IST0IU4 DELLA CARLO MÖRELLI DI SCHÖNFELD in qiiattr© Volumi compresavi un Appendice di note illustrative. VOLUME SECONDO che abbraccia l'epoca Dall'Anno 1600 all'Anno 1700. GrORIZIA PREMÎATA TIPOGRAFIA PATERNOLL! 1855. \ ISTORIA della COITEA DI GORIZ1A LIBRO TERZO. CAPITOIiO PRIHO. L'arciiiuca Ferdinando, dipoi imperadorell di questo no me, assume il go verno de lie sue provinci e. ERVENUTO l'arciduca Ferdinando alP età di diciasette anni cominciè a reggere (15»5) da sè stesso i suoi stati, e si dispose ad onorare coll' augusta sua presenza come altre provincie anche la nostra, ed a ricevere personalmente l'omaggio délia contea, la quale con molti apparecchi aveva prevenuto 1' arrivo di lui, cercando di contestare co' più ardenti voti la sua impazienza. Ma Ferdinando contro ogni aspettazione non proseguí il suo viaggio, e non vide lo stato e la situazione, nè di Gorizia, nè dei Iuoghi litorali. Iguorasi il motivo di questa improvvisa mutazione ; solamente sappiamo, che trovandosi egli in Lubiana, conferí (159?) al vescovo Giovanni Tautscher su o luogotenente alla reggenza di Gratz, ed a Raimondo délia Torre cesáreo ambasciadore in Venezia la commissione di ricevere in nome di lui I' atto del vassallaggio dei sudditi délia contea (a), il quale fu solennemente prestato (•'* mai'. a) V istrmione è data da Lubiana il di 7 febbr. deW amo 1597. 4 I S X O U I A 1503) dopo molte discrepanze di paren insorte rispetto alie formalitá del giuramento; discrepanze, di cui va esente il nostro secolo. Benché l'arciduca col mezzo di Corvado di Orzon in questa occasione delegato da1 Goriziani alia sua corte, e con un particolar scritto (3 n«ar» ISO?) avesse assicurati i nostri stati, ch' egli ad csempio dell' augusto suo padre non dissentirebbe di confermare i privilegi, e le antiche loro consueftidini, nulla di meno i nostri maggiori non seppero acquietarsi. Falte parecchie istanze, e singolarmente negli anni 1614 e 1615 rinnovarono essi (IOS») colla delegazione di Riccardo di Strassoldo le loro piii vive ed umili suppliche, per ottenere un sovrano speciale rescritto: ma il saggio principe, cha intendeva per confermate tutte le btione leggi della patria, e nieditava di riformare le men buone, stimó superflua una formalilá, la quale, anzi che verun buon elfetto, ne poteva produrre molti conlrari. Al tempo di questo principe riunirOnsi gli stati austriaci dell'AHemagna sotto un sol capo. Prima che mancasse 1' iinperadore Mattia senza successione, la corte di Madrid aveva giá disposto di questa racnarchia in favore di Ferdinando, a cui tutte le nazioni accordarono le virtii d' un monarca, e le qualitá di un eroe. Filippo III re delle Spagne, non persuaso solo 1' imperadora a dichiararlo per successore dei suoi stati, ma indusse ancora gli arciduchi Alberto e Massiiniliano, fratelli di ílatlia a rinunziare a Ferdinando tutti i diritti che essi vi avevano ed a preferire a' loro particolari interessi i vantaggi, e la grandeZza dell'augusta loro casa. Ferdinando fu solennemente coronato (SO giug. -ÍC19) re di Boemia, e nel susseguente anno re di Ungheria, finalmente dopo la morte dell' imperadore Mattia fu eletto ( SS apr, 161») re de' Romani. I nostri stati elessero Raimondo della Torre onde complimentare il loro sovrano per la corona di Boemia, ed Enrico di Orzon a complimentarlo per la corona imperiale (a). La guerra che mosse a questo principe la repubblica di Venezia, la forma piii nobile e decorosa, ch' ei diede ogli stati goriziani, e la riforma de' patri statuti sono nel corso dell' impero di Iui le piii interessanti epoche per la nostra contea. Ferdinando II mori in Vienna il di 15 febbraio 1637. a) L'istruúone peí primo é del di '2-i agosto 1017, e quella peí secondo del di 29 marzo 1619. della contea di gorizia. C4PITOLO SECON DO. Guerra fra l'arciduca Ferdinando, e la repubblica di Venezia negli anni 1615 e 16 16. I. Mutivi di questa guerra ANTE sono ne' falti dei principi le ragioni sconosciule al volgo, e tanli gli avvenimenti e cosí vari, e da inolivi cosí irapercettibili e lontani dipendono, che riesce mulagevole 1' indágame la vera origine. Tullo ció, che da uno storico se ne puó diré si riduce ad alcune notizie ed asserzioni fondate sopra quelle memorie, che la gelosia del governo permelte di tramandare alia posterita. Se ne' soli storici veneti rintracciar si volesse i inolivi delle oslililá, chu scoppiarono poi in un' aperta guerra fra 1' arciduca Ferdinando e la repubblica di Venezia , tutta la cagione ne verrebbe únicamente imputata alia tolleranza, che i principi auslriaci come re d' Unghoria, e padroni di Segna dimoslrarono per gli abitanti di questa cilla, conosciuti nelle storie sotto il nome di Uscocchi, di cui le scorrerie praticate peí corso di piii d' un mezzo secolo divennero tanto moleste, e suscitarono tanta gelosia al senato di Venezia, che servirongli di pretesto per muovere le sue anni contro gli stati di Ferdinando; 111a siccome gli eccessi dei Segnani non erano se 11011 che efleiti di piü lontane cagioni, le quali Irassero origine dalla condolía de' Veneziani stessi, cosi devesi rimonlar a' teinpi anteriori, e scoprire in quelli la vera origine della guerra, di cui in queslo luogo intraprendesi di parlare. 6 i s t o r i a Avevasi già da Iungo tempo acquistata la repubblica di Venezia moltissima riputazione sull' Adrialico per lo scadimeiilo dell' impero orientale, e per la non interrotta cura eh'ella si pigliava di tenere purgato quel mare da' pirati. La distruzione delle forze marittime dei Narentini popoli délia Dalmazia, che pel corso di quasi due secoli -contraslarono la superiorità a' Veneziani, avrebbe loro già verso la line del X secolo assicurato T impero del detto mare, quaodo i re di Sicilia ne' due susseguenti secoli, e Lodovico il grande re di Ungheria e di Polonia (a), nel secolo XIV non si fossero renduti in Levante ugualmente rispettabili. Ma declinando da una parte le forze marittime de' Siciliani coll' estinzione dei re Normanni, e dileguandosi interamente cogli Angioini, e dall' altra aumentandosi quelle dei Veneziani per via degli acquisti fatti nella Grecia, e dalle molle villorie navali riportate sopra le altre repubbliclie d'Italia, finalmente per 1' indolenza dei re d" Ungheria, divennero essi padroni dispotici dell' Adriático. Dipendendo la sorte degli slati, o dalla direzione ili quei che li reggono, o dalla poca avvedutezza de' viciai, una sola di queste cause è spesso bastante a innalzare una potenza. Ali' ingrandimento dei Veneziani concorsero ainendue. Il pontefice Alessandro III ascrivendo alla repubblica la sua riionciliazione coll' lmperadore Federico Barbarossa, voile esternare cou un atto di sua gratiludine un avvenimento, che assicurogli il triregno. Lasció in Venezia al doge Sebastiano Ziani un anello, c(în cui pretese di concedere il diritto alla repubblica di sposare l'Adriatico in contrassegno del dominio colle arini acquistato ; cerimonia, che continuasi sino al giorno d'oggi ad attrarre in quella capitale i curiosi da tutte le parti. Prescindendo dallo splendore di questa fastosa cerimonia, la repubblica, col numero de' suoi vascelli conservossi in mare sino agli ultimi secoli rispettabile, ed opponcndosi a tutti coloro, che polevano recar anche di lontano alla sua superiorità la niinima gelosia, non. permetteva ad alcun altro principe, nè ad alcun'altra nazione di esercitare verun atto di apparente giusisdizione (b). ¡Son derivava a) Queslo valoroso principe non solo obbligù neiï anno 13.57 i Veneziani a rinunziare alla Dalmazia ch' egli riuni al regno d'Ungheria, ma li costrinse euandio con altro traltalo di pace conchiuso nelV anno 1382 a pagare alla sua corona l'annuo tributo di settemila ducati d' oro. b) Vulendo il daca di Ossuna vicerè di Napoli 1018 spedire per la via di Trieste un soccorso di truppe a Ferdinando in solo questa gelosia da ambicione, fondavasi sopra un reale interesse. Arbitri i Veneziani del mare, erano arbilri anche del commercio, e col titolo di tener il mare purgato dai pirati imposera (13SO) al passaggio del golfo sopra le barche delle gabelle, come i principi fanno sopra le merci, che hanno transito pei loro slati. In tal guisa lasciando a' soli nazionali libera la navigazione delP Adriático, e permettendo imposizioni sopra le barche foresliere, arricchirono di nuove rendite il pubblico erario. La eittà di Bologna fece guerra co1 Veneziani (12 onde i! dazio imposto da loro, fosse a favore di Iei ribassato, e gli Anconitani furono assediati, per aver voluto resistere apertamente (a). Nicolô III tentó di ripetere 1'anello presentato in dono da Alessandro III, e di sciogliere gli sponsali col mare dalla repubblica contradi: ma gli mancarono fórze, che aceompagnassero il breve pontificio. Era per tanto piii agevole il prescrivere leggi, che il farle osservare, e la facilita di eluderle induceva tutti a sottrarsi da un tributo, il quale fuori di Venezia riputavasi violente ed ingiusto. Ma coloro che avevano la sorte d1 essere sorpresi, portavano colla perdita dei loro elïetti la pena per tutti, ed i Veneziani ne traevano profitto. L' imperadore Federico padre di Massimiliano I conosceva tanto I' avanzamento del commercio, di cui la città di Trieste per la vantaggiosa sua siluazione era capare, quanto I' arte e gli sforzi, che impiegavano i Veneziani per difficoltarlo, ma troppo pacifico per Boemia, la repubblica ordino al suo ambaseiadore, che col re medesimo s' esprimesse altamente, che da lei non sarebbe mai sofferta la viólala, giurisdhione del golfo, ne che sotlo gli occlii della Dominante passassero legni e genti ármate, onde il re, al quale premeva, n'e amara, che ne' Veneziani si inlerrompesse la pace, fece sapere ceñosamente all'Ossuna che per altro cammino pin cauto, sebbene più tungo, gliele inviasse. Storia veneziana di Giov. Batía Nani libro 3. Cosi ancora, arrivata nelV anno 1630 in Napoli V infanta Maria, sorella di Filippo IV delle Spagne, destínala sposa di Ferdinando re di Ungheria, e figlio di Ferdinando II, e volendo con la squadra spagnuola proseguiré il suo viaggio fino a Trieste, la repubblica dichiarossi mediante il suo residente in Napoli, che se gli Spagnuoli non accettassero /' offerta di passare coi legni reneti V Adriático, converrebbe alia Reina ira le battaglie, ed i cannoni passare alie nozz-e. Nani. libro 8. a) Pietro Giust. Lib. 3. opporsi alie prepolenze della repubblica, e troppo avveduto pef trascurarle, cercó di vantaggiare gli inleressi del suo porto, senza cimentarsi colle di leí marittime forze. Concedette perció a quella piazza esenzioni e privilegi tali , che lusingarsi poteva , che i mercatanti d'AUemagna solili di frequenlare le flere di Capodistria, rivolgerebhero a Trieste il loro trafñco. Considerando i Veneziani le loro provvidenze, con cui 1' iinperadore cerco di trarre il commercio d'allre nazioni in Trieste, come un attsntato contro ¡ loro slati, credettero di dover difendere un vantaggio precario d'una citta di lor dipendenza come un diritto inseparabile dalla loro sovranita. La repubblica si pose in armi (146IJ, i suoi bastimentó coprirono il golfo di Trieste, le trappe posto piede in quel territorio, e devaslatolo assediarono la citta, determínate di vendicarsi, se il pontefice Pió II gia vescovo di quella citta 11011 si fosse inlerposto e procúralo non avesse la pace, le cui condizioni furono dal veneto senato dettate (a). Massimiliano I colla spedizione di duemila uomini, che s'imbarcarono in Trieste, e passarono (1503) neI regno di Napoli in soccorso del re di Spagna, mostró di credere, che non fossero ben fondate le pretensioiii dei Yeneziani circa il dominio deH'Adriático (6), ma non di rneno la liberta di uavigare per questo golfo non cominció che dopo i trattati conchiusi in seguito Ira la repubblica, ed i principi collegati nella lega di Cambrai. II pontefice Giulio II negli articoli della riconciliazione segnata(15 fe1»b. ISIO) co'Yeneziani, e con giuramento confermata da tre procuratori di s. Marco (c), volle che fosse stipulata una particolar convenzione, contenente un articolo nel quale esigeva, che i sudditi della chiesa fossero esenti d' ogiii dazio nella navigazione del golfo. Niente meno importante fu riputato questo articolo dai noslri principi. In tutti i trattati conchiusi successivamente si da Cario V, che da Ferdinando I col senato di Venezia incontrasi inserita la libera navigazione del golfo rispetto ai sudditi austriaci. Ma non pertanto le nostre barche non cessarono di essere con dazi aggrayate (dj. Non trascurarono i Triestini sino dall'anno 1529 di presentare a) Vedasi di Giov. Eatta. Veri il libro 3 alV amo Í464. b) Guicciardini. Libro 5. c) Paolo Capello, Paolo Pisani e Girolamo Donato. d) " Tute et libere „ sono le precise parole. Siete padroni, dicetano i Veneziani, di passare peí nostro golfo, purchè paghiate i dazî e le gabelle che abbiamo a riscuotere. a Ferdinando le piii vive rimostranze implorando la sovrana di lui protezione contro gli impedimenti che ponevano i Veneziani alia loro navigazione, e pervenuta coll" Ungheria alia casa d' Auslria una piccola parte di quelle coste verso la Dalmazia, le quali non erano state ancora conquístate da' Veneziani, unirono quei sudditi le loro istanze a quelle délia città di Trieste. Ma privo l'infelice principe di forze marittime, ed attaccato da tulte le bande dagli Ottomani, non ebbe nè tempo, nè mezzi di proteggere e di difendere il commercio dei Iuoglii suoi litorali. I Segnani furono i primi, ch1 ebbero il coraggio d'opporsi apertamente. Discesi costoro da una nazione per natura sua bellicosa, e dalla sterilità del suolo aile fatiche avezzata ; con le scorrerie che facevano a' conQni dei Turchi, e coi navigli che armavano in corso, devastandone i villaggi e le campagne, e depredandone gli efletti in mare, si resero vieppiù guerrieri e feroci. Come che di mal occhio potesse veder la repubblica queste nascenti forze snl Adriático, nondimeno le circostanze non le permettevano ad opporsi. Nella guerra (153 ï), che le potenze d'Italia dichiararono alla Porta ottomana, trovava ella confacenti ai suoi interessi le imprese di un popolo, il qualo oprava di concerto colle sue armate navali. Ogni rispetto cessé, allorchè i Veneziani pacificaronsi col Turco ; ed ogni lor pensiero fu rivolto a trovar modo di costringere i Segnani a contenersi nei loro lidi (1548). ed a controvertiré i legni atti al corso in piccole barche di pescatori. Le galere venete fugarono bensi i Segnani, ma non polerono inûevolire quegli animi bellicosi, che anzi inaspriti con animosità e sdegno si unirono a fronte dei bastimenti veneti, e scorsero con maggior numero 1' Adriático, La situazione dei loro lidi coperti da scogli e da isole, dava loro dei vantaggi, i quali contrappesavano le forze dei loro avversarî. Penetravano con piccoli legni in siti, ai quali i Veneziani non potevano accostarsi, e la velocità, con cui navigavano, compensava la superiorità dei loro nemici. Questa vigilanza in mare contro le frequenti sortite che facevano i Segnani, poneva i nostri viflni in ist^Jo di sorprendere i bastimenti che da Trieste e Fiume si partivano, e senza pagare i dazî passavano il golfo (155S). Le prime relazioni di Francesco délia Torre ambasciadore imperiale in Venezia toccano per lo più gli impegni, con cui questo ministro unito a Francesco Vargas ambasciadore di Spagna, dimandava conto delle ostilità esercitate dalle galere venete contro i Segnani e contro i nostri mercatanti, e dei motivi, per cui si ritenevano * 10 ISTORIA le mercí dei suddíti austriaci, esortando I' imperadore Ferdinando I, a sostenere le ragioni, che il diritto delle genti accorda a tutti i popoli. Ma le guerre in Ungheria, che si credettero dalla corte di Vienna di maggiore importanza, perché minacciavano maggiori pericolí, resero infruttuosi gli uffizi dell' ambasciadore coi Veneziani, e ne lasciarono senza provvedimento le rimostranze. Quindi j Segnani disperando da ogni riparazione da parte del Senato, sostituirono alia pubblica difesa la privata vendetta, facendola servire di incitamento ad esercitare contro i bastimenti dei mercadanti veneti rappresaglie tali, che diedero occasione alia repubblica di contrapporre le sua lamentanze a quelle dell' imperadore. I disordini che ne nacquero, furono relativi al determinato partito dei Segnani, ed ai mezzi che presero i Veneziani per reprimera la loro arditezza. Le cose furon e dall' una e dall' altra parte spinte air ultimo eccesso. Si convenne si per parte di Ferdinando che per quella della repubblica, di delegare in Segna de' commissarí, che esaminassero le reciproche querele de' sudditi, e benché i commissarí veneti non fossero comparsi nel determinato tempo al congresso, 1'imperadore volle accordare un' altro termine, dichiaratido di non esser alieno dalla restituzione delle merci, prese da' suoi sudditi. K Siccome pero codesto Senato (®0 mag-. 1S59)„ sono le parole delle lettere imperiali al doge d' allora " potra fácilmente scorgere, che la nostra sincera volontá sia di conservare in ogni modo la pace e la quiete co' nostri vicini, cosi aspetliamo dal medesimo non disuguale disposizione, esortandolo ad ordinare la liberazione delle merci, di cui furono i fedeli nostri cíttadini di Se'gna spogliati, ed a non permettere, che i medesimi sieno per l'avvenire turbati ed impediti nella liberté e sicurezza della loro navigazione (a). „ Queste poche parole pongono in chiaro aspetto il soggetto della discussione, che v' era in que' tempi tra la corte di Yienna e la repubblica di Venezia. Ad o nía della fermezza, con cui sostenevano i due ambasciadori austriaci in Venezia la liberta del commercio, e ad onta delle forti proteste delle corti di Vienna, e di Madrid contro le pretensioni del Senato, non cessava questo*di riscuoílre colla forza i dazi, Ma gli Austriaci furono a questa esazione costantemente cosi renitenti,- che si contentarono di assoggettarsi all' intera perdita delle loro merci, piuttosto che riscattarle con una anche leggiera contribuzione. In conformitá di questo, V avveduto ministro Francesco della Torre, scrive a) Architio di Duino. a Ferdinando I febb. 156 II nell' occasione, che una barca apparteriente ad un mercadante lriest.no (fl) avviala per la Puglia era stata arréstala e condolía a Venezia : e perché questi dazî non possano giammai portar il minimo pregiudizio alla M. Y. ,feci chiamare il mercante, amnionendolo, come ebbi sempre il costume di fare pel passato, di non pagarli in verun modo. Frattanto continuarono da una parte e dall' ultra le rappresaglie. Queste gare agguerirono in si falta guisa quel popolo, ed ammaestraronlo si forte neli'arte del navigare, che ingrossandosi anche vie più in numero, divenne uno de' maggiori oggetti di gelosia pel venelo Senato. Perciô decreto il Senato veneto V estirpaz'one d'un popolo, che per lanti motivi rendevasi sospetto ail' avvedutezza di quei repubblicani e non avrebbe tardato a dirigere incontanente tutte le sue misure a questo oggetto, se la guerra (!»?»), che non poté evitare colla Porta, non l'avesse obbligato non solo a sospendere ogni impresa contro la città di Segna, ma a porre eziandio non lieve fidanza nella bravura d'un popolo in altri simili casi sperimentata, ed a trarre F ultimo vantaggio da una nazione, di cui giurato aveva l'esterminio (6). In fatti, conchiusa la pace coi Turchi, rivoltô la repubblica il principal suo pensiero ai mezzi, onde disseccare il germe di quelle forze, di cui dai rapidi primi progressi calcolato avea l'ingrandimento. Non progettossi in Venezia niente meno che l'espulsione di quel popólo dal territorio di Segna, divisando di disperderlo ne' villaggi e nelle terre più interne délia Croazia, e di proibire per sempre agli abitanti di quelle contrade qualunque sorte di navigazione. 1 Yeneziani si confidarono d'ottenerlo da' principi involti nella più ostinata e crudele guerra con gli Ottomani. L'interesse dei sudditi délia chiesa e délia repubblica Ragusea, i quali alcune volte colle prese de' legni turchi ed anche veneti, risentivano gravi danni per la perdita delle merci che vi avevano caricale, e la gloria che ambiva il Senato di tener il mare da pirafi purgato, furono gli speciali titoli su ctii fondava le sue pretensioni. Tanti e tali furono i maneggi, che impiegô in questo affare la repubblica, che Massiiniliano II e Rodolfo suo figlio, e successore le diedero ascolto in guisa tale, che, se l'arciduca Carlo che teneva colla Croazia in amministrazione anche i luoghi litorali non avesse penetrato le vere mire de' Veneziani, e oonosciuto «ella siluazione a) Domenico Bragherio. b) Andrea Morostni. Libra 12. del popolo Segnano, nella naturale di lui robustezza, nel coraggio e nella singolare abilità ch' esso avea nella navigazione, i vantaggi, che agli stati austriaci col tempo derivarne potevano, il ministero délia corte imperiale, anzi che opporsi, secondato avrebbe i perniciosi disegni délia repubblica. Intanto l'attività indefessa e féconda d¿l veneto Senato eccitata sempre da uno spirito imperioso, singolarmente allorchè si trattava del dominio dell'Adriático, prese il partito d'avvalorare colle forze di mare i maneggi de' suoi ministri, di obbligare colle sue galere l'arciduca Carlo ad accettare le leggi, che il gran consiglio in Venezia aveva dettate. Questa parve alla repubblica l'occasione opportuua di porre a profitto la situazione cïelle sue isole che in faccia aile montagne di Segna dominano da una parte il Canale délia Morlachia, e dall1 altra il golfo di Fiume, e di giustificare quei pressanti motivi, i quali 1' avevano spinta a conquistarle. Pochi navigli armati chiusero da ogni banda il passo per mare a tutti i luoghi marittimi del dominio austríaco. Dalí'anno 1576, in cui i Veneziani si servirono per la prima volta di quesío stratagemina, sino al tempo délia guerra, trattine alcuni inlervalli, non solo fu ai noslri impedito ogni commercio cogli altri stati, ma ancora interrolta per mare ogni comunicazione da una air altra delle nostre piazze, e sospeso il traffico con danno dello stato, furono i reciproci necessarl soccorsi con universale disagio del suddito trattenuti. Tali ostilità esercitate dai Veneziani contro gli stati de' noslri principi, accrebbero le angustie a cui le guerre coi Turchi aveanli ridotti, e benchè dagli andamenti délia repubblica altre mire non si scoprissero, se non d'obbligare la corte dell' imperadore, e quella dell' arciduca Carlo a porre freno a1 Segnani, nulla di meno questi movimeuti non Iasciavano d'inquietare moltissimo le vicine provincie, e maggiorinente la nostra contea, la quale ricevendone gli avvisi da quegli abitanti doveva prendere le più opportune misure, per mettersi in istalo di difesa contro de' suoi confinanti. A riparo perianto di cosí molesti e di cosí rilevanti danni, furono da' nostri principi reiteratamente deputati in Segna riguardevolissimi commissari, onde rilevare gli eccessi di cui venivano incolpati i Segnani, e dare le provvidenze opportune a troncare per 1' avvenire ogui sorgente di réciprocité animosità e di disordini. I commissari punirono colla morte i principali aulori delle ribalderie praticate contro i sudditi di slraniero stato, fecero restituire le merci, e le robe prese ai Veneziani, assoggettarono quegli abitanti a diversi staluti che della contea di coriz1a. 1 3 ¿golavano la navigazione del golfo, ed aumentando il presidio di jegna, lasciarouo in quella dita un freno per coulenere quel popolo nei limiti del dovere. Se da una parte procedevasi contro i Segnani col sommo del rigore, dall'altra i sudditi veneti, spinti da prívate animosità commettevano impunemente ne' territorî auslriaci qualunque alio di baldanzosa licenza : ció che esacerbô in si falto modo i nostri, che nè i diritli sovrani, nè il terrore dei castighi potevano rilenerli dal comineltere bene spesso nuovi e piii forti eccessi, provocati dai danni apportai! dai loro vicitji- Oltre le galere che continuamente mettevansi dai Veneziani alia vista di quelle coste per togliere agli abitanti sino i viveri, portaronsi eglino (ESS8) a devastare le saline di Trieste, assalirono Carlopago (B58-1), vi trucidarono il comandante, demolirono molte torri in quei conlorni, ed avrebbero spinte piü oltre le violenze e le stragi, se quel popolo unitosi per la difesa, non avesse impedito loro di pin avanzarsi in que' territorî (o). E volendo i Veneziani mantener da ogni parle fra i loro sudditi, e gli Auslriaci un perpetuo germe di disutiione e discordia riputato necessario ai loro disegni, si rivolsero di tempo in tempo anche al territorio gradiscano, e cercarono, come vedrassi in progresso, di trarre dalla conlusione quei. vantaggi, che non era riuscito loro di ottenere a' confini della Dalmazia. Uno sfogo di partiçolar rabbia e vendetta produoeva gli eccessi dei Segnani sempre disapprovati, e spesso puniti da' principi austriaci, ed un insaziabile cupidigia di ampliare le coste di mare, dirigeva le ostilità e 1ô violenze dei nostri vicini. II. Aperte ostilità delta repubblica di Venez ta negli stati delf arciduca Ferdinando nell' amo 1612. Mentre che i navigli veneti disturbando da una parte la liberta del mare, cagionavaao lie' lídi austriaci gran mancanza di viveri, non a) Ragionamento di " Ortensio Locatelh „ procuratore fiscale di Gorizia sopra la guerra di Ferdinando colla repubblica di Venezia del di 15 aprile 1616. Scritture del magistrata fiscale di Gorma. interruppe la repubblica dall'altra i suoi maneggi si a'la corle deli' iinperadore liodolfo, che a quella deli' arciduca Ferdinando, perché gli Uscoccbi fossero allonlanati da Segna, e disperso fosse un popolo feroce, che poteva divenire un forte ostacolo alle loro mire, ed un grande appoggio per lo stabilimento della potenza austriaca sul mare. Ma tutti i raggiri riuscirono infruttuosi, ed inefficaci tutti i maneggi, imperocché, malgrado le turbolenze che regnavano tuttavia in Ungheria ed in Croazia tale e tanta fu la fermezza dei nostri principi, che a costo anche di atirarsi nuovi e maggiori iinpegni colla repubblica, ne rigettarono costantemente qualunque proposizione. Lungi il veneto Senato dali' abbandonare il concepito disegno, si determino di prender le piü opportune misure per romperla con aperta guerra coll'arciduca e per terminare colle armi una quistione, che voleva a suo favore decisa. La fortezza di Palma di fresco eretta, assicurava 1' esito favorevole delle sue imprese in Friuli, come le forze navali glielo promettevano ai confini deH'Istria, e della Dalmazia. In fatti erano si palesi i movimenti che fecero i Yeneziani sulla fine del XVI secolo, che la coulea di Gorizia, sprovveduta di truppe (gemí. ISSOj, dimandó socrorso alia Carniola, e I'arciduca Ferdinando accordó a profughi (S S fel»b. 15!»») 0 relegati da' suoi stati il perdono a condizione, che entrassero nel corpo della sua milizia: e poiché i preparativi di guerra dei Yeneziani mostravansi piü forti in Istria, cosi scosse da maggor timore le citta di Fiume e di Trieste colla provincia della Carniola concorsero a prendere tutte quelle provvidenze che sembrava esigere la coinune sicurezza. Crescendo in fine le apparenze di una vicina incursione, ordinó genn. Ití1»B) I' arciduca che le truppe urbane prestale per la difesa della contea, marciassero alia volta di Pisino, ed occupassero una situazione tale da poter soccorrere e il territorio di Fiume, e quello di Trieste. La deputazione dell'infelice nostro cittadino Giuseppe di Rabatta spedito a Segna per dissipare questi turbini, allontanó per qualche tempo il fuoco della guerra dagli stati deli' arciduca (o). Speravano i Yeneziani che Ferdinando alie richiesle di Clemente YIII, il quale avea unite le sue ¡stanze a quelle del Senat o si movesse aH' esterminio d'una nazione, che predicavasi tale da non potersi domare né dalla ragione delle leggi, né dal rigore de' castighi. Gli aflari d' Ungheria, i quali dopo la perdita di Canissa (b), miaaccjavano nuove calamita a) II Rabatta fu ucciso da' Segnani. V. Tomo IV. K Vita di Gius. „ di Rabatta. , b) Neil'armo 1600. alie austriache provincie, e le dissensioni domestíche ¡nsorte Ira gli arciduchi aniniavano le loro speranze, ma sussistendo i medesimi interessi, sussistevano anche gli stessi rispetti per non ispogliare le coste di Segna d' un popolo, che riputavasi altrettanto utile alio stato, quanto molesto a' nemici. L' esito contrario di questo tentativo avrebbe determinato la repubblica ad appigliarsi all1 estremo partito (ICO»), Se lo spezioso acquisttf dell'isola di Lagosta, adiacente alia Dalmazia, i cui abitanti sottrßttisi dalla soggezione dei Ragusei si soltomisero al dominio dei Veneziani (160S), non I'avesse dalle cose di Segna distolta, e le dissensioni insorte (I6O6) con papa Paolo V non 1'avessero tanto occupata, che ben lungi dall' ingolfarsi in nuovi imbrogli ebbe molto a maneggiarsi per calmare e la s. Sede, e la Spagna. Ma composte queste contese, ripresero i Veneziani nella corte di Matlia successore di Rodolfo II i loro maneggi, ed indussero mediante il loro ambasciadore Girolamo Soranzo, Tarciduca Ferdinando che trovavasi in Vienna (13 fel»b. ICICj a sottoscrivere una convenzione, per cui obbligavasi egli di purgare la cilla di Segna da quegli abitanti, che fossero sospetti di piraterie, onde rendere il mare sicuro, e di mantener in Segna una guarnigione capace di tener in freno il restante di quella popolazione, obbligandosi all' incontro il veneto Seuato di rilasciare i sudditi austriaci che si detenevano prigioni in Venezia, e di l^ciare libera la navigazione del mare. L* arciduca osservó puntualmente luíto ció che promise, ma la repubblica, anzichè porre in liberta i sudditi austriaci, ne condannô degli altri alle sue galere, onde irritando quel popolo, lo animo a nuovi _e setnpre maggiori eccessi, i quali servirono poi di motivo ad una aperta guerra, che il Senato già molto tempo meditava di muovere contro gli stati di Ferdinando. II castello di Moschenizza fu il primo bersaglio (13 ag-. 1613) degli insulti nemici. Credettero i Veneziani di costringerlo colle scariche dell' artiglieria alia resa, ma respinti dalla vigorosa resistenza di quegli abitanti, abbandonarono I' impresa e si rivolsero verso Lovrano, dove sbarcati saccheggiarono quella terra, ed inoltratisi piii avanti, non contenti di dare il sacco a dodici altri villaggi, sradicarono le piante, distrussero le campagne e posero a ferro e fuoco tutto il territorio. Non puô esprimersi la costernazione ed i danni, che speriinentarono quei popali. Il governo goriziano ebbe ordine di unire in fretta le trappe urbane (3 sett. IC 13), e di spediile colla possibile celerità in soccorso di Fiume, e si fecero pubbliche nelia nostra provincia lo premure, con cui Ferdinando eccitava tutti i sudditi ad impugnare le armi contro il nemico. Non minore fu Fagitazione in cui trovaronsi gli abitanti della contea. Giovanni di Rabatta fu spedito alia corle (a) per rappresentare all'arciduca lo stato della nostra provincia sprovveduta di truppe e di munizioni, ed esposla a cosí infesti vicini, e per ricevere le istruzioni più opportune alia sua difesa. Crebbero i timori ed i'sospetti nella nostra provincia allorchè nel principio del segueiite anno (ICI3) sorti da Palma una compagnia di truppe regolate, la quale trasferitasi nel territorio di Cerrignano, scacciô i ministri arcidticali da una dogana, clie dal tempo della sua erezione era stata senipre molesta a' sudditi veneti. L'ambasciadore di Spagna don Alfonso Agueva, e Nicolô Rossi, segretario della ambascieria imperiale in Venezia, uniti a Stefano della Rovere capitano di Fiume colà spedito per chiedere conto dal Senato delle violenze coinmesse dalle" sue truppe nel territorio dell'arciduca, calmarono soltanto in apparenza questi primi movimenti. Ció che contribuí realmente a distorre i Veneziani a proseguiré le ostilità contro gli stati di Ferdinando fu la morte di Francesco Gonzaga duca di Mantova, seguita nel medesimo tempo (ft). Non aveiido lasciato questo principe che una sola figlia, Carlo Emmanuele duca di Savoja suo cognato, credette aver occasione opportuna di far risorgere le sue pretensií^j sopra il Monferrato. Questo piccolo aliare, benchè insorto fra principi non potenti poteva avere pero conseguenze assai grandi per F interesse che le corti di Madrid e di Parigi vi potevano prendere. L1 avveduto Senato richiama Filippo Pasqualigo, che comandava le galere nel golfo di Fiume, e libera da ogni molestia quel mare, fa passare tutte le truppe in Italia, e sospeso ogni altro meno importante oggetto si accinge ad avviluppare vie più gli intrighi promossi dal duca di Savoja, ed a suscítame dei nuovi. a) Le leltere credenziah sono del di 14 setiembre 1612. b) Sul fine dell' atino 1612. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 111. Ostilüá riprese da" Veneziani neW atino 1615. II trallatod' Asli assicuró la pace all'llalia, e determinó Caa 16B-I) ¡I Señalo veneto a ripigliare Farmi contro I'arciduca Ferdinando. Non fu giá la ritenzione di GirolamoMarcello provveditore di Veglia fatta dai Segnani per vendicarsi dello spoglio e della prigionia di alcuni mercatanti di Fiunie, né la presa d'una galera veneta eseguila col piü atroce assassinamento da quelFirritato popolo contro la persona del sovracomito Cristoforo Venier, che determinarono i Veneziani a riprendere le ostilitá negli slati di Ferdinando. Antonio Zorzi, comandante della repulbüca nell'isola di Fago, guadagnó con denari uno de' piíi possenti noinini di qiiella ciltadella di Carlopago: concertó con esso ed il lempo piü opporluno per sorprenderla, ed il modo piii facile per impadronirsene. Scoperla la trama da Pietro Dianisovich comandante di Carlopago, prese questi tutte le misure, che dovevano assicurargli la difesa del luogo, e la vendetta contro Faltentalo (15 gen.) del Zorzi. Questo entró nella ciltadella rolle bandiere spiegate alia testa d' una conipagnia di soldati, la quale gridando, trionfo e vita s. Marco fu passala a fil di spada. La repubblica protestó d' ignorar tullo i! piano, e lo ascrisse alia non meno inconsiderata che arbitraria condolía dell' ucciso capitano (a). Ma i disegni del señalo veneto non lardarono a manifeslarsi aperlamenle. Lorenzo Venier che comandava le galere della repubblica ebbe ordine non tanto di tener chiuso il mare conlro le scorrerie de' Segnani, quanto di fare un' invasione negli slali dell' arciduca, e di recare a' sudditi di lui tullí i danni. La presa di Novi, venli miglia discosto da Segna parve al Venier un' impresa facile. per la poca milizia di cui si trovava guarnito(® ' »??•)• Con sei galere, e trentasei barche, esso si presentó nel bujo della nolte avanli quella ciltadella. II numero de' nemicí era superiore a quello dei suoi abitanli. Donne e fanciulli furono sacrificati al furore del veneto soldato. Pochi o) Conservasi fra le scritture del magistrato fiscale di Gorizia la relazione di questo fatto non meno che della somma di denaro impiegata in questo incontro dallo Zorzi, scrilta dallo stesso Dianisovich., Le due bandiere prese in quesfa occasione furono spedite alF imperadore Mattia. 2 salvatisi in una (orre fecero si vigorosa resislenza, che il nemico per timoré d'essere sorpreso dal soccorso, che avrebbe potuto sopraggiungere, svaligiale ed incendíate le case, abbandonù avanti il giorno quella terra. Frattanto tulta F Istria veneta per comando del Señalo prese le armi aspettando d' essere rinforzata da truppe forastiere, ch' erano già a quella volta destínale: ed in Venezia non si dubitava, che le militari operazioni non fossero per avere miglior sorte nelle adiacenze di Fiume e di Trieste. 11 territorio di s. Servolo ebbe a sostener il primo impelo. Giovanni Corelio assali (» ott.) ¡I villaggio di Polgora dipendente da quella gim isdizione, e spogliô quelle campagne di tutto il bestiame. Questo tentativo animo il provveditore veneto Benedetto da Lezze a rinforzare con altra milizia il corpo del Corelio : ma Benvenuto l'etazzo padrone di que' contorni uomo nelle armi esperto radunali in fretta alcuni archihuggieri respinse i nemici, i quali indi a pochi giorni (25 oit.) ritornati in maggior numero porlarono la strage e la rovina per tulle quelle adiacenze. Aveva la repubblica frattanto spedito in Istria Fabio Gallo nativo della Marca anconilana, uomo che godeva la riputazione di valoroso ed esperto soldato, perché unito al provveditore Lezze assumesse il comando delle truppe colà radunate e proseguisse le operazioni di guerra. Tulla la forza de' nemici fu dirella a' confini del terrilorio di Trieste (24 nov*)> si saccheggiarono le saline di quegli abitanti, allegandone per motivo, che nel dominio veneto eran piantate (o). Poco varitaggiosa pero riusci a' Veneziani questa impresa. Wolfgango Frangipane conte di Tersado che faceva le veci di generale della Croazia vi accorse con un corpo di truppa regolala ; s' uni ad una banda di Triestini radunali solto F ordine del Petazzo e di Daniele Franco] ; attaccô con vigore i nemici i quali riconosciutolo in numero a loro inferiore con ferinezza sostennero il primo fuoco, ma proflltando il comandante auslriaco d' una eminenza, e fingendo di poi re la sua milizia a coperto da' colpi, e della forza de' Veneti la divide in due colonne; comanda la ritirata come in alto di salvarsi precipitosamente sul colle : coglie il momento per sè vanlaggioso, e piomba tullo ad un tratlo dall'una e dalF altra parte con tanto impeto sopra i nemici, che dalisi i primi a fuggire gli altri nella confusione e nel disordine., / o) " Cosa allre rolle per lo dominio del mare praticala dalla „ repubblica ne' tempi più quieli „ dice il Kani al libro 2 delta sua storia. non trovarono più la strada di raccogliersi. II Lezze aUerrito dal pericolo fu il primo a salvarsi colla fuga : questo esempio li Irasse molti altri dietro, e perché non potessero essere dal nemico raggiunti tagliarono dal territorio di Trieste lino a Muggia tult' i ponti sagriücando alla propria sicurezza quattro mila incirca de' loro compagni, de' quali parte col Gallo restarono sul campo uccisi, e parte in quelle acque soffocaíi. Nel tempo medesimo che succedevano in que' contorni queste ostilità il Senato di Venezia comandava al suo ambasciadore alia corle cesarea, affinchè rappresentasse ail1 imperadore Matlia il suo dispiacere per le contese che seguivano fra i rispettiyi sudditi col pericolo che scoppiassero in un' aperta guerra, per la quale egli aveva avuto mai sempre avversione, e che mostrasse ancora la necessità di scacciar da Segna un popolo, il quale, senza sagrificare la quiete de* proprí sudditi non poteva più a lungo se' limiti de' suoi stati essere lolleralo. In Venezia ail' incontro si elesse provvedítore di terra ferma Pietro Barbarigo, e generale Marco Loredano ; si destinó Paolo Emilio Marlinengo ad occupare il posto del Gallo ; e si delibero di radunare uno scelto corpo di fanti e di cavalli in Friuli sotto gli ordini di Pompeo Giusliniani genovese, uno dei più accreditati capilani di quel tempo (a), colla dipendenza da Francesco Erizzo provveditore generale di Palma. Malgrado questi preparativi sparsasi in queste parti la voce, che alie corti de" nostri principi si trattava una sospensione di armi, vi si prestó fácilmente fede non solo perché pareva che l'arciduca Ferdinando ad onta delle continue rappresenlazioni del governo goriziano si desse nulla o poco di movimento per soccorrere i suoi stati, ma ancora perché il luogotenente di Udine aveva spedito a Gorizia due soggelli (b) a) Aveva questo capitano guerreggiato nelle Fiandre, dove perdelle un braccio, per cui fu denomínalo "braccio di ferro. „ h) Girolamo Frangipani, e Marc' Antonio Prampero. Faustino Moisesso facendo menzione di questi messi s' esprime ne' seguenti termini: " Soggiungendo ch' essi cid sapevano da buoni autori ; et questa „ opinione tanto più efficacemente persuasero agli altri, quanto „ essi medesimi ferinamente la tenevano, nè altre persone „ sono migliori di ¡¡ueste a persuadere il contrario dall'effetto „ o presente, o d'avvenire, et perció è cid serine, che chi è „ in pensiero d' ingannar altri con false credenie inganni „ prima il suo proprio messaggio. ,, lib. I c. 4. per assicurare la nostra cilla, che quando si rilirasse il vicegenerale di Croazia. il quale scorso e depredato dopo la rolta del Lezze il territorio di Monfalcone aveva preso i suoi alloggiamenti in quel territorio del Carso , che fra Gorizia e Trieste s'estende, anziché intraprendesse cosa alcuna dalla loro parte si sarebbe dato ordine alie truppe raccolte nelle adiacenze di Udine di far incontinente ritorno. L' ¡Ilusione appagó la credulitá se non di tulti almeno del maggior numero de' nostri cittadini. Malgrado le forti opposizioni di Ricardo di Strassoldo comandante in Gradisca, il quale non trascuró mezzo onde preservare il governo goriziano da un inganno, che poteva trar seco le piii funeste conseguenze, Cario Panizal0 fu spedito al quarliere del conté di Tersatto con ordine di rappresentargli quanlo inutili fossero oramai le sue truppe, e da quante cure e sollecitudini egli líbererebbe gli abitanti della contea tosto che fosse per rilirarle. L'accorto comandante s' oppose alie, richieste del messo, e dimostró I' innavvedntezza de' goriziani, ed il pericolo insieme a cui esponevansi: ma non potendolo disingannare, sdegnato di tale insistenza abbandonó suo malgrado un posto, d1 onde ed il litorale e la nostra provincia poteva essere fácilmente soccorsa". Non si tosto si furono ritirate le truppe (19 tlic.) dalle nosire vicinanze, che il Giuetiniani s'impadroni di Cormons (a). Ottavio di Neiliaus porta 1' infausta nuova in Gorizia, ed empie di terrore tutti gli abitanti. Gli stati s1 unirono per confessare in pubblico l'inganno da cui si erano lasciati sedurre : e per far ritornare qiiella milizia che poco prima a qualunque costo vollero allontanata. Comnndarono Antonio a) " Ai preparamenti de' Veneti „ dice Giov. Francesco Palladio nelV esposizione di questa presa, " poco gli Arciducali pensanano „ gindicando che cosi fossero fatti solo per la semplice difesa „ la dove sproveduii rilrorarono gli abitanti di quel luogo.„ 11 Moisesso parlando dei preparativa veneti si esprime nei seguenti termini: " potevano fácilmente queste armi estraordinarie „ e questi moti insoliti generar ne' cori qualche strana fantasía, „ e questo ammassamento di soldatesca servire di pi e testo ai „ capitani austriaci desiderosi per loro particolar interesse „ della guerra se non che il Generala Erizzo con arte, grandissima copriva sotto altri colorí tutto quello che redera „ piu disposto a destar pensieri pericolosi; e con secretezza „ e silenzio mirabile ríe exea ed alloggiava le genti tulle.: che „ di giprno in giorno sopraggiungerano. , Lib. I. c. 5. di Rabatta che senza indugio si portasse in Senosecchia, dove il Frangipani si era ritirato, e gli rappresenlasse la siluazione infelice in cui trovavasi la nostra provincia sprovveduta d' ogni soccorso. 11 vicegenerale non voleva a principio dar ascolto alie proposizioni del Rabalta; e ricusava di ritornare colà, donde per impoïtunità aveva dovulo levarsi : ma «mostrando il Rabatta, che trallandosi del hcne dello slato non dovevano aver luogo i particolari puntigli, restó persuaso alla fine di riunire il suo corpo, e di ricondurlo alia dil'esa della nostra patria. Non si trascuró frattanto di daré nella çpntea per la stia salvezza le piu necessaiie provvidenze. fhiamaronsi alia moslra le truppe urbane, si domando soccorso alla Carr.iola ed alia Carintia, e si destino Ridolfo di Colloredo a Gratz per ragguaglíare I'arcíduca deir imminente pericolo, in cui trovavasi la provincia. I Veneziaui in poche ore avevano occupato oltre Cormons anche Medea, Mariano, • Romans, Sagrado e Yillesse, e si sarebbero di quel passo avvanzati lino a Gradisça, se lo Slrassoldo persistendo nella sua difiidcnza in verso i veneti non avesse preveduto, che i principali loro disegni sarebbonsi diretti contro quella fortezza, e sé non avesse ne' primi loro movimenti posta ogni cura e sollecitudine onde ridurre la piazza a sostenere una valida difesa. Fece egli senza interruzione giorno e notte riempire di terra un vuoto che rendeva facile la breccia ad una vecchia porta múrala, alzando un grosso muro per soslegno e rinforzo del terrapieno ; r¡dusse in forma più alla alia difesa la corlina che fra quella porta ed il bastione della campana è collocata,. demolendo Te antiche merlature di muro e sosliluendo un regolare parapello di Ierra; finalmente ordinô la demoüzione della chiesa della Spirito Sanio, e di tulle le case che^nel vicino borgo in faccia della fortezza si trovavano. Non fu minore la sollecitudine, ch' ebbe il Giustiniani nel porre a profillo i primi vantaggi delle sue imprese. S'impadroni di Aquileja, di Castelporpetto, di Maranulo e di tutto il piano di là del!' Isonzo con quella facilita con cui aveva occupalo altri luoghi. Fortificó egli i villaggi da lui occupati, ed avendoty ridotti in piccoli forti diede principio alia ristaurazione del castello di Cormons, inleramente abbandonato dopo l'ultima guerra di Massimiliano I con la repubblica di Venezia, prometiendo nello spazio di tre mesi all' Erizzo di sottomettere al dominio veneto non solo la contea di Gorizia, ma ancora Trieste col suo territorio (a). In questo tempo Lorenzo a) Moisesso lib. 1 cap. 6. < 22 I s t 0 HIA Venier <~¡» n uno scelto corpo di milizia arrolata (8î «lie. 161») nell'Austria. La sua presenza diede coraggio a tutti i sudditi, ch'erano disanimati dalla superiorità de'nemici, e dal geneiale abbandono cui si vedevano esposti. Sorti il nostro generale ne' primi giorni con un distaccamento di cavalleria per riconoscere il terreno; ed esaminata la situazione délia provincia reputo sopra tutto necessario di coprire con truppe le alture dietro Sdraussina , ed i colli, che a tramontana circondano la contea. Quindi fece da un corpo di gente occupare il monte che dietro Podgora sollevasi ed un altro corpo fu destinato alla custodia de' luoghi interni di quel' territorio (à), del quale se a' Veneziani fosse riuscito d'impadronirsi, si per i molti colli, che per le folte boscaglie, ond' è ingombrato, avrebbe potuto non solo fácilmente sostenersi, ma eseguire eziandio qualunque impresa contro la città di Gorizia. Non furono infruttuose queste provvidenze, poichè il Giustiniani sul principiar délia bella stagione (S marzo) g¡ avvanzô con un grosso distaccamento delle sue truppe fra Gradisca e Gorizia, facendo credere di dubitare quai fosse quella delle due parti contro cui dovesse dirigere le sue forze, per obbligare con quest' arte gli Austriaci ad abbandonare i posti che avevano occupati ed a soccorrere le due principal! piazze délia provincia. a) Detto comunemente il Coglio. Ma vedendo il comandante veneto, che il Trautm«nsdorf invece di rilirare le truppe da' colli, fatlo uscire da Gorizia un buon numero di milizie per guardare le sponde deli' Isonzo, e scacciato il presidio veneto da Lucenico aveva tutti i suoi posti con trincee e forliui renduti piü atti a far resistenza, tentó (So gen. Kil«) eolia presa di Dobra di penetrare nel Coglio, ed essendosi giá avvicinato a s. Martino di Quisca se ne sarebbe impadronito, se quel presidio, sostenulo l'assalto de' nemici con valore, non li avesse e respinti, e forzati eziandio ad abbandonare Dobra, che fu da' nostri sotto la condolía di Francesco Morello ripresa. Malgrado il non iscarso numero di soldalesca impiegata a difendere que' territorí, cercó il Giustiniani pochi giorni dappoi d'occupare Vipulzano, in tempo che gli Austriaci sollo il comando di Giorgio Vivo fccero una scorreria fino sollo Cividale da una parte e daH'allra fino sotto Monfalcone, metiendo tullo a ferro e fuoco, per vendicarsi del mal trattamento fatto dai Veneziani allorché furono costrelti a sorlire dal Coglio. In questo inlervallo il provveditore veneto fece pubblicare in Palma un ordine con cui commettevasi a tulte le comunita de' villaggi occupali da' Veneti di prestare sotto pena della vila ogni soccorso pel trasporto delle munizioni in quella fortezza. Quest'ordine che dirigeva il servigio di quegli ciytanti a' danni del naturale lor principe, risveglió l1 attenzione di Carlo Formentino, colonnéllo delle truppe urbane. Sollecito egli di uniré i sudditi alti alle armi comandó(l5 gen.) con pubblico edillo, che tullí i sudditi della provincia da' sedici sino a sessanla anni nello spazio di tre giorni presentar si dovessero nel caslello di Gorizia. Questo manifestó accrebbe il numero delle nostre milizie urbane, come altresi alcune nuove coinpagnie di archibnggieri raccolti in Carintia e calati sotto la scorta di un corpo di cavalleria per i monti di Pietz nella contea, aumentarono le truppe forastiere. II Trautmansdorf deslinó parle di questa soldatesca con un distaccamento di soldati sollo il comando di Daniele Francol per rinforzo del presidio di Gradišča. Era il Francol coraggioso soldalo, ma capilano focoso e piü ávido d' imprese, che prudente nell'eseguirle. Non pago d'introdurre i suoi soldati in Gradišča, senza sesnalarsi prima in un falto d'armi, cercó 1'occasione di venir alie mani coi nemici (3« gen. 161«). Lo Strassoldo lascialo il comando della sua piazza al lnogolenenle Giulio de Fin, frettolosamente se ne usci onde opporsi ad una impresa che melteva a repenlaglia le truppe ch'erano destínale al presidio della sna fotlezza: ma lasciandosi 24 istoria trasportare il Francol da una sconsiderata intrepidezza che degeherava spesse volte in furore, e sprezzando gli avvisi dello Strassoldo, attacca 1111 piccolo distaccamento de' Veneziani, che sulla campogna di Mariano formava un corpo d'osservazione, per provocare ad un cimento anche la loro cavalleria che in quelle adíacenze sollo gli ordini di Daniele Antonino aveva i suoi alloggiamenli. Le brame del Francol furono soddisfalle. Mostratosi V Antonino con una colonna di cavalli in aperta campagna, dispose il nostro capilano da una parte i carintiani e dall'altra i croati in guisa, che il rimanente delle truppe ripartite nelle fosse e fra gli alberi d'ambidue i lati de' vicini campi, servisse loro di difesa. II comandante veneto, penetrate le mire e le disposizioni del Francol si avvanza coi suoi cavalieri, attacca con vigore i nostri, che da' fossi non altrimente che da trincee si difesero, e termínalo il primo fuoco, s'avventa con maggior impeto conlro gli Austriaci, i quali con maggior forza sostengono, e respingono 1'urlo de' nemíci. II corpo che trovasi imboscalo fra gli alberi, non solo copríva coloro clie ne' fossi combatlevano, ma aveva eziandio il vantaggio d" una posizione piü elevata; cosi molli de' veneti restarono uccisi, ed il maggior numero fu posto in confusione. V Antonino coglie incontinente parlilo da questo apparente svaiilaggio, comanda la ritirala e vi perde altra gente: ma nel rítirarsi raccoglie ed ordina le sue truppe. Questo era il momento in cui il Francol soddisl'atto de' vantaggi d' un piccolo conflilto, con gloria avrebbe' poluto ritirarsene. Lo Strassoldo invano rinovó le sue istanze rappresentandogli il pericolo a cui egli esponeva. in aperta campagna il picciol numero delle sue truppe in confronto delle forze nemiche ch' eiatio sconoscíule Animato il Francol dal felice esilo della prima impresa e dal furore dell'acceso soldato, e trasportato dal nalurale suo impelo, inseguí ciecamente i nemici, i quali con raddoppiati passi nascosero vie piü il loro disegno, e giunti verso il termine della campagna tullí ad un tralto voltando faccia urtarono di fronte con tanto impeto gli vAustriaci, che non fu possibile di riordinarli. II Francol lanciandosi col cavallo or dall'ima or dall'altra banda, ed animando incessantemente il soldato suggeriva di riprendere i medfsimi posli, da cui poco prima riceveltero i Veneti tanti danni: ma tullo fu vano; le Iruppe dallo spavenlo sbandate non seppero piü unirsi ed inseguite lino alie mura di Gradisea furono rolte totalmente e sconfitte. 