LE BASILICHE SUBURBANE DI AQUILEIA LUISA BERTACCHI Museo archeologico, Aquileia Parlerem o della Basilica di M onastero e della Basilica del Fondo Tullio, perchè di esse si conservano resti ragguardevoli che possono essere esam inati e discussi. La basilica di M onastero si tro v a a N ord-E st di Aquileia, in u n a frazione che ha preso il nom e appunto dall’impdanto liturgico antico che fu p er molti secoli sede di un M onastero. Nel 1895 eseguendo il barone R itter dei lavori di sistem azione di u n a sua grande cantina, apparvero i prim i m osaici e il prof. Maionica eseguì una indagine e ne diede u n a breve notizia.1 Tra gli anni 1949 e 1950 il prof. B rusin fece una esplorazione com pleta nel cantinone dei R itter e si rivelò così l’im portanza e l’estensione dell’antico edificio. Nel 1953 lo stabile venne acquisito al Demanio. Dopo di allora il m onum ento fu restaurato e sulla p arte antistante vi fu sistem ato il Museo Paleocristiano. Il prof. B rusin pubbli­ cò il m onum ento dapprim a come una Sinagoga,2 poi lo incluse nel suo volum e i M onum enti paleocristiani di A quileia e G rado.3 Da allora l’ipotesi che si tra tti di u n a Sinagoga si è riaffacciata, specie ad opera del compianto prof. Zovatto, Ma a noi sem bra fuori dubbio che si tra tti fin dall’inizio di u n im pianto cristia­ no, come verrem o indicando nel corso del presente esame, anche e soprattutto a seguito delle indagini che abbiam o com piuto prim a di com pletare la sistem a­ zione del mosaico. T ali indagini hanno perm esso di proporre le varie fasi dell’im pianto.4 Si tra tta di un grande edificio orientato, lungo quasi cinquanta m etri e largo quasi venti, fornito, fin dall’inizio, di un’abside poligonale. I fianchi erano decorati e rinforzati da lesene, ma la stru ttu ra originaria si conserva solo per qualche m etro di altezza e il resto è rifacim ento di v aria età come ha dimo­ strato la stonacatura che è stata eseguita e che è visibile sul lato m eridionale. A nche la facciata e ra scom partita da lesene, m a essa si conserva quasi solo in pianta; queste lesene, che sono quattro, hanno la particolarità che le due cen­ tra li sono più vicine fra loro di quanto non siano esse con quelle angolari. E’ 1 E. M aionica, N otizen, in M itt. K . K . C . C. 19 (1895) p. 131. 2 G. B. B rusin, U n g ran d e edificio cu ltu ale a M onastero di A quileia, in B o l­ le ttin o d ’A r te (1949) p. 351 ss. 3 G. B. B rusin, P. L. Z ovatto, M o ­ n u m e n ti p a le o c r is tia n i d i A q u ile ia e G r a ­ d o (U dine 1957) pp. 299—349. 4 L. B ertacchi, La B asilica di M o­ n a ste ro di A quileia, in A q u ile ia N o stra 36 (1965) cc. 79— 134. bene notare questo perchè ha, come vedrem o, la sua im portanza. C entrate fra le lesene, si aprivano tre porte. L’edificio aveva altre cinque porte: due sul fianco orientale, ai lati dell’abside; due sui fianchi N ord e Sud presso il p resb i­ terio, una di fronte all’a ltra (la settentrionale ha segnata una soglia nel mosaico) e u n ’altra sul lato m eridionale circa a m età. E 'dubbio se il nartece, che sporge a N ord e a Sud rispetto alla fro n te della chiesa, sia originario; m a io credo di sì perchè le stru ttu re sem brano legate e la m aggiore eseguita dei m uri si potrà spiegare con la differente funzione di questa p a rte dell’edificio. Del p a ri con la prim a fase dell’edificio, anche se forse non previsto sino dall’inizio, io credo che visse l’am biente rettan g o lare ad oriente dell’abside perchè i suoi m uri, benché più sottili e senza risega di fondazione e quindi destinati a reggere am bienti bassi, sono im m orsati a quelli della chiesa; e poi altrim enti le due porte ai la ti dell’abside non avrebbero avuto ragione di esistere. Invece chiaram ente aggiunti, m a sem pre nella prim a fase, si dim ostrano i tre am bienti a N ord p er­ chè i loro m uri sono soltanto addossati a quelli perim etrali del grande edificio. N ell’interno, al m om ento dell’acquisto dello stabile, u n m uro di spina divideva longitudinalm ente in due l ’am biente; ma con le indagini che abbiam o com piuto sì è dim ostrato che questo m uro era più tardo di quello trasversale, il quale a sua volta era più tardo della divisione in tre nav ate che è posteriore alla prim a fase. Questo m uro era verosim ilm ente stato costruito nel 1787, quando il g