to free oneself from in order to find peace. Key words: alliance, aristocracy, conflicts, crisis, Dominante, Vicenza, 16'h century ÍNTRODUZIONE La vicenda della famiglia Trissino mette in rilievo un fenómeno di violenza fa-mifiare che si inserisce nelle faide che hanno sconvoito l'intera societá veneta nelia seconda meta del '500.1 Questa analisi prende in esame un'antico lignaggio dell'ari-stocrazia vicentina, ricco e potente, che si Irova alie prese con delle gravi difficoltá, le quali trovano un esito solíanlo ncl linguaggio della vioienza, in grado di pacificare e di ristabilíre un equilibrio all'interno della potente casata. La faida che anima i membri della Casa Trissino palcsa la fine di un equilibrio e l'affcrmarsi di una lógica della riparazíone eseguita in modo prívalo all'interno dalla famiglia nobile, pur es-sendo percepita ed analizzata dall'esterno sia dall'aristocrazía vicentina, la quale co-nosce allri violent! dissensi, che dal potere sovrano: Venezia. Questo caso traumático, forse emblemático nelle societá di Terraferma, merita quindi una lettura interna, privtlegiandone i lega mi, i nessi possibili, le rivalitó, gli ovvi motivi di conflitti esi-steníi nella Casa Trissino, ma trascurandone i rapporti e le alleanze che la collegano con altri illustri lignaggi dell'aristocrazia locale (i da Porto, i Capra). I Trissino fanno parte dell'antica nobilta vicentina e si dividono in due principali colonnelü: i "Panen-sacco" e i "Miglioranza", apparsi nel '200, i quali si suddividono in innumerevoii rami, che mantengono contatti (alleanze, reti clientelari, matrimoni), malgrado una relativa autonomía tra ¡oro fefr. Da Schio, Tommasini (1698-1700) in BCBVi, Volumi; I Sulla faida, l'onore delle aristoerazie venete, ii potete veneziano ira Cinque e Seicento, fondamentali e preziosi son o i íesti di Claudio Povolo (1992-1993. 1997, 2000). 286 ACTA HISTRIAÍ: • 10 • 2002 • 2 Lucio» FaGGION: DISORD1N1 IN L'MA FAMKJUA DEU'ARISTOCMZIA VICENTINA: I TRISSINO .- . 255-30-1 Maniese. Dalla Via, 1978; Morsolin, 1878; Preto, 1980). Nel '500, i "Miglioranza" contano alcuni rami, tra cui quello detto "dal Vello d'Oro", i! cui capostipite é il noto umanista Giangiorgio. Strelti sono i legami tía i vari rami, frequenti i matrimoni al-rinterno della casata ed evidertti. nonché inevitabili, le possibili fonti di tensioni per l'ereditá e il prestigio all'interno delia famiglia e delle magistrature cittadiae. E' cosí che nel 1576, Ciro Trissino. figlio di Giangiorgio, viene assassinato da un suo párente, Giulio Cesare, nel paese di Cornedo, nell'alto vicentino. Nel 1583 a Marcanío-nio, figlio di Ciro, spetta di uccidere Giulio Cesare, mentre usciva dal Dúo rao citta-dino. Fatto tristemente clamoroso che, in questi anni, non é del tutto isolato a Vicen-za e in alcre cittá di Terraferma. L'uccisione di Ciro non appare quindi un momento inatteso e sorprendente nella vicenda della famiglia Trissino e si inserisce in una sto-ria antica che risale in realta all'inizio del '500- I. La genesi e l'estendersi di una lite familiare I conflitti insorti nella Casa Trissino cominciano con l'umanista Giangiorgio (1478-1550), figlio del mecenate Gasparo (ASVi, AT, b. 330, testamento di Gasparo Trissino, 1483, cc. lr-I5v), appartcnente al colonnello dei "Miglioranza'' (Morsolin, 1878). II letterato sposa nel 1494 Giovanna Trissino, di cui ha un figlio, Giulio; poi Giovanna decede nel 1505, Era la figlia del giudice collegiato Francesco Trissino, il quale fa puré parte dei "Miglioranza". Per quasi due dcccnni, Giangiorgio rimane ve-dovo, impegnato che era nei suoi studi, nei suoi obblighi politici, mantenendo inoltre stretti legami intessuti con ]'Impero e Cario Quinto. Quando ritorna a Vicenza, prende la decisione di concludere un altro matrimonio, a discapito probabilmente dei pa-renti della sua prima moglie Giovanna. che ambivano di succedere nel l'ereditá. L'unione viene conclusa nel 1523 con Btanca Trissino, figlia del giudice collegiato Nicolo, e giá vedova, dal 1522, di Alvisc Trissino. Da questo connubit) nasce Ciro nel 1524.1 rapporti tra Giangiorgio e Bianca non dovevano essere armoniosi e giá nel 1535, i coniugi vivono separati: Bianca si ritira a Venezia e decede nel 1540 (BCBVi, mss. 2791,446,447,448, E125). Tra i due fratelli Giulio e Ciro dovevano a poco poco nascere rivalitá, sorgere un eonfíitto molto vivo, purtroppo giá contrasse-gnato tra Bianca e Giulio {BCBVi, ms. 447, cc, 71r e seguenti), il quale era apelamente sosíenuto dai parenti della sua madre Giovanna, nel 1533. Scontri giá forti tra i due rami che diventono ancora piü tesi con l'altro ramo a cui appartiene Bianca. Ma le difficoká sí inaspriscono anche con il padre Giangiorgio, il quale esprime sempre piü la sua preferenza per il secondo figlio Ciro per l'ereditá familiare, mentre investe il suo primogénito Giulio di un incarico ecclesiastico, mandándolo a Roma, dove i Trissino intratengono da anni legamt molti stretti con i sovrant pontefici, in particola-re con Clemente VIL L'ereditá e il perno sul quale i membrí della famiglia di Giangiorgio e gli altri lignaggi sono in disaccordo. I! canonico Giulio chiede al padre una 287 ACTA. HISTRIAE • 10 - 2002 ■ 2 Luden FACÍCjION. 0IS08UIN.1 IN UNA fAMIGUA DELI/arJSTOCRAZÍA VICGNTIKA; 1 TRISSINO .. , 285-304 liconoscenza fórmale all'interno dellamica Casa, per quanto riguarda la parte da con-segnargli. Le diffieoltá giá vive nel 1533 di ventano sempre piu acate a partiré dagli anni ¡543-1544. Giulio si mostra virulente, infastidito dalla preferenza manifestata da! padre per i! suo fratello Ciro, il quale diventa í'erede universale. Le pretese e Se cómese del canonico si sono inasprite iri modo tale che Giangtorgio prende la deei-sione, enunciara per la prima voila nel 1543, di atíribuire a Ciro tutti i suoi beni. Una risoluzione paterna che, comunque, non manca di intensificare sempre di piü i dissa-pori domestici, la vita familiare, nonostante i provvedimenti presi dal padre per l'av-venire di Giulio nel 1543. Gli antagonismi tra Giangiorgio Trissino e Giulio non rimangono isolati e protetti dalle mura delle varíe dimori del famoso umanista vicentino: il colonneilo dej "Mi-glioranza" si trova in conflttto molto aspro per Vereditá che riguarda il ramo "dal Vello d'Oro". C'ontro gli iiHeressi di Giangiorgío appaiono le famiglie della sita prima moglie. Giovanna Trissino, fíglia del giudice Francesco, dclla sua seconda coniuge, Bianca, figlia de! dottore collegiato Nicoló, e, infine, della diseendenza del defunto Alvise, di cui Bianca era siat3 in precedenza la sposa. Si capisce inoltre meglio che il giudice Gasparo, ílglio di Alvise c di Bianca, nonché il dottore collegiato Pietro Francesco, cuaino di quest'ultimo, rivendicano una parte dei beni di Bianca. Le pretese, le ambizioni si estendono e si diramano in altri rami della Casa, in particolare nei parenli di Giovanna, il cui fratello Gíovanni sostiene sin dall'inizio il suo ñipóte Giulio, come