Received: 2011-12-13 UDC 821.131.1.09-2:343.11 Original scientific article LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA. GOLDONI, LA PROCEDURA PENALE, LA TRIANGOLAZIONE MIMETICA Piermario VESCOVO Universita Ca' Foscari Venezia, Dipartimento di filosofia e beni culturali, Dorsoduro 3484/D, 30123 Venezia, Italia e-mail: vescovo@unive.it SINTESI Una doppia "terza parte" e oggetto del presente contributo, dedicato al teatro di Carlo Goldoni. La prima caratterizza la sua cultura di avvocato trasferita alla commedia e le forme processuali utilizzate - ben oltre ai semplici temi - come struttura drammatica profonda, riprendendo le illuminanti osservazioni di Gaetano Cozzi. La seconda riguar-da, soprattutto nel romanzo che nasce in quel giro d'anni, la "triangolazione mimetica", ovvero la costruzione di una finzione in cui il desiderio e l'imitazione - secondo l'inse-gnamento di Rene Girard - sono sempre mediati da un "terzo", persona o oggetto. Parole chiave: Carlo Goldoni, teatro, commedia, procedura penale, desiderio mimetico, Gaetano Cozzi, Rene Girard THE "THIRD PARTY" IN COMEDY. GOLDONI, THE PENAL PROCEDURE, THE MIMETIC TRIANGULATION ABSTRACT This paper is dedicated to a double "third part" in the theater of Carlo Goldoni. The first characterizes his lawyer's culture moved to comedy and the procedural forms used as strong dramatic structure beyond the simple issues, as the illuminating observations of Gaetano Cozzi have already showed. The second concerns the "mimetic triangulation" in the novel, which is born in those years. According to the teachings of Rene Girard the "mimetic triangulation" is the construction of a fiction in which desire and imitation are always mediated by a "third" which could mean a person or an object. Key words: Carlo Goldoni, theater, comedy, criminal procedure, mimetic desire, Gaetano Cozzi, Rene Girard Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 Questo intervento provera ad affiancare argomenti - vale a dire ambiti storlco-cul- turali - e piani di ricerca - strumenti e, di conseguenza, discipline - che possono appa-rire lontani, confidando viceversa che le commedie di Carlo Goldoni, e la stessa storia dell'autore che sta dietro ad alcune di esse, indichino le linee di corrispondenza tra una "terza parte" intesa nel senso della tradizione del diritto e una "terza parte" di carattere mimetico e romanzesco. Vorrei anzitutto riprendere la traccia, a cui ho avuto modo di fare allusione in alcuni miei precedenti studi sull'autore, a proposito del rapporto o della ricaduta teatrale della cultura e della sensibilita dell'"avvocato" Carlo Goldoni. Cultura e sensibilita - specie il secondo termine - sono quasi una ripresa letterale da un breve e inversamente importante intervento di Gaetano Cozzi, della fine degli anni settanta, che ho avuto ripetutamente occasione di citare come uno degli approcci piu illuminanti al cuore del sistema goldoniano, al senso civile (che si puo tradurre esattamente con "politico") della sua riforma della commedia (Cozzi, 2000, 3-17). Attraverso un accesso apparente-mente laterale, non solo Cozzi prendeva una netta distanza dalla semplice e prevalente considerazione secondo una tradizione di studi sostanzialmente "dilettantesca", e tanto piu quando esercitata da giuristi o da storici del diritto, tendente a ridurre il rapporto di Goldoni col "foro" all'aneddotica o alla nota di colore. Lo studioso dissolveva infatti, attraverso questo approccio apparentemente laterale o "specialistico", lo schema inter-pretativo invalso del Goldoni drammaturgo borghese, anche se in quegli anni divenuto per la critica un borghese piu triste e disincantato, passato dall'ottimismo dell'ascesa alle contraddizioni dell'arresto. Del rilievo assoluto di questa visione e del rapporto con la "sensibilita" di un grande storico moderno, anche in relazione alla sua personale formazione di studioso, ho discus-so in particolare in un breve saggio, in sede di uno dei vari bilanci dell'ultimo centenario goldoniano, additandolo tra quelli che, in assoluto, costituiscono i miei punti di riferimen-to (Vescovo, 2010). Non e un caso che Cozzi ponesse queste pagine in apertura della sua ultima raccolta di saggi - chiusa poco prima della sua morte -, La