ran d e edificio era divenuto p er m età p ro p rietà R itter e p er m età Cassis, ed era servito a dividerne le proprietà. Inoltre la presenza della porta centrale della fronte non avrebbe avuto ragione di esistere se vi fosse stato il m uro m ediano. D unque, Tinterno era originariam ente ad unica navata, anche se la partizione dei mosaici, come vedrem o sem bra indicarne due. La zona presbite­ riale era sistem ata con u n recinto quasi quad rato davanti all’abside lim itato da u n a serie di p ilastrin i al livello del pavim ento musivo; a Sud vi era una recinzione in continuazione con la fronte del presbiterio, a N ord analoga recin­ zione lim itava però uno spazio più ridotto, esattam ente la m età del precedente. I mosaici che pavim entavano l’edificio in questa prim a fase sono abbastan­ za ben conservati, non o stan te la sovrapposizione di elem enti in terv en u ta nelle fasi successive. N ella p ian ta sono segnati indicativam ente, poi li vedrem o nei particolari. Essi si articolano in due navate a cinque cam pate, oltre quelle più rid o tte ai fianchi del presbiterio. E ’da notare la irregolarità delle divisioni tra u n m osaico e l’altro so p rattu tto verso il centro. Nelle prim e due cam pate il m otivo della zona centrale è unico, cioè a cerchi intrecciati che compongono così una seria di fogliette quadripetale ; questo è m otivo da campo e non da fascia, quindi questo m otivo doveva investire tu tta la zona fra le due navate, larg a circa due m etri. Q uesto spazio fra le due nav ate è come un em brione di solea. Vediamo i mosaici del lato Sud che sono i m eglio conservati; gli schem i si ripetono anche a Nord, talvolta incrociati. Ia cam pata — schem a com une nel IV secolo — com pare nelle due teodo- riane, nell’oratorio m eridionale della CAL e n ell’oratorio m eridionale del fondo Cossar; tre m otivi sono singolari per A quileia: uno in fatti com pare solo ad O stia nella casa di Giove e Ganim ede, un altro com pare sem pre ad O stia nella casa del P rotiro e nel pavim ento m usivo del duom o paleocristiano di Ancona; il terzo non si trova da nessuna parte. F ra le iscrizioni di donatori, frequentis- 15 A r h e o lo š k i v e s tn i k 225 sim e in questo mosaico di M onastero, in questa Ia cam pata abbiamo u n Eusebius et N iaru — un greco il prim o e un arabo dela Transgiordania forse il secondo. IIa cam pata: lo schem a è stato accostato' a quello di un mosaico di P aren­ do per la presenza del m otivo a clessidra; m a a me sem bra che questo motivo sia qui secondario e che il mosaico si possa più facilm ente accostare a uno del­ la chiesa di Zuglio. T ra le iscrizioni un altro Eusebius e l’iscrizione greca di Mareas (che com pare in una iscrizione di Roma) Iuliana (latino) e Iosef (ebrai­ co) apo comes Caproturis, la C aperturi dell’It. Antonini. IIIa cam pata: Lo schem a si trova nel mosaico delle cosiddette gran d i term e a inquadrare i ritra tti di atleti. M a in composizione m olteplice come qui si tro v a nel portico della Postattilana, dove il disegno si fa più schem atico (cfr. lo schem a del mosaico di Iulianus et Acricia). T ra le iscrizioni: 1) quella greca Barbeousos (una Barbeusa è nota a Dura) D racontion come Rabono (città presso A ntiochia) ama sam biu M azbe cai tecnois Johanna cai Malcou. 2) Festus et Ursa, 3) Victorinus et A nes (per Agnes), 4)... Db Sab (aot) (invocazione ebraica m a passata anche n ella liturgia cristiana). IVa cam pata: Schem a m olto antico presente ad Aquileia, Barcola, Ostia, Tivoli, e in età paleocristiana a Treviri. Due curiosità da notare: 1) le iscrizioni sono per un verso i cantaroi capovolti, come nella Teodoriana Nord, 2) u n pez­ zo di cam pionario è utilizzato per riem pire un quadrato. T ra i nomi: A nicitus et Basilius. Va cam pata: lo schem a si incontra nella posteodoriana (livello superiore) e nel portico del B attistero. T ra le iscrizioni: 1) Victor et Theosebes, 2) Con­ stantius et M aximella. V P cam pata a Sud del presbiterio; h a schema quadrilobato che ricorre nelle due aule teodoriane è in Basilica anche a livello superiore come si è accertato nel 1970 con un breve saggio di scavo nella zona del presbiterio.5 M otivi singolari sono il vaso cam paniform e e la foglietta a cuore fra due v ir­ gulti. L’unica iscrizione: Probus et Severa. V P cam pata a N ord: prim a