puré, la linea collaterale di Cristoforo, cugino di Bianca. Giuiio é spai-leggiato dal suo zio Giovanni e dal cugino Alessandro Trissino, aperto alie nuove idee religioso e inquiétalo dal SantTJffizio negii anni 1560 (Ambrosini, 1999; Olivie-ri, 1967, 1992; ASV, Sü, b. 19, 32). Aiutato e incoraggiato dai parenti della sua de-funta madre, il canonico Giulio reclama non solo il necessario alia vita, ma anche la porzione che gli toccatava dal retaggio materno. Secondo Giangiorgio, Giulio ha peró tenuto parole aggressive, scarse di rispetto al suo fratello. II padre prende quindi ia deeisione di vanificare le pretese del primogénito: comincia a donare a Ciro ia casa e le possessioni di Cricoli, cedergli poi le case e je tenute che possiede nella valle del-lAgno (Quargnenta, Cornedo) e, infine, si risolve a vendergli la sua dimora di Vi-cenza. Ciro diventa de ture propietario dei beni paterni che sfuggono ai suo fratello (BCBVi. ms. 446, cc. 30r-35r). Protetto dal padre, Ciro si trova in conflitto aperto con Giulio e evidentemente con i parenti di Giovanna ed i suoi amici che si contano in gran numero a Vicenza. 1 disaceordi tra il padre e Giuiio sembrano difficili da ri-solvere, visto che la rete di alleanze agisce anche "m favore del canonico. Questo fatto spiega forse i vari tesiamenti rogati dal celebre umanista: il primo e stüato l'll ottobre 1543, che revoca in parte, con l'aggiunzione di un codiciilo molto importante, il 22 ottobre 1549: il testatore da piena autoiita per l'esecuzione delle sue ultime vo-lonta alia Repubbliea di Venezia, al Consiglio dei Dieci, segno quindi di un profondo malessere tra i due fratelli che non trovavano un possibile aecordo. Nei primo testa- 288 ACTA HISTRIAE • 10 • 21)02 ■ 2 Luden FAGGTON: DISORDIN) Bí UNA l-AMHJLIA DEU.'ARISTOCRAZIA VICBiTOA: I 1'KlSSINO .... 28J-3W mentó (1543), Giangiorgio, pur dichiarando Ciro suo erede legittimo e universale, aveva cercato di provvedereai bisogni di Giulio (BCBVi. ms. 446, cc. 36r-42r). Ma neí secondo regato nel 1549, Giulio viene escluso dali'eredita paterna. L'argomento, fonte di tensioni irrepremibili e insormontabili, é la presunta adesione al protestante-simo, la quaie puó in effetti, secondo le leggi delto Stato veneto, privare Giulio dei beni. La prima alternativa risolutiva ai confiitti famitiari sembra quindi l'accusa di ere-sia, che potrebbe pone fine alie lite che divide i figii di Giangiorgio e coinvolge rami collateralli. Dalla mor te dell'umanista Ciro continua a difendere il lascito del suo padre, rendendo piü accesi e difficili i rapportí con il fratello, il quale chiedeva il neces-sario alia vita e una porzione della dote materna. Ciro non manca di sfruttare le prati-che di Giulio con Pellegríno Morato, noto propagatore delie nuove idee religiose a Vicenza, ma anche con il cugino "eretico" Alessandro, figlio di Giovanni, rivale delía linea di Giangiorgio e ferveme difensore di Giulio sin daií'inizio dei confiitti. II padre vivo, Giulio, seppur sospettato di essere protestante, non ebbe da patire molto: era protetto e godeva di una certa immunita, nonostante le voci corressero in proposito. Ma quando il padre venne a sparire neí 1550, il testamento aperto mette in risalto íe accuse finora sotiaciute e placate dal padre stesso, i i quale dispone va di una potente rete di amici e di clientela sia a Roma che a Venezia. L'argomento del dissenso religioso é stato dichiaratamente sfruttato dal fratello Ciro che. tentó ad ogni modo di ri-ñutare le pretese di Giulio e di privarlo di ogni suo possibile diritto all'ereditá: secondo il Saní'Uffizio una denunzia per eresia poteva in effetti privare i figli dei beni familia«. La lite sembra svanire nel 1551. ma la voce di un probabile legame con il protestantesimo giunge fino ai membri del Saní'Uffizio: prima la denunzia fu tra-smessa all'Avogaria di Común, ma tutto rimase senza seguito, forse per i stretti ie-gami che certi membri della fainiglia Trissino avevano intessuti con una parte del patriziato veneziano, uientre agisce l'lnquísizione di Roma per opera, sembrerebbe, dello stesso Ciro, il quale gode di appoggi alia corte del sovrano pontefice. Dopo lungaggini processi, ordini per presentarsi a Roma, Giulio viene sprovvisto di tutto nel 1556 e- ottiene. mediante una "compositione" con il suo fratello, "i soli alimenti" nel 1564, anno nel quale un decreto del Consigiio dei Dieci del 7 apriíe bandisce dalla Repubblica i rei favorevoli all'eresia e autonzza il loro imprigionamento, prov-vedimento che preoccupa naturalmente Giulio, finora procedo dalla ragione di stato che non aveva mai accettato che egli si recasse a Roma per rispondere delle accuse contro di lui avanzate. E' finalmente messo nelle prigioni del Saní'Uffizio di Venezia nel 1564, anno in cui una risoiuzione era stata conclusa con il fratello. Giulio afferma che é Ciro ad avere favorito la sua incarcerazione. Presto liberato, visto che era stato preso senza ordine del Consigiio dei Dieci, due altre decisión! promúlgate il 12 apriíe e il 9 novembre 1568 minacciano di nuovo la liberta di Giulio e, nell'aprtle del 1573, non gode piü deirautoritá secolare: é messo nelle prigioni del Sant'Uffizio fino alia ACTA HISTRIAÍ: • 10 • 2002 • 2 Lucira FACCION- DISORDTKIIS UNA FAMÍGUA DtLI.ARlSIOCRAZIA YICENTÍNA; I TRISSINO . .. 2SJ-3W sua morte, all'ínizio del 1577. AH'intemo della Casa Trissino, nel ramo 'dal Vello d'Oro", una vendetta sí è eompiuta, tramite le vie legali, il Sant'Uffizio, che permette a Ciro, a vantaggio suo, di ricomporre e mantenere la fortuna della Casa, e di affermée il suo potere, contro il quale si oppongono ínoltre altri rami collaterali apparte-nenti alio stesso colonneilo "Miglioranza". Le rivalità si svolgono sul campo giudi-ziario, nel le lite per l'eredità, senza comprometiere comunque la vita dei membri dei vari lignaggi della Casa Trissino. Nella seconda metà dei '500, i Trissino conta no cinque giudici nel pótenle ed esclusivo Collegio cittadino: Giroiamo (1537-1569), Achille (1539-1569), Francesco ( ¡544-1578), Gasparo (1549-1591) e Pietro Francesco (1558-1605)" (Faggion, 1998). L'autorità conferita dal diritto, dallo tus commune consente a questi esperti giurídici di interferiré negli affari familiari senza intaccare perô la stabilità e la coesione dell'intera casata. Prudenti. avveduti. non mancano purtroppo di sostenere e di incoraggiare gli amici per contrastare parenti forse troppo potenti e influenti. II ramo "dal Vello d'Oro", pur non avendo giudici collegiati, è rappresentato da Pompeo che ha studiato diritto all'università e, secondo il volere paterno, intende svolgere un'attività ecclesiastica nella corte dei pontefice, I scontri sono di natura pacífica, riguardano la giustizia civile, cause di lívelli, acquisti, ven-dite, crédita, inventari di beni. Ma le rivalità, mai sopite, scoppiano nella seconda metà del '500 seguendo un rituale preciso e razionale. II Unguaggio della violenza si è infattí inserito nello spazio della famiglia divisa e ¡acerata, alla ricerca dell'onore del lignaggio, del sangue e del sacro.