ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 201 received: 2019-07-22 DOI 10.19233/ASHS.2020.12 I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER IGNORATE DAGLI STUDIOSI Stanko FLEGO Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi/Narodna in študijska knjižnica, Via S. Francesco 20, 34133 Trieste, Italia e-mail: s_flego@virgilio.it Lidija RUPEL Biblioteca Nazionale Slovena e degli Studi/Narodna in študijska knjižnica, Via S. Francesco 20, 34133 Trieste, Italia e-mail: lidiarupel22@gmail.com SINTESI Ludwig Karl Moser, professore di scienze naturali nel liceo classico di lingua tedesca di Trieste, scavò nei dintor- ni di Duino, e precisamente a Boccadino, nell’area dell’attuale Villaggio del Pescatore, e a Braida, località sita tra Duino e San Giovanni al Timavo. I risultati delle sue indagini non vennero riportati nelle successive pubblicazioni relative ai due siti. Gli autori pubblicano le traduzioni integrali degli articoli di Moser su Boccadino e Braida, analizzano i dati a loro disposizione, completandoli con nuovi elementi, e localizzano il sito di Braida. Parole chiave: Boccadino, Braida, Ludwig Karl Moser, epoca romana, tombe tardoromane, monete romane, Kenner, Puschi ROMAN SITES BOCCADINO AND BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): TWO RESEARCHES OF LUDWIG KARL MOSER IGNORED BY ACADEMICS ABSTRACT Ludwig Karl Moser, teacher at the German classical gymnasium of Trieste, carried out researches and explora- tions in the areas near Duino, more precisely in Boccadino (nowadays Villaggio del Pescatore) and in Braida, an area between Duino and San Giovanni al Timavo. The results of his researches were not mentioned in the publications about the two sites. The authors are publishing the complete translations of Moser's articles, analizing and enriching the datas and defining the location of the site of Braida. Keywords: Boccadino, Braida, Ludwig Karl Moser, Roman ages, late Roman burials, Roman coins, Kenner, Puschi ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 202 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 INTRODUZIONE Ludwig Karl Moser (Teschen/Těšín 1845 – Bolzano 1918), dal 1876 al 1904 professore di scienze naturali presso il liceo classico di lingua tedesca di Trieste, fu uno studioso poliedrico, attivo soprattutto in campo speleologico e archeologico non soltanto sul Carso Triestino, ma anche nei territori limitrofi, oggi in Slo- venia e in Croazia. La sua ricca bibliografia che com- prende almeno 261 titoli (Župančič, 2012) rispecchia il ritmo instancabile ed entusiastico delle sue ricerche a cui dedicava tutto il tempo libero dagli impegni scolastici. Sicuramente stimolanti per Moser furono sia l’ambiente scolastico, polo culturale importante per la comunità di lingua tedesca, sia la stessa città di Trieste che nella seconda metà dell’Ottocento era molto attiva sul piano della ricerca scientifica: nume- rosi furono gli studiosi di grande caratura che diedero un notevole apporto alle discipline di appartenenza. Tra questi si può oggi annoverare anche L. K. Moser che fu molto apprezzato nei circoli triestini di lingua tedesca e filoaustriaci, ma aspramente criticato dagli intellettuali italiani. Non gli fu certamente d’aiuto l’essere contemporaneo di Carlo de Marchesetti, ap- prezzato studioso, che dal 1876 rivestiva la carica di direttore del Museo Civico di Storia Naturale. Questo atteggiamento negativo nei confronti di L. K. Moser e del suo operato continuò anche dopo la sua morte, avvenuta il 2 giugno del 1918, e si acuì in seguito, negli anni Venti del secolo scorso, ad opera di Raf- faello Battaglia che giudicava Moser una “persona assolutamente incompetente” (Battaglia, 1924, 71). Questo giudizio negativo fu poi ripreso pedissequa- mente dagli studiosi successivi: Dante Cannarella nel 1984 lo riteneva privo di “preparazione scientifica” e di “serietà”, devastatore di tombe e latore di “notizie a volte anche false” (Cannarella, 1984, 444–446), opinione questa ripresa anche da Marco Durigon nell’articolo del 1999 sulle grotte carsiche di epoca romana in cui sottolineava come Moser non avesse “la dovuta professionalità per svolgere una seria indagine paletnologica” (Durigon, 1999, 30). Soltanto negli ul- timi anni si registra un atteggiamento più obiettivo nei suoi confronti accompagnato da una revisione critica del suo operato (Flego & Rupel, 2012). Di conseguenza molte ricerche, fatte da Moser, furono ignorate o prese in minor considerazione anche se attinenti a zone di notevole importanza archeolo- gica e oggetto di nuove e approfondite indagini. Nel presente articolo si prendono in considerazione due Immagine 1: Stralcio della Carta Tecnica Regionale Numerica (CTRN) 1:5000 (elemento n. 109044 San Giovanni al Timavo) con indicati i siti di Boccadino (1) e Braida (2). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 203 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 interventi, effettuati da Moser nell’odierno territorio del comune di Duino-Aurisina presso Trieste, e in se- guito “dimenticati”: Boccadino nell’area del Villaggio del Pescatore e Braida1, località sita tra Duino e San Giovanni al Timavo (imm.1). Lo scavo di L. K. Moser a Boccadino fu l’unico in- tervento sistematico eseguito in questo sito, a cui fece seguito una relazione dettagliata comprendente anche il disegno della stratigrafia. In seguito in questo luogo non furono effettuate altre ricerche, di conseguenza, dopo l’interramento di parte della baia per la costru- zione del Villaggio del Pescatore negli anni Cinquanta del secolo scorso, le indagini di Moser rimangono le uniche testimonianze, avvalorate da ricerche archeo- logiche, dell’esistenza di una necropoli nella Baia di Boccadino. Anche nel caso del secondo sito, Braida, i dati rife- riti da L. K. Moser e la pianta delle strutture da lui re- datta sono le testimonianze più complete che si hanno di questo sito. Solo Alberto Puschi nei suoi diari fece riferimento alle ricerche di Moser, mentre in seguito il sito anche se evidenziato non fu messo in relazione con quello indagato da Moser agli inizi del Novecento. 1 I toponimi Boccadino e Braida sono riportati nella forma usata da Moser. 