Michele A. Cortelazzo Università di Padova* UDK 811.131.1'367.625 evoluzione della lingua e staticità della norma nell'italiano contemporaneo: gli ausiliari nei costrutti con verbi modali 1. UN ESEMPIO DEL MOVIMENTO DELL'ITALIANO CONTEMPORANEO? Nel 2007 due studi si sono occupati dell'ausiliare utilizzato nei costrutti con verbi modali (potere, dovere, volere). Telve (2007) ha cercato di ricostruire la distribuzione degli ausiliari in tali costrutti in un arco di tempo che va dalle Origini all'Ottocento (con qualche accenno alla contemporaneità); io stesso, in un saggio che richiamo anche nel titolo (Cortelazzo 2007a), ho citato il caso dell'ausiliare con i verbi modali come un palese esempio di scarto tra la vul-gata grammaticale, quale emerge nelle grammatiche scolastiche o negli interventi divulgati-vi sulla lingua italiana, e la trattazione scientifica della grammatica dell'italiano, secondo le impostazioni più adeguate alla realtà empirica e ai principi teorici paradigmatici. Detta in poche parole, la questione è questa: a proposito dell'ausiliare da utilizzare nei tempi composti dei verbi modali (seguiti da un infinito), la tradizione grammaticale, a partire da Bembo, sostiene che la norma corretta, anche se non sempre rispettata, consista nel ricorso all'ausiliare del verbo all'infinito e non a quello proprio del verbo modale, cioè avere (quindi «Michele sarebbe dovuto tornare a casa» e non «Michele avrebbe dovuto tornare a casa»). L'uso comune, che contempla spesso il ricorso ad avere anche con i verbi inaccusativi (cioè i verbi non transitivi che richiedono l'ausilia-re essere), sarebbe quindi un uso contrario alla norma. Questa asserzione ha tre aspetti che poche volte sono stati sottoposti a verifica. Il primo riguarda la convinzione che si tratti semplicemente di una questione di norma. Le due costruzioni sarebbero grammaticalmente equivalenti e l'utilizzo dell'ausiliare avere anche con verbi inaccusativi dipenderebbe semplicemente da un dominio poco sicuro, da parte di alcuni parlanti o scriventi, della norma dell'italiano: basti pensare che Coletti (1993: 320) ascrive ai «problemi con l'italiano» di Italo Svevo e alla sua «competenza approssimativa» l'uso dell'ausiliare avere «specie in presenza di verbo servile» (che regge un verbo inaccusativo, s'intende). La seconda consiste nella convinzione, spesso data come implicita, che la sostitu-zione dell'ausiliare essere con avere sia un'innovazione dell'italiano contemporaneo. Si tratterebbe, quindi, di uno dei tratti del processo di ristandardizzazione dell'italiano che si sta realizzando negli ultimi decenni.1 * Indirizzo dell'autore: Facoltà di Lettere e Filosofía, Piazza Capitaniato 7, 35139 Padova, Italia. Email: cortmic@unipd.it 1 Anche Tavoni (2002: 147) si occupa della collocazione dei modali all'interno dei processi di ristandardizzazione dell'italiano, ma lo fa da un altro punto di vista (sia pure strettamente colle-gato al fenomeno che stiamo discutendo in questo contributo): la risalita del clitico con verbi modali in costrutti come Non ci posso credere invece di Non posso crederci. La terza ha a che vedere con la mancanza di dati assodati sulla distribuzione dei due ausiliari nei costrutti presi in esame, sia nella storia dell'italiano, sia nella fase contemporanea. Per il primo punto, gli studi più recenti (come si puo ricavare da Renzi/Salvi/Cardinaletti 2001: 514-522), tenendo conto di più di un comportamento dei costrutti con verbi modali, giungono a una conclusione diversa. Quello che nella superficie della frase individuiamo come un unico costrutto con due possibili realizzazioni è invece la rappresentazione superficiale apparentemente identica di due costruzioni diverse: una formata dal verbo modale con una proposizione oggettiva («Io voglio man-giare una pastasciutta» con una struttura del tutto analoga a «Io voglio una pastasciut-ta») e una in cui il verbo modale forma con il verbo all'infinito un unico complesso verbale (in questo caso «Io voglio mangiare una