ISTORIA DELLA Contea di Gorizia CARLO MORELLI DI SC1IÖ1NFELD in qunttro Vulumi compresavi un Appentlict; di note illustrative. VOLUME PRIMO che abbraccia l'epoca Dali/Anno 1500 all'Anno 1600. GORIZIA PRRMIATA TIPOGRAFIA PATERNOUt 1855. -- : ; 1 - • - ... A i-: ■ % ' ■ , . s* ' ■ ■ ê Inclita imp. reg. Socictä di agricollura ! y s t o r i a dolía Conte a di G'ovizia di Carlo d e M O T C 1 1 i -¿à Médica v ■r/fí. cS^Ot j Inclita imperial regia fioreote Spcietà agraria di questa Cou tea, ■¿¿^itz-ctt^f&c** -tí? -c-tz-j^t '¿Cp^^/ívi-cf -el-uti^C ^/¿■¿■^ß^. -jy ■ri-ií^i'í'/^Cy yi -ft 'llf-istjpvéiP'i . «Voi Inclita imperial regia SoeietA^'^ y -e ■c-n^ f -a-rjir rrtj r , 11 T- -r't-' -J t rrj¿ ? » / ; ¿ 1 j r./ cír/f^ -r^ /f s- /.jft /¿t-/ i v i f't-Y^f t j ¿¿ft' r / / -£!<.t-e-j+^i-žttsiti -C/Í^ ^[(öL -a . ^ , -e/t -rxítir^^ Inclita, iSocîetà: ^¿ifêt tx&t-u-e ** ««• J-335.) nè le insinuazioni, e Jo istanze del pontefice Eugenio IV. («}. Quantunqne Sigismondo, ed i suoi successori trascurassero di sostenere il patrimonio della chiesa d' Aquileja ; ¡1 senato véneto non per tanto si prese cura di legitlimare, ed autenticare il suo acqüisto. Quindi stipulé ff'i'S' lü-í®.) col patriarca Lodovico Mezzarota successore di Lodovico di Tech una convenzione, nella quale il patriarca, riservandosi il solo dominio della ciltà d'Aquileja, e delle terre di San Vilo, e di San Dámele, riminziô a tulle le ragioni del patriarcato sopra il Friuli per la pensione di poche tnigliaja di ducali, che la cassa d' Udiue dovesse conlribuirgli per T uvvenire. La repuhblica nveva forze baslanti per consolidare un contralto stipululo col patriarca, if quale non aveva allro diritto, che l'usufrulto sul patrimonio della sua chiesa. 1 veneziani padroni del dominio temporale del patriarcato di Aquileja si oprirono senza difficoltà la slrada alF elezione de'patriarchi della quale essi sostennero il possesso dal successore di Mezzarota lino alia soppressione di questa sede. Il pontelice Paolo IL. d'origine venelo elevó (neï íBíSí.) «lia dignità patriarcale suo ñipóte Marco Barbo, e, seguita in ¡loma (An. SSíía.) |a morte di queslo patriarca, Innoceuzo VIII. inclinava a nominarvi il cardinale Cibo ; ma opponendovisi la repubblica, conferí il patriarcato ad Ermolao Burbaru, allora veneto ambasciadore presso la santa sede. O che i veneziani non fossero stati preven» ti, o che avessero penetrata la nomiuazione del Bárbaro, cerlo si è, che il senato elesse Nicolo Donà, ed ad onla delle forti esortazioni fatlegli poclii anni prima da Eugenio IV. a riconoscere il patriarca Mezzarota da esso S-l-lS.), íiominato, onde non fosse dala al . re de'romani occasione di mescolarsi a) " Non leggera infamia, ed odio non indifférente ci siamo allratU „ colT avervi cosi fácilmente assolti dalla scomunicazione „ contra di voi pronuncíala dal concilio „ sono i termini di cui si serre Eugenio IV. nel Breve del di 13 di marzo 1441, diretlo al Doge di Venezia, per annunziargli la nomiuazione sua del nuovo patriarca Lodovico Mezzarota, e per muotere la repubblica a reiulere al patriarca, ed alia sua chiesa tutto quello che ne riteneva. vi introduzione. neir elezione (a), soslenne con tanto vigore il suo caudidalo, che it líarbaro venne a morte (An. 1493.) senza poter giungere alia sede patriareale, la quale poi senza alcuna conlraddizione fu dal Dona occupala. Morí questo patriarca il di 3 setl. dell' anno 1497, e nel susseguente giorno passó il senato all* elezione del suo successore Domenico Grimani. D^allora in poi il señalo, per preveuire ogni opposizione, stahiü per norma, clie il vívente patriarca nominasse il sno successore, rinunziando in favore di luí il patriarcato, riservandosi egli pero il governo della sua chiesa, finché gli piacesse di esercitarlo (6). I poniefici hanno sempre preteso d'aver il diritto della collazione generale de' benefizi. ecclesiaslici, ed i principi ne'secoli addietro poco curanti d'investigare i tiloli, su quali i papi fondavano le loro prelensioni, o ne lasciavano loro il libero esercizio o da loro cliiedevono la facolla, e il privilegio di nominare a' benefizi esistenti ne.' propri domini. Si ha memoria d' una confermazione di tale prerogaliva, concedula (nel 14SS.) dal ponlefice Martillo V. ad Arrigo IV. di Gorizia, suíle rappresenlazioni, che il breve della prima concessione si fosse sinarrito in tempo che il conté fu ritenuto prigioniero da' marchesi d' Este. Ma tale fu in que'secoli la dipendenza de' principi dalla santa sede, che non bastava la concessione d' un solo pontefice, poiché trovasi, che la bolla di papa Hartinó fu al conté Leonardo da Eugenio IV., e da Sisto IV., e finalmente da Inuocenzo VIII. confermata (c). Aveano i conti di Gorizia nel capitolo d' Aquíleja il diritto di nominare un canonico, e come fondatori deH'Abbazia di Rosazzo di eleggere quelfAbbale. Prima dell1 anno 1382 non polea il Clero secolare della contea disporre de' propri beni con testamento •, ed il conté Mainardo VII. gli concedelte questa facolla. Allora il numero delle persone ecclesiastiche era assai ristretlo, non essendovene, a) Ecco le parole del cilato breve: " Transferiremo il predetlo „ patriarca, cioé il ñlezzarola ad un' altra sede, e cosi esso „ rassegnerá il patriarcato iT Aquileja, a cui per essere una „ delle principali dignilá dell' impero, dovrá essere nostro „ malgrado a richiesta del re de' romani da noi proveduto. „ Ignoriamo su chi possa cadere la scella, certo é pero che „ un venelo si poco lo sará, come non lo fu peí passato. „ b) Quesle rinunzie autorizzate dai poniefici chiamavansi dalla curia romana: " abdicaliones cum regressu. „ c) P. Mar lino Ilauzer al lib. 8. de' suoi mommenti norici e friulani. 1ktroduzione vii che quelle necessarie pel servizio délia chiesa. Il clero regolare non si tflslingueva dal secolare, che neir osservanza di particolari rególe relative al proprio istituto ; nô si conferivano gli ordini ecclesiaslici se non a que' soli, che necessarî, o nlili erano alla socielà, per l'esercizio delle opere di carita, e di religione. Caderebbe in acconcio il parlare dell' origine delle noslre parocchie, le quali dovrebbero darci contezza délia popolazione in que' tèmpi délia contea, e farcene conoscere il progresso ; ma la trascuratezza di que'secoli, e le rivoluzioni, che per lungo tempo dislurbarono la chiesa patriarcale, ci privant) di tutte le memorie. Noi sappiamo, che gli abitanti délia terra di Gorizia erano obbligati a ricorrere alla chiesa parocchiale di Salcano per 1' amministrazione de'sacramenti, finché Michele e Giovanni, fratelli di Rabalta, fondarono la cappella dello Spirito Santo (An. 1399.per la comodilà de'lord concittadini : ma ignorasi tanto la precisa época dell'istituzione délia stessa chiesa parocchiale di s. Ilario e Taziano di Gorizia, quanto quella delle antic.he pievi délia contea. Quello, che délia prima si puô dire di cerlo, si è, che verso il fine del secolo XIV. si aveva già dato principio alla fabbrica di essa, poichè esiste una disposizione di certo Pandolfo di Gramogliano, colla quale lega Una marca per la medesima (a). Non lascieremo pero di accennare un arlicolo degli statut! di Cornions, che fit dal conte Giovanni accresciuto di nuove leggi, corne una prova délia vigilanza di que'tempi per la fedele amministrazione delle réndile, e conservaeione de'fondi délia chiesa. Ordina detto principe, clic dalla comunità si eleggessero aumialmente dodici persone, a cui fosse commessa l'ispezione economica de'béni délia chiesa, e che senza il consenso loro, e il consiglio de'nobili non potesse incontrarsi spesa, o impegno alcuno per conto di quella parocchia, uè in qualunque modo potessero alienarsi i beni. HT. R en di t e. Leonardo, ultimo conte, ed Arrigo suo padre facevano per lo più la loro residenza a Lienz, capitale del loro palatinato, e poco a) Memorie mccolte dal conle Sigismondo d'Atteins, Vol. /. vili INTHODUZIONE. en ran do la conlea di Gorizia l'abbandonavano alia discrezione dei ministri. Lo cura delle rendite era generalmente commessa ad un solo soggello, che chiamavasi col nome di scrivano (a). I titoli speziali hanno la loro origine dalla moltiplicazione, e divisione delle incumbenze. Allora tutte, o le principali rendite de1 principi erano fondate sopra i frutti delle terre feudali, e patrimonial!, i quali si riscuotevano sotto il titulo di fitti, di canoni, e di decime, si in natura, che in denaro nel rispettivo distrelto da' capilani, e gastaldi (6), e questi ne rendevano poi conto all'amministratorc generale in Gorizia. Benchè alcuni di questi subalterni aniministratori fossero chiainati capilani, come chiamavasi il governatore della contea ; era questo pero da quelli distinto per la maggiore importanza delle sue commission!', e pel grado superiore della sua autorité. L' amministratore generale delle rendite esigeva ancora le tasse imposte sopra i fondi delle case in Gorizia, ed un tenue dazio sopra il vino, che fin dali'anno 1307 si riscuoleva nel recinto delle mura di detta terra. Queste erano Ie rendite di que* principi, e questi erano gli aggravî de' nostri maggiori. Le imposizioni, alle quali in progresso di tempo furono soggellate le terre, e 1' industria de" sudditi, riconoscono il loro principio dali' alienazione dei beni del principé, la quale diminuí, e quasi estinse le rendite originarle della sovrana camera. IV. Amminislrnzione di Giustizia. Al capitano di Gorizia unilamente assislilo dal cance'Iiere della conlea era commesso il governo interno di lutta la provincia. Questi due, a) Le noslre scritture tedesche il nominano " Schreiber,. b) Sollo gli antichi conti non si ha memoria d" altro capitano, che di quello di Belgrado, e di Duino. I gastaldi erano istituili in più luoghi. Scktearseneck, Vipacco, Reifenbergo, Cormons avevano il loro proprio. ¡Selle noslre scritture sono nominati "Pfleger e Richter„ che abbiamo tradotto *gastaldo„ preso dalla parola longobardica "gastaldusche il Muratori nelle collezioni delle leggi longobardiche spiega colle parole : '-Judex pedaneus oeconomus regis,, le quali corrispondono aWincarico de'nostri "Pfleger e Richter,,. introdüzione. ix congregad alcuiii soggetti, che incontravano per istrada, amministravano la giustizia in pubblica piazza; sotlo una loggia ascoltavano i litiganti, decidevano soramariamente le cause, ed ¡1 cancelliere in forma d'istrumento notava le sentenze. I capitani ed i gastaldi subalterni, sparsi in diversi lerritori della contea, radunati i principali delle comunitá, sotto un albero piantato sulla piazza del villaggio, rendevano giustizia eolio stesso ordine agli abitanti del rispettivo loro distretlo (a), riservata pero l1 appellazione delle loro sentenze al capitano di Gorizia. Kon si ha memoria, che i litiganti di que' tempi si servissero della penna, o della voce dei causidici; la verita scort&ta dalla semplice natura presentavasi a' giudici, ne' quali soli si riputava necessaria la cognizione, e 1' applicazione delle leggi. Benché non abbiamo precisa notizia delle cunsuetudini municipali di que1 secoli, le riforme succedute in progresso accertano, che non inolto diverse fossero da quelle, che oggidi compongono lo statuto di Gorizia. Siccome le leggi pubblicate nell'anno 1366 da Marquardo patriarca d'Aquileja hanno dato norma a quelle, che si leggono negli statuti della patria del Friuli, cosí vedesi palesamente che questi, attesa la loro uniformita, hanno servito di fondamento alie piü autiche costituzioni goriziane. Esiste un decreto del conté Alberto, che concede ai nobili la prerogativa di giudicare i loro servi, ed i couduttori de'loro poderi, e conferisce al gastaldo del paese, il quale prima esercitava la giurisdizione civile sopra il popolo della térra inferiore di Gorizia, e de'luoghi della contea, ne'quali non risiedeva parlicolare capitano 0 gastaldo, la giurisdizione crimínale in tutta la contea; riservando al solo capitano di Gorizia la giurisdizione crimínale fe civile sopra 1 nobili. Apparteneva al corpo della cittadinanza di Gorizia dall' anno 1307 in poi la giurisdizione civile, concedutale da Arrigo II. nella sola cittadella superiore, che il conté Giovanni in nome anche de'suoi fratelli Lodovico, e Leonardo con decreto speciale (1-155.) estese a tutta quella parte inferiore della cittá, che si trovava cinta da un fosso, di cui rimane ancora qualche vestigio ; disimpegnandola cosí dalPautoritá del gastaldo del paese, e disponendo espressamente, che gli abitanti fossero giudicati secondo lo statuto osservato nella térra superiore. a) Questi giudizt ne' villaggi chiamavansi e chiamansi tuttama Prau de, parola derivante dalla lingua slava, che significa "parlare, discuteren. 2 x introdtjzione. Questa sola disposizione basterebbe per credere che 1' osservanza dello statuto di Gorizia non si estendesse oltre il suo fosso, quando un' altra memoria non avvalorasse questa circostanza. I Cormonesi si adunarono nell'anno 1436 per rettificar» le loro leg-gi. La primji legge del loro statuto riguardava le bestemmie; e decretava pena minore per quelle contro Dio, che per quelle contro la beata Vergine. Questo statuto fu confermato, ed accresciuto di nuove leggi (1460.) dal medesimo conté Giovanni perla gastaldia di Cormons. Sono queste minute osservazioni, ma nell' istoria non si vuol trascuraro que'fatti, clie hanno qualche rapporto colVistituzione, e coi costnmi de" nostri maggiori; massimamente allorché si cerca di far un confronto cgllo etato presente. V. Governo interno. Poco si puó diré del governo di que'tempi; si sa peró che i cittadini di Gorizia nel principio del XIV. secolo esigevano un tenue dazio sopra il sale, a titolo di conservare la casa del comune (a), le porte, e le mura della cittá. I mentovati statuti cormonesi ci hanno tramandata la memoria d' alcuni provvedimenti riguardo alFannona. In essi si stabiliscono degl'ispeltori col nonie di giurati (í), i quali avevano l'incumbenza non solo d'invigilare sul giusto peso, e sulla misura de' commestibili e delle grasce, ma ancora di determíname i prezzi. Come da una parte i Cormonesi non consideravano il vino per un generé di prima necessitá, e dall' altra volevano assicurare il consumo d' un prodotto del loro territorio per animare la coltivazione; cosi con un articolo separato proibiron l'introduzione dell' estraneo, fin tanto che peí pubblico bisogno non ne mancasse del proprio. Un altro articolo accordava a chicchesia la libera facoltá di cuocere, e vendere il pane al peso prescritto da'giurati. I regolati mercati a) Denominazione presa dal latino. Du Change riporla un islromenlo: "Aclum Tolosw in domo communi„ perché la comunitá vi si radunava per tratlare de' suoi affari. b) Cosi chiamati dal giuramento, con cui obbligavansi cf accndirc con integritá al loro incarico. inlrodotti sotlo gli antichi conli, I'eretione dello spedale di Gorizia, il quale già esisteva verso il fine del XIV, secolo (a), ed i fossi solterranei praticali nel più antico quartiere délia città inferiore per servire di scolo all'immondizie, fanno onore a' lumi di quel secolo. Finalmente puossi annoverare in questo luogo la fraternità de'calzolaj, sarti, e conciatori di pelli accordata dal conte Giovanni per esercizio d'opere réciprocité di carita, con inibizione d'esercitare il mestiere ne' villaggi vicini alla città ad ognuno, il quale non vi fosse inscritto. Qnesto istiluto che estese col tempo il suo privilegio esclusivo per (utta la contea, servi a' tempi nostri d1 esempio per altri corpi d'arti, onde vincolare I'industria, e restringere la civile liberta. Non eravi ancora in olazione di que' secoli nella contea fosse inferiore di gran lunga aquella de"sasseguenti. Nella metà del XV. secolo in raezzo ad un bosco, che serviva aile caccie degli antichi conti, fu eretta quella chiesa (a), che oggidl vedesi sulla pubblica strada nel territorio di Vipacco, circúndala da una pianura ben coltivala. In Ranziano, Dombergo, ed in Vipulzano avevano questi principi de'castelli, dove dimoravano pel diporto délia caccia. îlolto si diminuí la popolazione nel paese per le frequenti scorrerie dei Turchi (6), i quali verso il fine dell'accennato secolo, spogliatolo delle sue sostanze, ne mettevano gli avanzi a ferro e fuoco, onde gli abitanti, alterriti, o si splvavano dal furore de'barbari in luoghi nascosti (c), o cercavano nuova patria in paesi lontani. Aggiungasi a queste calamita anche la peste insorta replicatamente nei nostri territorî (d), la quale fini di desolarli. Taie suol esser la deplorabil sorte di quelle provincie, alla cui salvezza non vègliano 1 loro principi, ma abbandonate alla sola difesa de'sudditi, le lasciano interamente in balia del caso. Ecco lo stato délia Contea sotto gli antiôhi suoi conti, che si è crédulo opporluno di premettere alla nostra sloria, perché sin come un punto di vista, onde conoscere gradatamente tulti i progressi che fece la nostra patria, col difendere e dilatare fra molte vicende di guerra i suoi confini, col sostenere per via di trattati e di alleanze a) Se si dà fede al P. Bauzer, e se si fa ri/lessione alia denominazione slava di quella chiesa. b) Il Palladio conta selle scorrerie de' Turchi ne' nostri conlorni dall'atino 1470 sino alia fme del secolo. c) Da cid ebbero la loro origine i piccoli forti, e le torri che tutlavia si vedono sparsi sul Carso, nelf Istriae nella Contea, delle comunemenle: Tabor che in lingua slava significa un luogo custodito da guardie. d) Negli anni 1477, 1491, 1494. i proprt dirilti, col riformare le antiche e eollo stabilire nuove leggi, coirordinare e correggerc l'interna amministrazione, col miglioramento delP agricoltura e dell1 industria, col cangiamento del sistema di governo, con la riforma dei costumi, e dellc usanze (legli abitanti, coH* accrescimento délia popolazione, colla miglior costituzione ed amministrazione delle pubbliche rendite, e finalmente col regolare il civile ed ecclesiastico governo dair anno 1500 ail'anno 1790*). *) La premessa introdnzione, che trovasi nel manuscritto inlitolato Istoria délia Contea di Gorizia, differisce in alcune sue parti daW introdnzione inserita nel I. Volume, che, sotlo litolo di Saggio storico délia Contea di Gorizia, si pubblicava nel 1773 e 1854. Rendiamo altenti i nostri leltori sulla chiusa falta daW autor e qui sopra co.i le parole - dall' anno 1500 ail' anno 1790. - Ci offre questa sua dichiarazione un ;i¿us(o criterio, onde renderci certi di cid che già nella brete biografía deWaulore abbiamo esposto, che cioè l' aulore, falte delle aggiunfc e correzioni alla sua opera, la rendeva completa dopo r anno 1790, nel breve spazio che ancora gli reslava di vita, essendo manéalo li 3 setiembre 1792. AWOT.I/IOli:. Per economía di spazio si sono poste ¡n quest' edizione nel testo le date, che nel manoscritto si trovano i scritte in margine, e per distinguerle, si é avuto cura di stamparle con carattere compalto. » ISTORIA della • COITEA m GOEI^IA LIBRO PRIMO. CAPITOrO PRIMO. Massimiliano I. prende il posscsso dclla C o n t e a di Gorizia. EGUITA (13 aprile 15««.) ¡n Lienz, espítale del palatinalo della Carintia, la morle di Leonardo nlíimo degli antichi conti di Gorizia, I'imperadore Massimiliano, che ritrovavasi alia dieta d'Augusta, spedi i conli di Nassau, di Zollern e di Fürstenberg con Irecento cavalli per occupare la contea in Iui devoluta per ragione di sangue, non nieno che per patti di famiglia antecedentemente stipulati, Discendeva Massimiliano da Alberto I. imperadore e da Elisabetta figlia di Mainardo IV. conté del Tirolo e di Gorizia; e si era giá qfll'anno 1394 tra i duchi d'Austria, ed Arrigo IV. e Giovanni Mainardo conté di Gorizia convenuto, che, estingnendosi la linea mascolina dei duchi, dovessero i conti succedere nel dominio della Carniola col mutuo patto, che estinta parimente quella meschile de'conli, succedessero i duchi nella contea di Gorizia, e nel palulinato di Carintia. Questa convenzione fu rinnovata neH'añno 1436 da Federico duca d'Austria in nome anche di suo fralello Alberlo col medesimo Arrigo conté di Gorizia; e finalmente Leonardo, ultimo conté, dopo 2 i s t o n i a averia nella dieta d'Augusta conferinata nell'anno 1474 a Federico imperadore, la ratificó nuovamente nell'anno 1490 a Massimiliano allora re de' Romani. La nobiltá (a), i cittadini (6), e le comuuit& de'villaggi formavano allora quel corpo, che a' tempi nostri é conosciuto sotto il nome ¿i stati provinciali della contea. Tutti uniti, préstalo omaggio, e giurata fedeltá ai messi del nuovo loro sovrano, si riputarono tauto piii felici sotto il dominio di Massimiliano, quanto essi ne consideravano superiore la potenza a quella degli antichi conti. Quantunque i commissari imperiali avessero a nome di Cesare confermato le anliche consueludini ed i privilegi della contea, ció nuil' ostante i gori/.iani deputarouo inviati all* imperadore, si per rinnovare col mezzo di essi i rispettosi sentimenti della loro nbbidienza, che per avvalorare le loro istanze, onde ottenere 1'immediata sovrana confermazione de' loro statuti, che Massimiliano volle accordare con particolare decreto dato in Augusta (3* giujfno 1500.) L'imperadore, senza alterare la forma del governo della contea, ne creó capitano Andrea di Lichtenstein, e conoscendo 1' importanza della situazione della provincia non meno, che dell'eminente posizione del castello di Gorizia, ordinó, che si le mura di queslo, come quelle della Ierra superiore fossero alzate e con nuove torri rinl'orzate; assegnando una parte di quelle rendite per le spese occorrenti. La guerra, che si accese dopo alcuni anni fra 1' imperadore e la repubblica di Venezia, comprovó quanto necessari sieno stali quesli provvedimenti. Noi vedremo la provincia occupala dalle armi venete e, ritornata la contea sotto il dominio austríaco, i goriziani nulla ebbero piii a cuore, che di reiterare il giuramenlo di fedelta e di vassallaggio al naturale loro principe. Massimiliano delegó a tal fine a Gorizia u) I signori d' Allems , Bruderle, Cronschal, Dornberg , Edling di Lausenbaih, Floriani di Flojan, di Thaen detli Fontana, Gardovitsch, Graben, ílais, Hojfer di Renschach, Luegh, Manatí, Neyhaus di Neykojl, Orzon, Papsl, Pippani, Prodolon, Rabatta, Raffaeli, Rascaveri di Rascha, Raunacli, Ribisini, Spranzen, Strassau, Thurn, Vander Vesten, e finalmente gli Ungersbach. componevano le famiglie nobili in que'tempi della contea. b) I Cusirían, Chetner, Klingenstein, Eckenreiter, Puscher, Schuber, Kelbel, Fiorenz, Velenitsch, Tauber, Tolner, Maischner, Vinkler, Malinger, Fajel, Gardina, Schwarz, Remer, ed i Singer erano i piú considerabili in principio di quel secolo. (1511.) Guglielmo di Auersperg capitana della Carniola, Ulrico di Waisbriach capitano della Carintia, Simone d' Ungerspach capilano tli Trieste e di Duino, Bernardo Raunacher capitano di Postoina, Giorgio Ellacher, e Giorgio d'Eck vicedomino della Carniola, colla commissione di ricevere dagli abitanli della contea latto di fedeltà e di ubbidienza, e di confermare in suo nome le antiche consuetudini e gli statuti sotto i passati principi nçlla provincia osservati (a). Malgrado V atténzione, con cui le sovrane dichiarazioni si custodivano, incorsero qucste nella sorte generale deli' archimo, che nella continuazione della guerra andô smarrito. I goriziani ripararono la perdita, ricorrendo a Massimiliano, da cui ottennero con lettere segnate in Inspruck (18 apr. 1518.) la ratificazione delle assicurazioni fatte da'suoi delegati commissarí. a) Valvasor nella sua crónica della Carniola. 2» 4 i s t o b ia CAPITOIiO SËC09ID0. Guerra d ¡ Massimiliano contro repubblicü di Venezia. I. Motivi di questa guerra. ASSIMILIANO dal tempo del suo innalzamento al trono, coll'occasione del viaggio che divisara di fare a Roma, per ricevere ad esempio de'suoi predecessori la corona imperiale, meditava di costringere i feudatarí delV Impero a riconoscere la loro dipendenza, e di far valere i dirilti, ch'esso aveva sopra molli stati in Ilalia, e singolarmente sopra il ducato di Milano, di cui Lodovico XII re di Francia, scacciati gli Sforza, erasi impadronito. Sino dal tempo della dieta congrégala in Wormazia (o) stinió necessario Massimiliano, per sostenere 1' onore e per difendere la liberta della nazione'germanica, minacciata da Carlo VIII re di Francia, il por argine all' ingrandimento de' Francesi, i quali si erano da poco impadroniti della Bretagna e del regno di Napoli. L'animo suo guerriero, la sua sperienza militare, ed il fortunato esito delle sue passate spedizioni Tanimarono ad ogni impresa (6). Lodovico Sforza duca di Milano, e gli stessi a) A'eW anno 1495. b) Fra tullo qubllo, che gli storici lasciarono serillo de' militari talenti di Massimiliano, noi preferiamo di riportare un passo della relazione di Vincenzo Quirini, ambasciadore reneto presso queslo imperadore, presentóla al senato nelVanno 1507. " Esperto nelle guerre e nel governo delli esercili pin di niun „ altro capitano d'Allemagna, sollecito, vigilante, e di grandissimo „ cuore, et queUo che meglio se inlende de ogni sorta di - la Veneziani, ingelositi delle fortúnate armi di Carlo, colle lusinge di generosi soccorsi in danaro sollecitavanlo a passare armato in Italia. Finalmente il trattato conchiuso in Vienna fra Massimiliano, e Ladislao re d'Ungheria (I» Iug> ISO«,), con cui furono sospese almeno le antiche loro dissensioni, e l'amministrazione degli stati dell'arciduca Carlo suo ñipóte, da esso assunta dopo la morte di suo figlio Filippo il Bello, dalla quale sperava di trarre de' considerabili soccorsi, diedero il maggior fomento aile grandiose idee dello stesso (a). Il ponteflce Giulio II., uomo di spirito inquieto e facile a risentirsi, irritato contro Lodovico XII., e maggiormente contro il cardinale d'Ambosia di lui ministro, e suo più forte cômpetitore nell'ultimo conclave, non trascurô d'insinuare con destrezza a Massimiliano, come il re di Francia, le cui mire furono quelle sole di calmare i tumulti di Genova, dipendente allora da' Francesi, disegnava di passare con un esercito in Italia, per trasferire la dignità pontificia nella persona del suo ministro, e per farsi dal medesimo incoronaro imperadore. Seppe il papa si efficacemente avvalorare le sue insinuazioni, e dar tanta forza ai suoi veri o ideati sospetti contra Lodovico, che ne inspiró anche de' simili nelF animo de' Veneziani, a cui si accrebbe in guisa la loro natía diffidenza verso Lodovico, che giunsero a svelare insino » Cesare stesso i propri timori (6). Massimiliano frattanto già pronto alia guerra, convoca (1SOÏ.) una die'ta in Costanza ; comunica agli stati dell' impero il breve pontificio, rappresenta 1*ardite intenzioni di Lodovico, il pericolo, „ arteglieria, e meglio le sa manezar, che li maestri propri , che le fanno, e le adoperano : Ha un crédito inestimabile „ tra tulle le sorte di soldali tedeschi, avendo a tutti per „ molle esperienze dimostralo non fuzir alcun pericolo, nè „ mai abbandonar li sui nella battaglia. a) uDapoi la pace falta quest'anno con Hungaria„ dice Vambasciadore Quirino, " e dupoi la morte del re Philippo ( errore di copia „ e deesi leggere arciduca Philippo) che furono quasi in uno „ stesso tempo, il re de' Romani con mazor fondamento che „ prima, deliberó nel cor suo, per quanto 1' ha poi dimostralo „ discender in Italia contra i francesi, per torre la sua corona, „ et questo con il brazzo delV imperio, che per la morte del „ prefatto re Philippo era per rendersi più facile alla esaltazione „ sua, che per avanti. b) Guicciardini. Libro 7. " 6 istoria che sovrastava all' impero germánico di vedere trasferita in un principe estero la corona imperiale, i diritti che tiene P impero sull' Italia, e desta neir animo di tutti que'principi quello spirito di determinazione, e di vendetta, che é necessario per difendere la gloria, e lo splendore d'una intera nazione. Cosi persuasi dichiararono quegli stati il re di Francia nemico dell' impero, e stabilirono non solo d' opporsi colle maggiori forze a' supposti di lui disegni, ma di costringerlo ancora ad abbandonare il ducato di Milano conquístalo sopra Lodovico Sforza, accordando a Massimiliano 22000 uomini per accompagnarlo nel suo imminente viaggio in Italia (o). Aveva Massimiliano, prima che gli slati dell'impero si fossero uniti in Costanza, delegati a Venezia il cardinal^ di Bressanone, e I* elettore di Treviri (6) colla commissione di annunziare alia repubblica la sua intenzione di trasferirsi in Roma, affine di ricevere la corona imperiale, e di chieder il passaggio per gli slati di lei; assicurandola che ben lontano dall' arrecarle alcun danno, era anzi disposto di ' collegarsi con lei peí comune vantaggio. Benché le vere intenzioni di Massimiliano non fossero in Yenezia bastantemente conosciute, ció non oslante nna parte di quel senato pareva disposta a dichiararsi neutrale; ma sollecitato replicatamente dal re di Francia all'adempimentó del trattato di Blois seco stipulato (c), il quale espressamente proibiva di concedere il transito a rispettivi nemici, e conseguenlemente anche a Massimiliano, si vide costretlo di prendere impegno nelPuho, o nell'allro partito. Non fu mai dibattuto in senato un affare con piii ponderazione di questo. Si trattava di offendere l'imperadore, o d'irritare il re a) « In questa dieta, (dice il Quirini nella citata relazione), „ redutla in Costanza la Maeslá del re, propose nel primo „ zorno, che per securlá et honor delV imperio el se dotesse „ radunar tal esercito che 'l potesse recuperar le jurisdition „ sue, el mantener la corona imperiale in Alemagna, perché „ facendo altramente il re di Franza andana a camino di „ usurparla, se presto non se li protvedeva, et per la dieta „ in brevi zorni fu determínalo unitamente di noler totalmente » far la provisione, che Vimperio non ruvinasse, et radunar „ tal esercito che Sua Maeslá potesse recuperar le jurisdition „ della corona, come per mié di 6 marzo copiosamente scrissi. b) Relazione deWambasciüdore Vincenzo Quirini. c) Nel di 15 aprile delV anno 1499. di Francia. Tre dei più cospicui senatori (a) furono di parere d' abbracciare Talleanza di Massimiliano, ma la loro opinione fu combattuta e contraddetta da Andrea GrittíJ' uomo il più accreditato che allora avesse la repubblica. Bappresenlô quesli le ragioni, per cui dovesse essere sospetta all' Italia, ed in ¡spécialité ai Yeneziani la potenza dell' imperadore, e quella principalmente de' principi di casa d' Austria, da cui pretendeyansi come ereditar! e patrimoniali molti territorí, che la repubblica possedeva (6). L' opinione del Gritti prevalse ; ed il senato deliberó di perseverare nell' alleanza di Lodovico, e di negar il passaggio alie truppe di Massimiliano, eccordando bensi a lui ed alla sua corte quegli onori, e quelle attenzioni ch' erano dovute alla maeslà delta sua persona, state già úsate in simili incontri a' suoi predecessori. Malgrado le ripulse della repubblica, tali e cosí forti erano le lusinglie di Massimiliano d' indurla ad abbracciare le sue proposizioni, ch' egli non si stancó di protestare replicatamente a quel senato col mezzo dell'ambasciadore Vincenzo Quirini la rettitudine delle sue intenzioni (c) ; e benchè sdegnato dalle reiterate negative de'Veneziani a)' Domenico Morosini, Paolo Balbi, ed Andrea Venier. b) "Muña cosa ci sarebbe, (sono le parole di Andrea Gritti „ riportate da Guiccardini al libro 7) più perniciosa, che „ il avere il re dei romani Slato in Italia; si per l'auloritá „ deir imperio, 1'aumento del quale ci ha setnpre essere „ sospetlo ; si per cotilo della casa d' Austria, che pretende „ ragioni in molle Ierre nostre, si per la ticinilà della „ Germania, V innondationi della quale son troppo pericolose „ al nostro Dominio. c) üobbiamo trascrivere un passo della relazione di Vincenzo Quirini, tí quale svela le mire di ílassimiliano. " Prima che „ delta Dieta (cio'e di Costanza ) si licenciasse totalmente, „ furono li principi in consvltazione, come dovessero proceder „ colla Sublimità Voslra, e tutti unitamente, eccetto il re, „ tolevano radunar lo esercito, et senza farli altro moto „ passar per il suo paese per forza, non potendo altrimenle, e „ molti delli principi usarono male e dishoneste parole contra „ questo Eccellentissimo Senato, come per molte mié scrissi, „ dicendo che forsi bono saria per loro accettar quelli honorati „ parliti che offeriva Franza, et drizzar lo esercito contra Veneziani „ che tengon usurpate tante et si belle cose dell'imperio, 8 istoria licenzíato avesse dalla sua corte il Quirini, tanta era la ripugnanza di romperla colla repubblica, cbe fcce intendere per I' ultima volla al genato la sua determinazione, accordando al Quirini di potersi tratlencre entro i confini degli slati suoi, fino a tanto che quesli ricevssse da Venezia 1' ultima definitiva risposta, se la repubblica si disponeva di riceverlo o come amico, o come nemico nelle sue terre. II Senato non si rimosse dalle sue prime dichiarazioni, e l1 allontanamento del Quirini diede fine ad ogni ulteriore trattato coi Veneziani (a). Ugualmente contrari alie misure di Massimiliano furono altri maneggi. Non era ancora sciolta la dieta in Costanza , che il re Lodovico, ridotta Genova alia primiera ubbidienza, non solo diede congedo alie sue truppe ed abbandonó l1 Italia, ma spedi ancora in Costanza occullamenle uomini propri, i quali non si dimostrando in pubblico, ma procedendo segretissimamente, si sforzavano con occulto favore de' principi amici suoi di mitigare gli animi degli altri (6). Gli Svizzeri, che tentó Massimiliano di assoldare, sedotti dagli arlifizi della Francia, ricusaron» di militare per esso; e tutti i grandi sussidi, che promeltevasi egli dalle cilla e dai signori d'Italia, si ridussero al tenue soecorso di mila ducati, che somiuinistrarono i Sanesi. „ sema pur volerle riconoscere: I\'e tra tulli li principi si n trovo altri che il re solo, che dicesse non esier onesto „ andar contra questa repubblica, che mai non é stata contro „ il honor di Germania, el lasciar stare Franzesi, che altro „ non cercano, che rutinaria, et che meglio era xeder per „ ultima concltisione la risoluzion della Sublimitá Voslra, el „ poi determinar qaanto parerá piu espediente. „ a) La relazione del Quirini non lascia verun dubbio su quesli falti. Noi riporleremo il passó piu opportuno al noslro proposito. u Non aterido in spatio di molti zorni risposta, „ consentí (Massimiliano) che li principi della Dieta ai 27 „ di Lujo, dopo concluso il tullo, mi licentiassero dalla, corte, „ alia qual non dovessi ritornar senza una ultima risoluzionc „ di quanto fosse per voler fare questo Eccellentissimo Señalo „ nella sua speditione, et con tutlo cid sottomano a di 2 „ agosto mi fe ce intendere, che se Vostra Sublimitá li concedería „ il passo a parte dello esército con promissione di non tor „ le armi in mano contra lui, la resterá contenta. „ b) Guiceiardini. Libro 7. Lo stesso papa Giulio, il pringo motore di quesli toibidi, inlimorito dalla pérseveranza de' Ven-ziani, dalla forza dei Franccsi, e dallo spirilo bellicoso di Massimiliano, il qualb poleva nsvegl'are !e anticlie pretensioni sopra l-1 Italia, cambio senlimenti, ed incaiico il cardinale di Santa Croce suo légalo, d' impiegare ogni mezzo, onrle divertire Cesare da un viaggio, a cui un ani:o prima avevulo ccn tanto impegno animato. Ad onta di tante opposizioni e di tanti svantaggi, o fosse Massimiliano troppo avsr.zato nel suo ¡mpegr.o, per non dover retrocedere, o confidasse neir arte ed esperienza sua militare, o finalmente seguisse, lo che senibra più probabile, gli impulsi dell' irrítalo ed ¡nasprito animo suo peí partilo preso dal señalo veneto, deliberó in fine di volgere le sue armi conlra quella stessa repubblica, di cui poco prima aveva cércala T amicizia e T alleanza. II. Entra Massimiliano I. negli stuti della repubblica. Colfoggello dunque di questa guerra convoca Massimiliano in tulle le sue provincie un'assemblea degli stati per oltenere soldati e danaro. La Carniola colla contea di Gorizia arruolarono 1500 nomini coll'obbligo del loro mantenimento peí corso di tre anni. Arrivato 1' imperadore in Inspruek, uni in Bolzano gli slali del Tiróla, i qunli con sollecitudine allestirono un corpo di 5000 combattenti. L'arliglieria era gia avalízala in piíi luoglii ai coiifmi dell'Italia, qunndo Massimiliano, forse per giuslificare maggiormenle le ostili sue opernzioni conlro i veneziani, prima d' intraprenderle, spedi un araldo a Verona, per notificare al Senato la risoluzione del suo psssaggio in Italia, e per dimandare l'alloggio di quatlro mila. cavalli. La risposla consullata in Venezia corrispose alie altre negative deliberazioni della repubblica. Federico margravio di Brandenburgo accompagnalo da due dei suoi figli con buon numero di cavalli presi nella Franconia, marciava da una parte alia volla di Trento, e dalPaltra il duca Enrico di Brunswick con un corpo che si arrolava nelle • austriache provincie, doveva iilcamminarsi verso le frontiere del Friuli. Si pretende, che 10 ISTORIA 11 legalo pontificio vedendo gli apparecclii, i quali annunziavatjo piii ehe sicuro l'ingresso in Italia di Massimiliano e dell'esercito di lui, credette di non dover piii dilTerire la commissione segreta ch' aveva di presentare a Cesare la bolla, scrilta in lettere d'oro, con cui Giulio II. per sollevarlo dall'incomodo di portarsi in Roma, e per non esporlo alle opposizioni, che avrebbe potuto incontrare per » parte de' Veneziani, e de' Francesi, gli conferiva la dignitä imperiale (a). Ma nulla Seppe distorre Massimiliano dal divisato suo piano. Portatosi egli da Inspruck a Trento con una solenne processione (S feb. 1508.) imploró da Dio un fortúnalo esito alie sue imprese, ed alia presenza di Rodolfo principe d'Anhalt, di Matteo Lang di Wellenburg vescovo di Gurk, e di Giorgio Neudeck vescovo di Trento, assunto il titolo d' elelto imperadore dei romani (6), s'incamminó con un corpo di mila e cinquecento cavalli e quatlro mila fanti verso Vicenza. La Francia e la repubblica di Venezia non perdettero intanto di vista Massimiliano, e ne spiarono attentamente tutti i movimenti. Erano giä prevenuli, che tendevano ad un aperta guerra: ma la varíela e moltiplicitä dei movimenti, uniti alia gelosia, colla quale Massimiliano custodiva nella sua mente tullo il piano delle sue intenzioni, tenevanli incerti da qual parte fosse per voliersi. La Francia aveva collocato al Lago maggiore un corpo sotto il comando di Cario d'Ambosia signore di Ciamonte, per coprire lo stato di Milano, e ne aveva spedito un'altro sotto la condotta di Giovanni Giacomo Trivulzio in soccorso de'Veneziani nel territorio di Verona. La repubblica, chiamato a Venezia Nicoló Orsino conté di Pitligliano, con Bartolommeo Alviano, e consultali costoro sulla difesa de' suoi stati, nomino due provveditori, Andrea Gritti e Giorgio Cornaro, delegando questo al governo del Friuli, e 1' allro a quello de1 Reti, perché assistessero i due capitani col consiglio, e coli' opera nella difesa de' territori compresi nel rispettivo governo. Felicissima fu per Massimiliano 1' apertura della campagna in Italia. In poche ore superó egli tutti i ripari che i Veneziani opposero al primo suo passaggio. Occupó la montagna d' Asiago sitúala nel territorio di Vicenza, e s' impodronl delle selte comunila, a) Fugger. Libro VI. b) Justino Góbler riporta nella sua crónica, che Massimiliano abbia in conseguenza di questo atto, falto pubblicare il di 8 di febbrajo nelV anno 1508 in Bolzano, i'Alviano presso la repubblica. II Senato, dopo avergli conferito ii general comando delle Iruppe, «ccresciutogli lo stipendio, e donaíigli tutta l'artiglieria presa agí* imperiali, decretó che fosse rinforzaio il suo corpo, con ordine d'attaccare i dominl dell' imperadore; e coníidó le quattro galere giá armate al comando di Girolamo Contarini, disponendo d' armarue e d' ailestirne allre quattro, per assalire i lidi austriaci. Dopo la sconfilta dei tedeschi non incontró I'Alviano molta resistenza nelle sue operazioni. In pochi giorni (5 ii*arzo 1508) non solo riacquistó il Cadore, ma si impadronl ancora di Pordenone e di Belgrado appartenenti a Massimiliano, disponendosi a volgere le vittoriose sue truppe verso la contea di (lorizia, che sproveduta di milizia, apriva a* Yeneziani la slrada di continuare i loro progressi negli stati austriaci. S' aspettava é vero il duca Enrico di Brunswick con un corpo di truppe arruolate nelle vicine provincie, ma ad onta dei replicati impulsi, onde sollecitato fu a sovvenire la contea, perdé egli tutto il mese d' Aprile in maneggi cogli stati della Carintia, perché aumenlassero i soccorsi, senza disporre nelle pressantissime urgenze di quelli, che avevano gia accordati, ed in tempo, ch' egli con poca gente poteva impadrouirsi del passo fra la Carintia e la contea, permise, che I'Alviano facesse passare un distaccamento in Pletz, ne a) Giovanni Candido. Libro 8. b) Pietro Bembo, lib. 7. Giotunni Fugger, lib. 6 pretende, che le teste dei morti infilzate su delle corde fossero móndate a Venezia. 14 iSToniA tagliasse tulla la comunicazione, ed impedisse ai Goriziani ogui soccorso da quella provincia. Cosí gli stati délia Carniola nulla ommettevano, onde uniré colla maggior sollecitudine un corpo di truppe, parte nazionali e parte croate; ma pressati dalle citlà maritlime a soccorrerle, e temendo la necessità d'esser costretti a difendere il proprio paese, non ispedirono sotlo il comando di Giovanni d'Auersperg in difesa délia contea, che trecento soli archibugieri. Tal era "la situazione in cui trovavasi la contea, allorchè i Veneziani si presentarono improvvisamente (O apr, 1508) avanti Cormons con mille cavalli e nove mila fanti. Giorgio Hoffer, comandante del castello, sostenne per un giorno con valore suppriore aile sue forze Fassedio il più vivo ed il più animato; ma il valore dovette cedere il giorno appresso all'impeto del cannone, ed al numero de' nemici. La maggior parte degli ahitanti di quella terra, e d'altri vicini luoghi rifuggiti nel castello, furono passati col comandante a fil di spada, e lutto rimase in preda de'viucitori (a). Non si ebbe rispetto ai vasi sacri delle chiese, nè all'onore delîe vergini. Il furoro del soldato giunse a tale eccesso, che eccito indignazione nell'animo del provveditor Cornaro, il quale, sperimentando inefficace Faulorilà degli ordini, procuró aile donne un sicuro asilo nelle chiese. (b). Questa novella porto Io spavento nel cuor di tutti gji abitanti délia contea, che senza difesa vedeansi esposti ad uguali danni e disagi. Andrea di Lichtenstein capitano di Gorizia con Giovanni d'Auersperg, e coi principal! - del paese, non potendo far fronte, u) Abbiamo ritrovato fra le scrilture del magistrale) fiscale di Gorizia una memoria scritta in latino, la quale fa ascendere il danno palito dai sudditi in questa occasione a dugento mila ducati d'oro, pretendendo che gli abitanti di lutta la contea uvessero salvato in quel castello tulto quello che avevano di più precioso. " Tante erano le cose preziose, scrive l'anonimo, che il soldato veneto da Cormons sino a Meriano spargeva .. le picciole monete, sprezzandole pel peso, senza far mëtizione .. de' prigioni, ¿ quali a grosse somme dovettero riscattarsi, „ fra i quali trovavasi Daniele di Flejana, il quale ebbe a „ comprare la sua liberlà coW esborso di otlanta ducati d'oro. „ Il Candido al libro 8 parlando di Cormons, dicc: dote moltt „ tesori furono porUiti. „ h) Bembo. Libro 7. . della cortea di gowzia. 15 preser^ delle misure per arrestare almeno i progressi de' nemici. Si presidio la torre posta al ponte dlll'Isonzo eolle migliori truppe, si démoli il ponte, si collocarono guardie alla riva del fiume; animaronsi tutti i sudditi, ch'erano abili ad impugnar le armi alia difesa della patria, e nulla fu omesso di cío, che la fedeltà dovuta al principe e la premura della propria sicurezza poleva suggerire. Ma tutte queste disposizioni erano molto deboli in confronto degli apparecchi, che 1' Aliviano faceva per conquistare la provincia. Lasciato un sufflciente presidio in Cormons, s' avanzo verso Gorizia coll' artiglieria, e coll' armata rinforzata dalla gioventü, la quale allettata dalle prede, s' arruolava sotto le insegne. della repubblica. L' acque ingrossate dalle nevi non permisero a' nemici di passare colle barche l'Isouzo-. L'Alviano prese il partito d'attaccare la torre. La guarnigione difese per un giorno il" suo posto, ma mancándole il di seguente le muuizioni, fu costretta a rendersi (*•* apr. 1508); ed in poche ore fu rifatto da'veneti il ponte distrutto. Divise dagli austriaci longo la. riva del fiume le forze, in nessun luogo furono esse -bastanti ad impedire ai nemici il passo. Trecento cavalli, che dalla parte di Sagrado varcarono l'Isonzo, si unirono senza resistenza all'AIviano, il quale, arrivato colla fanteria sotto le mura di Gorizia, cominciô immantinente a battere col cannone il castello. L' assedio fu per alcuiii giorni con indefesso valore dai liostri sostenuto. I Veneziani diedero in un sol giorno due assalti, e furono in ambedue non senza perdita dagli austriaci respinti, I capitani rinchiusi in Gorizia, sollecitando la spedizione di nuovi soccorsi dalla Carniola, scrissero a quegli stati apr. 1508): ¡[ fuoco del cannone è senza esempio (a). Ma mancato loro ogni rinforzo ed indebolito il presidio, presero il partito di capitolare. Giovanni Scarsaborsa di Cividale fu spedilo dall'AIviano al LicMenstein per istabilire le condizioni (/>). Si convenne, che cederebbesi la città ed il castello ai Veneziani, quando sborsassero quaranta libbre d'oro. La proposizione fu accellata, ed il Cornaro inalberó nello stesso giorno (33 apr.) la bandiera della repubblica. La resa di Gorizia unitamente alia tardanza del duca di Brunswick, non solo pose in costernazione gli abitanti della contea, nía disanimo ancora il suddito delle vicine provincie. Giovanni d' Auersperg si portó incontanente a Lubiana per accelerar la veuuta delle truppe, a) Crónica di Giustino Gobler. b) Crónica di Giustino Gobler. 16 ISTORIA. che da tanto lempo aspettavansí dalla Carinlm, c per raeoegliere colla maggior sollecitudine nella Carniola quelle poche milizie, che in si iirgenti circostanze potevano radnnarsi. Conviene riportare le parole, di cui queslo valenl'uomo si serví, rappresenlando (S-* »PrO al Brunswick la situazione della nostra provincia. 1 Veneziani padroni di Gorizia, non mancheranno in breve d' occupare Vipacco, Postoina e Senosechia per tagliare ogni comunicazione coi nostri lidi. Vi scongiuro perció a venir pin presto che sará possibile in noslro soccorso; impercioccke, se queslo non succede, Sua Maesta in breve resterá spogliata di tutti i suoi porli, di cui V imperadore Federico di gloriosa memoria, faceva tanto conto («). Ma tutte le premure riuscirono infruttuose. La contea fu abbandonata alie poche sue forze. Gaudenzio Gotsch, Giovanni Neyhaus, Cristoforo Cobenzl e Giorgio Gall, che difendevauo i castelli di Uuino, di ReilTembergo, di Santaugelo e di Vipacco, doreltero renderei nel medesimo giorno (SO apr.), e cedere al numero de% vincitori. Mentre l'Alviano, impadronitosi di tutta la contea, si avanzava per la via di térra colle sue truppe verso Trieste, il Contarini ne inlraprese con qualtro galere 1' assedio per mare, ed aveva giá dato principio a batiere col cannone le mura del castello. Si difesero i Triestini con singolár valore, benche la citta fosse nello stesso tempo bloccata in modo, che le si toglieva ogni comunicazione. Ma sopraggiunto al Contarini poco dapoi nuoro rinforzo d' altre qualtro galere e di due navi, per l'incessante fuoco del" artiglieria, che rendea inutile ogni resislenza, Trieste fu costretto a rendersi a patti. AH'annunzio di si fattí avvenimenti esulló il popolo veneto; e singolarmente si compiaceva della conquista di Trieste. La repubblica di Venezia, che si riputava in que' tempi la piü riguardevole potenza commerciante, e che pretendeva sola col dominio la navigazione dell'Adriático, riguardava sin d'allora con gelosia le piazze marittime dipendenti dalla casa d'Austria, e conseguentemente ancora il porto di Trieste, come quello, che per la sua situazione poteva sostenere il commercio in Alemagna. Tutto intento perció il Senato a conservare si preziosi frutti delle sue armi, delegó comandanti in tutti i luoghi conquistati. Trojano Bono fu spedito a Cormons, Marc' Antonio Erizzo in Vipacco e Nicoló Balbi in Duino. La citta di Trieste fu commessa al governo del cavaliere Francesco Cappello ed il castello al comando di Luigi Zane. In fine si destinó Pietro Yenier luogotenente a) Scrilture del magistrato fiscale di Gorizia. deixa tontea di gobizia. 17 di Gorízla e Domenico Grilti comandante del castello, con espressa istruzione di profondare ed allargare le fosse dello fortificazioni, di alzar le vecchie mura, ed intorno a quelle farne delle nuove, come si vedono ancora oggidi» Quantunque TAlviano ovesse con forti presidí guarnito i luoghi ed i castelli dalle sue truppe occupati, gli austriaci dispersi per le sconfitte, seppero riunirsi in parte nei contorni di Vipacco, attaccarono quella guarnigiotie, fecero 1' Erizzo prigioniero, e ricuperarono la térra col castello. Questo piccolo vantaggio divenne funesto per quegli abitanti. Accorsivi con celerila i Veneziani, e supérala ogni resistenza, s'impadronirono nuovamente di Vipacco, posero tutti a fil di spada, e diedero ¡1 sacco a tutte le case. Innondata la contea da truppe nemiche, non era piú possibile ai sudditi dispersi, desolati e senza condoltiero, riunirsi in nessuna parte. Frattanto sbarcati dalle galere venete gli uomini piii atti alie armi, e lasciátane parte alia custodia di Trieste, e parte unita al!' esercito, 1* Alviano ed il provveditore Cornaro s' avanzarono verso Pisino, e senza incontrare veruna resistenza, s1 impadronirono di tutta I' Istria austríaca col tratlo di paese, che fra Fiume e Trieste sino a Postqina si estende. Nello stesso tempo il Contarini, raccolte nel golfo di Fiume le sue galere, ed arruolato in quelle isole un nuovo corpo di mille e piú uomini, si presentó a quella citlá, la qiiale alia comparsa del nemico si rese. Quanto piü si dilatava lo spavento . ed il timore nei popoli austriaci destituti d' ogni soccorso, tanto piü rapidi dovettero essere i progressi delle armi yenete. Ció nulla oslante Bernardino Raunach capitano di Postoina, e Cristoforo Frangipani conté di Madrusio, potente signore della Croazia ed acérrimo nemico dei Veneziani, radunato un piccolo corpo, ebbero coraggio di opporsi alie forze nemiche. Usciti di notte con un buon numero di cavaíli da Postoina, sorpresero un distaccamento di dugento e piü cavalli, U quale con continué scorrerie saccheggiava e devastava quel territorio, ed uccisane la maggior parte, fecero gli altri prigionieri, e, riacquistato ¡1 castello di Premio, occupato dai Veneziani, proseguirono a por freno glle slragi ed ai progressi delle armi nemiche. 18 ISTOIl i A IV. Tregua fra Massimiliano e la repubblica di Venezia. É da creders!, che avessc Massimiliano preveduto sin dal principio delle sue oslilita contra i Veneziani, quanto poco poteva contare sopra 1' esito della sua impresa. Conosceva egli molto bene le vantaggiose circostanze della repubblica, e le deboli sue proprie forze, e quanto poco poteva confidare negli ajuti,. che gli erano stati promessi dai principi dell' impero. Quindi doveagli essere altresl chiaro, che qualunque profitto avesse riportato dalle sue prime operazioni militari, non sarebbe stalo in grado di conservarlo. Dopo aver penelrato nella valle del Cadore, e averne occupati i contorni, ininacciando di proseguiré i suoi rapidi progressi sopra tutto il Friuli, credé col terrore delle armi di sorprendere il Señalo, e in tal guisa obbligarlo a condiscendere al ricercato passaggio per li suoi stati. Spedl a tal effetto a Venezia Luca di Rinaldis suo segretario coiristruzione d'assicurarlo nuovamente, che Caimata, la quale doveva accompagnarlo in Italia, era solamente per sicurezza di sua persona. Ma il Senato che nutriva da una parte i soliti sentimenli di diffidenza verso Massimiliano, e che daU'altra era incoraggito dal provveditore Cornaro colla relazione delle vanlaggiose disposizioni prese dair Alviano, stimó bene di temporeggiare e deludere 1' arte coll1 arte. Destinata tosto della gente fidata, la quale vigilasse sopra la persona del ministro austríaco e ne impedisse a tutti 1' accesso, fu difl'erita sotto vari pretesti la risposta sino all'annunzio della sconfitta del Trautson (o). Questa rotta combinata colla difficolta che incontró 1' imperadore nella Svevia, le quali 1' obbligarono a sospendere la dieta convocata in Ulma con intenzione d' oltenere nuovi e piii forti soccorsi, ed altri aflari che lo trattennero nell' impero, senza poter colla sua presenza invigorire ed animare i sudditi, dovettero delenninarlo ad appigliarsi ai mezzi pronti ed efficaei, onde accomodarsi co'Veneziani, e porre fine ai maggiori loro progressi. Abbracció quindi le ínsinuazioni, di Paolo di Lichtenstein suo luogotenente nel Tirolo, uomo di molto scnno, nel quale aveva somma iidanza, ed invió nuovamente il Rinaldis colla commissione di proporre a quel Senato la tregua per un anno. «) Bembo. Libro 7. . „ DEILA CONTEA DI GORIZIA. 19 La repubblica fu pronta a consentiré alle proposizioni delP inviato, con espressa condizione perô, che la tregua comprendesse ancora gli alleati di lei. Faolo di Lichtenstein autorizzato dalla piena facoltà conferitagli per trattare e stabilire le condizioni della tregua, spedi da Bolzano le credenziali a Giorgio di Neydeck vescovo' di Trento, a Nicoló Firmiano capitano d'Ortenburg, a Cipriano Seretino cancelliere del Tirolo, e ad Enrico Knöringen cavalière teutonico, con facoltà di determinare (gli articoli, ed approvarli in sua vece. Riva, luogo situato al lago di Garda, fu scelto peí congresso. La repubblica nominó ambasciadore Zaccaria Contarini, e ad istanza de' Veneziani per parte di Lodovico re di Francia v' intervennero Giacopo Trivulzio, ed il presidente del Senato di Milano Cario Goffredo: Non volendo questi approvare il trattato senza espresso ordine del re, la tregua senza il loro assenso fu stipulata e sottoscritta (11 g»wg-. 1508) per tre anni (a). Si determinó, che dal giorno della sua puhblicazione peí tratto del tempo suddetto, cessar dovessero d'ammendue le partí tutte le ostilità, che nella tregua dovessero esser compresi per parte dell'imperadore i re d'Ungheria, d'Aragona e d'Inghilterra, e tutti i vassalli dell'impero cogli ajleati di Massimiliano, e per parte della repubblica, il re di Francia, e 1' accennato re d' Aragona con tutti i comuni alleati ; che i sudditi rimanessero nel possesso de' beni, che avevano prima della guerra; che fra i medesimi si restituisse libero ed aperto il commercio come lo era per addietro; che il trattato si pubblicasse in tutti e due i campi nel giorno dopo la sua ratificazione, e che finalmente quella piazza che un sol momento dopo la pubblicazione venisse presa, dovesse essere restituita, In conseguenza di questa convenzione restó per allora la contea di Gorizia in potere de'Veneziaçi ; solamente Postoina, come da loro presa dopo la pubblicazione della tregua, fu restituita agli Austriaci. > , a) Nel contento di - Santa Maria delle graaie, Ira, Riva ed Arco, -3* I3TO RIA CAPITOLO TERZO. Altra guerra fra Massimiliano e la repubblicQ di Veneaia. I. Motivi délia lega di Cambrai. tanto grande alle volte la relazione, che passa Ira un : avvenimento e l'aitro, che spessb accade di dover in ^una storia particolare intrecciar fatti, che sono dei più ^.luminosi ed importante La fermezza con cui la írepubblica di Venezia neg^ il passaggio ad un principe "incapace di tollerar con indilîerenza una ripulsa, assoggettô Ja contea di Gorizia al potere di lei, e la lega di ¡.Cambrai, che per più titoli puô annoverarsi fra le più Ifamose confederazioui dell'Europa, la restituí al suo jtlegittimo principe. La tregua stabilita Ira Massimiliano j&e la repubblica non servi che ad esacerbare maggiormente Kontro di lei I'animo dell'imperadorc. Si sinoderate furono le pubbliche dimostrazioni fatte da'Veneziani pei felici successi delle loro armi, che olfesero non poco 1* austriaca grandezza. L'Alviano ricevûto dal doge e dai principali senatori, fa condotto nel Imcentoro in trionfo a Venezia ; la hobiltà patrizia e la città di Pordenone conquistata últimamente, furono date in dono a lui ed ai suoi discendenti. Onori e premî si preziosi e straordinarî colpirono gli occhi di tutti. Il provveditore Cornaro ordinô in casa propria feste e conviti di tanta magnificenza, che meritarono luogo neH'istorie di quei tempi (a). Questa esultazione fu accompagnata d'una sfrenata insolenza del popolo, tollerata oltre il solito da quel Senato, che sempre pregiossi di difendere la dignilà a) Bembo. Libro 7. delle allre potenze quanta la propria. Non si udivano in Venezia, che canzonette, non si vedevano nelle strade che stampe e pitture che deridevano la raaestà dell'imperadore, e fino nei teatri accordavasi la liberta di rendere la persona di lui non meno ridicola, che odiosa (a). Tali e tanti eccessi di licenziosa baldanza dovevano eccitare nell' animo di Massimiliano sentimenti d'indignazione, e di vendetta. E in fatti fu talmente irritato per l'ardito e disprezzante procedere dei Veneziani, che Fantiča avversione, ch'egli nutriva contra i francesi (6), rimase a segno superata dall' odio concepito contro de'primi, che lasciando ogni altro riguardo d'interesse e di gelosia, risolse di collegarsi con Lodovico XII re di Francia (c)-Comunico egli le sue idee a Matteo Lang vescovo di Gúrk guo ministro, il quale, conoscendo Fimportanza dell'oggetto, volle personalmente porlarsi in Parigi, per condurre a fine con tutta la destrezza il trattato. Lodovico istruito della venuta del vescovo, gli spe(11 incontro a Valenciennes tre distinti persoaaggi per riceverlo ed accompagnarlo. a) Vedasi un passaggio dell' orazione della da Luigi Eliano, ambasciadore del re d^arancia alia dieta d' Augusta li 10 Aprile 1510. " Nell^oro commedie, parlando de' veneziani, „ e ne' pubblici spettacoli ebbero V urdiré di rappresentare „ Vostra Imperiale Maeslá, e di volgerla in ridicolo ne'quadri „ e rilratti con 1'¡sermone : Questi è Massimiliano Imperadore „ de' Romani. „ b) II Dubos nella sua storia della lega di Cambrai rapporta, che Massimiliano per tema, che la sua inimicizia contro la Francia non potesse diminuirsi, leggesse per fomentarla spesso certo Jibro, ch' egli chiitmata il suo libro rosso, in cui uvera notati tutti i dispiaceri ricevuti da' Francesi. c) Sembra che V ambasciadore Quirini abbia nella pite folie cítala relazione antivedute le conseguenze, che la repubblica attrarsi poteva col suo contegno inverso V imperadore. Desenvendo egli le qualitá dell'animo di Massimiliano si esprime fra gli altri nei set/uenli termini: " Ha oltra queste condition lutte, „ il sopradelto re di Romani una natural despositione, che y, innanzi il prenda inimicizia cou uno, il pâtisse molte » injurie, ma guando nell'animo suo ell' ha confirma, Vé poi „ cosa impossibile rimoverlo, tli non cercar sempre vendicarsi „ delle offese. „ 22 ISTOUIA Oltre ¡1 dispiacere, che di fresco il Senato veneto aveva dato al re di Francia, conchindendo la tregua con Cesare senza attendere il suo consenso, l'investitura del ducato di Milano e la riunione di tutto quello Stato, dal quale i Veneziani possedeano la terza parte, era per Lodovico sufficiente motivo di rompere colla repubblica il trattato di Blois fra essi conchiuso contra Massimiliano, e di promuovere e stabilire una lega, che fu uno dei principali oggetti del colloquio, ciregli ebbe poco prima nel Genovesato con Ferdinando re d'Aragona, contrario a' Veneziani per alcuni porti appartenenti al regno di Napoli, ch' essi ritenevano sull1 Adriático. Non ebbe minore difficoltà il ministro imperiale di persuadere a Lodovico, ch1 anche il ponteficé Giulio II, il quale aveva ricevijto dal Senato recenti motivi di dispiacere (o), sarebbe volentieri concorso alia lega per la speranza, di riprendere ai Veneziani alcuni luoghi della Romagua da loro occupati, sopra cui come capo della cliiesa, egli aveva delle pretensioni. Si destinó Cambrai peí congresso. 11 cardinale d' Ambosia, arcivescovo di Roano, sotto lo specioso titolo d'accomodare le cose tra Massimiliano ed il duca di Gheldria protetto da" francesi, fu delegato per parte di Lodovico con aArità eguale alia tiducia, che il re in esso riponeva, e per parte ai Massimiliano venne destinata sua figlia Margherita d'Austria duchessa vedova di Savoja, principessa capace di trattare i più importanti affari. Benchè il nunzio pontificio, e l'ambasciadore del re d'Aragona alia corte di Francia sotto il pretesto d1 avvalorafe coi loro ufficí la pace', accompagnassero il cardinale d'Ambosia, e si trattenessero in Cambrai per tutto il corso del congresso, convengono tuttavia molti storici, che non possa attribuirsi al nunzio, che il solo onore d'aver assistito in qualità di testimonio, ed all'ambasciadore quello d'aver sottoscritto (lOfcdic. 1508) un trattato, i cui articoli fu/ono ctfnchiusi e stipulati da Margherita e dal cardinale. La lega, di cui si tratta, ha troppa relazione colla nostra istoria per non dame ub distinto ragguaglio. Si stabili, che il pontefice, I' imperadore ed i re di Francia e d' Aragona dovessero reciprocamente prestarsi la più valida assistenza per ricuperare i rispettivi territorí /i) II papa conferí nell'anno 1507 a Paleotlo della Rovere suo ñipóle, il vescovalo di Vicenta; il Senato ricusollo, e nominó un patrhio veneto, il quale si sotloscriveva : " Vescovo elello ,, dalV Eccellenlissimo Senato dei Pregai, ,, occupati da'Veneziani (o). Riguardo al papa si trattava delle città di líavenna, di Cervia, di Rimini e di Faenza (ô). Pretendeva Massimiliano Roveredo, Verona, Padova, Vicenza, Trevigi ed il patrimonio della chiesa d'Aquileja colla contea di Gorizia, ed altri luogbi últimamente conquistati da'Veneziani. Brescia, Crema, Bergamo, Cremona ed altri territorí, appartenenti al ducato di Milano, riguardavano il re di Francia ; finalmente peí re d' Aragona destinavansi i porti di Trani, di Brindisi, d' Otranto e di Monopoli. Si convenne che nel primo giorno d'Aprile dell'anno 1509, fulminar dovesse il pontefice una bolla, la quale dichiarasse i Veneziani incorsi nelle apostoliche censure, se fra quaranta giorni non restiluissero le città usurpate alla cbiesa, e, spira to questo termine, autorizzasse i due re Lodovico e Ferdinando ad assalire colParmi gli Stati della repubblica: Massimiliano poi, trascorso detto tempo, sarebbe ancora sciolto d'ogni vincolo dell' ultima tregua fatta colla repubblica, ed invitato dal pontefice ad assisterlo contro la medesima come imperadore ed avvocato della chiesa romana. Disponeva in oltre il trattato, che il re d' Ungheria e d1 Iughilterra, i duchi di Savoja, e di Ferrara col márchese di Mantova fossero jiivitati a concorrere alia lega, la quale dovesse avere si la sua suí^^Biza, che il suo effetto, quando anche Tuno o T altro dei mentoJ^rprincipi non vi aderisse ; che nè I' imperadore, nè Cario suo ñipóte principe di Spagna polessero molestare in verun modo Ferdinando d'Aragona, fin a tanto che durasse la lega, per conto delle rendite e delPamministrazione di Castiglia appartenti allora a Giovanna madre del principe di Spagna; che l1 imperadore per cento mila scudi d' oro conferisse a Lodovico Sforza l'investilura dello stato di Milano, ed il diritto di ripetere tutti i territorí distaccati da quel ducato e tenuti da' Veneziani ; cl>e tutti i, principi concorrenti nella lega fossero singolarmente solleciti in difendere la s. Sede, ed in mantenere illeso il rispetto, che le a) Ermanno Conringio riporta nel suo trattato de'confiai deWimpero il manifesto, che fece pubblicare Massimiliano 1 nelVanno 1509 contro la repubblica di Venezia. " Consideran i gravissimi „ pregiudizí, torti e danni, che i Veneziani hanno con violenza „ inferito, non solo alia santa Sede, ma ancora al Romano „ Impero, alia casa d'A ustria e ad altri principi, con occupare „ i ¡oro stati, come se avessero cospirato alia loro rovina. „ b) L'istoria della lega di Cambrai comprende ancora le città di Imola e di Cesena, ció che il Muratori non accorda. 24 i S T 0 RI a - è dóvuto, che finalmente gli alleati dovessero ratificare il trattato nel .termine di due mesi, e veruno di loro non potesse senza il comune consenso stabilire nè tregua, nè pace co' Veneziani. Questi furono gli articoli délia famosa lega di Cambrai; época del maggior pericolo e della gloria maggiore délia repubblica di Yenezia. II. Incursione degli alleati negli Stafi della repubblica di Venezia neW anno 1500. Un altro trattato, che fu sottoscritto lo stesso giorno per terminare le discrepanze fra il principe di Spagna, ed il duca di Gheldria, e le asseruoai di Antonio Condulmero ambasciadore di Venezia in Parigi, annunziavano una piena tranquillité alla repubblica sopra il congresso di Cambrai. Giacono Coraldo, residente veneto in Milano, ne diede al Senato il cenno, e la condotta di Giulio II ne svelô intieramente l'afl^P. Questi, capo d'una corte féconda di ripieghi, tentó, per evitare ogni altro impegno, di persuadere ai Veneziani di cedere spontaneamente le città sopra cui aveva le sue pretensioni. Il Senato, o che per le recenti vittorie si Masse delle sue forze, o che volesse acquistar tempo per vantaggiare le sue condizioni, non diede udienza alie proposizioni del pontefice. Non tardó perô egli molto a mutar consiglio, e mentre che mostravasi disposto a condiscendere aile pemure di Giulio, impiegava tutti i mezzi per distorre dalla lega Massimiliano ed il re d'Aragona. Vano ed inutile si rese ogni tentativo dei Veneziani. Non potè distaccarsi il pontefice, che aveva con solenne bolla (3» marzo 1SOO) ratificato il contralto, e gli altri principi furono inesprabili. Non rimase alla repubblica altro partito, che di opporre forza a forza, non lasciando perô di procurarsi l'assistenza ed il soccorso dell'Inghilterra, delF Ungheria, e lino quello della porta Ottomana (a), da' quali non riportô che inefficaci promesse. Venue intanto Lodovico re di Francia accompagnato dalla più scelta e valorosa gioventù con lui esercito floridissimo in Italia. a) Andrea Mocenigo. Libro /. Giulio O, che aveva già fulminato interdetti e censure contra la repubblica, mosse nel medesimo lempo le truppe della Chiesa comandate da Francesco María della Rovere suo ñipóte, ed in pochissimi giorni conquistó tutte le città, le quali pfetendea che appartenessero alla s. Sede. Con eguale facilita s'impadronirono le truppe di Ferdinando de' porti suir Adriático. La repubblica impegnava tutte le sue forze nella difesa della Lombardia, e quantunque il suo comandante conte di Pitigliano, conoscendo il pericolo e le conseguenze d'un fatto d'armi, cercasse contra il sentimento dell'Alviano ad arte d'evitarlo, ció non ostante seppe Lodovico cogliere ed il tempo, ed il modo d'attaccarlo, e d' impegnarlo alia famosa battaglia della Ghiarra d' Adda, nella quale Tesercito veneziano fu ¿ntieramente disfaíto, e PAiviano ferito in volto, cadde prigioniero di guerra. Questa sconfitta tolse al Señalo tutta quella speranza che aveva riposta nel cpraggio de'suoi cittadini, e nelle richezze dello stato, e convinto della superiorilà della lega, abbandonô il partit o d' una vana resistenza, e prese quello d' assolvere tutte le città ed i sudditi di terra ferma dal giuramento di fedeltà, di rivolgere le sue provvidenze alla salvezza delle proprie lagune (a), e di placare con suppliche ed atti di sommessione il pontefice e l'imperadore Massimiliano (b). a) Cardinale Bembo. Libro 8. bj Senza far cenno dell' orazione di Antonio Giustiniano inviato della, repubblica a Massimiliano, riportata dal Guicciardini, vediamo quello', che dice in quest' occasione Andrea Mocenigo scrittore reneto. Libro 1. " Al re dei Romani, dice egli, „ furono consegnate le cilla di Verona, di Vicenza, e di „ Padom, perche i Francesi non s' inollrassero d' avantaggio, „ e fu accorduto a Massimilano quanto egli sapea chiedere, „ incessantemente pregando, rimostrando, atiendo egli sempre „ disposto di tutte le cose venete, le quali ora correvano si „ gran pericolo, come di cosa propria, e potendone disporre „ ancora pell'avvenire; stare ora in lui d'arvantaggiare, o di „ rovinare i propri interessi. „ II cardinale Bembo al libro 8 si esprime nei seguenti termini: " Fu eziandio ordinato, che a „ messer Antonio Giustiniano, il quale eletto dal Señalo • „ proDveditor a Cremona era in cammino per andarñ, a $ Massimiliano dirittamente se ne aiulasse, e con lui, se fare „ il polea pace con quulunque dure condizioni conckiudere; e 26 ISTOBIA Cosí Lodovico dopo la rotta de'Veneziani, non solamente riiini in brevissimo tempo il ducato di Milano, ma occupô ancora (nel giug-.) a nome di Massimiliano Verona, Vicenza e Padova ; e se 1'imperadore avesse sollecitamente radunato l'esercito, cbe poi non men tardi che infrutluosamente mando in Italia, avrebbe senza difficoltà estese le sue conquiste sino a Trevigi, la cui nobiltà gli aveva delegato ambasciadori. L'imperadore, rigettando da una parte le illimitate proposizioni della repubblica, ma nOn usando dall'altra nè rigore, nè diligenza nelle sue disposizioni militari, restrinse tutti i provvedimenti e le misure in destinare Giorgio di Neideck vcscovo di Trento con un corpo sufficiente appena al presidio d' una sola città, per occupare lutta quella parte di paese, che di qua del Mincio era da Lodovico a lui riserbata. Questa lentezza ravvivô il coraggio de' Veneziani, i quali ricuperarono (12 lu&l.) Padova, e la conservarono malgrado gli sforzi che si fecero per riacquistarla. Solamente alla fine di Agosto giunse Massimiliano colla sua armata, ne intraprese egli stesso l'assedio, ma il valore della gioventù veneta che la difendeva, unito all'ftdio de' contadini di quei contorni, irritati contra i saccheggi e le violenze del soldato tedesco,_ gli oppose un' insuperabile resistenza, di maniera, che l'imperadore si vide costretto a levare (Sï sett.) l'assedio, ed a ritirar le sue truppe nel Vicentino. I Veneziani non tardarono molto a riprendere la stessa città di Vicenza, e del pari recuperata avrebbero Verona, se le trnppe francesi non avessero rinforzalo il presid.o di quella piazza. Ecco oome essi ristabilirono in Lombardia gli aflari della repubblica, la quale al principio della campagna era ridotta al punto d'abbandonare lutta la terra ferma, e di restringersi nelle sole lagune di Venezia. Non è agevol cosa il dare un preciso ragguaglio de' fatti seguiti nella contea di Gorizia e nel Friuli, non solo in questa campagna, ma in tutto il corso della guerra. I noti ed accreditati storici, che ne hanno tramandate le memorie, intenti particolarmente a'principali avvenimenti d' Italia, non ci hanno lasciato intorno alla nostra _ * „ dissegli che il Señalo era presto a reslituirgli e Trieste, e „ Pordenone e le altre terre, che la repubblica V anno „ innanzi della dizion di lui prese atea, e che quelle altre terre „ della dizione deW imperio, che nel Friuli e nella Lombardia, „ e in quella contrada che Venezia è delta, la repubblica , possedeva, ella lutte, come da lui ricemte estimerebbe. „ provincia notizie sufficienti ad appagare la curiosità dei nostri cittadini (a). Se le truppe di Cesare fossero slate nel loro arrivo piii sollecite, non avrebbero dovuto se non mostrarsi per ricuperare la contea ed i luoghi, che 1' antecedente anno erano stati da' Veneziani conqnistati. 11 Senato aveva ordinato ai comandanti nell' Istria, nella Contea e nelle altre piazze del Friuli di non fare resistenza alie armi di Massimiliano, come abbandonate ayeva le ciltà ed i territorí d' Italia ; ma la ricuperazione di Padova, e le conseguenze che ne risultarono, fecero cangiare le disposizioni della repubblica ed accesero un nuovo fuoco di guerra in queste parti. Nel tempo stesso che Rodolfo principe d'Anhalt con un corpo di truppe discese da quelle montagne, per cui pochi mesi prima Massimiliano era passato nel Cadore, il duca Enrico di Brunswick, che nel precedente anno era stato inútilmente desiderato, entró nella contea colle truppe raccolte nelle provincie âustriache. Divise egli il suo corpo in tre colonne, dando il comando d' una a Cristoforo Frangipani, della seconda a Cristoforo Rauber vescovo di Lubiana unito a Marco Sittich d' Embs, ed a Giovánni d' Auersperg, riserbando a sé stesso il comando della terza. S'attribuisce all'aHività dell'Embs la coraggiosa impresa eseguita ail' ingresso della campagna con un distaccamcnlo della colonna, che commandava Î1 vescovo di Lubiana. Aveano i Veneziani raccolta la milizia urbana, ch'erasi con alcune truppe regolate trincierata nelle adiacenze di Trevignano. Note essendo all'Embs la situazione, le forze ed altre circostanze del nemico e quella singolarmente, che non n' era comandante l'AIviano, si mise prima del giorno alla testa d' un grosso numero di cavalli, e lasciato a parte il castello di Gorizia, e traversáti i colli che a ponente lo circondano, senza esser osservato da' presidí veneti di Gorizia e Gradisca, marciando in frelta, si presenta al campo nemico, lo sorprende, lo attacca, e riporta qué* vantaggi, che per lo piü da un inaspettato assalto derivano. I nemici, ai quali il terrore ingrandiva il pericolo, posti in confusione, si dànno alla fuga. La cavalleria alemanna a) Oltre i noli slorici veneti ed altri, la crónica della Corniola del Valvasor, e la storia scritta da Giovanni Fugger, Giustino Gobler, Michèle Coccíneo e Sigismondo di Herbenstein, che lasciarono di questa guerra compendióse memorie, sono gli scrittori, di cui ci siamo serviti. 