11 Francol reslato con altri ufficiali (a) c) Orazio Panizolo queslore arcidvcale in Gradisea, e Ruggero sul campo, evito la mortificazione di aver perduto il suo crédito, ed il rimprovero d'aver tanta gente al suo impeto sagrificata. Il Trautmansdorf alia nuova di questa rotta spedisce sollecitamente in Gradišča un corpo di Valloni, sotto il comando di Giovanni Perino soldato veterano, che per Filippo re di Spagna milito nelle Fiandre, ed occupato dal pensiero di ció, che i Veneziani potevano intraprendere a danno noslro, dirige tutte le sue misure ad impedire i loro progress]'. Fortilîcossi s. Martino sopra Sdraussina, si rinforzarono i presidí nei colli, e la esatta vigilanza di quegli abitanti fu sostenuta dalla milizia forestiera. Un altro distaccamento di truppe fu spedito a Caporetto, affinchè restasse quel passo agli Austriaci sempre aperto per ricevere dalla Carintia i soccorsi e di gente e di munizioni. Sullc eminenze che si alzano fra i due passi delle barche all'Isonzo si eressero de' fortini, i quali furono distesi sino al castello di Rubia, il cui comando fu afíidato a Guglielmo Hais di Iüenburg. Si estesero lungo la sponda del fiume delle trincee, e fugato per la seconda volta un corpo veneto da Lucinico, vi furono eseguiti alcuni lavori, per coprire il piano che fra Gorizia e Gradišča rimaneva esposto al nemico. Finalmente perché la comunicazione fra il nostro castello e quella fortezza si rendesse piii como da, ed i soccorsi fossero piii pronti, fu gettato fra Podgora e Lucinico dalF una aíFaltra sponda del fiume un ponte levatojo. Le operazioni che intrapresero susseguentemente i Veneziani, comprovarono l'avvedutezza del nostro capitano. Animali eglino dalF inaspettato vantaggio riportato nella sconfitta del Francol, acquistarono col coraggio nuove forze, e la riputazione che guadagnô FAntonino in quella giornata, ed i pubblici attestati di soddisfazione, che gli accordó con lettere ducali ¡I Senato, risvegliarono sentimenti di eniulazione nel Giustiniani, il quale sino allora non aveva data veruna prova de' suoi militari talenti. Anche il provveditor Barbarigo ávido di maggiori imprese, mostravasi impaziente di porre in azione un corpo numeroso di dieci mila fanti e di due mila cavalli, che aveva al suo comando. Tutti erano d' accordo di stendere negli stali deU'arciduca le vittoriose lor armi, restava solo a scegliere la via, onde eseguire il comune lor desiderio. Era YAntonino di sentimento de Blasiis,, contaronsi fra questi: Nauriuo di Strassoldo fratello di Riccardo, restó in questo falto gravemente ferito, e "Gasparo di Neihaus„ vi si distinse singolarmente col suo valore. 26 i s T O r 1 a d' incamminarsi direttamenle verso Gorizia, senza curarsi della fortezza di Gradišča, che separata dalla contea non avrebbe in verun modo potuto sostenersi: ail' incontro il Giustiniani, rappresentando il pericolo di avanzarsi nel paese nemico con lasciare dietro a sé in liberta un numeroso presidio, era d' opinione di por F asšedio a Gradišča. Tale dibattimento diede tempo al Trautmansdorf di prendere le pin giuste misure, ed al Barbarizo di scegliere forse il più cattivo partito. Lasciato un piccolo distaccamento in Mariano, e disposta la cavalleria parte in Romans, e parte in Medea, i Yenezani s'avvanzano (34 febíi. 16 9 6) alla volla di Gradišča, e si accampano nelle vicinanze di Farra. Riconosciuta dal Giustiniani la siluazione della fortezza, e determinatosi di dirigere tutta la forza delF assedio dalla parte di mezzodi, comrncia la sua impresa dallo scavare trincee, e dall' inualzare terrapieni per porre a coperto i suoi soldati dal cannone di Gradišča. i lavori, tulto che fossero giorno e notte e dal presidio e dalle truppe austriache alloggiate in Lucinico spesso inteïrotti, pure in breve tempo arrivarono (S sitar.) sino sotto le mura della piazza ed i nemici diedero principio a batterla col cannone. Aveva la fortezza dalla parte delf Isonzo una piccola porta, per cui i noslri introducevano sussiilí di gente, di munizioni e di vettovaglie. Nel medesimo giorno, che si fecero sentire i primi colpi dell'artiglieria veneta, entro il Trautmansdorf per quella via in Gradišča, e date le provvidenze, e lasciaU gli ordini che stimô opportuni per direzione del comandante, e per Fincoraggiamento del soldato, radunô il presidio ed i capi della milizia, cogli abitanti del luogo esortando ed animando tutti ad una vigorosa difesa ed offerendo in fine la propria sua vita, qualora la difesa della piazza e la salvezza degli abitanti il richiedessero (a). Tale e tanta fu F iinpressione che fece il discorso del generale sugli animi di quel presidio, che tutti ti niti alzando la mano destra, e gridando ad alta voce : Viva Austria, giurarono di moriré, pria di mancare all'amore ed alla fedeltà dovuta al principe, ed alia patria. II cannone nemico fece nei primi giorni tanto danno alie mura, e le bombe tanta strage nelle case, che avrebbono dísanimata la guarnigione e gli abitanti, se lo Strassoldo con indefessa vigilanza non avesse att&so a far riparare senza interruzione le breccie, ed a risjyegliare ne' suoi cittadini que' sentimenti d' onore, che potevano deterininarli ad una valorosa resistenza. In fatti con gran fermezza fu sostenuto da' nostri il primo impeto, e benchè i Veneziani, a) Maisesso. Libro /, cap. i 3. y raddoppiando ¡I fuoco, tentassero di penetrare pareccliíe volte per le breccie nella fortezza, furono sempre con grave perdita da' nostri respinti. La morte dell' Antonino (u), coipito da una palla di cautione (IO mar, 101«), e 1' infelice esito ch' ebbero i primi tentativi, fecero perdere al nemico colla speranza della riuscita il coraggio di proseguiré r impresa. II disgusto e la scontenlezza occupó 1'animo di tutti, e non vi fu veruno, il quale non conoscesse, che 1' assedio era stato mal diretto. Gran bisbiglio e mormorazione nacque fra gli uffiziali subalterni, che si difuse per tutta la truppa, ed uu aperta dissensione finalmente insorse fra i capitani maggiori (6). Lo Strassoldo prolittando di questi momenti, con alquanti de' suoi piú valorosi soldati tenia una sortita, sorprende i nemici ed empie di morti lo loro trincee. Questo fatto accresce la confusione nel campo veneto. Tutti disapprovano l'iuipresa ; il solo Giustimani, per esserna egli stato 1' aulore, studia di sostenerla; e lungi da IT abbandonare 1' incominciato assedio, s' appárecchia contro il sentimento di tutti a proseguirlo. Da egli principio al lavoro d' una mina sotto il rivelliiio del torrione, detto s. Giorgio, e ad onta d' una viva rocca scoperta alie prime scavazioni ordina seuza scomporsi la coutinuazioue dell' opera, ostinandosi tanto piü nel suo proposito, quanto maggiori si presenlavano le difflcoltá di riuscirvi. Non cessava inlaiito l'artiglieria uemica di batiere Gradisca; nía del pari non cessarouo il fuoco, il coraggio, e 1' attivilá negli Austriaci. La posizione elevata dagli assediati suppliva al piccolo numero del presidio, e 1' esatta subordinazioue, unita all' iinpegno di salvare la patria, dava ai nostri quel vantaggio, che mancava ai Veneziani, finalmente la non mai interrotta comunicazione col campo del Trautmansdorf manteneva sempre un ugual grado di forze nella piazza. Con tutto ció non si avrebbe poluto preservare Gradisca, u) 11 Señalo gli fece erigere una stalua equestre nella cltiesa maggiore in Udine: la cittá ne eresse un' altra in momoria di luí nella sala del maggior consiglto. b) Un passaggio di Moisesso é degno di osserrazione: " Percib „ tí fu alcuno che presento hostilmente le pistóle al pella „ dello stesso Giustiniani, mentre egli con modi cmvenienti „ a quel delitto aspramenle gli riprendeva, e cercara di „ sforzar gli a depor le armi, o a ricollaile confio que' nemici „ che giá venivano ad assaltarli. Libro /, cap. I 1. se le mine fossero state pórtate al loro termine. Un rinforio di gente introdotto pochi giorni dappoi dal Trautmansdorf giunto inaspettatamente la seconda volta, allontanô ogni sinistro avvenimento. Scelti egli i più coraggiosi fra le sue truppe, si dispose ad una vigorosa sortita. I capitani Vivo, Zweck e Kuinzhi, destinati a questa impresa escono (3> mar. loi«) dalla fortezza sul far del giorno, e si ¡anciano improvvisamente con tanto impeto sopra il nemico occupato nelle scavazioni, che nessuno ebbe tempo di salvarsi. Le conseguenze perô non corrisposero al forlunato esito di questa impresa. Il fuoco del cannone nemico, anzi che rallentarsi, divenne più vivo, ed i lavori delle mine non solo non s'interruppero ma continuaronsi con maggior vigore. Questa circostanza raddoppio la premura de' comandanti austriaci, e li rendette più attenti nel riparare le breccie, e nel tagliare colla possibile celerità un fosso, onde separare la piazza dal rivellino, che aveva comunicazioue cogli scavamenti dei nemici. Questo ripiego disanimo aflfatto i Veneti, e liberó la fortezza dall' imminente pericolJ di cadere in loro potere. Il Barbarigo, benchè avesse abbandonato il piano dell'assedio, tentó tuttavia I' ultimo colpo con un assalto (35 n»»ri), ma il soldato veneto, spossato da tanti inutili tentativi, e convinto délia difflcollà dell' impresa, malgrado le generóse ricompense promessegli dal provveditore, fu con poca forza da ogni parte dagli assediati respinto. Mullí per dispettoso gusto, dice uno storico (o), moslravano bramare sinistri avvenimenti, e non era più Ira la soldatesca minore chi sperasse delV espugnazione di Gradisca. I comandanti veneli, ascrivendo únicamente alia codardia delle loro truppe (6) 1' infelice successo dell' assalto, vollero allontanare da sé ogni sospelto di cattiva direzione, e dichiararono di essere dal poco coraggio della loro milizia forzati a levare (SO mar.) un assedio, che senza la debita direzione era stato intrapreso, e continuato (c), I Veneti si a) Moisessa. Lib. I, cap, 16. b) Moisesso parlando del Giustiniano, dice, che " per sua discolpa „ solea dire, che il numero di coloro, ch' erano in campo, , era numero di genti, non di soldati. Lib. /, cap. 16. c) " Accrebbe il danno dice il Capriutta al libr. 4, dell' esercilo „ Veneziano la pessima riuscila d' una scalala, e poseía il „ fuoco dato alia mina dell' assalto al rivellino. Perché „ essendosi nel campo ritrovati pochissimi di coloro, i quali „ ardissero andaré i primi all' impresa, e salire i primi rilirarono, ed i noítri furono sollecíti a coprire i fossi, e ad uguagliare al suolo i parapetti innalzati. Levato Passedio da Gradisca sparsero i nemici con -arte la voce nel campo, clie colla mediazione di papa Paolo V fosse cotichiusa la pace col!' arciduca Ferdinando, e Giorgio Gitistiniano, ambasciadore veneto alia corte imperiale, non cessava di disapprovare le ostililá, di cui essi erano i promotori. Camillo Trevigiano, e Germánico Savorgnano ebbero infino il coraggio di avanzarsi in faccia a Rubia, dando segno di voler parlare con alcuni dei nostri capílani, ed avvicinatisi a loro il conté di Tersatto, e Cario d' Eck, li assicurarono avere il provveditore Barbarigo ricevuto ordine dal Senato di sospendere ogni estilita (o). Ma nello stesso tempo fece il Senato arruolare nuove inilizie, diede il perdono a tutti i banditi, di cui formó un corpo di due mila uomini, e, col pretesto di adempiere il Irattato d' Asti, assoldó quattro mila francesi, inviando in fretta ai grigioni Giovanni Battista Padovino, suo segretario, il quale col mezzo di considerabili somine di denaro (6) ottenne un congresso in Coira, per impetrare da quella nazione il passaggio delle truppe, che meditava di levare dagli Svizzeri; finalmente destinó Vine. Gussoni, ambasciadore alia corte di Francia, con ordine di prendere la strada della Germania per tirare al suo partito Federico elettore palatino (c) „ sui ripari e monitioni nemiche, apretine che quei pochi „ i quali vi andarono, ed erano per la maggior parle Corsi, „ benché facessero egregiamente il debito loro , ad ogni „ modo vi lasciarono miserabilmente la vita, e non tanto per „ la pronta e gagliarda resistema che vi trovarono, quanto „ per la vergognosa fuga de'' compagni, i quali al suono delle , primiere moschettate sbigottiti, parte rivolti in fuga, se ne „ ritornarono in campo, parle giltalisi per térra appiatati „ dietro qualche rilevuto, non fu possibile, ne che per le „ minaccie, ne che per le sgrida, ne che per le percosse degli „ uffizia/i potessero sollevarsi. „ a) Moisesso. Lib. I, cap. 19. bj " Egli s' impiegb assieme con Ágosl. Dolce, residente in Zurich, „ con que' mezzi cite comporta la Relia, dove la poverta, „ difetto del paese, va del pari col vhio della nazione, che „'el' avarizia. Nani. Lib. 2. „ c) Trotasi fra le curte del magist. fiscale di Gorizia il memoriale presenlato daW ambasciadore veneto a q ti esto principe. e Giovanni Federico duca di Wirtemberg, ch' erano i due piü potenti principi dell'impero, come i meno affezionati alia casa d1 Austria. Ferdinando, soslenuto dalla Spdgna fece le piü vigorase disposizioni per resistere al nemico. Fu nella contea spedito, sotto il comando del colonnello Giuseppe Slander, un grosso corpo di milizia arruolata col denaro spagnuolo (a), e di la non molto arrivó Rodolfo di Colloredo con altra soldatesca lévala nella Sliria. Frattanlo il Senato richiamando il Barbarigo elesse invece di - lui proy vedilore generale Antonio Priuli; e gliriuscí di trarre al suo servigio Francesco Marlinengo, e Ferrante de' Rossi, due de" piü accreditati capitani di quel secolo. Non s'ingannó la repubblica nelia sua scelia. Arrivali che furono in Friuli la prima loro cura fu di riconoscere la siluazione del paese, e di farne le piü opportune provvidenze. Fortificossi il monte di Medea, ed elevaronsi due forti fra divídale e Caporetto, per difendere quel territorio dalle incursioni che vi facevano spesso gli Austriaci, e non conoscendo la truppa veneta quella disciplina, che tiene ognuno nel suo dovere, né quella subordinazione da cui risulta T ordine in ogni individuo e la forza in lutto il corpo unito, trovarono i nuovi comandanti necessario d'introdurvi un principio di ordine militare, senza cui Timpresa la meglio ideala non puó ríuscire, ed i piü numerosi corpi di milizia debbono perdere il loro vigore. Trovossi perció opportuno il distribuiré in fra gli uffuiali maggiori le principal! cariche, perché ognuno de' capitani conoscesse il suo dovere, e tutta la milizia sapesse a chi dovesse ubbidire. Ma questa stessa disposizione, che couferiva al Giustiniani il supremo comando nel campo, ecciló negli altri generali e singolarmente nel Marlinengo, e nel de Rossi tanta gelosia, che ben presto fra loro avendo prodotto un'aperta discordia diede occasione pel corso di questa campagna a' vantaggi riportati da" nostri, ed alia poca sorte del campo nemico. 0 che i Veneziani credessero di milla poter intrapreudere nel piano, senza impossessarsi del Cogito, o ch' eglino volessero far una diversions alie nostre forze, per incontrare minor difíicolta in rendersi padroni del passo dell'Isonzo, penetrarono essi apr. tCU!) in quel territorio, ed avanzando sino a s. Floreano passarono la poca milizia che vi si trovava, e tutti gli abitanti senza distinzione di eta e di sesso, a fil di spada. L' atrocitá di questo fatlo, e la h j Francesco della Torre, figlio di Raimondo della Torre, era capitano di quel corpo. richezza del hollino meritarono singolar luogo nelle storie di questa guerra, (a). Non ebbe questa spedizione allre iraportanti conseguenze. I piecoli presidí, ch' erano sparsi in que' colli, accresciuti da1 contadini de' vicini villaggi, e rinforzati da un distaccamento sotto ii comando del colonnello Stauder, arrestarono le rapine e le stragi in quel territorio; ed il Trautmansdorf, per chiudere la slrada, che restó aperta fra Gradisca e Lucinico a1 nemici, passó colla maggior parte delle sue forze 1' Isonzo, eresse sul vicino colle di quel villaggio un fortino, e difesolo con una trincea prolungata sino sotto il colle di s. Pietro nelle pertinenze di Farra, vi prese i suoi alloggiamenti. La saviezza delle disposizioni del nostro generale fu com|irovata dagli andíinienti che tennero di poi i Veneziani. Desideroso il Barbarigo di terminare il suo comando con qnalche glorioso fallo d' armi, mediló di fare sloggiar gli Austriaci da Lucinico, e rendersi padrone del passo dell" Isonzo. II Giustiniani vi aderi senza difficoltà. L' esecuzione deirimpresa fu fidata ad Orazio Baglione, che comandava la fanteria, 1 Veneti (8 mass- lOlf») sorprendono prima del giorno i nostri posti avanzati, passano la linea delle noslre Irincee, s'incamminano verso la terra, ed entrano senza avvedersene in uno spazioso cortile, che da mûri e siepi si trovava chiuso. II Trautmansdorf, fallo circondare quel luogo, lo investe da ogni parte e fa man bassa sopra i nemici. Arrivé nello stesso giorno al campo austríaco in qiialilà di tenente generale Baldassure Moradas, commendatore delî' ordine gerosolimilano, con un corpo di cavalleria assoldata dal re cattolico, e non molto dappoi giunse Feliciano d' Arco con allro grosso numero di cavalli arruolati nella Stiria. Mentre ingrossavasi in si fatto modo la nostra milizia, quella de' Veneti ail' incontro e per le frequenti rotte, e singolarmente per le mortali infermità di giorno in giorno si diminuiva. Attribuivasi il morbo alia mancanza d' acqua, cagionata dalla siccilà della stagione. II nuovo provveditore Antonio Priuli ebbe cura di rinforzare il suo campo con fresche truppe, parle venute dalla Dalinazia, e parte assoldate dai feudatarí del Friuli, eccilafi (S g-îiis.) a concorrere alia difesa della patria, e riputando egli il monte di Medea e quello di Cormons come due posti di somma importanza, ordinó incontinente di costruire in quello alcune forlificazioni, e su questo di continuare i lavori incominciati sotto gli ordini del a) Sloisesso. Lib. I, cap. 21. suo antecessore, e perché nell'una e nelF altra impresa non fosse da' nostri impedito suscilô in Islria de' movimenti, onde il Trautmansdopf fosse costretto a distaccare dal suo corpo grossa parte di soldatesca e d' inviarla alia difesa di quel paese. Qui non si limilarono le disposizioni del Priuli. II territorio di Monfalcone molestato con frequenti ineursioni, restava tutf ora esposto a gravi disagi, ed apriva la strada agli Austriaci per enlrare nello stato veneto. Scosse sopra tutto i comandanti nemici la scorreria falta (nel giug. 1616) da' noslri fino a Campolongo, che fu di liotle sorpreso e saccheggiato. Gli abitanti di Villesse furono incolpati o di avere contribuito, o almeno di non essersi opposti all' impresa, e considerandoli il provveditore rei di stato, decreto bárbaramente la distruzione di quel villaggio, ordinando ad alcune compagnie di soldati di darvi il sacco e di sgoinbrare quel territorio da tutti gli abitanti. Quesla risoluzione, dice uno storico (a), cagionô che non solo Villesse, ma ogni allro villaggio, che fosse stato prima arciducale, fu senza alcun riguardo pessimamente trattato. Per fare poi argine aH' impelo delle nostre truppe, e porre a coperto il paese veneto dalle scorrerie, occupé il Priuli il monte di Fogliano dagli Austriaci fino a quel giorno trascurato, e fortificollo con parapetti, e trincee. Questa operazione risvegliô 1' idea al Trautmansdorf di opporre a quello del nemico un'allro fortino sul monte in faccia a Gradišča, che con singolare maestria di quei tempi sotto la direzione del Maradas (sul finir di lugl.) in pochi giorni fu costrutto. Per la forma esagona, che quest' opera aveva, ebbe il nome di Stella. I Veneziani F altaccarono pochi giorni dappoi (5 »g») che fu terminala. Pielro Vasquez, che comandava a quel posto riportô altrettanta gloria per averio valorosainente difeso, quanlo fu lo scorno del Giustiniani d' esserne stato, malgrado il flore della sua truppa di Corsi e di Albanesi composta, vergognosamente respinto. Questo tentativo indusse i nostri comandanti a muñiré vie piii la Stella, ed a disporre in maniera le cose, che in caso di qualche nuovo attacco potesse con maggiore facilita essere soccorsa e difesa. Nuove ostilità nacquero ad un tralto ai confini della Carintia. Guglielmo Schmit, di nazione inglese, condottiero d' un corpo raccolto nella Carintia ed assoldato dal vescovo di Bamberga, aveva Fistruzione segreta (6) di occupare la Ponteba veneta, d' impadronirsi della a) Moisesso. Lib. I, cap. 13. b) U istruzione i del di 24 maggio 1616. Cliiusa, e di passare direltamente a Gemona. Questa impresa fu nieglio ímmaginata, che esegnita. Al capitano riusci ("* aS* ÍOIB) altrel.tanto facile 1'occupazione della Ponteba, quanto era grande la sicurezza di pace, in cui vivevano in quella parte i sudditi di nmendue i domini, fondata sopra un reciproco non interrotto commercio. Ma, o che la cupidigia della preda vi avesse troppo trattenuto il soldato austríaco, o che lo Schmit avesse mal impiegato il tempo a costruire due forti, certo si è, che i nostri, anzi che passare inuanzi, furono da' Veneti con perdíta fino a Tarvisa respinti (a «g-. 1CIG). La Ponteba austríaca, e la vícina terra di Malborghello soggiacquero in questa occasione alio stesso trattamento, che avevano sperimentato pochi giorní prima i suddití veneti. Nel medesimo tempo (2© »S'-) penetro Cantillo Trevígiano, che comandava la cavalleria leggiera per la via di Cividale a Caporetto, saccheggió ed incendió il borgo, costriuse gli abitantí a rifuggirsi in quei monti ; scorse e saccheggiô quel territorio fino a Tolmino, dove avrebbe colla stpssa strage terminala la sua spedizione, se il fuoco del caslello, e la soldatesca che vi si trovava di presidio, secondala dal coraggio degli abitantí di quel distrello, non 1'avessero obblígato a ritirarsi. Queslo avvenimenlo, per cui il Troulmansdorf fu coslretlo a distaccare un altro corpo di míüzia in difesa di quei tcrritori, e le malatlie, che passarQuo dal campo venelo ad infestare ¡1 uoslro, e che nel breve corso d'un mese levarono la terza parte della milizia, determinarono (28 »s-) il Traulmansdorf a trasportare i suoi alloggíamenti di qua deH'Isonzo, lasciando di là del flume pochi posti guardati, ma col fiore della sua gente presidiata Gradišča. I Veneti non tardarono ad inoltrarsí sett.) a Lucinico, e ad iinpossessarsi in pochi giorni di tullí i piccoli forti di là deH'Isonzo. H Ginstiniano in persona diresse da per tullo l'altacco. Giovanni Baglione, capitano fiamingo, e Gasparo di Neuhaus suo luogotenente, vedendo vana ogni resistenza malgrado i soccorsí, che di notte ricevevano dal campo, abbandonarono (8 seít.) le trincee del monte sopra Podgora, ed il capitano Giacomo Schibl, dopo una valorosa difesa di dieci giorni, fu obblígato a capitolare (18 setí.) la resa del forte di s. Piet. vicino Farra. Questi felici progressi per le armi venete, ríempirono di timore gli abitantí della contea, ed il timoré si accrebbe allora che si videro pareccliie famiglie patrizie, e con queste delle altre portare altrove il meglio delle robe loro, ed abbandonare ail' ultima classe dei cittadini la difesa della patria. Il generale Traulmansdorf, ond« 3 prevenire i disordini, clie derivare ne potevano, scrisse (*•< *elt.) dal campo al governo goriziano ne' seguenti sensi: Siccome questa condolía tiene da vna parte in osserrazione e lo stato ciltadinesco, e 'I resto del popoln, inducendolo a fuggirsene, e lasciar il paese senza ajato e difesa, dall' allra Sua Altezza nulla ommette per difender gli stati, ed i sudditi suoi; cosi devo in sorrano nome avvertire i signori Capilano, Luogotenente e Deputati, perche tutti si restihiiscano in cilta, e non permettano pel bene del paese senza il mío assenso a nessuno cid che agli altri ciltadini, ed abitanti della conten non si permetterebbe di fare. Esigeva il • noslro generale dallo slato nobile quella condotta e direzione, che dovesse servir d' esempio al resto degli abitanti. II Giustiniani fraltanto desideroso di proseguiré le sue operazioni avrebbe teníalo un' allra volta l'assedio di Gradišča, se la comunicazione "che conservarono sempre i noslri col mezzo di ponti e barche, con quella fortezza, non l'avesse ritenuto da una impresa, che gli era riuscita cosi male la prima volta: contento d'occupare (sul princ, d'ott. 161«,) Vipulzano, coll'intenzione di stendersi nei colli, diresse le sue mire a tagliare il passo del ponte sull' Isonzo, che i nostri conservarono libero, ed aperlo per quel territorio. L'esecuzione di questo piano cagionó la morle del Giustiniani. Uscito questo generale per visitar ('Sí ott) i lavori, che nveva ordinati sopra una eminenza, da cui il cannone dominar poteva P antica forre fabhricata in difesa del ponte, il Traulmansdorf lo scopre, e passa con un distaccamento de' suoi I' Isonzo; la gente di amendue le parti viene alie, mani, nuova truppa accorre dall'una, e dall' allra banda; Carió e Girolamo, fratelli Turriani (a) si Irovano alia testa del nostro rinforzo, la zulfa s' incalza, ma vedendo i nemici il loro generale ferilo in un flanco, sono costretti a piegare e rilirarsi. II Giustiniani fu trasportato in Lucinico, dove morí il susseguente giorno senza aver accresciula quella ripulazione, che avevasi in altre guerre acquislala. La repubblica ordinó, che il a) Parlando il Moisesso al lih. 1 cap. 8 di que' feudalari veneti, che servirono sotto V arciduca, si esprime rapporto a Cario cosi: " dedilo all'arciduca, ed ingolfatosi in grandi opinioni, „ amo mcglio vivere e moriré poco men che poreramente „ in quella guerra sollo casa d' Austria;, che ricchissimo sotto „ la repubblica, negli cui stati, egli era signare di un bel „ castello con sna giurisdizione, e di altri buoni villaggi. „ corpo di lui fosse traspórtalo in Venezia e deposítalo in una delle sue più celebri chiese (a), con fargli innalzare una slatua equestre, assegnando grosse pensioni alla famiglia di lui, Se onori si speciosi e ricotnpense si generóse, furono ripulate eccedenli riguardo ai vanlaggi da lui riporlali in questa guerra, per tali non furono pero coHsiderali riguardo alio stimolo ed all' emulazione, che dovevano ispirare a coluro, che nell' importante carica doveano succedergli. La morte del Giustiniani diede nuovo coraggio aile nostra truppe, e suggeri nuove disposizioni al Traulmansdorf. Vareo egli a guazzo con un grosso corpo di gente 1' Isonzo, ed attacco ('2 «tí-i tí t. ti) con vantaggio i nemici, che si trovavano in diversi luoghi . senz-a capo e senza ordine sparsi. Passô egli il di seguenle con altro distaccamenlo il ponte, e piantô in faccia alie batterie incominciate dai Veneti, un fortino per difendere quel passo e per obbligare i nemici ad abbandonare il loro posto. Ma tutto ció non impedí, che i Veneziani cominciassero ott.) a lar giocare il caunone, ed in poche ore dislruggessero il ponte, e. tenessero separato tutto il paese di qua da quello della parte opposta del flume. Non oslante non sí perdeltero d'animo gli Austriaci. II nostro generale, assicurali gli abitanti délia citlà da qualunque maggiore insulto, e alquanto sopra al ponte distrutto, fattone gettar un allro con zattere, che serví alia comunicazione d' amendue le rive del fiume, non molto dappoi sforzô il nemico ad abbandonare quei posti, e ritirarsi nella campagna della Mainizza, dove il Priuli fece costruire un forte di forma quadrala, che prese indi il suo nome, per tener in soggezione il nostro soldato, il quale colle frequenli sue scorrerie molestava i distoccamenti veneti, destinati alia custodia dei villaggi situati fra Gradisca e Cormons. Ma nulla fu bastante per ritenere i nostri capitani dalle solite loro sortite, e dal recare ai nostri vicini quei danni, clie l'arte della guerra di quei tempi poteva suggerire. Anzi l'arrivo di nuova truppa unghera condotla da Enrico Davalo, conte d' Ampiezza, somministrando vie più forza e coraggio, le scorrerie e le zulfe divennero non solo più frequenti, ma ancora più vive, come fu singolarmente quella, che succedette (3 8 iiov.), in Romans e ne' suoi contorni, dove questo capitano in compagnia di Riccardo di Strassoldo, e di Antonio e Michele fratelli Rabatta, superó le trincee uemiche, ed altaccato un grosso corpo di truppe venele, con loro perdita le mise in fuga. II Trevigiano a) Ss. Giovanni e Paolo. supponendo il nostru campo sprovvedulo di milizia voile profittare di questo momento : passa il fiume, allacea i nostri con forza, ma con forza maggiore fu dal Maradas respinto, e costretto con danno a ritirarsi. La storia di questa guerra, che fra le altre ci ha servito di scorta (a), attribuisce le inoleslie solferte dagli Austriaci al poco affetto loro pel nome veneto. Non puossi dubitare, che i passali torti ricevuti dai nostri vicini, la condotta tenuta da questi sul principiar delle oslilità per affuscinar gli occhi dei Goriziani, in fine il duro ed aspro procedere contro quei territorî, i quali passati sotto il loro dominio si resero sospetti d' affezione pel naturale loro principe, non avessero esacerbati gli animî dei Goriziani contro di loro, tuttavia lo stimolo délia gloria nei capitani, e délia preda nel soldato prevaleva ad ogni altro men favorevole sentimento. Gli spogli appartenevano a quelli, che sfe ne impossessavano, e siccome i prigionieri dovevano riscattarsi a proprie spese, cosi il soldo pel riscatto ripartivasi fra quelli, che avevano la sorte di farne. Conservandosi la truppa sempre avida di boltino, i condottieri non aspeltavano che l'occasione di farla sortire. Lo scopo di moite scorrerie era per allro spesso di provocaré il nemico ad un fatto d'armi, di cui il Traulmansdorf mostravasi molto voglioso. Le truppe nemiche ripartite nell' interno del territorio gradiscano, erano parte nei villaggi, e parte sull' allure ben trincerale ed il corpo comandato dal Trevigiano stava in Lucinlco coperto da terrapieni, e da trincee. Riusciva spesso di sorprendere i Veneti nei loro quartieri, ma o che le nostre truppe fossero sempre intente a bottini, o che non fosse prudenza i' inseguire i nemici, lutte le disposizioni- terminavansi colla fuga dei Veneti e col ritorno dei nostri al loro campo. Conoscendosi poco in quei tempi 1' arte di forzare i trinceramenti, rari erano i casi, che il nemico fosse in quelli attaccalo. Ma ció che non poteva oltenere il comandante austríaco cogli insulti e colle disfide, oltenne per un semplice accidente. Fece il Trautmansdorf la rassegna (US» die. 161«) di alcune compagnie di cavalleria, questo movimento accompagnato dallo strepito degli stromenti militari, pose in armi il Trevigiano, il quale fece sortire da' suoi alloggiamenti la cavalleria leggiera seguila da nn corpo di corazze. Il nostro generale passa incontinente con nn grosso numero di cavalli P lsonzo, e disposto in ordine di battaglia incontra con coraggio il nemiço, e sostenido con fermezza a) Moisesso. Lib. I, cap. 37. DELL A CONTEA DI GOR1ZIA. 37 ¡1 primo fuoco, s' awenta con tañía forza contro il corpo 'dei cappelletti (a), che questi restaño disordinati, e con essi anche le corazze. Gli Austriaci inseguiscono il nemico fino alie (rincee di Lucinico, che colla morte di molla fanteria, e con maggior numero di prigionieri (6) furono abbandouate ai vincitori. 11 Trautmansdorf ricevette in questo falto una ferila in un braccio, ed il Trevigiauo íiella ritirata col rischio della vita cadde da cavallo. I piccoli accidenti seguiti in questo tempo in Istria non debbono qui aver luogo, per non ripetere quasi i medesimi fatli e risvegliare la memoria dei medesimi danni e delle calamita, che soffri il suddito d' amendue le parti in quei territorí. : / V. Continuazione della guerra neWanno 1617. Non formerebbesi una giusta idea di questa guerra, se si riguardasse semplicemente come un affare che interessava solo I' arciduca Ferdinando e la repubblica di Venezia. Verso la meta deir antecedente anno presero queste ostilitá tutt'alteo aspetto. Nella esecuzione del trattato d' Asti, il quale prometiendo quiete all' Italia, determinó il veneto Senato a muovere guerra all' arciduca, insorsero fia Filippo III di Spagna e Cario duca di Savoja tanti disparen', che non solo superarono tutti i maneggi d' altri principi intenti a conciliarli, ma fomentarono eziandio quelli, che gia sussistevano fra il noslro principe ed i Yeneziani. La repubblica costretta ad impiegare a) Caballería leggiera dei Veneziani. b) Raffaello Giusliniani figlio del defunto generóle veneto era il piú riguardevole tra i prigionieri. La gelosia e V interesse contrastarono a Giacomo de Bertis la gloria di averio costretto a rendersi. II Trautmansdorf, intese le dissensioni, deeise, che un figlio di un generale, falto prigioniero, non poteva esser prigioniero, che cf un generale. 11 Giustiniano non tardó molto ad essere contraccambiato col padre Bartolommeo Villerio gesuita, confessore, e confidente dt Ferdinando, il quale poco prima, traversando la Lombardia renda in mentite vestí, fu riconosciuto ed arréstalo. moite truppe in difesa delle sue piazze in Lombardia, e cousiderabili somme di denaro per assoldarne a conto del duca di Savoja, noil poteva operare con tutte le sue forze nelle nostre parti, e 1' arciduca sostenuto con gente e denaro dalla Spagna poteva air incontro, senza il concorso dell1 imperadore Mattia, il quale non volle giamniai mescolarsi in questi particolari imbrogli, opporsi alle armi della repubblica. Conveniva a Filippo, che le forze venete fossero divise, e conveniva all' arciduca Ferdinando il rigettare tutte le proposizioni di pace, che. il veneto Senato intavolava alia corte cesarea, tosto che T Italia si vide da nuovi turbini minacciata. A quest' oggetto si trasferi 1' arciduca nelle sue provineie, ed assiste iu persona alle diete, che si convocarono (uel uov. 1CJ«) per muovere i sudditi a soccorrerlo, e sostenerlo con tutte le loro forze. Da Ciagenfurt passö egli iif Lubiana, dove gli stati goriziani inviarono Giuseppe di Neuhaus ed Antonio di Rabatta per compliinentarlo in nome della provincia (a), e dal campo fu spedito il conte d' Ampiezza, e Riccardo di Strassoldo per istruirlo dello stato in cui si trovavano le nostre armi. La presenza del principe rinforzö il naturale zelo e le premure de' sudditi. Si vide prima della fine dell'anno compadre nel campo il márchese d'Austria, figlio naturale dell'imperadore Mattia, con un grosso corpo di fanti e di cavalli, radunati nella Stiria, nella Carintia e nella Carniola, in tempo che i Veneziani avevano già nominato in luogo del provveditore Priuli Antonio Lando uomo di somma matnrità, e sostituito al defunto Pompeo Gi'ustiniani don Giovanni de' Medici, figlio naturale di Cosimo, gran duca di Toscana e di Eleonora degli Albicci. La campagna si apri con una scorsa, che fecero gli Austriaci (S3 gema. Biî 15) condotti dal conte d'Ampiezza, da Riccardo di Strassoldo, e da Rodolfo di Colloredo fino a Craugiio, dove sorpresero di notte il capita no Giróla mo Tadini, che vi comandava un corpo di cavalleria, ma respinti i nemici e predati i loro alloggiamenti con buon numero di cavalli ne fecero ritorno. Questa scorreria fu seguita da altre consimili piccole bensl, ma frequenti e per lo piii felici, che il comandante veneto atiribuendole all' affezione dei contadini di quei territorí pel naturale loro principe, obbligolli tutti a trasportarsi colle famiglie loro di là del Tagliamento (b). Strano e sorprendente parve a' Veneziani per tutto il corso della guerra il' singolare a) Le credenziali sono date il di 23 nor. 1616. b) Enrico Palladio. Lib. 4. attaccamento , che i suddíti auslriaci sottomessi dalle loro armi conservarono per la gloria, e per l'interesse dei noslri principi. I pili severi trattamenti, i castighi stessi di morte manifestarono più che mai in quest'occasione la poca forza, ch' essi hanno sopra ]' animo degli uomini. Amando que' paesani, cosi ci lascif» scritto il Moisesso, oltre misura il loro nalurale Signore, vera e salda tutela di tutti gli stati, non senza qualche odio d'altro governo, al quale per non aver a soggiacere avrebbono adoprato fino le ligne, ed i denti (a). Questa testimonianza libera da ogni sospetto di adulazione e di parzialità, è uno di quei document!, che servir possono a comprovare il cosíante e perpetuo amore, e la fedeltà della patria noslra, per gli augusli suoi principi. Intanto il Medici rinnovando il piano di occupare tutti i luoghi di là deli1 Isonzo , si propose per prima impresa il rendersi padrone di tutto il Coglio, dove i noslri non ritenevano che alcuni luoghi, ma ben forlifuati, e da milizia custoditi. Le pri/icipali mire del comandanle veneto furono direlle al caslello di s. Martino, colla persuasione, cbe quand o si fosse inipadronito di queslo, il rimanenle sarebbe costrello a rendersi. Comandó egli a questo fine parecchi distaccamenti uniti da differenli corpi delle sue truppe, guerni di milizie le strade, per le quali i presidí di Quisca, e di s. Floriano potevano accorrere in ajulo; laglió ogni soccorso, che potesse venire dal campo austríaco ; spedi un grosso corpo di riserva al ponte deli' Isonzo, finalmente scelse i più abili condottieri, che trovavansi nella sua armata, e diede a ciascheduno le opportune istruzioni. Mn 1' esito non corrispose aH' avvedulezza delle misure. Qiianlunque si fosse scelto fel»l>. lOSS) il bujo della notle per T esecuzione deli' impresa, e la spedizione fosse stata condolía colla maggior segretezza, non poté essere eseguita in modo, che il contadino di quelle adiacenze non losse stalo a tempo d'avvertire le nostre truppe dell'avvicinamento de' nemici. II presidio che guardava s. Martino, comandato da Gasparo di Neuhaus, si difese con vigore. Lo strepilo a) Lib. I, cap. 6. Lo stesso storico in altro luogo lasció scritto: "» „ paesani (auslriaci) soggiogati all' incontro restar ano percio „ del loro male consolati, ne sfogati della rabbia, non mutandosi „ per apparenza quett' affetto, che si ha per natura, el per „ queslo difficultavano, quanto era in lor potere, al campo „ ogni sorte di veltoraglia, prodighi intanto a' suoi, di lulti „ gli arrisi, clie potevano raccorre. „ Lib. /, cap. i6 délie mosclietlate pose in armi le altre truppe, che vi accorsero precipitosamente, fugando i Veneli che incontrarono sul cammino. La cavalleria nemica fu la prima* a porsi in confusione, e piii ancora que" cavalli, ch' erano caricati di petardi e d'altri attrezzi militari. La fanteria abbandonala, si perdette di coraggio, e sbandatasi per que' colli, s. Martino restó libero da ogni pericolo prima che il conte d'Ampiezza, impegnato per istrada in una sanguinosa zuña, arrivasse col suo soccorso. Questo piccolo vantaggio consoló da una parte il comandante veneto dopo 1' infelice esito della sua impresa, ma dall'altra parte Gasparo di Dornbergo, capitano di Tolmino, non tardó a riportare de' nuovi vantaggi. Congregó egli (24 fetol».) i più coraggiosi paesani di que' contorni, ed unitigli alia poca milizia, che vi si trovava, passó que' monti, penetró fino di là di Cividale, dove incendió alcuni villaggi e fe ce un grosso boltino di bestiame. Non si lasció non per tanto distorre il Medici dal pensiero, che aveva concepito sopra Gradisca. Senza che gli Austriaci se ne fossero accorti, fortificó (sul principio (li marzo) una casa detta Tussina, sitúala fia Corona e la fortezza, che servi a dar principio alia linea di circonvallazione ,• e non molto dopo occupó un altro posto nelle vicinanze di Bruma, accostandosi sempre più alia piazza. Lo Strassoldo pensó sollecitamente a tutti que' provvedimenti, che in difesa di Gradisca credeva opportuni. Fece innalzare, giorno e notte, nuove batterie, e singolarmente verso ponente una mezza luna; poichè osservavasi dagli andamenti del nemico ch' egli voleva dirigere le maggiori sue forze verso quella parte. II Trautmansdorf provveduta la piazza di fresco presidio, e delle necessarie vettovaglie con buon numero di cavalli, volle riconoscere (*» mar.) le opere de'Veneti, coi quali venne anche nello stesso giorno alie mani. La zufía fu viva, Rodolfo di Colloredo vi rieevè una ferita, i nemici furono scacciati dalle loro trincee, ma tosto che i nostri si furono ritirati, le occuparono nuovamente, e le prolungarono in pocbi giorni, malgrado le opposizioni degli Austriaci fino alia sponda dell' Isonzo. Si credeva nel nostro campo, che i Veneziani avendo condolta di rimpetto a Gradisca la grossa artiglieria, fossero per dar principio aU'assalto, quando questi improvvisamente si rivolsero (1 apr.) verso forte della Stella, ed altaccandolo da due lati tentarono d'impadronirsene. Inaspettato fu al capitano Enrico Paradis, che custodiva quel luogo 1' assalto ; ma più inaspettaia fu al nemico la difesa e la forza con cui da quello scarso presidio si vide rispinto. Nello stesso tempo, che i nemici assalirono il fortiuo, aveva il Medici fatto coprira con truppe da Podgora fino alla Mainiza la sponda dell'Isonzo, ed ofdinato di vareare in sei dilTerenti siti il fiume. Ma le batterie, di cui erano guernite le ripe délia nostra parte, la rapidità dell'acque ingrossatesi in que' tenipi dalle pioggie, e la prontezza che uso il Trautmansdorf in dividere le sue truppe, irapedirono a' Yeneziani da ogni parte il tragitto. Non miglior fortuna sperimelftarono i nemici in questa giorilala in due altre spedizioni. Un corpo di Corsi fu diretto ad impadronirsi del fortino costrutto da' nostri vicino alla torre del ponte. Il poco animo che vi mostró queslo distaccamento, fu si palese, che i generali veneti ordinarono r inquisizione contro i reí. Cosi ancora Marc' Antonio di Manzano entrato per la parte di Cividale in Ronzina non poteva continuare il suo cammino fino a Calíale per occuparvi il passo dell' Isonzo, ed avanzarsi fino nelle campagne di Salcano; dappoichè Lorenzo Tadini, al quale era stato ordinato di scendere da Caporetto e di unirsi al Manzano con un altro corpo, aveva ritardato di parecchie ore la sua nnione. Quest'era la giornata che il Medici giudicó decisiva della guerra, non men che della sua gloria, e da cui non riportó altro vantaggio che d' aver occupato s. Floriano, che al numero de' nemici ed alia forza, con cui fu investito, dovette rendersi (a). Malgrado le forti opposizioni incontrate da' Yeneziani al vareo del fiume, non abbandonô il comandante nemico la determinazione di passare 1' Isonzo, piano riputato alie sue mire tanto piii necessario, che senza la riuseita di questo conosceva pericolosa non meno che inefficace qualunque impresa contro Gradisca. Cercó quindi con una numerosa banda de' suoi d'aprirsi il passaggio al ponte: ma oltre che questo tentativo (M apr.) gl¡ riusci infruttuoso come il primo, ebbe ancora lo svantaggio di dover ritirarsi con grossa perdita della sua gente. Benchè la sorte dell'armi si manlenesse equilíbrala, aveva tuttavia il Trautmansdorf motivo di temere ch' ella non si cangiasse in nostro svantaggio. Attendevasi nel campo veneto un soccorso considerabile di mifízia olaudese, che giunta in Venezia sotto il comando di Giovanni Ernesto conte di Nassau, doveva per la via di Monfalcone unirsi al campo del Medici. II nostro generale spedi in tali strettezze il Maradas a Ferdinando, che trovavasi in Praga, per rappresentargli la nécessita di maggior numero di truppe, onde opporre alie forze del nemico una valida resistenza. L'arciduca eccitó lo zelo delle sue a) Fra il numero de' prigionieri si contó Francesco Morello. 3* provineie, anímandol« a prestare a' goriziani nuova assislenza, ed inviô il vescovo di Trieste, Ursino di Bertis a Milano, coll' ordine di persuadere quel governatore Pietro di Toledo a far marciare le sue truppe verso gli stati délia repubblica, onde diverlire i veneti, ed obbligarli a diminuiré le milizie, che tenevano in Friuli (a). Alla solleffitudine del principe unirono le loro premure gli stati goriziani: scrissero questi caídamente a' governi délia Stiria, delfa Carintia e délia Carniola, ragguagliandoli del pericolo, a cni rimaneva esposta la contea senza i valevoli e pronti loro soccorsi. Giovanni di Lamberg, vescovo di Gurck e luogotenente délia reggenza di Graiz, nllesti tosto un corpo di milizia : e la provincia délia Carniola sotto il comando di c Encardo d'Aiiersperg ne spedi un altro in difesa délia nostra patria. L1 arciduca Massimiliano soccorse ancora la contea inviando dal Tirolo una considerabile banda di moschettieri sotto la condotta di Enrico di Brus, capitano inglese; finalmente lo stato patrizio di Gorizia formó a spese proprie una compagnia di cavalli, alia quale la più generosa gioventii si fece gloria d'aggregarsi. A fronte di tanti soccorsi i goriziani ricaddero nelle angustie per la critica situazione in cui si trovava 1' Istria austríaca, e per i forti distaccamenti che dal nostro campo dovettero a quella volta spedirsí. Parte délia milizia olandese sbarcata ne' porti veneti pose ip disperazione i sudditi di quelle vicinanze. Senza ajuto e senza speranza di riceverne, ed ¡ncapaci di difendersi da sé, si disponevano ad assoggettarsi alie forze del nemico e procacciarsi quella sicurezza, che dalla protezione del principe più non aspellavano. La prestezza con cui terminó il Maradas la sna commissione in corte lo restituí a tempo di poter soccorrere con nn corpo di cavalleria que' territorí, e di poter non meno ispírare a quel popolo nuovo coraggio, che rassodarlo nell'antico attaccamento pel naturale suo principe. 11 xMaradas fece in questa spedizione più di quello che potevasi aspettare. Scorse con sorprendente velocità tutta 1' Istria (1« magr. I6IS); scacció da Galignana i nemici, che 1' avevano occupata ; ed esortando gli abitanti di quel luogo, come di altri, all'iibbidienza dovuta ad un sovrano che non Irascurava verun mezzo onde allontanare da loro a) II governatore prese nel di 26 giugno 1617 al duca di Savoja Vercelli; fece incamminare un corpo verso il Cremasco ; e dimandà al duca di Mantova il passo per altre milizie, che coleva far marciare anche da quella parte negli stati della repubblica. qualunquo sinistro accidente, Ii indusse a rinnovare « Ferdinando il giuramento di fedeltà. Avanzatosi indi (30 mag.) nel territorio nemico prese a fronte d' una vigorosa resistenza Fianona, dove brucciô alcuni navigli che si trovavano in quel porto, e passando in Albona s' impadronl di quella città e degli adiacenti territorí : di modo cha nel breve corsé- 4i pochi giorni liberó da' nemici quelle contrade, conquistó nuove piazze; e rianimato il eoraggio degli Isfriani ed assodato il loro zelo per la patria ritornó al campo sotto Rubia, onde prestare al Trautmansdorf quell1 assistenza ch'esigevano i pressanti bisogni della contea. Le# truppe olandesi coll'altra milizia fonnarono intanto nel campo veneto un corpo di sedici mila uomini. 1 nemici iutenti a stringera sempre più Gradišča occuparono (> giug.) sotlo la condotta del Nassau quelle vicinanze sul Carso, e fingendo di voler passare in gran numero F Isonzo, per impegnare una parte della nostra truppa alia difesa del passo, marciaron con sei mila uomini (S g>"gO verso il forte s. Martino situato sopra Sdrausina. 11 presidio austríaco, comandato dal capitano Brus, dopo aver difeso il posto tulto quel giorno, dovette cedere alla supériorité de' nemici, i quali lo munirono col grosso dell'artiglieria. Era facile a' Veneti, padroni di quel luogo, occupare (S ging.) I'altura che domina il castello ed il bosco di Rubia, e fortificarla con trincee e parapelti, chs dal noslro campo il seguente giorno si videro già elevati. Questo era lo stato delle cose nella conlea, allora che il Maradas, ritMnato a precipizio nel noslro campo, trovó esser necessario d'oppbrre alie falde del bosco di Rubia, un altro forte, onde impedirá maggiori progressi alle armi nemiche. II nostro generale non solament« approvó il piano, ma ebbe ezíandio si férvida premura d' eseguirlo, che contro il sentiuiento del maresciallo Maradas, il quale avrebba prescelto di cominciare i lavori col favore della notte, ordinó di dare incontinente mano all'opera. Non abbandonarono i due comandanti tulto quel giorno il loro sito (ï ging'.), e sprezzando il pericplo de' colpi dell' artiglieri« nemica vollero eglino stessi assistere all' esecuzione de' lavori : ma cosió caro al nostro campo tale inconsiderato eoraggio. Un colpo di colubrina atterró il Trautmansdorf; si volle trasportarlo ferito al «uo quartiere: ma egli vi si oppose, e premessa la confession» tacramentale impiegó gli ultimi momenti di sua vita in rammemorar» a' suoi capítani quanto dovevano al principe ed alio stato, da cui ¿ipendeva la salvezza della provincia, ed asticurandoli, cha nulla pué pareggiarsi alia gloria di moriré in servigio delP augusta casa ; e conservando sino al fine quella intrepidezza d' animo, che nè il pericolo, nè la sorte avversa poté giammai smentire, inori l* eroe (¿r). Era il Trautmansdorf alto di statura e ben formato, di aspetto nobile, di portamento altero e di maniere aspre ed imponenti : in tutto il suo esteriore scoprivasi un miscuglio d'orgoglio, di determinazione e di ferocia. Tulle le cose maneggiava col proprio senso, onde di di rado vi era chi ardisse consigliarlo, senza essere ricercato, ed egli pochi di ció ricercava (h). La libertà che si presero il conte di Tersatto e Cario di Eck, di venir senza sua saputa ad abboccamenlo co" capitani veneti alie sponde dell' Isonzo, di cui altrove. si fece cenno, T irritó e lo scompose si faltamente, che comandó furibondo di dirigere contro di loro il cannone (c). L' inumano ordine sarebbe stato eseguito, se Federigo d' Attems ed Orfeo di Strassoldo non avessero saputo calmarne il furore. Ambizioso della precedenza e del grado, che distinguevalo sopra tutti gli altri capitani, lo fu maggiormente del suo coraggio e valore : in tutti i fatli d' armi da lui diretti trovavasi egli in quel posto, ove più grande era il pericolo (d), si poco curó la sua vita colui, che conosceva il pregio di quella del soldato : elogio che convien giustamente accordare a questo guerriero, il quale seppe peí -corso di diciotto mesi con poca truppa far fronte a' numerosi corpi de' Veneti, e senza esporre il proprio soldato non solo arrestare di là dell' Isonzo, ma molestare ancora e danneggiare il campo nemico. Desiderarono i parenti del Trautmansdorf(e), che gli stati goriziani erigessero un monumento alia memori^ di lui nel medesimo sito, dove morí: ma la nostra patria traácuró l'occasione di onorare la memoria d' un generale che mori in sua difesa, e di dare una pubblica testimonianza della sua gratitudine. II Maradas in quaiità di tenente generale adnnati tutti gli ufficiali assunse il supremo comando delle truppe con una moderazione, che incantó que' capitani. Egli protestó che quelP onore non tanto gli o) Moisesso lib. 2 cap. 20. b) Nel citato luogo. c) Moisesso lib. I. cap. 19. d) Moisesso lib. I. cap. 13. e) Le brame furono palesate da Massimiliano di Trautmansdorf maggiordomo maggiore dell' impératrice e fratello del defunto generale a Raimando della Torre ed a Gasparo Formentino, che ritrovatansi in corte. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 45 conveniva peí grado ch' egli tenea nel campo, quanto per quella eonfidenza, ch' eglino avevano sempre mai in esso lui dimostrala: che poleva quindi sperare da tutti non solo quella subordinazione, che ii buon ordine e la militare disciplina richiedeva, ma ancora quella valevole assistenza, che dal consiglio e dall' opera di ciascheduuo in particolare doveva aspettare. Tutti si sottomisero con piacere, perché tutti erano internamente convint! di quelle qualité che rendevano il Maradas superiore agli altri. Intesa la morte del Trautmansdorf, credettero i Veneti di non dover perdere il momento, onde trarre vantaggio da un avvenimento che pareva secondare le loro mire. Tentarono essi due successivi assalti (9 e 12 g-iug-.) contro le nuove trincee del bosco: ma furono ogni volta con grave perdita dalla bravura del nostro soldato respinti. II Nassau resto nel secondo assalto (a) ferito, ed avendo motivi d' attribuire l'infelice esito delle sue imprese ad un malizioso ritardamento del Medici, se no dolse apertamente, dal che nacque che in tutta quella catnpagna questi due comandanti per buona sorte degli Austriaci andarono discordi si ne' sentimenti, che nell' esecuzione delle loro operazioni. Frattanto Riccardo di Strassoldo terminati tutti que' Iavori, che credette opportuni a porre Gradisca in istato d' una vigorosa difesa, ebbe tutta I'attenzione, che la piazza per mancanza di viveri non fosse in fine forzata a rendersi. Non contento delle provvigioni di farina e di grani, che il Maradas seppe due volte (1<* e 18 g'íug-,) nottetempo introdurvi, comandó al vicario civile Baldassare Bajo di prendere in nota tutte le altre qualité di vettovaglie che si trovavano nella fortezza , perché dal medesimo fossero secondo il bisogno dispénsate. Come doveva essere comune la sorte, comune volle che fosse ancora la sussistenza. Fece in oltre costmire de' molini a mano, ed obbligô ad uscire dalla piazza coloro, che non potevano essere di alcun vantaggio nella difesa. I nemici replicarono i loro tentativi per la terza volta nel bosco di Rubia, ma sempre con forza respinti non vi poterono guadagnare un palmo di terreno ; e benché 1' assedio di Gradisca di giorno in giorno si stringesse, il presidio non mancava né d'animo, né di forze, a) In questo inconlro perdette una gamba nell'età sua giovanile Ulrico Cobenzl, il quule poclii giorni prima da sno padre era stato spedilo al campo. per difendere valorosamente la piazza. Cotanti ostacoli, e si difficili a superarsi indussero i Veneti a ricorrere ad altri spedienti, onde disanimare i nostri sudditi ed allontanarli dalla divozione e fedeltá al loro principe. Sparsero uno scritto solto il nome degli abitanti della contea, come se questi stanchi de' travagli della guerra nulla piü desiderassero, che di soggettarsi al dominio della repubblica. Questa invenzione, anzi che diminuiré nel suddito lo zelo e F amore per Faugusta casa, lo avvaloró, e T indignazione, che ne concepirono i nostri inaggiori fu cosi viva, che lo vollero con un' altra scrittura (a) smentito. Ma fecondi i nemici nell' immaginar mai sempre nuovi partiti sparsero nel campo austríaco una quantita di copie d' un cartello, parte scritte in alemanna, e parte in francese favella, nel quale sotto il nome di capitani veneti coll' impronto di s. Marco, si il Medici, che il provveditore Lando invitavano i nostri soldati, e singolarmente 1' ufflzialitá a passare solto le insegne della repubblica; prometiendo loro non solo maggiore stipendio, ma ancora il rimborso di tullo quello, che avevano a pretendere dalla cassa di Ferdinando. La fedeltii de' nostri si palesó in tale incontro; e mentre il disertainento e le malattie diminuivano il numero delie truppe venete di modo, che il corpo degli olandesi si vide in breve corso di lempo alia meta ridolto, il campo austríaco fu rinforzato con fresca milizia condotta da Alberto di Wallenstein, che divenne nelle storie di que' tempi non solo uno de1 piü celebri, ma ancora de' piü pericolosi capitani, ch' avessero i principi austriaci. Ció non ostanle non cessó il timore, che il nemico potesse innoltrarsi verso la pianura, al cui termine giace la cittá ed il castello di Gorizia, ed impadronirsi al fine della fortezza di Gradišča. Al passaggio del Vipacco, che tentarono i Veneti (38 giug.) presso Merna, furono bensi dal capitano Melgruber gagliardamente respinti ma Gradišča consumava le sue vettovaglie e principiava a senlire la penuria. Le truppe nemiche, che la cingevano d' intorno, impedivano ogni soccorso,. e non restava altro mezzo d' introdurvelo, che la forza. II Maradas troppo prudente per cimentare in un falto e gente e vettovaglie, prima di venir alie mani col nemico, determinossi di a) Biaggio Rith riporla 1' uno e V altro serillo al lib. 6 de' suoi commentarí. Sono ambidue si, rozzamente estesi, che bisogna aver piü pazienza, che curiosilá, per non interromperne la lettura. gcoprire le forze di luí, onde calcolare la possibilitá della sua impresa. Comunícate le sue intenzioni alio Strassoldo, ed istruttolo della condolía, ch' ei doveva tenere, per concorrere all' esecuzione, passó l'lsonzo incamminandosi colle sue truppe direllamente verso ¡1 corpo, che il Trevigiano nelle vicinanze di Farra comandava, e dopo un sanguinoso combattimento, nel quale reslarono uccisi tre capitani nemici (a), se ne ritornó al campo risoluto di vettovagliare nel seguente giorno la forlezza, ció ch' egli anche esegui, senza che i Veneziani vi si fossero opposli. Siccome questa spedizione aveva indotli i nemici ad ingrossare il numero delle lor truppe ne' contorni di Rubia, cosi ogni studio de' nostri era direlto a molestare il loro campo: come infatti riusci al Maradas di sorprenderli (34 ) di notte nelle loro trincee, di far man bassa sopra la maggior parte e di penetrare fino nel quartiere del Lando, il quale appena ebbe tempo di potersi salvare ([b). Questi ed allri avvenimenti a' Yeneti poco felici, diedero occasione di sospettare fortemente in Venezia della caltiva direzione de' loro comandanti. Quantunque il maggiore sospetlo cadesse sopra il Medici, il quale nulla risparmiava, onde giustificare il sinistro esito delle proprie imprese, colF impedire, che non riuscissero nemmeno quelle degli altri, il" Senato nuil' ostante dissimulando allamente ció che pensava, non vi fece altro cangiamento se non di nominare in luogo del Lando caduto ammalato, Pietro Barbarigo, e di confidare ad Orazio Baglione il corpo della milizia albanese, di cui il Trevigiano aveva prima il comando. 11 Medici pero non continuó lungo teinpo nel suo incarico, sorpreso da grave malattia fu costretto di ritirarsi, e dar luogo a Luigi principe d' Este, che assunse nel campo veneto il supremo comando. Ma lutte queste provvidcnze non cangiarono la sorte delle armi venete. I nemici, quantunque avessero scoperto il disegno, che avevano i nostri di fortificare con nuove munizioni Gradisca, tuttavia respinti sempre con danno e con iscorno, non ne poterono impedire 1'esecuzione. Informatosi il nostro generale delle truppe nemiche accampate sul Carso, s' incamminó (33 lugl.) nottetempo verso Doberdó, per convogliare le provvisioni sino al forte della Stella, d" onde sicuramente si potevano introdurre nella fortezza. Un corpo veneto, che aveva gli alloggiamenti iu que'contorni, sorti coraggiosamente o) Marc Antonio Manzano, Pietro Avogadro e Leonardo Gualdo, b) Giambattista Kani lib. 3. dai suoi posti per incontrare gli Auslriaci, e lagliar loro il passo, 0 fosse vero, che il Maradas credesse i nemici in poco numero, o «lie si lusingasse, che dovessero cedere alia sua risolutezza, senza aspettare la retroguardia che lo seguitava, condolía dal conté di Ampiezza, li attacca vigorosamente, nía incontrando in essi gagliarda resistenza, prese il partito di rallentare I' attacco, e diede co' suoi movimenti tanto tempo al d' Ampiezza, che poté seco unirsi colla sua cavalleria. Questo temporeggiare rese gli Austriaci ben superiori al primo corpo neinico, ma diede nello stesso tempo ancora tutta la comoditá al Baglione d' accorrere con grosso numero de' suoi per iinpedire ai nostri il passaggio. II Maradas, guadagnando terreno nel destro lato, dispone le sue truppe in ordine di baltaglia, attacca con fermezza il nemico e lo sconfigge. I piii valorosi col Baglione restarono sul campo, il restante colla faga salvo la vita. Malgrado questi vantaggi, i nostri erano alia fine quasi ridotti all' ultime strettezze. Si batteva il neinico, ma il numero delle nostre milizie si diminuiva, e tale fu in questa campagna la situazione degli Austriaci, che gli stati goriziani si credettero costretti di pubblicare (-1 1BU) nuovi editti onde animare i sudditi, e insino gli ecclesiastici («), ad impugnare le armi contro un nemico, il quale mnncava piü di condotta, che di combattenli. Con questi mezzi si fecc fronte per molto tempo e con poca truppa alie forze superiori dei Veneti, e si diedero a Gradišča que' soccorsi, senza i quali non avrebbe la piazza mai potuto sostenersi, e perché era per la vigilanza dei nemici sempre piii difficíle 1' introdurvi molta gente, il comandante della Stella ebbe 1' accortezza di spedire col favore della notte i soldati del presidio, ad uno ad uno carichi di vettovaglie, cui venivano incontro quei della guarnigione di Gradišča per riceverli. Frattanto tutta l'altenzione dei Veneziani si riduceva ad impedire qualunque sorta di soccorso, e bloccare in modo la piazza, che separata da ogni comunicazione dovesse inline rendersi alia vigorosa loro insistenza. Ingrossatasi con nuove truppe la loro milizia, piantarono essi ('3 sett.) fra Sdraussina e la Stella un fortino, ed un altro sulla strada che conduce a Corona. Ma ad onta di tutte queste disposizioni, trovarono i nostri il njodo d'introdurre (33 sett.) nel forte Stella un nuovo e ben considerabile soccorso di fariña, il quale pochi giorni dappoi ad onta della resistenža, che vi fecero 1 nemici, fu dal Wallenstein introdottó (3© sett.) jn Gradišča. a) Archivio Cobenzl. Deluse in si falto modo tutte le misure dei Veneti, stimarono essí necessario il raddoppiare le loro provvidenze, ed agli ostacoli, che avevano opposli, aggiungerne de' maggiori e dei piíi efficaci. fortificarono nuovi luoghi sul Carso e quel tratto di terreno che fra Sdraussina e Gradisca si estende. Non potendo il Maradas colle poche sue forze impedirne T esecuzione, impiegô lutta 1' arte per conservare il forte délia Stella, colla speranza d'intraprendere coi nuovi soccorsi che di giorno in giorno si attendevano dalla Stiria e dalla Carniola, un qualche fatto che coslringesse i Veneti ad abbandonare quelle adiacenze. Riusci in efiFetto al nostro comandante di fortificare con fresco presidio e con nuove munizioni quel fortino, ma ben Iungi dalP aver la gloria di far sloggiare dal Carso i nemici, non poté opporsi alie nuove operazioni, ond' eglino (sul fine <11 oit* í OS S) vie più cingevaiio Gradisca, persuasi di sforzare colla famé gli assediati, che non poterono vincere colle armi. In queste angustie avventurô lo Strassoldo una sortita, ed il presidio la esegui (é hov.) con eoraggio,- non se ne ottenne perô allro effelto, se non di levare ai nemici parecchi attrezzi e di guastare alcuni lavori che altendevano la loro perfezione. Gradisca molestata al di fuori dal nemico, e più molestata di dentro dalla mancanza dei viveri, era sostenida dal eoraggio del soldato e dalla fedeltà e dallo zelo de" suoi abitanti ; ma ridotta agli estremi, render doveasi suo malgrado, se la pace conchiusa in Madrid, di cui aspettavasi la conferina da Vienna, non avesse dato luogo ad una tregua pubblicata hov.) neHa contea, per cui fu accordato al Maradas di poter in queir intervallo prnvvedere la fortem d^n giornaliero determínalo so^forso. VI. Pace fra Ferdinando e la repubblica di Venezia, conchiusa nello stesso anno 1617. Non furono mai in una guerra di si poca durata intavolati tanli maneggi di pace, come in quesla. L'imperadore Maltia, che dava ugualmente orecchio alle suggestioni dell' ambasciadore veneto, Giorgio Giustiniani, ed alle ragioni d'uno de' principi della sua casa, si 4 mostró inclínalo a secondare le prime proposizioni di accomodarnento falle fin dal principio dell' antecedente anno dal gran duca di Toscana e dal duca di Mantova, come mediatori fra 1' arciduca ed i Veneziani (a). Pieiro di Toledo, governafore di Milano, profiltando, spedi a Venezia don Andrea Manriquez collo stesso oggetto bensi, ma forse con diverse intenzioni. II pontefice Paolo V, quantunque non avesse dispiacere de' travagli della repubblica, tuttavia interpose col mezzo del suo nunzio la propria mediazione ; ma lutlo indarno, poicbè venne a sciogliersi ogni Iratlato, tosto che si scopri F insistenza del Senato veneto nelle anliche sue pretensioni di scacciar da' luoghi litorali tutti i Segnani (6). Cangiandosi in progresse le circostanze dei Veneziani dovettero alia fine riprendere que" trattati di pace, che colle loro proposizioni avevano interrotti. Ad onta delle numeróse milizie, ch'eglino mantenero pel corso di questa guerra nelle iioslre parti, non poterono ottener giammai sopra i nostri benchè inferior! di numero, verun decisivo vantaggio. 11 valore del nostro soldato, I* amore e I' attaccamenfo pel principe (c), e la direzione dei comandanti Austriaci supplivano sempre alia forza ed al numero delle truppe nemiche. H timoré, in cut vivea la repubblica di Venezia, di trarsi in Lombardia disturbi di maggiore importanza, per le dissensioni della Spagna col duca di Savoja, obbligolla a tener in quelle contrade diversi corpi, che stessero in osservazione, e non le permise d' accrescere le sue milizie contro gli stati di Ferdinando. a) Capriatii. Lib. 4. b) * Domande e pretenÊoni, dice il Capriata al lib. 4, sentite non „ senza gravissime querele dagli Austriaci, i quali dalla „ tenacità della repubblica e da tanta renitenza argomentavano „ in lei maggiore la cnpidigia di occupare V altrui, che il „ desiderio di purgare il golfo da' Corsari. „ c) 11 Moisesso al lib. I, cap. 9 parlando della sconfitta delle nostre truppe ricetut a nel dï 30 genn. dell' anno 1616, parla del soldato austríaco nel seguente modo: " JVè par da lacere „ una strana divozione, che alcuni mostravano di portare a „ casa d'Austria in quella sconfitta. Giacevano per terra „ alcuni abbaltuti sanguinosi, e certi di moriré, e niente di „ meno, mentre i Veneziani cacciavano loro le spade nei ,. fianchi, mandaruno fuori continuamente fino all' ultimo „ debolissimo flato affetluose voci, che fievolmente esprimevano „ Viva Austria. , Le difficoltà, che la medesiina repubblica sperimentó iu assoldure gli gvizzeri, e le maggiori ancora ¡«contrate p«r ottenere il passaggio *OOG) in Vienna, a condizione pero, che in caso ch' egli mancassse di vita senza muschile discendenza, quel principalo dovesse riunirsi alia corona d1 Ungheria. La morje del Botskai, anzi che rassodare la quiete iu quelle parti, vi eecito nuove turbolenze, I Transilvani eieggono (5 retoli, KíOS) per loro principe Sigismondo Ragotski, il cui animo pacifico preferí lo stato prívalo ad una elevazújne, che avrebbe certamente i suoi prornotori in una gran guerra imbarazzali. Jl¡< essi abituati ad uno spirito di partito altrettanto píü radicato, quanto era da motivo di religione acceso, non tardarono ad acclamare per loro capo a) Andrea Morosiui. Lib, 16. Gabriele Baltori, il quala ebbe più d'intrepidezza, e meno di filosofía del Ragotski. Tale fu l'incostanza di quella nazione, ehe disapprovando qualche tempo dappoi la propria scella fomento un partito contro quel medesimo, ch' ella poclii anni prima spontaneamente aveva invítalo ad essere suo sovrano. Bellen Gabor, che da1 suoi coñcíltadini fu giudicato allora più degno di reggerli, prese le armi contro il Baltori, e sostenuto (1613) da sedici mila Turchi lo sconfisse. Nuovi movimenti in quei contorni chiamarono nuovi soccorsi dalla contea per sicurezza della Stiria e della Carniola. L' imperadore Mattia, contento di riavere i luoghi perduti in Ungheriu rinnova ( i 615) la tregua colla Porta, e riconosce il Bellen per principe di Transilvania. L' esempio dei Transilvani fece germogliare nell" animo dei Boemi gli antichi semi di sedizione. Richiamando eglino alia memoria le passate scontentezze, frovano nella loro situazione gli stessi motivi di risentirsene. Le misure che teneva il nuovo re Ferdinando, onde ristabilire la uniformilà di religione fia tutli i suoi sudditi, irrito la Boemia avvezzata sollo Rodolfo e Mattia ad una tolleranza, che accordava protezione non meno a' prolestanti che a' cattolici. La demolizione di qualche loro chiesa accese quel fuoco, che covava glà da qualche tempo sotto le ceneri e che scoppiô (1618) in un" aperta ribellione, la quale dilatandosi ben tosto per tullo il regiio fu il principio d' una guerra, che laceró per tanli anni l'Alemagna. I capi dei malcontenti, alia cui testa trovavasi Enrico della Torre ed il famoso bastardo di Mansfeld, accorsero con furibondo trasporto al castello di Praga, e precipitarono da quelle finestre due ministri regi con un segretario, il quale acquistô forse luogo nelle storie di quei tempi per la presenza di spirito, che conservó nelPinaspettata sua caduta (a). Non passó gran tempo, che i protestanti ancora della Moravia, della Silesia e dell' Austria superiore s' unirono a' Boemi. Enrico della Torre, incoraggito da una universale rivoluzione, fomenta il furore delle tutaultuanti nazioni, si avanza con un' armata verso Vienna («el ott, 161»), ed investe le mura di quella capitale nel tempo, che Federico elettore palatino, ricevelte in Praga la a) Furono quelli Guglielmo di Slavata, e Giaroslao di Martini*. Il segretario Filippo Fabrizio cadde sopra gli altri due, chiedendo rispetlosamente scusa, s' egli mai avesse loro recato del male. corona di Boemia dalle mani dei rubelli, e che Bellen Gabor, traendo al suo parlito l'Ungheria, s'inoltró con un esercito fino a Presburgo. Quest' era la situazione infelice di Ferdinando II, elevato da poco tempo alla diguità imperiale. Privo di proprie truppe, non meno che di stranieri aiuti, non aveva egli colla Croazia, che gli si conservo sempre fedele, se non le provincie, che dall' Austria fino all' Adriático si estendono, onde trarre gente e denaro. Non vi fu suddilo, che 11011 fosse pronto ad impugnare le armi, ed a spogliarsi del proprio per difendere il patrimonio del suo principe. La patria nostra, benchè spossata dalla recente guerra coi Veneti, sped! (nel ilic. ICI») colla maggior celerità un corpo di cavalli coinposto della più scella e coraggiosa giovenlù della provincia, senza rammentare un altro soccorso, che sulle ricerche della Carniola fece marciare nel seguente anno (nel ging. 162«) a' confini della Croazia. Avçva frattanto Ferdinando convocato (pel S sett. 163«) un congresso generale in Gratz per le confederate provincie dell'Austria interiore, in cui col mezzo de' loro deputati si doveva trattare non tanto del pericolo, onde esse erano minacciate, quanto de' mezzi di fissare per l'avvenire un piano stabile di vigorosa e comune difesa. Deputati ventuno vi assistettero per parte della Sliria, nove per parte della Carintia, la Carniola ne spedi sette ; ed il nostro capitano, Giovanni Sforza di Porzia, Rodolfo di raar capitano di Gradišča, l'arcidiacono Luca Delmeslre, Lorenzo d' Eck ed Ungerspacli ed Ottavio Panizzolo vi comparirono per parte degli stati goriziani. 11 principale punto di quelle conferenze fu la determinazione del numero di truppe che ciascheduna delle provincie si obbligava d'allestire in vicendevole soccorso e difesa. La nostra patria si olferse di mandare a sue spese dugento uomini per la custodia de' confini o della Croazia, o dell'Ungheria per tulto il lempo che quelle contrade fossero esposte alie incursioni e scorrerie de' nemici. Ma tutti gl' interni provvedimenli sarebbero stati inefficaci, se F imperadore non avesse opposto al congresso, che tennero in quel tempo i principi protestanti in Norimberga, un altro, ch'egli convocó di cattolici in Erbipoli. Massimiliano duca di Baviera, si pose alla testa della lega cattolica, e, ridotta l'Austria superiore all'ubbidienza, passô in Boemia, dove sconfisse (8 nov.) ¡1 palatino, obbligandolo di cercare in Olanda il suo ritiro. Questa rivoluzione apri la strada a Ferdinando II di accomodarsi con Bellen Gabor e di sottoscrivere 26 gen. 1622) ¡n Nicolsburgo il trattato di accordo. Le rivoluzioni, die succedeltero poi in Alemagna, non avendo 72 I s T 0 RI A alcun rapporto colla contea di Gorizia, 11011 possono aver luögo nella nostra storia. II palatino spogliato dagli spagnnoli sollo il comando dello Spinola, del suo elettorato e di Eidelberga sua capitale dal generale Thilly saccheggiata e distrutta, Falleanza conchiusa (108S) tra il re di Francia, il duca di Savoja, le repubbliclie di Venezia e di Olanda in favore de' protestanti, la comparsa di Cristierno re di Danimarca, per essere batluto e sconfitto (« sett. B 6-*®), il principe di Transilvania, e suscitarono in Ungheria gli antichi semi di ribellione. Si apri (nel die» lG-i) nel vivo sasso de' nuovi segni di confine, e di piantare più di un miglio dentro del medesimo territorio di Doberdo nuove pietre di confine, dall' altra di spogliare le nostre Comunità di Jalmico e di Nogaredo de' legittimi loro pascoli (o). A tanti e tali pregiudizî erasi opposto il capitanato di Gradišča quando fu da Ferdinando III al principe di Eggenberg aliénalo. Ma riserbatosi dalla casa d'Austria il patto di riversione, T iinperadore si era anche riserbata la suprema protezione per la custodia e difesa di quel territorio, ed in tale aspetto continuavasi a riguardare presso di noi la contea di Gradišča come parte privilegiata degli stati auslriaci, tultochè ad altro padrone sottoposta. II governo degli Eggenberg ebbe a sperimentare fino dal suo principio le molestie dei suoi inquieti vieilli. La repubblica vendete un pezzo di terra comunale, per cui pagava la comunità di Gorizzizza un annuo censo all' esattore camerale di Gradišča. I confini fra le ville nostre di Nogaredo e di Jalmico colle comunità venete di Clattjano e di Viscone furono in una nolte ^possi e trasportati nel territorio gradiscano. I provveditori di Maraño tentavano d'impossessarsi colla forza non meno delle paludi de san Giorgio e di Carlino, che di quelle situate alla bocca del fiume Ausa fra Cervignano ed Aquileja (6) fondando i titoli del veneto dominio, riguardo alie prime sopra meschini ritiri (c) eh' essi avevano ad arte fatti costruire da quei pescatori con pali e canne in tempo della pescagione, e riguardo aile seconde, o sopra furtivi, o sopra violentó tagli di fieno, a cui quei pubblici rappresentanti animavano i maneggi a danno dei sudditi della contea di Gradišča. Francesco Udalrico della Torre capitano di quella fortezza, fu sollecito all' avviso del minimo attentato, di fare le sue rimostranze presso i governatori veneti, dai quali non olteneva che vaghe ed inconcludenti risposte, come anche di ragguagliarne а) Scritture del magistrato fiscale di Gorizia. б) Queste paludi sono denominate le Bar a ne ole. r) Delti in lingua del paese caso tli. ¡I ministero dell'imperadore Leopoldo, da cui ebbe replicati ordiní di respingere la forza colla forza. I casotti de' pescalori si distruggevano, ed i fieni delle Barancole custodivansi dalla parte nostra, ma poi quelli venivano tosto rifatti, e questi colla violenza dei Veneziani tagliali. Trovandosi la milizia di Maraño in luogo più opportuno a far delle scorrerie, che il presidio di Gradisca ad invigilare e respingerle, tutta 1' attenzione e tulte le misure prese dal governo gradiscano riuscirono sempre inefficaci. 1 Veneziani non solo rinnovarono di tempo in tempo i loro alienta)i contro ogni convenienza ed equilà di buona vicinanza (nel o<(. 16«3j5 ma ebbero ancora la poca prudenza di dolersene per mezzo del loro ambasciadore in Vienna contro i suddili ed il governo di Gradisca, a tal segno che il capitano Francesco della Torre si vide costretto a doversi difendere da imputazioni addossategli da quelli stessi, contro la violenza dei quali richiamava invano peí corso di parecchi anni. Sono memorabili le di lui parole, colle quali rende conto (S geiin. IGÏlj alia sovrana camera di Gratz del vero slato di queste pendenze : Hora sappiano, scrive egli, che perdendosi questo loco Barancole, fi viene a perdere la bocca delV importante fiume di Cervignano, che è non solo il più bello porto di questo slalo, ma del Friuli, tungo tre leghe e mezza, e per il quale vengono dalli stati veneli, da quello del Papa, e anco dal regno, lutte le merci, che servono per questo stato, o per il stato di Gorizia, molle anco per il Cragno e Camelia, e quelle che vanno peí servizio di Palma, Udine et altri luoghi veneli. Perse queste Barancole si perderebbe conseguentemente il fiume el il porto, perché, siccome noi tenendo queste, potiumo impedir e a cid ci piace V ingresso che pure non si sa; cosi, passando sotto il veneto, potrebbero far essi; in somma la perdita di questo sito la reputo più considerabae, che il perdere molli villaggi insieme. Parlando egli poi delle paludi di s. Giorgio e di Carlino ripiglia il discorso in tal modo : Questo negozio pure è importantissimo, perché primo senza queste paludi non si possono mantener molti villaggi, che pascolano e segano. Secondo perche cum non sit major ratio, che pretendino il paludo, dove che han/no i casoni che il resto, il quale è come ho detlo, lungo due leghe, si perderebbe quel gran pezzo di terra. Terzo, perche questo paludo fa l'altra ripa della bocca del fiume di Cervignano, al quale si uccella, e son le medesime considerazioni che le Barancole in ordine al porto fa). a) Scritture del consiglio capitanale di Gorizia. Se non v' lia eleganza d'espressione in questo scritto, non puo negarsi pero che non vi sia della sodezza nel raziocinio. A Francesco della Torre non premeva tanto di conservare le paludi quanto di non perdere il porto di Cervignano. Mentre che la repubblica tentava di aprirsi nuove vie per stendere maggiormente i suoi limiti nel territorio di Gradisca, non trascurava per mezzo del provveditore di Cividale di usare gli stessi mezzi per allargarsi anche in quello di Gorizia. Sottoscriveva quel rappresentante (nel sett. lOSl) dalla sua resitlenza i più rigorosi raandati di sequestro sopra le terre sitúate nelle pertinenze di Nébula, e disponeva ed arbitrava de' fondi comunali che servivano di pascolo a quegli abitanti. Giovanni Filippo di Cobenzl luogotenente di Gorizia richiamd contro novità che ferivano la sua giurisdizione, ed insultavano la sovranità del suo principe. Si trovano memorie (• 6?2) che Leopoldo abbia delegati commissarí, Giovanni Pietr. Crigni consigliere e Cristoforo Stadler segretario della reggenza di Gratz, i quali uniti al procuratore fiscale Adamo Carusa doveltero esaminare e discutere quelle differenze: ma non si sa poi se questo congresso abbia mai avuto il suo effetto. Certo si è che gli atti giurisdizionali del provveditore di Cividale servirono per i Yeneti ad innoltrarsi più addentro ne' conflni degli stati austriaci. Il procurator fiscale Carusa ce ne dà indizio (23 giti.) in una sua relazione che riguarda le terre comunali de' nostri sudditi di Nébula. Osservo, sono le di lui parole, che per necessitare li sudditi a passare i confini, i Veneti hanno dispensóle, e vendule le proprie comugne, che servivano alli medesimi. Et per far riuscir efficaci le alienazioni delle loro comugne, et più sicuramente conseguiré V intento, l' hanno alienóte in soggetti authorevoli, che basti loro V animo di difenderle non solamente contra li proprj sudditi che hanno il jus lignandi pascuandi ; ma anco V imperiali confinanti, che promiscuamente le godevano, come hanno rendu la le comugne confinanti lutte al Signor Valerio Rola nobile venelo, le quali essendo state ridotte in coltura, e con tal modo venendo privati li loro sudditi del benefizio sono neccessitati a passare li confini per valersi del beneficio, delV altrui territorio nel pascolare. In fine conchiude lo stesso Carusa, con tale el sommigliante política li veneti senza guerra s'avanzano di terra e di stato dovunque confinano (e). Con tali artifizî e prepotenze erano continuamente attaccati dai Veneti i nostri confini. La piii vigilante attenzione del governo della a) Scritture del capitanale consiglio di Gorizia. 6* 90 istor1a nostra provincia non poleva impedire le loro usurpaziom. Uno dei principali punti delle islruzioni de' capitani di Gorizia e di Gradisca (a) era di visitare tutti gli anni in compagnia del procuratore fiscale i confini, e d'allontauare tutti i pregiudizí che vi potevano essere stati recati. Ma la finezza e la forza de' Veneziani prevalsero alio zelo ed alie prenuire de' noslri rappresentanti e d'altrí ministri. Le dispute che insorsero in quello stesso secolo riguardo ai eonfini delle montagne di Tolinino e di Pletz furono unité a quelle della Carintia e del Tirolo. Fu solenne la commissione che si tenue in quelle parti nell' anno 1688. Ant. di Lantieri, Giov. Francesco di Plaz vicedomino di Claghenfurt, ed il nostro procuratore fiscale d'allora Francesco Ignazio Gorzer erano i depulati imperiali, e Giovanni Francesco di Valvason ed Aloisio Ottelio quelli della repubblica. I • commissari veneti vennero accompagnati da milizia a cavallo; ed il capitano di Gorizia cedelte (nell'ott. ÍOSS) a' nostri per l'uniformité del seguito, la sua guardia. Non duro il congresso se non quaranta giorni, i quali impiegaronsi più in reciproche uffiziosità e cerimoniose comparse che in trattati. La neve che non tardo a coprire le montagne, ove dovevansi fissare i eonfini, sciolse la radunanza senza pero sciogliere i maneggi. La commissione duro sino verso la fine del secolo, Antonio di Rabatta fu sostituito (I«!*5) al Lantieri, ed il capitano della Carintia Francesco Andrea Ursino di Rosemberg (IGOï) al Plaz. II Señalo di Venezia tentó di distorre la reggenza di Gratz dagli affari del Friuli, e dirigerla alie cime de' monti di Carintia, e gli riusci fácilmente (6J. Due successive guerre, ch'ehbe a sostenere la repubblica veneta col Turco, non solo non sospesero le sue prepotenze verso i nostri confini ; ma recarono anzi di tempo in tempo alia nostra patria inquielezze maggiori. Aleune improvvise ciurme di barbari che si radunarono a' confini della Bosnia, fecero temere d' una irruzione ne' nostri contorni. Ai priini avvisi (14 mag> 1653) che si ebbero dal consiglio di guerra, la nostra patria unitamente alia Carniola ed al litorale austríaco si pose in armi. Le compagnie delle truppe urbane furono incontinente aumentate, e sí fecero gli opportuni provvedimenti per formare un corpo d' osservazíone a cavallo. Altre o) La più vecchia istruzione che abbiamo potuto trovare e del di 30 giugno 1643 data a Francesco di Lantieri. Archivio di Vipacco. b) Scritture del magistrato fiscale di Gorizia. DELLA CONTEA DI GO.BIZIA. 91 incursioni dei Turchi che accaddero pochi anni dopo in Dalmazia, diedero motivó (I©58) a nuove disposizioni per la generale difesa délia tontea, e rinnovarono con esse lo spavento ne' di lei abilanti, il qiiale s'accrebbe poi anche per 1' occasione della congiura tessuta (1670) contro Timperadore Leopoldo in Ungheria. Benchè la ñera trama del Serini e del Nadasli fosse stata a tempo scoperta; risvegliô essa tultavia in quella nazione il germe dell' antica scontentezza, il quale non polè essere se non dalla forza e dal tempo distrutto. La Stiria fu la prima a palesare il suo timoré per un partito tanto più pericoloso quanto che più di nascosto portava, dove poteva, lo spirito di ribellione. Essa ricercô (3O mari.) milizie dagli stati goriziani in soccorso de' suoi confini. Questa ricerca, e la spedizione che seguí fnell' aprile) di Francesco Adamo di Dielrichstein coll'incarico di visitare le fortificazioni di Fiume, di Trieste e di Gorizia, e di provvedere alio stato di difesa di questi territorî scosse ed atterri gli animi dei nostri cittadini. Di pari spavento e terrore riempirono la con lea te rapine e le piraterie di alcune navi turchesche, cha inquielavano i nostri mari, delle quali una ebbe l1 ardire di accostarsi (IOS?) a Cittanova nell'Istria, e di condurre quel pubblico rappresentante veneto colla sua famiglia in ischiavitù (a). Avvegnachè tutti questi timori per buona sorte in progresso svanissero intieramente, e che le provvidenze prese perció da' nostri maggiori tutte si rendessero inutili, tuttavia si è stfmato necessario di farne cenno per le molestín ed inquieludini ch'ebbe a soffrire la nostra patria. III. ProtvedimenU per la generale difesa della contea. Il più importante incarico si del capitano di Gorizia, che di quello di Gradisca si era quello d' invigilare alia sicurezza della nostra provincia esposta agli insulti dei confinanti, ed ancora al pericolo d' invasione d' altre nazioni. II supremo comando, 1' ordine e la disciplina delle truppe urbane, la conservazione delle fortificazioni,^» tutto ció che riguardava la difesa della patria, era ad essi raccomandata. Dalla istruzione data (8 !"«'• 16SO) a Riccardo di Strassoldo, nominato colonnello delle truppe urbane, si vede, quale fosss la o,) Michele Foscari, libr. 6. premura del principe di conservare un corpo di milizia, che senza aggravio del sovrano suo erario non solo custodisse le frontiera del Friuli, ma potesse anche essere sufficiente per soccorrere altre provincie. Benchè non mancasse alie nostre truppe costrette a marciare frequentemente a' conlini della Stiria, l'occasione di tenersi esercitate nelle armi ; ció non oslante trovó opportuno il colonnello, che fosse dal consiglio di guerra ordinato (34 sett. 1641), che la nostra milizia urbana si addestrasse nei prescritti tempi non solo «el maneggio delle armi, ma ancora in altri militari esercizî. Era lo Strassoldo buon soldato, non meno che zelante cittadino ; aliento ai suoi doveri nulla ometteva, onde fossero pienamente adempiuti. Fece egli anche (16*8) il progetto d'un nuovo corpo di milizia urbana a cavallo, composta di persone nobili e facoltose della provincia. Gli stati vi si opposero mettendo in vista da una parte le tenui forze del paese, e dall' altra le gravi spese di si falto provvedimento. Non minori sollecitudini si presero in quel secolo per le nostre fortiflcazioni. Vi era certa somma destinata dalla camera per mantenimento delle mura, de' ponti levatoí del caslello di Gorizia, e della fortezza di Gradisca. Un soprastanle alie fabbriche del principe il quale doveva avere almeno una tintura dell'arte della militara architettura, eseguiva tutti i lavori. Fin dall'anno 1608 fu inlrapresa una generale ristorazione del nostro castello, e nelle turbolenze insorte in Istria fra gli Austriaci ed i Veneti trattossi (165 5) di aggiungere alie antiche delle nuove fortiflcazioni. Quantunque si riputasse Gradisca e per la sua situazione e per 1* assedio recentemente sostenuto, una piazza considerabile, si presero tutlavía nell'anno 1621 molte deliberazioni per renderla piü forte, e per timore ch' ebbesi poco dappoi d'una nuova rottura co' Veneti, si pensó a muñirla di quanto occorresse, onde porla in istato di sostenere un nuovo assedio. Scopertosi in tale incontro, che F artiglieria tutta esistente nella provincia non era bastante per Gradisca e peí castello di Gorizia, gli stati supplicarono il principe, affinchè fosse spedita la quantité necessaria per la difesa d' amendue le piazze. La fortezza peró di Gradisca era sempre con maggior gelosia riguardata e custodita. Quel presidio fu dalla guerra coi Veneti in poi formato costantemente di truppa regolata, ed in tempo univasi ad esso un corpo di milizia urbana, e nel trattato di vendita che fecesi (164 Ï) di quella contea, Ferdinando III impose l'obbligo ai principi d' Eggenberg di maotenere una sufliciente guarnigione, riservandosi perô ¡I diritto di poter spedire in qualunque occorrenza quella quantità di soldatesca che stimasse opportuna alia maggior sicurezza di queste frontiere. Da quest' época in poi lutte le somme di denaro destínate per la generale difesa della provincia, furono impiegate per la contea di Gorízia. Benchè siano considerabili le spese falte nella ristorazione delle mura, e nelle riparazioni ^Jelle fabbriche regie ; pure bisogna confessare che non fu fatto nulla che polesse parugonarsi con quello che già esisteva. Oltre le ordinarie somme si raddoppiô dopo la metà del secolo I' annuo assegnamento di mille fiorini, a cui se ne aggiunsero degli straordinarí per diversi anni, che vennero nelle fortiñcazioni particolarmente del castello di Gorizia impiegati (a). Tale era il destino delle nostre fabbriche pubbliche in quel secolo, che di rado apparivano le spese che a tale oggetto faeevansi. a) NeW atino 1658 vi furono quattro mita fiorini di spese straordimrie. 94 istouia LIBRO QUARTO. CAPITOIiO PUIltO. Sistema générale del governo civile délia con tea nel XVII secolo. Del Capitano capo délia contea. ) EL principio del XYII secolo fu solamente determínalo S il vero caraltere e íissato ¡I preciso dovere del capitano . della nostra provincia. Se si eccettua il tempo délia lega di Cambrai, quando il capitano aveva il comando militare unitamenle al governo civile, e se si eccettuano i Lprimi anni in cui Francesco della Torre atiese personalmente agli alíari della patria, era il posto di capitano per I' addietro piuttosto una ricompensa che un effeltivo incarico ; poichè gli emolumenti annessi al capitanato furon conceduti, o in assicurazione delle somme di denaro contribuilo al principe, o in compenso delle gravi spese che que' capitani dovettero sostenere nelle ambascierie, o in altre dispendiose delegazioni, mentre portavano il titolo di superiori d' una provincia ch' era da altri governata, e della quale ignoravano i bisogni. Lo stesso Baldassare di Thonhausen, che fu il primo capitano in questo secolo, distratto dagli impieghi che di continuo sostenne in corte di Ferdinando, non governo la contea se non col mezzo del suo Iuogotenente, di modo che solamente a Giovanni Sforza di Porzia suo successore, puó flssarsi 1' época degli effettivi nostri capitani e de' determinate loro doveri. O"""!' nacque la costumanza di accompagnare i soggetli destinati al capitanato con una istruzione che prescriveva i limiti della loro autorilà e ne specificava i doveri. Benchè queste istruzioni rendonsi per lo più o mancanti ed imperfelle per molli, o inutili e superflue per allri : ció nulla oslante le sovrano cancellerie mantennero sempre quest' uso, e si videro sino alla fine del secolo accompagnati colle medesime istruzioni tutti i posteriori capitani senza riflesso alie varie circostanze de' tempi, ed alie nuove occorrenze della provincia. L' ingresso d' ogni nuovo capitano solennizzavasi con quella pompa che le circostanze ed i mezzi del soggelto e le forze del paese permettevano. Una compagnia di soldali formata dal corpo de' cittadini, e le truppe urbane della contea distribute in diversi luoghi, occupavano i principal! posti della città non meno che della ciltadella. Due commissar! con leltere credenziali dal principe, delegati, conferivano al capitano dinanzi la chiesa dello Spirito Santo ed alia vista di lutto il popolo il possesso, indi presentatolo agli stati provinciali ed alie comunilà dei villaggi che vi comparivano per mezzo dei principal! individu! del loro corpo, col suono dello trombe, eolio scarico dei cannoni, in fine con lauti e numerosi banchelli terminavasi la festivilà. Quattro de' nostri cittadini (a), che successivamente furono ad esclusione d' un solo forestiere (6), capitani della contea, fecero nascere agli stati provinciali il pensiero di procurare che fosse sempre scelto un goriziano al posto di capitano. Kella vacanza seguita dopo la morte di Lodovico di Rabatta, i nostri stati supplicarono (S® die. 1664) I' imperadore Leopoldo di avere in considerazione i meriti del luogotenente Giovanni Vincenzo Coronino, il quale in tutte le occasioni avendo date singolari prove di uomo moderato, giuslo e prudente, erasi renduto degno del capitanato nella contea. L' usanza in que' tempi osservala dalle altre provincie di presentare per capitano all'occasione di qualche vacanza alcuni abili soggetti, parve a' nostri maggiori il mezzo piu conforme alle loro viste. Quindi è che eglino prevennero durante il governo del capitano Kazianer 1'imperadore, e lo supplicarono (18 mag. I680) di voler ammettere nella nostra provincia te stessa consuetudine che si praticava nelle a) Giovanni Sforza di Porzia, Federico e Francesco padre e figtio di Lanlieri e Lodovico di Rabatta. b) Ernesto Federico di Herberstein. altre. Il silenzio della corte non basto per far abbandonare agli stati il conceputo pensiero ; desiderosi d'intendere la decisione, rinnovarono (ao 168«) le loro richieste spogliate da qualunque riflesso, instando che venisse stabilito, che in avvenire non fosse scelto per capitano che un loro cittadino. .L'innocente franchezza che appariva in questo ricorso, fu l'unico pregio della dimanda. Gli stati replicarono (2 apr. 1685) per la terza volta le loro istanze ma sempre con pari elTetto. Leopoldo che considerava tutti i suoi sudditi come sudditi dello stato, non era persuaso di restringere la sua confidenza solamente a quelli, i quali potevano esser sospetti di un troppo indiscreto amor della patria. Le insidie tese (1668) contro la vita del capitano Carlo Turriano, indussero l'imperadore Leopoldo a mantenere dodici soldati detti dragoni per sicurezza del capo della contea. Dopo questo provvedimento non comparvero i nostri capitarii in pubblico senza essere dalle guardie scortati, e cessato il motivo onde ebbero origine, non servirono che per dignità e decoro. II. Serie dei Capitani della contea nel secolo XVII. Baldassare bar. di Thonhausen, oltavo capit. di Gorizia. Seguita (S mag-g-. 1606) in Madrid la morte del capitano Khevenhüller, dali' arciduca Ferdinando fu destinato (3» sett. 1606) Baldassare di Thonhausen suo consigliere e colonnello della sua guardia a cavallo, ad occupare il vacante posto nella contea. Ursino di Bertis vescovo di Trieste, e Francesco Formentino capitano di Gradišča, furono delegati a conferirgliene il possesso. Allevato per cosí dire, alla corte del suo principe, fu uno di quelli che accompagnarono Ferdinando nel viaggio ch'ei fece in Italia (a), *e non oslante il grado di capo della contea non abbandonô gli impieghi che teneva in corte. L'anno seguente (nel may. 1607) fu in compagnia del a) Nell'anno Í598. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 97 medesimo Formentino commissario alia dieta de' nostri stati provincial!. Fuori di queste due epoclie, non si sa che il Thonhausen avesse mai più veduta Gorizia. Non trascurô perô ancor lontano di avere per quanto da lui dipendeva le maggiori premure per la provincia affídata alla sua direzione. Ci è rimasta una di lui lettera (18 dic. ICOS) scritta a Filippo di Cobenzl che come luogotenente in sua assenza reggeva la contea, la quale fa testimonianza deU'onesto suo modo di pensare, e delle sue rêlte intenzioni. Ella vede ció che bramo, I' onor_ di Dio, il sovrano servizio, il bene e la felicita promossa, finalmente la parlicolare soddisfazione di V. S. e la mia propria, ed anche il buon nome presso il mondo (a). Queste sole parole bastano a dipingere 1' uomo, il cristiano, il suddito ed il ministro. Nasceva egli da Corrado di Thonhausen e da Dorotea TeulTenbach Mayrhoffen. Giovanni Sforza conte di Porzia e Brugnera, nono capitano di Gorizia. Quanto degno fosse Giovanni di Porzia di questo impiego, lo prova abbastanza il motivo, per cui fu da Ferdinando a quello innalzato. Doinandando il Thonhausen al principe il suo commialo lo propose al medesimo come il più meritevole d' ogni altro di occupare quel posto. La testimonianza che fa un uomo di mérito, non puô rendersi sospetta nè di parzialità nè di leggerezza. Era in oltre il Porzia troppo noto all' arciduca Ferdinando (&), perché non avesse accolto con compiacenza la proposizione. II dottore Rodolfo Corraduzzi, consigliere intimo di Rodolfo II ed Andrea Paradeiser furono delegati (>3 gemí. 161») dall' arciduca per presentarlo come capo della contea agli stati goriziani. Le saggie misure prese da lui in varí e diffíeili incontri fanno fede dei lumi, ch' ei porto seco al suo impiego, e della vigilante attenzione ch' eí prestó peí corso di quattordici anni per bene esercitarlo. Resse la nostra provincia nelle più critiche circostanze della guerra coi Yeneti, in cui precedeva a tutti gli altri eoll' esempio a) Archivio Cobenzl. ti) II Porzia trovossi anche fra il numero di coloro che accompagnarono questo principe al suo viaggio d' Italia neW anno 1598. 7 de' suoi generosi soccorsi, come li precedeva colla maturità delle sue deliberazioni. Vigilante custode della pubblica e privata giustizia nulla trascnrô, perché fosse 1' una e l'altra ben amministrata nei territorî a lui sottoposti. Era Sforza conte di Porzia cavaglier pronto et sagace d'ingegno et molto ben instrutto delle arti più avvantaggiose ne' civili governi, lasciô scritto uno storico contemporáneo (a). Nostra intenzione non è di tessere qui la sua vita. Col progresso della nostra storia avremo spesso occasione di far di lui memoria, ed i provvedimenti da lui presi ne faranno 1' elogio. Se nel secolo antecedente contiamo Francesco della Torre, a cui la patria dee il suo risorgimento dalla barbarie ed i primi fondamenti della sua coltura, si dee nel presente annoverare Giovanni Sforza di Porzia, come quello il quale seguendo F orme di lui, cercô di perfezionare ció che fu dal suo antecessore o abbozzato o in vano tentato, e volendosi continuare il paragone fra F uno e F altro, si troverebbe nei loro disegni moltissima uniformilà, colla sola differenza che il primo faceva tutlo eolF approvazione di tutti, e che il secondo in ogni sua impresa incontrava perpetuamente una ingrata e forse maliziosa contraddizione. Tanto è vero, ch' egli è più facile talvolta il passare dalla rozzezza ad un qualche grado di coltura che inoltrarsi a fare in quesla maggiori progressi. N'ella semplicità dei tempi di Francesco della Torre, ammiravasi quietamente F attività del suo maestro; sollo il governo del Porzia avendo F orgoglio già eccitata la gelosia e F invidia, pretendevasi con iscarse idee di uguagliarne F avvedulezza. Un pezzo di lettera scritta al suo luogotenente (6), che trovavasi alla corte in Gralz, mérita d'essere qui riportato : da questo scopriremo con quaíi artifizî si credeva fino nel primo anno del suo governo di prevenire il ministero dell' arciduca c antro tulto ció che questo, valentuomo a pubblico bene era per intraprendere. Mi- viene scritto (34 lugl> JGI1) sono le precise di lui parole, che álcune buone lingue paesane sparlino costi assai sconciamente della mia persona, avendo ardire di temerariamente propalare per certo il falso, anzi con grossa ignoranza V inverisimile; e benche io mi conosca candido come una colomba, nulla di meno non disdirebbe, ch' ella mi fosse difensore nelle occorenze, come è stato anco partecipe e consultore a) II Moisesso lib. /, cap. 8. b) Filippo Cobenzl, che continuo nella dignité di luogotenente salto il Porzia. DELLA CONTE A DI GORIZIA. 99 d' ogni materia pensata, non men che proposta da me per servizio pubblico (a). Pari delicatezza d'animo, sinceritá e forza d'espressione traluce in tutti i suoi scritti che ci sono rimasti (6). Era Giovanni Sforza figlio di Ermes di Porzia e di Maddalena di Lamberg. Ebbe prima del capitanato di Gorizia imporlanti commissioni dalFarciduca Ferdinando in Ispagna, dove da Fílippo 111 fu créalo cavaliere di s. Giacomo. Mor! in Venezia neH'anno 1624. Federico conie di Lantieri e Paralico, décimo capitano di Gorizia. Nacque quesli da Lorenzo di Lantieri, che resse come luogoteneute la contea, e da Maddalena di Lamberg. I meriti del padre inalzarono (SO sett. IGS-i) per ordine di Ferdinando II ¡1 figlio al primo grado di dignila nella contea. Dopo aver governata diciotto anni la sua patria come capitano, morí (2* sett, lasciando Francesco suo figüuolo, nato da Dorotea della Torre che gli successe nel posto. Francesco conté di Lantieri e Paralico, undécimo capitano di Gorizia. Fu nominato Francesco di Lantieri al capitaanto con rescrilto di Ferdinando III (<6 siug-. 1843). Si il padre che il figlio ebbero la sfortuna di trovarsi alia testa della contea, in lempo che i principi occupati nelle guerre, non poterono attendere alia maggiore felicita de' loro stati. Non basta sempre a chi si trova al governo d' una provincia il procurare il bene de' popoli affidati alia sua cura e vigilanza, gli sono anche . necessari- il favore e Fopportunitá delle a) Archirio Cobenzl. b) " Se il Signor Baldmaster puó usar qualche carita ai supplicanti „ avendo fallato per ignoranza, non per rnalizia, ci sar/i „ molto caro. „ Queste sono le parole di un decreto, che leggesi sopra un memoriale presentatogli nelV anno 1627 da tre tillam a cui furono confiscali alcuni carri di taróle, per non arer pagalo il dazio alV vffizio dei boschi. 100 ISTORIA circostanze, senza cui tutto lo zelo diventa infruttuoso ed inutile ogni premura. Nacque questo nostro cittadino il di 4 ott. 1604, e mori in Gorizia ai 14 di settembre dell'anno 1656. Ernesto Federico conte di Herberstein, duodécimo capitano di Gorizia. Era questi consigliere alla reggenza di Gratz, allora che fu destinato (35 ««53) da Ferdinando III al governo délia contea. Non avendo egli del nostro paese altrc nozioni, se non che dei disordini che succedevano nell' amministrazione délia giustizia, non ne aveva altra prevenzione che quella, che un animo relto ed una ferma volontà peí giusto potevano inspirargli. Con queste massime ottenne dall' imperadore di poter fare scella di un soggetto, il quale fosse capace di sollevarlo nel sno posto, e delle cui operazioni egli potesse anche rendersi mallevadore. Bernardino Valerio Soldán, suo collega in Gralz, divenne in Gorizia suo luogotenente, e Francesco Massimiliano Vaccano vescovo di Pedena con Manió di Slrassoldo li pose (»3 as. IG52) solennemente a^ possesso dei loro impieghi. Ebbe nel breve corso del suo governo la soddisfazione di veder le sue intenzioni adempiute. L' ordine e F alienazione da qualunque parzialità furono la guida del tribunale di giustizia, come il senno e la prontezza in tutti gli altri doveri del suo impiego. Gorizia non ebbe che per solí quattro anni la sorte di essere dal Herberstein governata. Le qualité di lui Io chiamarono ad occupare posti più importanti: Leopoldo lo nominó (I6BI) presidente del suo consiglio segreto in Gratz, Lodotico conté di Rabatta, decimoterzo capitano di Gorizia. I medesimi commissarí imperiali che conferirono il possesso al predecessore, furono destinati a darlo al nostro cittadino, che con generale giubilo della patria fu dichiarato (3» seit. 1601) capitano di Gorizia. Nacque egli in Gradisca li 23 febbr. deH'anno 1624 da DELLA CONTEA DI GORIZIA. 101 Antonio di Rabatta che fu capitano di quella fortezza, ed indi ambasciadore imperiale in Venezia, e da Felicita di Colloredo Mels. Non resse Ia contea che tre anni circa, e mori in Gorizia nelFanno 1664. (a)• Giovanni Ottone barone di Rindsmaul, dccimoquarto capitano di Gorizia. Dal posto di consigliere della' Camera di Gratz passö il ♦ Rindsmaul a quello di capitano di Gorizia (//). Francesco Massimiliano Vaccano veseovo di Trieste, ed il noslro luogoleuente Giovanni Vincenzo Coronini in qualitä di commissario, gliene conferirono il possesso. II suo governo non fu per Gorizia che un lampo. Leopoldo lo promosse al posto di luogotenente della reggenza di Gratz, dove principiö le sue funzioni il di 13 giugno delFanno 1667. La morto (2 8 seit. ICßi) lo rapi alla sua patria coine il merito di lui lo aveva rapito alla nostra. Discendeva egli da Roberto di Rindsmaul e da Maria Solomea di Herberstein. Cario Turriano conté di Valsassina, decimoquinto capitano di Gorizia. Nasceva questo nostro cittadino da Sigismondo Turriano e da Maria di Sbrojavacca. Passó gran parte della sua gioventü nella milizia servendo nella guerra contro gli Svedesi (c). Dal capitanato di Trieste ch' egli occupó peí corso di pochi mesi, fu promosso a quello della contea. V elevatezza del suo spirito lo avrebbe forse renduto a' giorni nostri uno de' piii distinti personaggi della a) Dopo la morte di queslo capitano Leopoldo nomino per successore di lui Nicolo conté Petazzi capitano di Trieste, ma siccome questi mori prima di prenderne possesso, abbiamo crédulo che la sola nominazione non gli possa dar luogo nella serie dei capitani della provincia.. b) II decreto della sua nominazione e del di 21 giugno 1665. c) Guido Turriano di lui pronipole, conserva nel suo archivio multe lettere scritte dal campo della Siesta. monarchia, ma vivendo in tempi in cui la sfrenatezza de' costumi cogli ullitni suoi sforzi teneva ancora in ischiavitù molti cittadini, divenne uno dei più infelici uomini di quel secolo. Privati.puntigli lo esposero ad occulte insidie che furono ordite contro la vita di lui (a), e pubblica gelqpia lo ■ avvolse in sospetti chelo precipitarono in un labirinto di disgrazie,. da cui non usci che colla morte. Avremmo desiderato di passar sotto silenzio gli avvenimenti riguardanti la sua privata persona, come un obbrobrio di quel secolo degno di elerna obblivione, quando una parte di questi non avessero rapporto colle pubbliche di lui vicende e con un arresto di diciotto anni che ne rendelte equivoca la fama e la rimembranza. II Turriano (BOÏt) per violenza commessa contro uno de' più sagri vincoli délia civile società (b) fu arrestato, sospeso e condotto nel castello di Gralz. L' arresto délia sua persona scatenô. il furore di tutti i suoi nemici. Il minimo di lui passato trascorso divenne nella lor bocca un delilto, e particolari relazioni ch' egli ebbe cogli infelici capi délia nota congiura ordita contro la maestà di Leopoldo (c), lo fecero sospettare anche loro complice. Ma la giustizia vendieatrice che lanciô con tutto il rigore la sentenza di morte contro i colpevoli, ad onla delle più attente inquisizioni non polè convincere il nostro cittadino d'un deütto, che la più vile calunnia e la più nera malignità gli aveano impútalo. La continuazione del suo arresto non ebbe più alcun rapgorto coll' accusa che gli fu addossata.' Leopoldo diede un pubblico attestato di riputarlo innocente coll' interessarsi per la liberazione di lui (ci), nè dipendeva che' dal Turriano medesimo il a) Nel di 24 maggio delV anno 1668 al passo delV Isonzo furono scaricate diverse archibuggiate contro di esso. b) Alcuni suoi dàmestici spediti in Gratz, levarono la moglie d'un personaggio, V impiego del quale non permise che il delitlo potesse restar al pubblico nascosto. c) Dallo Zrini, Nadasti, Frangipani e dal Tattenbach. d) Esistono memorie, che V imperadore avesse nelV anno 1682 ordinato a Sighefrido di Dielrichstein capitano allora di Gorizia, di procurare la pace fra il Turriano e fra altri particolari nella contea. Quesf ordine fu da Leopoldo con particolari sue lettere dirette allo stesso capitano il di 27 aprile delVanno 1684 reilerato e reso anche pubblico colla stampa unilamente alla scrittura di composizione del di 20 luglio dello stesso anno 1684. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 103 sortire dall" arresto, se avesse voluto piegarsi a quelli ehe aveva olïeso; ma sagrificando la liberta della sua persona alla fermezza del suo animo, mori (5 marzo le89) nel castello di Gratz con quella superiorità inflessibiie che si fa gloria di non cedere in verun incontro. II suo cadavere fu seppellito nella chiesa dei padri carmelitani di delta ciltà. Giovanni Er v ar do conte di Razian er, decimosesto capitano di Gorizia. Affinchè la noslra patria non restasse a Iungo priva del suo capo dappoi che fu arréstalo il Turriano, Leopoldo al governo della stessa nominó ag, I6Î8) Giovanni Ervardo Kazianer. Giuseppe di Rabada, vescovo di Lubiana e Franc. Ulrica della Torre capitano di Gradišča furono delegati a conferirgli il possesso (*» febb. 1CÎ3). Nella carestía, che afílisse il popolo della contea nel 1675, questo capitano ebbe bensi la provvidenza di soccorrerlo, -e di fornire col proprio denaro di grani la provincia; ma non avendo il coraggio di sostenere la pubblica concorrenza di altri venditori, índotto da spirito d'interesse proibi T introduzione d'altro grano, fino che il proprio non fosse stato smaltito, ed in luogo di riscuotere la pubblica riconoscenza, eccitô conlro di sè dei richiami. Era questi figlio di Giovanni Sigismondo di Kazianer e di Polenziana Fenzl di Grueb. Egli conservó unitamente al posto di capitano di Gorizia quello di luogotenente di Lubiana, dove mori il di 12 ottohre dell'anno 1681. Giorgio Sighefrido conte di Oietrichstein, decimosettimo capitano & Gorizia. Non poteva l'imperadore Leopoldo dare ai Goriziani un più degno capitano del Dietrichstein. Era egli da parecchi anni consigliere della reggenza di Gratz, allorchè fu scelto (** genn. SÍJS3) per governare la contea. La peste che infestó la patria, ne fece ritardare per un anuo e più T arrivo ('3 apr. 1B8S). Nel breve corso del suo governo diede il Dietrichstein tante 104 i s r o ri a prove d" un animo amorevole e benefico, di una incorrotla integritâ e di un prudente e discreto zelo, che poté servir di modello ai suoi successori. Ci è rimasto un discorso recitato air occasione délia partenza di questo capitano, che dobbiamo considerare come un documento tanto più sicuro delle distinte qualità di lui, quanto i sentiment] che si dimostrano al capo d'una provincia allora che parte, comunemente son più sinceri che i contrassegni di giubilo, che se gli danno quando egli arriva. La pubblica felicita era lo scopo verso cui tendevano tutte le sue premure; non contento di dilfonderla per tutto il paese colla giustizia ne' tribunali e con una indefessa attenzione a tutte le altre parti deir intimo governo, cerco egli di promuoverla in ciaschedun privato, procurando di togliere gli odî e le dissensioni che regnavano fra le famiglie. Non risparmiô esso veruna pena, onde far rinascere 1' armonía fra tutti gli ordini di persone e consolidare que' vincoli che tengono i cittadini legati ai loro concittadini, e tutti uniti insieme al maggior bene délia patria. Ma ¡1 maie fu talmente radicato che non bastarono due anni di governo per guariré piaghe, che il tempo aveva rese in parecchi luoghi quasi incurabili. Questa fu la mala sorte délia noslra provincia peí corso di quasi tutto quel secolo, che i maggiori impieghi délia monarchiá , o ci privarono aliatto dei Dietrichslein o ce li concedettero per poco tempo. Egli fu promosso alla carica di presidente del tribunal provinciale délia Stiria. Francesco di Stubenberg, deci'm' oitaco capitano di Gorizia. Questi nacque (88 16-li») in Gralz da Wolfgango di Stubenberg e da Anna Crescenzia di Scheid. Egli fu gentiluomo di camera e consigliere di stato di Leopoldo I, e fu dallo stesso nominato capitano della contea ag-, 1685). Gli fu conferito il possesso (8G sett.) da Giacomo Ferdinando Gorizzutti vescovo di Trieste. Le più rare qualità di spirito erano nello Stubenberg accompagnate sfortunatamente con un temperamento sregolato e violento. Lasciando libero il freno ai suoi stravaganti capricci, ed ai suoi disordinati impeti fece si poco uso della ragione e della giustizia, che mise i Goriziani nella spiacevole necessità di portare al trono del principe DELLA COMEA DI GORIZIA. 105 le loro islanze, per esseré liberati da un capo, ¡I quale faceva servir a' suoi parlicolari arbitri quell' autoríta che gli era confuíala per reprimere le viólense altrui. Esislono fra le nostre scrillure selle capi di querele, di cui 1111 solo basterebbe ad ispirare un giusto sdegno conlro il carallere di lui. L' imperadore delegó (« agost. 1«»2) due commissari («) per verificare falti, cui penava a dar credenza, perché riguardavano quel soggetlo, il quale aveva egli scelto per rappresentare nella provincia la sua persona. La delegazione terminossi con dodici punli d' istruzione pe' nostri slali, che nulla decidendo circa le particolari dissensioni lasciavano il campo aperlo a luili i disordini. II capitano Slubenberg resló nel suo posto; ed il peso dell' arbitrario suo governo continuó ad aggravare coloro, che erano destinali ad essere il sagrifizio delle sue violenze : nía in fine le pubbliche voci ebbero ascolto; e la provincia fu libérala da un uomo che non avrebbe mai dovuto governarla. Lo Slubenberg fu rimosso dal suo impiego. Esempio e caso per allro mai seguito, e da notarsi conparlicolare rijlessione. Cosi termina una memoria (6), la quale wjyió avvertire la posteritíi, che tali nvvenimenti non sieno ¡mpossibilí (c). Giovanni Ervardo conté di Auersperg, decimonono capitano di Gorizia. Rendida vacante la carica di capitano per la partenza dello Slubenberg, fu nominato (»» seít. 16»5) per suo successore Giovanni Ervardo di Auersperg. Francesco Miiller, vescovo di Trieste^ e Leopoldo Adamo di Strassoldo, luogotenenle di Gorizia, gliene conferirono il solenne possesso. (28 felili. 1«S»5). Nacque egli nella Carniola da Giovanni Andrea di Auersperg, e da Auna Elisabetta di Lamberg.v Resse pochi anni la conlea. Si dee supporre, eh' egli abbia anteposto il secondo grado nella a) II Barone Giovanni Crisloforo di Webersperg consigliere delta reggenza, ed il conté Giovanni Filippo tTInzagki, consigliere della camera di Gralz. b) Lasciata da Giacomo Antonio Morelli cancelliere della conlea. f) II compila/ore del saggio genealógico cronologico de' con ti di 7» sua patria al primo in Gorizia; mentre quindi passô (ICOï) corne luogoteneute in Lubiana, dove mori nelT anno 1700, Giovanni Filippo conte di Cobenzl, ventesimo capitano di Gorizia. Nacque (M* set*. 1G35) questo nostro cittadino in Gorizia da Giovanni Gasparo di Cobenzl, e da Caterina di Lantieri. Ebbe dai suoi genitori una educazione (a), che lo condusse per varí gradi al primo posto nella nostra patria. La dignità di luogotenente di Gorizia ottenuta nell'anno 1671 (14 genn.) fu il primo impiego che eglí con tanto onore sostenne, che Leopoldo lo nomino poco dappoi (ï-1 nov. 1673) suo capitano in Trieste (6), donde fu promosso (13 apr, 16»î) al governo della contea. Sigismondo Cristoforo di Herberstein vescospo di Lubiana, ed il nostro luogotenente Leopoldo Adamo di Strassoldo, lo presentarono (33 nov, !«»§) in qualité di capo agli stali provinciaIi^»La funzione del suo possesso fu una delle più solenni, che per l'addietro mai vedesse la nostra città, si peí numero dei convitati, e per la splendidezza dei banchetti come per la dignità negli addobbi del castello, residenza allora dei nostri capitani. AU'estenio decoro univa il Cobenzf lutte le parti, che costiluiscono l'uomo saggio, il giudice retto, ed il superiore fermo e vigilante. Non conoscendo egli i suoi concittadini, che come un corpo confidato alla sua custodia, tutte le sue cure non tendevano che al bene comune della patria. Essendo ancora capitano di Trieste diede singolari preve di umanilà e di liberalità. Nelle calamitose circostanze della peste, che Gorizia pretende, che Lodovico Vincenzo conte Coronini sia stato nomínalo successore dello Stubenberg nella carica di capitano della contea, in tempo che il Coronini niori in Gorizia il di 13 gingno dell'anno 1694, cioè un anuo prima di quello, in cui lo Stubenberg dovette lasciare il suo impiego. Questo errorefu trascritto quasi in tutte le opere date alia luce da Rodolfo Coronini conte di Cronberg. (а) Fece i suoi studi in Ingolstadt, université, che in que' tempi ateta in Germania molla riputazione. (б) La nominazione e del di 4. novembre dell' anno 1673. Prese il possesso in Trieste il di 23 gennajo del susseguente anno. infestó fl083) la nostra cilla, fece non solo distribuiré a' poveri il grano ed il vino che trovavasi nella sua casa di s. Giorgio, ma invió anche da quel porto una generosa provvigione di panni di lana , e di canapé per vestire que' meschini che avessero avuto la sorte di uscire illesi dal Lazzarelto (o). In tutli gli scritti di lui traluce quel discernimenlo sodo e vigoroso, che trascurando tulto ció, che é leggero, non s'arresta che al vero, e reale; e si scopre insino ne' ritratti, che si hanno di lui, in cui si scorge 1'impronto d'un animo risoluto e ferino, che le azioni di lui non hanno mai smentito. Negli ultimi instanti di sua vita disse ad uno de' suoi piii famigliari, che lo animava a non paventare il passaggio: e follia il temere cid, che non si pud evitare (b). Blori (»1 genn. 1S«3) ¡n Gorizia: ed il corpo ne fu traspórtalo in s. Angelo, luogo di sua giurisdizione. III. Del luogotenente della contea. Tosto che i capitani della contea furono obbligati ad accudire personalmente a'loro doveri, l'uffizio di luogotenente cominció a decadefe da quella autorita e considerazione, che gcdeVa per tutto quasi 1'antecedente, secolo. Dipendendo tutte le parti dell' intimo governo della contea dal capitano, non rimaneva al Iuogotenenle che1 la sola direzione del tribunale di giuslizia; e questo importante non ineno che onorevole ol'fizio cessava allresi ogni volta, che al capitano piaceva di assistere in persona a quelle sessioni. Vi furono pero de' luogotenenti, i quali profittando della noncuranza di qualche capitano della provincia, arrogaronsi un'autoritä, che loro non conipeteva, e di cui, siccome non di rado accade in tali circostanze, s' abusarono. I disordini, che quindi ne derivarono, diedero motivo a ricorsi. La distanza dal trono é alie volte troppo • (a) Giomale della peste dell'anno 1682 compílalo da Giovanni Maria Marussig. b) Memoria lasciata dal cancelliere della contea Giacomo Antonio Morelli. grande peí suddito oppresso. Le magistralure superiori, 11011 curando di troncar le strade a' mal fondati lamenti, trascurarono sovente anche quelli, che pur meritavano la loro attenzione. Ernesto Federico di Ilerberstein, capitano di Gorizia, salvó la causa comune dall' arbitrio parziele di alcuni. L1 importanza de'suoi doveri lo tenne occupalo dal momento che si trattó di conferirgli il governo della contea. Dalla reggenza di Gratz, dove trovavasi come consigliere, scopri egli le piaghe della nostra patria; ed era facile r.d un animo retto, quale era il suo, súbito che le conosceva, procúrame il rimedio. Col sovrano rescritlo, (25 g'ug'» IOS 5) che notificó la nominaziono delF Herberstein per capitano della provincia, fecesi anche palese quella del suo luogotenente Valerio Soldán. O che il nuovo luogotenente non fosse goriziano, di che non avevasi esempio fino allora, o che considéralo non fosse d' una nascita bastantemente distinta, egli e cerlo che questa notizia scosse il piü gran numero de' nostri maggiori. Esistono le lettere (3« mar. les?) del nuovo capitano, con cui cercó di acquielare gli animi de'goriziani, sostenendo che per le rare qualitá del jiuovo luogotenente dovevano avere motivi di giubilo, anzi che di dispiacere. Prese il Soldán i| solenne possesso del suo incarico da'medesimi commessari e nello stesso giorno in cui fu conferito alF Ilerberstein. Ad esempio dell' Herberstein fece anche il capitano Rindsmaul cadere la noniinazione del suo luogotenente sopra un forestiero, che fu Vito Valentino di Weberspach. Tulti gli allri furono nostri cittadifíi: e siccome dipendeva la scelta loro principalmente dal genio de' capitani; cosi non potevasi aspettare, che il modo di pensare del luogotenente dovesse essere diverso da quello del capitano, che la aveva prescelto a dividere seco il peso del governo. IW.' Degli stati provinciali. Quantunqne col!'alienazione del territorio di Gradisca (1045) la nostra provincia restasse d'una terza parte diminuita; guadagnó tuttavia molto nel corso di quesio secolo si rispelto al suo lustro, che a' suoi privilegi. Ferdinando II principe allevato colle massinio della grandezza spaguuola, volle che nella sua monarchia fossero' introdotti que' medesimi ordini e gradi, con cui sono distinte le dignilä deli1 impero germánico. Decoró egli parecchie famiglie suddile de'titoli, de'quali era fregiato il corpo nobile deli' Alemagna; ed avendo qualche celo ecclesiaslico dell'impero con nuove leggi rendnto difficile 1' accesso nel loro corpo, conferí a lutte le ereditarie sue provincie le stesse prerogative, di cui gli altri circoli di quella repubblica sono in possesso. Furono i nostri maggiori atlenti spettatori di tulle le inisure, che l'imperadore prendeva per porre l'ordine nobile delle sue provincie in uguale considerazione con quelle dell'impero germánico: e teniendo iu tale incontro, che la contea non fosse posta iu diinenticauza, delegarono (ií»35) a Ferdinando Orfeo di Slrassoldo, uoino che aveva in corte tanlo crédito, quanta sperienza negli alfari della patria (a). Presentó lo Strassoldo con precisione ed esaltezza i titoli de' suoi concittadini ; espose, che la contea, la quale lino dall' armo 1522 trovavasi incorpórala nel primo circolo dell' Alemagna, e che nella dieta di Spira dell'aiffio 1570 fu dichiarata come provincia confedérala colla Stiria, colla Carintia e colla Carniola, non poteva essere esclusa da lutti que' privilegi, di cui godevano gli stati delle allre provincie auslriaehe. La rimaetranza del commissario ebbe il suo effetto i si ottenne dalla cancellería dell' impero il rescritlo (i« Sing. U5S8), che dichiarava la nobiltä goriziana capace di lutti gli ecclesiastici benefizl, e di lutte le comijieiide relijiose dell' Alemagna. Malgrado queslo decreto, tale era la prevenzione comune del corpo germánico contro il vero lilolo nazionale de'goriziani, che ogni volla che si presentó a questi 1' occasione di trarre profillo dall' uguuglianza cogli alemanni, iucontraronsi opposizioni lali, che senza nuove rimoslranze non fu possihile superarle. Gli stali uniti dovettero ricorrere (3 agos. 165(1) a Ferdinando III contro il capilolo di Passavia che ricusava di accettare nel suo grembo Germánico della Torre, per non esser riputato nazionale tedesco, e dovettero anche implorare la sovrana protezione del principe, perché i nostri cittadiui fossero accettali nel collegio eretlo in Koma per 1'istruzioue del clero germánico. (b) La lingua italiana, che giá prevaleva alla a) Le credemiali sono del di 19 Febb. 1625. b) Ferdinando III. raccomandö nell- anno 1639 al generale de' rjesuiti Alessio Coroniui, e T tmperadore Leopoldo scrisse nazionale, e le italiane costumanze, che s'inlrodussero nell'antecedente secolo nella contea fa), diedero uif esteriore apparenza a'goriziani, la qaale smenliva la nazione, a cui veramente appartenevano. Ma prima délia fuie del secolo svani questa falsa opinione, e vide la uoslra patria Ferdinando di Iihienburg suo cittadiuo ricevuto nel capitolo di Salisburgo. Il priorato di Boemia délia religione di Malta continuo a render difficile T accettazione de' goriziani in quell' illustre ordine. Dal tempo, che la commenda di s. Nicolô di Levata pgrvenne col territorio gradiscano sotto il dominio austríaco, parve disordine che una rendita raccolta negli stati de'iiostri principi fosse goduta da imo straniero. Quantunque le ragioni délia nostra causa rappresentate nel precedente secolo, e sostenute vigorosamente dal gran príore d'allora (6), non avessero avuto verun efietto, si ripigliô non ostante l'affare nel principio del secolo XY1I, e con si fortúnalo successo, che Giuseppe di Rabatta ricevetle la crîice di Malta, come religioso aggregato al priorato di Boemia. Jl» gran mastro Giovanni l'aolo Lascaris diede con lettera, scritta (8 mag. ltíSO) ad Antonio di Rabattu, allora amhasciadore cesáreo in Venezia, una nolizia, che doveva interessare non solo il pgdre dfl nuovo cavaliere, ma tullo il corpo nobile della nostra provincia. lo ne do parte alV E. V. (dice il gran mastro) e mi congratulo seco del successo, che so doverle recare molto gusto, cosí per quello, che riguarda la persona di suo figlio, come per la conseguenza, che risulta a favore della nobiltá di Gorizia. Gli stati provinciali vollero palesare il loro vivo sentimento di piacere con un pubblico atto di gratitudine (î* ott. IC3») esimendo, senza riflettere all" ingiustizia, che commettevasi contro tutti gli altri contribuent, la commeiida di s. Nicolô da ogni •„. comune imposta. Ma le cose in pocQ tén»po. cangiarono aspetto. La lingua d'Alemagna da una parte, si oppose di nuovo,- e fece con solenne protesta (5 g'"»- 10S3J avanti il gran consiglio di Malta tutti gli sforzi per escludere la nobiltá goriziana ; e dall' altra parte, teniendo i cavalieri d' Italia, che i goriziani, esclusi neir anuo 1077 al rettore del collegio germánico in Roma a favore de' goriziani. а) Parlossi di cià nel Vol. h pag. 185. б) Vedi Vol. 1. pag. 281. (tal priorato di Boemia, non s' introdncessero nella loro lingua, fecero (88 g-uig-« 1673) anch' essi ne'inodi pin efflcaci le loro opposizioni. Niuno prese più parle in qnesta contesa, fuorcbè il nostro cavaliere, che per le singolari sue qualità era stalo elevalo (18 sett. 14ÎÎ.1; alia sede vescovile di Lubiana. Egli animo gli stali a portare le loro lamentanze fino al trono del principe, ed a sostenere una prerogaliva, di cui la patria era già in possesso. Leopoldo dando ascolto alie istanze accordé la sua protezione alla nobiltà goriziana ; e scrisse (85 Tebl». !C;C) in faVore di lei al gran mastro in Malta. ¡Sulla di meno le opposizioni non cessarono per tullo i! secolo. II vescovo di Lubiana fu il primo e 1" ultimo che, come goriziano, fosse ricevuto nel priorato di Boemia; e la commenda di s. Nicolô dovette nuovamente soggiacere, come qualunque altro fondo, alie pubbliche gravezze. In questo luogo, in cui trattasi di porre in vista tulto il lustro degli stati goriziani, non deesi omettere ció, che i nostri principi adoperarono in loro favore eolio stabilimento di nuove caliche ereditaria nella nostra provincia. Ferdinando II conferí la carica di niaggiordomo maggiore a Giovanni Sforza di Porzia (a) , a Rice,ardo di Strassoldo (26 agos. 1631) ]a carica di capocaccia ; e poco dappoi volle investire (28 febb. a «38) Giovanni Battista di Verdenberg di quella di gran maestro del bastone. Ferdinando III, eslinla la linea di Vito di Dombergo, che possedeva la carica ereditaria di cameriere maggiore nella contea, ne accordó (4 «i>f-16-18) Je prérogative a Godofvedo di Breüner, finalmente mancata la famiglia Khisldi Kaltenbrun, concedette (4 apr. 164 8) Fimperadore Leopoldo la carica di gran siniscalco a Giovanni Filippo Cobenzl. Servivano queste cariche di onorevole distintivo in occasione de' solenni omaggi, in cui al più vecchio della famiglia apparteneva l'onore di esercitarle. Solo la carica ereditaria di maresciallo della provincia fu di maggiore importanza. Erano a questa annesse delle prerogalive che lo facevano riguardare come il primo personaggio degli stati, e che in certi aflari rendevano l'autorità di lui pari a a) Non ci è riuscilo di trovare la dala di tal concessione. Certo è che il Sor rano rescritto di Leopoldo del di 13 sett. 1660, con cui V imperadore confermd questa carica nelle persone di Giovanni Ferdinando, e di Giovanni Andrea fratelli di Porzia, fa cenno della prima concessione falta da Ferdinando II. 112 i s t o r 1 a quella del capitano. Alle richiesle del maresciallo spedivansi Ie leltere circolari per la unione degli slali; ad esso apparteneva il propone le materie ch'erano in quelle radunanze da traltarsi ; e finalmente egli godeva certi emolumenti che accrescevansi, o diminuivansi a misnra che il suo crédito s' aumentava o s'indeboliva. Tanto basto, perché quelli, i quali esercitavano quesla carica o dessero gelosia, o s'abusassero della loro autorité. Vedendo gli slali sul principio del secolo la linea de' conti della Torre, ch' era investita del grado di maresciallo nella contea, dimorare fuor di provincia ^a), ricercarono il capitano (31 feto. B613) perché ne assumesse le funzioni. O che i conti della Torre avesspro avuta da principio della deferenza per qualche capitano, o che col trascurare la loro carica teniessero di perderne il dirilto, o che finalmente volessero Irarne qualche vantaggio, pretesero di disporre d' una prerogaliva, che apparteneva solamente ad essi, e che era eredilaria nella loro famiglia, Elessero eglino (S 686) ad esclusione del capilano della provincia un ricemaresciallo, e gli diedero l'autorité di fare le loro veci. Siccome una tale novità non recava ad alcuña tanto pregiudizio, quanto al capo della provincia, cosí nessuno vi s'oppose con maggior calore di lui . Pel cofso di molli anni questo articolo occupé i nostri stati. Molto si scrisse, e più si parlo ; e le reiterate rimostranze fecero r.ascere una dopo l'altra molte sovrane decisioni, t' ultima delle quali dislröggeva sempre ció, che avevano ordinato le anteriori. Ora il dirilto di soslilnire un maresciallo si aggiudicava (3 mis;;. 1G39) dal principe alia famiglia della Torre, ora dal medesimo si dava (33 «lic. 1663) autorité al luogotenente della contea di esercitarne le funzioni, ed ora di nuovo rimettevasi (8 l"eb. 1664) quella ne' suoi pretesi dirilti. Le mutazioni non' avrebbero forse avuto fine, se Cario Turriano non avesse con particolar convenzione acquistata per sé, e pe' suoi discemlenti da' conti della Torre di Pleiburg tutte le prerogalive annesse alla dignité di maresciallo, e se non ne avesse da Leopoldo ollenula (•• 1661) la sovrana approvazione (b). Conlinuossi cosí pel corso di questo secolo a traltare i più imporlanti interni affari del governo coll'assislenza degli stati; e questi non tralasciarono di chiamarë in consalta i più assennati ed istrntli a) Questi erano i conti della Torre di Pleiburg i quali dimoravano in Carinila. A) Archkio del vicedominato di Lubiana. ritladini anche non patrizí, per deliberare sopra punti, che risguardavano íl común bene della patria: Anzi trovasi fra le noslre carte una deliberazione, (S sett. 1623) sotto il governo del capitano Porzia di non trascurare in affari di considerazione i Consigli di veruno, che per lumi e sperienza potesse essere consúltalo. II Porzia voleva conciliarsi qnella pubblica riconoscenza, la quale nasce dalla cognizione che tutti gli ordini de' cittadini doVrebbero avere degli aííari della provincia. O che la premura per i pubblici Vantaggi si fosse col tempo rallentataj o che un presuntuoso disprezzo ne fosse la cagione, certo si è che questo lodevole costume andô poco dappoi talmente in disusoj che quel ceto di persone, di cui sí sprezzarono i consigli, fece una Timostranza (S geiiu.^1163©) ricordando agli stati quelio, che avevano dodici anni prima si saggiamente stabilito. Non altrimenle si diportarono i noslrí stati riguardo al magistrato de1 cittadini, colla dilíerenza perô, che questo non solo pretese di essere chiamato a quelle deliberazioní, alie quali egli aveva diritto di comparire col mezzo del suo gastaldo, ma sostenne in ollre, che la voce di ogni uno di quel corpo avesse forza eguale a quel'ia d'ogni patrizio. Erano nella citlà di Gorizia diversi emolumenti ed üffizí, la cni deslinazione apparteneva agli stati fin dal tempo, che i cittadini ne facevano parle (o), e quanlunque quesli si fossero separali dall'intero corpo, conservavano tuttavia la facoltà di concorrere colla loro voce alla scella de' candidat!. Come fácilmente grindividui d'un' adunanza si dividono in parlili, cosí si divideva allora l'ordine nobile ed il cittadinesco, ed ambidue cercavano di prevalere col numero de' votalori. Quindi nacque che il corpo de' cittadini sempre mai intento ad estendere la sua giurisdizione, s'intruse in simili unioni in tanto numero che gli stati provinciali furono in necessità di far nolo (3 nov. I65Ï) al magistrato^ che non riconoscerebbero per l'avvenire il corpo de' cittadini se non nella persona del gaslaldo unito a dodici suoi assessori. Questa deliberazione eccitô de' richiami ci e non sarebbonsi cOsi fácilmente calmati, se il capilano Ilerberstein non avesse trovalo nel seguente auno 1' espediente di conchiudere una convenzione (S inag. 1658) fra gl¡ stati ed i cittadini, con cui si aggiudicô parte di quelle elezioni agli uni e parte agli altri (b). a) Vedi Vol. 1. pag. 111. è) U cappellano dello spedalé ed il suoñatore deWorgano della Chiesa parocchiale si nominavano dagli stati, ed il maestro di cappella col sagrestano dal magistrato della città. 8 Egli è molto più facile, clie si trascurino si fatti contrast! tli quello che si trovi il vero mezzo ili troncarli. In una piccola provincia sono da un sollecito ed atiento superiore considerati non indifferenti anche i più piccoli disordini. Finalmente dee essere qui riportata la determinazione (8Î mag. 1«»8), con cui gli stati provinciali esclusero dalle pubbliche loro adunanze chiunque non fosse dell'ordine patrizio, obbligando que1 corpi (a) i quali hanno diritto di comparirvi mediante l'intervento de' deputati, a delegare in avvenire persone decorate della nobiltà patrizia. Il maggior decoro della provincia dettô questa legge, e la poca influenza, che sul finiré del secólo aveva il corpo ecclesiastico sui pubblici affari, la fece osservare. Aggregazione alla nobiltà patrizia. Le condizioni, che le leggi della nostra provincia esigevano da quelli, che desideravano d'essere aggregati alla nobiltà patrffiia, diedero a questa un pregio, di cui sarebbe stala priva, se ne fosse stata lasciata facile ed aperta la strada. Questo pregio era si comunemente conosciuto, che non solo i goriziani, ma anche molle famiglie forestiere* lo ambivano. Quindi avvenne che da' caiididati impiegavasi ogni mezzo per ottenere l'intento loro, e da' votatori cercavasi ogni via per secondarli. I brogli ed i maneggi prevennero spesso le opposizioni e superarono le difficoltà che potevansi incontrare. Dal principio del secolo fino all'anno 1612 furono ascrilti alia nobiltà goriziana i seguenti: Pietro Casal (b), i fratelli Paar (c), Pietro Radieucig (d), Giorgio Bernardino di Urschenbeck (e), Nicolô Gastaldi (/"), Martino di Palmenburg (g), Giovanni Coronino (h), Eustachio di O/fenheimb ed Enea Richiero (¿)- a) 11 capitulo ed il monastero di Aquileja, ed il capitolo ed il monastero maggiore di Cividalc. b) 27 gennajo 1604. c) 23 agosto 1605. d) 30 novembre 1605. e) 25 maggio 1606. f) 13 agosto 1608. g) 14 agosto 1608. h) 9 maggio 1612. i) 22 giugno 1612. Osservandosi in questo ¡nlervallo, che i noslri maggiori eransi allontanati dal coslume introdotío nelíanteriore secolo, di non proporre venina aggregazione se non nelle formali diete degli stali, fu prescritto (31 ma g. ICI 3) che tale alto 11011 polesse intraprendersi senza T intervento almeno di ventiquattro patrizí. DalPepoca di questa legge lino alíanno 1621 furono ammessi tra i noslri patrizí (iiorgio Gallería), Baldassare Moradas (b), Giovanni Andrea Coronino di Cronberg (v), Giovanni Batlisla Verda (d), Giovanni Cusman, Gasparo Terzi, Cornelio e Gregorio fratelli Frangipani, Pompeo Coronino (e), Massiniiliano barone di Breuner (/'), Rambaldo Collallo e Francesco Gambera (g). Bencliè non si possa fondatamente asserire, che queste aggregazioni fossero praticate coIFosservanza delle formole prescrilte dagli statuli della provincia, tultavia vi sono delle ragioni, le quali sembrano sufficienti a levarne ogni dubbio. Raccogliesi dalle nostre scritlure, che parecchie delle inenlovate aggregazioni, avendo eccitato negli stati mi qualche sospetlo di troppa condiscendenza, diedero occasione di ripigliare e d'esaminare in ultra radunanza (■© lug. 1BSI) Faffare, in cui combinando l'aggregazione de' nuovi patrizí colla legge della provincia, rilevossi, che le condizioni imposte a1 candidati non meno che a' votatori, erano state adempiute(/í^. Ma considerando nello stesso tempo i nostri stati, che il numero di ventiquattro patrizí richiesto per conferire la dignità di patrizio non fosse per avventura sulficiente a garantiré l'esatta osservanza de1 prescritti statuti, nel medesimo tempo (*8 ÍOSI) che splennemente confermarono la validità delle passate aggregazioni, stabilirono anche per legge, che nessuno potesse essere ascritto alia iiobillà provinciale fuorchè in uirassemblea composta almeno di trenta patrizí. Era tanto ferma la volontà de' nostri maggiori di osservare i requisiti, che rendeano legittime le nuove aggregazioni, che lo stato nobile nello stesso giorno giurô sul Vangelo di mantenerli inviolati («'). «) 22 agosto 1615. A) 9 laglio 1618. tj 23 setiembre 1619. d1 9 rjiugno 1620. e) 22 agosto 1620. f) 1 novembre 1620. g) 17 laglio 1621 A) Vedi Vol. I. pag. i) Lo stato ecclesiastico presto tacto pe clore, come dicono le nostre scritlure, il suo giurámenlo. Dopo a quesla costituzione furono aggregati alla nobillà goriziana iseguenti: Lorenzo Fí'ser(a), Andrea Chiesa, Leonardo Claris, Ferdinando Zehentner, Andrea Eder, Giovanni Battista Vaccani, Stefano barone della Rovere, Ambrosio Sembler, Alessio Caronino (b), e Giovanni Leonardo Otario di Sparberspach. (c). L'uso di votare per via di scrutinio, che nel precedente secolo s'introdusse nella nostra provincia, s'abbandonô in principio di queslo. o che si volesse togiiere ogni riguardo, e render libera la voce d'ogni uno nelPaggregazione di nuovi palrizi, non meno che nelle altre elezioni, che appartenevano agli stati provinciali, o che le costuinanze de'nostri vicini prevalessero sempre nell'opinioue de'nostri maggiori, fu presa la deliberazione di sostiluire di nuovo alta viva voce lo scrutinio segreto. Indi a non molto furono ascritti alla nobillà goriziana, Baldassare Bajo, Rodolfo Pesler (d) Wolfgango e Domenico Jechlinger (e). Ad onta pero degli statuti, che furono prescritti per conservare in crédito la nostra nobiltà palrizia, crebbe il numero de' nuovi aggregati a tal segno, che contaronsi in pochi anni più di treílla famiglie ascritte. Oltre i maneggi ed i particolari ufflzí intromettevansi spesso le raccomandazioni de' principi, a' quali i candidati ricorrevano per prevenire le opposizioni, che nelle elezioni potevano insorgere (/'). Credettero (3 gen, 1G34) gli stati che Túnico mezzo di arrestare si frequenti aggregazioni fosse lo spogliarsi per qualche tempo della facollà di creare nuovi patrizi, e lo stabilire per legge che nel corso di venticinque anni nessuno polesse esservi proposto. Fu osservata si scrupolosamente questa deliberazione, che malgrado le sovraue interposizioni in favore di parecchi (g), gli stati provinciali non o) 4 Giugno 1626. b) 27 Aprile 1627. c) 3 Maggio 1627. d) 2 giugno 1628. e) 12 aprile 1633. f) Ferdinando II scrisse il di 8 giugno 1624 in favore di Federico Schaller, ed esiste un allro rescritlo de'' 26 aprile 1628, con cui raccomandd agli stati Baldassare Bajo. g~) Due successivi rescritli, "V uno di Ferdinando 11 de' 26 aprile 163 o, V allro di Ferdinando III de' 27 giugno 1638 esislono fra le nostre scritture in favore della famiglia Locatelli di Eulenburg, e trovasi una commendatizia dell'imperad. Leopolda de' 17 ottobre 1657 per Giorgio Feltrin, suo tenente colonnello. vemiero alia balloltazione di nuove famiglie, se non termínalo il prefisso periodo. II comprovamento del grado patrizio prodotto in questo intervallo da Lodovico Gorgo, e riconoseiuto (••* »S« dalla nostra provincia a condizione, cli' egli dimorasse ncgli slati austriaci (o), non dee considerarsi per una nuova aggregazione. Ventisei candidati per la nobiltá patrizia presentaronsi il giorno, che fu destinato per la nyova elezione. (SS l'ebb. BC5»j. Non accenneremo se non quelli, che furono aggregati. Ernesto Federico conté di Herberstein capitano di Gorizia, Rodolfo conté di Wagensperg, Bernardo Valerio di Soldán noslro luogotenente, Gregorio di Sidentisch, Girolamo conle Frangipani, Leonardo Manzano, Giuseppe Vittorio, e Francesco Felice fratelli Alberti, Giovanni di Kimen e Rezhoffen, Cario Miglio, Vittorio Giacomo Hilleprand, Elia zio, Giovanni, Silveslro e Giovanni Battisla nipoti Garzarolli di Raccogliano, Fausto Gtbelli, Francesco e Giovanni fratelli Simonetti, Orazio Posarelli di Weinberg, Locatello ed Antonio fratelli baroni Locatelli, Andrea, Alessandro e Giulio fratelli baroni de Fin, Giovanni Paolo di Lang. Lo scrutinio si chiuse colla deliberazione di non inlraprendere veruna balloltazione prima che passassero altri venticinque anni. Se si fa riflesso alie aggregazioni falte durante quell' intervallo di tempo bisogna diré, che la determinazione degli stati, benche sembri di sua origine assoluta, fosse stata ristretta solamente alie famiglie della contea, poiché Giovanni Gioachino conté di Zinzendorf, Leopoldo e i nipoti di lui conti di Taltenbach (¿), Giovanni Otto conté di Rindsmaul capitano di Gorizia, Cristoforo Abele (c), Francesco Codroipo(d), Giovanni Envardo conté Kazianer capitano (e), Cristoforo di Schurian e Rochersperg (/), e Giov. Sighefrido conle Dietrichstein capilano (g), furono in questo stato di tempo con tutte le formalitá alla goriziana nobiltá ascritti (h). a) In una nota delle solé famiglie patrizie dimoranti nello stato austríaco, chenellunno 1643 fu dagli stati spedita ulla reggenza di Gratz, trovasi compreso il mentorato Lodovico Gorgo. b) 20 Sett. 1660. c) 27 Magg. 1667. d) 26 Agosto 1671. e) 29 Agosto 1673. f) 24 Magg. 1675. g) 9 Giugno 1683. h) Oltre che non s'incontra fi a queste aggregazioni reruna famiglia 118 1 S T O BI A La seconda regolata elezione de' nobili patrizî fu(18 upr. 108-S) quasi si numerosa, come la prima. Noi li esporremo col medesimo ordine, con cui trovansi esposti nelle nostre memorie (a). Giovanni, Pietro e Giacomo Antonio fratelli Morelli di Scliönfeld, Giov. Baltista e Giovanni Gasparo Gorizzutti, Antonio Vito Studeniz, Domenico e Francesco fratelli conti tiovelli, Enrico conte di Stralmann, Tommaso lgnazio barone di Mauerburg, Giovanni Pietro di Jauerburg, Giovanni Federico e Giorgio Andrea conti di Trillegk, Giovanni Federico di Schrat, Giorgio Linder di Garenstein, Stefano Andrea di Verbenburg, i baroni di Raunach, i baroni di Oberburg, Giovanni Baltista ed. i fratelli di lui baroni di Leo, e gli eredi di Giovanni Andrea barone Roselti. Coll'aggregazione di queste famiglie si decretó anche la sospensione di nuove aggregaziéni pel corso d' anni venlicinque. In falti sino alla fine del secolo non furono aggregati che soggetti d' altre provincie, che sono i seguenti : Francesco signore di Stubenberg (b), Giulio di Bucellini, Abundio conte d' Iiizaghi (c), Giovanni Willelmo barone di Heinrichsperg (d), Cario, Malteo ed i loro fratelli baroni di Rechpach (e), Francesco Federico barone di Fríes, Rocco Valeriano di Langhersperg (f), Antonio Canduzzi (g), Giovanni Ernesto di Plechnern (Ji), Giovanni Teodoro di Weissenberg, Wolfgango Brunone Marckovitsch de Rabenlhal (i), ed Ervardo conte di Auersperg capitano di Gorizia (fc). goriziana, esistono due rescritti, Puno dell'impératrice redora Eleonora di Gonzaga de' 15 Luglio 1665, con cui palesa il suo desiderio, che Giovanni Francesco Morelli di Schönfeld si ascrivesse alia nobiltá patrizia, V allro di Leopoldo 1 de' 14 marzo 1675 a fatore di Gregorio Grezer ; nía ambidue senza e/fetto. a) Come in questo luogo, cosi in tutti gli altri, abbiamo scrupolosamente osservato Vordine additatoci dalle scritture. . b) 17 setiembre 1685. c) 4 setiembre 1686. d) 14 agosto 1687. e) 8 marzo 1689. f) 19 aprile 1691. g) 4 agosto 1694. h) 6 aprile 1695. i) 19 maggio 1695. le) 28 marzo 1696. DELLA CORTEA DI GORIZIA. 119 Dalle numeróse aggregazioni, che si fecero peí corso di questo secolo, si vede palesemente che tarili ripieghi posti ad effetto dai goriziani, onde conservare nella sua raritá il pregio dell' ordine loro palrizio furono inferiori a' maneggi, che impiegavansi per acquislarlo. Colla parlenza del capitano Herberstein spari dalla noslra provincia quel decoroso contegno e quella gelosa osservanza degli antichi statuti, che é tanto necessaria in un corpo di stati per conciliarsi la comune estiinazione. Non si puó combinare con tal riguardo lo espediente inlrodotto da' noslri maggiori, i quali desiderosi di onorare le qualilá di taluni, senza ferire le pratiche della patria, pensarono d'ascriverli per la loro sola persona alia nobillá patrizia (a~); e, secondo la deliberazione presa sotto il governo di Francesco di Slubenherg, abilitarono (® apr. ItJOO) mediante lo sborso di due mila fiorini, alia matricola goriziana chiunque fosse ascritto in quella d' un' altra provincia. Egli é vero bensi che nel susseguente anno, per chiudere assolutamente la strada di aggregare con facililii nuovi palrizi, stabilirono (4 111«I. KíOl ) la massima di sospendere qualunque aggregazione, fino a protestare, che si terrebbe macchiata d' infamia l'onoratezza di quello che la violasse. Se non si dovesse passar sotto sil«»nzio 1" incostanza de' nostri maggiori, si avrebbe forse l'occasione di diré che questo vincolo non fu piü forte del passalo giuramento. Non si possono senza ripugnanza addurre fallí, che dimostrano quanto la patria nostra avesse perdulo di quel lustro, che aveva per l'addíetro acquistato. Credevasi fino alia melü del secolo la nobilta goriziana sola in possesso di occupare gl' impieghi e benefizi ecclesiastici, che dipendevano dalla nominazione del sovrano: ma scoperti anche da altri ordini di persone i mezzi atti ad ottenere i vacanti posti, F emulazione fece insorgere de' concorrenti, i quali spesso per le loro qualita si resero superiori alio stato nobile. La queslura di Gradisca, ed il poslo di cancelliere della contea conferito in un anno stesso(*®»G) a due candidali o) Con quesla clausola fu aggregalo Valentino de Valenlinis il di 13 d'agosto del 1608, «' 14 agosto dello stesso anno Andrea Tautscher; a' 10 dicembre 1614 Ortensio Locatello; a' 27 aprile 1627 Alberto Pesler preposto di Novamesta; o' 28 febb. 1659 Antonio Marenzi, rescoro di Trieste; e finalmente ai 12 aprile 16S4 Tommuso Roggero di Voglsperg, segretario degli stati. 120 l S T O R 1 A non patrizl (a) scosse gli stati, e li determinó a Tare al principe le loro rimostranze. Ferdinaudo III decise con rescritto (13 «t«c. IOS©) che quando un patricio avesse egual mérito, che il suo competitore, fosse in avvenire sempre anteposto. Ma in occasione di lutte quasi le seguenti collazioni di parocchie, o d'altre cariche credettero gli stati di aver lo stesso motivo di dolersene ; e F imperadore Leopoldo rinnovô (b) le medesime risoluzioni dell' augusto sno genitores Y t. Scrûture pubbliché. Malgrado F importanza, per cui gelose rendonsi le pubbliclie carte, come quelle che servono a scoprire le antiche leggi e costumanze* a conoscere gli alfari délia provincia, ed a istruire il cittadino delle cose passate in tulle le età niuna o poca cura ebbesi da' nostri maggiori in queslo secolo de' pubblici archivi. 11 registro compilato per la seconda volta sul finir del!'antecedente secolo, per la mala direzione nel mantener l'ordine delle scrûture, divcnne ben presto di minor uso delFaltro, ch'era stato per lo innanzi ordinato : onde gli stati ordinarono (41 «l»c. 1C04) a Pietro Lausca piovano di Gorizia ed a un altro deputato di regolarle. Ogni diligenza per un oggetto tanto intéressante si ristringeva alla sola formalità d'inserirne ^n , articolo nelFistruzione che solea consegnarsi a tutti i segretarî délia provincia, senza curarsi poi, che quanto era loro prescritto fosse osservato. Crebbe talmente il disordine, che alla fine come suole comunemente accadere, un inaspettato accidente risvegliô la vigilanza degli stati provinciali. Cercarono essi in un incontro i trattali di Pruck (cj, che contengono il sistema délia confederazione delle qualtro provincia delFAuslria interiore; ed avendoli cercati in vano, si riaccese (165ï) allora lo zelo de' nostri maggiori per la custodia e per l'ordine dei a) Carlo Miglio ebbe la queslUrd di Gradisea, ed il figlio di lui Giuseppe Miglio il posto di cancelliere in Gorizia. b) Coi rescritli 18 maggio 1661 e 6 agosto 1682. c) Conchiusi nelV anno 1578 dalle protincie del/'Austria interiore. Vedi Vol I pag. 85, pubbiici archivi; replicarono gli antichi ordini; anzi fondandosi gli stati sopra una tradizione, che molte scritture fossero state traspórtate nel Tirolo alPoccasione delta guerra sotto P imperadore Massimiliano, serissero (ÍGSO) a Inspruck per ricuperarle. Ad onta di tutt» queste premure P archivio restó nella sua confusione sino a tanto, che verso la fine del secolo per la diligenza di Antonio Nicolo Khraschina, fu regolato e disposto in due ordinati registri (a), i quali fanno ancora testimonianza delP attenzione, onde venne eseguito questo importante Iavoro. Non era il Khraschina che un uffiziale subalterno degli stati (b), e pero merita maggiormente il suo nome di aver luogo nella nostra storia. Benché gli stati provinciali avessero parte nell* intimo governo della contea, i nostri principi nondimeno ne appoggiavano certi oggetti immediatamente al capitano della provincia: e non trovandosi assegnato un particolare luogo per gli atti di tal natura, tutti i capitani se li appropriavano, come scritture relative ad oggetti ch'erano stati da essi soli maneggiati. Colla partenza de' capitani forestieri partivano anche le scritture, e colla morte de' paesani gli eredi se ne impossessavano, come degli altri mobili. Non minor disordíne regnava nelle scritture del capitanato di Gradisca. Giovanni Vito Delmestre questore cesáreo e vicecapitano di quella fortezza, ce ne ha Iasciata in una relazione invista (5 genn. 1643) a Ferdinando III un' autentica memoria; supplico V. C. M. ad escusarmi della tardanza, che lio fallo nell' inviarli la presente mia umilissima risposta, che é proceduta dalla grandissima copia di scritture che sono in questo tiffizio, quale m' 'ha convenulo far rivoltare, per essere tutte confuse, et ora si vanno rivedendo, c regolando per doverne far poi un summario, et inventario, che saranno piú a proposito circa gl' interessi de' confini (c). Lo stesso accadde rispetto a' registri delle dogane, e delle scritture del magistrato de' boschi, e del magistrato fiscale, a cui in questo secolo era particolarmente addossata la vigilanza riguardo non meno a' supremi diritti del principe, che a quelle prerogative dei particolari, che fondavansi sopra concessioni sovrane (d). Restando a) L' uno contiene le scritture del XVI e l' altro del XVII secolo. b~) Era questi Weispot cioe fante degli stad. c) Scritture del governo di Gorizia. d) Tutti erano obbligati di presentare copia de' privilegi e delle concessioni sovrane al procnratore fiscale. 8» cosi le carte nelle private abitazioni di tali persone, dipendeva únicamente dagü eredi il consegnar a' successori negl' impieghi medesimi quelle che loro piaceva. Per cagione di tali disordini restaño spogliati i pubblici archivî di moite e forse delle più importanti scritture ; il governo rimane senza le necessarie tracce de' fatti passati, ed il cittadino curioso d'investigare ed illustrare le cose appartenenti alla sua patria, incontra non lieve fatica n conservare il filo e la catena degli avvenimenti. DELLA CONTEA DI GORIZIA. CAPITOLO SECOND©. A m in i n i s t r a 7. i o n o di giustizia nel s e c o 1 o. 123 XVII Riforma delle leggi municipali. È la saviezza, che scorgevasi nelle noslre patrie costituzioni rettificate nell' antecedente secolo sotto il governo di Francesco della Torre, nè la chiarezza, onde erano esposte, poterono salvarle dalla comune opinione allora invalsa di riformarle. L' inosservanza degli statuti municipali fu • presa per un difetto ad essi inerente, ed in luogo di rosservarli fu stabilito di correggerli. II cancelliere della contea Gasparo Bertis fu il primo a cui dagli stati provinciali sul finir del precedente secolo fu data questa incumbenza. Era egli uomo legale, e rigoroso osservatore di tutte le formalité del proprio uffizio ; a queste qualità univa in tutte le sue operazioni la piii retta intenzione. Si associô egli in questo lavoro i più accreditati giurisconsulti, che trovaronsi in que' tempi presso di noi (à). Esistono i loro consulti estesi di propria mano, e siccome la scienza legislativa dipende in gran parte dal modo di concepir le cose, cosi anche il loro parere ando variando a misura che il soggetto di cui trattavasi, era più o meno suscettivo di tale variazione. a) II doltore Arcano, Giovanni Maria Zuppini. Picho Ortenuo Isolano, e Giortjio Delmestre. 124 i s t o k 1a Terminât» la correzione delle leggi municipal!, fu dal cancelliere Bertis presentata agli stati (a), i quali 1' accolsero con tutto quell' impegno, che una cosa da molto tempo desiderata aveva dirilto di esigere. La copia fu incontanente spedita a Gratz, per esser sottomessa alla sovrana approvazione: ma la reggenza di Ferdinando non se n» prese quella cura, che il governo goriziano desiderava. Solamente dopo replicate ¡stanze de' goriziani fu rimandato l'abozzo, ed ebbero ordine, Sigismondo della Torre nostro luogotenente, Giuseppe di Rabatta ticedomino della Carniola, ed ¡I procuratore fiscale Giuseppe Localello di esaminarlo, e darne il loro giudizio. La morte de' due primi commissarî sospese per quplche tempo un tale esame, e gli stati impazienti di vedere autenlicati dal principe i patri statuti, lo supplicarono che venissero destinati degli altri revisori. Giacomo di JSeuhaus, Gasparo di Terzi ed il nuovo procuratore fiscale Orlensio Localello furono sostituiti (3 ïuglio 1603J, Una nuova consulta diè motivo di far delle nuove modificazioni, proposte dal Locatello, ch' ebbe nel lavoro la maggior parte. Nulla s'aspettô mai con maggior iinpazienza, nè si procuro con tânta sollecitudine, quanto l'approvazione di Ferdinando : dal quale, toltine pochi articoli, che furono riformati, il nuovo statuto fu con particolar rescritto (8 S «lie. lt»04; confermato, ed ordinatane l'osservanza si nella contea di Gorizia che nel territorio di Gradišča. Gli stati provinciali lo pubblicarono seuza perdei* tempo e colla stampa lo resero comune in tutta la provincia (a). Un miglior ordine nella esposizione delle materie, la esclusione di alcune poche, ma salubri leggi dall'antico códice e certe minute modificazioni sopra dell'altre, compongono tutto il mérito di quell'opera in cui ebbero mano i più accreditati cittadini di quel secolo. Furono appena pubblicate le nuove costituzioni che incontrarono degli oppositori, i qnali pretesero d^essere autorizzati a dare le loro eccezioni. Credette il magistrato de' cittadini di aver motivo di lagnarsi, per non aver altra parte ne' suoi statuti se non quella di osservarli ne' suoi giudizî ; e Francesco Formentino capitano di Gradišča, ricevette di mal animo l'ordine di dover far osservare nel suo territorio leggi e statuti, che erano stati senza alcun suo consiglio compilait ed approvati. Tanto bastó perché la maggior parte di quelli, i quali non avevano avuta alqinp parte nella riforma dello statuto, lo rigettassero a) Nell' anno 1597. b) La stampa si fece in Vdine da Giovanni Battista Natolini nelT anno 1605. « senza ragione verana lo posponessero all'antico, talmente che si videro insorgere fra i giudici, fra gli avvocati, e sino fra .le parti stesse due contrarî partiti, 1' uno in favore delle vecchie leggi, e l'allro delle nuove. Conservasi uno scfilto (6 g«n. 1G08) che dipinge le dissensioni, che nacquero allora fra le persone legali della contea su questo punto. Abbiamo osservato, sono le parole direlte dagli stati goriziani al luogotenente Filippo Cobenzl, le confusioni pemiciose da qualclte tempo introdotte nelle procedure giudiziali, poichè il tribunale assert a in certi casi le nuove coslituzioni che in altri non sono áltese. In seguito al nostro incarico ed a scanso di maggiori disordini abbiamo voluto i ¿cercarla di sospendere ogni osservanza delle nuove costituzioni, fino a tanto, che queste sieno in tutti gli artiçoli dal principe approvate, e di rimetler le vecchie nel prístino loro vigore. La reggenza di Gratz, senza spogliare apertamente i nuovi statuti di quella validité, che loro fu impartita, aveva già ordinato (a) agli stati provinciali di comunicarli al capitano di Gradišča, ed al magistralo de' cittadini, onde potessero dare il loro giudizio sopra un aliare, che interessava tutti egualmente. Francesco Formentino fece (SI ag. 161 ï) ogni sforzo per discreditare la riforma e persuadere, che la contea di Gorizia non poteva avere in ciô nulla di comune col territorio di Gradišča, il quale regolavasi secondo differenli statuti ; ed il corpo de' cittadini, dichiarandosi (•-* mag. 1612) nemico d'ogni novilà, e^lagnandosi d'essere stalo trascurato dagli stati in un si rilevante punto, chiese soltanto che qualora le nuove leggi municipal! dovessero aver luogo, vi si facesse anche menzione dei suoi privilegi, e delle prerogative, delle quali era stato dal principe insignito. Avevano frattanlo gli stati nominati de' commissarî (6) per riprendere l'esame delle nuove costituzioni, e per isciogliere tutte l'eccezioni, che vi potessero esser date : ma questo partito non basto a togliere tutti gl'inconvenienti che potevano produrre due diversi statuti, e a rimettere in un fermo ed ordinato sistema i nostri tribunah; poichè potendosi adottare entrambi, facevano i giudici servire or a) Nell'anno 1607. h) Era composta dal luogotenente Filippo Cobenzl, dal dotlor Giorgio Delmeslri, dal cancelliere Albertina Bertis, da Nicolô Reschauer, e dal dottore Tossoni. Questi furono scelti il di 13 setiembre 1608. I' uno, or Faltro a' loro disegni ; ed il suddito che aveva maggiore bisogno di difesa dalla giustizia, era il più defraudato della pubblica assistenza. In tale confusione Giovanni Sforza di Porzia trovó Famministrazione della giustizia, allor che prese le redini del governo nella contea. La divisione de' sentimenti fra i giudici ed il disordine fra i tribunali erano si patenti, che non sarebbero sfuggiti alla vista del men avveduto. Credette perô necessario di dirigere le prime sue cure, e d'impiegarsi colla più indefessa sollecitudine a regolare questa parte di governo che servir dee di fondamento a lutte le altre. Il contado di Gorizia, sono le parole del Porzia direlte (S masg. l«l-t) alla reggenza di Gratz, si governa senza leggi, et cid perche le costituzioni passate sono tenute da coloro, a' quali non serrano, per reprobate, et le properste et nuovamente riformate per non accettate, et non approvate-, questo disordine, apporta seco quelle maie conseguenze, che possono avvenire ad una provincia sproveduta di leggi. Ma il combinare tante, e cosi varie opinioni, aile quali vanno soggetti tutti i piani, la cui esecuzione è commessa a molti, richiedeva del tempo, e questa dilazione stessa dava luogo a nuovi ostacoli, per cui rendevasi sempre più difficile 1' impresa. Il capitano di Gradisca perseveró costantemente fino alla morte nella sua massima d'impedire, che quel territorio ubbidisse aile leggi goriziane, ed il magistrato dei cittadini neH'ambiziosa pretensione che i suoi privilegi avessero luogo nelle costituzioni della patria. Siffatte diflicoltà superavano le più vive premure del capitano Porzia e rallentavano in modo la spedizione di questo alTare, che gli stati aile sollecitazioni del loro capo, si risolsero (1GSO) di deputare alla corte dell' imperadore Riccardo di Strassoldo, per ottenere una decisione, che desse la regola a' giudici e l'uniformità a' tribunali. Onde rimediare una volta a questo eccesso, e ridurre in buona forma di governo la provincia, accid il buono goda il suo in pace, ed il tristo non usurpi V altrui. Cosi si esprime il commissario nella supplica presentata a Ferdinando II che abbiamo voluto trascrivere in grazia della verità, e della precisione, che essa contiene. Era penetrato talmente il capitano da cosi grave disordine, che volle trovarsi egli medesimo in Vienna per sollecitare ed avvantaggiare colla sua presenza e col proprio crédito la diffinizione della causa. Ouahinque fosse il motivo, per cui la reggenza di Gralz tardasse a pronunciare la sua sentenza, certo si è, che il Porzia mori senza aver eonseguito il suo intento. delia contea di gorizia. 