pastasciutta» va interpretato con «voglio mangiare» come complesso verbale e «una pastasciutta» come oggetto diretto del verbo mangiare unito a voglio; è il processo che va sotto il nome di ristrutturazione). Per l'aspetto che ci riguarda la differenza tra i due costrutti si evidenzia quando il verbo che si accop-pia al modale è un verbo che nei tempi composti ha l'ausiliare essere: se la forma realiz-zata è quella del verbo modale che regge una proposizione oggettiva, l'ausiliare sarà quello del verbo modale (quindi, avere: «Gianni ha voluto andare a tutti i costi al cinema», con «andare a tutti i costi al cinema» interpretabile come proposizione oggettiva); se invece la forma realizzata è quella con ristrutturazione, l'ausiliare sarà quello del verbo all'infinito (quindi, essere: «Gianni è voluto andare a tutti i costi al cinema» analogamente a »Gianni è andato al cinema«). Insomma, non si tratta di una semplice scelta tra una norma più formale e una più informale, ma di un'opzione tra due strutture grammati-cali diverse; anche se non vi è dubbio che l'opzione tra una struttura e l'altra dipende, almeno in parte, dal grado di formalità del testo. Sul secondo punto, la ricerca di Telve (2007) ha portato, con il conforto di dati fat-tuali, qualche chiarezza. Se nel Due e Trecento possiamo davvero dire che prevale l'ausiliare essere, soprattutto negli scrittori toscani, nei secoli successivi essere si alterna sempre più frequentemente con avere (soprattutto negli scrittori non toscani), fino a quando, nel Settecento, avere prende decisamente il largo (Goldoni, per es., non usa mai essere). La situazione che riscontriamo nel Novecento, dunque, non è che il punto di approdo di un movimento che ha radici ben lontane nell'evoluzione della nostra lingua; se a qualcuno, ancor oggi, l'uso dell'ausiliare avere pare un dato innovativo o un uso da stigmatizzare è perché la lezione bembiana (che anche in questo caso era diret-tamente legata all'uso trecentesco toscano) ha condizionato il nostro modo di vedere la norma molto più a lungo di quanto abbia potuto condizionare il nostro uso:2 al giorno d'oggi anche divulgatori brillanti e disinvolti come Beppe Severgnini (2007: 176) considerano senza mezzi termini «sbagliato» l'uso dell'ausiliare avere davanti a un 2 Non e questo l'unico fenomeno nel quale innovazioni apparentemente moderne si rivelano sem-plicemente come manifestazioni pienamente mature di processi che rimontano molto indietro nel tempo; si veda, ad es., il caso della perifrasi progressiva (Cortelazzo 2007b), che vede un uso incipiente gia nel Quattrocento e un suo progressivo e decisivo allargarsi a partire dal Settecento. modale quando regge un verbo che nei tempi composti richiede l'ausiliare essere. Del resto, il fenomeno è uno di quelli segnati dalla penna correttrice di Satta (1989). Sul terzo punto, sono molti i linguisti, o gli appassionati di lingua, che hanno azzar-dato opinioni sulla frequenza d'uso dei due ausiliari. Già nel 1964 Franco Fochi (1964: 278) osservava che «il linguaggio familiare va meno per il sottile, e adopera quasi sem-pre avere». Più recentemente Paolo D'Achille (2003: 116), parlando in generale dell'ita-liano, senza distinzioni di livello, ha sostenuto che essere «sembra largamente preferi-to» ad avere (anche se, aggiunge, nella frase non ho potuto essere presente l'uso di avere «è da considerare senz'altro corretto»), mentre Serianni (2006: 145) afferma, sia pure con accorta prudenza, che «a quanto sembra, avere è in espansione». Sono tutte prospettive che si basano sulle sensazioni degli studiosi e non su riscon-tri oggettivi (e questo spiega la diversità quanto meno di accenti). A nulla sono valsi i risultati presentati da Boysen (1977), ampiamente utilizzati da Skytte (1983: 95-103): si tratta di una ricerca fondata su una solida base documentaria (un corpus di 10.000 pagine di narratori italiani del dopoguerra), eccezionalmente ampia per gli anni in cui è stata raccolta.3 2. UN'INDAGINE SULLTTALIANO CONTEMPORANEO