-' Giulio rende Ciro responsabile delle difficoltà incontrate (BCBVi, ad esempio, ms. 447, cc. 87r e seguenti). La lite per l'eredità che sconvolge la Casa Trissino negli anni 1570 trova una sua soluzione non del tutto pacifica e o v vi ámente generatrice di odi pivt forti, nell'uso delle islituzioni e del diritto vigenti. L'accusa di eresia non po-teva non daré risultati efficienti per escludere dall'eredità il fratello importuno. Ma, sottovoce, agiva anche la parentela Trissino che non si privava di sostenere a modo suo Giulio, il canonico discreditato e screditato sia dal padre che da Ciro. 11 precario equilibrio esistente tra i due fratelli e i parenti dei vari rami viene distrutto negli anni 1575 e 1576: ¡a lógica di una conciliazione sembra ormai inattuabile. Ciro non si è privato di gestire i beni concessi dal suo padre, ma anche di aumentare la ricchezza fondiaría nella valle dell'Agno dall'anno 1550. Nel suo testamento del 1575 (ASVi, AN),4 Ciro Trissino rinvia alia memoria del suo padre ed esprime senz'altro la consa- 2 Olí anni indi ta ti ira parentesi segnalaao il periodo in cui sono stati in attivitfi i doítori collegiati delia famigiia Trissino. 5 Nel 1574, Quieta Trissino, vetlova de! giudice e cavaliere Giovanni. sospetta la morte del suo iiglio piii gtovanc che sarcbbe stato avveienato. La nobile vedova tema che i suoi nemici, i cui nomi non sono corounicali, cerchino di ereditarc dei suoi beni c, quindi, di rovinare il futuro del lignaggio del difunto giudice Giovanni (ASV. CRF. filza 528) 4 Nella quale busta si trova it testamento di Ciro Trissino contestato dalla comimita di Kovegliana (cc. 1 r-45r). !! testamento si trova anche in BCBVi. AT, b. 14. 290 ACTA HISTRIAE • ¡O - 2002 • 2 i.uc«rn FACCION: DISORDIW in una F amicha DEU. ARI5TOCRAZIA VtCÊNTINA: I TRIS,SINO .. 28Î-304 pevolezza che una spezzatura è ormai realizzata ed irreparabiie all'interno del colon-neílo dei "Migiioranza". Fa I'ele neo dei bení posseduti e ne indica gli eredi. E' ancora in aperto conflitto con suo fratello Oiulio che paíisce nelle prigioni del Sant'Uffízio di Venezia. Tutto pero è compiuto a vantaggio di Ciro, ricco, potente, detentóte di beni che desidera trasmettere ai suoi discendenti in modo preciso, premunendosi dei suo fratello, un presunto eretico. H. Della vendetta del sangue: le logiche dell'onore I testamenti stilati da alcuni membri dei "Migiioranza" svelano una strategia par-tieoíare che evidenzia le loro preoccupazioni per l'onore del lignaggio, la sorte della loro sttrpe e dei loro beni. Come pure altre Case deíi'aristocrazía vicentina, i Trissino cercano di proteggere il loro patrimonio con il vincolo del fedecomtnesso. Le forti tensiotii esistenti nei lignaggi dcU'ütustra Casa, ma anche in altre famiglie nobili antagoniste della città divise tra le potentí fazioni da Porto e Capra, fanno forse temere il peggio ai testatori, i quali inseriscono unaclausola difensiva (Povolo, 1997; La váida, 1998), per assicurarsi della perennità del loro patrimonio: qualora ci fosse un membro reso responsabile di un atto crimínale, egli sarebbe privato dell'crcdità. Cosí sí esprimono Galeazzo nel 1550 (ASVi, AT, b. 335, testamento di Galeazzo di Ga-leazzo, 28 agosto 1550), ¡1 giudice Gasparo nel 1569 (BCBVi, AT, b. 13), Iseppo nel febbraio del 1572 (BCBVi, AT, b. 1.4) e Ciro nel novembre L575 (BCBVi, AT, b. 14), I testatori svelano altresi alleanze all'interno del lignaggio e sembrano difendere una identità comune di fronte alie mínaccie costituite dalle sanguinoso faide che tor-mentano la città berica neglí ultimi decenni del '500, Ciro Trissino testimonia delle difficoltà incontrate nel 1565 (BCBVi, AT, b. 13) per l'oUenimento della dote della sua madre Bianca ambita da parenti, dal giudice Gasparo, fratello uterino, il quale si trova d'altronde in conflitto con il suo cugino e collega, il giudice Pietro Francesco, per la divisione dei beni del loro padre Alvise, redatta il 3 marzo 1516. Ciro si trova, nel 1568, in lite con Francesco per causa di crédita, cerca inoltre di porre una solu-zione ai diritti che la sua famiglia rívendica nella valle dell'Agno daí 1518 in poi (BCBVi, AT, b. 13). In setiembre 1571 come nel 1573 e nel 1574, Ciro è confrontato a Francesco e a Gíulio Cesare per dei bení síti, tra l'aitro, nel paese di Malo (BCBVi, AT, bb. 13-14). Gli aft'ari che irapegnano il figlío deH'umanista Giangiorgio sono senz'altro all'origtne di un divarío di natura economica e psicológica tra il suo ramo, molto ricco, e gli altri parenti "Migiioranza" che non accettano il potere e le pretese di Ciro. Tale ricchezza spiega forse che il sentímento dell'onore scheraito, le vie di un dialogo oramai iraposstbile e delle trattative per un affare di quaísiasi tipo, che mettono in risalto I'accaparrarsi da parte di Ciro di terre neile campagne del vicenti-no, con gli altri membri Trissino finiscono in una impasse relazionale che non puo non daré l'avvio alla faida e alla sua lógica dévastatrice. 291 ACTA HISTRIAE ■ 10 • 2001 • 2 Ucten FAGOION: DISOROiNI !N UNA FAMKÎUA DELL'AP.iSTOCKA/.l A VlOiNTOSA: ¡TMSSINO .... 285004 La vendetta si presenta come un fatto culúuale (Courtois, i984; Garapon, 1997; Muir. 1993; Povolo, 1992-93; 1997; 2000; Rouland, 1988; Scubla, 1993; Tricaud, 2001, Verdier, 1981; 1986). Non si puô scostarla dalle ístituzíoni o dalle rególe che formulano i suoi scopi, le sue norme, i suoi límili e il luogo sociale del suo esercizio. La faida è contenuta entro le isíituzioni che le danno tutEo il suo significato, la distin-zione tra una giustizia di tipo penale. interna all'unità sociale familiarc, autoritaria, e una giustizia calcolatncee agonística che presiede alie interazioni tra gruppi collocati sullo stesso piano di egualità, il quale è infatti il luogo de-Ha vendetta. Essa ¡iguarda individui determinati da un contenzioso e- da solidarieta limítate. II suo obbietíivo è circoscritto e si insensce ín uno schéma di riequilibrio dei debiti, nell'ambito di persone che appartengono ad una stessa cultura, i quaii possono mediatizzare le loro vendette sulla base della paritü. La ritualizzazione della faida è vigente neU'insieme del sistema vindicatorio e tende da un lato a raffrenare e canatizzare le pulsioni e le passioni vendjcativc che. animano i Trissino; dajl'altro, a legare i membri di questa Casa m un modello di reciprocità che dh l'avvio alia riconciliazione e alia pace. La composizíone e. la riconciliazione sono entrambe una ritualizzazione delle vendette inscrite nel sistema vendicatorio delle famiglie delle arisfocrazie di Terraferma. L'offeso è stato umiliato, privaio del suo onore, sfidato da un altro. Come ottcnere quíndi un risarcimento morale per chi stima esserne stato vittima? 