m età schem a molto frequente nel IV e V se­ colo; com pare anche n ella navata della B asilica del fondo Tullio e nella basi­ lica paleocristiana a S. Giusto a Trieste. U nica iscrizione M axentius. V P cam pata a N ord: seconda m età, schem a già esam inato a proposito del­ la IIP cam pata. Nel presbiterio non si sa che pavim entazione vi fosse: di certo era al li­ vello della navata p er la presenza, come si è detto, dei pilastrini alla stessa quota. Sem pre alla stessa quota vi era pavim ento nell’am biente ad oriente dell’abside perchè abbiam o trovato traccia di piastrelle m arm oree piccole qua­ d rate e triangolari. Sem pre alla stessa quota erano pavim entali a mosaico i tre am bienti a N ord dell’edificio. I mosaici che abbiam o esam inato fanno orientare da datazione di questa p rim a fase alla fine del IV-inizio V secolo; o ltre ai confronti che abbiam o por­ tato ci sono a ltri due elem enti che confortano una datazione così relativam en­ te alta: 1) la irreg o larità dei campi musivi, che si nota anche a Parenzo, 2) la caratteristica della giustapposizione nei m osaici degli elem enti decorativi che 5 L. B ertacchi, N uove indagini nella B asilica di A cquileia, in A quileia Nostra 40 (1919) cc. 189—190. non appaiono ancora collegati come av v errà più tardi. Una datazione di questo genere — fine IV inizio V secolo — è m olto im po rtan te data la presenza di una abside poligonale. Perchè ripeto abside è n ata con l’edificio e non è stata aggiunta posteriorm ente. Il m uro che sb arra l’abside, invece è aggiunto più ta rd i e non è legato con essa. D’altra p arte un im pianto presb iteriale come quello che abbiam o visto' e nella posizione, in cui si tro v a porta come sua n atu ­ ra le conseguenza la presenza di u n ’abside. Si è v o luta ipotizzare una form a ad aula senza abside, m a non m i p are che ci siano elem enti per poterla sostenere. L ’abside poligonale, che ta n ta diffusione avrà n ell’arte ravennate, è di im pronta o rientale e con c’è da m eravigliarsi che A quileia, notoriam ente p er ta n ti aspetti leg ata all’Oriente, abbia fa tto ben per tem po esperienza di questa form a. O ra che abbiam o u n a visione com pleta della prim a fase dell’edificio, m i p a re indiscutibile che si tr a tti di una basilica paleocristiana e non di u n a Sina­ goga. T uttavia desidero rip ren d ere la questione p er chiarire i p unti che hanno d ato adito a quella ipotesi. Non ci sono sinagoghe di forma, così allungata; m a questo significa poco perché anche nelle basiliche paleocristiane questa form a è rara. La piccola zona recin ta a Nord del presbiterio aveva fatto pensare alia thorà, area destinata n ella Sinagoghe alla custodia e deposito dei lib ri sacri; m a la scoperta a Sud di u n ’a ltra zona con analoga recinzione, anche se di dim ensioni più grandi, toglie unicità e quindi funzione all’area p er cui il prob­ lem a era stato posto. N el nartece dell’edificio ci sono delle tom be, sia entro sarcofagi che in m u ra tu ra ; tre di queste ultim e all’estrem ità settentrionale del nartece avevano fatto pensare a quelle vasche che si trovano negli im pianti ebraici e sono destinate alla purificazione; m a la loro profondità conviene più a delle tom be che non a delle vasche in cui si dovesse scendere dentro e non sono fornite di scarichi com e appunto sarebbero delle vasche. Il fatto che siano fo d erate in terram en te di m arm i non costitiusce u n unicum p er delle sepolture, dato che se ne trovano altrove, p er esempio n ella necropoli di T arragona. Ri­ m ane la questione dei nom i: è vero in fatti che vi sono nomi ebraici, m a ve ne sono anche di greci e soprattutto- di latini. B asterà pensare che l’edificio è vicino al q u artiere del porto, dove risiedeva gente di ogni provvenienza. Infine l’espressione DN Sab, che chiude una iscrizione della IIIa cam pata m eridionale, può sì essere u n a invocazione ebraica, m a sappiam o che la stessa espressione è e n tra ta anche nella litu rg ia cristiana. Q uesta p rim a fase si inq u ad ra bene sto­ ricam ente alla fin e IV inizio V secolo, epoca di grande fio ritu ra n el mondo cultuale paleocristiano di A quileia, e conseguentem ente epoca di vivaci sviluppi architettonici. N ella seconda fase la basilica fu divisa in tre navate, il presbiterio fu so­ prelevato e dilatato in u n