Nonostante l'esistenza dello studio di Boysen (1977) credo, quindi, che sia opportuno dar seguito al suggerimento di Serianni (2006: 145), secondo il quale i dati «dovrebbe-ro essere confermati da indagini specifiche (per esempio sulla lingua dei giornali o su campioni di italiano parlato)». È quanto sto facendo per cercare di avere un quadro documentato sugli usi attuali della nostra lingua, soprattutto per quel che riguarda i fenomeni di ristandardizzazione, o di presunta ristandardizzazione, dell'italiano. L'obiettivo è quello di avere un corpus di riferimento, sul quale condurre osservazio-ni quantitative e qualitative sui singoli fenomeni. Per il momento, non avendo ancora a disposizione un corpus sufficientemente ampio e variegato di articoli giornalistici (che sto attualmente allestendo), utilizzo solamente i corpora messi a disposizione degli studiosi di italiano contemporaneo, con generosità e lungimiranza, da Tullio De Mauro: innanzitutto il corpus di narrativa dal dopoguerra ad oggi pubblicato con il titolo di il Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento.4 3 Noto, per inciso, che, ancora una volta, uno studio che cerca di descrivere l'effettivo andamento di un fenomeno dell'italiano, basandosi sullo spoglio di un campione di testi, e dovuto a uno studioso straniero (cfr. Cortelazzo 2007a: 47). 4 Il Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento, edito da UTET, e costituito da 100 romanzi degli anni 1947-1981, che hanno partecipato al Premio Strega: per ogni anno c'e il vincitore, piu uno o due degli altri romanzi giunti in finale. Per le mie ricerche sto integrando il corpus con altri romanzi della seconda meta del Novecento; in questo studio ho spogliato anche Giuseppe Berto, il male oscuro (1964), Italo Calvino, le citta invisibili (1972), Beppe Fenoglio, Una questione privata (1965), Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico (1970), Carlo Levi, Cristo si e fermato a Eboli (1945), Primo Levi, Se questo e un uomo (1958) e La tregua (1963); Giorgio Manganelli, Hilarotragoedia (1964), Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli (1953), Pier Paolo Pasolini, Per un riscontro sul parlato sono ricorso al corpus del Lessico di frequenza dell'ita-liano parlato (De Mauro et alii 1993), ora interrogabile grazie al software della BAnca Dati dell'Italiano Parlato (BADIP) dell'Università di Graz (http://badip.uni-graz.at). Questo corpus, tuttavia, ha una dimensione non paragonabile a quello scritto appena citato e puo servire solo da primo parziale confronto. In entrambi i corpora ho raccolto tutte le occorrenze dei participi passati dei verbi potere, dovere, volere; tra i contesti cosi isolati, ho estratto quelli nei quali i tre verbi fungono da modali e reggono infiniti di verbi che richiedono l'ausiliare essere (o costruzioni verbali, come il passivo, che richiedono tale ausiliare). Le variabili da prendere in esame sono state ben delineate da Telve (2007), Boysen (1977), Skytte (1983): innanzi tutto il modale utilizzato (i tre verbi modali non mostra-no necessariamente tutti lo stesso comportamento), il verbo impiegato, l'origine geografica degli scriventi. 3. LA SITUAZIONE NELL'ITALIANO LETTERARIO CONTEMPORANEO Nel corpus di letteratura italiana contemporanea, i casi utili per la nostra indagine sono 1937. Esaminando i risultati in maniera aggregata (tab. 1), risulta confermata la tendenza delineata in prospettiva storica da Telve (2007): il processo che ha porta-to a preferire l'ausiliare avere (e quindi a considerare l'infinito come componente di una proposizione infinitiva) è molto avanzato, dato che quasi tre quarti delle occor-renze esaminate (precisamente il 74,24%) presentano l'ausiliare avere. ausiliare valori assoluti percentuale avere 1438 74,24% essere 499 25,76% totale 1937 100,00% Tab. 1 - Distribuzione, in valori assoluti e in percentuale, degli ausiliari La situazione si presenta pero diversificata in relazione al verbo modale implicato. Il quadro generale è rappresentato dalle