11 prezzo della vendetta si attua con la morte del presunto colpevole, una giustizia privata resa dall'offeso per ottenere un qualunque risarcimento nell'ottica del prezzo dell'onore. Ma l'tntcr-vento del lo stato annienta i confronti violenti tra famiglie e le offese di tipo egaiífario retto dalla vendetta: le istituzioni danno una cauzione morale e legale all'intervento statale introduciendo un tipo di contralto (il componimento, la pace) che lega colui che ha offeso nel processo e che non puo svincolarsi da questo obbligo senza incorrere il rischio di sottomettersi di nuovo alia giustizia e di infrangere le leggi. Quando if potere centrale si sostituisce al potere delle famiglie, esso favorisée una procedura che inde-bolisce Tantico dirítto religioso delle famiglie. L'esito contrattuale deilo stato confntt-tuale è molto ambiguo: da un lato, la vendetta svanisce, sparisce, perde la sua fbrza; daifaltro, la vendetta, infatti sin dall'mizio, si nutre dell'idea di riparazione. NeU'ambito della faida. la famiglia offesa ha il compito di rispondere: questo impegno tocca al parente maschile, il più vicino alia vittima, ma puo anche coinvolgere l'insieme di una fratría, la quaie puô inoltre essere intesa come un sistema di parentela in senso molto esteso. In caso di confhtto è ovvio che la distinzione rimane importante in un affare in-trafamiliare o interfamiliare. Le rivalità, le gelosie e le ambizioni che animano ogni individuo e che colpiscono una Casa possono profundamente incidere non soltanto sul-l'avvenire della stirpe, ma anche sull'equilibrio famiiiare, sui rapporti di forzaedi potere, nonché sul prestigio, che impongono di fatto nuove strategie, forse più estese e complessedi quanto sembrino: le alleanze sono quindi intessute anche con altri rami collaterali alleati, con altreCase dell'aristocrazia cíttadina. 292 ACTA HlÜTRtAE ■ í<) ■ 2U02 • 1 Lucicn t'AOGlON: DISORPIN'I IN UN'A FAM1CUA DE1.I ARISTOCRACIA VICENT1NA: I TRISSINO .... 285-304 Poco dopo l'arresto di Giulio a Venezia. Ciro e ucciso nelia sua dimora di Cornado, nei 1576, da sei sícari mandati presumibilrnerite da Giulio Cesare, un párente alicato di Giulio (BCBVi, CG, cc, 4-8). Le tensioni sono arrivate cosí all'apice clell'in-tollerabile: rivaiita. odio e rancori nutrivano i due fratelli che rnuoiono ambcdue a qunsi un anno di distanza. La faida non trova piü un linguaggio logico e risolutore per entrambe le parti in disaccordo, ma prorompe in una sfrenata violenza di sangue e costringe la Repubblica veneta ad intervenire, spezzando i¡ sistema vindicatorio aa-dizionale gestjto esclusivamente dalle famiglie aristocratiche di Terraferma. Nono-stante ci fossero letfere di impunita per trovare i rei, i sospetti immediatamente si in-dirizzano verso Giulo Cesare Trissino, un párente di un ramo collateiale rivale, scontento del lignaggio "dal Vello d'Oro". a cui appartiene Ciro, e dei provvedimenti da lui presi nel suo testamento. Ma il figlio di questi, Marcantonio, tesíimone del-l'omicidio di suo padre, si rtsoive, i¡ giorno del venerdl santo del 1583, con la deci-sione di uccidere Giulio Cesare, mentre questo tisciva dal Duomo di Vicenza, e senza che nessuno, nelia folla, se ne accorgessc. II fatto clamoroso é súbito delegato alia corte pretoria di Padova: Marcantonio, pero, non sfugge; si presenta a Padova. viene conñnato a Bergamo per quattro anni, poi bandito tra il Mincio e il Piave (BCBVi, CG, cc. 4-8). Neli'apriie del 1583, una supplica di Ippolita e di Francesco Trissino. seítantenne, madre e zio di Giulio Cesare assassinato, é preséntala a Venezia (ASV, CRF, b. 337). Essi raccontano la vicenda: l'omicidio di Ciro, di cui non si conosce in realtá il colpevole, la pace conclusa tra le due parti, la sllducia dei fratelli Marcantonio e Pompeo neí confronti. di Giulio Cesare, i quali rkengono quest'ultimo responsa-bile della morte del loro padre Ciro. La supplica mette in risalto un'altitudine di si-mulaziotie, di falsa riconctliazione e fa quindi sorgere l'idea di un delitto doloso, da anni premeditato contro Giulio Cesare. Marcantonio sarebbe stato un strumento eo-modo alia morte di Giulio Cesare. II conflitto svihippatosi nelia Casa Trissino non trova piü rísposte adeguate, in modo tale da porre un termine alie violenti discordie. Le rególe della riparazione e della riconciiiazione non possono essere fissate dalla famiglia aristocratica, con le sue Sogiche che dilaniano e insanguinano l intera Casa: é necessario un intervento estemo, in grado di stabíüre un nuovo equilibrio frantumato da odi antichi e profondi. Da un conflitto privato, che coinvolgeva membri di una antica casata, si passa ad una lite e un processo pubblico, che vede ora l'intervento incisivo della Dominante: Venezia cerca di porre rimedio a questo dissidio micidiale e di intimare la pace ai due lignaggi, ma Francesco Trissino, il zio ("barba") di Giulio Cesare rifiuta osiinatamente la risoluzione pacifícatrice esterna alia lógica della Casa (BCBVi, CG, ec. 4-S). La discordia continua tra Marcantonio, lo quale stima aver ri-parato l'onore del suo defunto padre, essendosi poi sottoposto alia giustizia dello Stato, e alcuni membri di rami collaterali, pur appartenenti alio stesso colonnello "Miglioranza": Sartorio Trissino, i fratelli Ottavio e Antonio, Marcantonio figlio di Leonora, i quali sostengono Francesco che ambisce di certo all'ereditá dei "Vello ACTA IFISTRIAi; • 10 « 2002 • 2 Luden f AGGION: DISORIW-il W UNA 1AMICUA DELLARISTOCRAZtA V¡CUNTINA' ITRISSINO . .. 385-304 d'Oro". Malgrado la pace ufficialmente conclusa tramite l'intcrvento veneziano, sorgono puré aitri conflitti, i quali dimostrano tuttavía che la faida perde ¡a sua lógica ri-paratrice e si frantuma in una violenza che non sembra conoscere limiti: nel luglio 1587 ci sonó delle schermaglie, delle mtnaccie, in cittá e nella valle dell'Agno, dove i vari rami Trissino detengono mol ti beni. Questi incidenti necessitano di un rinnovato intervento di Venezia, essendo stato il caso delegato al Consiglio dei Dieci e dove al-cuni sono anche condannatt ad una pena peeunaria. al bando, alia galera. Una senten-za che, purtroppo, non é in grado di risolvere le passioni, gli antagonismi che anima-no i diversi lignaggi della Casa Trissino. 11 15 dicembre 1588, Ranuccio Trissino si reca nella casa di Pompeo Trissino, fratello di Marcantonio. l'uccisore di Giulio Cesare, trovandovi la moglie Isabella e il suo neonato. L'omicida segite un rítuale che novia al precendente assassinio perpétralo nel 1583. Ranuccio, sebbene considéralo in seguito come pazzo e quindi irresponsable, spara un colpo di archibugio, ferendo Isabella Bissari alie costole, e poi, con una stilettata sia la moglie ferita che il neonato, il quale muore sul colpo. Ranuccio sfugge, aiutato dal suo párenle Emilio, e aitri due sospettati membri della sua famiglia. Sartorio e il giudice collegiato Pietro Francesco, che sono poi assolli dalle autoritá, mentre Emilio viene riíenuto cómplice per l'aiuto dalogli nella fuga. I beni di Ranuccio sono confiscati e ceduti ai parenti di Isabella Bissari, mentre i due rimanenti fratelli del reo, Antonio e Ottavio, vedono mantenuta intatta la loro eredita: il calcolo dei fratelli e stato eseguito in modo tale da non comprometiere i beni dell'intero lignaggio, il cui capostipite era stato Cristoforo, Nella misura in cui un individuo, per eccesso di violenza, fa pesare una mínaccia al-l'intero gruppo familiare, questi puo svincolarsene ed escluderlo dalla loro comunitá. 