am pio coro m osaicato e vennero spostate le recinzio­ n i della prothesis e del diaconicon che divennero di uguale m isura; la zona ad O riente dell’abside ebbe anch’essa un altro m osaico soprelevato e cosi gli am bi­ enti a N ord della basilica —• veram ente il mosaico soprelevato fu trovato e in piccola parte, solo nell’am biente più ad O riente dei tre e di certo fu soprelevato anche quello ad O ccidente perché fu soprelevata la soglia della p arte setten­ trio n ale della chiesa. D el p ari ebbe u n a nuova soglia la p o rta di fro n te alla p rim a a M eridione e fu soprelevato il varco della soglia delle due p o rte orien­ tali. Q uanto alla divisione in tre navate bisogna fare attenzione che questa è solo la prim a divisione in tre navate. Le grandi stru ttu re fanno p a rte della divisione successiva. Con la prim a divisione in tre navate si crearono delle ante in m u ratu ra rispettivam ente contro il m uro occidentale e contro il muro orientale e si posero sei sostegni p er p arte m olto distanziati (m. 6,70 di interas­ se) e m olto esigui. Quelli più ad oriente, due p er parte, ebbero quota maggiore, cioè quella del pavim ento musivo superiore; la posizione dell’ultim o sostegno verso oriente determ inò lo spostam ento delle recinzioni delle navate. L a parte centrale del presbiterio ebbe pavim entazione in grandi piastrelle esagonali di p ietra bianca, e triangoli di pietra nera. Il M aionica la vide, ma ora pavim enta l’atrio della casa del B arone Ritter. Forse questa pavimentazione, che in questa seconda fase era al livello del mosaico superiore, era stata in opera anche nella fase precedente a livello più basso, e poi era stata p ortata su come a S. M aria delle Grazie di Grado. Il mosaico del livello superiore com prendeva due campate, la quinta e la sesta. Si conservava nel lato m eridionale, m entre sul lato settentrionale m an­ cava assolutam ente la sesta cam pata, e della quinta si conservava solo un breve tratto lungo il muro, sufficiente soltanto a farci capire che la quinta cam pata aveva disegno unitario. M entre quest’ultim o lacerto è stato lasciato sul posto con mensola, i mosaici del lato m eridionale sono stati strappati ed esposti alla parete di fondo. Il terreno è stato accuratam ente setacciato ma non ha consentito di raccogliere alcun elem ento valido p er la datazione. Questi mosaici del livello superiore hanno tessere assai più grosse di quelle del mosaico inferiore e niente affatto consum ate dall’usura. I loro schemi sono: p er la quin­ ta cam pata quello quadrilobato e per la sesta lo schem a già visto nella sesta mezza cam pata N ord con iscrizione di Massenzio. L’unica iscrizione fram ­ m entaria di questo mosaico superiore: Citis nom en Deus sciet, richiam a ana­ loga iscrizione del Duom o di Grado. A nche al Duomo di Grado si collega il mosaico che pavim entava sem pre a livello superiore, l'am biente ad oriente dell’abside: infatti un lacerto conservato presenta il motivo «a disegno subac­ queo« come lo definì Corrado Ricci.6 Ma questo di M onastero si presenta assai più corposo e molto m eno schem atico del citato mosaico gradese. O ra viene una questione assai spinosa che è quella dell’alzato dei soste­ gni che abbiam o visto dividere l’am biente in tre navate; la loro posizione è certa dato che si son trovate quasi tu tte le ipobasi. In un caso solo, cioè la q u arta del lato m eridionale, conserva a posto anche la base: si tra tta di una base a doppia sagoma con due tori fra listelli e una scozia in mezzo; è base da pilastro rettangolare, la cui faccia superiore ha m isura di cm. 45 X 50. A ltre due basi identiche si son viste tra il m ateriale che servì poi da sottofondazione alla pilastrata della terza fase. T ra lo stesso m ateriale di sottofondazione si notarono ben undici parallelepipedi in p ietra di sezione cm. 45 X 50. Ci sentim m o auto­ rizzati a pensare che questi elem enti dovessero stare sulle basi dette sopra. Sem­ p re tra le sottofondazioni della terza fase si rinvennero cinque capitelli da pila­ stro che hanno la stessa sezione di base e che logicam ente dovevano stare sopra i pilastri. Questo sistem a leggero doveva reggere stru ttu re arch itrav ate di legno. I capitelli sono molto singolari. C hiunque daterebbe questi pezzi all’alto medioevo, m a collegati col sistem a che abbiam