4 28 1ST0RIA fa strage nel campo, ed inseguisce i fuggitivi fino aile porte di Udine. (WI. 15«»). L'arditezza dell'Embs eccitô nell' animo de] comandante di Gradisca 1' idea di vendicare F onore delle armi venete, e di rendere fatale la vittoria agli austriáci, tagliando loro tutte le strade del ritorno. Lasciando pertanto uno scarso presidio m quella fortezza, e condotto seco il rimanente della milizia rinforzata di molti fanti aggregati nei-circonvicini villaggi, raggiunse sollecitamente gli Austriáci, ma i Veneziani non trassero da questa spedizione altro vantaggio se non quello d' essere stati spettatori de1 movimenli dell' Embs, il quale, impadronitosi di Cormons, scorse co' suoi cavalli sino a Monfalcone. In questo intervallo la città ed il castello di Gorizia eransi resi al dominio di Massimiliano, ed il duca di'Brunswick, passata la rassegna delle sue truppe e convocato un consiglio di guerra, fatte avea le sue provvidenze per le operazioni della campagna. Si dispose che il corpo del Frangipani non solo occupasse i luoghi nell'Istria perduti, ma fosse anche impiegato in altre imprese e conquiste in quella provincia, riserbata la colonna del duca, e quella del vescovo alie militari operazioui in Frinli. Credette il duca di Brunswick d'incominciare le sue imprese coll' acquisto di Gradisca, di cui i Veneziani aveano accresciute le fortificazioni, e poste in istato di valida difesa. Si presento esso con tutte le sue truppe alia vista della fortezza, e Ife intimo per niezzo d'un araldo la resa. 11 comandante veneto rispóse col cannone e dichiarô di voler difendere la piazza fino all" ultima goccia di sangue. O che il générale austríaco dubilasse della riuscita del suo piano, o che stimasse miglior consiglio 1" iinpiegare il tempo e le truppe in operazioni più facili e più sicure, abbandouô Gradisca, e fatta avanzare una parte del suo corpo verso Meriano, e l'allra verso Cormons, fissô ¡1 suo campo nelle adiacenze di Manzano. L'Embs che profittava d'ogni circostanza, condusse un piccolo distaccamenlo verso il castello dell' abbadia di Rosazzo guardato da gente, che era accorsa da diverse parti, più per salvarsi dagli Austriáci, che per la difesa del luogo. Il comandante prese il partito di rendere il castello per capitolazione. I Veneziani sortirono illesi, gli abitanti conservarono le loro sostanze, ed il capitano austriaco messovi un piccolo presidio, raggiunse colla sua gente il campo del duca di Brunswick. Questo generale, lasciato il posto di Manzano, prese quello di Cervello luogo poco distante d' Udine. Scorse egli e danneggió que1 territori ad oggetto d' irritare i Veneziani che in molto numero si erano rinchiusi in quella città, e d' impegnarli ad una sortita, che gli somministrasse l'occasione d'un falto d'armi da lui ardentemente bramato. Ma Giovanni Paolo Gradenigo provveditore veneto, uomo saggio ed. avveduto non volle mettersi a rischio di perdere un corpO che difendea la capitale del Friuli, e che"tenea gli Auslriaci in tale soggezione, che sebbene vaganti quà e là, non aveano perô poluto riportare alcun vantaggio di conseguenza. Osservô il Gradenigo con animo tranquillo i movimenti d'un generale, il quale non potendo con un fatto d'armi veder decisa la sorte della campagna, e dispcrando d'impadronirsi di quelia città colla forza o coll'arte, abbandonó (SO liigl.) tjuei contorni, e ripigliando la stessa strada, per cui si era avanzato, fermossi la prima notte nelle campagne di Manzano. I villaggi di Bolzano e d'Oleis, il caslello di Stricca, ed altri vicini luoghi furono esposti al furore, alla licenza, ed all'avvidità della soldatesca. Più crudelmente ancora furono traltati gli abitanti di Rosazzo, assoggettatosi di nuovo al dominio veneto pel soccorso d'alquanti soldati vAitigli da Cividale. Gli Austriaci assalirono (SO tust.) quel castello, e passarono tutti quei che vi si trovarono, a fildispada.» I Turchi, che avevano inféstalo pochi anni prima il Friuli, non furono più crudeli. Animato il duca di Brunswick, ed impaziente d'intraprendere fatti pis decisivi, passô colle sue truppe il Natisone a Pilla, e piantato il campo alla vista di Cividale, si trasferi cogli ufflciali maggiori in una eminenza chiamata Zuccola, per riconoscerne la posizione, e per determinare il sito più alto a poter inalzare le batterie. In una notte si compirono nel campo austríaco le disposizioni per l'assedio di Cividale, e prima che il giorno spuntasse, principio a giuocare l'artiglieria, il cui fuoco era si forte e contmuato, che fece crollare le mura che circondano il borgo di san Domenico. Ma il valore degli assediati supero talmente 1'impeto e 1' attività degli Austriaci, che il duca, in luogo di poter impadronirsi della città, dovette nello stesso giorno far fronte ad un distaccamento di ottocenlo cavalli e cinquecenlo fanti, condotti dal provveditore Gradenigo d'Udine i« soccorso di Cividale (a). Queste milizie respinte e poste in fuga, furono da' nostri inseguite fino alle porte d' ondo erano uscite. Bistorarono nella seguente notte i Cividalesi quanto poterono le diroccate mura, opposero ripari aile brecce, e renduli più coraggiosi a) Andrea Mocenigo. Libro 2. 30 I S T O R I A e più avveduti dali'imminente pericolo, si prepararono ad una più vigorosa difesa. Convinto da una parte il duca di Brunswick, che gli assediati non erano punto disposti a cedergli la ciltà, e conoscendo dalPaltra il pericolo, che sovraslar poteva alie sue truppe circondate da numerosi presidí, che di giorno in giorno rinforzavansi in Udine ed in Gradišča, e confidando nella prodezza della sua milizia, deliberó (3 agosto) di daré un assallo generale alla cilla. Fu uguale il coraggio ed il valore d' amen due le parti. Nella difesa s'alfatico lion solo il soldato, ma ogni abitanle. Le donne ed i fanciulli çon intrepidezza superiore al sesso ed all'età, esponevansi sulle mura, e con dardi e con acqua bóllente e pece liquefatta ne respingevano coloro, che con maggior ardore si presenlavano (a). Gli Austriaci, bencliè replicatamente respinti, rinnovavano con indefesso vigore gli assalti, mentre che il cannone batteva incessanteinente le mura. Ad lin impelo si violento e continúalo di gente e d1 artiglieria, avrebbe dovuto cedere la fermezza degli assediati, quando il comandante veneto Federico Contarini, nell' estremo periftlo non avesse preso I'estremo parlito d'aventurare alla testa dei più valorosi soldati della sua guarnigione una sorlita. L'arditezza del veneto capitano quanto scoraggió i nostri, altreltanlo animó i suoi. S'iinpadronl egli di alcuni cannoni ed altri ne inchiodô, e dopo una strage di molli austriaci, fugati gli altri, salvó la citlà, e liberó quel territorio dalle truppe imperiali ritiratesi per la via di Cormons a Gorizia. Tanto poté in un campo aperto la disperazione d1 un indebolito presidio, direlto da un perito condottiere, contro.un çorpo ch'era il giorno prima bastantemente coraggioso per intraprendere e sostenere un assalto. Riflettendo sulle operazioni di questa canipagna, e conoscendo la situazione di questi territorî, è facile il dedurre, che tullí i îiiovimenti si facessero a caso. Senza combinare i piani con la possibilità della riuscita, sortivano i capitani in campagna colle truppe sprovvedute del più necessario al loro sostentamento. Per qualtro seltimane (80 agost.) girammo nei contorni d'Udine e di Cividale, mancanti per quindici gioriii di pane. Fummo costrètti di nutrirsi di sola came. Molli fanti s'ammalamno, e muore V uno dopo V altro. Abbiamo dalo due assalti a Cividale, ed amendue senza effetto. In quesC occasione abbiamo perdulo il Gutenstein, ed altri a) Giovanni Candido. Libro 8. quaranta fanti, ed i feriti se ne muojono ancora. Siaino stati obbligati di ritirarsi con vergogna, e la cacalleria è quasi tutta serna cavalli (a). f caslelli di Tolmino e di Pietz, che tagliavüno ogni comunicazione della conlea colla Carintia, erano tuttavia in potere de1 Veneziani, nel tempo, che i nostri scorrevano il Friuli circondato dalle truppe nemiche. Dopo 1' infelice esito della spedizione di Cividale marciarono gli Austriaci soltanto verso Tolmino, e non avendo potulo rendersi padroni di quel castello, passarono a Pietz. Gli abitanti di quel territorio, affezionati a Massimiliano attendevano con impazienza F incontro di sottomettersi al dominio di lui. Questa circostanza è slata tramandata per tradizione da padre in figlio, e quei sudditi tultavia se ne gloriano. La presa di Pietz fu seguita (1* sett.) da quella di Tolmino. Questo è 1'ultimo falto di quella campagna, tutti gli altri non merilano che se ne faccia special menzione. Le truppe d' amendue le parti condotte senza quell' ordine che ne'tempi posteriori si è introdotto, scorrevano quà e là più depredando, che combatiendo. Altre militari opCTazioni s' intrapresero nell' Islria. I Veneziani a cui quella provincia bagnata dal mare premeva più che il Friuli, furono sollecili non solo di preservare quella parte, che già possedevano, ma di riprendere eziandio l'altra, che in principio della campagna avevano cédula a Massimiliano (A). Vi spedirono perciô Girolamo Contarini con tre galere, e poco appresso con altre sedici Antonio Trevisano. Fiume fu da'Veneziani presa, saccheggiata e distrutta; Trieste all'incontro sostenne con valore due assalli, e respinse il nemico. II coraggio degli Istriani naturalmente alie armi inclinati, e sostenuti dai soccorsi della repubblica, ne secondö Te premure e disposizioni. Cristofqy> Frangipani colla presa di Raspo avrebbe termínala la campagna, se il duca di Brunswick, che cercava miglior sorte in Istria di quella che incontrata avea in Friuli, non si fosse con nuova truppa a lui unito (nel sett.), e se non avesse occupato tullo il territorio sino al liume Quieto. Si avanzavano i nostri, ma non perô senza combaltere. Michele Gravisi passato tra Marenfels e Kaspo il Monte maggiore, penetra con un corpo ne' nostri più opulenti villaggi, ma sopraggiunlo (S« ott.) da Sigismondo di Ilerberstein viene steso per mano del inedesimo a terra morto, e le truppe austriache, uccisi molli uernici, e molli faltine prigionieri a) Valentino Prevenhuber negli annali della città di Steyer. b) Andrea Mocenigo. Libro 2. 32 isToniA riaequistarono il boltino. Sebbené Passedio di Marenfels invano tentato da'Veneziani chiudesse la cainpagna di quesl'anno, non perô cessô il nostro soldalo dal molestare con iscorrerie continue quella provincia. . - III. Continuazione della guerra negli anni 1510 e 1511. Sprovveduto Massimiliano di danaro e di truppe, rinnovó i suoi maneggi per impegnare i principi di Germania a prendere parte nella guerra d' Italia. Convocó a tal fine gli stati delf impero in Augusta, dove si trasferi ('O febl>. 151«) iiwjersona con magnifico e numeroso accompagnamento. I principi dis^Tsli a sostenerne con zelo la causa, avevano gia delegalo i loro commissari nel Tirolo per anticipare all'imperadore gli uffizi di congralulazione sopra le sue conquiste, quali si fossero in Italia. Si trovarono quattro elettori con trentasette principi in Augusta all'apertura della dieta, ma le pubbliche insinuazioni non meno, che Taccortezza del pontefice Giulio II, e del Señalo di Venezia, attraversavano le premure di Massimiliano, e ne indebolivano il partito. Ottenuto ch' ebbe il pontefice ció, che egli pretendeva dai Yeneziani, non trovó piii ragione d' esser loro nemico, e principiando a temere delP ¡inminente loro rovina, piü chfc prima temesse della loro potenza, malgrado le piü valide opposizioni dei ministri delP imperadore, e di Lodovico re di Francia, rivocó Tinterdetto, e • divenne (2-® ffebb.) loro amico. La riconciliazione col papa rendea meno rislretta, ma non pero di molto avvantaggiata la condizione della repubblica. La lega di Canrbrai era indebolita, ma reslava abbastanza forte, perché il Senato veneto facesse nuovi tentativi, onde conciliarsi Tamicizia di Massimiliano. A tal efletto deputó due ambasciadori, i quali ferinatisi in Ospitaletto, spedirono un moñaco in Augusta, ad oggetto d' oltenere da Cesare la permissione di presentarsi. Malgrado 1' instanze di molti principi, singolarmente del re d' Inghilterra, ed i consigli di Paolo di Liehtenstein ministro di Cesare, e le insinuazioni della stessa imperatrice, lulti inclinati alia pace (a), Massimiliano ricusó di vedere i veneli inviati, facendoli incontrare da Corrado di Zillenhart, senza conferirgli perô autorilà alcuna di traltare, nonchè di convenire (i). Questo fu il secondo fortunato momento ch' ebbe Massimiliano per conchiudere coi Veneziani una vantaggiosa pace, e Tambizione di lui non meno, che la política della Francia glielo fecero perder di vista. Per qjianto generóse fossero le proposizioni della repubblica, negó egli d'acceltarle, risolulo di continuare una guerra, della cui riuscila aveva già deciso la prima campagna fe). Frattanto impiegava Achille Grasso nunzio pontificio ogni mezzo, onde inspirare ai principi dell' impero sentiment! di moderazione e di pace, ed il Senato veneto vi aveva spedito agenti segreli per frapporre difflcoltà ed impedimenli alia somministrazione dei sùssidi (d), ma il nunzio ebbe la mortificazione di vedersi cacciato d'Augusta, e gli esploratori veneli furono teslimoní delF ignominiosa esecuzione sulla força d' un loro compagno (e). Ció non ostante il commercio, che ^J/eneziani esercilavano in quei tempi quasi privatamenle nell' im|Wb, •conciliava loro la propensione di molte città dell'Alemagna (f), e parecchi di qiiei principi posponendo le а) Cardinale Bembo, libro 9. Lo stesso storico al libro 10 dice, che i due ambasciadori portarono seco " malvagie finissime, „ cere bianche e frulli canditi in Egilto, quasi d'ogni maniera „ da conrili regali in molla copia. „ б) Giovanni Fugger. Libro 6. c) Andrea Mocenigo dando raggvaglio al libro 2. di questo negoziato ci lasció serillo cosí : " Alvise Mocenigo e Giovanni „ Cornaro aml&sciadori della repubblica traltarono tungo „ tempo in Ospadaletto coi ministri imperiali per conchiudere „ la pace, e benchè i Veneziani vi ponessero vanlaggiosissime „ condizioni, furono tulle dagli ambasciadori di Massimiliano „ rigettate. „ d) Andrea Mocenigo. Libro 2. e) Fugger. Libro 6. f) 11 celebre segretario della repubblica Fiorentina nel sno ritratto delFAlemagna fa la seguente nota: " e li Veneziani per il „ commercio, ch'egli hanno con gli mercanli delle comunità „ della Magna in ogni cosa ch' egli hanno avulo a fare, o „ traltare con lo imperadore, hanno intesa meglio che alcun „ altro, e sempre sono slati in su 1' honorevole. „ / 34 ISTORIA convenienze e la gloria di Massimiliano al proprio interesse, ripugnavano ad una guerra, che dovea sostenersi in gran parte a loro spese. Anche le pratiche del ponteñce avrebbono più sospesi gli animi dell'adunanza, se Lodovico sollecilo d'opporre maneggi a maneggi, e raggiri a raggiri, non avesse delegato in Augusta Luigi Eliano, ministro in cui le qualità d'uomo di stato e di» leltere vieppií» spiccavano peí talento d' una singolar eloquenza. Questi con una arringa la più veeinenle, che si fosse mai intesa, persuase (1« apr.) la dieta, e supero tutti gli ostacoli. Promisero gli stali a Massimiliano il mantenimento per un anno di sei inila fanti e di mille ottocento cavalli. Lodovico non contento della risoluzione dell' impero, ebbe 1' avvertenza di procurare a Massimiliano ancora 1' aUeanza di Ladislao re d' Ungheria. Era questo principe già stato prevenuto a favore della repubblica dal ponteñce per mezzo del suo nunzio scacciato dalla dieta. Lo stesso Eliano fu inviato in Ungheria per parte del re di Francia, e per quella di Massimiliano Cristoforo Frangipani ed Andrea ifr Lamberg. L'oratore francese seppe dipingere con colori si vivi i^OTti fatti da' Veneziani alF unghera nazione, ch1 eccitó nelP animo d' essa uno spirito d'edio e di vendetta contro di loro (a). Fu presa la deliberazione di altaccare la Dalmazia, ma tutte le disposi/.ioni si restrinsero poi ad intimare una guerra, che non fu mai intrapresa. In fine Lodovico, dopo essersi assicurato con un particolare trattato del re d'lnghilterra, congiuró coll'imperadore 1' estremo eccidio della repubblica, e dispose i mezzi più vigorosi per eseguire tale disegno. AlF incontro ugualmenle forte ed efficace dimostrossi in favore della repubblica F amicizia del pontefice. Accordó egli a' suoi sudditi la facoltà di prendere servizio solto le insegpe di lei; adunó in pochissimo tempo un corpo di dieci inila fanti e quattro mila cavalli, e verso il fine deir anno si pose egli stesso in età di settant' anni alla testa delle sue truppe contro il duca di Ferrara, uno de'collegati nelP alleanza. Non vantaggiavansi perció punto gli affari de'Veneziani. I loro comandanti tentarono due volte inútilmente la presa di Verona, e le militari spedizioni nei nostri contomi finirono tutte con loro discapito. Gli Udiuesi, irritati dai danni prodotti P antecedente anno dalle truppe auslriache, aprirono la campagna nei Friuli. Girolamo Savorgnani, che godea la confidenza tanto del Señalo, quanto dei cittadini, uni un corpo di dieci mila fanti, di cui la maggior parte fu impiegata a coprire quel tratto di paese, ch' è situato oltre la Piave, mentre gli imperiali scesi dai monti molestavano frequentemente il bellunese, il feltrino ed il trevigiano, anzi passato quel fiume, si impadronirono d' Gderzo, della Motta e di Sacile. II castello di Cormons, di cui ora si veggono appena le rovine, era in quei tempi riguardo alie sue mura, non meno, che alla sua posizione, di molta importanza. Innalzato air estremità di quella catena di colli, che a ponente circondano la contea, e sostenuto dal castello di Gorizia, copriva un tratto di paese, da cui potçvano i nostri molestare, e danneggiare il nemico. II provveditore veneto Luigi Delflno si propose la conquista di detto luogo, e per rendersela meno inalagevole, dispose di tagliarne prima la comunicazione, che aveva col presidio di Gorizia. Sortito con un corpo di milizia d'Udine (sul fine di febl») giunse nel primo giorno sino a Meriano. II movimento del Delflno dagli stessi suoi soldati non meno che dagli austriaci, si credelte diretto verso Cormons. Tutte le truppe imperiali che aveano l'opportunité di soccorrere quella piazza, ne accorsero alla difesa. Frattanto il provveditore lasciatola a sinistra, investe il castello di Vipulzano, ¡1 quale privo di bastante presidio si rende. Animato il veneto comandante dalla prima spedizione, si avvanza nei colli ed attacca, ma con diversa sorte, il castello di San Martino. Gli Austriaci, scoperle le vere intenzioni del nemico, uniscono le loro truppe, e lo costringono a ritirarsi a Gradisca, dopo aver dato di passaggio il sacco alla terra di Cormons. Nello stesso tempo si rinnovarono le ostilità in Istria. Avevano i Veneziani verso la fine dell'anno precedente data ad Andrea Tarsia, citladino di Capodistria, la commissione di raccogliere un corpo per opporlo a quello del Frangipani. Uni il Tarsia quattro mila fanti divisi in due colonne, una delle quali erada lui comandata, e l'altra da Domenico Civrano. Avanzossi questi sin sotto Tersalto, di cui non si tosto intraprese l'assedio, che l'abbandonó disanimato dalle frequenti sortite degli Austriaci. Ugual sorte ebbe il Tarsia" in una altra spedizione, imperocchè proponendosi egli la conquista di Pisino, diresse la sua mossa a Castelnuovo e a Piemonte, ed occupati questi due luoghi tentó d'invadere Galignana. Gli assediati non solamente si difesero valorosamente, ma respinsero inoltre í nemici con grave lor perdita. Non furono in altra parte si felici le operazioni del Frangipani. I suoi distaccamenti per Rozzo e per Rovigno, dovettero retrocederá dopo alcune zuffe, ed inseguiti dal Civrano alia testa d'un corpo di 4* 36 J S T O R I A lancie 8 cavallo, e raggiunti nelle vicinaDM di Castelnuovo fnrono •ttaccati, e dopo un combattimento sostenulo con valore costretti di cedere alla supériorité delle forze. Frattanto gli Auslriaci non ineno 1 che i Veneziam riceveVano nuovi rinforzi; ció che cagionava Ira loro piccole bensi, ma freqiienti scaramuccie. La dubbia sorte delle armí eccitó «na reciproca emulazione nei capitani, che accrebbe loro la voglia di venire spesso alle mani nell'Istria. I Muggiesi avevano respinta una nave di Trieste, che era loro di disturbo. I Trieslini impazienti di vendicarsi armarono altre quattro navi, colle qunli infestarono lutta quella costa, e tagliarono agli Istriani la comunicazione delle vettovaglie, e dei soccorsi per mare. Dalla parte di terra il Frangipani, inviato nelle adiacenze di Pisino un corpo di cavalleria, per divertire il nemico, penetró coi suoi -croati nel territorio di Capodistria. La gente di campagna riempiuta di spavento, abbandonando e terre e case, le lasciö alla discrezione del soldalo. Gli abitanti di Capodistria uniscono con sollecitudine un corpo numeroso, risoluli non solo di far fronte al Frangipani, ma eziandio d' attaccarlo e respingerlo. II capitano austríaco finge di ritirarsi, imbosca nelle vicfnanze di Cervical un dislaccamento de' suoi, ed ordina per sorprendere nel aguato i nemíci, che alquanti scorrano l'aperta campagna. I Veneziani s' impegnano in una zuffa, ed inrestiti dalla gente imboscata cadono tutti, o morti o prigionieri (a). Tali piccoli fatti, e continue prede comprendono tutti i progressi di questa campagna nell' Istria. Non furono più considerabili in quest' anno le imprese nel Friuli. Lo stesso giorno (■* lugl.), che gli Austriaci incominciarono l'assedio di Gradišča, il fuoco del cannone nemico fecelo ancora abbandonare. I vantaggi degli assediati superavano allora di molto I' arte degli assedianti. Le truppe arruolate secondo le circostanze del luogo e del bisogno esercitavano, senz' ordine e disciplina lina guerra, la quale era di gran Iunga più molesta ai sudditi, che vantaggiosa ai principi. Ignoravasi l'arte di pianlare e condurra lin assedio, ed ogni piazza in situazione eminente, e cinta di solide mura riputavasi inespugnabile. Le principal! spedizioni militari si rivolgeano in danno delle campagne, dei villaggi e dei borghi aperti; onde frequenti erano le scorrerie, che spogliavano i cittadini della vita e delle sostanze, e rarissimi i fatti,- che decidessero della sorte d' intiere proviiicie. In questo mentre aveva ¡1 Senato veneto richiamato il provveditore Delilno, o noniinato in sua vece Giovanni Vitturi, che aveva una generale riputazione di prudente ed esperto capitano. Sorti questi (13 nov.) con un buon numero di soldati da Gradišča, e passato alia Mainizza 1' Isouzo, ne aseóse la maggior parle sollo le alte sponde del Hume, e s'avanzó coiraltra alia volta di Gorizia. Un distaccamento del presidio del castello lo raggiunge e l'attacca, inseguendolo sino bl vareo del fiume, dove gli Austriaci cadono in agguato colla perdita di molti, o morti o condotti prigionieri in Gradišča. La peste insorta in questa fortezza sospese le ostihlà di questa campagna, e rese necessaria una tregua, che fu più pericolosa della guerra niedesima. Non esiste memoria che il contaggio abbia passato i nostri confini, e non istendendosi oltre Udine nello stato veneto, sfogô in pochi tnesi tutto il suo furore, colla morte di dieci mila persone rapite in quella capitale (a). Massimiliano prese intanto le più vigorose misure per la nuora campagna, che fu nel Friuli la più strepitosa di questa guerra. La militari operazioni principiarono nell'anno 1511 in Istria, dove i Veneziani oltre la supériorité delle forze navali, avevauo un altro importante vantaggio. Quel popolo guerriero di sua natura, e ben affetto alia repubblica formava un corpo stabile e regolato, capace di sôstenere nel proprio territorio una guerra nun interrotta. AU' incontro le truppe di Massimiliano raccolte da molti stati, e dipendentí da molti padroni, arruolate con impegno periodico, e con poca esattezza osservato (6), non pratiche di quelle contrade, nè a) Candido libro 8, e Giownfrancesco Palladio. Parte II. lib. 2. b)L' autore del mentecato ritratto deW Alemagna, parlando della guerra di Massimiliano delV anno 1508, fa su tal proposito la seguente osservazione : " quando V imperadore la prima , voila voile passare contro la volontà de'Veneziani e Francesi , in Italia, che gli fu promesso dalle comunità della Magna „ nella dieta tenuta in quel lempo a Costanza mila persone „ e tre mila cavalli, e non se n' essere mai poluto metiere „ insieme tanto, che aggiungessimo a cinque mila: e queslo „ perché, quando quelle d'una comunilà arrivavano, quelle d'un „ allra si partivano per avere finito, e qualcuna data in „ cambio danari, i quali per pigliar luogo fácilmente, e per , questa e per l'altre ragioni, le genti non si raccaztatano, y¡ e la impresa ando male. „ 38 ISTORIA puntualmente pagate, e spessb sprovvedute di tullo, erano domínate più dallo spiríto di preda, che da quello di gloria, e di zelo. Alcuni Iegni di Muggia sorpresero di notte, ed incendiarono tutte le barche, che si trovarono nel porto di Trieste. Quest' insulto irritó a segno quegli abitanti, che presero la determinazione d'assediare Muggia con alcune navi per mare, e con un corpo di fresche truppe per terra ; ma respinti con perdita, costretti furono ad abbandonare I' impresa. Non contenti gl' Islriani d'aver renduli infruttuosi i disegni dei Iriestini congiurarono alia total distruzione della citlà e di quel territorio. Tutti i navigli d' Istria si unirono avanti Trieste nel tempo stesso, che un corpo di milizia veneta marció a quella volta per terra. Si devastano le campagne, si recidono dalle radici le piante, s'incendiano le case e si passano a fil di spada i cittadini. II Civrano anima la barbarie de' soldati, e con un distaccainento porta la strage e la desolazione a Postoina. Malgrado I' orribile speltacolo che lasciava dietro a sè il furore dei nemici, non si perdè d'aniiiio il Frangipani. Raccolti solícitamente gli avanzi delle disperse sue truppe, le pone in agguato nelle vicinanze di Senoscchia, sorprende i vincitori, che ritornano carichi di spoglie, li disordina e li sconfigge. II capitano veneto solo trovó con poclii cavalli la strada di salvarsi. Rinforzato il générale austríaco il suo corpo, penetra nel territorio nemico, e pone tutta la sua gloria in desolarlo. La disíruzione deL suddito era I' único frutto, che traevano amendue le parti da questa gpedizione. Non prima della mezza state s'accese il fuoco in Friuli. Gli imperiali condotti dal duca di Brunswick passate le montagne erano penetrati nel fellrino, ed avevano occupalo in breve tempo tullo il Friuli. Col vescovo di Lubiana e con Crisloforo di Rogendorf, Giorgio di Liehtenstein giunse (I® sett. 1511) colle sue truppe sino nel villaggio cbiamato Ripa del Tagliamento, da dove intimó ai cittadini d' Udme, che delegassero al suo campo ambasciadori a prestargli queir omaggia, ed a implorare quella protezione, che poteva salvare loro -le sostanze e la vita, che ricusando questo alto d'ossequio e d'ubbidienza, sarebbono eglino esposti all' estremo eccidio del ferro e del fuoco, onde la città loro servisse d'esempio e di terrore a tutti coloro, che ardissero opporsi alie armi di Cesare. Una tale dichiarazione avvalorata da un numero considerabile di soldatesca disarmó le braccia di tutti gli abitanti. Luigi Gradenigo abbandonando di notte la città, tolse ogni esitazione ai cilladini, i quali nel seguente giorno inviarono ai comandanti imperial!, che si erano avanzati a Coloretto di Pralo sette ambasciadori, per annunziare la resa volonlaria (SO sett.) della capitale del Friuli. Gli inviati, dopo aver proinesso 10 sborso di tre mila ducati d'oro nel termine di sette giorni, ritornarono accompagnati con Iettere d'aggradimento dei comandanti austriaci ; e Giovanni di Neyhaus fu destinato al goYerno d' Udine, e di tulta quella provincia. Soja Gradišča era ancora in potere de'Veneziani. La repubblica nulla risparmiô per la speranza di conservarla. II presidio fu rinforzato di Iruppe, di munizioni, ed il nuovo provveditor Luigi Slocenigo non trascurô diligenza alcuna, che servisse alla difesa di lei. Gli Austriaci piantano la più forte artiglieria a fronte della porta sitúala a tramontana, si mette in opera il fuoco con egual furore d' amendue le parti, la resistenza dei nemici anima, ed irrita il valore de'nostri, e I' impegna in un assalto, ch' era allora 1' único itfezzo di terminare gli assedi. Gl'imperiali respinti con perdila di gente rinnovano gli attâcchi, e la fortezza finalmente si rende. La gloria di queste conquiste fu oscurata dalla vergogna di non averie saputo conservare. Parte delle nostre truppe, spiralo il termine dell'impegno, si licenziô, e 1' altra parte intraprese inútilmente I' assedio di Trevigi e di Osoppo. I Veneziani seppero cogliere il tempo, e scegliere i mezzi di riacquistare il Friuli. Giovanni Paolo Gradenigo provveditore di Trevigi alla testa di un corpo considerabile di fresca milizia, fu incaricalo delP impresa. Le città aprirongli le porte, il popolo lo accolse a braccia aperte, ed il Friuli ritornà (primi nov. 1» ( 1) solto il dominio veneto in minor tempo di quello, ch' era caduto in potere di Massimiliano. Tutta la cura dei comandanti austriaci fu di raccogliere gli avvaiizi delle lor truppe, e di condurli alla difesa di Gradišča. Questo forte già bastantemente provveduto d'artiglieria e di munizioni fu rinforzato con un numeroso presidio, e con abbondanti veltovaglie. Queste provvidenze non furono inutili: il Gradenigo impadronitosi del castello di Cormons, e demolitene (S® nov.) per ordine del Senato le mura, non tardô d'avanzarsi verso Gradišča, di occupare con destrezza le adiacenli eminënenze di là deW Isonzo, e di pianlare 11 suo campo nella spianata dirimpeUo alla torre delta Marcella (a). L'araldo veneto spedito secondo il costume di quei tempi per dimamlare la re^a della fortezza, ebbe in risposta nn colpo di 40 IS TO RIA falconetlo, che servi a vendicare la morte d'un araldo austríaco uceiso nello stesso modo sotto Capodistria. Una dichiarazione fatta col cannone era troppo precisa, perché i Veneziaiii non intendessero T animo risoluto, che gli imperiali avevano di difendersi. Il comandante veneto Jpalbera alla testa délia sua truppa le insegne di s. Marco, e dà principio ai lavori delle trincee. Il presidio gradiscano senza perder tempo awenturav una sorlila, attaeca i nemici con felice successo, s'iinpadronisce delle insegne venete, e le innalza alla vista del Gradenigo sopra una delle torri délia fortezza. Irritato il comandante veneto batte col cannone le mura délia piazza ; ed il fuoco inflerendo vieppiù continuo nel giorno susseguente, in cui gli Austriaci si risolvettero di far nuova sortita. Le trincee nemiche furono nello stesso tempo, e sforzate e coperte di morti, ed inchiodati dodici pezzi d'artiglieria, molti vennero condotti prigionieri in Gradišča. Il danno e lo scorno ravvivarono lo spirito dei Veneziani, che inseguirono la guarnigione nella riliraia, ma con nuovo scorno e maggiore danno furono respinti dal cannone délia fortezza. Non abbaudonô perô il Gradenigo 1* impresa, proseguí T assedio, e gli Austriaci cou reilerale sortite riportarono reiterati vantaggi. Ma questi medesiini vantaggi indebolivano il presidio di Gradišča in tempo che il corpo del Gradenigo rinforzavasi di giorno in giorno con nuove truppe. Si lusingô quindi il comandante veneto, che la più vigorosa fermezza cedere in line dovesse a replicati tentativi, e confidando nel numero e nel valore dei suoi soldati, diede gli ordini per un assalto generale. La fortezza fu da ogni parle con ugual impeto investita, ma con pari vigore fu sostenuto 1' assalto dagli assediati. Mille, e più dei nemici caddero nelle fosse, senza che avessero avuto la sorte di occupare nemmeno un palmo di terreno nella piazza. 11 Gradenigo desiste dali'assalto seoza desistere- dalP assedio, ristora con nuova milizia le sue perdite, e spera di vincere col tempo coloro, che non si lasciavano tincere colla forza ; ció che sarebbe seguito, se il Frangipani non avesse libérala Gradišča dal pericolo di doversi rendere, e tolla a'Veneziani tulla la sperauza d'impadronirsene. Sorti questo generale da Gurizia con buon numero di soldati, iinpegnó il corpo del Gradenigo in una zulfa, e guadagnó coi suoi movimenti tanto tempo, che Giovanni Grubler, capilano d' una compagnia di milizía regolata, poté dall'allra parte della fortezza iutrodurvi fresche truppe, le quali unile al presidio presero l'opportun© partito d'una nuova sortita, sconHssero il nemico, e lo costrinsero ad abbandonare çol campo l'assedio. Queslo fu il filie della campagna di queH'anno DELLA CONTEA OI GORIZIA. 41 «elle lioslre parti. II rigore della stagione sospese le operazioni militari, ed il soldato d'amendue le parti ritirossi ne' qnartieri d'invernó« Mentre che il Friuli passö da' Veneziani in potere degli Austriáci, e da questi nuovamente a quelli, non cessavano le oslilità e le stragi neiristria. Un certo Jacominfch di Fiume armati aveva alcuni navigli, coi quali infestava quel mare, molestando e quasi tagliando tullo il commercio degristriani. Non potendo questi batiere il corsale, se la presero Contro la patria di lui, saccheggiandola ed incendiándola in tempo che il Frangipani, rendutosi padrone di Mocco, castello fortifícalo dall'arte e dalla natura, s'incamininava con un grosso corpo direttamente a Muggia. La repubblica, cui singolarmente premeva la conservazíone dei luoghi bagnati dal niare, accorse per mare e per terra con vettovaglie, con munizioni e con gente al soccorso di quella cittadella. Si ripararono quanto poteronsi le muragiie, si diede una maggiore profondità e larghezza alle fosse, in somma nulla si trascurô di ció, che servisse alla salvezza di quella piazza. Le sollecitudini, e T atlività adoperale in questa occasione non riuscirono infruttuose : il Civrano, F único capitano, che i Veneziani potevano opporre al Frangipani, vince gli Austriáci, e costringe il generale ferito nella zuffa, a levare Tassedio.í Tutti gli altri avvenimenti succeduti nelFIstria sono di si poco momento, che non meritano d'esser da noi riportati. Vi sono delle minuzie, che non possono aver luogo neppure nelle memorie d'una istoria particolare. IV. Tregua fra Massimiliano e la repubblica di Venezia; e traf lato d'alleanza dell'imperadore con papa Giulio II contro la medesima nelV anno 1512. L' esito infelice dell'ultima campagna cambio tutti i piani di Massimiliano. O ch' egli fosse persuaso, che il re Lodovico non s' adoperasse in suo favore con quella premura, che aveva dimostrata sul principio della lega, o che lusingato dal pontefice e dal re di Aragona credesse di poter conchiudere colla repubblica di Venezia una pace a sè vantaggiosa, 1'animo di lui si andava sempre piii alienando dal partito francese. Dopo che il vescovo di Gurck a 42 ISTO RIA nome dell' imperadore non solo avcva ratifícalo con particolare trattalo sottoscrilto in Blois (13 nov. I510) con Lodovico la lega di Cambrai; ma secondala eziandio la risoluzione di lui di convocare contro il papa Giulio un concilio generale, e dopo che questo stesso ministro spedilo (sul princ, d« npr. 1511) da Massimiliano a Bologna per traltare col pontefice un ' accomodamento, aveva ricusato di conchiudere la pace colla repubblica, perché volevasi dal trattato esclusa la Francia, e se ne era partito sdegnalo per la renitenza di Giulio, non poleva certame'nte xiuscire che inaspettato al re di Francia ogni cangiamento nella condotta dell' imperadore. Ma il trattato d'alleanza fra il papa, il re . d'Aragona ed i Veneziani (5 ott. 1511) con solennité pubblicato in Roma, l'apparenza che il re d'Inghilterra si déterminasse anche egli contro la Francia, ed i non interrotti maneggi, con cui la corte di Roma ed i Veneziani tenevano tutlavia a bada 1'animo di Massimiliano, lo persuasero a conchiudere una tregua (6 apr. 1513 ) di dieci mesi colla repubblica. Fu stabilito da'ministri dell'uno e dell'altro in Roma, che l'imperadore ricevesse da'Veneziani cinquanta mila fiorini, e fosse lasciato nel tranquillo possesso di Vicenza, di Verona, di Gradišča e di tutti gli altri Iuoghi stati da lui occupati nella guerra. In quesla guisa voltaronsi tutte le armi, che nella confederazione di Cambrai congiurato aveano alla rovina ed alia oppressione della repubblica di Venezia, contro il solo re Lodovico, che ben tosto fu costretlo dalla superiorità dei suoi nemiei ad abbandonare con gran disagio della sua armata lo stato di Milano. La troppó grande fortuna delle armi collegate suscitó nuove discordie fra gli stessi alleati. Pretendeva 1'imperadore di couferire il Milanese ad uno dei suoi nipoti; la repubblica in forza de'trattati voleva la sua porzione conquistata últimamente da'Francesi, e finalmente gli Svizzeri, i quali in numero di trenta mila uomini formavano il nervo dell' esercito confedéralo, e perció credevansi in maggior diritto degli altri di decidere su questo articolo, proponevano di ristabilire in quel ducato Massimiliano Sforza. Per accomodare queste differenze si convenne di convocare un congresso in Mantona, dove comparve il vescovo di Gurck, come ministro plenipolenziario dell' imperadore. La conclusione fu, che si le dispute per 1' investitura del ducato di Milano, come quelle, che s'opponevano ad una solida pace fra Massimiliano e la repubblica di Venezia, fossero avvocate e discusse in Roma avanli il pontefice, arbitro in quei tempi de* più importanti aflari fra i maggiori principi dell' Europa. I traltati sospesi in Mantova fnrono ripigliati avauti papa Giulio in Roma. Non si durô fatica a far accordare da tullí i ministri, che il ducato di Milano fosse restiluito alio Sforza, ma tulte le difficoltà incontraronsi nel conciliare le condizioni délia pace fra Pimperadore ed i Veneziani. Espose il vescovo di Gurek con gravita, e sostenne con fermezza le sue proposizíoni, e per prevenire tutti glí obbietti, che potessero frapporsi dal Senato veneto, e dal pontefice, protesto, che non si dovesse più traltare d'altro, se non se o di accettarle o di ricusarle. Eccone le condizioni : che la repubblica conservasse Trevigi e Padova come feudi imperiali, di cui ricevesse dal!'imper adore 1' investilura con 1' annua contribuzione di cento libbre d'oro a tilolo di censo, e collo sborso di due mila • e cinque cento peí diploma; che a Massimiliano conferito fosse il possesso di Vicenza e di Verona, e che le pretensioni riguardanti il Friuli rimesse fossero al giudizio del pontefice. Il ministro imperiale persistendo nelle sue pretensioni senza punlo recedere dalla sua prima proposizione, glí ambasciadorí veneti si videro ridotti al caso di dover rinunziare ad ogni condizione. Tentó Giulio II di conciliare i disparen delPuna e delP altra parte, ma non riuscendovi, prese P ambizioso parlito di deltare la capitolazione, e d'intimare imperiosamente alia repubblica P acceltazione delle condizioni proposte dal ministro di Massimiliano. Behchè il Senato di Venezia conoscesse indebolite le süe forze, e prevedesse conseguenze pericolose dall' indignazione del pontefice, non voile perô condiscendere alla capitolazione proposta, ed il papa, nel cui spirito prevaleva ad ogni altra considerazione la premura di allontanare i Francesi dalP Italia, e di sciogliere il concilio da essi convocato, stipulé un traltato d1 alleanza coll'imperadore contro la medesima repubblica (15 nov. 151S). Si stabili che il pontefice dovesse riguardare i Veneziani come nemici suoi e detla Chiesa, e perseguitarli colle armi temporali e spirituali ; che sciolto fosse P imperadore d' ogni vincolo della tregua fatta colla repubblica, e che il pontefice non potesse con quesla riconciliarsi, se prima data non fosse a Massimiliano una piena soddisfazione: che all'incontro Pimperadore entrasse nella gran lega Panno antecedente conchiusa in Roma, aderisse al concilio lateranense, e rivocasse tutti gli atti del conciliabolo di Pisa. ISTORIA V. Grimperiali si itnpadroniscono di Maraño nell'anno 1513; inutili sforzi dé1 Veneziani per riacquistarlo. < # Né la morte di papa Giulio (2© foftli» 15IS), né Pelezione del suo successore cangió Paspetto degli interessi di Massimiliano. La repubblica di Venezia, che aspettava il nuovo pontefice, senza aspetlare nuove ragioni di stalo per la corte di Roma, conchiuse prima dell'elezione di Leone X (13 marzo 1513) un'alleanza col re Lodovico. Quesla é una giustizia che bisogna rendere aU'avvedutezza di quel Senato. II fuoco della guerra si riaccende in Lombardia, dove i combaltenli diedero lo spettacolo della piü viva e piü segnalata campagna per i disagi del soldato, e per le calamita del popolo, ma la meno decisiva pe'vanlaggi delle potenze collegate. I Froncesi da una parte condotti dal Trivulzio maresciallo di Francia, capitano esperto ed ardilo, e le milizie veneziane coinandate nuovamenle dalPAIviano rilasciato dalla sua prigionia, uoino incapace di moderare il suo genio impetuoso, ponevano nei forti assalti delle piazze, e nelle frequenti baltaglie tullo il vigore delle loro armi; dall'altra partq gli Svizzeri assoldati dal papa, avidissimi delle taglie che traevano dalle cittá e da1 territorl nemici, dirigevano ogni impresa al proprio loro interesse. Gl1 Imperioli sollo il comando del vescovo di Gurck, la cui principal mira fu la presa di Padova, perdetlero genle e lempo nelP infrutluoso assedio di questa ciltá, e finalmente Raimondo Cardona viceré di Napoli, condoltiero delle truppe spaguuole, irritato dal infelice esito AeW impresa di Padota, s'avanzó lino a Marghera, luogo nelle lagune di Venezia, donde fece giuocare ]"»rtiglieria verso quella capilale, come insultando quel Senato a cui non poleva recare verun danno. Nel corso di tanti avvenimenii in Italia non succedette nella conlea di Gorhia, né in Friuli alcun falto, che abbia meritata P attenzione degli storici. II solo Candido (a) fa menzioiue di alcune piccole scaramuccie e di frequenti scorrerie d'amendue le parti, nía non ne riporla veruna particolare circoslanza. a) Libro 8. Eransi riassunti verso il fine di quest' anuo in Roma i trattali di pace fra Massimiliano e la repubblica, e fu convenuto durante il negoziato, il quale poi senza successo si sciolse, di sospendere ogni alto d'ostilità, quando il Frangipani profittô del tradimento d' un prete per iinpadronirsi della fortezza di Maraño guardata con poca milizia da Alessandro Marcello. Un certo sacerdote, che reggeva la chiesa di Morlegliano poco distante da Maraño, trasportato forse da falso zelo di partito contro i nemici deir ecclesiastico suo capo, abusó della confidenza del provveditore veneto, e concertata l'esecuzione dell'indegno tradimento col Frangipani, persuase ¡1 Marcello ad aprirgli prima del giorno la porta della fortezza. II comandante austríaco, che si teneva fuori delle mura nascosto colle sue truppe, penetró nella piazza (tic.), e falto prigioniero il presidio e il provveditore, lo fortificó con numerosa guarnigíone -alemanna. Non dee qui omettersi un falto annesso alia presa di Maraño. , Gli abitanti di Muzzana, gente avvezza in qnei tempi alie rapine, molestavano il convoglio delle vettovaglíe direlte al mantenimento degli Austriaci ¡n Maraño. Non potendo il Frangipani peí foltissimi boschi, in cui s' ¡ntanavano i Muzzanesí, mettersi colle armi al coperto delle loro insidie, impiegó I'arte e l'inganno, per trarli nel suo partito, e senza diffidare delle promesse d'un offeso nemico, diedero eglino udienza alie lusinge del comandante austríaco. Quei semplici riportarono ben presto il premio della loro credulità, poichè il générale croato, incendiata la villa di Muzzana, fece cavare gli occhi e tagliar il dito pollice a dugento di que' villani (a). Un tal procedere praticato da un uomo, a cui dovevano essere note le leggi deH'umanità, scema di rnolto l'orrore, che risveglia la memoria dei fatti de' popoli barbari. Giunta appena in Venezia la notizia della presa di Maraño deliberó il Senato di non lasciare alcun mezzo intentato, onde ricuperare una piazza che interessava la sua navigazione, e che premeva alia repubblica sopra tulte le piazze del Friuli. Giace questa fortezza iu mezzo alie lagune del mare non lungi d'Aquileja, ed indipendentemente dalle spese, che impiegate avevano i Veneziani in fortificarla, la sua vantaggiosa situazione, e comunicazione col mare, dava loro tutto il comodo di soccorrere con milizie e vettovaglie tutto ¡1 Friuli. 46 isToniA Determinó dunque il Senato di far assediare Maraño per mare e per terra. AH'esperto capitano di mare Francesco Mosto fu conüdato il comando di cinque galere, e dodici fuste, le quali furono raggiunte da cento legni armad, e condotti dai podeslà di Cliioggia, di Murano, di Torcello, di Caorle, di Pirano, e d'altri porti, e si commise P impresa per terra a Baldassare Scipione, ed a Girolamo Savorgnano. Sortirono questi da Udine con buon numero di fanti, e maggiore di cavalli di truppe regolate, e con quattro mila uomini di milizia urbana. I comandanti veneti avidi di gloria, ed iiupazienti di rieupèrare una piazza, la cui perdita affligeva il Senato, intrapresero un assalto prima che la piccola flotta si fosse tutta unita, e credettero facile impresa il riprendere ció, che si credeva non aversi potuto perdere senza un tradiinento. Il coraggio e Fintrepidezza delle truppe, secondavano la vivacità dei capitani : da tutte le parti si tenta la scalata delle mura; la resistenza che s'incontra, anima il coraggio dei Veneziani, ed il coraggio radoppia le loro forze, per una parte e per l'altra si sostiene l'assalto, ma la guarnigione tedesca oppone coll'artiglieria una valida difesa, respinge i nemici, li disperde, e superato il primo pericolo provvede ai nuovi che le sovrastano (a). Non tardó guari ad unirsi lutta la flotta, ed a concertarsi dai comandanti veneti il piano delle ulteriori operazioui. Disposta la milizia urbana nelle trinciere,, fu conchiuso, che il Savorgnano attaccasse la fortezza dalla parte di terra, e, poichè dalla parte di mare erano le mura più basse, si pensó d' impiegare in quella maggiori forze, facendo che lo Scipione con un distaccamento montasse le galere, e su quelle dirigesse Y assedio. Gli storici non convengono nelle circostauze di questa impresa. Certo è che la guarnigione prese il partito d' una sortita generale, ed una banda Combattendo in terra, e l'altra salita sulle barche nemiche, combattendo in mare, dopo un sanguinoso conflitto vinse, e sconflsse le truppe venete. Gli Austriaci s1 impadronirono di quasi tutta T artiglieria, e d' una galera; lo Scipione ferito fuggi abbandonando al valore degli imperiali una piazza, la cui difesa fu più gloriosa della conquista (S). II rinforzo condotto dal Frangipani in soccorso di Maraño liberó i nostri contorni dalle truppe nemiche, le quali si rinchiusero in Udine. Questo generale, rinvigorito il presidio della piazza, saccheggia nel ritorno il castello di Slrassoldo, s'impadronisce dopo un'inutile a) Candido. Libro 8. b) Candido. Libro 8. resistenza della rocca di Monfalcone, e per la stagione già avanzata licenzia il rimanente de' suoi soldati. VI. Campagna deW anno 1514, e sospensione (T arnii conchiusa fra i sudditi 1581) unitamente a tutti i privilege ed alie antiche consuetudini degli stati di Gorizia. Quest'imperadore, la cui grandezza s'accrebbe con un nuovo mondo che alia vasta di lui monarehia fu unito, cesse (1523) all' arciduca Ferdinando suo fratello il dominio di tutti gli stati in Germania : época memorabile, in cui furono giltate le fondamenta della potenza della casa d'Austria divisa in due linee, una della Spagna, e 1'altra dell' Alemagna. Fervenuta a Ferdinando la contea di Gorizia, quantunque Carlo avesse già confermalo in nome anche del fratello gli statuti e privilegí della nostra provincia, nulla di meno gli stati deputarono al nuovo principe, Erasmo di Dornbergo, che ne impetrasse la speciale ralificazíone, la quale anche conseguirono nel medesimo anno (12 sett. 1528). Noi vedremo sollo il regno di questo principe, il quale uni alle antiche austriache provincie i regni d'Ungheria e di Boemia, per 1' ostinata guerra da lui sostenuta contro la Porta oltomana, i soccorsi spediti dai Goriziani in comune difesa delle austriache provincie, i mezzi, onde si servirono i Veneti per lorgli la fortezza di Maraño, e finalmente posti nella contea i fondamenti d'un regolato ordine nelle pubbliche imposizioni, e d'un sistema generale d' interna amministrazione. a) Le lettere credenziali per quesli due commissari sono date dalla reggenza d'Inspruck il di 1 d'otlobre Î520. " Scritture del magistrato fiscale di Gorizia. „ DELLA CORTEA DI GORIZIA. II. Capitoli conchiusi in Wormazia fra Cario V e la repubblica di Venesia neW anno 1521. Malgrado i trattati di Noyon, di Brusselles, e di Angers, non erano mai stati detenninati con precisione i coníini, pero insorgevano continué contese, che si sono perpetúate sino a' nostri giorni. La morte di Massimiliano, come se^ la tregua finisse colla vita del principe, che l'aveva conchiusa, risveglió la discordia e l'animositá fra i sudditi d'amendue gli slati. I presidí di Maraño e di Gradisca penetrati nel veneto territorio molestarono quelle oampagne, e saccheggiarono diversi villaggi. I comandanti austriaci ebbero 1' attenzione di porvi ripiego, e la premura di sedare le tnrbolenze: ma non si tagliava la radice del male, perché i conflni rimanevano tuttavia indecisi, ed ¡1 suddito delf una, e dell' altra parle col pretesto di sostenere i pubblici diritti cercava nella confusione delle cose le occasioni di promuovere i suoi particolari vantaggi. Questi tumulti somminislrarono al Señalo di Venezia un titolo per non adempiere il pagamento delle stipulate somme.' ln tali circostanze Timperadore Cario delegó a¡», 1519) a Verona Andrea di Burgo, ed Antonio, Rorario, coH'ordine alia reggenza d' Inspruck d' aggiungeré dne de' suoi consiglieri (o), ad oggetto di trattare, ed ultimare colF ambasciadore venelo 1' accordo per le controversie dei confini in conseguenza delle anlecedenli convenzioni tra Massimiliano e la repubblica, L'ambasciadore, a cni premeva allora che restassero i confini indecisi, pretese che l'imperadore restituisse tutte le cilla, ed i lerrilori occupati nelf ultima guerra, e che i nuovi confini si determinassero sui vecchi limiti del veneto dominio (A). La commissione si sciolse, come si sciolgofio tutte quelle, in cui i ministri o non possono, o non vogíiono aderire H veruna proposizione. Importava pero molto all' imperadore Cario 1'accomodamento di queste conlese. 11 ducato di Milano sotto il dominio del re di Francia era un oggétto, che non cessava d' inquietarlo. Per toglierlo dalle mani di lui, e restituirlo agli Sforza, convenivagli accrescere a) Archivio del vice do mínalo di Trieste. b) Paolo Parula. Libro 4. 6 60 I ST 0 III a in Italia il numero dei suoi amici. Ordinö dunqne nel tempo, clie egli trovavasi alia famosa diela di Wormazia, a Mercurio di Gattinara suo gran cancelliere d'abboccarsi con Francesco Cornaro, qmbasciadore veneto alia sua corte e di formare con esso i seguenti capitoli, che furono anche in quella città sottoscritti mag-» 1531). Dichiarava il primo arlicolo, che 1' ultimo traltato di tregua di cinque anni conchiuso in Angers dovesse avere un pieno eflelto con certe condizioni, le quali dopo il prescritto termine non potessero recar pregiudizio alcuno aile parti contraenti, come se non fossero state stipulate. Le condizioni furono: che si soddisfacesse immediatamente dal Senato all'imperadore la rata di venti mila ducati, che restavano da sborsarsi fin dal primo di setiembre di quell'anno, che s'intendesse liquidata, ed accordata nelT annua somma di diciotto mila ducati, da pagarsi in tre rate per tutto il corso della tregua, la quarta parte delle rendite de'Veneziani, che seguirono il partito dell'imperadore defunto ; che fermi ed illesi restassero i diritti della giurisdizione di primo ins lanza competent]' prima della guerra ai particolari, purchè eglino prestassero all' imperadore il giuramento d' ubbidienza e di omaggio, come 1'avevano prima prestato alia repubblica; che questa nel corso della tregua non potesse, nè dovesse esercitare atto alcuno giurisdizionale ne' seguenti luoghi e territorî, cioè : Villanuova, Mossa, Porpetlo di qua dell' acqua, Cliiarisacco, Sangervasio, Gonars, Campo molle, Rivarotta, i quali in tutti i tempi appartenevano alia fortezza di Maraño, Caslelporpelto col sobborgo, e colla metà della sua villa, Ontagnano, Fauglis, Villanuota, Sangiorgio, Nogaro e Carlino ; cosi parimenti nelle ville di Monastero, Cervignano, San Martino e Terzo appartenenli al monastero d' Aquileja, Ruda, Visco, Villavicentina, San Nicolô di Levata, Fiumicello, Ajello, Tapogliano, Joanniz, San Vito di Crauglio, la cilla d' Aquileja, riserbati perô i diritti del patriarca; il castello di Zuins, la villa di Fornelli, il castello di Tolmino e la chiusa di Pietz posseduti prima, e dopo la tregua dali' imperadore, e inolto meno in Gradišča, Maraño, Partistagno, ed Ampezzo, che rimangono dal dominio veneto esclusi. All'incontro tutti gli altri luoghi del Friuli, i quali prima della guerra erano sottoposti alla repubblica di Venezia, dovessero sotto il dominio di lei restare nel corso della tregua, comprese ancora la citlà, e le pertinenze di Pordenone, di Belgrado, di Caslelnuovo e di Codroipo\ che i sudditi ,d' amendue le parti fossero reciprocamente ristabiliti nel. pacifico possesso de' beni, e delle facoltà, escluse da tal capitolazione le possessioni de' fuorusciti, e quelle porzioni di DELLA CONTEA DI GORIZIA. 61 miniere d' Idria, ch' erano state concedute a private persone da Massimiliano; iinalinente si convenne, che la restituzione de' menlovat jjeni dovésse eseguirsi immediatameute dopo Ia ratilicazione de'capitolii e la loro pubblicazione in Trento, Roveredo, Verona, Vicenza, (Jdine, Maraño, Gorizia, Gradisca, Trieste e Capodistria. III. Pace e lega fra F imperadore Carlo V, V arciduca Ferdinando e la repubblica dt Venezia neW anno 1523. 1 punti della capilolazione di Wormazia furono cosi poco adempiuti, come gli altri antecedent trattati. Le rate stipulate non lurono soddisfatte da' Veneziani; alfri luoghi e territori che doveano reciprocamente restituirsi, restavano sotto il dominio di quelli, che se n'erano impadroniti, e non fu corrisposta l'accordata pensione delle rendite degli esuli spogliati defle loro possession!'. Tutta volta questa convenzione serví a stabilire il trattato di pace, e la lega tra Carlo V, I'arciduca Ferdinando e la repubblica di Venezia, la cui amicizia rendevasi sempre piü necessaria alle mire dell'imperadore. I Francesi scacciati dallo stato di Milano impiegarono (.153 3) tutti Ii sforzi per ricuperarlo: e Carlo geloso della sua Conquista, non lasciö mezzo intentato per alienare il Senato di Venezia doli" amicizia del re Francesco. Aveva l'imperadore gia conchiusa una lega con Arrigo re d' Inghilterra, onde Alfonso Sanchez ainbasciadore imperiale, ed il ministro inglese in Venezia impiegarono tutti quegli uffizi e maneggi capaci di persuadere la repubblica, perché accettasse il luogo riserbatole nel trattato di quest'alleanza. Girolamo d'Adorno, consigliere di Carlo, spedito come ambasciadore straordinario dalla Spagna (153S), ed incaricato di questo negozio propose in Venezia 1' alleanza coll' imperadore (a). II Senato sempre accorto, e felice ne'suoi ripieghi, non volendo senza gran vantaggi né abbandonare il partito d'un alleato, che prometteva con numerosa armata di calare in Italia, né disgustare con positiva risposta ¥ * 62 ISTORIA I' imperadore, intavolava con destrezza proposizioni tali, che o accordate contrapesavano 1' amicizia del re Francesco, o negate davano occasione di dillerire la sua determinazione, lasciando in lal guisa un bel campo di poter prendere da! tempo il piñ sicuro consiglio. Pretendeva la repubblica nulla meno che la restituzione di tutte le cittá e dei territori, che possedeva prima dell'ultima guerra. Si oppose costantemente a tal proposizione Baldassare Clesio ministro in Venezia dell'arciduca Ferdinando, e la repubblica otteneva il suo intento (o). La morte sopravvenuta alF Adorno (b) sospese, ma non tronco I' orditura de' maneggi riassunti dai nuovi delegati -cesarei. Marino Caracciolo, protonolario apostolico, delegato in luogo del defunto Adorno a Venezia, ed Alfonso Sánchez sostenuti dai ministri di Ferdinando, infastiditi dell' irresoluzione ed accortezza del Señalo lo eccitarono ad una decisiva delerminazione, prescrivendogli il termine di tre giorni per dichiararsi (c). II Señalo non vedendo ellettuata la spedizione d" un armata francese in Italia condiscese ad un trattato di pace e di lega conchiuso (39 liigl. 1523) in Venezia fra la repubblica, Fimperadore, Farciduca Ferdinando e Francesco Sforza daca di Milano. A questo trattato s' unirono pochi giorni dappoi il pontefice Adriano VI, che fu uno dei principali aulori delF alleanza, i re (FInghilterra e di Ungheria, i Fiorentini, Sanesi ed i Genovesi. Si stabili, che aperlo, e libero si mantenesse il commercio per térra e per mare a'sudditi Austriaci e Veneti; che si lasciasse alia repubblica il pacifico possesso di tutte le cittá, Ierre eluoghi, che in allora possedeva; che la repubblica fosse ten uta a contribuiré all' imperadore (ingenio mila ducati ace e la tregua coll' imperadore suo fratello. Rispóse il Senato di aver dimostrato il suo risentimento contro P arditezza degli usurpatori di Maraño con tener prigione nelle carceri di Udine il padre del Sacchia, uno de'principali autori dell" altentato, e di nulla più desiderare, quanto che il re Ferdinando ricuperasse la piazza di Maraño. A tal effetto esibi la repubbliea il transito pel suo .territorio alie truppe austriache, e promise di cooperare per sopire i disordini (6). Ma quel Senato, cotanto áltenlo a tutti i movimenti de'suoi vicini, nulla pensó ad estiuguere, o indebolire una fazioue, la quale avrebbe dovuto risvegliarne la gelosia, 6e non ne avesse egli conosciuto a fondo tutti i disegni. La parte che í Yeneziani prendevano nelle cose di Maraño, venne finalmente a scoprirsi alia prova della critica condizione, che gli sovrastava, per 1' allestimento de' navigli, che ("el apr.) sotto il comando del capitano spagnuolo Giovanni ffodinez facevasi in Trieste e Fiume, e per la spedizione del capitano Rodrigo di Loes con quattro fuste da olíanla diretta da Pietro di Toledo, vicerè di Napoli, in soccorso di Ferdinando, poichè si videro per ordine del Senato entrare due galere venete nel golfo per disturbare la piccola tlotta austríaca (c) : e si seppe ben presto, che Pandolfo Contarini, capitano del golfo per la repubblica, aveva costretto il Loes ad entrare co'suoi navigli in. Zara, dove lo tenne prigioniero (d). I a) Andrea Morosini. Libro 6. b) Andrea Morosini. Libro 6. c) Paolo Parula. Libro 11. d) Trovasila leltera di Loes fra le ' scritlure del mayist. fiscale di Gorizia, scritta da Zara li 30 aprile 1542 alcapit. di Fiume, solicitándolo a cooperare alsuo riscalto. 72 IST ORI A faziosi animali dall' aperta protezione ed assistenza della repubblica tentarcmo pochi giorni dappoi una sortita con successo tanto feline, che supéralo il corpo di Niçolô' della Torre, si resero nuovameule padroni di Prednico, e saccheggiato il monastero di Aquileja da una parte, e scorso dall'altra il territorio austríaco sino a Oonars, vi spogliarono quelle contrade di grani, di armenti, e di abitanti (a). Questi fat ti combinat! colla voce sparsa de' preparativi militari, che facevansi in Udine, portarono la costernazione iu lutta la contea : e la recente memoria de' disagi, e daani solferti nell' ultima guerra faceva maggiormente teinere ágli abitanti nuove calamita, tanto piü che da uua parte poco o niun soocorso potevano sperare dalle viciue austriache provincie molestate dalle continue scorrerie dei Turchi, e dall' altra, perché trovavasi la contea spogliata di truppe peí soccorsi soinministrati alie stesse provincie, ed indebolita nelle interne sue forze a segno, che i castelli di Gorizia , e di Gradišča erano guardali da' conladini, e da uno scarso numero di cittadini. Esposta I' infelice condizione della provincia al re Ferdinando, e richiesta 1* assistenza dalla Carniola, presero gli stali goriziani la risoluzione di dare lo sfratto a tutti i veneti rifuggiti nella contea, de' quali la condolía si era resa sospetta, di proibire a' coloni di pagare i fitti a'creditori e possessori veneti, di chiamare ad una ■nostra generale lulti i suddili atti alie armi, di formare una compagnie regolata, di cui fu dato il comando a Corrado di Orzon, di delegare dei comraissari per 1' ispezione delle forlificazioni, di piantare sui luoghi piü esposti la poca artiglieria, che si ritrovava in paese, e di ravvivare la coufulenza ed il coraggio degli abitanti, i quali tulli concorsero a secondare colla vita e colla roba le misure del governo intento non tanto a riacquislare Maraño , quauto a difendere la patria comune. 1 più facoltosi s' incaricarono della spedizione di certa quantité di carri, destinati alia condolía delle munizioni di bocca c di guerra, e degli attrezzi militari, e concordemente si ripartirono le guardie de' bastioni, e dei posti avanzati nella città inferiore. Era tulta la contea molto occupata. nell' esecuzione delle sue misure, quando la repubblica di Venezia seppe si bene maneggiare 1' affare di Maraño, e confonderlo colle dissensioni insorte dopo la sentenza di Trento in riguardo a' confini, che Ferdinando, rallentando __ • a) Scritture del magistrate fiscale di Gorizia. le vigoroso disposizioni militari, condiscese di venire ad una convenzione, Iasciandosi indurre ad inviare due ministri per quest' oggetlo a Venezia. Il congresso non servi se non a rinforzare il partito dei faziosi nel possesso di Maraño, ed a renderne sempre più lontana e difficile la conquista. » Se tardi conobbero gl'invigti di Ferdinando la finezza del Señalo di Venezia, i Goriziani diffidandosi sempre delle sue vere intenzioni non sospesero giammai le loro militari disposizioni nella contea. Piantato dagli Austriaci nel principio dell'anno 1543 il piccolo forte di Maranuto in tale vicinanza di Maraño, che l'artiglieria poteva battere questa fortezza : ed elevata un'altra batteria nell' isola di San Pietro, si riprese alla metà dell'anno con maggior vigore l'assedio; ma rinforzata la guarnigione nemica con fresche truppe da Francesco re di Francia, che sulla fine dell'antecedente anno aveva rotla la tregua con Carlo V, i Goriziani si videro costretti a far nuova instanze per soccorsi di terra alla Carniola, ed al principe, e per quelli di mare alla città di Trieste. Non potendO gli stati della Carniola daré alcun soccorso, spedi Ferdinando nr lia contea, non ostante la guerra in Ungheria, sollo il comando di Giovanni Savello alcune compagnie regolate, e si armarono in Trieste due brigantini, ed una fusta. Il Senato venelo facendo servire di pretesto la sólita gelosia, con cui riguardava ogni armamento nel mar Adriático, nel porgere le sue instanze al re Ferdinando, affinchè richiamasse i suoi navigli in Trieste, spedi due galere, e due fuste armate per opporsi alie fuste austriache (o). In questo ¡ntervallo lo Strozzi spedito aveva a Venezia Giovanni de' Pazzi florentino per significare a quella repubblica, che poténdo disporre della fortezza di Maraño conferitagli in proprielà dal re di Francia per ricompensa de'servigi preslati, egli era disposlo di alienarla in favore della repubblica peí prezzo di (renta cinque mita ducati; allrimenti la cederebbe peí medesimo prezzo agli Otlomani. Accettarono i Veneziani l'esibizione, si conehiuse (*» nov. 1343) il contratto, eolio sborso della somma richiesta, ed Alessandro Condolmero nominato provveditore, prese possesso nov.) del nuovo acquisto con quattro legni armati, con una fregata, ed alcune galere, le quali dopo aver scacciati da Lignano la piccola llolta che unirono i Triestini (ft) non abbandonarono più quel porto, e gli Austriaci videro al rimbombo dell' artiglieria, accompagnalo dalle a) Paolo Paruta. Libro il. ' b) Andrea Morosini. Libro 6. 74 ISTOBIA acclamazioni del popolo inalberare sulla torre della fortezza Io stendardo di s. Marco (a). I commíssari di guerra avutane la notizia, spedirono incontinente due soggetti in Maraño coll'incarico d'istruirsi de' capitoli e delle condizioni del contralto, onde poter poi regolarsi riguardo all' assedio, clie tultavia continuava per parte degli Auslriaci. Benchè 1' acquisto non s' estendesse oltra le mura della fortezza, che sola era in potere dello Strozzi, ció non oslante il governo goriziano non Yolle riposarsi suite asserzioni de' ministri della repubblica, che trovavansi in Maraño: sollecito perô d'esserne certifícalo dallo stesso Senato riferi lo stato delle cose a Diego di Mendozza, ambasciadore cesáreo in Venezia, nè voile prima levarne l'assedio, che l'ambasciadore non avesse ai commissar! ratifícati per parte della repubblica i patti precisi del contratto. " Ebbi la lellera, (10 gen. lS44tj scrive il Mendozza, delle SS. „ VV., ed intesa la commissione del Sig. Matlia Ho/fer capilano di „ Duino, e di messer Giacomo Campana, la guale prudehtissimamente „ mi fu da loro riferila: subito conforme al comandamento della „ real Maeslà parlai con questa Signoria, la quale mi promise, „ che dal canto loro non si innovera, nè intenterà cosa alcuna, „ si in quello di mare, come anco in quello di terra „ (b). L'unica circostanza disaggradevole per la repubblica di Venezia, che accompagnô quest' acquisto, si fu 1' apparenza di aver avuto parte nelle direzioni prese dallo Strozzi, quindi Marino Cavalli ambasciadore veneto presso Ferdinando, ebbe ordine di rappresentare a quel principe, che il Senato nella dura alternativa proposta dallo Strozzi abbracciato aveva il partito di acquistare la piazza di Maraño, per non lasciarla passare in potere del comune nemico (c). Quanto mendicate fossero state le ragioni, e quanto deboli tutti gli sforzi del Senato per coloriré questo acquisto, fanno bastantemente palese le espressioni, di cui si servi Ferdinando non molto dopo in un' istruzione ch'egli diede a' commissar! da lui delegati per le differenze de'nostri confini (d). La compra di Maraño falta da' Veneziani non è fúndala sut dirilto nè civile, nè delle genii, imperocchè essi non possono ignorare, che que/la fortezza non sia stata a Noi presa da una potenza, colla quale eravamo in. guerra. Nè prima nè dopo la sorpresa di Maraño avevamo guerra colla corona di a) Scritture del magislrato fiscale di Gorizia. b) Archivio di Duino. c) Paolo Paruta. Libro 11. d) Trovasi fra le scritture del magislrato fiscale di Gorizia. % J , - DELLA CONTEA DI GORIZIA. 75 Francia, alia quale per altro i wndilori di quella piazza si riferirono; conseguentemente debbono questi come pirati e Iraditori essere consideran : ció che dee esser bastantemente noto anche ai Veneziani, i quali furono da' nostri ministri reiteratamenle avvertiti, come furono essi ancora testimoní degli armamenti da noi fatti per ricuperare la piazza. Si lascia a giudicare ad ognuno, se il Señalo di Venezia abbia poluto contrallare con pirati e traditori. Queslo basta per convincerlo, aver esso avulo arle e parte ad uno spoglio, di cui rendesi esso tanto piu sospetto, quanto che sulle noslre ricerche e sulle insinuazioni dei nostri ministri, anziche puniré i suoi suddili che furono colpevoli del tradimento, presto loro assistenza e soccorso. Per quanto i Veneziani asserir possono essere tutto deploro sudditi stalo eseguito senza il proprio assenso, si resero essi nulla di meno colla loro susseguente condotta complici di un malizioso e malvagio acquisto. . , In questo modo dopo tanti inutilj sforzi venue la fortezza di Maraño nelle mani della repubblica, e 1' ostinata guerra, che Ferdinando dovette sostenere contro la Porta ottomana non solo gliene assicuró il possesso, ma le lasció il campo aperto ad altre successive conquiste. 76 19 T O R1k CAPITOLO SESTO. Successione di Cario arciduca e di Ferdiriñftdo suo figlio nel dominio della contea di Gorizia. I. Ferdinando I dispone della contea di Gorizia in favore deW arciduca Cario suo terso /ERDINANDO re d' Unghería e di Boemia, sncceduto t(15®S) al trono imperiale dopo la solenne rinuncia di ► Cario V suo fratello, volle in vita provvedere al »partimento kde' suoi stati tra gli arciduchi Massimiliano, Ferdinando, . e Cario suoi figli. Questa disposizione faceva cadere la contea di Gorizia unita a' ducati della Stiria, della Carintia te della Carniola, colle cittá e coi territorí di Trieste, di Gradisca e d' Aquileja sotto il dominio di Cario suo terzo ífigliuolo arciduci d1 Austria. Urbano Sachsletter vescovo di Gurck, Gaspero di Herberslein, Gasparo di Veis, Giorgio Teuffel e Guglielmo Graswein furono delegati'da Ferdinando I per significare alie mentovate provincie la paterna sua sovrana ripartizione e presentar loro P arciduca Cario, come legittimo padrone delle slesse. Privi furono aflora gli ¡^ati di Gorizia dell'onore, e del piacere delP augusta sua presenza ; p.oiché Cario dopo aver ricevulo personalmente in Lubiana (28 apr. ISO!) Pomaggio dagli stati della Carniola non proseguí il viaggio, ma per riceverlo dalla contea, e per confermare gli statuti, ed i privilegi della provincia depuló (1 nug.) Leonardo Picliler di Weiteneg, Guglielmo Graswein, Gasparo di Breuner e Giacomo d'Attems. Pochi anni dappoi volle TarciJuca corroborare quesl'atto (' sett. 15öS) con un particolare rescritto confermando ad esempio degli augusli suoi predecessori le consuetudini ed i privilege della contea. Ritornando pochi anni dappoi 1'arciduca Carlo dalla Croazia, dove aveva visítate le frontiere di quel regno, per fare delle provvidenze contro le forze ottomane, che miiiacciavano di nuove invasioni le provincie di lui, dopo aver convocati gli stali della Carniola in Lubiana, voile intervenire personalmente ad una dieta congrégala (1 mag. 156Ï) in Gorizia, per trattare del modo, de'mezzi e de' sussidt provincial in difesa del comune nemico. Fácil cosa, non è descrivere' il giubilo del cuore de' fedelissimi sudditi della contea. Il principe incontrato in Cernizza dal corpo de' palrizi, fecè a suono di trombe e di timpani il suo ingresso in città, decórala d' arcbi trionfali, ed avvivata da gíos're, da fuochí artificiali, e d'allre pubbliche feste. Francesco di Dombergo ebbe l'onore di testificargli in nome degli stati con una rispettosissima arringa i più affettuosi senti menti di fedellà, ed Annibale d'Eck e Lorenzo di Lantieri ebbero quello di presenlargli in dono un vaso d' argento con eleganza propria di quei tempi lavorato. Girolamo Lippamano, inviato dalla repubblica di Venezia, complimentollo in quest'occasione da parte del Senato (a). La nobillà tulla l'accompagnô al suo ritorno fin alia prima stazione, ed il medesimo Francesco di Dombergo unito a Giuseppe Reschaver fu depulato per corteggiarlo sino a Trieste, e per allestargli l'ossequio, la gratitudine e lo. zelo di lulti gli abitanti della contea. Profiltarono gli slati di Gorizia dell'incontro del matrimonio di Cario (1531) con Anna di Baviera, per dare al sovrano nuove testimonialize dell' amore e della divozione loro. Seguendo questi 1' esempio delle altre provincie delegarono a Gralz, Giorgio della Torre capitano di Tohnino, che in nome di suo padre Francesco della Torre reggeva la contea, Giacomo 531) questo accomodamento senza successione 1'ultimo de'Zapolia, 1 Transilvaiii elessero Stefano Battori per loro principe, e spirati appena gli anni della tregua, il Bascià di Buda ricomiució le invasioni e le slragi in Ungheria. L' imperadore sollecitó alia dieta dell'impero congrégala in Ratisbona (15ÎO) nuovi íoccorsi, e 1'arciduca Cario v'invió una delegazione dei suoi stati provinciali, dove per parle della contea si trovó Giorgio della Torre capitano della medesima, dopo di aver ad esempio di suo padre, delegati (15«3) alcuni deputali delle sue quattro províncie al pontefice, allora regnanle Gregorio XIII, per impegnarlo a somminislrargli soccorso di geule e di denaro. In tempo della dieta (12 oí*. 