11 principio della solidarietá vendicatoria conosce una doppia forza: significa da un lato che é proibito vendicarsi aH'ínterno del suo gruppo; dall'altro, i gruppi solidali della faida devono assumere reciprocamente il debito contralto che li collega al loro membro. II delitto di vendetta instaura, almeno teóricamente, un egualitarismo ira le pañi dell'offensore e dell'offcso; la solidarietá altiva dell'uno provoca in contraparte la solidarietá passiva dell'altro, qualora diventasse offensore. Appoggiandosi sulla parirá, la faida appare sia protezione che dissuasione. Con la faida emerge l'idea del debito, una somiglianza di fatto tra "debito delit-tuale" e "debito contrattuale" che sono molto forti e, forse, sconcertanti (Tricaud, 2001; Verdier, 1981; 1986). Alia nozione di diritto-esigere a danno del vendicatore non corrisponde, almeno airínizio, nessun diritto-dare per il colpevole. Purtroppo, a poco a poco, appare uno svistamenlo lento ma sensibile che porta a ravvicinare questi due concetti. U componimentó, volto alia risoluzione del confíitto, sia puré esso poco vivo, ha senz'altro giocato in questo cambiamento un molo di grande rilevanza. Con il componimento si allaccia l'idea di risarcimento: all'origine. la vendetta é il perse-guimento di una ríparazione, in cui viene eseguita una rigorosa contabilitá dei danni sofferti che puo lutfavia prendere proporzioni a volte ingenti e sffenate. II componi- 294 ACTA HlS'l'RlAK - 1« • 2ÍRI2 ■ 2 Uwe» FAGGiON; tXSORDIM IN l*'A FAMIGLIA OEIJ/ARISTOrRAZIA VJCENTINA: I TRISSINO - MS-S04 mente é diventafo uno strumento per somarre la vendetta dall'indeterminatezza dei-I atto nel tempo di compierlo transferendolo ín una cosa mísurata; permette ai protagonisti - aggressori ed aggrediti - di fissare dei vatori e degli scambi a cui devono normalmente sottomettersi gli altori del dramma che coinvolge i Trissino. Lo svilup-po di questo procedere si accompagna con l'affermarsi della giustizia a svantaggio della lógica familiare. Nell'ambko del processo, gestito dallo Stato. l'obbligo delit-tuale e quello contrattuale sono legati. Jl sistema di scambio, con o senza il retributo pecuniario, sostenuto e garantito dalla legge, é necessario per evitare le inceríezze della vendetta privata e lo sfacelamento deiíe Case nobiliari,5 II debito-offesa presenta la particolaritá di colpire negli individuí i loro rispeitivi lignaggi, oppure Case come si trovano indícate sia nel testamento di Ciro (BCBVi, AT, b, 14) che nelle suppliche di Pompeo (AS Vi, AT, b. 341). Non si tratta di una estensione di tipo rneccanico, ma di un coinvolgimento delle varíe unitá a cui appar-íengono i due protagonista Nel sistema vendicatorio, la laida risulia essere un fenómeno di gruppo, mette clirettamente in opposizione un ínsteme di individuí, legati al concetto di sangue e di onore, che manifestano la loro specifica unitá nel gioco del confronto, nella reiazione dell'offesa e della contro-offesa. II sistema vendicatorio delinea i! suo spazio di violenza, in cui ognuno puó definiré la sua identitá e la rispo-sta inevitabile da daré aH'affrotito súbito. Questo "capitalc-vita", insieme di persone e di beni, di forze e di valori, di credenze e di riti, crea una coesione del gruppo, il quale é caratterizzato da due valori fondamentuli: il sangue e l'onore (Verdier, 1981; Povolo, 1997), Attentare alia vita o atl'onorc significa intaccare il "capitaie-vita". di cui l'intera famiglia si fa portavoce e depositario, c per i! quale l'onore sta nel sangue. La famiglia aristocratica esprime questi ideali, fortemente radical; nella vita quotí-diana. 11 colonnello dei "Miglioranza" non e il solo a svelare un tale altc»gi:tmentó nei confronti del lignaggio e della Casa: quello dei "Panensacco" rivela conñkli molto tesi che distruggono l'artnonía tra i suoi membri. E' cosí che Lelio Trissino non si sente nel dovere di rispettare i vincolí del sangue scherniti dai suoi interessi economici e dalla purezza del lignaggio aristocrático cui appartiene: nel dicembre 15S1, Lelio fa uccidere, nel paese dt Trissino, ii suo fratello Leonida, quarantenne, forse il primogénito. L'omicidio melle in rilievo le rival i ta esistenti tra questi e Lelio per l'ereditá e l'integritá della Casa in mérito a matrimoni da concludere. Lelio non era favorevole aU'unkme che Leonida desiderava contraríe con Aquilina, la sua domestica, con cui a ve va giá avuto due ftgli naturali. Le difficoltá economiche e la gestione dei beni familiar! avevano giá opposto i due fratelli per la tutela dei ftgli de! terzo fratello, Giovanbattísta, deceduto prima del 1581, c si erano risolie pacifica- 5 Suppliche di Pompeo Trissino rivolte alie auterita veneziane ne! 1597 e nel 1598, chiederjdo l'inln-vento dcil'Avcgaria di Común per i danni e le minaecie fatte daí fratelli Antonio e Ottavio Trissino, dopo Fe$ecu7Íooe di Ranuceio in dicembre 1588 (ASVi. AT, t>. 340, i3 febbtaio, í> dicembie 1597; b. 341, 10 agosto 1598) 295 ACTA HI.STRIAi' « 10 • 2002 • 2 Lucien FACCION:mSORWNI IN UNA J-AMIO.LIA PEU.AR1STOCRAZ1A VICENTINA ITRISStNO ... 285-30-J mente, malgrado le preoccupazioni di Lclio per l'onore del la Casa e la purezza del sanguc che erano posti in aperta discussione da León ida (ASV. AC, MCP). La volonté di vanificare ogni difficollà relativa aU'ercdità incito Lclio ad evitare ogni rap-porto con la sua amante, non volendo più vivere "in tali vicio et pocato": è cosí che decíse. nel luglio del 1582, in presenza del notaio Antonio Michelin e di due testi. di separarsi di Anna Bísazza, che era stata la sua concubina ed aveva lavorato al suo servizio por dieci anni, e di lasciarli una dote (ASVi. AN. 8338, cc. 95v-96r.). Puó essere indicato che l'atto di componimento non prende sempre un scmpiice effetto sospensivo essendo sólitamente il debito del sangtte imprescrittibile e tra-smettendosi di generazione in generazione: è cosí con la Casa Trissino, divisa all'in-terno del colonnello "Migiioranza" per motivi di eredità e di onore. Le rególe del sistema vendica torio impongono una risposta che tutti aspettano e condividono, sia la parte dell'offensore che quella del''o fíese. Tanto l'onore quanto i beni del lignaggio sono protetti e, qualora venissero attacati o contestati, suscitan» dissapoxi e idee di vendetta: la lite per l'eredità di Giangiorgio mette in risalto i feroci antagonismi e spiega gli omicidi commessi tra il 1576 e il 1588. III. L'onore e la sanzione L'i nier vento di un potere esterno. dei rettori veneziani, delle magistrature della capitale, permettono di regolare le difftcoltà tra le famiglie in