o esam inato, dobbiam o datarli 6 C. Ricci, A p p u n ti p e r la storia, del m osaico, in B olletino d'A rte (1914) fig. a p. 274 e 275. col mosaico e quindi non oltre il VI secolo. Nè m i pare tanto facile pensare, come suggerisce il prof. M irabella, a u n a loro sostituzione in epoca ta rd a dato che fanno p arte di un preciso sistem a. Inutile dire che di questi capite] li non esistono confronti. P u r n ella loro rozzezza sono però straordinariam ente efficaci p e r il gioco delle m asse e p er la stilizzazione volum etrica; bisogna ricordare che anche nel mosaico in q u est’epoca si va verso la stilizzazione; possono essere considerati l’estrem a evoluzione del capitello corinzio, di cui conservano il dop­ pio ordine di foglie sulle q u ali le elici e le volute hanno presso il sopravvento. In definitiva sappiam o assai poco sullo sviluppo degli elem enti architettonici decorativi all’inizio del M edioevo e m i pare che questi dati di fatto possono essere proposti alla m editazione degli studiosi. Se poi vogliam o in q u ad rare dal punto di v ista storico questa seconda fase della Basilica di M onastero, bisogna portare la n o stra attenzione sulla presen­ za, oltre che di im pianti presbiteriali, di un grande coro. Esso è concepibile solo dopo che i monaci, che in origine erano laici, come è detto a proposito di R ufino alla fine del IV secolo, diventarono anche chierici. Ciò non p are che sia avvenuto ad A quileia p rim a della fine del V secolo (M arcelliano eletto nel 485 fondò il m onastero della B eligna m a se n e riservò ancora l’officiatura). P roba­ bilm ente solo col VI secolo si diffuse anche qui il monacheSimo benedettino. Im pianti di un grande coro si hanno con l’inizio del VI secolo nella basilica di S. M arco a Roma, a L au ren tu m e a M anastirine. U na preziosa testim onianza le tte ra ria è quella di G regorio di Tours (II m età VI secolo) relativa alla chiesa di S. Pancrazio Roma: uno spergiuro non poteva, senza cadere m orto, avvi­ cinarsi ai cancelli qui sub arco habentur ubi clericorum psalentium m os est. Breve vita dovette avere la basilica in questa seconda fase, come è atte­ stato dalla nulla usura del mosaico. Forse la chiesa fu danneggiata e il m ona­ stero abbandonato a seguito della invasione longobarda che, come è noto, osteg­ giò in più casi la v ita dei m onasteri. Della fase successiva dell’edificio, la terza, sappiam o assai poco; certo seguiva a u n periodo di distruzione e forse di abbandono perchè altrim enti non sarebbe stato necessario rico stru ire ex novo tu tto il sistem a delle pilastrate interne. Esse si valsero nelle sottofondazioni, come abbiam visto, del m ateriale della fase precedente; i sostegni furono molto più poderosi e ravvicinati dei preceden­ ti e probabilm ente dovettero reggere colonne sorm ontate da archi; m a non si son rinvenuti elem enti p e r poterlo provare. Il pavim ento fu lastricato in pietra, come da poche testim onianze residue; le soglie delle porte furono di nuovo rialzate. Anche in questa fase si ebbe un grande coro, e quindi c’è da supporre u n a ulteriore fase m onastica dell’im pianto. M a questa volta si tra tta v a proba­ bilm ente di un m onastero di benedettine: una chiesa di S. M aria è nom inata già in un diplom a di C arlo M agno nell’811 ed è probabilm ente la stessa cosa che il m onastero di S. M aria che il P atriarca Poppone nel 1041 dotò di beni: P arthenonem Sacrarum V irginum , Deo fam ula n tiu m Aquileiae sub regula Divi Benedicti, m onastero quod aedificatum est iu xta C ivitatem Aquileiae. Questo m onastero ebbe vita assai lunga perchè fu soppresso appena nel 1782. A un certo punto però la chiesa era stata rid o tta con la costruzione del m uro trasversale, e aveva ricevuto una nuova pavim entazione in cocciopesto. Ciò doveva essere avvenuto nel XVI secolo, stan te il m ateriale rin v en u to sot­ to il cocciopesto cioè, a ll’epoca del P atriarca G iovanni VI, che prese energici provvedim enti per rip o rtare il m onastero al pristino decoro compressa ab eo m orum licentia, quae latius fundebatur: Virgines Deo Sacrae in Gynae­ ceis conclusae earum que nom en et decus constitutum et adsertum. Credo opportuno di m ostrare ancora un pezzo molto im portante perchè può essere appartenuto alla Basilica che abbiam o esam inanto.7 Esso infatti fu rinvenuto