15«ß) moH in Ratisbona Massimiliano II, a cui succedetle negli stati, e nella corona imperiale Rodolfo II di lui figliuolo. AdoWaudo il novello imperadore le disposizioni dell' augusto suo padre, studLossi di ristabilire la sicurezza e la tranquillité nel proprio dominio, ad in quello dell' arciduca Cario suo zio, che da lui stimolalo assuuse, per 1' assegnatogli anuuo sussiilio di cento quaranta mila Gorini, l'impegno della difesa dei conGni, del mantenimento delle truppe, e delle riparazioni de' forli e de'castelli della Croazia. Un monumento della diligenza, e vigilanza dell'arciduca Carlo è la fortezza da lui fabbricata (15 SO), nomiuata Carlsladt, in memoria dell' augusto suo autore. Non trascurö questo principe alcun mezzo, nè risparmiö fatica, onde porre sempre piii in miglior stato di difesa le sue proviucie. Erano fino allora gli alfari di guerra negletti, e sconosciute tutte Ie rególe d' amministrazione dell' economía militare. Le milizie non erano ancora stabifi. e regolate, s'ignorava il numero dei sudditi alti alle armi, spesso mancava, e quasi sempre tardava il denaro pel mantenimento delle truppe, e 1' armata marciava senza le neceasarie vettovaglie. Riconoscevasi il disordine, e se ne sperimentavano le dannevoli conseguenze. Desideravasi perciô un provvedimento, e se ne tentavano i mezzi, ma incontravansi sempre mai difficoltà nella riuscita, ed ogni cosa rimaneva nella sua primiera confusione. L' importanza dell'affare impegnó 1'arciduca a non reslringersi a' soli progelti ed alie insinuazioni de' ministri, ma a consultare i suoi stati provinciali convocati a quest'oggetto in Bruck alla Mura in una dieta generale tenutasi nel primo giorno dell'anno 1578. Non fu mai alcun congresso di stali cosi numeroso. V' intervennero 39 depulati per parte della Sliria, 25 per quella della Carintia, 14 per la Carniola, e per la contea comparvero il dottore Giovanni Taulscher, párroco ed arcidiacono di Gorizia, Giacomo d' Alterns, capitano di Gradišča, Annibale barone d' Eck, ed Ungerspach, con Paolo Zobl segretario. L' arciduca Carlo aprl la dieta con un'agringa piena d'espressioni le più forti e le più commoventi. Dopo aver rammentata la gloria e la grandezza dell' augusta sua casa, rappresentô l'infelice condizione de' suoi stati, ed il grave pericolo, al quale un nemico non meno potente, che feroce, riduceva i suoi popoli. Fece inoltre conoscere l'inutilité degli sforzi, e delle immense spese già fatte per sostenere una guerra, che pel corso di mezzo secolo non aveva servito, che ad irritare ed inferocire maggiormente quella barbara nazione. Espose l'urgente necessità, ch'eravi di ulteriori, ma assai piii validi provvedimenti militari, e conchiuse che sottoponeva 1' aliare alia consulta dei fedelissimi suoi stati, da' quali promettevasi quell' assistenza, che conveniva al bene, ed alla salvezza non meno di sé, che di tulle le sue fedeli provincie. La verilà avvalorata dalla voce del sovrano che fa la propria causa comune con quella de'sudditi, è sempre eloquente, e penetrante. Unanime fu la. deliberazione degli stati di 86 ISTORIA concorrere con lutte le forze alla comune difesa. lid affinchè l'esilo corrispondesse più efficacemente all'intenzione della dieta, e più fácilmente si sostenessero le spese della guerra, s'inculco la rigorosa osservanza della prammatica già emanata contro il lusso, e si prescrissero pel corpo degli stati provinciali quelle leggi medesime di economía, che contribuir potevano al risorgímenlo delle prívate famíglie. Non si sciolse r assemblea prima della melà di marzo. Si determinó d'istiluire un consiglio di guerra rappresentalo« da'soggetli più esperti delle provincie, di depulare due questori di guerra, Puno ai confini della Croazia, l'altro a quei della Schiavonia; di conferire ad un supremo commissario la cura delle veltovaglie, e di nominare un capo ispeltore sopra F artiglieria. Furono inoltre assegnatí rento trentacinque mila, e quattrocento fiorini per l1 artíglieria medesima, venticinque mila per le vettovaglie, venlicinque mila quattro cenlo cinquantuno per le spese straordinaríe, e per gli stipend! del consiglio di guerra, e finalmente trecento tredici mila trecento quaranlaquatlro per le truppe: e fu riservato alia contea di Gorizia il peso del mantenimento d'una coinpagnia d'archibugieri a'conflni del comune nemico. L'altenzíone della dieta non si restrinse al solo sistema generale, ma si estese ancora a rególe partícolari, e Uno alFislruzione pel consiglio* di guerra e de'ministri subalterni. Si stabili la quantità di grano, che ogni provincia dovea animalmente contribuiré per la milizia, si determinarono i liioghi pei magazzini delle vettovaglie, e le strade per la loro spadizione, si prescrísse Fordine per rimeltere il denaro, ed il metodo di renderne conto. In somma non si lasció parte veruna riguardante le bisogne della guerra, che non fosse in questa occasione regolata. Si tralasciano qui altri oggetti non confacenti al nostro proposito, benchè traltati nella stessa radunanza celebre per molti riguardi, ma singolarmente per la conlederazione rinnovata dalle quattro provincie oggídi comprese sollo il nome d1 Austria inferiore, nella quale impegnaronsi di prestarsi sempre seambievolmente soccorso contro i loro nemíci. Era appena sciolto il congresso di Bruck, che gli Ottomani accostumati aile rapine, infestarono con nuove incursioni la Carniola. Allora la contea allesli con sollecitudine la compagnia d'archibugieri determinata nella dieta, la quale marciö nel Iuglio dello stesso anno (15SS) condotta da Fortunato Calta ai confini della Croazia, e siccome i Turchi minacciavano maggiori violenze, la nostra provincia uella slate seguente (1539) rinforzó i suoi soccorsi in difesa della Carniola, inviando altre Ire compagnie comaiidale da Siyismondo d'Eck, e presto con puntualità 1' annua contribuzione di cento fanti sino ¡ all'anno 1584, e successivamente ne somministrô dugento, poicbè i sussidî ed i soccorsi si aumentavano a proporzione del pericolo e del bisogno. Tali erano in quegli anni le urgenze e le angustie, a cui furono ridotte le alemanne provincie, che Rodolfo II, e I' arciduca Carlo vollero assistere in persona alia dieta convocata nell'anno 1582 in Augusta, onde muovere quella radunanza a soccorrere vigorosamente l'Ungheria. In falti ad onta della tregua, che fu Stabilita (1590) fra 1' imperadore ed Amurat III successore di Selim, penetro nel delto anno dalla Bosnia nella Carniola un corpo di dieci mila Turchi, i quali atlaccati dagli Austriaci, vinti, e fugati lasciarono qualtro mila dei loro sul campo. Questa rotta irrito il Bascià della Bosnia, il quale spiando T occasione ed il tempo di vendicarsene, seppe talmente insinuarsi nello spirito di Amurat, che lo indusse ad attaccare (I59I) l'Unglieria, ed a farsi lasciar il comando d' una numerosa armala per invadere la Croazia, ed aprirsi la strada nelle austriache provincie. Gli Oítomani incoñtrarono validissima resistenza ai conlini, ma rinforzatisi neir anno seguente (1.598) acquistarono una superiority decisiva, e minacciarono insino d1 innondare la contea ; imperocchè essendosi impadroniti di quel tralto di paese, ch' è sitúalo fra la Culpa e la Sava, posero nel loro passaggio a ferro ed a fuoco tutto ció, che incontrarono. Il popolo di que' territorí, abbandonati i villaggi, e facilitati cosí i progressi a' Turchi, aceresceva I1 orrore e lo spavento degli abitanti della Cernióla. Si diede perianto sollecito avviso dell' universale coslernazione all' arciduca Ernesto, che reggeva in Gratz gli stati del principe Ferdinando, e s' imploró soccorso da tutte le parti. Il Tirolo, la Baviera, e 1' arcivescovo di Salisburgo somminislrarono delle truppe, che ravvivarono in parte la confidenza, ed il coraggio nella Stiria, nella Carniola e nella contea, e raccolte con prontezza in quelle provincie le possibili truppe, furono queste falte marciare in Croazia unite ad un corpo di cinque cenlo fanti arruolato dai Goriziani, e lidato al comando di Baldassure Reschauer. Tali provvidenze, se non bastarono ad impedire, rallentarono almeno il corso impetuoso del furore ottomano. Andrea d'Auersperg, capitano generale delle truppe austriache, ristabili con questi mezzi gli allari, e la sorte della Croazia. Riporló egli (S3 1593) sopra l'esercito íiemieo numeroso di cinquanta mila comballeiili sotto 88 i sto ni a Sighetto una coiiipiiita villoría, nella quale riinasti dodici mila Turclii col Bascià della Bosnia uccisi sul campo, molti annegati nella Culpa, due rnila appena salvar poterono colla fuga la vila. Questo falto fece tanto strepito in Europa, che se da una parte mosse il pontefice demente VIII ad esprimere con un breve indirizzato all1 Auersperg il giubilo, che ne provava, ed a rendere un pubblico alto di giustizia al mérito di lui, dali' altra Inviperi talmente il sultano Amurat, che dichiaró di nuovo la guerra all' imperadore, dopo aver falto arrestare ed incatenare Federico Crecovicio di lui amhasciadore in Costantinopoli. Quindi s' accese in Ungheria (839-*) ed in Croazia un nuovo incendio di guerra tanto più sanguinosa e feroce, quanto che appena intímala, fu da Mahomet III figlio (I59S); e successore di Amurat, il più crudele sultano, di quanti n' cbbero gli Oltomani, non solo approvata ma ancora con forza, e cou animosità maggiore, continúala. L' arciduca Massimiliano fratello delP imperadore, si pose nell'anno 1594 alia testa delle truppe in Ungheria , "e due anni dappoi volle anche il novello sultano in persona dirigere la sua arinata. II maggiore vantaggio ch'ebbero gli imperiali in queste circostanze, fu 1' alleanza conchiusa fra Rodolfo, e Sigismondo Baltori principe della Transilvania (88 glug* 1595) a cui si sottomisero gli stati della Valachia, e della Moldavia; ma con tullo ció non si poté impedire, che Mahomet, preso Giavarino ed Erlau, non si aprisse la strada, onde portar le armi insino nell'Austria e nella Moravia. A tanti progressi de'Turchi si cercó di oppórre nuove forze, 1'imperadore convocó sulla fine dell'anno 1597 gli stati dell'impero in Ratisbona, e vi delegó T arciduca Mattia per rappresentare a que' principi il pericolo, a cui erano esposte le provincie alemanne, e per disporli a prestare i più pronti e valevoli soccorsi. La contea, seEbene sospettasse continuamente de'Veneziani, non solo non trascuró di dare le accordate contribuzioni di milizia, ma somministró di più tutti quegli ajuti, che le permettevano le sue forze, e le sue circostanze. II. Provvedimenti generali fatti nella contea per la propria difesa. Era in quei tempi il castello di Gorizia per la sua situazione di somma gelosia, ed importanza. Ne fanno fede le espressioni di una instanza (1525) a van zata dagli stali della contea a Ferdinando allora arciduca, onde impetrare un annuo assegnamenlo per riparare ed accrescerne le fortiíicazioni. Foichè Gorizia, cosí esprirnevansi gli stati, è la chiave della Carintia, della Carniola e del Cursa, supplichiamo V Allezza Vostra di somministrarci i mezzi per rifare le mura della fortezza, che si (rotuno in catlivo slato, polendo in pochi anni essere rimesse, ed uguagliate a quel pezzo, che dai Veneziani fu costrutto, come ancora per terminare le torri, che da Maximiliano I sono slate incominciate, senza cui questa piazza resterebbe tanto debole da tina parte, quanto ella è forte daW altra. Acconsenti il principe alie loro premure, e quanlunque le considerabili spese della guerra co'Turchi lo avessero obbligato a dare in ipoteca per certa somma di denaro buona parte delle.rendile camerali della contea; lultavia assegnó, per ristaurare le fortiíicazioni del caslello, il residuo delle medesime. Questo sovrano sussidio fu accresciuto di tre mila fiorini contribuid spontaneamente dagli abitanti della provincia, e d' altri nove mila accordati dagli stati, per impiegarne due terzi nelle fortificazioni di Gorizia, e Taltro in quelle di Gradišča. Non minori furono le premure del governo goriziano d'avere un luogo fortifícalo nelle adjacenze di Maraño, Ja cui guarnigione dal momento che questa piazza ritornó in potere della repubblica di Venezia, molestava i territoii austriaci. II ministero di Ferdinando, anzí che levare i commissarí di guerra deputati nella contea per- le liirbolenze di Maraño, fu coslrello a confermarli pei continui motivi di lamentanze, ch' ebbero i sudditi austriaci inquietati dai loro vicini sino alia fine del secolo. Era al Senato di Venezia poco vanlaggioso il possedimenlo d1 una piazza, quai era Maraño, circondato tullo all1 inlorno dal territorio austríaco, e soggetlo alie leggi e tari líe della dogana di Ferdinando. Niuna barca veneta poleva entrare nel canal veneto di Turgnano, senza prima passnre per le nostre acque della Muzzanella: nel porlo stesso di Maraño v' era un ministro austríaco, il quale riscuoteva le gabelle di tullo ció che entrava o sorliva dalla forlezza (o). I Veneziani proletli dalla forza del presidio cercavano ogni strada per soltrarsi dalla soggezione delle gabelle, a cui ernno soltoposti ogni volta che passavano dali'uno all'altro territorio. Tanti e si grandi furo no le prepolenze, che praticavansi contro i sudditi austriaci, che le replicate rimostranze, pórtate al trono di Ferdinando da' commissarí a) Ar chimo del vice domina lo di Lnhiana. 90 istoria di guerra, lo determinarono a chiederne ragione in Venezia da quel Senato, il quale nttrihuendo le violenze de' suoi sudditi all' incerlezza de' confini, sollecito con instanza che fossero definite le anliche loro dissensioni mercè d' una elezione di commissarí, i quali invece tii troncare la radice dei vicendevoli sconcerti, non servirono che a far dimenticare gli eccessi passati, ed a risvegliare delle nuove prelensioni. Antonio Queta fu spedito (1545) a qnesio effetto da Carlo V, e dal re Ferdinando in Venezia. 11 Senato deputó due de'piii illustri senatori («) per trattare col ministro Austríaco. Si convenne, che si neir h tria come in Friuli, fosse ripigliato l'esame de'veri confini. Ma nel discutere i punti principali, anzi che levare le anliche difflcoltà, ne insorsero di nuove. Dai congressi de' cominissari non si ottenne verun eiïelto. La premura che aveva Ferdinando di procurare la tranquillité ai suoi sudditi, lo fece condiscendere, come vedrassi tantosto ad altre elezioni di commissarí, ch' ebbero il medesimo esilo della prima; anzi moderando queste piuttosto il risentimento, che le più forli relazioni del governo goriziano ispiravano nell' animo del principe, somministrarono al Señalo un motivo d'incolpare i suoi sudditi di baldanza. Non cessarono in questo intervallo gli stali della contea di rappresentare al principe la nécessité, che vi era di rinforzare Maranuto con nuove fortificazioni, e con un presidio alto a prevenire e reprimere gl' insulti de' maranesi. Era Maranuto un piccolo forte, circondato da terrapieni sostenuli da pulí gié infraciditi, che neppure meritava un tal noine. Qualuuque egli si fosse, coperto di gente, e d' artiglieria, era per la sua situazione tanto più opportuno agli Auslriaci in teinpo dell' assedio di Maraño, quanto che il cannone giungeva a battere quella fortezza ; ma ridottosi a poco a poco in islato di non poter più sostener un attacco, resto quasi abbandonato; poichè per le troppo scarse somme di denaro distribuée per le riparazioni, oltre che non fu mai abbastanza fortificato, fu ancora unitamenle a Porpelto presidíalo solamente da semplici contadíni, i quali per la loro inabililé, anzi che difendere il territorio austríaco, lasciavano maggior campo agli insulti della soldatesca nemica. Malgrado la cura, che si ebbe sin dal principio della guerra coi Veneziani, di tenere regolata la milizia urbana, tuttavia la nostra provincia, dovendo somminislrare soccorsi di truppe alia Stiria, ed a) Francesco Conlarini e Girolamo Grimani. alia Carniola, fu sempre nella necessità di fidare le piazze a gente rozza, ed inesperla neirarmi. II nostro principe pieno di zelo e di premura, non mancó di replicare i guoi ordini ai commissarl di guerra per esser infórmalo dello slato delle nostre fortificazioni, e di tullo ció, elf era necessario per la generale difesa della provincia; ma per mancanza di mezzi derivata dalla dispendiosa guerra contro i Turchi, il paese continuó ad essere esposto alie violenze de1 suoi vicini. Entravano essi a lor talento nel territorio austríaco, contrastavano a' sudditi nostri i pascoli, ed ai nostri magislrati la giurisdizione, rubavano i frulti nelle campagne, volgevano altrove il corso delle acque, e dirigevano quelle della Muizanella ne'boschi del principe; disponevano di questi come di cosa propria, tagliandovi a lor piacere le legna, e trasporlandone quelle, che trovavano tagliate, impedivano agli Austriaci l'ingresso nel porto di Muzzanella, ed esigevano con violenza gabella in quello di Lignano, benchè 1' uno e 1' altro fosse austríaco ; obbligavano le mercanzíe, che da Gorizia passavano a san Giovanni nelle pertinenze di Doberdó, d'andaré alia loro dogana di Monfalcone, opponevansi al doganiere di Maranuto, e colle armi scortavano nel passaggio le merci sottoposte alia gabella, e distruggevano a chiaro giorno i pochi lavori che eseguivano in Maranuto, conducendo seco con la forza ¡o Morano i lavoratori e trattenendoli prigioni *). I richiami del governo goriziano (1558) diedero motivo a nuove commissioni in cui i Veneziani, Iungi dal discutere i punti contenziosi, ebbero la franchezza d'intavolare nuove pretensioni riguardo a'diritti del patriarca d'Aquileja. La fermezza di Francesco della Torre ambasciador cesáreo in Venezia (a) a cui era poggiata la direzione dei trattali, deluse ben presto, come si vedrá a suo Iuogo (i) le lusinghe della repubblica, ed il congresso si sciolse cosí presto che appena ce ne restó qualche traccia. *) In taluno degli esemplari manuscritti che si trovano di quesla sloria. dopo la parola "prigioni,, si trova la seguente giunta: Le mire della repubblica di Venezia era di mantener le anliche dissensioni fra i sudditi delV uno e delF altro stato, per confondere ed imbrogliare cosi le sue pretensioni ed i suoi acquisti: questi ed alcuni altri simili passi come scritti in stile troppo pungente, si trovano ommessi dalfautore nei manoscritti posteriori. a) Non bisogna nel corso di questa islofia confondere questo ambasciadore con un'altro Franc, della Torre capitana di Gorizia, di cui spesso farassi menzione. 6) Allib.II capit Vnum.l. 8 92 istoria I sudditi veneti sempre piii arditi si impadronirono nel corso di venti anni dopo I'acquisto della fortezza di Maraño non solo di tullo quel tralto di paese, che Jungo il mare da Lignario fin sotto Aquileja si estende, ma ancora delle isole adiacenti. La molliludine delle rimostranze, che ci sono rimaste, comprova i mezzi irnpiegati dal Senato di Venezia, per profitiere delle infelici circostanze a cui era ridotto Ferdinando per la guerra colla Porta. Cercó egli eziandio di abbagliare P ambasciadore Francesco della Torre, lagnandosi contro il nostro capitano di Maranuto, perché esercitava i dirilti di giurisdizione, che gli competevano, nelP isola austriaca di Sanpietro vicino a Maraño. Abbiamo presa non poca amiratione, scrivono ¡ commissari (» ag-. 15SO) nello stile di que' tempi, che queWillustre Prencipe, e Signoria abbino dissimulato aver cosi poca informatione della verità di quella cosa, e non voler sapere da chi, e per cui V isola di s. Pielro (a) sia sempre fino al presente giorno posseduta quietamente: perché avendo, come ben troppo hanno notizia delle cose successe nel tempo, che per nui in nome della Cesarea Maestà fu assediato Maraño contra li derobatori, o ingiusti occvpatori d' esso, quel loco per nui fu subito recuperato, in quello fabbricato un bastione, et mediante quello tenuto, et anche fin ora conservato, e posseduto, come è notorio a tutto il mondo: Et veramente se il Proveditore di Maraño è stato ardito di far simili informationi, quel loco aspetti a esso Dominio, e sia posseduto per esso, egli s' ha partito molto a) Un' a lira relazione data da Giuseppe di Rabatta luogotenenle di Gorizia all'arciduca Ferdinando il di 2 nov. 1595 di tutte le usurpazioni fatte da'' Veneti, ci instruisce di certe particolarità toccanti quest'isola, che non debbono restare in oscuro. " È „ noto a Vostra Altezza, dice il Rabatta, con qual artificio „ abbiano i Veneziani agito allorch'e s' espressero non aver fuori „ del recinto delle mura di Maraño vernna pretensione; e „ poco a poco si impadronirono non solo di quello, ma ancora „ degli allri adjacenli porti di Lignano, di Buso, e di s. Andrea, „ ed estesero in quei contorni i loro confini dove loro più „ aggradiva, coli' appropriarsi i boschi, e le pesche non meno „ che la vicina isola di s. Pielro appartenante a V. A., dove „ con cannoni diroccarono la chiesa, e fecero accompagnare „ dalle guardie il prete da loro arréstalo colle vestimenta „ sacerdotali all' aliare, obbligandolo eos» a celebrare la messa. „ Scritture di Giuseppe di Rabatta. lungi dal vero, ed il medemo ha falto il suo precessor, se ha delto, che quel Dominio sia possessor di quel loco; come prossimo a Maraño, per essere la verilà troppo dal tullo in contrario ; ma non è maraviglia; che facino tal relalioni, perché per gli alli da loro diversamente intentati in volerne usurpare il fiume della Muzzana, li boschi della C. M., ivi propinqui, et li porti, nelli quuü mai ha avuta, ne poteca aver giusta ragion alcuna; stante che, quanto per loro era tenuto, o ver occupato, che era la sola terra infra le muraglie di Maraño, et non piü, perché tutti li porti et lagune insieme, con tutlo il territorio da fuori è stato recuperato per nui a S. C. M., e per nui quietamemente si possedeva, tanto per lo esercito nostro di terra, quanto per la gente delV armata noslra del mare, porti ed lagune predette, nè era in potestà ne del Strozzi, nè de sm, di respinger f esercito nostro, nè per ten-a, nè per mar, nè conseguentemente puoteno con fondamento alcuno di verità dire- d' aver comprato da tutti occupatori quello, cke non havevano. Anzi dovriano pur ricordarsi che per le leggi cristiane è proibito comprar cosa rubata: massime avendo loro per spécial capilulalione obbligati per sè, e sudditi loro de astenersi in Maraño ed altri luoghi, come in essa capitolazione. Et sapeado, che el Sacchia era suddito loro ; ma per quanto vedemmo per questi due ulhmi sui provveditori in Maraño sono state fatte ed, alia giornata si tentano di far diverse innovationi, come hanno fatto delli Boschi di S. M. e della Massone di Precinis, e del loco della China, che ora di nuovo hanno fatto funditus ruinare con presuposito di fabbbricarla pro sé essendo tamen certi, ch' è della M. C., el come ora hannj^falto col capitanio di Maranuto nella predetla isola, che essendo enmato ivi perseverando nel suo justo, e sólito anliquo ■ possesso, il delto Proveditore gli ha scaricato adosso molle cannonate di foco, cosa troppo diforme alia buona vicinanza, el pace falla a Sig. D. Diego di Mendozza, quando nel principio del 1544 dapoi che mostrarono aver cómprala la Ierra dal Strozzi, ed avanti che nui levassimo totalmente la obsedione di quel loco, ma mandassimo el Sig. capitanio di Duino col Campana Cancelliero di Gorizia per saper in che termine se ritrovavano, e come si clovessimo governare (a). Avremmo crédulo di diminuiré il valore di questa memoria, se non I' avessimo Irascrilía dai suo origínale. II Señalo incolpando 1' ignoranza de' sudditi, e disapprovando . a) Alli di Francesco della Torre ambasciadore cesáreo in Venezia, 94 # ISTOBIA ln condolía de'suoi ministri teneva a bada il ministro di Ferdinando, e stendeva frattanlo i limiti del suo dominio. Nello stesso anno si inoltrarono per si fatla guisa le cose, che Ferdinando in assenza del suo ambasciadore, spedi Massimiliano di Dornbergo in Venezia per chiedere ragione a quella repubblica di quanto era avvenuto. Quíndi si destarono nel Senato di Venezia de' sospetti, che i principi Austriaci alla prima opportuna occasione potessero far valer colla forza rapporto ai territorî i loro diritti. La tregua stabilita (155») da Ferdinando colla Porta, e il ripartimento degli stati da lui falto. a' suoi figli, per cui l'arciduca Carlo dovea stabilire la sua residenza in Gralz, dove più dappresso avrebbe scoperti i danni recati al proprio dominio, accrescevano maggiormente questi timori. Quindi in Venezia si rivolsero a nuove negoziazioni. Per tagliare dalla radice il germe di tutti i contrasti, fece la repubblica proporre a Ferdinando per confine de" rispettivi dominî il fiume Isonzo-, offerendo di cedere il territorio di Monfalcone per cambio de'villaggi austriaci situati di là dello stesso fiume, e della città di Segna, e di Fiume, con un compenso di denaro per quel di più, che potesse importare. Le ristreltezze della camera di Ferdinando esausta per le continue spese della guerra, e la trascuratezza del suo ministero, occupato dagli urgenti bisogni dello stato, per questa piccola provincia, avrebbero forse facilitato 1' esito d' un tale maneggio, se 1' ambasciadore Francesco della Torre, cui in Venezia furono fatte le prime proposizioni, non avesse a tempo istruito il sovrano ed il ministero intorno alla sproporzione che eravi fra il territorio di Monfalcone esibito dalla repubblica, e quei territorî, che ella in cambio dimandava. Non si traita niente meno {rappresenta (18 mar, 1559) a Jerdinando Pavveduto ambasciadore) che di spogliare Vostra MaestcKi settanta e più villaggi, e giurisdizioni e di tutti i porti suoi marittimi (a). Fu troppo chiaro e preciso il parere delF ambasciadore, per.chè il veneto progetto non fosse rigettatp. La repubblica abbandonô bensi il partito di far nuove proposizioni, ma hon tralasciô di pensar a1 mezzi d'assicurarsi il possesso di parecchi luoghi, che gli Austriaci incessantemente le contrastavano. Non contenta perciô d'avere con grossi stipendî accresciute le fortificazioni di Maraño, giudicô per assicurare i suoi acqutsti in Friuli necessaria un' altra piazza più atta a sostener un lungo, e regolato assedio. A tal effelto fu chiamato (1559) a Venezia Guidobaldo duca d'Urbino, uno dei più abili ed esperti capitani di que' tempi, per consultarlo intorno al sito piii opportuno alle mire di quel Senato. La comparsa, che fece questo soggetto ai nostri confini, cagionô delle impressioni e risvegliô dei riflessi nel ministero di Ferdinando, che non permisero di riguardare con indifferenza le disposizioni della repubblica. Si commise pertanto (1561) al capitano della Carniola Giacomo di Lamberg, ed al luogotenente di Carintia Erasmo Ma'gher di scoprire in compagnia dei commissari di guerra nella contea le intenzioni dei Veneziani, di rilevare i pregiudizi, a cui la provincia sarebbe esposta, e di concertare, e proporre i necessarí provvedimenti. Quattro erano le piazze, che i commissarí credettero doversi fortificare : Gradisca, Castelporpetto Tolmino e Cormons. Dai piani che lutt'ora esistono, si puö scorgere quanto poco estese sieno state le idee dei commissarí, e quanto mal impiegate si sarebbono quelle somme, che furono per tal impresa proposte. O che non si fosse in Venezia convenuto intorno al sito di piantare la nuova fortezza, o che altri riguardi si fossero frapposti, i piani dei commissarí austriaci fondati únicamente sulle supposizioni cestarono senza effetto, ed i Veneziani spedirono (1562) ¡n Vienna Giovanni Formento loro segretario, coll' ordine di sollecitare unitamente all' ordinario ambasciadore presso Ferdinando , la scelta d' altri commissari per fissare i confini fra i due domini. L' imperadore vi acconsentj, e volle in principio appoggiare 1' aliare^ di Lamberg, ad Antonio della Torre, capitano di Trieste, e a Giacomo d' Alterns, capitano di Gradisca, ma furono riguardati dalla repubblica come fautori di molti eccessi, pe' quali si dichiarava costretta a ricusarli. Ferdinando scelse per suoi commissarí (1563) Andrea Pögl barone di Reilleuslein, Giovanni Giuseppe barone d' Eck ed Ungherspach, Massimiliano di Dornbergo, il dottore Stefano Schwarz, e il doltore Antonio Scbrattenberger (a). II Senato véneto nomino Sebastiano Venier, Marino Cavalli, Pietro Sañudo, Giovambattisla Contarini, ed Agostino Barbarigo. Oltre questi comparirono Giacomo Campana come procuratore, e Giovanni Degrazia, come avvocato fiscale dell' imperadore. II villaggio di Gonars fu scelto pel luogo del congresso, ma insistendo i commissarí imperiali sul principal punto della loro inslruzione, che era la restituzione di Maraño, senza il quale non potevasi entrar in esame di verun altro articolo (6), tulli > a) Conservasi frà le scritture del magistrate fiscale di Gorizia si la prima inslruzione del di 9 marzo 1562, che la seconda in originale del di 11 marzo 1563. b) Vedi pag. 68. 96 ISTORIA i Iraltati si ridussero a sole sottigliezze, di cui fecero pompa le persone legali, che componevano una parte dei commissarí. Nulla di meno non interruppe il Senato di Venezia i suoi maneggi in Vienna, afflue di conchiudere 1' aliare riguardante i luoghi e territorl contenziosi. Adottó esso questo partito, perché gli serviva ad estendere le sue conquiste, e perché lo credeva mezzo opportuno per un vantaggioso accomodamento, che dal tempo e dalle circostanze sperava di ottenere. Quindi proseguí la sua pratica alla corte imperiale col mezzo di Leonardo Contarini, ordinario suo ambasciadore in Vienna, e due altri ambasciadori straordinarî (a) spediti a complimentare il nuovo imperadore Massimiliano II, sollecitando che d'accordo con una parte, e colf altra si fissassero i veri confini, dai quali solamente sperar poteasi la tranquillité fra i rispettivi sudditi. La proposizione fu air arciduca Carlo comunícala. Queslo principe instrutto delle intenzioni della repubblica, fece rispondere a' veneti ambasciadori («• «tt. 15C-I) ch'egli non inlendeva d'entrare in alcun trattato intorno ai Confini, se prima non fosse dalla repubblica restituilo Maraño, appartenenle al suo patrimonio, e che solo dalla cessione di quella piazza riconoscerebbe la sincera volonté, che dimoslra il Senato veneto di slabilire la tranquillité tra i rispettivi sudditi, e di accomôdare le dissensioni, che fra lui stesso e la repubblica esislevano (6). Tale fu la fermezza con cui insistette T arciduca nella sua dichiarazione, che i Veneziani, malgrado i maneggi ripigliati ne! seguente anno alla corte imperiale, non trovarono mai il mezzo di rimoverlo. La risposla che diedesi in suo nome ail' ambasciadore della repubblica (.ï® sett, 1SG5) era del seguente tenore. Il serenissimo Principe, e Signore Varciduca Cai% con bontà inlese cid, che gli scorsi giomi gli fu proposlo dal magnifico Sig. Oratore veneto, toccante /' affare dei confini, e benche sua Serenità non sia stata istruita dal magnifico ambasciadore cesáreo in Venezia di quanto esso ambasciadore abbia su di cià nuovamente proposlo all' IUustr. Signoria, nulla oslante riesci a sua Serenità molto grato il vedere che V lllustrissima Signoiria, qualunque ne fosse stato il motivo, inclinasse di nuovo ad un componimento, e fosse disposta ad assicurare una stabile pace ai sudditi d'ambe le parti, e poichè ella desidera, che sua Serenità abbia i medesimi sentimenli, il a) Marino Cavalli, ed un Mocenigo. b) Archivio di Duino. Serenissimo Arciduca farà a tutti conoscere, che la comune quiete e la sincera amicizia, e reciproca armonía fra la serenissima Casa > ri' Austria, e V Illustrissima Signoria di Venezia si sarebbe già stabilita qualor ció avesse da sua Serenità soltanto dipenduto. Ma poichè con due anteriori scritti era stalo al magnifico Signor Oratore e suoi compagni signifícalo che il punto principale di tulle le controversie giravasi circa la restituzione di Maraño, piazza appartenenle al Serenissimo Arciduca, su di cui sua Serenità finora non ricevette veruna risposta, cost insistendo esso serenissimo Principe aile sue anteriori diehiarazioni, non dubita che, accordata la restituzione di Maraño, facile sarebbe la via, onde determinare con certezza i confini, e ristabilire fra i rispettivi suddili la tanto desiderata quiete (á). L' arciduca Cario aveva bastante fermezza per ricusare un men vantaggioso accomodamento colla repubblica, benchè forse non si trovasse abbastanza forte per prescriverne le condizioni. • Tolta ogni speranza al veneto Senato d'indurre 1'arciduca ad una convenzione,' rivolse il suo pensiero ad altri mezzi, onde assicurarsi il possedimento di tanti territorí, che non era disposto di rilasciare. Riprese 1' idea di costruire una piazza d'armi in Friuli per poter con la forza contrastare agli Austriaci ció, che aveva conquístalo. A tal effetlo spedi esso in Friuli (15««) Sforza Pallavicino, accredilato capitano di que' tempi, col disegno di fortificare la città d' Udine. Questa seconda delegazione risveglio nell'animo degli abitanti della contea un' rmpressione maggiore della prima. J1 nostro governo, sprovveduto di truppe, prese le misure dei Veneziani come un preludio d'una vicina guerra, e ripieno di timore dimandó (5 ag-. 15«<¡) dei soccorsi "alia Carniola. Benchè col piano della nuova fortezza svanisse anche ogni sospelto di guerra, ció nonostante V arciduca Cario, dubitando che le idee dei Veneziani fossero bensi sospese, ma non intieramente abbandonate, ebbe cura in questo spazio di'tempo di assegnare tratto tratto qualche somma di denaro per conservare le fortificazioni di Gorizia, di Castelporpelto e di Tolmino nello stato in cui si trovavano. Frattanto aprironsi i Veneziani una nuova via per ripigliare i traltnli coll' arciduca riguardo ai confini. Guadagnarono essi ¡1 ministero di Rodolfo II, e sic-come la restituzione di Maraño era peí passato il maggiore ostacolo in tali trattati, cosí ebbesi in Venezia la sagacità di separare questo punto da tutti glí altri, rimettendone la discussíone 98 ISTORIA alla corte imperiale, e lasciando ai commissarî 1" accomodamento delle contese, clie riguardavano unicamenle i confini. Vito di Dombergo, cesáreo ambasciadore in Venezia, dimostrô Tinutililà d'un congresso di commissarî, assicurandolo che la repubblica non sola non era disposta a cedere Maraño, ma che lusingavasi eziandio di estendere la linea del confine di suo dominio fino alla sponda dell'Isonzo. Avendosi vostra Allezza, dice il Dombergo (3 niag. 15ÏO), lasciata intendere di essere aliena di qualunque tratlatione, se primeramente non si traltava Varticolo di Maraño, essi mostrando di contentarsene hamo acconsenlito, che questi, e gli altri si trattino alla corle di S. M. C. ma cosï riservatamente, ' che di questi non si potrà mai vedere risoluzione, fin. tanto che non sii risoluta anco la trattazione dei commissarî in Friuli, rsolendo che tutti i negolii, che si trattano cosi in Friuli, come ne'la corte cesarea, vadino procedendo con fassi uguali, e pari, la quai conditione è stata da loro senza dubbio procúrala con presupposito, che riuscendo i loro artifiziosi disegni d' essere destrámenle trattati dai commissarî loro nel modo che di sopra è slato narralo, venghino insieme ad essere eslinte le sopradette pretensioni, o non potendo sperare buona conclusione, la tratlatione dalla corte non sii passata tanto iwnanzi, che non possino con nuove, et intricate difficoltà impedire ogni cosa, et in questo modo procedere sicuri o di acquistare, o almeno di non perdere. Termina finalmente col dire : et che per conseguenza non s' abbia da riportar altro da qvesta trattatione che perdita di tempo, spese superflue, dispute argute, lung/ie, tedióse e senza frutlo (a). La rimostranza del Dombergo fu come un oracolo. II congresso s1 uni con solennité (4 mag. 15ÎO). Tre senatori (b) furono delegati dalla repubblica indiamente a Ire dei suoi più accreditati giurisconsulti, e T arciduca Cario delegó Andrea Rapizio vescovo di Trieste, Giorgio conte d'Orlenburgo e Massimilinno di Dombergo. Queili presero alloggio in Brazzano, e gli Austriaci ín Cornions. Dopo moite formalité,-ed ufficiose attenzioni praticatesi da una parte e dall' altra, 1' esenziale si ridusse a proposizioni, che dalP arciduca non potevano esser accettate senza la perdita de' territorí, che sono di lé deir Isonzo. Per tal motivo scioltosi senza effetto il congresso, a) Scritture del magistrato fiscale di Gorizia. b) Marino Cavalli, Agostino Barbarigo : non ci ritisct di scoprire il nome del terzo. ' ^ acconsenli nonostante questo principe pochi anni dappoi, che si ripigliasse di nuovo Fallare alla corle delF imperadore Rodolfo. L'ambasciadore Dornbergo fu consultato in questa occasione come nelle altre, e la sostanza del parere di lui si fu questa, che i Veneziani a nulla meno aspiravano, che a far confine del dominio loro 1' homo. Malgrado la precisione di questo. avwo l'arciduca Cario dovette condiscendere alie brame di Rodolfo II, inclinato a contentare nelfuno o nell'allro modo il Senato di Venezia, e a interporvi la sua mediazione. Giovanni Cobenzl e Blassimiliano di Dornbergo con Girolamo Garzonio vicario di Gradisca comparvero prima in Vienna, indi in Praga in qualità di commissari dell'arciduca; Giovanni Micheli, Girolamo Lipomano, e Giovanni Gritti furono i procuratori della repubblica. L'ambasciadore Vilo di Dornbergo fu incaricato di tener pratica in Cormons con Marco Antonio Barbaro, il quale dimorava in Brazzano, e di daré ai commissari intorno alla situazione e natura de' Iuoghi i lumi più necessarí. Si aprl la trattazione (158-1) colla massima di fissare fra T uno e 1' altro territorio, i più stabili e naturali confini, e troncare tante e si varie controversie pubbliche e prívate. Ma quanto facile era i! conoscere 1' eflicaccia di questo mezzo, altrettanto era difficile il mandarlo ad eíTelto. La repubblica non abbandonava r idea di estendere più che fosse possibile i suoi confini. I delegati di lei proposero Tuno dopo 1'altro molti piani: ma tendendo tutte le loro proposizioni a trasportare sino all' Isonzo la linea di confine con la seducente offerta di dar i1 equivalente in denaro per quanto di più polesse essere ceduto dall'arciduift, il congresso, che duro quasi due anni, ebbfe lo stesso esito di tutti gli altri precedenti, rimanendo per altro questa volta convinto il veneto Senato, ch' era meglio pensare ai mezzi, onde mantenere e conservare i Confini nello stato, che allor si trovavano, che cercare d' estenderli. Non avrebbe forse il Senato per tal oggetto differito di gettar i fondamenti d' una piazza d' armi capace di far fronte alla forza dei nostri principi, se non gli fosse stata d' oslacolo l'attenzione, con cui l'árciduca Cario vegliava su ogni menomo andamento dello stesso. II corpo delle truppe urbane non era ancora ben regolato. Un solo capitano, al quale erano sottoposte, reggeva con difficoltà una milizia sparsa per tutta la provincia. V firciduca Cario trovó necessario (158 Î) di ordinaria, e di dividerla in quatlro compagnie. Assegnó a ciascheduna un distretto determinato, prescrisse il luogo, ed il lempo da esercitarsi nelle armi, e nominó alia testa di tullo il corpo 8* 100 ISTORIA un colonnello da cui dipendere dovessero i capilani (a). Il governo di questo principe formo P epoca piii intéressante per la nostra patria. Egli conoscendo P importanza dei suoi territorî, diede i più opportuni provvedimeuti per difendere i conlini, e custodir illesi i suoi dirilti contro gli attentati dei Veneziani. Ma ad onta del suo zelo e della sua vigilanza, ebbe un an«o prima della sua morte il disgusto di vedere per ordine della repubbliea sotto la scorta di cinquecento fanti e d'uncorpo di cavalli (A), collocato (8 ott. l5S»)jn Saeiletto, riempire con sassi, e terra un canale, che la sovrana camera in favore del trafflco delle legna aveva fatlo scavare nelle vicinanze di Fiumicello, aflinchè couiurticassero insieine le acque delP Isonzo, e quelle del Tiel: e dolendosene P ambasciadore cesáreo in Venezia, gli fu risposto, che quel partito era Púnico, onde ovviare ai danni, che quelle acque potevano recare aile lagune di Grado, in cui sboccavano. La guerra coi Turchi, che teneva occupata la Casa d'Austria, non le lasciava campo di ricorrere ad altri spedienti. Mancato P arciduca Carlo, non tardô il véneto Senato a dar principio (15»») nelle vicinanze del villaggio tji Palmada alla fortezza da tanto tempo divísala. La reggenza di Gralz priva del suo sovrano, fece le più forti rimostranze ail' imperadore Rodolfo, come capo della Casa d1 Austria, e curatore dell' arciduca Ferdinando, il quale non era ancora fuor di tutela, onde persuaderlo ad opporsi ad una impresa, dalla quale doveva temersi, che derivassero a' vicini territorî austriaci molestie tanto maggiori, quanto che la nuova fortezza per le sue forlificazioni, e per la sua estensione doveva esser molto più considerabile di ^Maraño, e per la sua situazione inquietare poteva più cómodamente i suoi sudditi. Le ville, che la circonderanno, cosí s'espriine (I508) la reggenza, di Jalmico, di Visco, d'Ajelk), di Joanniz, d'Ontagnano, di Fauglis e di Gonars, sperimenteranno i danni nelle case e nei campi loro. I ministri rene ti avendo occnpato nel 1542 la fortezza di Maraño, e dichiaratisi di tenerla fino che fosse trattato, o di restituirla, o d' acquistarlq mediante una qualche convenzione, senza pretendere cosa alcuna fuor delle mura, in progresso di tempo s' impadronirono di tutti i a) Questa regola é del di 1 di luglio del 1587, e trova si fra le scritture del magistrato fiscale di Gorizia. b) La fanteria era condolía da Giacomo Malatesla, e la caralleria da Federico Savorgnano. porli, dette isole di s. Pietro, e de'Domini (à). Quindi deesi conchiudere, che i Veneziani fabbrichino quesla fortezza per occupare quello, che non hanno potuto con denaro ottenere dalla Casa d' Austria, come tante voile hanno tentato. Si perderanno nuove boche dei fiumi austriaci, e con quelle gli ulili, che Sua Altezza ricava dalle gabelle, e la serenísima Casa verra interamente esclusa dalle sue ragioni tanto chiare per la restituzione di Maraño e degli importanti porli di Lignano, di Buso, e di s. Andrea (b). Queste rimostranze non ebbero altro effetto che la fatalità di avere predetto il vero. L'imperadore Rodolfo, troppo irresoluto per opporsi da sè alia determinazíone del Senato veneto, tentó di impegnare Filippo II re delle Spagne a farlo desistere da un' impresa, che presagiva tanti disavantaggi, e tante perdite nel Eriuli per la Casa d' Austria. Ma Filippo non si curó degli interessi de'suoi cugini, e le fondamenta della nuova fortezza di Palma furono senza alcun impedimento gittate (I5»S) Sui conflni delf austríaco dominio. a) II Rabatta nella suddella relazione parlando di quest'isola la nomina delle Domine, vicina a Monton. b) Khevenhüller. Annali di Ferdinando. I S T O R I A LIBRO SECONDO. CAPITOLO PRIMO. j i Governo civile délia contea d ail' anno 1 500 ail'an no 1 6 00. I. Del Capitana capo délia contea: principi, e quelli, singolarmente al cui dominio sono I soggette vaste provincie, 11011 possono da sè soli sostenere .il peso del governo, e perô ad oggetto che sia la giustizia Ira i sudditti amministrata, la pubblica trajiquillità \ consérvala e provveduto alla comune felicité, forza è che dividano l'amministrazione, e vi sostituiscano soggetti idonei, Jj i quali operino spesse volte più come depositar! immediati che come subalterni ministri délia sovranità. Reggeva sul piano delle allre austriache provincie un ministro col titolo di capitana anche la nostra contea, la cui vigilanza e rettitudine sino verso la fine del secolo, tanto più decidevano délia sorte délia provincia , quanto che il governo délia stessa non aveva allora dal sovrano, e dal superiore suo consiglio quella diretta dependenza, che si stabili più tardi sotto il dominio dell'arciduca Carlo. Al principio del secolo non solo appartenevano al capitano unitamente col cancelliere délia contea la suprema amministrazione délia giustizia, e la regola interna, ma vi si appoggiavano ancora le rendite, e le ragioni camerali del principe, e tutte le disposizioni dell'esterna sicurezza délia nostra patria. Non v' era parte di governo, sopra cui non si estendesse !a sua vigilanza ed autorité. Donde avvenne, che il principe, esseiido la provincia nei primi anni del dominio austríaco moléstala continuamente dalle guerre, scelse per primi capitani tre uomini intelligentí, ed csperti nelParte militare: e siccome il massimo di lutli i bisogui era la dífesa del cittadino, cosí ¡1 maggiore impegno della provincia era il custodirla dagli insulti de'suoi nemici. L'uutorità militare nei capitani continuó nella contea, benchè fossero cessute le oslilità, ed essendo eglino alia testa 'de1 commissarl di guerra, istilüiti verso la meta del secolo, non si faceva negli affari della milizia e delle fortificazioni e nella comune difesa della provincia, alcun provvedimenlo senza il consenso, e 1' approvazione di loro. Oltre gli accennati commissarí di guerra esisteva ancora il magistralo fiscale, il quale come ¡inmediato custode delle ragioni del principe unitamente col capo della provincia invigilava al loro mantenimento. Ignorasi P época di tale istituzione. 11 primo procuralore fiscale, che incoutrasi nelle nostre memorie è Nicoló di Rabatla, il quale nei 1545 fu uno dei commissarí eletti per riconoscere le Ierre feudali nei capitanato di Gradisca. L'archivio di quesla magislraluca, che ci è rimasto, fa fede di quanta imporlanza e considerazione fosse stato questo offizio in quei tempi. 11 capitauo dirigeudo solo tulle le ruóte, che concorrono al governo generale d'un paese, e sapendo metterle in moto in guisa, che I' una non distruggesse, nè incrocicchiasse 1' allra, la macchina sostenevasi con armonía e semplicílá. Si alteró l'ordinc, dapoi che la gelosia d'aulorilà spogliando ¡1 capi(ano della dírezioue d'alcune parti della pubblica amministrazíone sciolse tutti i ministri camerali dalla dipendenza del medesimo, e li sollomise al ricedomino di Lubiana. 01 lie quesli cambiamenti, cui soggiacque l'autorilà dei nostri capitani, giova qui avvertire, che questo carattcre non era in tulli eguale. Giorgio d' Eck, che assunse (1518) il governo della contea dopo Enrico duca di Brunswick, quantunque soldato, nientediineno aveva soltanto 1'immediato governo civile, ed il supremo comando delle truppe negli ultimi anni della guerra di Massimiliano I colla repubblíca di Venezia era ad altri affidato. Cosi Gabriele conte di Ortenburg, che governo la provincia per alcuni anni, non oltenne il capitanato di Gorizia per elezione del principe, ma come annesso al dominio ulile della contea datagli in ipoteca per certa somma di denaro, ch' egli aveva somministrato al re Ferdinando. Perció al lempo che fu lévala V ipoteca della contea convien fissar solamente P época della nouiinazione de'capitani scelli dul principe al governo della medesima. I S T O R I A 12. Serie d e i Cap i ta ni délia contea nel XVI secolo. Andrea di Lichtenstein, primo Capilano di Gorizia. Si è già di sopra accennato, che essendo la contea pervenuta sotto il dominio dell'imperadore Massimiliano I. n' era stato conferito il governo ad Andrey di Lichtenstein. I gelosi riguardi, che convenue avere per una nuova provincia, dànno argomento di credere, che questo capitano avesse dato pruove non incerte de' suoi meriti, e delle sue qualité. • Enrico duca di Brunswick, e Lilneburgo, secondo Capitano di Gorizia. Enrico nato (14SO) da Guglielmo duca di Brunswick, e da Elisabetta contessa di Stolberg e Vernigeroda, educato nella corte d'Alberto di Baviera, ch' era allora una delle più coite e magniflche, dopo aver intrapreso secondo il costume di que' tempi il viaggio délia terra santa, si trasferi alla corte di Massimilano I. I suoi talenti gli conciliarono la stima e la conHdenza di si magnanimo principe a segno, che commise alla cura di lui (14»3) malgrado l'età sua giovanile, il comando militare di mille cinquecento uomini contro de'Turchi in Croazia. Maggiori, e più segnalati servigi rese egli a Massimiliano nel corso délia guerra contro Roberto conte palatino del Reno. Nella battaglia data presso Ratisbona (150-1) salvó la vita all'iniperadore, ed avendo sostenuto, senza curare le proprie ferite il comando dell' armata, riportô sopra l'inimico una piena e decisiva vittoria. Massimiliano sollecito non solo di ricuperar le rotte, che gli Austriaci avevano ricevuto dall' Alviano, ma ancora di ricompensare i servigi del duca, dopo averio dichiarato capitano generale delle sue truppe in Friuli e nella nostra provincia, gli cedette parte delle rendite délia contea di Gorizia (a). a) Fugger. Libro ti. DELLA CORTEA 1)1 GORIZIA. 105 Giorgio d' Eck, terzo Capitano di Gorizia. Cessate le ostilità nella contea, ¡1 duca di Brunswick cul comando delle truppe rassegnö (I» 12) ancora il governo della medesima. Ma perché le ostilità contro i Veneziani non erano per la tregua, se non sospese, nominó Massimiliano come suo successor« nel governo civile di Gorizia il suo vicedomino della Carniola, Giorgio d'Eck (a), uomo nelle armi perito, e che nel xorso della guerra aveva dato prove non equivoche di coraggio, e di buona condotta. Egli fu quello, che con destrezza seppe indurre il territorio di Pietz a sottoporsi volontariamente al dominio austríaco. Discendeva questi da Simone d1 Eck goriziano, e d' Anna di Brazzi. Non solo non esiste veruna memoria di cosa lodevole da lui intrapresa nel tempo che resse la provincia, ma ahbiamo eziandio dei fondamenti di poter credere che intento únicamente fi particolari suoi interessi, trascurasse quei del principe e della patria. Non ostante nella occasione che la contea fu impegnata (1538) al conte d'Ortenburg, continuó egli in qualité di luogotenente di lui nel governo del 4 paese : ma ne fu si poco moderata la condotta, che rimosso dal suo impiego, non ebbe più niuna parte negli afl'ari della contea. Gabriele di Salamanca, conte d'Orlenburg, quarto Capitano di Gorizia. Gabriele di Salamanca condotto dalle Spagne dalP arciduca Ferdinando, dopo aver esercitato 1" olficio di suo segretario, fu promosso all' eminente posto di gran cancelliere di corte, e seppe talmente guadagnare la grazia del principe, che ottenne 1' investitura della contea d' Ortenburg (>531). Divenuto P oggetto del favore sovrano lo fu ancora delí'invidia e dell'odio comune. 1 deputati delle provincie austriache presentarono nella dieta in Augusta (1535) delle querele contro questo m'nistro, e ne chiesero la rimozione con forti instanze, alie quali cedendo Ferdinando, allontanó il Salamanca dalP amministrazione degli affari delle sne provincie. Le strettezze di tlenaro a cui le spese della guerra contro i Turcbi avevano a) Nell'anno 150Í occupava 1'Eck già questo posto. 1 06 I S T 0 Iî 1 A ridotto questo stesso principe, F obbligarono ad impegnare al conte d" Ortenburgo (1588) le rendite délia contea di GOrizia. Quest' é P época, da cui si dee riguardarlo come capifano délia medesima. Francesco conte délia Torre, barone di s. Croce, quinto Capitano di Gorizia. Uno scritto sovrano (14 mar. 15-18) notiflcô agli stati di Gorizia la ricuperazione délie rendite délia contea date in ipoteca al conte d'Ortenburg, e la nomina di Francesco délia Torre, liglio di Vito della Torre, e di Bianca Polissena Simonelli e Guarti al capitanato di Gorizia. Seguendo questi Pesempio di suo padre, allora maggiordomo delle liglie di Ferdinando, £ ra éntralo in corte in qualilà di genliluomo di camera, e di siniscalco della reale di lui consorte Maria, dnve meritossi (158S) la benevolenza de'suoi sovrani, Milito egli nella sua gioventù in Ungheria, e trovossi rinchiuso in Vienna, allora che questa città fu nelP anno 1524 assediata dai Turchi (a). Lo zelo del!' amminislrazione degli afiari della contea, P equitù delle sue intenzioni, la prudenza e P avvedutezza de'suoi provvedimenti, onde avremo spesso motivo di farne parola, autenticano le qualilà ed i superiori talenti di questo capitano. II mínimo aliare riguardante il SLiddito della provincia era da lui crédulo degnp della sua assistenza. Gli scrilti del tempo del suo governo sono in gran parle di suo pugno, e quasi lulti si trovano colle annotazioni di suo caraltere. Desideroso egli d'islruirsi in tuito ad ogni cosa anche di poco rilievo estendeva la sua altenzioire. Allor che assunse il governo della provincia, quasi lutte le parti delP interna amminislrazione erano sconosciute, e non ignorando che le rególe d'una provincia dovevano farsi con gradazione, e che un provvedimento chiamava Fattro, ne distribuí le parti senza confonderle, scieglíendone le più necessarie. Al principio dell'anno prendeva di mira quelP oggelto, che proponevasi di trattare e regolare. Ci è rimasta una sua Ieltera (13 genn.l53Sj, con cui, secondo l'uso d'allora, come capilano nel cominciamento delP anno nuovo faceva degli augurí di felicita agli stali. Inconlrasi in questa Ietlera di sua mano la seguente postilla : Conviene, che pensiamo alia correzione dello Matulo, ed a) Khevenhiiller. Annali di Ferdinando, a regolare le misure ed i pesi. In tal modo questo valent' nomo trasse la nostra patria da quella rozzezza, in cui trovavansi tutte le parti deli' interna amministrazione, e pose i primi fondamenti del suo governo. Conobbe Ferdinando le qualità ed i meriti di Francesco della Torre, e li premió inalzandolo alia carica di maggiordomo dell'arciduca Ferdinando figlio secondogenito, e principe ereditario del Tirolo. Fece esso 1' acquisto in Boemia della signoria di Teitschenbrod, e di quella di Wastiz nella Moravia, dove mori in età molto avvanzata. Giorgio conte della Torre barone di s. Croce, sesto Capitano di Gorizia. Giorgio della Torre figlio del precedente, e di Lodomilla Perkin e Duba, succedelte nella carica di suo padre. La differenza del suo governo sarà stata tanto più osservabile, quanto che i talenti di questo capitano furono inferiori a que' del suo antecessore. Resse Giorgio della Torre ne' primi anni a nome del padre (o) la eontea ; indi governolla solo fino alPanno 1587. Sarebbe rimasta grata la sua memoria, se avesse avuto tanla premura di conservare le provvidenze ed ordinaïioni, quanto suo padre n' ebbe in istabilirle : ma siccome per ideare nuovi provvedimenti richiedesi molto senno, e molta fermezza per conservarli, quindi è, che mancando a Giorgio queste qualità, si devió a poco a poco dall' ordine introdotto, e molte delle rególe di Francesco della Torre furono poste affatto in dimenticanza. Mori in Rubbia nel di 29 maggio dell'anno 1592. Giovanni KhevenhUller, barone di Aichelberg, settimo Capitano di Gorizia. Benchè Giovanni Khevenhtiller non abbia avuto, per cosi dire, che il nome di capitano della contea, 1'ordine tenuto finora esige che in questo luogo se ne faccia menzione. Nacque egli da Cristoforo a) Nelle scritture dell'anno 1563 incontransi le date più vecchie della sua amministrazione. 9 108 rsTORiA Klievenliiiller, e da Elisabetla di Mansdorf (Obereich). (18 npr. 15.18) Allevato in corte di Ferdinando I fu scelto per accompagnare (• SO?) I" arciduca Carlo, che 1' imperadore suo padre spedi nelle Spagne. Diede il Klievenliiiller in questo viaggio tali contrassegni di destrezza nel maneggiare i pubblici alTari, che Massimiliano II lo prescelse per accomodare (1551) ln Madrid le contese insorte rispetto al Finale, Queste incumbenze aprirongli il cammino al posto di cesáreo ambasciadore alla corte di Filippo II e di Rodolfo II, fino alia sua morte. In questo intervallo di tempo T arciduca Carlo, per . dare anch'esso al Khevenhüller un atiéstalo di benevolenza e slima, gli conferí (158 Î) ¡i capitanalo di Gorizia. Quantunque questo capitano, toltone brevissimo tempo, fosse stato sempre assente dalla contea, tuftavia la nostra patria ha motivo di avere grata la sua memoria. Sostitui egli (1588) in sua vece come luogotenenle al governo della provincia Giuseppe di Rabatta, uno de' più meriteyoli cittadini di quei tempi, ma questa medesima scella cagionogli ben presto degl'inaspettati dislurbi. La trascuratezza, che accompagné il governo del suo anlecessore Giorgio della Torre, fece rinascere nel paese per si fatto modo 1' áulico spirito di independenza , che la fermezza del luogotenente* eccilô reilerati ricorsi fatti in corte contro di lui. Per accomodare i disparen", e conciliare gli animi de' Goriziani eolle rette intenzioni del luogotenente, il Khevenhüller, allor che trovavasi in Carinlia sul punto di partir per la Spagna, ebbe online di trasferirsi in Gorizia, dove arrivíi accompagnato (1 rebl». 1S03) dalla nobiltà, che con dugento uomini di milizia urbana andô ad incontrarlo, e fu accolto da tutta la cilla eolio sparo de" cannoni del castello. Dopo due mesi di soggiorno partí (# apr.) prendendo la via di Venezia. Mori questo capitano in Madrid, dove guadagnossi a tal segno P eslimazione di Filippo », che li 8 maggio 1606 lo decoró della collana del tosone. III. Del Luogotenente della contea. La necessità, in cui trovavansi i primi capitani, di aulorizzare soggetti, che la reggessero in loro assenza, diede origine a luogolenenti la cui elezione non dipendeva che dalP arbitrio, e dalla voloiilù dei suddelli. Giorgio d' Eck, benchè terminasse il suo capilaiiato, allor che (1528) fu impegnata la contea al conte d'Ortenburg, nouostante continuó a reggere la noslra patria. Egli è il primo luogotenenle, di cui parlino le noslre scritlure. Nomínalo a tal posto dul conte d'Ortenburg abusossí con un arbitrario governo dell' autorità deposítala nelle sue maní per modo, che sdegnali g!i slali provinciali delP ainministrazione di coslui, inviarono (1SS2) reileralamente dei d^pulati al loro capitano per esporgli i giusti loro lamenti contro il suo luogotenente. Il conte d' Orlenburg delegó de' conimissari per esaminare i ricorsi, e in conseguenza della loro relazione P Eck fu rimosso, ed< in luogo di lui fu eletto Girolamo d' Atteins. Tentarono gli slali verso la fine del secolo d' arrogarsi l'elezionu del luogolenenle, che fino a quel lempo era d' assoluta nomina del capitano. Giovanni Khevenhüller, capitano della contea trovandosi come ambasciadore in Ispagna, allora che fu promosso il suo luogotenente di Rabatta alia carica di rieedomino della Carniola, gli slali vennero (1585) alla scella del nuovo luogolenenle, in cui Sigismondo Turriano superó gli aitri dodici suoi competílori (a), ma P elezione fu cassata da un sovrano decreto, il quale dichiarava coinpetere al capitano la presentazione dei concorrenli, ed esserne riservata al principe la scella. Sigismondo Turriano fu appresso confermalo luogotenenle secondo P ordine prescritto dalla sovrana risoluzione. I lugotenenti non potevano assentarsi sen'a sosliluire un allro, il quale intanto s'incaricasse del governo della provincia. Siccome spesso assentavansi massimamenté per servizio della patria, cli' era sólita d'appoggiare ad essi le più gravi conimissioni alia corte del principe, cosi frequentissime erano le sostiluzioni, onde i luogotenenti vennero lanío a moltiplicarsi iu progresso di lempo, che ogni tentativo úsalo per esporne P ordinata serie è riuscito ¡ufrutluoso. Benchè questa carica nella prima sua islUuzione non fosse stata creata, se non per daré alia provincia un superiore in assenza del capo, la moltiplicità degli affari in progresso richiese che i luogotenenti a) Antonio d' Orzon commendatore di Friesach, Sigismondo barone d' Eck, Gasparo Lantieri, Corvado d" Orzon, Bernardina di Rabatta, Ermanno d'Atteins, Giacomo di Neuhaus, Gaspero Formeutini, Giovanni Giacomo d' Edling, l.odorico barone di Colloredo, Vittore di Wagenring, e Sigismondo d'Orzon. 110 ÏSTOIUA fossero nominati per sollevare i capítani dal peso del governo. Qnindi una delle principtili loro incumbenze era quella d'intervenire in vece del capitano alie sessioni del tribunale di giustizia, fino che sotto il capitano Giorgio della Torre con sovrana risoluzione (9 mar. 1593) fu al liiogotenente ingiunlo d'intervenire anche alie deliberazioni dei deputati degli stati, e d'assistere loro nelP amministrazione della pubblica economía. Nelle altre parti dell' interno governo della contea non avevano alcuna ispezione, dipendendo esse únicamente dal capitano. IV. Del Capitano di Gradišča e di altri capiiani. Quel tralto di paese, che da Massimiliano fu conquistato sopra la repubblica di Yenezia, e che oggidi sotto la contea di Gradišča si comprende, benchè non fosse incorporato con la contea di Gorizia, tuttavolla per la relazione, che ebbe sempre colla medesima, si puô riguardare come una stessa provincia. Sinchè il capitanato di Duino fu incorporato colla Carniola, benchè i capitani di Gradišča, di Tolmino, di Plelz, d' Aquileja, di Porpetto e di Maraño avessero ciascuno nel suo territorio il raedesimo incarico, ció nulla estante il capitano di Gradišča sosteneva un carattere, e un grado distinto, essendo superioro non solo ai capitani dipendenti dal capitano di Gorizia, ma ancora a quelli dei suoi territori, si per la maggiore estensione del suo* governo, come per 1' appellazione delle cause civili de' giudizí dei tre suoi subalterni capitanati a lui competenti, come competevano al tribunale del capitano di Gorizia quelle dei subalterni capitani della stessa contea. Questi capitani non solo amministravano nei loro distretti la giustizia, ma riscuotevano nel principo del secolo gabelle, ed altre rendite camerali del principe, vegliavano indistintamente sopra tutti gli affari della provincia, sempre con dipendenza dal capitano di Gorizia. DELLA CONTEA DI GORIZIA. ' V. Degli stati provinciali della conlea di Gorizia. Gli abitanti della contea, distinti in tre ordini, costituiyano al principio del secolo XVI, come nelle altre provincie austriache gli stati provinciali di Gorizia. Erano questi formati dal clero, daü'ordine palrizio, e dal non patrizio, composto di due classi, di cittadini I' una, e l'altra delle comunità dei contadini. Quindi la città di Gorizia, e dopo la conquista del distretto gradiscano la comunità d'Aquileja, le gastaldie d'Ajello e di Mossa, rappresentate dal loro gastaldo, e da alcuni principal! del loro corpo, comparivano sin verso la meta del secolo alie pubblicbe adunanze degli stati, in cui trattavansi gli allari concernent i comuni interessi di lutta la provincia. Le comunità de'contadini, che in- quei tempi forinavano una considerabile parte dei possessori di terre, si trovano essere concorse col loro assenso ai primi sussidi in denaro, che gli stati preslarouo al principe. Cominciando la sovrana camera a conoscere in seguito il vantaggio, che il principe poteva trarre da un corpo unito di suddili posseditori di tutte le rendite delle provincie, la cui salvezza e custodia assorbiva assai piü .di quello, che lo slato raccoglieva, e pensando essa di soggettare i fondi ad annuali e fisse contribuzioni, le nostre comunità dei contadini vollero, come dirassi allrove, segregarsi dal corpo degli stati, colla lusinga di disimpegnarsi cosi da ogni comune gravezza, e trassero ben presto seco il corpo dei cittadini, che seguirouo il loro esempio. Amendue le classi non ottennero con questa separazione, se non lo svantaggio di restar prive del dirillo di essere ammesse alia ripartizione delle pubblicbe contribuzioni, e d'essere obbligate a pagare le rale, che loro venivano imposte dall' ordine patrizio ed ecclesiastico, i quali a d esclusione d' ogni altra classe coštituirono sino ai giorni nostri gli stati provinciali della contea. Ollre il diritto, ch'ebbero gli s lati di riparlire ed esigere lo pubblicbe gravezze, ebbero ancora quello di amministrar giustizia in presenza del capitano, o suo luogotenente nelle cause di persone patrizie, e di quelle che o erano in servizio degli stati, o di qualche famiglia patrizia, e di vegliare a tutti i provvedimenti dell'interno governo. La diversilà di questi oggelli rendendo necessaria una non inlerrolta vigilanza ed attività, e non ammettendo i'esecuzione 112 ISTO RIA di alcuui urgenti alTari veruua tardanza nel convocare gli stati, ricercó il buon ordine clie si eleggesse annualmeute un certo numero di soggelti, a (Tiliche negli alTari, ne' quali era loro conferito un pieno potere, rappresentassero il corpo degli stati. Questi furono gli assessori, clie componevano il tribunale di giustizia, del quale ci riserviamo di tenere altrove discorso; ed i deputati, che adoperavano in nome colla malleveria di tutti gli stati. Non era nel principio né determínalo ¡i numero dei deputati, né regolata la loro elezione, perchó accettavansi quelli, che da sé stessi esibivansi, e si eleggevano senza prescrivere alcun termine quelli,che riputavansi atti al servizio della patria. Solamente verso la meta del secolo (3® api-. 1SOS) Se ne fissó il numero di quallro. Dalla piii antica islruzione, di cui si conservó memoria, si osserva, che nel periodo d1 un auno cessava fuffizio di tullí i deputati e venivasi ad una nuova elezione. Quest' ordine fu modifícalo poco dappoi e si désume da un' «lira posteríore islruzione, che nel termine dell' anuo solí tre deputati termínavano il loro impiego, e che uno a scella degli stali continuar doveva nel suo posto peí corso d'un altro anuo. Dopo la meta del secolo s'introdusse, e si conservó sino ai noslri giorni la consueludine di eleggere fra i quallro, un depulato delf ordine ecclesiastico. Finalmente 1' elezione dei deputati e delle persone scelle per gli allri ul'fizi provinciali, la quale poteva prima farsi in tutti i congressi degli stali, fu per legge delfarciduca Cario (31 ott. 153G) riserbata al lempo delle solé diete, che si convocavano per ordine sovrano. Da ció ne avvenne, che accutntilandosi gli aflari, e non potendo essere traltali e decisi in una, o due sessioni, le diete frequentemente continuavano peí corso di piü giorni, ed anche di setlimane, e in queste si deliberava intorno agli alfari piü gravi, come erano quelli de'sussidi slraordinai'i al principe e delle pubbliche occorrenze delf interna ammiñistrazione; si concertuva il piano econoinico e civile, e si formavano le istruzioni, che prescrivevansi ai deputati, e che servivano loro di seorta e di legge nel maneggio degli alTari. Non crediaino fuor di proposito di far menzione di alcuni provvidi articoli prescrilli nelle mentovale istruzioni. Si dichiaravauo illegillime le deliberazioni dipendenti dai congressi, in cui non fossero intervenuli almeno tre deputati, si prescriveva loro l'incarico d'incassare ogni anuo le pubbliche contribuzioni, senza aver parlicolare rigmirdo ad alcuno, e si raccomandava 1' esatla osservanza delle leggi e consuüludini della contea. Essendo le cure commesse a piü persone alie volte neglelle, fu prescritto, che tutti i decreti ed ordini si custodissero partitamente di tre in tre mesi da un solo deputato, a cui principalmente aspettava il vegliare alla loro esecuzione. Regolale finalmente le spese ordinarie della provincia, per le straordinarie veniva accordata a' deputati una somma determinata, che non poleva nè diminuirsi, nè aumentarsi senza il consenso e l'approvazione di tutti gli stati. Finché il corpo dei cittadini unito al clero, ed all1 ordine patrizio aveva parte nelle deliherazioni degli stati, i congressi provincial! Ii tenevano in una casa comune siluata nella parte superiore della città, ma quando il cprpo suddetto si separó dagli stati, questi lion volendo più avere comune coi cittadini nemmeno il Iiiogo delle adunanze, per tal oggelto fecero erigere (1545) quella casa provinciale, che tuttavia esiste. Malgrado questa segregazione, in riflesso all1 aumento della popolazione nella città inferiore, accordarono gli stali nella città di teuere le sue sessioni giudiziali solto la loggia della loro casa. Ma non contenta dell' uso della loggia abusó in si fatto modo di taie compiacenza, che cercó di disporre per via di prepotenza anche della casa stessa. Alle replicate instanze del governo, ordinô (15G8) il principe al corpo dei cittadini di fabbricarsi nella parte inferiore della città una casa, che fosse di loro propriété, e del tuito separata da quella degli stati , e per sollecitarne 1' erezione somministró (15G8) del suo erario (ingenio ungheri, appoggiando al luogotenente Vito di Dornbergo la dislribuzione di quel denaro. Fra le molte prerogative, di cui s1 ebbe altrove occasione di parlare, e che dimostrano l1 uguaglianza del grado, e la uniforme costituzione della nostra colle altre austriache provincie, deesi riportare l'instituzione di nuove cariche di corte, che furono in questo secolo presso di noi perpetuate quai feudi in certe famiglie patrizie, chiamate comunemente cariche eredilarie della provincia. La carica di maresciallo era la sola ereditaria conosciiita solto gli antichi conti. I signori di Luegg n1 erano investiti, ed estinta questa famiglia, Ferdinando I la conferí (1558) alla linea d'Antonio barone della Torre, e di Sanlacroce. L'arciduca Carlo aggiunse a questa nello stesso anno *) Nella prima edizione del Saggio storico Vol. I stampato in Gorizia nel 1773, fa il Morelli menzione a pagina 113 del gaslaldo Antonio Moscou, come uomo ardito che osava con la prepotenza occupare la sala degli stati : questa circostanza è ommessa nel manuscritto posteriore. 114 IS T O RI A le cariclie di gran siiiiscalco, e di cameriere maggiore, concedendo (14 apr. I56S) 1'investilura della prima a Giovanni Kliisel di Kaltenbrun, e delPallra (16 si«er- ISO») a Vito di Dornbergo. Cosi fu dal medesimo principe in favore di Lorenzo Lantieri istiluita (15SO) la carica di gran coppiere, e finalmente dall' arciduca Ferdinando (159 7) quella di cavallerizzo maggiore, conferita a Giseeppe di Rabatta. Questo fu il sistema degli stati provinciali della contea di Gorizia fin al principio del secolo XVII. VI, Aggregazïone alla nobïltà patrizia. Per onorare e premiare quei cittadini, che si distinsero, le nazioni più colte ebbero in uso di esaltarli agli uffizî più distinti, e di affidar loro il maneggio degli aífari più rilevanti della patria. Da si lodevoli principi ebbe origine la distinzioiíe dei gradi, e degli ordini nella nostra patria. Questi erano divisi nell" ordine nobile, e neir ordine ecclesiastico. 11 corpo del clero, che aveva diritto di sedere, e voce nelle pubbliche adunanze degli stati, era composto da' capitoli d' Aquileja, e di Cividale d'Austria, dai monasteri di s. Benedetto d'Aquileja, e di Santa Maria della valle di Cividale, dal priore di Prednico, e dal commendatore di s. Nicolô di Levata, dagli abbati di Rosazzo, e di Moggio, dai piovani di Gorizia, di s. Pietro, di Cannle, di Bigliana, di Cormons, di Lucinico, di Mossa, di Romans, di Fiumicello, di Porpetto, di Comen, di Reiffenbergo, di Prebacina, di Cernizza, di Schónpass (a), e finalmente da'piovani di Merna, e di Camigna (6). Non v' è época precisa, in cui Ii parroclii della contea cominciassero a costituire I* ordine ecclesiastico negli stati provinciali. Siccome a) Questa è una copia del registro presentato nel 1590 dagli stati all' arciduchèssa Maria, redora deli' arciduca Carlo. b) Questi due furono ommessi nel mentovato registro in tempo, che certamente ambe le parocchie già esistevano, e che que' curati godevano i medesimi diritti degli altri parrochi di nomina regia, corné le nostre scritture lo dimostrano. (ütti esislevano prima del secolo Xyi; cosi ö probabile, che tulti ancora sieno stati compresi nella prima loro istituzione. Maggiori difficoltä s' incontrano Hell' assegnare 1' epoca dell" aggregazione delle famiglie nobili. Prima dell'anuo 1569, o non si osservavano, o' non sono State tramandate a noi le formalitä praticalesi nell' aggregare Ie famiglie alla nobiltä patrizia, che prima ancora di quel secolo costiluiva sotto gli antichi conti la nobiltä del paese. IIa siccome fu introdotto, e continuato per tulto il secolo il saggio uso d'invitare alle convocazioni degli stati de' soggetti distinti per senno e per condizione, onde profittare del loro corisiglio, singolarmente-quando trattavansi affari di qualchc considerazione; cosi non resta alcun dubbio, che que1 soggetti, i quali piü spesso, e quasi sempre erano chiamali, non fossero col tacito consenso degli stati, e senza altra formalitä tenuti, e reputati per patrizi. Gioverä intanto trascrivere le famiglie ed i consorzi laici, che prima deir.anno 1569 poteano sedere, e aver voce nelle pubbliche adunanze. Questi sono i seguenti: Attems, Canusio, Cobenzl di Proseck,- Degrazia, Dornberg di Dorneck, Eck di Ungerspach, Edling, Fontana, Hais di Kienburg, Hoijos, Khevenhüller di Aichelberg, Kliisl di Kaltenbrun, Lantieri di Sohonhaus, Neuhaus di NeijkolTl, i conti d' .Ortenburg, Orzon, Rabatta, Reschaver di Ratscha, Ribisin, Richieri, Strasoldo, Suardi, della Torre, Zernozza, Formentini consorti di Tolmino, Ascanio di Colloredo, che aveva la giurisdizione di Driolassa, Urbano e i consorti Savorgnani, che avevano la giurisdizione di Zuins, i consorti Frangipani, che avevano quella di Porpetlo, Lodovico e i consorti di Codroipo, che avevauo la giurisdizione di Jesernico, i signori di Cusano, che avevano quella di Vidrignano, Giorgio e i fiatelli di Mels, che avevano quella di Albana, Bernardo ed i fratelli Conti di Cividale, Luigi ed i consorti Roncon di Visnovichio, la comunitä d' Aquileja, e finalmente Giovanni Petazzi, posseditore pignoralario della signoria di Schwarzeneck (a). La prima memoria della formale aggregazione alla nobiltä patrizia fu quella di Nicolö Arrardi accettato (IS feto. 15CO.) con tutta ä) Quesla memoria fu presa dal menlonato registro 1590, colla sola differenm, che vi sono aggiunle jdcune famiglie, le quali furono nel registro ommesse, perche non dimoravano nella contea, come Hoijos, Khevenhüller di Aichelberg, Khisl, Ortenburg, e tralasciate quelle, le quali dopo il 1569 furono colle inlrodolte formalitä accettate. 9* 116 ISTORIA la descendenza, dopo aver dimostrata, come dicooo le scritture, la nobile sua origine e condicione. Si é creduto opporluuo di riportare questa circostanza come una prova, clie gli slati per antica consuetudine non conferivano la nobiltá patrizia a soggelti, che non fossero nubilmente nati. Anzi nella gtessa dieta (1® febl»,) fu stab.litu la legge, che i concorrenti alia nobiltá patrizia, oltre il requisito di quattro generazioni nobili dalla parte si paterna che materna, dovessero possedere nel paese una facoltá sufficiente a roanlenersi con decoro, corrispondente al loro grado. Con questa legge ottennero la nobilli patrizia della conlea i seguenti: Giulio Campana, Gasparo Bellino, Martillo Knes, Francesco Capella (a), i fratelli Branden (6), Cristoforo Urschenbech, Potschah (c), Federico e i fratelli Zucco (d), Elia Nadoliz di Cronz (e), Sigismondo Turriano conté di Valsassina, Girol. e Fortunato fratelli Catta (/), Gasparo e Bartolommeo fratelli Bertis di Bertiscg (g~), e Giorgio Vittore VVagenring (k). Gli accennati requisiti richiedevansi con tanto rigoxe, e con tal gelosia, che Cristoforo di Ursclienbeck, benché per le sue qualilá fosse stato elevato al posto di maggiordomo dell'arciduchessa Maria moglie dell' arciduca Cario, fu ascritto coll' espressa condizione, che nel caso ch'egli facesse citar in giudizio qualche patrizio di Gorizia, prestar dovesse una cauzione sin a tanto che possedesse de1 beni nella contea. Cosi avendo ancora 1T arciduca Cario con ordine sovrano (1531) spieguto agli stati, che avrebbe agrado, se Giorgio Libérale venisse aggregato alia nobilla patrizia, eglino non ebbero riguardo d" esporre il loro dispiacere, di non poter secondare le sovrane insinuazioni, perché non concorrevano nel Liberale i requisiti ricercati dalle provinciali costituzioni. Erano i nostri antenati ancora attaccati alia massiina, che le leggi una volta prescritte dovessero esaltamente osservarsi. Molle famiglie, che possedevano beni nella contea, ma dimoravano nello stato veneto, desiderose di participare de' privilegí e delle prerogative annesse alia nobiltá patrizia, la cercavano con molti brogli ed impegni, onde nacqnero partiti si forti che sconcertarono Tarmonia fra lo stato uobile. Si fece pero nota (* iWaggio 158 8.) la a) Fu conferita a qnestf quattro la nobiltá patrizia il di 18 oltobre 1569. 