2 In Auriemma & Karinja (2008, 185, fig. 111) la Mappa catastale del comune di Duino 662b/1 del Catasto Franceschino è stata sovrap- posta alla Carta Tecnica Regionale n.109044. I SITI ARCHEOLOGICI Boccadino La baia di Boccadino (Valcatino, Val Catino, Bocca- tino, Boccadin, Bokadin, Bacadin) si trovava sulla costa tra l’abitato di Duino e la foce del fiume Timavo a San Giovanni al Timavo. Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso questa zona fu stravolta dall’interramento della baia per rendere possibile la costruzione del Villaggio di San Marco, in seguito denominato Villaggio del Pe- scatore, destinato a ospitare i profughi istriani. Prima di questi interventi la piccola baia, delimitata dalle pareti strapiombanti del ciglione carsico, era divisa in due da un costone roccioso, formando così due insenature: una più grande, Boccadino Vecchio, a nord ovest, e una più piccola, Boccadino Nuovo, a sud est. Nel 1951 le prime dieci unità abitative del nuovo borgo furono costruite proprio nell’area di Boccadino Vecchio (imm. 2, 3). La zona di Boccadino era l’unica area coltivabile lungo la costa tra la Baia di Sistiana e le foci del Timavo come si evince dalla mappa del Catasto Franceschino (imm. 4) degli inizi del XIX secolo (ASTS, Mappa cata- stale del comune di Duino 662b/1), sulla quale è segnata nell'insenatura di Boccadino Nuovo una vigna, circonda- ta a monte da una striscia di terra non coltivata2. La località è citata nel diploma del patriarca aquileiese Vodolrico I con la locuzione “a valle de Catyno”: nel documento, che si data tra il 1090 e il 1105, l’antistite dona all’Abbazia di S. Martino della Immagine 2: Mappa catastale della metà degli anni Cin- quanta del secolo scorso (Catasto Fondiario di Trieste). Nell’area di Boccadino Vecchio sono segnate 10 case, primo nucleo abitativo del Villaggio San Marco. Nella zona di Boccadino Nuovo sono indicate le pp. cc. nn. 103 e 104, già presenti nella Mappa del Catasto France- schino del 1818. La sottile linea nera indica l’andamento della costa prima dell’interramento che rese possibile la costruzione dei nuovi edifici, di cui gran parte si trova proprio nella zona interrata. Immagine 3: Vista sulle prime case costruite nell'insenatu- ra di Boccadino Vecchio, sulla destra è visibile un tratto di mura del cosiddetto Palazzo di Attila (Foto: F. Colombo). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 204 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 Beligna il monastero abbandonato di S. Giovanni in Tuba (Scalon, 1983, 23). In un documento triestino del 6 dicembre 1451 è riportata invece la forma “Bacadin” (ADTS, Vicedominaria, β C 42, C. 182R)3. Il primo a dare notizia di ritrovamenti in questa zona fu lo storico triestino Pietro Kandler che nel 1850 scrisse nella sua rivista L’Istria (Kandler, 1850, 261): [...] quella valle che tutto giorno dicono Bocadi- no, nella quale viddi rovine amplissime di antico edifizio a più corsi di muro, ed avanzi di stoviglie ed innumara quantità di tegole romane; sopra bellissimo seno di mare, che distinguono in due parti, Bocadin vecchio e Bocadin nuovo; non sen- za probabilità che il vecchio fosse piccolo porto, chiuso da catena, come solevansi nei porti tutti, da cui forse il nome sì frequente in altre parti di Valcatena. 3 Si ringrazia Fulvio Colombo per la gentile segnalazione. Kandler si occupò nuovamente di Boccadino nel 1864 (Kandler, 1864, 34) in un breve appunto pub- blicato sempre sulla rivista L’Istria: “[...] A Val Catino o Catena, oltrechè opere artifiziali per farne ridotto di navi, ho veduto ampie rovine, certamente di quel castello di Pucino, dal quale venne il nome al celebra- tissimo liquore […]” Nel 1881 Sir Richard Francis Burton, noto esplora- tore e studioso inglese, console britannico a Trieste dal 1871 sino alla morte avvenuta nel 1890, nel suo scritto sulle terme di Monfalcone, descrivendo un’escursione da Trieste a Monfalcone, riportò alcuni dati su Bocca- dino (Burton, 1992, 63): Vicino alla cosiddetta strada romana fu trovato, dicono, un raffinato ossuario di vetro con una fascetta in argento, che si inseriva in una giara di pietra e contenente resti umani; questo fatto ricorda la Via Appia. Andando verso la costa os- serviamo una doppia baia verso ovest, orlata da piante acquatiche. Secondo il canonico Adolfo Pichler, che ora esercita a Trento e che si propone di scrivere la storia di Duino, qui è situato secon- do la tradizione, il palazzo di Attila. I blocchi di rovine sopra la scogliera, a circa ottanta piedi, sono costruzioni medioevali e una cavità, ora chiusa dalla spazzatura, si suppone sia la volta di una chiesa. La metà settentrionale della baia era in apparenza un luogo di sepoltura e qui furono scoperti otto scheletri dal proprietario del terreno Stefano Valentinicic, scherzosamente chiamato “l’avvocato di Duino”. Egli mostrò un’inequivo- cabile anfora e delle tegole scanalate insieme ad alcune monete, in particolare un Diocleziano di assai dubbia origine. L’anno successivo, nel 1882, fu pubblicato il libro del canonico Rodolfo Pichler sul Castello di Duino, nel quale l’Autore descrisse la località di Boccadino in modo dettagliato e colorito (Pichler, 1882, 65): Valcatino era confinato a sera da un poggio mes- so a cultura presso la riviera lussureggiante del Timavo e a mattina dal folto bosco di lecci, che dal suo cupo colore venne chiamato Nigriniano, e Cernizza ancor oggi appellasi dagli Sloveni. Lo scoglio che s’insinua per un tratto nell’acque e divide la baia in due, portava a cavaliere una rocca costrutta di pietra squadrata, di cui si veggono tuttodì le traccie; non molti anni fa lasciava ancora scorgere le celle e gli scompar- timenti inferiori. Nella parte più bassa, vicino alla marina, il villano ruppe sovente col vomere i musaici o pavimenti dei fabbricati sottostanti il castello. Domestiche suppellettili, frammenti Immagine 4: Mappa del Catasto Franceschino, 1818 (ASTS, Duino, 662b/1). La zona di Boccadino Vecchio, a NO, non presenta aree coltivate, mentre un vigneto è segnato a SE nella zona di Boccadino Nuovo, più elevata rispetto al livello del mare e quindi più adatta alla coltivazione. ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 205 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 di vasi vinarii, di urne cinerarie, monete romane si continuano a scavare tutto all’intorno; in un punto della spiaggia furono rinvenuti sepolti sette scheletri coricati uno presso l’altro, di statura assai vantaggiosa; ed erano ancora ben conservati, ma possono essere di tempi meno antichi. Sia Burton che Pichler riportano la notizia del ritro- vamento di sepolture di inumati sulla spiaggia: secondo lo studioso inglese nella parte settentrionale della baia furono rinvenuti otto scheletri, mentre secondo Pichler gli scheletri furono sette, in buono stato di conserva- zione e riferibili a persone di statura elevata, manca però in ambedue i casi un’indicazione più precisa del punto di rinvenimento. Nel 1886 Boccadino con il suo ricco passato arche- ologico attirò l’interesse del professore L. K. Moser che dopo aver visitato il sito decise di intraprendervi delle ricerche, attingendo per lo scavo dai fondi, raccolti precedentemente tra i triestini benestanti per sostenere le sue indagini (Mader, 2012, 115). La relazione (Moser, 1888, 30–32) sulle ricerche, svolte nella baia di Boccadino, fu stilata in breve tempo, come sua abitudine, e pubblicata nel periodico della Commissione Preistorica dell’Accademia delle Scienze di Vienna (Mittheilungen der Prähistorischen Kommission) nel 1888 e in seguito ristampata nel 1903 (Moser, 1903, 30–32). Moser riportò nel suo contributo, ricco di dati si- gnificativi, anche il rilievo stratigrafico dello scavo con la descrizione dei singoli strati, un approccio scientifi- camente corretto che dimostra, nonostante le critiche a lui rivolte, che egli aveva fatto buon uso degli inse- gnamenti di Ferdinand von Hochstetter (1829–1884), direttore del Museo di Storia Naturale di Vienna dal 1876, e di Moriz Hoernes, primo docente di preistoria presso l’Università di Vienna (Mader, 2012, 114–115). Si ripropone di seguito in traduzione il testo com- pleto del 1888. 10. Indagini sulle tombe romane di Boccadino presso San Giovanni vicino alle bocche del Timavo. Boccadino è costituito da due insenature, deli- mitate dal ripido ciglione carsico, che si trovano sopra il livello del mare e sono in parte difese da una barriera che le protegge dalla penetrazione del mare. Ci si arriva da Duino, dapprima se- guendo la strada che conduce a S. Giovanni, poi un sentiero che non lontano dal Parco dei cervi gira in direzione del mare e attraversa presto la vecchia strada imperiale. Nell’insenatura più profonda di questo sito costiero piano, usato per la produzione di vino e mais, tra la ripida parete carsica e la vigna del proprietario terriero Martinčich di Duino si trova un banco di ghiaia largo 3-6 metri il quale è coperto superficialmen- te da una ricca vegetazione. Nel 1883, durante il dissodamento della vigna, in questo banco di ghiaia furono rinvenuti dal succitato proprietario alcuni scheletri, poi monete e vasellame fittile. Le monete e la ceramica furono consegnate, a detta del rinvenitore, all’i.r. ufficio distrettuale di Monfalcone, gli scheletri invece furono gettati in mare. Nell’agosto del 1886, in occasione di un’escursione a Duino, visitai per la prima volta il sito descritto e ricevetti dal proprietario, che per caso era presente, 11 oggetti in terracotta perforati, di rozza fattura, di colore giallo pallido o rossastro, di forma globulare, schiacciata o biconica, di 3.6-4.3 cm di larghezza e 2.2-3 cm di altezza, del tipo comunemente indicato come fusaiola o peso da rete. Pare che questi si trovassero infilati su una cordicella vicino al collo di uno degli scheletri. Alla fine di Settembre dell’anno scorso in base ad un accordo con il proprietario diedi inizio allo scavo nel menzionato banco di ghiaia, utilizzando a tale scopo 14 operai e due carri trainati da buoi per trasportare i detriti alla suddetta diga. I lavori iniziarono nell’angolo orientale destro dell’insenatura, lì dove erano stati rinvenuti gli scheletri nel 1883. Nella vigna stessa, in cui fu fatto un ampio saggio, non vi furono ritrovamenti, inoltre delle infiltrazioni d’acqua compromisero le ricerche. Tuttavia il banco di ghiaia mostrava in tutta la sua lunghezza uno strato archeologico coe- rente, il cui profilo si può vedere nella sezione stratigrafica a lato (fig. 61). In cima si trovava un sottile strato di humus con vegetazione, poi uno strato spesso mezzo metro, composto da grossi blocchi di pietra, seguito da uno strato archeologico antico dello spessore fino a un me- tro. In esso si trovarono per lo più ossa umane, numerosi frammenti di ceramica, grossi pezzi di laterizi, carbone e conchiglie marine. Dopo di ciò seguiva uno strato di breccia cementata di oltre due metri che non conteneva resti arche- ologici e che spesso alla sua base presentava sabbia marina e detriti concrezionati assieme, anche con infiltrazioni d’acqua [imm. 5]. I sopraccitati oggetti in terracotta (Thon- kugeln), rinvenuti di nuovo in gran numero proprio il primo giorno di scavo, si trovavano di solito nello strato superiore di detriti. Qui, nel punto dove si trovavano sparsi disordina- tamente dei frammenti di urne e dei resti di cremazione, furono rinvenuti un amo da pesca in grosso filo di bronzo ad uncino con estre- mità appiattita, rivolta verso l’interno, oltre ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 206 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 al frammento superiore di un ago in bronzo con capocchia emisferica e occhiello dal collo ispessito. Nella parte inferiore del banco di ghiaia il terreno si presentava mescolato a sabbia fine, interamente permeato di ruggine, frammisto a resti carboniosi e a numerosi grumi di piombo fuso, le cui estremità ossidate avevano una colorazione tra il marrone chiaro e il bianco, il piombo si rivelò particolarmente bianco al ta- glio, il che lasciava supporre un’alta percentua- le di argento. Subito sotto questi ritrovamenti si trovava sabbia fine su una breccia di calcare giallastro disgregata dal tempo che costituiva la base di tutto il bancone di ghiaia. Nello strato antropizzato furono trovate tra le conchiglie marine per lo più conchiglie di ostriche, cuo- retti e cozze, oltre che di Haliotis tuberculata, Cerithium vulgatum, Murex brandaris ecc. Quanto più si scavava a sinistra (ovest) del punto di giacitura degli scheletri, rinve- nuti