tab. 2 e 3: ausiliare Potere dovere volere avere 67,83% 74,00% 94,88% essere 32,17% 26,00% 5,12% totale 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 2 - Distribuzione in valori assoluti degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), Cesare Pavese, La luna e i falo (1950), Lalla Romano, Tetto murato (1957), Elio Vittorini, Uomini e no (1945), Paolo Volponi, Memoriale (1962) e Ilpianeta irritabile (1978). ausiliare potere dovere volere avere 622 538 278 essere 295 189 15 totale 917 727 293 Tab. 3 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali Come si vede, il modale maggiormente implicato nei costrutti che ci interessano e potere, seguito da dovere e, a lunga distanza, da volere. Pero, nella scelta dell'ausi-liare la palma per il ricorso ad avere, scelta contraria alla norma, va ai costrutti imperniati su volere, seguito da dovere e poi da potere: insomma la maggior fre-quenza del verbo modale sembra garantire una maggiore presenza dell'ausiliare richiesto dalla norma (essere). I risultati confermano sia le considerazioni di Telve (2007), che ha preso in con-siderazione soprattutto potere e volere, dato che per dovere l'impiego come modale e stato marginale fino al Seicento, sia quelle ricavabili dallo studio di Boysen (1977). Rispetto a quest'ultimo, va notato, tuttavia, che il nostro corpus mostra una decisa accelerazione del processo di utilizzo dell'ausiliare avere sia in generale, sia con i sin-goli modali. Il valore percentuale complessivo di uso di avere ricavabile dagli spogli di Boysen, infatti, e del 69,24%, inferiore di 5 punti al valore ricavato dall'esame del corpus da me utilizzato. Inoltre, mostra, per cosi dire, il sorpasso di dovere su potere. Sommando tutte le tipologie di uso dei modali nei tempi composti in connessione con verbi inaccusativi, dallo studio di Boysen risulta che avere viene utilizzato nel 66,21% dei casi se il modale e potere, nel 65,61% se si tratta di dovere, nell'82,50% se si tratta di volere. Se ne deduce che l'incremento complessivo notato e dovuto non tanto all'incremento dell'uso di avere con potere (che risulta aumentato di poco piu di un punto e mezzo percentuale), quanto dall'uso con dovere (aumento di piu di 8 punti percentuali) e con volere (aumento di 12 punti percentuali). Poiché la confor-mazione del corpus di Boysen e molto simile a quella del corpus utilizzato nel presente articolo, si deve ipotizzare che l'estensione dell'uso di avere abbia proceduto con grande velocita nell'ultimo quarantennio.5 Per quel che riguarda il peso che, nella scelta dell'ausiliare, puo avere il verbo all'infinito (aspetto trattato sia da Boysen 1977 sia da Telve 2007), non mi sento in questa sede di proporre dati, vista la grande dispersione di verbi implicati nel costrut-to e la loro differente distribuzione rispetto agli studi con cui confrontare i risultati. Ci sono, tuttavia, tre costrutti sui quali e opportuno aggiungere qualche osservazio-ne, e cioe quelli con essere come verbo all'infinito, con il clitico si (verbi pronominali, 5 Se questa e l'interpretazione esatta, si capisce perché spesso il fenomeno e visto come una carat-teristica della piu recente evoluzione dell'italiano. Resta comunque il fatto che, pero, si tratta della realizzazione sempre piu diffusa di un fenomeno di lungo periodo. costruzioni passive o costruzioni impersonali) o con i verbi al passivo. Anche a que-sto proposito, confrontando il nostro corpus con quello di Boysen (1977), si nota, globalmente, un'ulteriore estensione dell'uso di avere, in linea con l'evoluzione generale del fenomeno (tranne che nel caso del passivo, tab. 4, per il quale Boysen, su 16 esempi, non ne aveva trovato nessuno con essere, mentre nel nostro corpus, su 64 casi di passivo, ne compaiono 3 con essere: ma, dato il basso numero di esempi, si tratta di una differenza scarsamente rilevante). ausiliare potere dovere volere totale avere 96,77% 92,31% 100,00% 95,31% essere 3,23% 7,69% 0,00% 4,69% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 