6) 3 setiembre 1576. c) 3 marzo 1579. d) 19 dicemb. 1580. e) 17 gennajo 1582. f) 19 genn. 1582. g) 23 marzo 1584. ' - h) 9 aprile 1587. DELIA CONTEA DI G0HIC1A. 1 17 legge giù per lo innanzi stabilila (a), che non poteva proporsi » II' aggregazione alcun soggello, il quale non avesse prima lissato pel corso di venlicinque anni il suo domicilio nella contea. (puesta cosliluzione fu confermata ( 3 apr. 15IO) dall'arcidlica Erneslo governatore degli stali deli'arciduca Fer) si determina la restituzione della dote alia casa che la formo, se dopo la morte della madre morissero i figli e le figlie, in età pupillare. Questa costituzione contraria al diritlo romano era derivata dalle leggi feudali (c), le quali lutte tendevano alia conservazione delle facoltà nelle famiglie. Quindi per la stessa ragione la poco anzi menlovata costituzione (rf) priva la douna della facoltà di testare dei doni faltile dal marito dopo il tempo del matrimonio, quando non avesse dal medesimo speciale consenso di poterne disporre : e finalmente un' altra legge (e) dichiara, che tutti gli acquisti delle donne fatti durante il matrimonio dovessero riputarsi fatli con la facoltà del marito, se non si prova$se evidentemente che fossero derivati dalle proprie loro rendite. Non si perdelte di vista nello staluto la condizione delle vedove e la sicurezza delle doti. Colla medesima costituzione (/"), per cui fu disposto, che 1' erede non potesse essere aslretto alia restituzione della dote prima del termine d' un anuo ed un giorno, viene provvidamente prescritto, ch' egli sia tenuto in quel intervalle di alimentare la vedova, e quando questa non voglia ricevere gli alimenti, debba corrisponderle il censo del 15percenlo dell'importar della dote, l'ariinente in un idtra costituzione (y) si dà alie doti a) Rub. 119. " De bonis uxoris porlatis ad domum mardi, et „ polestate disponendi de ipsis. „ b) Rub. 124. De restitutione dotis fienda liberis ante, aut post „ obitum matris defunctis. „ c) Lib. 1 tit. 13 et lib. 2 tit. 13. d) Contenuta nella rub. 119. e) Rub. 120. " De aquisitis per donunam maritatum constante „ matrimonio prœsumendis aquisitis de bonis martli. „ f) Rub. 114. "De alimentis uxorilms vidais prœstaudis. „ g) Rub. 121. u Quibus creditoribus ratione dotis mulier prceferetur. „ !» preminenza sopra ogni altro crédito, attribiiendo a quelli, che hanno diritto di ripsterle, i medesimi privileggi, che competevano al fisco ed agli stati provinciali. Alïïnchè poi nè dalla moglic, nè dal marito potessero essere distratti i fondi dotali, o quelli assegnati per sicurezza della dote, lo statuto (a) dichiara nulle ed invalide le alienazioni in pregiudizio delle ragioni dotali, se non sieno approvate da due prossimi parenti della donna, e con decreto del giudice confermate. Le Tagioni dei pupilli, e la cpnservazione della loro facollà meritarono 1' attenzione dei compilatori del nostro statuto. Con ispecial legge (b) si stabilisce, che la madre, ed i più prossimi parenti dei pupilli sieno tenuti nel corso d" un anno dopo la morte del padre ad implorare dal giudice 1« scelta d'un tutore, o curatore sotto pena di decadere da ogni diritto, che potesse loro competére dopo la morte del pupillo sopra i suoi beni ; e si ammonisee il giudice di preferire uella tutela, o procurare i più vicini parenti, ed in mancaiiza di questi, due altre oneste persone. Dalla stessa legge sono dichiarate incapaci della tutela le madri, che passano a nuove nozze, cosí ancora quelli, che non posseggono facoltà proprie, e suflicienti per sicurezza di quelle del pupillo. Dichiara in oltre ■questa costituzione, che i tutori in riflesso alie loro fatiche possano ricevere un" annua gratificazione da determinarsi dal giudice. Se taluno poi ricusasse la tutela, si stabilisce che dal giudice sia dichiarato incapace di succedere per qualunque ragione, o titolo nella facoltà del pupillo, e finalmente viene proibito ai tutori d' accasarsi colle pupille, d'acquistare in qualunque modo beni pupillari, risenrandosi bensl al tutore il diritto di far valere le sue ragioni dopo il termine tlella tutela. Con altra costituzione (c) si prescrive a tutori testamentan il termine di dieci giorni per accettare, o ricusare la tutela, e s'ingiunge indistintamente a tutti i tutori e curatori di assumere nel termine di trenta giorni dall'accettazione della tutela, per mezzo d'un notajo, coll' assistenza di due parenti più prossimi del pupillo, 1' inventario della sua facoltà, di presentarlo nel termine di otto giorni al a) Rub. 117. "De solemnitate servanda in alienatione rerum , dotalium. „ b) Rub. 127. " De tntqribus dandis. ,, c) Rub. 129. " De invcntariis a tutoribus, aut curatoribus • „ conficiendis. „ 126 IS T 0 Ii l'A giudice, e di pubblicarlo in presenza dei suddetti assistent. Riguardo poi al rendimento de'conti dell" amministrazione delle facoltà pupillari, il nostro statuto (a) ordina, che i conti sieno annualmente rassegnati al giudice, ed in presenza di due parenti più prossimi del pupillo, ed in raancanza loro, di due oneste persone giustificati; ordinando di più, che i mali amministratori debbano essere astretti « risarcire senza dilazione ogni danno cagionato al pupillo. Non sarà inutile il far menzione di altre due costituzioni, che cOntribuivano alla conservazione delle facoltà delle famiglie. Eravi allora la consuetudine, non senza danno ita a' tempi nostri in disuso, che quasi tutte le famiglie vivevano unité di sentiment!-, e d'interessi; ed il governo della casa, e l'amministrazione de' beni si sosteneva dal capo. I legi^Jalori del nostro statuto furono sollecili d'autorizzare questa buona consuetudine cou ispezial costituzione (b). Dopo d'aver iuterdetta a' flgli di famiglia, ed a tut{i coloro, che vivevano sotto altrui poteslà, ogni alienazione di beni, ed efFetti, dichiaravansi di niun valore i contralti di vendita, e i debili dei fratelli di quelle famiglie, le cui rendite erano amministrate da un fratello maggiore. Rilevasi dalla susseguente costituzione (c), che ail' età di vent' anni si finiva d'essere sotto tutela ; allontanandosi cosi dalla disposizione del diritto comuue, ed approssimandosi alla legge longobarda (d). Si deduce ancora dalla stessa rubrica, che si confidava l'amministrazione dei beni a quei pupilli, che avevano dato saggio di prudente, eçl economica condolía ; proibendo bensi loro ogni alienazione, e dichiarando nullo ogni contratto di vendita, senza il consenso di due prossimi parenti. Dalle mentovate costituzioni municipali scorgesi chiaramente, che tutte le .mire de' nostri legislatori tendevano alla conservazione, ed airincremento delle famiglie ; ma siccome tiitle le provvidenze non potevano privare l'uomo del diritto primitivo, che lo costiluisce arbitro delle sue facoltà; cosi le noslre leggi hanno voluto, che la decadenza d'una famiglia serva almeno di vantaggio, e d'innalzameulo a' suoi parenti. Si stabilisce quindi (é), che in caso di vendita, o a) Colla rubr. 130. " l)e ratione redenda singulis annis per „ tutores el curator6s. „ b) Rub. 103. " De his, quibtis alienatio est inlerdicta. „ c) Rub. 104. " De prohibila alienatione minoribus viginti annis. „ d) L. L. Longob. lib. 2. cap. 29. leg. 1. e) Colla rubr. 97. " De agnatis, „ el vicinis vindicantibus bona agnatorum, et vicinorum vendita. „ alienazione di case, terre, campi siluali nella conlea, e di qualunque allro diritto, o fondo immobile, i parenti del venditore possano nel termine d1 un anno, e un giorno ripetergli, e ricuperargli al medesiiiio prezzo, peí quale furono alienati, non ostante che nell'aequisto fosse concorsa F autorità del giudice. Dopo dei parenti si concede il diritto di ricuperazione a' confinant! del fondo abitanti nella coutea. Questo diritto chiamato rUratto prelatico, ignoto presso i romani, deriva da una costituzione deli1 imperadore Federica inserila nelle leggi feudali. Siccome lo spirito della legislazione, che accordava a' parenti il diritto di ricuperare, era quello della conservazione delle facoltà nelle famigüe, cosi la prelaùone in fuvore dei coiifiiianli era appogfíala eu quel principio delF unione dei fondi, e delle possession]', *la quale diininuendo la mol^jplicazione dei confini diminuisce il numero dei litigi, che ne insorgono, e risparmiando al contadino inutili fatiche, gli facilita il layoro, e la custodia delle sue terre. Non furono dimenticate nella compilazione del nostro statuto alcune provvide leggi in fuvore della co/lura delle ierre. Interdicono queste (o) la carcerazione degli agricoltori per cagione di debiti. In favore della conservazione e sicurezza delle campagne e de' frutti colla scorta di altra costituzione di Federico (_b) si stabilisce (c), che la comunilà sia tenuta o a denunziare il danneggiatore de' campi, e delle vigne, o a risarcire i danni. Per allontanare i rubamenti sopra le terre s'impone (d) al contadino il debito di abitare nei villaggi; gli vieta di fabbricare la casa di sua abitazione nei "terreni coltivati, e se la fabbricasse, il confinante, o Paltro contadino ha P autorità di abbatterla e demolirla. E non mancando nella coutea degli usurai, i quali profiltsndo dell" indigenza del contadino lo aggravavano a titolo di somministrazione di denaro o di vettovaglie con illeciti censi, é cercando nel sudore delPagricoltore, un inonesto guadagno, rovinavano i coloni con grave danno dei padroni del fondo : cosi il nostro statuto fondandosi sopra un' anteriore deliberazione presa dagli stati (SC mar. 1545) dispone (e) che nessun creditore a) Colla rubr. 133. " De hornine rurali non personaliler detinendo „ nom'ine depositi. „ b) Const. 26. " De maleficiis clandeslinis. „ c) Colla rubr. 154. " De rusticis gaudias imponentibus in praejudilium ,, habentium jurisdictionem. „ d) Colla rub. 194. " De villicis in campis laboratis aedificare non debentib. e) Colla rubr. 175. " De creditoribus alíenos colonos pignoranlibus.„ 128 i s t o m a possa chiamare ¡n giudizio i coloni per debiti contradi senza Passenso dei padroni del fondo: mi per una fatal sorte délia patria le sue leggi più sulutari nella riforma posteriore delle sue costituzioni municipali furono obbliate. Il saggio e zelante capitano Francesco délia Torre, aveva già antecedentemente fatto promulgare (a) due severissirni, editti tendenti ail' estirpazione di si perniziosi abusi, e Bonavventura d'Eck, commissario degli stati in Vienna nelFan.no 1557 aveva per Felîetto implorato la sovrana autorità. Finalmente trovasi nel códice delle nostre patrie leggi la costituzione (/>), che prescrivendo al giudice F obbligo di tassare il prezzo delle veltovaglie e merci, che fossero somministrate nel corso del!' anuo, ordina che se il debitore per mancanza di denaro dovesse soddisfare il debito coi frutti delle sue terre, debban£ questi calcolarsi secon'do il prezzo torrente al tempo di s. Michele, proibisce inoltre tutti i censi livellarî istituiti sopra le somministrazioni di merci e vettovaglie, e dichiara nulli simili contratti. Queste sono le principali leggi civili dello imstro statuto, che si è creduto opportuno di accennare in questo luogo. Nel progresse del capitolo si avrà occasione di lar memoria di allre, le quali riguardano i magistrati, e Fordine giudiziale di quei tempi. Le sostanze, il buon nome, e la vita sfessa del ciltadiiio avrebbono una troppa debole difesa, se non vi fosse altro per la sicurezza che una serie di leggi puramente proibítive. Fu pero necessario stabilire delle pene per reprimere la p-epotenza dell'uomo, il quale spesso abbandonasi alF impeto delle sue passioni. Le pene pecuniarie, e le a Fñiltive furono creduti i mezzi più efficaci a sottoporre alF obbedienza delle leggi la sfrenatezza, poicliè non vi lia chi senza scuotersi paglii a proporzione delle sue sostanze una pena e non abbia in orrore tutto ció che puô privarlo della civile liberta, o travagliarlo nel corpo. Non si ha precisa nolizia di tutte le leggi penali, che furono in uso nella contea prima della compilazione dello statuto municipale. Si puf» congetturare, che non fossero dissimili da quelle, che si vedono scritte nel medesimo. II códice crimínale pubblicato nell' anuo 1532 da Carlo V nelPimpero fu tra'smesso (c) daí ministrí di Ferdinando, come nelle austriache provincie, anche in Gorizia, ma non si sa di certo se esso fosse mai stato osservato. Tre sono i casi, ne' quali il nostro statuto a) Negli anni 1546 e 1547. b) Rub. 131. " De usuris. „ c) Neir armo 1544. DELLA CONTEA DI COIUZIA. 129 prescrive la pena di morte. Vi ha una legge (o), che coudanna seu/.a dislinzione di grado (6) al supplizio delta força non solo gli aulori di latrocini coinmessi sulle pubhliche strade, ma eziandio quelli, che prestassero assislenza, o somministrassero ricovero ai perUirbalori della pubhlica sicurezza. Altra legge (c) impone egualmente la pena di morte contro i rei d1 omicidio volonlario, finalmenle la terzu (d), dopo aver prescritto la pena pecuniaria di dugento lire conlro i falsi les ti m o ní, ordina distintamente quella di morte, se la falsa testimonianza facesse cader Taccusalo nello stesso supplizio. Quesli sono i soli delitti puniti colla morte dal nostro stalulo. I ludri comuni castigavansi col bando dalla contea, o vendevansi alie galere venete. II prtzzo del suddito non era ancora conosciulo, e la repubblica, contenta di ricevfcre un uomo, conlribuiva di' buon grado per ogni condannato una somma determinata. La pena della corda avanti la compilazione dello stalulo era in uso nella conlea. Un editlo (e) del capitano Francesco della Torre prescrive quella di lie Iratli di fuñe contro i bestemmialori recidivi. Lo statulo non parla •di queslji pena, ma si vede all1 inconlro ininacciala negli ordini decimali tolti dalle anliche consuetudini della provincia, ed in allre sovrane coslituzioni. Si prelendeva di punir i colpevoli con uno slogamenlo di braccia, e si pregiudicava alio slato rendeudo quasi disulile un cilladino. Tutti gli altri delitti, che recavano dnnno alla socielô, erano correlli con le pene pecuniarie. Se laluno commetleva qualche violeuza in terreno altrui, o g1 impadroniva colla lorza degli allrui efl'elti, lo slaluto (f) lo condannava alia restiluzione del doppio, alia coi/lpensazione dei danni e delle spese, ed al pagamento di cinquanla lire per isportula del giudice : all1 inconlro noli reguardando quid violeuza il pascolare degli aniinali nel fondo allrui, come se l1 erba uou fosse frutto della terra al pari degli allri, dispone (rj) la sula u) Rub. 142. " De predatoribvs viarum pubblicarum, el commitlentibus „ crimen privati carceris. „ b) " Site no bilis, site populuris. „ Sono le parole del testo. e) Rub. 153. "De humicidiis pnniendis, aut extra cumilalum banniendis. d) Rub. 143. " De pama falsis testis. „ e) DelP anno 1545. f) Colla Rubr. 60. " De exfortiis, et his, qui ingrediuntur injurióse „ domos etique habilationes eorum. „ íl) Colla rubr. 61. " De his, qui cuín animalibus pasculuul non „ committeutibus exfortium. „ i 130 ISTORIA compensazione del danno, e la pena d'otto denari a benefizio del giudice. Cosí ancora coloro, che avessero dato in ipoleca, o venduto un elTelto gia prima venduto, o dalo in ipoleca, come parimente gli arlefici, che si fossero appropriato, o che avessero vendulo malerie d' oro, d' argento, e simili, slale loro fidate per porle in opera, non erano coedannati (a), se non alia compensazione del danno, e delle spese, ed alia pena pecuniaria a benefizio del giudice, ed alia carcere fino al pieno risarcimenlo. La forza della consuetudine, che fa supporre dalla maggior parte per ragionevoli i piii grossolani assurdi,impediva che si scorgesse la contraddizione di simili leggi. I coinpilatori delle nostre cosliluzioni mal conoscendo il rispettabile carattere de' magistrati, risguardavano con eccessiva indulgenza í gravi delitli, che olTendevano la dignitá dei íninistri del principe delegati ad amministrare la giustizia. Prescrivevano essi (b) alia comunita, che ardisse di congregarsi per opporsi al giudice, o a' suoi minislri, la pena di cinquanta lire a favore del giudice medesimo. Non si conosceano a que' tempi i funesti effelti d' una tumultuante comunita, pé si sapeva di quanta importanza si fosse il rispetlo, e-la subordinazione del suddito alia pubblica autoritá. Per conoscere in che siamo superiori a' nostri maggiori, bisogna tratto tratto paragonare le nosire rolle loro idee. Osservasi, che i nostri legislatori aderendo alie consueludini longobarde (c) preferiscono le pecuniarie alie pene al'flittive, senza riñettere, che la stessa pena riusciva grave, e rígida in riguardo al povero, o iudulgeute, ed ineflkace in rapporto al benestante. E ben vero, che le pene pecuniarie impegnavano il giudice per una parte a vegliare su' delitli, ed a perseguitarli: ma lo esponevario per Tallra airoccasione di far servire le ragíoní leggiltime della pubblica sicurezza agli oggetti del suo particolare ¡nteresse. Provvide in qualche modo a' disordini di tal natura lo statuto, disponendo (d), che le pene pecuniarie per la prima disubbidienza а) Colla Bub. 102. " De alienantibus eamdem rem duobus aut „ pluribus, el arlificilus alienam materiam ad proprium usum „ verlentibus. „ - - б) Colla rubr. 144. " De comunilatibus revelantibus. c) I longobardi punir ano Vomicida con pena pecuniaria. Vimperadore Enrico II fu il primo, che alia meta del secolo XI fece pubblicare la pena di morte contro gli omicidi. d) Colla rubr. 153. " De poenis exigendis per habenles garitum¡, „ vel simplicem jurisdiclionem primae instantiae. „ verso i gastaldi e coloro, che avevano giurisdizione non possano eccedere la somma di quaranta soldi, nè quella di quattro lire per la seconda, nè quella di una marca per la terza. Affinchè poi i decani, ed i principali delle comunità non si abusassero del diritto fondato sopra le antiche consuetudini di puniré gli abitanti de' villaggi con pene pecuniarie, stabiliscono ¡e nostre leggi (a), che 1' arbitrio delle comunità non si estenda oltra la somma di otto soldi. Benchè si scorga tutta la sollecitudine e la vigilanza per allontanare l'oppressione della gente di campagna nelle accennate due leggi, tuttavolta non poche strade restarono aperte a qualche giudice per oltrepassare i prescritti limiti. Le angherie e le estorsioni, che dali' insaziabile cupidigia d'alcuno di loro sotto vari pretesti soffrirono in quei tempi i contadini della nostra contea, furono uno di quei motivi, che li hanno spogliati dalle loro possession!', e ne fecero passare una buona parte dallo stato di padroni a quello di coloni. Ecco le leggi del nostro patrio statuta che si credette opportuno di riferire in questo luogo. Altro non resta d'aggiungere senon che queste si inantennero in vigore ed osservanza sino al principio del susseguente secolo nella nostra contea di Gorizia ; poichè nel territorio gradiscano la fortezza di Maraño colle sue adiacenze aveva le sue partjcolari consuetudini, le quali confennate da Massimiliano I (b), ed indi dall' arciduca Ferdinando (f) non furono cangiate sotto il dominio austríaco. Aveva ancora statuti suoi parlicolari la fortezza di Gradišča, ed una mal intesa gelosia di autorilà di non uniformarsi alie goriziane leggi municipali persuase quel capitano Giacoino d'Attems di far raccogliere in un separato códice (1560) quelle consuetudini dal suo vicario civile Girolamo Garzonio. Benchè questa raccolta non fosse mai stata dalla sovrana potestà ratificata, si è osservata fino a' giorni nostri non solo in quella fojtezza, ma in tutta la contea di Gradišča. Quindi si puo vedere, che furono compilati due distinti statuti in due territori, che distinti non erano nè di dominio, nè d'interesse, nè d- interna costituzione. a) La già accennata rubr. 154. b) 30 setiembre 1524. c) 8 gennajo 1524. 10* ISTO niA II. Costituzioni del principe. Dopo aver dala una breve notizia dclle leggi e consuetudini municipali, ragion vtiole che si parli anche di quelle, che nel XVI secolo derivarono immediatamente dalla suprema autorité dei nostri principi. I. La prima, di cui siasi conservata memoria, è di Massimiliano l (7 maj,'. 1SOS), Risguarda questa una regola di caccie e di 'pesche. Competendo il diritto délia caccia e délia pesca per antiche consuetudini a' soli patrizî, voile questo principe provvedere ancora ai disordini ed agli abusi, che potevano inlrodursi nell" esercizio di questo diritto con tanto maggiore facilita, quanto che lo stesso si estendeVa a molti particolari. Questa costituzione inibisce le caccie foríate delle lepri, e prescrive la forma delle reti per la pesca. Per allro nello statuto, il quale- escinde (a) il contadino, e la plebe dalla pesca e caccia, come occupazione contraria al loro stato, non si trova vestigio venino di questa costituzione ; tntta volta si ha motivo di presumere, che fosse osservata: poichè oltre reiterati provvedimenti fatti finir arciduca Cario intorno la caccia (b) gli stati provinciali alcuni anni dappoi ('2 o<í. I5Ï4.) nominarono nella contea dei guardiani, che vi dovevano invigilare. Il capitano Giorgio della Torre tentó di privare lo stato nobile di questi diritti: ma essendo state presentate contra tal arbitraria novità delle instanze alFarciduca Cario, con sovrano decreto (29 apr. 1S8©,) confermô questo principela prerogativa in favore de' patrin, e disapprovô la preminenza pretesa dal capitano nell' esercizio d' un diritto, che competeva egualmente agli altri. II. La guerra co'Veneziani, le continue molestie, che provavano gli abitanti della provincia, ed il timoré, che ispiravano gli Ottomani colle frequenli incursioni negli stati auslriaci, avevano armato indistintamente il braccio del cittadino, e della gente dicampagna. Avezzo I' abitante della contea alFarmi ed alie zuffe, incontrava fácilmente risse, e commelteva a). Colla rubr. Í70. u De piscatione „ e colla rnb. 112. „ De „ renatione et aucupatione. x b) Del di 13 die. 1569. 11 agosto 1571. 19 aprile 1580. violence ed omicidi fra gli slessi suoi concittadiui. Per provvedero « si violent! disordini, dichiarù il re Ferdinando (®3 gemí. 1533), c.lie liiuu contadiiio e nessuna persona 11011 nubile ardisse di sortir» di casa con armi, ch'erano loro confuíate per la sola dil'esa coutro i nemici della patria. ■ II. Con altra costituzione (3» genn. 1531) ¡I niedesimo re Ferdinando vieta a tutli i suoi suddiii di servire principi nemici suoi e dell' impero, condanna al bando, ed alia confiscazione dei beni si i coníraS'acenti, che le inogli ed i flgli loro, priva della competente ereditá paterna e materna coloro, che non fossero ammogliati, e la dicbiarava devoluta al fisco, e si riserba 1* arbitrio della pena corporate contro i delinquent!, che cadessero nelle forze de" suoi magistrati («). IV. 1 coloni nel principio del secolo si prendevano varí arbitri in pregiudizio dei padroni dei fondi. Pretendevano quelli di poter fabbricare a loro talento case, stalle, e simili comodi sulle Ierre prese a lilto, colla prettyisioue in ollre, che queste fabbriche dovessero bonilicarsi in denaro dal proprietarío del fondo, -quando ii licenziasse. Arrogavaiisi il diritto di dividere i terreni tenuti in allUto, e di cedere ed alienare .arbitrariamente i migliorameuti, e soslenevano che la perízia, e stiuia dei medesimi competesse solamente all' ordine loro. Tali pretensioni fomentarono dellç dissension! e contese, che giunsero sin al trono di Ferdinaudo. Ouesto principe delegó (1534) a tal effelto uella conlea iu quality di commissar! Pietro Bononio vescovo di Trieste, Michele Bucignola, c Domenico Burlo. Esaminate le pretensioni dei coloni, e presenta taue la relazione, sorti il rescritlo decisivo dalla reggeuza dell' Austria inferiore (®5 ott. 153S), il quale stabilisce, che i coloni senza il consenso del padrone della terra non possono erigere fabbriche sopra fondi to Iti in aflitto sempli*e, ecceltuatene quelle che indispensabili si rendono alia loro abitazione, ed al licovero delle raccolte e del besliame, o che sieiio riparazioni di quelle, che già esistevauo, disponendo che le mentovate fabbriche debbano erigersi con legni e paglia, e non con mattoni e pietre, ed in quei soli sili, dove prima esistevano case coloniche, e stalle. Se poi il colono intraprendesse fabbriche senza .il consenso del padrone, la costituzione inerendo aile leggi feudali, ed a moite disposizioni del diritto comuiie riguardanti gli usufrutluarî, dichiara, che al colono non competa alcun risarcimento, a) Quesla costituzione fu dal medesimo principe per quallro volle ¡•innóvala negli anni 153.5, 1536, 1546 a 1563. 134 1 g T O B1A riservatagli la sola facoltà di. demolire tali fabbriche, e di traspórtame i materiali. Prescrive iiioltre, che il terreno preso in affitto semplice non possa dividersi dal fittaiuolo senza assenso del proprietario. Approvasi e confennasi indi P antica consueludine che in occasione della terza slima di miglioramenti del colono, il giudice nomini, ad esclusione degli stiinatori della comunità un agrimensore, il quale presti il giurainento di fare giusta stima. Finalmente determina, che i coloni, sotto pena della perdita di ogni pretensione non possono alienare, nè dare in ipoteca i miglioramenti senza prima insinuare I' ipoteca, o la vendita al proprietarip, a cui viene prescritto il termine di sei seltímaue, per manifestare la sua deliberazione. In riguardo al valore dei miglioramenti medesimi, che si pretendeva altéralo dai coloni, la reggenza sospese la sua decisione, e delegó nuovamente i medesimi commissarî per esaminare e dilucidare maggiormente la quistione. Questa costituzione unite alla definitiva sentenza della reggenza (38 magg. 1543) ¡n riguardo alia stima de'miglioramenti ha servito di scoria ad una (a) di quelle leggi mtinicipali, che regístrala nel moderno nostro statuto si mantiene tuttavia in pieno vigore. Un' altra costituzione di Fcrdinando (8 S'ugv proibisce sollo gravissime pene in tutti i suoi stati 1' incetla di grant, d'ogni cosa commestibíle, e di quelle merci, che servono a vestíre la povera gente. Lodevole fu l'intenzíone, che promosse questa legge, ina se si rilletle, che essa è stata in breve; tempo sino a sei volle rinnovata (6), è necessario supporla o non cúrala, o difficile ad osservarsi. VI. La costituzione (13 genu. 1513), colla quale Ferdinando volle rimedíare ai furti, ed altri disordini, che si commettevano dai Zingani, ordina a'governi d'interdire loro ai confini l'ingresso, e di scacciare quelli, che si fossero iutrodotti. VII. Le non interrolte guerre coi Turchi tennero Ferdinando lin dal principio del suo impero si occupato al di fuori, che 1' intimo governo doveva in qualche modo trascurarsi. In tutte le diete generali i deputati delle provincie non cessavano di supplicare il principe, perché desse opportuni provvedimenti a tutte le parti della pubblica amministrazione abbandonate al capriccio, ed al disordine : a) Rubr. 173. " De jure dominorum super fundís, el proprietatibus „ suis, el limitatione aestimationis melioramentorum. „ b) Negli anni 1540, 1543, 1548, 1549, 1555 e 1558. ma tu Iti i congressi, stabilito il principal oggetto dei sussidi, si scioglievano colla precisa sovrana promessa, che non manclierebbesi di prendere in considerazione le istanze degli stali, e di determinare quelle ordinazioni, che crederebbonsi opportune alla buona amministrazione delle provincie. Sorti finalmente una ben lunga pramnatica (O ajir, 1543) in ventinove articoli, la quale dee considerarsi come uua delle leggi fondamentali del nostro códice di governo. I nove primi articoli contengono le pene coutro i bes/emmiatori, ed altre prescrizioni per lenere lontani i sudditi dagli eccessi del bere e del giuocare. I susseguenti sette articoli, prescrivono ad ogni classe di persone le qualità delle s to fíe, di cui fosse lecito vestirsi, ed i contrassegni distintivi fra uno, e 1'altro stato dei cittadini. L'articolo décimo ottavo proibisce ai mercatanti il vendere drappi di lana, che non sieno prima stati nell'acqua bagnati. Coir articolo decimonono si prescrive la quantilà di banchetli, ed il numero delle vivande in occasione di nozze. Ordinasi nel venteSimo, che alla fine dell'anno il governo formi ai Iocandieri, ed osti la tarilTa, per regola dei passeggieri. Gli articoli ventesimoprimo e ventesimosecondo riguardano i rivenditori, e prescrivouo la vigilanza per 1' esattezza dei pest, e delle misure. L' articolo ventesiinoterzo determina, che quelli, i quali dessero in prestito denari sopra i frulti venluri, non potessero ricevere il frumento a prezzo minore di quello, che corre a s. Michele, ed il vino a quello di s. Martino, e che dovessero contentarsi dell' intéressé del cinque per cento, se al debitore piacesse di soddisfargli in denaro. I/ articolo ventesimoquarto inculca ai magistrati la vigilanza sopra le persone vagabonde ed oziose, ordinando tutte le vie, onde impiegarle. Col ventesimo quinto si proibisce agli scozzesi e savojardi, ed altri mercatanti forestieri, di girare e vendere per le provincie, fuori del tempo delle flere. Prescrivesi col ventesimoseslo per ovviare ad ogni frode nella vendita de' drappi ricchi, che non possano essere introdotti nello ¿tato, se non sieno prima visitati dai soprantendenti alie merci. Gli ultimi tre riguardano aleune rególe per la gente di servizio, e per altre mercenarie persone. Avremino qui con piacere aggiunte le misure, che furono prescritte, perché gli accennati provvedimenti sortissero il loro fine: ma sembra che in que' tempi si coulentassero solamente di conoscere i disordini, e disapproval. VIH. Poiché Ferdinando colla terza costituzione aveva inibito ai suoi sudditi di prendere servigio presso i principi nemici suoi e dell" impero, con altra legge (38 15Í*!) proibi a1 medesiini 136 ISTO RIA di ricevere I' inveslitiira di quai si sia fondo fuori del suù dominio. Ogni dipendeiiza, che il suddito aver poteva da estere potenze, dava gelosia in un tempo, in cui Tarte, e l'inganno avevauo la maggior inlluenza negli alïari dello stato. La nona costiluzione è un editto generale dello stesso principe (18 sett. 1544) contro gli astrologi, e le streghe. Nel secolo, in cui viviamo, la ragioue, ed il fatto àvendo dimostrato l'assurdità deW astrologie, e 1' ¡Ilusione della inagia, la legislazione ha cessato di perseguitarle. Si erano introdotti, e moltiplicati nelle provincie austriache i nvenduglioli esteri, i quali non contenli di frequentare le ptibbliche liere, scorrevano tutto il tempo deli' anno i villaggi, provvedeudoli di merci, e trasportandone somma non indifférente di denaro. Ferdinando provvide con ispeciale decreto (16 tiov. 1544) a'danni, che queste sanguisughe recavano alla monarehia, vietando loro l'accesso nelle sue provincie, senza una prova (f avere stabilito domicilio in qualche luogo del suo dominio. * t. Lo slesso principe fece promulgare un' altra praminalica (13 ott. 1552), la quale coraprendendo varie provvidenze législative rigùardante il costume, ed il lusso, rinnova la settiina costituzione. Ordina questa contro i bestemniiatori la pena della prigione, inibisce l'intemperanza nel bere e gli eccessi nel giuoco, condanna le usure preserivèndo J' anauo interesse del cinque perceoto, regola la forma del vestire, e della tavola, e commette a' magistrati d1 invigilare zelanlemente, e di puniré severamente i contraffacenti. XII. Alcuni monasteri e capitoli, ed altri ecclesiastici veneti possedevano nello stato austríaco moite terre, dalle quali licenziavano i coloni austriaci per affiltarle a' loro nazionali. Ferdinando slabili (S gin«. 1553). con decreto, che il colono, il quale pel corso di quaranf anni avesse preso in affitto cou censo setnpre uguale terreni appartenenti agli ecclesiastici, non potesse nè esser licenziato da quelli, Jiè aggravato nella pensione che i sudditi austriaci dovessero essere posti in/- luogo di coloro, che avessero sommínistrato al propietario giusto motivo di congedo. Questa costituzione fu dall1 arciduca Cario eslesa (23 giug-. 1583) in favore dei coloni, i quali tenulo avessero a litto pel medesimo corso d' anni, senza rinnovar le locazioni, e soddisfare al loro dovere, un terreno appartenante a qualunque cliiesa. Legge, che fu dal medesimo principe uello stesso anno (8 «tí» 1583) confórmala. Dalle accennate tre costiluzioui derivo nella provincia, in ció che riguarda gli al'íiUuali di terre ecclesiasliche, ¡I diritto di perpetua colonia, Comíalo ancora stille leggi longoharde (a). XIII. Erano gli ebrei già dalFanno 1544 conßnati in poclii luoghi del dominio austríaco, e per due sovrane dísposízioní (b) tenuti a portare un segno, che li distínguesse dag Ii nltri abitanti, quando Ferdinando sopra i ricorsi delle sue provincie inlorno alie usure, ch'essí commetlevano, con sovrana risoluzione (2 gemí. 1534) dicliiarô, che generalmente fossero esclusi da tutti i suoi slati riel termine di sei mesi. Questa determinazione fu sostenuta dal principe con tanta fermezza, che avendo il governo di Gorizia interposte suppliche a fuvore d'alcnni, gli manifestó con particolare rescritlo (5 sett. 15G1) ¡I suo dispiacere, e gli ingiunse di non tollerarne alcuno solto qualsivoglia titolo, o pretesto. Tuttavolta si ha motivo di credere, che si usasse qnaldie convenienza, mentre, rinnovato (IS05) dall" arciduca Carlo 1" editto della loro espnlsione, si trovano memorie, che i nostri stati avessero implórala, e conseguita dal principe 1» grazia per due famiglie nella conloa. I Gnriziani sino d' allora erano di sentimento, che la differenza della religione non s' opponesse «IT nrmonia generale dello stato. XIV. Proibi (13 mar. 1534) Ferdinando I nei suoi slati i mercati pubblici ne1 giorm festivi, eccitato forse dalle dispute di religione, che insorsero nel secólo XVI, a sostenerne coll'osservanza dei precetti della chiesa In saiitità delle coglumanze. XV. La decimaqninta costituzione è la patente generale del medesimo principe, con cui si commette ai magistrati di procedere indistintamente colle piii severe pene conlro gli autori di libelli infamatorí, o di pasquínate. XVI. Siccome, malgrado la mentovala seconda costituzione, le »nimosità fra i sndditi conlinanti d'ammendue le parti, ed ¡I gran numero di gente facinorosa bandila dallo stato véneto , a cui la provincia serviva d' a^ilo, inducevano spesso un cittadjno ad imperversare contro F altro, e a commelte're degli ooicidl, cosi Farciduca Cario fece pubblícare la costituzione (' fel»i». 1593) a) Lib. 2 cap. 35 legge 3, in virlù della quale im servo, o una serva, che pel corso di trenta anni arera prestalo il suo servigio al medesimo padrone, non potevano essere licenz-iati, nè aggrar a ti d' -alcana nuova folien. b) L' una delt imperadore Ferdinando delt amo 1400, 1'altra di Ferdinando 1 delt anno 1551. 138 ISTORIA colla t|uale inibendo di portar armi da fuoco ad ogni sorla di persone determina ai trasgressori nobili la pena di cinquecento ducati d'oro, di cento alie persone non nobili, e di cinquanta a' contadini, e surrogô a riguardo degli ultimi la pena afflittiva di Ire tratti di fune se non potessero soddisfare alla pecuniaria. La medesima legge condanna indistintamente al taglio della testa nel termine di 24 ore coloro, che scaricassero lin1 arma contro un' altro, benchè non lo uccidessefo, nè lo colpissero, e ordina la confiscazione dei loro beni riserbandone la sola metà ai flgli. Si ha voluto curare il maie estremo con un pronto ed estremo rimedio. Dispone in oltre la costituzione, che i nobili abbiano bensi la liberté di farsi accompagnare da quanti servitori piacerà loro, purchè sieno sudditi austriaci, o del!' impero : ma non possano ricevere al loro servizio sudditi forastieri, senza spezial assenso del governo, e senza costituirsi mallevadori d'ogni disordine. In caso di contravvenzione restaño condannati i padroni alla pena di cento ducati d'oro, ed a quella di tre tratti di fune i servi. Indi passa la legge a dichiarare, che nella distanza d'un miglio da'conlini i contadini non possano portare alcuna sorte d'armi, nemmeno di taglio, e nella prescrilla distanza permette solamente la spada a quelli, che arruolati fossero alla milizia urbana. Commette di più agli osti, ed ai locandieri di levar ai passeggieri esteri i fucili al loro arrivo, e di non restituirli fino alla partenza, sotto pena di cinquanta ducati d" oro, se il passeggiero fosse nobile, di venti, se . taie non fosse, e di dieci, se fosse contadino : m'a non potendo a ció soddisfare, resta condannato s tre tratti di fune. Per purgare la provincia dai bandili vagabondi, e d'altre simili persone, che turbano la quiete, e la sicurezza pubblica e privata, vuole la costituzione che tutti gli esteri, i quali non fossero scortati da passaporti, debbano nel termine di quattordici giorni ritirarsi dalla contea sotto pena di cinquecento ducati d'oro ai nobili, di cento ai non nobili, e di cinquanta ai contadini, e sostituisce quella della galera alla pena pecuniaria nel caso, che non potessero soddisfarla. JtVIl. Ogni aggravio benchè indiretto sopra una merce, o veltovaglia torna in pregiudizio del consumatore. Il vino fu sempre com' è tuttavia una delle principali derrate della contea, onde la legislazione attenta ail'incremento dell'agricoltura, non potè vedere con indifferenza, che la stessa derrata fosse aggravata con imposta abusiva. Per tale si con$iderava sempre la mercede- de' sensali, che impiegavano la mediazione loro nella vendila del vino. ¡Nel voler i rimediare a questo inconveniente, s'incontrarono molti ostacoli soslenuti dalla comodilà, che indi ne traevano molli possessori di terreni: ma pernicioso poi per tulti i liloli era ripulato I' abuso, che l'ufficio di sensale fosse esercilato da" forestieri. Il governo di Gorizia con pubblico editlo (» sett. tS»») H proscrisse sotto la pena di tre Iralti di corda, e quesla determinazione fu dall'arciduca Carlo con un suo ordine (S® »P*. 1S8 3) confermala. Aveva già sin dal principio dell'anno 1582 il pontefice Gregorio XIII coll'approvazione di lutte le polenze cattoliche pubblicato il suo nuovo calendario romano, mediante il quafe correggevasi ogni alterazione seguita rispettivamente a noi nel moto solare nel secolo d'Augusto lino a quei'tempi. Sopprimeva il nuovo calendario dieci giorni nel mese d'ottobre dello stesso anno, e stabiliva altre rególe per fissare l'equinozio délia primavera nel giorno 21, marzo a norma délia determinazione del concilio Niceno. L'arciduca Carlo con suo decreto (22 ott. 1583) ordina 1'osservanza 4el nuovo calendario gregoriano fatto pubblicare in tutti gli stati dell" Alemagna dall' imperadore Rodolfo II, e dispone che dopo il quarto giorno del mese d'ottobre si conti il decimoquinto, con ingiungere a' magistrati di prendere in considerazione a favore dei debitori la soppressione de' dieci giorni nel calcolo degli annui interessi, e conti. XIX. Dopo aver confermato questo principe le provvidenze dell' augusto suo padre Ferdinando relativamente agli interessi (a), con parlicolare decreto (1 gcnn. 158S) accordô, che potesse darsi denaro, e stipularsi contratlo di censo annuo al sei per cento. XX. La costituzione vigésima, regola la decima in tutta la contea Appartenevano sul principio di questo secolo la maggior parte delle decime alie rendite patrimoniali del principe, ed usavansi nelle riscossioni per parte degli amininistratori del sovrano quelle connivenze, che praticansi per 1' ordinario relativamente ai sovrani dintti. Alienate dai particolari lutte le decime, seppero questi scoprire le frodi, che si commettevano peí passato dai proprietarî dei terreni soggetti aile medesime, e ristabilirne tutte le ragioni, e tutti i diritti. Le innovazioni dei nuovi padroni irritarono i posseditori dei fondi, i quali ebbero il coraggio di presentare al principe le loro mal fondate querele. Esistono memorie, che Ferdinando delegasse nelP anno 1534 nella contea il suo vicedomino délia Carniola Crisloforo Purgslaller colla commissione di accomodare le contese : ma non consta che l'accomodamento si effeltuasse, anzi non si trova o} La undicesima costituzione 15 ottobre 1552. 11 140 ISTO R I A traccia di alcuna determinazione su tal proposito, se non dopo che il govemo di Gorizia fece pubblicare alcune leggi (® seit. Je quali incominciarono a fissare i diritti del padrone delle decime, e dei proprietari dei terreni a quelle soggelti. Queste leggi medesime si trovano trascrille neile nostre prime costituzioni municipali («). Si dichiara che ogn» proprietario di terreno soggetto a decima, sia temito a soddisfarJa con rettitudine ed ' integrilá, si condanna alia perdita del terreno colui, che per tre aivni seguenti il lasciasse incolto. Se poi un posseditore volesse alienare »» terreno soggetto a decima, dispone che esso debba ésibirlo al padrone della medesima, il quale in prelazione d'ogni altro, potra nel termine di sei settiniane acquistarlo, mediante il prezzo da un altro oflerto: e se il possessore lo vendesse senza insinúame la vendita, dispone allora, che il padrone della decima possa nel termine d' un anno e d' un giorno recuperarlo dalle mani del compratore, mediante la somma da questo esborsata. Questa regola non fu giudicata sufficiente. Non molto dopo la sua proinulgazione si diede mano ad altre provvidenze ott« 15 80) tendenti ad un piii perfelto sistema. Commessa dalfarciduca Cario agli stati la compilazione delle leggi decimali, essi ne incaricarono il loro segretario Paolo Zobl, e Vito Kelbl allora gasta/do del paese, dai quali esteso un piano di legislazione su questa materia, e dagli slati inviato all' arciduca, se n' ebbe dal medesimo P approvazione, e ta conferma (* grenii. 1588). Siccome da una parte la costiluzione sovrana, di cui si tralla, non fu mai renduta pubblica colle slampe, e dalT altra si é mantenuta, e si mantiene sino ai giorni noslri in piena osservanza, cosi abbiamo crédulo opporluno il daré di tutti gli articoli un succinto ragguaglio. La prima parte degli ordini decimali contiene venlisette articok" riguardanli la décima del vino. I tre primi appartengono all' ordine ed alie formalitá da osservarsi nei giudizi decimali; ed i tre seguenti prescrivono iJ modo, con cui debbonsi tener chiusi e difesi i campi, le vigne, e le terre sottoposte alia decima. Dal settimo sino al decimoquarto articolo dichiaransi i diritti del padrone nella riscossione delle decime del vino, ed i modi onde pagare si debbono da chi vi é soggetto, prescriveudo nel tempo stesso, le pene contro i trasgressori. Conferisce P articolo decimoquarto a chi ha il diritto di decimare ,P autorila di procedere co' piü validi seqúeslri de' frutti contro i renitenti a soddisfare le pene, in cui fossero incorsi, a) Rub. 177. " De.jure decimarum. „ DELLA CONTEA DI GORIZIA. 141 higiungeiido la pena di venticinque lire a quelli, i quali temerariamente violassero il sequestro : cosl il décimo quinto prescrive la medesima pena contro qiielli, i quali avessero l'ardire d'opporvisi. I cinque seguenli articoli provvedono ai danni cagionati nelle terre decimali e dettano le pene contro i danneggiatori. Condanna il ventesimo primo ugualniente alla pena di sole venticinque lire colui, ciie ardisce di trasportare ( segni dei confiai (tt), e colui, che cercasse di estendere sopra le pubbliche strade la sua possessione. L'articolo ventesimo quarto risguarda parimente la oonservazione delle siepi, o 8Uri segni, che dividono una vigna dall'allra. "Col ventesimo secondo viene prescritta la pena d'una marca, e del risarcimento del danilo contro quello, che ardisce di lagliare una vite. L' articólo ventesimo terzô aggiudica al padrone deciinale la decisione nelle contese ¡«sorte per quill che piaula o albero, che potesse pregiudicare ad una terra soggelta alla sua décima. Ordina il ventesimo, quinto, che quello, il quale lacesse acquislo di qualche vigna, o terra soggelta alla deciaia, sia tenuto sotlo pena di venticinque lire nello spazio d'uu anno e d* un giorno, a far trascrivere il suo nome nel registro del padrone decimate. Preserivesi nel seguente gl'incarichi de' guardiani detti corroltamente sallar i (6), e si determina la pena di tre tratti di corda, qualora non denunziassero i danni cagionati nelle Ierre confuíale alia loro custodia. Finalmente nell' ultimo si ordina di contribuiré agli ecclesiastici secondo l'anlica osservanza della contea, delle deciine la quarta parte, ed in quei distrelti, dove loro compete, la quarantesiina parle (c) dei frutti raccolti nelle terre, che sono soltoposte alia decima. Seguono indi altri dieci articoli riguardanti gli ordini decima!i dei grani, de' quali i quatlro primi presi rivono a' possessori di terre sottoposte a décima, il modo di contribuirla, ed al padrone decimale quello di riscuoterla. L' articolo quinto determina che un campo col consenso del padrone decimale ridolto in orto o in prato, resti a) Si discostano i nostri legislatori in questo caso di molto dalla barbara legge de' longobardi, i quali prescrissero la pena di morte, e quella di perdere la mano, a chi cambiasse, o levasse i segni de' con f ini Lib. 1 cap. 27 leg. 4 e 6. b) Incontrasi quesio termine »elle leggi longobardiche, dove intendesi uno delle cornunità de' contadini incaricalo d'una particolare ispezione. c) Delta comunemente " quart ese. „ 142 IS TO RIA soltoposto alla decima del fieno, nlP inconlro esiine dalla decima quel campo, il quale essendo stalo altre volte prato, e come tale lion soggetto alla decima, venisse nuovamente ridotlo in prato. Finalmente dichiara decaduto dal possedimenlo della terra quel padrone, che pel corso di tre anni senza coltura 1' abbaudonasse. Dichiara il sesto, che qualora un prato, quanlunque non se ne pagasse in fieno la décima, venisse ridotto in campo, il possessore sia tenuto di contribuiré dei frutti del medesiino la deciina. II settimo vuole, che quel posseditore, il quale ha pagata la deciina della raccolta de'primi frutti, non sia tènuto di pagarla della raccolta dei secondi ; se ne eccelluano per altro quelli, che per antica consuetudine avessero contribuito sempre la decima si delle prime che delle seconde raccolte. Cosí nel seguente articolo ordinasi, che chi avesse seminati nel suo campo per la prima raccolta que' frutti, che sogliono seminarsi per la seconda, sia lenizo di tutti i frutti a pagar la deciina. II nono articolo ammonlsce lanto quei possessori, i quali sono obbligati a contribuiré la quarentesima parte dei loro frutti agli ecclesiastici, quanto i palroni decimali tenuti a cedere loro la 'quarta parte della decima, di soddisfarla a' medesimi fedelmente. Coli' ultimo articolo viene ordinato, che tutto ció, che per antica consuetudine nella contea fosse stato praticato ín riguardo alie decime resti nell' antica sua osservanza. Finalmente prescrivesi, che le accennate ordinazioni non solo nella contea di Gorizia, ma ancora nel capitanato di Gradišča abbiano il loro pieno vigore. XXI. Coli' ultima costituzione fatta pubblicare dall'arciduca Massimiliano amministratore degli stati dell' arciduca Ferdinando (18 mar. 1594) ch'erain età pupillare, si proibisce 1'introduzione e 1' uso delle frange, e dei drappi d' oro, e d' argento, e si limitano a dodici piatti i più sontuosi conviti. Doveva essere molto pernicioso il lusso in uno stato senza industria e senza coinmercio, in cui non aveavi altri mezzi per sostenere i pubblici pesi, che 1'economía ed il risparmio. Ecco le leggi dettate in questo secolo immediatemente dal principe, riguardanti le ragíoni civili del suddito, ed i diritti della sovranità. Ci riserbiamo di riportare altrove quelle particolari sovrane provvidenze, ch'ebbero relazione col governo interno, coll'amministrazione della pubblica economía, e colla direzione ecclesiastiea della contea nel corso del XVI seolo. III. • Tribunali di giustizia nelle cause civili dei patrizí, e di allre persone privilegíate, nelle cause de' cittadini, e nelle cause fiscali. Non potencio bastar un giudice solo alia moltiludine delle controversie e dei litigi, che insorgono fra cittadini di varié condizioni e dispersi in diversi luoghi, fu d'uopo che Tautorilá giudiziale si dividesse in tanti giudici, in quanti la diversitá degli ordini dei sudditi, e Testensione dei distretti lo richiedevano. Si addito nella introduzione il modo, con eui sotto il dominio degli antichi conti amministravasi la giustizia nelle cause dei patrizl della contea. La semplicitá di quel método non si alteró fin verso la meta del secolo. Al capitano, ed al cancelliere della contea, ai quali singolarmente era commessa 1' ainministrazione della giustizia, si aggiungevano arbitrariamente, alcuni patrizí, e tutti insieme costituivano il loro trib únale. Si vede va pero alie volte, per 1' indeterminato numero e per 1" arbitraria presenza dei giudici, sospendersi il corso, e prolungarsi il termine delle cause: e spesso accadeva, che per mancanza d' astanti (cosí li chiama lo statuto di que' tempi) il capitano o il suo luogotenente, dovevano ritornarsene senza poter ascoltare le parti. A questo inconveniente provvidero le nostre leggi municipali (o) con ordinare, che congrégalo dal capitano verso la fine d' ogni anno il corpo uobile della contea, si veuisse alP elezione di sei esperti, e capaci assessori, i quali riel corso del seguente anno fossero tenuti tutti i Martedi d'iutervenire al tribunale, per ascoltare e risolvere le questioni, che venissero proposte, obbligando i giudici, conlro il diritto romano, sollo la pena d'üna marca in caso di legitlima loro assenza, di sostituire altro soggelto. Stabiliscono in oltre, che gli assessori eletti non possino ricusare Tuffizio senza motivo da addursi avanti il tribunale, per essere riconosciuto valevole; e flualmente privano del diritto d'impetrare nel corso di quelP anno la competente ainministrazione della giustizia quei soggelti, che senza 1' ápprovazione dell' adunanza ricusassero d' accettare T incarico. Si credette dai nostri maggiori immeritevole d'ogni pubblica assistenza della patria a) Colla rubr. 4. " De assessoribus ordinariis eligendis. „ 144 ISTORIA quel cittadino, ¡1 quale uon si faoesse un dovere di servire in ogni incontro la medesima. Oltre di sei assessori, che costituir dovevano il corpo slabile del tribuiifFle de" palrizi, dispone la stessa patria legge, che quelli, i quali v* intervenivano una volta, potessero a lor talento continuare a frequentarlo, ed avervi luogo, e voce. Vi è ragione di presumere, che questa prescrizione o non fosse mai stata in tutte le parti adempiuta, o ben presto negletta, perché dopo la compilazione dello statuto ott. 1565) deliberarono gli stati, che i loro deputati intervenissero nei giorni giudiziali al tribunale, ed assistessero al capitano nell' amministrazione della giustizia : e trovasi che nel inedesimo anno (31 die.) gli stati fanno al principe premurose istanze , perché fossero islituiti qua Uro assessori stabili, e stipendiât! dai sovrano erario, in conformilà delle altre austriache provincie. Comunque fosse, certo si é, che inalgrado la mentovala deliberazione ed istanza degli stati, si "veniva nella contea alia statutaria elezione degli assessori : ma o dispiacessero le elezioni senza plausibile motivo reiterate nei medesimi soggetti o gli eletti ricusassero frequentemente T uffizio, fu determínalo (S4 oov. t .»<;:>) di porre in un1 urna i nomi dei piii idouei, e di sostituire la sorle ai parlicolari voti. Questo scrutinio non ebbe effetto. L'arciduca Carlo preferí di confermare con suo decreto (5 ott. 1570) la nostra disposizione municipale intorno air elezione degli assessori. Collo stesso decreto raltificasi ancora un' altra legge stalutaria (6) per cui gli assessori dovevano prestare il giuramento di escrcitar I' uffizio loro con onestà, e rettitudine. A questo tribunale, che si è mantenuto in vigore fin a' nostri tempi, competevano le cause civili non solo de' patrizî, e de' loro servi, aucora delle persone obbligate al servizio del principe, ed u quello degli stati. Per tutti gli altri indistintamente, elle dimoravano nella cilla di Gorizia, era istituito un separato tribunale, i cui assessori si eleggevano daJI' ordine de' cittadini. Si disse già che il capo della cittadinauza di Gorizia solto il dominio degli anlichi conti aveva il dirillo di giudicare le cause civili de' cittadini nella parte superiore della ciltà; e che prima ancora del XVI secolo si estendeva la sua giurisdizione in quella parte inferiore, che era cinta di mura. Dilattandosi poi ne' susseguenti anni la città, il re Ferdinando amplió (8 mag-. 1556.) colla piazza denominata Trauneck (a) la medesima giurisdizione. a) Rub. 5. " De jurejurando per assessores prestando. „ a) In lingua slava, "prato„. Queslo tribunale, che col progresso del tempo prese, e conservó niai sempre il nome di magistrate della cilla, era nel principio del secolo rappresentato da un giudice col nome di gastaldo, e da principali cittadini, il cui indeterminato nnmero si fissó indi a dodici. Probabilmenfe per le stesse ragioni, per cui fu stabilito il numero degli assessori del tribunale de' nobili ; e perché i ciltadini ollre la cognizione delle cause civili, sostenevrno ancora varí incarichi, che avevano relazioue col governo della città come dirassi a suo luogo; Ferdinando con sao decreto (S3 npr. I 561.) ordinô l'elezione di un nuovo corpo di quaranta citladini, il quale uni to a quello dei dodici assessori dovesse essere consúltate interno a tul t i gli alîari concernenli P economía della ciltà, ed^ancbe intorno a molti politici provvedimenti per tutta la provincia. Comandó in oltre, che il gastaldo dovesse eleggersi liberamenle dal corpo uníto de' sudditi di cinquanta due cittadini; e diede al capítano della contea Pautorità di confermarlo, riservando alia sua sovrana decísione dipendente dall" informazione del governo il non ammetterlo. Questo era uno stimolo a' cittadini di far cadere P elezione in un soggetto meritevole, e capace : ed al capo della provincia toccava bensi P impedire una capricciosa elezione, ma non era permesso di opporsi arbitrariamente ad una ragionevole. Frequenti erano i dispareri de' suddili contra il principe, come possessore in que' tempi nella contea di molti beni patrimoniali, e come padrone di altre rendite della sua camera. Dichiarati i ministri camerali non dipendenti dal capítano, la cognizione di tali conlroversie competeva immediatamente al ricedomino della Carniola con grave, incomodo, e dispendio de' suddili dilla contea. Fin dall'anno 152(5 presenlarono gli stati le loro instanze al principe, perché rimeltesse alla decisione del capítano le molestie, ed angherie, che si praticavano contra i sudditi da' ministri camerali. Le medesime istanze rinnovate furono parecchie volte, finché Ferdinando con suo decreto (5 ft-hb. 153«.) dispose, che detti ministri avendo qualche azione conlra i sudditi fossero soggetti alia decisione del capilano, ed all' incontro fossero soggetti al gíudizio del cicedotnino, qualora fossero da' sudditi querelati. Questa disposizione anzi che curare ii maie, vie più lo aggravó ; poiché nulla ostando all'abusiva autorité de' ministri camerali, e poco agli stancheggi del suddito, lo lasciava esposto come prima alia lunga e dispendiosa giudicazione del ricedomino della Carniola. lu lutte le susseguenti diete, e singularmente in quella dell'anno 1555 esposero gli stati a' cesarei commissarí le prepotente, e le oppression! che solfrira il suddito, obbligato a ricorrere, e cercar giustizia in 146 iSTOniA Lubiana conlro una classe di persone, le quali spesso, prima di ponderare e ben conoscerje le cause decidevano, e condannavano il suddito a pene arbitrarie, facendo da parte insieme, e da giudice senza poter esser citati dinanzi ad alcun tribunale della provincia. La ragione, e la verilà non sempre penetrano, anzi spesso si smarriscono nelle tortuose vie delle superiori magistrature. Malgrado la forza e fevidenza delle rappresentazioni degli stati, I'arciduca Carlo con rescritto (S* ott, 1581) dichiarô; che, riservate al capitano della contea le sole cause camerali, le quali con particolare decreto dell'arciduca Ferdinando (S febli. ISO'*) furono dichiarate sommarie, tutto le altre della camera e del fisco appartenevano al ricedomino della Carniola, lasciando cosi i sudditi nella dura alternativa o di aver la sofFerenza di restare ministri camerali, o ricorrendo, di incontrar sempre nell' amministrazione della giustizia nuovi dispendí e moleslie talvolta maggiori delf oppressione stessa. Finalmente non dobbiamo ommettere in questo luogo d1 accennare che per sovrano ordine »&• 1688) le cause feudali della provincia furono levate alla reggenza d'lnspruck, e sottoposte a quella di Vienna (a). IV. Tribunali di giustizia nelle cause criminali de' palrizí; nelle cause criminali íf altri sudditi. Poiche le ingiurie recate alia persona alfonore, ed alie sostanze del citladino debbonsi con tanta giustizia puniré, con quanta si vuole dilfenderne le civili ragioni, é necessario che il principe armi il . braccio de' ministri destinati ad esercifare la giustizia crimínale, onde gastigare i delítti, con cui le passioni violenti dell' uomo turbano il possesso di quei mezzi, che promuovono la felicita del cittadino. Abbiamo gi¡¡ veduto, che la giustizia crimínale esercitavasi nella contea dal capitano in riguardo a' patrizl, ed a quelle persone, le quali nelle cause civili al loro tribunale erano sotteposte. Esiste una memoria del modo, con cui provedevasi allora nelle cause criminali. II capitano a) Archivt di Vipacco. col mezzo del suo imditore crimínale costituiva il reo, il quale, se non poteva purgarsi del delitto al confronto delle pruove e degli indizi, era posto alia tortura in presenza d'alciim patrizî, e ne' casi più dubbî e più rilevanti in presenza di qualche giurisconsulto. Se resisteva alla tortura negando il delitto, dichiaravasi innocente , ed ail' incontro condannavasi qualora lo confessasse. Lo stesso modo si osservô dal gastaldo del paese ne1 processi . criminali. delle persone non patrizie, sempre con dipendenza dalla suprema ispezione del capitano, sino a che Ferdinando I conferí al magistrate della ciltà »nag. 1556.) la giurisdizione crimínale accompagnata da moite prerogative, che restringevano Tautorità del capitano, contro la quale prescrizione si fecero replicati ricorsi dal governo goriziano. Disponeva la sovrana risoluzione che il non patrizio reo di delitto crimínale commesso in città, fosse processato dal gastaldo della città e da selte cittadini, dal gastaldo del paese, e da sette decani delle comunità de' contadini. Se la sentenza era di morte, il reo doveva essere consegnato al gastaldo del paese, il •quale lo accompagnava al luogo del supplizio. Se trattavasi della pena di bando, la sentenza non poteva eseguirsi senza la notificazione al capitano, o al luogolenente di lui. Davasi poi alio stesso gastaldo della città la facoltà d'arrestare i patrizî, che commesso avessero delitto crimínale entro la città, per essere indi consegnati al capitano a cui era commesso il fonnarne il processo. Finalmente determinavasi, che gli arrestati per delitti criminali ne' luoghi sottoposti alla giurisdizione del gastaldo del paese e conosciuti per rei dal capitano, fossero successivamente consegnati al gastaldo della città, e da questo col prescrilto ordine processati. Siccome questo SQvrano rescritto confondeva una parte dell* interna amministrazione della città colla giurisdizione crimínale ; cosi sovvertiva tutto 1* ordine, e tutte le leggi delPantica dipendenza, e subordinozíone. I cittadini fastosí di si ampie prerogative non trascurarono alcnna occasione, in cui potessero abusarsi della loro autorité, per insultare T ordine nobile; e il inenomo strepito notturno esponeva il patrizio a cadere in mano delle guardie del gastaldo. Gli -eccessi de' cittadini da una parte, e le instanze del capitano e degli stati dall'altra, persuaseroFedinandoa riformare (23 feï».155§*) la sua ordinazione crimínale con altro decreto, il quale restringeva al magistrato de' cittadini la facoltà di catturare i patrizî al solo caso, che fossero rei d' omicidio. Questo decreto rallenlava, ma non toglieva aHatto gl' inconvenient»; perché non rislabiliva, né la piena autorité del capitano, né T assoluta independenza' de' patrizî dalla IIs 148 I S T O RI A giurisdizione del magistrato de' cittadini. Gli stali delegarono aH» sovrana corte Andrea d' Attems, soggetto de' piii accreditati della contea, e sulle rappresentazioni da esso fatte, l" imperadore determinó (3 giug« Jft«3.), che la persona del patrizio dipendesse únicamente dalla giurisdizione del capitano e del suo luogotenente. Cosl terminossi fra il governo ed il magistrato della cittá questo conilitto di giurisdizione, il quale contribuiva non poco a fomentare fra l' ordine patrizio e cittadinesco qnella scandalosa emulazione, che aliena gli animi dei sudditi gli uni dagli altri, e fa loro dimenticare il comune iutcresse, come se non fossero cittadini d' uno stato medesimo. V. Giurisdizione civile e crimínale del capitano di Gradišča, e 0 fu egli ricliieslo in Salisburgo da Ambrogio di Lamber g, decano di quel capilolo. 162 IS T O R I A sicuro mezzo d' acquistare un soggetto capace, col rimetteriie la scella a clii era in istato di conoscerlo piii d' ogni altro (a). Furono uguali le premure dei nostri maggiori per la sicurezza della vita, e della roba del cittadino. Si sono esposte nel precedente capitolo le leggi e le pene, che furono pubblicate contro i banditi, e contro la gente facinorosa, di cui la guerra coi Veneziani, e la vicinanza col loro stato aveva riempiuta, e riempiva continuamente la contea. Sono ancora accennale le provvidenze falte dal principe colla ripartizione delle giurisdizioni, per mantenere nella nostra provincia la possibile sicurezza e tranquillité. Ora non ci resta che di far memoria d' altre disposizioni, ed ordinanze dettate per lo slesso importante oggetto. Era antico T obbligo del magistrate di Gorizia di distribuiré fra i cittadini le guardie del castello, e del recinto della parte inferiore della ciltà, e nell'anno 1538 si sprofondô il fosso, che la cingeva e se ne alzavano le mura. 11 capitano Francesco della Torre risguardava tultavia le provvidenze relative a questa parte di governo come inefficaci, quando nella città di Gorizia non fosse mantenuto un corpo stabile, e perpetuo di cuslodi, i quali eollocati di giorno e di notte in diversi sili della medesiina, vegliassero alla pubblica e privata tranquillité e sicurezza. A tal fine supplied egli (154 3) Ferdinando di assegnare dal siio erario una somma per islipendiare e mantenere ventiquattro soldati o guardie, per esecuzione delle leggi e dei provvedímenti, senza cui tutti gli ordini dovevano íimaner vani ed ¡nfruttuosi; ma le gravi spese delle continue guerre resero inefficaci tutte le rappresentazioni del nostro eapo,-e la reggenza di Vienna giudicö d'aver bastantemente proveduto alla sicurezza della a) Le parole di queslo celebre uomo, dirette agfi stati in wn suo serillo, mostrano quanto egli fosse stato sensibile alia comune confidenza della nostra patria: " Oltre alii altri obblighi „ infiniti, che ho alie S. V. per infuiiti beriefilii ricevuti da „ loro, metteró anchor queslo per uno delli piii segnalati, cioé „ che in questo mio assenlarmi (non voglio dir partirmi „ rimanendo qui sempre il cuore et. lo animo mio) quelle si „ dimostrino d' aver tanta confidenza in me, perció che queslo „ manifest ámente mi dimoslra, che non solamente sia to da „ tutte loro cordialmente amalo, ma che gratissinta sia statu „ loro la lunga servitü mia, e che le me habbino quella fede, „ e quella affettione, che alie loro istesse persone. , città, conceilendo (15&6) al magistrato dei citladini ii diritto di giudicare I« cause criminali, che partori (ante contese fra Ii patrizi ed i citladini, di cui altrove si fece menzione (à). GFincendî, che spesso distruggono le abitazioni dei cittadini, hon meno che le altre parti d' interna amministrazione, eccitarono lo zelo del nostro capitano Francesco della Torre. Non era ancora stabilito alcun pubblico provvedimento, questo oggetto era abbandonato alie spoulanee premure dei cittadini. Egli compilé) di propria mano rapporto agli incendi una norma, ch1 esisle ancora nei nostri archivi da lui pubblicata dopo d'averla sottoposta alia censura degli stati e dei principali del magistrato della città. Questa ordinazione è troppo interessante per non essere riportata a nostra istruzione. Furono sei pubblici luoghi della inferiore, e tre della superiore parte della città destinali pel deposito delle scale e delle secchie di pelle per- 1' acqua. Prescrivesi, Che ogni padrone di casa tenesse sotto il telto alcuni mastelli, o vasi pieni d' acqua, che il guardiano sitúalo sul campanile della parocchia al primo attacco del fuoco ne dasse subito aVviso colla campana, al ctli segno tutti i muratori e fabbri dovessero trasferirsi nel luogo dell'incendio, e tulti i servi de'patrizî trasportare colà le scale a tal uso esposte, che tutti gli artigiani prestassero mano air estinzione del fuoco, che i fenili fossero segregati dalle case, finalmente che la città si dividesse in tanti quartier!, ognuno dei quali riconoscesse un capo, che in occasione d1 incendi avesse il potere di congregare gli abitanti della sua contrada, e dirigerli. Siccome i noslri pozzi in tempo di siccità non somministravario aile volte suTficiente acqua, ed altesa la loro profondità lentamente se ne cavava il bisognevole per F estinzione del fuoco, cosi il sollecito capitano nel medesimo tempo propose anche agli stati di condurre in citlà F acqua corrente di Salcano. Se non si esegui allbra questo utile progetto, ebbe la gloria di proporlo insieme con tanti altri, che dopo due secoli furono eseguiti. Mentre che provvedevasi dai nostri maggiori ai principali oggetti di pubblica amministrazione, non furono dimenticate alcune rególe dirette alla nettezza della città di Gorizia. Antichissimi erano i sotterranei condotti, per cui lutte le acque ed immondezze della città scolavano nel fosso, che la cingeva. Un'ordinazione delFanno 1569 rende testimonianza dell' attenzione del nostro governo a a) Vedi pag. 113. 13* 164 ISTO RIA questo riguardo. Proibi egli lutte le immondezze non solo nella cilla, ma ancora sulle pubbliche strade, che alla medesima conducevano ed incaricö il magistrato dei cittadini di vegliare all' esecuzione degti ordini, ed a puniré i Ira s gres son. Se »i rifleite alio sta to della pubblica amministrazione in qaei tempi della maggior parte delle nazioni in Europa non «i possono non apprezzare simili provvidenze, tutto che sembrino forse troppo comuni in questo secolo. 111. Spedali, provoedimenti pei poveri, e progetlo d'erezione «T un monte di pietà. Le case introdotle per li poveri, incapaci di procacciarsi la sussislenza, lanno onore ail' umanità, che non contenta degli ordinarl comuni sussidî, ha volulo destinare un Iuogo, nel quale i bisognosi sperimentassero il consolante sollievo d'una non interrotta carità. Malgrado i secoli incolti e la rozzezza dei costumi nella contes sotto gli antichi suoi conti, sappiamo fin d'allora essere stato eretto e dolato in Gorizia uno spedale per un deierminato numero di donne, che dali' ctà o da qualche incomodo fossero ridotle alla dura necessità di sussistere a spese del pubblico. • La direzione di questa casa era per antico uso commessa ad un corpo di patrizî e cittadini ; corapeteva ad esso corpo, che chiamavasi consulta, l'elezione d'un sindaco, e d'un amministratore delle rendite del Iuogo pió, che rendessero annualmente conto alla consulta dell' amministrazione. L' accuratezza e il bnon ordine dei registri, e del reudimento dei conti, che ancora enistono, rendono osservabile la vigilanza di quei tempi. Un' altra casa di poveri trovavasi in Cormons, di cui è ignota l'istituzione, ma restaño bensi memorie della vigilanza onde è stata ammi nistrata. Coll'acquisto della città d'Aquileja acquistossi un altra casa di poveri, fondata giù dal patriarca Volchero, che nal principio del secolo XIII resse quella chiesa. La confraternité sollo il titolo di s. Salvadore di Gradišča, diede origine alio spedale di delta fortezza. Mattia Cosabia, e Bernardino da Lodi legarono (1SOS e 151 3) a quell'istituto due casctte contigue, in cui i poveri maulenevansi colle limosine de'confratelli. Giacomo d'Attems, capitano di que! luogo, ebbe lutta la cura di ridurre (15 3 2) le dette due case più comode ail' uso, a cui erano destínate. L' arciduca Cario secondarfdo si lodevoii preinure, assegnó dal suo erario una piccola somma, qualclie cosa contribuirono gli abitanti ed ¡1 medesimo capitano. Queste premure non bastarono a sollevare tutti i mendici, di caí di giorno in giorno riempivasi la eittà di Gorizia. II concorso de i pitocchi s° accresce a proporzione che le mani caritatevoli si inolliplicano. II governo goriziano áltenlo per una parte a rimuovere Tinganno, che cercava di nascondere il vizio sotto la maschera deir indigenza, ed a provvedere dall' altra al soccorso dei veri poveri, iuibi (15 3 O) il questuare iu città, stipendia una guardia alíiuché scorrendo le strade, vegliasse ail1 osservanza deir inibizione, ed istilul una società di p^Rrizi e cittadiui, i quali alternativamente .andassero ogni settimana per le case a raccogllere in una cassetla le limosine, per distribuirle a quelli, che riconoscevansi veramente bisognosi. Queste, ed altre simili provvidenze dimostrano abbastanza quai fosse la cognizione dei nostri maggiori nei buoni principi di governo. Non ignoravano essi, che r ozio ed il caltivo esempio, più che ogni altra cosa, fomentano la mendicità, e pero nelPanno 1591, memorabile per la gran fame, che Hagelíó gli abitanti della contea, rivoltisi gli stati goriziaui al loro sovrano Parciduca Ferdinando, suggerirono qualche pubblico lavoro, il quale servisse come essi si esprimono, a nutriré, e ad occupare nel medesimo tempo gli abitanti, e lo supplicarono (25 ge un. 1591) a conceder loro di poter prevalwsi del denaro delle chiese, per impiegarlo in soccorso del popolo aQamato. Felice quella provincia, che è governata da ua capo, il quale con indefessa vigilanza cerca tutti i mezzi di sollevare il popolo dalla miseria. II capitano Francesco della Torre, che per tanli titoli mérita la grata nostra rimembranza, tentó ogni via, onde bandire le usure, con cui abusandosi dell'altrui indigenza aggravavasi Finfelice condizione del povero. 11 suo zelo inspiró negli animi del maggior numero de' patrizî, i più giusti ed i più caritatevoli sentiinenti. Ad onta della convenzione d' un banca di pegni fatta dal nostro governo (1548) con alcuni ebrei, e malgrado le provvide leggi promúlgale in favore della povera gente, venendo comiuesse gravissime usure nel censo del denaro, e nell' esilo della roba coinmestibile deliberarono gli stati col parere dei più accreditali cittadini delle contea di istiluire un monte di pielà, dove a discrete condizioni si provvedesse 166 ISTOHIA ai bisogni del popolo, quindi fu stabilito, che le cbiese e le confraternité délia provincia côntribuissero la dote a questa pia fondazione. " 11 progetto, come spesso accadde de' più salutari provvedimenti, restó senza effetto, e la stessa mala sorte incontró il luogotenente Giuseppe di Rabatta, quando lo riassunse negli anni posteriori (1591) per Gorizia, e Raimondo délia Torre peí territorio di Gradisca. Si tennero v delle radunanze, ed jmplorossi la sovrana protezione, ma nulla potè effettuarsi, ed il governo dovette restringere la sua sollecitudine ad * invigilare solamente, che le usure non sorpassassero i prescritti limiti nel banco dei pegni accordato ad alcune famiglie ebree. IV . • > _ La comunicazione délia contea colle vieille pr&oincie col mezzo delle pubbliche strade aperla, e r uffiz io di posta introdotto. Quasi tutte le provvidenze, di cui in questo capitolo si è fatta menzione, riguardavano la sola città di Gorizia. La contea, travagliata per lungo corso di tempo non meno dalla guerra co' Veneziani, e dalle loro continue molestie, che dagli sforzi per ricuperare Maraño, e dai replicati soccorsi di gente spediti contro i Turchi, era dimenticata e priva di vantaggi opportuni alla sua naturale situazione. Gli alti monti che la separano dalla Carintia, non lasciavano che un angusto passaggio a quelli, che andavano a piedi. L'unica comunicazione, ch'ella aveva colla Carniola, consisteva nel somministrarle soccorsi di milizia, e nel riceverne grani, e animali. I luoghi litorali, a cui impedivano i Veneziani ogni rapporto col mare, essendo privi di moite derrate, poco, o nulla somministrar potevano alla contea, che da quella parte trovavasi isolata, per le molestie che ne ritraeva. Impedivano essi la nostra navigazione depredando le barche di Trieste, che ci portavano le provigioni d'olio dalla Puglia ; e giustificavansi coll'allegar per motivo, che quelle non avessero soddisfatto il dazio che da loro esigevasi. Non contenti di questo, guastavano le saline che i triestini avevano cominciate nel proprio territorio, e tentavano di sottoporre quella poca quantità di ferro, che dalla Carintia per Gorizia trasportavasi a San Giovanni di Duinp, alla gabella di Monfalcone benclié la slrada non toccasse il loro confine. Avevano essi ancora 8pe?tasinoaTarvisa una strada di commercio colla Carintia, ove per la via della Ponteba esitavano i loro vini, e ne ricevevano in cambio ferro e lino, che dilfondevano per terra in Friuli, ed in tutta I'Italia per mare. Entrati- per la nostra trascuratezza in tal guisa in possesso d' un privativo coininercio, opponevansi a' debiti sforzi, coi (piali la nostra nascente industria tentava di sottrarsi alia loro dipendenza. Rappresentarono gli stati di Gorizia (151».) a Ferdinando I tutti questi disordini. 