nel 1883, tanto più veniva a mancare lo strato archeologico e al suo posto si trovavano detriti con terra fine nera. In questi detriti si rinvennero frammenti di ceramica, tegole piatte con bordi piegati all’insù, una rozza tazza in ceramica con coperchio conico e numerosi coperchi fittili piatti con bottone. In seguito al cedimento di un ampio tratto dello strato di grossi detriti venne alla luce uno scheletro umano, con la testa rivolta a NO, e le mani, così sembra, incrociate sopra il petto, il tutto in cattivo stato di conservazione. I resti dello scheletro suggerivano un uomo forte e alto. Dai frammenti del cranio fu possibile ricostruire solo il calvario. Era molto spazioso, aveva una cucitura frontale e le cuciture non erano visibili tranne la sutura squamosa. C’erano già tracce di atrofia senile in diversi punti del vertice. La fronte è molto ampia e le bozze frontali sono alquanto prominenti. Le arcate sopraccigliari sono rotte, ma sembra fossero molto grandi. La lunghezza è data quindi dalla Glabella. L’occipitale è abbastanza prominente. Il cranio è dolicocefalo (lunghezza: larghezza = 72,6) e camecefalo. Proporzioni: lunghezza = 197; larghezza = 143; larghezza faccia = 102; punto di attac- catura delle orecchie = 109. Nel corredo si trovò un coperchio piatto di ceramica con pomello centrale, un chiodo di ferro e le parti terminali, ambedue forate, di un filo di bronzo schiacciato (punto di rivettatura), inoltre conchiglie di Spondylus gaederopus, Pecten glaber e Cardium edule. Furono rinve- nuti anche: un coperchio in ceramica con 4 impressioni a ditate sul pomello centrale, cocci, per lo più di grandi brocche romane (anfore con puntale, collo e doppie anse), due monete e singole ossa umane, ma nessun altro scheletro intero. Dopo cinque giorni di lavoro abbando- nai la speranza di ritrovamenti migliori e chiusi lo scavo. Anche nella vigna della seconda baia di Boccadino il proprietario rinvenne uno schele- tro e frammenti di ceramica, come pure nume- rose scorie di metallo. La distruzione di queste tombe romane, conservatesi solo nell’angolo più riparato della baia occidentale, è dovuta in parte alla caduta di massi dalle ripide pareti rocciose e in parte alla penetrazione violenta dell’acqua marina durante le tempeste. Resti di strutture di un piccolo insediamento, cui perti- nevano queste tombe, si trovano sotto forma di resti di sette muri in opus quadratum in cima al promontorio che sporge sul mare tra le due in- senature. Inoltre proprio lì, volgendo lo sguardo verso l’interno, si scorgono ancora i resti di un lungo muro in blocchi di pietra eseguito rozza- mente (nella parte occidentale conservato sino a 2 metri di altezza). Questi resti di mura sono attribuiti dal popolo ad un castello di Attila. Alla località si collega anche la leggenda – forse in seguito ai precedenti ritrovamenti di scheletri – che presso le bocche del Timavo fosse sepolta la figlia di un re con il suo seguito, inoltre storie di una battaglia sanguinosa e simili. Solo le due monete possono fornire un’in- formazione approssimativa sul periodo, a cui appartengono le tombe descritte. Una di esse è una moneta di bronzo con la scritta D. (diritto): VRBS – ROMA, testa elmata della divinità della città (il volto talvolta mostra delle somiglianze con il ritratto dell’imperatore) – R. (rovescio): Immagine 5: Stratigrafia dello scavo di Boccadino Vecchio (Moser, 1888, 31): a strato di humus con detriti; b grossi detriti; c tombe; d detriti; e breccia; f sabbia di fiume con resti di fusione di piombo; g detriti con sabbia fine; h strato di argilla. ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 207 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 Romolo e Remo allattati dalla lupa. Queste monete si datano al tempo di Costantino il Grande. Il secondo pezzo, male conservato, è un asse onciale di età repubblicana; D.: testa di Giano con segno (marca) I – R.: tracce della parte anteriore (prora) di una nave. Poiché la moneta è contrassegnata dal piede onciale e non ci sono altri dettagli, è possibile solo una datazione approssimativa tra il 200 e il 100 a. C. (la Lex Papiria dell’89 a. C. autorizzava la riduzione semionciale dell’asse; ma all’inizio vigeva ancora una specie di periodo transito- rio). In base all’usanza quasi universalmente prevalente nelle tombe romane di dare ai morti come obolo monete non più in circolazione, risulta utile alla determinazione cronologica delle tombe romane di Boccadino solo la prima moneta citata, di molti secoli più recente. Le tombe pertanto si collocano, probabilmente, nella prima metà del IV secolo d. C. Moser intraprese le indagini nell’insenatura “più profonda” di Boccadino (Boccadino Vecchio) il 30 set- tembre 1886, poco più di un mese dopo la conclusione degli scavi nella Grotta Teresiana (Grotta Fioravante, VG 939, Reg. 411) che si erano protratti dal 26 luglio al 20 agosto 1886 (Flego & Župančič, 2012, 167). Dai diari manoscritti di Moser, conservati nel Museo di Storia Naturale di Trieste, si evince che lo scavo durò pochi giorni: dal 30 settembre al 6 ottobre 1886 (Fondo Moser, Diario 1, 139, 143). Lo studioso ebbe a disposizione per lo scavo ben 14 operai e due carri trainati da buoi, impegnati probabil- 4 Nel 1898 Moser scavò alcune tombe di epoca altomedievale a Lahovec sotto Santa Croce (Trieste) e anche allora i resti vennero alla luce durante l'impianto di un nuovo vigneto (Flego, Rupel & Župančič, 2001, 171–174). mente nel consolidamento della barriera posta a difesa dell’insenatura di Boccadino Vecchio. La costruzione era preesistente, forse adibita inizialmente all’attracco di piccole imbarcazioni, come scrisse P. Kandler “ope- re artifiziali per farne ridotto di navi” (Kandler, 1864, 34). Dello stesso parere era anche Alberto Puschi che all’inizio del secolo scorso scrisse [...] dai contadini abbiamo rilevato che nel palu- do vi sono gli avanzi di un grosso muro a secco che certamente è quello della diga la quale proteggeva dal lato di maestro il piccolo bacino, che, come abbiamo già osservato, stante la strut- tura della costa, molto ripida, non poteva servire da scalo, ma solo di rifugio a piccole barche e di approdo a quelle che provvedevano ai limitati bisogni del luogo. Appiedi della parete