Autopoiesi di sistemi-regione Il caso dell’Istria Slovena e proposta metodologica Luka Juri Založba Univerze na Primorskem Comitato editoriale Katarina Babnik Štefan Bojnec Aleksandra Brezovec Boris Horvat Dejan Hozjan Alenka Janko Spreizer Alen Ježovnik Lenka Kavčič Alan Orbanič Gregor Pobežin Andraž Teršek Jonatan Vinkler Autopoiesi di sistemi-regione Il caso dell’Istria Slovena e proposta metodologica Luka Juri Autopoiesi di sistemi-regione: Il caso dell’Istria Slovena e proposta metodologica Luka Juri Revisori Alberto Di Minin Ezio Benedetti Progetto grafico Alen Ježovnik Pubblicato da Edizioni Università del Litorale Piazza Tito 4, 6000 Capodistria www.hippocampus.si Capodistria, Dicembre 2017 Redattore capo Jonatan Vinkler Redattore esecutivo Alen Ježovnik http://www.hippocampus.si/ISBN/978-961-7023-57-2.pdf http://www.hippocampus.si/ISBN/978-961-7023-58-9/index.html https://doi.org/10.26493/978-961-7023-57-2 © 2017 Luka Juri Izid monografije je finančno podprla Javna agencija za raziskovalno dejavnost Republike Slovenije iz sredstev državnega proračuna iz naslova razpisa za sofinanciranje znanstvenih monografij Kataložni zapis o publikaciji (CIP) pripravili v Narodni in univerzitetni knjižnici v Ljubljani COBISS.SI-ID=293131520 ISBN 978-961-7023-57-2 (pdf ) ISBN 978-961-7023-58-9 (html) Indice Elenco delle tabelle · 7 Elenco delle figure · 9 1 Introduzione · 11 1.1 Dal concetto di territorio a quello di spazio · 11 1.2 Il concetto di regione · 14 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? · 21 1.4 Scopi, focus e metodologia della ricerca · 32 2 L’organizzazione dello spazio sociale ed economico · 39 2.1 La popolazione e l’organizzazione territoriale · 39 2.2 Struttura sociale · 40 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale · 49 2.4 Lo spazio economico · 57 3 I flussi · 67 3.1 Traffico, assi di comunicazione e gateways · 67 3.2 Analisi dei nodi e della rete di comunicazione · 74 3.3 Il pendolarismo intra ed interregionale · 77 4 Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica · 83 4.1 Le comunicazioni con l’esterno · 84 4.2 Influenze esterne ed capacità autopoietica · 87 4.3 Influenze sull’esterno · 91 4.4 Il ruolo del turismo · 94 5 Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? · 97 5.1 Autopoiesi, circolazione/iconografia e centro-periferia · 98 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica · 101 5.3 Scenari futuri per l’Istria slovena · 115 5.4 Considerazioni conclusive · 118 Bibliografia · 121 Elenco delle tabelle 2.1 Presenza dei gruppi etnici a Capodistria nel 1910 e nel 1991 · 44 2.2 L’etnie slovena, italiana ed altre nei tre comuni dell’Istria slovena secondo i dati dei censimenti del 1956, 1961, 1971, 1981, 1991 e 2002 · 45 2.3 Popolazione divisa per madrelingua, valori assoluti · 50 2.4 Popolazione divisa per madrelingua, valori percentuali · 50 2.5 Popolazione divisa per raggruppamenti di madrelingua, valori assoluti · 51 2.6 Popolazione divisa per raggruppamenti di madrelingua, valori relativi · 51 3.1 Tempi di percorso con trasporto comune più veloce da/a Capodistria alle/dalle destinazioni designate · 77 3.2 Percentuale pendolari su popolazione attiva · 80 5.1 Percentuale popolazione considerata autoctona su totale popolazione · 108 5.2 Valutazione e valorizzazione della presenza della popolazione autoctona · 108 5.3 Percentuale popolazione di etnia maggioritaria · 108 5.4 Valutazione e valorizzazione della multiculturalità · 108 5.5 Percentuale popolazione di istruzione universitaria sul totale della popolazione totale sopra i 15 anni · 108 5.6 Valutazione e valorizzazione del livello di istruzione · 108 5.7 Valutazione e valorizzazione della presenza di poli universitari e di ricerca · 109 5.8 Valutazione e valorizzazione della presenza di media d’informazione locale · 110 5.9 Valutazione e valorizzazione della presenza di istituti culturali locali · 110 5.10 Valutazione e valorizzazione della presenza di istituzioni politiche regionali · 111 Elenco delle tabelle 5.11 Valutazione e valorizzazione della struttura di proprietà dei maggiori soggetti economici · 111 5.12 La valutazione e valorizzazione della forza della piccola e media impresa · 111 5.13 Valutazione e valorizzazione della presenza di infrastrutture stradali interne · 112 5.14 Valutazione e valorizzazione della presenza di infrastrutture ferroviarie interne · 112 5.15 Valutazione e valorizzazione della presenza di porti marittimi o fluviali · 113 5.16 Valutazione e valorizzazione della presenza di aeroporto internazionale · 113 5.17 Risultato complessivo dell’Istria slovena, della regione di Nova Gorica e di quella di Lubiana riguardo elementi identificati come 8 determinanti il livello di capacità autopoietica · 114 5.18 Tasso di crescita naturale in percentuale, Istria slovena e Slovenia · 115 5.19 Tasso d’immigrazione in percentuale, Istria slovena e Slovenia · 116 5.20 Tasso di crescita della popolazione, Istria slovena e Slovenia e rapporto tra i due tassi · 116 Elenco delle figure 1.1 Carta dell’Istria · 25 2.1 Le diverse proposte sulla divisione del confine tra Italia e Jugoslavia dopo la Seconda Guerra mondiale · 41 2.2 La collocazione delle diverse aree industriali dell’Istria Slovena · 58 2.3 Il porto di Capodistria · 60 2.4 Schema della struttura del gruppo societario Istrabenz attualizzata al 25 luglio 2006 e al 31 dicembre 2016 · 63 3.1 Rappresentazione grafica dell’intensità del traffico quotidiano nei vari tratti stradali dell’Istria slovena · 69 3.2 La rete ferroviaria nell’Istria slovena · 71 3.3 Rappresentazione della rete della circolazione stradale nell’Istria slovena · 75 1 Introduzione 1.1 Dal concetto di territorio a quello di spazio Il territorio è una superficie, concreta e misurabile, sul quale si sof- ferma già Vidal de la Blache, richiamato da Adalberto Vallega, par- lando della geografia come scienza dei luoghi, nei quali il territorio ha un ruolo preponderante come palcoscenico sul quale sviluppare le analisi (Vidal de la Blache 1913; Vallega 1989, 11). Vallega abbina tale concetto al pensiero di Carl Ritter, che attribuisce al territorio un’im- portanza simile, definendo la geografia come studio delle relazioni tra l’uomo ed il territorio (Ritter 1833; Vallega 1989, 38). Si definiscono co-sì due elementi, i quali, relazionati, danno vita ai fenomeni della geo- grafia (umana): il territorio e l’uomo. Richard Hartshorne (1939) pone l’accento sul fatto che: (a) la geografia studia i fenomeni che hanno luogo sul territorio e (b) studia la differenziazione che ne consegue nell’organizzazione del territorio – diventa geograficamente rilevante quindi solo l’azione umana che ha effetti sul territorio. Il discorso geografico viene in questo modo ridotto ad un’analisi dell’interazione tra l’uomo (soggetto mobile) ed il territorio («palco- scenico», oggetto immobile e senza dimensione temporale), dando un forte carattere fisico alle relazioni sociali, politiche ed economiche che sono alla base della geografia. Il territorio rimane per secoli il punto focale della geografia, presente per altro nelle diverse interpretazio- ni della rilevanza dell’ heartland e del rimland, sull’onda della quale si sviluppano le differenti analisi di Halford John Mackinder, che nel contesto mondiale definisce come dominante il centro del continen- te Eurasiatico ( pivot area, poi ridenominata heartland) o di Nicholas J. Spykman, che in un diverso contesto politico e tecnologico individua come dominante la parte costiera dello stesso continente, definita rimland (Mackinder 1904; Spykman 1944; Jean 1995, 29–39). Introduzione Sempre preponderante, soprattutto nelle sue interpretazioni, rima- ne il territorio anche nell’opera di Karl Hausofer, che introduce – senza però svilupparlo al di fuori della concettualità del territorio – la definizione spazio nella teoria del Lebensraum, ovvero spazio vitale, poi interpretato dal nazismo per giustificare politiche espansionistiche ed aggressive. Questo concetto, che nella geografia assume dimensione statica e bidimensionale, viene ampliato nel lavoro di Edward L. Ullman, che sostiene che l’essenza del contributo intellettuale della geografia umana può essere sintetizzata nei concetti di sito e di situazione (Ull- mann 1980). Il sito viene così definito dalle condizioni concrete di un luogo, di un’area, portando così all’analisi delle relazioni verticali che concorrono tra l’uomo e l’ambiente, ovvero il territorio. Più comples-12 sa invece la definizione di situazione: qui Ullman individua l’analisi degli effetti che un’area, ovvero i fenomeni di un’area, producono su un’altra area, ponendo quindi accento su relazioni orizzontali. Questo secondo elemento apre quindi la strada alla geografia dell’analisi spa- ziale. Al concetto di territorio se ne aggiunge un altro, più complesso ed ampio: lo spazio (Vallega 1989, 44). Con la definizione di spazio si aprono possibilità per una diversa, più complessa ma anche più flessibile analisi geografica. Da un mero studio verticale delle relazioni tra l’uomo come soggetto mobile ed il territorio con palcoscenico geografico, oggetto immobile e privo di di- mensione temporale, si passa ad una concezione di spazio nel quale le relazioni sono tridimensionali e nel quale l’uomo si trova immer- so, ne è parte e non vi è quindi più solamente sovrapposto. Lo spa- zio può venir modificato, in quanto assume anche caratteristiche so- ciali, cioè umane, e può essere visto in un’ottica soggettiva – anzi, lo spazio, come concetto più astratto del territorio, si presta quasi esclu- sivamente ad un’analisi inquinata dalla soggettività umana. Essendo modificabile, lo spazio assume anche la necessaria accezione tempo- rale, tetra-dimensionale, che amplia in modo evidente le possibilità di osservazione e di analisi. Ciò apre la strada all’abbandono dell’ecologismo geografico classi- co, in cui si punta all’esaustività ed alla descrizione, per passare all’analisi spaziale che riduce il numero di elementi analizzati (spesso ri- ducendoli ad uno solo). L’analisi inoltre si propone non solo di descri- vere, ma di spiegare il fenomeno geografico, cercando le cause e ten- tando di estrapolare possibili conseguenze. Prendono rilevanza i fe- nomeni sociali e si tende a cercare di costruire modelli il più possibile astratti e generalmente applicabili (Vallega 1989, 45). Lo spazio, come accennato, può venir interpretato anche in modo 1.1 Dal concetto di territorio a quello di spazio soggettivo, anzi diventa quasi dipendente da tale prospettiva. Così Ar- mand Frémont identifica tre punti di vista attraverso i quali interpre- tare lo spazio: spazio di vita, spazio sociale e spazio vissuto. Il primo considera soltanto l’insieme dei luoghi frequentati da una persona o un gruppo sociale, mentre il secondo si riferisce all’insieme dei luoghi nei quali il gruppo umano intrattiene le relazioni sociali. La risultan- te di questi due è lo spazio vissuto, che è quindi chiaramente limitato all’esperienza dell’individuo (Frémont 1999, 48). Questa definizione di spazio vissuto diventa particolarmente intrigante, in quanto non bisogna considerare soltanto lo spazio nel quale il soggetto si muove o intrattiene relazioni sociali in prima persona, anche tutto lo spazio nel quale il soggetto vive in modo virtuale. È chiara quindi l’importan- za dei media d’informazione e d’intrattenimento che contribuiscono ad allargare a scala planetaria – benché limitata a determinati punti 13 del globo – lo spazio vissuto di un individuo, mentre la memoria stori- ca, orale o scritta, contribuisce a dare anche una profondità tempora- le. È interessante così notare come lo spazio vissuto – mediato e non necessariamente in prima persona – di un individuo si concentri nei nodi più importanti della scala globale, come ad esempio le città mon- diali o le regioni d’importanza strategica (Medio oriente, Singapore), mentre non considera altre aree, quelle poco o per niente presenti nei media (Siberia, Africa nera, ecc.). Il concetto di spazio vissuto arriva inoltre a superare la dimensio- ne geografica reale per raggiungerne di meramente mentali, ovvero create dall’informatica. Spunta in primis lo spazio virtuale della rete telematica (internet) che si è allargato negli ultimi anni di intensa in- formatizzazione fino a comporre oggi un’importante fetta dello spa- zio vissuto di un individuo integrato nei ritmi di vita «occidentali». Si è quindi testimoni di un allargamento dello spazio vissuto definibi-le quasi come una nuova dimensione – virtuale – dell’ecumene, nel- la quale ci si relaziona, si commercia, si impara e si intrattiene le più svariate attività sociali. La tecnologia informatica, oltre ad aver allargato lo spazio vissuto ad una dimensione virtuale ma reale dal punto di vista delle relazio- ni umane, ne ha anche cambiato radicalmente le distanze. Numero- se relazioni umane riescono infatti, grazie all’informatica, a superare le barriere geografiche tradizionali, trasformando quindi radicalmen- te i tempi e le distanze dello spazio vissuto. Con un adeguato equi- paggiamento informatico (computer, palmare o telefono «intelligen- te» e connessione ad Internet) è infatti possibile inviare informazioni e commerciare alla stessa velocità con un soggetto lontano sia 10 che 10 mila chilometri. Introduzione 1.2 Il concetto di regione Analizzando il concetto di spazio è normale tentare di delimitarlo, di trovare i limiti di un insieme autosufficiente e più o meno collegato con l’esterno. Il concetto di spazio, come del resto pure quello di ter- ritorio, si presenta nella sua essenza come non delimitato ed infinito, il che però lo rende onnicomprensivo e quindi non descrivibile. Ciò è, dal punto di vista geografico un problema, nel senso che se si accetta l’infinità e la non-delimitabilità dello spazio, non essendoci differen- ze e non essendoci unità, lo studio diventa impossibile. Già Vidal de la Blache (1913) aveva definito la geografia come scienza dei luoghi, scegliendo appunto il plurale per indicare la presenza di più luoghi distinti e diversi tra loro. Anche Roberto Mainardi indica la geografia 14 in maniera simile, sottolineando che essa si propone l’organizzazione dello spazio ad opera dell’azione umana, con ciò che organizzazione significa necessariamente delimitazione, differenziazione, definizio- ne e possibilmente anche una più o meno sistematica catalogazione (Mainardi 1998, 25). Diventa chiara quindi la necessità di delimitare lo spazio in unità più o meno diverse tra loro, ed ecco che si pone la questione di qua- le criterio utilizzare. Se ne può evidentemente scegliere di svariati, di natura fisica o orografica (valli, pianure, altipiani, ecc.), di natura bio-logica (tundra, steppa, taiga, ecc.), oppure di natura sociale, dove se ne presentano tanti quanti possono essere i settori di studio (etnici, economici, politici). Consone allo scopo di questo lavoro appare la nozio- ne della teoria generale dei sistemi che delimita lo spazio appunto in sistemi, dove gli organi (in questo caso i soggetti-elementi geografici) creano un organismo a sé stante (il sistema), definito geograficamente come regione. Elaborare una definizione precisa del concetto di regione è un’ope- ra multidirezionale. «Chi si avvicina all’ampia letteratura prodotta su questi argomenti – soprattutto all’inizio del secolo – deve districarsi tra una terminologia estremamente varia, anche per le qualificazio- ni attribuite alla regione (regione naturale ed umana, regione storica, regione economica, urbana, omogenea, uniforme, semplice, funzio- nale, e così via) e non tarda a constatare che stessi termini assumono significati diversi – e talora anche sostanzialmente divergenti – non solo con il volger delle epoche, ma anche a seconda degli autori di una stessa epoca, e che tutto ciò riflette spesso confusione concettuale» (Vallega 1983). L’ambiguità che accompagna il concetto di regione ha dunque co- me causa principale una certa polivalenza del termine, accentuata- 1.2 Il concetto di regione si nel corso dei decenni con lo sviluppo del pensiero geografico, in seguito alle esigenze che di volta in volta portavano a modificare il concetto stesso di regione. Roger Brunet, sottolineando la confusione generata dalla polivalenza di significato intrinseco al termine «regio- ne», sottolinea che il significato stesso delle parole è cambiato molto e quindi gli strumenti del linguaggio esigono una nuova definizione. Oltre a ciò, anche i concetti sono confusi. Spazio, regione, territorio sono oggetto di variazioni concettuali ed il termine «classe» ha con- tribuito ad aggiungere nuove discordanze (Brunet, Ferras e H. Théry 1993). Sviluppando questo discorso, Vallega pone un importante accento: la regione, quando se ne analizza i caratteri fisici, è sinonimo di area – di diffusione – di determinate caratteristiche. La regione dal pun- to di vista della geografia politica è invece un’altra cosa, un territorio 15 contraddistinto da un’unità organizzativa. Essa viene identificata at- traverso un’analisi più complessa, che tiene conto dell’intero spettro dei valori culturali, degli strumenti d’intervento, dei modelli di com- portamento, del supporto fisico – il tutto visto anche in chiave storica (Vallega 1989, 280). A questi accenni di un approccio fortemente teorico ed astratto si aggiungono definizioni di regioni più legate alla moderna concezione socio-politica. In questa cornice, la regione, secondo il senso comu- ne, è un territorio organizzato che si pone, nella gerarchia dimensio- nale degli spazi, al di sotto dello stato. Analizzata nelle sue funzioni e nei suoi rapporti con gli altri soggetti della geografia politica, la regione è un territorio organizzato, dotato di certa autosufficienza, nel senso che la maggior parte delle funzioni e servizi più importanti vi è rappresentata. In questo modo la regione è capace di soddisfare la maggior parte dei bisogni dei suoi abitanti. Inoltre, la regione si iden- tifica spesso nello spazio organizzativo della metropoli e delle sue cit- tà satelliti, creando una gerarchia a rete con un centro principale e più centri satelliti ed ovviamente una periferia (Racine e Cunha 1984.). Ta-le regione si distingue dal suo esterno a causa della sua omogeneità, determinata dalla predominanza di uno o più elementi. È l’aspetto, la «forma» (caratterizzata nella coerenza interna data dal principio di uniformità) a caratterizzare questo tipo di regione, così definita regio- ne formale. Sia come territorio caratterizzato da una certa uniformità naturale, etnica o economica, sia come distretto ereditato dalla sto- ria e che non rispecchia nessuna realtà attuale, la regione è concepita come una specie di «dato» di cui ci si sforza, all’inizio degli studi, di giustificare i limiti, i confini (Juillard 1978). Dal concetto di regione formale, il più rilevante per gli scopi di que- Introduzione sto lavoro, si distingue quello più precoce di regione naturale. Già nel 1752, il francese Philippe Buache suddivise il territorio francese in ba- cini fluviali, sostenendo che essi erano regioni naturali, in quanto il fiume e la sua valle costituiscono una sede che determina – in mo- do naturale – le forme di insediamento, di agricoltura e di allevamen- to. Nel corso del secolo successivo il concetto si avvalse di numerosi sviluppi, poiché il substrato fisico della regione naturale venne iden- tificato nelle strutture geologiche, di cui il bacino idrografico è un’e- spressione. Ad esempio, un bacino sedimentario di origine quaterna- ria, un’area a rilievi di origine ercinica come gli Appalachi (340 milio- ni di anni or sono), oppure uno scudo archeozoico, possono essere considerati regioni naturali (Vallega 1995). Il concetto di regione naturale trova ulteriore sviluppo nell’ambi- 16 to del pensiero geografico positivista. Per Friedrich Ratzel, i rappor- ti tra consorzi umani ed ambiente vengono visti in chiave ecologica, fermo restando però che il protagonista principale rimane l’ambiente fisico: l’insediamento ed i fatti umani ne dipendono, subiscono effet- ti e, entro certi limiti, reagiscono. In questo clima matura il concetto di regione naturale come un grande soggetto geografico, ben definito e chiaramente rilevabile, tanto per i confini che per i propri caratteri essenziali (Ratzel 1923). Con questo approccio determinista si viene a considerare l’ambiente fisico come il dante causa e le forme d’uso del territorio come l’effetto, la conseguenza. È con la concezione possibilista che l’uomo inizia progressivamen- te a svincolarsi dall’ambiente e diventa protagonista della relazione geografica. L’uomo diventa causa, piuttosto che effetto, plasma con una certa autonomia l’ambiente piuttosto che subirne necessaria- mente l’influenza. Diventa protagonista in una sorta di organismo, costituito da aspetti fisici e apporto umano (Vallega 1983). È così che al concetto di regione naturale Vidal de la Blache (1913) contrappone quello di regione umanizzata, cioè di uno spazio in cui una comunità umana, dotata di una propria cultura organizza un territorio, costitui- to da un solo ambiente fisico, o da più ambienti fisici contigui. Pro- prio la promozione a regionale di un territorio che fisicamente non è necessariamente uniforme, ma che anzi può essere composto da più ambienti fisici confuta il concetto di regione naturale, secondo il quale una regione è necessariamente costituita da un solo ambiente fisico. Da qui la negazione del principio di causalità unidirezionale, in base al quale l’ambiente è la causa della regione. Infatti, se una regione si stende su più ambienti fisici si deduce che a determinarla siano anche altre cause, come soprattutto quella umana (Vidal de la Blache 1913). L’abbandono dell’interpretazione unidirezionale della 1.2 Il concetto di regione relazione tra l’uomo ed il territorio, che verrà posteriormente svilup- pato nel concetto di spazio, è presente anche nell’argomentazione di Maximilien Sorre, che sottolinea come tra uomo e natura esistano re- lazioni bidirezionali. In questa definizione possibilista, il rapporto tra la natura (substrato) e l’uomo (gruppo umano) crea la regione (Sorre 1961). L’abbandono della «fisicità» della regione è visibile anche nell’in- terpretare il concetto di paesaggio. Quest’ultimo, già in parte impli- citamente presente nella regione naturale, viene ripreso e riformula- to dal pensiero possibilista che ne amplia la portata, riferendola an- che alle forme di insediamento, alla copertura umana ed ai modi di utilizzazione del territorio: dall’idea di paesaggio naturale si passa a quella di paesaggio umanizzato, cioè di paesaggio in generale. La re- gione geografica è un’astrazione e da ciò si deriva che anche il paesag- 17 gio che ne costituisce la fisionomia è un’astrazione. In questo senso, mentre il paesaggio meramente naturale è concretamente rilevabile, quello umano può essere concepito solo in funzione di tratti elaborati e schematizzati, cioè convenzionali (Vallega 1983). Sviluppando questa direzione di pensiero diventa chiaro che molti paesaggi possano sovrapporsi nel tempo sullo stesso spazio: ad esem- pio i mutamenti agricoli nelle contrade mediterranee, l’urbanizzazio- ne dei bacini minerari, la bonifica di territori paludosi, eccetera (Juillard 1978). L’estensione del paesaggio (e quindi della regione) viene decisa dunque in modo del tutto discrezionale, portando alla creazio- ne di termini come «subregione, microregione, zona, comprensorio, e così via; termini vaghi nella misura in cui non poggiano su chiari ele- menti di definizione e di delimitazione territoriale della regione, ma che trovano ampio impiego» (Vallega 1983). Il paesaggio esprime quindi lo stato momentaneo di certi rappor- ti, di un certo equilibrio, instabile, tra condizioni naturali, tecniche di trasformazione della natura, tipo di economia, strutture demografiche e sociali del gruppo umano. Inoltre, ogni paesaggio incorpora una quantità variabile di componenti ereditate da combinazioni anteriori. La forza di inerzia delle forme di organizzazione dello spazio conferi- sce così al paesaggio una relativa stabilità. Realtà essenzialmente vi- sibile, il paesaggio non si può spiegare senza fare appello a dei fattori che sfuggono alla vista o non sono riportabili alla materialità topografica come, per esempio, l’idrologia sotterranea, la natalità, il regi- me fondiario, la circolazione dei capitali, la pratica religiosa (Juillard 1978). Il criterio di uniformità sul quale si fonda il concetto di regione for- male è sicuramente il più diffuso, ma sicuramente non l’unico. Come Introduzione già accennato sopra, l’uniformità non è affatto un elemento neces- sario o determinante. I nuovi modelli regionali, tra l’altro, sempre più influenzati dal potere accentratore esercitato dai poli industriali e dal-le metropoli, si basano su un criterio di coesione, coesione esercitata dall’azione coordinatrice di un centro. Come visto sopra, la regione esiste dunque «in funzione» di tali centri, da cui la definizione di re- gione funzionale. Alla base di questa teoria non viene posta l’indu- stria in senso generale, ma l’industria principale, cioè quella partico- lare industria capace di influenzare sia l’organizzazione del luogo in cui sorge, sia quella del territorio circostante, fino a determinare l’organizzazione della regione. L’industria principale, o industria motri- ce, attrae nel polo non soltanto attività che si dispongono sia a monte che a valle del processo di produzione, ma anche attività che si di- 18 spongono lateralmente. Inoltre, le convenienze locali possono cresce- re fino al punto da attrarre nel polo anche produzioni e servizi non collegati al procedimento produttivo nell’industria motrice, ma che qui trovano utile localizzarsi per usufruire dei servizi esistenti (Vallega 1995). Si passa quindi ad uno studio di una realtà regionale non più se- zionabile in senso verticale in «compartimenti» omogenei e fissi, ma costruita piuttosto sulla base di relazioni e processi. Importante quin- di la polarizzazione, la forza d’attrazione, la nodalità, le gerarchie di centri e quindi le reti. La regione diventa quindi un insieme di flussi, vettori e formule e non più un ambiente definito da omogeneità, stabilità, unità. Da ciò si sviluppa una scienza regionale, dominata sul piano teorico da modelli tratti dal pensiero economico il cui statuto scientifico gode da lunghi anni di una notevole attrattiva sull’insieme delle scienze sociali (Racine and Cunha 1984). Questo approccio funzionalista, facile preda dell’analisi spaziale e della costruzione di modelli statici, teorici e generali, viene sviluppato e sorpassato dalla critica di stampo foucaultiano: nell’attuale fase di cambiamento discontinuo, attraverso la quale sta sorgendo la società post-industriale, diventa inappropriato concepire la regione in mera chiave funzionalista, in quanto essa prende poco in considerazione il cambiamento ed affatto quello discontinuo. Secondo Vallega (1995), il vero punto debole dell’approccio funzionalista sta nel suo riduzio- nismo. La geografia regionale funzionalista non è capace di formula- re una teoria generale sulla regione perché non riesce ad inquadrare in un’unica immagine d’assieme la globalità delle funzioni esistenti sul territorio, in continuo mutamento. Ad esempio, la teoria di Walter Christaller (1933) che in chiave funzionalista definisce l’organizzazio- ne del territorio sulla base di località centrali è imperniata soltanto su 1.2 Il concetto di regione attività terziarie. Christaller (1933) addirittura si limita a considerare sottoinsiemi di funzioni terziarie – ad esempio, il commercio, oppure i trasporti o la pubblica amministrazione. Dall’altro lato, la teoria sulla polarizzazione industriale si limita alle funzioni industriali (neppure tutte) e soltanto a quelle funzioni terziarie che rientrano nelle attività indotte dalle industrie. I concetti di regione naturale e di regione umanizzata erano fondati – sia pure su terreni molto diversi, addirittura antipodici – sulle relazioni tra comunità umana e ambiente fisico. Il concetto di regione funzionale, invece, è riferito quasi esclusivamente alle attività economiche, per cui non viene attribuita alcuna rilevan- za alle relazioni con l’ambiente. Localizzazione, diffusione e crescita sono le uniche idee trainanti (Vallega 1995). La presa di coscienza del distacco tra la scienza regionale e la realtà, evidente soprattutto nell’incapacità di spiegare lo sviluppo storico e 19 geografico discontinuo, contribuisce a sviluppare un diverso approc- cio che si richiama alla teoria generale dei sistemi e da luce alla de- finizione di regione sistemica. A differenza della regione funzionale, identificabile in una struttura, il concetto di regione sistemica si basa su una struttura in movimento e orientata spontaneamente o volon-taristicamente verso un traguardo. Il sistema è, infatti, un processo orientato e quindi l’oggetto della ricerca non è più soltanto la struttu- ra, ma soprattutto il processo. Nell’ipotesi in cui la ricerca abbia per oggetto la regione, quest’ultima può essere considerata nel suo mo- vimento, oppure in un determinato stato, con un’analisi «fotografica» della situazione in un determinato momento. Questi due modi non differiscono solo perché il primo implica un’analisi dinamica e il se- condo un’analisi statica, ma anche e soprattutto perché il primo ana- lizza il processo, mentre il secondo non necessita di assumerlo espli- citamente. Considerando la regionalizzazione in un contesto dinami- co, il processo diventa l’oggetto principale della ricerca (Vallega 1984). La regione sistemica, quindi, non contempla solo le relazioni, ma an- che i processi, ossia le relazioni nel loro svilupparsi, introducendo co- sì l’elemento dinamico e mutando per la prima volta la dimensione regionale da sincronica a diacronica. Considerando la regione come un sistema territoriale aperto, è pos- sibile studiarne il rapporto con l’esterno, ossia gli effetti (sia interni che esterni) che il grado di apertura della regione, che viene quindi concepita come sistemica, produce (Vallega 1989, 293) Tale tipo di ap- proccio consente di lavorare su più scale: nel momento in cui si con- sidera un sistema territoriale con confini ben definiti, non lo si con- sidera come soggetto isolato dalla realtà circostante, ma come parte integrante di un sistema più grande ed in continua relazione con esso, Introduzione in quanto aperto e sottoposto a processi che partono da attori interni o esterni ad esso. Da quest’esposizione dei concetti di regione si può dedurre che i va- ri tipi di regione sono modelli elaborati dentro determinati paradigmi che mutando, portano alla creazione di concetti nuovi ed adatti alla nuova cornice (al nuovo paradigma). È interessante, a questo pun- to, chiedersi come si possa definire una realtà come quella odierna, dove sviluppo tecnologico, globalizzazione e dimensione informatica hanno condotto alla compressione spazio-temporale delle tradizio- nali dimensioni di studio, come elaborato già sopra, riguardo le nuove dimensioni dello spazio (Harvey 1993). In un mondo dominato da reti di interazioni e flussi globali in cui sono venuti meno molti dei presupposti su cui fin verso la metà del 20 nostro secolo si fondava l’idea di regione come base territoriale stabi- le di una comunità, ci si può chiedere, come fa Giuseppe Dematteis, se ha ancora senso parlare di regione. Secondo l’autore, non si può più credere che la regione possa essere definita a partire dalle sue do- tazioni ambientali naturali e storico-culturali. Neppure ci si può ap- poggiare al pensiero funzionalista in cui basti l’autocontenimento dei flussi a determinare una regione (Dematteis 1997) Lo sviluppo dell’in- formatica e le nuove logiche di mercato multinazionali hanno intro- dotto nuove coordinate spaziali, mettendo in crisi il concetto di di- stanza e facendo nascere nuovi paesaggi estremamente frammenta- ri, non più definibili secondo i metodi tradizionali. Nell’ambito del- la rappresentazione regionale, Dematteis individua la vera differenza col passato nel fatto che se prima la regione veniva concepita come un dato, ora può soltanto essere considerata come costruzione intenzio- nale: un ordine geografico locale che nasce dalla turbolenza dei flussi globali e che deve interagire con essi per continuare ad esistere. Si in- troduce così, senza porvi rilievo, la base concettuale per l’introduzio- ne dell’analisi dell’autopoiesi di un sistema-regione (Dematteis 1997, 110). La situazione attuale del mondo è caratterizzata non più da una mera sequenza di aree in qualche modo predefinite e sensate, ma da una realtà dove è cosa normale la giustapposizione di dimensioni re- gionali diverse e gli spazi di varia natura (come quello territoriale e quello della rete informatica) coesistono all’insegna della frammenta- rietà, dei sincretismi e degli intrecci. La geografia regionale tradizio- nale, secondo Vallega (1997), riduce la rappresentazione delle com- plesse relazioni tra società, culture, economie e poteri a un unico tipo di spazio, interiorizzato attraverso pratiche cartografiche irriflessive, che portano a pensarlo come un’entità oggettiva. Questa rappresen- 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? tazione ideale della regionalità può tuttora assolvere a compiti ele- mentari, a patto che si rimanga consci dei suoi limiti e non si voglia trattare aspetti complessi della realtà con modalità inadeguate e in definitiva mistificanti. Per uscire da questi limiti occorre uno sforzo di immaginazione creativa e di analisi, facendo riferimento a modelli concettuali capaci di trattare i sistemi complessi. Con essi bisogna riu- scire a rappresentare le dinamiche regionali come interazioni che si sviluppano contemporaneamente nello spazio-ambiente-locale, nel- lo spazio delle relazioni di prossimità e in quello delle reti virtuali non condizionate dalla distanza fisica. Oltre a ciò, è necessario considerare la rappresentazione a diverse scale di spazi relazionali molteplici, corrispondenti alle multi-appartenenze (e multi-identità) dei soggetti locali e ricostruire le «geometrie variabili» delle reti e dei sistemi territoriali a cui essi appartengono ed entro cui agiscono. Ciò permette di 21 evitare i determinismi (naturali, economici, storici), in modo da rap- presentare la regionalità nel suo svilupparsi, ricco di contraddizioni e di potenziali conflitti, perciò aperto a differenti proposte, progetti, soluzioni (Vallega 1997). 