conflitto, imponendo altre norme físsate dal centro (Muir, 1993; Povolo, 1997; 2000). Le risoluziont intra-familiari sono vanificate e inserile in un'altra lógica: quella dello Stato veneto, pacifí-catore, gestore deH'ordine e dell'onore delle famiglie deil'aristocrazia di Terraferma nella seconda meta del '500. La sanzione pénale effettua uno svincolamento del gruppo nei confronti di colui che viene considérate colpevole e pericoloso, ¡solándolo dal cerchio familiare. Con il bando o la condanna a morte, si tratta di escludere {'elemento perturbatore, il quale ha rimesso in gioco l'equilibrio che il sistema vendi-catorio aveva pur cercato di imporre nella lógica di risoluzione privata dei lignaggi coinvolti. L'intervento dello Stato veneto non fa altro che distendere i vincoli di parentela, indebolire il légame creato dal reo. ncomporre gli equilibri di potere infranti dal crimine. La lógica della faida perde ora il suo signifícate originale e su di essa cade, il disonore e {'infamia, come succédé con 1'esecuzione a morte di Ranuccio Tris-sino nel 1588. ÎI delitto genera un debito di cui deve purgarsi il colpevole (Tricaud, 2001). 11 componimento è integrato in un processo nelle mani del potere sovrano. La giustizia riposa quindi su due concetti interdipendenti sviluppatisi sin dall'alta antichità. C'è stata prima la "Dikè", con ¡e sue procédure di arbitraggio; poi, la "Thémis", con la sua maestà. Di solito, la "Dikè", un confronto tra coniugi, è procédurale e calcolatri-ce, mentre la "Thémis" esprime un carattere speditivo e spaventoso. Prima separate, 296 ACTA H1STKIAE ■ 1« • 2Ü02 - 2 i.iKicn haccíon': nwofippsï í\' una famkmm deí.l akistorrazia vk entina: ! TKISSiNO .... 285-304 la "Dikè" e la "Thémis" si rítrovano legate, due raodi di concepire i rapporti sociali che si incrociano. diventando entrambi strettamente legati, uniti, unici. La "Thémis" misura i rapport), rende como dec fatli e delle risposte da daré, delle sentenze e del modo di irrogarle: essa si limita al responsabile del delitto, risparmiando i suoi, inventa oppurc almeno accetta J'idea di circonstance atténuant!. La casistica giuridica si impone, inserisce una gradazione delle pene, considera íe fattispecie e si mette in motto una lógica imposta dai giuristi, riconosciuta dal potere sovrano. In tal modo, ia famiglia viene respinta a vantaggio dello Stato. II crimínale è assimilato al delinque rite privato, quale debitore di una riparazione che deve esegujre per essere esone-rato da ogni critica, da ogni nota di biasimo morale e sociale. Si cerca di preservare il coípevole dalí'insicurezza iilimitata cosntuita dalle minaccíe di un'altra vendetta, fis-sando i modi per essere reintégrate nella società, le cui rególe sono state spezzate dalla lógica della famiglia e dei suoi riíi. Esiste un doppio sistema di norme giuridiche: la giustizia intrafamiliare ("Thémis") e la giustizia interfamiliare ("Dikè"). Seconde il filosofo François Tricaud (Tri-caud, 2001, ma anche Garapon, 1997), il criterio obbiettivo del sentimento soggertivo della parentela è di delineare se tale procedura - la vendetta del sangue - funziona nel caso di un alto violento quale l'uccisione. Le intrazioni aíla "Thémis" sono il sacrilegio, patrimonio mvisibiíe del gruppo e della sua coesione, ma anche pure il tra-di.mentó, l'omicidio di un parente, la trasgressione di tipo sessuale. Lo spazio della famiglia rimane il luogo privílegiato del tenore etico, ii centro del suo sistema rela-zionale e risolutorio: l'espulsione di un membro dal cerchio della famiglia è quindi vissuto come un esilio e una condanna dai suoi. L'aggressione mobilita Vinsieme del gruppo parentale, non puô scostarsi da una sua rcazione che indica le soglie varcate e inflante dal reo. Í1 sangue chiama vendetta, un atto di riparazione, in grado di ristabilire una giustizia e un equilibrio aH'inlerno della Casa aristocratie a, una giustizia che viene poi assunta dallo Stato veneto. La vendetta fa parte della "Dikè". ma i ienori sacri ríguardano la "Thémis", la quale tratta del problema intrafamiliare quando la lógica della vendetta e delt'owia riparazione vengono richieste dalle due parti in con-flitto. L'offeso sí ritrova nell'obbligo di rispondere, mentre il coípevole non incorre in un tale compito "morale". L'istiiuto della vendetta regó lata dalla famiglia coinvolta riguarda il mondo terreno e non è al riposo della vittiraa nell'aldilà; sembra poter mantenere una forma di equilibrio numérico tra i vari gruppi coinvolti. Quando la vendetta figura come una specie di istituzíone. f'offesa crea un importante obbligo, a carico dell'offeso, il quale incorre un discrédit» illimitato, una sorte di morte etica, qualora non si vend i casse. L'offensore, dal canto suo, ha commesso un atto eticamente neutro, ossia onorevole nella lógica della dignítñ, anche se puô pregiudicare la tranquillité del lignaggio aristocrático. E* infatti l'offeso che esprime il bisogno di una riparazione. Dopo la sfida, che puo essere violenta, sollamo un segno di potenza e di forza puô restaurare il prestigio dell'offeso. E' possibüe ipotízzare una nozione rcli- 297 ACTA H1STRIAE* 10 • 2002 • 2 lbcmd faccion; disoroin1 in una famicua deix aristocrazia vicenhna: itossino - .. 1*5-304 giosa e biologica nella lógica della vendetta condivísa dalle famiglie in lotta: la vendetta sconvolge i¡ gruppo familiare, la ooesione di tipo quasi místico del clan - ii-gnaggio único oppure insieme di rami all'interno di una stessa Casa come avviene nei Trissino. Solo una sua risposta, sia essa molto violenta (uccisione del presunto ag-gressore o rivale) o pacifica, puó ristabilire una qualunque integritá rimessa in di-scussionc dal crimínale. L'onore ("time") deve essere riparato nella sua integritá. So-lidarietá familiare, onore, essenza mística del clan restaño al centro di una dinamica che implica piii gruppi famihari o rami collaterali all'interno di una Casa. Anche quando sembra meno intenso riappare sempre, inesorabilmente, il valore religioso. La vendetta non puó infine essere paragonata ad un castigo, perché essa non é una darinazione, ma bensi l'esazione di una riparazione in favore dell'offeso e viene quin-di riavvicinata dal risarcimento di un debito. La vendetta é un fatto cultúrale, una vera istituzione con le sue rególe, i suoi valori e i suoi riti. L'omicidio di un párente i l'inizio assoluto e sacro di un debito che da l'avvio ad un altro omicidio commesso dalla parte opposta (Marcantonio per il suo defunto padre. Ciro. Ranuccio per il suo párente tiiulio Cesare). Ogni riparazione assume un suo particolare signific&to, non perde del tutto la sua lógica, il suo iinguaggio, i quali esprimono uno scambio di of-fese rigorosamente incorpórate ncl sistema vendicatorio aU'intemo delle societá di Terraferma nel '500. Lo scopo degli innumerosi sconiri violenti e di affermare, difen-dere e di aumentare l'onore deil'individuo offeso e del suo lignaggio itonché della loro "timé", nonostante. il risultato degli affronti fosse lo síesso per ambedue le parti. La "Thémis", eslranea al mondo deíla computazione e della contabilitá, si contraddi-stingue dalla "Diké", espressione della vendetta, la quale spunta risolutamente verso il risarcimento necessario del debito. I rapporti che i vari rami delia parentela intra-tengono ira loro e glí ahri gruppi sono dominati dal concedo di misura. 