scoscesa della costa si rinvennero spesso rottami di anfore e di altri vasi di laterizio, antiche monete e sepol- ture, e si mostra il sito ove avanti alcuni decenni furono scoperti sette scheletri di uomini di alta statura, i quali giacevano coricati l’uno accanto all’altro (Auriemma & Karinja, 2008, 97). Queste informazioni si riferiscono sicuramente alla diga di cui parla Moser all’inizio del suo articolo e che, evidentemente, già al tempo di Puschi, non era più riconoscibile come tale (imm. 6). I lavori sulla barriera sono probabilmente da colle- gare con l’impianto di un nuovo vigneto nella baia di Boccadino Vecchio4. Proprio alla fine del secolo XIX, infatti, si registra un incremento della viticoltura nel territorio triestino. Nel diario di Moser c’è uno schizzo dell’area di Boccadino, in cui la barriera è ben visibile dinanzi all’insenatura di Boccadino Vecchio (Fondo Moser, Diario 1, 141) (imm. 7). Egli colloca a ridosso della riva di Boccadino Vecchio un vigneto delimitato da una linea di terra incolta subito sotto il ciglione carsico. Nell’insenatu- ra più piccola, Boccadino Nuovo, sono segnate una Immagine 6: Schizzo di Boccadino eseguito da Al- berto Puschi (CMSA Trieste, Archivio Puschi 2/11, Lacus Timavi. Elaborato II Strade, in Progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA AltoAdriatico, Repertorio Icono- grafico online. Http://www2.units.it/adriatic/risulta- ti/?file=download.html). Immagine 7: Schizzo di Boccadino eseguito da L. K. Moser (CMSN Trieste, Fondo Moser, Diario 1, 141). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 208 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 capanna (Hütte) e una sorgente (Quelle), mentre sullo sperone roccioso un quadratino con accanto la scritta rovine (Ruinen) indica il cosiddetto Palazzo di Attila. Una serie di quadratini nell’area di Boccadino Nuovo segnala invece i resti, oggi riferibili al sito Casa Pahor (Auriemma & Karinja, 2008, 104–105, UT 159). La sorgente, posta in una piccola cavità naturale e adibita ad uso privato dal proprietario del terreno prima che l’area fosse edificata, è citata in un recente articolo di Dario Marini (Marini, Degrassi & Sattolo, 2014, 103–105). L’Autore riporta la notizia che negli anni Sessanta del secolo scorso un sommozzatore durante un sopralluogo rinvenne proprio in questa sorgente alcuni frammenti di “anfora romana” e “due monete” (Marini, Degrassi & Sattolo, 2014, 104). Moser concentrò le ricerche nell’angolo orientale destro di Boccadino Vecchio nel banco di ghiaia, largo 3 – 6 m, posto tra la ripida parete carsica e la vigna del signor Martinčich, dove nel 1883, come egli scrisse, furono rinvenuti alcuni scheletri. Si tratta pro- babilmente degli otto scheletri già citati da R. Burton nel 1881 ovvero dei sette scheletri menzionati da R. Pichler nel 1882 nonostante le date non coincidano con quella riportata da Moser. A ovest del punto di rinvenimento degli scheletri del “1883” lo studioso rinvenne un’unica sepoltura maschile in cattivo stato di conservazione, e precisamente nello strato indicato con la lettera c (Grabfunde) che dalla descrizione non sembrerebbe integro. Lo scheletro, secondo lo studio- so, apparteneva ad un uomo non più giovanissimo, ma forte e alto, il che corrisponde a quanto riferito da Pi- chler. Moser descrisse con perizia di dati la posizione dello scheletro (testa girata verso NO, mani incrociate sul petto) e in particolare il cranio mostrando una buona preparazione, testimonianza forse del breve periodo in cui, per volere del padre, aveva studiato medicina all’Università di Vienna. Gli oggetti che egli indica come appartenenti al corredo, sono pochi e privi di caratteristiche tali da consentirne una collo- cazione cronologica più precisa. Le stesse difficoltà di datazione si riscontrano per gli altri reperti rinvenuti in strato assieme a singole ossa umane: frammenti di anfore e un coperchio con decorazione a ditate sul pomello centrale. Tra i ritrovamenti figurano anche due monete: un asse romano di età repubblicana della serie della prua, coniato a Roma, in circolazione sino al 148 a. C. e un centenionale di bronzo di Costantino il Grande della serie URBS ROMA con busto elmato al diritto e al rovescio la lupa con i gemelli, la cui produ- zione si colloca tra il 330-3375. Risulta difficile senza l’indicazione dell’esatto punto di rinvenimento capire 5 Si ringrazia Andrej Šemrov del Narodni muzej Slovenije per la classificazione delle monete. 6 Molti anni dopo, nel 1907, Moser accompagnò i membri del circolo speleologico tedesco Höhlenforscherverein Hades a visitare i resti del cosiddetto Castello di Attila (Triester Zeitung, 16. 5. 1907: Höhlenforscherverein “Hades”, 2). 7 Lo storico triestino Pietro Kandler (Kandler, 1850, 112; Kandler, 1864, 34) riteneva che il Palazzo di Attila fosse da identificare con il Ca- stellum Pucinum ricordato da Plinio il Vecchio (Nat. Hist. XIV, 6, 60). Dello stesso parere furono anche Alfredo Lazzarini, uno dei fondatori della speleologia friulana (Il Giornale di Udine, 25. 1. 1896: Castel Pucino, 2), e Alberto Puschi (Auriemma et al., 2007, 509–510). se le monete fossero veramente pertinenti al corredo funerario della tomba in questione, soprattutto nel caso dell’asse repubblicano che lo studioso identificò con il cosiddetto “obolo di Caronte”. Comunque, proprio sulla base del centenionale in bronzo di Costantino il Grande Moser collocò le sepolture nella prima metà del IV sec. d. C. Lo strato sottostante (f), in cui si rinvennero tracce di carbone e numerosi resti di fusione di piombo, è forse da attribuire a una fase romana antecedente. Nello strato superficiale di humus (a) furono rinve- nute numerose “Thonkugeln”, probabili pesi da rete, interpretazione suffragata dalla posizione del sito in riva al mare, dalla presenza in strato di un amo in bron- zo e da ritrovamenti analoghi nella vicina Casa Pahor (Auriemma & Karinja, 2008, 105 e n.176). Inoltre, undici “Thonkugeln” di varia forma furono consegnate a Moser dal proprietario del fondo e sarebbero state rinvenute “infilate su di una cordicella vicino al collo di uno degli scheletri”. La mancanza di una riproduzione grafica e di una descrizione più dettagliata rende diffi- cile una classificazione più precisa