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? Detto ciò diventa chiaro che la possibilità di definizione di regione è tanto ampia quanto è ampio il quadro di pensiero dato da ciascuno dei paradigmi che stanno alla base delle diverse concezioni di spazio e regione. Non soltanto nell’ambito della scienza geografica, ma anche nell’uso comune, il termine di regione viene compreso ed utilizzato in modi tra loro anche assai diversi. L’Istria slovena, una piccola fascia di territorio all’estremo Nord del- l’Adriatico, può essere quindi considerata una regione a sé stante nei termini qui descritti anche perché essi, malleabili e multidimensiona- li, permettono di spostarsi a vari livelli territoriali, richiedendo però un approccio coerente nella categorizzazione dello spazio geografico. L’Unione europea e le regioni Dal punto di vista istituzionale, l’Unione europea ha contribuito ad uniformare il concetto di regione (formale) su scala europea utilizzan- do il mero criterio della popolazione: per poter formare una regione, l’area auto-organizzata deve essere composta da una popolazione di almeno 800 mila persone.1 Nella politica europea inoltre, esiste anche 1. Classificazione secondo il sistema NUTS (Nomenclature of Territorial Units for Statistics), che comprende quattro livelli organizzativi: NUTS 1 (conglomerato di regioni), NUTS 2 (regioni), NUTS 3 (province), NUTS 4 (comuni). Introduzione il termine di «euroregione», definita come struttura di cooperazione transnazionale fra due o più territori collocati in diversi paesi dell’U- nione Europea o del continente in genere. Le euroregioni solitamen- te non corrispondono ad alcuna istituzione legislativa o governativa, non hanno potere politico e il loro operato è limitato alle competenze delle autorità locali e regionali che le costituiscono. Il termine di eu- roregione è comunque anteriore alla stessa Unione europea e nasce già dopo la Seconda Guerra mondiale. Nel contesto del dopoguerra, le euroregioni avevano la funzione di promuovere la collaborazione fra le zone confinanti di quelle nazioni che durante il conflitto erano stati nemiche. Tale forma di cooperazione si è poi ulteriormente svi- luppata nell’ambito dell’Unione Europea, che per la promozione della cooperazione transfrontaliera stanzia oggi notevoli mezzi finanziari, 22 in particolare attraverso i programmi Interreg ed Eureg. Formalmente queste entità sono assai diverse tra di loro; possono essere «leggere» o invece, come in alcuni casi, possono avere anche organi comuni, per esempio un Consiglio dell’Euroregione. Oggi queste esperienze in Europa sono parecchie decine, favorite anche dall’aprirsi ad Est del- l’Unione Europea. L’organismo che le collega si chiama ARFE (Asso- ciazione Regioni Frontaliere d’Europa) e ha sede a Gronau (Germa- nia).2 La spinta politica a questo tipo di organizzazione è talmente forte da spingere alcuni autori a prevedere persino che in futuro, «l’Europa delle regioni sostituirà l’Europa degli stati nazione» (McCormick 1999). La regionalizzazione in Slovenia Nonostante l’esistenza di definizioni europee di regione e lo sviluppo delle euroregioni, la Slovenia non ha ancora realizzato una regiona- lizzazione del proprio territorio statale. Visto da un’ottica europea, la regionalizzazione della Slovenia appare forse persino non necessaria, essendo l’intero stato grande come una regione europea di dimensio- ne medio-grade, sia per la sua superficie, sia per la sua popolazione. Tale conclusione non considera però la specificità slovena dove, a cau- sa di divisioni storiche e linguistiche del territorio, sono presenti for-te differenziazioni all’interno del paese e diversi standard di vita, do- ve vale la generalizzazione che l’est del Paese vive con standard con- siderevolmente più bassi di quelli delle regioni del sudovest e della capitale Lubiana. Anche se una regionalizzazione formale del territorio rimane, per ora, assente, le regioni in Slovenia esistono dal punto di vista sostan- 2. Vedi http://www.aebr.net. 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? ziale.3 Ciò è visibile quasi in ogni passo della vita quotidiana e nella percezione soggettiva dell’appartenenza ad una specifica regione. Le regioni sono evidenti anche dal punto di vista climatico, dal punto di vista urbanistico (ad esempio riguardo le diverse tipologie architetto- niche presenti), dal punto di vista linguistico (la presenza di dialetti e cadenze diverse), dal punto di vista organizzativo (cioè come sono dislocate sul territorio varie agenzie ed uffici statali e come sono de- finiti i loro territori di competenza). La regionalizzazione è presente anche dal punto di vista funzionale e sistemico, dove diversi indicato- ri economici indicano la presenza di tre maggiori centri (Lubiana, la capitale, Maribor e Capodistria) e di altri centri di livello inferiore, che comunque possono soddisfare le normali condizioni poste per soddisfare la funzione di centro in un’analisi di reti, nodi ed organizzazioni regionali. 23 Nonostante la presenza di fatto di un’organizzazione regionale, la dimensione istituzionale è stata finora problematica per una serie di motivi di natura soprattutto formale. Proprio la variegata configura- zione orografica e storico-sociale dello spazio Sloveno, se da un lato si presta ad un processo di regionalizzazione, dall’altra ne rende difficile la definizione, come dimostra il fatto che la discussione sulla delimitazione ottimale delle regioni sia stata sterile per più di quindici anni, dall’indipendenza in poi. Nonostante ciò, la regionalizzazione in Slovenia viene vista come importante per contribuire ad uno sviluppo equo dell’intero Paese (Ribičič 1997). La riforma dell’autonomia loca- le si è concentrata finora soltanto sui comuni, che sono passati da 60 dopo l’indipendenza nel 1991, a più di 200 nel 2006, anche a causa di un sistema di finanziamento dei comuni da parte dello stato che sti- mola l’istituzione di unità sempre più piccole, quasi completamente dipendenti dal supporto economico centrale (Haček 2003). L’Istria o le due Istrie? Se si considerasse soltanto il punto di vista della storiografia ufficia- le, la Slovenia andrebbe divisa in tre regioni: la Carniola, la Stiria ed il Litorale, una divisione alquanto inadatta se si considera l’organizzazione attuale dello spazio in questione (Vrišer 1998, 135). In que- sto modo si ignorerebbe anche un’identità regionale forte e radicata, quella istriana. L’Istria è una penisola che si sviluppa all’estremo su- dest della Slovenia ed è compresa per la maggior parte nella Croazia. Dal punto di vista delle caratteristiche fisiche, orografiche e geologi- 3. Stando alle intenzioni del governo dichiarate all’inizio del 2007, le regioni dovrebbero venir istituite entro l’autunno del 2008. Introduzione che della Penisola istriana, non si può sfuggire alla sensazione che es- se siano anche la causa delle differenze culturali, etniche e sociali qui formatesi. In base alle caratteristiche naturali la penisola si divide tradizionalmente in Istria bianca, grigia e rossa. Il nord e il nordest dell’Istria è zona montuosa, con il Carso pedemontano, la Ciceria e il Mon- te Maggiore (1401 m). Viene chiamata Istria bianca per il colore della pietra calcarea di cui prevalentemente è composto il terreno spoglio. A sudest si stende la zona collinare, nella cui composizione geologica predomina la pietra arenaria. In molte parti l’erosione ha scoperto le rocce di un caratteristico colore grigio, da cui il nome di Istria grigia. La zona più bassa dell’Istria è la costa occidentale e meridionale della penisola e dal caratteristico colore rosso della terra carsica prende il nome di Istria rossa (Darovec 1993). 24 Dal punto di vista storico, le testimonianze lasciano concludere che l’Istria è stata, per la maggior parte della sua storia, attraversata dagli eventi in modo relativamente uniforme con una sola divisione storica di lungo termine tra i territori controllati dalla Repubblica di Vene- zia e quelli appartenenti alla Contea di Pisino e quindi alla Casa degli Asburgo, il che ha contribuito alla formazione di una certa unità, più culturale che politica. Nonostante le diverse etnie che si sono inse- diate sul territorio della Penisola (dopo gli Istri, sconfitti e schiavizzati dall’esercito di Roma, sono stati gli Italici e poi gli Slavi ad occupare la maggior parte del territorio) si è sviluppata quindi una certa identità istriana, soprattutto durante il periodo del secondo dopoguerra. L’I- stria, quasi totalmente annessa alla Jugoslavia, dopo i conflitti etnici e l’esodo più o meno forzato della maggior parte degli italiani autoc- toni, trovava nella costruzione di una propria identità i canali per un ritorno ad una convivenza armoniosa tra i tre principali gruppi etnici: croati, sloveni ed italiani. Dall’altra parte del confine, gli esuli che la-sciavano la penisola per andare in Italia, coltivavano la propria identi- tà istriana come mezzo col quale conservare un nesso alla terra natia, senza nascondere la speranza di poterci ritornare. l’Istria si presentava quindi come un’identità regionale forte, para- dossalmente rafforzata dai precedenti (e latenti) conflitti inter-etnici. Nonostante ciò, la divisione della Penisola tra due repubbliche della federazione jugoslava, la Slovenia e la Croazia, aveva posto la base per una seguente lacerazione di quest’identità, soprattutto nelle genera- zioni a venire.4 La dissoluzione della Jugoslavia, l’indipendenza della 4. Una minima parte dell’Istria (se si decide di escluderne Trieste) si trova anche in Italia, identificata con i comuni di Muggia e San Dorligo della Valle. Per gli scopi di quest’analisi, decidiamo comunque di non considerarla, essendo stata tagliata fuori 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? 25 Figura 1.1 Carta dell’Istria (tratto da http://maps.google.com) Slovenia e della Croazia e le diverse vie che presero le due repubbliche ebbero infatti effetti importanti per la realtà Istriana. La Croazia fu velocemente coinvolta nel conflitto etnico balcanico, con conseguenze politiche ed economiche che furono sentite anche in Istria. Qui ci fu dal resto della realtà istriana già dal 1921 ed ulteriormente a causa della divisione ideologica tra Italia e Jugoslavia che seguì alla Seconda Guerra mondiale. Introduzione una reazione al crescente nazionalismo di Zagabria con il successo del partito regionalista Dieta democratica istriana, che si impose gra- zie ad una sorta di local-patriottismo, mentre in Slovenia la proposta politico-sociale della Dieta non ebbe forte successo, grazie soprattut- to alla politica più moderata, gradualistica e centralista portata avanti dalle autorità nazionali a Lubiana. Oltre a ciò, la parte croata dell’Istria venne risucchiata dagli even- ti bellici anche nel senso che un gran numero di veterani di guerra trasferito proprio nella Penisola, il che – a causa di un’immigrazio- ne demografica poco numerosa ma fortemente caratterizzata da ele- menti nazionalistici diversi da quelli autoctoni (pro-croati e non pro- istriani) contribuì a modificare la struttura sociale presente. La Slo- venia, al contrario, ebbe la fortuna di poter sfruttare il proprio ruolo 26 di ponte tra l’Unione europea ed i Balcani e su queste basi neutraliz- zò velocemente i problemi nati dalla dissoluzione jugoslava e riuscì a realizzare un discreto sviluppo economico e sociale. La parte slovena dell’Istria, un fazzoletto di terra di nemmeno 400 chilometri quadra- ti rispetto alla superficie totale della Penisola istriana che conta quasi dieci volte tanto (3500 chilometri quadrati), si trovò anch’essa in una situazione nuova, dove il progressivo avvicinamento della Slovenia al- l’Unione europea e l’invischiarsi croato nel dramma balcanico la por- tava sempre più a rivolgersi al resto della Slovenia ed in parte al nor- dest italiano e sempre meno alla sua controparte in Croazia. La ricer- ca di una propria identità, mista alla rinascita dell’orgoglio nazionale sloveno ed alla crescente ed evidente differenza nello stile e standard di vita tra la parte slovena e la parte croata dell’Istria, dette alla regione costituita dai tre comuni di Capodistria, Isola e Pirano una nuova denominazione, quella di Istria slovena. Sia dal punto di vista funzionalista, che da quello sistemico, i co- muni di Capodistria, Isola, Pirano ed Ancarano possono costituire una regione a sé stante, coadiuvata dai comuni a Nord di Hrpelje-Kozina (Erpelle-Cosina), Divača (Divaccia), Komen (Comino) e Sežana (Sesa- na) ed a nordest di Ilirska Bistrica (Villa Monte Nevoso). Si tratta di una regione ormai in fase di deindustrializzazione, dove il settore dei servizi, basato principalmente sull’attività portuale e della logistica, nonché del turismo, è fortemente sviluppato e dove l’industria medio- pesante del periodo socialista sta lasciando spazio ad attività pro- duttive ambientalmente meno marcanti. A detta di Frémont, si tratta quindi di una regione esplosa, dove l’industrializzazione e la terzia- rizzazione del territorio ha dato un’organizzazione robusta dal punto di vista economico, che però cerca la propria identità nell’iconografia regionale, a volte anche costruita su misura (Frémont 1984). 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? Circolazione ed iconografia A tal punto è utile introdurre il concetto di circolazione ed iconogra- fia,5 così come definiti e sviluppati dal geografo francese Jean Gottmann. Nel suo pensiero, lo spazio geografico, ovvero l’ecumene, è limitata alle capacità tecnologiche umane. Essa quindi aumenta, si espande, proprio con l’aumentare di tali capacità tecnologiche. Il con- cetto di spazio geografico è per Gottmann (1952) simile a quello dello spazio politico, dove tutti gli aspetti della vita umana vi sono integrati: sia quelli fisici, come quelli culturali, economici e sociali. Tale spazio geografico viene suddiviso in territori occupati, organiz- zati e dominati da diversi gruppi di organizzazioni politiche e sociali. Proprio questa suddivisione, ovvero – usando il termine gottmannia- no – partizione dello spazio geografico è una realtà fondamentale per la comunità umana. Questo diviene evidente anche guardando una 27 carta politica del territorio terrestre, dove diviene chiara l’immagine di frammentazione e partizione. Quest’ultimo concetto è fortemen- te geografico e politico, in quanto definisce il limite dell’efficacia del-le politiche e delle organizzazioni sociali. Ogni cambiamento dell’e- sistente partizione significa quindi un cambiamento della delimita- zione dell’efficacia di una determinata politica. Oltre a ciò, va intro- dotta anche la dimensione etnica ed a questo punto va considerato che cambiamenti di partizione possono significare (e quasi sempre si- gnificano) che una minoranza (etnica) diventa una maggioranza (et- nica) ed un’altra maggioranza (etnica) può diventare una minoran- za (etnica), con l’alterazione degli equilibrï regionali e conseguenze politiche nonché spesso pure belliche. Esempio di ciò sono le recen- ti guerre nei Balcani, scaturite proprio dai tentativi di ripartizione e quindi trasformazioni di minoranze in maggioranze (ad esempio la minoranza serba in Croazia, decisa a diventare maggioranza in Kraji- na, o la minoranza albanese in Serbia, decisa a diventare maggioranza in Kosovo). La partizione è quindi di importanza fondamentale per l’organiz- zazione politica delle società umane e Gottmann pone l’accento sulle ragioni di ciò, siccome nel pensiero comune si tende a presupporre che la tendenza naturale della comunità umana sul globo terrestre sia l’unificazione dell’ecumene. La circolazione. Lo spazio geografico è caratterizzato dall’eterogeneità. Aree montane si sostituiscono a vallate o oceani, la redistribuzio- 5. L’intera sezione riprende, riassumendolo e spiegandolo, il pensiero di Jean Gottmann (1947; 1961; 1952; 1973; 1980; 1996) sulla partizione geografica, la circolazione e l’iconografia. Introduzione ne di risorse varia, così come la densità della popolazione umana e la disponibilità di forza lavoro. Tale eterogeneità crea differenze che potenzialmente creano correnti, che in termini demografici possono essere definiti anche come migrazioni. Tali correnti o migrazioni pos- sono però avvenire soltanto in presenza di canali, di vie di comuni- cazione, cioè di possibilità di comunicazione – in caso di isolamento, tali correnti non possono verificarsi. Nella storia, l’uomo ha sempre cercato di creare tali canali e vie di comunicazione, dai primi vascelli e ponti di barche, agli aerei ed ad internet – è la lotta costante dell’uo-mo con la «frizione dello spazio» per riuscire ad aumentare la propria mobilità e quindi le opportunità offerte dal territorio. Più è presente il movimento, più numerosi sono i benefici economici, sociali e culturali, anche se spesso individui o interi gruppi possono soffrire effetti 28 negativi. Questa forza umana, tendente a unificare l’ecumene, viene definita da Gottmann (1952) «circolazione». Tale circolazione, in prima analisi, è una forza contraria alla par- tizione dello spazio geografico. Il trionfo della circolazione significa, idealmente, l’abolizione di ogni forma di ostacolo tecnico o formale al movimento, con l’unificazione dell’ecumene e la conseguente fine della geografia. La massimizzazione dell’entropia, che in fase finale si- gnifica la più eguale redistribuzione della materia (o delle idee), l’uniformità e l’eliminazione dell’ingiustizia geografica, cioè dell’ineguale redistribuzione delle risorse e dell’insediamento umano. L’iconografia. Considerando i vantaggi portati dalla circolazione, sorge la questione perché sia così difficile unificare l’ecumene, se non dal punto di vista fisico almeno quello politico. Gottmann (1952) risponde alla questione introducendo un secondo fattore, immaginandolo agli antipodi del concetto di circolazione, denominato «iconografia». Assieme alla circolazione, formano i due poli attorno ai quali oscilla la geopolitica. Quando a prevalere è la circolazione, lo spazio geografico tende ad unificarsi; al contrario, col prevalere dell’iconografia, si avvia un processo che aumenta la partizione e la divisione dello spazio. L’iconografia è descritta da Gottmann (1952) come la colla che tiene insieme gli individui, favorendo il mantenimento delle società politi- che, nel termine pericleo del concetto. Così si forma un triangolo tra partizione, circolazione ed iconografia che definisce il territorio ripartito; allo stesso modo, il territorio rinforza il legame tra gli individui e la società politica, divenendo parte importante dell’iconografia. Le iconografie non sono costituite comunque soltanto dal territo- rio, anche se la maggior parte degli elementi che la costituiscono so- no in qualche modo relazionati ad esso – reale, immaginato o desi- 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? derato. La religione, la lingua, la storia, i taboo ed altri elementi so- no integrati ed idealmente immobilizzati nella struttura di una deter- minata iconografia. Le iconografie sono costituite da elementi cultu- rali, ovvero – in termini huntingtoniani – da elementi civilizzativi. Le iconografie sono quindi costituite sia da elementi immateriali, sia da elementi materiali e concreti, come le orografie, i panorami, oppure i rituali religiosi, i gusti dei cibi o le musiche popolari. Tramite l’iconografia, si introduce così nel discorso geografico, anche la dimensione antropologica. Nella discussione sul concetto iconografico, va considerata anche la scala. Possono infatti coesistere svariate iconografie su scale di- verse, a volte concorrenti, a volte complementari. Esempio scolastico in questo senso la lotta tra gli imperi ed i movimenti di affermazio- ne/liberazione nazionale, che hanno caratterizzato la storia recente e 29 passata. Una rete di iconografie diverse, divenuta comunque più sem- plice negli ultimi secoli grazie alla creazione di iconografie nazionali compatibili con la nascita degli stati nazionali, soprattutto in Europa ed Asia, ma – con meno successo – anche negli altri continenti. Ciò spiega anche l’importanza delle iconografie per l’esistenza di una so- cietà politica e quindi di uno stato, soprattutto con la rivoluzione de- mocratica ed informatica, dove la popolazione è sempre più soggetto anziché oggetto della vita di un’organizzazione statale. L’iconografia come strumento difensivo. Nonostante l’eventuale utilità di iconografie in una chiara logica di manipolazione di massa, si pone comunque la questione sulle ragioni dell’esistenza stessa di una forza che è di per se, o tale appare, negativa e neutralizzatrice della circolazione e dei suoi effetti positivi. Gottmann (1952) risponde affermando che l’iconografia è uno strumento di difesa, sia a livello individuale, che sociale, dello status quo ed in maniera più jungiana, della propria identità. La circolazione è infatti fattore di sviluppo, cioè di cambia- mento, il che può portare comprensibilmente anche ad instabilità. La circolazione può quindi agire sulle società in modo destabilizzante e soltanto una forte adattabilità al cambiamento può evitare la proba- bile disgregazione. Ne consegue però, che nessuna società sia in gra- do di adattarsi continuamente ad un numero infinito di cambiamenti – cambiamenti portati dalla circolazione, ma limitati dall’iconografia. L’iconografia è quindi l’elemento stabilizzatore, regolatore della circo- lazione ed il risultato spaziale dell’interazione di questi due elementi è la partizione dell’ecumene con i suoi costanti cambiamenti. Quest’interazione ed i risultati di ciò non sono sempre evidenti. I confini mutano costantemente, ma non sempre ciò viene percepito. Introduzione Essi mutano sia nella dimensione orizzontale (cioè nella forma comu- nemente concepita, che si realizza col cambiamento delle coordinate terrestri lungo le quali corre una linea di confine), sia in quella verticale, cioè nell’intensità dell’impermeabilità del confine, nella sua ca- pacità a bloccare i flussi della circolazione. Un chiaro esempio di ciò è il processo integrativo nell’Unione europea, dove per la maggior parte dei suoi membri negli ultimi cinquant’anni i confini non sono mai cambiati nella loro dimensione territoriale, ma sono cambiati in mo- do decisivo nella loro intensità, permettendo un’intensa circolazione ed i cambiamenti che ne conseguono. Inoltre, la circolazione e l’iconografia non agiscono sempre nella stessa direzione, cioè rispettivamente nell’unire o nel ripartire uno spazio geografico. La circolazione può ad esempio venir assorbita dal- 30 l’iconografia ed agevolare processi di partizione e viceversa. Un esem- pio di ciò è l’Unione europea, dove i confini, soprattutto all’interno della Piccola Europa,6 sono diventati quasi impercettibili. L’integrazione europea, effetto della circolazione, è stata favorita dall’esistenza di una iconografia a scala europea, che è riuscita ad indebolire le singole iconografie nazionali ed a permettere la circolazione. D’altra par- te, il rafforzarsi di un’iconografia europea, mentre indebolisce la par- tizione del territorio interno, favorisce la partizione dell’intero spa- zio dell’Unione europea nei confronti di quello esterno, limitando la circolazione degli stati membri e gli stati extracomunitari. Da ciò si può dedurre che l’iconografia non sempre limita la circolazione, ma effettivamente la regola e ridistribuisce. Volendo interpretare l’influenza del pensiero di Jean Gottmann (1952) sul lavoro geografico contemporaneo e soprattutto sull’ana- lisi qui svolta, è utile considerare l’attuare paradigma storicista. Con i cambiamenti portati dalla fine della Guerra fredda, il paradigma dominante, cioè l’economicismo (sia quello di sinistra, di stampo marxi- sta, sia quello di destra, di stampo neoliberale), si è dimostrato inade- guato. Le scienze sociali si sono trovate di fronte a nuove sfide, le quali possono venir approssimativamente interpretate, comunque in modo più convincente che attraverso l’economicismo, con il pensiero di Sa- muel Huntington ed il suo conflitto di civiltà (Huntington 1996). L’as- sunto basilare di questo pensiero, cioè l’inevitabile conflitto di civiltà tra loro incompatibili, appare comunque una iper-semplificazione di una realtà assai più complessa. Se ha il vantaggio di essere largamen- te comprensibile e di relativizzare il pensiero economicista, d’altra 6. Con questo termine si definisce l’area più integrata dell’Unione europea, il Benelux, la Francia e la Germania. 1.3 L’Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? parte non soddisfa appieno l’interpretazione delle dinamiche reali. D’altra parte, l’utilizzazione della dicotomia circolazione/iconografia di Gottmann permette di trovare una soluzione più bilanciata rispet- to al pensiero di Huntigton nella ricerca di un nuovo paradigma. Il concetto di iconografia infatti reintroduce il ruolo della cultura nel- la geografia politica, non rendendolo però predominante. Un ruolo dinamico, in quanto la funzione conservatrice e di partizione dell’ico- nografia cambia costantemente, siccome nella ricerca di una risposta alle mutevoli sfide poste dalla circolazione, ne cambiano gli elementi costituenti. Il ruolo dell’economia, della tecnologia, delle migrazioni e quant’altro, elementi costituenti dell’iconografia insieme alla cultura, non vengono – al contrario del pensiero hungtintoniano – ignorati. Tale applicazione si può trovare nel concetto di globalizzazione. Quest’ultima può venire interpretata come un rapido rafforzarsi, nella 31 dialettica geografica, dell’elemento circolazione, dovuto a veloci svi- luppi nel campo tecnologico, economico e politico. Nella sua essenza non è un fenomeno nuovo o originale, è nuovo invece il fatto che la circolazione sia diventata un fenomeno fortemente diffuso su pres- soché tutto il globo. Non è questo il luogo di valutazione se ciò sia un fenomeno positivo o negativo – è sicuramente possibile però prevede- re – in termini gottmaniani e geopolitici – scenari probabili. È chiaro che la globalizzazione sia un fattore che disgrega l’«ingiustizia geogra- fica» (anche se permette l’affermarsi di altre ingiustizie), come tale è però anche fortemente destabilizzante. Tale effetto è visibile in tutti i campi, dalla finanza alla politica, come è stato dimostrato anche dall’attacco al «World Trade Center» di New York l’undici settembre 2001. Gli Stati uniti, come soggetti unificatori ed uniformatori, hanno anche permesso la drammatizzazione di polarizzazioni antagoniste e l’inte- riorizzazione di conflitti prima considerati periferici, permettendo a questi di essere lo sviluppo evidente della destabilizzazione globale. Questi diventano così le reazioni della periferia alla destabilizzazio- ne portata dalla globalizzazione (dalla circolazione) e si concretizzano nello sviluppo di nuove iconografie. Alla stessa maniera, anche nella parte più liberale del globo (il cosiddetto Occidente), la reazione ai conflitti e problemi periferici, dal terrorismo all’immigrazione clan- destina, culminerà con il crescere di nuove iconografie (basta pensare alla sempre più evidente xenofobia ed al rifiuto nei confronti dei mu- sulmani) che agiranno in modo limitante nei confronti della circola- zione. Gli effetti destabilizzanti della globalizzazione si stanno facen- do sentire anche dai «vincitori» di questo processo, che per tutelare i vantaggi acquisiti, pretenderanno sempre più limiti alla circolazione (esigendo quindi stabilità, ovvero conservazione), creando nuove ico- Introduzione nografie. Le idee di Gottmann ci portano quindi a concludere che pre- sto il processo di globalizzazione verrà rallentato da nuove iconografie e che sia lecito aspettarsi un periodo nuovo, dove nuove partizioni – soprattutto a livello regionale, come ad esempio l’Unione europea – saranno sempre più presenti ed i confini sempre più impermeabili. Tali conclusioni sono molto rilevanti anche per l’analisi in questio- ne e per l’Istria slovena. In una regione a cavallo di due confini, quello con l’Italia e quello con la Croazia, e fortemente marcata da un elevato flusso di circolazione (il corridoio 5 del TEN,7 il porto di Capodistria, il ruolo nella nuova geografia dell’energia, il turismo), allo stesso tempo in cerca di una propria – nuova – identità regionale, cioè di una nuova iconografia, tale dialettica risulta viva ed offre molti spunti per un’a- nalisi geografica. La stessa questione se si tratti di un sistema auto- 32 poietico (ovvero quale sia il livello di capacità autopoietica presente) significa di per se il tentativo di capire quale sia l’equilibrio tra circolazione ed iconografia presenti nello spazio dell’Istria slovena, quali siano le influenze esterne e quali i possibili scenari di sviluppo. 