ORGANO DELL’UNIONE SOCIALISTA DEI, LAVORATORI ANNO Vili. - NO. 448 Redazione e Amminist, CAPODISTRIA Via Santorio 26 - tei. 128 LE TRIONFALI ACCOGLIENZE AL PRESIDENTE DELLA RFPJ IN FRANCIA ì F8AHCESI HANNO CMO IH HOSTM POLITO,. afferma il marescialli Tilo alla Iella di Belgrado Caleidoscopio elettorale triestino IL «FATTO ECONOMICO» centro di propaganda e polemiche Reduce dalla visita ufficiale alla Francia amica, il presidente Tito è giunto nel tardo pomeriggio, verso le 18,45 di domenica a Belgrado. Erano ad attenderlo alla stazione il presidente dell’Assemblea Popolare Federale Moša Pijade, i vice-presidenti del consiglio esecutivo federale Edvard Kardelj e Rodoljub Colaković insieme con i membri del consiglio, il segretario di stato alla difesa Ivan Gošnjak, e numerosi alti funzionari e rappresentanti delle organizzazioni politiche. I Belgradesi hanno approntato al presidente Tito una entusiastica accoglienza. Dopo aver ricevuto il saluto del presidente del comitato popolare distrettuale di Belgrado Miloš Minic, il maresciallo Tito ha illustrato alla folla che si era raccolta in piazza Fratellanza e Unità gli obiettivi ed i risultati del suo viaggio in Francia. L’obiettivo che ci ha condotto nella Francia amica —ha detto il presidente — vi è noto. Esso è in armonia con la nostra generale politica estera, politica di collaborazione fra i popoli e fra gli stati su piano di eguaglianza, politica di collaborazione pacifica, di consolidamento della pace. Questo obiettivo può essere così riassunto: fare tutto quello che consente di impedire una nuova catastrofe mondiale. Desidero rilevare che in Francia in queste nostre aspirazioni abbiamo trovato grande comprensione. Nei colloqui che abbiamo avuto con i rappresentati della Francia siamo stati franchi, come franchi sono stati essi nei nostri confronti. Abbiamo esposto i nostri atteggiamenti, i nostri punti di vista; essi hanno esposto le loro opinioni a noi, e siamo giunti alla convinzione che questi atteggiamenti e questi punti di vista concordano nei problemi essenziali. Si è parlato delle questioni più importanti. Per noi era molto importante conoscere il loro atteggiamento sia sul problema del disarmo, sia sul problema degli aiuti ai paesi sottosviluppati, sul problema dei rapporti con i paesi orientali e su alcuni altri problemi. I Francesi hanno pienamente compreso la nostra politica, politica di rapporti amichevoli, politica di miglioramento delle relazioni con l’Unione Sovietica e gli altri paesi dell’Europa Orientale. Abbiamo trovato comprensione poiché essi si sono convinti che la nostra aspirazione è sincera e che il miglioramento di questi rapporti, 10 stabilimento di relazioni amichevoli tra il nostro paese e quei paesi rappresenta un grande contributo al consolidamento della pace nel mondo e allo stabilirsi di una collaborazione internazionale. È stato facile disperdere, se ancora in qualcuno esistevano, i dubbi sulla nostra politica estera. Perchè la gente in Francia ci comprende. D’altro canto è stato con grande piacere che abbiamo constatato come in alcuni importanti problemi 11 nostro atteggiamento concorda pienamente con quello degli uomini di stato francesi, particolarmente nel problema degli aiuti ai paesi arretrati. Concordanza vi è inoltre in merito alla necessità di compiere ogni sforzo perchè si raggiunga un determinato progresso nel problema del disarmo. Naturalmente non era il caso di entrare nei dettagli e di parlare di che cosa sia necessario fare prima, se il disarmo e poi la soluzione dei problemi internazionali e viceversa. Noi riteniamo che discussioni del genere e una simile impostazione non contribuiscano ad accelerare la soluzione di questo problema, ma che sia necessario procedere alla soluzione di ciò che è possibile risolvere prima. Indipendentemente dalla questione che può essere trattata per prima. Il presidente della repubblica ha quindi parlato delle accoglienze riservategli in Francia. Queste accoglianze, le simpatie manifestateci — ha deto — hanno pienamente dissolto ogni dubbio sull’esistenza tra il popolo francese e i nostri popoli di quei saldi legami che li univano nel passato, saldi legami di reciproca comprensione e di amicizia. Abbiamo avuto l’impressione che i francesi avessero avuto sempre il vivo desiderio di dirci nel modo più immediato che essi nutrono anche oggi nei nostri confronti quei sentimenti che nutrivano nel passato. E ancor di più. Che essi oggi conoscono il nostro popolo, la sua coerenza nella difesa della pace, e’ ancora, che essi desiderano consolidare ulteriormente la collaborazione con noi. Abbiamo rinnovato molti ricordi con i vari rappresentanti della società francese, e ci siamo convinti che essi desiderano sinceramente che si giunga alla realizzazione di una quanto più stretta collaborazione in tutti i campi in cui essa è possibile: e in quello culturale, e in quello politico e in quello economico. Forse qualcuno potrebbe pensare che noi siamo andati in Francia per indurre questo paese a rinunciare all’adempimento dei suoi impegni in alcuni problemi. Nò. Gli uomini di stato francesi si sono convinti che non avevamo affatto questa intenzione, ma che avevamo invece il desiderio di dire apertamente che noi conosciamo i loro impegni, che sappiamo che cosa essi possano e che cosa essi non possano fare, anche in quei problemi in merito ai quali abbiamo un atteggiamento comune e operiamo in comune sul piano internazionale. Siamo rientrati nei nostro paese accompagnati dai saluti e dalle grandi simpatie del popolo francese. Debbo altrettanto dire da questo posto — ha rilevato il presidente Tito — che anche durante il nostro viaggio attraverso la vicina Italia abbiamo incontrato simpatie, accoglienze molto cordiali e calorose e grande attenzione nei nostri confronti. Altrettanto al ritorno attraverso la Svizzera. Il popolo svizzero ha espresso le sue simpatie verso di noi tanto a Ginevra quanto nelle altre località attraversate. In altre parole, i popoli di questi paesi ben conoscono la nostra strada, il nostro cammino di pace. E per questo il prestigio del nostro paese va sempre più aumentando e noi in questi popoli abbiamo dei grandi amici. A Trieste si è intensificata l’attività preparatoria per le elezioni amministrative del 27 maggio. La commissione elettorale ha nominato i 1.660 scrutinatori che effettueranno lo spoglio delle schede presso le 332 sedi elettorali del Comune. Sono scesi nell’agone elettorale 12 partiti e raggruppamenti politici con 619 candidati. Tra questi, i 206 mila elettori dovranno eleggere 60 consiglieri comunali. La campagna elettorale attraverso la propaganda scritta ed orale si configura per l’osservatore obiettivo con sintomatiche quanto eloquenti caratteristiche: quelle del «fatto economico», centro dei programmi della propaganda e della polemica di tutti i partecipanti. I concorrenti dell’agone elettorale infatti, seppure in forme e misure non eguali, danno atto dell’esistenza di una economica generale e, nel quadro di questa, denunciano la mancanza di navi e di traffici e di adeguate operazioni portuali; l’insufficenza di attrezzature moderne nel porto, l’insufficenza della edilizia popolare; il fatto grave delle importanti categorie dei marittimi e dei portuali declassate CONCORDANZA DI VEDUTE ED INTENTI pei la soluzione dei problemi intemazionali L’avvenimento più importante della scorsa settimana non solo nel campo politico nazionale, ma anche in quello internazionale è stata la visita del Presidente della Repubblica Tito alla Francia. Essa ha la sua importanza, sia per quanto riguarda il consolidamento dei tradizionali rapporti di amicizia tra la Francia e la Jugoslavia, che nel campo più vasto della collaborazione internazionale. Due fattori mettono in particolare risalto l’importanza internazionale della visita di Tito alla Francia e dei colloqui di Parigi: il fatto che Guy Mollet e il nostro Presidente abbiano avuto i loro contatti alla vigilia della partenza del primo per Mosca e che tale visita sarà entro un mese seguita da quella del compagno Tito. E’ fuor di dubbio che in questa duplice visita sia Guy Mollet che Tito avranno non po-che probabilità di allargare i CO' muni punti di visita, facendoli accettare anche ai governativi sovietici. Naturalmente ciò non avrebbe efficacia se i colloqui di Parigi non si fossero conclusi con una valutazione unitaria della situazione internazionale. Questa unità di vedute fa si che il viaggio del nostro Presidente della Repubblica si sia concluso con un successo che potremmo benissimo definire inatteso. Il comunicato diramato alla fine dei colloqui è la più viva testimonianza di quanto andiamo affermando ed ha un valore di capitale importanza, sopratutto perchè le impostazioni in esso contenute sono suscettibili di grandiosi e fecondi sviluppi nel quadro del consolidamento dei rapporti internazionali. In esso si constata come sia viva tuttora la vecchia tradizione di alleanza tra il popolo francese ed i popoli della Jugoslavia, provata dalla comune lotta durante le due guerre mondiali e dall’uguale fedeltà alla causa dell’indipendenza nazionale e della pace. E poi continua: «Le conversazioni hanno fornito l’occasione di procedere ad un dettagliato scambio di vedute sugli attuali problemi della politica internazionale e sui rapporti franco-jugoslavi. I due capi di governo hanno constatato l’utility, di tali conversazioni, dalle quali è apparsa una larga identità di vedute ed hanno deciso di proseguire anche in futuro tali contatti. «Soddisfatti di poter constatare il miglioramento subentrato nella situazione internazionale negli ultimi anni, i due governi desiderano sottolineare ancora una volta la loro comune intenzione di inte-sificare ulteriormente gli sforzi per la salvaguardia di una pace duratura e per il progresso della collaborazione tra i popoli. Essi intendono attenersi ai ^principi della Carta delle Nazioni Unite, la cui reale attuazione deve facilitare la soluzione di tutte le contraversie per via pacifica e garantire l’indir pendenza e la sicurezza dei vari stati. La loro azione sarà diretta a consolidare l’organizzazione delle Nazioni Unite, facilitandone il pieno svolgimento del ruolo universale, conferitole dalla Carta costituzionale. «Confermando la loro convinzione che è possibile consolidare una pace duratura unicamente qualora i rapporti tra i paesi, a prescindere dal loro sistema politico e so- ciale, siano basati sui rispetto della parità di diritti, sulla sovranità e sull’integrità territoriale, come anche sulla rinuncia a qualsiasi ingerenza negli affari interni. «Auspicando la fine della corsa agli armamenti, i due governi continueranno ad adoperarsi per il raggiungimento di un accordo sul problema fondamentale della limitazione e del controllo degli armamenti. Hanno constato inoltre piena concordanza sùlla necessità di trovare una formula di disarmo graduale e rilevato la particolare importanza del dìsamio nucleare. Risultati in tal senso concretizzerebbero la distensione internazionale e, tra l’altro, con una riduzione delle spese militari, faciliterebbero un aumento delle possibilità di fornire aiuti ai paesi arretrati. «Gli aiuti internazionali alle aree depresse rappresentano un compito fondamentale per la cui soluzione, nell’ambito delle Nazioni Unite, i vari paesi dovrebbero adoperarsi per aiutare tali aree a progredire in campo sociale e sviluppare cosi una vasta collaborazione internazionale sulla base di interessi interdipendenti. A tale proposito il governo jugoslavo ha accolto con favore il piano francese per la creazione di un’agenzia dell’ONU per lo sviluppo economico del mondo.» «Nel corso di un sincero scambio di vedute sui problemi del Nord Africa, il primo Ministro Guy Mollet ha esposto la particolare situazione algerina e la politica del governo francese in quel settore. H Presidente Tito ha assicurato che il governo jugoslavo appoggerà tutti gli sforzi volti a raggiungere una soluzione liberale del problema algerino. «I due governi ritengono necessaria la creazione dì un’atmosfera di fiducia tramite contatti persona- li,. con una più rapida soluzione dei problemi che dividono l’Europa e con la collaborazione economica tra i popoli europei. «Pur rispettando ognuno i