di questi oggetti e la loro destinazione d’uso. Sotto il piano di calpestio (a) si trovava il secondo strato (b), costituito da grossi blocchi di pietra da rife- rire o al costone roccioso o alle macerie delle strutture che si trovavano sullo sperone roccioso sovrastante la baia, il cosiddetto Palazzo d’Attila6, i cui resti furono descritti brevemente anche da Moser nella parte finale della sua relazione. Le ultime ricerche hanno evidenziato che i resti del cosiddetto Palazzo d’Attila e della vicina Casa Pahor appartenevano allo stesso complesso abitativo, in uso tra la prima metà del I sec. a. C. e il IV sec. d. C. (Auriemma & Karinja, 2008, 100) e si ritiene possi- bile che il complesso avesse in origine una funzione difensiva7 e che in seguito fosse stato trasformato in villa rustica, ma non si esclude anche il contrario, cioè di una sua successiva trasformazione in presidio volto a controllare il territorio (Auriemma & Karinja, 2008, 88). Le leggende, riportate da Moser nel suo articolo che collocano nei pressi delle Bocche del Timavo una battaglia sanguinosa e la sepoltura di una principessa con il suo seguito, potrebbero suffragare l’ipotesi di un ruolo militare del complesso in un periodo che allo stato attuale degli studi non è possibile definire con più precisione. Moser riporta, inoltre, la notizia del rinvenimento da parte del proprietario di uno scheletro e di fram- menti di ceramica e scorie di metallo anche in una vigna dell’insenatura orientale (Boccadino Nuovo). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 209 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 Il numero esiguo di ritrovamenti indussero lo stu- dioso a ritenere il sito di scarso interesse archeologico e a sospendere i lavori di scavo. In seguito, nel 1902, Friedrich von Kenner pubblicò sulle Mittheilungen der Central Commission di Vienna una breve nota di L. Karl Moser, in cui lo studioso comunicava che il signor Mervir8 di Duino aveva rinvenuto 7 monete ro- mane d’argento in un suo terreno a Boccadino (Moser, 1902, 221). Moser riuscì ad acquisire una di queste monete che il Kenner attribuì alla gens Cupia. Secondo il numismatico Bruno Callegher si tratta forse di un denario repubblicano della gens Cupiennia del tipo RRC 218/1 della metà del II sec. a. C. (Callegher, 2010, 245). Questo ritrovamento come anche l’asse unciale, rinvenuto da Moser durante lo scavo, attestano una frequentazione del sito già nel II sec. a. C. Gli studiosi che si occuparono in seguito della baia di Boccadino ignorarono l’articolo di Moser, nonostante i numerosi dati inediti e importanti in esso contenuti, ri- portando solo quanto scritto da R. Burton e R. Pichler. Si tratta in genere di citazioni alquanto generiche sul ritro- vamento di sepolture ad incinerazione e ad inumazione da mettere in relazione con le vie di comunicazione (Degrassi, 2001, 21). Gli scavi di Moser a Boccadino non sono menzionati neppure nell’importante volume, curato da Rita Auriemma e Snježana Karinja e pubbli- cato nel 2008 con il titolo Terre di mare (Auriemma & Karinja, 2008), che raccoglie le relazioni del Convegno Internazionale di Studi sull’archeologia dei paesaggi costieri, svoltosi a Trieste dall’8 al 10 novembre 2007 nell’ambito del Progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA AltoAdriatico. Tra i risultati del progetto vi sono anche un database, pubblicato online dall’Università di Trieste (http://www2.units.it/adriatic/risultati/?file=download. html), che comprende le schede di tutti i siti presi in considerazione durante le ricerche inerenti il progetto in questione, e un repertorio iconografico collegato ad esso. Il sito di Boccadino è inserito nella scheda UT5 (necropoli) e anche in questo caso l’unica citazione riguarda Richard Burton (1881). Inoltre, il sito è ripor- tato nella carta archeologica allegata al volume Terre di Mare e disponibile anche online nel sito dell’Università di Trieste dedicato al progetto. Braida Nel 1902 Friedrich Kenner pubblicò sulle Mitthei- lungen der Central Commission di Vienna la relazione di L. Karl Moser sugli scavi effettuati in località Braida, situata tra il cosiddetto Parco dei Cervi (Thiergarten, Črničje, Cernizza) di Duino e San Giovanni al Timavo (Moser, 1902, 220–221). Di seguito viene riportata la traduzione del testo in questione: 8 La forma corretta del cognome è Mervic. 9 Si ringrazia Matej Župančič per averci fornito questa relazione, conservata nell’Archivio di Stato di Vienna (Österreichisches Staat- sarchiv, Allgemeines Verwaltungsarchiv, Denkmalpflege, Funde: 968/14. 6. 1902), e per averci aiutato nella lettura di essa e dei diari. Il corrispondente Moser segnala la presenza di resti di strutture romane in località Braida tra il Parco dei Cervi di Duino e il villaggio di San Giovanni al Timavo, zona ricca di ritrovamenti ro- mani già evidenziati dall’Autore nelle precedenti segnalazioni. Negli scavi, effettuati il 7 giugno, fu scoperto un ambiente chiuso rettangolare, circondato da uno stretto muro in cementizio, spesso circa 20 cm, con pavimento in mosaico di mattoni rettangolari piatti, posti a spina di pesce, in parte ancora ben conservato. Sotto si trovò uno strato spesso quasi 30 cm di cocciopesto con diversi pezzi di mattoni di vario colore, in uno strato più profondo si rinvennero anche detriti, pezzi di pietre e carboni, poi uno strato (legato da malta) di pietre (in parte tagliate) e sotto infine ancora molta malta sabbiosa. In mezzo alla stanza giaceva una piccola moneta di bronzo dell’imperatore Giuliano l’Apostata con vota X multa XX. Il muro di destra in opus caementicium si appoggia ad un possente muro di pietra di circa ½ metro di spessore, composto da pezzi di pietra con malta. Sul muro cementizio poggiano invece delle tegole (rotte a metà), in mezzo alle quali come riempitivo vi sono pezzi di pietra e malta. Nel complesso furono rinvenute sei file di tali tegole, rosse e gialle, l’ultima delle quali poggiava su uno strato di pietre, rilevato anche all’interno dell’ambiente; anche qui vi sono tracce di pezzi di carbone [Referente: Kenner]. Il testo di Kenner è più conciso della relazione ma- noscritta che Moser inviò alla Commissione Centrale per i Monumenti di Vienna già il giorno successivo allo