1.4 Scopi, focus e metodologia della ricerca Per definire gli scopi di quest’analisi, è utile iniziare definendola co- me un lavoro sia di geografia politica ed economica, sia di geopolitica e di geoeconomia. Per chiarire su cosa si punta definendo il lavoro con questi concetti, è utile richiamare il pensiero di Carlo Jean: mentre la geografia politica si interessa della distribuzione spaziale dei fenome- ni politici e della loro influenza sui fattori geografici, la geopolitica studia la relazione inversa: cioè l’influenza dei fattori geografici, sia fisici che umani, sulle analisi, scelte ed azioni politiche in relazione a quelle degli altri soggetti politici operanti sul medesimo territorio. Mentre la geografia politica ed economica studiano la situazione esistente, la geopolitica e la geoeconomia studiano i possibili scenari futuri (Jean 1995, 12–13). Ciò è precisamente lo scopo di questo lavoro: capire, con chiave geografica, la realtà di uno spazio finora poco analizzato in mo- do indipendente e cercare di delinearne, nel modo consentito da un ragionamento geopolitico e geoeconomico, i possibili scenari futuri. L’Istria slovena, come già accennato, è una regione che si sta deli- neando, ovvero il cui delineamento sta diventando evidente, soltanto negli ultimi anni. Ciò è dovuto soprattutto al pensiero politico predo- minante, che fino all’indipendenza della Slovenia aveva inibito lo svi- luppo di un’identità regionale al livello considerato, favorendolo piut- tosto a livello transrepubblicano, che in questo caso significa a livello 7. Trans-European Network, corridoio paneuropeo, vedi http://www.ten-t.com. 1.4 Scopi, focus e metodologia della ricerca dell’intera Penisola istriana. Una direzione questa facilmente giustifi- cabile dall’identità storica che l’Istria come un tutt’uno può vantare e dall’effettiva e relativa omogeneità dello spazio istriano nei primi decenni della Jugoslavia socialista. Realtà destinata a cambiare negli anni Settanta ed Ottanta, grazie soprattutto alla spinta propulsiva del porto di Capodistria, che ha dato alla città ed alle due vicine Isola e Pirano una prospettiva diversa da quelle delle cittadine istriane al sud del fiume Dragogna, che a parte Pola non riuscivano a trovare una via efficace di sviluppo una volta che l’inefficiente avventura economica del socialismo reale stava volgendo al termine. La parte dell’analisi geografica dello spazio preso in considerazione poggerà soprattutto sui dati di precedenti lavori parziali o settoriali, quindi su fonti secondarie che hanno il decisivo vantaggio nell’acces- sibilità, ma che d’altro canto risultano spesso basate sull’analisi del- 33 l’intera area istriana. Oltre a ciò, la maggior parte delle fonti rilevate si concentra su aspetti culturali ed etnici, trascurando quelli che so-no gli aspetti economici. Ciò si può comprendere vista la fitta storia di relazioni, conflitti e soprattutto convivenza di più etnie, d’altra par-te però riesce in questo modo a dare soltanto un’immagine parziale di quella che è una realtà complessa e dove la dimensione economica ha iniziato a contare di più, nella percezione sociale, di quanto l’abbia durante gli anni del socialismo. Soprattutto per quanto riguarda i dati economici, sarà quindi ne- cessario accedere a fonti primarie, ovvero a collezioni di tali fonti, quali indicatori statistici dell’Istituto per la statistica della Slovenia e di altre enti, cercando di limitare i dati all’area dei tre comuni considerati, cioè Capodistria, Isola e Pirano. Come già sopra, a volte que- sti dati non saranno del tutto accessibili, risultando quindi necessario ricorrere a pensieri deduttivi, per i quali si provvederà a spiegarne il percorso mentale. Nella parte dedicata all’analisi del livello di capacità autopoietica, questa sarà chiaramente delimitata ad un lavoro descrittivo e quanto più oggettivo, dove le valutazioni dell’autore dovranno per forza es- sere limitate, in quanto non esiste una scala chiara del livello di que- sta, che assume rilevanza soprattutto in un lavoro di comparazione di aree diverse, il che però supera gli orizzonti di questa sede. Nonostan- te ciò si provvederà alla redazione di una metodologia di valutazione dell’capacità autopoietica, posta in relazione con altre aree. Dal punto di vista economico sarà interessante capire quali siano le influenze esterne ed in che direzioni puntino, cercando anche di indi- viduare i principali centri esterni che agiscono in loco. Da Lubiana a Trieste, ci sono senza dubbio chiari interessi economici sulla regione, Introduzione soprattutto dal punto di vista dei flussi di traffici portuali e di corridoi energetici, dove i più interessanti risultano le prospettive di collegamento marino con l’Asia sudorientale ed il commercio di idrocarburi liquidi e le pressioni russe a sostituire questa prospettiva ad una di collegamento, tramite gasdotto, con le fonti di approvvigionamento controllate da Mosca. L’Istria slovena si prospetta quindi a diventare, se saprà utilizzare in modo saggio le possibilità di cui dispone, un teatro piccolo ma in- teressante nel gioco dei traffici a livello macroregionale. Uno scena- rio tutt’altro che delineato, anche se si considera le – a prima vista concorrenti – prospettive di sviluppo turistico mirato ad una clien- tela centro-europea di età avanzata, cioè i pensionati benestanti al- la ricerca di un’area amena ma vicina. Questa clientela, proveniente 34 non solo da paesi come Germania, Austria e Svizzera, ma sempre più anche da Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ucraina e Russia, cioè dai nuovi membri dell’Unione Europea e dai paesi al suo confine orientale, desidera rimanere in un’area relativamente vicina alla propria regione di provenienza, ma è allo stesso tempo alla ricer- ca di un clima mite e mediterraneo. È alla ricerca di comunità urbane medio-piccole, capaci però di offrire servizi, sanitari e sociali all’avan-guardia, in linea con gli standard esistenti in Europa e possibilmente facilmente accessibili. Le tre città dell’Istria slovena, per le quali è possibile prevedere nel lungo termine uno sviluppo in un’unica conurba- zione urbana litorale, sono ideali per adempiere al ruolo richiesto da questo tipo di turismo: sono l’area mediterranea (adriatica) più vici- na ai paesi Mitteleuropei, compongono una comunità urbana relati- vamente piccola e molto adatta a chi desidera un compromesso tra i vantaggi offerti dalla città e quelli che si possono trovare nella campa- gna (e vicino al mare) e sono inoltre ben attrezzati in servizi sanitari e sociali. L’anziano si sente così facilmente a suo agio in questa regione, tanto più essendo integrata nell’Unione europea, il che rende ancor più facile l’insediamento e l’utilizzo dei servizi sanitari e sociali. Nel delineare scenari futuri, sarà importante tenere da conto quin- di queste due dimensioni: quella del trasporto e dell’energia e quella del turismo, alle quali vanno aggiunte anche altre realtà già importan- ti, come il turismo sportivo, l’economia del gioco d’azzardo (che attira soprattutto la clientela della vicina Italia ed in lento ma costante decli-no) e lo sviluppo dell’agriturismo, cioè dei servizi offerti a chi è in cerca di un contatto più forte con i gusti ed i sapori della vita tradizionale e della natura del paesaggio collinare presente. Da quanto delineato finora è possibile definire i punti focali di que- sta ricerca. La struttura sociale ed il livello di organizzazione urbana 1.4 Scopi, focus e metodologia della ricerca e rurale stanno alla base della definizione dell’organizzazione uma- na nella regione, necessaria per poter meglio percepire la realtà delle relazioni della società col territorio. Quando possibile, questi dati verranno comparati con quelli a livello nazionale sloveno, per poter me- glio comprendere le specifiche della regione. Lo sviluppo dei servizi e la distribuzione di essi sul territorio, dato importante per capirne la disponibilità, saranno rilevanti anche per capire le reali possibilità di sviluppo turistico nel futuro. A ciò si aggiunge l’analisi sulla struttura demografica della popolazione, sia sull’età, sia sulla composizione etnica presente. L’Istria slovena e soprattutto Capodistria hanno co- nosciuto, negli ultimi trent’anni, un forte aumento della popolazione immigrata, proveniente in gran parte dalle altre repubbliche dell’ex Jugoslavia come manodopera per le necessità sempre maggiori del porto e delle aziende ad esso collegate, oltre che dell’edilizia. Queste 35 nuove minoranze si sono ormai mescolate alla maggioranza slovena, diventata tale nelle città dopo la Seconda Guerra mondiale, ed in par- te più limitata anche alla comunità nazionale italiana. La seconda ge- nerazione degli immigrati, nata in loco ma ancora legata alle proprie origini, sta giocando un ruolo sempre più importante nella vita socio- politica locale, portando anche a cambiamenti nella struttura etnica della popolazione urbana e conseguentemente a cambiamenti anche nella popolazione rurale, dove si sta trasferendo parte di quella prima presente in città. Quali saranno gli sviluppi di tali cambiamenti etni- ci e demografici ed in che modo la nascente iconografia li accetterà o li limiterà, tenendo presente la già complessa struttura etnica au- toctona, non è ancora possibile prevedere con certezza. La comuni- tà nazionale italiana, finora passaggio quasi obbligato nelle relazioni tra Slovenia ed Italia ma oggi, con l’integrazione nell’Unione europea, meno presente nell’agenda politica delle relazioni tra i due vicini, sta diventando soprattutto un punte per le relazioni economiche e cul- turali. Ci si può quindi attendere un cambiamento di ruolo da fatto- re di conservazione della presenza e memoria etnica a coadiuvante economico e culturale, viste anche le numerose opportunità offerte dalla politica di finanziamenti europei che dovrebbe vedere avvan- taggiati i soggetti più adattati alle relazioni trans-frontaliere, ciò che la comunità nazionale italiana dovrebbe essere. Oltre all’analisi della dimensione sociale e politica, ne è necessaria pure una di carattere economico, che prenda in considerazione in pri- mo luogo le diverse aree dello sviluppo ed i settori più presenti, non- ché i maggiori soggetti economici della regione. Capire dove si tro- vi il capitale potenzialmente utilizzabile ed investibile ed in che mo- do questo venga controllato da attori interni ed esterni alla regione Introduzione permette di capire quale possa essere la magnitudo dei vari interes- si presenti e come questi possano influenzare lo sviluppo e le scelte strategiche in regione. L’identificazione la localizzazione delle diverse aree di sviluppo è solo il primo passo per capire come sia organizzata la struttura economica, utile inoltre per la seguente analisi delle reti e delle comunicazioni. Oltre alla principale area localizzata nell’area economica (che è tra l’altro pure zona franca) del porto di Capo- distria, vanno evidenziate anche quelle restanti nelle zone artigianali ed industriali nei dintorni, di Isola e Santa Lucia vicino a Portorose. Dopo le aree, vanno considerate anche i maggiori soggetti economici, cioè le maggiori imprese, che verranno analizzate nella loro struttura di dipendenti, nel fatturato e nel capitale presente, cercando di isola- re e definire anche quelle che potranno essere le scelte strategiche di 36 queste nel futuro: porto di Capodistria, servizi logistici, industria del turismo e della produzione alimentare marina e nuovi interessi provenienti soprattutto dal centro del paese, saranno i soggetti economici maggiormente presi in considerazione. Nella sezione dedicata ai flussi, il lavoro si sposta dall’analisi della redistribuzione della popolazione e del capitale sul territorio, al mo- vimento, ai flussi, alla comunicazione (cioè, in termini gottmanniani, ai fattori determinanti la circolazione). Si analizzano così i nodi più importanti nella regione dal punto di vista dei traffici, sia terrestri che marini, tentando di mappare una rete delle comunicazioni passeggeri e merci. Quali sono le gateways, cioè le porte d’accesso alla regione, dall’onnipresente porto di Capodistria, alle vie terrestri, all’aeroporto di Portorose. Nell’analisi della circolazione vanno considerati, come già accen- nato, anche i nodi di comunicazione marina, potenzialmente in cre- scita soprattutto nelle relazioni con la vicina Trieste dopo l’allarga- mento dell’area Schengen, il quale potrebbe verificarsi tra il 2008 ed il 2010. Proprio Trieste, città dominante nell’area transfrontaliera del- l’Istria, del Litorale e della Venezia Giulia, risulta un importante riferimento d’analisi, soprattutto per il suo ruolo concorrente con Capodi- stria nel settore portuale, il quale potrebbe, e nella visione di sviluppo degli esperti del settore, dovrebbe diventare complementare. Analizzati i flussi, rimane da individuare le forze esterne alla regio- ne, la loro influenza ed i loro limiti in relazione alle capacità di capacità autopoietica dell’Istria slovena. In questa fase non va scordato nem- meno il ruolo inverso, cioè l’influenza che l’Istria slovena può avere sulle aree confinanti ed in base ad accordi di collaborazione e contatto ad-hoc, come sono i gemellaggi tra i comuni, gli eventi internazionali, gli investimenti economici. 1.4 Scopi, focus e metodologia della ricerca Nell’ultima parte si procederà nel tentativo di costruire uno stru- mento teorico utile a misurare, in termini relativi, la capacità autopo- ietica di sistemi-regione precedentemente individuati. Nel tentativo di misurare tale capacità in un contesto di unità politiche come stati o regioni, esso non può infatti essere identificato semplicemente co- me esistente o meno, ma piuttosto valutato in relazioni ad altre en- tità comparabili. Può essere inoltre utile non in termini assoluti, ma solo se utilizzato in termini relativi, cioè comparando diverse realtà territoriali tra loro. La capacità autopoietica nella geografia può quin- di essere presa come indicatrice relative valido nella comparazione di diversi sistemi-regione tra loro e tenendo in considerazione tale ca- ratteristica, si cercherà di costruire un codice di interpretazione che possa essere utile in diverse occasioni ed applicato a diverse realtà. Tale esercizio andrà infine completato con una riflessione sui pos- 37 sibili scenari di sviluppo futuro che possa chiarire meglio il ruolo che l’Istria slovena sta sviluppando a scala nazionale e centro europea, in- cludendo il concetto di litoralizzazione. Ciò è importante anche per capire il ruolo che la circolazione e l’iconografia stanno giocando nel- lo spazio geografico considerato e cercare di capire in quale direzio- ne, verso una chiusura simile a quella dei decenni passati nella vici- na Trieste, o verso un’apertura di stampo californiano, andrà l’Istria slovena. 2 L’organizzazione dello spazio sociale ed economico 2.1 La popolazione e l’organizzazione territoriale L’Istria slovena, come sistema-regione che conta su tre centri urba- ni di media-piccola dimensione e su più centri minori rurali e semi- rurali, si presta bene all’analisi delle caratteristiche e delle specifiche della sua popolazione, soprattutto considerando la sua unicità nell’ambito della Slovenia. L’Istria slovena è infatti l’unica regione slovena che può godere del contatto col mare, con chiare conseguenze eco-logiche, geoeconomiche e geopolitiche. L’importanza della regione è evidente già dal susseguirsi dei fatti storici e dai numerosi tentativi del popolo sloveno, durante le fasi dello sviluppo della propria entità statale, ad assicurarsi l’accesso al mare. Il culmine di questi tentativi si ebbe alla fine della Seconda Guerra mondiale con l’occupazione di Trieste da parte delle truppe di liberazione partigiane sotto il coman- do jugoslavo. Il controllo della città giuliana che durò per quaranta giorni non fu soltanto un momento di conflitto politico ed etnico tra la popolazione italiana e quelle slovena e croata presenti sul territorio in questione, ma anche segnò il culmine di un braccio di ferro geopolitico, dove le ragioni etniche davano ragione all’Italia, mente la par- te Jugoslava sfoderava argomenti economici, indicando come Trieste fosse di vitale importanza per la federazione balcanica ed indispensa- bile alla Slovenia in quanto unico porto di questa repubblica.1 Trieste sarebbe dovuta diventare uno scalo d’importanza strategica non soltanto per la Slovenia, ma per l’intera Europa centrale, rievocando il ruolo che la città portuale ebbe durante il periodo austro-ungarico. Nemmeno il fatto che alla fine Trieste tornò all’Italia non riuscì però a fermare i piani di sviluppo per la parte più settentrionale della co- 1. Vedi http://www.leganazionale.it/storia/cronologia.htm. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico sta jugoslava, con lo sviluppo del porto di Capodistria, evidentemente concorrente a quello di Trieste. L’introduzione del porto fu molto importante per la regione, in quanto influì sia sullo sviluppo economico, sia su quello demografico. Forti necessità di manodopera a basso costo portarono a Capodistria, Isola e Pirano una popolazione numericamente molto rilevante pro- veniente dalle restanti repubbliche dell’allora federazione jugoslava. Ciò ebbe notevoli effetti sia sulla struttura etnica del territorio, sia sul livello d’istruzione, sia sulla piramide d’età di quest’ultima. Alle allora presenti ed autoctone etnie istriane, cioè quella italiana, quella slovena e quella croata, si aggiunsero altre: quella croata ma proveniente da territori extra-istriani, quella serba, quella bosniaca, quella mace- done, quella kosovara. Dal punto di vista dell’istruzione, ci fu un forte 40 aumento di popolazione poco istruita, il che rese necessari in modo maggiore che nel resto della Slovenia programmi per l’istruzione degli adulti. La presenza dello scalo portuale fu determinante per un rapi- do sviluppo economico di Capodistria e dell’intera regione, rendendo possibile nel tempo anche l’afflusso di imprese straniere economica- mente molto importanti, tra le quali la casa automobilistica francese Citroen con il partner locale Cimos, sul territorio dell’Istria slovena. L’Istria slovena conta, secondo i dati del 30 giugno 2006, 88110 per- sone, tra cui 51140 a Capodistria (il 58%), 17823 a Pirano (il 20%), 15920 ad Isola (18%) e 3227 ad Ancarano (poco meno del 4%). Nella struttura d’età, l’Istria slovena presenta una popolazione leggermen- te più vecchia rispetto alla media slovena grazie ad una presenza più numerosa della popolazione sopra i 60 anni. 2.2 Struttura sociale La multiculturalità e l’identità regionale Così come l’intera penisola istriana, anche l’Istria slovena è etnica- mente eterogenea, soprattutto se confrontata col resto della Slovenia. Storicamente, sin dai tempi del «Placito del Risano»,2 esiste un’approssimativa linea di divisione tra il territorio abitato prevalentemen- te da etnie neo-latine e quello abitato da etnie slave. Attorno all’804 infatti, quando il duca franco Giovanni (Iohannes) iniziò a impadro- nirsi dei possedimenti fino ad allora appartenenti al contado delle cit- tà istriane, ad imporre ai cittadini svariati dazi e a stanziare nei territori delle città popolazioni slave, i cittadini istriani (per lo più di origine italica) si rivolsero alle autorità imperiali. Le vertenze furono dibat-tute appunto durante il placito, nei pressi di Capodistria, davanti ai 2. Vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Placito_del_Risano. 2.2 Struttura sociale 41 Figura 2.1 Le diverse proposte sulla divisione del confine tra Italia e Jugoslavia dopo la Seconda Guerra mondiale (giallo – il confine tra Regno d’Italia e Regno di Jugoslavia del 1924, verde – la linea Morgan, nero – la proposta statunitense, blu – la proposta inglese, bianco – la proposta sovietica, rosso – i confini del Territorio libero di Trieste; la mappa fa parte della mostra «Dall’Austria-Ungheria alla Jugoslavia» del Museo Regionale di Capodistria) L’organizzazione dello spazio sociale ed economico missi dominici, rappresentanti di Carlo Magno. Nell’accordo tra il po- tere feudale franco e quello municipale, alle città fu riconosciuta l’au- tonomia, ma le terre del contado non vennero restituite. Quanto agli Slavi, il duca Giovanni si impegnò che avrebbero lasciato le terre del contado (prevalentemente a nord del fiume Risano vicino a Capodi- stria) se avessero fatto dei danni o arrecato molestie. Tale accordo è importante dal punto di vista storico-geografico, in quanto definisce i territori fino a dove potevano insediarsi le comunità prevalentemen- te agricole di etnia slava e dove invece vigeva la sovranità autonoma del comune, delimitando così involontariamente il confine etnico tra slavi ed italici nell’Istria slovena ed anche più a sud. Tale divisione eb-be influssi a lungo termine nella geografia etnica della regione, tanto che il limite dell’espansione etnica degli sloveni e degli italiani rimase 42 praticamente invariato fino alla fine della Seconda Guerra mondia- le. Chiaramente, questo confine non era un confine fisico, naturale o definito dall’uomo, ma soltanto un limite alla presenza maggiorita- ria di ciascuna delle due comunità, beninteso che c’erano numerosi italiani insediati nelle aree a maggioranza slovena e numerosi sloveni insediati nelle aree a maggioranza italiana. Dopo la Seconda Guerra mondiale, le ferite inter-etniche lasciate dai brutali eventi bellici, la divisione ideologica tra Italia e Slovenia e le nuove politiche d’insediamento etnico, cambiarono radicalmente la mappa della presenza etnica di italiani e sloveni nell’Istria slovena. Gli italiani diminuirono in modo radicale, sostituiti non solo da sloveni provenienti dalle aree rurali della regione, ma anche da sloveni dell’interno del Paese e da appartenenti ad altre etnie delle altre repubbliche dell’ex-Jugoslavia (bosniaci, serbi, albanesi, ecc.). Nonostante ciò, l’Istria slovena è riuscita a conservare, più nell’i- dentità collettiva che nei numeri, una propria identità multicultura- le, che si sta tra l’altro ulteriormente sviluppando. Grazie alla politica delle relazioni tra Jugoslavia ed Italia, la comunità nazionale italiana è riuscita a mantenere una propria vitalità e visibilità. L’istruzione ele-mentare, media e superiore (tranne quindi quella universitaria) pos- sibile anche in lingua italiana, i media regionali come TV e Radio Ca- podistria ed i notevoli aiuti finanziari agli organismi di autogestione della comunità nazionale italiana riuscirono a mantenere viva una co- munità nazionale che altrimenti, vista la sua esiguità, si sarebbe pro- babilmente assimilata completamente alla maggioranza della popo- lazione di etnia slovena. Questa forte visibilità di una minoranza co- munque esigua nei numeri (il 2,33% secondo l’ultimo censimento)3 e 3. Censimento del 2002, dati dell’Istituto della statistica della R. di Slovenia. 2.2 Struttura sociale la presenza del bilinguismo in parte dei comuni della regione hanno infatti mantenuto viva, nell’identità collettiva, l’identificazione mul- ticulturale, parte integrante dell’identità regionale dell’Istria slovena. Quest’identificazione è comunque presente soprattutto nel rapporto etnia slovena-italiana. Tale identificazione non è invece presente nei confronti delle altre comunità etniche presenti sul territorio, non con- cepite come autoctone, anche se numerose, cioè quelle non autoc- tone e provenienti dalle altre repubbliche dell’ex-Jugoslavia, in mag- gior parte Croazia, Serbia (e Kosovo), Bosnia e Macedonia (Sedmak 2004). Proprio questa concezione della multiculturalità (e conseguente- mente mediterraneità della società istriana – essendo sia gli italiani che i croati popoli mediterranei) come parte integrante di un’identità regionale dell’Istria slovena è uno dei fattori che servono a distinguersi 43 dall’interno del Paese. Distinguo visibile anche nella vita quotidiana, dove per definire proprio il resto della Slovenia, si usa spesso anche il termine di «andare nel continente», quasi a voler comunicare una propria identità marina o insulare dell’Istria slovena. Tale identità è probabilmente rafforzata anche dalle caratteristiche fisiche del terri- torio dell’Istria slovena, che si differenzia da quello circostante (an- che da quello della maggior parte dell’Istria Croata) per aspetti pretta- mente geologici. Mentre sia il Carso che tutta la parte settentrionale- orientale della penisola istriana sono caratterizzate dalla presenza di rocce calcaree (l’Istria bianca) e tutta la parte meridionale-occidentale di quest’ultima è invece caratterizzata da terra con forte presenza di minerali ferrosi (l’Istria rossa), l’Istria slovena presenta una confor- mazione geologica a prevalenza argillosa e flisch (l’Istria grigia). Que- sta è delimitata a nord dal Ciglio carsico ed a sud dai colli sul lato meridionale del fiume Dragogna. La comunità nazionale italiana La comunità nazionale italiana è considerata autoctona dalla costitu- zione della Repubblica di Slovenia, insieme a quella ungherese. Ciò significa che la minoranza ha accesso a diritti generali e specifici, le- gati a questioni di utilizzo della lingua madre e del bilinguismo, alle attività culturali, all’educazione bilingue, ai media, all’organizzazione ed alla rappresentazione politica, dove la forma più esplicita di diritto specifico è il diritto al seggio specifico della minoranza al parlamento sloveno. Oltre ai diritti legalmente riconosciuti, è importante il ruolo reale del quale la minoranza gode sul territorio di presenza autoctona, limitato alle tre città dell’Istria slovena ed all’immediata prossimità. Qui vanno considerati anche i rapporti con la popolazione maggiori- L’organizzazione dello spazio sociale ed economico Tabella 2.1 Presenza dei gruppi etnici a Capodistria nel 1910 e nel 1991 Anno Italiani Sloveni Croati* Altri 1910 84,0% 18,5% 1,3% 1,9% 1991 2,2% 82,4% 15,4% – Note * Ed altre minoranza jugoslave. Secondo Bufon (1992) si utilizza i dati del 1991, in quanto questi sono quelli riportati dagli autori citati e non si è in possesso di dati comparabili per il censimento del 2002 (quest’ultimo cita dettagliatamente le madrelingua, che però non sono comparabili con l’autoidentificazione nazionale qui riportata). taria slovena e l’integrazione della minoranza e dei suoi individui nella vita dell’intera società regionale. Storicamente, la comunità nazionale italiana ha conosciuto un for- 44 te declino, dovuto alle conseguenze della Seconda Guerra mondiale ed all’esodo di centomila individui, stimolati ad optare per l’Italia sia dall’una, sia dall’altra parte. Soprattutto col Memorandum di Londra, che nel 1954 sancì l’appartenenza della zona B del Territorio Libero di Trieste alla Jugoslavia, si realizzarono le condizioni per questo forte calo demografico della comunità nazionale italiana, dove i suoi individui avevano, per detta dello stesso Memorandum, tempo fino all’i- nizio del 1956 per scegliere se rimanere in Jugoslavia o optare per l’I- talia. Quasi immediatamente dopo questa data, nell’aprile del 1956, venne portato a termine il censimento della popolazione di Capodi- stria, Isola e Pirano, il quale dette un’immagine fortemente cambiata della situazione etnica della regione. Il forte cambiamento è visibile in alcuni dati della struttura demografica, qui riportati. È qui visibile un radicale ribaltamento nella struttura etnica del- la popolazione a Capodistria, mentre simile è stato anche il destino ad Isola e Pirano. Da notare nella Tabella 2.2 la quasi scomparsa della comunità nazionale italiana, che si mantiene a livelli tra l’1 ed il 3%, mentre è fortemente aumentata, oltre alla popolazione slovena, anche il valore «altro», il quale comprende quelli nazionalmente non dichiarati ed altre nazionalità, soprattutto quelle delle altre repubbli- che dell’ex-Jugoslavia. Questo afflusso di queste etnie dalle repub- bliche meridionali è un fenomeno comune all’intero territorio della Slovenia, ma più marcato nelle aree dove viene richiesta forza lavoro non o poco qualificata, quali le aree industriali-minerarie o, nel caso dell’Istria slovena, il settore portuale e le attività ad esso connesse. Secondo i dati dell’ultimo censimento risalente al 2002, in Slovenia ci sono in totale 2258 italiani, di cui 1840 vivono nel territorio dell’Istria slovena. Secondo questo censimento è possibile notare la ripresa del trend negativo nel numero compressivo dei membri della mino- 2.2 Struttura sociale Tabella 2.2 L’etnie slovena, italiana ed altre (soprattutto non dichiarati e minoranze delle altre repubbliche dell’ex Jugoslavia) nei tre comuni dell’Istria slovena secondo i dati dei censimenti del 1956, 1961, 1971, 1981, 1991 e 2002 Anno Totale Sloveni Italiani Altro n % n % n % Capodistria 1956 24898 22401 89,97 1171 4,70 1326 5,33 1961 29228 25900 88,61 572 1,96 2756 9,43 1971 35445 28584 80,64 877 2,48 5984 16,88 1981 41849 31549 75,40 727 1,74 9573 22,86 1991 45315 33271 73,42 1015 2,24 11029 22,86 2002 47539 33826 71,16 712 1,49 13001 27,35 Isola 45 1956 7750 6319 81,54 585 7,55 846 10,91 1961 9339 7693 82,37 467 5,00 1179 12,63 1971 10488 8170 77,90 485 4,62 1833 17,48 1981 12513 8987 71,82 358 2,86 3168 25,32 1991 13770 9428 68,47 567 4,12 3775 27,41 2002 14549 9456 64,99 430 2,95 4663 32,06 Pirano 1956 9395 6553 69,75 1448 15,41 1394 14,84 1961 11410 8114 71,11 1208 10,59 2088 18,30 1971 12359 8649 69,98 1206 9,76 2504 20,26 1981 15235 10417 68,38 816 5,36 4002 23,86 1991 16768 10949 65,30 1169 6,97 4650 27,73 2002 16758 10606 63,28 698 4,17 5454 32,55 Istria slovena 1956 42043 35273 83,90 3204 7,62 3566 8,48 1961 49977 41707 83,45 2247 4,50 6023 12,05 1971 58292 45403 77,89 2568 4,41 10321 17,70 1981 69597 50953 73,21 1901 2,73 16743 24,06 1991 75853 53648 70,73 2751 3,63 19454 25,64 2002 78846 53888 68,35 1840 2,33 23118 29,32 Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). ranza, numero che rispetto al passato è aumentato soltanto una volta, cioè nel 1991. Questo dato va comunque interpretato con cautela e confrontato con quello riguardo la lingua madre. Qui si può notare che, sempre secondo il censimento del 2002, il numero degli individui che come madrelingua indicano l’italiano è, nei comuni dell’Istria slo- vena, di 2853 individui, quasi 1000 in più rispetto a quelli, che si sono definiti italiani. Si può quindi concludere, comparando i dati dei cen- L’organizzazione dello spazio sociale ed economico simenti del 1991 e del 2002, che mentre è diminuito il numero degli italiani, quello degli individui a madrelingua italiana è rimasto prati- camente lo stesso – ciò viene confermato anche comparando le cifre a livello nazionale: nel 1991 le persone a madrelingua italiana erano 3882, mentre nel 2002 erano 3762. Il bilinguismo Determinante importante della presenza della comunità nazionale italiana nell’Istria slovena è l’istituto del bilinguismo, definito per legge. I regolamenti comunali, che definiscono le regole secondo le quali va regolato il bilinguismo, dettano norme rigorose – anche se il loro rispetto lo è molto meno – sul pari utilizzo della lingua slovena e di quella italiana in tutte le comunicazioni ufficiali di natura pubblica, 46 sia di enti pubblici, che privati. In tal modo, scritte di carattere pubblico, come orari, indicazioni toponomastiche, cartelli pubblicitari, ecc., devono essere esposte sia in sloveno che in italiano.4 Ciò vale anche per la comunicazioni ufficiali di carattere pubblico, mentre per quelle destinate a singoli, ci sono norme tra loro differenti, anche se vale il generale principio che quelle relativamente brevi o tipiche (come ad esempio comunicazioni su scadenze elettorali, comunicazioni fi- scali o bollette) sono bilingui, mentre quelle più specifiche (come ad esempio decisioni giuridiche) devono essere tradotte gratuitamente su richiesta dell’interessato. Come accennato poco sopra, il rispetto di queste norme non è al- trettanto rigoroso, soprattutto nell’avvento dei moderni maxi cartel- loni pubblicitari, che per ragioni economiche non vengono stampati in modalità bilingue e le autorità evidentemente evitano di multare – come dettato per legge – i numerosi trasgressori. La presenza della comunità nazionale italiana, oltre al bilinguismo, viene esplicitata anche con la doppia esposizione di vessilli indicanti appartenenze nazionali: nei territori bilingui, durante le feste comu- nali o nazionali, oltre alla bandiera del comune, quella della Slovenia e quella dell’Unione europea, viene esposta anche la bandiera della comunità nazionale italiana, che è uguale al tricolore italiano.5 4. Nella toponomastica va specificato che il bilinguismo vale soltanto per i luoghi che si trovano all’interno dell’area bilingue. Altri luoghi, per i quali esiste una toponomastica italiana ma che si trovano al di fuori del territorio bilingue (come ad esempio Postumia o Lubiana) non vengono tradotti e sono indicati unicamente in sloveno. 5. Durante il periodo del socialismo reale Jugoslavo, la minoranza aveva adottato una bandiera diversa dal semplice tricolore italiano – al centro ci aveva infatti aggiunto una stella rossa, allo stesso modo in cui questa era apposta sul tricolore orizzontale blu-bianco-rosso jugoslavo e su quello bianco-blu-rosso sloveno. 2.2 Struttura sociale Va notato che il bilinguismo non è presente sull’intero territorio dell’Istria slovena, ma soltanto in parte dei quattro comuni, cioè dove si riconosce la presenza autoctona della comunità nazionale italiana. Le minoranze «meridionali» Già dalla precedente analisi, oltre all’esiguità ma alla comunque vi- sibile presenza della comunità nazionale italiana, considerata autoc- tona, spunta anche un altro dato: secondo i dati del censimento del 2002, il 29,32% della popolazione dell’Istria slovena ha indicato un’ap- partenenza etnica diversa da quella slovena o italiana. Una porzione importante della popolazione, quasi un terzo, che merita particolare attenzione. Storicamente, l’Istria slovena ha conosciuto, negli anni della Jugo- slavia socialista, un notevole afflusso di popolazione proveniente dal- 47 le altre repubbliche dell’ex-Jugoslavia. Dalla Croazia, Serbia (ed in ma- niera particolare dalla provincia autonoma del Kosovo, da dove pro- veniva popolazione di etnia prevalentemente albanese), dalla Bosnia, dal Montenegro e dalla Macedonia (dalle ultime due in misura minore – il che risulta comprensibile se si considera la loro esigua dimensio- ne per popolazione e territorio) arrivarono in Slovenia spedizioni or- ganizzate di immigranti, accompagnati spesso persino dalle famiglie, per prestare manodopera a basso costo ad una repubblica in fase di forte crescita economica. Non tutte le regioni slovene furono testimo- ni di ciò allo stesso modo – quelle prevalentemente industriali furo- no la destinazione preferita e tra queste vanno annoverate le città più grandi, oltre a nuovi insediamenti nati proprio allo scopo di sviluppa- re l’industria (come Jesenice a nordovest, Velenje a nord di Celje e la più piccola Kidričevo nei pressi di Ptuj) e la fascia costiera, dove l’arrivo in massa di queste popolazioni aveva una doppia funzione. Da un lato, manodopera per lo sviluppo industriale e portuale, dall’altro venivano a sostituirsi, insieme a immigrati interni provenienti dal re- sto della Slovenia, comunque più esigui per numero, alla popolazione italiana che abbandonò quasi totalmente l’Istria slovena (vedi Tabel- la 2.1 a pagina 44). A questo scopo furono costruiti, come del resto in altre parti del Paese, interi nuovi isolati per accomodare queste nuove popolazioni: Monte Marco e Prisoje a Capodistria, Livade ad Isola e alcuni edifici anche a Lucia a sud di Portorose. Il fatto che spesso arrivarono famiglie intere o comunque in fase di formazione, contribuì a mantenere viva queste comunità «meri- dionali», in quanto l’educazione famigliare, compresa la lingua ma- dre, veniva data nella lingua d’origine (principalmente in serbo o l’al- banese), col risultato che seppure non o poco organizzate, le diver- L’organizzazione dello spazio sociale ed economico se comunità di immigrati sono tutt’oggi vive e rappresentano, nel- l’Istria slovena, una parte rilevante della popolazione, la quale fatica però ad integrarsi completamente ed a farsi accettare come compo- nente legittima della società.6 Tale ipotesi viene confermata anche da Mateja Sedmak (2004) nella sua ricerca sui rapporti tra popolazioni autoctone ed immigrate, dove si rileva una certa discriminazione nei confronti di queste comunità meridionali. Mentre infatti, nella scala di valutazione positivo-negativo, la comunità italiana viene accettata positivamente, alla pari con le altre etnie dell’Europa occidentale, le comunità dell’Europa Sud-orientale (Balcani) vengono relegate tra le popolazioni meno desiderate. Tale tesi viene convalidata da Sedmak anche nella tendenza, da parte della popolazione, a riconoscere alle comunità etniche minoritarie diritti specifici e privilegi: mentre questi 48 vengono accettati per quanto riguarda la comunità nazionale italiana (ed anche quella ungherese, che vive però nel nordest della Slovenia), vengono generalmente rifiutati alle minoranze meridionali. Sedmak fa inoltre notare che esiste una tendenza ad una minore tolleranza verso le minoranze meridionali da parte della generazione più giovane, mentre non registra notevoli differenze tra la generazione adulta e quella giovane riguardo il relazionarsi con la comunità nazio- nale italiana. Ciò è attribuibile al fatto che la giovane generazione si è socializzata nel periodo dell’indipendenza della Slovenia, in un cli- ma più nazionalista ed indipendentista, che sottolineava le differenze con gli altri popoli dell’ex federazione. Allo stesso modo, mentre nella generazione adulta si registra il 18% di immigrati dalle altre repubbli- che dell’ex-Jugoslavia di prima generazione, i quali senza dubbio in- fluiscono sui dati d’insieme, nella generazione giovanile questi sono soltanto l’8,7% (Sedmak 2004). La rilevanza numerica delle minoranze «meridionali» è facilmente percepibile dai dati dell’ultimo censimento, effettuato nel 2002. Pur- troppo i dati pubblicati esplicitano soltanto il numero dei dichiarati- si appartenenti alla nazionalità slovena o italiana, raggruppando i re- stanti come «altro» (vedi Tabella 2.2 a pagina 45). I dati sulla nazionalità possono essere inoltre fallaci, in quanto è possibile che nell’intento a risalire la scala sociale, una parte degli appartenenti alle minoranze «meridionali» optino per definirsi sloveni o istriani, occultando le proprie origini etniche. Più appropriati, allo scopo di quest’analisi, si rivelano i dati sulla madrelingua, che lasciano meno spazio di scelta all’intervistato e sono inoltre più facilmente reperibili. Risulta inoltre 6. Per minoranze meridionali si intende, come si può capire anche dal contesto, le minoranze delle etnie provenienti dalle repubbliche dell’ex-Jugoslavia. 