1 Yeneziani, dicono essi, obbligano i carintiani a depositare, e scaricare i ferri al passo della Ponteba, e non permettono, ch'essi li trasportino, dove piv, lor piace; obbligandoli prender in cambio i loro vini: dal che nascono due inconvenient i", di chiudere ogni strada di poler esitare i noslri, e di obbligarCi a dover prandere, e comprare in Udine (¡uello, che potremmo immediatamente ricevere dalla Carintia. Quanto pin converebbe, che tutta questo traffico si facesse diretlamenle Ira i suddili di" V. M., e non con que' d'altro dominio, i quali cercano di tagliare ogni strada e levará ogni comunicazione. Not venderemmo in questo caso i nostri vini, único prodotto che abbiamo, senza il cui esito non possiamo sussistere, molto meno adempire alle accordate contribuzioni; e se i ferri in luogo di passare per lo stalo della repubblica, e sortire per li suoi porti, passassero per lo stalo di V. M., e sortissero per li porti austriaci, la sovrana camera ricaverebbe non indifferente profitto. L' esperienza fece conoscere la veritá di quelle massime, che Finteresse dello stato sviluppö a' nostri tempi. II capitano Francesco della Torre altrettanto fermo nclle sue risoluzioni, quanto pronto a determinarsi per tutto ciö, che giudicava poter convenire al bene della provincia, rappresenlö piü volte al principe la necessilä d' aprire una facile, e comoda comunicazione fra la Contea, e la Carintia, onde darle vigore, e soltrarla ad un tempo alia dependenza dei Veneziani. Per consiglio del provvido capitano quest'oggetlo, che tendeva non meno alF.iuteresse del sovrano, che al común vantaggio di tutta la patria, fu preso in deiiberazione in varié diete, e singolarmente in quella delPanno 1557. Dalle mude stradali, espongono gli stati provincial! a Ferdinando, riscuoterá V. M. il denaro occorrevole per la slrada di Carintia, senza che si parli de' profitti, che ne ricaverebbono le allre dogane della contea. Ma tulle le riinostranze pórtate al trono d' un principe, il quale occupato nella difesa de' suoi stati contra le armi oltomane, non avea ne tempo, né mezzi di secondarle, riinasero senza ell'elto. 168 iSToiuA Alia reggenza dell'arciduca Carlo era riserbata la gloria di eseguire uu'opera, per cui gli stati goriziani indarno avevano per tanto tempo t'atte si vive istanze. Questo principe ordiuö (I5©5.) che tulti i piani, e le memorie riguardanti la strada da Gorizia per Canale, e per Pietz sino a Tarvis, fossero spediti alia corte, onde poterli esaminare, e risolvere ciö, che il bene de' suoi stati richiedesse, ed incaricó i suoi commissari di guerra nel Friuli, di riassumere Tesóme di questo aliare, e d' iiiviarne il loro parere. O che i commissari di guerra non secondassero il piano, o che allri opponessero degli ostacoli alie disposizioni del príncipe ; -il lutto restó sospeso sino all'atino 1573 in cui T arciduca ingiunse agli stati della Carintia, della Carniola, e di Gorizia di delegare un congresso, nel quale di nulla altro dovesse traltarsi, che del modo e del sito il piü conveniente, ed il piü opportuno per Fesecuzione delia strada. Insisteva il governo della Carniola, che il congresso si convocasse in Lubiana ; e vi si opponevano gli stati di Gorizia, proponendo Tarvisa per essere questo • luogo piü opportuno ad osservare il sito della progettata strada. Si sa, che il governo goriziano deputó per commissari Giacomo di Orzon, ed Andrea d'Attems: ma non consta che il congresso si sia mai uuilo, né che per parte delle due conlinanti provincie sieno stati nominati de' commissari. Común que fosse, Farciduca Cario costante nelle sue viste, richiamato a sé (15? O.) l'affare, invitó i nostri stati a concorrere, come in fatti concorsero alia spesa; e si diede principio all' opera appoggiandone egli la direzione e la cura al suo sopraintendente dei boschi Nicoló Arrardi. Questa strada animando Findustria, Fagricoltura ed il commercio della contea, diede ancora nuova vita a tutta la nostra provincia. La Carintia incominció allora a ricevere i nostri vini, ed a somministrarci i suoi ferri, i suoi lini, e le tele. II frequente passaggio diede moto a fabbricar nuove case, e formar piccoli villaggi sulle strade, e promosse nella contea la circolazione del denaro, moltiplicandone la massa. In soinma il paese acquistó nuove forze, e nuovo vigore. I veneziani, che vedevano di mal occhio rapiti al loro stato considerabili vantaggi, presero il par.tito di contrapporne un' altra strada. Con somma diligenza, ed eguale segretezza la principiarono (1S03.) a Cividale, e la stesero sin verso Caporeto, per deviare dalla nuova strada austriaca le merci della Carintia, e diriggerle nel loro territorio. La strada veneta s' avvanzava nel fondo austríaco pel tratto di due leghe; e lo spirito d' interesse, o la disatteuzionc delFammíiiístrazíone del capitanato di Tolmino, e del doganiere di Caporeto giunse a tale che all'opera preslarono il braccio i nostri sudditi istessi. L' ardita impresa era già pienamente eseguita, allor che ne pervenne la notizia x al goriziano governo, per cui ordine furono incontanente spediti cento contadini dal capitanato di Tolmino per distruggere tullo quel tratto di strada, ch' era entro i confini del nostro territorio. ' Minori dilTicollà incontraron gli stati goriziani nella strada intrapresa (15 36.) a spese dello stesso arciduca Cario, colla quale s'apri alia contea una piii comoda comunicazione colla Carniola. Questa proseguiva da Aidussina, lungo il sentiero che conduceva peí bosco detto ¡irusiza, sino a Lueg. L' esecuzione nel territorio goriziano si era conlidata al gastaldo del paese : e siccome gli stati per risparmio del govrano erario impiegarono le comunità de' contadini -, cosí deputarono Giacomo Fontana, e Baldassare Reschauer per regolarne, e con proporzione distribuirne i iavori. ^ L' esempio delle menlovate due strade, e 1' esperienza de' vanlaggi, che ne derivavano alia contea, risvegliô ne' posseditori d' una parte del Carso 1' idea d'aprirsi una piii agiata comunicazione fra la contea di Gorizia ed il porto di s. Giovanni di Duino. Quindi progettossi la strada denomínala il Vallone. Concorsero i proprietarí col denaro ed il contadino col braccio all'opera secondata con tutti i mezzi dal goriziano governo. 11 villaggiD di Mema fu segnato per punto fisso onde uniré la nuova strada del Carso con quella, ch' era già fatta, gino a Gorizia. I nostri stati persuasero (15SO.) la comunità di Mema divisa in due parti dal fiume Vipacco, ad alzarvi un ponte, ed otlennero in favore di essa dall' arciduca Cario il consenso d'imporre a ogni carro nel passaggio del medesimo una tenue gabella, la quale servisse non solo di compenso alia prima spesa, ma ancora di fondo per la sua conservazione. Ecco come peí bene, ed incremento della nostra patria fortunalamente cospirarono la volontà del principe, le premure del governo, e le forze de' sudditi. Agli accennati provvedimenti sucedeltero quelli, che tendevano a regolare il corso delle poste tanto ulili alla società, ed al commerGio. Erano sul principio del secolo nelle provincia austriache, solamente in tempo di guerra ordinale alcune stazioni di posta, per daré e ricevcre le notizie dei priucipali avvenimenti, e delle più importanti circostanze. Cessata la guerra co' Veneziani cessarono presso di noi queste stazioni, ed in occasione di necessarî ragguagli s' impiegavano dei messi a piedi. La memoria (**«.), che si ha del corriere stipendiai solto il governo del capilano Francesco della Torre, non ci dà indizio veruno, che fosse regolata la sua partenza, ed il suo arrivo: anzi 170 rsroRiÀ prima, che T altro Francesco clella Torre, ambasciadore cesáreo in Venezia, proponesse (15C3.) di stahilire un corriere, che portasse le lettere da Gorizia a Venezia, tullo il carteggio fra la contea, e lo stato veneto doveva tenersi per via di messaggieri, che spedivansi secondo le occorrenze. AH' arciduca Carlo promotore di tanií saggi e vanlaggiosi provvedimenti dee atlribuirsi propriamente quello ancora de1 regolali uffizî délia posta uelle sue provincie. Delegó egli (138 8.) nella contea Giovanni di Paar dichiarato sopraintendente delle poste, perché cogli stati concertasse il modo d' introdurle anche nella nostra provincia. Fu convenuto di fissare due stazioni di posta, l' una in Gorizia, e l'altra in Gonars. Accordarono gli stati di contribuiré le porzioni dei foraggi necessarî al mantenimento di due cavalli per ogni stazione, e di far assegnare dalla pubblica cassa délia provincia l'annuo stipendio al mastro délia posta di Gorizia. AIT incontro dovevano spedirsi colP ordinaria stalïetta dall' ufDzio délia posta gratuitamente non solo i pubbli¿i dispacci degli stati, ma ancora le lettere private. di tutti i patrizî. Il mastro délia posta era tenuto ancora, se il bisogno lo esigeva, a spedire con istaffetta particolare i pubblici dispacci, come anche a notificare ai deputati degli stati il passaggio dei corrieri, o delle slaffettfe straordinarie, e serbare verso i medesimi ugualmente che verso il sopraintendente delle poste una esattissima subordinazione, e dipendenza. Da si teuui principî ebbe incominciamento questo altrettanto grande, che comodo ed utile stabilimento. Agricoltura. Non poteva mai l'agricollura esser meglio collivata, e promossa nella contea che nel principio del secolo XVI. La maggior parte delle terre appartenevano al contadino. Copiosi pascoli nodrivano, e formavano vigorosi animali per la coltura delle terre, e libero il paese da ogni gabella, introduccvasi dalla Carniola quella quantità di bestiame, che occorreva al suo bisogno. Le servità personali, trattene quelle, che il contadino aveva obbligo di prestara al castello di Gorizia, erano ignote : quindi non venivano oppressi dalla fatica i suoi animali, nè interrotti i lavori della campagna ; e per ció, che concerne le imposizioni, eccettuato l1 aggravio de' censi de' fondi, e delle decime, le terre godevano una piena franehigia. Tutto favoriva la condizione delT agricoltore. Ma la lunga guerra sostenuta da Massimíliano I contro i Veneti, ed i sussidi di gente inviali alie vicine-provincie contro i turchi spopolando i villaggi, e le campagne, si altero ogni buon ordine, e fu distrutto Tantico sistema di governo nella campagna. Ciascheduno abbracciando indistintamente tutti i mezzi cercava un compenso ai danni sofferti. II piíi debole divenne la vittima del piii forte e dal più facoltoso restava oppresso il piccolo possessore di terre, cui la necessità, ed i bisogni col tempo ridussero alia condizione di colono. A misura che i padroni delle terre conobbero la ricchezza del loro prodotto, aumentavano T annuo affitto senza prendere in egual considerazione T industria, ed i sudori del colono, il qtiale dopo aver aumentato il prodotto ed il valore delle terre, peggiorava di condizione: anzi Taffitto ponevasi quasi all'incanto, poichè licenziavansi i vecchi coloni, che ricusavano di soggiacere a un peso sproporzionato, e davansi in affitto le terre al più offerente, senza riflettere se egli era in istato di pagare. E vero altresi che il colono abituato peí passato ad una uguale locazione riputavasi quasi non dipendente, e come proprietario della terra, ma volendo egli dar legge nelle pretensioni, che inetleva in campo in riguardo ai suoi miglioramenti, tale contrasto produceva uno sconcerto tra li proprietaH ed i coloni, che doveva necessariamente scoraggiare T agricoltore, e far peggiorare T agricoltura. I perpetui richiami si de' padroni che de' coloni, diedero occasione a Ferdinando di accomodare le loro discrepanze. Regolô questo principe (1533) con una sua costituzione, di cui si parló altrove, i diritti si del posseditore che del colono, derivati dalla natura del contratto, e prescrisse (ISIS) con altro decreto il modo d'aprezzare i miglioramenti (o), cosí che quanto più fu favorevole un tal prezzo colono, considerato il valore della moneta di que' tempi, altrettanto più crebbe in progresso di tempo a vantaggio del padrone. Queste due sovrane dichiarazioni diedero fine alie contese fra i possessori delle terre, ed il coltivatore delle medesime, e stabilirono un sistema nelle nostre campagne. Fino verso la meta del secolo niuna cura prendevasi il governo' a) Costituzione IV pag. 133. ta 172 I S T O R1 A di promyovere l'esito delle derrate, anzi nemnieno di procurare I' interno consumo de' prodotti, mentre la conlea era tutta innondata di vini trasportati dali' Istria, o dalla Marca pci porti di s. Giovanni e di Maraño. Declamavano gli stali conlro si pregiudiziali inconvenienti, e supplicavano il principe a daré opportuno provvediniento. In una rimoslranza essi si esprimono (15519) colle seguenli semplici, ma significanti parole. I forestieri riempiono questa contea con vini, di cui abbondtamo ; e trasportano da noi il denaro, di cui scarseygiamo. Ma le calamita della guerra, e le turbolenze di Maraño facevano dimenticare le rappresentazioni degli stati, ed alloutanavano ogni rimedio. I Goriziani non perdettero mai di vista questo importantissimo oggetto. Con reiterate istanze implorarono la sovrana protezione finché mossero Ferdinando a proibire (1558) nella contea, e nei suoi porti Fintrodujyone dei vini esteri, sotto pena della confiscazione del carico e delle barche. Questa inibizione animó, e promosse la coltura dei vini nella nosíra provincia. La piantagione delle viti aumentavasi di anno in anno. Sicuro 1' agricollore deH" esito de' suoi prodotti, godeva i frutti dei suoi travagli e delle sue spese. I colli coperti per lo piü di cespugli si viddero coprirsi di viti, ed alcuui abbandonati si coltivarono di nuovo, e si ridussero a tale slato, che ne fanuo oggidi ammirare 1' industria. I proprietarî di moite terre incolte, da íui non ritraevano alcuna rendita, le distribuivano con un tenue affilto a famiglie di coloni, che a gara olíerivansi, invitati da" vantaggi, che loro prometteva la coltura di que' terreni. Lo stesso principe alienó il dominio utile di molli fondi di tal natura, e dagli annuali censi si venne ad accrescere 1' autico, e formare un nuovo libro di partite camerali. Ecco in qual guisa il principe seppe animara 1' industria, e render fertili le nostre campagne, Siccome la proibizione dei vini esteri interessava anche il territorio di Trieste, cosi facendo quella citlà causa comune colla conlea, si prestavano amendue reciprocamente la mano, ed impiegavano di concerto le guardie per garantirsi di ogni clandestina inlroduzioritS Questa vigilauza pose, non v' ha dubbio, freno ai contrabbandi,- che soleano commeltersi per li porti di s. Giovanni e di Fiumicello : mu il prívalo interesse, che spesso si oppone al pubblico bene, e delude le piii saggie provvidenze, apri nuove strade. 1 mercalanti forestieri conducevano i loró vini per mare alla cilla di Fiuine, che ne era divenula il magazzíno, e di là si facevano passare nella Cumióla : la Pouteba dall' altra parte lasciava libéro il passaggio a quulli, che dallo stalo véneto introducevansi nella Carinlia. I pubblici riebiami ginnsero finalmente al trono dell' arciduca Carlo, il quale confermô('S mag. 158©) 1'inibizione fatta dall'augusto suo padre. (tuesta nuova proibizione generale dei vini forestieri radoppió I' attenzione di quelli, a cui più premevano la osservanza, ma questo zelo appunto risvegliô le vicine provincie a chieder la rivocazione di Uli edilto, che le rendeva quasi tributarie alia contea nella provvigione dei vini, e sottometteva i loro abitanti alla necessità di ricevere qualunque legge in riguardo al prezzo, che ad arbitrio iinponevasi. Gli stati di Gorizia solleciti altresi di comprovare la rettitudine delle loro intenzioni proposero alia Carintia, che delegasse commissar!, i quali al tempo delle vindemmie facessero annuahnente il prezzo del vino, proporzionandolo alia maggiore o minore abbondanza delle * raccolle. Kigettata la proposizione dalla Carintia, e ripigliati con più vigure i maneggi per far aboliré l'editto, lo stesso arciduca Cario combinando i vantaggi delFuna e deir altra provincia, modificó P inibizione con altro rescritto (38 mar. 859«), col quale, mediante un dazio, permetteva I' ingresso dei ítai esteri nella Carintia, introdotti per la strada di Caporetto dai porti di Trieste, e di s. Giovanni, ed accompagnáti d' attestati falti nei detti porti, dichiarandó confíscalo il vino di quelli, che non avessero tali attestati, o non avessero presa la strada di Caporetto (a). Non poteva la contea dolersi d'una legge, che proteggeva i suoi vini, e non tollerando che una sola strada rendeva difficile il trasporto clandestino dei forestieri. Ma affinchè questo nuovo editto non dasse occasione agli abitanti stessi della contea d' introdurne per li mentovati due porti, e di farli passare per vini goriziani, gli stati con avvedutezza oidinarono (*59S), che al tempo delle vindemmie si conscrivessero esattamente i vini prodotti ,nella provincia, e posero al ponte di Canale un ispettore coli' incarico di tenere aceurato registro non meno della quantità dei vini trasportati per la Carinlia, che del nome dei venditori, per indi confrontarlo oolle note della raccolta. Le disposizioni lalle per parte dei noslri stati non potevano essere nè più rette, nè più sicure, se non fossero state deluse dalla mala fede del doganiere di Tarvisa, il quale contro i sovrani ordini, tollerava e favoriva per quella strada T ingresso dei vini nella Carintia, e nel territorio di Salisburgo, che in copia concorrevano nei porti di Monfalcone, e di Latisana. Si fatta a) Questo online fu rinnovalo il di 11 ag. 1507, e 1 ott. 1598. 174 ISTOBIA collusione, che recava daiino ai vini della coiitea, ed al sovrano erario, eccitó gli stati goriziani a rinnovare le più vive inslanze insieme colla città di Trieste, in conseguenza delle quali la reggenza di Gratz delego (1594) Un congresso per iscoprir il disordine, e porvi opportuno rimedio. Sigisniondo Turriano allora luogotenente di Gorizia si Irasferi in Trieste per concertare con quel magistrate le convenevoli istruzioni da darsi al comune plenipotenziario, e si deliberó di chiedere il sovrano assenso di poter deputare in Tarvisa un ispettore, il quale vegliasse fedelmente air amministrazione di quella dogana. La città di Trieste accennô in una lettera scritla ai nostri stati, le opposizioni, che vi faceva quel doganiere nella seguente maniera : Abbiamo dal nostro sollecitatore in Gratz, che il doganiere di Tarvisa e Montecroce, si opponga al nostro ispettore. La voce pubblica dura spesso più fatica a penetrare sino al trono ' del principe, che la voce d'un principe solo. Il congresso unito in Gratz non prestando orecchio ai richîami della contea, rigettô il progetto dell'ispettore, e la dogaua di Tarvisa resto arbitra del passaggio dei vini foreslieri. • Se andavasi aumentando nella contea la collura delle viti, non si trascurava quella dei grani. La fertilità dei nostri terreni, atli ad entrambi i prodotti, aveva persuasi i primi abitanti a secondare la felice loro disposizione. Le viti piantate in retta linea tralasciandovi tra l'una e Taltra spazio sufficiente per la seminagione de" grani nel piano, e per quella dei legutui e d" ail ri erbaggi nei colli, non impedivano la coltivazione d' ogni sorte di prodotti. I miglioramenti delle terre si videro aumentad ancora nel capitanato di Gradišča, che sempre servi di scuola alia contea. II suo territorio è superiore a quello di Gorizia nella bontà dei fondi, lia ancora il vantaggio della situazione, per cui comunica coi flumi, e coi porti di mare. La facilita di trasportar fuori i grani, malgrado le inibizioni, che il pubblico timore quasi ogni anno dettava, ne rendeva 1" esilo sicuro, ed animava conseguentemente 1' agricoltore, nemico d'ogni legame, alia coltura del frumento. Fino dalla meta del secolo il commercio dei grani era di considerabile profitto agli slati austriaci. Quaranta nove mila seicento novantasette staja di frumento furono da Gorizia, e da'porti dei lidi austriaci trasportati in Venezia dopo la raccolta delfanno 1564 lino al luglio del susseguente anno (o). Finalmente il fervore per Tagricoltura si difuse a tal a) Relatione di Francesco della Torre ambasciadore cesáreo iit segno, che non bastando i lerreni già coltivati, si pensava a diseccare le paludi d'Aquileja, e di Maraño. Un pieinontese, stato impiegalo dalla repubblica di Venezia nelle paludi del territorio" padovano, fu il primo a suggerir (1558) un tal pensiere, che fu poi risvegliato (1565) al tempo dell'arciduca Carlo, a cui ne fu proposta l'impresa a spese di lui, o col somministrare ai sudditi i mezzi necessarî per eseguirla, ma la proposizione non fu mandata ad elfetto bencliè fosse spalleggiata da Orfeo di Zara capitano d'Aquileja, e dall' ambasciadore Francesco délia Torre, il quale suggeri anche al principe, per popolare quel territorio, d1 accettare gli ebrei, che il señalo veneto aveva delibéralo allora di scacciare dalla sua capitale. Svanito questo piano, il suddito continuó a coltivare e migliorare quelle terre, che gli erano più opportune, e di più facile coltivazione. Ma l'ardore di slendere sempre più la piantagione, e la collura delle terre essendo portato ail' eccesso alteró in alcuni distretti la proporzione fra i pascoli, ed i campi ; e minacciava di rovesciarla in tutta la provincia. I' ministri camerali del principe avidi solo di deuaro alienarono molti fóndi appartenenti alla sovraua camera, de' quali la maggior parte serviva ad uso di pascoli, ed i nuovi posseditori la convertirouo in campi, o in vigneti. Le comunilà adiacenli alla città di Gorizia conobbero le prime il disordine, e ne sperimentarono il dauno per l'alienazione delle Ierre sitúate a mezzogiorno, le quali anche per la loro vicinanza in pochi anni dallo stato di folte boscaglie e di buone paslure passarono a quello di vigneti. L'agricollore delle campagne, che si stendono nel piano dalla città sino alflsonzo, spoglialo de1 suoi pascoli faceva de'richiami sino dall'anno 1545, e bramava un .opporltino provvedimento. Bonaventura d' Eck commissario degli stati di Gorizia alla dieta generale delle provincie austriache convocala in Vienna, era parlicolarmente incaricato (151S.) di rappresentare gli svantaggi, che colP alienazione dei fondi camerali cagionavansi alla noslra agricollura. Informato il re Ferdinando deputô Lodovico di Menesis, e Lodovico di Brandis per esaminare le lamenlanze* e proporne i rimedî : ma avendo già riscosso, e impiegato il soldo non poterono i commissarí metter riparo a' passati disordini. Lo stesso danno derivatidalla scarsezza dipascoli esperimentarono ben presto anche le comunità di Lucinico e di Podgora, allor che il monte, e le colline délia parte di ponente furono ridotte a collura, e v Venezia, data aW arciduca Carlo il di 27 ollobre i565. " archino di Duino. , 176 I STO RI A pianiste
  • 558) tutti i tessilori esteriallo straordinario sussidio, clie la provincia somminislrô alf arciduca Carlo per le forlificazioui délia Croazia. Bisogna perdonare qualche fallo iu un secólo, in cui spesso le pressanli indigenze fecero diinenlicare i migliori principî , ed i veri mezzi per ishandire la forestiera industria, e promuovere la nazionale. Finalmente giova in questo luogo riportare, che verso lu fine del secolo era nel teritorio di Tolmino una fucina di ferro stabilita da * Giovanni Gibellino, e da Gregorio Cumar, in favore di cui F arciduca Carlo accordé • ISS») da'suoi boschi le .occorrenti Iegna. Abbiamo creduto di non dover oinmettere nulla di ció, che appartener potesse a dimostrare i primi sforzi, che fece la patria nelfinfanzia della sua industria. Felici noi, se i progressi della contea si fossero auinentati a proporzione délia popolazione, e delle sue forze e delle nozioni acquistate dalf esempio d' allre nazioni. VIII. Costumanze. Da ció, che fin ora si è detto, è facile il congelturare che F afOuenza di tanti stranieri, tratti parte dalla fertilité del nostro a) La relazione comincia colle seguenti parole : " Hacendó io per „ obbedire alia richiesta [attaint da V. S. Reverendísima. „ suolo, parte da" progressi de¡ mestieri e delle arli, possano avere contribuito al cangiamento de' costumi dei nostri maggiori. In quei priini tempi le usanze, il linguaggio, le maniere, lutte sembraiio aver avnto origine únicamente dalla nazione ledesca. Chimique esamina i cognomi delle prime famiglie patrizie, e degli originan nostri cittadini, e dà un occhiata alle scritture antiche, che sono tutte in idioma tedesco, resta fácilmente persuaso, che questa favella fosse allora la sola, o almeno la piü comune della ciltá di Gorizia. La conquista d' una parte del Friuli, i cui abitanti parlavano un' allra lingua, fu cagione, che la friulana si reiidesse ben presto cosi familiäre ai goriziani, come la loro propria. Per mancanza di nazionali esperti nel foro, furono introdotti dei forestieri, i quali nei tribunali sostituirono alla tedesca la lingua latina. La reggenza di Vienna, ricusando d' accettare gli a Hi giudiziali in lingua latina, ordinô (8 ag. 1556), che tutte le scritture da presentarsi al tribunale della contea fossero serine nel nazionale linguaggio. Si abbandonö bensi il latino, ma in vece del linguaggio tedesco per difletto di propri giurisconsnlti, italiano divenne il linguaggio del giudice, degli avvoçati e dei notai. Gli stati goriziani vedendo loro malgrado questo universale cambiamento, solleciti di ristablire l'originaria loro favella, decretarono (*500), che le parti litiganti tenute fossero a commettere la difesa delle loro cause ad avvocali tedeschi, ed intanto nelle scritture e nelle aringhe si ripigliasse la lingua latina, e si abbandonasse intieramente P italiana. Ogni attenzione fu vana, e quantunque gli stati non permettessero in verun tempo, che i pubblicj loro alfari si trattassero in altro frlioma, che nel proprio; ciô non ostante aumentandosi in progresso la popolazione della città, la lingua italiana e friulana prevalsero talmente alla nazionale, che verso la melà del secolo si rendeltero più comuni ed universali. Col linguaggio straniero s'introdussero, com' è naturale, usanze e pratiche forestiere. Agli ecclesiastiei italiani deesi I' introduzione delle prediche nei tempi dell' avvento, e della quaresima ; e siccoine i primi cancellieri, a cui erano appoggiati gli affari interni, furono ilaliani, cosi per suggerimento loro nelle pubbliche elezioni venne-ad introdursi la ballottazione del bossolo, e la pena afflittiva della galera e della corda, pratiche tutte prese .dalla nazione italiana, e sconosciute alTatlo nelle austriache provincie. Il piacere di seguire le coslumanze de' Veneti vicini talmente alîascinati avea i nostri maggiori che giunsero a ottenere il sovrano consenso (* febb. I58S) di poter destinare un luogo per le denunzie segrete, confondendo in 186 1 S T Ö R 1 A símil guisa fio, che forse è necessario nelle repubbliche, con ció, cli* è d' ordinario inutile in uno stato monarchico. La liberta, che ciascheduno aveva di presentare apertamente le sue querele ai trono del principe, fece conoscere vile ogni clandestino mezzo, e non v' ha traccia, che quest' uso fosse mai stato posto in esecuzione. Mcntre la nostra patria andava adottando varí coslumi stranierí non tralascio di conservare il fondo de' suoi proprí. Girolamo di Porzia nelP accennata relazione (a), dipinger volendo le usanze degli abitan ti della città di Gorizia, si esprime cosi: Nel mangiare comé nel bere e Ael restire, sono tedeschi. Per lo più vi sono familiari ed ordinariamente tre lingue, tedesca, schiava e italiana. Gli attí dell'omaggio préstalo (• 504J da'nostri commissari delegati dall'arciduca Cario autenticano questa testimonianza ; mentre il giuramento di fedelelà Irovasi steso ne' tre accennati idiomi. Per esaminare piii- da vicino le usanze, le massime, e ií tenore di vivere dei nostri maggiori, convien rimontare alia loro educazinne, dalla quale le azioni dell'uomo in gran parte originalmente dipendono.Questa circa la metà del seeolo, secondo le nostre scritture, si riduceva nella città di Gorizia ai soli principi delle tre lingue, allemanna, italiana^ e latina, t queste ancora si insegnavano senza discernimento, senza gusto e senza metodo. Negli scritti, che abbiamo di que" tempi, g¡ scorge ono stile cosi rozzo, e vi s'incontrano vocí, ed espressioni cosi corrotte, che dànno una idea molto svantaggiosa de' maestri, e dei discepoli di quelle scuole; anzi facevasi si poco conto della necessità della lingua latina, la quale pur era in allora la chiave, e i'introduzione a lutte le altre scienze, che si licenzió (J 3 O®) come inutile il maestro, ch' era stipendiato per insegnarla. Si dee luttavia credere, che poco appresso si sia cangiato pensiero, poichè ci è rimasta memoria, che fosse dagli stali nomínalo (15 S S) un pubblico lettore di leggi civili, e ristabilita (13 2 fi) |a scuola della lingua latina. Ben conosteva Ferdínando I la condizione delle sue provincie, ed in conseguenza anche quella della nostra contea, e gli ostacoli ehe s' opponevano ai suoi sudditi, onde uscire da quella barbara ignoranza, nella quale viveano sepolti : ma distratto dalla molestísima guerra contro gli Oltomani, non poté pensare ne'primi anni del suo regno ad alcun provvedimento. Nell'anno 1533 ristabili egli le antiche caltedre di giurisprudenza con altre quattro, cioè due di matematica, una di cloquenza, e an allra di poesia, islituite già a) Pag. 184, dall' imperadore Massimiliano ^ Vienna (a) ; ne fondo altresi delle nuove per allre scienze, ed invitó i snoi siuíctiti a frequentarle con un edilto (SO lug-1. 1533), in cui s" incontrano queste memorande espressioni : Dalla decadenza delle scuole deriva la grande carestía di dolti, abili ed istrutti uomini, di cui lo stalo avrebbe bisogno, come ad essa debbonsi ascrivere gli errori, le dissensioni, e le animosità, che regnano fra la naztone allemanna. L' uomo senza scienze senza morale e senza arti si riduce simile a' bruti. Non v' è se non la coltura dello spirito, le cognizioni, e V industria, che ornano il cittadino, e che lo rendono utile alio stato, ed alia civile società. Non contento il provvido principe di aver nella sua capitale ristabilito ed accresciuto il numero delle pubbliche cattedre, fondô C15®®) nella stessa cilla . di Vienna un collegio (6) per ammaestramento ed educazione della giovenlù nobile raccomandando agli stati delle sue provincie di proporre soggetti dotati di talento per essere ivi collocali. Esiste il sovrano decreto con cui commettesi a Vito di Dornbergo allora luogoteuente di Gorizia di presentare que' giovani della contea, che fossero di maggior aspettazione : ma la preminenza, ch1 ebbero le altre provincie sopra la nostra, forse a motivo*klella sua minore estensione, non meno che della sua distanza, fece, che la gioveulù goriziana poco, o nulla godesse della sovrana beneficenza. Il collegio, e le scuole dei padri della compagnia di Gesù erelte 11531) in segnito in Gratz dall' arciduca Carlo procurarono bensi alla nostra patria maggiore comodo per gli studl, tuttavia anche quella dislanza richiedendo dispendl allontanava molti goriziani dalle scienze. Ad onta delle difficoltà, che fraponnevansi ail' educazione della goriziana gioventù, trovaronsi nella contea dei ciltadini, i quali si resero iliustri in queslo secolo nei più cospicui ed important impieghi dello stato (c). Tre soggetti diede la patria alla sede vescovile di Lubiana (rf), e tre altri a quella di Trieste (e), e tredici contaronsi i concorrenli nell'anno 1595 al vacante posto di luogotenente (f). La scienza a) Nell' anno 1502. ' b) Seminario di s. Barbara. c) Vedasi il tomo IV delle vile di Giacomo d'Alterns, di Giovanni Cobenzl, di Vilo di Dornbergo, e de' due ambasciadori Francesco e Raimondo della Torre. d) Vedi il tomo IV delle vite di Corado Glusilz, di Giovanni Tautscher, e di Urbano Textor. e) Cit. loco le vite di Giacinto Frangipani di Castello, di Giovanni Wagenring, e di Ursino di Bertis. f) Vedi pag. 109 14 delle leggi, che formava lo studio torito di quel secolo, e che apriva la strada a tutti i puhblici uTficî, traeva quei pochi che aspiravano a distinguersi dagli altri, aile scuole di Padova, che in celehrilà non cedevano a qualunque altra d1 Europa. Cosi altri per snpplire alla mancanza delle pubbliche scuole prendevano in casa dei maestri chiamati da altri paesi a cui aflidavano Fislruzione dei figli, che prometlevano sovra gli altri maggiore talento, ed applicazione(a), ma non estendendosi una tale educazione se non a pochi, i cui parenti avevano e mezzi, ed avvedutezza d'istradare i loro figli alle pubbliche cariche, il restante degli abitanti rimaneva lontano da ogni collura. E osservabile che la contea riceveva in que' tempi per lo più dalla Carniola i curati, e sacerdoti pel servizio delle chiese, e per Fistruzione del popolo in fuella parte di territorio, in cui si parlava, e p arla s i ancora il linguaggio slavo, e dallo stato veneto quelli, che destinavansi per le chiese del Friuli. Un si fatto allontanamento da ogni coltura di spirito, ed una educazione cotanlo negletta non poteva, che fomentare fra il maggior numero dei cittadini I' ignoranza. La maggiore curiosità di alcuni pochi restringevasi a conoscere i pubblici interessi, le leggi, e le conveniente della patria ; nozioni ch' essi acquistavano colP uso, e colla giornaliera pratica. Era già in quel tempo introdotto il costume che il manto lontano d' ogni occupazione abbandonava alla direzione della moglie la vigilaitza sopra F economia, e sopra gli alfari domestici. Abbiamo una nota di Francesco della Torre ambasciadore cesáreo in Venezia, con cui volle tramandare ai suoi successori la memoria di Gaterina Prodolona moglie di Nicoló della Torre suo zio : Fu donna die' egli, di grande governo, e fece beneficio a Casa Torriana (6). II nostro territorio abbondava allora di selvaggina (c), e le riostre acque erano ricche di pesce (d), onde dilettavansi i paírizí della caccia, e della pesca, e come era ancora ignoto F uso delle carro*te, cosi il cavalcare era uno dei loro maggiori esercizi, in a) Vedi il tomo IV vila di Ursino di Bertis. b) Archivio di Duino. c) Il conte Porzia nelT accennata relazione dice: " Selvatici „ domestici, ed anco selvaticine grosse. „ d) Küste nella biblioteca cesarea in Vienna un manuscritto, che contiene la a descrizione dei fiumi „ e delle acque, che portano pesce nella contea, compílalo nel 1504 per ordine di Massimiliano I da Wolfango Hochenleiter. cui la gioventù patrizia, cosi bene addestravasi, che diede una g ¿ostra in occasione che 1' arciduca Carlo onorù (15«î) coi|a gua presenza la ciltà di Gorizia. Del resto non si puô dire, che non fosse riconosciuta dagli stessi nostri maggiori l'utilité, e la nécessité di dare alla gioventù una occupazione più lodevole e più estesa di quella eif essa aveva, poichè fra gli iinportanti punti, che furono trattati nella famosa dieta di Pruck, ebbero i deputati provinciali particolarmente in vista P occupazione della gioventù nobile delle austriache provincie, e sollecitarono Pesecuzione delle anteriori deliberazioni prese in allre generali diete di Vienna, che risguardavano il modo d' occuparla, ed esercitarla nelP arte militare. In fatli era assai ragionevole la premura d' occupare tanti cittadini distinti per nascita, e valore, e di sostituire all1 ozio, ed alP inüngardagine una vita più atliva, e più conveneYole, mentre tale era la sconvenevolezza delle maniere, e dei costumi nel cominciamento di questo secolo nelle vicine nostre provincie, che unitisi alcuni dei più savî della Stiria, della Carintia e della Carniola istituirono (.158«) una società sotto gli auspicî di s. Cristoforo, e si soltoposero a certe rególe tendenti a moderar» e correggere gli eccessi, che principalmente manifestavansi nell' ubbriachezza e nelle bestemmie. Le eroniche della Carintia, e della Carniola, le quali fanno menzione di si lodevole istituto, non dànno alcun indizio, che i nostri maggiori vi fossero compresi, o che Pavessero adottato. Non possiamo pero asserire, che non fosse slato anche nella contea opporluno un qualclie mezzo, onde por argiue alia scostumatezza dei suoi abitanti. II severo editto, che fu pubblicato sotto il governo del capitano Francesco della Torre (15-tC) contro i besteminiatori, fa abbastanza comprendere quanto radicati e comuní fossero stati gli eccessi delle bestemmie. Non minore doveva essere la smoderatezza nel bere, e nel mangiare, mentre facevasi consistere nella profusione, e quantilà delle vivande tutta la splendidezza dei conviti. In occasione di nozze e d' altre private festività continuavansi i banchetti per lo spazio di inlere settimane, e ravvivavansi simili domestiche allegrezze eolio scarico del cannone del castello, finche per sovrano ordiue (1508) fu proibito di confondere i contrassegni di pubblico giubilo con lo strepito di privati festeggiamenti. Lo stato nobile faceva altresi consistere nel lusso esleriore le prerogative della sua condizione, e tulle le sue mire parevano direlte a fare spiccar agli occhi del pubblico quello sfarzo, che oredevasi 190 IS T 0 ßIA poter decidere dalla sua superiorità sopra gli altri cittadini. La prerogativa fondata sulle pubbliche leggi di portare dei vestiti distinti , non solamente nella forma, ma ancora nella qualité dei drappi (a), ed altri particolari ornainenti, e nobile insegne, fomentava in esso una vanità, che tanto più fortificavasi, quanto più le altre classi di persone gliela invidiavano. Quindi non è senza fondamento Topinione che il lusso di quei tempi, rapporto a quello d'oggidi, fosse più grande nella classe dei patrizî, raentre esso restringevasi a persone, le quali erano persuase, che non potesse andar disunito dal loro grado. Otto trovaronsi tra i patrizî goriziani, che ši portarono iu Gratz (ISSI) a far corteggio alParciduca Carlo in occasione della soleunità delle sue nozze con Anna di Gaviera, e dieci se ne contarono, i quali nella medesima città intervennero (ISOO) alla pompa dei funerali dello stesso principe (6). Gelosa la nobillà delle prerogative, che ad esclusione degli altri le competevano, non trascurava cosi di leggieri T opportunità, in cui potesse ostentare la sua preminenza. Oltre i forestieri di qualche riguardo, che fissavano il loro domicilio nella contea, parecchi dei noslri cittadini, e singolarmente quelli, i cui predecessori colle loro azioni si erano renduti benemeriti della patria, ed aveano annobilito il loro uoine, ed altri, i quali dal principe aveano ottenuto leltere di nobiltà, cercavano a poco a poco di arrogarsi dei distintivi dovuti fino allora ai soli patrizî. Essendo ampliati i diritti giurisdizionali al magistrato della citlà, il maneggio, ch'esso aveva in moite parti d'interna amministrazione, contribuí non poco a riscaldare maggiorinente la loro fantasia, ed a fomentare quella naturale vanità di avvicinarsi quanto è possibile ad uno stato maggiore di quello in cui si trovavano. Sopra ogni altro poi scoprivansi nel gastaldo della città scelto in que' tempi dal numero di quei cittadini, ch1 erano per facoltà e per condizione superiori agli altri, taie alterigia, e tali pretensioni, che degeneravano spesso nella più inconsiderata arroganza. Il gastaldo Antonio Moscou, contralfata furtivamente una chiave, non solo si fece lecito di tener nella sala degli stati alcune sessioni giudiziali, ma osö eziandio in tempo di carnovale di darvi pubbiche feste e divertimenti (c). a) Vedi Costit. VII pag. 134, b) Vedi pag. 138. c) Negli anni 1558 e 1559. ( Questo fatto attribuito al gastaldo Moscon, ceniva dal nostro Morelli narrato a pag. 113 nella sua prima ediuone del 1773 al titolo degli stati provinciali : gui egli lo trasferisce sotto il titolo delle costumanze. ) Da questi, e simili altri Conti, nacquero tulti quei puntigli di preminenze, di gelosie, fantasmi d' ignoranza e di orgoglio, che insorsero non solo fra persone dello stesso stato, ma ancora fra lo stato nobile, e quello dei cittadini. Le fainiglie si divisero, « si collegarono in parliti, che suscitavano nuove dissensioni e discordie, dalle quali germogliavano nuovi insulli e violenze. Tirasi un velo sopra le funeste conseguenze di frenesia, che invase la maggior parte dei nostri maggiori. Fanno orrore i fatti, che s' incontrano negli scrilti di quei tempi. L'odio, e le vendette spinsero tant'oltre il loro furore, che il ciltadino non ebbe orrore d'imbrattarsi le mani nel sangue del concittadino, e di attribuire a tanta maggior gloria 1" aver sorpreso il suo avversario, quanto era slato minore il pericolo neir attaccarlo. 11 fatale esempio degli abitanti della itlà si insinuó nel cuore degli altri sudditi della contea. Le risse e gli omicidi erano tanto più frequenli, quanto più dalPuso eccessivo del vino era irritato il naturale férvido temperamento, e quanto più la contea era inondata da Veneti profughi facinorosi, che nella nostra patria trovavano asilo ed impiego. Lo zelante capitano Francesco della Torre, conoscendo lq vere massime del buon governo, il quale dee più tendere a prevenire, che a puniré i delitti, proibi (15*5) in tutti i villaggi della contea, in occasione di solennité di chiese e di processione, i balli ed i suoni, i quali dànno ordinariamente tanto maggiore occasione aile risse ed aile olïese, quanto vi è più numeroso il concorso. Ma ogni legge fu inefficace in una provincia, dove mancavano i mezzi per farla osservare. Una guardia avrebbe foree impedilo ogni disordine ne'divertiinenti d'un popolo, il quale non sapeva ubbidire ad un divieto, che gli proibiva ogni trastullo. Le comunità dei contadini pagavano le pene, in cui incorrevano, ma non cessavano di bailare e d'ubbriacarsi, ed i delitti continuavano, come per l'addietro. La generale sfrenatezza della nostra patria, mosse l'arciduca Carlo ad impiegar seriamente le paterne sue cure, onde por freno a si sregolato furore. Quindi pubblicô quella rigorosa legge, ch' è la decimasesta frajle nostrc sovrane costituzioni (a), dappoi, ch'egli aveva alcuni anni prima, ammomli gli stati della contea con un paterno sovrano decreto (15 die. 156») le cui parole sono si memorabili che meritano essere in questo luogo riportate : Ci è pertenuta, dice egli, a) Vedi pag. 137. 192 < J S T O R I A a nostra notizia la cattiva educazione, che costi riceve singolarmente la gioventù nobile, lar quale ne istrutta ne' principi di religione, nè esercitata negli esereizi utili alio stato e convenienti alla sua nascita, ma allevata a seconda del suo capriccio, ed in abbandono aile prave sue inclinazioni, conosce si poco i riguardi dovuti agli onesti citladini, come il rispetto dovuto ai superiori, ed ai parenti, da che nascono infmiti litigi, dissensions, disordim, scandait, che conducono intere famiglie in eslerminio, e che ridondano in gravi danni della patria. E siccome siamo non solo dipendentemente dal nostro grave incarico • obbligati, ma eziandio in considerazione dei fedeli servigi prestati all' augusta nostra Casa dai vostri pii e fedeli antenali, naturalmente propensi a promuovere i vostri maggiori vantaggi, ed allontanare da voi, quanto da noi dipende ogni danno e decadenza; cosí vi commettiamo, e seriamente vi ordiniamo d' ispirare non solo in avvenire ai vostri figli migliori sentimenli, e di educarli negli esercizt, e costumi convenienli alia vostra nascita, ma ancora di contenervi voi slessi, come ad onesti e probi cittadini conviene, ed astenervi d'ogni cattivo esempio, che polresle dare con un inconveniente procedere, con odiose novità, e con ridicoli punligli, e di escludere dalla vostra società e da tutti i pubblici impieghi quei, i quali malgrado i noslrí sen ordini avessero C ardimento di dimostrarsi contumaci, con incaricarvi di darcene iinmediatamente parte, onde poter prendere le ulleriori misure, e dare i successivi provvedimenti. Cosí parlava quel virtuoso principe, e parlava più da padre che da sovrano alio stato nobile, dalla cui riforma aspettava la riforma del restante del popolo. Questo fu lo stato dell' interna amministrazione per ció che riguarda il buon governo, 1'agricoltura, la popolazione, T industria ed i costumi della nostra provincia nel secolo XVI. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 193 CAPITOIiO QUARTO. i Rendite de! principe; ed amininistrazione di pubblica economía, d all'anno 1500 all'anno 1600. I. Deila moneta. ON si puô aver idea delle rendite, che il principe aveva nella confea, nè délia pubblica economía senza dar prima una qualche notizia délia moneta di que' tempi. Nello sviluppare queslo oggetto noslro pensiero non è il far vedere la proporzione Ira il valore dell'oro, e dell'argenlo del secolo XVI., e fra quello di quesli due metallí del presente tempo: bastera che i nostri concittadini, incontrando registri di denaro di que' tempi sieno avvertiti, che il valore di quelle monete era diverso da qnello dei noslri giorni. Nell' impero germánico diviso fra tanti principi, di cui ciascheduno aveva la prerogaliva di far coniare la propria monela, era al principio del secolo tanta la confusione nelle mollete, qnanto varie, e molliplicate n'crano le specie. VolendoTimperadore Carlo V introdurne l'uguaglianza, aduno i principali direttori delle zecche di tullí glí elettori e principi ; ed ordinô di formare un piano uniforme ed uguale, come fu anche esegníto, ed indi pubblicato (*« nov. 1S2Í.) ¡n Eslinga per tullo 1' impero. O perché queste rególe fossero mancanti e dilleltose, o perché alcuni principi non avessero voluto conoscere il comune interesse che la Germania doveva ritrovare nell' uniforniità delle sue monete, certo è che non si venne alla esecuzione, poichè lo stesso imperadore 194 IS T O RIA ne fece pubblicare (1553.) detle altre nella dieta d'Augnsta. Siccome queste inconlrarono non niinori ostacoli ; cosi sorti in un altra dieta convocata nella medesima città (1559.) la terza prescrizione. Queste mutazioni, anzi che assettare ed ordinäre gli aflari delle monete, vi posero maggiore scompiglio e disordine. Gli stati delle quattro provincie dell' Austria inferiore con que' della contea, radunati (•55«.) nella dieta di Vienna, rappresentarono al principe i disordini che nascevano dal perpetuo canibiamento della moneta, il quale quanto in vantaggio de' ricchi, altrettanto ridondava in danno del povero ; oltre le altre perniziöse conseguenze, che derivavano dall' introduzione di tanta quantité di cattiva moneta forestiera. Lusingaronsi le provincie; che la regola dell'anno 1559, provveder dovesse finalmente a tutti gl' inconvenienti : ma l'esperienza fece tosto conoscere, che le monete non ricevono sempre il valore dalle deliberazioni prese ne' consigli del principe, ma dal loro intrínseco valore, e dalle combinazioni del commercio; e che la sola nazione, la quale diventa créditrice, è in ista to d' imporre riguardo ad esso la legge alla nazione débitrice. In que' tempi tutto quasi il commercio delle auslriache provincie facevasi colla moneta veneciana. Secondo questa regolavasi lutta 1'Italia, e la Valacchia, colle quali la Carniola in ispecialità aveva gran traffleo : e quantunque coll' ultima regola il valore della moneta veneta fosse abbassato, ed alzato quello della moneta de' principi della Germania ; la veneziana conservava nulla di meno nella contea quel valore, ch'era dalla repubblica fissato, e la tedesca non poteva guadagnare allro corso, se non quello che il forestiere le accordava. Per quanto fossero stati assoluti gli ordini di Ferdinando I, e precise le determinazioni contenute nella regola dell 'anno 1559; tutto fu inutile; l'interesse del suddito prevalse ad ogni comandamento del principe. Duro queslo necessario valore della moneta nella contea molti anni sotto il governo dell'arciduca Carlo, il quale dopo aver prescritte (a) altre particolari rególe rapporto alla moneta, fece pubblicare (1581.) nella Stiria, Carintia, e Carniola uh generale editto, col quale aveva singolarmente per oggetto di stabilire il corso della moneta veneta. Previdde il principe, che l'osservanza del suo ordine avrebbe incontrato nella contea, e nella citté di Trieste, e Fiume le maggiori difficoltà ordinô qnindi agli stati goriziani, ed a' magistrati di quelle citté di esaminare questo punto, e rappresentarne gli ostacoli, e le operazioni, a) Negli anni 1580 e 1584. che potessero esser falte; Aggiungeva Feditto un nuovo aumento alia moneta tedesca, ed abbassavá di due soldi la lira veneta, e dava bando generale alPaltra bassa moneta di quel paese; perché di lega assai inferiore. I goriziani poco islrulti intorno a questo aliare, che richiedeva esperienza di cominercio e di cambio, trovarono bensi nelPabbassamento della moneta veneta la perdita del died per cento, a cui il suddilo doveva soggiacere; ma credettero nel medesimo tempo di riparare a sufficienza a' loro danni, quando i nazionali fossero obbligati a prendere dalla piazza di Trieste i vini, gli olí, ed altre mercanzie, fe sopra queste merci provvedute immediatamente dallMtalia fosse imposta una gabella, per cui venisse a bilanciarsi col minor guadagno la perdita del dieci per cento. Riguardo al punto della piccola moneta giudicando gli stati, che senza quella, nè la contea, nè i luoghi lilorali, per mancanza di moneta nazionale, fossero in istato di sostenere il loro traffico, furono di parere di lasciarla in giro coIPabbassamento proporzionato eolia lira veneta. La città di Trieste, che il commercio colP Italia aveva resa più avveduta, fu di sentimento tutto diverso. Esposero i suoi depulati, che il calo della moneta veneta spoglierebbe il loro territorio del denaro forestiero; che col solo denaro tedesco non potrebbe più süssislere, e continuar il suo commercio ; che ogni cambiamento doveva essere di conseguenza, e di danno ; che non potevano perciô eseguire le sovrane determinazioni senza distruggere ogni traffico; ch' era facile a prevedere, che gl' italiani verrebbono a levare colla Yendita delle loro merci la moneta veneziana, o contenti del semplice guadagno del dieci per cento, o con intenzione di trasportarla in Islria per impiegarla in altre merci ; e che finalmente i trafficanti delle provincie austriache cambierebbero le loro tele, le carni, e il ferro con aRrettanta moneta veneta, trasportándola in Italia per comprarvi olí, vini, ed altre derrate. Ad onta di queste rimostranze, il ministero delP arciduca Cario aderendo al suo editto, con nuovi reiterati rescritti ne ordinô Pesecuzioné nella contea, e ne' luoghi litorali.. Ben presto videro gli stati di Gorizia tutti i disordini da loro non preveduti. Le casse del principe, e conseguentemente anche qnella della provincia non accettavano la moneta veneziana, se non col ribasso di due soldi per lira in tempo, che nel corso comune accettavasi pel suo intero valore. Chi contribuiva riSentivane danno, e si doleva delP inavvedutezza del governo, il quale vergognandosi non solo d? 'non aver conosciuti i disordini, ma eziandio d'aver approvate rególe 14* 196 I S T O RIA ' che portavano lo stermiiiio degl'interessi del suddito, uon aveva ardire di fare le sue rimostranze contro di esse : ma i danni, che ne risultavano ed i replicati lamenti, che si facevano, mossero gli stali a spedire (1586.) Girolamo Calta, e Leonardo di Orzoti ella corte dell'arciduca per implorare le più opportune provvidenze. O che le ragioni della provincia non fossero state esaminate, o che avessero prevaluto le opposizioni del mihistero, i deputati tornarono senza aver poluto nulla ottenere. Siccome i rapporti d' una provincia rispetto alle parli generali dello stato debbono per 1' inseparable comune interesse diventare spesso i rapporti di tutte le provjncie; cosi gli svantaggi, che ne risentiva la contea, si dilatarono beu toslo fino nella Stiria. Volendo gli stiriani esitare il loro ferro erano obbligati a ricevere la rooneta veneta, come correva comunemente negli stati foreslieri, e volendo spende'rla nello stalo soggiacevano alla perdita del dieci per cento. Ma qui non finivano tutti g]' inconveniente alla moneta ledesca e nazionale era fissala ancora una valuta più bassa di quella, che godeva fuor degli stali austriaci. Il valore dell' ungliero era con pubblici editti determinate a cento e dieci carantani, e quello de' talleri a seltanta, mentre fuor del paese l'unghero poteva cambiarsi per cento e quindici, cd il tallero per settantaqualtro e più carantani. Quindi necessariamente doveva accadere, che la mouefa nazionale sortisse dallo stato colla forestiera, e le provincie restassero esauste di denaro. I proprietär! delle fucine di ferro nella stiria, accorgendosi del danno, che loro ne risultava dal cambio della moneta, fecero conoscere i falsi principi d'un tal sistema, e sottrassero le provincie al precipizio che loro sovrastava. L'arciduca Ferdinando successore di Cario suo padre fece pubblicare nel primo anno del suo governo (lOlujj. 1596) una nuova regola, secondo la quale i buoni unglieri furono aJzati a cento e dodici carantani, ed i talleri a setlantacinque ; lasciando le pezze venete d'argenta di sette, di qua Uro, di due lire, e una lira nel pieno loro corso, e confermando gli anlichi ordiai, con cui le monete di fame furono interamente bandite. Ma tale fu la necessity del commercio de' luoghi litoral! austriaci, e della contea di Gorizia col vicino stalo veneto, che malgrado i sovrani ordini la moneta veneta di rame continuó ad aver il suo corso nella nostra provincia. Quesle furono le principali vicende, a "cui nella contea andö soggelta la moneta dopo la meta di quel secolo. Prima di quest'epoca tntto è oscuro, ed incerlo per difelto di memorie. Non ostante. facilissimo riuscirebhe il ritrovare la proporzione fra il valore delle* mollete di que' tempi , e fra quello delle monete d' oggidl, quando fossimo sicuri, che la moneta d'oro d'allora non avesse altéralo I' intrínseco suo valore ; poichè paragonando T equivalenza di altre monete contenute nel rispettivo valore dell' unghero di quel secolo coll' equivalenza delle stesse monete conlenule nel più alto valore dell' unghero d' oggidi, risullerebbe da sé, mediante un giusto calcolo la proporcione della nostra coll' antica moneta. Ma non potendosi fondare regola certa sul valoré intrínseco dell' unghero, del quale il peso, e la bontà si puö con certezza flssare solo alla metà del secolo, e considerando d' altra parte, che la nostra moneta ehhe sempre, come ha presentemente, due rapporti, Uno relalivo al corso della moneta 'di Germania, l'altro a quello della moneta veneta, e specialmente dello zecchino, il quale ha sempre consérvalo lo stesso peso, e la medesiina purità di métallo ; conviene quindi ridurre ogni nostra moneta, prima della metà 'del secolo, al valore dello zecchino veneto di quel tempo, ed indi rilevare l'adequata proporcione eil giusto rapporto («). a ) Non abbiamo poluto rilrovare rególe delle nostre monete anterior t all'anno 1542. Essendoci perö noto il valore, che avéra fin dal principio del secolo lo zecchino veneto, abbiamo cércalo di scoprire da questo il valore dell'unghero. NeW accennato anno 1542 I'unghero valeva 2 fio rini e 40 car autant, e lo zecchino 7 lire 14 soldi: falione il rapporto risulta, che la lira equivaleva molto prossimamente a 13 car an t a ni. Quindi costando, che il valore dellö zecchino era dali'anno 1500, all' anno 1508 di 6 lire 4 soldi ; nell" anno 1517 di life 6 e soldi 10, nell'anno 1518 di 6 lire 14 soldi nell'anno 1520 di 6 lire 16 soldi-, e nell'anno 1529 di 7 lire 10 soldi, si rileva, che il valore dell' unghero doveva essere dall'anno 1500 all' anno 1508 di 1 fiorino 20 carantani 3 quinti; nell' anno 1517 di y,n fiorino 24 carantani e mezzo ; nell' 1518 di 1 fiorino 27 carantani e un décimo-, nell'anno 1520 di 1 fiorino 28 carantani e due quinti-, e nell' anno 1529 di 1 fiorino e carantani 37 e mezzo. Indi seeondo le nostre rególe relative alla moneta, che esistono dopo 1' anno 1542, il valore delC unghero nell' anno 1559 fu fissato a 1 fiorino 44 carantani; nell'anno 1560 a 1 fiorino 45 carantani; nell'anno 1580 a 1 fiorino 50 carantani; e finalmente nell' anno 1590 a 1 fiorino 52 carantani. 198 ISTO KI A Troppo malagevol cosa sarebbe stata 1' internarci in un maggiore esame, e rintracciare su quest'oggetto maggiori particolaritä. Le contraddizioni, che abbiamo spesso incontrate negli scritti della medesima data, ci convinsero tanto della difficoltä dell'impresa, quanto dell'incertezza d'una fondata scoperta. II. Dei beni eamerali del principe. Dopo aver parlato della moneta del XVI secolo convien discorrere delle rendite, che aveva il principe in que' tempi : e poichè i provenli più considerabili furono quelli, che la sovrana camera ritraeva dai suoi beni patrimoniali, non riuscirà inopportuno l'esporli in primo luogo. Le decime formavano nella contea solto Leonardo ultimo conte di Gorizia il principale articolo de' suoi proventi camerali, benchè gran parte di quelle fossero state prima della sua morte già alienate, e distrutte. Trovasi nelle nostre scritture, che Michele Hais * liberó nell' anno 1464 da questo aggravio le sue terre; e dalle medesime rilevasi, che la famiglia Postcastro, la quale possedeva il diritto della décima sopra alcuni terreni di Lucinico, e Podgora, avendone riordinato nell'anno 1482 i confini senza le previe formalité, il governo s'oppose a un tal atto, e perché era stato intrapreso senza sua cognizione, e perché poteva pregiudicare a' conflni della décima del principe. Le dil'licoltà che incontravansi nell' esazione di queste rendite, e la cattiva amministrazione, che se ne faceva, diedero motivo alla camera di cercar di darle in affitto; anzi i bisogni, in cui trovaronsi i nostri principi, la ridussero alla necessità di darle in ipoteca Tuna dopo l'altra, ed indi d' alienarle interamente; di modo che verso la fine del secolo tutte le decime della contea vennero nelle maní de' particolari. Massimiliano I colla contea di Gorizia acquistô moite rendite consistenti in censi affissi alie terre di parecchl territorí, i quali formavano tanti libri di riscossione (a), e si distinguevano col nome a) I delti libri si chiamano Urbari, e cosi chiameransi cinche da not mella presente storia. dei luoghi, ne' quali i rispettivi gaslaldi erano destinati a riceverle. I territorí, che davano queste rendite, erano: Vipacco, Rai/fenbergo, Schwarzeúeck, e Duino. Con la conquista del capitanalo di Gradišča s' accrebbero altresi le rendite camerali di Massimiliano, le quali formavano due altri libri di riscossione, 1' uno di Gradišča, e T allro di Maraño: e siccome dalla vicina provincia del Friuli accorrevano in folla molti coloni a coltivare nuove terre, che loro lasciavansi in proprietà colF aggravio d' annuale canone, cosí le rendite camerali di Gradišča, a cui s' unirono anche quelle del territorio di Maraño, divenute in poco tempo considerabili, restarono separate dalle rendile camerali della contea, e furono da altro separato ministro sino ai tempi nostri amministrate. 11 libro di riscossione piü importante della provincia fu quello che sotto il nome di Urbario earner ale di Gorizia si distingueva. 1 terreni a questo soltoposti trovansi sparsi per tulti i territorí della contea ; e la riscossione si era appoggiata a' doganieri di Gorizia. Le querele pórtate in quasi tutte le diete dagli slati contro le oppressioni che esercitavansi da questi amministratori. evicendevolmente le lamentanze de' medesimi contro le usurpazioni de' terreni praticate da' sudditi, furono tante, che Ferdinando I ordini» de' commissarî nominando (I5SO.): Vito di Dornbergo, Francesco d' Atteins, Luca HolzapCel, e Francesco Cronschal, onde riconoscessero tutte le terre, e tutti i fondi sottoposti al suo Urbario camerale di Gorizia, e formassero un esatto registro di tutte le partite. I commissaiT per mancanza di scritture decidevano ne' casi dubbî a favore del principe, e cercavano nell'incertezza delle cose di aumentare le sovrane rendite eolio spoglio dei diritti de' particolari. Si poca era la cura di custodire gli scritti appartenenti agí' interessi del sovrano erario, che la camera di Ferdinando incaricô (IS lug. 155!».) gli stati di Gorizia a far le piii sollecite ricerche per rinvenire un antico registro de' fondi soggetti a' censi camerali, pel quai oggetto fu deputato Massimiliano di Dornbergo, unitamente a Francesco d' Atterns ed Antonio Papst. I commissarî linirono coll'aver unite alla megfio sopra lontane traccie le partite si deir Urbario di Gorizia, che di quello di Gradišča, e dopo aver ridotti molti affitti semplici a censi perpetui. Da questo tempo in poi F esazione fu levata a' ministri della dogana, ed affidatane l'amministrazione a un altro riscotitore, e le sue rendite s'accrebbero di anno in anno, a misura che nuove terre venivano poste a coltura, e cedute al suddito. Consistendo le rendile camerali parte in denaro, e parle in 200 i S T o r 1 A derrate, la cui esazione, e mollo più l'esito rendeva 11011 meno incomoda, che esposla a moite lïodi 1' animiiiislrazione; e trovandosi sempre i nostri principi in bisogno di denaro fu costrelta la sovrana camera di procacciarsi, coli' impegnare, ed alienare una parlila dopo F allra, que' soccorsi che 1? esigenze dello stato richiedevano. Prima del fine del secolo i Lautiert otteunero in pegno l'esazione dell' lírbario di Vipacco e di ReijJ'enbergo, i Menesis di quello di Swaneneck, e gli Hoff er di quello di Duino. L' urbario di Gorma da Massimiliano 1 iu poi soffri successivamente delle dimiuuzioni, si per le alienazioni di molte partite, che per le francazioni accordate per somme di denaro ai possessori di fondi aggravati ; fino a tanto che 1' arciduea Ferdinando determinossi (1598.) di alienare tutte le rendite, deputando Giutio di Paar, Carlo Zengraf e Nicolô Gastaldo, come commissari nella contea per elfettuarne unitamente agli stati la vendita. Ma scoperlisi i fondi dell' Urbario camerale di Goriüa, non ostante la considerabile diminuzione, superiori nel prezzo alla somma del denaro, che trovavasi in paese, lini 1' impegno de' commissari colla vendita di poche partile, e con un csame tendente a regolare 1'amministrazione di quelle, che non erano stale vendute. Finalmente nella classe dei benipalrimoniali del principe debbono annoverarsi i boschi camerali. Erano questi più vasti nella contea di quello, che sieno presentemente. Parlando altrove dell'agricoltura abbiamo fatto già meiizione della quantité di terreno, che in queslo secolo fu dal principe alienato, e dal suddilo posto in coltura. La trascuratezza de' boschi, sotto gli antichi conti dava occasione al suddito, che da nessuna regola era ritenuto, di portarsi a suo piaciinento in quelli, e tagliare lutto ció, ch'egli trovava più a proposito. Sotto Massimiliano 1 si principió a riguardare i boschi, come un de' più importanli oggelti della ricchezza dello stalo, e a comprendere le svantaggiose conseguenze, che seguir ne dovevano dalla liberté di tagliflrli ; quindi cercoSsi qualche provvedimento per la loro conservazione. Al sopraintendente della caccia, stabilito probabilmente già sotto gli antichi conti, era appoggiata la vigilanza sopra i boschi della noslra provincia; e Massimiliano volle che a questo fosse aggiunto un guardiano subalterno. Esiste ancora 1' istruzione data (1* £■»»• 1SQ5.) «1 medesimo (a), la quale lo obbliga ad jnvigilare alla conservazione delle caccie, e de' boschi; ad impedire ogni danno, e devaslazione; e a far si, che niuno ardisca di tagliar legna destínate alle fabbriche, (a) Archivio del vicedo mi nato di Lubiana. ne' boschi di Trussa, di Sabbolino, ed altri: e in cuso di contrawenzione gli si comanda di denunziare il danno al capitano di Gorizia, e alF ispettore delle caccie, e dei boschi della contea. Non ihinore attenzione usavasi per la conservazione dei boschi di roveri, di ctii era in quei tempi coperto il Carso. Quantnnque di poco rilievo fosse F uso, che ne poteva fare per le barche la città di Trieste ; non ostante per ordine di Massimiliano (ÍSOS.) (a) era necessaria la sovrana permissione, la quale accordasse a quegli abitanti il legname orcorrente per la fabbrica de' loro legni, e la faeoltà di tagliare (iberamente ne' boschi di Duino, di Reiffenberg, e di Swarzeneck. Ma si poca era col progresso degli anni la cura dr questi ministri per la conservazione de' boschi, che preferendo il piacere privato de' cittadini ni pubblico interesse ponevano più attenzione a conservare la selvaggina, che il legname. Degna di particolare menzione si è la relazione di Giovanni Presing sopraintendente delle caccie e de' boschi preséntala alia camera dell'arciduca Ferdinando, nella quale riporta i danni, che recavansi dal capitano medesiino della contea Giotanni d' Eck. 11 capitano dic' egli, danneggia pin d' ogni allro il bosco Panaviz ; ti fa abbrucciare carbone, e scaccia da quello col fumo, e col felore tutle le saltalicine (b). Se il capo della provincia, il quale è destinato alia custodia dei pubblici provvedimenti, anzi che invigilare all' osservanza loro, era quello che concorreva a rovesciarli ; non dee recare più maraviglia, che gli sregolati tagli incominciati solto gli antichi conli continuassero fino verso la meta del secolo sotto i principi auslriaci ; e che debbasi fissare F época del buon governo de' boschi, al tempo, in cui Ferdinando (1 nov. 1533.) stabili un sopraintendente generale di tutti i boschi situati non solo nella contea, e nel Carso, ma ancora nell' Istria; nominando (1535) a si geloso incarico Girolamo di Zara. Nel secondo anno della sua amministrazione fece egli qnalche regola ; ma con questa non ebbe in mira, che i soli boschi del capitanato di Gradisca, e quellj del Carso, le cui legna per la vicinanza del mare potevano fácilmente trasportarsi a Venezia, dove conosc-endosi meglio il valore dei boschi risparmiavasi il proprio legname, e cercavasi íli trame quanto era possibile dagli stali austriaci. 1 boschi della contea niente meno trascurati di puma, si lasciarono alia cura di Giorgio Parádeiscev, il quale succedette alio Zara in questo importante ufffzio. a) Archivio del vi c edo mina t o di Trieste. b) Archivio del vicedominato di Lubiana. S'adoprô il niiovo sopraintendente nel suo incarico, con quel zelo, che non di rado riesce tanto dispiacevole al suddito, quanto è proficuo a' sovrani interessi. Proibi egli sotto severe pene alie comunità de' contadini i pemiciosi abusi di pascolare ne' boschi; regoló i tagli pel solo bisogno de' sudditi ; e stabil! maggiore numero di soprastanti per vegliare alia loro conservazione, e per impedire tutti i danni, che vi potevano essere cagionati. Perché poi fino allora il principe non ne ritraeva álcun emolumentó, fuorché dal legname, che vende'vasi a' Veneziani, impose un tenue dazio sopra i cerchi, le doghe, e i fondi delle botti, sopra i mastelli, ed altri simili arnesi, che lavoravansi ne' boschi di là di Salcano ; ed assoggettó ad una tenue imposta in denaro le legna da fuoco, che gli abitanti della città di Gorizia erano soliti di trasportare dal vicino bosco Panaviz. Queste novità dispiacquero a tutti gli ordini di persone. II contadino studiava di tenersi in possesso'dei pretesi suoi dirilti; e gli abitanti della città appoggiavano le loro ragioni sull' antica indulgenza de' passati principi. Tutti tentavano di rendere inefficace un provvedimento, il quale non tendeva ad altro che al bene comune ; e di mala voglia soffrivano una imposta, che impiegavasi al mantenimento delle persone ch' erano a buon fine destínate. Gli stati dopo reiterati rícorsi fatti ai commissar! régi nelle diete, spedirono alla sovrana corte (1513) Bonaventura d'Eck per muovere Ferdinando a liberare dal nuovo tributo le legna da fuoco, e lasciare al contadino il libero pascolo ne' boschi della contea. Dimandando gli stati ció, che non potevano ottenere, il principe rimando il deputato provinciale dopo avere nominato dei commissar!, che conciliare dovessero le ragioni del suddito colle convenienze della camera, ed i particolari interessi colla pubblica utilità. I delegati si presero si poca cura di unirsi, che gli stati dopo rçplicate instanze ne fecero una nuova in un' altra snsseguente dieta (1556.), affinché i commissar! si congregassero, e fosse data esecuzione agli ordini sovrani. Posto freno alia devastazione de' boschi dal Paradeiscev, e procurati de' nuovi vantaggí al sovrano erario colla tassa sopra le legna da fuoco del bosco Panaviz-, e sopra alcuni arnesi, che lavoravansi in altri boschi, era facile a Martino Zernozza, che gli succedette neir uffizio, I' aumentarne i proventi. Ijpdendo questi l' utile, che il principe ricavava da' regolati tagli del legname, che dai boschi del capitanato di Gradišča, per mare si trasportava, (¡ vendevasi al veneziani, pensó a' mezzi, onde procurare un eguale spaccio a quelli, che ne' boschi della contea, singolarmente del capitanato di Tolmino peí disaslroso accesso, e per la lontananza restara inutile, e senza profiito. Quindi colP opportunilá di molte acque, che da' monti di quei terrilori si scaricavano nell'Isonzo, fece calare su questo fiume le legna, le quali col mezzo di • un rastrello (a) piantato nelle r.icinanze di Podgora si fermavano, e indi conduceodoie sino al mare si faceva un vantaggioso esito d* una derrota, che senza alcana utililá si sarebbe infracidita. ISicoló Arrardi, successore del Zernozza seguendo le massime de' suoi predecessori impiegossi con uguale íelo in aumentare i provenli de' hoschi camerali nella conté». Egli volle soltoporre il bosco Lock alie medesime leggi, che erano giá introdotte riguardo al Panaviz. Le coiminitá di Ossek, di Sempas, di s. Michele e di Ossegliano, che lo consideravano come appartenente ai loro terreni, e come una mercede delle servitú, che prestavano al caslello di. Gorizia, e ad altre pubhliche fabbriche, fecero (J.SSS) ¡ piü forti passi in contrario. L/ Arrardi a questo non si arrestó, tolse egli ancora nei primi anni della sua amministrazione la permissione ai sudditi di tagliare ne' bosehi piü allí il legname da fabbrica, che occorreva peí loro uso, e li obbligó a prenderlo dal pubblico magazzino con quel medesimo dazio* con cui vendevasi agli esteri. Questi nuovi aggravi eccitarono il suddito a far nuove lamenlanze. Nella dieta radunata nell'anno 1558 si esprimono gli slati in una istanza spedila a Ferdinando I nei seguente modo: 11 soprainlendente dei boschi di V. AI. proibi da poco il taglio del legname da fabbrica, in lempo che fin ora ci fu sempre permesso di lagliarne quella quantita che ci occorreta¿ e pretende, che i fedcli sudditi di V. M. lo prendano e lo* paghino alia misura e prezzo come sogliono i Veneziani e tutti gli allri esteri con alterare la misura vecchia. Accade di piú, che il magazzino sia spesse volte sprovvedulo di legname, ne possiamo provvedercene quando ci occorre, Questi e simili altri ricorsi furono falti e replicali successivamente tutti gli unni al soyrano trono dagli slati goriziani, senza che fossero né rivocate, né autorizzate le novita dall' Arrardi introdotte. Anzi il suo zelo per I'erario del principe ando- piü innanzi, aggiunse un accrescimento al nuóvo dazie , che fu- imposto dal Paradeiscev sopra le legna da fuoco del bosco Panaviz. Gli slati mossi piü dalle gravóse conseguenze, che potevano derivare da una arbitraria / tu) Fin dall'atino 1549 parlasi nelle nostre ser il ture di questo' • rastrello. 1-5- autoriti, che dagli efTettivi aggraví rinnovarono i loro richiami, e siipplicarono replicatamente il principe di limitare F arbitrio] del sopraiiiteudente dei boschi, e determinar la misura, ed il dazio delle legna, anzi che chiedere di esserne sollevati. 