127 Quindi gli stati furono costretti a delegare (1025) un altro deputato nella persona di Orfeo di Strassoldo, l'infruttuosa spedizione di cui l'indusse poi ad inviare altri commissarî (a). Ignoransi le difficoltà da tanti commissarî incontrate : ma si puô per altro con ragione supporre, che mantenendosi, dopo 1* alienazione di Gradisca agli Eggenberg, le costituzioni garzoniane in quel capitanato, e svanendo col tempo le pretensioni del magistrato delta città di Gorizia, le nostre Ieggi municipali fossero alla fine confermate ; poichè si vide alla meta del secolo venir alla luce una seconda edizione senza verun cangiamento (b). II. Costituzioni del principe. Dappoichà 1' esperienza ha dimostrato le difficoltà, che il tempo e le passioni dell' uomo oppongono ail' esecuzione delle leggi, cpecialmente di quelle, che servono a mantenere 1' ordine politico ; sembra che la principale cura délia suprema podestà dovesse essere diretta non solo a rinvigorire quelle costituzioni, che 1* inosservanza cercô di porre in obblio, ma ancora a crearne di nuove, quando nuovi bisogni lo esigevano. I. Già si fece altrove menzione délia nuova forma che diede Ferdinando II al sistema délia nobiltà austriaca. 11 piano era non meno diretto dalla grandezza délia sua sovranità che da1 vantaggi délia sua caméra; e perché questo non fosse dalla vanità de1 suoi a) Trovasi una istruzione del di 10 luglio 1629 pel dotlor Giovanni Battista Vaccano, ed un' allra dei 24 settembre 1634 per Francesco délia Torre, Federico di Allems e pel doltor Leopoldo Filippusi spediti in Gratz, ed incaricati dello slesso assunlo presso quella reggenza. b) Nicolà Schiratlila slampà in Udine nell'anno 1651. Nell'anno 1620 sorti dal torchio degli eredi di Carlo Schiratti la lerza . edizione. Neil'anno 1688 ne fu, fatta un allra in Venezia da Giuseppe Tramonlini ; ßnalmente il nostro stalulo nell'anno 1697 per la quinta volta in Udine «sei dal torchio degli Schiratti. sudditi deluso, aveva già egli come arciduca vietato (•? ntngg, t (iUO) a tutti gli abitanti dei suoi domini d' assutnere titoli, e di servirsi di armi gentilizie, che non potessero loro compelere, o per privilegio ottenuto dal sovrano, o per diritto dagli antenati in loro1 derivato. I nobili spurî s' introducevano, come s' introducono le false monete in concorso con le buone. Un privilegio di nobiltà accordato ad un suddito stendevasi in diversi modi ad altri deli» stesso cognome. Gli abusi crebbero a tal segno, che la mentovata legge fu dal medesimo principe rinnovata (> mar zu I63Í), ed in ollre venne dal successore di lui Ferdinando III al governo goriziano ordinato (3 apr, 1643) di spedire alia corte un esatío registro di tutti i nobili che trovavansi allora nella contea. M. Lo stesso spirito, che dettó la pena di morte contro gli uomini delinquenti, suggeri ancora quella del bando. La volonté di liberarsi da' inalvaggi cittadini, e perniciosa alla civile società fu il fine deli' una, e deli' altra di queste leggi. Ma facevasi nel principio del secolo XVII con si poco discernimento uso di questa seconda pena, che i giudici, credendo di dover proporcionare il rigore del gastigo alia gravita del delitto, determinavano nelle sentenze loro la natura del bando, col fissarñe i limiti più o meno distesi, di modo che liberavano la città di un pericoloso abitante, senza riílettere, che ne aggravavano il territorio vicino. L' arciduca Ferdinando, provvedendo alla sicurezza e tranquillité di tutto lo stato, pubblicô (4 «renn. Kil») una legge, con cui dichiarô, che chiunque bandito fosse da un luogo délie sue provincie s'intendesse bandito da tutte le altre. Volendosi conservare la pena del bando, Pinterpretazione era tanto più necessaria, quanto che traeva fuori i giudici da un errore, che feriva la ragione. IM« I tribunali dei nostri vicini contentavansi spesso di esercitare la pubblica vendetta col proscrivere i criminosi, i quali in gran parte rifuggivano nella nostra provincia. Cittadini cacciati da uno stato non possono se non portar con sé una sinistra opinione del loro carattere. Non si erano dimenticati i nostri maggiori di far inserire nella riforma delle leggi municipali (a) la conferma delle anteriori leggi contro i banditi : ma vedendole il capitano Porzia costantemente inosservate, ed ascrivendo alio spirito indomabile di tanti profughi i disordini, che accadevano nella contea, fece istanza a) Al lilolo : " De delictis, et poenis. Cap. X. De bravia et „ bannitis. „ (5 gen ti. 1613) presso Ferdinando, perché fossero con pubblico editto rinnovate. Ordinavasi in questo sotto le più rigorose pena di non tollerare alcuno nella contea, a cui fosse vietato il soggiorno nel dominio del naturale suo principe. Benché questa legge pochi anni dappoi fosse un' altra • volla dallo stesso arciduca pubblicata (4 ilic. 1618)5 Ferdinando III trovó nulla oslante necessario di renderla con nuove, e più rigorose pene palese. Prescriveva (11 rtic. 163!)) Fimperadore un termine, in cui tutti i banditi dovessero ritirarsi dalla contea con ordine a' magistrati, che quello spirato, dovessero procedere contro di loro colla pena dovuta al delitto, peí quale avessero meritato il bando (i). av» La costituzione (11 se«. 1638), con cui Ferdinando II volle rimediare alie eccessive usure, che praticavansi ne' suoi stati, prescrive, che gl¡ interessi presi a censo non possono sorpassare il sei per cento. II medesimo principe riserbó nella lünga prammatica che è nell'ordine nostro la settima fra le sovrane costituzioni, un articolo per gli interessi, diminuendoli di uno per cento, ció che fu anche confermato con particolar rescritto (1 genn. 1688) dall' imperador Leopoldo. Ma dipendendo la proporzione dei medesimi dalla massa del denaro che circola, e dal rischio, al quale il creditore espone il suo capitale ; questa legge fu tanto poco osservata, quanto moite altre combattute dalla sordidezza e dall' avarizia degli uomini. La quinta fra le nostre costituzioni é quella, con cui ordinó (84 nov. 163») Ferdinando II di celebrare in tutti i suoi stati, nel giorno dalla chiesa prescritto, la feslività delV immacolata Concezione di Maria Yergine. Seguitando lo stesso iinperadore il pió esempio dell'augusto suo avolo rinnovó (5 feiib. 163«) ]a costiluzione (¿) riguardante la santificazione delle domeniche e delle feste, con cui furono proibiti in que' giorni tutti i mercati, e fu ordtaato di trasportarli al primo susseguente giorno feríale. Prescrisse in oltre espressamente, che le locande, osterie, e simili luoghi dovessero essere in tali giorní chiusi nelle ore destínate all' uffiziatura delle chiese. Ferdinando III con altro rescritto (4 genn. 1653) reiteró gli stessi ordini, sottoponendo le botteghe dei barbieri alla medesima legge, a cui a) Questa legge fu di nuoeo pubblicata in Gorhia il di 8 giugno 1640 e 1 maggio 1642. b) Pubblicata nel di 13 marzo 1554 che è la decimaquartn delle sovrane costittmoni di quel secolo-9 130 is to ni a erano nssoggettate quelle de¡ mercanti. Finalmente il medesimo imperadora dielro alie precedenti detérminazioni ne promulgó una nuova (IS *et<. 1655), colla quale inculcó a' parrochi ed ai curati di spiegare nel dopo pranzo delle domeniche ed altre feste il catechismo nelle propria chiese, ed ordinó di non vendere in tai giorni, se non ció che puó servire al necessario e cotidiano mantenimento, e questo anche fuor delle ore al servizio divino destínate (a). VII. L' ultima costituzione (5 die. 1633) di Ferdinando II che qui dee riportarsi, é una lunga prammatica, che contiene cinque articoli, i quali riguardano la disciplina civile dei suoi sudditi. Esorta questo principe nel primo il clero della sua monarchia di vivere conformemente alia decenza e santitá del suo stato, rammemorandogli che dal suo esempio il restante del popolo sdol prendere norma per la propria condotta. Prescrive nel secondo rigorose pene contro i bestemmiatori, indi contro le streghe e gli astrologhi. II quarto articolo é diretto a reprimere ogni genere d'incontinenza, e finalmente nel quinto resta fissalo pei capitali dati ad annuo censo Pinteresse del cinque per cento. Ardevano di desiderio i nostri principi di trasfondere la pietá, e la puritá dei propri costumi in tutti i loro sudditi: ma il governo non ne conosceva in que' tempi forse i veri mezzi, poiché intento solo a correggere i vizi dell' uomo, poco o nulla era sollecito di preservarnelo. VIII. Le nostre leggi municipali avevano giá proibite le nozze delle donzelle nobili, che potessero restare eredi di una famiglia, con isposi di straniero dominio (6), ed avevano esclusi tutti i forestieri dal possesso dei castelli, e dal diritto giurisdizionale nella contea (c). Ma sembrando agli stati provinciali questa prerogativa un oggetto meno importante, che il reale possedimento dei beni, presentarono al principe il progetto, che i Veneti possessori di fondi stabili fossero tenuti o di venderli, o di trasferire il loro domicilio presso di noi. Se la proposizione fosse stata accettala, il niaggior numero avrebbe anteposta la vendita alia trasmigrazione, e le terre nulla guadagnando co* lori padroni, lo stato avrebbe perduta la massa di quel denaro, che doveva darsi pel loro prezzo. Non abbandonarono tuttavia i nostri maggiori quest' oggetto. a) Questa legge fu rinnovata dalVimperadore Leopoldo li 2 apr. Í659. b) Al tilolo: " De contractibus. Cap. IV. De nuptiis. „ c) Al medesimo titolo Cap. VI. * De caslris et jurisdictionibus „ in forenses non distrahendis. , Calcolando in frutti o in denaro le rendit», che trasportavansi ogni anno nello stalo venelo, noa cessarono essi di rappresentara alia corte la perdita, che ne sentiva la loro provincia. Ferdinando 111 fece pubblicare (G fel»b. IG-1S) UIia legge, che niun véneto potesse senza la sovrana perinissione acquistare fondi stahili nello »tato austríaco. Questa legge fu talmente osservala, che fattosí dai Veneti («) un acquísto di certe possessioni in Ontagnano, il contratto venne per sovrano comando annullato (Sí» 1GSG), con ordine al governo goriziano di pubblicare di bel nuovo il decreto coll'aggiunta pena della confiscazione delle terre e della perdita del denaro esborsato (6). Le più rigorose pene pubblicatesi nell' antecedente secolo contro di quelli, che ardivauo di portar armi da fuoco e da taglio, non furono bas'anti a togliere nella nostre provincia un cosi pernicioso abuso. Ferdinando III dopo aver reiterati gli anteriori editti, n« fece pubblicare un nuovo (8« lugl. lííSS) Con cui proibi a lulti indistintamente di portare qualunque sorta d' armi, e volendo colla prontezza del castigo accrescerne la pena, prescrisse, che i contralTattori fossero nell' intervallo di ventiquattro ore inquisiti e fatti moriré, determinando iu oltre, che in caso di fuga di qualche reo, i beni na fossero confiscati. Le rimostranze fatte dai nostri stati contro questa legge sono indicibili. Pareva loro cosa ignominiosa , che il nobilu non si moslrasse in pubblico senza armi, e si adoperarono tanto a favore di un contrassegno, che stimavano inseparabile dalla nobiltá, che lo stesso imperadore con partiaolare rescritto (G sett. 1GG3) permis« non solo a' patrizî ed altri nobili, ma anche a' loro servi di portar la spada. Leopoldo nel primo anno del suo impero rinnovó (8Jt gins;. Ï6SS) le medesime rigorose leggi pubblicate dall' augusto suo padre. I noslri maggiori aniinali dalla prima eccezioue, tentarono d'ottenerne una maggiore e più estesa. La pena del fisco dei beni del delinquente sembró loro troppo gravosa, comprendendo non solo il castigo del colpevole, ma ancora della sua innocente famiglia. Leopoldo lor diede ascolto e determinó (2G gíug, 6G«3>, che i beni dei fuggittivi fossero incontinente sequestrati, o che lo loro famiglie ne fossero escluse dal possesso sino alla morte dei rei, restando fnettanto al principe il carico di alimentarle (e). Finalmento a) Dalla famiglia Savorgnani. h) L'editto fu pnbblieato in Gorizia il di 15 giugno 1676. c) Questa costituzione fu dallo stessn principe rinnovata due coltc U di S lugl 1665 e túolt. 1669. 132 ' istoria lo slesso ¡mperadore, citate le anteriori leggi ne miligô il rîgore (86 geno. 1633), assolvendo i trasgressori per la prima volta dalla pena ordinaria. X. Ferdinando III, ad esempio dell' augusto suo genitore, il quale voile che si celebrasse nei suoi stati la festa delF immacolata Concezione, ordiiiô (> J g-enn. 105*1) chelo slesso fosse osservato riguardo al giorno dedícalo a s. Giuseppe. Le compagnie dei vagabondi, come sono gli zingani, che senza alcun mestiere girando da una provincia ail' altra ingannano con artifizî, e con superstiziose pratiche seducono il popolo ignorante, risvegliarono in tutti i tempi la pubhlica attenzione (a). Ferdinando III ordino (15 genn. IOS5) d'invigilare a' confini, perché fosse loro impedito 1' ingresso, ingiungendo a' giudici ed ai ministri delle signorie, di scacciare coloro che si fossero di nascosto inlrodotti. L' imperadore Leopoldo fece promulgar per due volte il bando contro degli zingani (b) ; ma non trovandosi le prigioni e le verghe bastanti a purgare le provincie da quella razza di gente, fu creduto necessario d' aumentare il rigore dei castighi con prescrivere la pena di morte, contro quelli che fossero per la seconda volta sorpresi ed arrestati nei suo dominio (c). La legge fu troppo rigida, e per questo motivo fu forse meno osservata delle precedenli. XII. La prima costituzione pubblicata da Leopoldo che deve essere qui riportata, fu diretta ad estirpare F eccessivo lusso nei vestiti. Proibi egli (33 marzo 165») senza distinzione di grado a tutti i suoi sudditi di far uso nei loro vestiti di drappi d' oro e d' argento, e di ricchi fregi. II medesiino principe trovando poco osservata la sua legge fece promulgare (29 sett. 16SI)una lunga prammatica, che conteneva molte leggi spettanti al lusso per ogni stato e condizione, e perché fosse levata anche l'occasione di contravvenire, proibi pochi anni dappoi 1' introduzione di tutte le merci di Francia, che servivano a mantenere lo sfarzo nel vestire (rf). a) Vedi la VI delle sovrane costituzioni pubblicate nel XVI secolo al Vol. I pag. 134. b) La prima patente è del di 19 febbrajo 1671, e V altra dei 26 agosto 16S8. * c) Colle coslituzioni dei 22 novembre 1689 e 1 ottobre 1696. d) Questa costituzione fu da Leopoldo I rinnóvala con molle susseguenti risoluzioni, ma fa particolarmeiite posta in chiaro coir editlo 31 marzo 1688. DELLA CONTEA 01 GORIZIA. 133 Sappinmo mollissime epoche délia pubblicazione di simili leggi, ma non ne sappiamu una délia loro ossservanza. XIII« Solamente sotto il regno di Leopoldo si fece riflesso, che quando i nostri tribunali condannavano un qualche reo aile galere, vendevasi a' Veneti un suddito, che poteva esser utile allo stato. Un sovrauo rescrilto (9 apr. 16ïl), ordinando di condannare i colpevoli, che meritassero una tal pena, ai lavori pubblici delle fortificazioni délia Croazia, o dell' Ungheria, volie togliere questo abuso: ma il prezzo, clie i nostri vicini sborsavano per qualunque condannato inosse tanta difficoltà, che al sovrano ordine non fu data esecuzione. Il gastaldo délia ciltà annoverava nel principio del nostro secolo ancora fra gli emolumenti annessi al suo impiego la somma, che ricavava per ogni uomo, che il suo magistrato condaunava aile galere venete. XIV. Le comunilà religiose per 1' influenza che hanno nella civile società, fissarono in ogni tempo i pubblici riguardi. Quanto più grande supponevasi la vigilanza dei superiori sopra la interna disciplina delle loro case, tanto maggiori iürono le premure del governo, perché questi piccoli corpi, anzi che opporsi all' armonía dello stato, concorressero se non ad avvalorarla, almeno a non turbarla. Per tale oggetto ricevettero gli stati goriziani il sovrano ordine (86 luffl» 165 3) di non nominare alcun forestiere alia guardianeria del loro convento di s. Francesco, e 1'imperadora Leopoldo volendo dilatare in tutti } suoi stati questa costituzione, prescrisse (29 apr. 1632) che a niuno, che non fosse suddito austríaco, si confidasse la dírezione d'una comunilà religiosa. II principe ha diritto di esigere dalla probité de' suoi sudditi, che i doveri di buoní cittadini sieno preposti a qualunque altro della loro professione. XV. I collegi, e le accademie d'Italia erano in quel secolo in maggiore riputazione di quello, che fossero le poche case di educazione stabilité negli stati austriaci. La loro celebrità trasse molla gioventù alemunna, e questo basto per risvegliare la gelosia 0 peí denaro che passa va in regione forestiera, o peí poco caso, che facevasi della nazionale educazione Leopoldo, conoscendo quanto fosse questa iu lutte le sue parti maie intesa, non voile obbligare 1 suoi sudditi a riceverla in paese, ma la restrinse (6 lu«'. 168!»} nei confiui dell' impero germánico, dichiarando che la gioventù del suo stato non potesse fuori di quelli essere edúcala. Qualche tempo dappoi esse:nlo stato eretta in Vienna un" acc-idenia per la gioventù nobile, sotto la direzione degli stati dell' Austria inferiore, e sotto I'immediata ispezione del maresciallo di quella provincia, lo ïtesso imperadore proibi (SO »g. 169-1) a' suoi sudditi I* educazione fuori dello stato. La perfezione del nuovo istituto dovette prevalere a qualunque vigilanza per T osservazione della legge. XVI. Dalla Francia passarono presso di noi colle carte f giuochi più insidiosi alle sostanze del citladino. La Bassetla, il Trentaquaranta, ed altri giuochi di tal natura s'introdussero su! finir del secolo con tanto furore, che Leopoldo fu costretto di proscriverli con pubblica legge, ingiungendo (MS ott. 1G90) |e più rigorose pene. La pubblicità di tali giuochi fu tolta : ma restó un seminario, che tramando sino a' giorni nostri questa nuova spezie di umana industria, accompagnata spesso da allrettanto vergognosi, quanto sagaci raffinamenti. XIII. Dovendo ogni suddito impiegare i suoi giorni a pro dello stato e del suo principe, e corrispondere co' suoi servigi »tla protezione, ch' ei gode da quella comunità, a cui appartiene, Leopoldo con pubblica legge (2 die. 1«98), ch' è F ultima nelF ordine delle nostre costituzioni, proibi a tutti i suoi sudditi d'uscire dallo stato senza la sovrana permissione, commettendo a' magistrati d' invigilare all' eseeuzione del suo comandamento. Queste sono le costituzioni, che risguardano per lo più il legame fra il sovrano ed il suddito, e che sortirono nel XVII secolo immediatamente dalla suprema podeslà legislativa. Osservando il metodo, che ci siamo prefissi in quest' opera, le sovrane ordinazioni, ch' ebbero rapporto coli1 intimo governo della provincia, verranno da noi al loro luogo accennate. III. liiforma ne' tribunali riguardo alla giurisdizione civile. Non aveva il tribunale dei nobili nel principio del secolo XVII giurisdizione, se non sopra i patrizî ed i loro servi, e sopra le persone di servigio del principe e degli stati. Colla pubblicazione dei nuovi statuti (a) furono sottoposti al medesimo giudizio anche i a) Al Molo : " De ordine judiciorum. Cap. 2. De Fori competenlia. „ nobili non patriû, ¡ quali non conoscevano per I' addietro allro foro, che quello del magistrato della ciltà. Questa disposizione dovette dispiacere al cor p o dei cittadini, la di cui giurisdizione ristringevasi per dilatare quella dei nobili. A questi generali riguardi se ne aggiunsero dei parlicolari, i quali concorsero a fomentare le conlese jnsorte contro le nuove leggi municipali. Molli dei nobili persistendo a dipendere da un magistrato, dove potevano aver diritto di seder coiné giudici, opponevansi alla giudicatura d' un tribunale, a cui non era loro permesso di presentarsi, che come parti. Fissandosi col tempo I' osservanza del patrio statuto, non solo si fatte operazioni cessarono, ma fu eziandio con tanta premura ámbito il poter dipendere da un tribunale superiore, che molli senza verun titolo cercavano di esservi sottoposli. Vi erano di quelli, i quali potevano colle patenti del principe provare la loro nobiltà, ma ne" erano degli al tri ancora, i quali con una serie d' avi, lontani dali' esercizio d' ogni ignobile professióne pretendevano dimostrare di aversi con un metodo di vita civile guadagnato un grado distinto fra gli altri cittadini. Benchè questo genere di nobiltà sulla comune opinione de' secoli si fondasse, la camera di Ferdinando II rovesciando la natura della origine di leí, la privó dell" antica sua legittimazione, e lasciando per altro al suddito aperta la strada di elevarsi all'ordine nobile, levó al pubblico il diritto di riconosceilo tale senza privilegio e diploma del principe (a). La forma del tribunale pèr le cause dei nobili non soffri pel corso di questo secolo verana alterazione. Esso fu sempre composto dal capitano, ed in sua assenza dal luogotenente, da sei ordinarl assessori deli' ordine palrizio, e dal cancelliere. Le patrie costituzioni (6) riserbata a' deputati provinciali, ed agli altri patrizi la prerogativa d'assistervi ogni volta che loro piacesse, ricercavano che quelli, i quali aspiravano ad esser giudici, dovessero aver almeno l'età di venti sei anni. Non cessó perianto la coslumanza a maggiore vantaggio dell' ainministrazione di giustizia nell" antecedente secolo introdotta, che soli quattro assessofi ogni anno si eleggessero, e che due dei vecchi per la pratica acquistatasi continuasses nel loro a) Nell' anuo 16Í3 gli stati dovettero spedire alia reggenz-a di Gratz una specificazione di tutti coloro, che per nobili erano consideran nella contea. b) Al titolo: " De personis. Cap. 2. De assessoribus ordinariis, „ eorumque ofpcio. , ♦ ufflzio, anzi si scorgono nelle nostre scritture l'elezioni cadufe peJ corso di più anui sopra il medesimo soggetto : ma I' emolumento annesso all'assessore nell'intervallo di poelii anni essendosi triplícalo (a), e temendo gli stati, che una gratilicazione accordata da essi corne ricompensa dei servigi, potesse essere ambita per interesse, decretarono (34 gean, 1668), cbe niuno potesse oltre tre anni Csercilare seguitamente I' impiego di assessore. Questo tribunale di anno in anno elettivo, che a' giorni nostri puô sembrare vizioso, produceva allora dei salutari elTetti. Potendo tutti i patrizî aspirare a quel posto, molli cercarono di rendersene abili. La professione legale non venue che sul finir del secolo dallo slato palrizio trascurata : trovavansi in quella classe dei soggetti, che con onore potevano esercftare non solo P uffizio di assessore, ma ancora di cancelliere. La pallia noslra si credeva talmente in possesso di veder occupato il cancellierato délia contea da un patrizio, che nella vacanza delP anno 1644 gli stati supplicarono (3« K'"S\) Ferdinando III di non conferirlo secondo P antica usanza a verun concorrente, che non fosse di quell' ordine, poiche Ira gli individui di quesli stati provinciali, sono le parole del memoriale, si trovano diversi dotti, e laureati soggetti; ed allor che Giuseppe Miglio fu nomínalo cancelliere, li medesimi rappresentarono ('8 sett. 1656) ail'imperadore, quanto sensibile loro fosse quel caraltere in persona, che non era dell'ordine dei patrizî (6). Il magistralo a cui erano sottoposte le cause dei ciltadini, soggiacque cosi poco a mutazioni, come il tribunale per le cause dei nobili. Continuo per tutto quel secolo ad essere composto dal gastaldo e da dodici assessori dello stesso ordine. Nacque bensi rispetto alla sua giurisdizione qualche disparità. Alcuni cittadini innalzati al grado délia nobiltà, lusingandosi di continuare i passati traffici e P esercizío délie professioni loro, pretesero secondo la disposizione delle Ieggi municipali, che assoggetta i nobili alla giudicatura de' patrizî, di poter esimersi dal contribuiré alla cassa a) Li 12 aprile 1624 gli stati provinciali aggiunsero allo stipendia di quaranta altri quaranta fiorini, ed il di 20 aprile 1635 lo determinarono a cento e venti fiorini délia moneta di que' tempi. b) Alla vacanza del, cancellierato dell'anno 1681 trovaronsi fra i concorrenti i seguenti: Carlo Suardo, Ottavio di Terù, Cesare di Neuhaus e Giacomo Morelli. de' cittadíni quelle gravezze, a cui quello stato era soggetto. II magistrale» délia cilla rimostrô (& ott. 1043) r ¡ngiustizi» di tali pretensioni, e Ferdinando 111 decise che la nobillà non poteva esimere venino da que' pubblici pesi, di cui erano aggravate certe professioni e certi esercizî lucrosi (a). Le patrie costituzioni (6), seguendo le disposizioni anteriori (c), sottoposero le cause dipendenli da' beni cameraü del principe al giudizio del solo capitana. Questa parte di giurisdizione restó di molto diminuita dopo l'alienazione fatta dalla sovrana camera d'una parle delle rendite sue. In vigore di quest' alienazione fu ceduta (1613) anche a' compratori la prerogativa di conoscere in primo giudizio le differenze riguardo a' canoni ed aile ragioni delle terre camerali possedute da sudditi non nobili. Le controversia che insorgevano per altri diritli délia camera e del fisco, sarebbero rimaste alla ispezione del meedomino délia Carniola, quando il capitano Tonhausen nei primi mesi del " suo governo non avesse cércalo di levare un cosi fallo disordine. Rappresentô egli ail' arpiduca Ferdinando le perniciose conseguenze, che dovevano derivare dall' arbitrio de' suoi ministri camerali, i quali non riconoscendo nelia provincia alcun superiore, potevano esercitare le pîù dure oppressioni. Le rimostranze sostenule dal crédito, ch'egli avevasi guadagnalo presso il principe, ebbero più forza che i ricorsi d'un mezzo secolo falli dagli stati goriziani. Ferdinando ordinô (8 fel»b. ISOS) che nè gli esaltori delle dogane, nè il sopraintendente de' suoi boschi potessero da sè avere il giudizio dei contrabbandi, e la facoltà di castigare i dauneggiatori : ma che tutte le differenze di tal natura dovessero essere discusse unitamente al capitano, o al di lui luogolenente, colla condizione che aile parti restasse in ogni caso libero l'adito di appellarsi alla reggenza di Gratz. Benchè una tale determinazione ponesse freno aile angherie ed oppressioni de' camerali nella nostra contea; dispiacque ció non ostante alla suprema camera, che questi affari fossero levati al vicedomino di Lubiana, e nello steso tempo le sembró un' inconvenienza a) Questa disposizione fu da due altri rescritti dichiarala, e confermata dallo stesso imperadore il di 8 maggio 1643 ed il di 8 marzo 1688, come anche fu ratifícala da Leopoldo il di 4 marzo 1695. b) Al litólo: " De ordine judiciorum. Cap. 2. De fori competentia. .. e) Dalí'arciduca Cario de' 24 ottobre 1584. 9* 138 l 9 T O R1A di obbligare ¡ goriziani a portare i loro lamenti fuor di provincia, poichè secondo ia sovrana prammatica si tratlava di nominare per la nostra provincia un particolare vicedomi.no. La nominazione era per effettuarsi, allorchè i nostri stati ricevettero sett. ISO») I' avviso, che I' arciduca, senza rigeltare il piano, ne aveva soltanto sospesa F esecuzione. V ha un'altra disposizione, la quale diede origine ad un nuovo tribunale nella provincia, che dee qui essere riportata. Il capitano Kazianer, mosso dalle dilazioni a cui le ordinarie istanze csponevano que' sudditi, che costretti erano di far processo contro i loro padroni, impetro dall'imperadore Leopoldo la paterna risoluzione apr. lo S 5), che le cause fra il suddito ed il padrone fossero sotratte dalla cognizione dell' ordinario tribunale, e sottoposte al giudizio del capitano dclla contea, avanti del quale unitamenle a due o tre soggelti, dallo stesso scelti, dovessero essere discusse le diflerenze, e sommariamente decise (a). Se i! Kazianer nel breve corso del suo governo non avesse otlenulo, che questa sola disposizione, e 1' avesse posta in esecuzione, la memoria di lui dovrebbe essere sempre onorata. av. Tribunale di giuslizia nelle cause criminali. I delitti delle persone soggetle alia giudicatura del tribunale dei nobili restarono come per l'addietro, alia cognizione del solo capitano, il quale unitamente all' uditore criminate forinava il processo. Questo metodo fu con particolar erescritto (8 febl>. UíOJ) dell' arciduca Ferdinando confermato. Le medesime formalitá si osservavano perl'inquisizione dei delitti commessi dai patrizl, colla differenza, che terminato il process o, il capitano non poteva col solo uditore preferire la sentenza: ma fu prescritto (b), che convocati i deputati provinciali, gli assessor! del tribunale ed alcuni patrizl, si leggesse a) La sovrana delerminazione fu nella contea pubblicata il di 18 maggio 1675. b) Al titolo: " De delictis, et poenis „ del nostro statuto. Cap. XI. " De nobilibus provincialibus delinquenlibns. in loro presenza il processo, e raccoltine i voti si pronunciasse la sentenza. Fra molte sovrane risoluzioni pubblicate in quel secolo, ve ne ha una (8 mngg. IS4S), che riguarda il giudizio del magistrate della città nelle cause criminal!. Yeniva ordinato in essa, che senza I' assistenza di selle decani delle cumunità dei contadini, ch' erano pel passato necessari alla legalilà del processo d'un reo, il giudice della città, unito a' suoi assessori ed al gastaldo del paese potesse formare il processo, e pronunciare la senlenza ; all' incontro si eccettuavano i delitti contro il principe, come i falsi monetär!, i rei di ribellione e di lesa maestà, i quali erano riserbati all' esame ed at giudizio del capitano della provincia. Questa determinazione fu dal inedesimo imperadore Ferdinando III (9 marzo (B3 5) e da Leopoldo Icon posteriori rescritli(l marzo SttflS) ratifícala. Le nuove leggi criminali pubblicate IOS«) da Ferdinando III non derogarono se non in cerli articoli al códice criminate di Carlo V, quindi è che ameudue presso i nostri tribunal! lino la line del secolo s' osservarono. V. Giurisdizioni cwili e criminali concedute particolari. Se nel secolo XVI la giurisdizione del capitano di Gradišča e del gastaldu del paese (a) cominció a diminuirsi, nel corso del XVII si aniiichilo per cosi diré del tutto. La sovrana camera da un cauto allettata dalle soinme, che le venivano olferte per le prerogalive ginrisdizionali, e desiderando il principe dali'altra parle di rimunerare i servigi prestati da' suoi sudditi, restó per tali riguardi a poco a poco la giurisdizione si deli'uno, che delfaltro talmente smembrata che si fortnarono tante giurisdizioni particolari, quanti erano quelli, che ambivano d' esserne decorati. L'arciduca Ferdinando non solo confermó ( •» mar. líiO lj a •) La carica di gastaldo del paese fu sul finir del secólo talmente acvilila, che il capitano Francesco di Stubenbenj non ebbe riguardo di conferirla neWanno 1691 a Gregorio i'uttin suo cameriere. 140 I ST OBI A Raimondo della Torre la propriété della giurisdizione di Cormons, che estendevasi a' villaggi di Mariano e di Chiopris (a) ; ma gli concedette ancora, oltre la prima cognizione delle cause, una seconda istanza, in cui la prima sentenza potesse essere riformata. Lo stesso principe conferí C* maïS' 1606J a Francesco, Gasparo e Carlo Formenlini la giurisdizione civile di Biglia. Colla propriété délia Signoria di Schwarzeneck ottenne Benvenuto Pettazzi(B8 inagg. 1633) anche la giurisdizione di quel territorio, come Antonio di Rabatta (1 nov. 1683J quella di Canale. La giudicatura delle comunità di Lucinico e di Podgora fu conceduta (3«9 apr. 1636; a Federico d'Attems, e quella di Reifenbergo ag. S686) a Giovanni Gasparo di Lantieri, cha acquistö ancora con essa la propriété di quelia Signoria (b). Giovanni Pietro, e Giovanni Antonio Coronini, baroni di Prebaciiia, furono investití (® maSif> 1888) della giurisdizione di Prebacinct e Gradiscula; e Rodolfo Coronino, barone di Cronberg (&& sett, 1638;, di quella di Quisca. 1 diritti giurisdizionali in Resderta furono conceduti ("35 giu. 1633; a Giovauni Antonio Rossetti, ed in Cronberg e Cerpu superiore (8* marzo I63S; a Lodovico Coronino barone di Cronberg. Avevano gié i conti della Torre fino dal principio del secolo vendute (18 mara« fiGOí»; ad Ermanno d'Attems le possessioni colla giurisdizione di santa Croce-, non estendevasi pero questa oltre i muri di tal cittadella. Ferdinande II volle dilatarla non solo sopra tutto quel territorio, nía ancora sopra tutti i villaggi compresi nella pieve di Cernizza, investendone con sovrano rescritto (8 «tt. I©34) Federico d'Attems. Lo stesso iinperadore accordé (83 giu. IÍI3G) a Giovanni Battista Yaccano la giudicatura di Schönpas. Ferdinando III trovandosi alia dieta di Ratisbona investí ("3 ag> 1640 ; Michele Radieucig dei diritti giurisdizionali di Mema, ed indi concedette (6 sett. 1648; la giurisdizione civile di Salcano, e nel medesimo tempo la crimínale di Medea, Moraro e Corona a Riccardo di Strassoldo. La famiglia Breiiner coll'acquisto (36 febb. a) La giurisdizione di Chiopris fu cédula di poi dalla casa della Torre a Giovanni Giuseppe Degrazia, la quale cessione fu confermata dal principe il di 1 giugno 1672. h) Divisa presentemente in Reifenbergo superiore ed inferiore, e nella giurisdizione di Sabia, X GM) del capitanato di Tolmino ottenne i diritli giurisdizionali in quel territorio. Lo stesso principe investi (' ott« >64») Yincenzo Ernesto Ottmann della giudicatura civile e crimínale nei villaggi di s. Pietro, di s. Rocco e di Vertoiba superiore ed inferiore. Lorenzo di - Lantíeri cedette ("iS genn, IG4§j a Giovanni Buccella la giudicatura nel víllaggio di Boccavizza, la quale era parle della giurisdizione di Reifenbergo, e Ferdinaudo III la estese fi8 ag. a035j sopra tutto quel territorio in favore di Baldassare Coronino, a cui il Buccella aveva ceduta quella del villuggio. L'imperadore Leopoldo accordô (IO magg. IG6I ) a Giovanni Baltista Gaizarolli i diritti di giurisdizione in Raccogliimo. Gli Eggenberg inveslirono (nel marzo a GO«) parecchie famiglie di diverse giurisdizioni nella cantea di Gradišča. Goncedettero (là apr. aGG3j quella di Ruda e Malborghetto a Francesco Udalrico della Torre, di Jahnico C3*» marzo IGîOj a Giovanni Baltista Gorizzutti ; di Versa (SU nov. ad Ottavio, a Leop. e a' fratelli Baselli, e finalmente quella di Fiumicello ad Andrea de Fin. Ordine giudiziale e procvedimenti forensi. Le tante formalilä del foro, che 11011 possono moltiplicarsi senza moltiplicare i disordiui, che involgendo Terrore, e la menzogna nel labirinto dei procedinienti giudiziali, non solo spargono sopra la veritä maggiori tenebre di quelle, ond' ella é alcune volte coperta, ma ritardano eziandio 1' effetto della giustizia, e somminislrano all' avvocato ed al giudxe inonesto I'artifizio di eluderla ; in fine quelle formalitä, che rovesciando alle volte i principi del giusto e del retto, dänno sovente torto a chi ha ragione, con la falsa massima, di sostenere 1' ordine giudiziale, lutto questo crediamo ben fatlo di sorpassare in questa storia. La farragine de' processi voluminosi di que' tempi, che si conservano nelle nostre cancellerie, fa pur troppo fede della pubblica oppressione che allor vi regnava, e che meriterebbs «T essere in elerno obblio seppellita. 142 I S T O R I A Le nuove leggi municipali nou lasciarono nell' amininistrazioue della giustizia neppur l'ombra di quell'antica semplieità, che a favore dei poveri, dei mercenarî, dei pupilli ed allre cause conservavasi uell'autico statuto, e lutte le sottoposero (a) alla leutezza e fhitluazione del foro. L' esempio del tribunale superiore trasse seco I' iuiitazione de' subalterui. Coloro che avevano giurisdizione vedendo traveslita la giustizia, e tejnendo di non ravvisarla, deputarono soggetti legali a far le loro veci, ed i delegati divennero cosi giudici principals Le scritture, i decreti e le sentenze, che si fonnavano sopra qualunque differenza, introdussero ne' villaggi P ordine giudiziale praticato nella ciltà : il contadino divenne ad un Iratto tributario del giudice, del cancelliere, della giurisdizione, del procuratore e del decano delta comunitá, obbligato a pagare prolisse e dispendiose scritture, che non contenevano, se non quello, che un secolo prima in poche parole veniva esposto e deciso, trovandosi in tal guisa oppresso da quella medesima giustizia, che era destinata a sollevarlo. Divenuto cosi 1' uffrzio del giudice, ch' è un dovere per l'uomo saggio ed onesto , una professione distinta, credettero i noslri maggiori necessario di fare dei provvedimenti, perché P imperizia e l'inabililà ne fossero allontanate, e perché fosse poslo freno alla concorrenza di tanli, che aspiravano aH' esercizio deli' avvocaria per gli emolumeuti, che vi erario annessi. Fu qiiindi dalle noslre leggi (A) prescritto, che tutti gli anni dopo F elezione degli assessor! del tribunale si scegliesse uii numero dei più abili, nazionali causidici (c), i quali ad esclusione d' ogni altro fossero autorizzati di patrocinare le cause che insorgessero nel corso dell' anno, ordinando iu ollre, che fra gli eletti ne fosse uno specialmente obbligato a preslare una gratuita assistenza a' poveri e miserabili, incapaci di soslenere le spese de' litigi. Il maie chiedeva almeno un rim.'dio , che lo palliasse. A questo si dee aggiuiigere un altro reggimento rispelto ai a) Al titoio : " De ordine judiciorum. Cup. 24. De causis „ summariis. „ b) Al titoio : " De personis. Cap. 6. De advocatis, procuratoribus „ et causidicis. „ c) Dalla supplica falta nelV anno 1613 dal dottore Tommaso l'ace per poter esercitare V artocaria in Gorizia, vedesi, che i giurisconsuUi forestieri dotevano ottenere una tal permissione immediulamenlc dalla reggeñza di Gratz. notai Irascritto (a) da quelli, che furono fatti nel secolo XYI per gli atli délia noteria. Conservandosi tutti nelle mani de' notai, era assai difficile 1" invigilare tanto sopra T osservanza della loro regolarità che sopra la loro custodia. Il capitano Giovanni Filippo Cohen il, conoscendo 1' importanza di tali scrilture, ordinô (16 OS) che i notai fossero non solo obbligali di riportar in libro tntti gli alli da loro estesi, ma eziandio di deposítame la copia nella cancellería del suo tribunale. Questa ordinazione, nella quale si ha luogo d'aminirare lo zelo e la prudenza, con cui questo capitano cercava di prevenire i disordini, avrebbe meritato di essere mantenuta sempre nel suo vigore. • a) Al tiloloí " De personis. Cap. 5. De cancellario el ejus officio, „ ac tabellionibns, el scribis. „ 144 ISTO-BIA. CiPITOLO TEítZO. Regola dell' a m m ¡ n ¡ s t r a zi o n e ¡ n le r n a della co 11 lea nel XVII secolo. I. Dell' Annona. ;N0 de' principal! oggetti, che lenne il governo di Gorizia peí corso di questo secolo singolarmentc 'occupato, fu quello dell' annona. La contea scarsa di | grani, ebbe sempre bisogno di ricorrere alie vicine provincie peí sostentamento de' suoi abilanti. Un mal fondato timore , che gli stati auslriaci mancar potessero di pane e di carne, foméntalo forse anche dall' interesse dei piü possenli parlicolari, fece promulgare le piii • severe leggi conlro I'esííazione dei grani, e de' buoi. Sollo Ferdinando, mentre era ancora arciduca, ne sorll il primo general dirielo (M I6), e gli altri due dall' ordine de1 cittadini. L1 abbondanza, la qualité ed il buoa prezzo de' viveri appartenevano alla loro immediata cura e vigilanza. Non contento egii di prescrivere le incumbenze dei deputati deir annona, presto eziandio nel corso del suo capitanato una indefessa attenzione, affinchè ogn' uno di essi adempisse i suoi doveri, e riserbandosi egli la suprema ispezione, ed esercitandola costantemente, allontanô da questa parte di governo qualunque pratica viziosa. Tutfaltra piega prese in progressa T annona trascurata dal cap o délia provincia. Il magistrato dei cittadini cerco a poco a poco di ingerirvisi a tale, che il gastaldo a fronte délia vigilanza di due deputati dell' ordine patrizio a nulla meno mirava, che a divenirna arbitro. Attendendo egli con iscaltrezza i momenti e le circostanze credute favorevoli, tentava di sottrarsi dalla sopraintendenza del capo délia provincia e di aprirsi la strada alP assoluta ed illimitata autorité. Dopo la morte del capitano Kazianer per la prima volta il giudice délia cilla spiegô nel modo il più sconsigliato la sua pretensione di decidere da sè in tutti gli affari d'annona, allorchè i quattro deputati fossero nelle loro opinioni discordi (c). Ma Giovanni Vincenzo Coronino allora luogotenente sostenne con vigore il sentimento ragionevole de' due deputati, riducendo il gastaldo a contenersi nei limiti délia subordinazione dovuta al governo. Indifïerepte sarebbe stato al pubblico, che i provvediinenti fossero provenuti o dal governo, o da una subordinata magistratura. Ma per mala sorte délia n»stra patria quel corpo, a cui spettava il dare a) Vedi Vol. I pag. 156. b) La prima elezione dei deputati nobili alV annona apparisce nelVanno 1621. c) Domenico Francesco Romano gastaldo" in quel lempo ebbe V ardire di convocare un" adunanza de' cilladini, e di venire in quella alia deliberazipne di sostenere la sua pretensione colla forza, ordinando a' caporali della contrada di tener allestito il citladino, perché a qualunque suo cenno potesse trovarsi armalo. dei suggerimenli a pro deli" annona, fece dei tentativi per distruggerla. II magistrato della cittá ebbe ]'imprudenza d' inibire a' pistorí di levare il grano di qualunque persona, prima che avessero smaltito quello, che apparteneva agl'individui del suo consiglio (a), e cercó di aggravare sotto specie di ricogm'zíoni il pane ed altri commestibili, che portavansi dai villaggi a' mercati della cilla (6). Non si contentó il magistrato di usare arbitri per convertiré in suo proprio vantaggio i pubblici bisogni: tentó insiño con mendicati motivi di ottenere dalla corte quelio, a cui gli stali si erano costantemenle opposti. II nostro governo ne fu avvertito, il capitano Francesco di Lantieri vi si oppose, e le istanze colle quali il magistrato tentó di aggravare d' un inezzo soldo per libbra la carne de' manzi, che si macellavauo iu Gorizía, furono rigettate. Ma tutte le opposízioní degli stati, e le costanti ripulse della corle non bastarono a Irarre il corpo de' cittadini da un errore, in cui la vanita de' suoi gastaldi F aveva involto. Volendo gli stati provinciali sul finir del secolo ripara're i disordini, che si erano nel!' annona introdotti, e darvi le necessarie provvidenze, elessero (O nov. J693]) mentre erano in dieta congregati, tre de' piü riguardevoli soggetti (c), perché uniti a1 due ordinari deputati nobili prendessero quelle misure, che il pubblico bene richiedeva. Per quanto concerne il mérito dell'annona, si spiega il magistrato della cittá sopra la deliberazione degli stati, abbiamo giá i nostri deputati con autoritá plenaria di poter provvedere a tutti gli inconvenienti e disordini, che si praticana da' macellari e bottegari, che tengono negozí di tal qualitá, e che la roba é soggetta al loro offizio. In tal modo gli oslacoli dal magistrato della cittá perpetuamente frapposti, e le insidie del medesimo .cc^tantemente ordite contro una delle piü impoitanti partí di governo, a) Esiste fia le nos tre carie F esortazione, che fecero gli stati il di 20 maggio 1650 al loro capitano, perché provvedesse ad un disordine, che legava la liberta del suddito, e impediva aW agricoltura la vendita de' suoi prodotti. bj Fu tale la insistenza di costui, che gli stati nell'anno 1664, in cui la contea resto priva del suo capo, per la morte di Lodovico di Rabatta, furono costretti a ricorrere in corte, a dimandar nell'anno 1667 T assistenza del luogotenenle, e finalmente nell'anno 1690 a portare le loro querele un'ultra volta al trono del principe, c) Antonio di Lantieri, Girolamo Turriano ed Antonio di Ral/alta. 148 1ST0RIA dovettero tener risvegliata peí corso di tutto il secolo la solleciludine dei buoni capitani, e 1' attenzione degli onesti e disinteressati cittadini. II. Provvedimenti di sanitá. Non v' ha parte d' intimo governo, che sia stata con principt piii stabili da' nostri maggiori amministrata, come quella, che riguarda le gelose cautele della sanitá. Conoscendo eglino, che la salute é il massimo de' beni, non si distaccarono mai dalle buone rególe, che fin dal tempo del medico Mattioli erano state inviolabilmente osservate. La scelta d' un eccellente ed esperto medico, fu sempre considerata in questo genere una delle piii importanti cure del nostro governo, ed i capi della provincia, talvolta trascurati in altri punti, non perdettero mai di vista questa massima. Lungi dal dar luogo al broglio ed agl'impegni, veniva sempre fra gl'altri prescelto quello, che colle sue cure e colla lunga pratica avevasi acquistato maggior nome e riputazioue in altre cittá. Elezioni fatte con tanta maturitá caddero per tutto quel secolo sopra soggetti, che non solo incontrarono la soddisfazione di tutti gli abitanti della contea, ma si accrebbero ancora nome negli altri paesi. La sola riputazione, che avevano i nostri medici, bastava per escludere la mediocritá ne' concorsi, né poteva se non riuscire sempre felice 1' elezione. Considerando i nostri stati, che un sol medico non fosse bastante per tutta la provincia, determinaronsi (84 1631) non solo di mantenerne un altro in Gradisca, ma avuto riguardo sir accrescimento della popolazione nella capitale, stabilirono (9 sett. 1643) anche di condurne un secondo in Gorizia. 11 reggimento dal Mattioli introdotto servi sempre di base all'istruzione del nostro protomedico, a cui la vigilanza sopra le spezierie era principalmente appoggiata, e perché gli stati fossero certi, che le visite di quelle si eseguissero con frutto, ordinarono (13 g'iug'« 166«) che i due medici le facessero di concertó; in fine non v' lia providenza ai giorni nostri in questo genere, che non fosse dai nostri maggiori o praticata o conosciuta (a). a) Fino dair anuo 1616 propose il párroco di Gorizia agli stati di trasportare il cimitero fuori della cittá. La pubblica vigilanza non era già in quel secolo ristretta alla sola cura di portar rimedî a' mali, che sono comuni all'umanità, si doveva combattere un più feroce nemico, che dal Levante inlroducevasi nelle provincie e ne' territorí conflnanti colla contea. La peste, annidandosi in Croazia penetro spesse volte nella Stiria e nella Carniola, senza parlare della via del mare, per cui infettava lo stato veneto, ció che cagionava ai Goriziani continuo spavento, benchè per parte del governo nulla si ommettesse, onde far argine alia desolazione ed alla morte. I provveditori alla sanità, che eleggevansi solo quando il bisogno lo richiedeva, divennero permanenli, ancorchè non rimanessero sempre i medesimi; le corrispondenze co' Veneziani e colle vicine provincie non furono mai interrotte; la vigilanza in somma era sempre uguale, ed i provvedimenti di sanità erano scrupolosamente osservati. Ferdinando III fece pubblicare (16 Ott, a®S«) rególe da essere in lutte le provincie dell'Austria interiore in occasione di contagio eseguite e mantenute ; ma molto più fecero i nostri maggiori con quella indefessa attenzione che serviva ad impedire ed allontauare il male in tempo che le vicine provincie ne erano crudelmenle infestate (a). Malgrado pero le cautele più provvide e più scrupolose, non poté la patria nostra preservarsi in due occasioni da questo flagello. La sloria della peste, che dalla Carintia penetró nell' anno 1623 nella contea, divenla piuttosto un elogio della saggia direzione dei noslri maggiori, e del generoso animo del capitano Giovanni Sforza di Porzia, che la storia delle calamité della patria. Non fu duopo per tenere lontano da' nostri confini un nemico cotanto insidioso, se non che d'una continua vigilanza, e d'una costante fermezza nell'osservare le leggi di sanità ; ma intruso a dispetlo d'ogni attenzione il veleno, perché non recasse danno alia salule del popolo, fu necessario d' opporre all' orrore, che ispira quella spaventevole situazione , coraggio e presenza di spirito , sanza di cui ogni a) Nell'anno 1601 manifestossi la peste nell' I stria. Negli anni 1624 e 1625 ogni comunicazione fu chiusa colla Carniola per la peste, che infestova quella provincia e la Stiria. L' Istria ed il Friuli furono infetti nell' anno 1631, e nel 1634 la Carniola. Sul finir delf anno 1645 manifestossi la contagione un altra volta nella Stiria e nella Carniola. Nell' anno 1655 si scopri la peste ne' subborghi di, Gratz, finalmente nel 1682 nella Stiria e nella Carniola. 