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale interessante comparare i dati dei comuni di Capodistria, Isola e Pira- no (Ancarano faceva parte, nel 2002, del comune di Capodistria) con i dati nazionali, onde capire la portata della passata immigrazione a livello regionale. Già dall’analisi dei valori percentuali delle diverse madrelingue pre- senti è possibile notare una presenza delle lingue delle minoranze «meridionali» maggiore alla media nazionale. I valori diventano co- munque più chiari, se questi dati vengono raggruppati nei seguen- ti gruppi di madrelingue: sloveno, italiano, croato (i quali si analiz- zano separatamente, essendo una popolazione adiacente), restanti minoranze «meridionali» ed altro. Eseguendo i raggruppamenti necessari, la maggiore presenza del- le minoranze «meridionali» nell’Istria slovena in confronto alla totali- tà del Paese è evidente. Includendo nel calcolo anche la popolazione 49 croata, questa a livello nazionale raggiunge l’8,40%, mentre nell’Istria slovena, questo dato è del 18,34%, cioè più del doppio. Come già accennato, in confronto con la comunità nazionale italia- na, le minoranze «meridionali» non sono strutturate altrettanto bene. Oltre al fatto che non compongono una comunità unica, ma comuni- tà separate (serbi, bosniaci – ulteriormente divisi tra loro, macedoni, albanesi e croati), anche queste sono dentro loro poco organizzate e strutturate. La loro autocoscienza politica è bassa, il che viene dimo- strato dal fatto che non è mai esistito, sin dall’introduzione del sistema multipartitico, un partito etnico di una o più delle etnie considerate. Come è evidente, i numeri indicano un peso politico potenzialmente forte, oltre alla bassa autocoscienza politica va comunque considera- ta anche la possibilità che la necessità stessa di una rappresentazione politica in chiave etnica non venga percepita, il che potrebbe indica- re un forte livello d’integrazione delle comunità immigrate nel resto della società. 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale L’autonomia locale in Slovenia è istituzionalizzata, fino ad oggi, sol- tanto a livello comunale, mentre non esiste un livello intermedio, re- gionale o provinciale. Lo stato è suddiviso quindi in un livello ammi- nistrativo statale ed uno comunale, anche se per forza di cose l’ammi- nistrazione pubblica ha dovuto organizzarsi ad un livello intermedio, istituendo le unità amministrative. Attualmente ce ne sono 60 e com- baciano con i vecchi grandi comuni del sistema socialista. I comuni, che hanno subito una progressiva frammentazione in unità sempre minori, sono attualmente più di 200 e potrebbero aumentare ulterior- L’organizzazione dello spazio sociale ed economico (13) 685 1789 1195 3669 (13) 2,66 3,76 4,71 7,13 4,65 52318 (12) 567 256 374 6240 1197 t.si). (12) 0,32 1,19 1,76 2,23 1,52 t.si). (11) 562 500 1911 2973 , (11) 1,85 4,02 3,86 2,98 3,77 , 36265 (http://sta (http://sta serbo eno serbo eno v v 05 (10) 385 344 slo slo 1268 1997 (10) (10) 1,60 2,67 2,65 2, 2,53 (10) 31329 , , (9) 42 10 29 81 tedesco statistica (9) tedesco statistica 1628 0,08 0,09 0,07 0,17 0,10 (9) la (9) la , er , er 50 p p (8) 64 48 227 124 415 (8) 4760 0,24 0, 0,85 0,38 0,53 stituto stituto macedone ’I macedone ’I (7) (8) (8) , dell (7) , dell 3824 1199 1403 6426 2,75 8,04 8,24 8,37 8,15 54079 oato dati oato dati cr cr (6) 00 537 335 (7) 2002, (6) (7) 2002, 1311 2183 , 1,60 2,76 3,69 2, 2,77 , 31499 el el d d 3 (5) 9 60 240 141 474 zione (5) zione 7177 bosniaco 0,37 0,50 0,64 0,84 0, bosniaco (6) (6) , , 4 0 0 4 popola popola (4) (4) 3834 centuali 0,20 0,01 0,00 0,00 0,01 ssoluti della er della a albanese p albanese i i (5) (5) alor (3) 51 19 22 92 alor (3) 39 v 7713 v 0, 0,11 0,13 0,13 0,12 rom, nsimento rom, nsimento e e (4) C (4) C , . , . lingua, lingua, e (2) 620 e (2) 3762 1059 1174 2853 ese 0,19 2,23 4,26 7,01 3,62 ese madr madr er ungher er ungher p (1) sconosciuto p (1) sconosciuto 35246 10059 11177 56482 (3) (3) , 87,75 74,14 69,14 66,70 71,64 , ivisa (13) ivisa (13) d 1723434 , , o d o italiano altr italiano altr otale otale lazione T 47539 14549 16758 78846 (2) lazione T 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 (2) o 1964038 , (12) o , (12) p , p , o no o no P e e v oato P v oato ena ena v slo v slo 2.3 lo 2.4 lo S (1) S (1) enia enia v no no a serbo-cr v a serbo-cr bella gione podistria te bella gione podistria te a e lo a a e lo a T R S C Isola Pir Istria No (11) T R S C Isola Pir Istria No (11) 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale Tabella 2.5 Popolazione divisa per raggruppamenti di madrelingua, valori assoluti Regione Totale Sloveno Italiano Croato Min. mer. Altro Slovenia 1964038 1723434 3762 54079 111030 71733 Capodistria 47539 35246 1059 3824 4957 2453 Isola 14549 10059 620 1199 1701 970 Pirano 16758 11177 1174 1403 1384 1620 Istria Slovena 78846 56482 2853 6426 8042 5043 Note Censimento della popolazione del 2002, dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://stat.si). Tabella 2.6 Popolazione divisa per raggruppamenti di madrelingua, valori relativi Regione Totale Sloveno Italiano Croato Min. mer. Altro Slovenia 100,00 87,75 0,19 2,75 5,65 3,65 Capodistria 100,00 74,14 2,23 8,04 10,43 5,16 51 Isola 100,00 69,14 4,26 8,24 11,69 6,67 Pirano 100,00 66,70 7,01 8,37 8,26 9,67 Istria Slovena 100,00 71,64 3,62 8,15 10,20 6,40 Note Censimento della popolazione del 2002, dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://stat.si). mente, soprattutto a causa di un sistema di finanziamento delle entità comunali che favorisce la nascita e l’esistenza di comuni minori. I comuni e la regione Nonostante la frammentazione dei comuni di cui sopra, questa è av- venuta in modo molto ridotto nel caso delle tre entità storicamente presenti nell’Istria slovena, Capodistria, Isola e Pirano: solo Capodi- stria ha visto perdere un pezzo del proprio territorio che è diventato comune a sé stante e cioè la sua parte più settentrionale, l’insedia- mento di Ancarano.7 I quattro comuni sono tra loro diversi per dimensione, popolazione e peso economico, oltre che per vocazione. Mentre Capodistria funge da perno economico ed industriale, poggiando so- prattutto sulle attività connesse al porto di Capodistria, Isola è stata collegata, soprattutto in passato, maggiormente all’industria alimen- tare marina ed al turismo, mentre Pirano, con la riviera di Portoro- se, punta soprattutto su quest’ultimo aspetto economico, dove l’indu- stria alberghiera e quella del gioco d’azzardo primeggiano. Ancarano, un comune che sta ancora costruendo la propria struttura ammini- strativa, è sostanzialmente una zona residenziale di Capodistria con un’ampia area costiera dedicata al turismo. 7. Nel caso di Capodistria ci sono stati però tentativi, appoggiati anche dalla Corte costituzionale, sistematicamente falliti. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico I tre comuni storici dell’Istria slovena (con Ancarano come parte di Capodistria) hanno in passato collaborato nell’ambito della «Comuni- tà costiera», una forma di comunità di lavoro regionale, la quale è sta- ta però abolita con l’entrata in vigore della nuova regolamentazione dell’autonomia locale. La cooperazione tra i comuni non è comunque mai stata effettiva- mente fermata. Tuttora continua su progetti che superano le capacità finanziarie dei singoli bilanci comunali o le dimensioni stesse dei co- muni, come ad esempio lo smaltimento dei rifiuti o la costruzione di impianti di purificazione delle acque fluviali. Proprio queste effettive necessità di cooperazione regionale non hanno mai fermato la lunga e finora infruttuosa discussione sulla re- gionalizzazione della Slovenia, dove l’Istria slovena, come regione se- 52 parata, ha subito diversi destini a seconda della dimensione e del nu- mero delle regioni che dovrebbero venir costituite. Considerando le più recenti dichiarazioni politiche del governo sloveno, le regioni do- vrebbero avvicinarsi al numero 15. Il numero delle regioni da costitui- re è importante per capire il ruolo che sarà giocato dall’Istria slovena. Sia nelle varianti che considerano meno, cioè 12 o 14 regioni, sia in quelle che ne considerano di più, l’Istria slovena gioca un ruolo cen- trale in una regione che comprende anche i comuni più mediterranei del Carso ( Čokert 1999). Il ruolo di queste regioni sarà probabilmente minore a quello che è il ruolo delle regioni nei maggiori paesi membri dell’Unione europea (cioè le regioni a livello NUTS2), mentre dovreb- be comunque superare le mere funzioni amministrative di coordina- mento dei raggruppamenti comunali più piccoli, in Italia identificabili come province, annoverate quindi a livello NUTS3. Con l’istituzione delle regioni, l’Istria slovena avrà la possibilità di coordinare meglio le proprie attività e soprattutto troverà nella guida regionale un centro di coordinamento e guida politica finora venuto a mancare e colmato in modo non soddisfacente dalla buona volontà dei quattro sindaci dei comuni considerati. Da notare inoltre il ripetersi, nelle varie proposte, dell’annessione alla regione litoranea, cioè dell’Istria slovena, anche dei comuni più meridionali del Carso (soprattutto Hrpelje-Kozina, Divača, Komen e Sežana) che si ritroverebbero quindi a giocare un ruolo di estensione ed arricchimento di quello che è oggi il retroterra dell’Istria slovena. Con tale regionalizzazione, il retroterra dell’Istria slovena avanzereb- be a nord, dando alla regione un ruolo più collegato con il resto del paese ma allo stesso tempo più legato, almeno dal punto di vista spa- ziale, a Trieste, che la nascenda regione toccherebbe non più soltanto da Sud, ma anche da Est e Nord-Est. 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale Equilibri politici regionali Sin dall’avvento del sistema pluripartitico che ha sostituito il prece- dente sistema socialista, l’Istria slovena è valsa, insieme all’area di No-va Gorica, come la «roccaforte rossa» della Slovenia, visti i buoni ri- sultati dei due maggiori partiti facenti parte, nel periodo di transizio- ne democratica, all’area di sinistra. Ciò va attribuito in larga misura alle specifiche storiche della regione, più precisamente ai fatti della Seconda guerra mondiale ed al dopoguerra che hanno radicato nello spazio una tradizione politica di sinistra. Nonostante ciò, il clima politico degli ultimi anni è notevolmente cambiato. Ai partiti tradizionali, dove come dominano quelli di si- nistra, si è aggiunta una forte corrente politica di stampo populista ed autodichiaratasi anti-politica che trova la sua forza in chi, disil- 53 luso dalla politica tradizionale, cerca novità nelle liste e partiti che si dichiarano indipendenti, apolitici e composti da imprenditori. Il fenomeno si è presentato maggiormente alle elezioni amministrati- ve del 2002, dove i Socialdemocratici (che hanno dato il sindaco a Capodistria ininterrottamente dal 1989) sono stati battuti da una li- sta fino allora non esistente e composta da personaggi prima non coinvolti nella politica con il nome di «Koper je naš», cioè «Capodi- stria è nostra». Un nome che richiama lo slogan di fine guerra «Trst je naš» («Trieste è nostra») e che voleva incorporare il desiderio di to- gliere l’amministrazione locale ai partiti tradizionali e «restituirla» alla popolazione.8 La situazione politica dell’Istria slovena è oggi notevolmente cam- biata, anche se rimane stabile l’impopolarità dei tradizionali partiti di destra. I partiti della tradizionale sinistra si vedono in questo modo in-deboliti, anche se è più onesto concludere che mentre prima non tro- vavano nella destra tradizionale un vero concorrente e potevano quin- di padroneggiare, nell’attuale situazione di reale concorrenza politica si trovano ridimensionati. Il ruolo della società civile e della comunità nazionale italiana La minoranza etnica italiana, definita spesso anche come minoran- za «nazionale» (onde indicare il fatto che appartiene ad una nazione e non semplicemente ad un’etnia) è organizzata nell’Unione italiana, un’organizzazione registrata sia in Slovenia che in Croazia che si pro- pone come unico rappresentante della popolazione italiana in Istria. 8. La questione si presta ad un’analisi politica del fatto se questa resa dell’amministrazione locale sia realmente avvenuta, ma non essendo rilevante per questo lavoro non verrà trattata. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico L’Unione italiana è comunque un’organizzazione «ombrello», sotto la quale vivono organizzazioni di base o di interesse e coordinamenti inter-comunali, come quello costiero dell’Istria slovena. L’Unione italiana. L’Unione italiana è l’erede dell’Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume (UIIF), l’organizzazione «ombrello» che rap- presentava la comunità nazionale italiana del periodo della Jugoslavia socialista. L’Unione italiana è costituita da due organi principali, l’assemblea e la giunta esecutiva, ai quali si aggiungono altri due organi, il presidente dell’Unione italiana che svolge anche le funzioni di presidente dell’assemblea ed il presidente della giunta esecutiva. A questi quattro organi se ne aggiunge un quinto di garanzia, il comitato dei garanti, d’appello e di controllo. 54 Oltre agli organi propri, l’Unione italiana conta su due istituzioni esterne ad essa ma importanti per il suo funzionamento, un depu- tato presso il parlamento croato (sabor) ed uno presso quello slove- no (državni zbor). I due deputati vengono eletti dai membri dell’U- nione italiana ed il seggio viene garantito dalle costituzioni delle due repubbliche, norme ereditate all’ordinamento socialista e frutto degli accordi diplomatici tra Italia e Slovenia. L’Unione italiana ha sede a Fiume, in Croazia, mentre mantiene an- che una propria rappresentanza in Slovenia, a Capodistria. Le sue fi- nalità sono definite formalmente nello statuto: l’affermazione dei di- ritti specifici e il soddisfacimento dei bisogni e degli interessi generali e complessivi dei suoi membri; il mantenimento dell’integrità e dell’indivisibilità della Comunità Nazionale Italiana, in virtù della sua autoctonia; l’affermazione della soggettività della Comunità Nazionale Italiana e delle sue strutture; il conseguimento dell’uniformità di trat- tamento giuridico e costituzionale dei cittadini di nazionalità, lingua e cultura italiana al più alto livello. Da queste finalità è interessante notare che esiste un forte interes- se a difendere l’esistenza della comunità nazionale italiana, mentre non si fa cenno alla promozione della cultura italiana, ovvero all’ita- lianità. L’Unione italiana ha assunto quindi un ruolo conservatore e non innovatore, dove lo scopo è conservare intatta la presenza del- la comunità nazionale italiana e non di promuoverne i tratti culturali nell’ambito dell’intera società. Prescinde dagli scopi di questo lavoro giudicare se ciò sia positivo o meno, è però un dato rilevante che aiuta a capire l’essenza di questa organizzazione. L’assemblea dell’Unione italiana è formata da 74 rappresentanti eletti a suffragio diretto e svol-ge funzioni legislative. Essa elegge il presidente della giunta esecutiva e su sua proposta anche i restanti membri della giunta stessa. 2.3 L’organizzazione dell’autonomia locale Radio e TV Koper-Capodistria. Considerando che la quasi totalità della comunità nazionale italiana vive in Croazia è comprensibile che an- che quasi tutte le istituzioni della comunità nazionale italiana si tro- vino nella parte croata della penisola istriana, come vale ad esempio per la stampa, a cui fa capo l’Edit con sede a Fiume, oppure l’attività teatrale, con il Dramma italiano, anch’esso insediato a Fiume. Nonostante ciò, nell’Istria slovena è presente il centro radiotelevi- sivo regionale sloveno di Capodistria, dove sono presenti due emit- tenti radiofoniche di cui una in lingua italiana (Radio Capodistria) ed un’emittente televisiva che trasmette per la maggior parte del proprio palinsesto in italiano (TV Koper-Capodistria). Le origini di questo centro mediatico si trovano nel 1949, in pie- no dopoguerra, quando l’emittente portava il nome di «Radio Trie- ste zona jugoslava», il cui intento era contrastare le opinioni di Radio 55 Trieste con effettiva sede a Trieste e gestita dalle forze Alleate. Suc- cessivamente al Memorandum di Londra e l’assegnazione della «Zo- na B» (quindi anche dell’Istria slovena) alla Jugoslavia, la radio cam- biò nome in Radio Capodistria e cambiò missione nell’informare ed intrattenere il pubblico radiofonico della comunità nazionale italiana in Jugoslavia.9 Nel 1971 iniziò a trasmettere anche TV Koper-Capodistria, men- tre nel 1979 avvenne la divisione del programma in lingua italiana e quello in lingua slovena e l’assegnazione di una propria frequenza ad entrambi (ciò avvenne soltanto per la frequenza radiofonica, mai per quella televisiva). Radio Capodistria iniziò presto ad assumere un duplice ruolo, sia di informazione ed intrattenimento della comunità nazionale italiana, sia di quello del pubblico italiano in Italia, com’è evidente anche dalla copertura del territorio da parte della frequenza in onde medie.10 Mentre TV Koper-Capodistria, causa soprattutto la debolezza del segnale di frequenza, non è mai riuscita a diventare rilevante mediati- camente ed economicamente per l’area esterna all’Istria slovena, Ra- dio Capodistria rimane anche oggi un importante ponte di collega- mento mediatico tra la minoranza e l’Italia. Lo è anche dal punto di vista dei quadri, siccome molti giornalisti ed altro personale proven- gono dall’Italia, causa soprattutto la già riscontrata esiguità della po- polazione italiana nell’Istria slovena e la vicinanza della relativamente grande città di Trieste. 9. Vedi http://www.radiocapodistria.net. 10. Successivamente questo ruolo diminuì dopo la fine del monopolio radiofonico e televisivo in Italia, decretato dalla corte costituzionale italiana nel 1976. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico Le comunità degli italiani. A livello di base, la comunità nazionale è organizzata nelle comunità degli italiani, in tutto 47, mentre nell’Istria slovena sono soltanto 3, cioè Capodistria, Isola e Pirano. Le co- munità degli italiani sono l’istituzione nella quale gli appartenenti al- la minoranza possono avere contatto diretto con la dimensione or- ganizzativa. In armonia con le finalità descritte nello statuto dell’U- nione italiana, le comunità degli italiani svolgono un ruolo destina- to soprattutto agli appartenenti della minoranza stessa, trascurando quindi la promozione della cultura italiana nell’ambito della popola- zione maggioritaria. Non sorprende quindi la chiusura di queste isti- tuzioni verso l’esterno. Ciò è evidente anche dalla scarsa disponibilità di dati ed informazioni da parte dell’Unione italiana e dalle comuni- tà degli italiani su internet. Così l’Unione italiana presenta un porta- 56 le internet solamente in italiano e dove nella maggior parte delle pa- gine i testi vengono completamente a mancare (http://www.cipo.hr), mentre delle comunità degli italiani nell’Istria slovena, l’unica a pre- sentare una descrizione in sloveno (seppur soltanto le informazioni più elementari) è quella di Pirano (http://www.unione-italiana.org/), mentre la comunità di Capodistria risulta completamente sprovvista di portale internet. Il ruolo del deputato della comunità nazionale italiana. In Slovenia ed in Croazia la Comunità nazionale italiana (talvolta riferita pure come «minoranza italiana» ha diritto al cosiddetto «seggio specifi- co della comunità nazionale italiana», dove elegge autonomamente un proprio rappresentante, che in parlamento svolge le normali fun- zioni di deputato. Tale rappresentante è garantito dalle costituzioni delle due repubbliche ed è risultato delle trattative diplomatiche tra l’ex-Jugoslavia e l’Italia, poi ereditato da Slovenia e Croazia. Considerando l’Istria slovena e quindi il parlamento sloveno, il de- putato della minoranza svolge le piene funzioni di deputato, alla pari con i restanti 89 (di cui 88 eletti da tutta la popolazione e l’ottanta- novesimo dalla minoranza ungherese, che gode degli stessi diritti di quella italiana). Nonostante ci siano stati, dall’approvazione della co- stituzione della Slovenia nel dicembre del 1991, tentativi di diminuire l’importanza dei due deputati delle comunità nazionali nelle questio- ni di governo e voti di fiducia, questi hanno avuto un ruolo importan- te anche dal punto di vista politico e non soltanto di difesa dei diritti etnici. Il caso del deputato della comunità nazionale italiana alla camera di stato slovena è un forte esempio di discriminazione positiva della co- munità nazionale italiana che riconosce ai suoi appartenenti un dop- 2.4 Lo spazio economico pio diritto elettorale, peraltro con un peso politico più alto. Ogni deputato eletto per via ordinaria (88) rappresenta infatti circa 18570 elettori (considerando il numero di elettori alle ultime elezioni per il rinnovo della camera di stato avvenute nel 2004, quando il numero totale di elettori era 1.634.402).11 Il deputato della comunità nazionale italiana rappresenta invece soltanto gli elettori iscritti agli elenchi delle tre comunità degli italiani di Capodistria, Isola e Pirano, cioè 2.741 elettori, ovvero numericamente il 14,76% della circoscrizione media per un deputato eletto per via ordinaria.12 Da ciò si può concludere che, avendo il deputato della comunità nazionale italiana lo stesso ruolo e peso politico di quelli eletti per via ordinaria, l’elettore iscritto agli elenchi della comunità italiana non soltanto ha diritto al doppio voto (per eleggere il deputato per via ordinaria e quello della minoranza), ma il suo secondo voto (quello per il deputato della minoranza) ha un 57 peso quasi 7 volte più grande (siccome il numero di elettori che com- pongono la «circoscrizione elettorale» del deputato della minoranza è quasi sette volte minore a quello di una circoscrizione ordinaria).13 Di qui a concludere che gli appartenenti alla comunità nazionale italiana sono stimolati a favorire la partecipazione alla vita politica per tramite etnico, piuttosto che integrandosi nella restante società ed utilizzando i canali ordinari dell’affermazione sociale e politica, il passo è breve. 2.4 Lo spazio economico I pilastri dell’economia – le aree di sviluppo La politica di pianificazione urbanistica dell’Istria slovena è fortemen- te segnata dal forte sviluppo economico ed industriale degli anni Ses- santa e Settanta, dovuto soprattutto allo sviluppo del porto di Capo- distria. Non sorprende quindi che il maggior polo industriale della re- gione sia collocato a Capodistria, principalmente nell’area circostante il porto e nell’area piana tra gli insediamenti di Olmo e Salara. Il primo polo, quello nell’area circostante al porto, è dedicato so- prattutto all’attività più direttamente collegata all’attività portua- le stessa, con presenza di agenzie di spedizioni e trasporto, rap- presentanze di armatori, uno scalo ferroviario, silos di idrocarburi, smaltimento rifiuti, società edilizie ed artigianali. Il secondo polo è anch’esso dominato da due giganti del periodo socialista, la Tomos e la Cimos. La prima era un gigante nella produ- 11. Vedi http://volitve.gov.si/dz2004/index.htm. 12. Vedi http://www.rvk.si/VOLITVE_DZ2004/Porocilo_izid.html. 13. Discorso analogo, con valori modificati dal diverso numero dei suoi appartenenti, vale anche per la minoranza ungherese. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico 58 Figura 2.2 La collocazione delle diverse aree industriali dell’Istria Slovena (tratto da http://maps.google.com) zione di ciclomotori e motori fuoribordo per natanti, caduto in crisi con l’avvento dell’economia di mercato ed oggi fortemente ridimen- sionato, mentre la Cimos è attualmente in una fase di forte crisi legata però ai proprietari e non tanto alla produzione in sé. La società è infat-ti ancora oggi prevalentemente attiva nella produzione di componenti meccanici per automobili. Ad Sud di Capodistria, ad Isola l’area industriale è oggi spostata fuo- ri dalla città, mentre in passato l’attività industriale, collegata quasi esclusivamente alla preparazione di alimenti a base di pesce, era col-locata in una zona adiacente al centro storico ed inglobata nella zona della prima periferia sviluppatasi a partire dagli anni Sessanta. Questa zona è oggi adibita ad uso edilizio e la nuova area industriale si trova a Sud della città, tra la zona urbana ed i colli istriani. Nel comune di Pirano l’area industriale si trova nella località me- ridionale di Lucia, anche se più che industriale è soprattutto un’area artigianale e di origini recenti. Più importante per Pirano è l’area dedicata ai servizi nel settore turismo, cioè la riviera di hotel di Portorose. La maggior parte di questi era gestita dal gruppo societario Istrabenz che è però entrato in grave crisi durante gli scombussolamenti finan- ziari del 2008 ed oggi la struttura della proprietà è molto diversa con presenza di operatori turistici nazionali ed esteri (soprattutto croati), mentre quelli regionali sono diventati irrilevanti. 2.4 Lo spazio economico Simile discorso, anche se in misura minore, va fatto – tornando in- dietro – anche per Isola. Oltre all’industria alimentare e dei giocattoli, nella zona ad Ovest di Isola è presente anche una modesta area hotel. I principali soggetti economici La discrezionalità utilizzata nel scegliere quali soggetti economici del- l’Istria slovena presentare ed analizzare prende in considerazione so- prattutto la dimensione del soggetto economico, nonché la sua im- portanza strategica per lo sviluppo della regione. Sono interessanti quindi soprattutto le imprese che oltre ad un fatturato rilevante han- no disponibilità di capitale tali da permettere investimenti capaci di segnare lo spazio geografico considerato, oppure impiegano un nu- mero importante di forza lavoro locale e sono quindi importanti dal 59 punto di vista sociale. Il porto di Capodistria, gestito dalla società per azioni «Luka Koper», è decisamente il soggetto economico più importante dell’Istria slovena. Nel 2015 ha registrato entrate annuali pari a 173 milioni di euro. Vo- lendo confrontare con il prodotto interno lordo della regione statisti- ca costiero-carsica,14 le entrate della Luka Koper hanno rappresentato oltre l’8% del prodotto interno lordo dell’intera regione (questo in totale era di 2117 milioni di euro).15 Il profitto della società nel 2015 era di oltre 28 milioni di euro il che è importante considerando la struttura della proprietà della società, di cui quasi i due terzi sono in mano allo stato o a soggetti economici parastatali. Interessante riguardo alla Luka Koper è soprattutto la discussione riguardo il moltiplicatore economico che riguarda l’attività portuale. Non è possibile avere una valutazione univoca, esistendo valutazio- ni che variano anche nella scala di 1 a 7. Così Marko Pavliha, docente alla Facoltà di marineria e trasporti di Portorose, cita un moltiplica- tore economico pari ad un coefficiente di ben 13,24,16 mentre in una proposta di legge dell’8 dicembre 2005 se ne nomina uno più mode-sto ma comunque importante di valore 8. Nel rapporto della riunione 14. A fini statistici, la Slovenia è suddivisa in 12 regioni statistiche. L’Istria slovena è incorporata nella regione costiero-carsica, la quale è però dominata dall’economia istriana, in quanto oltre ai quattro comuni di Capodistria, Isola, Pirano ad Ancarano, si aggiungono soltanto i comuni di Hrpelje-Kozina, Komen e Sežana che non presentano peso economico rilevante). 15. I dati sulle entrate di Luka Koper sono basati sul bilancio annuale, mentre i dati del prodotto interno lordo della regione sono disponibili sul portale http://www.stat.si. 16. Vedi http://www.slovensko-morje.net/index.php?selected=yes&tmp_language _id=2&selected=yes&page=news&view_news=1941 L’organizzazione dello spazio sociale ed economico 60 Figura 2.3 Il porto di Capodistria (riprodotto con il permesso di Luka Koper, testo tradotto dall’autore) costitutiva della Piattaforma tecnologica marina slovena si nomina un coefficiente assai più basso tra il 2,1 ed il 2,3, il che comunque sarebbe ad ogni modo più alto di quello dell’industria in generale, che si aggira attorno al valore di 1,7.17 Questa polemica, non importante per i numeri, risulta interessante in quanto rende l’idea del ruolo strategico che la Luka Koper copra nello spazio regionale. Che di questo ruolo si tenga conto anche nei progetti di sviluppo 17. Vedi http://www.fpp.edu/files/news/20061106_A1VFiW/ustanovna_skupscina _slov__platforme.doc (il coefficiente considera comunque l’intero settore dei trasporti marini, non soltanto la Luka Koper). 2.4 Lo spazio economico strategico della regione testimoniano anche due progetti di notevo- le importanza per il futuro sviluppo dell’attività portuale. Il primo è la costruzione del Molo 3 nella parte settentrionale del Golfo di Ca- podistria, attualmente libera da iniziative edilizie, nella quale (come venne fatto anche per il Molo 1 e 2) si procederà alla bonifica della zona ed alla costruzione delle zone adibite all’attracco ed all’attività di carico-scarico nonché di smistamento di containers (Matos 2005). In questo modo diventa visibile l’intenzione di allargare l’attività por- tuale più «pulita», ponendosi in ancora più chiara concorrenza all’at- tività portuale a Trieste. Una concorrenza interpretata comunque in modo tattico, mentre strategicamente esiste – almeno a livello dichia- rativo – l’intenzione di avviare l’integrazione dei due porti.18 Il secondo progetto è il raddoppio del singolo binario che funge da collega- mento ferroviario di Capodistria (e quindi del porto) con lo snodo di 61 Divača. Tale raddoppio prevede una linea ad alta velocità (160 km/h) con la quale garantire al porto un collegamento con l’interno che sia veloce ed affidabile. Con ciò si sottolinea nuovamente il desiderio di garantire a Capodistria un collegamento ferroviario autonomo (co- me progetto alternativo o complementare si propone il collegamento ferroviario Capodistria-Trieste, più breve ed economico, in modo da raggiungere Divača da parte italiana) e quindi uno sviluppo portuale apparentemente indipendente da soggetti stranieri. L’Intereuropa è stata l’impresa di trasporti e sistemi logistici più grande in Slovenia. La sua attività è strettamente legata a quella della Luka Koper, in quanto è il primo partner del porto nello smistamento delle merci nell’Europa centrale ed orientale. La società contava più di 2200 dipendenti e 450 automezzi, dei quali la maggior parte autocarri a grande portata con rimorchio (categoria N3).19 Le entrate ammontavano, prima della crisi mondiale del 2008, a circa 200 milioni di euro, allora pari al 7,5% del prodotto interno lordo della regione statistica costiero-carsica, anche in questo dato va considerato il fatto che tale cifra veniva prodotta nell’intero sistema In- tereuropa ed in tutti i paesi in cui opera, cioè non soltanto nell’Istria slovena. Essa esiste dal 1947, cioè in tempo di economia pianificata e fu costituita con l’intento di garantire al porto che stava nascendo una società di servizi logistici locale, ovviamente in chiave di concor- renza con la realtà triestina. Il successo iniziale fu garantito dal merca-to jugoslavo, mentre dopo l’indipendenza della Slovenia ci fu un forte riassestamento soprattutto verso la Russia e l’Europa orientale. 18. Vedi http://www2.comune.gorizia.it/ufficinew/urgng/it061001.pdf 19. Vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Autocarro. L’organizzazione dello spazio sociale ed economico La crisi finanziaria ed economica del 2008–2012 ha fortemente toc- cato la società diminuendone fortemente le dimensioni. Oggi conta soltanto i due terzi dei dipendenti (poco oltre i 1400 nel 2015)20 e le entrate nel 2015 ammontavano a poco oltre i 90 milioni di euro (un terzo in meno ai quasi 150 milioni del 2008).21 L’Istrabenz fu un soggetto economico complesso ed importante per l’Istria slovena soprattutto per la sua capacità di mobilizzare ed indi-rizzare notevoli capitali. Si trattava di un gruppo societario che for- malmente esiste ancora anche se fortemente ridimensionato dopo la crisi finanziaria ed economica in modo molto più drammatico del- l’Intereuropa. Il gruppo con sede a Capodistria è cresciuto nel campo dell’industria petrolifera ma che in pochi anni ha abbandonato quasi totalmente il settore (rimanendo però nel campo dell’energetica con 62 il gas naturale) ed ha diversificato le proprie attività in due ulteriori pilastri, il turismo e l’industria alimentare. Oltre a ciò controllava alcune società d’investimento e di supporto telematico. Come gruppo societario (holding) controllava più di 60 società pre- senti non soltanto sul territorio dell’Istria slovena, ma in tutta la Slovena e pure all’estero. La crisi è stata per il gruppo pressoché fatale. Il forte indebitamento non gli ha permesso di adattarsi alla diversa dinamica dei finanzia- menti bancari e l’impero si è sgonfiato velocemente smembrandolo in nelle sue singole unità. Casinò Portorož. Il casinò di Portorose iniziò con la propria attività nel 1964 con la decisione dell’Assemblea del Comune di Pirano. Legalmente faceva parte dell’Ente per il turismo di Portorose e diven- ne ente indipendente, sotto il nome di Casinò Portorož, soltanto nel 1992, mentre nel 1998 venne riorganizzata in società per azioni. Il Casinò Portorož impiega in tutto quasi 400 dipendenti, di cui gran parte per l’attività di ristorazione e assistenza ai tavoli da gioco (crou-piers). A questi vanno aggiunti numerosi altri collaboratori esterni e studenti impiegati tramite le agenzie di lavoro studentesco.22 Cimos. La società Cimos è nata nel 1972 da una joint-venture tra la società francese Citroën ed investitori locali con lo scopo di produr-re automobili sotto licenza della casa francese. La collaborazione nel tempo si è sviluppata ed oggi la Cimos è specializzata nella produzio- ne di parti meccaniche per automobili, mentre dalla fine degli anni 20. Vedi http://www.intereuropa.si/si/o-nas/zgodovina-podjetja. 21. Vedi http://www.bizi.si/INTEREUROPA-D-D/. 22. Il lavoro studentesco è un sistema particolare sloveno, simile alle agenzie per il lavoro interinale. 