81a tulle le pin vive instanze non deterininarono la corte a veruna risoluzione, e V Arrardi sempre trasportato da un mal inteso zelo, che non gli permelteva di conoscere i veri interessi del principe, aveva solo in vista di aumentare i proventi dei boschi, senza curarsi delP ordine,*e della regola, che esigono i tagli. Ci é rimasta una supplica, che fecero gli stati all' arciduca Cario, in cui si pone in vista la devastazione del brisco Panaviz, che da parte del inagistrato de" boschi cercavasi di adossare agli abitanli della citlá di Gorizia. Non é giusto, dicono gli stati (IS«0), che il sopraintendente dei boschi ascriva alio stato nobde la dislruzione del Panaviz, poiché non dovrebbe ignorare il considerabile taglio, che vi fu falto in occasione che si eresse il rastrello. Sa poi tullo il paese, che nell' anno decorso si é accordalo a due sudditi vene/i nel medesimo hosco un nuoro considerabile taglio di roreri, e permessone il trasporto nel territorio de'noslri vicini nemici. Mentre il governo goriziano rappresentava da una parte al principe i disordini, che praticavansi in uno de' piü importanli boschi della contea, i commissari di guerra in Friuli scoprirono non minori ahusi ne' boschi sotto il capitanato di Gradisca. V amministratore della commenda di Precinico, cosi parlano eglino (15G-*) all'arciduca, dislrugge senza rignardo coll' eslerminio di que' boschi tullo il piccolo e grotso legname, e lo vende ai Veneziani. Fino ad allri ordini di V. M. abbiamo creduto opportuno di inibirne ogni taglio perche in quel silo si attrova un suficiente fiume, unilo ad un buon porto di mare, che crediamó proprio in occasione d" una guerra per la coslruzione delle navi. Siamo percid di sentimento che V. A. incaricasse qnesto magistrato dei boschi di marcare, ad imitazione dei Veneziani, lutti gli alberi proprí alia costruzione delle navi, e necessarí ai bisogni di guerra, e che facesse proibire sotto gravissime pene il taglio non solo" di simili tronchi, ma ancora di lutto il legname, eccetluatone quell», che per uso della commenda servir dee. Su tali relazioni l'arciduca Cario deputó de'commissari (1S«6) a Hinché esaminassero il governo dei boschi della contea, e vi fissassero provvide rególe e nel medesimo tempo indagassero le ragioni, e le--lamentanze, che dagli abitanti della contea incessantemente portavansi * hI principe. I commissar! per base delle loro operazioni stimarono bene di far delineare la pianta di tutli i bosclii per poler scoprire le usurpazioni, che i privati vi avessero faite, ed impedire quelle, che nelP avvenire potessero farsi. Indi falta considerazione al negozio •del legname de' boschi di Tolmino stabilito già dal Zeriiozza ed aumenlato dali'Arrardi, ed avuto particolare rillesso ai bosclii del capitanato di Gradiscik, singolarmente ill riguardo alia loro vicinanza al mare, si posero ad esaminare le querele degli stati e si cercó di combinare i vantaggi dei sudditi coll' utile della sovrana camera. Fattone il rapporto da' commissar! alla corte, e specialmente intorno agli arlicoli, in cui si fondavano le lamentanze degli stali, F arciduca diebiaró (33" Tebb. 15SO), che lo stato nobile ed ecclesiastico della conlea ritraesse dal bosco Panaviz col solo dazio di carantani sei per ogni carro, e di un carantano per soma le legna da luoco, e che alio slato nobile fosse conceduto dagli allri boschi senza alcun aggravio il legname occorrente per le sue proprie fabbriche con preciso obbligo di rivolgersi al magislrato dei boschi, ed allendere, che dal medesimo fosse assegnato il luogo pel taglio. Benchè i diritti pretesi dalle accennate quatlro comuniti sopra il bosco Lock non fossero trovati cliiari, 1'arciduca volle (13 ott. 15Ω) ch' esse continuassero nell'áulico loro possesso di pascolare, e di tagliare gli inutili Ironchi coli'obbligo per allro di conservarlo iu buon stato, e di prestar le consuele servitù pubbliche: aU'inconlro con altro rescrilto (8 sett. 15 JO) ordinó, che per le doghe, per li fondi e cerchi di botli, per li mastelli, ed aJtri simili arnesi, che si lavoravano ne' boschi di Lolsaviza e di Schwarzenberg si pagasse il dazio al doganiere di Polkraj, o per quelli, che lavoravansi negli allri boschi situali verso Cúnale, si pagasse nella villa di Salcano. II risullato de' commissar! non si restrinse solamente alia abolizione di alcuui daz!, e ad alcuna aggiunta di nuovi sopra il legname; ci è rimasto un altro sovrano rescritto (*8 ott. 15SO), il quale fa leslimoniaiiza dei disordini scoperti dai medesimi nella generale amministrazioue de' boschi., Sono memorabili le parole di cui si serve 1'arciduca Carlo per dimostrare il proprio rammarico al suo sopraiutendente dei boschi, le quali fanno anche fede del deplorabile loro stato "Hn que' tempi : Abbenchè si voi che i subalterni ispeltori egli dice, facciano ogni sforzo per adossare i danni recati ai nostri boschi alia commissione cosli delegata ueW anno »1566 resta tullavia sempre vero, che le vostre mendicate disco/pe non sono di verun peso, cite tutti i disordini sono derivati dalla vostra disaltenzione 206 I STOBIA e negligenza, e che la principale colpa cade sopra di voi, come principale sopraintendente de' boschi. Meritando una tale trascuratezza col sovrano nostro risentimenlo il più severo gastigo, che per ora resta sospeso, vogliamo ammonirvi de' vostri doveri, ed ordinarvi di accudire in avvenire al vostro incarico con quell' allenzione, a cui vi siete con giuramento obbligalo. Impegnato frattanto l'Arrardi altrove in. servizio sovrano, la sopraintendenza de' boschi fu conimessa a Bartolommeo Boschen di Fegaun, sotto cui il negozio del legnaine de' boschi di Tolmino e Pietz aumentossi del doppio. II modo di trasportar la Iegna era sotto i suoi precessori molto iinperfetto, oltre la perdita di gran copia di Iegname, che all' improvviso ctescer delle acque senza poter fermarlo era dalla corrente trasportato al mare, incontravansi lungo il fiume Isonzo quantità di scogli conlro cui le legna spinte daU'impeto dell'acqua urtandosi restavano danneggiate o trattenute. Quanlunque sotto la sopraintendenza dell'Arrardi avesse la camera pel tratto d' una lega di là di Canale fatto sgombrare con grande dispendio nel letto del fiume ogni ostacolo, in guisa che da II fino a Gorizia colle zattere sarebbe stato facile il passare, restavano ció non oslante verso Tolmino si nell'Idria, che nell'Isonzo tante difficoltà ed impediment, che l'Arrardi in una sua informazione (S genu. 15 îl) Ii considera come insuperabili, e rappresenta la navigazione di que' passi come un progetto impossible ad eseguirsi. L' affare parve per altro al Boschen di grande considerazione, e ben degno d'essere esaminaío di nuovo e con tutto il calore promosso. Quindi trovando egli il maggior utile, che si traeva da quests sovrane reudite nelle mani degli esteri, cercó di terminare il contralto già formato dal suo antecessore con un suddito veneto, e rinnovarlo (1595) con Gasparo Rempfen consolé della nazione allemanna in Venezia, il quale iu compagnia di Giovanni Locatello giudice di Tolmino, e di Antonio Panizollo s'obbligó di avvantaggiare la vendita del "legname dei mentovati boschi, molto più di quello, che fosse stato mai per l'addietro. Crediamo opportuno di riportare alcuni articoli del contratto, da' quali si poté osservare il discernimiento di quel secolo. Gol quarto articolo s'obbligano i conduttori a levare prima d' ogni altra cosa i tronchi rotti dai venli, all' incontro col susseguente articolo viene proibito il tagliare le giovani ed imperfetta piante. L'articolo sesto prescrive loro di dover nei luoghi incomodi non men che nelle situazioni comode fare i tagli, soltomettendogli al magistratp de' boschi, affinché dal medesimo fosse assegnato il sito. Neil' articolo duodecimo restauo riservali al principe tutli gli alberi propri per gli arnesi da guerra, come frassiiii, olmi, ed altri simili. Finalmente il décimo quinto articolo obbliga la compagnia a convenire coi particolari inlorno a ció, che da' loro fondi potessero occorrerle, o qual si voglía allra cosa spettante ad un terzo. Si ga da una relazione (3 inag-g. 1535) spedila all'arciduca Carlo, cou qual fervore gli interesaati s'apparecchiassero a questa impresa, e le considerabili spese, che in pochissimo tempo fecero per darvi principio. Al malino di Gradišča fu eretta una sega, sello Locka fu spezzato uno scoglio, che iinpediva iu mezzo al fiume il passaggio libero all' acqua, ed . altri se ne spezzarono sollo Salcano, si alzo e rinforzossi un raslPello suif ¡sonto pressa Tolmina, altro raslrello fu piantato sul torrente Tolminza, e finalmente furono falte altre duc . seghe una al nuovo raslrello e 1* allra sull' Idria, O perché mancassero agli associali i mezzi, o perché in principio dell' opera fossero stati dalle spese sbigottiti, la camera sciolse i medesimi da ogni impegno, e 1'impresa non ebbe ellettu. Mon fu per questo abbandonala 1' idea di render più facile il trasporto delle legna da' boschi di Tolmino. Gli avvertimenli dati dalla compagnia, e le misure ch' essa vi prese, ne risvegliaroiio ben presto il progelto, e sulle sollecitazioni del magistratu de' boschi l'urono delegati (15 3O) nella contea Adamo Wucherer, ed Andrea Mordax, due consîglieri della camera, per esaminare i piani e scegliere quel parlito, che sembrasse loro più opportuno in vanlaggio del sovrano erario. La quantità del legname, che trovarouo in quei boschi, suggeri a' commissari 1' idea della possibilitù di reudere pralicabile I' Isomo colle zatlere da Cuporetla lino al inare. Esaminati gli ostacoli, che fra Cap or ello t à. il ponte di s. Mauro si frappouevand, decisero inconlaneute di levare tutti quegli scogli; e ci ô rimasla una loro nota d'altri necessari lavori, con un sovrano ordine rilasciato verso la liue dello stesso anno, al sopraintendenle dei boschi di dare mano aH'impresa, che fu eseguita da Vilo Lodi sopraintendenle alle strade nella Stiria, e da Venceslao Assl contadino del Tirolo. Questi erano gl' ingegneri di quel secolo. Per dare principio a si importante lavoro creossi (1578) un subalterno sopraintendente dei boschi, il quale dimorasse in Tolmino, ed avesse su questo alfare particular cura e vigilanza. Indi fu di nuovo delegato (1581) commissario lo slesso Adamo Wucherer con Giovanni Leyben per rivedere quello, che si era in questo intervallo di tempo opéralo, e per porre I' ultima mano all' impresa. Da Caporetto fino a Gorizia si apri air Isonzo un libero corso, e si Ievarono tutti Ii scogli, e sassi, che impedivano la navigazione delle zattere. Il porto di Fiumicello lu destinato peí deposito di tutto il * legname, e vi si eresse un niagazzino capace di contenere una quantité proporzionata alF esito, che farue si credeva. Finalmente per non incontrare da nessuna parte la miniina dil'ficoltà, si delibero di ristabilire il veccbio rastrello falto piantare dal Zernozza, e di renderlo più forte e più elevato. Non poteva quest1 ultimo lavoro eseguirsi, senza portare a un malino, ch1 era posto in quelle vicinanze, qualche discapito, e senza presagirne dei maggiori coll'andar del lemno. Si conobbero già antecedentemente dal magistrato de' boschi 1 giusti motivi, chç avevano di dolersene i possessori di questo edifizio, e fu cagione che Farciduca Carlo con rescritto niagg;. 1SSS) avea ordinato Facquisto di detto mulino eolio sborso di quattro mila fiorini, ma siccome la riparazione del rastrello fu diljerita, cosi non ebbe luogo prima delFanno 1584 il mentovato contralto. Sotto quattro successivi sopraintendenti dei boschi Gabriele Juliano, Antonio Wasserinann, Nicolà d'Orzon, e Valentino di Valentinis il negozio delle legna di Tolmino, e di Plelz si incamminô col desiderato successo. Tutta la città era provveduta di legna da fuoco. Cinque seghe, due in Tolmino sopra F Isonzo F una, e l'altra ' sull' Idria, la terza al rastrello di Podgora, un1 altra sotto Gradisca, e F ultima finalmente in Fiumicello, fornirono di lavóle si la provincia, che il vicino stato veneto col mezzo di un canale condotto dalF Isonzo sino a quel villaggio (a), oltre la quantità di allro legnaine proprio per remi, e per alberi di navigli, che annualmente per questa via trasportavasi da que1 boschi. Ci è rimasta 'una nota del denaro ricavato in Venezia in soli due anni (6), che monta alla somma di dodiei mila cento e novantatre fiorini délia moneta di quei tempi. Questi sono i vantaggi che puó avere la camera del principe, allorchè le sue rendite sono con direzione, e rettiludine amministrate. Peí comodo, che la città di Gorizia aveva di provvedersi delle occorenti legna alla vicina sponda delF Isonzo, e' pel maggior a) Sarebbe difficile l'eseguire ai tempi nos tri questa comunicazione, poichè neirautunno delFanno 1589 VIsonzo piegandosi a manca, abbandonà V antico suo aleéo, e prese il suo corso verso la Sdoba. b) Negli anni 1588 e 1589. consumo, che col crescere della popolazióne si faceva di giorno in giorno, fu proibito sotto P amministrazione del Wasserman di somministrare a cicchessia legua dal hosco Panariz. Si dolsero gli stali, e fecero ricorso alP arciduea Cario, ma furono con suo decreto (38 agosto 158«) licenziati per le loro indiscreto domande. 11 Valentinis falto (1503) sopraintendente dei boschi, ed animato dal negozio delle legna di Tolmino, e di Pletz, rivolse le sue viste ai boschi di Vipacco. La vicinanza del fiume, che porta lo stesso nome, ed il placido suo corso fece sperare in quelle parli un piii facile esito delle legna. Gli riuscl d' iinpegnare un appaltalore in questo nuovo negozio, e di persuaderlo ad assumere a suo proprio rischio tulla P impresa. Non dispiaccia che adduciam Parlicolo quarto del conlratto (*i»aa), che abbiam crédulo inerilar qui luogo. S' obbliga in quello il contraente di risarcire, e riparare tutti i danni che la sua navigazione cagionar potesse Iungo il corso del Vipacco restando per altro in sua liberta il fare a proprie spese a' rastrelli dei mulini le necessarie porte (a), e tullo ció, che per un comodo passaggio occorrer gli potesse. Non ostante Pindipendenza degli alfari cainerali dal governo goriziano tutle quelle imprese, le quali influivano nel particolare interesse del suddito della contea, per iscansare ogni opposizione e disordine, si facevano sapere al capilano o al suo luogolenente: quindi P accennata circostanza del contralto, che poteva inleressare molti parlicolari, i quali avevano sul Vipacco qualche mulino o altro edifizio, fu notificato dalla camera (8 nov. 1503) a Giuseppe di Rabatta allora luogolenente per farla puhblicare, perché tutti, anzi che impedire la navigazione dovessero dal canto loro far ogni cosa, per promuoverla ed avvalorarla. Ecco come da una generale liberta di far i tagli de' boschi si passó nel corso di questo secolo ad una regolata amministrazione, mediante la quale provvedemfo a' pubblici bisogni aumentaronsi le rendile del principe nella contea. a) Dette comunemente " Sborralori. ISTORIA III. Dei feudi. Se si considerairo i feudi rispelto alfa muniíífenza del principe,• il quale li concedelte col debito d'un annua contribuzione, o cotf allro obbligo ai sirdditi, troverassi che si quesli come tant'altri beni sono passati dalla camera in propriété de' particolari : e perô non sarà fuor di proposito di ragionarne in questo luogo. Noslro non è l'impegno d'indagare l'origine de'feudi delía conlea: ma siccome da una parte le leggi feudali, da cui i feudi acquistano la natura loro, non sono da per lutto le medesime, e dall' altra le prime investiture dei principt austriaci si riferiscono aile antiche usanze e consuetudini, osservate nella co'ntea in rapporto ai diritti ed aile ragioni, che tanto il principe, quanto il feudatario ha sopra i feudi, cosi abbiamo crédulo di dover riniontare ai tempi più remoti, per iscoprire la qualité e h) natura. La più antica memoria appartenente alie Cose feudali, che ci rimane, è una dichiarazione di Alberto conte di Goriz-ia (o). Prescrive questt» principe, che se taluno avesse qualche titolo sopra un feudo, debba il maggiore delía famiglia prenderne dal principe 1' investitura e nel caso, che il principe si trovasse fuori della contea, possa aspettarne, senza decadere dal feudo, il ritorno. Morendo un qualche feudatario senza erede, vuole il conte Alberto, che tnlta1 1' eredité pervenga ad nno o più dei suoi prossimi consanguinei, accordando in oltre la facolté' di poter assicurare sopra i feudi le contradoti alie mogli ed assegnare le doti alie figlie, con preciso obbligo di presentare al principe simili assegnainanti, e da lui chiederue 1'approvazione. Finalmente ingiugne la stessa costituzione a'feudatart di prestare meglio che potranno ogni ajulo al loro principe, qualora insorgesse nella contea qualche guerra, o ch' egli avesse bisogno dei loro servigi fuor di stato. Questa dichiarazione combínala cölle parole, che incontransi nelle susseguenti investiture degli antichi conti dé bastante motivo di credere, a) Il padre Bauzer la riporta al libro 7. Essa è delVanno 1365, ed uniforme a due allre nel medesimo anno pubblicate dallo stesso conte Alberto, V una per V Istria, V altra per la Marca schiavona, che leggonst inserite nella costilmione délia Garniola. che tulti i feudi situati nella contea non fossero di loro prima istituzione in realtà altro, che terreni, e possessioni dal principe in propriété con qualclie condizione conferite ai sudditi per rimunerare i buoni servigi prestati, e per impegnarli a prestarne nelle occorrenze degli altri in ricognizione della sovrana munificenza. Indi ebbe luogo dopo la morte d' ogni principe la rinnovazione delle investiture, con cui il nuovo sovrano, riconosciuta T identité delle terre feudali, obbligava i feudatarî a riceverne da lui il possesso. Cosi Massimiliano I nel medesimo anno, in cui gli pervenne in eredité la contea (1500.), çon pubblico editto convocó i feudatarî, ed obbligolli a giurargli fedelté, come a nuovo loro principe, ed a riceverne le nuove investiture. Non ci è rimasta T istruzione, ch' ebbero i commissari delegati in questa occasione ; ma certo si è che le lettere feudali, dispensate in questo incontro, avevano lo stesso stile, che si nsava in quelle degli antichi conti. Dopo l'acquÍ6to del capitanato di Gradišča, e d' altri territori in Friuli s'accrebbe il numero dei feudi di'questa provincia; ed avrebbe dovuto accrescersi di più, se tutti fossero stati incontinente individuati, e registrad. La maggior parte di que' terreni erano di ragione feudale della chiesa d' Aquileja, ed indi renduti dipendenti dal magistrate de' feudi di Venezia; ma molti di questi feudatarî industriosi in nascondere i loro feudi, di natura ben diversi da quei della maggior parte della contea, seppero sottrarsi a tutte Ie ricerche, e rendere le loro possessioni libere, e sciolte da qualunque dipendenza. Dopo la morte di Massimiliano la reggenza d' Inspruck licenzió' (ISIB.) al solite tutti i feudatarî da' loro feudi, ingiungendo ai medesimi di prendere dal nuovo principe le nuove investiture : ma non essendoci riuscito d' incontrare alcuna investitura di Carlo V abbiamo fondamento di supporre, che la rinnovazione delle lettere feudali non fosse in questa occasione seguita. L' arciduca Ferdinando nella riparligione degli stati austriaci • coll' imperadore Carlo sno fratello, desiderava, che tutti coloro, che possedevano Ierre dt ragione feudale, comparissero in Vienna, e riconoscessero da lui i loro feudi; ma gli stati goriziani considerad i dispendí, a'quali i feudatarî avrebbero dovirto soggiacere, se fossero stati obbligati a riceverne 1' investitura dalle mani del principe, e le conseguenze, che avrebbe portato seco questo nírovo ordine, supplicarono Ferdinando a deputare ad esempio de' suoi predecessori de' commissari, i quali in suo nome ricevessero nella contea il giuramento di fedelté, e dassero le relative investiture a' sudditi feudatarî. Troppo fondate 15* erario le suppliche de' gori zla ni, perché Ferdinando non F esaudisse, e non nommasse a tal effetto (18 I"»' 15S5.) corne commissarî Nicolà della Torre capilano di Gradišča e di Maraño, Girolamo rf'Alterns luogolenente di Gorizia, e Lodovico Melinger. Oltre Foggetto principale ordina la sovrana istruzione di formare un esalto registro di tulti i feudi della provincia co'nomi de'feudatarî. Merita particolar attenzione un articolo della medesima, il quale contiene la seconda costituzione delle noslre leggi feudali. Prescrive questo a' commissar! di dover bensî, nel caso che taluno dimandasse l'assenso di vendere i suoi heni feudali, accordarne la permissione, ed investire il compratore e gli eredi, ma con espresso divieto, che beni di tale natura non passino nelle mani de' sudditi strariieri. I commissar! adempirono tutti i loro doveri, rinnovarono in questo incontro le "investiture ai feudatari ; e le posero in un registro, il quale tuttavia esiste, e forma la principale base de' diritti feudali della nostra provincia. La camera di Ferdinando scoperte alcune -traccie, le quali índícavano molti feudi nel capitanato di Gradišča celati, ed indi andati in dimenticanza, delegó (I5<15.) commissarî Nicolô di Rabatta suo procuralore fiscale, e Míchele Buccignola per iscoprire tutte le terre soggette al vincolo feudale. Lo zelo e Fattività con ^cui era incammtnala 1" inquisizione, diede a molti motivo di temere, che scoperta la natura delle loro possessioni, ne potesáero essere privati; il che diede occasione di ricorrere a Ferdinando, e d'accusare di rigorose e violenti le premure, e 1'esattezza de' commissarî. Senza esaminare i veri motivi delle lamentanze, i commissarî furono sospesi, e vennero deputali (2» s¡ng. 15 19.) Nicola della Torre capilano di Gradišča, Martino Zernozza. consigliere della reggenza, e Wolfango Palron, per riprendere I* esame de' feudi gradiscani.. I nuovi commissarî operarono si poco, che F arciduca Cario dopo aver prese le redini del governo delle sue. provincie, esarninando più da vicino tutte le ragioni de' sov rani suoi diritti trovo F aliare de' feudi nella nostra provincia, e singolarmente nel capitanato di Gradišča in somma ' oscurità, e totale disordine. Quindi non volendo, che cosa alcuna s'intrapprendesse rispelto a' feudi della contea senza aver prima fallí rintraceiare quelli, che nel distrelto gradiseano si tenevano nascosti, ordinô replieatamente (1561.) a' commissarî di guerra in Friuli di far una esatta ricerca di tutti i feudi attenenti alla ckiesa d'Aqwileja. I commissar! dicbiararono ch' aveano bensi motivo di sospetlare, che molli fondi sotto il capitanato di Gradišča fosser'o di ragione feudale; ma che per mancanza di scritture parte smarrite e parte in tempo della guerra co' Yeneziani pórtate via, non sarebbero mai in istato di poter individuarli. In tal guisa cercossi spesso di coprire colle pubbliche turbolenze la privata disattenzione nel c.ustodire i pubblici archivl. Queste iuulili ricerche sospesero per tanto ogni cosa in riguardo alle investiture; e gli stati provinciali vedendo ritardato il pubblico editto per la rinuovazione delle lettere feudali, cominciavano a teiflere che tale ritardo non facesse decadere i feudatarî dalle antiche loro ragioni. Supplicarono essi (83 mag. 1565.) l'arciduca, che prima dello spirar d'un anno dopo la morte dell' augusto suo padre si compiacesse di (Jelegare, secondo I' antica consuetudine della contea, i suoi commissarîperricevereilgiuramenlo di fedeltà da tutti i feudatari, e per rinnovare le investiture. Avrebbe desiderato l'arciduca, che queste formalité si facessero nella sua capitale : ma le reiterate ¡stanze presentate da' goriziani, e fondate sulle difficoltà, e sui dispendi, che avrebbono dovuto necessariamente incontrare, non solamente lo persuasero ad accordare lorn di ricevere le investiture in Gorizia, ma dispenso anche i patrizi dalle tasse della cancellería; e depuló (156?.) a taie solenne ¡ncarico Andrea Rapisio vescovo di Trieste, Giorgio d'Eedling, e di Lausenpach, ed Ulvino dt Neuhaus, e di Neukofjl. L' arciduca Ernesto in qualité d'amininislratore degli slati dell' arciduca Ferdinando ancor pupillo, delegó ( 1598.) Raimondo conte della Torre e ValsassinaFrancesco Formentino coinmemlalore dell' ordine teutonico, e capitano di Gradisca, e Giuseppe di Rabattu luogotenente di Gorizia per investíre de' loro feudi i feudatarî della provincia. Ad onta di queste nuove investiture dispénsate dopo la morte dell'arciduca Cario, l'arciduca Ferdinando di lui figlio depuló pochi anni dappoí (159Ï.) lo stesso Francesco Formentini, Pietro di Strassoldo colonnello delle nostre truppe Urbane e Giorgio Vagenring di Romhausen, per ricevere nuovamente in suo nome ¡1 giuramento di fedeltà da tutti i feudatarî, e per dispensare le nuove investiture. IV. Gabelle, ed istitmione di nuove dogane. Le gabelle, che si riscuotevano alie dogane, formavano ancora una parte delle rendite del principe. Essendo qiíeste state amministrate nella nostra provincia da persone, che presto si sottrassero alla dipendenza del governo, le scritture rimasero fra le mani dei privati e perirono con esso loro -, onde questa parte d'amministrazione non puö essere da noi posta in quel lume, che avremmo desiderato. Ciù che dec consolarci della perdita di quelle scritture, si è, che per quanto una non interrotta serie dei primi registri, e delle ordinazioni delfe dogane ci desse una distinta storia si del traffico, e del consumo della provincia, che dell'aumento delle rendite del principe ; tuttavia potremmo fare poco uso, e trarre niun ammaestramento da operazioni, che altro non avrebbono di rispettabile se non la sola antichità. LT introduzione degli oil, e de'vini forestieri formava nel principio del XVI secolo due articoli, da cui traevano le. nos tre dogane i maggiori proventi. Il porto di Trieste, e quello di s. Giovanni erano le sole vie, per cui potevano essere negli stati austriaci introdotti. La guerra nemica del commercio, interruppe un ordine da luugo tempo praticato, e nelle pubbliche turbolenze cercava ognuiio di far passare questd due merci per quelle strade, che gli parevano allora più sicure. Sedati i tumulti co' Veneziani, e conquistati da Massimiliano altri porti, corne Maramo, Prednico, Anfora, e Certignano, si apri in ciascheduno di quelli una nuova via per provvedere 1' Allemagna di tanto necessarî quanto ricercati prodotti : ma la moltitudine delle strade non faceva entrare nel sovrano erario i passati profitti ; e la camera s'avvide ben tosto, che col numero dei porti si moltiplicavano i contrabbaudi. Quindi tutti i vini e gli olí furono sottoposti alla legge (SO gen. 1529. j di doversi accusare alle sole dogane di Trieste, e di s. Giovanni ad esclusione d'ogni altro luogo, per riceverne i passaporti, restando condannati al fisco coloro, che si trovassero privi di tali attestati. Non furono perô lasciati in abbandono gli altri porti. Si conobbe la favorevole situazione d'un paese fertile, fiancheggiato per lungo tratto dal mare; e si prese in particolare riflessione il perto di Maraño, che serviva di scala a tutte quelle merci, che dal mare passavano in Friuli, e da questa provincia in Levante, ed in Italia. Ci è rimasta una tariffa ( 1524.) (a) spedita dalla camera per essere osservata e praticata da quella dogana. Siccome la inavvertenza di non distinguere le merci di transito da quelle di consumo, ed un indiscreto zelo di aggravare ugualmente le merci necessarie, che le superflue, ebbe gran parte in detta tariiïa; ci dispensiamo dal riportarla, Per altro a) Neirarehivio del vicadominato di Lubiana, viene in essa prescritto ad ognuuo, che arrivasse con barca carica di merci in quel porto, di presenlarsi nel termine di ventiquattro ore alia dogana sotto la pena di confiscazione si della barca che delle merci e J' annunziare la qualité, e quantité del carico. Sotto la medesima pena per impedire le frodi, le clandestine introduzioni di merci, viene ingiunto ad ognuno, il quale non avesse intenzione di recarsi la sua roba, ma solo per qualche accidente vi avesse preso porto, di pagare un soldo per ducato del valore del suo carico. Finalmente proibisce sotto le medesime pene di caricare nel porto di Maraño, e nella sua giurisdizione (aj cosa alcuna senza presentarsi alia dogana, e pagare le prescritte gabelle : e perché il porto di Lignano sitúalo in quelle vicinanze avrebbe poluto daré occasione a molli contrabbandi, ordino la camera al doganiere di Maraño di far ristorare una casa, e porvi un ispettore, che riscuotesse le gabelle, e fosse a lui soggetto, ed obbiigato a reudergliene esatto conto. È probabile che atiese le medesime circostanze si esigessero le gabelle secondo la tariffa di Maraño negli altri porti benché meno frequentali del territorio di Gradisca. Colla perdita di Maraño (1512j Ferdinando perdette, senza che se ne sapesse il come, anche il porto di Lignano, e resto privo il suo erario del considerabile provento, che ne derivava da quelle dogane. Invano cerco la camera di riparare al danno con istabilire a Maranuto una nuova dogana. Le grosse esazioni delle merci, che andavano, e venivano dal Friuli, cessarono, e non rimasero che tenui gabelle, le quali riscuotevansi da quelle poche merci, che entravano peí consumo interno del proprio paese senza mentovare le violenze esercitate da' sudditi veneti in pregiudizio dei dirilti di questa dogana. Non ci fu possibile rinvenire le qualité delle merci, che al principio del secolo erano soggette a pagare la gabella alia dogana di Gorizia ; cerlo è che sotto Massimiliano I tutti i prodotti, che dalla contea uscivano per la Cumióla, e da questa provincia entravano nella nostra, passavano franchi, e liberi d1 ogni aggravio. Dopo la morte di questo imperadore la camera di Ferdinando con poca avvedutezza aggravé di gabella i víni, che passavano dalla nostra in quella provincia, in tempo che si doveano tanto piii animare gli abitanti della contea alia collivazione delle viti, che i vini della Marca non ostante le gabelle, a cui erano sottoposti, sostenevano la concorrenza del prezzo nelle provincie austriache. A1P errore a) 11 porto di Lignano era sottoposto a quella giurisdizione. 216 I S T O R I A cominesso per un indiscreto zelo riparossi incoutanente ordinandi (21 nov. 1523.) al doganiere di Gorizia di prendere bens'i i» nota tutti i vini, i grani e le altre derrate, clie dalla contea nella Corniola, e dalla Carniola nella contea si trasportavano, ma di astenersi sino ad allro online dali' esazione della gabella. In queslo modo ad un atiento e zulante governo gli errori medesiini servouo d'istruzione e di ainmaestramento per far dei saggi provvedimenti. Tanto più slrano parer doveva I' aggravare di gabella le derrate che da una provincia passavano all' allra, quanto che allora i buoi, che in gran copia dalla Carniola si facevano passare nello stato veneto, audavano- franchi da ogni imposta. Solo verso la meta del secolo credendo la camera di trarre profilto dalla necessilà supposla nei Veneti dei buoi di quella provincia, fissó (1544) una gabella da pagarsi o in Lubiana, o in Bazza nel territorio di Tolmino per ogni bue, che venisse inlrodotto nella contea. Parve questa determinazione agli stali goriziani troppo generale, e mal volontieri solfersero di esser Irattali come foraslieri. Lo slesso vicedomino di Lubiana, che aveva la sopraintendenza delle rendite camerali si della Carniola, che della contea, ripuló la tarilfa tanto mal tassata, elf egli assicurato dal nostro capitano Francesco della Torre d' una prossima modifieazione, si contentó d' una sufliciente cauzione, e si astenne dall' esigere 1» nuova gabella pel bestiame, ch' entrava nella contea. II governo goriziano avanzó frattanto le sue più vive rimostranze, ma incontró più dil'ficoltà a far conoscere le sue ragioui, di quello che s'aspettava. La camera temendo, che sotto il pretešto dell' interno consumo molti animali bovini passassero nello stato veneto senza pagare i diritti insiste va ostinatamenle nella niassima di lasciare la contea, come luogo di passaggio nella medesima condizione, e con ció tagliare ogni strada alle frodi ed ai contrabbandi. Per buona sorte della nostra patria trovó Francesco della Torre il ripiego di porre in sicuro i diritti della dogana, e di sollevare nel medesimo tempo la nostra provincia. Propose egli che in Lubiana fosse pagata indistintamente la nuova gabella: ma che il governo di Gorizia fosse incaricalo d' invigilare e tener conto di quegli animali bovini, che avessero servito pel consumo della contea, e a tenore degli attestât! dati dal medesimo governo ai mercatanti, la dogana di Lubiana fosse poi tenuta a detrarne con proporzione la gabella alia prossima spedizione dei buoi. II capitano della Torre aveva in' corte tanto crédito, che non solo il suo progelto non soffri alcuna contraddizione, ma fu eziandio tosto ordinato »S> 1544) di metterlo in esecuzione. I bisogni dello stalo, che vie più s'aumentarono da una parte per le continue spese assorbile dalla lunga guerra conlro i turcbi, e dail'altra per l'^ienazione di moite rendite camerali, sforzarono il ministro a pensée a nuovi. fondi, onde poter continuare a soslenere i gravi pesi dello stalo. Fra le varie speculazioni si presentarono alia vista di lui le dogane qual sorgente perenne del sovrano erario. Senza far riflessione alie circoslanze dei tempi, ali' avvedutezza dei confinanti Veneti, ed ai vantaggi delP interno commercio, non si pensó che a nuove gabelle. I diritti della dogana d' una provincia rispetto alP altra, pei goriziani altre volle felicemente rivocati, furono di nuovo stabiliti (154 3), poichè ordinó la camera, che, tratlono il grano, tullo ció che entrasse nella contea per uso della stessa, benchè avesse altrove pagata la gabella, dovesse nuovamenle pagarla alia dogana di Gorizia. Nel trasporto dei buoi della Stiria e della • Carniola, e nelle provigioni in tempo di carestía de' grani, falle in queste provincie per lo stalo veneto consisteva la maggior parte del traffieo. L'ordínazione della camera dissecó nella sua origine questo fonte, la dogana di Lubiana cominció ad esigere un dazio indistinto sopra tulto il bestiame, che sortiva dalla Carniola, e quella di Gorizia sopra quello, che passava nel territorio veneto, ed a riscuolere quaranla carantani per ogni soma di grano, che dalla contea passava in quello stalo. Gli stati di Gorizia animali tanto da' sani principi del commercio, quanto dal particolar loro vimtaggio presentarono (14 1543) a Ferdinando la seguente rimostranza : Temiamo, che i mercatanti per evitare quesla gravosa gabella abbandoneranno la riostra strada, e ne cercheranno altre con discapito de' sudditi della contea, e de' prorenti della camera di V. M. Ma i gravissimi danni, che ne dovevano seguiré, non fecero alcuna impressione in confronto de' presentí benchè tenui vantaggi, ed anzi che aboliré la nuova gabella sopra il bestiame, che esigevasi in Lubiana e in Gorizia, se ne slabili un altra (1553) in Cilli pei buoi, che dalla Stiria, e dalla Croazia passavano nella Carniola, e si accrebbero poi (155») le gabelle sopra tutte le merci, che da Maranuto si trasportavano a Maraño, malgrado gli aperti insulti, che commettevansi da' sudditi veneti al passaggio di quelle dogane, e ad onla della vigorosa opposizione, che fecero per impedire ogni accresci mentó i commissari di guerra, i^ quali avevano dimostrato (o), che dopo la prima a) CoW informa-Jone del di 29 ottobre dell' anno 1559. 218 IS T O RI A alterazione della tariffa, la sola dogana di Marmullo rendeva la nielà di meno di quello, clie dava pochi anni prima. Uno zelo si mal inteso era fondato sull* opinóle, che lo stato veneto fosse nell'indispensable necessità di ricorr^e negli anni di carestía agli stati austriaci per i grani e di provvedersi in tutti i tempi dalla Stiria e dalla Carniola di animali bovini. Riguardavansi tutte le rimostranze del governo goriziano, come scritti dettati dal solo interesse, e non consultavansi se non le correnti necessità dello stato. Le misure che seppero prendere i nostri confmanti, fecero vedere ben tosto la fallacia delle massirae, con cui furono dirette queste operazioni. La repubblica di Venezia stabil! in tutti i luoghi del suo dominio dei magazzini di grani per prevenire negli anni di abbondanza le calamité della fame, ed esimere quegli abitanti dalla • necessità di ricorrere alie provincie austriache ne' tempi di carestía. Cosí il senato per sottrare i suoi sudditi alla necessità di dover provvedersi da noi dell' occorrente bestiame, gli iucoraggl al nutrimento almeno di quella quantité di buoi, che loro era necessaria alia coltura delle terre, e cerco in Dalmazia una strada di somininístrare a' suoi macelli il bisogno. Si videro ben presto gli elTetti dei mentovati provvedimenti. Le provvigioni di grani nello stato veneto furono indipendentemente dalle austriache provincie si copiose, che ben lungi dal provarne carestía, fu spesso-in grado di somministrarne alia contea. I contadini introdnssero nel Friuli si bella specie di animali bovini, che non cedeva nè in grandezza, nè in bontà ad alcun altra, e da Obravatz sortirono in pochi anni tanti buoi pei macelli, che il señalo proibi con pubblico editfo a' suoi suddili di provvedersene senza speciale licenza, e passaporto negli stati austriaci. La Stiria, la Carniola, ed anche la contea di Gorizia risentirono ben presto le conseguenze, che ne dovevano risultare. I passati profitti, che quelle provincie ricava,vano dalla vendita del loro bestiame, cesSarono, e le rendite della camera si diminuirono, mentre cercavasi di aumentarle. L'arciduca Carlo ordinô ai commissarí di guerra in Friuli d'indagare per qual motivo fosse incagliato il commercio fra i suoi stati, e que' della repubblica, e di suggerire que' mezzi, che fossero opportuni a ristabilirlo. I commissar! risposero ció, che gli stati di Gorizia avevano venti anni prima pur troppo predetto. Le esorbitanli gabelle dissero (* S apr. 15©5), sono la causa della nuota strada di Obravatz, per la quale fassi presentemente la condolía del bestiame, lo stesso arvenne anche colle pelli de' buoi, di cui abbiamo totalmente perduto il transito quando pel passato trasportavansene in grande copia per la contea, e le dogane di V. A. ne ritraevano non piccoli vantaggi, i quali mancarono dopo che la gabella sopra queste fu auméntala. Siamo pero di senlimento, che sia necessario di abbassare le gabelle, perche la slrada di Obravatz, si abbandoni, e perche rientrino neW erario di V. A. gli antichi provenu. Ma taie è la natura del commercio, che devialo che siasi una volta, per quanto si cerchi di rimetterlo sulPantico cammino, tutti gli sforzi riescono spesso infruttuosi. Non hasta, che si ritrattino gli ordini senza buone ragioni pubblicati, e si metta in uso tutto ció, che puô favorire la concorrenza cogli esteri. Siccome deriva non di rado in si fatte operazioni, il bene dello stato più dalla inavvertenza degli altri, che daH'altività e condotta propria, cosi la maggior parte consiste in saper profittare degli errori altrui, e cogliere que1 vantaggi che gli sbagli d'altre nazioni ci somministrano. L1 esito che trovó la Dalmazia de1 suoi buoi, svegliô 1' industria degli abitanti a nutrirgli e l1 esperienza ammaestrô vie più il Friuli veneto nel nutrimento (Je1 medesimi. In somma l1 estrazione del bestiame délia Carniola, e délia Stiria sempre più venne a minorarsi in questo secolo, allá contea mancarono que1 vantaggi, che sono siouri nelle provincie di transito, e la dogana del principe risenti a proporzione la diminuzione ne1 suoi proventi. Da tanto falsi priucipi nacquero moite altre operazioni al commercio perniciosissime. Apertasi la strada délia Carintia, e conseguentemente una immediata comuuicazione del nostro mare con moite provincie délia superiore Germania, si vide con felicissimo esito talmente frequentato questo cammino, che gli abitanti délia contea, cambiavano - i loro vini colle merci, che i salisburghesi portavano da quelle contrade. Questo trafico fu di si poca durata, che appena ce ne restó la memoria. Non bastô alla camera una dogana in Tarvisa, luogo opportuno per la sua situazione, e da cui, come da un centro si poteva dirigere tutto il commercio non solo délia contea, ma di una buona parte délia Germania, se ne stabilirono due altre, l1 una in Fletz, l1 altra in Cangle, e caricaronsi di tante gabelle tutte le qualità di merci, che disgustati i mercatanti in breve tempo abbandonaron quella strada. Questa è l'epoca, in cui furono abbandonati i nostri porti d1 Aquileja, di Terzo, e di Cervignano. Studiavauo i ministri délia camera coll1 introduzione di nuove gabelle imposte sopra l1 interno consumo délia contea di riparare le utilità, che al sovrano erario mancarono colla diminuzione del 16 220 I S T 0 RIA transito delle merci forestiere, e dell" estrazione delle proprie derrale. Le nostre, che andavano nella Carniola ed in Carintia, ed i graui, che nella contea introducevansi da quelle provincie furono aggravati indistintamente. Si stabill (1SS6) in Polkraj una gabella sopra i grant della Carniola, ed un altra in Canale sopra quelli della Carintia, e fu ordinata la riscossione al ponte deW Isomo vicino a Gorizin di trenta Carantani per ogni stajo di grano, che trasportavasi nel Coglio , e nel capitanato di Gradišča. I nostri stati inviarono indarno Girolamo Catta e Leonardo di Orzon nello stesso anno alla corte dell' arciduca colle loro rimostranze. Si credette, che i bisogni dello stato non permettessero di diminuiré le gabelle, le quali cadevano únicamente a peso del suddito. Questo aggravio, per la cui abolizione gli stati provinciali fecero tante istanze in tulte tedíele, non fu piii rivocato, ed il suddito di là delp Isonzo restó dalla camera separato da quello, che abitava il territorio di qua del fiume *). Questo è I' infelice partito, a cui il migliore de' principi dopo una inconsiderada regola delle sue rendite si trova spesse volte in necessità d' appigliarsi, per sostenere i pesi, che esigono le pnbbliche urgenze. Shssidî in denaro somminisfrali al principe. Tutte le rendite, di cni si fece cenno, ed altre simili ne' vasti stati dell' austriaca monarchia non furono bastanti a supplire alle spese, che i nostri principi dovettero sostenere dal principio sino al One di queslo secolo. V alienazione fatta degli stessi fondi (a\ per la continua mancanza di denaro doveva necessariamente oltre il disseccare i fondi delle pubbliche rendite, aumentare anche i bisogni dello stato. La potenza ottomana disegnó il formidabile piano di estendere in Europa il suo dominio, e colla % conquista dell' Ungheria di spogliare la casa d' Austria delle provincie, che confinavano con Si awerte che Vaulore scrite in Gorizia. a) Oltre V alienazione di molle Ierre patrimoniali, e 583j le redini del goveruo delle austriache provincie in Alleraagna. Abbiamo altrove parlato dei soccorsi, che questo angustíalo principe ottenne da lutte le nazioni cristiane, onde opporre una valevole resistenza al comune nemico. L' impero germánico, F Italia, le provincie austriache somministrarongli trappe; ma per mantenerle abbisognavano delle somme, che il suo esausto erario non era in istato di fornire. Si dovette ricorrere alie forze" ed agli ajuli dei suddili. Ferdinando convocava in tutte le sue provincie gli stali per inezzo di commissari, ,e dimandava sussidi in denaro per sostenere una guerra, da cui dipendeva la salute di lui ti i suoi paesi. 1 suddili della coalea di Gorizia obbligali colla roba, e colla vita alio slato, godevano della sovraua protezione senza essere soggetli ad alcuna ordinaria contribuzione. L'arciduca Ferdinando nel primo anuo del suo governo diinandô dagli stati goriziani un soccorso iu denaro, ma non si pao saper« come, e quanto siasi dai goriziani in questa occasione contiibuihj. Si congregarono due anni dappoi (1534) per lo stesso oggetto i noslri stali provinciali. II principe chiese in questa dieta per due anni altri sussidi, onde sostenere la guerra contro il turco. Ponderando gli stati da una parte le pubbliche necessità, ed il couiline interesse, e pensando dalP altra ai raezzi più spedili e più facili, onde soccorrere il principe e lo slato, esibirono di coneorrere alie giusle premure del sovrano, ogni volta che i territorî di Gradisca, di Aquileja e di Maraño, conquistati- da Massimiliano nell' ultima guerra, venissero incorporati nella coutea. Ferdinando, trovando la proposizione non meno ragionevole per la nostra provincia, che conveniente alie sue urgenze, accordô nella dieta convocata nel sussegueute anno mar. MBSS) Fincorporazione dei tre capitanati alla contea, e gli stati offerirono per due anni tre mila fiorini all' anno. In consegueiiza di questa deliberazione tassaronsi tra loro i sudditi, ed a proporzione delle loro facollâ unirono le promesse somme. I pubblici bisogni continuavano coi comuni pericoli. I turchi sempre più infierendo non cessavano di minacciare 1' ultimo esterminio allé provincie austriache. Non v' era alcuno, che non conoscesse la necessità di concorrere colle sue sostanze ad allontanare le calamità dalla sua propria famiglia. L' unica difficoltà, che inconlravasi, era di trovare il mezzo di ripartire con uguaglianza il. peso, che ognuno aveva a sostenere. I posseditori di terre promisero fraltanto in 222 i S T o r1 A pubblica dieta (*» mar. 153W) di pagare il quiudiei per cento delle loro rendite, ed il contadino affittuale trenta carantani per ogni terreno (a), a condizione che i possessori dei beni impegnati dalla camera, e. lo stesso principe per li suoi beni camerali concorressejo alle cotnuni rate. Siccome i possçssori dei mentovati beni non riconoscevano per li fondi, dei quali avevano il god im en I o, altro superiore che il vicedomino della Caruiola, cost si opposero ad ogni tassa falta * daglt stati provinciali, per ovvjare in avvenire ogni tentativo, che dalla provincia potesse farsi, preferirono sottoporsi »d una rata particolare, che fu loro imposta dal vicedomino di Lubiana. Queste, e. simili opposizioni, che insorgevano quasi iu ogni particolare dieta, non solo nella conlea, ma ancora in tulle le ¿illre austriache provincie, indussero il re Ferdinando a convocare in Innspruck una dieta generale pel di 30 gennajo dell'anno 1532, sperando che un solenne congresso seconderebbe con più efficacia le comuni premure, e conseguentemente promuoverebbe con maggior fervore un valevole e possente soccorso. Gli stati delle quatlro provincie dell' Austria inferiore colla contea di Gorizia promisero in quest' anno 1* esborso di trecento dieci mila florîni con precisa condizione, che la somma venisse impiegata in loro difesa contro gli Ottomani, e che tutte le terre, tutti i possessori dei beni camerali impegnati, tutti i principi, e'vescovi, ed allri stranieri, che possedevano nello stato austríaco, obbligati fossero indistintamente in proporzíone delle loro facoltà aH'accordato sussidio. Restava una difficollà ríguardo alia riparlizíone mossa dai comissarí delegati a questo congresso dalla contea di Gorizia. Rimostrarono ešsi che la rala dei goriziani non dovesse regolarsi colla proporzíone dei sussidi accordali pel passato, poichè il contadino non mancherebbe d'opporsi alia prestazione di nuove contribuzioni, mentre non aveva ancora iutieramente supplito alle passate. In questa occasione si scandagliö lo stato d' un contadino affitluale spesse volte ridotto aU'impossibilità di soddisfare agli affitli impostigli dal padrone, e si pose in vista la differema, che passa fra una parle dei contadini della contea, ed i contadini delle altre provincie. L' oggetto parve di troppo piccola considerazione per prolongare il termine di quel ■ congresso, e cangiare la rata di selte mila ottocenlo settanta fiorini toccata agli stati di Gorizia. lia, ció che sembró di a) Era composto un terreno di dodici campi. In Friuli chiamavansi masi, e questi erano composti di ventiquattro campi, poco uiomenlo in Innspruck, moslrossi 11011 indifferente nella susseguenle dieta provinciale di Gorizia convocala {SI mar, 1533) per deliberare del modo di esigere la mentovata somma, alloreliè Vor dine contadinesco in generale opponeva la sua impossibilità a lutte le più vive e pressanti solleciludini, che gli furono falle da parle dell' online nobile. Ferdinando non poleva desistere dalla dimanda della intier« somma acsordatagli, nè convenivagli dispensare una porzioue dei suoi sudditi, i quali avevano già altre volte effettuata-tal preslanza senza rovesciare il suo piano e la necessaria eguaglianza e proporzione delle imposte. Sped! quindi in Gorizia Volfargo di Lainberg suo vicedomino della Carniola, e Cristoforo Purgstaller suo consigliere, per ridurre il nostro conladino a concorrere di buona voglia ai soccorsi convenuli in Innspruck. L' apparalo di una delegazione composta di due stranieri indusse il conladino ad accordare ció, che non voleva, o forse non poteva metiere in esecuzione. Si convenue che per ogui terreno si pagassero ottanta carantani, e che ' quello che non avegse in al'lilto che una casa senza terra (a), fosse lassalo a olto carantani. I modi, che impiegavansi per indurre V ordine contadinesco a concorrere cogli altri possessori di terre a' comuni sussidî, senza aver rillesso alla qualità delle affittanze, nè al titolo del suo possesso lo fecero pensare a' mezzi di alleggerirsi con iscaltrezza del peso. Sicco me la quantité delle terre, ch' esso teneva in affitto, rilevavasi dalla particolare confessione di ciascheduno, si vide toslo, che la nota data in quell' anno non corrispoudeva a quelle, che furono presenMe altre voile. Dalla divisione delle terre, che ecciló poi tauti conlrasti fra il padrone ed il conta din^ come altrove fecesi menzione (6), nacquero tali e tante confusioni, che non fu possibile di scoprirne il vero, e distinguere i terreni notificali da quelli, che esso cercava di nascondere. Simili disordini, che dovevano alterare la necessaria proporzione nella dislribuzione delle imposte, obbligarono gli slati a suggerire al principe la descrizione di tutte le terre poste in coltura, e teuule dal conladino in affillo nella provincia. La camera di Ferdinando non solo diede il suo assenso ad un tal progctto, che tendeva a formare un catasta generale, único mezzo per istabilire una non men facile che giusta riparligione de' sussidî, ma si otteniie ancora a) Detli nel Fiiuli comune mente " Sot Ut ni. b) Vedi ]>ag. 133 Costituùone IV. 224 1ST O RI A che il principe con ispeciale rescrílto (3 lugl. B5SJ) ordinasse al capitano della contea conte d'Ortenburg di eleggere dei cominissan, che con alcuni dello stato nohile formassero un piano, donde risultasse I" uguaglianza, • e la proporcione nel ripartiinento delle pubbliclie imposte. Malgrado le preinure che aveva il principe, di veder eseguito I' ordinato catasto, e le successive rimostranze pel corso di tre anni falte dagli stati di non poler prestar soccorsi nelle contingenze della guerra, senza il concorso ancora (jello stato contadinesco ; nulla si eflettuó sino all'anno 1536, in cui, ripreso Fallare con più calore, accordó alia fine (SO. nov.) ]a provincia per sei anni annualmente al principe sei mila fiorini di quella moneta, e Fauno seguenle si diede mano a formare il registro di tutti i terreni, ognuno dei quali comprendeva dodici campi (a). a) Quahtunque non possiamo lusingarci, cite la descrizione dei terreni in queslo inconlro sia s lata falla con quell' accuratezza, che richiedevasi ; nulla di meno abbiamo crédulo di non fai-cosa inutile a' nostri concittadini, producendone la nota ; tanto più che questa pud dare una qualche idea della quantité delle terre, che erano in que' tempi poste in coltura. Furono in S ale ano rilevati 51 lerr. e 6 campi; in Gar g aro 48 t err. 3 campi ; in Baisinza 90 terr. 3 campi ; in Chiapovano 10 terr.; sotto la torre 12 terr. 3 campi¿ sul Traunicli 3 campi; presso il Corno 7 terreni 8 campi; attorno il fosso della città 2 terreni 21 campo; in Stran 10 terr.-, in s. Pielro 26 té^reni 2 campi; in Ver lo iba sup erior e 16 terreni 2 campi ; nel Decanato di Schônpas 55 terr.-, in Osseck 28 terreni; in Ter nova 4 terr. 6 campi; in Cernizza 41 terreno 9 campi; in Battuja 12 terreni; in Locaviz 39 terreni 6 campi; in Camigna 26 terreni 9 campi; in Dobrauliack 32 terr. 9 campi; in Or teb in 17 terreni 7 campi; in Big lia 25 terreni 10 campi; in Raccogliano 16 terreni 9 campi; in Rupa 6 terreni 6 campi ; in Buccavizza 17 terreni 6 campi ; in P et se h 20 terr.; in Prebacina 18 terr. 6 campi; in Vogriska 10 terreni; in Mema 33 ter. 6 campi; in Verloiba inf. 23 terreni 9 campi; in Lucinico 40 terreni 6 campi; in s. Lorenzo 28 terreni 9 campi; in Cap riva 25 terreni 3 campi; in P odg or a 28 terreni 6 campi; in Sabo tin Questn operazione scosse tanto più (o stalo contadinesco, che esso non intendeva di sottoporsi ad alcuna tassa. Si fecero intanto le proporzionate ripartizioni, ma nessuno compariva a soddisfare la «liiotn. S'impiegarono i modi più convenienti per ridurre oguno al dovere, si cercó di persuadere ogni comunità particolnrmente : ma qiwlunque tentativo rinscl vano. Ad ogni spezie di colletta sotto 17 terr.; in s. And ra t 22 terr. 9 campt; in Vipulzano 17 terrent; in Jalmico 31 terr. 9 campi; in Nogaredo 21 terrent 6 campi; in Cr au g lio 28 terrent 3 camp i ; m Frotta 30 terr. 6 campi; in Romans 51 terr. 9 campi; in Versa 37 terr eni 6 campi; in Villesse 26 terr eni; in D ober do' 10 terr eni 6 campi; in P-e te g lia no 2 terr.; in D r a us s i n a 3 terr. ; in Rubia 2 terr.; in Sagrado 2 terr.; in Desella 41 t err eni ; riel Decanato di Oberfeld, e d' A n i c h a v a 31 terr. 3 campi; in Piuma 17 terr. 6 campi; in Polsenizza 4 terr. 6 campi ; in Quisca 13 terr eni 9 campi -, in C er ou inferiore 8 terr eni 9 campi ; in C er ou supe rio re 14 terr eni 3 campi; in s. F lo re an o 16 terr. 3 campi; in s. Maria Maddalena di Locka 6 terr. 6 campi; nel Decanato di Castagnavizza e Tomnizza 16 terr eni ; in Ran z ano 8 terreni 9 campi ; nella signoria di Reiffenbergo 102 terreni 6 campi; nella medesima signoria apparlenenli ad altri particolari 55 terreni; nella signoria di Schwarzeneck 161 terreni; nella signoria di Santa C roce 27 terreni; gli abitanti di delta terra 20 terr.; in Canale 171 terr.; nella signoria di T olmin o trovaronsi 593 terr. 6 campi; sotto Gradišča nelle aille di J o anni z, Visco, s. Vito di Crauglio, Ajello, T ap o g Ii ano, Mossa,Fara, Villanova, Villavi c entin a,F iumice lio, s. Ntcolù di Lev ata, Aquilej a, suo territorio, e s. Egidio furono conscritti 465 terreni. Sotto C or m on s, Mariano, Chiopris, s. Martino delCog,lio, Bigliana, Medana e Cosana 201 terreni 9 campi; sotto CoroiHa e Me dea 73 terr. 3 campi. Finalmente sollo Jesernic. o, Sivigliano, e Dri olajša 16 terreni 3 campi. Nella stessa nota appariscono inseriti 294 contadini, che non aveano terre, nè proprie, nè prese a fitto, e le ville di Gradina, Nosna, Visnovichio, e Cosbana, in cui le terre non erano prese in nota. 226 ISTORIA qualun'que nome fosse falta ricusava ciascuno di sotlomeltersi, e si oslinava nelle sue ripulse. tíli slali mancando alio sborso delle stabilité rate, ragguagliata la corte degli ostacoli che si frapponevano per parte dei contadiui, diede ordine di citargli, ed intendere le ultime loro intenzioni. Chiamati i principali di tutte le comunità comparirono (*>"» sett. 1533) nella casa délia provincia. Girolamo d'Atteins allora luogotenente, in puhblica radunanza espose con facondia e calore, che si dimandavano i sussidi, non tanto per prova délia loro sommessione verso il principe, quanto per sotlrarli dal ferio micidiale, che devastava le campagne, spogliava le città ed i villaggi, e minacciava una sehiavilù più orrenda délia stessa morte. . Dipinse con vivi colori il deplorabile stato délia vicina provincia délia Carniola, i cui abitauti avevano provati gli elTetti funesti del furore turchesco, e F imminente pericolo, a cui era esposta la loro patria, di soggiacere a' medesimi disastri. Dimandó loro, come era possibile, che fossero si peco penetrati dalla generale costernazione, è cosi insensibili a' ceppi, che colla loro vile indilferenza si andavano preparando. Dimostró che non 1' ainhizione di stendere gli stati, ma la presente necessità di difendere i sudditi, sforzava il principe, a dimandare soccorso. Espose finalmente l1 afüizione d'animo, in cui slava ¡inmerso Ferdinando, per non aver mezzi bastanti di preservar i suoi popoli dal furore nemico, e per aver ricevute maggiori prove di zelo, e più assistenza dalle estere nazioni, che da' proprí suoi sudditi. L'eloquenza del luogotenente persuase il " Iflaggior numero, e come avviene in tutte le radunanze, impose silenzio alie opposizioni degli altri, e tutti alla fine oñ'erironsi di prestare quell' ajuto, che permettevano le lor circostanze. VI. „ Delle imposte sopra le Ierre. Introdotle in tal modo le imposte sopra le terre nellà nostra provincia, e faltone H generale cataslo, ebbero occasione di conoscere gli stati, che la imposizione la più naturale, e più giusta è quella, che cade immediatamente sopra la Ierra, si per la facilita di rilevare lo stato d'ognuno, che d1 imporvi con proporzione gli aggraví. Ció DELLA CONTEA DI GORIZIA. 227 Hulla ostante, o che si prevedesse la difficollà, che incontrar si doveva nell'apprezzare le terre, secondo la migliorë, o minore qualità ogni volta che non si avesse voluto daré lo stesso estimo al cattivo che al buon terreno ; o che si credesse che quesla medesima proporzione non potesse osservarsi senza conoscere precisamente la rendita di ciaschedun possessore ; deliberarono gli stali, che tutti i proprietari dassero una esatta nota di tutti gli aflitti, livelli e rendite che avevano, e fecero con pubblico editto a tutti gli abitanti délia provincia palese la loro deliberazione (2» «<»«• 1537.) con ordine di presentare fedelmente lutte le loro rendite, sotto pena délia confiscazione di quelle, che avessero «áseoste nella loro dichiarazione. Nell'anno 1542 tulta l'operazione fu terminata, e formato fu il primo regolato libro (telle imposizioni sopra le terre délia provincia. I ritrosi a pagarle furono con tutto rigore trattati, poichè due aniii dopo furono confiscad i beni di quelli, che trascurarono di soddisfarle. I contadini abitanti ne' monti, e singolarmente que' del capitanato di Tolmino ricusarono nuovamente di sottoporsi. Non si credette più necessario di servirsi di proroghe, e di persuasioni. Il principe fece intendere (11 ott. 1511.) che'non s'avesse più alcun riguardo per chi allontanandosi dall' universale sommissione, dichiaravasi renitente; e che si procedesse contro i ritrosi col sequeslro di tutti i frutti, e coll'arresto personale de' principali. Ma il rigore, che avrebbe forsa bastalo per obbligarli a concorrere ad un comune, e proporzionato aggravio, non bastó per acquietarli, allor che si videro più del giusto aggravati. Secondo il piano preso dallo stato nobile, due lerzi delle gravezze erano imposte sopra l'ordine contadinesco : perciô questo reclamava più contro l'innuguaglianza délia ripartizione, che contro il suo elîelto. Uno stato di persone riguardo ad un altro puô spesso aver quel medesimo particolar interesse, che s'insinua ne' privati negozî: questo fu il sospetto, che concepi Ferdinando délia générale ripartizione degli stati goriziani. Delego quindi (1515.) Cristoforo Khevenhüller capitano délia Carintia, e Guglielmo Praunsperg vicedomino délia Carniola per e&aminare le lamentanze de' coiitadini. I commissarî sciolsero tutte le difficollà a persone, che non sapendo opporre con ordine, nè con chiarezza spiegarsi, accordarono non solo di contribuiré in avvenire, ma di soddisfare eziandio le somme, di cui restavano debitori. Non si tosto parlirono i commissarî, che i conladini contro ogni convenzione s'opposero un'altra voila di concorrere aile comuui imposte. E perché le somme delle contribuzioni, passato il tempo, per cui avevano accordale, si cambiavano ad ogni nuova ricerca der 1C>* pubblici bisogni ; quindi è cb' essi, già prevenud d' essere aggravati più del dovere, ad ogni cambiaraento di rate fonicntavano la loro naturale diffideiiza, e cercavano colla ritrosia se non un totale scarico, almeno un qualche sollievo. Il parlito de' renitenti s'accrebbe. Al contadino di Tolmino s' uni quello de' colli, ed il suddito della signoria di Schwarzeneck cominciù a risvegliare lo spirito di renitenza anche nell'animo de' contadini della pianura ; e tino il corpo dei ciltadini di Gorizia lasciossi indurre a far valere co' medesimi pretesti le stesse opposizioni. Quindi nacquero disordini nella riscossione e ritardi tali nella prestazionc delle pubbliche coulribuzioui, che Ferdinando deputô (15JIÎ-) nuovi commissari per esaniinare i lamenti dello stato rustico, e per slabilire una fissa e giusta ripartizione defle imposition* comuni. Qualuuque fosse la dcliberazione, e quantunque negli anrri posteriori uniformemente a" sovrani ordini siasi úsalo tutto il rigor» contro i renitenti; tultavolta non fuvvi mezzo di sottomettene i contadini al común peso : anzi unili al corpo de' citladini di Goritia, e di Aquileja nella dieta generale degli stati delle auslriache provincie congregad in Vienna (155«.), col mezzo de' loro deputati fecero esporre, che nè l'uno nè I'altro stato intendeva, a costo di separarsi dal corpo intero provinciale di concorrere eolio stato nobile ed ecclesiastico alie comuni conlributioni della provincia. Questa dichiarazione non servi ad ainmendue gli stati, che ad allontunarsi da ogni maneggio dell' interna pubblica economía, e ad essere continuamente molestad a pagare quelle rate, che riparliva sopra di essi lo slato nobile, il quale credetle di mostrarsi singolarmente discreto, e compiacente col passare al possesso si dell'ordine dei ciltadini, che dell'ordine rustico, una porzione di Ierra della quautilà di campi dodici eseute, e libera d' ogni pubblica gravezza nella occasione, che ne accordö ad ogni patrizio ventiquaitro (aöltre gli ostacoli, che ponevano queste due classi di persone alla ripartizione, e riscossione delle imposte sopra le terre, se ne aggiunsero ancora degli altri. Insorser'o i possessori de' beni impegnad dal principe, i quali benchè in progresso sutl'¡stanze del governo sieno stati obbligali dal principe a pagare al pari di tutti gli altri le loro contribuzioni, ció non oslante sí difesero pel corso di parecchi anni da ogni pubblica lassa imposta sopra le moite terre di tal nalura, di cui godevano le rendite. a) Furono quesli fino ai tempi nostri 1er r eni franchi appellali. La camera di Ferdinando non Irovô mai in venti e più anni i mezzi di sostenere il pubblico catasto formato con tanti dispendí, e travagli, nè di porre rimedio o alia scandalosa resistenza di si considerable numero di abitanti, se la ripartigione era con equità eseguila, o a" giusti lamenti dei troppo aggravali, se la porporzione , non era osservata. L' arciduca Cario , quel saggio ed avveduto principe, trovó necessario mettervi provvidenze tanto più efficaci, quanto i disordini erano più invelerati. ISei primi anni del suo governo ordinó (15©8-) che si formasse un ««oro catasto di tulle le terre della provincia. I due stati della contea principiarono ad eseguire gli ordini sovrani levando a tulti, traltine i patrizí, la franchigia, che godevano lutli i possessori sopra una quantité di terre ; ed ogni altro punto, che più premeva restó sospeso, cd arrenato. Quantunque i comnlissarî in tulle le diete ammonissero gli stati proyinciali a daré incominciamento alia nuova descrizione dei beni, usci solamente nelPanno 1572 un editto, il quale ordinava a lutti i possessori di presentare il verídico slalo delle loro rendile. O perché le notificazioní tardassero ad essere presentate, o perché si vulesse esaminarle, e confrontarle; non prima dell'anno 1575 furono elelti dieci patrizí (a), i quali divisa la provincia ¡n cinque circoli, due per ciascun círcolo dovessero investigare, e scoprire la facollà d' ognuno. Queste dísposizioní pronosticavano in breve il termine di quesla opernzione, lanio più che nel snsseguente anno (155« ) si nominarono tre altrí patrizí (6) per tal oggetto unitamenle a Paolo Zobl segretario della provincia. Préstalo da' medesimi il giuramento, fu loro ordinato di Aportare in un libro lutte le rendite rilevale; indi prima di proseguiré I'opera, di citare tutti i possessori, di mostrare loro le partile, e d' accordare un termine per presentare le operazioni. Fu altresi ingiunto agli stessi di riporlare gli a ffit ti livellarí, come soggelti a giornalieri cambiamenti : finalmente fu prescritto di segnar il numero delle pagine degli accemurti due libri, e soltoscrilli dai commissarí consegnarli agli stati. La ricchezza degli ordini, che si ravvisa in questa istruzione, ne forma tutto il mérito. s a) Giuseppe Reschater, Giacomo Fontana, Gasparo Copmaul, Baldassare Reschaver, Francesco di Neuhaus, Gasparo Bellino, Pietro di Strassau, Erasmo di Dornbergo, Martino Knes, e Nicold Degrazia. b) Giuseppe Rascharer, Leonardo di Orzon, ed il cancelliere Franc. Capella. 230 iSToniA Prese in nota le rendite d' un sol anno, veniva ad appoggiarsi il tutto sopra massime fallaci, ed incerte; onde non poteva risultare che una operazione egualmente fallace, ed incerta. In fatli si osservó che il lavoro era appena incominciato, quando supponevasi quasi finito. La deliberazione della dieta generóle celebrata in Pruck (15 « ove insieme con molti altri oggetti traltavasi di fissare la proporzioue colla quale le quattro provincie deir Austria interiore avevano a concorrere alie pubbliche imposte, riconobbe le forze della noslra provincia deboli a segno, che i delegati della Carniola opinavano (5 niarz. 1538.) di esimerla da' sussidi straordinari per la guerra contro i turchi: roa prescrisse nello stesso teinpo, che i nostri stati prestassero in avvenire con piü esattezza le ordinarie rale. Quindi mossi questi dalle continué sollecilazioni del principe tennero su questo aliare diverse conferenze; e finalmente diedero (1580.) agli abitanti della provincia l'ordine di notificare tutto ció, che peí corso degli ultimi tre anni avevano raccolto nelle loro possessioni, e quanto avevano riscosso dagli affilti livellari, delle decime, o d'altri proventi. Ma si poca era la premura di lar eseguire ció che era ordinato, che non oslante le reiterate promesse falte dagli stali all' arciduca di terminare prima della fine dell' anno il generale «partimento delle imposte sopra i fondi, solamente nella gran commissione delta la commissione riformatrice, delegata dal principe nell'anno 1585, si trattó come d' uno de' principali punti del modo, con cui si dovesse dar Tultima mano a questo affare da tanto tempo inútilmente maneggiato. I possessori delle signorie, e degli altri beni impegnati dal principe, il corpo della cittadinanza, e lo stato rustico si opposero in vano. Le rendite di tutti indistintamente furono rilevate; ed i cittadini non esperimentando alcun vantaggio dall* essersi separati dal corpo degli stati provinciali, cercarono indarno d' essere reintegrati nel diritto di comparire, mediante il loro delegato, alie pubbliche radunanze, e di godere, come i patrizi della franchigia d' una eguale quantilá di terre. II libro delle imposte si compi (158 3.) e non y* ebbe su questo oggetto altro cambiamento peí corso di tutto quel secolo. DELLA CONTEA DI GORIZIA. VSI. Imposte personali e dazt. Gli sforzi clie fece la contea in tutto questo secolo, per soccorrere il suo principe, e per difendere la patria, diedero origine alie imposte sopra le terre, e con queste a molle altre, che caddero a carico di altri ordini di persone, le quali beni slabili non possedevano. Si voleva, che a' comuni pericoli comuni fossero gli ajuli, e credevasi di aver uguale ragione di aggravare non meno 1' industria d' un ciltadino non possessore di terreno, che un possessore di Ierre, le cui rendite sono piii sicure. Mella occasione dei primi sussidi somminislrati dalla provincia al principe furono compresi gli arligiani délia citlà di Gorizia. Si fece (1532.) un' esatta descrizione di tutti: ed ognnno a misura del suo guadagno fu soltoposto ad una contribuzione. Quesfesempio apri la strada a far concorrere a' comuni pesi molti abitanti di Gradišča, di Cormons e di altre terre e villaggi, i quali o colle loro arli, o con altre specie d'industria si procacciavano il mantenimenlo, onde nell'anno 1545 furono inseriti nella generale lista di quelli, i quali furono sottoposli a pagar le rate tassate sopra I' industria. Per parte degli stati fu si poca la discrezione nelP aggravare questo stalo di cittadini tanto benemerito delle arti, e del traffico della nos Ira provincia, che nella ripartigione delle imposte delPanno 1596, oltre ogni misura, e riguardo, trovansi tassati alcuni d'essi fino a fiorini 50 di quella moneta. Era la falsa opinione de'grandi vantaggi derivati dali' industria si comunemente radicata, che nel susseguenle anno si vollero soggetti a questo genere d' imposte anche alcuni contadini delle comunità di s. Pietro, di Salcano, di Lucinico e di Gargaro, i quali oltre I' ordinaria quota, dovettero contribuiré, per ragione della vicinanza della citlà, mille seicento novanta cinque fiorini. La poca avvedutezza del governo goriziano, ed il particolare interesse de' possessori rovesciarono ogni idea di proporzione nei tributi posti sopra i beni- slabili; e sopra le persone. Le arti furono disanimate, P industria, e il traflico oppressi ; nè valsero i lamenti di questa classe di persone; poichè le loro voci, prima d'arrivare al trono del principe furono soll'ocate. A queslo genere d' imposta venue aggiuuta nelPanno 1569 per 232 1ST0RIA la prima volta una rata sopra quello stato di persone, le quali esercitavano la professione d' avtocati, di notai, e di procnralori : ma anche queslo aggravio si fece in fine cadere sopra i clienti, 0 quelli, che cercavano giustizia. Le non meno moleste che lunghe contese fra lo stato nobite e il contadinesco della provincia, che dopo tante delegazioni cominesse dal principe, e lanti maneggi interni non poterono in cinquanta e più anni di tempo terminarsi, furono poi in un sol punto decise. l'ersistendo il contadino possessore nelle sue opposizioni alla comune rata imposta sopra i fondi, la sovrana camera lo soltopose ( 155») ad una generale tassa rustica (o), la cui riscossione, indipendentemente dagli stati provinciali fu a' rispeltivi ministri camerali appoggiata. Taie è lo spirito del popolo diretto da confuse idee, che un cambiamento di nome, ed una nuova formalité lo fanno spesse volte piegare prontamente a ció, che per lungo tempo aveva ricusato. Questa imposla non avrebbe alterato il generale sistema della comune contrihuzione sopra le terre; se fosse stata ripartita col dovuto ragguaglio: ma oltre che la camera la considerava come un'imposta separata dalla generale contrihuzione vi furono ancora compresi i semplici coloni, che non hanno altro di proprio fuorchè le ¡oro braccia. 1 possessori delle terre condotle da tali affitluali s'accorsero col progresso del tempo, che il peso della nuova tassa cadeva direttarnente sopra di essi, e desiderarono di trovar ripiego : ma fu troppo tardi, perché vennero mal accettate le rappresentazioni contro una rata, di cui eglino stessi furono i priini autori. Non fu già questo il solo carico, che portó nel corso di quel secolo il nostro contadino. S' aggiunsero le sermtù personali (6), che questa classe di persone era obbligata di prestare in occasione di pubblici lavori. Esistono memorie, che sotto Massimiliano si prestassero queste servitù dai contadini, allor che si ristaurarono le mura del caslello di Gorizia. Terminata la guerra co1 Veneziani, cercó I' ordine citfadino d' esimersi da un obbligo, che per antica consuetudine fin sotto i passati conti trovavasi stabilito ; e gli stati in dieta uniti ( 153S.) credettero conveniente di secondarne le istanze. Ma avendo poco dappoi trovati gli antichi titoli di possesso, in cui erano i conti di Gorizia riguardo a queste servitù personali (c) o) Detta comunemente: "steura rurale, y, b) Dette: rabote. c) esiste una memoria, che Michele Hais cerco nell' anno Í464 iiicaricarono ( 1538.) Gasparo dr Lautieri, e Lodovico di Brandis, inviati alla sovrana corte per vari altri oggetti, d' informare Ferdiaando anche del diritlo di servitù, a cui era siu dai tempi remolí obbligato il contadino della contea. Quindi nella dieta del susseguente anno ( 1539.) in cui temcvasi uno sbarco dei turchi sulle noslre coste, si chiese il braccio, e Topera delle coinunilà de' contadini pei lavori delle fortificazioni di Gorizia, Gradišča e Maraño, la quale fu anche da' sudditi con zelo eguale alie sovrane premure préstala. Fino a questi tempi erano necessarie le precise sovrane richieste ogni quai volta i puhblici lavori esigevano le servitù personal* dalle comunità dei contadini. Ma siccome i bisogni della provincia s'accrescevano a misura, ch' ella aumentavasi nell' estensione del suo territorio, e che avanzava col mezzo d' un saggio governo pell' interne sue provvidenze, cosi queste servitù dovevano essere più frequenti, e spesso cosi pronle, che non permeltendo le urgenze d' informare il principe, conveniva ricorrere ad un istanlaneo provvedimento, Ordini» quindi Ferdinando (1* ott. 1555.) che lo stato rustico ad ogni ricerca del governo goriziano fosse tenuto a prestare quelle opere, e servitù ch' egli giudicherebbe opporlune pel manlenimento, per Tampliazione, e maggiore sicurezza delle pubbliche fabbriche. DoveVa il governo di Gorizia tratlare colla più discreta moderazione una delle più delicate parti delf interna amministrazione depositata dai principe nelle sue mani. Dipendendo la direzione, e ripartigioue di queste servitù da' ministri camerali, a cui erano cominesse tutte le fabbriche del principe, esercitarono • questi si odiose parzialità, e si ingiusle oppressioiii nel favorire i potenti, e nell' aggravare i deboli contadini, che il capitano della coi.tea Giorgio della Torre sopra replicali richiami fu costretto (1552.) di portare a piedi dell'arciduca Carlo i loro lamenli, e le tirannie dei suoi uffiziali. Ma riuscirouo si poco quellt che si presero la cura di diffendere il contadino, che conlinuarono le lamentanze non solo contro Tinegualo ripartimento delle servitù, ma anche contro t'inopportuna scella (¡elle stagioui, in cui s'obbligavano i contadini a prestarle ; sicchè i più necessarl lavori della campagna furono bene spesso a meno necessarie opere posposti, e gli animali con pregiudizio deU'agricollura dai lavori della campagna dislolti. Per quanto dalla parte degli stali si cercasse col mezzo del vicedomino della Carniola, Lodovico Suardo, d'introdurre » presso il conte Leonardo di liberare i suoi coloni dalla pt eslazionc delle cosi dette rabote. miglior ordine, ed equilà ; restavano sempre molte strade aperte aH" inleresse, ed aH' arbitrio di rovesciare ogni buon ordine, finché sollo I'ammiiiistrazione deli' arciduca Ernesto fu con decreto (SO giu, 1592.) pre8crilto, clie le sernitii persona/i dovessero essere richieste, e prestale in que' tempi, in cui la campagna esigeva meno la presenza e le braccia del conladino. Questa è una di quelle costiluzioni, che nel códice dell' agricollura dovrebbe occupare uno de' primi luoghi. OHre le inentovate specie d' imposte personali, fu in questo secolo per due successivi anni (I5îGe 15 3?.) dagli abitanti della provincia pagata quella volgarmente della il testatíco. Melle eslreme urgenze dee lo stato appigliarsi ad eslremi rimedî: tutti quelli, che passavano l'elà di dieci anni, furono sottoposti a questa rala. Queste furono le imposte personali, ch'ebbero origine in questo secolo : ma le medesime, ancorché unite alie gravezze poste sopra le terre, spesso non bastavano a supplire all'intçra somma delle contribuzioni, che il paese era obbligato a somminislrare al principe ne' suoi bisogni. A misura che si trovavano nuove sorgenti per supplire al común peso, insorgevano anche nuovi motivi di lamenli. Cercavano , gli stati con apparente proporzione di tener in bilancia tutto il carico: ma scoprivasi di giorno in giorno, che il maggior peso piombava infelicemente sopra il più debole, e che quello, il quale avrebbe potulo sostenerlo più d' ogni allro, ne veniva sgravato. Conoscevasi che le imposte sopra le terre erano da preferirsi alie tasse personali, le quali andavano soggelte a moite parzialiUi, e a molle eccezioni : ma si giudicava altresi, che tutto il peso delle gravezze non potesse addossarsi alie possession]', le quali aspettavano i profilti da una-dispendiosa industria, e dalla facilita dell'esito de' prodolti. Quindi nell'esame de' pubblici fondi, ad onta d'un forte numero di coloro, che non cessavano d' opporsi costantemeiite aH'' introduzione dei dazî nella contea, si abbracció finalmente questo partito, come quello, da cui speravano gli stati il più opportuno ajulo. II sale fu il primo genere, sopra cui fu posto un dazio per sei anni in tutta la provincia. Un ugual dazio, che la ciltà di Gorizia riscuoteva (15412.) fino da' tempi degli anfichi conli pel sale, che consumavasi nel recinto di sua giurisdizione, diede motivo agli stati di renderlo generale per tullo il paese. Siccome il consumo di questo genere era maggiore nelle comunilà del capitanalo di Tolmino a motivo del nutrimento degli animali ; cosi sentivano esse più d' ogni altro il peso di questo aggravio. Esiste un ricorso d'una di queste comunitá, con cui supplicava d' essere assolta da quesla gravezza. Questo principio indusse Ferdinando I a dimandare alia contea (1550) lo stabilimento di altri dazí nella citta di Gorizia. Gli slati fecero al principe le piii vive rimoslranze; gli portarono innanzi il rescritto di Massimiliano I (a), c<>n cui non oslante le penóse, ed urgentissime sue circostanze diehiaró esente la citta di Gorizia da ogni dazio, gli rimostrarono con quanto zelo avevano sempre procurato di additare tutti i mezzi, onde prestare al principe considerabili sussidi in denaro, ma sopra tutto avvalorarono le loro ragioni sul riflesso della popolazione, la quale auinenlavasi non solo nella citta, ma in tulta la provincia, inolto disertando dal vicino stalo, in cui queste tali imposte erano introdolte, e rifuggendo in qnesta provincia, allettati dal miglior prezzo dei viveri. Ció non ostante Ferdinando nella dieta del susseguente anno (8 apr. 155S) replicó la sua dimanda, ed in quella promisero gli stati di csigere il dazio sopra. tullo il vino, che si fosse consúmalo nel recinto della citta. II inaggior numero di quelli per altro, che coinponcvano gli stati, contrari essendo alia massima di aggravare il vino, per non renderne piü difficiie la vendita, furono di senlimento di non riscuoterlo, e di aggiungere piultosto alia somma dei comuni sussidi mille fiorini. La camera sempre sollecita d' aumentare le rendite del principe, nel vedere la ripugnanza, che avevano gli stati al dazio da imporsi sopra d1 un articolo, ch" ella 'stimava d' insensibile aggravio, si a cagione delF universale consumo, che per non essere indispeusabilmente necessario, fece pubbHcare (155 8) un dazio generóle da riscuotersi mercé de' suoi uffiziali sul consumo del vino in tutta la provincia. Gli stati mossi piü dalla formalita della riscossione appoggiata a gente, la quale col moltiplicarsi accresce le vessazioni, che dal nuovo aggravio, che riputavano giá compreso nella generale tassa sopra le Ierre, supplicarono replicatamente Ferdinando, perché ritirasse un ordine, che poneva in iscompiglio tutta la provincia, i cui abitanlí non avevano mancato fino allora di dargli i piü autentici attestati del loro attaccamento nel soccorerlo in ogni incontro con tutte le loro sostanze. Rappresenlarono in oltre le difficolta e gli stenti, che incontravansi dal canto dei possessori nelF esilo de' loro vini, único prodotto delle loro terre, e che un nuovo dazio rendendolo piü difficiie porrebbe i possessori medesimi in grado di non poter soddisfare ai comuni sussidi,- a) Del di 26 aprile deW anno 1515. 