propri impegni ed alleanze derivanti dalla Carta dell’ONU, i due governi hanno infine deciso di consolidare i legami tradizionali che uniscono i due paesi, collaborando più intensamente in campo politico, economico e culturale. Particolare concordanza è stata rilevata in merito all’esame delle modalità della collaborazione tra Jugoslavia e Francia campo dell’impiego pacifico dell’energia atomica». e sparpagliate, quello della mancanza dell’occupazione di migliaia di lavoratori per le leve giovanili, eec. Pressoché tutti manifestano la loro insoddisfazione per le mancate provvidenze a Trieste e l’insufficenza dell’azione degli organismi 'locali cui l’uomo della strada ascrive le grandi difficoltà e il legittimo allarme per le prospettive future. Ed ecco allora, da molte parti, rivendicare provvedimenti adeguati e radicali, oltre che tempestivi. Ne consegue che Democrazia cristiana, liberali, repubblicani, social-democratici, gli stessi monar-co-fascìsti e il movimento economico nazionale gareggiano con i partiti di sinistra e di opposizione nel rivendicare la flotta mercantile triestina, le linee di traffici internazionali, l’attrezzamento moderno del porto, una politica sociale che elimini la disoccupazione, una fiscalità democratica e, salvo qualcheduno di questi partiti, tutti rivendicano la zona franca, più o meno integrale. Il fatto, o determinismo, economico condiziona oggi pressoché tutta l’impostazione elettorale di tutti i partiti e movimenti. Dal che dovrebbe derivare che i partiti della borghesia, i partiti degli industriali, dell’alta finanza e della conservazione sociale si sono accorti che i voti non si acquistano più con argomenti metafisici, o inconfondibilmente anti-popolari, ma che, invece, incombendo su Trieste e sui triestini una realtà economica preoccupante, è proprio di questa che si deve tener conto, perchè è essa che investe direttamente e preoccupa la grande massa dei cittadini di Trieste e del territorio. Anche le masse popolari non difettano di realismo, ed è così che a Trieste esse si chiedono il perchè delle promesse di zona franca, di navi e traffici, di previdenze sociali, di autonomia e di allegerimento fiscale da parte di chi le ha più o meno già fatte e mai mantenute. Si ha cosi che per le strade di Trieste, dopo e al margine dei comizi, i lavoratori e la gente del popolo rilevino come, in dieci anni, il quadripartito, se lo avesse voluto avrebbe potuto ricostruire la flotta triestina, attrezzare adeguatamente il porto, istituire la zona franca e far sì che a Trieste il lavoro, prima che agli altri, sia assicurato ai triestini per evitare la dolorosa, quanto economicamente disastrosa, emigrazione, dato che, come si dice tra il popolo, essi avevano nelle mani tela e forbici per fare tutto, o almeno in gran parte, quello che oggi promettono di fare. Questo è il ragionamento dell’elettore triestino e da ciò deriva anche l’esigenza di rinnovare ora amministrazione comunale e provinciale. IL PROBLEMA DI CIPRO PROBLEMI DEL NOSTRO MERCATO TIMORI INGIUSTIFICATI Dieci miliardi dii dinari per l’importazione di merci di largo consumo saranno un indubbio aiuto alla stabilizzazione del mercato e rappresenteranno un nuovo impulso per i produttori nazionali, impulso teso a migliorare e ad allargare la produzione. Osservato sotto questo prisma, l’intervento dello stato è del tutto a posto. Però in alcuni 'ambienti economici sono frequenti le oss'ervazioni negative che si fanno a carico di un’importazione così voluminosa. Si osserva che la vendita di merci nazionali ha subito un rallentamento, che sono aumentate le giacenze, che s’importa ciò che produce anche il mercato nazionale, ecc. Anche se provengono da fonti diverse e con diverse motivazioni tutte queste osservazioni hanno lo scappo di giustificare la politica protezionistica e cercano di mantenere le posizioni monopoliste dei produttori nazionali. Queste osservazioni, poi, denotano incomprensione verso la sostanza delle nuove misure economiche, per cui non vale la pena di polemizzare con le stesse. Merita però fare accenno sull’influenza svolta dall’importazione sulla produzione e sul mercato nazionale durante questo breve periodo di tempo. TRANQUILLO IL MERCATO L’inizio dell’anno corrente non è stato tanto fortunato per i commercianti come il 1955, quando il loro negozi erano presi d’assalto dai compratori, che facevano, praticamente, scomparire le giacenze. Quest’anno si è iniziato a un ritmo molto più lento. Lo si può spiegare con l’inverno lunghissimo che ha costretto la popolazione a spese di gran lunga maggiori per i combustibili e con le sfavorevolissime condizioni atmosferiche che impongano agli agricoltori una certa prudenza negli acquisti, sino a che non vedranno come sarà l’annata. Infine i consumatori delle città preferiscono attendere i preannun-ciiatì arrivi di merci estere per vedere ise l’industria estera offre loro prodotti migliori di quella nazionale. Tutti questi fattori hanno, naturalmente, influito su un aumento delle giacenze, anche se queste non sono ancora tali da essere un reale regolatore del mercato. Gli ultimi dati indicano aumenti di giacenze sia presso i produttori che presso le imprese commerciali. Nel mese di marzo i grossisti di alimentari hanno registrato un aumento di giacenze del 42,8 per cento rispetto all dicembre dello scorso anno, quelli delle ferramenta e metalli del 10,8 per cento e del materiale edile del 7,2 per cento. Nello stesso periodo nel commercio al dettaglio le giacenze di prodotti industriali sono aumentate del 4,2 per cento, delle calzature del 21,3 per cento, delle ferramenta e metalli del 12,9 per cento e dei mobili del 10,2 per cento. E’ caratteristico, come abbiamo rilevato,- che le giacenze sono aumentate anche neH’inidustria a differenza degli intimi due anni, quando le merci praticamente non hanno conosciuto i magazzini. Le attuali giacenze nell’indiuistria sono: merci di largo consumo 11%, materiale di riproduzione 16,4% e mezzi di riproduzione 6%. Bisogna però rilevare, nonostante si registri un aumento delle giacenze, che queste non sono lontanamente tali da poter assicurare la desiderata 'Stabilizzazione del mercato. E più che le giacenze è una altra cosa che ostacola il commercio e l’industria nel suo normale funzionaipento ed è Fattuale sistema di concessione dei crediti circolanti inadatto alla nuova situazione .venuta a crearsi. Bisogna cambiarlo quanto prima. L’INDUSTRIA PROMETTE NUOVI PRODOTTI Gli ultimi mesi ci hanno portato anche dei prezzi più stabili. Si tratta di un buon segno, tanto più s’e si considera che proprio quelsti mesi negli anni passati davano l’avvio al rialzo. I prezzi dei tessuti, del carbone, dei prodotti dell’industria elettrica, della lana, del tabacco è simili sono rimasti allo -stesso livello mentre gli alimentari hanno addiritura subito una lieve riduzione del 2%. Oltre a ciò per l’economia è di capitale importanza il fatto che sotto la spinta della concorrenza estera l’dndustria è alla ricerca di nuovi prodotti. MERCI IMPORTATE DI SCARSA QUALITÀ’ I quantitativi di merci sino ad oggi importati sono molto limitati; nonostante ciò si può osservare che alcune aziende importatrici acquistano merci di poco valore e di scarsa qualità. E’ successo ad esempio che alcuni quan'itativi di tessuti importati sono rimasti invenduti perchè di cattiva qualità. Ancora negli anni precedenti si è potuto notare che vengono importati tessuti da anni fuori moda, attrezzi vecchi e chincaglierie primitive. Su questi prodotti l’industria nazionale non ha nulla da imparare mentre al produttore estero si paga il profitto al quale egli ha da tempo rinunciato. Fatti del genere sarebbero certamente evitati qualora si procedesse ad urna liberalizzazione del commercio dlmportazione, cioè qualora i mezzi valutari fossero messi a disposizione delle stesse aziende che dovrebbero procedere alla vendita dei prodotti. Per quanto ne sappiamo, è una questione che è attualmente allo studio. J. B. E’ difficile trovare nella storia politica di questi ultimi anni una riprovazione così generale e così unanime di un atto politico come quella che ha seguito l’esecuzione, avvenuta giovedì scorso a Cipro, dei due patrioti greci Caraolis e Demetriu, riprovazione che rappresenta la condanna di una politica ancor più che l’espressione di un sentimento. Che così sia, lo dimostra il fatto che le proteste e l’indignazione per l’impiccagione dei due giovani sono venute da ogni paese, compresa l’Inghilterra, dove l’organo laburista «Daily Herald» ha definito il giorno dell’esecuzione «una giornata di grande vergogna». Se nel giudizio della stampa internazionale (eccettuata quella conservatrice inglese per ovvie ragioni di partito e di governo) vi sono state differenze di tono nella condanna della decisione del governatore generale di Cipro. Ma queste differenze sono state soltanto formali in quanto, da una parte, l’esecuzione di Caraolis e Demetriu è stata definita un crimine e dall’altra un tragico errore, ossia, politicamente parlando, una colpa maggiore del crimine. Gli alleati della Gran Bretagna affermano la tesi del tragico eryore negandole la «solidarietà atlantica» alla quale si è richiamata la stampa conservatrice britannica. Dalla sponda opposta e dai paesi sorti a recente indipendenza i giornali si sono levati contro il «crimine». Formale differenza nella valutazione, deplorazione unanime. Indubbiamente i motivi di questa unanimità della stampa internazionale (stampa ufficiale dei governi compresa) sono vari, sia che i giornali parlino di errore o di crimine. A Washington ed a Parigi, come a Roma, gli alleati della Gran Bretagna affermano sui loro maggiori organi di stampa che la «solidarietà» atlantica, se deve giocare nel caso di Cipro, può avere un solo valore: quello distensivo per la ricerca1 di una soluzione politica della vertenza per l’isola contesa fra Londra ed Atene, entrambe parte di pari diritto della NATO. Anzi, non pochi giornali atlantici hanno dimostrato che Cipro non ha importanza strategica per la Nato, in quanto non possiede una base navale e che se un valore militare essa può rivestire si tratta soltanto della difesa delle zone di interesse politico e petrolifero strettamente britannico. Di conseguenza, accusano Londra di mettere in pericolo l’interesse generale del Patto Atlantico (che verrebbe compromesso da un’eventuale presa di posizione ellenica) per interessi particolaristici ed inconfessabili dinanzi all’opinione pubblica mondiale. D’altra parte si osserva che oggi appare anacronistico richiamarsi alla strategia della NATO per una politica di oppressione nazionale, proprio quando i fattori strategici e militari dell’alleanza atlantica perdono valore nella nuova situazione internazionale • e vengono messi in seconda linea nel seno stesso dell’alleanza. «Tragico errore», si dice, e si fà iu parallelo fra le vedute politiche di Churchill (allargamento della NATO alla stessa Unione Sovietica, come prospettiva di un pacifico domani) e gli interessi petroliferi, che stanno dietro la politica che il governo di Londra conduce a Cipro. Altro parallelo ricorso in questi giorni sui giornali è quello fra la politica britannica a Cipro e quella francese in Algeria. Due problemi differenti per vastità ed importanza — è stato scritto — ma che nella ricerca delle soluzioni indicano due concetti opposti. Parigi, pur nelle misure militari e nella guerra che combatte in Algeria, ricerca degli interlocutori ed evita di esasperare ulteriormente la situazione. Prova ne sia che nelle carceri algerine vi sono un centinaio di patrioti condannati a morte, ma la cui esecuzione non avviene per chiaro intendimento politico pacificatore. Londra a Cipro, invece, aveva un interlocutore (l’arcivescovo Makarios) e lo ha confinato per non discutere mentre — come ha scritto il londinese «Daily Herald» con l’esecuzione di Caraolis e Demetriu eleva 11 cappio del boia a simbolo della sua politica nell’isola». Due problemi coloniali, dunque, che due paesi della NATO affrontano l’uno con concetti vecchi di strategia e di interessi finanziari monopolistici, l’altro con concezioni nuove del graduale riconoscimento dei diritti nazionali, implicito nella ricerca di interlocutori; due politiche