scavo (8 giugno 1902) e che fu protocollata il 14 giugno9. Nel rapporto egli ribadisce l'aiuto fornitogli dalla principessa Marie Thurn und Taxis Hohenlohe (1855–1934) che gli diede tre operai per svolgere lo scavo. La relazione è corredata dalla planimetria della struttura scavata e dal disegno della sezione stratigrafica (imm. 8). Si tratta sicuramente di una struttura abitativa con una parte scoperta: l’opus spicatum infatti era usato spesso per la pavimentazione di esterni. L’Autore si è concentrato sulla descrizione delle strutture e non fa alcun riferimento ad altri reperti oltre alla moneta. Recentemente B. Callegher ha pubblicato la mone- ta di bronzo dell'imperatore Giuliano l'Apostata, proponendo come possibile datazione il 361-363 (Callegher, 2010, 246). Una breve nota su Braida, abbastanza confusa e di difficile lettura, si trova anche nel Diario di Moser (Fondo Moser, Diario 1, 4): ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 210 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 Braida nome di pascolo presso il Parco dei Cervi di Duino, dove il proprietario fece recentemente uno scavo e trovò una rara moneta di bronzo. A circa ½ m di profondità è visibile uno strato archeologico, piccoli pezzi di mattoni quadran- golari, appartenenti a un terrazzo assieme a pez- zi di tegole a incastro, come si presentano nelle tombe – frammenti di pareti di vasi di argilla fine, di buona cottura, gialla o rossa, dall’aspetto della terra sigillata – frammenti di vetro di urne cinerarie […] La tomba si trova vicino alla strada romana chiamata stara cesta – […] io trovai […] di un ago di bronzo. Ero curioso, quali risultati avrebbero dato gli scavi. Il terreno, di proprietà della comunità, si trova sul sentiero per Bocca- dino e […] in direzione di Monfalcone dall’altra parte dell’antico Timavo. Escursione del 18 novembre 1900. Il 1° giugno '902 visita alla principessa Thurn-Ta- xis a Duino e si decide lo scavo di Braida. Con- temporaneamente presso il proprietario Merwitz vidi una moneta romana, della quale ho scritto alla CC. Il 7 giugno 1902 a Braida è documen- tato anche un pavimento in cocciopesto [...] una moneta di Giuliano l'Apostata […] famiglia Thurn und Taxis. Alberto Puschi proprio nello stesso periodo si de- dicava allo studio delle vie di comunicazione romane e dei siti archeologici della zona di San Giovanni al Timavo e di Duino. Da una sua nota manoscritta si evince che egli era a conoscenza delle ricerche svolte da Moser a Braida e che ebbe modo di visitare il sito in questione. Scrisse infatti (Auriemma & Karinja, 2008, 496, scheda online, UT 106, Edificio di Bratina, docu- mentazione d’archivio): Antichità romane esplorate dal prof. Moser vi- sitate il 21/2/1904 assaggio di scavo eseguito a levante della vecchia strada e di un ramo della romana presso il cippo terminale Iamiano-Duino; sul punto più elevato ed a sud del sentiero che conduce al Timavo furono messi a nudo alcuni avanzi di muri orientati da N a S e da E a O grossi c.ca 0,60 m., racchiudenti un terrazzo in calcestruzzo quale letto di un pavimentio musivo non più riconoscibile che dai tasselli sparsi nel terreno. Vi si trovarono copiosi rottami di embrici, tegole ed anfore di laterizio. Puschi fece uno schizzo del sito (imm. 9), collo- candolo presso la vecchia strada per San Giovanni al Timavo e la strada romana ad essa parallela (CMSA Trieste, Archivio Puschi 2/11, Lacus Timavi. Elaborato II Strade, 14). Questa zona tra Duino e San Giovanni al Timavo è denominata Brajde anche nella carta dei toponimi del territorio di Trieste (Tržaško ozemlje, 1977), il che con- ferma l'attendibilità dei toponimi sloveni usati da Moser. Quasi settant’anni dopo le ricerche di L. K. Moser e A. Puschi i ricercatori Abramo Schmid ed Egizio Faraone (Schmid & Faraone, 1971, 9) annotarono nello studio topografico sulla rete stradale nell’area del Timavo il rinvenimento di: “Pezzi di cocciopesto, frammenti di intonaco e resti ceramici […] sui versanti Sud e Ovest di quota 24, nei pressi del cimitero”, ma non collegarono i ritrovamenti con il sito scavato da Moser. L’indicazione nell’annessa carta di distribuzio- ne dei siti (Schmid & Faraone, 1971, 19, Tav. 2, punto f) dimostra che si tratta proprio del sito di Braida. Oggi, quasi cinquant’anni dopo quest’ultima segnalazione, si possono ancora notare sul terreno, anche se con difficoltà a causa della vegetazione, pezzi di cocciope- sto, e precisamente alla destra della strada, nota come “Vecchia via postale” (Schmid, 2001, 131). Di recente il sito è stato riportato nella scheda UT 106 (Edificio di Bratina), inserita nel database, pubbli- cato online, del Progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA Immagine 8: Pianta del sito di Braida, schizzo eseguito da L. K. Moser e inserito nella relazione manoscritta inviata nel 1902 alla Commissione Centrale per i Monumenti di Vienna (Österreichisches Staatsarchiv, Allgemeines Verwaltungsarchiv, Denkmalpflege, Fun- de: 968/14. 6. 1902). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 211 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 AltoAdriatico, nella quale però viene menzionato solo quanto scritto da A. Puschi. Il sito è segnato anche in due cartine, riprodotte nel già citato volume Terre di Mare curato da R. Auriemma e S. Karinja (2008, fig. 2, pag. 77, fig. 4, pag. 79). CONCLUSIONI I due siti scavati da Moser rimarcano l’importanza archeologica della zona a ridosso delle Bocche del Timavo, tra gli abitati di Duino e San Giovanni al Timavo. Di particolare interesse archeologico risulta il sito di Boccadino, sede di una necropoli di probabile epoca tardo antica. Sulla base dei dati raccolti si può supporre che l’area occupata dalla necropoli fosse ben più vasta e si estendesse in ambedue le baie (Bocca- dino Vecchio e Boccadino Nuovo) con un congruo numero di sepolture, sicuramente superiore a quelle rinvenute. La presenza di resti di urne cinerarie nello strato di humus suggerirebbe l’ipotesi che la zona fosse stata usata come area cimiteriale già in periodi ante- cedenti. Inoltre, i ritrovamenti dell'asse in bronzo e del denario della gens Cupiennia alzano ulteriormente la data di frequentazione dell’area. Purtroppo non è possibile un inquadramento cronologico