4 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali nelle costruzioni passive Nel caso dei verbi pronominali, o nei verbi costruiti con si passivante o impersonale (tab. 5), possiamo ripetere quanto avevamo osservato a proposito dei dati globali: nel confronto con Boysen (1977), risulta un aumento dell'uso di avere (ma con un incremento ben piu sensibile, dato che si passa dal 64,29 % dello spoglio di Boysen al nostro 75,43%, con una differenza di oltre 11 punti percentuali); inoltre, nel nostro corpus risulta confermato che potere risulta piu resistente alla diffusione di avere rispetto a dovere e volere, mentre anche in questi contesti specifici nel corpus di Boysen potere risulta favorire l'uso di avere piu di dovere. ausiliare potere dovere volere totale avere 66,91% 78,77% 99,06% 75,43% essere 33,09% 21,23% 0,94% 24,57% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 5 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali con verbi pronominali (o con si passivante o impersonale) Ben piu stabile appare il comportamento dell'ausiliare quando il verbo all'infinito retto dal modale e essere (tab. 6). Gia Boysen (1977) aveva trovato, in questo contesto, un'assoluta preminenza di avere (89,39%, che aumenta leggermente nel nostro corpus, raggiungendo il 92,93%) e la sequenza dei verbi modali e gia quella che appare preminente nel corpus piu ampio, e cioe potere - dovere - volere: come dire che l'evo-luzione piu recente e iniziata precocemente nei contesti nei quali il verbo all'infinito implicato nel costrutto modale e essere. ausiliare potere dovere volere totale avere 89,63% 93,14% 100,00% 92,93% essere 10,37% 6,86% 0,00% 7,07% totale 89,63% 93,14% 100,00% 92,93% Tab. 6 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali con essere all'infinito Un parametro fondamentale è, infine, costituito dalla provenienza geografica degli scrittori, secondo le tre macroaree del Nord, della Toscana e del Sud66 Skytte (1983: 93-94) ha individuato la pertinenza dell'origine regionale degli scriventi a proposito del fenomeno, parallelo a quello qui trattato, della posizione del clitico con i verbi modali. Telve (2007) ha segnalato, in tutta la storia dell'italiano, le tendenze differenti che separano gli scrittori toscani dai non toscani, per i quali l'impiego dell'ausiliare essere sembra risultare un uso ereditato per via letteraria, mentre la forma più naturale, perché supportata dal sostrato dialettale, sarebbe l'ausiliare avere. Lo scarto degli scrittori toscani dai non toscani appare evidente. Non solo nei toscani contemporanei (tab. 7) la percentuale di uso dell'ausiliare avere è meno ele-vata che negli scrittori di altra provenienza, anche se avere si conferma l'ausiliare più impiegato (sia pure, con potere e dovere, di poco); ma nei toscani pare crearsi una contrapposizione dicotomica tra potere e dovere da una parte (si noti, verbi con altri comportamenti sintattici simili, in quanto entrambi verbi a sollevamento) e volere (verbo a controllo) dall'altra: la percentuale di ricorso ad avere con i primi due modali è, nei toscani, sostanzialmente identica. ausiliare potere dovere volere totale avere 53,26% 53,93% 74,29% 56,94% essere 46,74% 46,07% 25,71% 43,06% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 7 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali negli scrittori toscani Per quel che riguarda gli scrittori settentrionali e quelli meridionali, se esaminiamo l'uso degli ausiliari globalmente, cioè senza distinzione tra modali, ricaviamo che la distribuzione è analoga, con una percentuale che si aggira, in entrambi i sottocam-pioni, sul 76%. I dati prendono una fisionomia almeno parzialmente diversa se guar-diamo, pero, alla distribuzione modale per modale. Per gli scrittori meridionali (tab. 8) possiamo fare una considerazione analoga a quella fatta per i toscani: il compor- tamento di potere e dovere e sostanzialmente idéntico, anche se si colloca su una soglia ben piu alta di uso di avere rispetto alla