ai P aludelli di M onastero di p roprietà Ritter, in una zona molto a N ord di A quileia dove m ai si sono rinvenute stru ttu re di edifici e non è nep­ pure zona sepolcrale perché è lontana da ogni strada antica. Sappiam o pe­ rò, e il suo stesso nom e lo conferm a, che si trattav a di zona paludosa, tanto che nel 1895 il barone R itter, vi fece trasp o rtare a scopo di bonifica la terra scavata nell’ interno del suo cantinone di M onastero dove appunto si rivelarono i prim i mosaici del complesso che abbiam o esam inato. Si può form ulare dunque u n a ragionevole ipotesi che il pezzo provenga dalla Basilica di M onastero. Si tra tta di una grande patena di uso indubbiam ente liturgico di vetro verde purtroppo fram m en taria che doveva m isurare 28 cm. di diam etro, con om breg­ g iatu ra ottenuta a m ola e disegno ottenuto a graffito: presenta la scena di C risto docente fra gli Apostoli. Il Cristo, contrassegnato da due monogram m i, regge il libro con la sinistra, m entre la destra è levata nel segno della adlocutio. Gli apostoli stavano ai suoi lati, disposta su due registri: si vedono elem enti di sette di essi. La resa delle figure è estram am ente rozza, m a m olto efficace; i panneggiam enti sono resi in m aniera schem atica, m a i visi sono m inutam ente descritti in tu tti i loro elem enti, senza trascu rare i ricci. L’unico pezzo con­ frontabile con questo è una coppa fram m entaria rinvenuta a Doclea nel M onte- negro e attualm ente al Louvre; in essa si riscontra una tale concordanza con la nostra, sia p er la tecnica che p er gli elem enti rappresentativi, da far pensare che entram be siano della stessa mano. Doclea era città rom ana e poi paleo- cristiana d istru tta alla fine del VI secolo. L a nostra patena può essere datata forse ancora alla fin e del secolo V. L’altra grande basilica suburbana di A quileia è quella che, in difetto di altro nome, si suole chiam are la Basilica del fondo Tullio alla Beligna. Purtroppo essa, che si trovava circa un chilom etro a Sud di Aquileia, non è visibile sul posto, m a le sue disiecta m em bra sono sistem ate al prim o piano del Museo Paleocristiano. Scoperta alla fine del secolo scorso, fu scavata dal prof. M aioni­ ca tra il 1900 e il 1905. In quella occasione furono fotografati i m osaici della navata e ne furono strappate le iscrizioni; fu fotografato il setto re absidale sinistro e ne furono strap p ati pannelli con pecore e uccelli. Il resto di questi mosaici andò perduto. N el 1946 il prof. B rusin scavò il settore absidale destro, che, p er essere stato ricorperto dalle stru ttu re di una stalla, era rim asto più danneggiato dell’altro e lo fece strappare tu tto intero. Egli curò la pubblicazio­ ne della Basilica8 valendosi della pianta che era stata red atta nel 1905 dal­ l’assistente Giacomo Pozzar. Nel 1962 ho eseguito dei saggi, che benché lim itati hanno dato delle risultanze singolari;9 credo che sarebbe ancora possibile com­ 7 L. B ertacchi, D ue v e tri paleocri- 9 L. B ertacchi, N uovi elem enti ed stia n i di A quileia, in A q u ileia N ostra 38 ipotesi circa la B asilica d el fondo T ul- (1967) cc. 146— 150. lio, in A quileia N ostra 32—33 (1961-62) 8 G. B. B rusin, L a B asilica del fo n - cc. 47—80. do Tullio alla B eligna di A quileia (P a­ d o v a 1947). p iere fruttuose indagini. L a p ian ta si p resenta a croce a tau, con u n a grande abside. Ma il diverso spessore dei m uri e il tipo differente delle lesene, nella n av ata e nei due bracci di croce, indica che l’edificio non è stato costruito tu tto insiem e. Si è ipotizzata u n a prim itiva p ian ta rettan g o lare cui sarebbero stati aggiunti in seguito l’abside e i bracci di croce. L ’indagine del 1962, com piuta nella zona dove il m uro settentrionale della n av ata si innesta col braccio di croce, ha perm esso sì di scoprire la diversità dei m u ri perchè il prim o ha ben due riseghe e l’altro neanche una, ma h a anche perm esso di accertare che le riseghe del m uro della n a v a ta non sono uniform i, e cioè accom pagnano la spor­ genza del pilastro d’angolo facento pensare che esso era previsto fin dall’inizio della costruzione. Il fatto andrebbe accertato con m aggiore am piezza di indagini, m a allo stato attu ale sem bra im probabile la supposta fase ad aula rettangolare. A ncora più singolare è quello che