più preciso essendo l’articolo di Moser privo di disegni e di una descrizione più dettagliata del materiale rinvenuto. In questo caso l’interesse dell’Autore era rivolto più alla stratigrafia, disegnata con attenzione, che ai reperti, anche se poi nella descrizione degli strati il testo risulta in alcuni punti confuso e di difficile interpretazione, bisogna però ricordare che nel 1886 Moser non aveva ancora molta esperienza in campo archeologico. Cio- nonostante il suo lavoro è ancora oggi di fondamentale importanza per la mancanza di ulteriori ricerche in questo sito andato distrutto quando fu costruito il Villaggio del Pescatore. Per quanto riguarda il sito di Braida (Brajde) non vi è dubbio che si tratti di un complesso abitativo di una certa importanza che presenta una frequentazione anche in epoca tardoantica, attestata dal rinvenimento della moneta dell’imperatore Giuliano l’Apostata del IV sec. d. C. Uno scavo in questo sito porterebbe probabilmente in luce anche fasi abitative antecedenti come in altri siti dell’area. Da un’attenta analisi della documentazione è stato possibile identificare la Braida di Moser con il sito segnalato da E. Faraone e A. Sch- mid alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Nel volume Terre di mare di R. Auriemma e S. Karinja il sito è indicato come Edificio Bratina (UT 106). Una recente ricognizione in loco ha confermato l’esistenza del sito archeologico nonostante la vegetazione renda difficile la lettura dei resti affioranti. Nelle sue relazioni Moser non fornisce alcuna indicazione su dove venne depositato il materiale archeologico rinvenuto negli scavi, da lui effettuati a Boccadino e Braida. Le ricerche, svolte a Trieste nel Museo di Antichità “J. J. Winckelmann” (CMSA) e nel Museo di Storia Naturale nonché a Vienna nel Naturhi- storisches Museum, non hanno dato esito positivo. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano per la collaborazione l’Archivio di Stato di Trieste, il Catasto Fondiario di Trieste, il Museo di Storia Naturale di Trieste, il Museo di Antichità “J. J. Winckelmann” di Trieste (CMSA), il Naturhistorisches Museum di Vienna, l’Österreichisches Staatsarchiv, Allgemeines Verwaltungsarchiv di Vienna. Si ringra- ziano inoltre Fulvio Colombo, Andrej Šemrov e Matej Župančič. Immagine 9: Schizzo di A. Puschi dell’area del sito di Braida con l’indicazione “Rovine romane” (CMSA Trieste, Archivio Puschi 2/11, in Progetto Interreg Italia-Slovenia IIIA AltoAdriatico, Repertorio Icono- grafico online. Http://www2.units.it/adriatic/risulta- ti/?file=download.html). ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 212 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 ANTIČNI NAJDIŠČI BOKADIN IN BRAJDE (DEVIN-NABREŽINA, TRST): DVE SPREGLEDANI RAZISKAVI LUDWIGA KARLA MOSERJA Stanko FLEGO Narodna in študijska knjižnica, Ul. S. Francesco 20, 34133 Trst, Italija e-mail: s_flego@virgilio.it Lidija RUPEL Narodna in študijska knjižnica, Ul. S. Francesco 20, 34133 Trst, Italija e-mail: lidiarupel22@gmail.com POVZETEK Italijanski raziskovalci so kritično in večkrat neobjektivno ocenjevali raziskovalno delo svojega sodobnika, nemškega profesorja L. Karla Moserja. Odklonilni odnos se je po letu 1918, ko sta Trst in okolica prišla pod italijan- sko oblast, še stopnjeval. Zato ni čudno, da so večkrat „spregledali“ rezultate njegovih raziskav, kar se je zgodilo tudi v primerih Bokadina in Brajde. Bokadin (Boccadino) je ležal med Devinom in izlivom reke Timave pri Štivanu. Pred gradnjo naselja za istrske priseljence v petdesetih letih prejšnjega stoletja je bil tu manjši zaliv, ki ga je naravni skalni pomol delil na dva dela: Stari Bokadin na severozahodu in Novi Bokadin na jugovzhodu. Najdba več skele- tov v severnem delu zaliva je spodbudila Moserja, da je jeseni leta 1886 začel izkopavati v Starem Bokadinu, kjer je našel skelet, več keramičnih predmetov, republikanski as in centenional Konstantina Velikega. Moser je opredelil grobove v 4. stol. po Kr., novčne najdbe iz republikanske dobe pa pričajo o frekventaciji tega kraja že v 2. st. pr. Kr. Leta 1902 je Moser evidentiral na najdišču Brajde med Črničjem in Štivanom večjo naselbinsko strukturo. Med sondiranjem je izkopal pravokotni prostor, obdan z zidovi in delno tlakovan v tehniki ribje kosti. Sredi prostora je bil najden poznorimski novec cesarja Julijana Odpadnika. Avtorji istovetijo najdišče s koto 24 na zbirni karti A. Schmida in E. Faraoneja iz leta 1971. V svojih spisih Moser ne poroča o usodi izkopanega arheološkega gradiva. Avtorji so preverili, da najdbe niso shranjene niti v tržaškem Naravoslovnem muzeju niti v tržaškem Mestnem muzeju J. J. Winckelmanna in prav tako ne v dunajskem Naravoslovnem muzeju. Moserjeve raziskave so še danes edini vir za natančnejše poznavanje obeh najdišč. Bokadin je umeščen na zbirni karti arheoloških najdišč, ki je nastala v sklopu projekta Interreg Italija- Slovenija IIIA AltoAdriatico-Severni Jadran, kot nekropola UT5, medtem ko Brajde niso označene na tej karti, so pa označene kot UT106 na zemljevidih v zborniku Obmorske dežele/Terre di mare, ki je bil objavjen v sklopu zgoraj omenjenega projekta (Auriemma & Karinja, 2008, 77, sl. 2, 79, sl. 4). Ključne besede: Bokadin, Brajde, Ludwig Karl Moser, rimska doba, poznoantični grobovi, rimski novci, Puschi, Kenner ANNALES · Ser. hist. sociol. · 30 · 2020 · 2 213 Stanko FLEGO & Lidija RUPEL: I SITI ROMANI DI BOCCADINO E BRAIDA (DUINO-AURISINA, TRIESTE): DUE RICERCHE DI LUDWIG KARL MOSER ..., 201–214 FONTI E BIBLIOGRAFIA ADTS – Archivio Diplomatico di Trieste, Serie dei Vicedomini. ASTS – Archivio di Stato di Trieste, Mappe del Catasto franceschino. CMSA Trieste – Civico Museo di Storia ed Arte J. J. Winckelmann di Trieste, Archivio Puschi. CMSN Trieste – Civico Museo di Storia Naturale di Trieste, Fondo Moser. Diario 1 – Über Grotten Höhlen. Praehistorische Ansiedlungen in Istrien und dem Küstenland Krain und den Angrenzenden Ländern, manoscritto inedito di L. K. Moser conservato nel Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, Fondo Moser. Il Giornale di Udine. Udine, Tipografia Editrice G. B. Doratti, 1866–1931. Triester Zeitung. Trieste. Österreichischer Lloyd, 1851–1918. 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