Toscana. ausiliare Potere Dovere volere totale avere 72,41% 73,13% 96,40% 76,71% essere 27,59% 26,87% 3,60% 23,29% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 8 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali negli scrittori meridionali La stessa cosa non puo dirsi per gli scrittori settentrionali, nei quali l'uso dell'ausi-liare con i tre modali presenta valori considerevolmente diversi, collocando l'uso di avere con potere circa 10 punti piu in basso di quanto non accada con dovere; mentre volere si distanzia di ulteriori 20 punti (tab. 9). ausiliare Potere dovere volere totale avere 67,59% 78,83% 98,64% 76,22% essere 32,41% 21,17% 1,36% 23,78% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 9 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali negli scrittori settentrionali Possiamo dunque dire che la considerazione fatta a commento della tab. 3, relativamente alla differenziazione dei tre modali per quel che riguarda l'abbinamento con l'ausiliare nei tempi composti, si deve principalmente al peso che nel corpus hanno gli scrittori settentrionali. La tripartizione che, a prima vista, appare tipica dell'italiano odierno riguarda, dunque, solo l'italiano settentrionale; nelle altre zone d'Italia si nota una biparti-zione (potere e dovere vs volere), anche se assestata, nelle due zone, su valori diversi. 4. UNO SGUARDO SUL PARLATO Visti i risultati dell'analisi del corpus di letteratura del dopoguerra, e il confronto con studi analoghi gia pubblicati, ci si puo attendere che nel parlato l'uso preva-lente consista nell'utilizzo dell'ausiliare avere nei tempi composti dei verbi modali, qualsiasi sia il verbo all'infinito presente nel costrutto. Purtroppo, come si e detto, non mi risultano disponibili corpora di italiano parlato di dimensioni corrispon-denti a quello letterario utilizzato finora. Pertanto, non e possibile affiancare a quella proposta finora una descrizione altrettanto dettagliata. Utilizzando il corpus del LIP, abbiamo isolato solo 32 contesti di uso di verbi modali con verbi inaccu-sativi. Sorprendentemente, la distribuzione degli ausiliari (tab. 10) presenta una con-figurazione del tutto opposta rispetto a quella emersa dallo spoglio dei corpora let-terari: prevale l'uso di essere sia complessivamente, sia per potere sia per dovere (dovere presenta il tasso piu basso di ricorso ad avere). Solo volere mostra la preva-lenza di avere. ausiliare Potere Dovere volere totale avere 28,57% 25,00% 66,67% 34,38% essere 71,43% 75,00% 33,33% 65,63% totale 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% Tab. 10 - Distribuzione in percentuale degli ausiliari in dipendenza dai tre verbi modali nel corpus del LIP (De Mauro et alii 1993) Questo risultato sorprendente ha bisogno di una conferma o di una smentita dal-l'analisi di un corpus piu consistente, di cui attualmente non sono in condizioni di disporre. 5. CONCLUSIONI Lo spoglio di un ampio corpus di letteratura contemporanea della seconda meta del Novecento ci ha permesso di confermare, e consolidare, con la forza di un'am-pia messe di dati, le conclusioni gia disponibili sull'uso dell'ausiliare nei tempi composti dei verbi modali legati a verbi inaccusativi. Contrariamente a quanto implicitamente assunto dalle grammatiche normative, e anche da alcune sintesi sull'italiano contemporaneo, l'ausiliare di gran lunga piu usato nei costrutti presi in esame e avere. La prevalenza di avere non e una caratteristica dell'italiano contemporaneo, ma certamente il suo uso si sta sempre piu ampliando. A questa conclusione porta il confronto tra lo spoglio del corpus di Boysen (1977) e il nostro, fondato su basi simili, ma ovviamente piu esteso cronologicamente. Nel breve periodo risulta mutata la familiarita con l'ausiliare avere dei diversi modali: mentre volere ha sempre mostrato una maggiore predisposizione all'ausilia-re avere, l'inversione dell'ordine tra dovere (oggi piu legato ad avere) e potere e un fatto recente. La prevalenza di avere rispetto ad essere mostra valori