150 IST O B I A provvidenza riesce sempre o tarda, o mancante. Il capitano vide insieme ¡11 un colpo d'occliio e tulto il pericolo délia sua provincia, e tutti i mezzi di salvarla, l'rese in pochi istanti lutte quelle misure che per altri meno avveduti ed attenti, avrebbero richiesto molto tempo, e diede principio aile opportune provvisioni collo sborsare del proprio una somma di denaro, perché a tutto fosse offerlo pronto soccorso, e nulla in vano ordinato (a). Canale, per cui penetro il veleno pestilenziale fu quasi il solo, che provasse gli elfetli délia sua voracité (6), e sarebbesi anche iu quella terra estinto, se per fatalité non si fosse nello stesso tempo alla nostra cillé comunicato. Ma cosi efQcaci, e cosi sagge furono le disposizioui prese dal nostro governo, che colla morte di pochissimo numero di persone (c) si salvó colla citlé tulla la provincia. Ebbero i Goriziani lutta la ragione di lasciare un pubblieo monumento del grave pericolo da cui furono miuacciati, con erigere in uno dei loro subborgi una chiesa dedicata a s. Rocco con voto di visitarla processionalmente tutti gli anni nel giorno ad esso Santo conságralo (d). a) Esiste una relazione fra le nostre scritture dei 16 agosto 1682 falta in tempo del secondo contagio, in eut parlasi délia peste delV anno 1623. Gli stati si esprimono in questi termini : " Riferiscono perô vomini vecchi di arricordarsi „ benissimamente, che in quelli flagranti si prese V assunto „ di provveder alli bisognt pubblici il signor Conte Sforza di „ Porzia air ora capitano del paese, corne esso fece col „ proprio, gli fosse poi stato restituito il speso dal principe „ con 5 in 6 mila fiorini. „ b) Questa comunità fece incidere in una colonna a perpetuo avvertimento de' posteri: D. 0. M. Opus hoc erectum fuit per Dominos Caiialenses in honorem M. Y. ss. Rochi, et Sebastiani devoventes tempore pestis anno 1623 residente JNob. Admoduin Reverendo Doin. Dom. Andrea Mulitsch Parrocho ibidem. c) Quattordici sole persone contaronsi morte fuor di Canale. d) La chiesa fu terminala solamente neW anno 1640. Non fu g-ià la patria si felice in occasione del posteriore contagio (1088) (a). La conlea era senza il suo capo, il quale era nomínalo bensi da poco, ma non era giunto ancora al governo (6). Lodovico Vincenzo Coronino, uomo che aveva lutte le qualité di un governatore saggio, moderato ed onesto,reggeva allora come luogotenente la provincia. Guglielmo Ressauer, Etnico di Orzon, e Giovanni Batt. Garzarolli erano deputati alla sanilà per parte degli stati, e Giovanni f/íaiti, Pietro Dellacqua, e Gasparo Facis per parle del magislrato délia città. Vi erano all'assistenza di lei quattro medici, e quattro chirurghi. Benchè fosse chiusa la comunicazione colla Croazia, ció non oslante avevasi da poco tempo ricevuto avviso maggio 1688) dalla Carniola, che il contagio era penetrato in diversi luoghi di quella provincia, ed erasi steso fino alla capitale della Stiria. II nostro governo conosceva ció, che dovea farsi in caso di qualche sospetto d'infezione in alcuna delle vicine provincie; ma non sapeva poi come regolarsi nel caso d' un improvviso assalto, quando fosse già l'inimico introdotto inaspettatamente in casa. Gorizia era senza regolato lazzaretto, la cassa degli stati senza denaro per sostenere in simili calamita le pubbliche spese, ed il corpo dei cittadini, scontento ed irritato contro gli stati per la resistenza che incontró ogni volta, ch' ei cercava di ampliare la sua autorité, andava di rado d' accordo coll' ordine nobile. Tale era la situazione della nostra provincia, allorchè un disgraziato (c), che veniva dalla Croazia, tratt'enutosi una flotte in Schônpass, dove mori (18 niag. 168 8) , innestó in quel villaggio il fatal germe della pestilenza. Informato il nostro governo deU'irnprovvisa morte, spedl incontinente il gastaldo del paese con un chirurgo per rilevarne le circostanze. Convien dire, che l'inesperto ehirurgo non avesse conosciuta la vera qualité del maie, poichè la relazione da lui fatta non fu quale esser doveva. La peste serpeggiava liberamente in Schônpass, facendo senlire i suoi funesti efletti, e la gente dei vicini villaggi, trattando senza sospetto con quegli abitanti, ricevettero il moríale veleno, che dilatossi n) Abbiamo un esalto giornale di questa infelice época, che ci lasciô scritto a mano Giovanni Maria Marussig cappellano, e cotifessore del moyaslero di s. Cliiara. b) Giorgio Sighefrido conte di Dielrichstein. c) Primosio Velicogna, nativo del capitanato di, Tolmino, che portar asi con cavalli alia fiera di s. Canciano in Vdine. a poco a poco per le loro comunità (a), e quindi alla capitale, dove il morbo aveva già piantata la sua sede, senza che appena se ne conoscesse 1' indole maligna, e la vera cagione (6). Malgrado tanti segni di una contagiosa influenza non si lasciô di destinare un giorno (S* «GS8) per festeggiare con pubblico giubilo la nativité del liglio secondogenito di Leopoldo (c). Si ordinq per questa funzione la comparsa delle truppe urbane, si canta nella parocchiale una messa solenne, e concorre da tutte le vicinanze gran numero di persone alla città, che era già infetta. L'allegrezza perô di quella giornata si mulo ben presto in un profondo abbattimento. Trovavansi i principal! della città ad un banchetto in casa del luogotenente radunati, allor che si venne a scoprire, che fra quel popolo concorso in folla in tale occasione ve n'erano di quelli, che fuggiti per timor della peste da Schônpass, cercavano asilo nella capitale. Si rimandarono incontinente quanti se ne trovarono del villaggio infetto; vi si deputô un'altra visita, e la relazione confermô pur troppo ció, che da qualche giorno sospettavasi; si provvide T infelic-e luogo di cliirurghi e d'altre cose occorrenti; i principal! abbandonarono la città, salvandosi ogn' uno aile sue terre, per porre le famiglie loro in sicuro, e per portare insieme quei soccorsi alla campagna, che le sarebbero mancati senza la presenza de' suoi padroni. Si licenziô la gioventù dalle pubbliche scuole, si a) Ossek, Vituglia, s. Michele; Osegliano, Voverska e Ramiano ne furono infette. Non è faor di proposito di riferire un passo del citato giornale: " Fra il maggio spirants ed il giugno „ cominciante si parlara moltof che in San Pass, ri fosse „ per cosa certa H contagio, perche morirán tre o quattro al „ giorno ; cil era molto per esser quella una tilla poco „ numerosa di persone, ed il tullo coprivasi per febbre „ maligna, petecchie, variole e jlusso di corpo. „ In questo mentre tutti davano buoni e belli pareri, ed il veleno andavasi dilatando. b) Leggesi sotto il di 12 giugno nel nostro giornale: " niori un „ staffiero in casa Rabatta di breve malattia con un segno ,, che alcuni dubitavano esser contagioso, altri che fosse mal „ napolitano. Li 13 giugno „ seguita il giornale, " morí „ Andrea Lambretig, detto il marcin Cuculuta col segno „ manifesto. „ c) Per la nascila dell' arciduca Leopoldo, che mon due anni dappoi. tirö da Cronberg fino alla riva del Yipacco Un cordone composto delle guardie del castello mescolate con de1 contadini delle comunilà vicine a Gorizia ; si scrisse a Franc. Udalrico della Torre ambasciadore cesáreo in Venezia, affinchè inviasse due esperti maestri di sanità. ed altri quattro subaltern)' ministri; e finalmente benchè il contagio fosse passato al villaggio di Prebacina, e che in Gorizia nato fosse un nuovo accidente, che doveva squarciar il velo dell' ¡Ilusione (a), si partecipo (SO g-iug. IGS3) tuttavia alla Carintia ed alia Carniola che il mortal morbo infestava soltanto Schönpass, dando loro ragguaglio delle provvidenze, ch' eransi prese per salvare la capitale e la provincia da si funesto flagello. Dal nostro governo furono ripetule incautamente ad amendue le confinanti provincie le medesime relazioni, ed avvegnachè Sigismondo di Gallenberg, luogotenente di Lubiana, in risposla alie prime notizie non solo si lagnasse (8 luy. IG 88) della tardanza degli avvisi, ma mostrasse eziandio di dubitare della loro esattezza, facendo cenno delle morti seguite in città con sintomi non dubbî di pestilenza (b), non oslante si continuo lug.) ad assicurare la Carniola, che il morbo non aveva passato il territorio di Schönpass. Scorgendo i Gradiscani cosí poca avvedutezza, s' impadronirono (3« ging.) di propria autorità de' passi delle barche, e della torre situata al ponte delFIsonzo* per impedire ogni comunicazione co' territorî di qua del fiume. La signoria di s. Croce da una parte (c), e quella di Canale dall' altra, avevano già precedentemente a) « Li 28 giugno, continua il giornale, mori di peste aperta il „ molto Reverendo Don Giovanni Martinelli, e fw seppellito „ nelV orlo proprio da' suoi fratelli e domestici, che lo „ seguirono luhti con i parenti all' altro mondo. „ b) " La notizia datami, scrive il luogotenente di Lubiana il di 2 r, loglio, del contagio insorlo in Schönpass m' ha tanto più » confermato, quanto ch' io aveva motivo di sperare, che le t, Signorie loro non solo me 1' avessero prima d'ora comunícala, „ ma eziandio dalo ragguaglio della morte del sacerdote „ Martinelli, il quale secondo le leltere de1 28 giugno morí „ cogli indizî di peste in Gorizia, e fu nell' orto seppellito. „ c) " Scrive in oltre il Sig. Fabrizî, che sotto la Signoria di s. „ Croce lutte le strade sieno chiuse, ed i vicini villaggi be/i „ custoditi, come qui in Aidussina si osserva con lutta t>s attenzione. , Relatione di Nicolà Nicolai data Ii 28 ghigno 10* avuta la vigilanza di custodire i loro confiai, e d'impedire, a chi che fosse il passaggio, cosi anche gli abitanti del Carso trovarono lo spediente per la custodia del loro territorio di destinare guardie a' ponti sopra il Vipacco (o). II governo di Lubiana spedi in Resderta una compagnia di soldati, per chiudere a' nostri 1' ingresso nella sua provincia. Tutti all'intorno vegliavano alia loro salute; sola Gorizia, quasi sopita in un grave letargo, diede tempo alla velenosa sementa di radicarsi si profondamente nel suo seno, che germogliando poi per ogni parte della città, non solo cagionô la morte in meno d'un mese a cento e cinquanta de' suoi abitanti (6), ma si dilató con ugual furore nel vicino villaggio di Salcano (e). Non è facile il concepire quanto fosse malagevole e spaventosa in quel luttuoso emergente la situazione del luogotenente per le molte circostanze, che l'aggravavano maggiormente. Fu lasciata al suo destino la cilla da tutti coloro che avevano dove ricoverarsi (e¡). AI luogotenente insieme con sei provveditori di sanità era solamente sppoggiata la cura di provvedere alia pubblica calamita, e da lui altendevasi in quelle angustie giovamento e soccorso, al che non poche difficoltà si opponevano. Gorizia rinserrata da ogni banda era esposta a sentire colla peste anche la carestía de' generí i più necessarî al sostentamento della vita. Spogliata di sufficient e fidate custodie, era priva ancora dei mezzi necessarî per tener in ordine una classe di persone, che non agli stati della Cumióla, i quali gli spedirono un messo per aver contezza dello stalo delle cose. a) " Li 2 luglio successe il contrasto nel ponte di Mema tra le , nostre cernidi, e soldati contro i confinunti carsolini, che „ volevano levar il ponte, e gli allri del Vipacco. „ Giomale delta peste. b) Secondo il nostro giomale morirono in città fra il di 5 e 13 luglio 33 persone, fra li 14 e 21 cinquantasei, e dal di 22 sino la fine del mese sessant' una persona, e) Questa comunità perdette in quattro mesi di tempo cento e dodici abitanti. d) " Sento anche con spiacere „ scrive V ambasciadore Francesco della Torre da Venezia a' nostri stati sotto il di 15 luglio, " che codesta illustrissima nobiltà si sia ridotta a poco „ numero, onde avrà delV impossibile il poterli applicare al „ bisogno suficiente. » DELLA CONTEA DI GORIZIA. 155 conosce sull' orlo del precipizio il proprio pericolo. Il corpo dei cittadini ostinatosi di non voler ricevere i ministri di sanità spediti dali' ambasciadore della Torre, pareva che desse la spinta all' ultima rovina della sua patria (o) ; i mendici ed i mercenarî, a cui mancava ogni altra via di procacciarsi il pane, chiedevano al governo il loro manteniniento, ed il lazzaretto negleito da rnolti anni, esigeva ristaurazioni e spese in tempo, che la pubblica cassa era senza denari e senza crédito ; la poca concordia degli stessi medici e chirurghi nelle loro opinioni accresceva i disordini e la confusione; in somma pareva, che tutto cospirasse a rendere più funesta la calamité e la desolazione. In mezzo a tanti travagli il Iuogolenente perô non si perdelle mai di coraggio : impegnô egli il governo di Lubiana a somministrar le necessarie e regolate provvigioni di buoi, animô il capitanato di Tolmino a soccorrere la città colle sue derrate, eccitô i più opulenti ad esercitare in Gorizia le loro liberalità, per salvare la vita a tanti che correvano più rischio di morir dalla fame, che dalla peste (b), e si vide egli stesso cou iudefessa cura e costante vigilanza assister» a) Era necessario, che V aulorilà dell' ambasciadore s'intromettesse per ridurre il magistrato della città alla ragione. Avverlilo egli della opposizione dei cittadini, serine agli stati il di 15 luglio : u Risolvo perô scrivere a quel magistrato della , cittadinanza U inclusa lettera, che mando aperta alle SS. » Illustrissime, acciù dopo letta mi favoriscano farla teuere, „ perche poi permanendo nelV ostinazione io possa più „ fondatamente informare la Maestà dell' imperador e nostra „ signore corne la licenziosità loro ponga in contingenza la „ salute di tanto popolo, e dia modo, che il male possa „ inondare F Italia tulla. „ In questo luogo crediamo opportuno di riportare un passo del nostro giornalista sotto gli 11 luglio: ¡Vori oggi una putta ricino al portone del Corno, „ e perché ancora i pizzigamorti di Venezia non intromettevansi „ in città, strascinala fu dal proprio fratello fino al portone. „ b) Oltre due mila fiorini stati assegnati dalF imp er adore Leopoldo, grandi furono i soccorsi, che vennero in sollievo de' poveri non solo dalle nostre comunità religiose e da molli particolari, ma ancora dal vicino slato veneto. " L' eminentissimo Delfinu, dice il nostro giornale, annoverando le liberalità falte in quest' occasione, " fu 7 più liberale con farine e denari. ,, a tutti i prowedimenti, che ti face\ano in Gorizia durante il contagio. Cinquecento e più abitanli perdette la città nel corso di sette mesi, ed altri trecento ne morirono negli altri luoghi inietti (a). Se si fa riflessione al piccolo numero de' cittadini rimasti in città, la strage è considerabile, ma se poi si considera la stupida tranquillità, con cui si notavano le frequenti morti in Schônpass, ed i tardi rimedî, che s'adoperarono per liberar la capitale, si dee âscrivere alla sorte, che la pestilenza avanzatasi da Schônpass fino in Ranziano, e comunicatasi da Gorizia a' viilaggi di Salcano, Chiapovano e llrata non siasi dilatata da una parte nel Carso, e che dall' altra non sia penetrata nelle montagne di Canale, e di Tolmino. Liberata che fu la contea da qualunque infezione, si abbruciarono i letti, e tutte quelle suppellettili, alie quali avesse_poluto attaccarsi il morbo contagioso, e tenninata in line la generale quarantena, si destinó un giorno (9 Fehl». IO«S) per rendere pubbliche grazie a Dio d'avere libérala la patria d' un si orrendo flagello, e si ordinó una pubblica processione alla chiesa di s. Rocco (6). Prima della fine del secolo fu (BGSO) la contea un' altra volta minacciata dalla peste, che infestó la Dalmazia e la Croazia, Le piaghe di questo flagello erano troppo fresche, perché i nostri maggiori non fossero solleciti a chiudere i passi, ed a opporvi tutti que' provvedimenti che 1' umano antivedimento sa impiegare. Ci siamo forse in questa infelice época trattenuti più del dovere, ma la parte, che l'umanità dee prendere ne' disastri de' nostri maggiori, e 1' istruzione che i posteri possono ricavare, scuseranno a) Lo stesso giornale noto 515 morti di peste in città col nome e colV etá loro. L' ultimo mori addi 21 gennajo 1683, ed i morti ne' viilaggi ascendono a 272, di cui per allro il giornalista non putera ave re con esallezza il numero. b) 11 giornale spesso cítalo conta 4000 persone, che intervennero a questa processione. 11 di 21 dello stesso mese di febbrajo se ne fece un' altra dalla parocchiale alia chiesa de' Gesuili, per adempiere il voto, che aveva falto la città a s. Francesco Saverio in tempo della peste il di 12 luglio, La terza processione seguí il di 19 marzo alla cappella di Castagnavizza, e finalmente in capo all' anno deW infelice época si andó processionalmente il di 20 giugno al Monte Santo, intervenendo a tale funtione il miovo capitana G.iorgio Sighefrido Dietrichstein. una digressione, che non pud essere indifferente se non per quelli, che vivono colla lusinga, che non possa mai essere la patria per 1" avvenire, esposta a si gravi calamitä. III. Ampliazione della ciliare provvedimenU per la pubbltca sicurezza. Siccome ogni civile société dee la sua origine alla combinations de' bisogiii e delle convenience dell'uomo; cosi questa combination» medesima la determina a lissare il suo stabilimento piuttosto in una che in altra parte. Il continuo commercio, che facevasi dalla nostra contea colla Carintia, fu la cagione forse, per cui i goriziaiii preferirono di dilatare le loro abitazioni verso quella parle, d'onde traevano i generi più necessari al loro sostentamento ; e prevalendo l'interesse al piacere non poteva la citté fino al principio del secolo, se non estendersi verso una sola parte coll'abbandono delle situazioni più amene. In progresso nuove case religiose, che vennero a stabilirsi, contribuirono non poco all' ingrandimento di Goriziii. Gl' interni comodi, necessari singolarmente alle comunità religiose delle donne pel loro ritiro esigono che esse cerchino de' luoghi spaziosi, da' quali poi risulta insiemt» ornamento ed ampliazione nella città. Alle monache di s. Chiara ed a* Gesuiti dee Gorizia non solo la più regolata sua centrada, ma ancora 1' occasione, per cui si è maggiormente estesa e dilatata. Molti particolari innalzando piccole case ed occupando i vuoti frapposti per farsi delle nuove abitazioni proporzionate al loro stato ed all' aumento delle fortune loro, terminarono di dare a Gorizia una ma gg i o re apparenza di citté, che in addietro non aveva. Cosi ampliandosi a poco a poco la capitale della contea. ed acquistando una forma più regolare e più decorosa, il capitano Giov. Filippo Cobenzl propose un provvedimento che contribuí non meno al generale governo, che al maggiore accrescimento della medesima. Avevano alcune famiglie ebree gié fin dal XVI secolo ottenuta la permissione di fissare nella contea il loro domicilio. Ferdinando U ■on solo confermô a quelle gli antichi privilegi, ma ne imparti dei tiuovi ad altre famiglie (a). Trovandosi quesle disperse iu differenti siti della città, fu proposto di riunirle, e di assegnare ad esse un distinto e separato luogo per loro abitazione. L'imperadore Leopoldo approvô (I»í»6) la proposizione, e Lodovico Formentino insieine con Giacomo Antonio Morello furono incaricati dell' esecuzione. Il sito che fu agli ebrei assegnato, venne a formare una nuova porzione della città. A misura che ampliavasi Gorizia, e che cresceva la popolazione della contea, si avevano maggiori motivi di pensare all' interna sicurezza de' suoi ubitanti. Conoscendo il capitano Giovanni Sforza di Porzia che senza forza non si poteva tenere in dovere il popolo, s'astenne da ogni prescrizione tendente a conservare la tranquillità si della provincia, come della città. Non voile nè prescrivere, nè far alcuu provvediniento, perché non era sicuro d'essere ubbidito. La vigilanza nella città veniva commessa al magistrato de' cittadini, il quale col mezzo di due birri si lusingava di aver a tutto provveduto. Al di fuori non vi era in tutto il paese alcun freno. II capitano Porzia fu in necessità di rappresentare la siluazione della contea all' iinperadore, implorando che fossero stabilité quelle provvidenze, senza le quali non puô sussistere un regolato governo. Tulle le cose che vengono da V. M. ordinate, dice egli in una sua rimostranza ( I«20), hanno bisogno per essere effeltuate, del brazzo del capitano, et essendo questo senza forza non puö soddisfare a cosa alcuna, et da qui avviene, che mai si riduce ad ejfetto quello che si propone. Questo documento doveva servire di stimolo insieme e di norma a' successori di lui per rinnovare tutti gli anni le medesime istanze alia corte; poichè quantunque Ferdinando 11 persuaso dell' evidenza di tali rappresentazioni accordasse (38 die. 1BSO) al nostro capitano otto guardie a cavallo, non trovó mai la camera i fondi per mantenerle; e questo provvedimento per la pubblica tranquillità e sicurezza non ebbe verun elfetto. Federico di Lantieri successore del Porzia non perdette di vista questa parte d'intema direzione; sotto il suo governo fecero (íOUO) gli stati il progetto di cingere la ciltà di mura. Si supplice il principe che volesse promuovere un' opera, la quale richiedeva delle spese superiori aile forze della provincia: ma i tempi calamitosi di guerra a) Con due rescritti V uno del di 12 marzo 1624 e Valtro dei 12 luglio 1630, e finalmente l'imperadore Leopoldo ratificolli con ispeciale diploma a' 24 aprile 1697. fecero svanire ogni speranza di soccorso, ed insierae questo salutare disegno. Succeduto Francesco di Lantieri al padre nel capitanato, e vedendo i tanli disordini che inquietavano la provincia, non tralasció d' informare la corte della necessità, che vi era di porvi rimedio. Non si ottenne altro che un rescrilto (3 genn. I6SO) della sovrana camera, con cui animavansi gli stati provinciali al mantenimento delle otto guardie da lungo tempo dalla corte approvate, con additare i mezzi, onde matenerle. Frattanto (lfi3 8) cresceva sempre piü la licenza nel paese; e moltiplicavansi gli eccessi, in modo che non molto tempo dappoi convenne spedire nella provincia cinquanta fanti di truppa regolata, i quali posero freno alie violenze. Un ugual numero di milizia fu destínala a questo oggelto pochi anni dappoi (B6«5): ma siccome la presenza de' soldati moderava alquanto la sfrenatezza; cosí questa alia loro partenza ripigliava come prima il suo libero corso. In una provincia, in cui non sono stabili provvedimenti, l'ubbidienza e la soggezione non possono sussistere, che per intervalli. Yerso la fine soltanto del secolo s' introdusse un sistema fisso e regolato. Leopoldo determinó (16Í5) di. assoldare cinquanta inoschettieri pel presidio del nostro castello, ed ordinó agli stati provinciali di mantenere trentasei guardie per la custodia della cilla, di cui ventiquattro fossero pagate dalla provincia, e dodici da' cittadini. Quantunque questa milizia stessa desse anche talvolta molivo a qualche notturno rumore pel poco rispetto ch' esigeva, per essere rozza ed inesperta ; tultavolta non lasció di tener in soggezione il popolo ammaestrato da' sinistri accidentó, ne' quali lo precipitava spesso la imprudente sua resistenza. Rispetto alia sicurezza delle abitazioni del cittadino contro la veemenza improvvisa del fuoco nulla abbiamo ritrovato, che meriti di essere riportato in questo luogo. Dall'altra parte la regola prescritta per i casi d' incendio nel XVI secolo dal capitano Francesco della Torre fu tanto precisa e cosi ben conceputa, che non restó nulla più da aggiungervi ne' tempi susseguenti. In questo secolo si prese due volte (a) a esaminare il piano proposto già dallo stesso capitano di condur 1' acqua correnle da Salcano in città : ma 1' esame terminó in lunghe discussioni, senza effelto. a) 11 di 13 aprile 1628 e 7 agosto 1635. 160 I S T O Ii I A IV. Spedali, banchi ESSUN' altra parte dell' intimo governo era nello scorso S secolo in maggior confusione di quella, che riguarda la , moneta. Fino dall'anno 1630 si videro sortire alcune rególe, ma si dubbiose e indeterminate, che dimostrano abbastanza la poca cognizione di chi le avea dettate. LParecchi editti di moneta pubblicati soltanto per alcune provincie ad esclusione delle altre sembrano aver servito di speriinento, onde il legislatore potesse riceverne qualche norma ed aminaestramento in si importante affare (a). La quantità di monete basse forestiere, che eolio spoglio della moneta d' oro introducevasi nelle provincie austriache, fu 1' arduo punto di speculazione per quelli, che dirigevano questo aliare, e che erano in obbligo di rimediare al danno , che ne derivava alio stato. Si pubblicô al cominciar del secolo felil». 1600) un rigoroso divieto di portar fuora la buona moneta, ma nulla giovô presso una nazione, il cui commercio passivo era maggiore dell'attivo. Avendo le provincie dell' Austria interiore i rapporti stessi di commercio eolio stato veneto, non conoscevano esse altro valore di moneta, se non quello, che ragguagliavasi alia moneta veneziana, ed osservando costantemente un tale ragguaglio, si pensó anche di a) Editti di moneta per V Austral dati il di 23 mano i 620, a 26 ottobre dello stesso armo. 196 istokia autorizarlo con pubblici editti (a). Ma questa medesima regola per essere troppo arbitraria, fu non di rado soggetta ad alcuni inconvenienti. Malgrado la massima uniforme stabilita da' rispettivi governi d' ogni provincia il valore non era lo stesso in lutti i luoghi; ció che diede motivo a molte quistioni fra i contraenti di diverse provincie (b). Se il ministero di Ferdinando non conosceva a fondo tutti que' rapporti, sopra de'quali unifamente puó fondarsi il sistema delle monete, si dee non ostante rendergli giustizia, per non aver trascurato di supplirvi co'lumi, che cercava di raccogliere dalle provincie, ond« regolare questo oggetto. Fu ordinato a' commissarl delle diete in tutti i paesi convocate nell'anno 1609, fra gli altri anche l'articolu di eccitare gli stati a daré sopra di ció il loro parere. Cosi fu dimandata F opinione degli stati provinciali in inolte altre diete ne' susseguenti anni (c), e siccome i rispetti delle provincie confederate erano in rapporto alia moneta i medesimi, perció il parere era costantemente appoggiato alia medesima massima, cioé di proporzionare il valore della nostra moneta a quello della moneta veneziana. Ma il falso principio, che adottato aveva la sovrana camera d' impedire la sortita dallo stato delle monete d' oro coll' alzarne il valore, contraddiceva le ragioni delle provincie, e cosi il valore delle monete continuó ad essere arbitrario; ció, che diede motivo (18 no»-. IG86) al nostro governo di flssare da sé verso la fine del secolo il valore della moneta; intorno a questa determínazione giudicó espediente di sentire anche il parere di que' pochi mercanti, che esistevano allora, come apparisce da una deliberajioHe del di 15 luglio 1692, a) Conservasi fra le nostre scritlure la valuta, cite diede la Curniola alla moneta nell' anno 1619, ed un ultra per la Carintia pubblicala nell'anno 1674. b) Molli furono i ricorsi degliç stati goriziani conlro la valuta delle vicine due provincie della Carintia e della Carmola. c) Negli anni 1620, 1623, 1625, 1631, 1632 e 1635. DELLA COMEA DI GORIZIA. SI. De beni camerali. Anzi che i noslri principi ricuperassero le signorie camerali ímpegnate nel secolo XVI per cagione delle grandi ristrettezze di Ferdinando II furono anche nel susseguente secolo alcune altre possessioni a' particolari totalmente alienate. Benvenuto Petazzi fece I' acquisto della signoría di Schwarzeneck (o), come Gasparo di Lantieri di quella di Reifîenbergo (b). II capitanato di Tolmino dal principe venduto alia famiglia Breüner (c) fu rivenduto a Pietro Anlonio, Giovanni Pompeo, e Giovanni Battisla, fratelli Coronini, baroni di Prebacina (dj. II solo capitanato di Pletz rimase in propriété della govrana camera. La riscossione camerale della città di Gorizia, le cui rendite consistevano in annui censi, che i possessori de' terreni sparsi in diversi luoglii della contea, pagavano al principe, fu per eento mila fiorini impegnata (««««) ad Ermano di Attems. Siccotne è facile comprendere, che un particolare non poteva assumere una riscossione, la quale per la moltitudine delle partite, e per la variété de'contribuenti rendevasi molió penosa, senza che nello stesso tempo fosse investito de' medesími dirilti, e senza che gli venissero somministrati i medesimi mezzi, che avevano gli esaltori del principe di poter obbligare i possessori a soddisfare i censi; cosi è molto più facile il comprendere, che la riscossione falta per conto d'un parlicolare, fosse con più esattezza eseguita di qutllo che praticavasi prima dagli esaltori camerali. Alcune partite, che si nascondevano, ed alcune altre da molto tempo occullate ed ándate in obblivione, obbligarono Ferdinando ad accordare (28 mnrz. IGOá) agli Attems de'commissait nelle persone di Erasmo di Dombergo, e Federico Hais di Kienburg, onde rivedere e rilevare le terre soggette al censo camerale della tillé. Qualunque fosse I'esilo dell" inquisizione, quesla non poté impedire, che nel passaggio di molti pezzi di terre censúate du un possedilore ad un altro non si rendesse, pet quesla cagione l'identité loro più difficile da verificarsi, e che la quantité non si diminuisse di modo, che tutto il peso dell'aggravio camerale cadesse spesso a) NeU' anuo 1622. c) NeWunno 1649. b) Nell'anno 1626. d) Nell'anno 1651. sopra la minor parte, in ternpo che la maggiore non solo ne andava esente, ma mescolandosi eziandio con altri terreni di qualité diversa si confondeva con essi, e cangiava per cosi dire, la propria natura: e henchè sotlo pena di perdere il terreno fosse obbligato il possedilore, qualora voleva egli venderlo, di notificarlo al padrone de' censi camerali, e di pagare la décima parte del prezzo convenuto fra i contraenti, cadde ciô non ostante il libro di questa esazione in tanta confusione, che fl645) stille ¡stanze degli Attems fu accorduta una nuova determinazione de' confini di tutte le terre camerali, alia quale presiedette Giorgio di Barbo, consigliere della camera di G ratz, ed Alcssio Coronino, supremo esattore delle dogane della contea. Bisogna credere perô che P effelto non ne sia stato durevole, poichè 11e fu ordinata (<3 apr. IOÎ3) un'altra simile parecchi anni dappoi sotto la direzione del luogotenente della contea Giovanni Filippo Cobenzl. Era interesse della camera il secondare si falte ¡stanze, che tendevano a porre in cliiaro dei diritli su delle terre, delle quali, non avendone cedulo che P usufrutto, aveva ritenuta la propriété. Trovó perô necessario il mettere nuovi argini aile fraudi, che praticavansi, per diminuiré una parte delle rendite camerali della città, e per porre in confusione P altra, con pubblicare nuove legffi, ed ordinazioni dirette a preservare i propri diritti. Si ordinô (Pi «iiiar. che si pagasse la decima cosi per i contratti d* ipotec», come di vendita de'terreni camerali-, che nessuno si facesse lecilo di alienare un pezzo di terra d'un qunlclie volgarinenle da noi dello maso («) soggelto al censo, che tutti i contratti riguardanti le terre camerali non potessero essere rogali, se non da persona, che venisse a tal line dal padrone delle riscossioni della citté destínala, dichiarand» nullo qualunque stromento da altre persone stipulât»; e finalmente confermaronsi tutte le altre prerogative e condizioni, ch' erano stale per P addieiro accordate. Non volendo noi discostarci senza ragione da quell* ordine, che nel primo volume di quest' istoria ci siaino prefissi di osservare, sembla opportuno di parlare qui de' boschi camerali. I tagli considerabili, che si fecero fino sul finir del XVI secolo, ne'boschi di Tolmino, e di Pietz, .per favorire il trasporto, ed ¡I traffico del legnnme per acqua, non rieercarono sotto P amministrazione di Andrea l'irens, sopruintendente de'boschi di Gorizia, del Friuli, e a) Un terreno com posto di divers* pew di terre anche non unite ï una all' altra. dell'lstria, se non la cura di custodire le giovani piante, e la pazienza di aspettare dalla loro conservazione, e dal tempo i maggiori vantaggi pel sovrano erario. Diresse pero il Firenz le prime sue cure a regolare i tagli del bosco Panavilz, dove la proibizioue de'tagli medesimi non ebbe piü luogo, tosto che cessó la comoditä ch'ebbero gli abitauti della citta, di provvedersi di legua, che de'inonli di Tolmino calavano per acqua Pino a Gorizia. Gli stati si lagnavano bensi dell' accrescimento del prezzo, ma restava tuttavia alio stato nobile aperta la strada di farne quelle provvisioni, che gli piacessero. Ci é rimasto un rescritto (4 fel»b. ltiOS) della camera di Gratz, che dimostra lo stato, a cui 1'indiscretezza de'tagli ayeva in pochi anni ridotto quel bosco. Dulle relazioni che S. A. nostra graziosissimo Signare ebbe della devastazione del Panavitz, ha dotuto con dispiacere intendere non solo la penuria di albori alti al ponte dell'homo, ma eziandio d' altre inferiori qualitá di legname. In tale stato di cose fu prescritto di non vendere in avvenire di questo bosco, se non que' tronchi, i quali sarebbero dal magistrato dei boschi giudicati inulili per le pubbliche fabbriche. Dell' amministrazione si di Giovanni Panizzolo, ¡I quale ottenne dopo la morte del Firenz (a) lo stesso grado d' onore, che di quella di Baldassare Arardi di lui successore, nulla avreinmo da riferire, se non ci fossero rimaste parecchie memorie, le quali fauno fede della poca cura, ch'ebbero amendue nell'adempiere il loro dovere. Tuttavia non si puó inettere in dubbio, che t' Arardi non si sia distinto nel principio del suo uffizio (16«2) con un edillo, ch' ei fece pubblicare in tutte le comunitá de' contadini, ch' erano piü esposti alia tentazione di recar danni a' boschi del principe. La sola conservazione de' boschi non animó lo zelo dell'Arardi, cercó egli ancora di accrescerne i proventi, con proporre un nuovo dazio sopra il legname da fabbrica. I Goriziani credettero di dover tanto piü opporsi, quanto avevano piü motivo di dubitare, che gli ordini derivassero piü dall' arbitrio del sopraintendente dei boschi, che dalla determinazione della camera. Le rimostranze ebbero luogo, ed il principe dichiaró (SS ag. 1014), che ¡ sudditi situati fra F Isonzo, il Vipacco ed il Kobl, andassero esenti dalla nuova gravezza. Si dee per altro all' Arardi accordare il mérito d' aver salvato almeno il Panavitz dal totale suo esterminio. La permissione di valersi di que' tronchi, che non potevano servir che pel fuoco, a) Mori in Gorizia nel marzo 1602. (lava occasione ad indiscreti ed immoderati arhitri. La camera eredft necessario d'inibirvi qualunque taglio, e ad onta delle forti opposizioni de' nostri stati, e delle rimostranze da essi fatte alia corte, 1' Arardi trovô il mezzo di sostenere il sovrano decreto, che non fu rivocato se non nel!' ultimo anno della sua amministrazione. Tutto ció dipendeva allora più dalla direzione del sopraintendente de' boschi, che dalla camera di Gratz, a cui ne apparteneva la suprema direzione. Se si esamina d' appresso quali fossero i soggetti che componevano in quel tempo la camera di Ferdinando, senza esitazione si puó asserire che essi poca o niuna idea avessero dei boschi della nostra provincia. Vi ordiniamo, dice il presidente con tre consiglieri camerali al nostro sopraintendente dei boschi (24 die. — d' informare incontinente da quat parte sieno situati i boschi di Maraño, guale sia la loro estensione, e quai qualilà di legna vi si nutrisca. Si poca notizia avevasi allora in Gratz di qiiesti boschi, che trovavansi a que' tempi affittati per la somma di quattro mila fiorini di quella moneta. • Ignorasi quale sia stata la vigilanza del magistrato de' nostri boschi nel Friuli : ma se si riflette alia liberta de' tagli che vi era nei boschi di Tolmino e di Plelz, non si puó supporre maggiore attenzione per quelli del gradiscano. Giorgio Filippo di (Hiera, capitano di Pletz, ci dipinge in una leltera scritta all' Arardi (2« mag. I6IO) 1» devastazione de' primi. Fa compassione il veder la quantité di legname, che fu tagliato da' sudditi della Sat sha coll' esterminio di que'' boschi sema rerun riguardo alie giovani piante. Giacché non appartiene a me di porre freno a devastazioni, che richiedono i più pronti ripari, prego V. S. a cui in vigor del suo incarico incombe il farlo, di portarsi incontinente in queste parti , per poter da sé il tutto osservare. Cosi vengono i sudditi veneti dalla Natisa al Rompet Rapide nel capitanalo di Tolmino, e vs¿ servono di que' boschi come fossero proprí. 11 capitano di Plelz, che dimostró senza riguardo il suo zelo verso il sopraintendente de' boschi, non ne avrà dimostrato meno per ¡Iluminare la camera del sovrano. Cerlo si è, che il procurators fiscale Ortensio Locatello ebbe l'ordine(-® apr. 1621) di esaminare la condolía del magistrato sopra i boschi («), e che sulle inl'ormazioni a) " Poichè ci viene riferito, che il sopraintendente dei boschi „ Raldassare Arardi, prestí poca attenzione at suo incarico, , che non tenga regolala cassa, che disponga a suo talent» di lui furono deputati nella contea Ferdinando Zehentner di Zehengrib uno dei consiglieri camerali, e Giovanni Battista Panizzolo, il qualo dall'uffizio de' nostri bosclii passô per consigliere alia reggenza di Gratz, per daré nuove rególe e nuovi provvedimenti intorno a questo geloso oggetto a tutta la provincia. Terminarono le conferenze con destinare un nuovo sopraintendente de' boschi nella persona di Ambrosio Sembler, il quale dimostro tutta quella avvedutezza, clf era necessaria al suo uffizio, di cui nessuno meglio di lui conobbe l'importanza. Vide il. Sembler fin da' primi anni della sua ispezione tutti gli ostacoli, che frapponevansi alia riuscita della medesima. La gelosia, con cui era riguardata la sopraintendenza de' boschi dal capitano di Gorizia, e da quello di Gradisca, o ritardava le operazioni di quel magistrato, o le rendeva violente e pero odiose. Sulle rimostranze del Sembler ricevè il capo della provincia un sovrano eccitamento (18 genn. 1681) di secondare quanto da lui dipendeva, le zelanti intenzioni del medesimo, e di concorrere con esso a stabilire tutto quello, che potesse essere di vantaggio al sovrano erario. Il Panaviz particolarmente risvegliô 1* attenzione del Sembler, come quello che per la sua situazione, per la fécondité del suo terreno, e per la qualité del legname piü degli altri boschi la * meritava. Fu egli di sentimento che qualunque taglio fosse sospeso, nè gli ordini relutivi (1688) tardarono a pubblicarsi. Altre somministrazioni ancora di legna, da qualche tempo introdotte , erano dannose a quel bosco. Le comunité religiose e lo spedale della citté ottenevano ogni anno dalla munificenza del principe una quantité di legna da fueco. 11 collegio de' Gesuiti stabilito di fresco in Gorizia, si procuro anch' egli alcune provigioni di tal genere. II sopraintendente de' boschi pero, senza privare le accennate comunité di questo benefizio, salvar seppe dalla sua rovina il Panaviz, assegnando simili tagli in altri boschi. Coll' alienazione d' una parte del territorio di Canale , delle signorie di Schwarzeneck, di Vipacco e di Reiffenbergo, seguita in tempo del!' amministrazione del Sembler, venne a diminuirsi notabilmente la quantité de' pubblici boschi nella provincia ; I' espressioni pero non moite chiare, che incontravansi nelle scritture di vendita diedero „ del denaro e delle rendile del principe, che opprima i „ poveri sudditi e li tiranneggi, sono le espressioni del rescritto j, camerale. Scritture del magistrato fiscale. 13» 202 is T 0 RI A non piccolo impaccio al sopraintendente dei boschi, il quale dovetle spesso ricorrere alla camera di Gratz per le spiegazioni necessarie, onde poter distinguere ció, ch' era rimasto di proprietà camerale, da quello, ch' era aliénalo. Ma tutte le dilucidazioni non bastarono a porre in cbiaro molti punti, ch' ei dovelte tramandare in suo figlio Giulio Felice Sembler, successore di lui nell' impiego, e che da esso poi passarono a' susseguenti sopraintendenti dei boschi. Lo stesso zelo che animo il padre diresse almeno nei primi anni le operazioni del ñglio. Un pubblico editto (» 18S») per la custodia e conservazione de' sovrani boschi ne fa fede. Gli stati non cessarono non pertanto d'interessarsi a favore de' patrizî, i quali malgrado gli interrotti tagli, non desistevano dal pretendere di avere le legna del bosco Panaviz. Non avevasi diflicoltà di sommistrare di tempo in tempo dei tronchi inutili e mal cresciuti, la difficoltà era che lo stato nobile pretendeva di poter avere quella quantità di legna, che faceagli di bisogno. Era certamente di vantaggio alla caméra il far valere un prodotto, che ad allro uso non poteva servire, ma tollerarvi non poteva una pretensione di diritto, che gli stati non cessavano di porre in campo col loro privilegio esclusivo sovra un fondo, la cui proprielà era per giuste ragioni aggiudicata al principe. Quindi è, che trovando la camera le passate inibizioni de' tagli inefficaci ordinô (<& apr. 1642), che pel corso di venti anni si dovesse sospendere qualiinque taglio nel Panaviz. La camera ottenne con questo provvedimento il suo elfetto, gli stati non osarono frattanto a toccare quest' articolo, talmente che passati i venti anni ogn' uno quasi dimenticossi di aver comperato delle legna nel bosco Panaviz. I principi, con cui si diresse il magistrato de' boschi per la conservazione del Panaviz, lo indussero a pensare anche al bpsco Lock. La sua vicinanza alla città, e la stessa qualità di legna meritavano la medesima attenzione. Le comunità che compongono la giurisdizione di Schônpass, vantavano un antico possesso, riconosciuto insino dall'anno 1570 di tagliare e pascolare in quel bosco. Era questa una confermazione dell' arciduca Carlo; ma con tali condizioni che sembrava che le comunità avessero perduto ogni diritto, che vi potevano avere. L'avvantaggio del godimento di quel bosco portava per quelle comunità anche l'incarico di custodirlo e d'invigílame alla conservazione : ma minacciandone gl' immoderati tagli, che si praticavano da qualche tempo, la rovina e la totale devastazione, la sovrana camera sulle rimostranze del magistrato de' boschi (SO lugl. non solo dispensó le comunità da ogni custodia, ma victo loro ancora d'ingerirsene, e si dee all'avvedutezza di Giulio Felice Sembler il mérito di aver salvato nella contea un bosco di roveri, del quale a' giorni nostri sarebbe appena riinasta la memoria. Tanta attivilà del sopraintendente de' boschi non poté pero impedire, clie F estensione delP inspezioni di lui non fosse verso la meta del secolo (B64 9) di molto diininuita. Coli' alienazione del capitanato di Gradisca a principi di Eggenberg si distaccarono tutti i boschi camerali del Friuli, e coli' investitura del capitanato di Tolmino (I64»)3 ¿ata alia famiglia Breüner, ne furono smembrati in quel territorio inolti altri. Ció nulla oslante Francesco Fomasari (a) che succedette (1653) al Sembler nelf uffizio, ebbe bisogno di tullo quello zelo e coraggio, ch' ei dimostró nel breve corso del suo impiego, per sostenere i diritti sovrani contro le più aperte violenze, che il suddito sostenuto spesso da chi vi aveva giurisdizione era accostumato di praticare a suo talento ne' boschi del principe, e contro le usurpazioni, clF erano da Iungo tempo messe in uso dai conflnanti proprietarí d' altri boschi. Malgrado la sovrana determinazioue riguardo al bosco Lock, le vicine comunilà non solo non si astennero di disporre, come di cosa propria, ma spallegiale inconsideratamenle anche da Carlo Vaccano, che avea la giurisdizione di Schönpass, ebbero F ardire (13 ag. 1G52) di volersi opporre al possesso, che ne prese il nuovo sopraintendente dei boschi in nome della sovrana camera. Nel secondo anno della sua amministrazione si dislinse il Fornasari colla generale visitazione di tutti i boschi da lui dipendeuli e con una distinla specificazione de' medesinii. E perché non è possibile a me, sono le di lui parole (38 febb. 165»), di camminare li confiai delli vaslissimi, ed erli monli, quali appena si possono con V occhio considerare, nonche perticare, et misurare, si contenteranno della presente mai per avanti úsala da veruno diligenza e specificazione. Rilevausi poi dal medesimo ragguaglio i disordini, e gli abusi in tulle le parti talmente inveterati, ch' egli non potea lusingarsi, per la poca assistenza, che gli era préstala dalle magistrature superiori, di poter giainmai sradicarli. Vedrà quesf Eccelso Señalo, sono le parole d'altra sua riinostranza falta a) Era egli procurator fiscale in Gorizia, officio, ch' ei conservo unitamente a quello di sopraintendente de1 boschi di Gorizia, del Curso e dell'¡siria fino alla sua morte. 204 ISTOR1A (I I apr. 1653) alia camera di Gratz, che mai dal canto mió sará tralasciala alcuna congiontura, benché pericolosa di servitio per la Maestá sua, ma il vedermi abbandonato, et per li ricorsi, che faceto, símalo inquieto, importuno, mi levano V animo datt' impiego per non adossarmi odj, e pericoli maggiori, et per non precipitare colla reputazione la robba et vita in un tratto. II Fornasari non desiste d' opporsi colla piü viva forza a' pregiudizi, che si portavano ai boschi del principe, dimostrandoli alia corte con quella franchezza che non conosce verun riguardo, e suggerendo tutti que' mezzi, che si potevano impiegare per allontaüame maggiori danni. II suo zelo avendogli suscitati de' nemici, mori (1656) assassinato. La sopraintendenza de' boschi sovrani fu dopo la morte del Fornasari unita alfuffizio della dogana di Gorizia. Gtovanni Bullista Coronino allora supremo esattore volle dal tempo aspettare quel buon ordine, che il suo antecessore tentó d'introdurre con trcppo fuoco. La camera stessa non dimostró alcun' altra maggiore premura che di porre in chiaro i confini fra i suoi boschi e quei dei particolari. A tal elfetto ordinó (5 apr. 165 S) una revisione dei boschi del principe, e singolarmente di quelli che sono situati nei capitanati di Pletz e di Tolmino, nominando Pietro di Strassoldo, e Nicoló di Petazzi per commissarl. Ignorasi quale sia stato P esitu: ma non restando memoria che le contese col capitanato di Tolmino continuassero, si puó credere, ch' esse rimanessero in tale incontro sopite. Frattanto restituironsi i boschi di Tolmino e di Pletz in tale stato, che giá nelP ultimo anno dell' amministrazione del Fornasari erasi trovata una compagnia, la quale rinnovó il commercio del legname, che nelP anteriore secolo con proñtto delP erario era stato introdotto. Esiste una nota (1662) degli edifizi, che furono dai primi arrendatori a tal elfetto mantenuti. Raccogliesi da quella memoria che due rastrelli si ritrovavano sulla Tribussa, ed un'altro sulPIdria, con quattro seghe, ed un gran magazzino, fer conservare il legname eretto nella Sdoba sul territorio veneto, sino a quel luogo dove con zattere trasportavasi per la via delP Isonzo quella porzione, che per mare vendevasi agli slranieri (a). Non abbiamo creduto inopportuno Paccennar queste particolarilá, poiché servouo a) La dogana di Gradisca prelendendo un dazio peí passaggio del legname, sequestró nelP anno 1673 due zattere a Giovanni Antonio Fanlon, arrendatore del negozio del legname. DELLA CONTEA DI GORIZIA. 205 di prova, che non é impossihile di porre ad elfetto ció, che con frutto fu ne' passati secoli eseguito. Malgrado le premure del Coronino pel vantaggio del sovrano erario, non poté egli evitare una parte di quelle molestie, che
  • « j;. 1623) di non comprendere nel comune esame delle possessioni nè la reedita camerale di Gorizia, nè quella di Tolmino. Gli stati provinciali fecero le loro instanze contro un ordine, a cui credevano di non poter dar esecuzione, tanto più che in tutte le passate loro promesse, e ne' preslati sussidi di denaro seinpre riserbata si avevano la contlizione, che i beni cainerali concorressero a portar colle ailre terre il peso delle pubbliche gravezze. Rappresentaron essi che le signorie di Reifîenbergo e di Schwarzeneck, prima di passare in propriété di particolari, si trovavano nel pubblico catasto inscrite, e contribuivano, come tutti gli allri beni della provincia, riportandosi ail' esempio delle altre provincie, e singolarmente a quello della Caruiola, dove la contea di Pisino concorreva senza distinzione aile comuni imposizioni. Non abbiamo avuto colla forrnazione d'un nuovo catasto altra iritenzione, cosi si esprimoiio gli stati in un loro scritto febb. IG2S), che di scoprire i mwvi mezzi per poter prestar alla M. V. più pronti e più generosi soccorsi, e per non essere in lutte le diete esposti, che i suoi commissarî ci rinfacciano le meschine contribuzioni, a cui ci impegniamo. Quesle, e simili altre rimostranze furono reiterate, ma tutte in vano, poichè reiterali furono gli ordini (a) di non confondere in modo aluuno i beni del principe coi beni del stiddilo. Gli stati si suttomisero a' sovrani comandi, e ripresero il principale loro assunto. ü sia che moite dichiarazioni de' possedilori tardassero ad essere presentate, o sia che si l'aeesse poco cunto di verificarle, si determinó di abbandonare il modo tenuto nell* anno 1587 uel rilevare i beni ed i frutti di quelli, e di ripartire tutta la provincia in cinque circoli, destinando due patrizi per ciascheduno, che avessero a) 31 gennajo, 15 aprile e 7 giugno 1628, a deserivere tutte le possessioni, e confrontando la qualité délia, terre colle note delle rendite di formare un individúalo registro di tutte le possessioni, e di tutti i proventi (a). Fu più facile da immaginare, che da eseguire un tal piano« Quando anche i revisori avessero possedute le qualité necessarie al loro ministero, rimanevano tante altre difücolté, che non era cosí facile superarle. Le visite di tutta la provincia richiedevano non solo considerabili spese, ma ancora buona disposizione ne' posseditori di accogliere i visitatori, e d'indicare il vero e reale stato de' loro slahili. La pubblica cassa trovavasi senza denaro, i più forti possessori col ricusare l'iinpegno di qualunque revisione palesarono abbastanza che dispiaceva loro un esatto esame de' loro registri, il contadino possedilore nel Coglio , Yantando aníiche esenzioni , sosleneva vivamente, che le sue terre non potevano essere comprese nella generale inquisizione de' beni della contea, ed i commissarí senza far alcun passo si tenevano sempre sulle mosse per farlo. Egli è ben vero, che qualunque inquisizione sarebbe stata immatura, senza le precedenti indicazioni de' beni e delle rendite, le quali ad.onla de' replicati editti Mardavano ad essere preséntate. Tutti qutsli ostacoli uon solo impedivano F operazione, quando anche gli stati avessero avuto la miglior intenzione di eseguirla, ma servivano ancora in qualche modo di discolpa ogni volta che essi nelle successive diete furono dai commissarí imperiali tacciati di tardanza e di trascuratezza. Pompeo Coronino, vescovo di Pedena, e Gaspara Formentino ebbero insino un ordine sovrano (• 63«) di notilicare ai nostri stati, che in caso d'ulteriore rilardo 1'iinperadore era determínala d' inviare a Gorizia de' commissarí per ultimare uu opera da tanti anui con inefficacia promessa. La dieta assicuró i commissarí di non aver uulla più a cuore, che di esaminare le rendite gié dicliiarate de' possessori, e di pensare anche a' mezzi, onde supplito fosse a a) Nelle pertinente della città di Gorizia furono nominati il párroco Giulio Alessio e Giuseppe di Neuhaus. Il distretto fra il Vipacco e l'lsonzo, fu assegnato a Vincinguerra Formentino, ed a Baldassare Arardi. II copitanato di Tolmino, il Coglio, Cornions e le ville di là delV lsonzo spettanti alia contea di Gorizia furono descritte da Rodolfo Coronino e da Giovanni Bullista Delmestre. Nel Carso furono depulati Cario Suarda ed Ambrosio Sembler, finalmente nel capitanalo di Gradisca Giovanni Giacomo de Bertis e Federico Panizzolo. quelle che niancavano, rimostrando che qualunque espressa delegazione di nuovi commissarî reiiderebbesi vana, qualora non fossero unite le speciflcazioni di tutti i proprietär! delle terre. In tutte le successive radunanze furono gli stati goriziani alio stesso oggetto eccitati, ed in tutte le diete riportarono i commissar! imperial! le medesime risposte. O che volessero i nostri maggiori soltanto soddisfare ad una parte del loro dovere, o che credessero, col dar principio alPopera, di promuoverne la perfezione, deliberarono (*«3«) finalmente per iscansare altri ordini di formare un nuovo libro delle pubbliche gravezze. Ma siccome molte partite furon regístrate coll' aumento delle nuove rate, ed altra» riinasero sull' antico piede, cosí 1' operazione venne a rendersi per la troppo patente disuguaglianza più difettosa e meno scusabile della stessa tardanza. Stanca perciô la sovrana camera di tali prolungamenti, che forse ad arte si procuravano, diede ordine (lOSï) a Giorgio Barbo e Giovanni Vito Dehnestre, commissar! alia dieta, di non dipartirsi senza veder ridotto al termine il generale catasto della provincia. Se un comando cosí preciso non ebbe un pieno efietto, fece perô conoscere agli stati la necessità di additnandare al principe quegli stessi commissarî, che podli anni prima riputarono inutili ed inopportuni. L'imperadore deputô Riccardo di Strassoldo, Giovanni Vito Dehnestre ed Alessio Coronino, i quali unitamente ai commissarî degli stati, Luca Dehnestre arcidiacono di Gorizia, Mu t lia della Torre e Giovanni Giacomo di Bertis, sciogliessero ed appianassero le dilîicoltà, che vi si frapponevano, e ponessero in opera tutti que1 mezzi creduti più atti ad ultimare un provvedimento che la pnbblica equità da tanti anni richiedeva. Ad onta di si bella apparenza il catasto non faceva che piccoli avanzamenti. Gli stati goriziani restarono sorpresi allora che videro comparire alla dieta delPanno 1640, oltre Giorgio Barbo, due altri jmperiali commissarî Martino di Lichtenstein, consigliere della camera, e Carlo Moscón, consigliere della reggenza di Gratz, con assoluto ordine di fermarsi in Gorizia fino al totale conipimento del libro delle comuni gravezze. La loro presenza di quattro mes! ridusse quasi al suo termine T operazione. I commissarî partirono tanto più persuasi che il pubblico catasto fosse per terminarsi, quanto che non mancava nitro se non che vi fossero inseriti i vigneti de' colli, i quali per tanti piccoli pezzi, in cui trovavansi ripartiti, richiedevano del tempo per essere registrad e con proporzione estimati. Ma questi vigneti medesimi fecero insorgere nuove difficoltà, aile quali si aggiunsero le ¡stanze rinnovate dagli stati, perché si i censi camerali di Gorizia, che le rendite del capitanato di Tolmino fossero cómprese nel registra delle pubbliche imposie. Benchè Ferdinando III, avesse accordai» (ïO-tiî) la nota anche di queste due partite, solo dopo quattro anni Giorgio Barbo, ed Alessio Coronino furono dalla camera autorizzati a rilevarne i proventi, ed il principale oggetto restó frattanto nella sua imperftzione. Terminate le contese insorte dopo F alienazione di Gradišča riguardo a' confmi delie due contee, contese, che servirono anch'essa a tener questo afFare sospeso, ed insieme il calcolo delle rendite de' beni camerali, niente poteva più ritardare il termine del generale catasto, ma anzi elle darvi l'ultima mano si deputarono fl8 leso) nuovi commissarî Giovanni Gasparo di Lantieri, Giorgio di Or so», e Giovanni Vincenzo Coronini, per inquisire e rilevare i beni nascosti, e non fedelmente, notificati confondendo cosi un'operazione, che rioveva aver il suo line, col sindacato,' che poteva perpetuamente snssistere. Le prime attenzioiti del capitano Ernesto di Herberstein furono dirette a compiere ció, che infruttuosamente per un mezzo secolo terasi opéralo. Non ebbe egli fatiea a scoprire, che le dichiarazioni delle più considerabili possessioni erano quelle, che andavano soggelte idle maggiori eccezioni, che secondo F esempio di queste regolavansi le altre, e finalmente che il particolare interesse difficilmente dava liiogo alla pubblica equità. Radunati gli stati proviriciali (1G «>«v. 165?) vi parló egli con quel nobile fuoeo, di cui solo F animo onesto s' infiamma. Spiegô la diffidenza, che avea della buona fede delle passate dichiarazioni de' possessor)', dimostrando la necessilà di non considerarle al più che come elementi, che servir potrebbono di guida alla nuova operazione, rappresentando in oltre che la generale eslimazione dei beni d'una provincia non poteva avere allra base che la verità e la giustizia, e che F allontanamento da quesle era un inganno riguardo al principe, ed una violazione dell' equità riguardo al suddito, delilti tanto più condannabili, quanto che le conseguenze che ne risullavano, dovevano avere la stessa durata, che avrebbe avuto la ripartigione delle pubbliche gravezze, soggiungendo in fine ch' egli sarebbe il primo a mesaniftare quel taie elle ad onta dell' importanza dell'oggetto fosse per mancare al proprio dovere. Tale e tanta fu F impressione, che fece questo serio discorso silil' animo di quell'adunanza penelrata da sentimento di giustizia e di oneslà, che non solo si determinó di ripigliare da capo la formazione del eutasto generale, ma decretossi eziandio, che rilevandosi nell' indieazion» DELLA CONTEA DI ¡30RIZÍA. 