17 236 I $ t o r1 A Le suppliehe della provincia furono in parte esaudite. 11 dazío nun si riscosse, se non nella ciltà di Gorizia, nei villaggi un miglio all'intorno della città, e nella fortezza di Gradišča, e gli stali credeltero di aver lu I to ollenuto, col preservare il maggiore ed il più importante numero degli abitanti della provincia da una gravezza, ch' era per tutti decrelata. Questo parlito tanto nborrilo, e si Inngo tempo comballulo, fu l'walmanle abbraccialo nella dieta degli stati radunata nell' anno 1570 in cui T arcidnca Carlo spinlo dall'estreme urgenze addimandô pel corso di dieci anni quindici mila fiorini ail* anno. Tulle le spezie d'imposte, ch'erano già conosciute, e diverse voile poste in pratica, non furono bastanti a supplire ail' inlera sommq, che fu al principe accordais. Si delibero non solo di aggravare il vino raccollo nel paese, ma ancora tutti i buoi dell' interno consumo del paese. Ad ogni orna di vino fu posta la lassa di tre car., e si scelsero alquanti, i quali furono incaricali di prendere in nota nel lempo delle vindemmie la raccolla, e sopra ogni bue con mal inlesa sproporzione si pose un fiorino di dazio. I macellai, i quali non volevano scapilare, aumentarono il prezzo delle carni; ed il povero, che prima era in istato alie volte di cómprame qualche libbra, fu costrelto di astenersene quasi per sempre. Si ripigliô il dazio sopra il vino nell'anno 1587 per eslingnere i debiti, in cui una cattiva amministrazione delle pubblicbe rendile aveva in pochi anni involta la nostra provincia. Dalla serie delle molle imposte, dei dazl, e delle gabelle, che abbiamo descritta, si ravvisa per fatalità, che il maggior carico, ed il più forte peso piombô direllamenle sopra la più misera, ed insieme più utile classe de' sudditi. Vfllï. Rególe d' amministrazione della pubblica economía. Abbiamo finora descrilto 1' origine, e le diverse sorgenti delle pubbliche comuni imposizioni prestale dalla provincia al principe nel secolo XVI : ci resta ora a parlare delle rególe, che si fecero si in riguardo alla riscossione di tante imposte, come anche all' amministrazione de' denari entrali nelle pubbliche casse. Se abbiamo crédulo consistere una delle più considerabili parti delle rendite del principe nella cognizione non men de' fondi, donde esse si trassero, che dalle forze di ciasclieduna classe de' sudditi, per rilevare la proporzione, onde fu effet! un ta la contribuzione, non meno importante dee considerarsi la cognizione di que' mezzi, che nel corso di questo tempo furono adoperati per esigerle, e le misure, e i provvedimenti che furono per la generale amministrazione della pubblica economía stabiliti. Dal' momento, che priucipíarono i sudditi a contribuir sussidi al principe, ed alia patria per gli interni pubblici bisogni, trovarono necessario gli stati, oltre all'ordinario numero de' deputati, il creare altri uflizí per appoggiare ad essi la riscossione delle comuni imposizíoni, e la custodia del pubblico denaro. Quindi deliberarono di nominare ogni anno dal loro corpo un esattore provinciale, e di aggiungergli un ragionato. Ci resta memoria che fosse elelto (ÍS32) per primo esattore Raimondo di Dornbergo, e che fosse col progresso del tempo slabilito (1535), che in fine dell" anno gli esaltori ne rendessero i loro conti, e che- dovessero esser elelli quattro patrizl per rívederli ed esaminarli. Dalla moltitudíne degli afiari nascono i disordini, e quesli suggeriscono i più convenevoli rimedi. La negligenza de' contribuenti fece prendere alcune provvídenze per avvezzare il suddito ad efletluare con esatlezza la preslazione, ollre a' due soliti fanti destinati a distribuiré ad ogni cuntribuente la nota della sua rata, se ne creô un altro («) per ríscuotere le tasse dei negligenti, le quali crescevauo per le spese delle sue corse, e per la mercede delle sue fatiche ; senza parlare dei dispendí de' sequestrí, a cui i debitori dovevano spesso soggiacere. L' interesse fece ben presto di un pubblico ministro un pubblico tiranno per l'estorsioni pralicate co' sudditi, ed un infedele esattore rispetto al pubblico denaro, di cui alle volte si approprié 1' uso almeno per qualche tempo. Le grida del suddito erano tanto più forti, quanto le punture erano più vive. La pubblica giustizia impegnô gli stati ad esaminare i lamenli dei sudditi, ai quali i modi dell' esazione divennero più gravosi delle stesse imposte. Sequestri senza bisogno rilascíati, pene pecuníarie ¡ndebitamente levate, contribuenti per tasse già pagate molestad, e finalmente pubblico denaro riscosso, e non deposítalo, rísvegliarono la solleciludine dei deputati, i quali non aspettando di verificare tutti i fatti decretarono (2 ott. 1540) incontanente, che nell' avvenire senza un ordine espresso dell' esattore non potessero più sequestrarsi i frutti, che le a) Detto Weisbot. restant! somme doyessero dall' esaltore stesso essere incassate, e con esse le spese dei sequestri, e della mercede del fante, rimettendo gli altri opporluni provvedimenti alia prossima uuione degli stati. L' attento capitano Francesco della Torre non perdette di vista quest' oggetto. Esiste ancora 1' istruaione estesa di sua propria mano per 1'esaltore, che fu approvata dagli slati (3 febb. 1545), Ordina quesla, che in principio dell' anno sia oonsegnato al nuovo esaltore il libro delle contribuzioni con tulle le partite individualmente specilicale, che il segretario della provincia sia tenuto di trarne copia, e stendere ad ogni contribuente ui separato ordiue di soddisfare alia prestanza, indicando la soinma della sua quota, che I' esaltore sia in dovere d'incassare tutto il denaro, di dare ad ogni contribuente la sua quitanza, e di saldare in libro le partite soddisfalte, che lo stesso esattore debba in fi'ife dell'anno presentare senza ritardo i conti uniti al libro della contribuzioiie coll' obbligo al segr etario di averne custodia, perché in tutti i tèmpi possano confrontarsi le partite in caso di qualche differenza, e finalmente si deliberó, che l'istruzione fosse fatta palese a tutti, perché ognuno sapesse dirigersi e prendere le più opportune misure. Il medesirço capitano prescrive il tempo ai pagamenli, regolà il metodo di sequestrare i fcutlí de' negligent!-, e fissô i prezzi degli stessi nel caso di sequestro, e quei de' beui nel caso di esecuzione contro i pertinaci debitori. Siccome il buon ordine in si falte cose dipende non lanto da' buopi provvedimenti, quanto da una vigilante accuratezza nell' osservarli, e da una dilicata puntualità nel maneggio del pubblico denaro, circa i quali oggetti 1' altenzione del superiore dee essere assidua, cosí lasciato che ebbe il capitano Francesco della Torre il governo del paese, mancó colla sua presenza ancora 1'osservanza di quelle buone rególe, che aveva introdotte. Vi erano bensi degli avveduli cittadini, a cui stava a cuore la conservazione del buon ordine e 1' esattezza nel maneggio del pubblico soldo, ma non bastarono a trattenere gli altri dal deviare dallé prescritte rególe ed istruzioni. La connivenza che s' ebbe per molti contribuent nella riscossione delle imposte, la trascuratezza. e forse anche la mala fede d' alcuni esattori, la disattenzione generale degli stati, che trascurarono di obbiigarli a renderne conto, introdussero in pochi auni nell'amministrazione delle pubbliche rendite tanta confusione, che l'arciduca Cario fece conoscere (36 nov. 1565) agli stati provinciali il suo risenlimento, ed ammomlli d' incassare lieU'aWenire senza ritardo le ripartite imposizioni, « di astringere gli esattori u rendere annualmenle conlo della loro amminislrazione, perché altrimenti sarebbe forzato a delegare nella contea commissar! che avrebbero con tutto il rigore esamiuati, e corretti i mancamenti. Ad onta di questo severo decreto il sistema della pubblica economía non g' avviô pel drilto cammino, le disattenzioni continuarono come prima, ed i disordini parimente si multiplicara 110. Il denaro delle comuni imposizioni riscosso andava mancando, le somme di cui la cassa l'acevasi créditrice, venivano contrástate da molli conlrihuenli, e la provincia restó débitrice alla camera nell'anno 1569, per conto di sussidi restanti di venli mila settecenlo e più fiorini. II biio.i principe sdegnato di sl colpevole contegno, rimproverollo agli -stati con un lorie scritto «líe. 156»), ¡1 quale puó dare una giusta idea della cattiva amminislrazione delle pubbliche rendite di quei leuipi. Siarnti venuti finalmente in cogiiiz-iune, egli dice, non solo della poca cura e sollecitudine, che vi premíele in riscuotere i comuni sussidi, che nelle rostre diele colle pià solenne promesse ci furono accordali, ma eziandio della comivenza, che úsale contra ogni giuslizia coi più polenti, a cui senza riguardo dotulo alla uguayliatiza, rimetlete spesso le imposte, da che deriva, che le convenute somme non possono mai essere nel termínalo tempu i ¿messe. Quanto finora siamo stali indulgenti sul rostro irregalare contegno, ora siamo altrettanto risoluli di non tollerare nelV arveuire disordini, i quali non mena offendono la comune equità e giuslizia, che s' oppongono al buaii ordine della pubblica economía. Abbiamo voluto quindi con paterno anima ammonirci ed ordinarvi d'introduire nelii amminislrazione delta pubblica cassa più regola, più giuslizia ed economía, per non essere costretti a levare dalle rostre mani la direziane della medesima, ed appoggiarh ad altri, che saranno du nui inmediatamente a tal oggetlo destinati. Letto dagli stali il sovrano rimproveio si diedero premura di indagare tutti i motivi, per cui se 1" avevano ineritalo. Tutta la colpa cadde sopra i depulali, i quali furono con ragione incolpatí di trascuratezza, per non aver obbligali gli esattori ad aggiustare i luro conti, e per non aver usata bastante sollecitudine uell'esazione delle imposte, ma> furono nello stesso tempo anche ingiustamenlc rimproverali dei rilasci accordali nelle generali assemblee degli stati a patrizi. Tutti gridarono contro gli abusi, lulli trovarouo necessaria la rifonna, ognuno proponeva un piano, a norma del quale si dovesse principiare a regolare gli alTari della pubblica cassa, ma, o che fossero le cose in tanto disordiñe cadute, che non si sapesse dore applícar la mano per raddrizzarle, o che i principal! sedolti da parlicolar interesse non ascoltassero le voci de' ben intenzionati, scioglievansi le radunanze senza aver presa alcuna precisa deliberazioue. L' arciduca Carlo avendo sempre in vista i conmni vanlaggí della nostra provincia, non trascurava di significare agli stati in tutte le posteriori diete col mezzo de' suoi commissar! le paterne sue premure pel buon ordine neiramministrazione delle pubbliche rendite, sellecitandoli a secondarle con esllrpnre i disordini intollerabili, che vi si erano introdotti. Perô fu aggiunto (15 S <) alfesattore un ragionato (a) cpir obbligo di tenere un regolato e chiaro registro di qnaiito entrava ed usciva dalla pubblica cassa, si costrinsero alcuni esattori a rendere conto del denaro da essi riscosso, ed in una generale dieta (15 S8) furono scelti tre soggetti per esaininare, e siiidacare i loro conti. Tutte queste disposizioui non bastarono perché le imposte fossero cou esattezza da1 contribuent prestate, e le accordate somme nei tempi prescrítti enlrassero nella cassa del principe. Quindi è, che T arciduca Carlo delego Vilo di Dornbergo, allora cesáreo ambasciadore presso la. repubblica di Venezia, cou piena autorità di riformare i disordini, e d'inlrodurre un regolato sistema in una delle principal! parti delf interno governo della provincia. In caso che il nostro commissario, avvertî esso (1 sett. 15 S 3) gli stati con risolutezza, incontrasse delle difficoltà nel regolare la vostra economía vi accertiamo, che ci appiglieremo a tali mezzi, che a voi, ed ai vostri posleri riusciranno dispiacevoli. L* ambasciadore Dorubergo si dimostrô in questo ilicoulro cittadino imparziale, ed insieme avveduto ministro. Uiprese egli ad esaininare i conti dei passati esattori, e procedette contro quelli, che furono trovati debitori, coll' ultimo rigore dell' esecuzione, assicurô la pubblica cassa con più chiavi deposítate nelle mani di più soggetti, rinnovô (81 genn. 1534) f islruzione già andata in dimenticanza, ch'era data all'esattore sotto 1'atiento governo del capitano Francesco della Torre, e vi aggiunse alcuni nuovi capitoli. Fu prescritto che l'esattore dovesse tenere due giornali, 1' uno pel denaro, che entrava in cassa, F altro per quello, che ne sortiva, che alla fine di ogni mese fossero le copie di questi presentate ai deputati colla somma del restante soldo, per essere nella cassa riposto, che in fine delf anno si presentassero tutti i conti mensuali, dei quali dovesse rilevarsi il conto generale, e vi si unisce la nota di tutte le partite, che restavano a) Delto Buchhalter. da riscuotersi. Segue a prescrivere P islruzione del Dornbergo la pena del dieei per cento di tulla quella somma, di die P esaltore alla revisione de' suoi conti fosse riconosciulo debitore, e qualora cgli ponesse fra le note de* crediti della provincia una partita, la quale col tempo apparisce soddisfatla, restasse condannato non solo all' esborso della medesima somma alla pubblica cassa, ma ancora al risarcimento di tutte le spese, e molestie del contribuente. Finalmente ordina ai deputati di invigilare sotto pena della perdita del loro stipendio all' esatta osservanza della regola prescritta. Questa sola istruzione è un attestato de' lumi, e delle cognizioni che avéva questo ministro negli affari, che riguardano l'amministrazione delle pubbliche rendile. Non provenivano tulti i disordini dall' infedeltà di alcuni : la maggior parte derivava dall' opería mala amminislrazione del pubblico denuro. Nelle radunanze degli stati si decretavano fuor di tempo delle rimunerezioni e pralicavansi delle liberalità mal intese, le quali sbilanciando la cassa, ponevano sempre |)iù in maggior iscompiglio P economía della provincia. II Dornbergo nel riferire alia corle i provvedimenli che aveva dati, e gli abusi distruttivi, che facevano riguardare il pubblico denaro come proprio, fece particolar menzione dei donativi, che fuor . di proposito si distribuivano, e rimoslrô all' arciduca la necessilà di porvi rimedio, senza cùi non si potrebbe mai oltenere il bramato effetto, nè íissare il buon ordine nell' amministrazione delle pubbliche rendile. Sono memorabili le parole del principe, con. cui egli in un sno rescrilto (5 mar. 1534) si esprime su tale proposito. 11 rostro primo obbligo, egli dice, è di adempiere gli impegni con noi cóntratti. Non siamo contrari, che vengano riconosciuti i buoni seirigi prestati alla rostra provincia, ma vi ordiniamo bensi, che i sussidî a noi, come naturale rostro principe promes'si, sierto in preferenza d' ogni altro soddisfatti, come sapete addurre la generosità delle altre nostre provincie, cost cercate anche di segiiire quello della loro esaltezza e puntualità nella soddisfazione delle imposte. Se il principe da una parte studiava di regolare l'amministrazione della pubblica econoinia, dall'allra gli abusi introdotti erano nella contea talmente radicali, che tutte le rególe restarono trascurate, e neglelti i sovrani rcscrilli, e la cassa provinciale si trovava sempre in maggiore disordine e confusione, nè restava alcuna speranza di fissare un buon sistema, senza conoscere P origine di tutti i mancamenli e porvi nel medesimo tempo i più efficaci rimedi. Erano già da 242 I S TO Kl A qualcfie tempo non meno tnlte le altre parti dell' interno govenio, clie quelle délia pubblicn economía in somma confusíoiiej I pubblici disordini giunsero a tale, che già da alcuni anni esigevano la sovrana provvidenza, locchè indusse' l'arciduca Carlo a delegare (1585) due dei nostri ciltadini, Giovanni Cobenzl presidente délia sua camera, e Bonaventura d'Eck consigliere per parle délia nostra provincia alla reggenza di Gralz, i quali unitamente ad altri patrizi (a) furono incaricati di riformare nella contea gli abusi, che si erano inlrodotti nel maneggio del pubblico denaro, e in lutte le altre parti del govérno. Si tenue la prima raduuanza dei commissarî il di 22 luglio dell'anno 1585, e termino F ultimo giorno del susseguente mese. In questo intervallo furono esaminate lutte le istruzioni che riguardano il buon ordiue délia cassa, che nel passato erano state prescritte, e venne confermata quella, che dal Dornbergo fu compílala. Si prescrísse 1' ordine spettante ai sequestri, e 1' esecuzioni per porre al coperto le pubbliche rendite, e si determino il prezzo dei frutti sequestrati, ed eseguiti per le imposizioni non soddisfatte. Si depuro la somma delle conlribuzioni, di cui gli stati facevansi creditori, con separare le partite chiare dalle dubbiose, e le sicure da quelle, che non potevano essere in verun modo riscosse. Si formó ua sistema delle ordinarie spese délia provincia, le quali furono combínale col ritratto delle sue rendite, finalmente si fece un bilancio geuerale dello stato altivo, e passivo délia pubblica cassa. La somma delle conlribuzioni non pagaie, che pretendevansi dagli stati, monlava a trentanove mila cenlo scltanta qualtro fiorini, de' quali mille setle cento oltanta cinque non si potevano esigere, e dodici mila cinque cenlo trenta cinque erano da' debilori contrastati. Quindi il dovere dei commissarî non era solíanlo di provvedere per l'avvenire, ma ancora di far entrare il restante denaro nella pubblica cassa, per soddisfare la camera, la quale calcolava le sue pretensioni di raie restanti sino a venti mila fiorini, e per contentare altri particolari, ai quali gli stati erano debitori di circa dodici mila fiorini, per cui pagavano l'interesse del dieci per cento. Questo era il deplorabile a) Giacomo <ï Altems, Leonardo d'Atteins, Raimondo délia Torre, Francesco di Dornbergo, Andrea et Altems e Petsc/ienslein, Lorenzo barone d'Eck. Leonardo di Orzon, Giacomo di Neuhaus, Francesco Formentino, Gtuseppe di Rabatta, Andrea Nepokaij arcidiacono di Gorizia, Nicolà Reija piovano di Lucinico, e Woifgango Hais di liiienburg. stato, a cui la cattiva amministrazione di pochi anni aveva ridotta la pubblica economia della nostra provincia. La partenza del presidente della camera, chiamato alla corte per altri importanti affari, avendo sospeso, rispetto a molti punti gli atti dei commissarî, 1' arciduca inviô per la seconda volta (.34 oil. 158«) T ambasciadore Dornbergo, Nicolô Bonomo di Wolfsbichel, vicedomino della Carniola, e Giorgio Khisl di Kaltenbrun, e con posteriore rescritto (3 mar. 158 5) ¡1 consigliere della camera Adamo Wucherer per porre 1' ultima mano alla riforma incominciata nella contea. Nella apertura della dieta degli stati (6 »pr. 1585) i commissarî slabilirono per base d'ogni operazione il congedare i vecchi depulati, ed eleggerne de' nuovi, e cosi fecero dell' esaltore, destinando nel medesimo tempo alcuni patrizî, i quali in compagnia dei commissarî, nomiuati dal principe intervenissero aile deliberazioni, e co' loro consigli promovessero i comuni vanlaggi della patria. Gli stati uniti cambiarono lo stesso giorno tutto il corpo della delegazione(o) eleggendo un altro esattore (6), e nominando setle soggetti (c) per intervenire aile sessioni dei commissarî. Erano stati solto la dirczione del Cobenzl gli opportuni provvedimenti con si falla chiarezza prescritti, che non restava se non di porli in osservanza : locchè si poteva ben anche sotto la vigilanza di una particolare delegazione, e dopo il cambiamento fatto di tutti que' soggetti, che avevano maneggio nella passata amministrazione del pubblico Jenaro. L'affare più importante per altro, che trattossi in quest' occasione, riguardava l'estinzione dei debiti, che il paese aveva contratto colla camera, e con diversi particolari. Le ordinarie rate appena bastavano per la somma promessa al principe, e per le spese correnli della provincia, e le imposte sopra le terre erano riputate eccedenti, e superiori aile forze de' contribuenti. Conveniva quindi ritrovare una nuova sorgente per supplire ai pubblici bisogni. a) Andrea Nepokaij arcidiacono, Pietro di Strassoldo, Giacomo di Neuhaus, e Bernardino di Rabatta. b) Giuseppe di Rabatta. Si credette indispensabile la menzione di questi cinque soggetti, poichè le circostanze rendono onorifica la loro elezione. c) Raimondo della Torre, Sigismondo della Torre, Lorenzo di Lantieri, Giuseppe Formentini vicario imperiale di Aquileja, Girolamo Cotta piovano di s. Pietro, Baldassare Reschaver, e Gasparo1 Bellino. 1 commissarl ne rappresentavano la necessita, e vi insistevano con lorza. Dopo luiighi dibatlimenti si conchinse finalmente di riscuotere nuovamente il dazio del vino nelP anno í 570, riscosso nella provincia. Tutti i suddili dovettero portare la pena della trascuratezza di pochi cittadini altreltanto piii colpevoli, quanto la pubblica confidenza riposava sopra la loro piü sollecita attenzione. Finalmente trovasi fra Je nostre scritture una sovrana risoluzione (35 sett. 1593) che dee qui essere riportata. Ordina questa che gli stati a riparo d'ogni danno e perdita, che in qualunque modo seguir potesse nella cassa provinciale, esigessero dal loro esattore una sufficiente cauzione, senza cui non potesse esser ammesso al maneggio del pubblico denaro. Queste sono tutte rególe, che furono su tal oggetto prescritte nel corso del XVI secolo. Nulla fu dimenticato in esse di ció, che contribuir poteva a tenere in dovere coloro, che vi avevano qualche parte. Si provvide alia dovuta uguaglianza nella ripartigione delle imposte, ed alia riscossione delle medesime senza parzialitá, si trovarono i mezzi, onde gli esattori, ollre F assicurazione del denaro, che veniva loro lldato, fossero nelFimpossibilitá di poter servirsene a proprio uso: ma nulla fu opéralo per trarre gli stati proviñciali da quelF antico pregiudizio autorizzato dalF indulgenza dei nostri prinbipi, che un piccolo numero di cittadini potesse disporre di una cassa, a cui contribuivano tutti i suddili della provincia. BELLA CONTEA BI GORIZIA. 245 CAPITOIiO CtVlKTO. Governo ecclesiastico dall' anno 1500 all'anno 1 6 0 0. Del patriarca d' Aquileja. ICCOME il governo ecclesiastico stabilito in tulte le monarchie cristiane è subordínalo in molti punti alia poteslà dei principi, ed il clero d'ogni paesc èassociato aglí ordini degli süili provincialí, cosí non è fuor di proposito il paríame ¡n quest' istoria. Reggeva Domenico Grimant la chiesa patriarcale d' Aquileja , quando Massimiliano I, come conte di Gorizia, assunse d'avvocare a sé la medesima. Quegli amministrava la vasta sua diócesi, e godeva délie poche prérogative, che gli erano rimaste, con quella liberta, che la protezione del sovrano accordavagli. Era libero al patriarca Tesercizío di quella, che chiamasi gíurisdizione spirituale nei territorl sottoposli al dominio austríaco, e 1' ¡mperadore presentandogli i soggelti creduti da lui capaci d'occupar le parocchie, ed i benefizí vacanti nella coutea, lasciava al giudizio ed alia coguizione del pastore T approvazione de' medesimi. 11 patriarca non cercava che d' impiegarsi nei doveri del suo ministère, ed il principe nulla ommelleva per sostenerlo nell' esercizio de' suoi pastorali doveri. Occupala da Massimiliano la città ed il territorio d' Aquileja (tSOU) sopra cui la repuhblica di Venezia dopo la convenzione fatta col patriarca Mezzarota, avea lasciato ai patriarchi un1 ombra di dominio, parve Grimani d'essere spogliato délia sua maggiore prerogativa, quaWnque il luogo della sna chiesa in realtà non fosse soggetto ad altro cambiamento, che di passare dalla dipendenza temporale della repubblica a quella del primo monarca d' Europa. Già prima della guerra di Massimiliano erauo gli abitanti di quel territorio trattati al pari degli altri sudditi veneti. Dovevano essi in ogni occorrenza prestare le medesime servitù personali alie fabbriche del castello d' Udine, e del forte di Gradišča ed obbligati a prender 1' olio dagli appaltatori dei dazl della repubblica, ed a pagare le pubbliche tasse in que' tempi già nel veneto dominio introdotte, portavano, come tutti gli altri il peso delle comuni gravezze (a). Ma un patriarca veneto di nazione, ed, attaccato ad un governo, che reggevasi con massime di somma avvedutezza non meno, che di fermezza addottava tanto più fácilmente le mire degli interessi del suo senato quanto che prevedeva le difficoltà, che avrebbe incontrate in riconciliare 1' una coll' altra dipendenza.." Allontanandosi perciô dalla sua antica sede ritirossi lontano dai tumulti in Roma, e lasciô alla repubblica di Venezia tulta la cura di ristabilirlo nel possesso della sua città. Ma tutti i maneggi furono vani, e benchè secondo i capitoli conchiusi in Wormazia fra Carlo V ed i Veneziani fosse risolto, che i diritti patriarcali rimanessero illesi, il trattato, come altrove abbiamo veduto, in moite parti non ebbe il suo efïetlo, ed il patriarca Domenico Grimani, avendo prima (ISIS) ceduto (A) a šuo nipote Marino Grimani il patriarcato, mori (15aS) in Roma senza aver potuto più rivedere la città d'Aquileja. La sentenza di compromesso pronunciata in Trento, la quale ratificava la restituzione della città d' Aquileja al patriarca, ebbe si poco effetto, che la capitolazione di Wormazia ; ciô nulla ostanle avea liberta il patriarca Marino di visitare la sua chiesa, ed anche, se voleva di far soggiorno in Aquileja. II nuovo ospite risvêgliô perô l'attenzione de'ministri'di Ferdinando, i quali non trascuravano d'osservare la condotta d'un pastore, i cui andamenti miravanô tutti a) Legale costiluto formato per ordine di Nicolô della Torre capitano di Gradišča il di 18 agosto dell' anno 1525 colla deposizione di tredici testimoní, fra i quali trovansi Bernardino di Barbana cittadino di Aquileja, Leonardo di Macillis, Camillo Solone di Cividale, Girolamo Macassis causídico d' Udine, Loonardo Cristofolutti vicepodestà d' Aquileja, e Francesco Villeccio canonico d' Aquileja. " Arch. Delmestre. „ b) Abbiamo già nell' introduzione dato cenno dellamptura di queste cessioni. o sostenere le sue pretese prérogative sopra la città d' Aquileja, ed a esercitarvi dei diritti, che apertamente gli venivano sempre contraslati. NelF esercizio della giurisdizione upii iluale cercava il patriarca ogni via di confonderla colla temporale. Esistono parecchie memorie, clie fanno testimonianza, che la curia patriarcale üssata in lídine si faceva lecito a chiamare a sè in appellazione molte cause speftanti al foro dei capitani d'Aquiléja o di Maraño. Opponendosi pero questi ministri a tutti i passi, con cui il patriarca tentava di arrogarsi dei diritti, che non gli competevano, non cessavano con indefesso zelo d'avvertirne il principe (a). Ma il popolo, da cui il carallere patriarcale riscuoteva i maggiori riguardi, malgrado i divieli dei governo portava le sue altercazioni alia curia, ed il miuistero di Ferdinando occupato in cose di maggiore importanea riputó di poca conseguenza lutti questi contrasti di giurisdizione. Nello stesso anno, che al patriarca fu conceduta la liberta di risedere in Aquileja, cercó egli presso il ponlefice Paolo III, che la giurisdizione delegata sopra il monaslero d' Aquileja, fosse lévala al vescovo di Trieste, ed a lui confidata. Questa diraanda pose in cosleruazione quelle monache, e risveglió ancora la gelosia di Nicoló della Torre capilano di Gradisca. V abbadessa, e le monache del monaslero d' Aquileja, dice egli in una informazione (3 no». «53,1) al principe: »«'hanno falto saper e, che il patriarca aresse dal sommo ponlefice impétralo, che l' ispezione sopra il loro monastero fosse lévala al vescovo di Trieste, il quale finora con piena soddisfazione lo reggeva, e perché elleno temono, che il patriarca, per essere véneto, cerchi di pregiudicare al dominio di V. M, ed usurpare i berii e le giurisdizioni del monastero, credono che non si dovrebbe daré al patriarca alcun possesso sino ad allro ordine di V. M. Restó sciolto ogni dubbio sulle male inlenzioni del patriarca nella occasione, che i sudditi veneti tolsero dalle mani degli Austriaci la fortezza di Maraño. Marino Grimani, volcndo profitlaré di quei tumulti, non lasció alcun mezzo inlentato, onde disporre gli abitanti d'Aquileja ad unirsi a' luinultuanti in Maraño, ed eslendere sino a quella cilla la disubbidienza e la sollevazione. Ci sono rimaste indubitate lestimonianze del suo mal talento in una relazione (* nov. 1549), nella qijale i cominissari di guerra partecipano al principe, ti) Rescritto d\ Ferdinando del di 20 maggio delV anno 1530. " Archivio del soppresso arcitescovado di Gorizia. „ che ¡1 patriarca, ed i suoi prêt/ abbiaiio tentato di trarre partito dalle turbolenze di Maraño, radunando fuor di tempo al suono di campana i cittadini d'Aquileja eccitandoli a sottrarsi dal dominio austríaco, e ad unirsi alla fazione di quella fortezza. Ma il popolo tanto costante nella fedeltà al suo principe quanto âttaccato a1 suoi poderi, aborri le scandalose mire del clero, il quale temendone le conseguenze abbandonô le chiese, lasciando il*gregge sprovveduto di pastori. Il patriarca confuso dal suo attentato, ed umiliato per non aver potuto ottenere dalla corte di Roma quella valida assistenza di cui si lusingava, ritirossi in Civitavecchia, dove consúmalo di afllizione mori (15-1®), In questo modo resto il patriarca di Aquileja un' allra voltu esule dalla sua chiesa. Giovanni Grimani, fratello e successore di Marino ollre la diflidenza, che a Ferdinando inspiro, e che ereditô iu un colla sede patriarcale dal suo antecessore, ebbe di più lo svantaggio di screditarsi nella corte di liorna. Una lellera C5-*9), ch'egli scrisse al suo vicario generale in difesa di certo religioso domenicano che in una predica della predeslinazione delta in Udine fu incolpato d' aver avanzate proposizioni erronee, lo rese sospetto d' eresia, e 10 inibarazzo in un conflitto teologico. Quautunque il Grimani, ed 11 «domenicano ne sortissero vittoriosi, nulla di meno ne incorscro nella taccia di imprudeuti ed audaci. La leltera appena sortita,fu pórtala al tribunale dell' inquisizione in Roma, indi trovandosi lo stesso Grimani in quella capitale, ne fu avvocato F esame al supremo tribunale della fede (a). Essendo divise le opinioni dei giudici, fu indi agítala la quistione nel concilio di Trento, dove i padri decisero (15G») esser la conlroversa lettera conforme alia doltrina di san Agostino, nè potersi infamarla d'eretica pravità. Mentre che si discutevano da' leologi in liorna le proposizioni avanzate dal predicatore in Udine, il señalo venelo non perdetle di vista il suo punto principale intorno Aquileja ch'era quello di veder rimesso il patriarca nelle prérogative di quella città. La corte pontificia non poteva che con premura accogliere tutto ció, che riguardava l'autorité, ed il decoro d' una delle più antiche sedi episcopali della cristianità. Papa Giulio III fece a tal fine (1552) col mezzo del nunzio presso Ferdinando I le sue islanze. Ma la risposta di questo principe, il quale dichiarossi dispostissimo a secondare il s. padre, qualora volesse a) II padre de Uubeis lo chiama " suprcmum tribunal » fidei. „ accordare alia chiesa d'Aquileja un patriarca di naZione austríaca (o), diede a divedere si al sensto, che al pontefice quanto poco sperar si poteva di rimuovere la corte di Yíenna da quelle massime, che i fatti passati le doveano inspirare. Ma quello che piii d' ogni cosa menta d' essere riportato, si é, che il veneto senato, onde soppriuiera ogni piano, che Ferdinando potesse aver ideato intorno il palriarcato, cercó d' indurre nel susseguente auno (1563) ¡1 medesimo PapfP Gifllio a concedergli la nomínazióne del patriarca (6). Assolto perianto il Grimani d' ogni sospetto d' eresia, la corte di Roma si dimostró pronta a riconoscerlo per patriarca, ed a spedirgli il pallio, e le bolle. Ma o perché il senato non volesse permeltergli di rícevere ció, che gli allri ponleflci glí avevano negalo, o perché riputasse quesla formalita su|jjrílua, e cercasse di scioglierne il suo patriarca, certo si é, che al Grimani, malgrado le premure della curia romana, in niun modo fu permesso di levare le bolle pontificie. Questa renilenza irritó in guisa Pió IV, che spedi (1563) al Grimani un serio monitorio di sotloporsi alia ubbidienza del capo della chiesa, e di non differire piii oltre ricever le necessarie bolle peí palriarcato. Premendo al senato di riuscire nelle sue mire, e nel medesimo tempo^ di accomodare il patriarca col pontefice, delegó a Roma il suo segretario Giovanni Formentini per conciliare in quella corte i disparen", e pacificare il santo padre. Ma quello, che cagionó al patriarca inaggiore ramrnarico, ed al senato eguale dispiacere, si fu che nella promozione dei cardinali fatta (1563) da Pió IV, al Grimani non fosse stato conferito il cappello a) " Memorie della chiesa d' Aquileja dalV anno 1400, all' anno „ 1748 „ che cominciano: "Antonio Pandera di Portogruaro „ vescovo di Concordia. „ b) II padre de Rubeis pretende che il papa güel'aveva accordata nel di 24 setl. dello slesso anno 1552: ma queslo esattissimo scrittore non riporta di tal concessione la bolla. Diversamente ne parla T ambasciadore Francesco della Torre in una sua letlera scritla a Ferdinando I il di 26 giitgno 1558. " Ho „ scoperto secretamente che questo dominio abbia impiegato „ presso Paolo III ogni sludio e diligenm, perché gli sia „ concedula la collaiione del palriarcato d' Aquileja, ma „ indarno, e che acendo egli cerca to lo stesso presso papa „ Giulio III, per una tolla sola questo pontefice gliel' avesse , accordata. „ esseudogli stato anteposto Zacearía Dolfino allora nunzio alia corte di Massimiliano II, e molto zelantê per gli alTari della casa d'Austria. Questa esclusione sconcertó tanto più il Grimant, quanto egli ferinamente credeva, clie pel favore del senato, la dignità cardinalizia non potesse mancargli. Quiudi disperando di potere col mezzo della repubblica conciliarsi la corte di Roina, riputô necessaria l'interposizione adell'imperadore, e dispostissimo ad abbracciare qualsivoglia partito, adoperô lulti i modi per guadagnarsi per via di Francesco della Torre, ambasciadore cesáreo in Venezia, la protezione di Massimiliano. Le parole del ministro inserite in una relazione (? apr. 15G5), spedita a Cesare meritano d' essere qui trascritte. Espone in essa clie il patriarca era stato a visitarlo per dolersi delle sue disgrazie riguardo al pallio, e singolarmente riguardo all' esclusione del cardinalato. Mi racfbntà, dice 1' ambasciadore, assai prolissamente lutte le sue disgrazie, aggiunse dappoi di voler prendere alla prima dieta deW impero il suo rifugio presso V. S. M. come capo supremo di lutta la cristianità, ed esporle allora i suoi gravami, e torti sojferti, dicendo essersi pralicato nei tempi addielro lo stesso, ed avervisi anche trovalo rimcdio (a). Non furono mai le oircostanze più favorevoli per rovesciare l'ordine dell' elezione de'patriarchi, di cui la repubblica di Venezia si era posta in possesso. L' avveduto ambasciadore le conobbe, e nella medesima relazione voile additarle all'imperadore. Considerando, egli soggiunge, su queslo affare, e supponendo, che vero fosse, che il papa non voglia riconoscerlo per patriarca, per non aver contra il costume de' suoi anlecessori ricevuto da Roma nè il pallio, ne le bolle, giudicherei non esser fuor di proposito, se V. M. col serenissimo arciduca Carlo impiegasse ogni via, che la patriarcale ■dignità, di cui il patriarca non era legitlimamente inveslilo, allorchè a requisizione della repubblica ceduto egli aveva queslo onore al Barbaro, come suo successore, venisse conferita ad uno de' suoi sudditi, come la giustizia, e Vequità lo richiederebbono, e perché i Veneziani dir più non potessero di aver il dirilto ereditario sopra la medesima. Ma era più facile il proporre questo affare, che 1' eseguirlo. Benchè Roina non avesse ancora confermato il Grimani, lo stesso Sisto V dopo la decisione del concilio di Trento, che aboli (* oit. 1565.) le anliche praticate rinunzie, (bl, riconobbe a) Archivio di Duino. b) Proibite le cessioni, che secondo i canoni chiamavansi "cessiones Francesco Barbaro per coadiulore d' un patriarca, al quale pochi giorni dopo (34 •»**• 158S.) in una pubblica congregazione solennemente negó il pallio (o). In questo interv8llo non cessarono nè per parte del senato, nè per parte del patriarca Giovanni i maneggi nelle corti di Roma e di Vienna, non solamente perché il Grimani ottenesse il libero accesso alla sua chiesa, e F esercizio della giurisdizione in quella parte di diócesi, che negli stati austriaci era situata ; ma ancora perché fosse reintegrato nelP antico possesso del territorio d'Aquileja. Ma siccome col mezzo di Paolo IV, pontefice di genio per natura poco pieghevole non poteva il senato promettersi gran cosa ; cosi tutti i maneggi erano diretti a guadagnare i ministri austriaci, ed a conciliarsi _ il favore del!' imperadore. Le relazioni, che Francesco della Torre diede ne' primi mesi della sua ambasceria, dimoslrano che i Veneziani non perdevano né tempo, nè sollecitudine per ottenere il loro intento, anzi sviluppano tutti i motivi delle loro premure. Dice egli in uno serillo (SO g-iug-. I5S8.) inviato a Ferdinando I, che se il pontefice con'cedesse al senato la nomina del patriarca, tale concessione potrebbe col tempo ridondare in grave pregiudizio di S. I. M., poichè morto il patriarca Grimani, che cerca ogni strada di essere ristabilito nella cittá d'Aquileja e nelle sue giurisdizioni, il dominio veneto preteuderebbe di diíporne a suo piacimento. Quindi avverte lo zelanle ministro in altre sue leltere, che Ferdinando in questo caso non solo resterebbe spogliato della cittá d'Aquileja, ma della gastaldeña d'Ajello ancora, e d' altri villaggi appartenenti ad ammendue i territorl. In falti avevano i Veneziani nella delegazione pe' confini falta nell' anno 1558 in Friuli talmente inviluppala la restituzione della città, e del territorio d' Aquileja da farsi al patriarca, che quesla reintegrazione n' era divenuta il principale oggelto ; onde l'ambasciadore mosso da zeló per gl' interessi del suo principe, e da limore, che dal no-stro canto non si precipilassero i trattati, si trasferl personalmente in Gorizia, per conferire co' coinmissarí di .Ferdinando, ed istruirli di ció, che riguardava le dimande e le pretensioni del patriarca. Le parole della relazione (8 dic. 1558.), ch'egli spedl alPimperadore su questo proposito meritano d' essere fedelmente riportate in questo luogo. cuín regressu „ e previendo per allro alia repubblica di assicurare il carattere patriarcale in un suo nationale, si suppli fino a' giorni noslri colla nomina de' coadiutori.-a) De Rnbeis. 252 . IS T O RIA Essendo stalo negli scorsi giorni in Gorizia, dice 1'ambasciadore, dote trattavansi delle querele del patriarca, egli sembra che s'abbiano prese le cose pel buon verso : ma non cessera mai d'avvertire la M. V. che non debba mai lasciarsi indurre a condiscendere alie dimande del patriarca; poichè stando le cose nello stalo, in cui sono, non gli si reca alewi pregiudizio ; nè gli viene impedito di reggere la sua chiesa, che alla pastorale sua cura è commessa. Tulle le premure, che fa il patriarca, e tutti i movimenti, ch' egli si dà, derivano dalle solleciludini, ed insligazioni délia repubblica, la quale non trascura di porre in opera tutti i mezzi, perché la città d'Aquileja venga al medesimo restituila. Ció fallo, eome ne fui ins trullo, slabili il sena to di Ir arre a sè quel territorio, ed in compenso di cedere al patriarca qualche altro luogo. Conoscono i V'eneziani di quanta importanza sia la situazione d'Aquileja; dee quindi la M. V. averne più cura e più gelosia che per qualunque , altro luogo, ch' Ella in quella parte possede. Bastommi d' esaminare T editto del dazio sopra il sale, in cui fassi menzione della città d' Aquileja, e di far attenzione al modo, con cui i veneziani riscuotono il medesimo in Friuli, per conrincermi, quanto essi aspirino all' acquisto di delto luogo, e quali mezzi impieghino per guadagnare lontani diritti, colla ■ speranza di fondare col tempo le loro pretensioni (à). Questi monumenti non solo trasmettono alla posterítá i fatti, ma pongoiro ancora in chiaro il fine, a cui tendcvano i medesimi. Si seguirono con accuratezza gli avvertimenli delPambasciadore e si rese ogni maneggio de' Veneziani infrutluoso. Slorto PaoloLV (18 »(i- 135»), il cui caraltere inflessibile allontanà dalla sua corte ogni traltato, il senato veneto riprese in Roma le sue pratiche per far rienlrare il patriarca ne' diritti d'Aquileja. Il medesiino Francesco della Torre, che da' Veneziani fu spedito per comando dell" imperadore al conclave in Roma, (» dic. 155».) in qualilù d' ambasciadore straordinario, scrivendo a Ferdinando I non manco con antivedimenlo di prevenire ogni favorevole impressione, che 1' interposizione della corte di Roma poteva fare nell' animo dell' imperadore. I veneziani, scrive questo zelante ed indefesso ministro, non cercano di trasferire il dominio d'Aquileja al patriarca se non per occupare il posto, e quello, che appartiene alla sua giurisdizione e territorio ; ció che accaderebbe senza difficoltà per eiser egli veneto, e delV ordine de' palriiî (a). Non s' iitgannó l'ambasciadore in p revejiere le premure de' Veneziani per la restiluzione d1 Aquileja. Eletto che fu il nuovo pontefice Pió IV (25 «lie. 1559) si trasferi inconlanente il Grimani in Roma per impegnare 1 più polenti cardinali a pvoleggere la sua causa. Tulti i suoi maneggi si resero vani : il patriarca abbandonô Roma disgústalo del papa ; ed il señalo gtimô meglio di teinporeggiare, e riporre le sue speranze in altre circostanze di tempo più opportune. In falti mancato Pió IV (nel »lic. ■SCS) ordinô la repubblica al Grimani di ritornare un'altra voila a Roma, e cercare presse Pió V ció, che non aveva poluto oltenere dal suo antecessore. Ma non ebbero le sue premure questa volta miglior successo delle altre : non oslante nè il Grimani, nè il señalo voile abbandouare un' aliare, il cui buon esito attendevasi più dal caso, che dalla condotta. I Iratlali conlinuaronsi senza interruzione, ma ancora senza effetlo : e per quanto i pontelici avesserô interposto le loro esorlazioni presso la corte cesarea, e quella di Gratz, e la diócesi d?Aquileja richiedesse lutta Pallenzione, e sollecitudine d'un vigilante pastore, per opporsi all' eresia di Lutero, ciie infeltava in que' tempi le auslriache provincie; meflicaci furono sempre lulli i maneggi, nè polerono mai indurre i noslri principi ad accordare nemmeno Pingresso negli stati auslriaci a quel Grimani, il cui fratello antecessore tentato aveva di sollevare i loro sudditi. Non poteva lu s. Sede esser occupata da un pontefice più parziale e zelante per tulto ció, che poteva tornar in vantaggio del patriarcato d'Aquileja, di quello che fu Gregorio XIII. Volendo la repubblica di Venezia disporre d' un meschino feudo (b), che il patriarca Grimani pretendeva dipendente dalla giurisdizione eli' egli aveva nella terra di s. Vito, prese il papa (158o) tanto impegno a difendere la causa del patriarca, che senza V iuterposizione delle principali corti sarebbe egli passato a determinazioui le più violenti conlro i Veneziani. Nel medesimo tempo inlavoló mediante Germánico Malaspina, suo nuuzio presso l'arciduca Cario, un trattato, il quale a nientemeuo tendeva, che alla restiluzione della città d'Aquileja al patriarca. È nolo quanlo la casa . d'Austria dovesse a questo pontefice attese le grandi premure, ch' egli prese in tulle le occasioui per gPinteressi della medesima. Le sue istanze erano piene di zelo, » à) Arckivio di Duino. b) Il feudo Tájelo, piccola tillelta nel territorio di s. Vito. 254 istoiua si forti e si vive, che posero il principe (1S80.) ¡n non piccolo imbarazzo. Faceva il papa rillettere alF arciduca non esser convenevole, che una chiesa delle più cospicue del cristianesimo, quai era quellu d'Aquileja, restasse vedova e priva del suo pastore ; difendeva il defunto patriarca Marino, sostenendo 11011 aver questo avulo colpa ne1 tumulti di Maraño ; e quando anche 11e fosse stato colpevole, che le sue colpe non dovevano portar pregiudizio a'suoi successori; gli rappresentava, che dalla lontananza del pastore avevano origine Y eresie, e F interrompimento delle pratiche di religione, lo scadimento del!' ecclesiastica disciplina, e tutti i disordini, che manifestavansi con grave danno uelle austriache provincie ; diinostrava finalmente, che F arciduca non potrebbe fare cosa più degna della sua magnanimilà, nè più conforme alla sua religione e pietà, nè più utile a' suoi popoli, quanto rimettere il patriarca nell' antico possesso della sua città, e in questa maniera dar esempio agli altri principi cristiani di ció che convenisse fare in simili casi. Fece F arciduca a queste proposizioni rispondere, che si maravigliava che gli fosse chiesta la città d'Aquileja in tempo, che alla repubblica di Venezia, la quale aveva occupato il ducato del Friuli, ed il marchesato d'Istria appartenenti a quella chiesa, non si faceva veruna dimanda ; che non ostante volendo conformarsi, per quanto -poteva, a' pàterni desiderî di lui, si risolveva di condiscendere alla richiesla restiluzione, ma colle seguenti condizioni: che al patriarca rimanesse in quel territorio solo il mero, e misto impero nello stesso modo, che alFarcivescovo di Salisburgo, ed a' vescovi di Bressanone, di Bamberga, e d'altri luoghi, che hanno le lQro possessioni sitúate nell'austriache provincie, con riconoscere il supremo dominio degli arciduchi d'Austria in modo, che a sè ed a' suoi eredi fosse riservato il diritto dell' avvocazione di detta chiesa d'Aquileja: aggiungendo, che F ubbidienza filiale in secondare la santa Sede nelle religiose sue brame lo lusingava, che sua Santità non gli negherebbe alFincontro due grazie, che^sarebbe in tal caso per dimandarle : cioè che concedesse al capitolo d'Aquileja F elezione libera del patriarca nel modo che 1' hanno i principali capitoli d'Alemagna; e che per quella de' canonicati, riservandosene il pontefice quattro mesi, e quattro al capitolo, concedesse degli altri quattro a lui la nomina (aJ. Questa risposta prolungô in modo il trattato, che occupô i ministri d'ammendue le parti per quattro anni. Pretendesi ancora (158 4.), che F arciduca indotto avesse papa Gregorio a promeltergli di riserbare la coadjutoría d' Aquileju al cardinale d'Auslria suo nipote (a), ció che forse segulto sarebbe, se la morle del ponlefice (lo «P1-* 1585.) non ne avesse per qualche tempo sospeso ogni muneggio. II patriarca Grimani, perduta ogni speranza di rimettersi nel possesso della sua sede, e fatla cadere, dopo la morte del coadiulore Luigi Giusliniani nel primo anno del pontificnto di Sisto V, la coadjutoría nella persona di Francesco Barbaro, ritornó (* ott. 1585.) in Udine carico nou si sa se più ü' anni, O d'afílizione. II nuovo coadiulore istruito appieno dell' aspelto, che preso aveano pel corso di. quaranta e più anni gli affari del patriarealo, si dimostró alienissimo da quanto potesse mai dur sospetto, nè mosU'ó (Fambir ció, per cui inútilmente si era adoperato il Grimani ; e seppe si bene condursi, che non lasció giammai traspirare altro, se non uno zelo religioso, ed un1 in de fessa sóllecitudiue pastorale. Le prime sue premure furono dirette a coltivarsi col mezzo dei ministri austriaci F animo delF arciduca Carlo. Non potem cadere questa chiesa d' Aquileja, cosí scrive lo stesso Barbaro nov. 1583) nei primi giorni della sua coadjutoría a Vito di Dornbergo, nmbascisdore cesáreo in Venezia, »» persona che desiderasse maggiormente di servire, ed ossercare il serenissimo arciduca, e le prometto, che non porterà maggiore ossequio alia serenissima Signoiia di Venena di quello che fard a sua Altena, quale pregherà semprea contenlarsi di riputami Ira H suoi più deeoti, e seiscerati servido ri, che lei abbia (b). Se la delicatezza di queslo lingutggio non cangió la vicende del patriarealo sotto il governo dell' arciduca Carlo, giovà mol to sollo Fammmistraïione degli stoli delFarciduca Ferdinando suo flglio. Seppe in falli il Barbaro eon tal destreua oattivarsi Faffezione e la stima della reggenr.a di Grati, «mministrata in quel lempo dai vescovi, cite non solo gli riuscl d'ottenere il libero esereirio deli« spirituals sua giurisdixione negli stali auslrraoi; ma in oltre di poler prendere dopo la morle del patriarca Grimani jnelFott. 15®3.) anche il solenne possesso delta su» sede nella cillà stessa d'Aquileja, 6) Le citate memorie delle o Atese d'Aquileja. a) ScriUnre del magistrata fiscale di Gorma. ist o a I A II. De' visitalori e vicari apostoUci ; .degli arcidiaconi ; delle visite e dei sinodi: progetto d'erezione d'un vescocato in Gorizia. La cupidigia del dominio temporale d'Aquileja tenne, corne abbiamo veduto, per lungo corso di tempo il patriarca relegato dagli slati austriaci. Quautunque a Giovanni Grimani non fosse stato impedito 1* esercîzio délia giurisdizione spirituale nella sua diócesi, non per tanto egli sollecito per la reintegrazione de' suoi diritti, passô per lo più in Yenezia, ed in Roma i suoi giorni, occupato in maneggi, e trattati : e la chiesa rimase priva délia presenza del suo superiore, e la greggia del suo pastore. Quindi difficile non è a concepirsi quale fosse la rilassatezza de' costumi dél clero, quale la ignoranza, quale F indecenza nelle chiese, • e quale la trascuraggine nel miuistero délia religione. Pa una memoria lasciutaci (155 5) da un piovano di Comen («) si rileva, che per lo spazio di settanta anni i suoi prcdecessori non vi avevano fatto residenza, e ch' egli aveva ottenuto la parocchia dal principe colla precisa condizione di non abbandonarla. Aveva in vero il patriarca Giovanni Grimani col consenso del principe convocato in Aquileja un sínodo diocesano (12 nov. 1565.) per provvedere si a' disordini da lungo tempo introdolti nella sua chiesa, e nella disciplina degli ecclesiastici delle provincie austriache, che a quelli, che di continuo introducevansi da' seguaci del luleranismo ; ma questo sinodo non apporté alla disciplina e regola ecclesiastica della nostra contea alcun frutto. Oltrechè il patriarca delegando in sua vece il dottore Giacomo Marocco prolonotario apostólico, e suo vicario generale, si astenne d' inlervenirvi in persona sotto lo spezioso pretesto di non aver ricevulo, come ei diceva, da Roma il pallio, ma realmente per non comparire in un territorio, di cui s' attribuiva la sovranilà senza poter esercitarla (6); i commissarl delegati dall'arciduca a questo congresso, Andrea Rapizio, vescovo di Trieste, e Vito di o) Paolo Juricnasich. b) "Aquilejae princeps.,, era il litolo, che datflsi il patriarca in tutti i suoi mandad, e pubblici edilti. Dornbergo, luogotenente di Gorizia, s'opposero anche a molli decreti (a). Fondavasi la maggior parte de' capitoli sopra la decisione del concilio di Trenlo non ancora per certi pnnti spettanti alia disciplina dai principi accellato, e prescrivevansi al noslro_ clero de' canoni, che non furono osservati (b~). L'arciduca Cario sollecito di procurare de' soccorsi spiriluali al suo popolo, domando a Pió V un visitatore aposlolico, il quais indipendentemente dal patriarca provvcdesse la contea di que' rimedî, dei quali per esser affidata alia cura di un clero sregolato, da tanti anni era priva. L'abbate di Moggio Bartolommeo di Porzia venne dalla santa Sede come visitatore spedito (1S30) ¡n Gorizia. La sua relazione data all'arciduca dello stato ecclesiastico della contea la testimonianza dello zelo, con cui questo prelato impiegessi nei suo ministero, per riformare la corruttela de' coslumi, e l'irregolarità della vita, che menavasi con iscandalosa impudenza da molti ecclesiastici. In tantc chiese visítale, sono le precise sue parole dirette al principe, non si sono trovali olio -sacerdoli in nefando concubinato non ilUDOlli. II visitatore aposlolico detestando il disord.'ne, purgó le case parocchiali da ogni sospelta persona ; condannó i colpevoli a grosse pene pecuniarie, che con carita furono destínale a dotare povere fanciulle, e sovvenire i miserabili della cilla ; e minacció di privar tutti de' lor bcnefizî, qualora ardissero in avvenire di contravvenire alie leggi da'sacri concili prescrilte. Ma quarito è facile anche a inlrodnrre nelle cose più religiose un detestabile abuso, altrellanto riesce mal agevole I' eslirparlo : perció lerminata la visita, e dipartilosi il vicario pontificio, alcuni parrochi mal sofferendo d' una parte il rigoroso dívieto, ed atlerriti dall'altra dalle pene loro intímale, ebbero 1' impudenza di presentare all'arciduca Cario un ricorso, col quale pregavano ad accordare loro la permissione di poter riprender le loro donne. Esistono le lcltere di Andrea Bapízio, vescovo di Trieste,(30 ag. 15ÏO) a Francesco di Dornbergo, allora luogolenente della contea, in cui insieme coi nomi de' supplicanti gli spedisce P ordine del principe di doverli far citare in un determínalo giorno nella casa della provincia, e rimproverare a' medesimi la scandalosa sfaccialaggine, con cui «) Scritlure del magistrato fiscale di Gorizia, ed atti dell'abasciad. Francesco della Torre, b) Il P. de Rubeis passa sollo silencio questo sínodo. 258 i s t o it i a osarorio di contaminare il sagro carnttere, e di olTendere nel tempo stesso la pietà del loro sovrano (a). Ma ritorniamo al Porzia: questo prelato come rileviamo dali' accennata relatione, esaminando nella sua origine lo scadimento della disciplina ecclesiaslica, attribuisce alla facilita delle collazioni dei beneflzi si 1' ignoranza del clero, come la dissolutezza de' costumi. Onde rappresenta egli al principe la necessità di ristabilire nella contea la giurisdizione ecclesiaslica, a cui dee apparlenere l'esame dell'abilità, e del talento di quelli, che a" behefizl vengono promossi. Io non toglio estendermi, dic'egli, in mostrarle, quanto sia bisogno di questa protvisione, come siasi aperla gran strada alV ignoranza, all" ozio, al lusso, per non contaminare la candida mente sua-, basli a dire che in alcuni non t>' è capacità per intendere le più minute cose, che siano nella religione1 nostra, e non di meno hanno carico d'insegnare le più ardue agli allri. Non furono inutili le zelanti espressioni del Porzia. La nostra contea riportô non ordinario spirituale vantaggio dalla sua visita, che fu F islituzione di un arcidiaconato perpetuo in Gorizia, giudicato da esso tanto più necessario, quanto erano lontane le apparenze, che il patriarca, abbandonando la pretensione del dominio temporale, rivogliesse únicamente il pensiero alla cura spirituale della diócesi austriaca. In tal modo fu per allora supplito in parte al difelto d'un snperiore ordinario della diócesi: poichè conferita aH' arcidiacono una porzione di sua autorilà, e giurisdizione, la curia di questo vegliava intanto alia disciplina e buona coudotta del clero ; ed il popolo, che non era più obbligato di riconoscere con dispiacere del governo il patriarca, poteva ricorrere nelle dispense , e cause ecclesiastiche al nuovo giudizio. Conferivasi questo carattere ad uno dei nostri più accredilati piovani; il quale veniva dal principe presentalô; e Girolamo Calta párroco di s. Pietro fu il primo decorato di tal dignità (6). La seconda visita, di cui è rimasta memoria, fu intrapresa da Paolo Bisanzio, vescovo diCattaro, e per alquanti anni vicario generale del patriarcato d'Aquileja (c).. Questo dopo aver visitata (15 83) n) La copia della lettera del vescovo di Trieste ci fu comunícala dal def. dott. Bragogna. b) La sua islituzione è segnata dal patriarca Giovanni G rim an i nel di 21 dicembre 1574. c) Le visite che fecero nell' anno 1582 nella contea il vescovo di qnella parte di diócesi, che nella Carintia, nella Carniola, e fino nella Stiria si estende, visitó. (1583.) ia contea di Gorizia, ed il capitanato di Gradisca. La corrutela degli ecclesiastici contumaci agli ordini, «e provvedimenti dell' abbate di Moggio lo costrinse a sospendere non pochi sacerdoti (a), benchè 'T arciduca avesse con pubblico mandato pochi anni prima ordinato al preposto di Gurck di scacciare tutti i preti, a' quafi aveva lidata la cura delle anime nella parocchia di Vipacco, per la scandalosa vita, che ivi menavano (b). Scorsa, ed esaminata dal vescovo Bisanzio tutta la vasla diócesi della cliiesa d'Aquileja, pensó di convocare un sinodo diocesano ad oggetto di deliberare col suo clero intorno ad alcuni canoni da stabilirsi, onde rimediare agli abusi che in un clero abbandonato a sè stesso pur troppo s' erano radicati, e stabilire in una chiesa da tanto tempo priva del suo capo, quell'ordiue, e quella decenza, che richiedeva il bene della religione. Quindi convocó (1584.) egli il clero, destinando al principio per questo oggetto la città d'Aquileja-, indi malgrado le opposizioni de1 capitoli d'Aquileja, e di Cividale fu scella la città d' Udine peí luogo del congresso, dove (36 nov.) anche fu aperto, e celebrato coll'intervento d'alcuni abbati, e prelati austriaci (c), e di Cesare di Hores, vescovo di Parenzo, comparsovi in qualità di visitatore apostolico. Questo è tutto ció, che abbiamo potuto rinvenire, intorno a questo sinodo ; poiché le contese insorte fra i capitoli d'Udine, e di Cividale per la preminenza del posto, non hanno luogo, se non nell' istoria de' gradi degli ecclesiastici. Assunto alia sede di Roma Clemente VIII fu una delle prime sue cure il procurare gli opportuni provvedimenti alia diócesi d'Aquileja. Perció esorta egli il primo anno del suo pontificato (5 dlc. 1592) con paterno breve 1' arciduca Ernesto, che governava allora in Gratz Lubiana, Giovanni Taulscher, 6 nell'anno 1585 Giov. Andrea Caligaris, vescovo di Bertinovo, e nunzio alia corte dell'ar cid. Cario in Gratz, delle quali parlerassi in appresso, non avevano per oggetto se non il luteranismo, di cui parecchi della nostra •provincia divennero sospetti. a) Abbiamo di questa visita, alcune poche memorie, che Matteo No c tua párroco di Prebacina lasció scritte nel libro battesimale di que' tempi. b) II sovrano rescritto è del di 8 maggio 1579. r) L'arcidiacono della Carintia, il preposto d'Eberndorf, e gli abbati' di. Ortistein, di Siticina, e di Landstras. 18* gli stali di Ferdinando ancora pupillo, a voler ricevere il condiulore del decrepito patriarca Grimani, Francesco Barbaro, in qualité di suo visitatore apostolico e permeltergli di visitare quella parte di diócesi, che negli stati suoi era solloposta alla chiesa d'Aquileja (a). L'arciduca Ernesto acconsenli alie ricerclie del pontelice, e nominó il consigliere G'or. Vittore Wagenring corne commissarioper accompagnarlo (1593) in quella visitazione (b). Il Barbaro impiegô tre mesi .nella visita délia conlea di Gorizia, e del capitanato di Gradisca, e sospese parimenti molli sacerdoti, per non aver in essi scoperto neppur quelle prime nozioni, che necessarie sono a un taie stato (c). Termínate le apostoliche sue fatiche nella nostra provincia, prima di continuare nelle altre, credette opporluno il convocare (28 liiffl-1593 tut*o il clero délia contea, ed il tenere nella chiesa parocchiale di Gorizia una congregazione sinodale, in cui promulgó alcune costituzioni che furono nello stesso anno date alla pubblica luce (d). Tralucono in quelle sentirnenti pieni d'una dignité, che spogliata di lutte le minutezze caratterizza Fuomo grande, e il vero pastore, che con un prudente zelo, sostenuto da un moderato desiderio per F ordine, non prescrive se non rególe le più essenziali, e le più important ad un clero, i cui disordini erano si grandi, che non potevasi sperarne un' intiera riforma, se non gradatamente. Premuroso il saggio prelato di far risorgere la venerazione, ed il dovuto rispetto a' sagramenti délia chiesa col!' uniforme, e decoroso rito nell' amministrarli, e di ristabilire F antico islituto del clericato, colF aboliré, quanto fosse possibile i sagreslani laici, fu egli massimamente sollecito di promnovere a) Il Padre de Rubeis riporta V accennato brete ail' arciduca, ma passa solto silenzio il breve pontificio pel Barbaro come visitatore delégalo dalla s. Sede. Questo è dato il 12 gingno 1592. Arihivio Delmestre. b) "Archimo Delmestre «•) Vedansi le sue costituzioni pubblicate dopo la congregazione sinodale tenula in Gorizia. d) In Udine da Giambaltistà Natolini sotto il titolo: " Costitutiones „ promulgatae, ab illustrissimo, et Reverendissimo D.D. Francisco „ Barbaro, Dei et Apost. Sedis gralia Archiepiscopo Tgri, „ Coadiulore Aquileae, et visitatore apostolico in pubblica „ Congregatione Goriliae habita post peractam Comilatus Goritiae, „ et Capitanalus Cradiscae visitalionem. coll'esterno decoro la dignità ecclesiastica, e col necessario prowedimento de1 ministri la riforma di tutto il clero. Visilata eh' ebbe (ISO-1) ¡1 Barbaro tutta Fampia sua diócesi sitúala negli stati austriaci (a), convocó (1595)^ e teñne nella Ierra di s. Daniele un sinodo diocesano, e nel susseguente anno (1&90) celebró un concilio provinciale congrégalo nella città d' Udine, che Bolennemente cominció il di 19 ottobre. V'intervennero dieci vescovi Ira i quali Irovossi in persona Giorgio Ritgaller vescovo di Pedena. Il vescovo di Trieste, Giovanni Wagenring, vi spedi in sua vece Michele Passera, canonico della sua chiesa ; ed il cardinale Lodovico Madruzio, vescovo di Trento, delegó come suo procuratore, il canonico Giuseppe Roborelto: cosi ancora i vescovi di Capodistria, di Cittanova, di Concordia, e di Belluno inviarono i loro particolari delegati. Tutti i padri approvarono, e sottoscrissero i dicianove capitoli conteuuti negli atti di questo concilio, e pubblicati due auni dappoi colle stampe (b). Non ostunte le meniovate delegazioni di vicarî, e visitalori apostolici, i sinodi, e le congregazioui tenute per lu riforina del clero e lo zelo e la vigilanza del patriarca Barbaro ; 1" arciduca Carlo non depose mai il suo pensiero di smcmbrare dalia chiesa d'Aquileja quella parle di diócesi che comprendevasi ne' suoi stati, e di fondare in Gorizia un vescovado. I giusti motivi di contraríela, che dovevano i nostri principi avere, per un patriarca estero, lo zelo per la custodia ' della religionc in queste parti gagliardamenle attaccata dal luteranismo, e la mancanza d' uno stabile pastore in una diócesi colanlo eslesa fecero concepire già a Ferdinando I il progetto di cbiedere (I5tM»j alla s. Sede un vescovo per Gorizia (c). Dubitava tanto meno questo imperadore, che le sue premure non venissero secóndate, quanto che la sua dimanda non solo era uniforme a quella di Federico III suo avo in favore del vescovado eretto in Lubiana (d), a) Abbiamo di quesla visita una relazione del Barbara, data sotto ti 29 luglio dell' anuo Í594 a papa Clemente VIII che principia: u Piacque alia Sanlitá riostra. b) In Udine da Giov. Balt. JSatolini 15.98. c) Si trovano traccie di quei trattati nelVarchivio della prepositur a di Novamestra, di cui ci furono confidate le origittali scrilture, ció che si combina ancora coi trattati fra papa Giulio III, e Ferdinando I, di cui alia pug. 249 abbiamo falta mtnuone. d) Nell'anno 1462. ma tendeva eziandio ad estinguere quella naturale diffidenza, che un patriarca veneto manteneva nel governo austríaco, ed a provvedere ad una diócesi per tanti anni vedova del suo pastore. Ma i fatti de' grandi uomini sono spesso fra loro conlrari secondo le diverse circostanze de' tempi. I successori di Pió II ricusarono di secondare i giusti desiderî de' nostri principi, e trovarono insnperabiii difiicoltà in accordare un punto, che questo pontefice aveva ad onta delle opposizioni della repubblica di Venezia (a), un secolo prima accordatofi). Ci sono rimaste alcune memorie dei trattati che alla corte di s Roma furono dali'arciduca Carlo intorno a questo oggetto intavolati. Nei primi anni del governo delle sue proviucie incaricô questo principe Andrea Rapizio, vescovo di Trieste a riassumere questo affare, ad esaminarlo, e a rintracciare un fondo per la mensa dell' ideato vescovado. Ii vescovo giltù l'occhio sopra i heni lemporali delle chiese della contea, e del territorio gradiscano, e scandagliatene le rendite suggeri (153«) che una quinta parte* di quelle bastar potrebbe per la prima fondazione. Era il Rapizio uomo avveduto, e che molto ben conosceva, come tal volta puö bastare un piccolo principio per incamminare le più difficili imprese. Giovanni Tautscher, piovano ed arcidiacono di Gorizia, indi nomínalo vescovo di Lubiana e luogotenente dell'arciduca nella reggenza di Gralz, risvegliô il piano del vescovo di Trieste, ed animô il principe ad insistere con vigore nel procurare un provvedimento quanto conveniente alle ragioni dello stato, altrettanto necéssario a quelle della religione. Quindi .sotto il pontificato di Gregorio XIII nel medesimo tempo, che il patriarca Grimani non risparmiava nè ¡stanze, nè premure per ristabilirsi in Aquileja, furono dali'arciduca Carlo (1S80) cosíante а) Abbiamo ritrovato V ordine, che il senato veneto spedi Ii 23 ottobre delV anno 1462 al suo segretario in Roma, Nicolo Sagutino, perché istruisse il cavalier Fransesco Peliza di facile ad interporre presso la s. Sede le sue rimostranze contro il nuovo vescovado di Lubiana, ed in difesa del patriarcato di Aquileja. б) Pretende il Valvasor nella sua crónica della Carniola, che Sigis. di Lamberg elemosiniere di Federico imperadore, e poi primo vescovo di Lubiana, avesse predetto ad Enea Silvio Piccolomini, nomínalo cardinale, c h' egli dir, err ebbe col tempo anche papa, e che questi gli avesse ritposto : " se cid arrivasse vi prometió „ di farvi vescovo. oeil'opporvisi ripigliati i trallali per l'erezione dal nostro vescovado. Ma i partigiani del patriarca ne dileguarono ton destrezza tutti i maneggi, con indurre il pontefice a eonferire a Paolo Bisanzio, vescovo di Cattaro, vicegerente e vicario patriarcale il carattere di visitatore apostolico della diócesi d'Aquileja, pretendend-j in si falta guisa, mediante una straordinaria visita, di supplice alla ordinaria residenza. Questo partito preso du' proteltori del patriarca ne suggeri un altro all'arciduca. Dimandó egli altresi (tñSS) clie il governo spirituale della diócesi austriaca fosse conferito al vescovo di Trieste, come perpetuo visitatore, e vicario aposlolico. Ma per quanto forti fossero- le istanze deli'arciduca, e pressanli Pesigenze della religione non poté egli effettuare cosa veruna presso un pontefice il quale, anzi che diminuiré P autorita del patriarca inclinava, come abbiaino altrove veduto, a ristabilirlo in tutti i suoi diritti. Non fu posto perciô in obblivione il piano del vescovado di Gorizia. Si ricóminciarono sotto papa Sisto V, successore di Gregorio, gli ufficî deli'arciduca Carlo. II pontefice non potendo negare aperlamente il valore dei motivi, che impegnavano la costanza del principe a sostenere efficacemente la sua dimanda, ascoltô in apparenza le proposizioni, e mostrossi condiscendente ad autorizzare (15§b) una nuova delegazione in Gorizia, la quale per parte dell' arciduca ripigliasse l'esame di tulte le scritture riguardanti Perezione d' un vescovado, che Roma non pensava mai d'accordare. Nicoló Corretto, vescovo di Trieste, Andrea Nepokaij, arcidiacono e párroco di Gorizia, Girolamo Calta, párroco di s. -Pietro, ed il cancelliere Gasparo Bertis erano i delegati della santa Sede, e deli'arciduca. Prendendo eglino per base delle loro operazioni il piano del vescovo Rapizio riassunsero l'esame dello stato temporale di tutte le chiese ed inlesi gli amminislratori, formarono un generale registro cosí delle rendite come delle rate, che furono proporzionatamente sopra tutte le chiese ripartite. II cancelliere ebbe il maggiore lavoro in quest' allure scrivendogli il vescovo di Trieste (l "i»a;g. 1SOO), e solicitándolo a spedirgli con celerilù le scritture, s' esprime con le seguenti parole: Bisogna che V. S. sia il nocchieroy guida e condottiere di questo negozio (a). Tulte le memorie, e gli articoli concertati si spedirono al vescovo, per inviarli alia sania Sede, N da cui si aspellava con impazienza la paterna rattificazione. La morte di papa Sisto, t quella deli'arciduca Cario ammeudue mancati a) Scritture de! magistralo fiscale di Gorma. di vita nell' unno i590, sospese l'effare in modo, che si dovette ricorninciare presso i suoi |uccessori un' opera, che poco anzi si credeva vicina al suo termine. L'arciduca Ferdinando, ch'eredilô cogli slali le virtii dell'arciduca 1 Cario suo padre, non perde di vista un si importante, e pió provvediinento. Nel víagg'io, che questo principe intraprese a Roma, tratto principalmente (15»8) dell'erezione del vescovado di Gorizia con Clemente VIII. Esiste ancora I' islruzione (3 Tebfo. 