2.4 Lo spazio economico . unajD .o CGS a a o ,d.o ad ric ric ev rad, . o o er aj g . .o G ,Gmbh, G op eogr .o eo stemi ar .o a H K B S B per si va v er ., . ., ., . ., o ,d o o ,Bi .d Bakar p d.o .o .o K o je N rtriebs N .o .o .o o o o ., ., tski n ., e , V itez d. r,d d. d. .o .,K .o e auarje re .o o. 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O d.o al mpany ,d or .o mpany ,d o g e P m, ,d o g C tiv .d., C zin a d rize as torož, zin ng Li v venija d.d., u Kr . or ng Li di lo T .o.o iatic P di ol inno ol H UK .,S žba, dr ttualizzata in .o . rizem, r,d A teli, H a Jama, ru e o ts G .o u d p Ltd, d.o T o tel H ts en Istrabenz, ents ,A d.o K o en Istrabenz, enz abenz d H A a abenz ab n Istr estm estm rism rin estm v e ristična Istr astava v p penAd, penAd, utura, u ostonjska u a rand v astava Istr In Z In O O F To Istrabenz P G Istrabenz In Z • •O • • • • • •T •M • • • societario GCS ruppog a ija ij aška no ija us rv d n del e a ,R čija vedska ,H k alanka, a Š a P G v me reb torož akedo iH C sk N ,M iH iH ed. ,S or o je ,B iH ,M o B m d P M rf, Zag aška p ,B ,B S struttur teborg, ., ra rv o je o, o g . a, o a k p v n .o S o ajev rajevo o d.d., .d k G .o ,h k a je e lja S ar S ra ajev kopje ,d sseldo d b .l., S ., a rajevo ar ,B della a u e a iseljak, ,S olins ., D ju Buje o. .l., .o D ,S S k sk K .o A ., ., .e ., .,S rizem, ,L ska, .o AD n .o. o. .o ˇ u lin .o .o .o .o cki m o. li d.o ,d ta T o .o o .o ,d .o .o. .o ro a K roga d Livsmadel, .o. K a d d.o ,d ,d ,d P K Schema a D d a a sk a s, a d g g g g rade k g alana lex, o, lin T le eta, P n rismu ood ro o roga iv ro ro o ro olinska, K o ro rg D ra rand .4 F OOO K D V D D K D K D K D A A G To Istrabenz 2 •D • • • • • • • • • • • • • • •G • • raugFi L’organizzazione dello spazio sociale ed economico Settanta non produce più automobili e dal 1996 ne ha abbandonato anche la vendita. La Cimos oggi collabora, oltre che con il gruppo PSA Peugeot Citroën, anche con con le case automobilistiche Audi, Ford e BMW. Tomos. La società di produzione di motociclette iniziò la propria storia nel 1954, quando si decise la costruzione di un’impresa di produ- zione di motociclette a Sesana, nell’intento di dare al Carso sloveno un futuro industriale. Dopo il Memorandum di Londra,23 che di fatto cedette la zona B (della quale faceva parte anche l’Istria slovena) al-la Jugoslavia, il governo sloveno decise di costruire la fabbrica, invece che a Sesana, a Capodistria, che stava diventando il centro economico del Sud-Ovest della repubblica. La Tomos iniziò con la produzione di motociclette sotto licenza del- 64 l’austriaca Steyr-Daimler-Puch, raggiungendo in un secondo periodo la capacità di produzione di modelli propri (anche se in larga misu- ra più o meno copie della produzione occidentale). La scarsa com- petitività dell’azienda portò la Tomos, con l’avvento dell’economia di mercato, alla bancarotta ed ad un forte ridimensionamento, fino a di- ventare parte del gruppo societario sloveno Hidria, con il cuore nella cittadina della Notranjska (la regione che comprende anche le città di Postumia e Lubiana), Idria. La Tomos ha oggi un ruolo fortemente ridimensionato, ma pur sempre rilevante soprattutto per il ridotto settore industriale. Oggi offre occupazione a circa 200 persone, a cui però vanno aggiunti un altro centinaio, suddivise in tre società dipendenti: Tomos – invalid- sko podjetje (società a status fiscale agevolato in quanto gli occupati sono invalidi), Alcan Tomos e Tomos Komponente. L’Intesa Sanpaolo Bank è l’unica banca regionale fino al 2017 conosciuta ancora come Banka Koper, che può ricercare le proprie radici nella Banca comunale istriana, istituita nel 1955 e poi nella Banca co- munale di Capodistria, istituita nel 1961. Nel 1992 la banca diventò Splošna banka Koper (Banca generale di Capodistria) ed iniziò ad ope- rare in modo autonomo, controllata dal capitale regionale (i maggiori azionisti erano la Luka Koper, l’Intereuropa e l’Istrabenz). Nel 2002 ci fu però un forte cambiamento: come azionista di maggioranza, grazie alla cessione accordata di quote da parte dei tre maggiori azionisti, entrò il gruppo bancario italiano San Paolo IMI, che oggi controlla la banca. L’intento era garantire al gruppo bancario italiano una testa di ponte per entrare nel mercato bancario dei Balcani e contempora- 23. Vedi http://www.trattatodiosimo.it/memorandum.htm. 2.4 Lo spazio economico neamente inserire la Banka Koper in un sistema bancario più grande e competitivo.24 L’Intesa Sanpaolo Bank, nonostante sia controllata da un gruppo italiano, ha mantenuto negli ultimi anni un ruolo regionale impor- tante, con la maggioranza della quota del mercato bancario regionale, mentre rimane meno rilevante a livello nazionale. 65 24. Vedi http://www.banka-koper.si/predstavitev/zgodovina.php. 3 I flussi Nell’analizzare un determinato spazio dal punto di vista della geo- grafia umana, oltre alla dimensione statica non va dimenticata pure quella dinamica. Interpretando ciò attraverso l’ottica sistemica, tale analisi può venire interpretata come osservazione e misurazione del- le dinamiche di comunicazione tra i vari organi del sistema-regione, che sono stati analizzati nella sezione precedente. Concretamente, si parla quindi sia delle dinamiche immateriali, cioè della comunicazio- ne telematica, e di quelle materiali, cioè del traffico. Quest’ultimo va a sua volta suddiviso nella sua dimensione stradale, ferroviaria e marina ed analizzato nelle sue parti, soprattutto in una regione dove l’attivi- tà portuale è fondamentale e conseguentemente lo è anche il flusso delle comunicazioni materiali. 3.1 Traffico, assi di comunicazione e gateways In questa sezione si procede innanzitutto all’analisi della struttura e della densità dei traffici. Ciò da la possibilità di disegnare una rete di comunicazione, identificando i punti di traffico intenso, i punti d’incontro, i nodi, i corridoi e quelli che possono venir definiti punti di contatto con l’esterno, ovvero gateways (Vallega 1989, 253). Lo scopo è quindi costruire una rete dei flussi dinamici della regione, sia interni che esterni, ovvero di identificare le interrelazioni tra i singoli organi della regione-sistema e le interrelazioni di quest’ultima con l’esterno. Il traffico su strada Per questa finalità è importante innanzitutto analizzare il sistema del- la rete stradale dell’Istria slovena. Già dalla prima occhiata alla carta del sistema stradale dei tre comuni della regione si può identificare il principale asse di comunicazione, che da nordest tocca Capodistria e poi si dirama in due varianti, quella settentrionale – costiera e princi- I flussi pale – e quella meridionale – interna e secondaria – per ricongiungersi però soltanto dopo aver lasciato la regione ed aver passato il confi- ne con la Croazia. Tale asse di comunicazione, che alla dimensione nord–sud favorisce quella est–ovest, definisce chiaramente anche la natura dello sviluppo e delle comunicazioni della regione. Questa è fortemente urbana, in quanto lambisce – non sorprendentemente – i tre principali agglomerati e costiera, dato che la dimensione dell’inter- no – tranne nella variante meridionale dell’asse1 – non viene toccata ne dal principale asse di comunicazione, ne da assi a questo paralleli. Proprio riguardo la comunicazione nella parte interna (meridiona- le) della regione, caratterizzata da un ambiente prevalentemente rura- le e dall’assenza di un asse di comunicazione che la colleghi in modo completo, è possibile notare una struttura della comunicazione stra- 68 dale tipica degli spazi geografici costieri. In tali spazi, i centri urbani maggiori, presenti sulla costa, sono collegati tra loro con un asse di comunicazione continuo, mentre le zone dell’interno non sono strut- turate tra loro in una seconda rete di comunicazione (stradale) e sono collegate soltanto con i centri urbani della costa. Si viene a formare così una rete stradale a «pettine». Nell’analizzare la rappresentazione dell’intensità del traffico sulle strade della regione visibile nella Figura 3.1, tali osservazioni diventano ben visibili. L’importanza del traffico lungo l’asse nordest–sudovest diviene ancor più evidente. Egualmente evidente è pure la funzione di alimentazione dall’interno verso la costa e viceversa delle strade che si allacciano all’asse principale lungo la linea nord–sud, nonché nordovest–sudest. Tali strade si allacciano all’asse principale in mo- do all’incirca perpendicolare, confermando l’osservazione di un si- stema stradale a pettine, tipico delle regioni costiere ed osservato pu- re nei modelli di sviluppo delle zone colonizzate dell’Africa e del Sud America (Vallega 1989). Analizzando la Figura 3.1, essa rivela inoltre una densità di traffico maggiore attorno alla zona di Capodistria, il che non è sorprendente, visto il ruolo centrale dell’insediamento nell’economia e nella demo- grafia della regione. Da questa figura risulta che pure l’asse di comuni- cazione principale serve soprattutto per smaltire il traffico di Capodi- stria. Il traffico più intenso è identificabile infatti proprio sulla fascia – di tipo superstradale – a sud di Capodistria, mentre rimane eleva- 1. La parte meridionale del suddetto asse è destinata alla decongestione di quella settentrionale nel caso del traffico di transizione, tra cui è rilevante soprattutto il traffico turistico che nella stagione estiva dall’Italia e dall’interno della Slovenia passa la regione e si dirige verso l’Istria croata. 3.1 Traffico, assi di comunicazione e gateways 0 1 704 8 257 3 3 1037 3320 1240 11 SEŽANA 0 6 77 1000 DIVAČA 2250 600 9 1315 4968 2 11 4418 8 2136 5 35433750 1700 6283 7 490 170 4650 770 240 ILIRSKA 1624 1226 21573 8645 BISTRICA KOPER 22678 420 7154 510 IZOLA 380 7 6747 751 PIRAN 5507 2508 20 5288 170 4624 51 2896 2 1660 1088 4847 400 2600 115 25 9734 2211 9 100 917 Figura 3.1 Rappresentazione grafica dell’intensità del traffico quotidiano nei vari 69 tratti stradali dell’Istria slovena (per la traduzione della toponomastica in italiano: Piran = Pirano, Koper = Capodistria; le cifre rappresentano il numero di vetture che passano il tratto quotidianamente; tratto da http://www.di.gov.si/fileadmin/di.gov.si/pageuploads/ Prometni_podatki/Prometne_obremenitve_2015_karta.pdf ) ta anche più a ovest, da Capodistria verso Isola. Continuando verso ovest si dirada, il che indica che il traffico presente in questa fascia è soprattutto traffico pendolare dalle zone abitative verso Capodistria e viceversa. Ciò che rimane, invece, sembra essere invece proprio il traf- fico di transito che collega il nord della Slovenia e l’Italia all’Istria croata (attraverso il valico di confine di Sicciole), fenomeno identificabile anche nella variante meridionale dell’asse principale. Qui è possibile notare una densità maggiore tra Capodistria ed il paese di Šmarje (per cui si può concludere che pure qui si tratti di traffico pendolare dalle zone abitative alla città e viceversa), mentre il resto prosegue invariato fino al valico di confine di Dragogna. L’altro estremo dell’asse presenta caratteristiche diverse. Da questo si sviluppano due importanti diramazioni, per le quali si può identifi- care nature diverse. La prima, che dal bivio di Sermino prosegue verso nordovest, è soprattutto di natura pendolare, considerando che man- tiene la sua intensità di traffico soltanto fino al comune di Ancarano (e viene ridimensionata fortemente nella sua continuazione verso Punta Grossa ed il valico di confine con l’Italia di Lazzaretto). La seconda è di natura diversa, dato che mantiene intensità rilevante ed invaria-ta dal bivio di Sermino fino al valico di confine di Scoffie/Rabuiese. Si tratta quindi si un traffico indirizzato da e verso l’Italia, traffico che può però venir suddiviso in due categorie principali: quello transfron- I flussi taliero tra le zone di Capodistria e di Trieste e quello di transito che in larga misura continua verso i valichi di confine (Sicciole e Drago- gna) con la Croazia. Tale traffico è aumentato negli ultimi anni grazie a tre importanti novità, due di ordine politico-amministrativo, la ter- za di ordine strutturale. La prima è l’entrata della Slovenia nell’Unio- ne europea (avvenuta nel maggio del 2004), la seconda l’entrata nel sistema di controllo dei confini Schengen nel 2007 e la terza la costru- zione del tratto autostradale tra il bivio di Sermino in Slovenia e l’au- tostrada Trieste–Venezia in Italia. I primi due elementi hanno avuto un effetto generale nel ridurre i tempi necessari per passare il confine italo-sloveno, mentre il terzo ha effetto particolare, valido proprio per questo corridoio di comunicazione. Mentre soltanto parte del traffico dell’asse principale di disperde 70 su queste due diramazioni, la parte principale rimane – come rilevato dalla Figura 3.1 – sull’asse stesso, continuando in direzione nordest, cioè verso il casello autostradale di Videž ed avanti verso Lubiana per proseguire lungo il corridoio europeo (TEN) 5 verso Kiev o 10 verso Salisburgo. Che il traffico stradale dell’Istria slovena sia parzialmente di transi- to, mentre gran parte è traffico regionale ovvero destinato a viaggi da e per la regione dell’Istria slovena dove il porto di Capodistria ne pro- duce ed assorbe una gran parte, lo provano i numeri dell’intensità del traffico stesso. Vista la natura della rete stradale regionale, il traffico di transito ha soltanto due vie principali: quella dall’Italia e dal centro della Slovenia verso l’Istria croata (quindi dal confine di stato di Scoffie/Rabuiese e dall’autostrada A1 verso i confini di stato di Drago- gna e Sicciole) e viceversa. In questo modo, analizzando i dati, si può identificare come traffico di transito tutto ciò che in cifre viene com- pensato da una e dall’altra parte della direzione definita, mentre la differenza tra i due estremi (prevedendo che sia alimentata dal porto di Capodistria si può prevedere cifre di traffico maggiore all’estremo nordorientale dell’asse) può essere addebitata al traffico da e per la regione. Il traffico ferroviario La struttura del traffico ferroviario nell’Istria slovena è molto più semplice e non necessita di una complessa analisi. Com’è visibile dalla Figura 3.2, l’Istria slovena è collegata con l’esterno con una sola linea ferroviaria a binario singolo, che da Capodi- stria si dirige in direzione nordest verso Kozina (nella località di Pre- šnica) dove si dirama. La linea principale, ancora a binario singolo continua fino alla località carsica di Divača, dove a sua volta si dira- 3.1 Traffico, assi di comunicazione e gateways 71 Figura 3.2 La rete ferroviaria nell’Istria slovena (tratto da http://maps.google.com) ma in collegamenti a doppio binario verso ovest (e cioè verso l’Italia) e verso nordest, cioè verso Lubiana. Quella secondaria prosegue, con collegamento a binario singolo, da Prešnica verso sud, raggiungendo la Croazia e continuando fino alla città di Pola. Indubbia la struttura del traffico ferroviario regionale, dominato fortemente dal traffico merci generato nel porto di Capodistria e dal vicino terminal di Sermino, mentre anche causa la mancanza di infra- strutture, non esiste un traffico ferroviario interno o di transito. A questo titolo merita essere nominato anche il progetto di costru- zione di un secondo binario che colleghi in modo più veloce Capo- distria a Divača. Le possibilità del binario attuale sono ormai quasi esaurite e non offrono la possibilità di espandere il traffico ferroviario, il che rappresenta anche una limitazione all’ulteriore sviluppo dell’attività portuale a Capodistria. Il nuovo binario, utilizzato soprattutto per la direzione Capodistria–Divača e non viceversa, dovrebbe garan- tire, grazie alla costruzione di otto tunnel della lunghezza totale di oltre 27 chilometri, una velocità di percorrenza di 160 chilometri all’ora, permettendo, oltre ad una maggiore flessibilità garantita dal raddoppio del binario stesso, anche una maggiore velocità di comunicazio- ne. Ciò permetterebbe, inoltre di alleggerire il lavoro di conversione da carico su strada a carico ferroviario svolto al terminal di Kozina. Che tale progetto sia di grande importanza viene provato anche dal fatto che nel 2004 sia stato inserito tra i progetti prioritati del- I flussi lo sviluppo dei corridoi europei TEN-T (Loyola de Palacio 2006). Su tale questione però tutti i dettagli rimangono poco chiari soprattu- to causa interessi politici e concorrenza geopolitica tra Italia e Slove- nia. Entrambi gli stati cercano infatti di favorire i propri porti del nord Adriatico, l’Italia quello di Trieste e la Slovenia quello di Capodistria, il che si ripercuote comprensibilmente anche sulla politica di sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria. Così la Slovenia insiste sulla costruzione del raddoppio del bina- rio tra Capodistria e Divača, mentre l’Italia sul progetto transfronta- liero di adattamento all’alta velocità del collegamento Trieste–Divača, il che allargherebbe le possibilità del già competitivo collegamento ferroviario di Trieste con il Centro Europa tramite la linea ferroviaria «Pontebbana». 72 Per avvalorare quest’ipotesi, rappresentanti politici italiani hanno sottolineato numerose volte la possibilità di costruzione del colle- gamento ferroviario Capodistria–Trieste come alternativa al collega- mento Capodistria–Divača. Tale collegamento viene però visto con scetticismo dalla Slovenia in quanto valutato come geopoliticamen- te insoddisfacente, in quanto avvalorerebbe la tesi di subalternità del porto di Capodistria a quello di Trieste. Il traffico marittimo Il traffico marittimo, soprattutto quello internazionale, è definito qua- si esclusivamente dall’attività del porto di Capodistria. Il porto è in- fatti l’unico sbocco rilevante di cui la Slovenia dispone per il traffi- co mediterraneo e oceanico. Per quanto riguarda il traffico interno ed adriatico, questo è prevalentemente passeggeri e costituito da imbar- cazioni da diporto e quindi più intenso nei mesi estivi. Attualmente non è presente alcun tipo di trasporto marittimo di carattere pub- blico, ma tale via di comunicazione era presente negli anni scorsi e potrebbe riproporsi soprattutto nel periodo della stagione turistica (primavera-estate). La costa slovena dispone di quattro moli internazionali dove esple- tare gli oneri necessari all’entrata/uscita dal territorio sloveno, cioè quello di Capodistria, quello di Isola e quello di Pirano, nonché il complesso del porto di Capodistria, che però funge da zona franca, facilitando queste operazioni. Per quanto riguarda il traffico internazionale, questo è prevalente- mente di natura mercantile ed ha come punto di riferimento il porto di Capodistria. Tale traffico è in notevole aumento, il che – vista la sua natura – è causa dell’aumento del traffico mercantile su strada e su ferrovia da e verso il porto. 3.1 Traffico, assi di comunicazione e gateways Il traffico aereo Il traffico aereo dell’Istria slovena si svolge tramite l’unico aeroporto internazionale della regione, l’aeroporto di Portorose. Esso è ammini-strato dalla società a responsabilità limitata Aerodrom Portorož. L’ae- roporto dispone di un’unica pista di atterraggio e decollo di 1200 me- tri, adatta quindi soltanto ad aerei di dimensioni minori. È chiaro che con tali limitazioni, l’aeroporto di Portorose non può rappresentare uno scalo aeroportuale importante. Gateways Nell’analisi delle reti di comunicazione, importanti sono i nodi attra- verso i quali confluiscono i corridoi di comunicazioni e tra questi han- no particolare rilievo i «gateways». Un gateway è una porta di passag- gio, che presiede alle relazioni tra la regione ed il mondo esterno. Ga- 73 teways sono ad esempio gli aeroporti, talvolta i porti, spesso anche i nodi stradali e ferroviari (Vallega 1989, 253). Nell’analisi dei flussi di traffico di cui sopra, questi gateways ap- paiono evidenti, in quanto fungono anche da vertici per i principali corridoi di afflusso, partenza e transito. Per quanto riguarda il traffico stradale si possono identificare quat- tro gateways che sono le principali porte d’entrata e d’uscita alla re- gione per il traffico stradale e sono a questo scopo anche attrezzati. All’estremo nordest, i gateways sono due. La zona dell’entrata in Slovenia attraverso il valico di confine di Scoffie/Rabuiese è stato un gateway importante nel periodo dei con- trollo del traffico di persone e merci al confine con l’Italia, funzio- ne oggi abbandonata grazie all’Accordo di Schengen. La zona dell’ex- valico rimane così uno spazio per attività commerciali ma che altri- menti non ricopre particolari funzioni. L’altro gateway, quello di Kozina, può venir considerato tale soltan- to insieme alle strutture dislocate a Lubiana e Sesana. Il collegamen- to autostradale che da Kozina continua verso Capodistria è infatti so- prattutto un corridoio che consente di passare velocemente l’orogra- fia altrimenti problematica, dal punto di vista delle comunicazioni, dello strapiombo formato dal ciglione carsico (Rožac Darovec 2005, 401–403). Insieme alle strutture logistiche dell’interporto di Sesana, di Lubiana e del porto di Capodistria, il corridoio di Kozina può es- sere considerato come parte del principale gateway che consente il collegamento dell’Istria slovena con l’Europa Orientale, Centrale ed Occidentale. A sud si possono identificare due gateways, cioè i due confini inter- nazionali di Sicciole e Dragogna. Il primo è limitato alle strutture mi- I flussi nime necessarie per il funzionamento di un confine di stato, in parte per la natura prevalentemente passeggeri (e non merci) del valico, in parte per il contenzioso di confine su un fazzoletto di terra proprio su quest’area (i paesi di Mlini, Škodelin, Bužini e Škrilje). Il secondo, quello di Dragogna, si sta sviluppando nel maggiore gateway dell’Istria slovena destinato al contatto con l’Istria croata. Considerando la complessità delle operazioni di confine richieste dal regime di Schen- gen, l’area del valico di confine di Dragogna ha sviluppato le nume- rose strutture destinate agli scopi indicati. Oltre ai suddetti gateways, rilevanti per la dimensione del traffico stradale, il gateway più importante per la regione ed altamente rilevante anche per l’intera dimen- sione nazionale è senza dubbio il porto di Capodistria. Questo integra funzioni marittime e ferroviarie ed in buona parte anche quelle stra- 74 dali, ovviamente riguardo il traffico merci. Il porto di Capodistria svol-ge una funzione di gateway di dimensioni globali ed integrate, com’è possibile vedere già nella Figura 2.2 a pagina 58. Per la dimensione aerea, l’aeroporto di Portorose rappresenta un gateway di dimensione limitata e di portata meramente mediterra- nea e centro-europea. Con le proprie strutture è capace di permettere l’espletamento delle necessarie operazioni di frontiera per il traffico passeggeri di natura turistica e rappresenta soprattutto un’ulteriore possibilità di comunicazione per i turisti che desiderano visitare la re- gione del periodo primaverile ed estivo, mentre non rappresenta un importante punto di comunicazione con l’esterno per la popolazio- ne locale e per attività economiche che non siano collegate al turismo aereo stesso. 3.2 Analisi dei nodi e della rete di comunicazione Per capire nel modo migliore la struttura della comunicazione den- tro l’Istria slovena è utile esercizio la definizione dei nodi più impor- tanti e della rete di comunicazione esistente. Inversamente alla logica descritta da Haggett (1997), si procede qui prima all’identificazione dei nodi, per i quali vengono poi analizzati i punti di comunicazione e conseguentemente costruita la rete (Haggett, Cliff e Frey 1977). Se- condo Sorre (1961), ogni tipo di rete presenta punti singolari che sono i nodi di circolazione. Ne evidenzia di tre tipi: nodi prodotti dalla conformazione delle terre e dei mari, cioè nodi dove la comunicazione avviene grazie ad una posizione geografica favorita dalla conforma- zione naturale del territorio (stretti, canali, passi); punti in cui avvengono «rotture di carico», in cui i passeggeri o la merce passano da un vettore ad un altro, cioè centri intermodali e logistici; infine le città, come punti di convergenza dei flussi. 3.2 Analisi dei nodi e della rete di comunicazione 75 Figura 3.3 Rappresentazione della rete della circolazione stradale nell’Istria slovena (tratto da http://maps.google.com) Nell’Istria slovena il nodo più importante è, come per l’analisi dei gateways, senza dubbio il porto di Capodistria. Esso è conforme al- le prime due categorizzazioni di Sorre, è cioè un nodo derivante dal- la posizione geografica (posizione favorevole in quanto sull’estremo nord dell’Adriatico e conseguentemente tra gli scali marittimi più vi- cini all’area centro-europea), nonché di rottura di carico, in quanto questo viene passato dal vettore marittimo a quello ferroviario o stra- dale (e viceversa). Accanto ad esso c’è il centro urbano di Capodi- stria, insieme ad Isola e Pirano/Portorose nodo in quanto punto di convergenza dei flussi. Oltre a questi va identificato anche il nodo autostradale di Sermi- no, anche se si tratta soprattuto di una congiunzione autostradale e ferroviaria destinato a svilupparsi come nodo in futuro, grazie al col- legamento diretto col porto (ora garantito tramite Capodistria) e l’area industriale che vi verrà creata a fianco. Dalla Figura 3.3 è possibile notare come i due nodi attualmente più importanti siano Capodistria ed il bivio di Sermino. Questi sono infatti gli unici due nodi ad essere collegati ad altri quattro. Di livello inferiore altri due nodi, quello di Lucia/Portorose e quello di Črni Kal, che sono collegati con altri tre nodi (da Lucia si giunge ad Isola, a Pirano/Portorose ed al confine di stato con la Croazia Sicciole, mentre da Črni Kal si giunge al Bivio di Sermino, al confine di stato con la I flussi Croazia di Sočerga ed a Kozina, cioè uscendo dalla regione verso nor- dest. I restanti nodi, come ad esempio i centri urbani o semi-urbani, sono di livello ulteriormente inferiore, in quanto sono collegati con soltanto altri due nodi, o persino con uno soltanto, come nel caso di Pirano. Riguardo i nodi del bivio di Sermino e quello di Capodistria, va sot- tolineato che con la costruzione del raccordo autostradale tra Sermino ed il porto di Capodistria, i due nodi cambieranno di rango. Quello di Capodistria verrà declassato ad un livello inferiore, mentre quello di Sermino avanzerà ad un livello superiore, essendo collegato a sua vol- ta con altri cinque nodi. Ciò va compreso come parte della generale strategia di decongestionamento dei centri urbani, già colpiti da in- tenso traffico. A questi tende così a rimanere soprattutto il traffico lo-76 cale e regionale, mentre quello di transito e quello di uscita ed entrata dalla regione, dove possibile, viene smistato su altri punti. Tale è il ca-so del traffico merci generato nel porto di Capodistria – attualmente tutto il traffico che dal porto lascia la regione su gomma passa per il nodo di Capodistria, mentre in futuro la quasi totalità di esso dovreb- be lasciare il porto non toccando la cittadina tramite il collegamento diretto col bivio di Sermino. L’accessibilità dei nodi della regione L’accessibilità dei nodi della regione dall’esterno dipende non soltan- to dal numero di collegamenti possibili, ma anche dalla velocità di es- si. La sola carta topografica o geografica non è in grado di dare una chiara rappresentazione di quelle che sono le vere distanze, espres- se in tempo necessario per raggiungere un determinato punto con il mezzo di trasporto comunemente usato più veloce. Nella Tabella 3.1 si può vedere proprio tali distanze, dove il punto di partenza è il nodo di Capodistria, mentre i punti di arrivo sono scelti utilizzando il criterio d’importanza locale, statale e globale. Per capire lo sviluppo dell’infrastruttura dei trasporti nella regione, nella tabella indicata vengono presentati i dati sull’accessibilità nel 1996 e nel 2016. Dalla tabella presentata è possibile vedere come sono cambiati i tempi di percorso e cioè l’accessibilità di Capodistria dalle suddet- te località. I tempi per le brevi e medie distanze, dove è il trasporto stradale ad essere il più veloce, l’accessibilità è senza dubbio miglio- rata grazie alle nuove infrastrutture autostradali che sia verso norde- st, sia verso sud (considerando il sistema di superstrade costruito re- centemente nell’Istria croata). Riguardo le destinazioni da raggiunge- re in aereo, l’accessibilità è peggiorata a causa dei maggiori controlli di sicurezza negli aeroporti che sono stati introdotti dopo il 2001. 3.3 Il pendolarismo intra ed interregionale Tabella 3.1 Destinazione 1996 2016 Tempi di percorso con trasporto comune più veloce da/a Capodistria Trieste 40 30 alle/dalle destinazioni designate nel Lubiana 75 55 1996 e nel 2016 (in minuti) Maribor 210 150 Note Dati tratti da Fiume 75 65 http://maps.google.com. Pola 90 65 Zagabria 195 145 Milano 330 320 Vienna 450 390 Parigi 240 270 Bruxelles 270 260 Londra 305 315 In una valutazione generale si può concludere che l’accessibilità 77 dell’Istria slovena è relativamente buona. Essa può essere infatti va- lutata soltanto in relazione all’accessibilità di regioni vicine. La vicinanza dell’Istria slovena all’Europa centrale e la buona infrastruttura stradale la rende infatti facilmente accessibile dalle maggiori locali- tà di breve e media distanza, mentre la vicinanza di tre aeroporti in- ternazionali ma due effettivamente aperti ai voli di linea (cioè, esclu- dendo quello di Portorose, quello di Brnik/Lubiana e di Ronchi dei Legionari/Trieste) facilita anche le connessioni di lunga distanza. Riguardo l’accessibilità ferroviaria, i dati cambiano. Il collegamen- to a binario singolo da Divaccia a Capodistria che da Prešnica è an- che l’unico esistente, la lentezza della linea ferroviaria verso Lubiana e la presenza del confine con l’Italia permette un’accessibilità ferro- viaria molto scarsa. Per fare un confronto, mentre in automobile si può raggiungere Lubiana in 55 minuti, in treno servono, dalla stazione passeggeri di Capodistria, almeno 139 minuti, cioè più di due volte e mezzo il tempo impiegato in automobile. In Italia invece il tempo ne- cessario a raggiungere Venezia Mestre da Trieste in automobile è di 95 minuti, mentre in treno servono 99 minuti, cioè soltanto quattro mi- nuti in più. Considerando poi la probabilità di code e traffico lento in autostrada, nonché la difficoltà a trovare parcheggio, il collegamento ferroviario diventa persino più conveniente. 