opposte alle quali — si dice nel campo della NATO — non si può dare contemporranea approvazione senza cadere in contraddizione. Certo nessuno si nasconde che nella posizione di certi alleati della Gran Bretagna si nascondano altri interessi, non propriamente «strategici e di solidarietà atlantica», si tratta di Washington, Parigi o Roma, Ciò però non toglie che, nell’attuale situazione internazionale, che tende alla soluzione pacifica delle vertenze, il «cappio del boia a Cipro» (per usare l’espressione del «Daily Herald») è certo un tragico errore se Londra crede che esso serva i suoi interessi. Mentre nel campo più umano e meno politico, esso resta un crimine che fa «vergognosa una giornata» (stando sempre ai termini dell’organo laburista) se confinato nel quadro limitato di Cipro, dove il sangue chiama altro sangue in una catena ininterotta di lotte per la autodecisione e di azioni repressive senza giustificazione. MARTEDÌ’, 15 maggio 1956 Prezzo din 10 lire 20 ABBONAMENTI: Annuo din. 420, semestrale din 220, trimestrale din. 110. Spedizione In o. o. p. CRIMINE O ERRORE? Accordo per 11 Viet Nam Si sono concluse la scorsa settimana le conversazioni anglo-sovietiche per l’Indocina: Viet Nam settentrionale e Viet Nam meridionale sono stati invitati ad applicare l’accordo armistiziale di Ginevra del 1954. Oltre che a rispettare le clausole dell’armistizio le due parti sono state esortate a fissare la data delle elezioni per la riunificazione del paese. Unione Sovietica e Gran Bretagna, che presiedettero alternativamente le riunioni ginevrine per l’Indocina, continueranno a consultarsi e, se necessario, convocheranno una nuova conferenza. Pur intempestiva, la iniziativa anglo-sovietica è evidentemente positiva, anche se l’appello a rispettare le decisioni di Ginevra avrebbe dovuto essere rivolto, per amor di logica e di giustizia, soltanto a chi di tali decisioni non ha mai tenuto conto, e cioè al Viet Nam meridionale, rimasto sempre sordo agli appelli per l’inizio di negoziati, rivoltigli dal governo democratico-popolare del settentrione del paese. Anche stavolta il primo a rispondere all’appello anglo-sovietico è stato il governo di Ho Chi Minh, il quale ha nuovamente invitato quello di Sajgon a dare inizio a negoziati per concordare le modalità delle elezioni generali che portino finalmente all’unificazione del paese. Churchill e la distensione Il vecchio statista britannico Winston Churchill, nel ricevere ad Aquisgrana il premio Carlo Magno per il 1955, ha dichiarato che l’organizzazione atlantica, in avvenire, non dovrebbe tener escluse l’Unione Sovietica e le democrazie popolari. «In una comunità veramente europea anche l’Unione Sovietica dovrebbe avere un suo ruolo», ha detto egli. Veramente un paio d’anni fa fu l’Unione Sovietica a chiedere ufficialmente di entrare a far parte dei Patto atlantico. Allora le potenze occidentali, e fra queste la Gran Bretagna, governata ancora, ci sembra, da Churchill, non tennero alcun conto di quella proposta. Ora Churchill l’ha fatta sua e, per quanto ardita e inattuale possa apparire, essa indica tuttavia che il vecchio Winnie si è aggiornato, dimostrando una elasticità difficilmente rinvenibile, almeno per ora, in uomini del suo paese più giovani e di un partito diverso dal suo, che è poi quello conservatore. «Molti problemi mondiali, fra i quali anche quello tedesco — ha detto ancora Churchill — troverebbero più facilmente soluzione in una alleanza pan-europea che non in un’Europa divisa in due blocchi ostili.» Non vi è dubbio che queste parole del vecchio statista britannico non rimarranno senza eco nell’opinione pubblica europea e che esse incoraggiano le nuove positive tendenza di cui, proprio nell’Europa occidentale, è alfiere il governo radical-socialista 'francese. Disarmo nnilaterale? Mosca si appresta a ricevere il Presidente del governo francese Guy Mollet. Si appresta a riceverlo annunciando un nuovo importantissimo passo sulla via della distensione internazionale: la smobilitazione di circa un milione di uomini. Si dice che vi sia del calcolo in questa decisione: che cioè, essendo impensabile una guerra, oggi il rischio è minimo e che il valore di 500 miliardi di lire risparmiati all’anno con la riduzione dell’armamento classico, servirà ad acquistare il sopravvento nella competizione economica con l’Occidente, aiutando largamente i paesi sotto-sviluppati. Se questo è un calcolo, esso non è affatto sbagliato. SI tratta semplicemente di ragion veduta e soltanto i pazzi agiscono senza ragion veduta. Nessun motivo di calcolo o di propaganda può minimamente diminuire il valore pratico e morale del gesto che 1 sovietici si accingono a compiere. La corsa agli armamenti è un peso inutile per l’intera umanità e i popoli voglio liberarsene al più presto. RAPIDO AUMENTO dell1 industria militare Dal giorno della formazione della prima brigata proletaria, 22 dicembre 1941, al 15 maggio del 1945 le forze militari dell’Esercito popolare di liberazione erano salite a circa 800 mila uomini. Nel corso della guerra gli obiettivi militari erano andati completamente distrutti. L’equipaggiamento e le armi di cui disponeva la nostra Armata alla fine della guerra erano ormai vecchi e logori. Ma le unità militari della nuova Jugoslavia hanno raggiunto ben presto il livello di armate moderne e ben equipaggiate. Sino alla fine del 1955 erano stati investiti per le necessità dell’esercito circa 886 miliardi di dinari, uscite che rappresentavano per la nostra economia un peso non indifferente. Le maggiori spese sì sono avute nel 1948. Il rapido sviluppo industriale e le grandi ricchezze di materie prime strategiche hanno fatto sì che, nel 1950, il 90 per cento delle materie prime necessarie all’industria militare proveniva da fonti nazionali. Nel periodo dal 1949 sono sorte numerose fabbriche. L’industria militare forniva, nel 1952, una quantità di prodotti sette volte superiore a quella del 1947, e nel 1953 la produzione superava del 28% quella del 1952. Oggi l’industria militare jugoslava fornisce la nostra Armata di tutto il materiale e l’equipaggiamento necessario: dal fucili alle mitragliatrici, dalle armi automatiche ai lanciamine, ai mortai a reazione ed altre armi reattive, cannoni di calibro vario, munizioni, esplosivi ecc. Non solo. Il sistema con cui sono state edificate queste nostre fabbriche militari permetteno che esse, in qualsiasi momento, inizino la produzione in serie di articoli di largo consumo. (Continua in IV. pagina) LA COSTRUZIONE DEGLI ALLOGGI nei piani del distreito capodistriano LA GESTIONE SOCIALE AI CANTIERI «B. KIDRIČ» DI PIRANO Funzionale l'amministrazione operaia Il progetto del piano economico del distretto di Capodistria è stato redatto nella forma definitiva e verrà presentato venerdì prosimo all’Assembea del Comitato popolare distrettuale. Nella stessa sessione verrà discuso pure il bilancio preventivo dell’anno in corso. Nei precedenti numeri del nostro giornale abbiamo seguito la discussione che si è svolta finora in merito al progetto del piano dinnanzi al Consiglio per l’economia e gli altri organismi del distretto ed abbiamo constatato che, anche quest’anno è prevista un ulteriore espansione della produzione in quasi tutti i settori dell’economia. L’aumento del valore del prodotto sociale, che va dal 4% nel commercio al 75% nella silvicoltura, mentre nel settore più importante, cioè quello dell’industria, esso supererà la realizzazione dello scorso anno del 22 per cento, corrisponde più o meno al dinamismo con il quale si è sviluppata in questi ultimi anni la nostra economia. Nell’ultima seduta , il Consiglio per l’economia ha esaminato quel-, la parte del piano che riguarda la partecipazione agli utili realizzati dalle imprese socialiste e la formazione delle altre entrate del bilancio e degli altri fondi sociali (imposte, tasse, ecc.). Quest’anno, i mezzi finanziari di cui disporrà il distretto saranno alquanto inferiori a quelli dell’anno scorso poiché l’ex distretto di Copodistria non gode più del beneficio di cui ha usufruito Tanno scorso, per cui il 50 per cento degli utili delle imprese socialiste non andava alla Federazione, ma rimaneva a disposizione del distretto. Il territorio di Capodistria viene così equiparato in merito alla formazione dei suoi mezzi fi-ninziari agli altri distretti. La Federazione d’altro canto coprirà quest’anno le spese per la continuazione della costruzione della fabbrica «Tomos» e della strada Senožeče—Capodistria, per un totale di un miliardo di dinari, mentre ia Repubblica popolare della Slovenia darà una sovvenzione di 270 milioni di dinari per il pareggio del bilancio. Questi aiuti della Federazione e della Repubblica vengono a sostituire i mezzi di cui disponeva lo scorso anno il distretto con la partecipazione diretta agli utili imprese economiche. Nella distribuzione degli introiti fra il bilancio del distretto e quelli dei comuni, come pure fra i diversi fondi sociali (per gli investimenti generali, per la costruzione delle case d’abitazione, per l’incremento dell’agricoltura, per il rimboschimento e la manutenzione dei boschi, ecc.) è stato seguito il principio del sforzamento del sistema comunale, che è alla base del nostro sistema economico ed amministrativo. Ai Comuni sono stati assicurati i mezzi sufficienti per la copertura delle spese del bilancio che sono alquanto superiori al consuntivo del 1955 e per la costituzione dei fondi per il finanziamento degli investimenti più necessari. Per raggiungere questo scopo si è preferito devolvere ai Comuni alcune imposte e tasse che, secondo le disposizioni del piano federale, vengono pagate alla cassa del distretto. Ai Comuni di Sežana, Divača e Herpelje sono state date pure delle dotazioni per Un’importo totale di 41 milioni di dinari per i bisogni di queste zone economicamente depresse. I fondi sociali per gli investimenti, per la costruzione delle case d’abitazione e gli altri di cui abbiamo parlato sopra, ammonteranno’ quest’anno a circa 945 milioni di dinari. Il distretto avrà a sua disposizione 308 milioni di dinari per i crediti d'investimento, mentre i comuni disporranno per lo stesso scopo di 191 milioni di dinari e di altri 304 milioni per la costruzione delle case d’abitazione. E’ questa, un’importante modifica del sistema praticato finora, per cui la massima parte dei mezzi finanziari destinati agli investimenti era concentrata presso il distretto. Con questo spostamento dei mezzi finanziari verso i comuni, viene consolidata la loro base economica e viene data loro la possibilità di esplicare, conseguentemente ai princi del nostro sistema comunale, un’adeguata politica economica e sociale. E’ stato giustamente osservato a proposito che nel corso degli ultimi annh i nostri comuni, anche quelli più piccoli, hanno già costituito una base per il loro ulteriore sviluppo. In alcuni di essi, l’incremento economico non è stato però accompagnato da un adeguato aumento degli alloggi e dei servizi comunali. In questa direzione i nostri comuni in particolare la propria attività. Veniamo così al problema della costruzione delle case d’abitazione. I mezzi di cui i Comuni disporranno quest’anno possono assicurare un ritmo normale nella costruzione delle case d’abitazione, seguendo l’aumento naturale del numero della popolazione. Ma non bastano per finanziare un’attività edilizia più estesa, necessaria specialmente nelle località costiere, dove l’aumento della popolazione e, particolarmente, il cambiamento della sua struttura in seguito all’incremento industriale, ha provocato una acuta crisi degli alloggi. Se si vorrà continuare la costruzione delle case con lo stesso ritmo dell’anno scorso, sarà necessario mobilitare, oltre ai mezzi previsti nel piano, tutte le altre riserve disponibili. A questo scopo non dovranno tendere solamente gli organi dei comuni e del distretto, ma ancelle gli organi della gestione operaia delle aziende economiche, particolarmente interessate alla costruzione della case PIRANO, 13 — Non appena varcata la soglia dell’ingresso principale ai Cantieri di Pirano, vi si nota subito una grande differenza nei confronti degli anni passati. Le squero è ingombro d’imbarcazioni, montate su impalcature ancor primitive. Una buona metà