quantitativi e configura-zioni diverse nelle diverse zone d'Italia. Per il dato quantitativo, c'e una contrap-posizione tra Toscana (dove la propensione all'uso di avere e piu ridotta) e il resto d'Italia; circa la configurazione, Toscana e Italia meridionale mostrano un com-portamento analogo di potere e dovere, che presentano un ricorso ad avere quanti-tativamente molto simile, in contrapposizione a volere, molto piu orientato all'uso di tale ausiliare; l'Italia settentrionale mostra, invece, di aver costituito una scala di propensione all'uso di avere che vede potere nella posizione piu bassa, dovere in quella mediana, volere, ancora una volta, in quella piu alta. Questa situazione sostanzialmente non dipende dal verbo implicato nel comples-so verbale. In particolare, l'uso dell'ausiliare quando il verbo all'infinito e essere appa-re anticipare le tendenze piu generali; gia nello spoglio di Boysen (1977) il ricorso ad avere era assolutamente preminente e si verificava la scala di propensione potere -dovere - volere, che per gli altri verbi emerge, soprattutto ad opera degli scrittori set-tentrionali, solo nel corpus che tiene conto anche degli anni piu recenti. Contraria alle attese e la distribuzione degli ausiliari che emerge dall'esame di un corpus di italiano parlato: risulta prevalere l'uso di essere. La ristrettezza del corpus ci induce, pero, a sospendere il giudizio, in attesa dello spoglio di corpora piu ampi. In conclusione, possiamo sostenere con certezza che la prescrizione delle gram-matiche che stabiliscono la preferenza, dal punto di vista normativo, dell'uso dell'ausiliare essere con i verbi modali che si accompagnano a verbi inaccusativi e assolutamente anacronistica e va in direzione contraria rispetto a una chiara linea evolutiva della storia dell'italiano. Bibliografía Boysen, Gerhard (1977) «L'emploi des verbes auxiliaries 'essere' et 'avere' avec les verbes modaux en italien.» Studia Neophilologica XLIX, 287-309. Coletti, Vittorio (1993) Storia dell'italiano letterario. Torino: Einaudi. Cortelazzo, Michele A. (2007a) «Evoluzione della lingua, percezione del cambiamento, sta-ticita della norma.» In: E. Pistolesi (a cura di), Lingua scuola e societa. Inuovi bisogni comu-nicativi nelle classi multiculturali. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto Gramsci delFriuli Venezia Giulia con ilpatrocinio dell'Universita degli Studi di Trieste, Trieste, 6 - 7 ottobre 2006. 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Riassunto EVOLUZIONE DELLA LINGUA E STATICITA DELLA NORMA NELL'ITALIANO CONTEMPORANEO: GLI AUSILIARI NEI COSTRUTTI CON VERBI MODALI Tra i fenomeni che vengono attribuiti alla recente evoluzione dell'italiano (e che vengono stig-matizzati dalle grammatiche normative) vi e l'uso generalizzato dell'ausiliare avere nei tempi composti dei verbi modali, anche quando il verbo modale regge un verbo all'infinito che nei tempi composti richiede l'ausiliare essere. Studi recenti hanno gia mostrato che, nell'uso, l'impiego di avere e prevalente rispetto all'uso di essere e che si tratta di un fenomeno che percorre tutta la storia dell'italiano. Queste conclusioni sono state confermate e rafforzate dall'analisi di un corpus formato da 116 romanzi italiani pubblicati a partire dal secondo dopoguerra. Povzetek RAZVOJ JEZIKA IN STATIČNOST NORME V SODOBNI ITALIJANŠČINI: POMOŽNIKI V KONSTRUKCIJAH Z MODALNIMI GLAGOLI Med pojavi, ki naj bi bili značilni za novejši razvoj italijanščine (in ki jih normativne slovnice stigmatizirajo), je posplošena raba pomožnika avere v sestavljenih časih modalnih glagolov tudi takrat, kadar se modalni glagol veže z glagolom v nedoločniku, ki v sestavljenih časih zahteva pomožnik essere. Nedavne študije so že pokazale, da v rabi prevladuje pomožnik avere v primerjavi s pomožnikom essere in da gre za pojav, ki je prisoten skozi vso zgodovino italijanščine. Te zaključke je potrdila in utrdila analiza korpusa, ki ga sestavlja 116 italijanskih romanov, objavljenih po drugi svetovni vojni.