3.3 Il pendolarismo intra ed interregionale Il pendolarismo, come fenomeno che consiste in individui che quoti- dianamente si spostano dal proprio luogo di residenza per motivi di studio, lavoro o comunque regolarmente ad altra destinazione, è for- temente marcante per la struttura geoeconomica ed anche demogra- fica di uno spazio geografico. Ciò viene rilevato anche da Corna Pelle- I flussi grini (1973), che sottolinea l’importanza del fenomeno per lo svilup- po urbanistico sia dello spazio urbano, che di quello rurale, nonché delle infrastrutture che li collegano. Esso è un fenomeno con elevati costi sia a breve che a lungo termine, considerando che le aumentate necessità di spazio e risorse per permettere spostamenti, spesso an- che lunghi, di natura quotidiana, necessitano di risorse da parte degli enti pubblici e privati che si trovano a dover investire nelle infrastrutture. «Negli ultimi decenni, gli spostamenti quotidiani per motivi di lavoro costituiscono oggetto di studio da parte di diversi ricercatori: il pendolarismo, infatti, è considerato un fenomeno importante per l’impatto che riveste dal punto di vista della politica economica in- frastrutturale e da quello dello sviluppo socio-demografico dei terri- tori.»2 Nel calcolo dei costi vanno inoltre considerate anche le risorse 78 spese sia dalle aziende, sia dai dipendenti nel tempo e nelle energie utilizzate per gli spostamenti. Il fatto che si debba utilizzare un’ora o più al giorno soltanto per spostarsi toglie risorse al tempo utilizzato per il lavoro, nonché i numerosi incidenti – soprattutto stradali – sono fattore aggravante. Il pendolarismo, quando si tratta di fenomeno inter- e non intra- regionale, è inoltre un indicatore importante per la definizione dell’in- dipendenza e dell’autosufficienza economica di una regione. La pos- sibilità di una regione di offrire posti di lavoro in un’economia che riesce ad essere più o meno autosufficiente – per quanto questo termine possa avere peso in un sistema integrato non soltanto a livello inter- regionale ma continentale e globale – è infatti un importante segnale di quanto la sua economia sia intrecciata e quanto sia dipendete da quelle vicine. Oggi è ad esempio normale considerare lo spazio eco- nomico globale come uno solo e relativamente integrato, dove sbalzi negativi o positivi in una regione hanno, prima o poi, effetto anche sulle economie di altre regioni. In quest’ottica, la possibilità di una regione di offrire la gran parte dei posti di lavoro ai propri residenti è senza dubbio un segnale di autosufficienza e quindi pure di maggiore capacità autopoietica di una regione. Ad ogni modo bisogna considerare alcuni fattori che possono in- fluire sulla veridicità del dato in questione. La possibilità di offrire la gran parte dei posti di lavoro da sola non necessariamente indica autosufficienza. L’economia di una regione può infatti essere dominata da una forte azienda che offre lavoro ad un gran numero di dipenden- ti, ma se questa azienda dipende dalle relazioni economiche con sog- 2. Vedi http://www.ti.ch/DFE/USTAT/presentazione/economia/progetti/2006_P4 .asp. 3.3 Il pendolarismo intra ed interregionale getti esterni, l’intera economia regionale dipende in via indiretta da tali soggetti esterni. Un buon esempio è quella della Sistemska tehni- ka di Ravne na Koroškem, che nel settore della produzione di blindati militari occupa un gran numero di dipendenti della regione al nord della Slovenia detta Koroška. Tale azienda senza dubbio offre numero- si posti di lavoro e contribuisce a diminuire la presenza del fenomeno del pendolarismo, ma è chiaro che per sua natura è fortemente dipen- dente dalle commesse dello stato ed quindi, tramite essa, l’intera re- gione è fortemente dipendente dalla volontà del governo centrale. Per contro, una regione dove l’economia abbia rapporti diversificati con numerosi partner sia interni che esterni alla regione, tale dipendenza diminuisce fortemente. Caso interessante è l’economia del Triveneto, dove il motore trainante sono le numerose piccole e medie imprese che hanno una rete complessa di rapporti economici sia interni che 79 esterni alla regione. In questo modo, la dipendenza dell’economia del Triveneto da determinati soggetti esterni alla regione è notevolmente ridotta. Nel caso dell’Istria slovena, sono stati individuati tre settori trainan- ti, i quali per la loro diversità fanno giustizia alla conclusione che esiste un certo livello di capacità autopoietica economica. Il porto di Ca- podistria è senza dubbio il motore trainante nel settore della logisti- ca e dei trasporti, dove la diversità di partner interni ma soprattutto esterni alla regione lo rende un fattore di stabilità economica. Discor- so simile vale anche per l’industria della lavorazione alimentare, do- ve i partner sono molteplici e vari e dove, dopo tutto, è il pubblico di massa con la propria domanda a determinare il successo o meno di un’azienda specializzata nella produzione e nella lavorazione degli alimenti. Infine, anche il campo del turismo, nel quale operano nume- rose e forti imprese della regione, non dipende per sua natura da un limitato numero di ben determinati partner, ma sulla domanda ag- gregata di un pubblico vario e vasto. Nonostante ciò, il successo del turismo dipende anche dalla politica svolta fuori dalla regione. Cat- tive infrastrutture che diminuiscono il livello di accessibilità della regione dall’esterno o conflitti con uno stato vicino possono fortemente danneggiare il successo del settore turistico, senza che ci sia un nes- so di dipendenza diretta. Lo stesso discorso vale pure per il successo economico del porto. Detto ciò, vale tornare al discorso iniziale qui introdotto, cioè quello del pendolarismo. In Slovenia i dati più rilevanti riguardo questo set- tore provengono dal censimento della popolazione svolto nel 2002.3 3. Vedi http://www.stat.si/popis2002/si/default.htm. I flussi Tabella 3.2 Centro urbano Percentuale Percentuale pendolari (migranti quotidiani che per recarsi sul posto di Capodistria 54,36 lavoro escono dal proprio comune di Isola 58,53 residenza) su popolazione attiva Pirano 63,57 Note Dati tratti da http//stat.si. Lubiana 11,05 Nova Gorica 61,17 Celje 36,63 Kranj 49,29 Maribor 26,77 Qui è possibile avere i dati riguardo la popolazione attiva in totale e la popolazione attiva che quotidianamente cambia comune per recarsi 80 sul proprio posto di lavoro. Dai dati della Tabella 3.2 si può notare che il pendolarismo in tutti e tre i comuni dell’Istria slovena è al di sopra della media nazionale. Ta-le media è del 53,81%, mentre per i comuni dell’Istria slovena è mag- giore. Il dato va comunque considerata tenendo conto che la media nazionale essa viene abbassata statisticamente dal valore riscontrato a Lubiana, che come capitale (e centro di gran parte della burocrazia statale) registra un’incidenza del pendolarismo sul totale della popo- lazione attiva di appena l’11,05%. Risulta quindi interessante confron- tare i dati dei tre comuni dell’Istria slovena e soprattutto quello di Capodistria (che funge da centro economico della regione) con i dati di città comparabili. Nel caso di Capodistria va comunque considerata la specificità della regione dell’Istria slovena. Lo spazio geografico tra Capodistria, Isola e Pirano si sta sviluppando come una conurbazione urbana costiera nella quale è comprensibile che ci sia uno scambio quotidiano di forza lavoro, il quale viene compreso nei dati statistici riportati. Purtroppo tali dati non indicano i pendolari per regione statistica (in modo da capire meglio il fenomeno del pendolarismo intra- ed inter-regionale) ma soltanto per comune. Nell’ambito dell’analisi del pendolarismo nell’Istria slovena rima- ne ancora da comparare i dati di Capodistria, Isola e Pirano. Come centro regionale ci si può aspettare che il pendolarismo sia meno pre- sente a Capodistria e che siano i residenti di Isola e Pirano a spostarsi quotidianamente in modo più massiccio. Dalla Tabella 3.2 è possibile rilevare i seguenti dati: il comune di Capodistria registra una percentuale di pendolari sul totale della popolazione attiva del 54,36%, men- tre quello di Isola oltre il 4% in più, raggiungendo il 58,53%. Pirano, il comune più meridionale della regione, registra una percentuale di 3.3 Il pendolarismo intra ed interregionale pendolari ancora più alta, arrivando a toccare il 63,57%. Ciò può esse- re interpretato come una conferma della previsione, dove cioè Capo- distria, come centro regionale ed anche come comune maggiore, re- gistra la minor presenza del pendolarismo. Interessante invece il fatto che Pirano, comune con più popolazione attiva di Isola e con grandi strutture turistiche (dove si creano numerosi posti di lavoro) ed in- fine il più lontano da Capodistria, registri un tasso di pendolarismo notevolmente più alto di Isola. 81 4 Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica L’importanza delle dinamiche della comunicazione di uno spazio geografico con l’esterno traspare dal pensiero di diversi autori e for- se in modo più chiaro con Jean Gottmann ed il binomio circolazione ed iconografia. In questo binomio il movimento e cioè la comuni- cazione assume importanza fondamentale per l’identificazione delle caratteristiche di capacità autopoietica di uno spazio geografico. Più è infatti presente il movimento, più numerosi sono i benefici eco- nomici, sociali e culturali, anche se spesso individui o interi gruppi possono soffrirne gli effetti negativi. Questa forza umana, cioè la cir- colazione, tendente a unificare l’ecumene, può quindi ridistribuire i suoi effetti in modo iniquo, causando in alcune regioni effetti positivi, ma causandone in altri di negativi. La circolazione significa massimizzazione dell’entropia, che in fase finale dovrebbe portare alla più eguale redistribuzione della materia (o delle idee), l’uniformità e l’e- liminazione dell’ingiustizia geografica, cioè dell’ineguale redistribu- zione delle risorse e dell’insediamento umano. Ciò dal punto di vista teorico, mentre in realtà le forze in campo sono diverse ed agiscono in contemporanea, non permettendo il completamento del processo. La conseguenza è che quindi il processo rimane incompiuto, con la per- sistenza degli effetti negativi nelle regioni meno preparate alle novità portate dalla circolazione. L’iconografia, d’altra parte, può fare da medium tra la regione e gli influssi esterni, permettendo alla circolazione di realizzarsi ma cana- lizzandone gli effetti. Essa può essere definita come il collante che tiene insieme gli individui, favorendo il mantenimento delle società e quindi dei sistemi sociali. Così si forma un triangolo tra l’originale partizione geografica dello spazio, la circolazione e l’iconografia che definisce il territorio ripartito; allo stesso modo, il territorio rinforza il legame tra gli individui e la società politica, divenendo parte impor- Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica tante dell’iconografia. Le iconografie non sono costituite comunque soltanto dal territorio, anche se la maggior parte degli elementi che la costituiscono sono in qualche modo relazionati al territorio – reale, immaginato o desiderato. La religione, la lingua, la storia, i taboo ed altri elementi sono integrati ed idealmente immobilizzati nella strut- tura di una determinata iconografia. Le iconografie sono quindi co- stituite in prima linea da elementi culturali. Questi elementi devono quindi essere permeabili, in modo da permetterne lo sviluppo e l’a- dattamento alle nuove realtà globali in continuo sviluppo e cambia- mento. Utilizzando le parole di Darwin, si tratta della sopravvivenza di chi riesce ad adattarsi meglio. Affinché ciò sia possibile, l’iconografia presente deve essere predi- sposta in modo da permettere e controllare e non al contrario impedi- 84 re la circolazione. Deve quindi permettere l’interazione e la comuni- cazione, altrimenti risulta in chiusura ed in indebolimento geopoliti- co e geoeconomico, il che prima o poi porta ad un collasso del sistema (-stato o -regione) e ad un brutale riassestamento – shock – culturale ed economico con le forze globali. Ciò è molto rilevante per l’Istria slovena. In una regione a cavallo tra due confini, quello con l’Italia e quello con la Croazia e determinata da una rilevante circolazione, è importante capire attraverso quali canali si manifestino gli effetti della circolazione e per contro come si pone la realtà iconografica regionale. 4.1 Le comunicazioni con l’esterno Le comunicazioni con l’esterno si possono identificare come materia- li ed immateriali. Entrambe utilizzano canali identificabili, nel primo caso sono i media, la comunicazione telematica, postale, telefonica ed i rapporti personali, nel secondo il traffico stradale, marino ed aereo. Vista la conformazione orografica dell’Istria slovena e la sua funzio- ne di terra di confine, la comunicazione può assumere valenze am- bigue. Essa è resa difficile dal Ciglio carsico che limita fortemente la possibilità di costruire infrastrutture stradali e ferroviarie in modo da garantire un’accessibilità (ed una comunicazione) facilitata. Ancora oggi questa barriera architettonica non è stata completamente supe- rata, dato che mentre il collegamento autostradale è ormai completo (grazie a due tunnel ed ad un viadotto), quello ferroviario è per ora garantito da un binario singolo che a causa delle pendenze e delle for- ti curvature permette velocità di crociera molto ridotte. Inoltre va te- nuto in considerazione che a sud della regione si trova l’Istria croata, una regione economicamente poco attiva, con la quale c’è quindi po- co traffico. Una situazione simile, ma per ragioni diverse, valeva e par- 4.1 Le comunicazioni con l’esterno zialmente vale ancora anche per l’area a nord, cioè quella di Trieste. Durante il periodo del dopoguerra la comunicazione era fortemente limitata a causa degli attriti geopolitici esistenti e nonostante la situazione sia notevolmente cambiata con il proseguire della distensione ed il collasso del sistema real-socialista in Slovenia, le conseguenze storiche sono ancora palpabili, sia nei rapporti economici ma ancor più nei rapporti politici ed interpersonali. Nemmeno l’entrata della Slovenia nell’Unione europea è riuscita a cancellare gli attriti stori- ci, anche se sta senza dubbio favorendo una migliore comunicazio- ne e quindi più circolazione, il che nell’interpretazione gottmanniana rappresenta comunque un’opportunità per cambiamento e sviluppi futuri. La comunicazione materiale 85 Dopo queste considerazioni, nell’analisi concreta delle comunicazio- ni materiali, esse avvengono – come già rilevato con l’analisi dei flussi – soprattutto tramite l’asse autostradale che partendo da nordest lam- bisce i tre centri urbani costieri (più precisamente ne lambisce due, mentre Pirano vi è collegata con un breve raccordo). Come rilevato sopra, il traffico in transito su questo tratto costituisce approssimati- vamente il 27% del totale, mentre un altro 27% rappresenta il traffico da e verso la regione. Circa il 54% del traffico rappresenta quindi una forma di comunicazione con l’esterno, dove va considerato che quello in transito, quando non si ferma, non può rappresentare una forma di comunicazione-circolazione influente. Ad ogni modo, anche il restante 25% del traffico, cioè quello indi- rizzato da e verso la regione, è per la gran parte di transito, il quanto si tratta di traffico generato dal carico e scarico nel porto di Capodistria. Nonostante ciò, tale traffico genera comunicazione – anche se in via indiretta – tramite l’interscambio culturale tra persone che av- viene nel porto e nei suoi dintorni. Il porto, inoltre, rappresenta una facilitazione alla comunicazione ed al traffico regionale in generale. Secondo i dati del 2005 hanno attraccato nel porto 2038 navi, cioè cir- ca 39 navi alla settimana, il che rende più concretamente l’incidenza che ciò può avere sullo spazio geografico locale. Riguardo al traffico ferroviario, vista l’inesistenza di una rete ferro- viaria regionale, è esclusivamente una forma di comunicazione con l’esterno, anche questa alquanto limitata. Il singolo binario che colle- ga Capodistria fino a Divaccia (per poi continuare verso ovest e verso nord con binario doppio) non è infatti all’altezza delle esigenze del sempre più alto tonnellaggio manipolato nel porto di Capodistria. Va inoltre ricordato che tale collegamento esiste soltanto dal 1967, men- Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica tre il precedente collegamento ferroviario a scartamento ridotto con Trieste venne soppresso nel 1935.1 La comunicazione immateriale La comunicazione immateriale è, a causa della sua essenza eterea, dif- ficile da misurare. Rimangono perciò a disposizione metodi d’analisi meno empirici e precisi, ma che permettono comunque di enucleare i tratti generali di tale comunicazione in una regione. Purtroppo non esistono dati statistici sul numero di telefoni cellula- ri o accessi internet suddivisi per regione, ma soltanto a livello nazio- nale, il che serve poco per definire le caretteristiche della comunica- zione immateriale dell’Istria slovena. Riguardo l’accesso ad internet, è possibile notare che il mercato dell’accesso ad internet è pressochè 86 saturo, anche se rimane ancora incompleto quello della banda larga, cioè della connessione veloce via cavo o via tecnologia DSL.2 Non esiste ragione per non accettare la valenza approssimativa di tali dati an- che per l’Istria slovena, dato che il territorio presenta un’urbanizzazio-ne delle imprese e delle aziende in linea alla media nazionale. Nell’a- bito della comunicazione immateriale, vale porre attenzione speciale ai media di comunicazione di massa elettronici, cioè alla radio ed al- la televisione. Nella regione sono infatti presenti, con il loro segnale, varie emittenti radiofoniche e televisive sia slovene, che italiane, che croate, nonché con l’avvento dei collegamenti via satellite e via cavo, anche da altre parti del globo. Rimanendo nell’ambito dell’etere captato via digitale terrestre va notato innanzitutto che già le stesse emittenti regionali sono fattore di forte multiculturalità, comunicazione e quindi circolazione. Il centro RTV regionale di Capodistria emette infatti due programmi radiofoni- ci, uno in lingua slovena (Radio Koper) ed uno in lingua italiana (Radio Capodistria).3 Tale segnale viene captato anche sul territorio italiano e croato più vicino alla regione. Oltre a ciò, lo stesso centro regionale emette pure un programma televisivo, nel quale vige un palinsesto programmatico suddiviso tra una redazione in lingua slovena ed una in lingua italiana (TV Koper-Capodistria). Tale programma, oltre che nella regione, irradia il proprio segnale anche in parte dell’Istria croa-ta ed in gran parte della Venezia Giulia e del Friuli, essendo quindi un importante ponte culturale ed informativo tra la regione e sia il nord dell’Istria croata, sia il nordest italiano. 1. Vedi http://www.istrianet.org/istria/navigation/land/parenzana/index.htm. 2. http://adsl.html.it/articoli_panoramica.aspx 3. Vedi http://www.radiocapodistria.net. 4.2 Influenze esterne ed capacità autopoietica Dall’altro lato, molto importante per le proprie influenze culturali è ed ancor più è stata la varia offerta televisiva italiana a scala naziona-le, tradizionalmente visibile nella sua totalità anche nell’Istria slovena. Va comunque notato che tale influenza, garantita oggi pure dall’offer- ta televisiva dei vari fornitori di segnale via cavo, è diminuita causa la migliore concorrenza da parte delle TV slovene, che oltre ai due programmi nazionali (Slovenia 1 e 2) si sono arricchiti di numerose emit- tenti private, facilitate proprio dalla presenza di segnale televisivo via cavo. Per trasmettere via cavo infatti le emittenti televisive non hanno bisogno di concessioni statali per le frequenze analogiche terrestri, ma devono semplicemente firmare un accordo commerciale appunto col fornitore del segnale via cavo. 4.2 Influenze esterne ed capacità autopoietica 87 L’analisi della comunicazione materiale ed immateriale e quindi dei canali che favoriscono la circolazione secondo il concetto gottman- niano portano direttamente alla questione delle influenze esterne (la circolazione) e resistenze internet di un determinato spazio geografi- co (interpretate dall’iconografia). Tale binomio va analizzato come un tutt’uno, in quanto ciò che conta per il geografo è il risultato della loro sintesi. In uno spazio geografico di confine, com’è il caso dell’Istria slovena, tale sintesi assume un’importanza ancor più particolare. Non si tratta soltanto di tradurre in termini culturali locali ciò che sono gli stimoli culturali, economici e politici (quindi sociali) globali, ma di interpre-tarli in uno spazio multiculturale dove già di per se sono presenti più iconografie è quindi più codici d’interpretazione del livello regionale o locale. Questi possono, grazie ad un’efficace integrazione, dare na- scita ad un codice nuovo e risultante dei due originari, ma possono dare vita pure ad una concorrenza culturale che può creare caos, di- sagio sociale, tensioni e quindi esclusione o autoesclusione sociale. La possibilità di una regione di fare uso di un proprio codice autoreferen- ziale nel confrontarsi con tali stimoli globali permette di inserirli nel-lo spazio geografico regionale o locale in modo più compatibile con quelli già presenti. Quando invece tale codice autoreferenziale è mal definito, oppure ne esistono di diversi tra loro concorrenti, il risulta- to di questo incontro di stimoli culturali diversi può dare risultati non prevedibili. I soggetti socio-politici ed i loro collegamenti con l’esterno Uno dei modi più validi per capire come tale pensiero introduttivo possa essere applicato nello spazio geografico dell’Istria slovena è de- Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica scrivere quelli che sono i flussi politici e sociali esistenti e quali sono i nessi con lo spazio dell’Istria slovena. A livello politico, i nessi più forti ed evidenti sono quelli con il cen- tro politico nazionale, cioè con la capitale, Lubiana. Com’è già stato notato, in Slovenia non esiste ancora un livello di organizzazione sta- tale (e politica) a livello regionale o provinciale ed è quindi lo stato ad essere il diretto interlocutore dei comuni e della politica locale. In questo modo è tanto più presente pure la possibilità da parte del centro politico di agire come soggetto anche negli affari locali, secondo l’idea di divide et impera. Se ciò è vero, bisogna considerare però anche un discorso parallelo sull’influenza che la realtà locale può avere ed ha sul centro, soprattutto se riesce ad organizzarsi come soggetto regionale unito. Esempio di ciò è la lobby dei sindaci parlamentari (le 88 due cariche sono in Slovenia tra loro compatibili), la quale è riuscita finora efficacemente a bloccare progetti di legge destinati ad indebo- lire lo status delle autonomie locali, ma soltanto quando si trattava di interessi diffusi. Dal punto di vista legale, in Slovenia i comuni sono enti di diritto pubblico autonomi, i quali devono sottostare soltanto alle leggi na- zionali emanate dal parlamento. Nella prassi invece l’organizzazione dei partiti a livello nazionale ha un’influenza diretta molto forte sul funzionamento della politica locale. A questo punto è utile analizzare la struttura di potere presente nelle varie regioni per capire quali sia- no i nessi (visti senza entrare in dettagli non rilevanti per gli scopi di questo lavoro) tra la politica locale e quella statale. Dopo le ultime quattro elezioni amministrative, a Capodistria è sta- to eletto a sindaco l’esponente di una lista civica locale (Koper je naš) Boris Popovič, il quale non ha legami formali con alcun partito o formazione politica nazionale. Ciò è senza dubbio un segnale di autono- mia del maggior centro urbano della regione. Se, a ciò si aggiunge che fino al 2002 (cioè alla prima elezione di Popovič) il comune era guidato dal partito dei Socialdemocratici, che dalle prime elezioni multiparti- tiche in poi sono stati per lo più all’opposizione, si può effettivamente rilevare un certo grado di autonomia politica dal centro statale. Come caso interessante va nominato pure il ripetuto tentativo, tra- mite le decisioni della corte costituzionale, di dividere il comune di Capodistria in più unità. Tale decisione venne emanata nel 1994 e nel 1998, ma in entrambi i casi i referendum consultivi della popolazio- ne locale respinsero con convinzione la proposta. Un concetto simile venne respinto anche nel 2005, questa volta nato su iniziativa parla- mentare. L’unità della popolazione nell’esprimere la propria contra- rietà è riuscita a bloccare pure tentativi legislativi forzati dalla corte 4.2 Influenze esterne ed capacità autopoietica costituzionale nel triennio 2008–2011 ed una prima divisione comu- nale ha avuto successo soltanto dopo una forzatura costituzionale do- ve la corte ha essa stessa costituito un nuovo comune nella parte più settentrionale, quello di Ancarano. Nel caso di Isola e di Pirano, essi hanno avuto destini politici simi- li. Entrambi sono stati guidati da anni da sindaci provenienti dalle fi- le dei Socialdemocratici, anche se Pirano, nell’autunno del 2006, ha preferito un sindaco, Tomaž Gantar, rappresentante di una lista civi- ca collegata a quella di Capodistria, mentre ad Isola è toccato lo stes- so destino sotto la guida di Tomislav Klokočovnik. I Socialdemocratici sono tornati però al potere quattro anni dopo. Oltre a Lubiana, nel caso dell’Istria slovena va analizzato anche il rapporto con Trieste e Roma, vista la vicinanza all’Italia e la presen- za della minoranza nazionale italiana. In questo caso fa subito nota- 89 to che gran parte dei rapporti con Roma – cioè con il centro politico italiano – vengono mediati da Lubiana o da Trieste. Mentre il primo caso è stato già toccato, il secondo merita attenzione per tre motivi: il rilevante peso economico di Trieste, il finanziamento della mino- ranza nazionale italiana – ovvero della sue organizzazioni – in parte tramite l’ente triestina Università popolare di Trieste – ed il peso po- litico su Trieste da parte delle organizzazioni degli esuli italiani che hanno lasciato l’Istria nel dopoguerra e rappresentano l’area politica della destra nazionalista. Nel caso del peso economico di Trieste, esso si sta facendo sentire in modo maggiore con l’entrata della Slovenia nell’Unione europea. Trieste è una città con un alto tasso di anziani ed un dinamismo eco- nomico relativamente basso, ma pur sempre importante per le con- dizioni dell’Istria slovena, che nel complesso raggiunge appena gli 82 mila abitanti, mentre Trieste da sola supera i 210 mila (anche se va no- tato che in 10 anni, cioè dal censimento del 1991 a quello del 2001, la popolazione è diminuita dell’8,6%, da 231 mila a 212 mila abitanti). Nel caso dell’Università popolare di Trieste, una parte importante dei fondi statali italiani destinati alla minoranza nazionale italiana in Istria ed a Fiume è gestita da quest’ente triestina, la quale ha così la possibilità di influire notevolmente sul lavoro e sulle posizioni delle organizzazioni della minoranza. Tale situazione è per ora ancora non definita in modo duraturo e l’assetto degli equilibri politici di lungo termine è ancora da verificare. Tuttavia, nella situazione attuale, il fat-to che l’Università popolare italiana cerchi di influire sulla vita della minoranza – e tramite essa desideri essere presente anche nella politica regionale dell’Istria slovena – è riconosciuto pubblicamente da molti. Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica Terzo elemento, le organizzazioni degli esuli di nazionalità italiana che hanno lasciato più o meno forzatamente l’Istria nel dopoguer- ra. Tali organizzazioni hanno avuto un ruolo decisivo nella politica di Trieste dopo il suo ritorno all’Italia nel 1954. La lista civica «Lista per Trieste», che ha per lungo tempo dominato la scena politica della città, era infatti espressione soprattutto dei suddetti esuli, che hanno quin- di influito notevolmente anche sui rapporti tra Trieste e l’Istria slove- na. Oggi tale lista non è più rilevante, ma le organizzazioni degli esuli mantengono una forte influenza, che sta però lentamente diminuendo (come sta diminuendo per motivi naturali anche il numero di esuli di prima generazione), anche sulla giunta comunale di centro-destra attualmente insediata. Infine, gli esuli hanno anche un forte influs- so sul lavoro dell’Università popolare di Trieste, della quale si è già 90 parlato poco sopra. Dalla parte italiana va considerato anche il ruolo della regione au- tonoma Friuli Venezia Giulia. Essa è guidata da una giunta con in- fluenze politiche diverse. È proprio la giunta del Friuli Venezia Giulia che ha dimostrato negli ultimi anni il maggior dinamismo ed è stata influente anche nei rapporti trans-frontalieri, soprattutto nel settore dell’energetica e dei trasporti, come descritto in seguito. In questo discorso viene da inserire anche un breve considerazio- ne sul ruolo dei vicini meridionali, cioè della Croazia. Contrariamen- te per quanto vale per l’Italia, la Croazia non ha particolari mezzi con in quali svolgere un’effettiva influenza sulla politica regionale. Le questioni aperte riguardo l’accordo sul percorso dell’estremo sudoccidentale della linea confinaria con la Slovenia, nonché la questione aperta del confine marittimo tuttora non permettono forti interscam- bi politici tra i vicini meridionali e l’Istria slovena, limitando quindi anche i possibili influssi. La nuova politica energetica. Detto ciò, merita attenzione particolare la nuova politica energetica che si sta sviluppando nell’Adriatico del Nord, cioè quindi anche a ridosso delle coste dell’Istria slovena. Tale politica viene oggi identificata con la regione del Friuli Venezia Giulia, che oltre alle autostrade, all’alta velocità ferroviaria ed agli autoporti dichiara di voler puntare, per garantire sviluppo all’area, alla garanzia del fabbisogno energetico per il Nord Adriatico anche se i tentati- vi attuali di costruzione di terminal di rigassificazione di gas naturale liquido non hanno avuto successo. Nel caso ciò cambiasse, il Friuli Venezia Giulia e l’area più ampia potrebbero trasformarsi in un col- lettore chiave dei traffici e dei flussi energetici per un’importante area del continente europeo. 4.3 Influenze sull’esterno Tale progetto, perché possa venir realizzato, ha comunque il biso- gno della collaborazione di Slovenia e Croazia, che si sono trovate in- trecciate in pressioni ed inviti a collaborare di natura sia politica che economica. Il disegno geopolitico e geoeconomico che giustifica tale idea è l’indipendenza energetica dal gas naturale russo, attraendo ver- so il Friuli Venezia Giulia le economie dell’Europa centrale e orienta- le. Tale intenzione è incoraggiata dall’Unione europea, ma ha bisogno anche di un’alleanza geopolitica con la Slovenia e la Croazia, per ora ancora diffidenti, ma anche prive di una visione strategica dei propri ruoli nell’area più ampia dell’Europa centrale Il caso dei contestati terminal di rigassificazione previsti nel golfo di Trieste è particolarmente interessante.4 La giunta regionale non aveva nascosto, in passato, l’intenzione di una ricerca di alleanze con i go-verni vicini, soprattutto con quello di Lubiana, premendo anche sul- 91 le autorità locali dell’Istria slovena che però è riuscita ad affermare i propri interessi in ambito nazionale dove si è affermata una generale avversione all’idea. Oltre ai suddetti terminal di rigassificazione, vanno nominato an- che i progetti di oleodotto e gasdotto, in particolare quello che s’in- nesta nel grande progetto transbalcanico dell’oleodotto Costanza– Trieste, che potrebbe essere seguito pure da un gasdotto. La dimensione geoeconomica e geopolitica dei progetti, compren- sibilmente molto importante, è ciò rende ancor più evidente la ma- gnitudo di pressioni politiche ed intrecci economici che si stanno svi- luppando. Tali sviluppi senza dubbio tendono a minare la capacità di guidare la propria politica regionale in maniera relativamente più in- dipendente, diventando area strategica per lo stato ed anche a scala maggiore e quindi travolgendo, in termini gottmaniani, un sistema di iconografia politica, sociale ed economica che potrebbe dimostrarsi non adatto a un così forte affermarsi della circolazione. 4.3 Influenze sull’esterno In modo analogo all’analisi delle influenze dell’esterno sulla politica della regione, vanno analizzate le possibili influenze della regione sul- l’esterno. Già nel termine circolazione è presente infatti il concetto di influenza reciproca, di scambio culturale (e civilizzativo) in due direzioni – cioè una circolazione. Ciò non significa che il risultato di ta- le scambio sia equo: la risultante dello scambio civilizzativo espresso permesso dalla circolazione dipende infatti dal peso delle parti che 4. Tale gas, in forma LNG (gas naturale liquido) verrebbe trasportato per via marina dall’Indonesia e poi rigassificato proprio nei terminal in questione. Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica prendono parte allo scambio. Tale peso non è semplicemente militare od economico, ma comprende anche quello sociale e culturale, ri- chiamando quindi il peso della civiltà che prende parte alla circolazio- ne. Come esempio si può considerare le dinamiche accadute durante la colonizzazione dell’Africa, dove lo scambio tra le civiltà europee e quelle indigene è stato fortemente iniquo a danno di quelle indige- ne, mentre lo scambio è stato molto equilibrato, o addirittura di senso opposto, dove il peso delle due civiltà entrate in contatto era diver- so. Gli Antichi Romani ad esempio non hanno avuto troppe difficoltà nell’inglobare l’Antica Grecia nel loro impero, ma il peso della civil- tà greca era così forte che dal punto di vista della circolazione è stata quest’ultima ad avere più influenza sulla civiltà romana, piuttosto che il contrario. 92 Nel caso dell’Istria slovena è difficile parlare di peso civilizzativo, anche perché tale circoscritta regione è piuttosto assimilabile ai co- stumi ed allo stile di vita presente in tutto il Nord Adriatico, reso più particolare però dall’appartenenza ad una nazione, la Slovenia, culturalmente più legata all’Europa centrale, all’ambiente alpino e conti- nentale, che al Mediterraneo. Confrontata con le vicine Italia e Croa- zia, tali legami Mitteleuropei sono senza dubbio i più forti. L’Istria slovena non possiede enti culturali d’importanza rilevante a scala più ampia che quella regionale e le proprie caratteristiche urba- nistiche, musicali e culinari sono troppo simili a quelle vicine perché possano aver un peso rilevante nei processi di circolazione. In quest’ambito va considerato anche il rapporto con Trieste, cioè con il comune vicino più grande. Trieste, con una popolazione di circa 211 mila abitanti, è un centro urbano da una ricca storia fortemente legata anche al destino dell’impero Asburgico, mentre Capodistria è stata al contrario più vicina alle influenze ed alle vicende della Repub- blica di Venezia. Nonostante ciò, tra Capodistria e Trieste è da secoli vivo un rapporto di collaborazione commerciale non equo, dove quin- di Capodistria ha funto da satellite alla città giuliana. Dopo la Seconda guerra mondiale, tale rapporto si è interrotto causa le divisioni ideo-logiche e geopolitiche tra Jugoslavia ed Italia e Capodistria ha iniziato a sviluppare una strategia di sviluppo indipendente e concorrente a Trieste, nella quale il progetto più evidente è il porto di Capodistria. Con la distensione degli anni Settanta e gli sviluppi successivi che hanno infine portato la Slovenia nell’Unione europea, i rapporti e la collaborazione tra le due città sta entrando in una dimensione nuo- va, nella quale i due partner agiscono in modo più equo. Trieste è pur sempre il partner più «pesante», data la sua popolazione pari a più di quattro volte quella di Capodistria e data quindi anche la maggiore di- 4.3 Influenze sull’esterno mensione della sua economia, Capodistria riesce però a riequilibrare in parte dale divario grazie alla maggiore competitività e dinamismo. Esempio di ciò è la maggiore efficienza del porto di Capodistria nei confronti di quello di Trieste che soffre del peso di una burocrazia e di organizzazioni sindacali che portano avanti interessi diversificati, oppure la concorrenza delle due città nell’attrarre traffici sia merce che passeggeri. Sul piano delle influenze reciproche valgono dinamiche simili a quelle descritte sopra per i rapporti economici, anche se qui il peso politico della regione autonoma Friuli Venezia Giulia e della sua am- biziosa e dinamica leadership è riuscita a porsi in posizione da det- tare l’agenda geopolitica, mentre l’Istria slovena, anche a causa della mancata istituzione delle regioni (in progetto entro il 2008), arranca a fatica. 