217 áei beni di qualche patrizio la mala fede di qualche partitá hascosta, íosse costui canccliato daU'crdine de' patrizi. Oltre puesto, affinchi í'uguaglianza nel ripartimento delle pubbliche imposte fosse per tuUi gli ordini in genérale, ed in particolare per l'ordine patrizio meglio osservata, abolirono il terreno franco che questo godeva, compensándolo con un fisso e certo difalco di dieci florini per ciaschedun contribuente. Simili provvidenze fanno onore non meno alia rettitudine di que! capitano, che all'onestá de' nostri maggiori. La deliberazione degli stati non tardó ad essere con pubblico editto (8® febft. 1658) spiegata per tutta la provincia. Niuno stato di persone^ né qualita alcuna di rendite ne furono eccettuati. II contadino del Coglio fu ammonito di presentare in qualita di possessore i suoi proventi come ogni altro che possedeva, ed i censi camérali furono assoggettati alia medesima condizione degli altri censi d' enfiteusi. Ma la presta partenza delT Herberstein arenó tutta I' operazione fino al governo del capitano Rindsmaul. Ebbe questi la medesima rettitudine d' animo del suo predecessore, ma gil mancavano quelle maniere, che muovono e persuadono. II Rindsmaul fu costretto di ricorrere alia corte per ottenere quello , che 1" Herberstein ottenne con una semplice arringa. L'editto dell'anno 1658 fu bensi per sovrano comando (II magg. 1666) pubblicato di nuovo^ ma per la promozione del capitano fu anche posto in dimenticanza. Sotto il góvernó dello Stubenberg si ripiglió la riforma del generale batasto. L'antico editto fu riprodotto (6 Wiagg. 1686) colla sola modificazione, che le note delle rendite dovessero essere preséntate col ragguaglio delle raccolte degli ultimi passati sei anni. Ma rimanendo gli stessi ostacoli, la pubblicazione dell' ordine non ebbe piü effetto delle antecedenti. II contadino del Coglio, e singolarmente quello di s. Martino minaceiato in fine colla forza, onde presentasse la specificazione delle sue rendite, ricorse al principe ed ottenne (9 ag-. 1691) la sospensione di ogni rigore contro le sue opposizioni. Cosí terminossi non solo peí Coglio, ma per tutta la provincia la correzione del pubblieo eatasto. ISTO RIA TI. Sussidl eslraordinari presta!i in denaro al principe: dazi ed altre imposte. Non sembra credibile, che un paese di si pici-ola eslensione, come é la noslra contea, inqnietato da' confinanti, privo de' vantaggi di una soda ed eslesa industria, piü dal caso che da una provvidenza diretio, col solo favore della sua situazione, e della fertilita sua naturale abbia poluto avere tanti mezzi di contestare il vero affetto, che nodri sempre verso i propri principi, tenuti quasi per tutto quel secolo da' loro nemici in continué angustie e travagli. Oltre alie ordinarie spese, cui richiedeva 1' interno governo della provincia, altre considerabili somme furono dagli stati impiegate si nel paese per le fortificazioni, per le strade, pei passaggi e per gli alloggiamenti di truppe forestiere, e per 1' allestimento delle proprie spedile in tanti incontri a difesa della Stiria e della Carniola, come anche fuor di paese, peí mantenimento delle sue milizie a" confini della Croazia, per donativi in occasione di reali sponsali, di viaggi, d' incoronazioni di principi, e per altre sovvenzioni di denaro nelle pressanti urgenze in cui trovossi spesse volte lo stato. Senza le interne spese della provincia, le comuni annue contribuzioni all' erario del principe erano in principio del secolo di sei mila fiorini della moneta di que' tempi (a). Riscuotevasi questa .somma dalle rate ^opra le terre, le quali trovavansi solo per meta notifícate, anzi che esattamente apprezzate. Erano vive le premure, che dimostrava la corte di conoscere tutto 1' importar delle nostre terre non solo, per fissare una giusta ed uguale ripartigione nelle pubbliche gravezze, ma per poter anche indurre gli stati si ad accrescere le annue loro quote, che a contribuiré con lo stesso ragguaglío alie * altre straordinarie esigenze. Quaranta sei mila fiorini di quel tempo furono da'Goriziani nei primi sei anni pagati di straordinario sussidio a Ferdinando. La maggior porzione cadde a peso di quelP ordine di sudditi, che non a) I quali, valutato Vunghero a fiorini due e carantani trenla, facevano nove mila fiorini della moneta d' oggidi, o in quel torno. possedevano stabili. Le pubbliche tas^e inghiottivano ad un tralto quello, che il cittadino industrioso procacciavasi a poco a poco col traffico e col risparmio. I richiami furono replicati : ma lo stato nobile ed ecclesiastico, da cui dipendeva la ripartigione delle gravezze, non cercavano che di sgravare sè stessi più che potevano, ed il nlinistero del principe, non vedetido che i bisogni dello stalo, non s' occupava, che nell' esigere le tasse che distruggevano I' industria. E ben vero che i commissarí di Ferdiuando eccitavano in lutte le diete gli stati a sostituire alie arbilrarie rate una ripartigione più generale e più giusta delle pubbliche imposizioni. Istruiti dalla sovrana camera suggerivano una imposta sopra tulte le famiglie della contea, con aggravare indistintamente ogni casa di un fiorino di contribuzione. Quanto sarebbe stato questo aggravio insensibile per alcuni pochi abitanli della provincia, altrettanto gravoso sarebbe stato pel inaggior numero. Per indurre perô i nostri maggiori a porre in pratica questa nuova spezie di contribuzione, fu falta nella dieta dell'anno 1608 la proposizione, che il principe lasciando a vantaggio degli stati la terza parte, sarebbesi conténtalo di due terze parti di tale riscossione. Ma i Goriziani cercando di evitare quanto potevano un peso, cui avrebbe dovuto soggiacere il contadino, vi si opposero cosí in quella, come nelle susseguenti radunanze. Non si puó confondere il nostro colono colla condicione del contadino delle vicine provincie, esprimonsi gli slati provinciali in uno scritto dirello a' commissarí di Ferdinando. Siccome sta nell'arbitrio del padrone della terra di licenciarlo da quella, cosi il colono ha la liberté di abbandonarla. Egli non possiede nulla del proprio, che le sue braccia, che sono obbligate alia coltura delle nostre terre, e da cui queste ricevono tutto il loro valore. Queste poche parole sono tanto più degne di considerazione, quanto più facevano conoscere, la indigenza del nostro contadino, perché fosse maggiormente compatito. I bisogní pubblici frattanto s' accrescevano, ed in conseguenza anche i debiti dello stato : cosi che non potendosi il crédito della camera sostenere senza la garanzia degli stati provinciali, Ferdinando II colsef'BSt) j| momento, in cui le provincie prestarono a Ferdinando di lui figlio I' alto di vassallaggio, per fare che gli stali acconsentissero di assumere una gran parte de' debiti della monarchia. I nostri . maggiori rappresentarono anche in questa occasione la meschinilà del suddito della contea, ma addossaronsi nello stesso tempo il carico di ceiilomila fiorini, obbligandosi di pagarli nel corso di ventó anuí. * La ripartigione fu fatta sopra tutte le case della provincia («), e la famiglie che non avevano tetto, portavano il maggior peso di questa aggravio (b). Questa dimanda del principe fu foriera d' un' altra. Le raie, che gli stati avevano accordate per P estinzione della loro quola, coprendo appena gl1 interessi, non promettevano l'estinzione del capitale. Passati pochi anni stimô la camera opportuno di ripigliare (1636) lo stesso alfare, e gli stati accordarono di prolungare per altri quattro anni la riscossione delF imposta sopra i fuochi, che fu continuata ora per una, ora per un' allra occorrenza colla medesima «proporzione sino alla fine del secolo. Nuove urgenze richiedevano nuovi fonti, onde soccorrere lo stalo, Era tanto piü naturale, che il vino potesse suggerire alia camera del principe un nuovo mezzo, onde trarre dalla contea un qualche straordinario soccorso, quanto che nella città di Gorizia riscuotevasi dal consumo di quel prodotto un dazio fino dall'anno 1587. Ave» premura Ferdinando di estenderlo per tutto il paese, e vi fece precorrere (IBIS) a tale effetto le " sue insinuaziosi, delegando insino il suo presidente della camera Giorgio di Guller, come commissario alia dieta de' nostri stati provinciali, onde persuaderli di sottostare ad una imposta, che rappresentavasi lanío meno gravosa, quanto era piü estesa e più comune. Lo stato nobile ed ecclesiaslico non opponendosi che in apparenza, accordarono per sei anui F aggravio sulle promesse di poter disporre a vantaggio della provincia della terza parte del denaro che verrebbe riscosso. Le inosse dei Veneti, si nell' Istria che nel Friuli, e la poca disposizione del ' suddito a ratificare una convenzione fatta da pochi, ne sospesero F effetto. Ma levalisi gli ostacoli furono riprese le proposizioni, ed il dazio del vino fu (I«B34) per la seconda volta, ma per soli Ire anni accordato. Quanlunque i mandati, che furono sparsi per la provincia, fossero slati autenticati coll' ¡inmediata sottoscrizione dul principe, restarono essi tuttavia inefficaci. Gli abitanti di Gradišča e di Cornions aniniarono lutti i sudditi di là deli' Isonzo ad unirsi insieine, e ad implorare da Ferdinando il sollievo d' un aggravio, ch' era ¡inmediatamente diretto conlro lo stato più indigente della provincia. Il particolace interesse di ciasçheduiio risvegliù le premure *) Sotto il titolo d'imposta sopra i fuochi. b) Il contadino sopra la somma di finque m'da fiorini fu tassato per due mila. ifi lutti, e risvegliolle lanío piíi vivamente, quanlo che presso le comunità de'1 contadini sono sconosciuti que' riguardi, a' quali spesse volte la verità ed il bene coniune restaño sagrifioati. Mai non si iliede lo stato contadinesco tanto movimento, quanto in questa occasione. Inviô questo de' deputati al trono del principe. Benchè noi siamo quelli, espongono (1625) i delegati in uno scritto presentato a Ferdinando, che colle noslre fatiche, e coi nostri sudor* coltiviamo i vigiiali, noi resliamo tuttaria in lempo delle vendemmie sema vino in casa nostra. Quel poco che dalla grandine e da allre disgrazie, a cui le campagne sono esposte, ci rimane, spesse volte non basta onde soddisfare agli affilti ed agli :iltri debiti nel corso deW auno incontrati co' nostri padrón*. Facile è ail' ordine nobile di accordare aggraví che non cadono a di lut peso. Se il vino, che esso conserva per suo uso nelle cantine, non soffre danno dal dazio del vino, lo sofpriamo noi, che siamo vbbligati a prenderlo dalle osterie. Non basta forse al nobile il determinare il prezzo, per cui noi siamo obbligati a ceúergli il nost.ro vino al tempo delta sua raccolta ? ora pretende ancora che lo ricompriamo da' loro osti a doppio prezzo. L' esempio delta çittà di üorizia, dote il dazio è introdotto, non puó servire di norma ne' villaggi. In città non vive se non il ricco, ed il camodo : /' arligiano apprezza i suoi hivori a suo talento. L' istanze ebbero un successo proporzionato alia loro solidité. La camera tralasciô (i«2C) il dazio deila spina, e vi soslitui per tre anni J' aggravio di sei carantani sopra ogni soma di vino, che sortiva dalla contea nella Garintia o nella Cernióla, e ne destino lutta la somina per le forlificazioni della Croazia. Sollo Ferdinando III il dazio sopra il vino fu nuovarnente intavolalo. L' imperadore trovandosi alia dieta dell' impero in liatisbona lie decreto >15 giug. IflI«} la introduzione per tutta la provincia. M¡i ricoidevoli gli stati delle passate opposizioni della gente di campagna avvalorarono le proprie ragioni colle di lei pinostranze, e difesero da questo aggravio il misero contadino, che trovavasi già oltre le sue forze dall'imposta de' fuochi, e dall'ordinaria £' !66S) le sue rimostranzej ma assicurato dalla sovrana camera non esservi altra irttenzione, che di fissarne il prezZo, e cosi impedire le estorsioni, che potevano commettersi dai trafficanti sopra un genere ¡I cui consumo diveniva sempre piii generale anzi che opporvisi« fece istanza perché nel medesimo contratlo, ch' era stabilito per le altre provincie* si comprendes»« ancora la contea di Gorizia. a) Colla »critlura 7 ottobre 162,5. b) Oltre V imposta della provincia della Corniolaf fu posto dalla camera sopra ogni stajo di sale forestiero la gabella di un fiorino, e sopra ogni stajo di sale paesano di carantón i trenta. Non meno la serie de' tempi, che Fordine delle materie, di cui si tratta, ci conduce a far un cenno anche del pubblico bollo, a cui furono assoggettate non solo le scritlure riguardanti i privati interessi, che dovevano presentarsi a1 pubblici giudizi ed alie magistralure, ma ancora quelle, le quali per qualche affare privato sortir dovessero da quelle cancellerie. L'introduzione di questo aggravio seguita (IOS©) nell' Austria (cO doveva servire di regola per tutte le altre provincie. Si difese I' Austria interiore piü d'un anno dall'osservanza dell'editto del bollo, ma non desistendo 1' imperadora di volerlo osservato in tutti i suoi stati, dovette in fine piegarsi, ed aminettere la carta bollata con aumento considerable di dispendi e di spese per coloro ch' erano obbligati a cercare ció, che loro era dovuto per le vie de' tribunali. Perché Peditto (b) esimeva dalP aggravio della carta marcata il contadino presso i giudizi di prima istanza, perció considerando i nostri stati questa ordinazione come oggetto camerale piíi che giudiziale, fecero essi ricorso, ondé ottenere per tutti questa esenzione, ma senza alcun effetto. La nostra contea non fu dispensata da una pratica introdotta in tutte le altre ereditarie provincie delP Alemagna. Non accenneremo in questo luogo se non di volo 1' estensione, che si fece del bollo (1© apr. l«OS) anche sopra le carte da giuoco, inventate poco prima in Francia, ed introdotte con rapiditá in Alemagna: poiché non puó essere considerato come aggravio ció che cade sopra una specie di divertimento arbitrario accettato dal lusso, e nodrito spesso dal vizio. Fra tanti generi di gravezze non deesi ommettere quella imposta sopra ogni testa per düe volte (1691 e 16911) pagata sul finir del secolo da' sudditi della contea, La contraria sorte, ch'ebbero nelPanno 1690 le armi austriaehe in Ungheria, ridusse il ministero di Leopoldo alia dura necessita di raccogliere tutte le forze dello stato, onde impedire maggiori disastri. Cinque reggimenti di milizia regolata disfatti nella Servia, un altro corpo comandato dal generale Heister prigioniero in Transilvania, e Teckeli, il piü fiero nemico della casa d'Austria, dichiarato dalla Porta principe di questa provincia, le perdite di Nissa, di Viddino, di Samandria, e di Belgrado, che succedettero in pochi mesi Fuña dopo Faltra, la morte di Cario, duca di Lorena, cui F Europa tutta tenne in conto del piü valoroso a,) V edilto é del di 29. Aprile 1686f ' b) All' artieolo undécimo. 15 e più saggio capitano di quella età, e finalmente le mosse del gran cisire, che con sessanta mila uomini marciava ad ingrossare l'esercito ottomano, costrinsero 1'imperadore ad ammassare fino ne'più reconditi angoli della sua monarchia, denari e gente per non vedere quei barbari avanzarsi per la seconda volta sotto le mura della sua capitale. Gli stati provinciali delle confederate provincie niente meno spiegarono il loro zelo per la gloria del principe, e per la comune salvezza di quello, che lo avessero nitre volte fatto conoscere in simili urgenzç. Avendo perô 1'imperadore, senza far conto degli esattori provinciali appoggiato il ripartimento e la raccolta della gravezza imposta sopra ogni testa a particolari commissarí in tutle le provincie delegati, gli stati goriziani scossi non tanto dal peso della gravezza, ch' era per piombare sopra tutti i sudditi della contea esausla di forze, quanto dal modo inusitato di levarla, fecero istanza replicatamente alia corte contro una novità, che pareva ferire le antiche loro consuetudini, e cercarono tulte le vie di riscatlare col mezzo di una determinata somma dal generale sindicato tutti gli ordini dei sudditi della provincia. Ma essendo i bisogni della monarchia si pressanli, che richiedevano il più pronto non meno che il più efficace rimedio, ebbe hiogo la commissione già data, a quanturique le istruzioni ed i metodi prescritti fossero per lutte le provincie i medesimi, ció non ostante la nostra contea, trascurata ogni proporzione, fu infelicemente più delle allre aggravata (a). Piaglie fresche e cotanto profonde nell' anno 1693, in cui fu chiesta una seconda gravezza tassata sopra ogni testa della contea, rinforzarono le voci degli stati goriziani. Rappresentarono essi 1' infelice quadro della nostra provincia oppressa dalla ingiusta ripartigione, e dalla violenta ultima riscossione, ed únicamente attenti a salvare dáll' estrema rovina il più meritevole ed il più utile ordine de' sudditi della contea, implorarono di poter ripartire una determinata somma sopra le partite delle ordinarie contribuzioni, e di olferirle in luogo della nuova tassa ordinata. Se vogliamo rendere giustizia a' nostri maggiori d'aver in questo incontro dato ascolto a'sentimenti di umanità e di compassione, che le strida dello stato contadinesco dovevano eccitare nel loro animo, tanto più dobbiamo celebrare la a) Diciotto mila porini fur ono incassati dalla sola contea di Gorizia, in tempo che nella Carniola non se ne riscossero che vend sei mila. demenza del principe, che condiscese a coutenlarsi di dieci mila liorini, che furono coll' esclusione del contadino, ripartiti sopra i soli beni immobili della provincia. T11. Amministrazione di pubblica economía nella contea. Non potendo Io spirito di ordine e di esattezza introdursi cosi di leggieri nelle diverse parti dell' intimo goveriio della nostra contea, e molto meno in quella che risguarda 1' amministrazione della pubblica economía, perció la più attenta vigilanza del capo della provincia non basto a far osservare le saggie rególe, che vi furono lino dull'antecedente secolo stabilité. N'uovi disordiní aggiunti ai passati, richiamando i vecchi provvedimenti ne esigevano pure degli altri. Nel principiar del secolo (*5 ott. ICO(») trovossi necessario l'aggiungere all'esattore degli stati,, oltre il soggetto antecedentemente stabilito come sindaco, il segretario della provincia coll' incarico di riscuolere unitamente a due altri il denaro delle pubbliche contribuzioni. In progresso rinnovossi g-enii. a«28) Tantico ordine per la sicurezza della cassa, e si voile che questa si fosse custodita con due chiavi, di cui 1' una restasse nelle inani dell' esattore, e 1' altra del segretario: ne passô molto che fu ordinata (1* lugl« IC25) una terza chiave, la quale dovesse essere in custodia d' uno dei deputali della provincia (o). In lutte le istruzioni, che si davano a nuovi esatlori, non si trascurô di ripetere lulte le ordinazioni riguardanti i doveri delloro impiego : ma ad onta di tante replicate prescri'zioni bisogna pur sospettare, che gli stati si contentassero di osservara solo la formalité degli ordini, senza curarsi che venissero eseguiti. Prima ancora della guerra co' Veneti, la nostra provincia era débitrice al principe per pubbliche imposizioni di quallordici mila fiorini della moneta di quei tempi, che dieci anni dopo la pace non erano ancora soddisfatti (6). Ci è rimasto uuo serillo (8 seli. Itiîi) (e) a) Questo provvedimento era fin dall' anno 1574 ordinato. b) Rilevasi questo da una supptica delV anno 16,27, con cui gît stati istavano pel ritascio di detla somma, cj Scritture del magistrato fiscale di (¡vrtna. con cui la sovrana camera ordina al procuralor fiscale di quel tempo d' indagare la cagione di tale trascuratezza, e di suggerire i mezzi di far entrare i pubblici sussidi puntualmente nelle sue casse. Da quello t he se ne ricana, dice la camera, S. M. non solo non ne lia verán utile, ma appena è bastante a pagare la soldatesca, che tiene colà mantenuta. Egli è difficile il combinare i tenui vantaggi, che il principe ritraeva dalla contea, colle contribuzioni, che il suddito non lasciava di pagare continuamente. Quali si fossero i suggerimenti dati dal procurator fiscale, e gli ordini ricevuti dagli stati per regolare l'interna economía, tutte le premure perô del governo si restringevano a prescrivere soltanto rególe, che riguardavano l'uffizio dell'esattore. Fu imposto (2» nov. I «a 2) ali' esattor generale 1' obbligo di prestare una sufficiente cauzione per la sicurtà della cassa, e di tenersi pronto ad ogni ricliiesta de' deputati provincial! a far vedere col sommario del riscosso e speso, lo stato della medesíma, minacciando la pena di rimozione dall' impiego in caso di mancanza. Non molto dappoi (*a S'USs* 163 4) fu prescritto, che le quitanze delle pubbliche imposte fossero bensi dall' esattore sottoscritte, ma dalla mano del sindaco estese. Ma tutte queste cautele, che avevano solo in vista la condotta di poche persone, non si estendevano punto al generale sistema della pubblica economía. Continuo frattanto la poca cura di soddisfare alie promesse falte al príncipe, di modo che Ferdinando II comando (163G) a Giorgio Barbo, capitano di Trieste, e Giovanni Vito Delmestre, suo questore in Gradišča, commissari delegati alla dieta di Gorizia, di dover esaminare il modo, onde il pubblico soldo veniva nella contea amministrato. Gli stati seppero con artifiziose asserzioni della più attenta esattezza, e colla più fina gelosia dei loro diritti e privilegi tener a bada i commissari, e farli deviare dal loro scopo per modo, che la ordinata inquisizione non ebbe effetto. Non tralasciô perô la camera di promuovere una tale esecuzione. Delegó ella non molto appresso due de' siioi consiglieri, Rodolfo di Wagensperg, e Wolfgango Andrea di Iíallenhausen col medesimo comandamento. Benchè i Goriziani cercassero di palliare il pessimo stato della loro economía, e di presentarlo sotto un men fedele aspetto coll' esprimersi (33 nov. 163(9) che sono pronti di adempiere alie dimande, perche S. M., la sorrana camera ed essi signori commissari possano tedere, che le rendite sotto poche, e che le spese sormontano V introito ; i deputati presero tuttavia ad esaminare minutamente tutti i disordini, i quali giustamente apparvero più gravi per questo, )>erchè avevano I' impronto della pubblica conuivenza. Seandalosi rílardi uel riscuotere le pubbliche gravezze da inolti, che da piii anni non le pagavano, accompagnati da parziali generosità nel rilasciare loro Tintero debito, esecnzioni più scandalose ancora contro altri contribuenti per ispogliarli de' fondi, per cui venivano ad accrescersi i beni de' più posstnli, molti esattori, che avevano termínalo il loro corso senza aver reso conto della loro amininistrazione, nuovi uffizí di riscossione (a) senza bisogno, e solo per favore eretti, furono i gravissimi disordini da' commissarl chiaramenle scoperti. Ignoransi i provvedimenti, che furono allora fatti per rimediare a tanti abusi, ma ci consta bensi che ad onta di tutti gli ordiui dali in tal occasione il disordine nelF amministrazione, e F arbitrario maneggio del pubblico denaro continuossi come prima. NelPanno 1650 il debito de' nostri stati colla sovrana camera per contribuzioni accordale, e non soddisfalte, si era accresciuto oltre i sessanta mila fiorini. Esiste fra le nostre scritture una memoria preséntala (16-19) alia corte, la quale dipinge i grandi inconvenienti, che si erano nelle nostre casse introdotti, e scuopre eziandio le viziose radici, da cui traevano la loro origine. Lo spirito di parzialità presiedev» únicamente alFelezione de' deputati e degli esattori, senza che le qualità neeessarie ail' offizio vi concorressero negli eletti; ammettevasi alie pubbliche adunanze degli stati la gioventù, la quale non conosceva gTinleressi della patria, nè aveva una giusta idea degli allari, che vi si trattavano; disponevasi arbitrariamente del pubblico denaro con intempestivi donativi ed inutili spese, in tempo che i salariali della provincia languivano per la mancanza della loro mercede, e che F erario del principe era sprovveduto di quelle somme, di cui pei bisogni urgcnti dello stato aveva disposto ; in somma a' vecchi inveterati abusi pareva che se ne aggiungessero di giorno in giorno de' nuovi, e che ognuno fosse solo altento a cercare nel pubblico danno il suo parlicolar «vantaggio. Circa li donativi, dice F accennato memoriale, il signor vice maresciallo li giorni passati si fece col mezzo de' suoi parziali, che superarono gli voti degli altri incUnati al bene/izio pubblico, donare alquanti centinaja di fiorini senza a) Per incassare i cenlo venticinque mila fiorini, che nell'atino * 1631 gli stati si assunsero di pagare, fu slabilito un nuovo tiffizio separato dall' ordinario, composto di un esaltore, d' un stndaco e d un faute per le esecnzioni. mínima occasione di mérito. Al vero zelo, che aveva il procurator fiscale, Francesco Fornasari per la giustizia e per l'esecuzione dei sovrani ordini, dohbiamo anche una memoria, la quale comprova, che la dissipazione delle pubbliche rendite traeva spesso la sua sorgente da que' medesimi, che erano dal principe posti per frenarla e sradicarla. Venerdi passato , scrive febb. 1«53) ¡i Fornasari alia reggenza di Gratz, fu un Auschuss nel palazzo della nobiltà. Fu trattalo e stabílito, di rappresenlare alla Maestá medema li pregiudízi pretesi dalla proibizione dell'armi, e daW introduzione del fisco, et furono de s tina tí a. questo effetlo Oiigari trecenlo, e cinquanla di donativo (a). In tale stato di cose trovavasi l'amministrazione della pubblica economía della contea, allorchè Ernesto Federico di Herberstein venne ad occupare il capitanato di Gorizia. Voleado -egli che tutle le parti del governo dipendessero dalla sua direzione, rivolse i primi suoi pensieri a regolare il maneggio del pubblico denaro. Adunati gli stati (s iiov. ï«59) rappresentô loro quanto il bene ed il decoro della provincia esigevano dal suo officio, e quanto egli si prometleva dallo zelo dell'ordine patrizio in generale, e daU'altenzione particolare di ciascheduno; cosí convinta l'adunanza della necessilà di porre riparo a' passati disordini la indusse a sciegliere alcuni patrizí, i quali sotto la sua direzione concertassero de' mezzi opportuni a regolare una delle parti più importanti dell' intimo governo della provincia. Si nominarono in questa occasione alquanti soggetti per esamiiiare i conti de' passati esatlori, determinando loro un certo tempo, in cui dovessero essere riveduti, e sindacati; si formo una nuova istruzione per gli esattori, in cui alie antiche prescrizioni si aggiunse anche l'obbligo di presentare tutte le settimane un estratto dell' incassato e speso, che servisse a formare i conti mensuali, dai quali poi dovevasi estrarre il conto sommario dell'amministrazione di tutto l'anno ; si prescrisse F ordine al goyerno di Gratz ci servira di scorta a scoprire lo spirito, cbe dirigeva tutlo questo negoziato. La risoluzione falta dalli consegli cesarei è stata divina, ma V esecutione di quella è statu infruttuosa e nulla. Arriva il Signor Terzi /' ultimo di décembre, ebbe audientia solamente li 16 di gennaro a sedici bore, essendo stata differita con arte; li 17 di gennaro si parti nelV alba, come fusse venuto per prender fuocho a Roma. JSella medema audientia dimando la licentia dal Papa onde la consulta di otto mesi, di tanli consegli fu stroppiata in una audientia senza conseguiré alcun fine délia commessione. Alla relazione del preposto aggiungeremo le parole del Savelli dirette (lï geun.) a Ferdinando in proposito di questo delegato. Significherè solo a V. M. Ç. che sua Beatiludine lodô molto V efficacia, e lo spirito, e la dottrina, che aveva mostrata il consigliere. Tutlo quello, che fece il Terzi si fu, di aver parlato in una udienza al s. padre, riportata a Vienna sigillata la protestazione dell'imperadore contro la confermazione del coadjutore, raccolti gli elogi dell'ambasciadore Savelli, e di aver in fine scancellate in un tratlo colla corte di Roma quelle idee di determinazione e di fermezza, con cui il Pesler cerco di aecompagnare i suoi trattati peí corso di due anni. Ad onta, che scoprisse il Pesler ogni di nuove difficoltà nel suo negoziato, che si vedesse si mal secondato dall' ambasciadore del suo sovrano, e che dovesse accorgersi della poco favorevole prevenzione, che di esso aveva ¡1 ministero di Vienna, non lascio egli non perianto di proseguiré eolio stesso zelo ed ordine i trattati. Dopo parecchi scritti, ch' egli estese (nel lugl. IBSS) intorno all'oggetto délia sua cominissione, ne formo due altri, ch' egli invio alia corte col parere, che fossero col raezzo della cancellería dell' impero spediti alla s. Sede, insistendo influe di appigliarsi al partilo del sequestramenlo de' beni, quando il papa continuasse a farvi delle opposizioui. Ignorasi qual parle vi abbia preso la cancellería dell'impero, sappiamo pero, che rigettati costantemente dalla reggenza di Gratz i snggerimenti del preposto, accordossi (sulla fine dell' anuo IOSÎ) col parere di questa magistratura al patriarca di poler a) Figlia di Ferdinando granduca di Toscana. visitare la diócesi sitúala nello stato austríaco. Tosto che Roma ■cedro,, scrive (I geun. I«38) ¡| pesler alP imperadore, la licenza che la reggenza di Gratz accorda al patriarca di fare le sue tisilazioni, non solamente tullo V opéralo viene rovesciato, ma ancora tutte le dickiarazioni deW ambasciadore di V. M. C. e le mié, con cui siamo riusciti di persuadere, ch' Ella non permelterá giammai piu V accesso ad un patriarca veneto ne' suoi slati, saranno considérate per sospette e false. La morte del patriarca seguita(2« gemí.) ¡n Venezia, sviluppó 1' arcano, e convinse 1' inviato imperiale, che la s. Sede con consulti ed esami teneva sospeso un aliare, ch1 ella aveva un' auno prima giá deciso. Non poteva il governo goriziano essere piü sollecito iu ragguagliare alia corte la mancanza del Grimani, e la destinazione di Agostino Gradenigo di lui successore. Avendo ricevuta la notizia, dicono gli stati (24 febb.) della morte del patriarca di Aquileja Grimani, e che in di lui vece sia stato da sua Santitá fino dal di 27 marzo dello scorso auno 1627 scello il Gradenigo, vescovo di Feltre, per qual effetlo sieno slate inviale le bolle al suo nunzio ponti/izio residente in Venezia, colV ordine di tenerle segrete, e custodirle durante la vita del patriarca Grimani, e solo dopo la di lui morte aprirle, comunicarle al Señalo, e pu'oblicare il nuova patriarca Gradenigo (a). La repubblica, a cui le bolle deposítate nelle maní del nunzio non erano un segreto, prevedendo il risentimento, che concepirebbe 1'imperadore contro la simulazione del papa, e contro la scaltra intelligenza del Senato, credette necessario di prevenire con certe disposizioui sul momento fatte, la resistenza, che Ferdinando avrebbe poluto opporre alP esecuzione del breve pontificio. II residente cesáreo in Venezia non' trascurú d' istruire Antonio di Rabatta, capitano di Gradisca, non solo della pericolosa. malattia, che íninacciava la vita del patriarca Grimani, ma ancora degli ordini, che dava la repubblica per fortificare di truppe e muniziooi le sue piazze in Friuli, di cui in altro luogo abbiamo avuta occasione di favellare. Ferdinando involto nelle guerre di Alemagna, e ne' tumulti di a) " In seguito alie solite bolle di Urbano VIII, dice il padre de , Rubeis,oWe«»e Agostino Gradenigo la coadjutoría unitamente , al patriarcato. „ Colla riostra relazione si combina il passo di questo scriltore, che sembra involgere una qualche conlraddizione. Ungheria non fu in istato di attrarsi nuovi disturbi nelle nostre parti, avendo perô fatto circolare febl».) nelle sue provincie il divieto di non riconoscere in verun modo il Gradenigo come patriarca, col comando di non permettergli ne' suoi stati 1' esercizio di verun atto di patriarcale giurisdizione (a), fu contento di manifestare in tal guisa la sua indignazione contro la corte di Roma, ed ordinô al Pesler di protestare solennemente a nome suo contro la determinazione presa dal ponteiice riguardo al patriarcat-o di Aquileja. Intesa dal preposto la morte del Grimani, e la conferma del suo successore senza aspettare i sovrani ordini, voile presentarsi al papa : ma, essendogli negata l'udienza gettô nella bossola la sua protestazione in scritto (i). Ricevutine indi (5 felíto.) i precisi sovrani comandi la reiteró, e presentalla ad Urbano VIII. Quest' è un monumento (.& marzo) troppo intéressante perché non sia qui almeno in parte trascritto. Poiche i diritti cesarei sopra la chiesa di Aquileja prodotti peí corso di chique anni dal preposito Pesler, procuratore impériale nelV affare di Aquileja alia Santità vostra, ed alia sagra congregazione dei Cardinali, non furono accetlati, come neppure sortirono il loro ejfetlo gli uffizi spesse volte da' signori Cardinali ¿nterposti in favore dell' imperadore presso V. S., e poiche ne il signor ambasciadore cesáreo, ne il signar consigliere Terzi, ne il nomínalo preposito, ambidue cesarei procuratori, non hanno potuto ottenere sopra tante dimande ed istanze, e sopra replícate immediate imperiali lettere veruna grazia uniforme alie leggi, ed ail' equità, e trovandosi le dimande falte a nome di S. C. M. di tal natura, che non si avrebbero negale al più piccolo duca e conte d' Italia, manifestasi patentemente che V. S. faccia dell' autorité dell' imperadore minor conto di qualunque duca italiano, e ch' Ella sia poco affezionata a S. C. M. ed al Sugro Romano Impero, o cerlamente cli' Ella, più favorisca la repubblica di Venezia, che l' augustissimo, e religiosissimo imperadore Ferdinando, ciocchè si dee tanto più desumere quaiito che la Santità vostra, anzi ch' essere favorevole al piissimo imperadore, da cui la chiesa d'Aquileja dee riconoscere le sue ricchezze, e le sue prérogative, in tutti i suoi discorsi difende i Veneziani più di quello che a un a) Archivio imperiale di Vienna, b) Nello stesso giorno diede il Pesler relazione ail'imperadore di quesla udienza con descrivere il coraggio, clie impiego per aprirsi l'accesso alie stanze del s. padre, in tempo che si trovava ail' audienza il principe Savelli. giudice retío e paterno convien di fare. Premesse dal preposto queste forti espressioni, che con insólita franchezza rinfacciavano la condotta del pontefice, passa egli a conchiudere: Volendo la S. V. persislere nella prima sua opinione pregiudizievole a Sua Cesarea Maestà, alia Serenissima Casa d' Austria, al Sagro Romano Impero, come non meno alV Ínclita nazione germánico, e contraria anche alie leggi canoniche, e civili, il nomínalo proposito Pesler con riverenza alla S. V. ed alV Apostólica Sede dovuta, in nome di sua sagra cesarea Maestà protesta solennemente al cospetto di V. S. ed in presenza del sígnor ambasciadore cesáreo della nullità di tutto quello, ch' Ella puù aver risoluto, e determinata in pregiudizio della Maestà cesarea, e del Romano Impero, assicurandola che una tale dehberazione non avrà verun e/f'elto, ne potrà giammai riputarsi per decente, e giusto, e molto meno conveniente alia paterna apostólica sua cura, che la S. V. come parte in .questo negozio abbia voluto esser giudice contro V impero, con proleggere i Veneziani, a' quali nell' avvenire sarà inlerdello V accesso nel territorio imperiale (a). Ad onta di tutte le opposizioni fattesi da parte di Ferdinando alia Corte di Roma, il Gradenigo ebbe F ardire di delegare nei primi giorni della sua pubblicazione un procuratore in Aquileja, il quale in suo nome prese furtivamente il possesso di quella chiesa (6). ¡Son solo meraviglia, son le parole del rescritto, con cui F imperadore commette (« marzo) al principe Savelli, di portare al papa le nuove sue lameutanze, ma indegnazione ancora ci ha recato il modo indegno, con cui il Vescovo di Feltre ha avuto l'ardimento col mezzo di certo Mantica d'introdursi nel possesso della patriarcale dignilà. Sua Santità ha inteso dalle ragioni, che finora le furono esposte, e dalle protestazioni in nostro nome fattele, che noi non vogliamo in veruna maniera nell' ereditarie nostre provincie riconoscere un patriarca di nazione colanto sospetta (c). Ferdinando non era meno irritato contro i Veneziani, di quello che lo fosse contro il pontefice. L'ordine con cui fu interdetto ogni esercizio di patriarcale giurisdizione negli stati austriaci, fu rinnovato apr, I«2§). con prescrivere a tutti gli arcidiaconi di contenersi nel loro ministère nella stessa a) Scrilture del magistrato fiscale di Gorizia. b) Il padre de Rubeis passa sotto silenzio una circoslanza, che diligentemente osservo ne' precedenli patriarchi. c) Scrilture del magistrato fiscale di Gorizia. guisa, come i cauoui prescrivono di regolarsi in occasione di sede vacante (a). Quantunque Pimperadore fosse in maggiori e più pressanti cure occupato, continuó nulla ostante la repubblica i suoi armamenti in Friuli. L'insolito ingresso, che il Gradenigo fece in Udine col seguito d'una compagnia di cavalli leggeri, dinotava più timore, che pompa (6). Le forti e determínate dichiarazioni e proteste fatte da'ministri di Cesare al pontelice, ed i provvedimenti presi, onde tagliare tutti i rapporti, che il popolo ed il clero austríaco potesse avere con un pastare, che dal nostro principe non era riconosciuto, dovettero tener tanto piít attento il veneto Senato, quanto che la corte di Vienna non pareva voler desistere dalle sue mire. Non solamente ebbe Fordine il Pesler di continuare le sue pratiche in Roma, ma dopo la morte di lui fu ancora per lo stesso oggetto cou nuove istruzíoni (2 S ff«««8. s «2») colà inviato Antonio Gaslaldi, consigliere della reggenza di Gratz. Tulto fu inulile : Urbano VIII., sicuro di tener a bada il mínistero di Ferdinando, non curó gli spirituali provvedimenti della diócesi austríaca, e i litigi intorno alia chiesa d'Aquileja non solo durarono peí tempo, che visse Agostillo Gradenigo, ma s'accrehbero eziandio dopo la morte di lui, (nel sett. 1639) litigi, che ritardarono per più di Iré anni la spedizione delle bolle per Marco Gradenigo di luí successore, e che perpetuaronsi colla confermazione di Iré successivi patriarchi siuo alla line del secolo (c). Gelosi i nostri princípi de' diritti, che potevano avere sopra il patriarcato, se li riservarono con separato articolo (d) nell'alienazione di Gradisca, e del suo territorio, fatta al principe (FEggenberg, e pubblicarono replicatamente al clero delle loro provincie comprese nella diócesi di Aquileja il mandato di non riconoscere nel supposto patriarca (questa è F espressione del sovrauo) niuna autorità spirituale, nè ordinaria giurisdizione (e). a) Archivi cesarei in Vienna. b) Giovanni Francesco Palladio scritlore, che noto le cose pía minute, non fa mencione di queslo pomposo ingresso. Not lo sappiamo da una relacione data dagli stati goriziani alVimperador e nel di 29 Aprile 1628. < ) Vi Girolamo Gradenigo, fratello di Marco, e di Giovanni Dolftno, e finalmente di Dionigi Doljino suo ñipóte. d) All articolo quarto. e) Nel di 5 Novembre 1640. Archie, del vicedominato di Lubiana. Sinodi e visite. Non contento ¡I patriarca Francesco Barbaro (ti aver sul finir del precedente secolo termínala la visita deila sua vasta diócesi con due sinodi, diocesano Tuno tenuto in s. Daniele, e provinciale I'altro celebrato in Udine, ne convocó egli nel principio del XVII secolo due altri, in Cividale (» mass. »»O») (d), ed il seconde (3 in Gorizia peí clero delle provincie austriache dipendenti dalla clu'esa d'Aquileja. Le costittizioni di questo sinodo(fi) consistono in vent' otto capitoli, che riguardano principalmente la purità délia cattolica fede, 1' aumento dell' estenio culto di nostra religione, ed il decoro délia ecclesiastica disciplina. Avremmo desiderato di dare maggior contezza d'un atto cotanto solenne, ma non ci è riuscito di trovarne veruna memoria, la quale ne dasse un qualche cenno. Il patriarca Antonio Grimani voile anche egli rendere memorabile I' ultimo anno del governo délia sua cliiesa' con un sinodo diocesano radunato (IfiSS) in Udine nella chiesa di s. Antonio abate (c). Se si considera la poca menzione, che ce ne fa 1' illustratore dei monumenti délia chiesa di Aquileja (d), e se si fa attenzione ai Fra le scritture del magislralo fiscale di Gorizia trovasi V ordine rinnovato il-di 30 gennaro 1651, e nelV anchivio del vicedominato di Lubiana esi?tono due altri simili mandati sotto il di 12 febbrajo 1658 e 12 gennajo 1675. a) Questo sinodo, stampato in Udine da Giovanni Baltista Natolini, non contiene che certe prescrizioni appartenenti all'amministrazione dei Sagramenti del battesimo e del matrimonio. b) Stampato nello stesso anno 1600 dallo stesso stampatore in Udine, col titolo : " Decreta promúlgala ab Illustrissimo et „ Reverendissimo P. P. Francisco Barbaro Patriarca Aquilejae „ in Diocoesana Synodo Goritiae habita Nationis Germanieae „ et Sclavonicae Diocoesis Aquilejensis, Anno Domini MDCIl. „ Junii. „ c) Seconda il Liruti gli a/ti di questo sinodo furono slampali nello ' stesso anno in Udine dal Lorio. d) Il padre de Rubeis non lo accenna che di passaggio. e senza addurre un solo documento di quella radunànza si riporta litigi insorti in que' tempi fra Ferdinando II, la repubblica di Venezi» e la s. Sede, 1" effelto di questa adunanza non puô essere stato che di poca conseguenza peí clero veneto, e di niuna* per I' austríaco. Non ebbero miglior ell'etto presso di noi gli altri due sinodi tenuti (1CCM e 16«») dal patriarca Giovanni Dolfino (a). Oltre che riteneva tutta la sua forza il divieto di non riconoscerlo per patriarca, fu con uno scritto particolare (6) al nostro clero proibito di , compadre a quell'assemblea. Urbano VIII ad onta dell'inflessibile sua determinazione resto tuttavia talmente colpito dalla risoluzione (1638) di Ferdinando II, con cui volle escluso il patriarca, d' Aquileja da qualunque parte dell'esercizio pastorale delja diócesi, situata negli stati austriaci, ch' egli cercó ogni strada, onde pacificare e raddolcire 1'animo dell'imperadore con intavolare nuove proposizioni, le quali capaci fossero di scancellar o riparare almeno la passata sua direzione. Nel medesiino anno che fu lanciato il fulminante decreto contro il palriarca, propose Urbano d'istituire un vescovo suffraganeo, il quale supplir dovesse alf incumbenze dell' ordinario pastore. Avrebbe Cesare desiderato di veder uno dei suoi vescovi rivestito di questo carattere: ma opponendovisi i Veneziani si alla denoininazione d'un suffraganeo che alla sua scelta, prese Urbano il partito di delegare come visitatore apostolico il vescovo di Montopoli colla facoltà di visitare quella parte della diócesi, in cui il patriarca non era riconosciuto (c). Non ci rimane memoria, che questa delegazione avesse avuto il suo effetto, anzi si ha motivo di supporla come un partito abbracciato da Roma, onde mantellare alia corte di Yienna con simúlate premure di soccorrefe alla diócesi, la inassima di sostenere in ogni modo l'autorité del patriarca. Quello, che vi ha di certo ■ si è, che il papa studiossi di non interrompere i trattati, e tenere anche dopo la morte di Ferdinando II una strada aperta alia riconciliazione colla corte imperiale. La nominazione d' un visitatore apostolico, fu quel ripiego, che dalla s. Sede si poneva sempre in campo : ma ancora questo ripiego, nell" anterior secolo posto piii únicamente alia memoria, che ne lascid Giovanni Francesco Palladio. a) Le costituzioni del primo sínodo, tenuto nel 1660, di cui il P. de Rubeis non fa verun cenno, furono stampate nello stesso anno in Udine da Nicolô Schiratti. h) Archivio del vicedominato di Lubiana. c) Archivio del vicedominato di Lubiana. voile ¡n pratica, solïriVa o dalla parle dégli Aüslriaci, o da quella de' Venez'ani delle diflicolté. Urbano VIII mostrossi nell' anno 1635 un' allra volta disposto di deputare in qualità di visitatore il suo nunzio residente in Venezia : nia le restrizioni d'autorité, limitata alia correzione de' costumi, ed alia disciplina sola del clero* ed alcuni passi contenuli nel breve dispiacquero al ministero cesáreo, e delusero anche questa voila le pie e religiose premure di Ferdinahdo III. Al pari infrulluosi riuscirono tutti i tratlati sollo il pontificato di quattro successivi papi (a). Alessandro VII nominó (IOS8) una congregazione, composta di dieci cardinali e di cinque prelati, per Iraltare de' dispareri riguardanti la cliiesa di Aquileja. La lusinga d" indurre i nostri principi a rivocare il falale decreto, fece si, che Roma dasse con facilita ascolto a qualunque loro proposizione, e diinoslrasse ancora un' alfettata sollecitudine di voler secondure le ricerche loro. Un' allra congregazione di sette cardinali fu unita (<6íf) da Clemente X sulle rimoslranze di Leopoldo I ihtorno la necessitá di melter riparo ai disordini d'una diócesi priva del suo capo, e di supplire fraltanto col mezzo del vescovo di Lubiana, sinchè si accoinodasse la contesa circa il patriarcato: ma la conclusione di tutti questi apparati, e di tante congregazioni e consulte riduCevasi alia dichiarazione, Che, non potendo la s. Sede ottenere che fosse rimesso il patriarca ne' suoi diritti, e che si rivocasse 1' editto di Ferdinando II, non poteva nemmeno passare od un qualche atto, il quale dasse apparenza di opprovare le misure prese in riguardo di esso dalla corte imperiale (ft). Per tante difficolté, che frapponevansi dalla gelosia dei nostri principi, non dee parere strano, che i buoni provvedimenti con tanto zelo, e con somma futica dal patriarca Francesco Barbaro inlrodotti andassero ben presto nella nostra provincia in dimenticanza. Governava bensi il nunzio apostolico residente in Vienna con autorité apostólica la cliiesa di Aquileja nella parte austríaca della diócesi, ma oltre che la dístanza rendeva difficile F esercizio d' una giurisdizione coriferilagli per ripiego, gli arcidiaconi da esso approvali non erano uomini, che supplir potessero alia presenza dcll' ordinario vescovo. Visitavano questi le cliiese ad essi sottoposte : ma le loro visite non polevano avere quella efflcacia* ch' era necessaria a mantenere 1' ordine, anzi a) Innocenta X, Alessandro VIII, Clemente IX e Clemente X. b) " Memorie della chiesa d' Aquileja daW anno 1402 a 11' anno „ 1748 „ da noi cítate nel Volume /. 16* per dir meglio, a riiuetterlo. 11 clero rimase abbaiidonato alla propria condolía, ed il popolo all'arbitrio della sorte. La visitazione, che si fece nel principio del secolo (SCO») per ordine di Ferdinando Ursino di Bertis, vescovo di Trieste, e di Gasparo di Cobenzl vicedomino di Lubiana nella contes, non puô essere in questo luogo annoverata (a). La determiuaziorie presa da questo principe di svellere ne'suoi stati fino F ultima radice dell' eresia di Lutero, col mezzo di commissarî stability in ciascheduna delle sue provincie, si estese anche nella nostra. V oggetto dell' incumbenze de' due commissarî era di rinlracciare i libri sospelti d'eresia, e di abbruciarli senza prendere parte a regolare 1'ecclesiastica disciplina (6). III. Giurisdizione ecclesiastica e progelto ) ; il territorio di Gradisca continue» a dipendere dal nostro arcidiacono, e la paroccliia di Gorizia restô semplice paroccliia. Allorcbè i goriziani meno pensavano ad avere un proprio vescovo presentossi la più opportuna occasione di riprendere con maggior fondamento le passate istanze. Vito Gullini nostro cittadino e párroco di Hensperg nella Stiria dispose con testamento délia sua facollà in favore di un vescovado nella ci t là di Gorizia. -Le premure ebe si diedero i nostri maggiori di promuovere un'opera da essi medesimi da si lungo tempo desiderata furono tanto più vive, quanto più la favorevole circostanza che li secondava, fu inaspettata. Il ministero, il confessore stesso delT imperadore Baldassare Miiller furono supplicati d'interporre (1689) la loro mediazione, e gli stali provinciali inviarono a Vienna Lodovico Coronini (c), per impegnarli maggiormente a proleggere uno stabilirnento, cui la disciplina ecclesiastica délia contea, ed il belle d'una vasta diócesi richiedevano. Il confessore nostro cittadino nulla ommise di ció, che poteva dar peso a' voli comuni délia patria, Scrisse esso agli а) Scrillure del magistrato fiscale di Gorizia. б) Scrillure del magistrato fiscale di Gorizia. c) V islrnzione è data il di 24 Febbrajo 1689, stali: (83 l«f»3) Promelto ferinamente d' impiegarmi totalmente, acciocclié riesca secando la loro, e la mia intencione. Si degnino di considerare questo argomento: il vescovado che si brama o sarebbe dipendente dal patriarca, o non sarebbe; di di pende nía non si puó parlare nella corte cesarea; d' indipendenza non vorra sentire il patriarca, mullo meno la Repubblica, come apertamente ha mostrato Vambasciadore di Venezia in Vienna, qliando di ció gli fu paríalo. Mi facciano sapere, se, e come si possa avere l" indipendenza, ed io li assicuro che si fará il vescovado. L'erezione del solo vescovado di Lubiana poleva servire di risposta alia lettera del padre Miiller. Francesco di Stubenberg, capitano della provincia, ebbe (15 iiov. IÍJ88) in tanlo l'ordine di daré il suo parere sopra un articolo, per cui Fimperadore stesso pareva che prendesse inleresse. L' informazione di lui (3 marz. l«8»j fa non solo prova del sincero impegno, che esso ne prese, ina ancora della chiarezza e precisione, con cui pose nel suo maggior lume la necessilá di stabilire un separato vescovo in Gorizia. Rappresenta egli lulti gl' inconvenienti ed i molesti ritardi, a cui andava soggelta una diócesi dipendente dal Kunzio di Vienna seinpre intento a sostenere quanto poleva F autoritá ed i diritti patriarcal!; passa indi a dipingere il clero della conlea: A'e' chierici, e sacerdoti si vedo no gravissimi scandali. Onde siccome e grande scarsezza qui di sacerdoti limorati ed eruditi, cosi all'apposto é numero grande di chierici e sacerdoti mal qualificati, el di cattivo esempio (a). Ad onta di tulte queste belle apparenze, di tulle le preinure de' nostri maggiori e delle esigenze dell'ecclesiastica disciplina non si fece piü parola di vescovado. Un beneficio seniplice divenne F único frutlo de' risparmi del párroco Gullini: il patriarca restó sempre escluso dagli stati austriaci, e la diócesi rimase senza il suo capo. a) Archivio di Vipacco, 17 ISTORIA IV. Capitoli: parocchie : cappelle. Egli é facile immaginarsi che ¡1 capitolo di Aqnileja, composto di sndditi veneti eccettuati i due vicari, imperiale ed arciducale, non poteva aver propensione per un territorio, in cui non lo ritenevano, che i soli emoluinenti. L'animo era sempre guidato dalPamore verso la patria, ed il vero attaccamento dalla venerazíone verso del suo pastore, che risiedeva in Udine. Pieno d' ossequio in apparenza verso il governo austríaco, nell' interno non pensava che a dilatare e favorire nell'opinione del volgo l'autoritá del patriarca, che da'nostri principi non era in verun modo riconosciuto. Malgrado gli ordini de'nostri sovrani non si puó affermore che i due vicari fossero stati ammessi alie radunanze del capitolo. Quello, che v* ha di certo, si é, che il vicario imperiale o per trascuraggine, o per la frequente sua assenza restó privo della prerogativa di tener la spada in mano in tempo della messa solenne nella notte del santo natale (a) essendo conferita ad un canonico non austríaco. La consecrazíone degli Oli santi, che facevasi per Taddietro in Aquileja, fu traspórtala in Udine; in somma il capitolo indipendentemente dalla giurísdizione del nostro arcídiacono, arbitro di quella chiesa rinnovava e riformava a suo talento gli usi e le istituzioni rendute rispettabili per la loro antichita. L' allontanamento del patriarca da quella basílica, e 1' attenzione con cui furono riguardati gli andamenti del capitolo dal capitano di Gradisca, furono per questo corpo una mortificazione a cuí non poté mai accostumarsi. Ben lungi dalPaccomodarsi alie circostanze de'tempi avventurava di tanto in tanto qualche atto, da cui scoprivasi cío che internamente nodriva. Egli si oppose (1643) alia visita di Luca Delmestre, arcidiacono di Gorizia, allorché volle visitare le chiese al capitolo stesso soggette (6}, e s' attiró un rímprovero dal sovrano per la liberta che si prese di pubblicare (33 lugl. 1«5») nella chiesa di Aquileja il giubileo sollo il nome del patriarca (c). In occasione che papa Alessandro Vil uni (1663) quella celebre congregazione per accomodare le conlese intorno Aquileja, di cui a) Cerimonia, che continuasi nella chiesa metropolitana di Gorizia. h) Architio arcivescovile di Gorizia. c) Archivio arcivescovile di Gorizia. oltrove si fece cenno (4»4) erano stati accolti, e mantenuti. Non pertanto o che il convento non dasse predicatori, 0 che gli uditori esigessero nelF espositore del vangelo F arte ed i vezzi del!' eloquenza, trovansi nelle nostre *carte frequenti meinorie di collelte (a) in denaro falte da' particolari, onde poter impegnare 1 piü celebri oratori, che giravano in que' tempi per i pulpiti d' Italia. In questo modo passó interamente in dimenticanza il vero istituto del nostro convento de' cappuccini. I buoni padri rimasero disimpegnati dal primo loro obbligo, e qualora non si dovesse far cenno dell' incorporazione del loro convento nella provincia della Stiria, e del a) La prima collella si fece per la quaresima delV anno 1632. 