di esse è in ferro, e questa appunto è la novità di maggior rilievo, introdotta (dopo che già da parecchi anni se ne parlava) per non poco merito e impegno degli organi della gestione operaia la quale, dopo i primi inesperti passi, ha raggiunto ormai un tale sviluppo e s’è talmente consolidata da essere, in verità, la forza motrice e animatrice di tutta l’attiv^à aziendale. NUOVO IMPULSO ' Il 1955 è stato a questo riguardo un anno abbastanza critico. Difficoltà di vario genere hanno impedito l’affermarsi in pieno della gestione sociale. In primo luogo il dissanguamento della manodopera, il 70% circa della quale, per la maggior parte qualificata e' specializzata, si trasferiva a Trieste e doveva venir rimpiazzata per evitare di pregiudicare la produzione. Il riorientamento della produzione in legno a quella in ferro, seppur graduale e tuttora ancor non concluso, imponeva d’altra parte non solo il rimpiazzamento della manodopera perduta, ma addirittura un suo aumento. Senza voler, naturalmente, parlare degli sforzi compiuti per assicurare le condizioni materiali essenziali, ossia provvedere ai mezzi più adeguati al nuovo genere di produzione. Tutte queste difficoltà, cui è venuta più tardi ad aggiungersi quella di trovare crediti d’investi- mento per effetto dei nostri mutati indirizzi economici, non hanno però fiaccato l’impegno e la volontà del collettivo che, al contrario è riuscito, o è prossimo, a superarle. A metà dell’aprile scorso sono stati rieletti gli organi della gestione operaia. Il numero dei loro membri, per necessità obiettive, è stato allargato da 19 a 27 pe- il Consiglio operaio e da 5 a 7 per il Comitato amministrativo. Per dare maggiore sistematicità al lavoro sono state costituite nell’ambito di quegli organi, 5 commissioni, incaricate di svolgere compiti specifici nei vari rami della produzione. LE PROSPETTIVE Create così le basi materiali, gli organi della gestione operaia stanno ora esaminando seriamente le possibilità future di migliorare. Problema centrale di questo programma è, naturalmente, ancora quello del completamento delle attrezzature per la nuova produzione in ferro, che apre ai Cantieri di Pirano le più vaste prospettive. Attualmente sugli scali del cantiere giacciono 12 imbarcazioni (6 in ferro e 6 in legno) per la riparazione, mentre se ne stanno impostando 3 nuove in legno. Fra breve ' dalle semplici riparazioni in ferro si passerà alle costruzioni a nuovo. Per ora ci si prepara alacremente, nonostante le difficoltà cui abbiamo già accennato, innanzitutto la 'scarsezza dei mezzi d’investimento, che pone i Cantieri pi-ranesi in una situazione d’inferio- ‘ rità rispetto a quelli similari («Stella Rossa» di Pola e Martinčiča), i quali hanno avuto negli an- Visioni intnre dell’ anricoltura istriana POLA, 14 — Llagricoltura istriana negli anni venturi verrebbe ad assumere un assetto organico ben determinato, di cui ora si possono individuare appena i contorni, per quanto essi in linea di massima, siano già definiti. La produzione non dovrebbe variare molto da quella attuale, soltanto che si passerebbe ad applicare sistematica-mante 1-a coltura intensiva. Le direzioni da seguire sono: cereali (soprattutto frumento), vigne, prodotti ortofrutticoli e allevamento del bestiame. Qualcuno è propenso a credere che l’Istria, conosciuta produttrice ed esportatrice di vino, abbia più terreno coltivato a vigne che a grano. Ebbene, costui si sbaglia: i vigneti ricoprono quasi 14.000 ettari di terreno, mentre il frumento cresce su ben 23.000 ettari. L’Istria, dunque, come superficie, sta abbastanza bene, con il grano. Per i suoi fabbisogni, essa dovrebbe produrre circa 3.750 vagoni dì frumento alTanno. Invece, ora, riesce appena a raggiungere i 3.300. Perchè la produzione per etttaro è bassa, Con le debite misure agrotecniche (impiego di sementi di qualità, di concimi chimici e con degli accurati preparativi di slemina) la produzione per ettaro potrebbe salire facilmente toccando i 10 o 18 quintali e oltre. A detta dei periti agrari, insommu, lTstria tra alcuni anni potrebbe essane in grado di produr- re addirittura un’eccedenza di 1.000 vagoni di frumento. Per le sementi, si indicano quali sorte migliori alcune specie di grano italiano, molto redditizie (fino a 35 e 40 q. per ha) igià ambientatesi da noi, mentre bisotgnerà stimolare l’uso del concime artificiale. Prima della guerra in Istria se ne impiegava fino a 170 kg. per ettaro. Ora invece lo si usa in misura molto minore: 75 kg. per ha. Si attende però la decisione del Consiglio esecutivo federale che nelle zone cerealicole te le agevolazioni, prima fra tutte il regresso per i concimi chimici. L’allevamento del bestiame avrà dovrebbe comprendere pure l’Istrìa e, quindi, farla beneficiare di tut-consentirebbero di far salire le entrate annue di circa 40 milioni di dinari soltanto per il bestiame grosso. Nella pollicoltura, poi, cambiando le galline casalinghe con le «Rhode Island» o con altre specie altrettanto buone, si realizzerebbero decine e decine di milioni d’utile in più. Gli .agronomi ed i periti agrari stanno analizzando tutte queste possibilità e studiando il modo di sfruttarle in modo da ottenere soprattutto la tedenza a B08titiuire.il patrimonio zootecnico esistente con razze piu pregiate e redditizie, che il massimo rendimento con la minima spesa. Questi loro studi, che si riferiscono alle cooperative ed alle zone ad esse circostanti, costi-tuiranno la base per un piano de- cennale di sviluppo agricolo. L’allevamento del bestiame qualora venisse incrementato almeno quel tanto che lo consentano i nostri pascoli e le nostre risorse foraggiere, favorirebbe pure il progresso della viticoltura, che abbisogna di concime stallatico. In tutta aggirandosi sui 13 quintali. i’Istria se ne producono ora 19.800 tonnellate alTanno, mentre ce ne vorrebbero ben 49.600! In ogni caso, si procederà regolarmente alla sostituzione, come è stato detto, ed al rinvigorimento della razza che verrà a crearsi in seguito, dai vari incroci, sia tra i bovini che tra gli ovini. In questi piani a lunga scadenza, un ruolo di primaria importanza, naturalmente, verrà ricoperto dàlie cooperative. In Istria, attualmente, esistono 84 organizzazioni cooperativistiche, con circa 11.000 famiglie e mezzi fondamentali per il valore di oltre, un miliardo e mezzo di di-‘ nari. L .anno scorso queste cooperative hanno, realizzato un prodotto lordo di 1.645 milioni, mentre per il 1956 è preventivata una realizzazione di quasi 2 miliardi, superiore, cioè del 21%. L’utile netto previsto per il corrente anno è di circa 300 milioni di dinari, mentre l’anno scorso era stato di 120 milioni. Le cooperative, come si vede, dispongono di un notevole potenziale leconomioo. e di .una forza che va affermandosi sempre più in tutto il 150 ANNI DEI CANTIERI FIUMANI Quando l’Arsenale marittimo austriaco di Pola aveva già mezzo secolo di vita la società ungherese Danubius-Schoenichen-Hartmann di Budapest otteneva dal governo magiaro la concessione del terreno, a Fiume, per la costruzione del Cantiere navale, che quest’anno celebra appunto il cinquantenario. L’atto di concessione porta la data del 23 agosto 1905, ed il diritto di concessione vale dal 1. gennaio 1906 al 1. gennaio 1956. La storia ha annullato gli atti. La costruzione dei cantieri fiumani ebbe inizio, pertanto, cinquantanni fa. Già verso la fine del secolo passato i Magiari, di fronte al «pericolo giallo» dell’Asia si erano preparati a rafforzare la loro flotta sul mare. Sulla strada Fiump—Volosca esisteva un piccolo squero statale. In seguito la strada venne spostata, le colline circostanti vennero appianate. Nel mare vennero gettati migliaia di metri cubi di roccia, si spianò il terreno del nuovo Cantiere. Le opere, allora, costarono 150 mila corone. Ne vennero ancora investite 600 mila per la costruzione di una diga lunga 230 metri. Negli anni successivi la diga venne prolungata di 200 metri, e sorse così il porto del Cantiere. I PRIMI 3 SCALI Vennero costruiti i primi tre scali ed una piccola officina di costruzioni navali. Nel primo anno di attività del Cantiere vennero varate 10 torpediniere da 200 tonnellate per la marina da guerra austro-ungarica. Nel 1919 il cantiere otteneva altri 75.000 metri quadrati di terreno per potersi allargare. Sorsero altri due scali. Nei primi quattro anni di esistenza, i cantieri fiumani avevano prodotto un bacino da 3.750 tonnellate di portata, 6 cacciatorpediniere da 430 tonnellate e 7.200 tonnellate di lavorati d’acciaio (Il bacino, trovatosi ancora al Cantiere alla Liberazione, è stato ricostruito nel 1950 e, oggi, con una capacità di 6.000 tonnellate di portata, è in uso al cantiere «V. Lenac»). La punta massima della produzione fu raggiunta nel 1908 con la lavorazione di 3.330 tonnellate d’acciaio. IL secondo PADRONE Nel 1911 il Cantiere aveva un altro padrone, la società Ganz & Danubius. 11 governo magiaro firmava il decreto di concessione il 12 ottobre. I lavori di ampliamento riprendevano, sicché entro il \1914, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, risultavano costruiti ed in funzione: la centrale elettrica, una nuova officina costruzioni navali, l’officina falegnami e disegnatori, l’edificio direzionale, due scali, due gru da 25 tonnellate per gli scali ed una gru da 100 tonnellate di portata per il porto. I tre colpi di pistola di Gavrilo Princip, sparati a Sarajevo contro l’arciduca Ferdinando, interruppero i lavori di equipaggiamento del Cantiere. Fra gli obiettivi incompiuti era ri- masto lo scalo grande (oggi n. 1). Tuttavia nel corso della guerra 1914—18 il cantiere lavorò per la marina austro-ungarica. LA «SANTO STEFANO» Dal 1911 al 1918, sotto la direzione della Ganz & Danubius, il cantiere di Fiume lavorò 29.315 tonnellate di prodotti in acciaio. L’anno di massima produzione, in questo periodo, fu il 1912 con 9.680 tonnellate di acciaio. All’inizio della guerra, nel 1914, fu costruita la maggiore unità finora uscita dagli scali di questo Cantiere, la corazzata «Szent Istvan» («Santo Stefano») da 22.500 tonnellate. Questa nave rappresentò, in quel tempo, una delle maggiori e più modernamente attrezzate navi da guerra. Aveva le seguenti caratteristiche: lunghezza 151 metri, larghezza 27,3 metri, velocità 22 nodi, caldaie 12 «Babcock-Vilcox», turbina AEG Curtis a 4 elicne. Alla fine della guerra il Cantiere veniva espropriato ed occupato dalla «Regia Marina» italiana, tuttavia il suo destino restava sospeso fino al 1920. In quegli anni rimase inattivo. % 110.000 AZIONI Il 20 febbraio 1920 il Cantiere veniva acquistato, al prezzo di 22 milioni di lire (110.000 azioni da 200 lire ciascuna) dalla società OTO (Odero—Terni—Orlando). Assumeva così il nome di «S.A. Cantieri navali del Quarnero», con un capitale ini- I PfBf Äs® MI ziele di 26 milioni di lire. Fino al 1926, la produzione del cantiere fu appena di 2.450. tonnellate. Fra gli obiettivi costruiti in questo periodo si ricordano le torpedinere «Daniele Manin» e «Francesco Nuiio» da 1.200 tonnellate. Divengono proprietarie del Cantiere, nel 1926, ie Oiticine Meccaniche DM elle lo dirigono fino al 1932. In questo periodo la produzione fu di 9.040 tonnellate. Furono costruite, fra le unità maggiori, quattro torpediniere da 1.500 tonnellate del tipo «Nicolò Zeno». Negli ultimi tredici anni, fino alla Liberazione, il cantiere è proprietà dellTRI. In questi anni vengono lavorate 39.480 tonnellate. La nave più grande fu la «Sterope» da 14.500 tonnellate, nel 1940. LA LIBERAZIONE Il 3 maggio 1945 Fiume viene liberata. II Cantiere è praticamente distrutto. I primi anni post-bellici trascorrono in una opera intensa di ricostruzione. Nel 1948 il cantiere assume il nome di «3 maggio». (Quest’anno, proprio il 3 maggio, a commemorare il cinquantenario della sua e-sistenza ed il decennale della sua riattivazione, è stato scoperto un cippo sul cancello d’entrata del maggiore cantiere navale della Jugoslavia). Nel 1950 veniva eletto al Cantiere il primo Consiglio operaio che ne assumeva la gestione. Dal 1945 al 1955 il cantiere ha al suo attivo una produzione complessiva di 77.443 tonnellate. La produttività del lavoro è aumentata di anno in anno: 1948: 6<409 tonnellate, 1950: 7.036 tonnellate, 1952: 2.340 tonnellate, 1954: 12.345 tonnellate, 1955: 14.553 tonnellate. 