abbiam o constatato a proposito del livello dei mosaici. S’è tro v ato un lacerto del m osaico della nav ata ancora a posto e si è rim esso in luce il sottofondo del mosaico absidale nella zona del setto re sinistro. Q uest’ultim o è risultato 55 cm. più basso rispetto a quello della navata.1 0 T ra i due m osaici c’è anche grande diversità di sottofondo, p er­ chè quello dell’abside è fatto con calce bianchissim a, m entre quello della n a­ v ata è applicato su cocciopesto. La valutazione stilistica dei mosaici della n av a­ ta, è possibile soltanto attrav erso l’esam e di u n a serie di negative sbiaditissim e che la dott. Paola G uida h a ridisegnato con estrem a attenzione riconnettendole u n a con l’altra. Si tra tta di schemi del tipo di quelli del livello inferiore di M onastero con elem enti giustapposti e non collegati, m a con m otivi m olto più varii e quindi più antichi. Il mosaico d ell’abside invece appartiene a u n altro mondo; anche se al suo contenuto si può attrib u ire valore sim bolico — le dodici pecore — il pavone, la vigna — il suo inquadram ento stilistico si ri­ conosce se si pensa alla tradizione classica, v ista sia nel mosaico che nella p ittu ra e nella scultura. U na serie di mosaici di questo tipo nella stessa A qui­ leia p erm ette di seguire l’evoluzione di questo filone d’arte e di collocare il mosaico dell’abside del fondo Tullio subito dopo la m età del IV secolo. Con­ frontiam o il raffinatissim o pavone di questo mosaico, col pavone della Basilica G iustinianea di S abrata e vedrem o come questo filone d’arte continui, m a come p erd a le sue caratteristich e peculiari che erano state l’arm onica disposizione dello spazio, la plasticità dei soggetti rappresentati, la ricerca n atu ralistica e illusionistica n ella resa dei particolari (foglie, viticci, ecc.). P ertan to l’abside, non che essere posteriore alla navata, è antecedente ad essa anche so tto il pro­ filo stilistico. Il gravissim o problem a poi del suo livello, inferiore, ripetiam o a quello della navata, ci induce a form ulare l’ipotesi che sia sorta come edificio indipendente, forse come m em oria del tipo di quelle studiate dal G rabar, anche se non ci nascondiam o la difficoltà dal punto di v ista tecnico. La form a a croce poi che questo edificio ebbe, noi riteniam o, fin d all’ini­ zio, m a che com unque ebbe a un certo m om ento, ci fa pensare che sia questa la Basilica A postolorum di cui p arla la nota iscrizione di Parecorio A polli­ nare. Q uesta è certam ente u n a basilica cim iteriale, perchè anche se non si do­ vesse am m ettere la presenza di u n ’abside m em oria, la grande q u an tità di sar- 1 0 La sconcertante costatazione è editori del monumento non ne avevano stata fatta durante i saggi eseguiti nel- mai avuto sentore, l’estate del 1362: i precedenti scavatori ed cofagi e di sepolture in genere che vi furono trovate intorno, lo com prova chia­ ram ente; e le basiliche A postolorum erano tu tte extraurbane e cim iteriali. Ha la form a di croce e tu tte le basiliche A postolorum sono a form a di croce: così i SS Apostoli di Milano, di Como, di Verona e di Concordia, e probabilm ente anche a Lodi Vecchia e a Brescia. Basiliche di questo tipo nell’Italia settentrio­ nale si ricollegano con l’attiv ità di S. Ambrogio. L’epigram m a riferito dal codice di Lorsch, che fram m enti m arm orei ritro v ati conferm ano di età am brosiana suona proprio come u n program m a Condidit Am brosius tem plum Dominoque sacravit nom ine apostolico, m unere reliquis — form a crucis tem plum est... Riteniam o che la costruzione della basilica sia pertanto da riferirsi al tem ­ po di S. Ambrogio, che così vivaci e frequenti contatti ebbe con la sede di Aqui- leia. B a zilike v oglejskih p red m estjih D ve p red m estn i cerk v i v O gleju sta toliko o h ran jen i in dokum entirani, da ju je m ogoče analizirati. (A) P rv a je bazilika v p re d m e stju M onastero (kjer je dejansko o b sta ja l sam ostan, kot n a k a z u je k rajev n o ime, in k je r dom nevajo z veliko v e rje tn o st­ jo tu d i prostore za sem inarium A quileiense iz d ru g e polovice 4. st., k akor ga je ozna­ čeval H ieronim ; prim . p red v sem A. Scholz, S em in ariu m A quileiense, M em orie sto­ riche Forogiuliesi 50 [1970] 5 ss). (B) D ruga p a se po najdišču im enuje basilica del