17» 266 ISTORIA capitolo provinciale, ch' eglino celebrarono (1621 ) in Gorizia, non lasciarono di sè altra memoria per tutto il corso del XVII secólo. Conosciuto nondimeno il salutare ajulo che prestavano negli altri esercizî délia nostra religione, non durarono fatica di veder il numero de' loro conventi nella contea auméntalo, e moltiplicati i loro confratelli in Cormons, in Santa Croce e in Gradisca. Raimondo délia Torre aile sollecitazioni di Pietro Ragno, piovano di Cormons, ed arcidiacono di Gorizia lasciossi persuadere a promuovere F erezione d'un convento di cappuccini in Cormons. 11^ Padre Jacopo délia Marca autorizzalo dal suo generale, venne a riconoscerne il sito, di cui undici cappuccini presero alla presenza di molto clero (23 «»ag« I604) colT innalzamento d'una gran croce il solenne possesso. Prima perô dell' anno 1624 non si pose mano alla fabbrica del convento e délia cbiesa, la quale venne indi consecrata (» ott. 163») da Rinaldo Scarlicbio, vescovo di Trieste. Questi religiosi indefessi nel far del bene spiriluale acquistaronsi il " crédito e 1" amor di quel luogo, da cui trassero pel corso di quel secolo il loro mantenimento. Federico di Atteins acquistata la signoria di s. Croce nulla trascurô, onde nobilitare una terra, che il sovrano diploma aveva decorata col tilolo di citlà (a). Considero esso che una comunilà di religiosi darebbe al luogo non poco risallo, e considero nello slesso tempo, che la più facile via, onde ollenere il suo intento, era lo stabilimento d' una comunilà di cappuccini. Si pose (163 5) la prima pietra del convento, la cui semplicità non richiedette grau tempo per terminarlo. I religiosi furono inlrodotti alla presenza di numeroso popolo accorso dalle vicine comunilà, il quale annunziô con giubilo quella carita, ch' era disposto di esercilare verso la povertà del loro istituto. A vista di queste due case religiose s'accesero anche gli abitanti di Gradisca di zelo e di divozione per lo slesso ordine. Stefano Delmestre, arcidiîlcono di Gorizia pose ((30 ott. 165«) la prima pietra, e quattro anni dappoi (» ag. 1651) la cbiesa fil consecrata da Francesco Massimiliano Vaccano vescovo di Pedena. Il vantaggio, che ritraevano i sudditi auslriaci dalle scuole dei padri délia coinpagnia, e lo zelo che questi religiosi dimostrarono in tutti gli esercizî di religione, impegnarono Ferdinando II a stendere a) Queslo reserïtto è di Ferdinando /, dalo il di 19 gennajo 1532 di cui si parlo nel primo Volume pag. 150. con particolare inipegno il loro istituto in lutte le provincie. Non è facile il ritrovare un' altro principe tanto liberale per un ordine religioso, quanto lo fu questo iinperadore per li gesuiti. Oltre le generóse donazioni, con cui beneficô i collegi che trovo già stabiliti, ne eresse nove allri da fondainenti (a), fra cui deesi contare anche il collegio di Gorizia. Nella relazione data (3» 1591) dal patriarca Francesco Barbaro a Clemente VUl délia visita, ch' egli fece délia sua diócesi situata negli stati austriaci, si trovano i priini cenni délia introduzione délia société nella contea. Considerando egli la nostra provincia corne l'antemurale dell1 Italia, palesa il suo desiderio di vederla in Gorizia stabilita. A si valida mossa unirono i gesuiti i propri ufflzî (15»S) col mezzo del Padre Ralfaele Cobenzl nostro cittadino, che spedirono a Roma, onde impegnarne vie più il pontefice, in tempo che questo religioso, per le relazioni ch' egli aveva colla corte di Gratz (A), non trascurava di promuovere P aliare presso l'arciduca Ferdinando. Ma travagliato questo principe dalle forze de' Turchi, i quali invasero le sue provincie, non poté allora dar retta aile istanze delle quali per altro dimostravasi persuaso. Sedati i tumulli ai conllni délia Stiria, eccitô lo stesso Ferdinando i nostri stati a concorrere allo stabilimento d'un collegio in Gorizia. Con quanto piacere gli abitanti délia contea erano per concorrere ail' introduzione d'un ordine, che loro prometleva una convenevole e poco dispendiosa educazione, con altrettanto dispiacere videro essi questo progetto frastornato dalla guerra, che portarono nel seguente anno i Yeneti nel cuore della nostra patria. Le premure de' goriziani d' introdurre i gesuiti furono avvalorate da quelle, che questi avevano di inoltiplicare i loro collegi ; nè mancavano già loro i mezzi di sostenerle efficacemente col crédito che avevano alia corte de' nostri principi. Imperocchè malgrado la guerra si trovavano fin dall' anno 1616 alcuni padri in Gorizia per trattare l'acquisto della più bella casa, che vi fosse iu que' tempi nella nostra città (c). Stabilita indi la pace colla veneta repubblica, a) II collegio di Praga, di Kuttenberg, di Leütmeritz, di Glogau, di Loyben, di Claghenfurt ed i due collegi di Vientia. b) Fu questo gesuita ñipóle di Giovanni Cobenzl, che occupa i priini posti nella corte dell' arciduca Cario in Gratz. c) Questa fu la casa Cobenzl, che poscia diventó abitazione dei nostri arcivescovi. Archivio Cobenzl. questo progetto fu con tanto impegno ripreso (s< «g- >61»), clie gli stati non solo accordarono una somma di denaro per la fabbrica del nuovo coHegio, ma obbligaronsi eziandio ad un' annua quota, lino a tanto che ne venissero assicurate le rendite, con una soda e stabile fondazione. Una sollecita altenzione per parte délia socielà di trarre vantaggio da ogni circostanza, e la premura di Ferdinando in provvedere le nuove case d'un comodo sostentamento, fecero ben presto ritrovar dei mezzi di arricchire il collegio di Gorizia. Rendulasi vacante la pieve di s. Pietro (a), ch' era una delle migliori nella contea, i! principe concedette ('8 febb. I6I8) ai gesuiti colla nominazione di quel párroco, il godimento della propositura di Pisino (6). I Padri ebbero (36 sett. IOS») tutto il comodo d' esaminare insieme colle rendite del párroco anche il patrimonio di quella parocchia, e delle chiese ad essa sottoposte. Rappresentarono, e probabilmente non "senza ragione la cattiva amministrazione de' beni di quelle chiese, cosi che Ferdinando non solo confermö 1' anteriore sua disposizione, ma concedette in oltre al collegio la facoltà di poler nominare alla inentovata parocchia un vicario, il quale coll' assegnazione di un annuale pensione portasse il peso délia cura delle anime, laseiando a libero uso de' gesuiti tutle le rendite si della parocchia, che delle chiese dipendenti. Poichè noi confidiamo, dice F imperadore nel suo diploma, che la socielà impiegherà questo denaro in beneficio de' parrocchiani, ed in culto ed onore di Dio. Le accennate rendite dovettero servire di base alla fondazione del nostro collegio, tanto più che il P. Bartolommeo Villerio, confessore di Ferdinando 11 indarno erasi adoperato ( 1621) per ottenere parte delle rendite dell" abbadia di Rosazzis (c). Aile mentovate rendite s'unirono ben tosto anche quelle della commenda di Precinico. Ferdinando ceduta (23 giug- 1633) in compensazione dell' ordine teulonico la signoria di Obersdorf in Silesia, investi (12 ag.) il collegio di Gorizia di tutti i dirilti appartenenti a quella commenda. I nostri maggiori posponendo ogni loro particolare interesse, videro con piacere assicurato lo stabilirnento d'un ordine, da cui promettevansi comuni vantaggi. a) Colla morte di Ciro Frangipane ultimo párroco. b) Air occasione, che il collegio ottenne le rendite della parocchia di Comen, dovette rinunciare al tenue emolumento, che ricavava da questo beneficio. c) Carte del magistrato fiscale di Gqricia. DELLA COMEA Dl GORIZIA. 269 Fraila nto anche alcune particolari persone divote di questa société pensavauo a inodi d'accrescere le facoltà teinporali della inedesima. Gasparo Vito di Dorinbergo dono loro la cbiesa di san Giovanni eretta da suo zio, e con essa un patrimonio bastante per mantenerla, e Vittoria Jordana spinse il suo zelo tant' ollre, che l'ece di tutti i suoi poderi una solenne donazione a questi religiosi, la quale credettero poi necessario ag. I(ií l) di tvvalorare colla sovrana approvazione. Esercitando questi Padri una professione cosi poco conosciula allora presso di noi, cioè quella delle lettere e" delle scienze, era cosa naturale che dovessero conciliarsi 1' universale confldenza ed estimazione. Salirono a tanto crédito sopra qualunque allro ciltadino per la loro dottrina; che tutti in qualsivoglia arduo o dubbioso aliare ricorrévano ad essi, per l'icevere consigli e direzione. Gli stati, non curando il parere dell' ordinario lor consultore (er), inviarono (2« H|ir. ICSS) due palrizi al collegio, affine di consullare que' Padri sopra un dubbio insorto in pubblica radunauzu intorno ad una loro deliberazione ratifícala con giuramento. Tullo che s' ignori quai fosse la decisione de' gesuiti, certo è pero, che fu sciolto ogni dubbio, e che gli stati violarono allora una legge, che avevano solennemeute proniesso di mantenere (6). Questa favorevole opinione che avevasi dei gesuiti, si rendeva maggiore, a proporzione della sollecita loro atteuzione di guadagnare da bel principio i riguardi e la considerazione di tulto il paese. lstituirono nuove fraternité sotto il nome di congregazioni ; ollre le due ordinarie per gli Scolari, ne slabilirono una per 1' ordine a) Fino dal principio di questo secolo i nostri stati avevano un teologo. Neil' anno 1604 scelsero per loro leologo quello del vescovo di Trieste, ed ü di 5 mag. del seguente anno obbligarono il convento di s. Francesco di mantenere sempre nella loro comunità un religioso in qualità di teologo degli ntati. b) Si trattava di dispensare Giovanni Leonardo di Sparberspach, che aspirara alla nobiltà patrizia di Gorma, dalle condizioni e da' requisiti prescritti dalle leggi, e sottoicritti con giuramento nella radunanza provinciale del di 18 luglio dell'anno 1621. Era questi genero di Leonardo Göz-e, vescovo di Lavant, e luogolenenle della reggenza di Gratz. Egli fu aggregalo tl di 3 maggio dell o stesso anno 1627. ■ nobile (a), ed un' altra peí cittadinesco (A). Queste compagnie legittimate da' brevi pontifizí contenevano cerle rególe e certi capitoli tendenli a promuovere pubblici esercizl di pietà e di cristiana fraterna armonía, alte a rendere le funzioni delle loro chiese píú solenni e pompose, si per la frequenza del popolo, come per I' esteriore apparato. La giovcntii di tutta la provincia, che frequentava indistintamente le loro scuole, estendeva i suoi rapporti da per tulto, ed il crédito, che avevano in corte col mezzo de' loro confratelli attaccati per molti titoli alie persone de' nostri principi esigeva da ogn' uno que' riguardi ed uflizi, che fanno strada non meno alie ecclesiasliche dígnitá, che alie civili magistrature. Il diritlo di nominare il párroco di Gorizia, che costituiva il primo personaggio ecclesiastico della contea ottenuto dal principe, accresceva i motivi della considerazione in tutti coloro, che aspiravano a quella dignilà. In somma la loro influenza in tutti gli ordini di persone contribuirá a qualilicare la socielà d'un tal carattere, che la distinguera sopra lutte le aitre comunità religiöse. Ma siccome le più rette operazioni producono spesso nel mondo de' sinistri effetli, cosi Io zelo de' Padri della compagnia che riscuoteva F ainmirazione degli uni, incontrô la censura e l'opposizione degli altri. Giulio Alessio párroco di Gorizia nell'opporsi alla particolar processione, che i gesuiti intendevano d'introdurre per la festa del Corpus Dornini, rappresentô agli stati (35 apr. 103C) Pincongruenza di tal novità, e fondandosi non tanto sulP antico costume quanto sul rito accettato dalla chiesa, sosteneva che tale solenne funzione appartenesse alla sola parocchia, ch" era la madre di tulle le chiese della città. Quatlro commissarî ebbero ordine di portarsi al collegio, per rimostrare al rettore Pistanza del loro párroco. I gesuili adducendo P esempio degli altri collegi nelle ereditarie provincie, dove la coutrastata solennilà era introdotta, convinsero i patrizi che ogni' opposizione riuscirebbe infruttuosa : cosicchè sorti P antica processione, secondo il costume la mattina dalla parrocchia, ed una liuova il do|)o pranzo dello stesso giorno dalla chiesa del collegio. Questo spirito di preminenza e di ostentazione, traluceva in a) Quesla fu eretla il dx 14- agosto 1627. Le rególe di quesla congregazione furono stampate in Vdine da Carlo Schiralti nelV anno 1669. bj L' erezione di quesla e del di 25 marzo 1627. Le rególe furono date alla pubblica luce nell' anuo 1698. lutti gli andamenti délia socielà. Possessori i gesuiti délia commenda di Precinico aspiravano al godimento di tulte le prerogalive e distinzioni, di cui godeva pel passato 1" ordine leutonico. Prelesero (1!> marzo 11¡29) che il loro collegio fosse reinlegrato nel diritto d'iutervenire aile radunanze degli stali provinciali, e di darvi il voto a guisa de' passati commendatori. La dimanda parve bensi strana, ma ritenuli i nostri maggiori da' riguardi ch' essi avevano per questo corpo , ne tennero sospesa la decísione. Per quanlo i gesuiti impiegassero le più assidue sollecitazioni ed i più efficaci uffizî non polerono scoprire la menoma disposizione di riuscire nel loro intento : presero quindi il partito di rivolgersi nel seguente anno ai commissari imperiali délia dieta, presso dei quali non solo trovarono ascolto, ma oltennero anche (33 >«3«) Un decreto, che abilitava il collegio di Gorizia a tutti i diritli inseparabili dalla commenda di Precinico. Non perianto la risposta, che avevano i nostri stali già ricevuta da quelli di Stiria consultât! su questo punto, servi di fondamento a non dar esecuzione ail'ordine de'commissari. Se i gesuiti, dicono gli stali provinciali délia Stiria (I® Tel»!».), avessero aile signorie vil' essi possedono un qualche abate nútralo, non sipolrebbe impedire a questo di comparire aile pubbliche unioni degli stali, se vio poi non fosse, non potremmo mai consigliare di riceterli nelle protinciali assemblee poco conrenienti alla socielà e mollo meno aile di lei rególe e statuli. Non desistettero perú i gesuiti dalle loro pretensioni, e le islanze furono continúate fino ail' alienazione del territorio di Gradisca, dove il rellore del collegio ottenne da quel consorzio ciô, che gli fu coslantemente negato presso di noi. Questi, e simili altri avvenimenti estinguendo a poco a poco nei Goriziani quel primo entusiasmo, che suol ispirare negli uomini ogni novità, li posero in istato di riflettere senza parzialità sull' influenza di questi Padri nella civile loro società. Conoscevano da una parte il coinodo, che ritraevasi in generale dalle loro scuole, ma non ignoravano dall' allra il potere che aveva la compagnia presso del principe, il quale colmándola di beneficenze la rendeva arbitra dei favori, che in passato sperare poteva dalla immediata munificenza sovrana. Lo stato nobile richiamando .alia memoria que' soggetti, i quali e come parrochi di Gorizia e di s. Pietro, e come commendatori di Precinico avevano recato lustro e vantaggio alia patria, principió a riguardare i gesuiti come un corpo che aveva spogliati de' migliori benefizi ecclesiastici i loro concittadini, e che non avrebbe in progresso 272 išTOniA Irascurata occasioue akuna di procacciarsi qualunque altra prerogativa, clie aumentare potessc i suoi vantaggi e la sua considerazione. Ricordevoli gli stali dei reeeuti applausi, onde accolsero ed onorarono da principio la società, e teniendo forse di sinenlire sè stessi, non ardirono di spiegare alla coi te i motivi della loro scontentezza, e perö addirizzatisi a Roma scrissero "S- H»"*«) al cardinale Antonio Barberino pregándolo d'interporsi e presso il generale della compagnia, e presso il pontefice medesimo, alfincbè i gesuiti moderassero la soverchia sollecitudine di distaccare dal clero secolare benefizî, e di unirli aile renrlite della loro casa. Ma s' avvidero essi ben presto, che non era Roma luogo opportuno per impetrare suffragio nè contro i passati pregiudizî, nè contro quelli, di che temevano per l1 avvenire, e senza accorgersi, che il male era irreparabile, si rivolsero alla corte dell' imperadore, perché fosse levato al collegio di Gorizia quello, che venti anni acWietro gli era stato concednto. Siccome è sproporzionato alla condicione di questi buoni padri, s' esprimono gli stati (nel febli. llill) parlando de1 diritti ottenuti da' gesuiti, cosi è sconvenevole alla professione loro simile eminente prerogativa, e rappresentando quanto grave riuscir dovesse al suddito di chiedere da' religiosi quelle bene'ficeuze, che prima s' ottenevano dal principe, si servono eglino nello stesso delle seguenti altrettanto vere, qnanto forti espressioni : Non intendiamo noi di ricevere in alcun conto grazia o promozione alcuna da'' padri gesuiti. Le rimostranze ' furono(*9 mag- KîJlS) raddoppiate : ma sempre senza elTetto. Ferdinando III, involto in dispendiose guerre, non era in istato di dare nè a' gesuiti, nè alla nobillà goriziana, ancorchè disposto fosse, una compensazione uguale agli emolument] delle parocchie, e della commenda di Precinico ; e F imperadore Leopoldo aggiungendo delle nuove aile antiche beneficenze, concedette (fi agost. ICOS) al collegio di Gorizia la parocchia di Comen coil quelle prerogative, che godeva quella di s. Pictro (a). II monastero d'Aquileja serviva continuamente d' esempio a'goriziani per promuovere uno stabilimento, di cui la contea era ancor priva, e siccome in quella religiosa comunilà davasi la preferenza alle donzelle venete ; cosi era naturale, che i nostri maggiori desiderassero per a) Avrebbe la compagnia nell' anno 1667 oltenuto probabilmente anche la nominazione della pieve di Lucinico, la più pingue dopo quella di Gorizia ; se i conti d' Alterns, che avevano la giurisdizione di quel luogo non vi si fossero opposti. le proprie un uguale collocamento, ma non meno naturali furono i mezzi, ch'eglino ritrovarono per la fondazione, e il sostentamento d' una casa di monache, come bramavano in Gorizia. Possedendo quelle di Aquileja parte delle rendite loro nello stato austríaco, e parte nel veneto, gli stati goriziani proposero la divisione delle medesime, e spedirono perció ( ÏGOG) alia corte Bartolommeo Bellino e Pietro Lausca párroco di Gorizia (a) colla commissione di cliiedere 1' erezione d' una comunita religiosa di donne nella nostra città, che avesse a inantenersi con quello, che possedeva il monastero d'Aquileja negli stati di Ferdinando. Ora come spesso succédé, che vanno non di rado a vuoto i piü belli progetti, o perché si falla nel modo di proporii, o perché mancasi d' appoggio, troppo necessario nelle corti de'principi; cosi la proposizione de'nostri commissarí, benché lodevole e giusta, non ebbe l'esito che meritava, ed il monastero d'Aquileja, senza aver riguardo alie rendite, che ritraeva dallo stato austriaco, continuo a non ricevere che donzelle venete, ed a rifiutare il religioso abito alie austriache (b). II capitano Porzia, applicandosi con indefessa attenzione a procurare tutti i vantaggi della contea, ebbe anche a cuore questo importante oggetto. Espose egli («§ lugl, 163() in una pubblica radunanza la comodilà ed il bene, che gli stati provinciali trarrebbono da un istituto religioso per le nobili donzelle; e la proposizione fu accolta con quel zelo e coraggio, che rendono facili le piü ardue imprese. I goriziani sormontando tutti gli ostacoli, trovarono una somma di denaro, e diedero (IG3S) ¡ncontanente principio alia fabbrica. Le tenui forze della provincia, snervata dalla recente guerra co' Veneti, resero inefficace la sollecitudine, che avevasi di rendere perfezionata questa casa. Passarono trent' anni prima, che fosse terminato il monastero, la cui fabbrica per la solidité della sua costruzione fa onore ail' architettura di que' tempi. Essendo gli stati i primi promotori di questa nuova casa credettero di aver anche il diritto di poter imporre alia comunita a) Le credenziali sono dale il di 29 aprile 1606. b) II proposito Pesler nella giá cítala lettera scritta al principe di Eggenberg ministro di Ferdinando II addi 21 setiembre 1624 istava per la sequeslrazione delle rendite, che possedeva questo monastero nelV austríaco, perché " Je monache sarebbero „ necessitate a pigliar suddite di S. M. C. nel monastero. „ 18 religiosa una legge, la quale, senza opporsi alie rególe comuni della vila claustrale , assicurasse il conseguimento dell' oggetto , clie principalmente ebbesi in vista nella sua istituzione. Dichiararono essi ('8 apr. 1©2-S) in pubblica adunanza, clie non intendevano di contribuiré quelle somme, ch' erano annualmente assegnate per 1' erezione del monastero, se non colP espressa condizione, clie la nuova casa servisse solo di ritiro alie donzelle dell' ordine patrizio ; cosí che tutte le volte che la coinunità fosse disposta d' accettare qualche gioVane d' altra condizione, dovesse aver ricorso agli stati, i quali avessero ad esaminare le ragioni ed i motivi, onde o accordare o rifiutare la dimanda. Si credettero i nostri maggiori autorizzati a poter imporre al monastero questa condizione, tanto più che essendo a loro disposizione una considerabile eredità lasciata da Giovanni Battista Chiesa (a) a favore di una coinunità religiosa, determinarono (I© uiag. 1©33) ¡n pubblica radunanza di applicarla alia nuova fondazione di esso monastero accresciuta di dieci mila fiorini assegnati da Ferdinando II, e di cinque mila somininistrati dagli stati. Erasi in principio nella disposizione di far venire due monache benedeltine da Trieste per introdurre quell' istituto nella nuova coinunità, ma le premure del padre Silvestro di Pulcinigo, guardiano del nostro convento de' cappuccini, avvalorate dal padre Giovanni Battista d' Este, accolto in Gorizia con quella rispettosa divozione, che la celebrità delle sue predicazioni, ed il lustro della sua nascila (6) da tutti jsigevano, di dare la preferenza all' ordine delle religiose di s. Chiara, fecero fácilmente cangiare le prime disposizioni degli stati, tanto più che questi, solleciti únicamente di provvedere la patria di un collocamento per le donzelle nobili, poco curaronsi della scelta dell' abito, ch' esse avevano da vestire, e delle rególe che avevano da osservare. Papa Innocenzo X formo (8 s¡"K- 16 SO) la sua bolla pel nuovo monastero di s. Chiara, ma esaminandola gli stati provinciali non poterono dissimulare il loro disgusto, che il pontefice vi dimostrasse si poca attenzione per essi principal! e soli autori della casa religiosa. Dopo aver disposto il s. Padre della fondazione, come di cosa sua propria, con determinare il numero delle monache, con fissare la somma delle loro doti, e con concedere a due monache dello stesso ordine di Capodistria, la facoltà di poter trasferirsi in Gorizia, per a) Con testamento 19 •setiembre 1632. b) Era questo religioso delta casa regnante di Modena. servire come di pianta alla nuova comunità, non vi fa memoria dei fondatori, se non unitamente a tutti gli abitanti della città, corne supplicanti per la benigna sua approvazione. Benchè siasi atlribuito alla disattenzione de' Padri cappuccini il contenuto della bolla, non perianto il loro guardiano continuó ad avervi tutta P ispezione per porre ad effetto il breve pontilizio. A lui fu appoggiato il piano della regola di vita pel nuovo istituto, ed a lui fu commesso di Irattare col vescovo di Capodistria, per la scelta delle due religiose. Le suore Elena di Strassoldo e Petronia Turigoni, arrivate per la via di Duino e di Fara in Gorizia, sotto la scoria dell' arcidiacono Stefano Delmestre deputato dal nunzio per tale oggetto con sei donzelle del paese, che le seguirono (■<• gean. fecero il loro ingresso nel nuovo monastero. Dali' avanzata età, dalla sperimentata virtu e lunga pratica di vita monastica delle due religiose forestiere, avevasi giusto motivo di sperare la più felice riuscita della pia fondazione, ma Fiinmoderato zelo del guardiano, il quale non seppe nè proporzionare il nascente ardore delle alunne, nè combinare F uso e modo di vivere già contralto per inoiti anni dalle veterane coH'introduzione d'una regola moderata, rendette F interna disciplina cosi pesante ed austera, che mancando le forze alie vecchie, ed estinguendosi il primo fervore nelle giovani, l'ece insorgere mille difficollà nell' osservarla. Continui cangiamenti e lo spirito di partito posero questa comunità in tanto scompiglio, che il nunzio residente in Vienna fu costretto d' ordinäre al nostro arcidiacono di porvi qualifie riparo, col ridurre gli animi a quella tranquilla armonía, da cui dipende la contentezza della vita monastica, e che poi formó in tutto il corso del secolo il vero carattere di quella casa religiosa (a). Slava già da qtialche tempo nel vicíno bosco di Castagnavhca erelta di muro una ristretta capanna, che serviva di ritiro a' pastori contro le ingiurie de' tempi, dove sopra uno di que' lati era dipinta da pennello non rozzo Fiminagine della Beata Vergine. Una divota giovane (6) prese tanta aflezione a quella sagra effigie, che volle a) Abbiamo traite quesle noticie dalle memorie lasciate da Giovanni Maria Marussig cappellano, indi confessore di detto monastero e quivi consérvate. b) Camilla Cimberle, figlia d'un borghese di Gorhia. Ci siamo servití d? una storia manuscrilta compílala dal padre Giovanni Carlo di s. Elia carmelitano sotto il titolo : " Selva imparadisata „ dedicar lutti i suoi giorni al servigio di quel luogo. L' attenzione di questa risvegliô quella di tutta la città. Le camininate divennero più frequenti da quella parte che altrove, e le limosine crebbero in poco tempo a segno, che Mattia della Torre padrone del hosco poté non solo ridurre quella capanna in una piccola cappella, ma anche innalzarvi una fabbrica per abitazione di que' sacerdoti, che furono da esso eletti per averne custodia. Una chiesiuola, che aveva gran concorso, con una spezie di ospizio annesso era già bastante per eccitare in inolte comunità religiose il desiderio d'impadronirsene. I carmelitani furono i primi che cercarono di mettervi piede. Il Torriano li favoriva, né mancavano ad essi in corte de' protettori. Fino dal 1635 pretesero d'impossessarsi d*un eredità lasciata in favore d' un monastero di donne in Gorizia (o); ma il governo goriziano vi si oppose, inviando (163«) a Ferdinando II, Marzio di Strassoldo per frastornare i loro tentativi. Questa opposizione de' nostri stati, avvivata dal soverchio interesse, che palesô dai primi momenti F ordine carmelitano, fece coraggio prima a' domenicaui indi a' padri riformati di s. Francesco di aspirare anch' essi alF. acquisto di quel luogo. Ma dimostrandosi le apparenze poco favorevoli per gli uni e meno per gli altri, i loro maneggi furono rovesciati da un nuovo pretendente. Pielro Yespa vescovo di Pallo, carmelitano di professione, dopo esser vissuto qualche tempo sul monte Carmelo, da Venezia sua patria passô a Gorizia. Un ecclesiastico, in cui si univano colla dignità episcopale tarde e cosi inusitate combinazioui, risvegliô la curiosità de' nostri cittadini, e singolarmente quella di Mattia della Torre, il quale non solo con distinzione lo accolse, ma senza aver riguardo agli altri concorrenti, assegnô eziandio la sua nuova cappella alla cura e direzione di lui. Benché questo prelato fosse delF ordine carmelitano, lutte le sue mire peró erano dirette ad introdurre in Gorizia i padri delF oratorio, e far ottenere loro la sua chiesiuola colF annessa fabbrica. I carmelitani vedendosi delusi nelle speranze, che fondavano da principio sopra un loro confralello, studiarono con la direzione de' Padri della compagnia di guadagnare il favore dei Goriziani, non lasciando di adoperarsi nello stesso tempo in corte, dove trovarono Ferdinando III per essi cosi e dedicata al conte Massimiliano della Torre. Non riporteremo già tullo quello che riporta il manuscritto, ma nulla riporteremo, di cui il manuscritto o altre scritture non facciano cenno. a) CoW accennato testamento di Giovanni Bullista Chiesa. bene inclínalo, che volle (<« "tas. tO-lB) palesare ai nostri stati la brama, che aveva di veder quell' ordine in Gorizia stahilito. II sovrano desiderio fu con tanta premura secondato, che nello stesso anno (■<> nov.) a que1 padri fu conferito il legale possesso della chiesa di s. Rocco, benchè questa fosse stata gïà ai domenicani dagli stati accordata. Dopo un passo cosi importante 1' ordine carmelitano non avrebbe incontrata opposizione, di veder adeinpiute interamente le sue brame e di cambiare la chiesa di s. Rocco colla nuova cappella, quando i maneggi in favore de' fdippini non vi avessero frapposto degli ostacoli, i quali erano tanto difficili a superarsi, quanto era facile al vescovo il far valere e la sut dignità ecclesiastica, ed il suo accorgimento in confronto della semplicità de' suoi rivali. (a). Ma tale fu 1' iinpegno de' gesuiti che avessero la preferenza i carmelitani, che servendosi unitamente a questi Padri di inezzi molto piii potenti, superarono qualunque opposizione, ed ottennero (•» apr. 105I) dall' imperadore Ferdinande un ordine, che commetteva al governo goriziano di levare, le chiavi dell' ainbila cappella al prelalo, e d' intimargli di partirseue da Gorizia. Il Vespa parti, e Maltia della Torrt^, introdusse con solennilà i Padri carmelitani in Castagnavizza. Questi religiosi tentarono <»09) alia prima vacanza della parocchia di Lucinico di uniré quella rendita a' proventi del loro convento. L' istanza fu dal principe rigettala ed i padri si contentarono di ricevere in dono dalla famiglia della Torre il hosco e tutto il recinto di Castagnavizza, e di procacciarsi di trallo in tralto dei pii legati, onde forinarsi un competente niantenimento. Certo domenicano padre Busilico Pica nato in Napoli, che aveva insegnala la teología in Praga, e sostenuto il grado di superiore nel convento de' domenicani di Rrüiia in Moravia, nel passuggio, che fece per Gorizia ( S «43) reslö colanto invagliilo della Castagnavizza, che dopo aver assistito al capitolo generale dell'ordine in Roma ritornö (ICî4.») in queste parti. Era il padre Pic'a nomo non men pió e religioso, che dolto : qualità si segiialate uiossero Matlia della Torre ad accordargli l'ospizio annesso alla cappella di Castagnavizz.i, dove si ritirô con un conipagno, professaiido una vita esenip'are, a) Ufßziava il Vespa con tu/ta la dignità episcopate quella cappella mostrandovisi singolarmcnle zelante in promuovere la divozioite verso s. Filippo Neri, al quai fine vi uvea esposta V effigie di questo Santo, che si vede a' giorni nostri nella ■ chiesa delle monache di s. Chiaru. predicando il vaiigelo al popolo, che vi concorreva, e conciliandosi la venerazione in tutti i nostri contorui. Si ha fondamento di credere che anche il governo goriziano fosse stato impegnato in favore di lui, poichè esiste la deliberazione de' nostri stati, i quali accordarono al suo ordine una chiesa da poco eretta (2 8 liigl. ltit£») jn un sobhorgo della ciltà (a). Malgrado si favorevoli apparenze il partito contrario a' domenicani prevalse, ed il padre Basilio non polendo ottenere P esecuzione del decreto degli stati, riputô saggio consiglio di abbandonare il suo ereino della Castagnavizza, e di ritirarsi in Fara presso Riccardo di Strassoldo, che fu uno de' più forti e più efflcaci tra i suoi proteltori. Quello, che il padre Pica non poté ottenere co' suoi maneggi in Gorizia, ottenne scnza difficoltà in un villaggio poche leghe dalla cilla discosto. Alla presenza di Stefano Delinestre arcidiacono di Gorizia assegnô (' 1040) lo Strassoldo un'annua rendit» per la fabbrica del convento e della chiesa, e per gli alimenli dei religiosi colla sola condizione, che dalla coinunità venisse osservata la strelta regola di s. Domenico. La prima pietra fu posta nel susseguente giorno dal medesimo arcidiacono, e nel principié delP anno 1652 la casa fu già sufficiente a contenere un competente numero di religiosi, perché P ordine nominasse un superiore per governarla (6). Lo zelo del padre Basilio non si limitó al solo convento dei domenicani di Fara. II crédito, ch' egli si aveva in que'-contorui con la predicazione conciliato, lo assicurava dell' esito di tutto ció, ch'egli fosse per intraprendere. Iinpiegando P opera sua ne' villaggi, e principalmente in servigio della gente di campagna, pensó di fondare una casa di ritiro per contadine, le quali senza abbandonar il lavoro della terra, ed altre occupazioni proprie del loro stato, con una vita esemplar* e religiosa fossero ancora eseinpio di pietà a quel popolo. II padre Basilio, colla sola speranza nella sperimentala beneficeuza di que' paesani, ebbe il coraggio di ricevere (S« die. hs-ts) tre sorelle, e collocarle in una casa situata in Fara, che egli aveva preso a pigione. Ritennero esse il loro vestito contadinesco. Oltre il lavoro della terra dovettero esercitarsi nell' arte del tessere, onde si procacciassero il mantenimento non meno, che il vestito a) La chiesa di s. Rocco. b) De Rubeis al capitolo XI del suo commentario storico della contjreijazione sotto il Utolo del beato Giacomo Salomoiiio. colle proprie maní : reslô in liberta (T ogn' una il sorlire dalla coniunità, come non dipendeva che da questa il rimandare quelle, in cui non si trovassero le qualità necessarie al loro método di vita. Benchè direlte da" padri domenicani rimasero nondimeno sollo la giurisdizioue del párroco del luogo ; austère furono le rególe, a cui fu soltoposla P interna disciplina della casa. II luogo si ridusse nel susseguente anno (1GJO) a qualche forma di inonastero, e non molto di poi (IG5I) vi fu erelta una piccola chiesiuola. Questa è l'origine e 1' istiluto delle poverelle di s. Caterina da Siena in Fura. Non ando guari che in Gorizia furono anche introdotti i religiosi dell' ordine di s. Giovanni di Dio, il cui istiluto, siccome non ha in vista, che quella classe di meschini, che per la loro infermilà unita alla povertà hanno bisogno della pubblica assistenza, cosí si distingue fra tante altre comunità religiose per F utililà, e per i servigi ché presta al pnbblico. Giovanni Vito Delmeslre, otteuuto (1G55) ¡i sovrano assenso di fondare una casa per li religiosi di quest'ordine, cedelle ("s nov. IG.Ki )5 ancor vívente, parte dei suoi poderi per la fondazione d'uno spedale di poverí aminalati sotto la direzione di questi religiosi. Nello stesso giorno Francesco Massimiliano Vaccano, vescovo di Pedena, pose alia presenza di numeroso popolo la prima pielra alia chiesa (a). Fra Angelo Orsini fu il primo priore ed il secondo fondatore di questa casa: colle limosine raccolte nella contea, fabbricó egli il misero convento, che lino a questi ultímí giorni esisteva. Noi dobbiamo alie pie intenzioni, ed al giusto discernirnento dell' imperadrice Eleonora il monastero delle religiose di s. Orsola in Gorizia. Propose questa principessa (2S ott. SGSI) a' nostri stati F utililà dell' istiluto , e promise lutta la sua assistenza e protezione. I goriziani per corrispondere colle più vive premure al pio desiderio dell' imperadrice, sorpassando ogni difficoltà insorta per la scarsezza de' mezzi, diedero risolutamente mano ail' introduzione di questa religione. Non passô F auno, che Gorizia vide comparire (1# marzo I6S2) da Vienna Suor Colerina Lambertina dei Pauli 0>) con quattro religiose, le quali fatto il solenne irigresso a) Scrilture del convento de' fratelli della misericordia. b) Era questa religiosa nativa di Liegi, da dove fu chiamata per fondare i monaster! di suo ordine in Praga ed in Vienna. Gillali i primi fondamenti del nostro, passé per lo stesso fine in Gratz, e ritornata in Gorizia morï neW anno 1693 dopo aver per renti e più anni occupato il posto di direltriee. nella chiesa de" gesuiti, ritiraronsi in una casa al loro alloggio destinata per impiegar i loro giorni ail' istruzione delle ragazze, come i padri délia socielà avevano dedicati i loro alie pubbliche scuole. Colle doti-delle giovaui, cbe presero 1'abito di s. Orsola, e con una buona economica direzione pervenne questa comunilà non solo a fabbricarsi una chiesa ed ampliare una casa, ma anche ad uniré de' capitali, che servirono per l'acquisto de' primi beni délia fondazione. Aile comunilà religiose vanno in questo luogo annesse le confraternité. I padri délia società si distinsero si con quelle, di cui si fece altrove menzione, che colle due da essi erette per gli sludiosi col nome di congregazioni. II clero goriziano congregatosi (1 Ingl. 16-1?) nella chiesa di s. Rocco, ne stabili un'altra sotto il titolo di s. Michele, la quale confermata con bolla da Innocenzo X fu trasportata (165 1) nella chiesa parocchiale di Gorizia. Si grande divenne il numero di coloro, i quali desideravano di essere ammessi a quel consorzio, e si generosi furono i soccorsi de' confratelli, che la fraternité trovossi in istato di fabbricarsi un proprio decoroso oratorio a canto della chiesa parrocchiale (o), in cui la compagnia tenne (33 ott.) nell'anno 1689 il suo primo ingresso. Non minori furono le liberalilà de' membri di altre confraternité. Le limosine, che se ne raccoglievano, accrescevano le tenui rendite delle chiese, in cui questi istituti avevano luogo : ció basto, perché i parrochi cercassero d' introdurne di simili nelle loro chiese. Benché r sovvenimenti di queste divote società fossero impiegati in maggior decoro delle chiese, tuttavia non si ha traccia, che i pii ed edilicanti consigli dati dal patriarca Francesco Bárbaro nella congregazione sinodale tenuta in Gorizia nell'anno 1593 sieno stati nel corso del secolo dal noslro clero promossi (6). a) La cappella di s. Michele soppressa a1 giorni nostri, la cui fabbrica servi per accrescere le pubbliche cancellerie, cioè circa r anno 1684. b) Vedi Vol. 1 pag. 283. Beni ccclesiastici. Sembra cbe il governo goriziano sia stato nel secolo XVII piii geloso della prerogativa, cbe del dovere, ch' egli avea d' invigilare sopra i beni ecclesiaslici della contea. Le nostre scrillure ci fanno fede bensi, che gli stati provinciali avessero (22 ag. ICOS) elelti due sindaci per esaminare le r.-ndite della chiesa del Monte Santo diretta da' padri riformati; e per rivederne tutti gli anni i conti, secondo il costume che era da molto tempo introdotto, riguardo ai beni temporali del convento di s. Francesco di Gorizia. Si sa ancora che tentando (160-1) ¡| guardiano de' ininori conventuali, secondato dal padre generala del suo ordine di sottrarsi dalF antica sua dipendenza, e rappresentando al principe che I'arcidiacono, come conservatore del convento di Gorizia, era bastante per tenere in ordine la sua econoinia, vi si fossero i medesimi stati con efficacia opposli, sostenendo che Fattributo di conservatore conveniva únicamente al superiore ecclesiastico per quello che riguardava lo spirituale, e che non poteva in verun modo riferirsi a' beni temporali di quella casa : ma non trovansi traccie che i nostri maggiori abbiano estesa la loro sollecitudine sopra gli altri beni ecclesiastici con quelle premure, che furono nel precedente secolo impiegate, onde provvedere alla trascuratezza e cattiva amministrazione nelle rendite delle chiese della contea. Tulto ció che ci rimane in tale proposito deesi alia paterna cura del principe stesso. Ferdinando II ancora arciduca col medesimo rescritto, con cui approvô (2 3 die.) le nuove leggi municipali della -contea, volle che nel capitolo, che tratta de' beni delle chiese, fosse proibita sotto pena di nullité del contratto qualunque alienazione, ed anche permutazione di terre, appartenenti a qualche chiesa, fondazione pia o comunità ecclesiastica senza la sovrana sua approvazione (a). Istrutto lo stesso principe de' danni, che sollrirono colle sequestrazioni e perdite de' terreni molte chiese nella sua monarchia, per la negligenza di coloro, che doveano pagarne le comuni contribuzioni, non solo ordinô (19 ag. 1613) a) Al titolo : " De conlractibus cap. V. de rébus et bonis „ ecclesiarum. „ 18* che s' inviasse in corte una specificazione dei beni delle chiese e delle comunià ecclesiastiche e religiose, ma prescrisse ancora con due successive ordinazioni (aJ ai deputati delle sue provincie, ai padroni de' territorî, ed ai superiori ecclesiastici, d' invigilare alla conservazione dei beni delle chiese, ed al pagamento esatto delle pubbliche annue gravezze, dichiarando che sarebbero tenuti a render conto di tutti i disavvantaggi, che derivare potessero dalla trascuratezza e da1 ritardamenti nel soddisfarli. Trovandosi p er fino in molli luoijhi I'uffizio divino sospeso poichè non esistono più i mezzi di mantenervi i curati, sono le parole della cesarea ordinazione. Non possiamo asserire che le nostre chiese rimanessero senza ministri, ma possiamo bensi affermare, che il párroco di Caporetto non poteva nei tempi rigidi dell' invernó uffiziar la sua chiesa. Esiste fra le nostre scritture una relazione del capitano di Tolmino con cui rappresenta a Ferdinando lo stato cadente, in cui trovavasi quella chiesa parocchiale, supplicandolo a provvedere, perché il eapitolo di Cividale venisse obbligato a ristaurare la chiesa di un popolo, da cui raccoglieva la décima parte de' suoi proventi. Il deteriorainento de' beni ecclesiastici non s'estendeva su quelle possessioni, che appartenevano aile comunità religiose. La parsimonia, F uniforme ed inalter8bile metodo di vita, e *F industria propria di que'corpi faceva, che i monasteri, anzi che decadere ne'loro poteri, si arricchissero, perché assorbivano con detrimento dello stato laico le sostanze del cittadino. Gli stati della Stiria furono i primi a far conoscere agli stati dell' Austria interiore le conseguenze d' una sproporzione, che sbilanciava le ricchezze della loro provincia. Ci sono rimasti gli eccitamenti, che quelli diedero, (SO man. 1G39) perché la Carintia, la Carniola, e la contea di Gorizia uuissero le comuni voci, onde porre freno ail' avidità di gente, che non pareva vivere unita che per impadronirsi di tutti i beni stabili. Malgrado le rimostranze presentate dalle confederate quattro provincie al trono di Ferdinando III, troppo grande era il partito che avevano le comunità religiose in corte, perché fosse stato provveduto a que' disordini. Le istanze furono per qualche tempo sospese, ma siccome il male si aumentava, cosi gli elletti divenivano vie più sensibili e maggiore manifestavasi la necessità di porvi riparo. Si ripresero nov. 16S3) da'nostri stati le deliberazioni intorno a mezzi, onde impedire che i beni stabili non cadessero nelle a) U una de' 26 aprile 1625, e Paîtra, del di 9 luglio 1627. mani ecelesiastiihe, lusingandosi di ottenere dall'imperadore Leopoldo ció, che invano essi tentarono sotto due de'suoi predecessori. Presentarono i goriziani (*«» die. IttiSS) ie loro ¡stanze, perché alio stato laico fosse coneeduta la facollà di ricuperare i béni ecclesiastici. Fa duopo il credere che le suppliche de' nostri maggiori non andassero del tutto infruttuose, poichè abbiamo il sovrano rescritto, (3 ag. 1GG3) con cui abilitavansi i laici a recuperare pel legale prezzo i beni acquistati dalle chiese, e dagli ecclesiastici dopo Fauno 1658. Per quanto ristretla fosse la sovrana concessione era pero bastante ad incoraggiare gli stati delle provincie austriache a reiterare le loro istanze, onde ottenere una illimitala facoltà di ritrarre dalle mani morte si considerabili fondi. Quindi non passô molto, che gli stati d' Austria sollecitarono replicatamente (IG68) i nostri di delegare in corte cominissarî, onde cooperare all'adempimento delle loro brame da si lungo tempo concepute. Leopoldo non accordô la dimanda delle sue provincie, ma pose bensi freno agli acquisti degli ecclesiastici. Proibi egli in avvenire (25 oit. lutitl) sotto pena della nullità qualunque vendita, pignoramento, donatione e altra sorta di alienazione di beni stabili aile comunità ecclesiastiche falta senza il suo sovrano consenso (o). Questa legge quanto era efficace per conservare nello stalo laico gli stabili, altreltanlo era contraria alia circolazione e alFimpiego del denaro, di cui le comunità religiose sopra ogni altro abbondavano. Cessando la sicurezza de' capitali, cessarono auche i mezzi e la facilita d'investirli, senza rischio di perderli. 11 provinciale dei gesuiti dell' Austria, fu il primo che riconobbe Fimbarazzo, in cui trovavasi," e fu il solo, il quale trovó la strada di sortirne. Sopra la supplica l'imperadore eccettuô la société dal!'osservanza della sua coslituzione, ed accordandole (22 nov. ¡i privilegio di íidare i suoi capitali sopra beui stabili, la sottomise al sovrano suo assenso solíanlo nel caso, nel quale i beni pignorati fossero per essere appresi da uno de' suoi collegi. Questa costituzione non lasciava se non in apparenza agli ecclesiastici aperta la strada per nuovi acquisti. Benchè il nostro procurator fiscale Adamo Carusa avesse antecedentemente F ordine (b) di rilevare tutti gli stabili delle chiese e delle comunità eccclesiastiche e di riportargli in un registro (c), fu tuttavia alcuni anni dappoi a) Questa legge trovasi rinnovala il di 18 gennujo del 1673. b) ¡Sel di 23 aprile 1667. c) Scritture del magistrata fiscale di Gorizia. 284 ISTORIA DELLA CORTEA DI GORIZIA. commesso (2'* iiiarzo ICH») »I guverno goriziano P esame <1 tutti ¡ belli ecclesiaslici, onde conoscere quanto questi si fossero uumentati nellu contea dalP anno 1623 in poi. La specificazione, che ci è rimasla, comprova P accrescimento de' poderi delle comunilà religiose e di moite chiese, ma non ci fa veruna testimonianza délia huona amministrazione e del giusto impiego de1 proventi di queste ultime, di cui non poche, ad onta d" un arbitrario maneggio del loro (lenaro, dovevano accrescere le loro rendile co' pii legati e colle pie conlribuzioni delle fraternité. E quai)do non potessimo addurre due leggi di Leopoldo, di cui P una obbliga «ï- 16001 gli ecclesiastici a giustilicare tutti gli anni dinanzi al capitano délia conlea il pagamento delle pubbliche gravezze per le chiese da essi dirctte, e Paîtra dicliiara (H febl». I600) illegittimo qualunque debito contrallo dagli amministratori de' béni ecclesiastici quando non fosse accompagnato dal sovrano consenso (a), noi dovremmo confessare che su ció non ci rimane traccia di veruna interna sollecitudine, la quale concorsa fosse alP adeinpimento delle due sovrane costituzioni. Volesse il cielo, che fossero state le nostre leggi con ta nta esaltezza eseguite, con quanta provvidenza furono faite. FINE DEL SECONDO VOLUMfi. a ) Scritlure del vi ce do m i n a I o di Lubiana. INDICE DEI CAPITOLI CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. Libro Terzo. Capitolo primo L' arciduca Ferdinando, dippoi imperadore II di questo nome, assume il governo delle sue provincie pag. 3 Capitolo secondo Guerra fra 1'arciduca Ferdinando, e la repubblica di Venezia negli anni 1615 e 1616. I. Motivi di questa guerra , . . . . . „ 5 II. Aperte ostilitá della repubblica di Venezia negli stati deW arciduca Ferdinando nelF anno 1612 . . „ 13 III. Ostilitá riprese da'veneziani nelF anno 1615 . . „ 17 IV. Fatti d' armi nelF anno 1616 . . . . .„ 22 V. Continuazione della guerra nelF anno 1617 . . „ 37 VI. Pace fra Ferdinando, e la repubblica di Venezia conchiusa nello stesso anno 1617 . . . . . „ 49 Capitolo terzo Successione di Ferdinando III al governo della contea. /. Gli stati provinciali di Gorizia prestaño nelVanno 1631. Vomaggio a Ferdinando III. . . . , „ 50 II. Alienazione del territorio di Gradišča smembrato da Gorizia, ed eretto in separata contea . . . „ 58 III. Gli stati provinciali della contea di Gorizia prestano nelVanno 1651 F omaggio alFarciduca Ferdinando primogénito di Ferdinando III . . . . „ 01 Capitolo qunrto Leopoldo I riceve F omaggio dalla contea di Gorizia nell'anno 1660 I Capitolo quinto Allri provvedimenti militari fatti nella contea di Gorizia nel XVII secolo. 7. Soccorsi di truppe prestati da' goriziani alie altre austriache provincie ..... pag. 67 II. Movimenti di guerra e perturbazioni ai confini della contea ....... „ 76 III. Provvedimenti per la generale difesa della contea . „ 91 Libro Quarto. Capitolo primo. Sistema generale del governo civile della contea di Gorizia nel XVII secolo. I. Del capitano capo della contea . . . » 94 II. Serie de' capitani della contea nel secolo XVII. . „ 96 III. Del luogolenente della contea . . . . . „ 107 IV. Degli stati provinciali . . . . . . „ 108 V. Aggregazione alla nobiltà patrizia . . . .„114 VI. Scrillure pubblicke . . . . ' . . . „ 120 Capitolo second« Amniinistrazione di Giustizia nel XVII secolo. I. Riforma delle leggi municipal i . . . . . „ 123 II. Costiluzioni del principe . . . . . . „ 127 III. Ri forma nei tribunali riguardo alia giurisdizione civile „ 134 IV. Tribunale di giustizia nelle cause criminali . , „ 138-V. Giurisdizioni civili e criminali concedule a'particolari „ 139 VI. Ordine gindiziale, e provvedimenti forensi . . . „ 141 Capitolo terzo llególa di governo interno della contea di Gor'zia nel XFII secolo. /. Dell' annona . . . . . . . „ 144 II. Provvedimenti di sanilà . . . . . „ 148 III. Ampliazione della citlà di Gorizia, e provvedimenti per la pubblica sicurezza . . . . . . „ 157 IV. Spedali, banchi de'pegni, e progetto d'erezione d'un monte di pietá . . . . . . pag. 160 V. Agricoltura . . . . . . . . „ 162 VI. Conservazione, ed ampliazione delle pubbliche strade . „ 173 VII. Industria, e commercio . . . . , .„178 VIII. Popolazione . . . . . . . .,181 IX. Pubbliche scuole, e costumi . . . . . B 183 Capitulo quarto Rendite del principe, ed amininistrazione di pubblica economía nel XVII secolo. /. Délia moneta II. De' béni camerali . III. De'feudi IV. Delle gabelle, e dogane V. Nuoto estimo delle terre 195 197 205 209 213 VI. Sussidi estraordinari prestati in denaro al principe; dazi ed imposte personali . . . . . a 218 VII. Amministrazione di pubblica economía . • . . a 227 Capítulo quinto Governo ecclesiastico nella contea di Gorizia nel XVII secolo. /. Del patriarca d' Aquileja . . . . . . n 235 I II. Sinodi, e visite . . . . . . . , 247 III. Giurisdizione ecclesiastica; progetto d' erezione d' un rescovado in Gorizia . . . . . . , 250 IV. Capitoli, parrochie; cappelle . . . . . m 258 V. Comunitá religiose, e fratemile . . . • „ 263 VI. B.eni ecclesiastici . . . . . . . 281