11 compito assunto dal collettivo per il 1956 è di 18.000 tonnellate. E’ un primato mai finora raggiunto, nella sua storia di mezzo secolo. Il primo grande successo, dopo la liberazione, rappresenta la costruzione della serie di navi mercantili tipo «Zagreb» da 4.200 tonnellate, per giungere, oggi, in questi giorni, alla consegna della «Silvretta», ' della «Silvaplana», del «Corcova-do», con oltre 10.600 tonnellate. Il programma del 1955, in parte già realizzato, comprende la costruzione e la consegna di 9 obiettivi per la Marina da Guerra ed altrettante navi per la marina mercantile, tra queste sette «trampers» da 10 e 12 mila tonnellate. Sono state accettate, inoltre, commesse per la costruzione di altre 16 unità per la Marina, fra cui tre turbonavi da 10.259 tonnellate e di 9 unità per armatori stranieri, tutte oltre le 10 mila tonnellate, nonché un panfilo per la Ocean Ship Agency Ltd di Londra. Al Cantiere sono in corso poi preparativi per procedere alla costruzione di navi prefabbricate in serie. distretto istriano. Alle recenti assemblee annuali, si son visti anche interi villaggi darsi convegno assieme ai cooperatori. Questi ultimi, poi, sono iìntervenutài in numero davvero notevole: a Kasteìir il 99 per cento, a Badieimai il 95 per cen- . to, a Parenzo, all’aßisemblea della Cooperativa vinicola, T80 per cento. Durante il 1955, poi, altre 650 famiglie sono' entrate nel setore cooperativistico. Questo, insomma, incontra sempre più il favore dei contadini ohe vedono nelle cooperative gli alfieri del progresso nella campagna. Da parte loro, queste organizzazioni cooperativistiche, accanto al potenziamento della loro attrezzatura, vafmo migliorando pure la propria amministrazione. Due anni or sono, per queste ragioni, v’erano stati deficit in 31 cooperative per un importo dì 6 milioni e mezzo. L’anno passato, questa deficienza si era limitata a 11 cooperative, con circa 3 milioni. Non solo, ma mentre nel 1954 avevano registrato delle perdite (dovute a poca capacità ed esperienza) 20 cooperative (circa 13 milioni) lo scorso anno hanno terminato il loro bilancio in passivo solamente cinque cooperative (2,5 milioni). Infine, c’è una trentina di cooperative attive che hanno sezioni 0 settori passivi, ma che cominciano con la massima decisione a risolvere questo problema, rendendo autonomi questi reparti e cedendoli a for-fait, nonché organizzando meglio il lavoro in essi, sì da renderli attivi. Tutto ciò apporterà, indubbiamente, un ulteriore miglioramento della situazione nel settore cooperativistico ed esso sarà certamente in grado di attuare, in Is'tria, 1 progetti che dovrebbero farne fiorire l’agricoltura. Z. ni passati il privilegio di poter u-sufruire di larghi mezzi per migliorare e rimodernare la propria attrezzatura. La bravura e la volontà di progredire delle maestranze tutte sa, però, supplire alle necessità, trasformando tra l’altro con opportune riparazioni’ e modifiche vecchi macchinari quasi fuori uso in mezzi produttivi perfettamente in grado di far fronte alle esigenze. COSCIENZA SOCIALE L’effetto lavorativo è del tutto soddisfacente. Esso è frutto della coscienza altamente sociale del collettivo tutto. Ne daremo solo due esempi. Primo: nonostante l’alto costo della regia per effetto dei mezzi di produzione arretrati e il livello più alto delle retribuzioni, i Cantieri di Pirano concorrono assolutamente con i già summenzionati Cantieri di Pola e Martinčiča. Secondo: per ricuperare le ore lavorative perdute a causa del maltempo nel periodo invernale (a tal proposito bisogna rilevare che la maggior parte del lavoro si svolge all’aperto) e delle frequenti interruzioni dell’energia elettrica, le maestranze tutte (allora ugualmente retribuite!) si sono impegnate a lavorare volontariamente per due domeniche consecutive. I due e-sempi sono abbastanza eloquenti per dimostrare quanto alti siano il senso del dovere e la coscienza sociale del collettivo. Tali meriti sono ricompensati a sufficenza dalla fama di serietà d’affari e della qualità delle commesse, acquistate fra gli investitori, per cui l’accaparramento delle ordinazioni non presenta difficoltà alcuna. Al contrario, le capacità del Cantiere non sono in grado di dar corso a tutte le richieste. Ad esempio, alle ultime licitazioni per la riparazione di 8 unità di piccolo cabotaggio della marina militare, i Cantieri di Pirano, riusciti vincitori, hanno dovuto successivamente cederne 2 ad altri. Ma nonostante questi palesi buoni risultati non ci si assopisce nella soddisfazione. Molte nuove idee avanzano come migliorare ulteriormente. Così si pensa con molta serietà di adottare in prospettiva costruzioni in alluminio per imbarcazioni di minor mole, cosa già e-sperimentata, con successo in Olanda e negli Stati Uniti d’America e che porrebbe i Cantieri di Pirano all’avanguardia nell’ambito nazionale. Molto ancora si potrebbe pai-lare sull’argomento, ma pensiamo che quanto detto sia sufficiente a rendere l’idea del come proceda l’attività dei Cantieri e, in parti- colare, la gestione aziendale operaia, che qui veramente trova l’espressione efficace, secondo gli scopi e il ruolo che le sono propri. CAPODISTRIA. — Il Consiglio per il Turismo del Comitato Popolare Distrettuale, riunitosi venerdì scorso a Capodistria ha constatato il soddisfacente andamento delle prenotazioni negli alberghi della zona. Il Consiglio ha esaminato inoltre le possibilità di aumentare l’aflusso dei gitanti verso la nota spiaggia della «Turist» di Ancarano. Al riguardo è stato deciso di intraprendere tutte le misure necessarie per un potenziamento dei collegamenti marittimi e terrestri fra Trieste ed Ancarano come anche tra Ancarano e le altre località. Sarà fra l’altro necessario procedere alla riparazione del molo di Valdoltra e sistemare il lungomare tra questo molo e la spiaggia. Secondo i progetti del Consiglio per 11 Turismo sulla spiaggia di Ancarano verranno messe in funzione alcune piccole imbarcazioni a motore per brevi gite sul mare. Aspre critiche sono state mosse nei confronti delle rete commerciale il cui funzionamento è inadeguato alle attuali esigenze degli alberghi, esigenze che aumenteranno nel pieno della stagione estiva. Particolarmente scarso è il rifornimento della frutta e verdura e insufficiente il numero dei negozi che procedono alla vendi- Lettere in redazione GLI UNIVERSITARI DEI LITORALE sulla scena dal Tealta del popola CAPODISTRIA, 12. E’ la prima volta che a Capodistria abbiamo avuto l’occasione di ascoltare un concerto corale che non si sia limitato alla solita musica popolare o ai suoi adattamenti. Ad attirarci al Teatro è stato difatti il programma: composižioni di Gallicus del XVII. secolo, canzoni popolari della Benecia, spiritualts negri, villot-te friulane, canzoni popolari russe, morave, macedoni, ecc. Data la vastita del programma avevano dei dubbi sulla qualità dell’esecuzione, dubbi del tutto scomparsi già alle prime note e definitivamente fugati alle ultime battute, fra lo scroscio di applausi del pubblico che gremiva il teatro. E’ stata veramente una serata indimenticabile, anche per coloro che non sono soverchi amanti della polifonica. Ai bravi giovani universitari del Litorale, che prima questo concerto sono stati in tournée a Trieste e a Gorizia, un coloroso plauso. ta di questi prodotti. La Camera Distrettuale per il Commercio e la Federazione Cooperativistica Distrettuale intraprenderanno i passi necessari per migliorare tale situazione. PIRANO. — Dopo sei mesi di viaggio, effettuato in tutti i mari del mondo è ritornata a Pirano la motonave «Rog» iscritta al locale compartimento marittimo. Il capitano della nave, Baldomir Podgornik, è stato decorato con l’ordine del lavoro di II grado, concessogli dal Presidente della Repubblica. ROVIGNO. — Percorrendo la Riva Aldo Negri la sessantunenne Božić Anna cadeva incidentalmente in mare. Alle grida di aiuto accorreva sua figlia Elda che senza indugi si gettava in acqua e riusciva a tirarla a riva. Purtroppo nè la respirazione artificiale praticale dalla figlia, nè l’intervento medico riuscivano a salvare la Božić, già sofferente al cuore. — Si sta procedendo ad un ampia-mento della tendopoli turistica di Punta Corrente e di Punta Aurea. Maggiore sarà* anche il numero delle casette «Week-end», che raggiungerà il centinaio con una capacità complessiva di 250 letti. In seguito a una nostra nota redazionale, nella quale era detto che per principio non rispondiamo a missive anonime, ci è pervenuta una cartolina del seguente tenore: «Vi prego di volermi scusare per la mancata firma in calce alla lettera inviata a voi la scorsa settimana e firmata da «K.N. operaio isolano». Lo faccio adesso: Kavaliè Nino, via Acquedotto 5, Isola». Nella lettera il compagno Kavaliò -ci pone tre quesiti, che poi sono tre aspetti diversi di una sola questione: 1) Qual’è quella disposizione o ordinanza che fa obbligo ai ragazzi di lingua italiana, ma di cognome slavo, di frequentare scuole slovene? 2) Qual’è il criterio in base al quale si può stabilire la nazionalità di un ragazzo il cui cognome suoni diverso dalla lingua tradizionalmente parlata nella sua famiglia? 3) Se infine esiste la disposizione o l’ordinanza di cui sopra, essa fa obbligo ai ragazzi di cognome italiano, ma di lingua slovena, di frequentare scuole italiane? Abbiamo già detto che queste tre domande riflettono un unica questione. Rispondiamo pertanto cumulativamente ai tre interrogativi. Non esiste alcuna disposizione nè ordinanza che vieti o obblighi gli alunni, comunque possa suonare il loro cognome ed essere la loro lingua d’uso, di frequentare una scuola invece che una altra. Le autorità scolastiche, memori del fatto che l’amministrazione fascista nel Litorale deformò d’ufficio cognomi originariamente sloveni o croati, snazionalizzando pertanto i loro possessori, è del parere di incoraggiare gli sloveni o i loro figli già snazionalizzati a riacquistare la propria nazionalità. Le autorità scolastiche pertanto non agiscono secondo disposizioni codificate, ma in base ad un impegno morale che riteniamo senz’altro ammissibile e giustificato. D’altra parte, è chiaro che in questa materia non sono ammesse le pressioni ed ognuno è libero di frequentare le scuole che vuole come pure di ritenersi appartenente a questa o quella nazionalità. Programmi radio MARTEDÌ*, 15 — Ore 6.00: Musica del mattino — 6.15: Notiziario — 12 e 12.45: Musica per voi — 12.30: Notiziario — 12.40: Problemi d’attualità — 16.00: Gustav Mahler — 16.45: Nel ritmo con il quartetto Van Wood — 17.00: Nostro paese — 17.15: Palcoscenico musicale — 17.40: Notiziario — 17.55: Intermezzo musicale — 22.15: Los tre de Santa Cruz — 22.30: Notiziario — 22.45: Suonano orchestre d’archi — 23.15: Musica da ballo -23.45: Ultime notizie — 23.50: Musica della buona notte. MERCOLEDÌ’, 16 — Ore 6.00: Musica del mattino — 6.15: Notiziario — 11.35: L’angolo dei ragazzi — 12.IO: Canti bisiachi — 12.30: Notiziario — 12.40: Problemi d’attualità — 12.45: Musica leggera — 13.00: Canzoni proletarie — 16.00: Ritmi e canzoni — 16.20: Radioscena — 17.20: Mosaico musicale — 17.40: Notiziario — 17.55: Intermezzo musicale — 22.15: Melodie per pianoforte — 22.45: Mozartiana notturna — 23.17: Musica da ballo -23.45: Ultime notizie — 23.50: Musica per la buona notte. GIOVEDÌ’, 17 — ore 6.00: Musica del mattino — 6.15: Notiziario — 12 e 12.45: Musica per voi — 12.30: Notiziario — 12.40: Problemi d’attualità — 16.00: Melodie divertenti — 16.20: Concerto del giovedì — 17.00: Dal mondo del lavoro — 17.15: Arie, duetti e cori in microsolco — 17.40: Notiziario — 17.55 Intermezzo musicale — 22.15: Cantanti americani — 22.30: Notiziario — 22.45: Melodie per le ore serali — 23.15: Musica da ballo — 23.45: Ultime notizie — 23.50: Musica della buona notte. VENERDÌ’, 18 — Ore 6.00: Musica del mattino — 6.15: Notiziario — 12 e 12.45: Musica per voi — 12.30: Notiziario — 12.40: Problemi d’attualità — 16.00: Ritmi ballabili — 16.25: Arie, duetti e cori in microsolco — 17.00: Corrispodenza — 17.10: Finestra musicale — 17.40: Notiziario — 17.55: Intermezzo musicale — 22.15: Ritmi e canzoni — 22.30: Notiziario — 22.45: L. Van Beethoven: Sonata n. 9 in Là maggiore