1 membri che vivono nello stesso spazio familiare sono, per ipotesi, quasi uguaii in forza, nonostante l'esistenza di lignaggi a v versar i riuniti in clan. II sistema vendicatorio sí basa sulla considerazione di questo presunto e, semmai, variabile equilibrio: il fine deila vendetta é di ristabilire l'uguaglianza compromessa dall'offesa. Lo scambio di beni esprime una certa paritá ira L vari lignaggi in dissenso. L'equilibrio si é trasformato in un equilibrio di diritto, stabile, sicuro, esterno, a discapito desequilibrio di fatto dato dalle famiglie che gestiscono i! loro onore e il potere all'interno del mondo cittadino. La relazione giuridica implica ia ¡-¡cerca di un'armonia tra le paríi, la quale puó essere imperletta e la relazione giuridica non molto egualitaria. Eppure la giustizia ha la pretesa di mettere in aecordo non solo i comportamenti, ma anche i pensieri e i di-scorsi delle pañi, cercando forse in modo non sempre convincente il riconoscimentó di una uguaglianza e di una dignita tra le persone coinvolte: cosí puó forse essere spíegata l'attkudine di Marcantonio che, dopo aver compiuto nel 1583 il suo dovere riparatore e rispettato la lógica della vendetta (uccidere il presunto omicida de! sao padre), sfugge e poi si sottomette alia giustizia delia Repubblica. Nel suo stato origi- 298 ACTA MISTKIAE • JO • 2002 • 2 luden r ac.içion* disordin1 in una famigija petl'aristocrazla wktntina. i trissino . - jm-.w nale, la "Dikè" c il sistema che funziona nel momento in cui la potenza pubbJica si limita act txütuzionalizzare ed arbitrare l'esercizio deila vendetta privata: ií reo o i suoi rischiano di perderé den aro, ma anche la vita, pur non ¡nconendo la peí dita del-l'onore. Quando i! disonore segue la sentenza, è il sistema del castigo, della maledi-zione, della "Thémis" che regge, gioca fortemente, agendo sugli individu), sul concetto dell'otvore e dell'infamia che tocca la Casa. U sistema vendicatorio è regolatore, appare come un contrallo sociale con le sue rególe e i suoi riti. Nessuno si verídica con dismisura e semplice passione violenta. La faida non si compie ovunque.; è solo quando il sistema si sregola che la vendetta diventa violenta e irrazionale, coinvol-gendo un'intera casata, la quale non trova aln a soluzione che il richiamo all'autorità centrale, Venezia. Quando una società è sottoniessa a due istituzioni contraddittoric nel sistema vendicatorio, con un sistema penaíe imposto dal polere sovrano, le ven-dette perdono i loro appoggi e i loro modi di regolazioni istituzionali ne.l momento in cui l'azione della Repubblica veneta si presenta come un supplemento di vendetta per gli individui coinvolti in tali alli. Di fatto. il sistema vendicatorio puô generare altre azioni di vendetta in catena nel momento in cui esso perde il suo modo particolare di regolazione e il suo sistema di giustizia riavvicinandosi ad una specie di competí zio-ne sfrenata e spietata per l'onore. La vendetta si sregola a danno delle famiglie del le aristocrazie di Terraferma e al pregievoíe vantaggio dello Stato che scaturisce nuove rególe e nuove logíche di risoluzioni. Quali possono essere i legami tra la faida e il sacrificio (Scubla, 1993; Verdier, 1981; 1986)? Ií mondo della vendetta socializzaía e ritualizzata possiede anche una dimensione religiosa che pare trasparire, almeno nel caso della famiglia Trissino, nella seconda metà del '500: la faida fnnziona sólitamente sul principio della recipro-cità, della solidartetà e della distanza sociale per cui si cerca di vendicare la vittima contro il gruppo opposto. II confronto delle potenze invisibili e dell'uomo nella vendetta svela una relazione crea ta attorno ad una vittima tra due gruppi rivali. Da un lato, i parenti; dall'altro, l'aggressore. Non si tratta più di vendicarsi, ma di vendicare una vittima. di cui si cerca, da un lato, di esigere un debito e dall'aitro di liberarsene. La vendetta inizia con l'offesa, continua con la contro-offesa e finisce con la riconci-liazione: tre tempi segnati da una rottura, poi una ritorsione, inftne una riparazione. C'è una dipendenza tra il sistema vendicatorio e il sistema del sacrificio: il primo vede l'instaurarsi della regolazione della víolenza, mentre il secondo instaura una stabi-Iità e una relazione gerarchica moîto sottile. La regolazione à deliberata nel sistema vendicatorio, in cui ogni gruppo antagonista si sforza di preservare il suo "capitale-vita" tramite una gestione razionale e una severa contabiliíá degli scambi nelle ucci-sioni. Con il sistema del sacrificio, la regolazione è spontanea, non retta da una qua-lunque strategia razionale. 11 sistema vendicatorio è concepilo e geslito da un'idea di equilibrio, di stabilità, sempre nell'mtento di effettuare uno scambio di bení e di malí, di reciprocità negativa e positiva. La lógica della faida e quella del sacrificio sonó 299 ACTA HÏSnUAE • 1» • 2002 • 2 Luden FAGC30N'- DtSORDINI IN UN \ FAMIOUA Di-LLARISTOCKAZIA VICENTINA- ITRISSINO .. . ÎKJ-304 interdiperidenti: la vendetta crea una regolazione dei conflitti ira gruppi rivali e il sacrificio cerca una risoiuzione dclle discordie interne ad ogni gruppo. Infatti il sistema vendicalorio è subordínate al sistema del sacrificio: l'assassinio di Ciro Trissino, la resa di Marcantonio alie autorità veneziane, l'uccisione d'Isabella Bissari c del suo neonato, nonché di Giulio Cesare mentre usciva daí Duomo di Vicenza, sembrano in-serirsi in un rituale del sacrificio, rivolto al sacro, a Dio. atto semmai particolare, ma ricco di suggestion!, forse discreto e temperato nel suo significato rispetto al sistema vendicatorio classico. Ciro viene ucriso da "sei incogniti" vestiti da "drappi di tela negra simili a quei della scolla di San Fantino" (ASV, CD, filza 1S, 15 febbraio 1576), Giulio Cesare è assassinato il giorno del venerdi santo, dopo la messa celc-brata nel Duomo. II rito deU'omicidio è poi ripreso da Ranuccio, nel 1588, quando ammazza lsabella Bissari e il suo neonato, rispettando un códice violento ma preciso, ímbevuto di rinvií sacri. specie di sacrificio che dovrebbe appagare le tensioni alf'in-lerno della Casa Trissino: catturato, ha subito confessato di aver commesso il reato, tenendo un discorso non privo di religiosité (BCBVi, CG, cc. 4-8). Tali crimini, ori-ginati da un'ambita eredità, il prestigio e l'onore del lignaggio. hanno probabilmente lo scopo di delimitare il campo di attività e di reciprocità, ricreando nel sacrificio un tipo di confronto e di dialogo Ira due gruppi a v versar i. Important! sembrano !a scelta di colui