93 Le città gemellate Nell’analisi dei possibili canali delle influenze sull’esterno da parte dell’Istria slovena può dimostrarsi come interessante anche capire una delle dimensioni formali della collaborazione tra comuni, cioè l’istituto del gemellaggio. Tale istituto non è soltanto una forma di collaborazione privilegiata tra due comuni, ma può spesso essere un segnale della strategia geopolitica e geoeconomica di un centro po- litico ed economico locale o regionale. Il gemellaggio è una forma di partenariato flessibile ed adattabile alle diverse esigenze e può essere quindi modellato a seconda delle necessità e dei desideri dei partner coinvolti. Il maggior comune della regione, Capodistria, ha instaurato sei ge- mellaggi, di cui tre con comuni italiani. Questi sono: Muggia (TS), San Dorligo della Valle (TS) e Ferrara (FE), nonché Pinguente in Croazia, Žilina in Slovacchia e Juijang in Cina. Oltre a questi, era in uso duran- te il periodo della federazione Jugoslava, instaurare gemellaggi anche con comuni di altre repubbliche, che però oggi non si considerano più attuali. Questi comuni sono: Bosanski Brod e Zara (Croazia), Jajce (Bosna ed Erzegovina), Valjevo (Serbia), Nikšič (Montenegro) e Prilep (Macedonia). Tra i gemellaggi attuali, quelli con Muggia e San Dorligo della Valle possono essere considerati soprattutto di cortesia e buon vicinato, in quanto si tratta di comuni adiacenti a quello di Capodistria che in ogni modo si trovano in una posizione dove la collaborazione appare ovvia. Il gemellaggio di Ferrara è stato invece più interessante e fruttuoso per entrambe le città. Esso era fortemente attuale soprattutto nella prima metà degli anni Novanta e si è basato soprattutto sulla collaborazione Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica culturale e – durante l’emergenza profughi dovuti alla guerra in Croazia e Bosni ed Erzegovina – anche umanitaria. Diversi gruppi musicali e teatrali hanno fatto esibizioni nelle rispettive città gemellate, mentre per il più vasto pubblico di Capodistria sono stati soprattutto i costu-mi tradizionali ferraresi, tra i quali gli sbandieratori, a lasciare il segno. Anche ciò ha contribuito a modellare nell’opinione pubblica di Capo- distria la consapevolezza di valorizzare il proprio passato e renderlo interessante per i turisti. Riguardo al gemellaggio con Pinguente, esso ha valenza molto si- mile a quelli con Muggia e San Dorligo della Valle, in quanto si tratta si un gemellaggio con un comune adiacente ed è quindi soprattutto un momento formale. Il gemellaggio con Žilina in Slovacchia non è stato molto sentito a 94 Capodistria, mentre è la sua visibilità è stata più forte proprio presso l’altro partner. È stata un’opportunità per la promozione del turismo nell’Istria slovena, il che ha avuto quindi qualche effetto economico, mentre è stato altrimenti poco marcante. Il più interessante, dal punto di vista geoeconomico, è il gemellag- gio con la città cinese di Juijang. Tale partenariato, con una città di quattro milioni di abitanti della Cina sudoccidentale, in rapido svi- luppo, è il risultato dei forti legami commerciali di Capodistria con l’Asia attraverso il porto ed anche il partenariato è stato soprattutto di forma economica. Il progetto più grande, risultato da tale gemellaggio, è stato l’investimento diretto da parte dell’azienda Tomos che ha costruito a Juijang una fabbrica per la produzione di motocicli, mol- to utili per l’area collinare della città cinese. Il progetto non ha da- to però i frutti sperati, in quanto i cinesi hanno in seguito copiato la produzione ed i modelli, ponendosi in posizione di alta competitivi- tà di fronte ad un’azienda proveniente dall’ambiente imprenditoriale sloveno. Tale gemellaggio, comunque, può essere considerato come quello dove Capodistria è riuscita ad avere maggior peso nel processo di circolazione. 4.4 Il ruolo del turismo La dimensione turistica è importante, per l’Istria slovena, sia dal pun- to di vista economico, sia quello del binomio circolazione/iconografia. Esso è molto rilevante per la realtà economica e sociale della regione e vista la sua natura di contatto tra il visitatore e la società locale, gioca un ruolo chiave nella comunicazione dell’Istria slovena con l’esterno. Il concetto di Istria slovena, di Litorale sloveno o comunque di un’a- rea geografica slovena sulla costa, che possa rappresentare uno spazio completo e capace di competere sul mercato turistico è nata di recen- 4.4 Il ruolo del turismo te, con le strategie per il turismo sviluppate in Slovenia dopo il 2000. In tali documenti, l’approccio chiave sottolinea lo sviluppo dell’in- novazione imprenditoriale, del collegamento delle varie offerte turi- stiche nell’ambito del «destination management» e della promozione delle destinazioni tipiche e caratteristiche del Paese, il tutto ammini- strato attraverso l’utilizzo di moderni approcci di marketing (Vesenjak 2001). Come punto di partenza per lo sviluppo dell’economia turisti- ca, vanno individuati quattro elementi che vanno a vantaggio del ter- ritorio dell’Istria slovena: la natura, la pace, il relax ed il clima – questi quattro elementi sono infatti – riportati anche nella Strategia del turismo sloveno – il motivo della visita nel 60% dei turisti (Statistični urad Republike Slovenije 2001). Dando particolare rilievo ad uno sviluppo regionale bilanciato, questa strategia sottolinea l’importanza del turismo rurale come im- 95 portante elemento nell’ottica della sostenibilità dell’offerta turistica e come importante arricchimento che completa i prodotti turistici di base e le peculiarità geografiche (Kovač 2002). Da ciò deriva che l’Istria slovena può aumentare la propria competitività proprio proponendosi come un insieme di opportunità turistiche, proponendosi quindi come destinazione definita culturalmente e come regione – promuo- vendo quindi se stessa, ovvero in termini gottmanniani inserendosi attivamente nel processo della circolazione. Il turismo è una risorsa importante per la regione, in quanto per- mette di offrire lavoro a manodopera semi- o non-qualificata. Rie- sce quindi a completare le specializzazioni dell’economia dello spa- zio considerato. Il turismo è, per sua natura, anche un naturale ca- nale attraverso la quale si realizza il processo di circolazione, dato che viste i suoi positivi effetti economici viene difficilmente limitato dall’iconografia locale. Allo stesso modo, il turismo è un canale anche per la circolazione inversa, cioè dalla località turistica verso l’esterno. Dalle foto, ai sou-venirs, alle testimonianze, la cultura (ed in senso ampio la civiltà) lo- cale viene esportata. Per essere rilevante però, quest’esportazione de- v’essere continua e massiccia, deve inoltre portare messaggi chiari e caratterizzanti la realtà locale. Se si confonde con altri, il risultato non sarà certo la riconoscibilità di quel determinato spazio geografico, ma piuttosto la perdita dei contenuti, o peggio ancora la confusione ed il mescolamento di contenuti provenienti da luoghi diversi, per creare così un’immagine di una cultura ed uno spazio geografico che nella realtà non esiste. Tale esportazioni massicce, destinate a risultare visibili e riconoscibili su ampia scala sono così limitate a centri forti, co-me ad esempio le città mondiali, oppure altre destinazioni turistiche Le relazioni con l’esterno – dimensione economica e politica importanti, come ad esempio Venezia, Ragusa (in Croazia), oppure il Taj Mahal. Quasi superfluo quindi notare che l’Istria slovena non può essere annoverata tra questi. Considerando invece, oltre l’aspetto culturale, anche quello econo- mico, il turismo può avere un effetto indiretto negativo sull’autosuffi- cienza economica. Una regione troppo dipendente dal turismo si tro- va costantemente minacciata dal pericolo di una brusca frenata del- l’affluenza turistica e dalla crisi economica che potrebbe derivarne. Il turismo è infatti uno dei primi settori economici a risentire da cri- si ed instabilità internazionali. Esempio è la crisi del turismo mon- diale scoppiata dopo l’attacco al Centro del commercio mondiale di New York, mentre a livello locale lo sono le guerre in Croazia e Bosnia Erzegovina, che negli anni Novanta hanno fortemente danneggiato, 96 in senso negativo, anche il risultato della stagione turistica in Slove- nia. In questo modo una forte dipendenza dal turismo può significa- re una minore autosufficienza. Tale pensiero però va considerato nel- l’ambito di un’analisi delle caratteristiche dell’economia turistica in sé, in quanto va ricordato che qualsiasi dipendenza di una determi- nata regione da un singolo settore economico e mancanza quindi di diversificazione può risultare una scommessa geoeconomica troppo pericolosa. 5 Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? L’autopoiesi, ovvero auto-creazione o auto-mantenimento, deriva dal termine greco auto ( αυτ ´ o) e poiesis ( πo´ ιησις), cioè creazione o pro- duzione. Tale termine esprime complementarietà tra la struttura e la sua funzione ed il termine è stato introdotto dai biologi cileni Franci- sco Varela e Humberto Maturana nel 1973. Un organismo autopoie- tico, definito come un’unità, è organizzato come una rete di proces- si di produzione (trasformazione e distruzione) dei componenti che: (a) attraverso interazioni e trasformazioni che si generano di conti- nuo e realizzano la rete di processi (relazioni) che sta alla loro origine e (b) che lo costituiscono (l’organismo) come una concreta unità nello spazio e che (i componenti) esistono specificando il dominio topolo- gico della loro concretizzazione sotto forma di rete (Maturana e Varela 1980). L’utilizzo del termine si è poi allargato ad altri ambienti scien- tifici tramite la teoria generale dei sistemi ed è approdato anche in geografia.1 In senso lato quindi il concetto di autopoiesi (e quindi la caratteri- stica di autopoietico) si riferisce alle dinamiche di un sistema aperto non equilibrato che però riesce a mantenersi nel tempo nonostante sia presente dentro di esso energia e materia in costante cambiamen- to. Proprio questo cambiamento costante riesce così a mantenere l’or- ganizzazione di tale sistema aperto. Esempio di tela fenomeno è, nel- la fisica, la grande macchia rossa sul pianeta Giove, costantemente in stato non equilibrato ma comunque stabile, nonostante le molecole di gas di cui è formato si siano sostituite numerose volte. Si tratta quin- di di un sistema auto-organizzato che si auto-mantiene. Nella scien- za politica, la caratteristica autopoietica può venir applicata ad un’or- ganizzazione statale come ad esempio il sistema giudiziario, general- 1. Vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Autopoiesis. Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? mente non collegato, nella maggior parte degli Stati, a un meccani- smo elettorale. Esso è comunque autopoietico, in quanto esso stesso determina il proprio dominio di competenza e si auto-mantiene attra- verso meccanismi di autocontrollo e di autoalimentazione. Quando i principi di indipendenza di un sistema all’interno di un’organizzazio- ne statale superano una certa soglia, il sistema diventa a tutti gli effetti autopoietico. Questa evoluzione può entrare quindi in conflitto con i principi democratici che prevedono che nessun sottosistema statale sia totalmente auto-controllato e autogestito, dato che in una demo- crazia i meccanismi di controllo incrociato sono garantiti soltanto se ognuno dei sottosistemi è in qualche modo dipendente dagli altri. Adatto ad essere utilizzato ampiamente nella teoria dei sistemi, il concetto di autopoiesi può essere applicato anche nella geografia po- 98 litica, ad esempio nell’interpretazione sistemica delle unità politiche, quali possono essere gli stati, i comuni, ma anche le regioni. Una re- gione può quindi avere caratteristiche autopoietiche se, in quanto si- stema aperto – e cioè vulnerabile agli stimoli provenienti dall’ester- no – riesce a mantenersi stabile nonostante sia costantemente in una situazione di non equilibrio. Concretamente, nello spiegare cosa si- gnifichi avere caratteristiche autopoietiche per una regione ci si può richiamare a Luhmann, che definisce le caratteristiche di sopravvi- venza di una regione in condizioni di apertura rispetto all’ambien- te con il concetto di «capacità autopoietica». Tale concetto si riferi- sce all’esistenza di un codice di differenziazione auto-referente ed au- toregolato dagli organismi regionali, secondo i quali la realtà regio- nale viene ricreata tenendo conto sia degli impulsi esogeni, che dei comportamenti tradizionali endogeni (Tinacci Mossello 1990). L’ca- pacità autopoietica può essere quindi interpretata come la caratteri- stica che permette di realizzare processi di autopoiesi, cioè processi autopoietici. 5.1 Autopoiesi, circolazione/iconografia e centro-periferia Cosa significa, nel caso concreto degli stati e delle regioni, autopoie- si, ovvero capacità autopoietica? Concretamente è quindi la possibili- tà di una regione di interpretare gli impulsi pervenuti dall’esterno ed ad adattarli alla propria realtà grazie ad un proprio codice civilizza- tivo. In termini gottmanniani, l’capacità autopoietica di una regione deriva dall’interazione della circolazione e dell’iconografia. Se que- sti due concetti sono incompatibili, non ci sarà complementarietà e gli stimoli generati dalla circolazione non verranno percepiti (se l’i- conografia regionale è forte) ed il sistema-regione tenderà ad isolarsi sempre più dalla circolazione, cioè dalla globalizzazione, oppure (se 5.1 Autopoiesi, circolazione/iconografia e centro-periferia l’iconografia è debole) dilagheranno nella regione senza venir trasla-ti nei codici locali, rompendo le dinamiche esistenti e disturbando o persino distruggendo il funzionamento dei flussi ricorrenti dentro il sistema regionale. Se al contrario questi due concetti sono tra di loro compatibili, allora gli stimoli esterni (della circolazione) verranno co- dificati grazie all’iconografia locale ed incorporati nelle dinamiche dei flussi dentro il sistema-regionale che a sua volta si adatterà alla nuova situazione grazie alle proprie caratteristiche autopoietiche. Tutti i sistemi-regione sono toccati dalle dinamiche circolazio- ne/iconografia e tutti presentano un livello più o meno alto di au- topoiesi. Qualsiasi sistema-regione difatti necessità di autopoiesi per potersi auto-mantenere, anche se ciò non è garanzia di stabilità a tem- po indeterminato. Col cambiare dell’intensità degli stimoli, il sistema- regione dovrà adattare un comportamento più intensamente autopo- 99 ietico per poter quindi traslare tali stimoli, attraverso i codici della propria iconografia (anch’essa in costante sviluppo e cambiamento), nella dimensione dei flussi locali. Se l’iconografia non riuscirà a svi- lupparsi in modo adeguato ed adattarsi all’aumentare degli stimoli generati dalla circolazione, essa non sarà più in grado traslare gli sti- moli esterni e l’autopoiesi non sarà più possibile. Il sistema non sarà più stabile e le dinamiche interne cesseranno di funzionare a causa dell’entrata in circolo di stimoli ai quali esso non si è adattato. In ultimo, il sistema stesso potrà cessare di funzionare, dividendosi quindi in più unità, oppure assimilandosi dentro un sistema più ampio. Ciascuno dei sistemi-regione in contatto con l’esterno, come rece- piscono stimoli, allo stesso modo ne creano ed emanano. Dipende dalla forza, dalla grandezza e dal dinamismo del sistema, se esso riu- scirà a creare più stimoli di quanti ne recepisca, diventando così un contribuente attivo al processo globale della circolazione. In tal modo non soltanto influenzerà lo sviluppo degli altri sistemi-regione nella direzione di una maggiore somiglianza a se stesso, ma garantirà a se stesso la percezione di meno stimoli esterni che siano estranei alle di- namiche interne, in quanto ci sarà una maggiore quantità di stimoli esterni, che sono stati inseriti nel processo della circolazione proprio da esso stesso. Tale sistema-regione, nell’ambito della teoria centro- periferia di Raul Prebisch, si troverà al centro, in quanto sarà in grado di influenzare (nel pensiero di Prebisch, sarà in grado di sfruttare) la periferia (Prebisch 1949). Il centro sarà quindi quello che parteciperà alle dinamiche della circolazione globale contribuendo positivamente ad essa con la produzione di stimoli numerosi e forti, mentre la peri- feria sarà toccata dalle dinamiche della circolazione soprattutto come recettore di stimoli, i quali destabilizzeranno il sistema-regione. Fin- Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? ché esso sarà in grado, tramite l’autopoiesi, di codificare tali stimoli ed ad adattarsi a loro, riuscirà con successo ad adattarsi alle sfide del-la globalizzazione, ma quando ciò non sarà più possibile, si verificherà una destabilizzazione troppo intensa che porterà il sistema-regione al collasso ed all’assimilazione in altri sistemi. Come esempio di tali dinamiche può essere presa la Cina nel pe- riodo dei «trattati ineguali»,2 quando essa fu invasa dalla circolazione caratterizzata dall’aggressività delle potenze occidentali, ma il suo sistema-regione (in questo caso è più adatto parlare di sistema-stato o persino sistema-impero) riuscì a reggere ed a modificarsi grazie soprattutto all’ampiezza ed alla forza della propria iconografia, che si adattò ma non fu assimilata agli elementi civilizzativi occidentali. Esempio contrario invece la civiltà degli Indiani del Nord-America che 100 a contatto con le potenze europee (che significò un brusco accelerare delle dinamiche della circolazione) furono travolte da stimoli nuovi che, incompatibili con l’iconografia locale non in grado di adattarsi a quest’ultimi, decretarono il collasso del sistema-regione e persino del sistema-civiltà fino allora esistente e l’assimilazione di esso ad un altro sistema-civiltà, quello dei colonizzatori europei. Il discorso fino a qui sviluppato non porta comunque alla neces- saria conclusione che l’capacità autopoietica, ovvero la possibilità di realizzare un processo di autopoiesi, sia caratterizzabile attraverso scale di valore positivo o negativo. Il fatto che un sistema, o nel ca- so della geografia, un sistema-regione sia in grado di adattarsi agli stimoli esterni codificandoli in dinamiche compatibili con quelle interne significa soltanto che tale sistema-regione sarà in grado di auto-mantenersi nel tempo, garantendo stabilità agli elementi esi- stenti dentro esso. Molti sistemi dittatoriali sono in grado di effettuare processi autopoietici tali da auto-mantenersi, come molti sistemi democratici non lo sono. Qui si possono richiamare due esempi della storia recente, l’Afghanistan al tempo del regime dei Talibani e l’Iraq dopo l’invasione statunitense e britannica. Il regime talibano, sep- pur dittatoriale e caratterizzato da una negazione di numerosi diritti umani, aveva un livello di capacità autopoietica sufficiente da resiste- re a stimoli esterni ed adattarsi a loro e soltanto uno stimolo esterno violento come l’attacco militare da parte degli Stati Uniti è stato in grado di causarne il collasso. Al contrario, il regime autoritario ma ba- sato su principi di rappresentazione politica democratica e stato di diritto dell’Iraq post-Saddam, non ha ancora assunto (fino al 2006) un livello di capacità autopoietica tale da essere in grado di tradurre 2. Vedi http://www.tuttocina.it/La_Cina/trattati_in.htm. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica stimoli esterni (anche il terrorismo e la guerra civile, seppur interni all’Iraq, vanno considerati come esterni al sistema dello stato demo- cratico e di diritto) in codici compatibili con le proprie dinamiche ed ad auto-mantenersi. È chiaro infatti che senza l’aiuto degli Stati Uni- ti tale sistema molto probabilmente sarebbe vittima di un collasso totale. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Nel tentativo di misurare il livello di autopoiesi o capacità autopoie- tica di unità politiche come stati o regioni, tale livello non può essere identificato con criterio binario, cioè come esistente o non esistente. Un sistema-regione non può quindi essere caratterizzato come in possesso o meno di capacità autopoietica. Esso può essere piuttosto valutato secondo il criterio di intensità e meglio compreso se utiliz- 101 zato in termini relativi, cioè comparando diverse realtà territoriali tra loro. Il livello di capacità autopoietica nella geografia può quindi essere preso come indicatore relativo e definito secondo criteri qualitativi difficilmente verificabili in modo empirico. Nonostante ciò è possibile realizzare un esercizio di analisi quali- tativa di singoli elementi considerati come caratterizzanti il livello di capacità autopoietica di un sistema-regione. Tali elementi, considerati nel loro insieme e relazionati su un’apposita scala, possono quin- di dare un valore all’capacità autopoietica di un sistema-regione, va- lore rilevante comunque soltanto quando relazionato a valori di altri sistemi-regione conseguiti con la stessa metodologia. Tale scala e ta- li elementi possono essere estratti dalla totalità delle caratteristiche geopolitiche e geoeconomiche di un sistema-regione, ma tale scelta è comunque risultato di una valutazione arbitraria effettuata dall’osser- vatore. Dato che la scelta di tali elementi deriva da tale arbitraria de- cisione, che pur basandosi su argomenti oggettivi, effettua una valu- tazione soggettiva, essa non va considerata ne assoluta, ne completa, ne definitiva. Non va considerata assoluta in quanto non può valere per tutti i sistemi-regione a livello globale, dove valori e paradigmi civilizzativi sono tra loro diversi e soprattutto non può valere per diversi perio- di storici e va adattata ad essi. Un elemento geoeconomico, come ad esempio un’economia basata prevalentemente sulla produzione di ri- sorse energetiche sotto forma di idrocarburi, può essere indicatore di maggior capacità autopoietica in un determinato periodo, ma può an- che essere indicatore di minor capacità autopoietica in un periodo di- verso, dove ad esempio gli idrocarburi non giocano più ruolo strategi- co nel campo dell’energia. Non va considerata completa, in quanto si Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? tratta di una valutazione come già sottolineato arbitraria e soggettiva ed un altro osservatore potrebbe decidere di includere nell’analisi altri elementi o persino di escluderne alcuni precedentemente considerati. Non è definitiva in quanto soggetta, proprio per le considerazioni qui presentate, a continui sviluppi e cambiamenti. Elementi caratterizzanti la capacità autopoietica di un sistema-regione Con tali premesse è possibile tentare di sviluppare l’esercizio di va- lutazione del livello di capacità autopoietica di un sistema-regione in base alla presenza o meno di determinati elementi. Tali elementi, di natura geopolitica e geoeconomica, nonché di natura demografi- ca, sono quelli che permettono al sistema-regione di adattarsi oppor- 102 tunamente agli stimoli esterni, cambiando le proprie caratteristiche economiche, politiche e culturali. In questo modo si riesce a modi- ficare le dinamiche in atto dentro il sistema-regione ed ad adattarle alla nuova situazione, il che significa infine il suo costante mutare per poter auto-mantenersi. Autoctonia. Tra gli elementi demografici, importante per permettere alla società di cambiare senza che si verifichino fratture interne che la danneggino, è la sua unità. Il sentirsi parte integrante di una società con cui si condivide le vicende storiche e le sfide del cambiamento è importante affinché la società possa permettersi, come un tutt’uno, di introdurre regole ed elementi nuovi, di cambiare le proprie dinamiche di funzionamento, cioè di cambiare. Tale sentimento d’appartenenza può essere assimilato all’autoctonia, cioè a quale parte della società si consideri autoctona e quindi integrante del bene e del male (del passato, del presente e del futuro) del sistema-regione. D’altra parte pe- rò l’autoctonia non è né condizione necessaria, né sufficiente per ga- rantire tale caratteristica alla società del determinato sistema-regione. Gli Stati Uniti, ad esempio, basarono la propria crescita ed il proprio sviluppo proprio sulla popolazione immigrata e quindi non autocto- na proveniente in gran parte dall’Europa e dall’Africa (nel caso degli schiavi), in modo simile anche l’Australia deve il proprio sviluppo. Ad ogni modo, negli ultimi due casi va sottolineato che pur mancando la caratteristica di autoctonia, esisteva un senso di appartenenza co- mune, in quanto tutta la popolazione era non-autoctona ed in quanto tale condivideva la stesse origine, cioè l’immigrazione. Si può così in- terpretare tale origine di immigrati come sostitutiva dell’autoctonia e notare che proprio la popolazione indigena, cioè quella che effet- tivamente era autoctona (gli Indiani d’America negli Stati Uniti e gli 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Aborigeni in Australia), veniva considerata estranea alla società che si stava affermando. Multiculturalità. Una società, per poter meglio recepire il cambiamento ed adattarvisi, ha bisogno, oltre che essere unita, anche di es- sere varia, cioè avere diversi elementi culturali che siano capaci di interpretare e codificare gli stimoli della circolazione in dinamiche adatte al sistema. Un bosco (interpretato come sistema-bosco) è ad esempio più adattabile ai cambiamenti e di auto-mantenersi se è va- rio, cioè se vi sono presenti numerose specie arboree, dove alcune sono più adatte a resistere e rispondere a determinati stimoli (tem- perature, siccità, malattie, ecc.), altre a stimoli diversi. Analogamente, una società è più adattabile ai cambiamenti se multiculturale. La multiculturalità è quindi uno degli elementi che contribuiscono a migliori 103 caratteristiche autopoietiche di un sistema-regione. Ciò non preclu- de l’autoctonia, in quanto diverse etnie possono essere autoctone in un determinato spazio geografico, come proprio nel caso dell’Istria slovena, dove in alcune sue parti si considerano autoctone sia l’etnia slovena, sia quella italiana, sia quella croata. Va comunque notato che la multiculturalità può essere anche un canale attraverso il quale possono lavorare forze di disgregazione so- ciale. Quest’ultime però vengono innescate da altri elementi, spesso economici e politici e la multiculturalità può essere il loro canale di sfogo. La multiculturalità va quindi interpretata in parallelo ad altri indicatori e da sola non è un garante di coesione. La multiculturalità è così un elemento importante per favorire la circolazione gottmaniana a deve rimanere comunque relativa rispetto alla presenza di un’etnia dominante, o l’identità culturale stessa di un sistema regione rischia di venir persa. In base a ciò si può azzardare quindi una valutazione dove la multiculturalità rafforza l’autopoiesi regionale ma soltanto in presenza di un’etnia maggioritaria, altrimenti perde il suo punto di ri- ferimento principale e può contribuire alla disgregazione identitaria del sistema-regione. Livello d’istruzione. Il livello d’istruzione può avere effetti importanti per l’capacità autopoietica di un sistema-regione. L’esistenza infat- ti di un’ intelligentsia locale può fortemente contribuire alle capacità autopoietiche. Da un lato, ciò vale per le acquisite capacità manage-riali e direttive che ci si può aspettare in una società con livello me- dio d’istruzione più alto, dall’altro per il maggiore senso della società che ogni individuo tende acquisire durante il processo educazionale ed accademico. Inoltre ci si può attendere che l ’intelligentsia sia più conscia delle particolarità del proprio sistema-regione e che sia me- Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? glio preparata a rispondere, adattandosi, agli stimoli di novità generati dalla circolazione. Presenza di poli universitari e di ricerca. Complementare al livello d’istruzione è anche l’esistenza di soggetti accademici indipendenti, me- glio identificabili come poli universitari. L’esistenza di tale polo in una regione dovrebbe contribuire all’capacità autopoietica di quest’ultima, in quanto dovrebbe darle capacità di ricerca e di creazione di co- noscenza autonome. Ci si può aspettare quindi che tale capacità ver- rà utilizzata per rispondere in misura maggiore alle sfide locali, tra le quali spunta in primo luogo proprio la necessità al costante adattamento ai nuovi stimoli provenienti dall’esterno. Il polo universitario non dev’essere per forza un’università, ma basta un polo universita- 104 rio locale che sia dipendente da una struttura universitaria esterna, purché sia sufficientemente indipendente. Presenza di media d’informazione locali. L’opinione pubblica è un importante elemento del comune sentire e funzionare di un sistema- regione. Tale conclusione diventa evidente se si considera che tutte le dinamiche che avvengono nel sistema tra soggetti umani necessitano di comunicazione e questa può essere resa più difficoltosa, ovvero fa- cilitata, dai preconcetti dell’emittente e del recettore della comunica- zione. Tali preconcetti vengono in gran parte modellati dall’opinione pubblica, la quale è importante anche per le dinamiche politiche di un determinato spazio geografico. Sviluppando questa linea di pensiero, diventa importante quindi capire in che modo si modelli l’opinione pubblica, ovvero come funzionino i media che sono influenti sull’opi- nione pubblica stessa. Vien da se che se esistono media importanti a livello locale, questi molto probabilmente influenzeranno l’opinione pubblica locale in senso più localista e regionalista di quanto lo possa- no fare media presenti su più larga scala, statale, interstatale o persino globale. Nell’analisi preposta è così rilevante capire se esistano radio, TV e quotidiani regionali con copertura tale da poter efficacemente influenzare l’opinione pubblica. Presenza istituti culturali locali. In modo simile ma meno evidente ed immediato dei media, anche gli enti culturali possono influenzare l’opinione pubblica. Essi contribuiscono a costruire iconografie ed a modificarle, adattandole ai cambiamenti di più ampia scala. Detto ciò, analogamente a quanto vale per i media locali, diventa interes- sante capire quali e quanti istituti culturali locali esistano e con che intensità funzionino. Tra i più interessanti sono gruppi teatrali, centri di produzione cinematografica, case editrici. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Presenza istituzioni politiche regionali. È facilmente comprensibile che l’esistenza di un foro politico dove coordinare le politiche a livello regionale possa contribuire in modo rilevante all’capacità autopoietica di un sistema-regione. La possibilità di coordinare le decisioni politiche a livello regionale e di funzionare come una singola unità politica è senza dubbio importante per permettere al sistema-regione di comportarsi come un organismo omogeneo che persegue scopi e fini definiti e che nell’ambiente politico locale godono di relativo consenso. Interpretando la presenza di politiche regionali in senso lato, non è necessario che queste siano formalmente esistenti. Esse possono essere infatti piattaforme di discussione e coordinamento informali utilizzate dalla classe politica presente in regione, le quali – se que- sta classe politica è capace di lavorare in modo coordinato e comple- 105 mentare – si possono dimostrare persino come più efficaci di quelle formali. Struttura della proprietà dei maggiori soggetti economici. Nella dimensione geoeconomica, sul modo in cui si sviluppano le dinamiche di un sistema-regione, influiscono in modo determinante i maggiori soggetti economici, che significano prevalentemente grandi (oppure medie) imprese. Sul modo in cui tali imprese si comportano influi- sce certamente la struttura manageriale, la quale comunque dipende da dalla struttura della proprietà. Riguardo quest’ultima è possibile definire tre categorie: dispersa, concentrata in mano a soggetti locali e concentrata in mano a soggetti esterni alla regione. Quando essa è dispersa, è la struttura manageriale ad avere più libertà decisionale e l’impresa è difficilmente oggetto di pressioni o richieste esterne ad essa ed al sistema-regione dov’è localizzata. Quando la struttura della proprietà è in mano a soggetti locali, ci si potrà aspettare un com- portamento simile, con però meno spazio di manovra per la struttura manageriale. Quando la struttura di proprietà è in mano a soggetti esterni alla regione, ci si può al contrario attendere un comportamen- to diverso, dove l’impresa sarà sotto il controllo di interessi esterni, possibilmente diversi da quelli della regione dove l’impresa è loca- lizzata. Ciò vale inoltre in maniera ancora maggiore per le imprese che non sono altro che dipendenze di gruppi societari maggiori o multinazionali. Forte presenza della piccola e media imprenditoria. Non soltanto le imprese più grandi, ma anche quelle piccole e medie, quando numerose, possono contribuire in modo importante all’capacità autopoie- tica di un sistema-regione. Come soggetti piccoli ma numerosi, pos- Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? sono dimostrarsi persino più importanti dei soggetti economici più grandi a determinare la flessibilità e quindi adattabilità della dimen- sione economica del sistema-regione ai cambiamenti. Un esempio si può trovare nel Triveneto italiano, dov’è proprio la piccola e media impresa, più adattabile alle nuove sfide del mercato globale, ad esse- re tra i soggetti principali che hanno contribuito all’affermazione del forte sviluppo economico dell’area. Ciò nonostante, va tenuto in con- siderazione che la piccola e media impresa, seppur rilevante dal punto di vista della vitalità ed adattabilità dell’economia, non può muovere grossi capitali per realizzare importanti progetti infrastrutturali. Ciò può essere compensato dalla creazione di consorzi e coordinamenti tra le imprese, ma è evidente che anche tale alternativa è normalmen- te meno efficace di quanto possa esserlo un singolo, forte soggetto 106 economico. Presenza infrastrutture stradali e ferroviarie. Oltre alle caratteristiche demografiche ed agli elementi politici ed economici, sono importanti onde garantire autonomia e quindi capacità autopoietica, anche le infrastrutture terrestri – stradali e ferroviarie – attraverso le quali il sistema-regione può regolare i propri flussi interni ed esterni. Considerando le caratteristiche autopoietiche del sistema-regione, è im- portante soprattutto la struttura infrastrutturale interna, che favori- sce dinamiche interne più fluide e resistenti agli stimoli esterni. L’esistenza e la qualità di collegamenti stradali e ferroviari interni è quindi rilevante per la definizione del livello di capacità autopoietica di un sistema-regione. Presenza di porto marittimo o fluviale e di aeroporto internazionale. L’esistenza di un porto marittimo (o fluviale) è rilevante per due fatto- ri. Da un lato, la sua esistenza garantisce una fonte di lavoro e guada- gno normalmente importante per il singolo sistema regione, attorno alla quale si forma una rete di aziende che si occupano di servizi di logistica e trasporti. Dall’altro offre un importante vantaggio geopo- litico, in quanto – soprattutto per quanto riguarda i porti marittimi – è uno sbocco diretto che offre la possibilità di comunicare con altre destinazioni a livello globale senza dover dipendere dalle infrastrut- ture di un altro sistema-regione e senza dover ricorrere ad importanti investimenti per costruire infrastrutture locali (è necessario soltanto provvedere ad efficienti strutture portuali e di supporto). Discorso simile vale anche per l’aeroporto di classe internaziona- le, che permette il contatto diretto con altre destinazioni e migliora in modo determinante l’accessibilità del sistema-regione a scala glo- bale. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica L’esercizio empirico – valutare la capacità autopoietica dell’Istria slovena Dopo aver definito i margini dell’analisi della capacità autopoietica, è possibile svolgere un percorso concreto nel caso dell’Istria slovena. Tale sistema-regione è alquanto particolare, siccome si tratta dell’uni- co spazio geografico sloveno in diretto contatto col mare, il che gli dà particolarità che altri non anno. È inoltre uno spazio geoeconomico di sviluppo recente, iniziato per la gran parte nel dopoguerra e basato soprattutto sul settore dei servizi collegati ai trasporti ed alla logistica portuale. Il settore industriale, presente in modo rilevante nel periodo realsocialista, si è ridotto con l’avvento dell’economia di mercato, mentre è rimasto vivo e dinamico il settore turistico, dove sono in fa- se di progettazione o di realizzazione numerosi investimenti proprio 107 nelle strutture. Nel campo delle infrastrutture, l’Istria slovena è da pochi anni colle- gata al centro ed al nordest della Slovenia con un sistema autostradale ininterrotto, mentre quello ferroviario è rimasto al sistema a binario singolo costruito nel 1967. Nel tentativo di concretizzare le considerazioni fin qui sviluppate per il caso dell’Istria slovena, si è deciso di procedere alla valutazione – seppur arricchita da argomenti oggettivi – di natura soggettiva della presenza o dell’assenza degli elementi caratterizzanti l’capacità auto- poietica. Infine si è costruita una tabella, dove si compara tali elementi con altri due sistemi-regione, uno vicino (quello di Nova Gorica, dove si considera tale la regione statistica del goriziano come definita dall’Istituto per la statistica della Slovenia) ed uno rappresentante il cuore centrale della Slovenia (cioè quello di Lubiana, dove si considera tale la regione statistica della Slovenia centrale come definita dall’Istituto per la statistica della Slovenia). Anche in questi due casi le valutazioni sulla presenza o meno degli elementi considerati segue la stessa metodologia. Autoctonia. Nel caso dell’autoctonia, nel caso dell’Istria slovena possono essere considerate autoctone le popolazioni slovena ed italiana. Riguardo la popolazione croata, essa è autoctona soltanto in un’area minima della regione, confinante con la Croazia ed è quindi irrilevan- te per l’analisi qui eseguita. Nel caso del sistema-regione di Nova Go- rica e di quello di Lubiana, autoctona è considerata la popolazione slovena. Utilizzando una metodologia comune, si assegna il valore 1 se la popolazione autoctona supera il 75% ed il valore 0,5 se essa è in- feriore al 75% ma superiore al 50% della popolazione e valore 0 se è inferiore al 50% della popolazione. Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? Tabella 5.1 Percentuale popolazione considerata autoctona su totale popolazione Istria slovena Nova Gorica Lubiana 71% 87% 80% Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). Tabella 5.2 Valutazione e valorizzazione della presenza della popolazione autoctona Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0,5 1 1 Tabella 5.3 Percentuale popolazione di etnia maggioritaria Istria slovena Nova Gorica Lubiana 68% 87% 80% Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). 108 Tabella 5.4 Valutazione e valorizzazione della multiculturalità Istria slovena Nova Gorica Lubiana 1 1 1 Tabella 5.5 Percentuale popolazione di istruzione universitaria sul totale della popolazione totale sopra i 15 anni Slovenia Istria slovena Nova Gorica Lubiana 13% 16% 12% 19% Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). Tabella 5.6 Valutazione e valorizzazione del livello di istruzione Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0 0 1 Multiculturalità. Per la multiculturalità, si valuta la rilevanza della popolazione maggioritaria. Se questa non supera il 50% della popolazione totale (ed non esiste quindi un’etnia maggioritaria), si assegna valore 0, se è tra i 50% ed il 90% si assegna valore 1 e se è invece caratterizzata da una presenza egemone sopra il 90% si assegna nuovamente valore 0. Il livello d’istruzione. Per il livello d’istruzione, si considera la percentuale della popolazione universitaria sulla popolazione totale sopra i 15 anni. Nella valutazione, essendo questo un dato che tende a variare (au- mentare) nel tempo, è utile considerarlo in relazione alla media stata- le. Per ogni regione si assegna un punto positivo per ogni cinque pun- ti percentuali in più rispetto alla media slovena ed un punto negativo per ogni cinque punti percentuali in meno alla media slovena. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Tabella 5.7 Valutazione e valorizzazione della presenza di poli universitari e di ricerca Istria slovena Nova Gorica Lubiana 1 1 1 Presenza di poli universitari e di ricerca. In questa sezione si considera la presenza di poli universitari e di ricerca, siano essi università, oppure istituti autonomi o legati ad università esterne al sistema-regione, ma pur sempre con un rilevante livello d’autonomia. Riguardo l’Istria slovena va registrata la presenza dell’Università del Litorale3 con incorporato pure un istituto di ricerca, nonché di un en-te di istruzione universitaria privato, il Gea College.4 Riguardo la regione di Nova Gorica, va registrata la presenza dell’Università di No- 109 va Gorica.5 Riguardo la regione di Lubiana, sono presenti numerosi istituti universitari e di ricerca, tra cui l’università slovena più antica, l’Università di Lubiana.6 Nella valutazione, si assegna valore 1 alle regioni dove si registra la presenza degli enti presi in considerazione. Presenza media d’informazione locali. Nella valutazione e valorizzazione della presenza di media locali, si considera quattro dimensioni separate: quella radiofonica, quella televisiva, quella stampata (quoti- diani) e quella telematica (internet), dove si valuta la presenza o l’as- senza di portali rilevanti di comunicazione e informazione locale. Tali portali sono considerati soltanto se esistono indipendentemente da altri media d’informazione (quotidiani, TV, radio). Riguardo l’Istria slovena, si registra l’esistenza di Radio Koper e di Radio Capodistria e TV Koper-Capodistria, del quotidiano Primorske novice e del portale internet regionalobala.si.7 Riguardo la regione di Nova Gorica, si registra l’assenza di una radio con testata giornalistica rilevante (Radio Koper ha una propria redazione locale, ma in quanto dipendente non va considerata), la presenza di GO-tv e l’asssenza di un quotidiano locale. Ne fa le veci il quotidiano di Capodistria Pri- morske novice con una redazione locale organizzata e viene quindi incluso. Il portale internet dedicato alle notizie locali è identificato in regionalgorisla.si. Per quanto riguarda la regione di Lubiana, esistono numerose radio private destinate al pubblico locale con proprie testa- 3. Vedi http://www.upr.si. 4. Vedi http://www.gea-college.si. 5. Vedi http://www.p-ng.si. 6. Vedi http://www.uni-lj.si. 7. Vedi http://www.obala.net. Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? Tabella 5.8 Valutazione e valorizzazione della presenza di media d’informazione locale Media Istria slovena Nova Gorica Lubiana Radio 1 0 1 TV 1 1 1 Stampa (quotidiani) 1 1 1 Portale notizie internet 1 1 1 Tabella 5.9 Valutazione e valorizzazione della presenza di istituti culturali locali Istria slovena Nova Gorica Lubiana 1 1 1 te giornalistiche e lo stesso discorso vale anche per le TV. Riguardo la 110 stampa, quotidiano a tiratura nazionale ma considerato di Lubiana è il Dnevnik, 8 mentre si registra numerosi portali internet dedicati alle notizie locali. Nella valutazione e valorizzazione si considera ogni tipo di media indipendentemente. Presenza enti culturali locali. Nell’analizzare la presenza di enti culturali locali, si considera soltanto quelli che riescono a occupare a tem- po pieno un gruppo di operatori del settore il cui limite minimo viene posto a cinque. Sia per l’Istria slovena, sia per la regione di Nova Gori-ca, sia per quella di Lubiana, questa condizione viene soddisfatta, ri- spettivamente dal Teatro di Capodistria,9 dal Teatro nazionale sloveno di Nova Gorica10 e dal Teatro nazionale sloveno di Lubiana.11 Va comunque notato che il Teatro di Capodistria soddisfa questa condizio- ne a malapena, essendo registrati come occupati esattamente cinque attori. Nella valutazione e valorizzazione, si assegna valore 1 alla presenza di istituti culturali locali e valore 0 all’assenza – assegnando quindi valore 1 a tutte e tre le regioni. Presenza istituzioni politiche regionali. In Slovenia non è stato ancora realizzato il processo di regionalizzazione del territorio e non esistono quindi istituzioni politiche regionali. Non si registra inoltre la presenza di Istituzioni politiche regionali informali ma rilevanti e capaci di provvedere ad una agenda politica regionale. 8. Vedi http://www.dnevnik.si. 9. Vedi http://www.gledalisce-koper.si. 10. Vedi http://www.sng-ng.si. 11. Vedi http://www.sngdrama-lj.si. 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Tabella 5.10 Valutazione e valorizzazione della presenza di istituzioni politiche regionali Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0 0 0 Tabella 5.11 Valutazione e valorizzazione della struttura di proprietà dei maggiori soggetti economici Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0 0 0 Tabella 5.12 La valutazione e valorizzazione della forza della piccola e media impresa nelle regioni considerate non può essere effettuata causa mancanza di dati sul tema Istria slovena Nova Gorica Lubiana Dati assenti Dati assenti Dati assenti 111 Nella valutazione valorizzazione si assegna valore 1 alla regione do- ve tali istituzioni sono presenti e valore 0 a quella dove sono assenti, assegnando quindi valore 0 a tutte e tre le regioni. Struttura di proprietà dei maggiori soggetti economici. Riguardo la valutazione della struttura di proprietà dei maggiori soggetti economici, è necessario ricorrere nuovamente alla definizione di criteri arbitra- ri per poter assegnare determinati valori per ogni regione. Si assegna valore 1 alla regione dove almeno due delle quattro maggiori imprese sono in mano ad una struttura proprietaria in maggioranza locale, sia concentrata, che diffusa, altrimenti si assegna valore 0. Com’è possibile notare dalla Tabella 5.11, nessuna delle tre regioni ha soddisfatto la condizione preposta. Ciò va interpretato alla luce del fatto che non sia ancora stato portato a termine il processo di privatiz- zazione delle imprese e quindi la maggior parte di quelle considerate grandi continua ad essere in mano – direttamente o quasi nella totalità dei casi indirettamente – allo stato. Presenza forte e piccola media impresa. La forza della picola e media impresa può essere misurata valutando la percentuale del prodotto interno lordo creata da quest’ultime. Arbitrariamente si può porre il limite per l’assegnazione del valore 1 alla regione dove le piccole e medie imprese creano almeno il 50% per prodotto interno lordo. Per l’Istria slovena, la regione di Nova Gorica e quella di Lubia- na, questi dati non sono disponibili, quindi non è possibile effettuare alcuna valutazione. Presenza infrastrutture stradali ferroviarie interne. Soprattutto nell’ultimo decennio lo sviluppo dell’infrastruttura stradale di tutte e tre le Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? Tabella 5.13 Valutazione e valorizzazione della presenza di infrastrutture stradali interne Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0,5 1 1 Tabella 5.14 Valutazione e valorizzazione della presenza di infrastrutture ferroviarie interne Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0 1 1 regioni è stato fortemente accelerato. In questa sede, agli scopi del- la valutazione e valorizzazione, si assegnerà valore 1 alla regione do- ve sono presenti collegamenti tra i due centri principali della regione che permettono una velocità massima di almeno 100 chilometri orari 112 (quindi collegamenti superstradali ed autostradali) per le autovettu- re. Nel caso dell’Istria slovena, tra Capodistria e Pirano/Portorose (i due centri maggiori) non è presente alcun collegamento del tipo in- dicato, anche se vi è progettata la costruzione entro il 2014. Nel caso della regione di Nova Gorica, tra Nova Gorica ed Aidussina (il secondo maggiore comune) già esiste un collegamento in parte di autostrada ed in parte di superstrada. Nel caso della regione di Lubiana, tra Lu- biana e Domžale esiste un collegamento autostradale. Nella valutazio- ne e valorizzazione, si decide di assegnare valore 0,5 all’Istria slovena in quanto tale collegamento sarà completato a medio termine (circa 2014) ed è inoltre già presente parzialmente (la parte che lambisce Ca- podistria e quella che lambisce Isola), mentre valore 1 alle due restanti regioni. Nel caso delle infrastrutture ferroviarie interne, si possono trarre le stesse conclusioni di quelle stradali. Nel caso dell’Istria slovena, tale infrastruttura potrebbe venir sostituita da collegamento marittimi interni, ma dato l’assenza di quest’ultimi (che siano regolari), rimane il valore 0. Presenza di porto marittimo o fluviale e di aeroporto internazionale. L’Istria slovena, essendo l’unica tra le tre regioni considerate ad es- sere in diretto contatto col mare è anche l’unica ad avere un porto marittimo. Le restanti due regioni ne sono ovviamente sprovviste. Va- lore 1 (presenza di porto marittimo o fluviale) viene quindi assegnato soltanto all’Istria slovena. Riguardo gli aeroporto internazionali, tra le tre regioni, è formal- mente presente soltanto nell’Istria slovena (l’aeroporto di Portorose), dato che il maggiore aeroporto della Slovenia, quello di Brnik, si trova fuori dalla regione di Lubiana. In un’analisi sostanziale però va consi- 5.2 Relatività e misurazione dell’capacità autopoietica Tabella 5.15 Valutazione e valorizzazione della presenza di porti marittimi o fluviali Istria slovena Nova Gorica Lubiana 1 0 0 Tabella 5.16 Valutazione e valorizzazione della presenza di aeroporto internazionale Istria slovena Nova Gorica Lubiana 0,5 0 1 derato che l’aeroporto di Portorose, come notato più sopra, causa la ridotta dimensione della pista di atterraggio/decollo, non può essere considerato alla pari di un aeroporto internazionale standard. A tutte e tre le regioni si dovrebbe quindi assegnare valore 0, che significa as- 113 senza di aeroporto internazionale. Nonostante ciò va però considera- to il fatto che l’aeroporto di Brnik non si trova nella regione di Lubiana principalmente per cause di mancanza di spazio, in quanto fruitrice maggiore del suddetto scalo aereo è proprio Lubiana e dintorni. Inol- tre, nella capitale è presenza il centro di controllo dello spazio aereo per tutta la Slovenia, il che va considerato come un servizio comple- mentare all’aeroporto stesso. Inoltre va considerato l’esistenza di pro- getti per l’estensione della pista di atterraggio/decollo dell’aeroporto di Portorose, il che dovrebbe trasformarli in aeroporto internazionale a tutti gli effetti. Per questa ragione si decide di assegnare alla regione dell’Istria slovena ed a quella di Lubiana valore 0,5, mentre a quella di Nova Gorica si assegna valore 0. Analisi della situazione complessiva. Dalle tabelle derivate dalle valutazioni e valorizzazioni parziali è possibile ricavare una tabella com- plessiva, nella quale registrare anche i valori totali attraverso le som- matorie dei valori parziali di ogni regione. Analizzando il risultato della Tabella 5.17 è possibile notare che l’Istria slovena e la regione di Nova Gorica hanno totalizzato risultati molto simili (9 e 9,5), mentre quella di Lubiana ha totalizzato un valo- re più alto (11,5). Questi valori, considerando ovviamente tutti i limiti dell’analisi fin qui svolta, possono essere considerati come il livello di capacità autopoietica di ogni singolo sistema-regione. Osservando il risultato ottenuto, si può concludere che il livello di capacità autopoietica è più alta nella regione di Lubiana. Ciò non sor- prende, in quanto è la regione con più popolazione e sia geopolitica- mente, che geoeconomicamente più forte in Slovenia. Fattore deter- minante è la presenza di Lubiana, centro urbano circa cinque volte più grande dei maggiori centri urbani delle altre due regioni, le città Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? Tabella 5.17 Risultato complessivo dell’Istria slovena, della regione di Nova Gorica e di quella di Lubiana riguardo elementi identificati come determinanti il livello di capacità autopoietica Categoria (1) (2) (3) Autoctonia 0,5 1 1 Multiculturalità 1 1 1 Livello d’istruzione 0 0 1 Presenza poli universitari e di ricerca 1 1 1 Presenza di media d’informazione locale (radio) 1 0 1 Presenza di media d’informazione locale (TV) 1 1 1 Presenza di media d’informazione locale (stampa – quotidiani) 1 1 1 Presenza di media d’informazione locale (portale internet) 1 1 1 Presenza istituti culturali 1 1 1 Presenza istituzioni politiche regionali 0 0 0 114 Struttura di proprietà dei maggiori soggetti economici 0 0 0 Presenza forte della piccola e media impresa – – – Presenza infrastrutture stradali interne 0,5 1 1 Presenza infrastrutture ferroviarie interne 0 1 1 Presenza di porti marittimi o fluviali 1 0 0 Presenza di aeroporti internazionali 0,5 0 0,5 Totale 9,5 9 11,5 Note (1) Istria slovena, (2) Nova Gorica, (3) Lubiana. di Capodistria e Nova Gorica. Lubiana svolge inoltre la funzione di ca- pitale della Slovenia e come tale accentra numerose funzioni che ne aumentano l’capacità autopoietica. Più interessante è il risultato ottenuto sia dall’Istria slovena che dal- la regione di Nova Gorica. Tale risultato può venir attribuito soprattut- to a due elementi considerati nell’analisi, giudicati presenti nell’Istria slovena ed assenti nell’area di Lubiana; il primo è la presenza di un media d’informazione telematico, identificato nell’Istria slovena col portale Obala.net ed assente nell’area di Lubiana. Il secondo è inve- ce il porto, presente in una ed assente nelle altre due regioni per ovvi motivi geografici. È chiaro che se si fosse dato meno importanza al- la presenza di media d’informazione telematici ed alla presenza del porto, la differenza sarebbe stata maggiore. Simili pure le ragioni della differenza nella composizione del pun- teggio dei livelli di capacità autopoietica registrati dall’Istria slovena e dalla regione di Nova Gorica. Mentre la seconda supera la prima nella presenza di infrastrutture (stradali e ferroviarie), nonché nel livello di autoctonia della regione, il rapporto inverso è presente nel campo dei trasporti (presenza di porto ed aeroporto). Se si avesse dato 5.3 Scenari futuri per l’Istria slovena Tabella 5.18 Tasso di crescita naturale in percentuale, Istria slovena e Slovenia Anno Istria slovena Slovenia 2003 –0,144% –0,107% 2004 –0,072% –0,028% 2005 –0,074% –0,033% Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). peso diverso a questi elementi, anche il risultato finale sarebbe stato differente. Concludendo questa sezione è possibile comunque osservare che l’esercizio svolto riesce, nonostante le numerose manchevolezze do- vute soprattutto all’arbitrarietà delle valutazioni e delle scelte meto- dologiche, a dare un’impressione generale dell’capacità autopoietica. Il risultato è infatti in linea con quanto si può valutare approssima- 115 tivamente conoscendo la realtà dei sistemi-regione considerati. Non sorprende quindi che la regione della capitale registri l’capacità auto- poietica più elevata e che le alttre due la seguano da vicino, viste la caratteristiche geopolitiche. 5.3 Scenari futuri per l’Istria slovena Nell’analisi dei possibili scenari futuri per il sistema-regione dell’Istria slovena, vanno prese in considerazione tre possibili alternative. La prima verrà denominata «litoralizzazione», la seconda «dominazione» e la terza «integrazione». Litoralizzazione La litoralizzazione (Belhedi 1996, 9–52), intesa come concentrazione di processi demografici e socio-economici nello spazio litorale con la conseguente occupazione fisica del territorio, è un fenomeno che nell’Istria slovena si sta realizzando già nel presente. Dai dati statisti-ci sulla crescita della popolazione è possibile notare che questa è in costante crescita negli ultimi anni. Ciò che risulta interessante è che tale crescita non è dovuta al tasso di crescita naturale della popola- zione nell’Istria slovena, in quanto esso è stato negativo sia nel 2003, che nel 2004 e nel 2005, dato riscontrabile anche per la media slove- na. Tale crescita è dovuta ad un tasso di immigrazione netto, costan- temente positivo negli ultimi anni, che potrebbe indicare proprio la concretizzazione, lenta ma continua, della litoralizzazione nell’Istria slovena. Dalla Tabella 5.19 è possibile vedere come il tasso d’immigrazione nell’Istria slovena sia continuamente più alto di quello registrato dalla Slovenia intera, anche se va considerato anche il dato della Tabella Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? Tabella 5.19 Tasso d’immigrazione in percentuale, Istria slovena e Slovenia Anno Istria slovena Slovenia 2002 0,179% 0,093% 2003 0,240% 0,171% 2004 0,120% 0,095% Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). Tabella 5.20 Tasso di crescita della popolazione, Istria slovena e Slovenia e rapporto tra i due tassi Anno Istria slovena Slovenia Rapporto 2003 +0,559% +0,070% 7,99 2004 +0,333% +0,058% 5,74 2005 +0,684% +0,289% 2,37 Note Dati dell’Istituto per la statistica sloveno (http://www.stat.si). 116 5.20, dove è possibile notare che il tasso di crescita naturale sia più alto (cioè con valori negativi più bassi) per l’intero territorio della Slovenia. Nonostante ciò, però, il valore che conta di più, cioè il tasso di aumento della popolazione totale, è negli ultimi anni di più volte e costantemente superiore nell’Istria slovena. Con la costruzione del tratto autostradale tra Capodistria e Lubiana e la realizzazione della superstrada costiera entro il 2014, un numero ancora maggiore di popolazione potrebbe decidere di trasferirsi nel- l’Istria slovena, pur mantenendo obblighi e responsabilità occupazio- nali in altre regioni, tra le quali spicca quella della capitale, la cui popolazione è a sua volta in aumento dato l’afflusso da altre regioni, più depresse economicamente e demograficamente. Ciò viene suggerito anche dalla costante crescita del prezzo dei terreni edificabili e degli immobili nell’Istria slovena, il cui valore è di poco inferiore a quello raggiunto nell’area di Lubiana e che suggerisce che la richiesta di ter- reni edificabili e di immobili vicino alla costa sia più alta che in altre parti. Se tale tasso di crescita dovesse continuare anche in futuro, la lito- ralizzazione sembra essere lo scenario più probabile, con un aumento del peso demografico, sia in termini assoluti che relativi, della regione. Ciò potrebbe significare a sua volta uno sbilanciamento a favore dell’I- stria slovena del peso geoeconomico, favorendo investimenti e nuove infrastrutture, accelerando pure il tasso di sviluppo economico. Dominazione Pur ammettendo la possibilità di un’ulteriore crescita demografica del sistema-regione dell’Istria slovena, ciò non significa necessariamente 5.3 Scenari futuri per l’Istria slovena l’aumento del peso geoeconomico. Se il tasso attuale di immigrazio- ne interna dalle altre regioni della Slovenia dovesse infatti significa- re un aumento di una struttura della popolazione che non significa anche aumento della ricchezza pro-capite, i risultati potrebbero esse- re persino contrari. Se infatti la proprietà dei maggiori soggetti eco- nomici dell’area dovesse rimanere in mano a soggetti esterni alla re- gione, quest’ultima non acquisterebbe peso geopolitico, ma potrebbe persino perderlo. Uno scenario simile è prevedibile per il porto di Capodistria. Attual- mente infatti la società che controlla il porto, Luka Koper d.o.o., paga al comune di Capodistria (ed indirettamente quindi il sistema-regione dell’Istria slovena) una tassa per l’utilizzo del terreno edificabile del valore di oltre 4 milioni di euro annui. In futuro tale contributo verrà sostituito dalla tassa sugli immobili, che verrà però pienamente ri- 117 scossa dallo stato, che poi provvederà a redistribuire tale somma. Ciò significa una perdita del peso geoeconomico regionale, il che contri- buisce ad avvalorare la tesi della dominazione e dell’assoggettamento della regione al controllo del centro economico e politico del Paese, cioè Lubiana. Integrazione Il terzo scenario, forse quello più interessante ma al contempo diffi- cilmente realizzabile, è quello dell’integrazione in un sistema-regione più ampio, meglio identificabile come euro-regione, che comprende- rebbe il Friuli Venezia Giulia in Italia, l’Istria slovena, il Carso e forse pure il Goriziano in Slovenia ed in un momento successivo pure parte dell’Istria croata. Tale scenario è reso possibile dalle prospettive d’integrazione offer- te dall’Unione europea e considera possibile che le dinamiche eco- nomiche tra le suddette regioni possano soppesare le limitazioni am- ministrative e politiche. In altre parole, l’integrazione economica che avverrà tra le suddette regioni sarà talmente forte da spingere alla modifica pure le attuali limitazioni amministrative e politiche, ovvero talmente forte da scavalcare quelle esistenti. Tale scenario prevede pure un cambiamento negli scenari geopoli- tici, con nuovi centri decisionali che molto probabilmente graviteran- no attorno al binomio Trieste-Capodistria, dove il primo rappresente- rà soprattutto il peso del capitale ed il secondo l’innovazione impren- ditoriale. Cambieranno anche le reti infrastrutturali, con il rallenta- mento dello sviluppo delle infrastrutture tra l’Istria slovena e l’inter- no della Slovenia, nonché tra Trieste ed il Friuli, mentre al contrario prenderà piede lo sviluppo delle infrastrutture stradali e ferroviarie Conclusione – L’Istria slovena, un sistema autopoietico? che collegheranno più intensamente l’Istria slovena, il Carso ed il Go- riziano in Slovenia al Friuli Venezia Giulia in Italia (ed in un secondo momento, se verrà incluso nell’area d’integrazione, anche tra la parte settentrionale dell’Istria croata ed il nuovo centro dell’euro-regione). Che tale scenario si possa avverare è comunque necessario che il processo d’integrazione dell’Unione Europea continui a ritmi elevati e che l’élite politica e soprattutto l’opinione pubblica guardi con favo- re a questa prospettiva. Nel caso contrario, dove l’opinione pubblica – per ragioni di carattere nazionale, storico o persino di rivalità econo- mica – invece si dimostri contraria all’integrazione prospettata, è al- quanto difficile che il capitale possa prevalere e convincere la politica a tollerare o persino favorire tali processi integrativi. 118 5.4 Considerazioni conclusive Il lavoro qui presentato tenta di sviluppare il concetto di capacità au- topoietica, ponendolo in relazione all’interpretazione di Gottmann (1952) del binomio circolazione/iconografia e presentandolo sotto un’angolatura attualizzata dal paradigma degli attriti culturali e civi- lizzativi portati in auge dalla globalizzazione. Il nuovo paradigma di pensiero dove la dimensione culturale, civilizzativa ed antropologica sta velocemente guadagnando terreno a danno dei paradigmi passati di lotta di classe o geopolitica bipolare è terreno fertile per tali esercizi di ricerca. Oltre alla dimensione politica ed economica dell’integrazione e dello sviluppo globale, si introduce quindi pure la dimen- sione antropologica, dove l’uomo, in quanto soggetto non razionale, guadagna una posizione privilegiata. Le dinamiche generate dal binomio circolazione/iconografia ed in- terpretate secondo l’ottica strutturalista e sistemica del costante adat- tamento autopoietico di sistemi aperti ma stabili vengono qui appli- cate ad un sistema-regione, come quello dell’Istria slovena, di scala non convenzionale. Nella geografia politica è infatti più comune par- lare di Istria o di Litorale, piuttosto che di Istria slovena, che si sta affermando soprattutto negli ultimi decenni come sistema-regione sem- pre più presente anche nel discorso economico e politico. Già prima del collasso del sistema realsocialista, i comuni di Capodistria, Isola e Pirano si erano organizzati in una comunità di lavoro e coordinamento chiamata Comunità costiera, poi sciolta con l’avvento del nuovo sistema istituzionale e della nuova autonomia locale slovena, anche se alcune sua dinamiche si sono conservate o persino rafforzate. La recente istituzione di un’università, denominata Università del Litorale, a Capodistria, ha riacceso la discussione sulla sinergia pro- dotta dalla collaborazione dei tre suddetti comuni, necessaria inoltre 5.4 Considerazioni conclusive su altri campi, come ad esempio la collaborazione per lo smaltimen- to dei rifiuti. Tale discussione è entrata nel vivo con la decisione del governo sloveno di proporre al parlamento l’istituzione di quattordici regioni, tra le quali ci sarebbe anche la regione del Litorale, che com- prenderebbe i tre comuni dell’Istria slovena, nonché alcuni comuni minori del Carso. L’Istria slovena sta quindi guadagnando terreno nella coscienza del- l’opinione pubblica slovena ed evidentemente anche in quella del mondo accademico geografico, anche se ampliata come descritto, il che però non dovrebbe cambiarne le dinamiche in modo determi- nante. L’analisi svolta nell’ultima parte di questo lavoro, dove con un ten- tativo di valutazione empirica dell’capacità autopoietica dell’Istria slovena (e quindi della sua capacità di autopoiesi, necessaria per auto- 119 mantenersi adattandosi alle novità degli stimoli generati dalla circo- lazione), dimostra come tale processo di rafforzamento del sistema- regione dell’Istria slovena (o allargato alla proposta governativa di Litorale) sia effettivamente in atto. Risulterebbe interessante poter sviluppare l’analisi empirica del- l’capacità autopoietica, soprattutto disponendo di dati più completi ed attualizzati, mentre altri rimangono purtroppo inaccessibili causa la regolamentazione sulla protezione della privacy. Soprattutto la me- todologia andrebbe posta sotto un filtro critico ed opportunamente corretta, modificata e sviluppata, ma il concetto di base rimane co- munque utile. Come si può capire, tale utilità non sarà comunque svi- luppata in termini assoluti, ma potrà essere un buon strumento nel di- scorso della relativizzazione dell’capacità autopoietica di più sistemi- regione posti a confronto. Tale relativizzazione dovrà comunque tene- re conto di alcune limitazioni, come ad esempio la necessità di atte- nersi ad una scala comparabile ed a scenari geopolitici e geoeconomi- ci simili. Una relativizzazione dell’capacità autopoietica di Palestina e California, ad esempio, avrebbe quindi poco senso, mentre tra California e Germania potrebbe essere interessante. Nella nuova dimen- sione geopolitica e geoeconomica, dove forze antropologiche si stan- no dimostrando sempre più determinanti, capire come e quanto un sistema-regione sia capace di auto-mantenersi e di rimanere stabile pur in condizione di rapidi sviluppi degli scenari globali sarà proba- bilmente una variabile sempre più presente nell’analisi degli scenari di sviluppo di spazi e sistemi geografici. Bibliografia Belhedi, A. 1996. «Littoralisation et mondialisation – L’Etat des lieux et les enjeux.» Revue tunisienne de géographie, n. 30, 9–52. Bufon, M. 1992. Prostorska opredeljenost in narodna pripadnost: obmejna in etnièno mešana obmoèja v evropskih razvojnih silnicah; primer Sloven-cev v Furlaniji-Julijski Krajini. Trieste: Založništvo tržaškega tiska. Brunet, R., R. Ferras e H. Théry. 1993. Les mots de la géographie: dictionnaire critique. 3. ed. Montpellier: Reclus; Parigi: La Documentation Française. Christaller, W. 1933. Die zentralen Orte in Süddeutschland. 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Document Outline Autopoiesi di sistemi-regione Indice Elenco delle tabelle Elenco delle figure Introduzione Dal concetto di territorio a quello di spazio Il concetto di regione L'Istria slovena – uno spazio/regione a sé stante? Scopi, focus e metodologia della ricerca L'organizzazione dello spazio sociale ed economico La popolazione e l'organizzazione territoriale Struttura sociale L'organizzazione dell'autonomia locale Lo spazio economico I flussi Traffico, assi di comunicazione e gateways Analisi dei nodi e della rete di comunicazione Il pendolarismo intra ed interregionale Le relazioni con l'esterno – dimensione economica e politica Le comunicazioni con l'esterno Influenze esterne ed capacità autopoietica Influenze sull'esterno Il ruolo del turismo Conclusione – L'Istria slovena, un sistema autopoietico? Autopoiesi, circolazione/iconografia e centro-periferia Relatività e misurazione dell'capacità autopoietica Scenari futuri per l'Istria slovena Considerazioni conclusive Bibliografia