op. 47 per violino e pianoforte — 23.20: Musica da ballo — 23.45: Ultime notizie — 23.50: Musica della buona notte. SABAO, 19 — Ore 6.00: Musica del mattino — 6.15: Notiziario — 12 e 12.45: Musica per voi — 12.30: Notiziario — 12.40: Problemi d’attualità — 16.00: Canzoni di tutti i giorni — 16.30: Gioielli musicali — 17.00: La Comune — 17.20: Melodie nella penombra — 17.40: Notiziario — 17.55: Intermezzo musicale — 22.15: Ritmi e canzoni — 22.30: Notiziario — 22.45 Musica da ballo — 23.45: Ultime notizie — 23.50: Musica da ballo. CICLI MARCON — Trieste via della Pietà 3 © Biciclette da L. 7.000 in poi Q Ciclomotori da L. 45.000 Vendite rateali — Visitateci! MAGAZZINI FELICE — TRIESTE via Carducci 41 £ Grande assortimento vestiti da lavoro, camice, maglierie, giacche, calzoni. © Merce di primissima qualità ai prezzi più bassi di Trieste. ùuancU venite a nd t/osha Vintati ii MAGAZZINO STOFFE INGLESI Vendite all’ingrosso e al minuto di stoffe originali inglesi e nazionali per uomo e donna, ai prezzi piu’ bassi, già da 1.080 lire in poi MAGAZZINO: TRIESTE, VIA S. NICOLO’22 TEL. 31-138 Ritagliate I’ avviso, vale per uno sconto speciale ! G. S. LA TENTAZIONE di I. Cankar Assai presto ho conosciuto e sperimentato l’ingannatrice malizia delle donne e la loro traditrice ipocrisia. La mamma aveva un paniere colmo di pere secche. Ma quel paniere, vaso di ogni dolcezza, lo teneva chiuso a chiave in un armadione enorme. Quando ci penso mi sembra più grande di non poche case di media altezza. Ero solo in camera con mia sorella Lina. Lina mi guardò con oc-che pensosi e disse: — Ah, se avessimo adesso quel paniere! — Ah, se l’avessimo! — sospirai. — E perchè noi non dovremmo averlo? — fece lei sottovoce, come parlando a caso. — Ma l’armadio è chiuso, e la chiave l’ha la mamma! Rifletté un momento. — Eppure si potrebbe averlo, anche senza la chiave! Provai una sensazione strana come di paura davanti al peccato; al tempo stesso mi sentii l’acquolina in bocca ripensando al bel paniere ricolmo. Saltai giù dalla stufa e andai ad esaminare l’armadio. Era posto di traverso in un angolo e non aderiva completamente al muro, sì che, facendosi piccini, ci si sarebbe potuti infilare dietro: a stento, ma pur si poteva. Ed io ero così mingherlino che distinguevo appena la mia ombra. Mia sorella non si mosse dalla stufa e guardava a capo chino, le labbra strette, le mani appoggiate sulle ginocchia. — Strisciaci dietro! — mi consigliò a bassa voce — Fatti più piccolo che puoi e striscia con la schiena! Così feci e mi trovai al buio; ebbi la sensazione di essere terribilmente solo. — Abbi un po’ di pazienza, ci vedrai! — continuava lei a spronarmi. Ma ancor prima che i miei occhi si fossero abituati al buio, bisbigliò spaventata: — Scappa! In un attimo mi trovai freddo e trepidante in mezzo alla camera. Qualcuno camminava a passi pesanti in anticamera, poi tossì e passò oltre. — E adesso fa’ presto! Ormai ci siamo! Striscia di dietro là, dalla parte dov’è il paniere; c’è un chiodo là; tutto allentato: tirale fuori e sposta l’asse! Eseguii senza pensare e senza volere tutto quello che m’aveva ordinato. Se in quel momento m’avesse detto: «Va’ fuori in strada e gettati sotto il carro!», ci sarei andato e l’avrei fatto. Spostai l’asse, toccai il paniere, presi una manata di pere e me le ficcai in tasca; poi un’altra e un’altra, finché non ne ebbi ricolme le due tasche. Quando ebbi rimesso a posto l’asse e mi tirai fuori da dietro l’armadio, ero affannato e sudato. / Ripetemmo di quelle scorpacciate più volte, verso sera, mentre gli altri bambini si divertivano a saltare sopra dei ceppi di macellaio e mentre la mamma stava dalla vicina e il babbo all’osteria. Una volta, una domenica, dopo la messa cantata, la mamma aprì l’armadio e rimase esterrefatta. — Ma che vuol dir questo?! Il paniere era così colmo che le pere ne cadevano fuori, e adesso son lì, livellate fino all’orlo. Non ci sono topi, e del resto non ce n’è nessuna rosicchiata! Teneva il paniere con ambedue le mani e ci guardava tutti. Tutti la guardavano a nostra volta con ochi stralumati e a bocca aperta. Mia sorella Lina teneva gli occhi fissi a terra e strisciava con un piede sul pavimento. Io avevo come l’impressione che la camera oscillasse e che mia madre fosse grande grande. — Chi è stato? Lo dica da sè! Tacevamo; avevamo tutti paura: non paura della minaccia e ancor meno del bastone, ma paura di qualcosa di indefinibile, di lontano, di grave. Parlò mia sorella Lina, proprio lei: — E’ stato lui! E additò me. La mamma posò il paniere sul tavolo. Anche stordito com’ero, mi accorsi che era impallidita. Domandò ancora: — Chi è stato? — Janez! — fece mia sorella Lina, guardandomi negli occhi. — Come hai fatto? Dillo! — ordinò la mamma. Le gambe mi tremavano in modo tale che non riuscivo ad alzarmi. Risposi però con tanta chiarezza che io stesso mi meravigliavo della mia voce. — Ho strisciato di dietro, ho tirato fuori quel chiodo, ho spostato l’asse e ho trovato il paniere. Già fin da martedì, ogni giorno, verso sera! Allora avvenne una cosa che mi fa rabbrividire al solo pensare. La mamma non mi battè, non pronunciò una sola parola aspra: si sedette sulla panca, nascose il viso fra le mani e scoppiò in lagrime, che le scorrevano giù fra le' dita bianche. Mia sorella Lina s’era dileguata in silenzio dalla camera; io solo l’avevo vista, malgrado lo stordimento e gli occhi acceccati dal dolore. La seguii lentamente, perchè le gambe mi si eran fatte pesantissime. Mi recai diritto dietro la casa, dove lei s’era nascosta dietro un cespuglio di gelsomini, al di là dello steccato; lo scialle rosso domenicale la tradì. Io la raggiunsi, l’afferrai per la lunga treccia e me la trascinai per l’orto. Non gettò un grido nè un solo sospiro. Più tardi, nella vita piena di tradimenti e di amarezze, sono stato ingannato e tradito da più d’una donna. Dio perdoni loro questo peccato! Io lo perdono a tutte indistintamente. Ma di tutte le scienze la più amara è sempre quella dell’a-bicì. Ä1 "Gospodarsko razstavišče,, di Lubiana LA MOSTRA DEL TESSILE INAUGURA LA STAGIONE Si sono compiuti in questi giorni gli ottanta anni dalla nascita di Ivan Cankar, il massimo scrittore sloveno, l’uomo che della sua opera fece uri profondo apostolato di um anità e di giustizia sociale LUBIANA, 12 — Ora che la stagione delle esposizioni, organizzate dal «Gospodarsko razstavišče» della Fiera di Lubiana è iniziata con la I. Mostra tessile con partecipazione internazionale, sarà bene, prima di parlarne, accennare brevemente a quanto sinora fatto in questi due primi anni di attività. 10 esposizioni diverse (industria, commercio, artigianato, turismo, sport ecc.) con la partecipazione di oltre 1.100 espositori, dei quali 153 esteri, e circa mezzo milione di visitatori sono un risultato che dice eloquentemente come la Fiera di Lubiana si sia affermata in pieno e quanto la sua ricostituzione sia stata non solo opportuna, ma anche necessaria. L'industria tessile è uno dei rami più importanti della nostra economia. Per questo si è voluto riservarle il turno inaugurale. L’esposizione presenta un quadro efficacissimo della produzione nazionale e un raffronto obiettivo con quella estera, in particolare per quanto riguarda il progresso realizzato negli ultimi tempi dalla tecnica della produzione. Alla Mostra sono presenti, oltre ai produttori nazionali ed esteri, rappresentanze commerciali dell’importazione e dell’esportazione. Il Litorale sloveno è rappresentato dalla fabbrica tessile di Ajđovšči- firirlo, di trovargli quelle caratteristiche base che lo dovrebbero far distinguere dagli altri popoli. Tali etliches però, alla lunga, si dimostrano tutit’altro che aderenti alla realtà. Sia perchè coniati tenendo troppo conto delle eccezioni, sia perchè frutto di osservazioni passate che non \si attagliano più alle nuove generazioni di cui un popolo è formato nella sua entità fisica, nelle sue tendenze e nelle sue aspirazioni. Per non parlare poi delle «litografie» a scopo turistico raffiguranti l’italiano con il classico mandolino ed i maccheroni o i francesi affogati nelle famose «boites» dii Parigi o nei bassifondi del Vieux Port di Marsiglia. Anzi, come mete turistiche, pensiamo siano proprio Italia e Francia i due paesi sui quali più si sono isfogati i coniatori di cliches e j disegnatori di oleografie. Chi non sà, per esempio che i francesi vengono, grosso modo, suddivisi in due grandi categorie: i romantici e . . . i geriti . ? Gli (uni tutti presi dall’samour» alla francese e gli altri altrettanto presi dalla cura di .aumentare il proprio gruzzolo nascosto nella classica «foas de laine», la calza di lana dei contadini. Ed invece, a 'stare ad una inchiesta re- centissima, solo il 7% dei francesi riporrebbe la propria felicità nel denaro e ben pochi di più (12%) nell amore. Leggenda da sfatarsi dunque. Altra leggenda quella del francese decadente che non vuole bambini. Nella stessa inchiesta i’85% idei francesi e l’87% delle1 francesi hanno mesto al primo posto della loro felicità la buona salute e . . . i bambini!!! Anche in questo, dunque, un popolo come tutti gli altri. Sano e amante della vita della famiglia. Secondo cronisti stranieri superficiali. Parigi sarebbe ancora oggi la meta dei pensieri dei cittadini francesi della provincia i quali metterebbero al primo posto fra i loro desideri quello di trasferirsi nella Ville Lumiere. Invece ben i’87% dei francesi di provincia interrogati hanno detto che non desiderano per nulla muoversi dalla loro regione e solo l’uno e mezzo per cento migrerebbe verso la capitale. Popolo stabile molto attaccato alla propria terra e orgoglioso della sua Parigi, ma non tanto .da desiderare di fare della Francia una sola Parigi. Sempre secondo i citati cronisti e gli affrettati turisti stranieri il «cliché» del francese medio sarebbe quello del «cicchetto di Perno», delle boites e delle allegre scampagnate di buontemponi. In con- trapposto l’inchièsta dalla quale attingiamo ci avverte che l’86% dei francesi interrogati ama la musica ed i concerti; l’83% legge più di quello che legga in media il lettore dell’Europa Occidentale; il 71% ha il suo passatempo preferito nel cinema c nel teatro, mentre il 52% segue 'con grande favore lo sport, comprendendo in asso, oltre al calcio ed al ciclismo, anche la pesca UN’AVVINCENTE ROMANZO DI FANTASCIENZA LA LEGGE di R. M. Williams PROSSIMAMENTE SUL NOSTRO GIORNALE caleidoscopio LA SVISTA N. 1 Un contadino conduce alia fiera dalle bestie il figlioletto. Il ragazzo osserva la procedura con la quale il padre cerca di acquistare una mucca, divertendosi un mondo. Infine si rivolge al genitore per chiedere: — Ma perchè giri da un posto all’altro pizzicando le mucche? — Lo faccio — spiega il padre, — perchè desidero comprare una mucca e voglio assicurarmi che ia carne sia buona — Alcuni giorni dopo il ragazzo, eccitatissimo, piombò nella stalla, dove si trovava suo padre. — Presto, papà •— gridava — Il postino ista cercando di comperare la mamma — LA SVISTA N. 2 Joe incontra un suo vicino di casa, con il quale è in rapporti di cordiale amicizia. — Hallo, Harry! — gli grida. — E’ un pezzo che non ci si vede — — Un pezzo? Ma no, ti vedo tutte le sere — risponde Harry. — Non scherzare — — Te rassicuro. Anzi avevo deciso di dirtelo, una volta o l’altra. Tutte le sere alle dieci ti vedo, attraverso la tua finestra aperta, mentre abbraci la moglie. Non potresti usare un pò più di discrezione? — •— Ma no, Harry. Sono sicuro che ti sbagli. A quell’ara io sono sempre al circolo •— e la caccia. U,n uomo non eccessivamente tifoso il cittadino medio rivelatoci dall’inchiesta . . . E dato che slamo in tema di numeri e di percentuali . . . continuiamo interrogando' mogli e mariti francesi sul matrimonio e sui difetti del rispettivo consorte e della rispettiva metà. Altra sorpresa «i leggeri» coniugi francesi (secondo il cliches) per il 65% si dichiarano felicissimi del loro marimo-nio (iSiecondo l’inchiesta di cui sopra) 10 su cento abbastanza felici, un due per cento non .troppo felici e solo uno — o una — niente affatto .soddisfatti. Ed anche nella denuncia dei difetti i coniugi francesi denotano ohe la famiglia in Francia è molto più Salda dì quello ohe . . . viene presentata