fondo Tullio. A . O grom na cerkev (50 X 20 m) im a poligonalno apsido, k i je k ara k te ristič n a za ra v e n sk i krog in o rien talsk eg a kom pozicijskega porekla, k a r v O gleju n ik a k o r ne m ore presenetiti. F asada s tre m i vhodi in stra n sk e stene so razčlenjene in ojačane z lezenam i. C erkev im a d v a n artek sa in vzhodno p red apsido p rav o k o ten obzidan pro sto r. N o tran jo st je tv o rila sp rv a ena sam a lad ja, razd eljen a z m ozaično preprogo optično na dvoje. M ozaiki p rv e faze so dobro o h ran jen i, razdeljeni v ,obeh’ la d ja h na p e t kom pozicijskih en ot (k aterih d etajln i opis glej v tekstu); tla k p re z b ite rija ni o h ran jen . Po m otiviki sp ad ajo n a konec 4. ozirom a začetek 5. st., ta sklep posebej p o d p irajo : 1. n ep rav iln o st m uzivnih polj (kot v Poreču), 2. značilna nepovezanost d ek o rativ n ih elem entov v n jih , k a r je k asn ejši pojav. A vtorica zavrača v n a d a ljn je m m nenje, d a gre za sinagogo, ki se je pojavilo z a ra d i o rien talsk ih elem entov tako v a rh ite k tu ri k o t v napisih m uzivnih donatorjev. V drugi fazi je b ila cerkev razd eljen a na tr i ladje, p rezb iterij dvignjen, razšir­ je n s korom in tlak o v an z m ozaičnim podom . Posam ezni elem enti bi se dali p a ra - lelizirati z m ozaičnim podom v gradežki stolnici iz 6. st. To datacijo pa kom plicirajo osnove in baze, ki so nosile relativ n o šibko lad ijsk o stebrišče (očividno z lesenim ostrešjem ), o h ranjeno sam o v su b stru k ciji (z eno izjem o) in predvsem p e t p rip a d a jo ­ čih kapitelov, k i po vsem videzu spadajo v visoki sred n ji vek, vse sprem no gradivo p a jih stav lja še v 6. st. (kot m ozaik). O dgovor n a vprašanje, kdaj je b ila cerkev p redelana, p a olajšu je tu d i om enjeni k o r v p rezb iteriju , ki p re d sta v lja že m enihe- k lerik e (ne več laike), k i se v O gleju pred koncem 5. st. niso pojavili. Zelo malo izrab ljen i m ozaik spričuje, d a je bila druga g rad b en a faza k ra tk o tra jn a . M orda je bila uničena cerkev za lan g o b ard sk eg a vdora. M nogo m anj se d a u g o to v iti o tr e tji fazi, ko so n a ru šev in ah zg rad ili novo cerk ev , n o tra n jo st tlak o v ali s k am n itim i ploščam i in dvignili pragove. Po vsej v e rje tn o sti je b ila p re d e la n a v sam ostansko cerkev b en ed ik tin k , k i so ta m d o k u ­ m e n tira n e že za K a rla V elikega. S am ostan je bil u k in je n šele 1782, cerkev p a pred tem — v 16. st. : — še e n k ra t pred elan a. V drugo cerkveno fazo — m o rd a n a konec 5. st. — spada po vsej p rilik i s te ­ k len a. frag m en tiran o o h ra n je n a p a te ra (28 cm p rem era) z g rafitno risbo K ristu sa m ed apostoli in b ru šen im senčenjem , zelo podobna z n a n i doklejski, glej M. L ju b in - kovič-C orovič, R an o h riščan sk a stek len a čaša iz D uk lje, M aterijali 4 (7. kongres arh eo lo g a Ju g o slav ije, H erceg-N ovi, 1966) 85 ss. B. B asilica del fondo T u llio je približno 1 k m ju žn o od O gleja v zaselku B eli- gna, izk o p av an a ozirom a so n d ira n a 1900—1905, 1946 in 1962. T ločrt im a obliko črke T z veliko apsido. S ta v b a je b ila sukcesivno izg rajev an a. P ri k o n tro ln ih izko p av an jih sta b ila o d k rita d v a fra g m e n ta m ozaičnih tal, v la d ji in v apsidi, sled n ji za 50 cm nižji od p rvega. A naliza sta rih izkopov in m ozaikov kaže, d a so tla v la d ji sočasna s p rv o fazo b azilike M onastero, ap sid aln i m ozaik p a je n a sta l k m alu po sred in i 4. st. T orej je ap sid aln i d el v n a s p ro tju z dosedanjim m n en jem starejši. D isk rep an ca v n i­ v o jih je m o rd a razlo žljiv a z d ejstvom , da je ap sid aln i d el b il sam ostojno k o ncipiran, m o rd a k o t m em oria. P ozneje p o večana cerkev je b ila v sek ak o r pokopališka, stoji sred i grobišča. A vtorica z a g o v a rja m isel, da je basilica del fondo Tullio id en tičn a z ep ig rafsk o sporočeno baziliko A postolorum (ki jo je p o stav il Parecorius A pollinaris). To m isel p o d p ira dejstvo, d a so ti zav etn ik i vselej zn ačiln i za e k s tra -u rb a n e in ce- m e te ria ln e cerk v e križn eg a tlo risa (M ilano, Como, V erona, C oncordia), izgleda, da a m b rezijan sk eg a g rad b en eg a p rogram a. M ilanski škof A m brozij pa je bil z O glejem zelo tesno povezan.