che sacrifica, sapendo l'intervento imminente e laico dello Stato veneto, il luogo e il gesto con cui viene eseguito il sacrificio. L'uso di bravi, nel 1576, a Corne-do, pratica del resto pure moko diffusa in tutta la Terraferma véneta, dovrebbe inoltre dirottare la vendetta e impedire lógicamente i rapport! di reciprocità, cioè la falda. La vendetta dovrebbe costituire quindi la line di un conflitto gestito dai lignaggi aristo-cratici. Ma le tensioni sono purtroppo accese a tal punto da rendere impossibile un esito pacifico. Ciro ucciso, il suo figlio Pompeo, dedito sin dall'inizio alla carriera ec-clesiastica a Roma, iascia la corte dei sovrani pontefici per ritornare alla gestione dei beni paterni e incaricare suo fratello Marcantonio del compito della faida: non a caso, i due fratelli decidono di fare linventario dei loro beni nell'aprile del 1582 (BCBVi, AT, b. 15), evitando cosí una confisca - vera infamia - che tutte ie famigüe dell'ari-stocrazta temevano in quei anni tormentati e violents. La nobiltà non fa altro infatti che richiedere una risposta sempre piii violenta ed incontrollabile, salvo dalia Repub-blica che trova lo spunto per daré una nuova lógica riparatrice volta a concludere le liti delle classi dirigenti di Terraferma nel '500. Conclusione Una rete familiare molto estesa si contrappoue ai due fratelli Giulio e Ciro, e, in uu certo senso, dà un effetto di regolazione nei dissensi insorti anni fa in questo lignaggio dell'antica aristocrazia vicentina. Dopo le liti che scorrono tra gli anni 1540 e 1580, lo scontro non trova un altro possibile esito che nella faida, la quale virtual- 300 ACTA HISTRIAK • 10 • 2002 • 2 Lucien FACCION: DJSORDINf IN UNA FAM1CLIA OEIX'ARISTOCP AZI A VlCliNTlNA; 1Î1USSINO .... M5-MM mente deve ristabilire i rapporti aii'interno detla Casa Trissino, ma genera una violenza ¡nsanabüeed ora sollo il fermo contrallo deila Dominante, la quale puô meglio gestire i rapporti di poteri con le "élites" del Dominio. I micidiali atti commessi in questa famiglia traducono le tensioni in cui essa si trova coinvolta nel '500, le sue profonde contraddizioni aumentate ed inasprite dalla grave crisi sociale, politica ed economica che caratterizza il mondo della Terraferma veneta in quei decenni. Queste risposte violente ad una crisi familiare indeboliscono inesorabilmente il potere della Casa nobile, la quale viene sottomessa al contrallo della Dominante, tramite il temuto inlervento del Consiglio dei Dieci, le confísche, i irattati di pace. Tali faidc non sono purtroppo dei falti isolati, prendono una rilevanza particolare se vengono considerati dal punto di vista giuvidico, istituzionale e sociale. La rjsposta data dal centro «vela i rapporti oramai defmitivi fissati tra il Dominio, le sue famiglie, e il potere della Dominante che gestisce l'onore delle famiglie delie aristocrazie di Terraferma. La capacita di vendicarsi è inseriia nelle istituzioni ciítadine, nel Consolato e nel Collegio dei Giudici di Vicenza, che gestiscono l'onore delle Case dell'aristocrazia, in un modo giuri di cántente legittimato, ritualizzato e civilizzato. I riti di sacrificio unifica no gli istituti e permettono di daré un signifícalo particolare, forse singolare, ma decisivo e determinante, all'atto violento già regolato dalle famiglie in disaccordo. La faida che coinvolge in modo sconvolgente i Trissino nella seconda meta del '500 è l'espressione di una rigorosa lógica della riparazione, dell'onore della Casa, della pu-rezza del sangue e del lignaggio. I vincoli della sttrpe esigono una risposta, la quale viene assunta e controllata poi dallo Stato veneto. La ritualizzazione della violenza contribuisce quindi, a modo suo, alla "civilisation des moeurs", al disciplinamento dell'individuo che si sottomette alie logiche delie leggi dettate dallo Stato. I riti délia faida danno una soiuzione. forse sorprendente, al modo in cui l'individuo deve cercare di comenere la violenza. NEMIRI V PLEMIŠKI DRUŽINI IZ V1CENZE: DRUŽINA TRISSINO V DRUGI POLOVICI. 16. STOLETJA Lucien FAGGION Université de Provence < Aix Marseille 1), FR-I362I Aix-en-Provence Cedex 1, 29. avenue Robert Schuman e-mail: len.faggion ® wanadoo.fr POVZETEK V 16. stoletju so se plemiške, družine iz Terrqferme soočile z globoko družbeno, politično iti gospodarsko krizo, ki so jo ressaie s h-vnirn maščevanjem. Plemiško družino Trissino iz Vicenze, razdeljeno na več ločenih vej, med temi "Panensacco" in 301 ACTA HÍSTKIAK - 10 - 2002 • 2 [,m i.n [■ v i 'iiüN! I'USORWNI IN t!NA FAMKjí.EA ;M;U.'A!USTOCRAZlA \'ICTJsfTIK-\: ¡TRI.SMNO . . 285004 "Miglioranza", so pretresli hudi spori, v katere so biti vpleteni njeni člani v bitki za dediščino in ki so v drugi polovici 16. stok prizadeli vso rodbino. Spori so se začeli v času slovitega vicentinskega humanista Giangiorgia, ki se je dvakrat poročil: prvič leta 1494 z Giovanno d i Francesco Trissino in drugič leta 1523 z Blanco d i Nicoló Trissino. Obe sta pripadali družini "Miglioranza", ki se je potegovala za rodbinsko dediščino, poimenovano po "zlati grivi", kolere začetnik je bil literal in humanist Giangiorgio. Ker je Gicmgiorgio odločno zavrnil možnost, da bi družinsko premoženje predal prvorojencu Giuliit, so se spori zaostrili in vnesli v družino zamero in željo po maščevanju nad dntgorojenim Čirom. Tega je leta 1576 v vasi Cornedo na severu vicentinske province umor Ho šest plačanih morilcev, medtem ko je Giulio umrl leta 1577 v zaporih svete inkvizicije. Umor je domnevno naročil sorodnik Giulio Cesare, ki pa je bil prav tako umorjen: v Vicenzi gaje 1583 umoril sin pokojnega Cira Morccmionio. V sistemu maščevanja so prišli do izraza občutki časti, či-stokrvnosU in poravnave. Žal pa se spori niso zgladili in sorodstvo tako prve žene Giovanne kot druge Btanee je bilo odločeno, da se maščuje. Z njihovo pomočjo je. Rannccb leta 1588 napadel Isabello BissarL Pompejevo soprogo, in njunega komaj rojenega otroka ter j it vbil. Krvno maščevanje se je tako stopnjevalo v nasilje, ki ni poznalo meja, Šele ko je v dogajanje posegla Beneška republika s svojimi sodišči, advokati, m s Svetom deseterice so spore zgladil, nenadzorovano nasilje, ki ga je v preteklosti vodilo plemstvo iz Terraferme, pa zatrli. Ključne besede: zavezništva, plemstvo, spori, kriza, Beneška republika, Vicenza, 16. stoletje FONTI E BIBLIOGRAFIA ASV. ÁD - Archivio di Slato di Venezia (ASV), Avogaria di Coniun (AC), Miscet- lanea civile e penale (MPC), F. 71.3, P. 85.7. ASV, CD -ASV, ConsigUo dei Dieci (CD), Cnroinali, filza 18, 15 febbraio 1576. ASV, CR.F-ASV. Collegio, Risposte di fuori (CRF), filze 328, 337. ASV, SU - ASV, SamUffizio (SU), bb. 19, 32. A S Vi, AN - Archivio di Stato di Vicenza (ASVi), Archivio Notan ie (AN), notaio Cario Chiappino, b. 7508 (1577-1580). ASVi. A T - ASVi, Archivio Trissino (AT), bb. 330, 335-341. BCBVi - Biblioteca Cívica Bertoliana Vjcenza (BCBVi), mss. 446, 447, 448, 279i, E 125. 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