a scoppi turistici, oppure veniva presentata a scopi tutt’altro che turistici dalla propaganda nazista di Geto-bels. Infatti per le mogli, nella percentuale di 63 su cento, il maggiore difetto del marito è quello di essere egoista e di pensare troppo pocoi a portare a spasso la compagna. Poi, secondo il 12 per cento, ubbriacono e — scendendo corteggiatore di donne altrui (7%) e solo il due per cento accusa il marito di cattivo carattere. Messe più o meno a posto le cose con la statistica risultata dall’in-chiesta giornalistica da noi compulsata dobbiamo ammettere ora di capire meglio i . . . risultati delle elezioni politiche del capod’anno che hanno portato alla formazione del governo Mollet. Il francese, nel suo .assieme, non vuole avventure ma persegue' con tenacia un progresso moderato e continuo che non turbi, ed anzi assicuri e garantisca, la sua tendenza alla stabilità, alla normalità di sviluppo per Fog- na e da quella degli aghi di Kobarid. La tradizioni della nostra industria tessile sono relativamente assai recenti. Nel 1918 esistevano soltanto 120 aziende produttive, per la maggior parte ih Serbia. Il toro numero saliva, nel 1938, a 453, della quali però ben poche erano veri e propri stabiliment i industriali, essendo per la maggior parte aziende artigianali. La guerra ha infer-to anche all’industria tessile gravi danni, costringendoci a ricorrere nell’immediato dopo guerra a ripieghi, quali la fusione di più a-ziende in una sola maggiore, a produzione specializzata o tipizzata. Al termine del 1955 esistevano nel nostro paese 246 aziende tessili industriali: 100 in Serbia, 49 in Croazia, 68 in Slovenia, 15 nella Bosnia Erzegovina e 14 in Macedonia. Il ramo cotoniero è maggiormente diffuso in Slovenia con una produzione globale, (dati del 1955) di 17.000 tonnellate (38.176 in tutta la Jugoslavia). Quello della lana, invece, predomina in Serbia e Croazia. La capacità globale ammonta a 1.250 tonnellate di tessuti di lana pettinata e 16.000 tonnellate di stoffe di lana rugosa (1.400 tonnellatenalmente più alti, anche perchè in LA FRANCIA SENZA CLICHES Spogliato di tutti gli attributi; affiliatigli dalia-reclame turistica il francese medio resta un uomo normale come ogni europeo Su ogni popolo sono stati coniati «cliches» nel tentativo di de- gl come per il domani. Per il vecchio come per il giovane. Compre-n* šibile come abbia chiamato «sale guerre» la guerra di Indocina, abbia salutato con favore la politica governativa in Marocco ed in Tunisia e .auspichi una graduale riforma in Algeria per riportare la pace im quel terrier io dove (con il classico attaccamento alla indi-pendenza che gli è proprio) il francese, come cittadino, riconosce l’esistenza ed il diritto all’indipendenza altrui niell’amicizia e nella collaborazione. Alla luce della statistica di cui, forse, abbiamo persino abusato, resterà forse più facile capire come, nel paese di Poujade e del poujadismo, dove tanto brontolare si è fatto isu'lle tasse e sulle imposte', il governo Mollet non sia divenuto impopolare com le . . . nuove tassazioni ed imposte. Chiaro, per il semplice fatto che il governo ha dimostrato subito dove verranno impiegati ,i fondii ricavati dai nuovi tributi. 140 miliardi di franchi per assicurare una pansione 'decorosa a tutti i vecchi (circa 4 milioni) indipendentemente dall’anzianità di lavoro. Miliardi per l’impiego neU’ieiconomia di un milione e mezzo di minorati fisici e psichici, per i quali il diritto alla vita non può andare disgiunto dal diritto al lavoro; miliardi a decine niella riforma agraria e della mezzadria in Algeria, dove il problema che la Francia deve risolvere è anche sociale oltre che nazionale; centinaia di miliardi di franchi per l’attuazione del piano biennale per il modernizzamento della produzione e dal quale deve risultare un aumento del 25% del reddito nazionale e del 4% del reddito individuale dei cittadini. Poi ferie pagate portate da due a tre settimane; aslsicurazioni sociali per tutti i lavoratori; statuto per i lavoranti a domicilio; abolizione- delle trattenute previdenziali dalle paghe in zone a basso tenore di vita ecc., eoe. Conti alla mano il governo dimostra cosa fai dei solidi della Francia e la Francia fatta idi frangetesi riflessivi, 'equilibrati, amanti del lavoro e della famiglia quanto -nemici delle avventure paga. Paga perchè vede nella politica del .socialista Mollet la garanzia per uno sviluppo graduale e per la -stabilità nei lavoro, nella vita sociale e nella tranquilla fatta della pace di tutti. Come si vede le inchieste giornalistiche, distruggendo i chliches sui popoli, possono aiutare a. capire anche la politica dei loro governi. Cade così, speriamo, anche il cliches sul giornalista pettegolo e . . . inconcludente!!! in Slovenia). La produzione dei tessuti di canapa (29 mila tonnellate) e ju,ta 590 tonnellate) è, invece, inferiore a quella d’anteguerra (rispettivamente 52 mila e 12 mila tonnellate all’anno) in 80 aziende e stabilimenti, per la maggior parte esistenti in Vojvodina (Serbia) e Croazia. La produzione della seta raggiunge annualmente i 14,500.000 metri quadrati (5 milioni in Slovenia). I maglifìci sono 46, prevalèntemente dislocati in Slovenia, con una produzione globale di 1.460 tonnellate all’anno (in Slovenia 560 tonnellate). Poco sviluppata è l’industria delle confezioni: in tutto 32 fabbriche, delle quali 9 in Slovenia. In totale la partecipazione percentuale alla produzione nazionale è così suddivisa: Slovenia 38%, Croazia 30,8%, Serbia 25,4%, Bosnia Erzegovina 2,9% e Macedonia 2,7%. Pe qualità è in testa, nel ramo laniero, la Serbia mentre Slovenia e Croazia conducono con discreto vantaggio nella produzione dei tessuti di cotone e seta. Nei confronti delle industrie consimili estere, la nostra è comunque arretrata specialmente per ciò che riguarda i mezzi di produzione, per cui i costi sono proporzio- buona parte dipende dall’importazione di materia prima, macchinari, colori, preparati chimici e altro materiale, ausiliare. Con la costruzione del nuovo stabilimento per la produzione di cellulosa a Ložnica, che entrerà prevedibilmente in funzione nel 1958 con una capacità produttiva di 3.200 tonnellate di rayon e 16.200 tonnellate di materie sintetiche, l’importazione verrà notevolmente diminuita. Anche il consumo dei tessili è, da noi, al confronto con quello dei paesi più progrediti, notevolmente inferiore: in Europa la media è di 7 kg. per abitante, mentre in Jugoslavia raggiunge appena i 3,5 kg. Le cifre esposte ci indicano, quindi, che zia la produzione, sia il consumo dei tessili sono di parecchio inferiori a quelli dei paesi dell’Europa occidentale. E per finire ancora un dato: l’introito annuale lordo dell’industria tessile ammonta a 200 miliardi di dinari. La Slovenia (che impiega 25.800 operai e impiegati, ossia il 16% della manodopera industriale slovena, mentre il valore dei mezzi fondamentali di produzione è del $olo 8%) trae dall’industria tessile il 27% del reddito nazionale. MAVIL IL CONCERTO DI PIM BONOMO CAPODISTRIA, 9 — La locale Società turistica ha offerto ieri un piacevole incontro nella sala rinascimentale dell’ex Palazzo Gravisi, attualmente Scuola di Musica. E’ stato un Intimo incontro con i vecchi anteclassici italiani Domenico Scarlatti, Pietro Domenico Paradisi, Domenico Cimarosa, con l’architettonica di Bach, la forza di Beethoven, la bravura di Liszt e con i colorati caleidoscopi di Claude Debussy Questo interessante incontro è stato reso possibile dalla giovane pianista italiana Pina Bonomo, di ritorno dalla sua tournée concertistica in Turchia. E’ questa la seconda volta che Pina Bonomo si presenta dinanzi al pubblico capo- IL CERCHIO DI E. WALLACE «Yale doveva trovarsi poco discosto, seduto all’ombra di un pergolato, e Marei aveva potuto vederlo di sfuggita. «In preda allo spavento, questi corse subito alla stazione per ritornare a Londra, già deciso, nel suo cieco terrore, a uccidere Lightman prima che questi lo uccidesse. «Ma per istrada il coraggio gli mancò, e venne a meno truci consigli: discese dal treno ad una stazione intermedia, rifece a piedi il cammino fino alla villa di Beardmore, e <=i nascose in un bosco in prossimità di essa. Venuta la sera, si avvicinò alla finestra della camera occupata da Yale in quella villa, e vi lanciò dentro una lettera. Certamente, la sera stessa, Yale la lesse e poi la gettò sul fuoco. «Non potrei dire esattamente che cosa essa contenesse, perchè ne ho rinvenuto solo un piccolissimo frammento mezzo abbruciacchiato; nondimeno, dalle poche parole che ho potuto decifrare, posso arguire che con essa Marei dichiarasse a rale press’a poco questo: Lasciami tranquillo e io lascerò tranquillo te. Le altre parole Braccio B., probabilmente si riferivano » qualche parte delle carceri di Tolosa, delle quali Marei voleva evocare il ricordo. «Ma lo sciagurato non si immaginava con qual nemico avesse a che fare; egli evidentemente non aveva potuto rendersi conto dell’attuale situazione dell’ex Lightman, e nemmeno spiegarsi che cosa stesse a fare presso il signor Beardmore. Da quel momento, Marei fu un uomo condannato. «Proprio in quello stesso tempo, egli stava tentando per suo conto un piccolo ricatto al banchiere Brabazon; e questi, per sottrarsi a tale minaccia, ne avvertì il «Cerchio Rosso», del quale era agente. Yale, quando venne a sapere queste circostanze, combinò senz’altro il colpo di Marisburg Place, il quale, come ho già detto, è uno dei più ingegnosi e dei più perfidi da segnare negli annali del delitto. «Il giamo dopo l’assassinio di Marei, il banchiere Brabazon riconobbe la necessità di tagliare la corda e, come prima pre- cauzione, si impossessò del deposito rilevante che il disgraziato Marei aveva alla sua banca. Voleva andare all’astero; ma, avvertito dal «Cerchio Rosso» che la polizia lo ricercava come mandante di quell’assassinio, corse per intanto a nascondersi in quella casa sul fiume . . . che noi abbiamo perquisita.» Qui l’ispettore sorrise ironicamente, e continuò. «Quando dico che l’abbiamo perquisita, intendo dire che l’ha perquisita Yale; egli, infatti, salì nella camera dove si trovava il nostro Brabazon, ma poi se ne venne giù, e mi disse di non aver veduto nessuno.» — C’è ancora una circostanza che desidererei che lei mi chiarisse, signor ispettore — disse il Primo Ministro: — quella •della agressione di Yale, che fu trovato cloroformizzato nel suo studio ... / — Quello è stato un’altro tiro veramente geniale, signor ministro — rispose Pair — e, a tutta prima, ha ingannato anche me. Yale si era legato, ammanettato, cloroformizzato da sè, ma prima aveva messo il denaro di Froyant in una. busta indirizzata alla propria dimora, e l’aveva gettata nel tubo che dal suo studio immetteva la corrispondenza in una cassetta delle lettere sotto il portone del palazzo. Lei ricorderà che, a pochi minuti dell’«aggressione», da quello stesso portone era uscito il postino che aveva vuotata quella cassetta. «Ma, disgraziatamente per Yale, io avevo lasciata Anna nello studio, chiusa dentro l’armadio; ed ella così ha potuto, non solo assistere a tutta questa commedia, ma anche a trovare ìa bottiglia di etere e cloroformio che egli aveva nascosta in un cassetto del suo scrittoio. «L’ultima vittima del «Cerchio Rosso», l’onorevole Raffaele Willings — proseguì l’ispettore, parlando molto chiaro e spiccato / deve la sua vita all’insana passione che concepì per mia figlia, fino al punto di tentarle di farle violenza. Mentre si difendeva da lui, Anna vide un braccio che usciva di dietro la tenda ed impugnava quel pugnale che, in quel giorno stesso, era scomparso dairarmeria di Willings: Faveva rubato Yale, quando al mattino, presentatosi come inviato della Direzione di polizia, era stato ricevuto a Oslow Gardens. Quella lama era diretta al cuore di quel signore, ma fortunatamente mia figlia, con sforzo sovrumano, potè deviarla abbastanza per impedire che il colpo fosse mortale. «Yale, non è il caso di dirlo, anche questa volta era già pronto a scoprire il delitto (direi, anziché deve essere rimasto piuttosto jnale, quando ha dovuto constatare che la vittima non era morta) e senza pensarci due volte lo attribuì immediatamente alla signorina Anna Drummond Parr. «Ora, signori, considerino