15®8) (a) data al suo ritorno a Giuseppe di Rahatta vicedomino della Carniola, da lui delegalo' per tale oggetto a questo ponteüce. Scorgesi da quella, che fra i punti della sua commissione v'era ancora il maneggio del nostpo vescovado, con precisa dichiarazione di Ferdinando d'essere prontissimo a provvedere alie sue rendite. Si belle apparenze svanirono tutte ad un tratto. II nuovo patriarca Francesco Barbaro, uomo destro, non meno che zelante pastore, seppe con tant' arte conciliarsi 1' affezioue di Giorgio Stobeo vescovo di Lavant, ■ dalF arciduca, poco prima dichiarato luogoteuente (6) nel governo de' suoi stati, che questo ministro prese poco interesse per le contese del patriarcato, quindi ralleutandosi l'ardore di Ferdinando, svani ben presto anche ogni pensiero della erezione del nuovo vescovado. In questo modo si perdettero ad un tratto i frutti di una negoziazione, che occupô peí corso di piii d' un mezzo secolo i noslri principi. III. Giurisdizione ecclesiastica. La giurisdizione spiriluale, tanto inseparable dalla gerarchia ecclesiastica, che in lei sola risiede, servivasi altre volte dell'autoritù di puniré i contumaci con pubbliche pene spirituali, dalla quale benchè non di rado ne derivassero degli abusi, non ostante secondo 1' opinione de1 tempi veniva autorizzata. Evidente prova è la scomunicazione fulmínala dal patriarca Giovanni Grimani (15 75) contro Giacomo d' Altems capitano di Gradišča (c). Quantunque a) Archivio Raballa. b) Neil'amo /597. c) Scntture del magistrata fiscale di Gorizia. quests censura fosse riconosciuta ingiusta (a), il religioso arciduca Cario, lungi dal difendere il suo ministro contro ogni ragione punito, obbligollo a chiedere a piedi del patriarca il perdono, e Tassoluzione. Quesli sono avvenimenti proprl di quei tempi, in cui i principi ciecamente senza alcun esame dei diritti ecclesiastici aderivano a tutto ció, che veniva loro dai vescovi insinuate. Consultati questi dal principe intorno gli affari appoggiavano alie bolle ponlificie, ed ai canoni le loro opinioni, e Giorifio Stobeo, vescovo di Lavant, per consolare coloro, contro cui fulminava le censure ecclesiastiche, soleva dire : Ecco i decreti del sagro concilio di Trento, ecco la sentenza pronuncíala dalla bolla in Caena Domini. Tutti ri condannano (b). Qiiindi Francesco Barbaro, coadiutore allora del patriarca, con una delle sue costituzioni , promulgate nella congregazione sinodale del clero goriziano, prescrive a tutti i curati di tenere presso di loro una copia della mentovata bolla, e secondo questa scomunicó anche esso, come patriarca, Francesco Formentino capitano di Gradišča (c). Sopra i fondamenti di questa giurisdizione spiritnale gli ecclesiastici ne fabbricarono un'altra, che sotto il nome di giurisdizione ecclesiastica si conosce. Si pretendeva in vigor di questa non solo la cognizionn delle materie ecclesiastiche, ma ancora delle temporali, allor che avessero qualche rapporto colle persone, o eoj beni ecclesiastici. Siccome questa competenza è stabilita sopra diritti umani, cosí dipendeva dalla volontà dei nostri principi, e dal governo goriziano, come loro interpret^, il prescriverne i limiti nella nostra provincia. Nella prammática di amministrazione, che Ferdinando fece pubblicare (1 «iai-f. 1542) jn tulti i suoi stali, s'inconlrano tre articoli, che riguardano gli ecclesiastici. Prescrivendo il principe in uno di quelli Tordine da osservarsi nell' inquiriré e puniré i bestemmiatori comando, che gli ecclesiastici secolárj, o regolari, rei di bestemmie proferite in propria casa, in chioslro, o in qualche chiesa fossero denunziati al loro superiore, e da questo esaminati, e puniti, se poi se. ne fossero renduli rei in allro luogo, fossero denunciali al a) " Secondo il senlimento di tutti noi „ dice Gior. Stobeo, vescovo di Lavant, adducendo in una leltera scritta al suo metropolitano questo falto, " fu gindicata ingiusta ta scomunicazione. „ Lettere di Giorgio Stobeo, stampate in Venezia nell'anno 1549 da Giuseppe Rosa. b) Veda-si la leltera scritta da questo vescovo a Giorgio di Neuhaus. c) Scrittnre del magislrato fiscale di Gorizia. giudizio laico, ugl> 154<1) del foro di Cormons contro gli abwsi introdotli dalla curia patriarcale, che al suo foro tentava di richiamara le cause delle chiese agítate peí passato avanti i tribunali laici (a). Nello stabilire la dignità di arcidiacono di Gorizia le conferí il patriarca tanta parte délia sua giurisdizione, quanta la gelosia di quei tempi gli permetteva. Dalí' istituzione del primo arcidiacono (S2 • * a) Fonda il capitolo di Cividale il diritto della nominazione di alcune pievi sitio dali anno 1192 da papa Celestino III, e delle altre dal patriarca d' Aquileja Raimondo Turriano. die ¡ piovani dal capitolo nominali potessero godere d'alcun emolumento, quando non rieevessero dal Capitano il possesso temporale. Il capitolo, composlo corne quello d'Aquileja, di sudditi veneti, e possessori ugualmente di beni situati nello stato austríaco, imito nella renitenza agli ordini e nei molesti ricorsi al principe il capitolo d'Aquileja. La fermezza del capitano non si lasciô perô turbare. Esso rappresentft con tanta forza la necessità del possesso, ed altri punti toccanti il capitolo di Civídale, che Ferdinando delego i commissarl di cui dianzi si fece menzione (a), coli1 autorité di definire fra il capitano, ed il capitolo qual si voglia controversia. Fu deciso, che il capitolo, quantunque fosse di suo diritto la nomina a' benetizî appartenetiti alla mensa Capitolare, dovesse notificare il nominato al capitano o al suo luogotenente, per essergli conferito da quesli il possesso temporale. 1 commissarl, che non avevano le viste di Francesco della Torre, tratlarono questo punto, come si tratterebbe in un tribunale di giustizia una quistione contenziosa fra due persona private, e non si avvidero, che il capitano difendeva la causa dello stato contro un capitolo straniero, il quale trattava la sua propria. Scorgendo in fine il capitolo di Cividale una costante attenziona dalla parte del governo goriziano a tutti i suoi andamenti nei territorio austríaco, e temendo chè 1'animo irritato di Ferdinando I contro il patriarca ed il capitolo di Aquileja non si estendesse sui rapporti, ch" esso aveva nello stato austríaco, credette di prevenire con nuove prerogative ottenute dalla corte di Roma le restrizioni, che potevano ancora sovrastargli. Esso osava sperare tullo da un ponlefice, il quale si dimoströ in ogni occasione alieno a Ferdinando. Paolo IV non solo confermô (IS5S) gli antichi di lui privilegi, ma gli concedette ancora un' autorilà, e giurisdizione episcopate per quei distretti, nei quali si estendevano le parocchie della sua nominazione. I benefizi, ch'erano di collazione del principe conferivansi in questo secolo aile volte coll'aggravio d'una pensione. Cos! fu conceduta la parocchia di Romans (15Î!») a Melchiore Štefani coll' obbligo di pagare annualmente cento fiorini, i quali furono ancha assegnati (*® mar. 1S80) per un anuo dall'arciduca Carlo al convento de' padri conventuali di s. Francesco rti Gorizia. In occasiona < di vacanza di qualche parocchia, o d' altro benefizio, era 1' uso introdotto, che le comunità dei contadini, se il benefiizo era in villa, o gli abitanti di Gorizia, se si traltava del párroco della città, a) Vedi pa g. 274 ISTORIA supplicassero il principe a conferire la pieve a quel soggetto, di cui i parocchiani maggiormente fidavansi. * Quesli erano costumi buoni in un secolo, nel quale i raggiri erano al popolo ancora ignoti. Colle nuove parocchie sparse nel capitanato di Gradisca e nel territorio di Tolmino aumentossi -il numero di altre chiese filiali dipendenli dalla cbiesa parocchiale, che l'amore del comodo, e la pietà degli abitanti eressero in molli villaggi. Alcune di queste chiese venivano amministrate da un vicario, o altro curato, e moite erano orfane del loro ministro. Era bensi minore il loro numero di quello d' oggidi nel paese, tutlavia vedesi da una nota dell' anno 1537, che il numero anche allora sorpassava il bisogno. II governo si sarebbe in quei tempi reso sospetto di eresia, se avesse voluto impedire l'erezione di chiesuole, e cappelle superflue, o non avesse permesso d" erigerne senza prima dotarle. Stava in balia d' ogni comunilà di contadíni peí corso di tutto questo secolo il fabbricarsi una propria chiesa, e non conoscevasi ancora, che queste fabbriche religiose non servivano, che a creare un nuovo giorno festivo, e ad essere di perpetuo aggravio alia gente di campagna peí loro mantenimento. La pietà di que' tempi non si restrinse all'erezione di sole chiese. I più comodi di beni di fortuna lasciavano con testamento terre, livelli, o altre rendite, per cerlo numero di messe perpetúe, che dovevano celebrarsi non solo in qualche determinata chiesa, ma anche ad un dato altare, che sovente per tal motivo erigevasi dalle fondamenta. Da tali legati ebbe origine quella quantité di altari, di cui vedonsi ripiene le chiese, come la ebbero tanti beneflzi, che sotto il nome di cappelle nella contea si conoscono. Si fatti lascitl praticaronsi per tullo il corso di questo secolo, e furono nna nuova sorgente di litigi fra il clero e le fainiglie, che ne avevano la nomina. Alcune di queste, differendo la collazione delle cappelle vacanti, se ne appropriavano i frutti per quel!' intervallo di tempo, il che diede motivo a Ferdinando, per togliere simili abusi, di far pubblica la legge (20 mar. IS48J, che chi avesse il diritto della nomina a qualche benefizio ecclesiastico, fosse tenuto, sotto pena di » decadere dallo stesso, di non lasciarlo vacante oltre' lo spazio di due mesi (a). Molti privati nell' altreltanto scusabile quanto ragionevol supposto d'adempiere bastevolmente 1' intenzione principale del testatore col far celebrare il determinato numero di messe, ad esempio a) Archivio del viced omina ta di Lubiana. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 275 del capitolo di Cividale, che dava il mantenimento a' suoi vicarl, o ritírava a sé le rendite .parocchiali, assegnavano T elemosina per queste, ritenendosi i frutti, che ne avanzavano. II clero fece causa comune: e dibattula la quistione per qualche tempo nel foro civile ed ecclesiaslico della contea, fu la stessa portata al trono del principe. L'arciduca Ferdinando decise (28 noy. 159«), che tulti quelli che avessero la nomina di qualche parocchia, o altro benefizio, fossero obbligati di presentare alia curia deW arcidiacono una distinta nota delle rendite del medesimo, perché gli ecclesiastici le godessero tutte senza essere ne' diritti appartenenti al benefizio in alcun modo defraudad. Aumentandosi in tal guisa i benefiz! ecclesiastici, aumentossi ancora il numero dei sacerdoti nella provincia. La sicurezza di poter vivere daIT altare traeva molti preti stranieri, ed allettava i sudditi ad incamminare i loro figli alio stato ecclesiastico, a cui F imperador» Massimiliano I aveva gia confermato (84 genn. 1S83) Tantico privilegio concedutogli da Mainardo conté di Goriúa, di poter indistintamente testare di tutti i suoi beni; privilegio, di cui il clero goriziano ottenne (82 genn. 15B8) una nuova ratificazione dalT arciduca Cario. V. • Comunitá religiose, cotnmende, confraternite. Non trovavasi nel principio del secoloXVI altra comunitá religiosa, Che il solo convento de' padri conventuali di s. Franceso uelTinferiore parte della citlá di Gorizia, appartenente alia provincia di Padova. 0 perché questa casa fosse stala da goriziani fondata, o perché gli antichi conti fondatori della stessa avessero incaricati delT ispezione gli stati provinciali, nelle cui mani era depositato tutto f interior go?erno della contea; certo si é che questi ebbero peí corso di tutto il secolo la sopraintendenza non solo delle rendite, ma ancora delT interna disciplina del convento. Nominavansi dagli stati i sindaci per esaminare le rendite, e le spese del convento, e tale fu Tattenzione, che prestavasi alia sua economía, che pretendendo il provinciale delTordine, che il guardiano di qnesto convento fosse 19» obbligato di porlarsi al capitolo a spese della detl» casa, gli slali risposero di non opporsi che il loro guardiano seguisse gli ordini del suo istifuto ; ma prolestarono che le spese del viaggio dovessero esser a carico del loro convento. Se le comunità religiose ricorrevano ne' loro bisogni alla pubblica e prívala beneficenza, egli era ben di dovere, che I* autorità pubblica non solo riconoscesse i bisogni, ma anche 1" uso, che doveva farsi di una tale beneficenza. La vígilanza degli stati non si liinitava alia sola temporalité del convento: dipendeva da loro l'acceltazione de' candidat! religiosi, o almeno non poteva essere veruno ricerujo senza Fapprovazione loro. Esiste un memoriale di Ermanno Grunhoffer, capitano di Pletz, con cui (5 153«) supplica lo stato nobile di Gorizia d' accettare un suo fratello nel convento di s. Francesco ; ed abbiamo altresi un ordine degli stati, che prescrive aï guardiano, di non ricevere alcun nuovo fratello, se non nazionale, e di non sorlire dallo stato senza la loro permissione. Eleggevasi ancora dagli stati provinciali il superiore del convento ; ed appariscono fra ¡e nostre scrilture le sovrane leltere con cui Ferdinando (î^lug-l. 155!*)palesô loro il suo desiderio, perché il guardiano attuale venisse confermato nel suo governo : esistono ancora le leltere de' nostri stati(29 nov. 1588), dalle quali rilevasi, «ver essi passato offizio al provinciale dell'Austria, perché accédasse la guardianeria del Ioüo convento, che desideravano -di conferirgli. Il provinciale, che mal solTriva una tal dipendeuza, lento di gottrarne le comunità de' suoi religiosi, insistendo, che la sua presenza fosse necessaria, allor che si rendeva conto delFamministrazione delle rendite del convento di Górizia (*5S8), e rappresentando a quanti inconvenienti fosse sottoposta F accettazione de' candidati religiosi, se seguitasse a dipendere da persone laiche. Ma gli slali persislendo nella massima presa di riveder i conti del loro convento, ogni volta che F avessero giudicato necessario, senza dipendere dalla presenza d'una persona, la quale avrebhe potuto essere scmpre assente, 8 voleudo sostenere il possesso d' un anlico diritto, che li pooeva in islato di conoscere que' religiosi, che dalla pubblica libéralité erano mantenuti, risposero si provinciale, che si credevano ^bastantemente assicurati dalla giustizia de' commissar! delegati all' esame de' conti, allor che questo si facesse in presenza del guardiano; e che non trovavano veruna ragione di astenersi dall'uso da Iungo tempo inlrodolto, e per ottimo fine stabilito, di confermare i candidati. La precisión» dclla risposta troncó la strada ad ogni altra proposizi%»», e lutto resló, durante quel secolo, nel suo anlico stato. Unila alia contea quella parte del Friuli, che fu da Massimilidno conquistata, ¡1 numero delle case religioso si trovó accresciuto di due piccoli convcnti, Puno di s. Francesco in Caslello di Porpetlo, I' altro in Gradisca dell' istituto de' servi di María, e d' un antichissimo inonastero di donne dell'ordine di s. Benedetto in Aquileja. I padri conventuali di Porpetto ricevevano il superiore dall'autorilá immediata del principe, e lontani dagli occhi del governo passavano, peí corso di lutto il secolo nella piü perfelta tranquillita. II convento dei padri serviti di Gradisca fondato (a) dalla repubblica per servizio degli abilanti di quella fortezza, aveva l'amministrazioue de" sacramenti fino alia meta del secolo nel recinto delle muríi. Accrescendosi poi la popolazione s' aumentarono in conseguenza i proventi della loro cura; e tanto bastó, perché al -capitolo d' Aquileja, che pretendeva Gradisca solto la sua spírituale giurisdizione, cadesse in pensiero di dispensare que' religiosi da quisto incarico, e porvi un vicario: lastiando »' que' padri la liberta di prestare a' gradiscani a titolo di cristiana, e religiosa carita, quegli spirituali soccorsi, che prima erano tenuli di porgere per istituto. Benclié il monastero di s. chiara in Cividale fosse stato giá da Hartino V soppresso, ed unito all'anticliissimo monastero d'Aquileja (b) le monache 11011 fecero al tempo della soppressione quell'uso, a cui poscia fu destinata quella casa: tna molte di quelle monache continuarouo Pantico coslume introdottosi di partiré d'Aquileja ne' mesi della stale, e d'autunno, per motivo delP infezione dell'aria, e di ritirarsi presso i loro pnrenli, o in altro convenevole luogo, senza che fosse in detto tempo interrotto nel monastero d'Aquileja il divino servizio. Luigi, vescovo di Trevigi, nunzio, e legato pontificio, trovando questa liberta inconveniente alio stato monástico, proibi solto pena di scomunica alie religiose 1' uscila dal chioslro per qualunque pretesto senza la speciale immediata licenza della s. Sede. Le monache non si lasciarono sgomentare né dal divieto del legato, né dalla pena loro intímala. Continuarouo esse a sortire; ma dimandarono nello stesso tempo ad Alessandro VI, insieme coll' assoluzione di tutte le censure, in cui potevano esser incorse, che annullasse le proibizioni del suo légalo: il che fu loro, dal poutefice con una particolare bolla conceduto (c). a) NeU'amo 148i. b) Nell'anno 1427. f) * Essendoci presentula suppliea per parle della Badensa, e dell* Non abbiamo potuto trovar 1* época, in cui qneste monache ccssato avessero di godere di tal privilegio, ed in cni avessero scelto il monastero soppresso di Cividale peí luogo del loro comune ritiro ne1 mesi più caldi dell'anno ; e stabilité le loro regolate peregrinazioni da un monastero ail' altro, le quali fino a' giorni nostri si sono continúate ; con trasportare in tempo di quella < stagione 1' uffiziatura délia chiesa d'Aquileja in quella di Cividale, e con osservare tuttavia un' apparente canónica residenza nel monastero d'Aquileja, dove riserbavansi le principali funzioni monacali, di elezioni d'abbadesse, di vestizioni, e di professioni (a). Le facoltà di qïiesto monastero furono per le religiose un forte mezzo, onde ottenere dal papa 1' esenzione dall' ordinario pastore „ monache d'Aqnileja, qualmente giusla V antica consuetudine „ moite di loro non già per capriccio, ma solo per isfuggrre „ Vintemperie dell' aria, che régna singolarmente in tempo „ délia state, e dell'autunno in Aquileja e suo distretlo, sien o „ solite di sortire dal monastero, e di rilirarsi presso qualcuno „ de' loro parenti, o in qualch' altro onesto luogo, ed indi dopo „ certo tempo di rientrare nel monastero ; e benchè in detto „ monastero non s' interrompu il culto divino, milla oslante „ il Vescovo di Trevigi nostro Nunzio, e legato in quelle partí, „ colla facoltà che tiene dalla santa Sede sopra qualunque „ monastero, stabili, ordind, e proibi sollo pena della » scomunicaaione ipso facto incurrenda, che quelle monache >, non ardissero sotto veruti pretesto di più sortire dalla „ loro clausura, come fin ora erano accoslumate di fare, n senza aver prima una speciale licenza della santa Sede ; „ e perché l'Abbadessa, ed alcune monache per essere dopo la „ detta proibizione sorlile come prima dal monastero, lemono „ d' aver incorsa la censura, e supplicarono il Pontefice i d'esserne assolte : cosi il santo Padre mosso da molle ragioni „ concede la facoltà al sopranominato Arcidiacono d'Aquileja, „ e lo autorizza di scioglierle, ed assolverle da qualunque censura „ togliendo ed annullando la proibizione fatta dal Vescovo di » Trevigi. , Bolla di papa Alessandro VI 18 setiembre dell'anno 1492. a) E' probabile che le monache d' Aquileja abbiano nel principio del secolo XVII in tempo della guerra co' Veneziani fissalo in Cividale il loro domicilio per la stagione più calda. colla dependen?,a imniediata da Roma. Vantava il medesiuio per molto antica questa prerogativa (a): ma siccome siinili esenzioni restringendo P autorilá ordinaria sono di mal occliio vedute da' vescovi; cosí avvenne che i patriarchi cogliessero lude le occasioni per riprendere sul monastero la loro giurisdizione, e che le religiose ad ogni menomo sospetto domandassero da' successivi pontelici la confermazione degli antichi loro privilegi, ed aumentassero eziandio a loro favore la diffidenia del noslro governo contro del veneto pastore. Si presenta qui opportuna P occasione, di far nuovamenle menzione della rimostranza del capituno di Gradisea ¡Nicoló della Torre, contro il patriarca Domenico Grimani snlle istanze di dette religiose. Temevano esse non solo di restar sottomesse all'ofdinario nello spirituale, ma ancora di restare spogliate del temporale: 6 I' avveduto capitano rappresentó a Perdinando la perdita, che ne farebbero le famiglie nobili colle seguenti parole C:t nov- 15SS); Rappresentó, egli diceva, tullo ció a V. M. col piii ossequioso duvuto rispetto; perché possa provvedere si a' diritti del sao stato, che al comodo, e benefizio delle nobili povere famiglie, sudditc. sue, le quali, non uremia il mezzo di maritare le figlie, godono il rantaggio di collocarle in quel monistero, ció che mancherebbeogni qual rolla V inlenzione, e le premure del patriarca sortissero il loro effetlo; e le rendite del monistero, che non sono indijferenti', renissero applicate ad una commenda, e concedute in godimenlo suo particolare. Quest'é un monumento incontraslabile del cambiamento seguito ne' monasteri da quel tempo sino a' nostri giorni. Ebbero le monaclie piü volte motivo in quel secolo di ricorrere alia protezione del papa, e de' nostri principi, contro i maneggi, che la curia patriarcale poneva in opera per assoggettarle. La situazione piü critica per queste religiose fu quella, in cui le ridusse il vescovo di Parenzo, Cesare di Ñores, come visitatore apostólico di tutta la diócesi d' Acquileja, il quale ricusó non solo di ric'onoscere la loro esenzione, e di confermarla; ma determinó eziandio, che il loro monastero dovesse dipendere dalP immediata giurisdizione del patriarca. a) Colla bolla 1 giugno 1401 Bonifacio IX assicura il monastero d'Aquileja, ed i suoi beni " della protezione di s. Pietro, della „ s. Sede, id ancora della sua propria. „ Da altra bolla di Pió V. 13 aprile 1567 si deduce, che piü di quattrocento anni prima lo slesso monastero avesse godute le medesima prerogative. La gelosla del governo austríaco per tullo quello, che poteva ingrandíre l'autorità palriarcale, impegnô (158 5) 1' arciduca Carlo a sostenere le premure del inonastcro, corne suo proprio interesse, e a far valere presso il pontefice le esenzioni, che furongli conceduto da i suoi predecessori, e da quella comunilà senza contraddizions fino allora godute. Erano questi lempi molto favorevoli per Ii religiosi dell' ordine riformato di s. Francesco. La maggior parte de' loro chiostri, che esistono negli stati austriaci, furono erelti in quel secolo, e furono elfelto dell' affezione, che porto seco dalle Spague Ferdiriando 1 per quell' ordine. Colla novilà della riforma, colla comparsa di una nuova foggia di vestiinento, e coir impronta d1 una regola più austera guadagnarono eglino ben preslo la devozione ancora de' sudditi. Si Irovava non lungi della cilla una chiesa fabbricata da alcune vieille comunilà di conladini (ti) secondo il gusto di que' tempi sopra un erto monte, e dipendeute dalla parocchia di Salcano, senza che gli abitanti di quelle vicinanze avessero mostrato desiderio di confidarne la custodia ad una comunilà religiosa. I padri riformali solleciti di estendersi, ed aumentare nelle provincia auslriache il numero delle lor case, giltarono l'occhio sopra questo monte: ció bastó perché la cura di quella chiesa fosse per ordine sovrano lévala (5 »pr. 1508) a¡ curali di Salcano, e consegnata ai delti padri, i quali in pochi anni ebbero 1' industria di fabbricarsi un convento capace di contenerá venlisei religiosi (b). La fresca ripulazione di quest' ordine, e la fiducia, che nel medesimo ponevano i popoli, resero rinomata nelle vicine provincie quella chiesa, alia quale facevansi frequenti peregrinazioni, ed offerte (c) con molto vantaggio di' quel convento, e di lutta la nostra provincia. Fino alla metà del secolo gli .stati mantenevano nel convento di s. Francesco di Gorizia un religioso, che aveva il debito di predicare in quella chiesa tulte le domeniche, ed i giorni delle feste principal!, I costumi italiani ricevuli, e adottali dai nostri maggiori aboli roño le prediche ripartite pel corso dell' anno, e le restrinsero al solo tempo della quaresima. Si trovano fra le nostre scrilture le corrispondenze, che gli stati tenevano co' celebri predicalori di a) II Padre Martino Banter pone V época di questa fabbrica all' anno 1544. b) Storia della chiesa, e convento del Monte santo. Cap. 3 num. 2. c) A'ella medesima storia. Cap. 1 num. 13. i¡iie' tempi, e co' generali degli ordini religiosi; perché il pulpito di Gorizia fosse lutti gli anni provvedulo d' uno de' piii celebri oratori d' Italia. Ma perché l'orse tali soggetli non erano si comuni, come lo sono a' giorni nostri, o perché 1" importar delle spese paresse Iroppo gravoso alia pubblica economía ; si prese la deliberazione (SS apr. S»Oi) di erigere in Gorizia un convento pei padri cappuecini, dal quale, come da un seminario, gli stati potessero scegliere i loro predicatori quaresiniali. I patrizî in quell'adtinanza congregati tassarnnsi fra loro per quest'oggetlo, e I'arciduca Ernesto sulle islanze degli stati provinciali ne assegnô da' boschi cameralí ¡1 legname da fabbrica. Ñello stesso anno fu posla la prima pietra alia chiesa (a), ed al convento ; i padri furono con solennité iiilrodotti, e si lascíó alia provvídenza la cura di mantenerli. Parlando delle case religiöse dvlla nostra provincia si presenta opportuna occasione di far cenno di due commende, dell' ordine gerosolimílano I' una, e del teulonico 1' allra, ammendue sitúate nel territorio gradíscano. Erano sollo ¡I patriarca Volchero, che resse in principio del secolo XIII la chiesa aquilejese, le slrade di suo dominio e principalmente quelle, che nelle vicinanze di Ruda ad Aquileja conducevano, per le paludi, e pei latrocinl rese si mal sicure e si ¡mpratieabili, che i viandanti spesso reslavano sul cammino dagli assassini in que' fanghi spogliati della roba, e della vita (b). Volendo il patriarca riparare a lanti danni fondo ne' conlorni di Ruda «no spedale, e dotato che l'ebbe d' un fondo conveniente, lo consegnô a' religiosi spedalieri di s. Giovanni di Gerusalemme, il quale fondo oggidi sollo la commenda di s. Nicolô dell'ordine di Malla è conosciufo Fu quesla fondazione accresciuta dal patriarca Bertoldo; e si rileva da' documenti (c) che que' religiosi non fossero solamente tenuti d' esercilare l'ospilalità verso i passaggieri, ma d" invigilare alla coHservazione eziandio di quella slrada ; al qual effello il siiperiore dello spedale doveva contribuiré ogni anno due marche d'Aquileja in denaro. Perché poi in progresso le fondazioni deviarono dal loro primiero istituto, ora non ci resla della maggior parte di quesle se non la curiosité d' indagare la loro origine, e l'occasione d' encomiar» le saggie, e provvide intenzioni dei fondatori. a) Questa fu consécrala dal coadiutore del palriarcato, Francesco Barbaro, il di 7 settembre Í591. b) De Rubeis. * Monumenli della chiesa d' Aquileja, c) Del di 16 décembre 1240, Non oslante che qnesta commenda nella guerra co' Veueziani passata fosse col territorio d' Aquileja sotto il dominio austríaco ; l'ordine la considero senza alcun ostacolo compresa nella lingua d' Italia fino alla melà di quel secolo. L'atlento capitano di Gradisca, Nicolô délia Torre, fu il primo a rímostrare (1550.) aI principe l'inconvenienza di pfermettere, che una rendita, la quale raccoglievasi ne' suoi stati, nessun vantaggio portasse a* sudditi suoi ; ma lutta si godesse dagli stranieri. Su quesli suggerimenli il gran priore di Boemia alla prima vacanza, che acuade délia commenda, la conferí (155«) al cavalier Giovanni Hochenwarler, quando Girolamo Avogadro religioso délia lingua d' Italia supplicava Ferdinando di delegare commissarî, che lo ponessero in possesso délia medesima concedutagli dair ordine. Dovendo la reggenza delPAuslria istruire il principe intorno aile ragioni di questa compelenza, impose al Draskovicz gran priore di Boemia d'esporre i motivi, sopra cui fondava il diritto di disporre d'una commenda, la quale lino a que" tempi apparteneva alla lingua d'Italia. Il gran priore rispóse, ch' essendo egli in cammino per trasportarsi al campo d' Ungheria, non aveva nè tempo d'esaminare 10 stato délia quistione, nè presentí al pensiero cosi su due píedi i diritti, che potesse il suo priorato avere sopra di essa ; che gli hastava di poter ail'¡mprovvíso allegare per sua ragione, ch'essa fosse siluala negli stati di Ferdinando, e che pareva cosa inconveniente che le rendíte d'essa fossero godute da altri, fuorchè da un suddito austríaco. Il gran priore diede la" rísposta da soldato, da- cittadino, e da nomo di slalo : ma la reggenza non trovandola Iegaïe non credette di poter secondare il suo parere; nè più si trallô per tulto 11 secolo d'incorporare la commenda di s. Nicolô nel priorato di Boemia. Nel medesimo secolo, cIT ebbe principio F accennala commenda, il conte Mainardo di Gorizia, delto il vecchio, ne fondô per suffraggio deir anima sua un' altra de' religiosi teutonici in Precinico (a). Dali' epoca di sua fondazione sino al fine del XVI secolo non ci è rimasta alcuna memoria, che meriti l'altenzione de' nostri cittadini, se non si volesse far menzione dell'allo pubblico, con cui Mainardo III nipole dell' antecedente, in presenza di Federico II imperadore, e di molti altri principi d'Alemagna, confermô in Aquileja la donazione di o) La ratificazione di questa commenda falta da Mainardo III conte di Gorizia nelV anno 1332 porta le seguenti parole : " Pro " remedio animae suae. „ De Rvbeis. PELLA CONTEA DI GORIZIA. 283 íuo lio, e solennemente rinunziô a tulte le pretensioni, che poteva aver sopra que' fondi. II riportare la serie de' commendatori sarebbe più proprio ad ¡Ilustrare la storia delle nobili famiglie, che queüa d' una provincia. Le confraternité si pei regolarí comuni esercizí di religione, che per l'amministfazione di particolari rcndite debbono essere annoverate fra le comunilà religiose. Sono anlichissimi nella contea questi istituti promossi dallo zelo di formare un patrimonio alie chiese, le cui erezioni non dipendevano, come si disse altrove, che dalla sola volonté delle comunità de' contadini. Colle annue offerte de1 confratelli si fecero le spese per la loro uffizialura, e co' legati, ch' erano frequenti in quel secolo, uniti a' risparmî, le confraternité acquistarono de' fondi stabili. Trovossi in principio del secolo la maggior parte delle chiese, parocchiali sostenute da questi sussidí. Si fatte associazioni, che non costavano a' promotori nè fatica, nè dispendio, s' introducevano fácilmente presso una classe di gente, lo. quale non sa regolarsi se non a tenore di quello, che Vede fare dagli altri. Sino alla fine del secolo non si sa che le confraternité, eccettualane quella di s. Salvadore in Gradisca, la quale aveva il lodevole costume d'impiegare le sue rendite a pro de' poveri_ di quella fortezza, avessero altro pubblico oggetto, che certi esercizí di religione in determinati giorni dell'anno. II patriarca Francesco Barbaro, quel saggio non meno, che zelante ecclesíastico, bramoso di promuovere la venerazione, e il rispetto verso il Ss. Sagramento dell' Eucaristía, senza far menzione di alcuna confraternita inculcó (1503) nelle sue costituzioni promúlgate nell* adunanza dpi clero della provincia singolarmente la fraternité del CORPÜSDOMINI, perché colle limosíne de' confratelli introdurre, e sostenere si potesse un qualche decente apparato nell' accompagnare il divino Viatico a' moribondi. Ecco in quai guisa lo spirito d'un saggio pastore trova la strada di dirigere la divozíone del suo ovile a pubblica edificazione. VI. Beni ecclesiastici. Coi soceorsi delle confraternité, e co' lasciti di più parocchiani le chiese non solo avevano Fonorevol» mantenimento ; ma quelle, cho 20 Irovavansi già dotale, aumentarono eziandio i loro fondi, e le nuove acquistarono ben tosto quiche piccola posséssione di ter^a. Dai primi libri delle pubbliche imposte si deduce, che la maggior parte delle chiese avesse in principio del secolo il suo piccolo patrimonio in fondi, i quali cogli altri beni ecclesiastici principiarono nella contea, non diversamente che nelle altre austriache provincie, a portar il peso delle pubbliche gravezze nello stesso tempo che furono aggravate le terre de' laici. Non si conobbe col mezzo del pubblico catasto solamente la quanlità de' beni stabili, che apparlenevano aile chiese, ed agli ecclesiastici, ma ancora 1' aumento, e la diminuzione, la buona e la cattiva loro amministrazione. Era necessaria questa cognizione in uno stato, in cui gli acquisti delle comunità ecclesiastiche avevano eccitato già nel principio del secolo l'altenzione di Massimiliano I, il quale, per riparare ad un disordine, che sbilanoiando le ricchezze dello stato, arricchiva gli ecclesiastici colla rovina del corpo laico, abilitô con pubblica legge (1518) (a) j laici a poter ricuperare tutti i beni caduti nelle mani, che chiamansi morte. Non ci restó altra memoria di questa costituzione, se non che l'arciduca Ferdinando, continuando il disordine, rinnovato avesse (••* ott. 1524) la legge di suo avolo, e conferito a' parenti, ed eredi degli istitutori di pie fondazioni non solo il perpetuo diritto délia ricuperazione de' beni delle chiese, e de' fondi ecclesiastici col giusto prezzo, ma di più la facoltà di eedere lo stesso diritto ad ogni altra persona laica; determinando in ollre, che, in mancanza di parínli, passassero i medesimi diritti al sovrano dominio. Quanto erano saggie, altrettanto inefficaci si resero » queste determinazioni. Gli ecclesiastici ebliero sempre de' mezzi di sottrarsi a lutlo quello, che /opponevasi a' loro disegni. Benchè le comunità religiose pórtate al risparmio, ed agli acquisti andassero sempre vantaggiando, anzi che deteriorassero il loro stato temporale, quelle délia nostra provincia non diedero motivo aile due accennate costiluzioni. Basta esaminare i tenui fondi, cive possedevano i due conventi dei padri di s. Francesco, e quello de' serviti, per essere convinti, che le ricchezze di queste case religiose non erano state cagione, come nelle altre austriache provincie, de' mentovati provvedimenti. Il monastero d'Aquileja, benchè possessore d'ampie tenute, tanto nello stato austríaco, che nel veneto, non aveva nemmeno Io spirito d'arricchirsi. Le religiose divertite da un método «) // códice austríaco dà un cenno di questa sovrana delerminasione. di vita variata s' occnpavano più de1 privati diporli, che dell' interesa« di lutta la comunità. I diritti ,d' esenzione da ogni aggravio, che la legge canónica aveva stabilito in favore dei beni temporali degli ecclesiastici, non furono messi in vista, che al terminare dal secolo dal capitolo di Aquileja. Atiento egli mai sempre ad esimersi da qualsivoglia sorte di dipendenza, cercava sollo il pretesto della cattiva qualità dei terreni in quel territorio di sotlrarre le sue possessioni da' comuni aggravî. Quanfünque esistessero memorie delle rendite del capitolo rilevale in occasione delle prime pubbliche imposizioni ripartile sopra le terre, ricusö (1544t) esso luttavia nei successivi tempi, allor che si trattava di formare un regolalo, e perpetuo catasto di tutti i fondi, di presentare la specificazione de' proprl, e fu necessario un sovrano particolare decreto, per obbligaiio a soltoporsi (4 SiuÉí* >5S»), come tutli gli altri ecclesiastici, alie tasse comuni. Ravvisando poi queslo corpo, che non gli riusciva di lar valere le preteusioni sua presso l'arciduca Cario, si rivolse al ponteflce, ed impegnollo ad inlerporsi a suo favore. Gregorio XIII appoggié l'affare al suo nunzio in Gratz, col cui mezao lu proposlo, che l'arciduca rimettesse la discussione di tale affare a due cardinali. Si doveva accarezzare un papa, i soccorsi del quale si in denaro, che in gente conlro gli Ottomani erano necessarí : per quesla ragione evito il principe il giudizio di due persone straniere (SO die. lSfcO), dichiarando da sé i beni del capitolo, situali nel territorio d'Aquileja, esenti d'ogui imposizione. Ad onta di questa dichiarazione, gli stati di Gorizia rifleltendo che le imposte sopra le terre dovevano essere ripartite a pr.oporzíone dei frutti, che se ne ricavavano, rappresentarono 1' abuso che il capitolo di Aquileja faceva. della sovrana inunificenza, e riscossero colla forza quel tributo, che ogni posseditore dee al suo principe. II capitolo poleva tanto meno sperare la minima condiscendenza dalla parle degli stati provinciali, quanto che non vollero mai questi accordare nemmeno alio stato ecclesiastico quella tale quanti:à di terreno, che esente di gravezze fu dichiarato in favore dello stato nobile. Anzi l'Avogadro, commendatore di s. Nicolö, di cui poco anzi si è fatta menzione, avendo addimandato il godiinento del terreno franco^ fu dagli stati obbligato a soltoporsi alia condizione degJi altri ordini religiosi. Credevasi in quei tempi di dover far differenza nella ripartigione delle pubbliche gravezze fra uno ítalo di persone, il quale è obbligato di soslenere colle sue rendile il peso della famiglia, e quello, in arbitrio di cui sta di proporzionare le sue spese a tenóre della fondazione, e dei suoi acquisti. Questa massima di aggravare lo stato ecclesiastico «a sollievo del' secolare era si costante nel corso di questo secolo,' che nella rata personale imposta nell'anno 1571, quella d'ogni canonico fu di un fiorino, e quella d'un p'atrizio di soli vend carantani per mese. Il capitolo fece le sue querele, ma non fu diversamente deciso da ció, che era stato prima disposto. Diverso fu lo zelo, con cui furono amministrati i beni attenenli alie parocchie, alie chieSe ed a1 benefízi dei privati ecclesiaslici. Dipendendo il maneggio di questi dalla vigilanza non meno, che dalla probità d' un solo, o di poche persone, soffrirono essi non indilTerenti discapiti fino alla fine di questo secolo. La cupidigia di denaro acciecí» fácilmente quel sacerdote, che olTerivasi alia chiesa per vivere con più agio, e per migliorare lo stato di sua famiglia, e la poca attenzione di altri curati non s' oppose alla dissipazione de'beni delle chiese. Esistevano bensl alcuni provvedimenti per la loro amministrazione, ed era anlica la consuetudine presso d' ogni comunità dei contadini di eleggerc fra loro un soggelto, che con 1'assistenza del piovano accudisse alie rendite delle chiese, il quale sino al giorno d'oggi si conosce sotto il nome di cameraro. Alia fine di ciascun anno era questi tenuto di rendere conto a' principal! della comunità, ed in presenza del curato o si veniva alia conferma del vecchio, o all'elezione di un nuovo cameraro: ma essendo appoggiato allora ai superiori ecclesiaslici Pésame dei beni teinporaii delle chiese, e questo solendosi fare in lempo delle solenni visile della diócesi, le quali per difetto di pastore si erano per lungo tempo interrotte, era dall' un canto tanto facile il celare i disordini, quanto dall' altro riusciva malagevole ad un esaminatore forestiero il discoprirli. Esistono documenti non dubbí, che i piovani di Canale, di Comen, e di Camigna abbiano dislratti alquanti proventi spettanli alia lor mensa parocchiale, e molti allri ancora dimostrano, con quanta negligenza e con quanta infedeltà fossero state maneggiate le rendite delle chiese. Non è già che il governo di quei tempi non cvedesse d'avere il diritto d'invigilare all' amministrazione del denaro ecclesiastico, ma riposando sopra la probità, e vigilanza de' curati, trascurava di prestar attenzione agli abusi, che coll' andar del tempo sogliono introdursi malgrado i migliori provvedimenti, O perché neli'esame fattosi di quanto le chiese contribuir potessero per 1' erezioue d' un pubblico granajo (ö) non si sieno trovati quei risparan che si »upponevano, o perché la trascuratezza dei parrochi, e de' camerari si sia manifestata pel ritardo nel soddisfare le pubbliche gravezze, da cui nacquero i dispendiosi sequestri, e le più pregiudiziali dimiwjzioni de' beni ; questo é cerlo, che non prima della meta del secolo si pensó a difendere da tanti spogli il patrimonio delle noslre chiese. La cattiva anuniuistrazione delle loro rendite da una parte, e dall' altra i pressanti mezzi, che adopravansi per riscuotere umversalmente i comuni sussidí, lurono motivo che restassero spogliate niolte chiese delle loro possessioni. Per pagare le pubbliche gravezze o alienavansi da' camerari a pezzi i fondi, o vénivano questi dalla provincia all' incanto venduti. Cosí furono sinembrati alcuni lerreni dalla cominenda di s. Nicoló, e cosi molli altri, che apparlenevano alie chiese, passarono in potere di privati. Disordini cotanto potenti, che avrebbero spoglialo le chiese in poco tempo del necessario manteuimeulo, mossero la pubblica attenzione a prendere i più opportuni ripieghi, per difendere il patrimonio delle medesime. Per impedire quindi tutte le illecite alienazioni proibi apr. 1545) Ferdinando qualunque vendit», e per reintegrare le chiese nel possedimenlo dei beni alienati dichiaró, che alia restiluzione della ricavata somma le chiese potessero ricuperare i fondi venduti a' particolari. II medesimo principe riunovó (31 ott. 155S) questa legge non molto dappoi con altro decreto , che fu anche dall' arcidusii Cario lie' posteriori tempi coufermato sett. I58B). Siccome i buoni elfelti di queste sovrane determinazioni dipendevano dalla esatta economía, ed attenzione dei camerari, cosi restando il maneggio di quelle rendite sull' anlico metodo, le ottíme intenzioní dei principi riuscirono infrutluose. I proventi contiauarono ad essere impiegati a particolare e prívalo profitto, ed i fondi, per non essere state soddisfate le pubbliche imposte, vendevansi come prima, al pubblico incanto. Vito di Dornbergo luqgotenente di Gorizia, prese più d' ogni altro a cuore la pessima condizione dei beni delle chiese della cóntea. Le conseguenze dello scandaloso dissipamento de' denari destinati al culto della religionc, ed al sovvenimento de' poveri, accesero il naturale suo zelo. Propose (15G1) al principe, che i parrochi fossero ohbligati o di soddisfare lutta la sonuna, che I« a) Vedi pay. 158. 288 I S T O R 1 A ' chiese dovevano Mia cassa delle puhbliche imposte, o di rinunziare al loro benefizio. Non poteva in falti il Iuogotenente ascrivere ogni disordine a' piovani senza condannarli alla riparazione de1 danni derivali dalla loro trascuratczza, nè poteva più effieacemente che col mezzo del proprio interesse obbligarli ad essere per Favvenire più vigilanti alla conservazione dei béni alla loro custodia confidati. Quaudo i disordini sono ridotti air estremo, F único ripiego, che si prenda per ripararvi, sembra per lo più violento : tale fu giudicato il parlito, che suggeri un uomo, che aveva délia risoluzione e délia férmezza, la sua proposizione fu rigeltata, senza che si pensasse ad altro provvedimento. Non si ralléntarono pero le premure, e le sollecitudini del Dornbergo per la tutela, e conservazione de' beni delle chiese. Reiteró egli le sue rimostranze presso F arciduca Carlo contro il mal uso, che facevasi delle loro rendite, ed insistette replicatamente per le opportune provvidenze a segno, che fndusse il principe ad ordinäre (1 genn. 15«.») a'suoi cominissarî di guerra nella provincia, che esaminassero la catliva amministrazione de' beni delle chiese, e delle fraternité ; e suggerissero un piano tendente a chiudere per l'avvenire la via ad ogui disordine, ed inganno. Parlando il medesimo Dornbergo alF arciduca délia visita diocesana, che il patriarca proponeva di fare nella contea, s'esprime ne' seguenti termini (!«* uu»g> I3«»5). Bisognerebbe, egli dice, che tal visita si facesse a spese sue ( del patriarca ) perché subito che mettesse questo peso aile chiese, o ai comuni, darebbe occasione di mormorare, ed interpretare tal visita ad altro fine, che fatta per carità, e per zelo di religione (a). Un uomo, che riflette, parla sempre nel modo stesso, nè si discosta dai suoi principi. Sarebbe inutile F addurre tullo quello, che fu trovato d" irregolare, e di colpevole nell'esame dei fondi e denari delle chiese. Bastera F accennare le provvidenze, che in questa occasione furono dal governo proposte, onde porre freno alle ruberie, che impunemente commettevansi e da' camerarî delle chiese, e da' custodi del denaro delle confraternité. Fu prescritto (*■* spr. 1565) che si nominassero commissar!, i quali io presenza di coloro, che avevano giurisdizione, esaminassero i libri delle rendite, e ne liquidassero i conti, che i denari delle chiese fossero custoditi nel recinto délia medesima giurisdizione in una cassetta chiusa a due chiavi, di cui F una fosse a) Scritture del magistrato fiscale di Gorizia. in mono di eolui, che aveva giurisdizione, e 1' allra in mano del párroco. , Non poteva stahilirsi un m'iglior ordine : ma niuno fu meno eseguito di questo. La partenza del luogotenente Dornbergo spedito a Yenezia per occupare il posto d' amhasciadore cesáreo ne sospese tullo 1" effello. II debito, che i beni ecclesiastici avevano colla cassa provinciale per le contribuzioni non pagate, montava neir anno 1580 a sette mila cinquecento novanta fiorini di quella moneta. Ci è rimasto un monumento, il quale autentica 1" arbitrario impiego, che facevasi del dgnaro delle chiese. La comunità di s. Martino ne' colli cliiamala nello stesso anno a render ragione della mancanza del denaro, in cui trovavasi la chiesa del luogo, si esprime nella seguente maniera in una sua rimostranza : Se alí elezione d' un anoto decano delle comunità, e del cameraro delle chiese, i quali si cambiano tuth gli anni, consumansi due buoi e si tuola una botte di tino, non si dee trovare strano, che le chiese no:i possano soddisfare alie pubbliche gracezze. Cosi il contadino, di cui si sprezzano comunemente gli avvisi, parlava a quelli, che erano destinati a reggere la provincia, e parló per mala sorte con si poco frutto, che il debilo delle imposte non soddisfatte de' beni ecclesiastici, anzi che fosse stato del tutto estiirto o almeno scontato, si accrebbe in pochi anni (■383) ail'esorbitan'e somma di quindici mila fiorini di quei tempi: ed i commissarî delegati (1588 ) a rilevare i fondi delle chiese per la mensa vescovile, scoprirono un debito di quatlro mila fiorini, onde i camerari furono convinti debitori. La gran delegazione formata ( 1585) dall' arcidiica Carlo per riformare nella contea moite parti di governo, di cui parecchie volte fu fatta menzione (a), prese in considerazione anche questo oggetlo; e stabili I' ordine, con cui dovessero essere ainministrati si i beni delle chiese, che delle confraternité. Dopo essere state esaininate lutte le rególe su di ció proposte in addietro, si conchiuse di appoggiare la principal cura alla vigilanza de' piovani, come de? veri e primi tutori delle chiese confidate alla loro direzione ; e furono incaricati sotto pena di sequestri temporali, e delle censure spirituaii del rendimento de' conti nel maneggio de' denari, e neU'amministrazione di que' beni : e siccome la tardanza, e la trascuratezza solite a praticarsi per l'addietro nel soddisfaie le pubbliche gravezzse, che non senza i violentissimi mezzi di smembrare de' fondi riscuotevansi, a) V. nel cap. secondo. porlavano F ultimo esterminio ai proventi delle chjeàe, cosi fu presd corne base d'ogni provvedimento il procedere in avvenire contro qunlunque mancanza o rilardo, senza alcuna dilaz/one colP immediato sequestro de' frutti. Perché avessero il loro effelto queste provvidenze, bisognô fare (» ott. I3SS ) una sottrazione aile somme, di cui le chiese andavano debitrici, ed implorare la clemenza delP arciduca Carlo che rimettesse le contribuzioni non pagate de' due ullimi anni. In tal guisa gli stati diedero a' camerari un convenevole termine per soddisfare aile anteriori mancanze. e li posero nel medesimo tempo in istalo di pagare con esaltezza le ordinarie rate; I frutti di si saggi provvedimeneti non furono durevolî. Gius. Fbrmentino, arcidiacono di Gorizia, ce ne lasciô un incontrastabile testimonianza. Trovo le chiese mal órnate, (cosi egli dice, in una sua rimostranza diretta ail'arciduca Ferdinando), le loro entrate consúmate da' tillani, li beni in molli luoghi alienati, li crediti delle chiese non si pagano, non si rendono i conti gilistamente (a). Se si fossero addotte tutte le provvidenze prese, e tutte le rególe in quel secolo prescritté, senza far cenno nello stesso tempo délia poca loro osservanza, avremmo forse motivo d'invidiare i vantaggi dei nostri mnggiori. VII. È r e s i é. Non dee recar meraviglia, che la nuova dottrina, che nacque sul principio del XVI. secolo nel cuore délia Germania, fosse a braccia aperte accolla da una nazione diretta allora da ecclesiastici, quanto opulenti, allrettanto scostumati, ed ignoranti. Questa aboliva lo stato regolare delP uno e delP altro sesso; scioglieva il clero secolare dal vincolo del celibato 5 approvava che si rendessero secolari i beni ecclesiastici, e sotto il manto di riformare la disciplina délia chiesa nel suo capo, e ne' suoi membri, discreditava la supériorité del sucessore di s. Pietro, perché sotto pretesto di soccorrere la cristianità involta nelle guerre eo' Turchi f la poneva in contribuzione per a) Scrilture del magislrato fiscale di Gorizia. impiegarne poseía ¡1 denaro in usi profani. Tale era la dottrina, col cuí mezzo riusci ad un frate agosliniano di staccare il fiore dell" Afemagna dalla comunitrne della cliiesa, governala allora da Leone X, le cui grandiose idee assorbite avrebbono le ricchezze di lutta l'Europa. Massimiliano I nell' ultimo anno délia sua vita, ambizioso di sopprimere una selta, che appena nata guadagnô la Sassonia, ed a passi di gigante dilatavasi nell' impero, convoca una dieta generale in Augusta, dove. in presenza del cardinale Gaetano legato pontificio, Lulero sostenne ostinatamente le sue opinioni condannate poi in Roma, ma in Germania approvate da un grosso parlito, e soslenuíe dair elettore di Sassonia. Levatasi con tanta pubblicità la q)a#shefti; non ebbe piii T apostata alcun ritegno, ed a' primi suoi errori ne aggiunse degli altri. Leone X («5 giug-. 152«) fulmina contro di lui dal Vaticano la scomunica, e Lutero fa abbrucciare la bolla coi decretali in Wirtenberga: e benchè la dieta convocala indi da Carlo V in Wormazia (*52í), alia quale cítalo si presento 1' eresiaica, avesse aderilo alla sua condannazione ; con tullo ció la sua dottrina, modifícala coi molti differenlí dogini s1 estese in pochi anni dal fondo della Svezia fino negli Svizzeri, e dalla Francia nel cuore dell' ünglieria. Trenta e piii sette pullularono in poco lempo, come germogli di questa. L'arciduca Ferdinando, che reggeva le provincie austriache in Alemagna, impiegô i píii efficaci provvediinenti, onde preservare i suoi stali dagli errori della nuova setta. Proibl («2 mar. í»S8) I'introduzione de' Jibri, che contenevano i nuovi dogmi; e rinnovô lo stesso editto (a), coll" aggiungere le piii rigorose pene, e fra le altre quella di morte contro coloro, che osassero avanzare nuove proposizioui olTendenti ¡inmediatamente la Divinità. Ma i pubblici editti non avevano forza di chiudere le vie, che nascostamente i seguaci del luteranismo prendevano per ispargere fra ¡1 popolo le nuove loro opinioni. Quindi il principe prese la determinazione di spedire nelle sue provincie de' commissari per inquiriré i promotori e parligiani della falsa dottrina: ma ogni inquisizione rendevasi infrutluosa in un affare, che dipendeva dall'opinione, la quale sempre piii prendeva forza in favore di Lutero. Si fece perciô ricorso ai a) Le proibizioni d'introdurre e tener e presso di sé simili libri replícate indi per tre altre volte negli anni 1328, 1551, e 1555. 292 iSTOniA i mezzi violenti per aslringere i sudditi all' osservanza delle pubblicha pratiche della nostra rcligione. Tutti i cnrati ebbero I' ordine (ï feb. 15:12.) di denunziare quelli, che non adempissero il precetto della Pasqua (a)\s\ stabilirono (8î í"eb. I5»3) severi castighi contro coloro, che non avessero osservalo i digiuni prescritti dalla chiesa. Si sottoposero (« «ff. 15S8) tutti i maestri delle scuole all'esame ed all'approvazione de' vescovi, senza il consenso de' quali non poteva alciíno esser ainmesso ad insegnare pubblicamente. Si pubblicarono (la mar. 1554) i più efficaci ordini per l'osserv%nza delle fest«; aggiungendo che i mercati non fossero ne' giorni festivi senza necessilà tollerati ; per le osterie era già anteriore la legge (b), cte queute nelle domeniche e feste non potessero aprirsi prima, che gli ufllzî divini nelle chiese non fossero terminali. Finalmente inviè Ferdinando (3 «g. 1554) a tutti i parrochi e curati un eatechismo compílala dal celebre Gesuita Pielro Canísio, da cui non potevano discostarsi nelle istruzioni da farsi al popolo. Ad onta di tullo ciô nulla poté arrestare i progressi, che nella Boemia, nelle austriache provincie fecero tante dottrine di si different* selle. Ci é rímaslo il libello, che gli stati provinciali congregati in una dieta generale in Vienna presentarono (155«) al loro principe, monumento infelice della forza dell' umane opinioni. V. M. non pud ignorare, cosi si esprimono essi, le umilissime noslre istanze, che le furono presentale da' noslri commissari delegati alla dieta generale di Praga (c), nella quale V abbiamo supplicata di permet! ere a' suoi sudditi di poler seguilare la pura doltrina del Vangelo ; di ricerere secondo V istituto di Cristo V Eucaristía sotto le due spezie, e di praticare senza Umore, e molesth V esercizio della rera religione. Istanze che nella dieta d'Augusta (d) furono da' deputati degli stati dell'Austria inferiore con i pitï reri e sommessi sentiments rinnorate. Queste innattese, la M. V. fece pubblicare ordinazioni tali (e) che furono alle nostre suppliche, in tutlo contrarie. Quiudi i a) S'incontrano per Ire volte rei/erati i medesimi ordini negl'anni 1535, 1537, e 1554. b) Pubblicala colla regola generale di amministrazione il di 9 aprile 1542. e) Nell'anno 1542. d) IS ell'anno 1548. e) Editto del di 20 fehbrajo 1554 con cui Ferdinando proibi ai parrochi e curati d'amminislrare VEucaristía sotto le duš spezie. fe fedehssima sue provínote non hanno cessalo di rappresentare in tulle le susseguenti diele contro V accennalo mandato le loro piú umili rimostranze, e di assicurarla del loro onesto, e cristiano método di vivero. Neil' ultima dieta convocaia nel passato cUcembre, hanno elle no üuovamente supplicata la M. V. di non obbligarli ad agiré contro i dettami della loro coscienza; e la M. V. senza compiacersi di ponderare, e degnarsi di rifletlere alie pie cristiane loro istanze, con paterna cura, e elementa ha voluto sempre rimeltere ogni cosa alia prossima dieta dell' impero, dove si Iratterebbe una generóle reconciliazione di tulle le controversie spetlanli alia religione crisñana. Jifa cht é quello, che non vede, e non conosce quanlo alle fedeli sue provincie, e ad ogni buon cristiano debba riuscire gravoso d' aspettare una dieta, di cui non v'ha ancora alcun'apparenza e di dover in questo frattempo passar i suoi giorni in quell'agitazione, in cui dee gittarlo la delicatezza della sua coscienza 1 e perche la sola parola di Dio, la quale da Cristo suo figlio ci fu palesala, dee sertire d' inviolabile regola alia sua Chiesa; gli abnsi che si sono in quella benché da mille anni in poi introdotii non possono senza pericolo della salule essere praticati. Indi passano a rappresentare che la vera cagione della guerra coi Turchi non sia che un flagello proveniente dalla mano di Dio, che vuule castigare la cristianitá per essersf cotanto discostata dalla santa sua legge, e conchiudono in fine cosi: Quindi supplkhiamo la il/. V. di rißeitere, che per porre in quiete la noslra coscienza, e per salvare le noslre sostanze non resta altro tnezzo, che d'esterminare gli abusi, e le superstizioni inlrusesi nella chiesa, e d' introdurre in sua vece la sola, pura, e vera parola di Dio; di pennelteme la pubblica, e libera predicazione, e 58 akuni commissdii, i quali unilamente a' commissarî patriarcal* furono incaricati cl' inquisire in Cividale contro questi nuovi apostoli. Il Liruli ne fa qualche cenno al Tom. V delle sue "notizie delle cose del „ Friuli. „ a) Questo era il ritratto della maggior parte degli ecclesiastici dell"Alemagna. L'ambasciadore Francesco della Torre in una sua relatione data da Roma il di 18 oltobre 1559 ricorda ail' imperadora, che il cardinale d'Augusta aveva nel conclave suggerito al cardinale de Medici di far un ponte fu-e istruilo de'eostumi della Gerrnania; assicurandolo, che quando s'accordasse al popolo la comunione sollo le due spezie, ed al clero il matrimonio, compon ebbonsi con facilita tulle le altre differenze. Archivio di Duino. dcpuluti delía cónica non s1 iiigerirouo mai nelle quislioui, e nelle islauze riguardanti il nuovo dogma, che tenevano molto occupati i delegati delle altre provincie. An/.i in appresso, heuchè alcuni dei noslri cittadini non andassero esent'i dal sospetto di luteranisino, gli stati di Gorizia l'ecero le loro piii solenni proteste contro il partito preso in favore délia professions augustana alla dieta generale di Pruck ( IS 98) da Bonaventura d'Eck, uno dei loro deputati, il quale erasi unito co' delegati d'altre provincie, ed aderito aveva alle comuni islanze di quella radunanza, senza esserne dalla provincia nella sua istruzione autorizzato. Mosso dallo spirito di partito si era egli intromesso in quell' occasione negli alTari di religione. Gli stati della contea nella loro protestazione lo smascheraron bastantemente, e lo dipingono come uno di que' cittadini, che aderivano alla nuova sella e ne favorivano i partigiani. In fatti dilutundosi nella Corintia, e nella Carniola il Iuteranismo, non è meraviglia, che penelrasse anche lie' luoghi confinant! cou quelle provincie, ed infeltasse eziundioalcuni abilauti nel cuorc della contea. Ad imitazione dell'ordine nobile delle vicine provincie, alcuni de' noslri tenevano nelle lor case di campagna nascosti de' dotlori protestanti al loro soldo. Il famoso Trüber, canonico di Lubiaiia, primo fautore della sella nella Carniola, scrivendo dali' impero, dove si rifuggi, a quegli stali provincial!, fra gli altri titoli, ch' egli si dà, leggesi quello di Erpredicanle in Rubia nella contea di Gorizia (a). L'arciduca Carlo fra le angustie, in cui lo gittarono tante calamita della guerra contro gli ottomani, d'interne disseusioni, e di civili discordie islillale e foinentale da'suoi suddili, che avevano non solamente abbraccialo il Iuteranismo, ma ancora con si insullanti e temerar! modi sostenuto, che l'obbligarono di accordare in parecchie città della Stiria, Carintia, e Carniola il libero esercizio, cerco almeno di salvare dali' infezione gli abitanti della contea, e di manlenerli nell' antica loro credenza. ßartolommeo di Porzia, che alle richiesle di questo principe (I530.) ne fece la visita in qualità di visitalore apostolico, nella sua rclazione suggeri ail' arciduca 1' esilio di pochi seltarî, come único mezzo di salvare il restante della provincia. Quindi delegó (15 9-1) Carlo a Gorizia, Corrado Glussilch vescovo di Lubiana, e Nicoló Correto, prepósito di Sola nella Carintia, per ismorzare nella loro origine quelle piccole scintille, che vi aveva già accese I* eresia. Cornvocarono questi gli stati, e spjegate le credenziali del principe, a) Cronaca della Carniola. e I' oggetto della loro commissione esorlarono quell'assemblea a non ahbandonare una religione da' loro nalurali sovrani, e da' loro maggiori per lanti secoli osservala. Rappresentarono appresso le discordie, e le dissensioni,* in cui trovavansi imbarazzali allora P Impero e le austriache provincie per un fanatismo, il quale istillando nell' animo de' cilladini different opinioni,li disuniva, e li facera risguardare scambievolmcnte nemici. Indi porlaronsi unili alia cbiesa parocchiale, e lelli quivi gli ordini delP arciduca,. con cui palesava la volonlà sua risolula di non volere in verun modo tollerare fra i suoi sudditi alcuno, che abbracciali avesse altri senlimenti fuor che quelli, che la chiesa caltolica aveva prescritto di credere, ed esposline al popolo i principali punti, lasciarono gli eretici in liber)à o di ritornare alia comunione romana, o di sortire colle loro famiglie dalla contea. II governo presló la sua assistenza alP inquisizione, che si fece nelle abitazioni de', cittadini sospetti; i libri eretici che riusci a commissari di ritrovare, furono in pubblica piazza abbrucciati. Tre famiglie nobili ebbero la fermezza di autenticare, abbandonando la patria , la persuasione, in cui vivevano ; alcuni ebbero la villa di fingere d' essersi delP errore ravveduti, e molli la furberia di nascondere al pubblico quello, che internamente sentivano. Parlirono gPinquisilori ; ma lasciarono nella persona di Giovanni Tauischer párroco, ed arcidiacono di Gorizia un vigilante paslore del suo ovile, ed uno Zelante custode de' sovrani comandi. Atlentissimo agli andamenti dei suoi parocchiani, senza mai combattere in pubblico I' errónea dollrina, con un indefesso esercizio del suo ministero, manteneva i fedeli nella strada delPantica credenza, cercando con privati colloqui di riacquistare coloro, che da quella erano deviati. Se vedeva restar senza effelto il suo zelo, si faceva un dovere di denunziare i conlumaci al principe ; quindi avvenne che per ordine sovrpno (S magg. 1539) furono esiliati sei altri onorati cilladini. Si prese questo zelante ecclesiastico tanto a cuore lo stalo della religione nella contea, che, créalo vescovo di Lubiana, cerco col mezzo di Germánico Malaspina, nunzio alia corte delParciduca Cario, di poler in qualiiii di visitatore apostolico visitare la nostra provincia. Conoscendo egli, che il male aveva le sue radici né\villcggi confinanti colla Carintia, e colla Carniola, coi quali questi abitanti mantenevano una non interrolla comunicazione, pereiô arrivato nella contea scrisse a' curati (nel maria I5§3) di Tolmino, di Canale, e di altre paroccliie, che sono situate verso la Carniola, notificando loro la voloutà delP arciduca, la quale era di non nccordare la sovrana sua 298 ISTORIA protezione se non a que" sudditi, die dal vincolo d' una slesss religione non meno (lie da quelln d'un zelo commie pel loro principe fossero unili; esortandoli in appresso a far palese al popolo il sovrano volere, perché ognuno si préparasse neila prossima pasqua all'adempimento del precelto della chiesa, il quale alio di sommissione siccome sorebbe stato di lutein a" fedeli, cosi 1* innoservanza avrebbe attirala la perseenzione agli oslinali neila perversione. Finalmente inculcó loro di denunziare tutti i sospetti d". eresia al governo. di Gorizia, perché fossero esiliati dalla conlea, come essi avevano voluto di propria elezione separarsi dalla chiesa. Quesla fu la regola, che il visitatore apostolico lasció a' parrochi per iscoprire i sellar!, e con cui egli credelte di eslirpare tulte le piante infetle, che tralto tralto ripullulavano neila nostra provincia. Ma Paolo Bisanzio, vescovo di Cattaro, che visitó nel seguenle anno la contea, conobbe loslo, quanto questi mezzi fossero inefficaci per isradicare tanli germi lasciati nelle fumiglie da que" ciltadini costretli per la miscredenza ad abbandonare la patria ; onde scrisse egli al ñunzio aposlolico in Gratz ( nov. 1588), perché rendesse islruilo Farciduca, e cercasse di provvedere al pericolb, a cui tulla quella parle della provincia, che fra monli é sitúala, Irovavasi esposta di radere ne' piii strani errori dell'eresia. Non ando guarí che una nuova stravaganlissima setta insoria neila Carniola verificó i timori del prelato. Nel medesimo anno, ch' egli impiegó le sue pastorali cure nella visita della conlea, traspórtale da una riscaldata fantasía alcune "comunità correvano a Iruppe qua e là per quella provincia coll' idea di dover per divino comando erigere delle cappelle ; allre poí sortivano di nolle cercando luoglii solitar!, e soslenendo che a quelle notlurne conventicole comparivano gli sngioli in figura di uccelli, e le islruivano in una dollriiia, ch'era del lutlo diversa da quella, che insegnavano i loro pretifa^. Questo fanatismo passó ben presto dalla vicina provincia neila nostra contea : ecco la memoria che Malleo Noctua párroco di Prebacina ci lasció scrilta neíl' arino 1584 nel sno libro battesimale. Trovossi della gente d' ammendue i sessi, che rirolgerasi in terra attorno la chiesa di s. Lucia ricino Tolmino. Questu correrá qua e là a) Si trorano nell' are hirió del ricedominato di Lubiana le inquisizioni pin rigorose, che furono fatte contro qvesti seltari.-Si diede a' primi il nome di fonda tor i, e gli al tri furono chiamati della sella de' sal la tori. tome fuori di sè, e priva di ragione per i villaggi alia rolla delle chiese, batiendo colle niant, e tremolando con futto il corpo, ingiuriando con parole, ed opponendosi con fatli agli ecclesiastici. Questi sono monumenti, che comprovano ta debolezza dell'umana ragione. Rese pubbliche cosi falte stravaganze, si credetle nuovamente necessaria la delegazione d" un illustre ecclesiastico, il quale ponesse ergine a maggiori disordini, e col suo crédito, e colP esempio riconducesse i fanalici sul sentiero della ragione. Fu a tal eíTelto nominato visitalore aposlolico Giovanni Andrea Caligaris, vescovo di Bertinoro: nunzio della s. Sede alia corte dell'Arciduca Carlo, il quale assistito (IS8S) da Andrea Nepokai, allora párroco, ed arcidiacono di Gorizia, non risparmió nè falica, nè sollecitudine per rinlracciare, e scoprire gli aderenti a cosí slrane sette, ed i promotori di si fatte moleste perlurbazioni. ïrallô egli i colpevoli col sommo rigore delle leggi; insistetle con efficacia presso il governo, affinchè fossero esiliati, e non si slancù d1 adoperarsi eolio stesso zelo, fin a tanto che non vide púrgala la contea di tatti coloro, i quali o erano sospetli, o si manifesíavano conlaminati nella lor fantasia (a). Ad onta delle pastorali futiche di questi due ecclesiastici per eslirpare nella contea ogtii radice di luteranismo, rilevasi dalla relazione data (S* mag. J5»S) dal visitatore apostolico Francesco Barbaro all'arciduca Ernesto della sna visita fatta nella nostra provincia, che il germe d" innovazione non solo non era estinto, ma veniva anche foméntalo, e nutrito cfa1 libçi ereticali, che vi aveva scoperti (h). Nell' età pupillare dell" arciduca Ferdinando fecero gli stati delle nostre vicine confederale provincie tutti i tentativi per ottenere la concessione del libero esercizio della confessione augustana conceduto dal defunto arciduca Cario. Inviarono de* deputati alF imperadora Massimiliano II, come supremo tutore, ed instarono si presso la vedova arciduchessa Maria, che presso 1* arciduca Ernesto, governatore degü stati del loro principe : ma tutto fu senza verun eflelto. Keiterarono a) Secondo le memorie del párroco di Prebacina gueslo prelato si trattenne in Gorizia oltre un anno. il che confA"masi da una lellera scritta dal rescoro il di 17 novembre 1586 a' cittadini di Gradisca peí vicariato di quella fortezza, che volevasi ridurre in parocckia. Conservasi quesla lettera {ra le scritture del magistral o fis. di Gorizia. b) Archivio Delmeslre. 21 300 ISTO RÍA • i protestanti con maggiore c puo dirsi piii tumultuosa iusistenza (a) di prima le loro dimande presso 1' arciduca Ferdinando, allorj che assunse le redini del governo de' suoi stati: ma questo principe ad onta deir infelice situazioue, in cui trovavansi esposte le sue provincie per la guerra co' Turchi, e del bisogno che aveva de' soccorsi dei sudditi e délia giovanile sua elà (6), ebbe il coraggio, e la fermezza di pubblicare (1» sett. 1599) ¡i bando contro tutti i predicanti che trovavansi ne' suoi stati, accordando loro quindici giorni per fare le loro disposizioni, e rinnovare nel seguente anno (13 nov. 159») il bando contro i medesimi, ingiungendo le più severe pene contro quelli, che venissero nelle sue provincie scoperti. Benchè i ministri protestanti ubbidissero agli ordini, rimasero tuttavia da per tulto moite scintille nascosle pronte a divampare. Questo fa il momento che colse Girolamo di Porzia, nunzio apostolico, per proporre a Ferdinando il progetto d'introdurre ne' suoi stati ad esempio dell' Italia, e d' altre regioni i trlbunali dellu inquisizione. ' Il vescovo di Lavant, Giorgio Stobeo, luogotenente délia reggenza di Gralz, rigettando le proposizioni del ministro pontificio per riguardo alie provincie infette di falsi dogmi, le secondé riguardo alia nostra conlea, onde preservarla dal contagio (c). Ma i nostri maggiori seppero garantirsene senza P introduzione di questo tribunale, ed allontanarne da sé ogni pericolo. FINE DEL PRIMO VOLUME. a) Leltera di Giorgio Slobeo rescato di Lavant serillo» il di l[mag. deU'anno 1604, e riporlata dal P. Hansizio nel secondo volum» délia sua Germania sagra, h) ir anni ventano. e) Collezione dette leltcm di Giorgio Stobeo pag. 20. INDICE DEI CAPITOLI CONTENÜTI NEL PRIMO VOLUME. AL LETTORE........pag. — INTRODUZIONE...... . „ I Libro Primo. Capitolo primo Massimiliano I. prende possesso della contea di Gorizia . „ 1 Capitolo secondo Guerrs di Massimiliano colla repubblica di Venezia nell'anno 1508. I. Motivi di questa guerra ..... II. Entra Massimiliano I. negli stali della repubblica . III. Falli d'armi in Friuli e nella contea di Gorizia ; loro conseguenze svantaggiose per Massimiliano . IV. Tregua frá Massimiliano e la repubblica di Venezia Capitolo terzo Allí a guerra fra Massimiliano e la repubblica di Venezia. I. Motivi della lega di Cambrai . . . . „20 II. Incursione degli alleati negli stati della repubblica di Venezia nelVanno 1509. . . . 1 . n 24 III. Continuazione della guerra negli anni 1510 e 1511 „ S2 IV. Tregua fra Massimiliano e la repubblica di Veneziae trattato d'alleanza dell'imperadore con papa Giulio II. contro la medesima nelVanno 1512. . . „ 41 V. Grimperiali s' impadroniscono di Maraño nell' anno 151 'r. inutili sforzi de' Veneziani per riacqvistarlo „ 41 VI. Campagna dell' anno 1514, e sospensione d' nnni ronchiusa fra i sudditi d' amendne le parti . „ 47 4 9 11 18 VII. Quiete nella eontea ed in FriulinelTanno ÍM5 ; ultimo futto d'armi di questa guerra nell'anno 1516, pag. 53 VI¡I. Tregua fra V imperadore Massimiliano e la repubblica di Venezia dello stesso anno 1516. . . , 53 IX. Massimiliano prolunga nell'anno 1518 per cinque anni la tregua collá repubblica di Venezia . . „ 54 Cupitolo quarto Succesione nel dominio della contea di Cario V, e dell'arciduca Ferdinando suo fratello: trattati fra loro e la repubblica di Venezia. I. Carlo V. e l'arciduca Ferdinando confermano negli anni 1521 e 1522 i pritilegi della contea . „ 57 II. Capiloli conchiusi in Wormazia fra Carlo V e la repubblica di Venezia nell'anno 1521. . . . „ 59 III. Pace e lega fra l'imper. Carlo V, l'arciduca Ferdinando e la repubblica di Venezia nell'anno 1523 . »61 IV. Convenzione ed alleanza fra papa Clemente VII, l' imper. Cario V,il re Ferdin. arcid. d' Austria suo fratello, la repubblica di Venezia e Francesco Sforza duca di Milano nell'anno 1529 . . . . „ 63 V. Senlenza di compromesso proferita in Trento nell'anno 1535, intorno alia restituzione de' luoghi converiuta col fraílalo di Venezia dell'anno 1523, e colla convenzione di Bologna dell'anno 1529 . „ 65 Capitolo quinta Perdita delta fortezza di Maraño nell'anno 1542, inutili tenlativi degli Austriaci per ricuperarla. , 68 Capitolo sesto Succcssione di Carlo arciduca e di Ferdinando suo figlio nel dominio della contea di Gorizia. I. Ferdinando I dispone della contea di Gorizia in favore dell' arciduca Cario suo terzo figliuolo. . „ 76 II. Amministrazione degli stali dell'arciduca Ferdinando nel temp» dell'etá sua pupillare. . . . »78 Capitol o settlmo Altre spedizioui ed altri armamenti di guerra, fatti nella cónica di Gorizia nal corso del XYI secolo. (. Soccorsi spediti dai Goriziani contTO il Turco, e provvedimenli per difendere la coitlea da queslo nemico ....... pag. 79 //. Provvedimentí generali fatti nella contea per la propría difesa.......»88 Libro Secondo. Capitulo primo Governo civile »della contea dall'anno 1500 all'anno 1600. I. Del capitano capo della contea . II. Serie dei capitani della contea nel XVI secolo III. Del luogotenente della contea IV. Del capitano di Gradišča ed altri capitani . V. Degli stati provinciali della contea di Gorizia VI. Aggregazione alia nobiltá patrizia VII. Archivi e custodia delle pubbliche scritture Capitulo secondo Amministrazione di giusíizia dall* anno 1500 all'anno 1600. 104 108 110 111 114 118 I. Leggi municipali . . . . . « 121 II. CostitUzione del principe . . . . ■ „ 132 III. Tribunali di giustizia nelle cause de' palrizí, e di altre persone privilegíate, nelle cause de' cittadini, e nelle cause fiscali . . . . . » 143 IV. Tribunali di giustizia nelle cause critninali de' palrizí-, nelle cause criminali d'altri sudditi . . ,146 V. Giurisdizione civile e crimínale del capitano di Gradišča, e d'altri capitani ; delle gastaldie ; del gastaldo del paese : giurisdizione civile e crimínala concedula dal principe a' particolari chiamati giurisdicenti. . . . . . » 148 VI. Ordine giudiziale; e provvedimenti curiali . „ 151 / Capitol« terso Rególe d'amministrazione interna nella contea nel «ecolo XVf. I. Annona ........ pag. 156 II. Provvedimenti di sanità, di sicurezza e di neltezza „ 159 III. Spedali, provvedimenti pei poveri e progetto d'erezione d'un monte di pie là. , . . . . „ 164 IV. La comunicazione délia contea colle vicine provincie col mezzo delle pubbliche strade aperla, e l'uffizio di posta introdotto . . . .' „ 166 V. Agricoltura. . . . . . . . „ 170 VI. Popolazione. . . . . . . . „ 179 VII. lndustria . ... . . . „182 VIII. Costumanze . . . . . . . «184 Capitulo quarto Rendile del principe, ed ammininistrazione di pubblica economit dall'anno 1500 all'anno 1600. I. Della moneta ..... II. Dei beni camerali del principe . III. Dei feudi ... IV. Gabelle, ed istituzione di nuove dogane V. Sussidí in denaro somministrati al principe VI. Delle imposte sopra le Ierre VIL Imposte personali e dazi . . VIII. Rególe d'amministrazione della pubblica economía 193 198 210 213 220 226 231 236 Capitolo quinto Governo ecclesiastico dall'anno 1500 all'anno 1600. I. Del patiarca d'Aquileja ...... II. De' visita tori e vicari apostolici, degli arcidiaconi, delle visite e dei sinodi : progetlo