con quanta accortezza, con quanta finezza quest’uomo procedeva nelle sue operazioni: era riuscito a collocarsi in prima linea tra i detectives privati, e per tal modo poteva procurarsi delle informazioni preziosissime . . . per il «Cerchio Rosso»; era quasi considerato come uno della polizia (e questo in gran parte lo doveva a me), e per tal modo potevano passargli sotto gli occhi anche i più importanti documenti. E’ vero che molte di queste notizie, e parecchi di quei documenti, in realtà non avevano l’importanza e l’esattezza che egli credeva ... Ma ci si perdonerà questa piccola sopercheria in danno di quel nostro . . . collega, se si considera che essa c* valse, ad esempio, a salvare la vita al signor Sandro Beardmore, quando inducemmo Yale a ritener di essere stato il primo e il solo a yedere il proprio ritratto in una istantanea presa a Tolosa, pochi minuti prima della mancata esecuzione capitale che lo riguardava. «Se i signori non desiderano altre spiegazioni, ora avrei finito, poiché non mi resta che accennare ad una circostanza che forse non è nemmeno tanto oscura. Due giorni fa ho detto a Yale che i maggiori delinquenti, di solito, si perdono per degli insignificanti errori di giudizio; e pensavi proprio a lui. Infatti, egli un momento prima aveva avuto la sfrontatezza di darmi ad intendere di essere stato al palazzo di Willings, dopo che questi era già partito in compagnia di Anna, e di avere non senza fatica cavato di bocca ai servi dove essi erano andati Ebbene: ciò è stato sufficiente a perderlo, perchè io già sapevo che egli non era stato a Oslow Gardens fin dal mattino, quando, sotto pretesto di accordargli la protezione della polizia, si era fatto dire da Willings dove avrebbe trascorso il pomeriggio, ed aveva appreso che egli si sarebbe recato nella sua casa di campagna a Hatfield, in compagnia di . . . quell’amico che attendeva per prendere il tè. E Yale, infatti, non aveva avuto bisogno di altre indicazioni per capitare a Hatfield un’ora prima che vi giungessero i servitori.» L’ispettore Parr tacque, e tutti i presenti gli espressero le loro congratulazioni. Poi, il Primo Ministro, con insolita bonarietà disse: — Ancora un momento, signori. Rimane una questione della quale dobbiamo preoccuparci: quale ricompensa daremo a questa intelligente signorina? ... Per quel che riguarda il signor ispettore-capo, la cosa è molto più facile da combinare perchè è vacante un posto di Vice-Intendente. Ma non vedo cosa possiamo fare per la signorina Drumond Parr, oltre a conferirle il premio in denaro che le è dovuto per aver procurato la cattura di questo pericoloso delinquente. Allora, tra la sorpresa generale, si alzò una voce debole e incerta per l’emozione: > —- Non v’è bisogno che lor signori si preocupino di questo — disse Sandro Beardmore. — Noi ci sposeremo al più presto. Quando il vocio dei rallegramenti si calmò, l’ispettore Parr si chinò all’orrecchio di sua figlia: — E tu, «mammina», non me lo hai mai detto? — le chiese in tono di rimprovero. , — Non gliel’ho mai detto nemmeno a lui — rispose Anna, che guardava Sandro meravigliata. — Come? Non ti ha domandato di sposarlo? — chiese ancora il padre stupito. — No — replicò ella — e credi pure che neanche io gli ho mai detto che ero pronta a sposarlo. Però ... il cuore mi diceva da un pezzo che, un giorno o 1 altro, ci sarebbe capitato qualche cosa di simile . . . Lightman, o Yale come continuavano a chiamarlo, si mostrò un condannato esemplare. Apparve solo un pò contrariato quando apprese che non gli avrebbero permesso di fumare durante il percorso fino al luogo dell’esecuzione. —In Francia fanno le cose assai meglio — osservò, imbronciato, al direttore delle carceri. — Le posso diire (che, l’ultima volta che vi sono stato giustiziato . . . Col cappellano manifestò il suo vivo interesse per Anna Drummond. — Di ragazze come queste, padre, non se ne trova una in un milione. Prevedo che andrà a finire che sposerà Beardmore. e quel ragazzo potrà dirsi veramente fortunato. Per conto mio, posso vantarmi che le donne non mi hanno mai fatto perdere la testa, ed è forse per questo che nella vita ho avuto qualche successo: nondimeno, se fossi stato in condizioni da prender moglie, sarei andato a cercarmi una donna come la Drummond. Gli piaceva il cappellano perchè era colto e di manica larga; con lui .si poteva liberamente discorrere di uomini e cose, e Yale aveva veduto quasi' tutto quello che c’era da vedere nel mondo. Una mattina grigia di marzo, entrò nella cella un uomo che gli legò le mani. Yale percorso allegramente il cammino fino al patibolo. Gli passarono lestamente al collo il capestro e gli coprirono la. faccia con una panno bianco; poi il boia fece un passo indietro e afferrò una leva di acciaio. — Speriamo che questa corda almeno non si rompa . . . ■— fece ancora in tempo a dire il condannato. Fu l’ultimo messaggio del «Cerchio Rosso». FINE distriano, e chi ha conosciuto lo scorso anno il suo profilo artistico non ha potuto mancare nemmeno oggi. Pina Bonomo e un’artista relativamente giovane, ma non per ciò meno sorprendente. Già da una visione superficiale del programma abbiamo dedotto due supposizioni: la prima, meno simpatica, si manifestava nel presentimento di una discreta speculazione e freddo razionalismo e la seconda, quasi meno probabile, cl prometteva la scoperta di un grande formato artistico. E quantunque la seconda supposizione si presentasse meno probabile essa si è avverata con la precisione di un miraggio. Il programma cioè ci indicava in modo chiaro che la pianista Pina Bonomo avrebbe dovuto rappresentare in una sola serata al minimo cinque differenti campi stilistici, cioè il rigido gruppo anteclassico Scarlat-ti-Paradisi-Cimarosa e la fredda struttura barocca di Johan Sebastian Bach, data dalla pianista con il «Preludio e fuga in re maggiore» nell’addattamento del Busoni. Il trapasso ai classici è avvenuto con la monumentale «Sonata in do minore op. Ili» di Beethoven, interpretata con maestria. La seconda parte si è conclusa con due preludi dell’impressionista Debussy e con la brillante rapsodia spagnola del virtuoso romantico, Liszt. E’ stato quindi un concerto che ha rivelato un’artista di qualità sorprendenti. Pina Bonomo difatti non è più un’interprete nel senso bizzarro della parola: la sua nota personale si è indirettamente sottoposta alla superiorità delle caratteristiche personali di Bach, Scarlatti, Beethoven, Debussy. Pina Bonomo, cioè, non interpreta a modo suo un Bach o un Beethoven, ma — diremo così — alla Bach o alla Beethoven. Non cela la propria scarsa conoscenza stilistica dietro la «nota personale», com’è il caso di molti, anche noti pianisti, ma si avvicina al contenuto artistico con la semplicità d’animo e di sensi. E ciò è il massimo ch’essa avesse potuto fare. Non diremo troppo, se constatiamo che Pina Bonomo appartiene alle prime file della giovane- generazione pianìstica europea, poiché la sua sorprendente autodisciplina, la sua forza e potenza quasi maschile (Beethoven), la sensibilità per i toni armonici e colorati (Debussy), per le luci e il brillante virtuosismo (Liszt) sono i trascinanti valori della sua arte. LM CURIOSITÀ PANE DAL MARE Le alghe risolveranno il problema alimentare dell' umanità in aumento? Il costante aumento della popolazione del mondo, ha spinto gli scienziati alla ricerca di nuovi metodi per produrre il cibo. Le superili« coltivabili non saranno in grado, ad un certo pùnto, di soddisfare il sempre maggiore numero di abitanti, nonostante l’adottamento di mezzi moderni e scientifici nell’agricoltura. Negli ultimi venti anni, la popolazione del mondo è aumentata del 17 per cento, mentre si è moltiplicata di ben cinque volte negli ultimi 250 anni. Le statistiche dimostrano che l’aumento giornaliero della popolazione del mondo è di 70.000 persone, mentre in un recente congresso a Roma si parlava che tale cifra fosse addirittura di 100.000. Cento anni fa circa, il mondo si trovava nelle stesse condizioni. La popolazione aumentava sì rapidamente che le terre coltivate non erano in grado di mantenere tutti. La fame si faceva sentire. L’invenzione del concime articiale salvò la situazione aumentando di parecchie volte i raccolti. Oggi, a quanto pare, i tempi sono maturi per un nuovo orientamento nella produzione del cibo. Dicono che questo nuovo indirizzo sia da ricercare nelle alghe. La scienza ha fatto nnormi progressi in questo campo ed oggi siamo in grado di fornire nuovissimi dati riguardanti le alghe. SIAMO IRRAZIONALI NOI O LE PIANTE? In un ano, il sole riversa su un metro quadrato di terra circa un milione di chilogrammi di calorie. Tale cifra sarebbe del tutto sufficiente per provvedere all’alimentazione degli abitanti del mondo per alcuni secoli, sempre se la popolazione continuasse ad aumentare con il ritmo attuale. Ma quanta di questa energia solare viene sfruttata dalle piante? Da 0,1 a 0,5 per cento! E che cosa se ne fanno le piante di questa energia? Alimentano le foglie, tronchi, radici ed altre parti del loro organismo, che per noi non sono commestibili. Dobbiamo aggiungere che nemmeno noi siamo più razionali. Anziché mangiare e sfruttare da soli le calorie esistenti nei frutti della terra, ne diamo una buona parte, in forma di Cibo, agli animali domestici che, a loro volta, ci danno il grasso, la carne, le uova. Guardato da un punto di vista economico, questo modo di agire è del tutto sbagliato in quanto persino il miglior maiale ci restituisce, in forma di lardo e carne, appena il 20 percento del valore calorico da noi somministratogli. In Germania, gli scienziati hanno calcolato che gli animali mangiano circa il 65 per cento degli alimenti vegetali, mentre l’uomo ne mangia appena il 20 per cento. Per lo sfruttamento dell’energia solare, la natura si serve della fotosintesi: acido carbonico, più acqua, più energia solare dà zucchero e ossigeno. Il «laboratorio chimico», che ininterrottamente si serve di questo metodo di produzione è la clorofilla, sostanza verde presente in ogni pianta. In quale modo si verifichi questa reazione chimica non lo sappiamo, nonostante i grandi successi conseguiti in questo campo negli ultimi anni. E’ stato constatato, comunque, che la clorofilla sa ordinare il tutto in maniera sì perfetta da superare qualsiasi macchina concepibile da mente umana. Per questo motivo, le fabbriche adotteranno la clorofilla nella loro attività. L’importantissima sostanza servirà quale forza lavoro nel settore solare. La pianta che verrà maggiormente sfruttata è l’alga. Ad essa bastano poche materie inorganiche per manteresi in vita e si moltiplica continuamente dividendosi di volta in volta per due. La suddivisione avviene sotto forma di reazione semplice: un’alga si divide in due, da due ne sorgono quattro, otto e così via. Nel corso di una sola giornata, da un’alga ne nascono 256. C’è ancora un motivo che la fa preferire alle altre piante: per raccoglierla, basta l’aiuto delle macchine più semplici. L’acqua, entro la quale le alhge si moltiplicano, viene fatta passare attraverso ad un centrifugo. L’acqua esce e rimane soltanto una poltiglia composta dalle stesse alghe. Questa poltiglia viene quindi fatta asciugare con lo stesso metodo che si usa per ottenere il latte o le uova in polvere. Il professor Warbug nel 1923 constatò che il 50—70 per cento dell’energia solare che le alghe ribevono, viene trasformata in energia chimica. In pratica, naturalmente, gli scienziati non riescono ad ottenere risultati del genere. Il professor Harding, che ha cominciato a lavorare in questo settore vent’anni fa, riuscì a sfruttare appena il 6 per cento dell’energia contenuta dalle alghe. Nonostante ciò, si ottengono spesso risultati che superano di più volte quelli che ci dà una determinata superficie di terra coltivata con i metodi più moderni. Così, ad esempio, le alghe contenute su un metro quadrato di terra ci danno circa 35.000 calorie, mentre la stessa quantità di barbabietole da zucchero ne dà appena 3.500! Negli Stati Uniti, con l’aiuto della clorella delle alghe, si ricavò, da una determinata superficie di terra, 387 chilogrammi di grasso. Una eguale superficie di terreno coltivabile, diede, con l’aiuto della soia, soltanto 63 chilogrammi. c.