societa veneta e il suo c^ir^it^^o: nel rapporto tra il tribunale e il teatro, si mostra una vera e propria pietra angolare, e non solo per il breve tracciato che qui proporremo. Si consideri, anzi, il sottotitolo del volume: Saggi su questioni matrimoniali, giustizia penale, politica del diritto, e si osservi, subito dopo il saggio su Goldoni - la cui materia e cronologicamente successiva, e pure la sua data di stampa - quelli, assai piu ampi, dedicati a Padri, figli e matrimoni clandestini e alla magistratura degli "Esecutori contro la bestemmia", che spaziano, mettendo al centro la societa veneta, nell'arco intero dell'eta moderna e offrono un campionario di molti temi che caratterizzano la novita stessa della commedia goldoniana. Il breve contributo dedicato da Cozzi specificamente a Goldoni mi sembra, nella di-stanza degli anni, sempre piu importante, appunto, come solo agli sguardi orientati da fuori e dato essere. Di cio si resero conto anche alcuni tra i maggiori goldonisti alla sua apparizione, e basti il richiamo al giudizio di Mario Baratto - dandogli atto della sua one-sta intellettuale -, perfettamente conscio dell'evidente spiazzamento che esso costituiva rispetto ai riferimenti all'ideologia borghese, laddove esso indicava un chiaro punto di riferimento (Baratto dice marxianamente: ideologico) di Goldoni al dibattito che attra- Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 versava l'aristocrazia veneziana, giusto alla fine degli anni quaranta del Settecento. E possiamo citare direttamente le parole, del resto chiarissime, con cui egli ne riferiva: Ebbene, il Cozzi individua precise consonanze tra i problemi posti in queste com-medie [quelle degli anni iniziali della carriera goldoniana] e le preoccupazioni e gli scritti degli uomini piu attenti e pensosi della classe dirigente, nonche con l'ideologia che e alla base delle sentenze di alcune magistrature veneziane, sempre in quegli anni (Baratto, 1985, 245). Quanto a dire - senza naturalmente riconoscerlo e sottoscriverlo - che, seguendo que-sta prospettiva, il riferimento alla borghesia se ne usciva di scena. Cozzi non avrebbe mai parlato, naturalmente, di una "ideologia che e alla base delle sentenze", ma, al contrario, di una "mentalita" che si esprime, proprio non avendo luoghi "istituzionali" preposti, nella distanza che si da tra la fissita della legge e la piu libera possibilita della sua appli-cazione: nello spazio, appunto, del diritto. Spazio mobile, complesso, contraddittorio. Era questo anche - in righe chiarissime ed esemplari - lo spazio di maturazione, in un'altra epoca, dello studioso stesso, che dichiara ad apertura del volume suddetto la sua personale posizione biografica e intellettuale: "Cozzi non e un giurista", e stato scritto autorevolmente di me a proposito del primo saggio di questa raccolta, quello su Goldoni. Verissimo, Cozzi non e un giurista, non ha mai ambito, ne tanto meno preteso di esserlo, sarebbe stato ridicolo. A me importa semplicemente di essere uno storico, convinto che per conoscere una societa non si possa trascurare il suo diritto: diritto che ne e strumento di vita, espressione dei suoi problemi, delle sue esigenze, della sua cultura. (Cozzi, 200, VII) Cozzi rinviava, ancora, il lettore alle dichiarazioni contenute in una vecchia dispensa universitaria, della fine degli anni sessanta, in cui si vedono meglio le ragioni di uno storico, divenuto tale maturando proprio la distanza tra una "passione civile" e l'assenza di risposte - o la presenza di troppe risposte - nella sua carriera di "laureato in giurisprudenza": Constatavo da un lato, ed era cosa troppo evidente, il peso che il potere, con i suoi orientamenti ideologici, con il premere dei vari interessi che lo sostenevano, poteva e voleva avere sulla giustizia, sul modo e sui criteri con cui la giustizia doveva essere resa: e osservavo come il potere riuscisse, e a volte fallisse, in questo suo intento, e quali forze gli si opponessero, nell'ambito politico come in quello giudiziario; dall'al-tro lato mi domandavo quale incidenza poteva avere sugli uomini che esercitavano il potere, sui giudici, sul loro modo di concepire la giustizia, la stessa societa, in tutto il suo insieme di classi e di ceti, di culture e di tradizioni, di varieta regionali, la societa nel suo crescere e nel suo evolversi, negli atteggiamenti che essa assumeva di fronte alle leggi, osservandole o disattendendole, secondo fini a volte consapevoli, a volte inconsci, sollecitati dalla realta circostante, da quello che in essa mutava come da cio che in essa persisteva... (Cozzi, 2000, 65-66). Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 Tra le magistrature che Cozzi avvicinava alla sensibilita sociale, o senz'altro politica, di Goldoni, particolare rilievo assume, come si e gia ricordato, quella degli Esecutori contro la bestemmia, destinata ai cittadini e dedita all'osservazione del teatro, del gioco d'azzardo, della sfera in genere della vita pubblica e ai reati sessuali: non solo, dunque, al teatro da cui Goldoni traeva sostentamento come autore di testi, ma agli aspetti caratteriz-zanti della vita sociale che i suoi testi mettevano in scena. Questa magistratura si caratte-rizza proprio per la scarsita di sentenze pronunciate in rapporto all'ampiezza dell'azione civile esercitata, offrendo un punto di osservazione dunque tanto piu pertinente e opportune alio sterlce. Cio che si e sempre chiamate "ideelegia berghese" rlsiede, in realta, nella "pelitica culturale della parte piu respensabile dell'aristecrazia al petere", ceme an-notava - immagino non consenziente - Baratto, registrando il giusto, e comprimendo un po' solo in una ideologia di classe, o di parte di classe, il controverso e plurimo discorso che animava i profondi tentativi di rinnovamento dello stato veneziano nei decenni che precedono una sua non prevista, e forse non prevedibile, caduta. Se la pretesa di un'illuminazione che tragga partito dalla cultura e dalla sensibilita del Goldoni uomo di legge ha, nel primo caso, evidentemente a che fare con l'esisten-za concreta dell'autore, la seconda prospettiva, sulle cui ragioni ho pure avuto ripetuta-mente eccasiene di insistere, treva giustificaziene nell'idea di scergere nella cemmedia goldoniana un terreno di confronto pertinente a quanto risulta chiaramente dal romanzo mederne eurepee, che ne riflette e insieme ne anticpa gli esiti. Si tratta di una direziene a cui mi sene gia dedicate, seprattutte cen alcune "letture"di singele cemmedie geldeniane (in particolare con la Trilogia della villeggiatura: cfr. Vescovo, 2009), nel riferimento al sistema della triangelaziene e mediaziene mimetica di Rene Girard, al "desiderie secen-de l'altre" che cenduce al disvelamente della "verita remanzesca" sette la veste della "menzegna remantica" (cfr. Girard, 1961). Mi sembra dunque opportuno, anche in rapporto alla sede di questo intervento e alla sua misura necessariamente breve, mettere subito, direttamente, in campo un campione d'analisi, che permetta un aggancie tra l'erizzente di una "terza parte" che riguarda la cultura dell'ueme di legge e il riflesse autebiegrafice in cemmedia e l'erizzente di una "terza parte" remanzesca, nel sense della triangelaziene e della mediaziene secende le altre "leggi" del desiderie mimetice. Il campiene e efferte da una cemmedia appartenente al fatidico anno delle sedici commedie nuove, all'intensa stagione teatrale 1750-51 in cui Goldoni si impone sulla scena veneziana e piu generalmente nella dimensione della cul-tura italiana, attraverso anche il principio dell'altra grande impresa: quella dell'edizione a stampa dei suoi testi per il teatro. L'avventuriere onorato e, appunto, una commedia in cui l'autere mette in scena cen allusivita trasparente - quella che definira rivedende il teste per le stampe nel 1753 una "allegeria" - la sua esistenza precedente alla scelta del mestiere di poeta teatrale, di scrittore stipendiato da una compagnia comica, caricando il suo vissuto tuttavia di colori romanzeschi, con netta predilezione per l'inverosimile e il meccanico. Mosso da polemiche spicciole innestate dalla concorrenza nelle sale venezia-ne di spettacolo - l'aggressione al riformatore e all'assertore della moralita in nome dei * * * Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 suoi trascorsi esistenziali, mossa soprattutto dal concorrente Pietro Chiari la commedia rlvela, in realta, una necessita di definire il particolare statute, esistenziale e culturale, di un intellettuale, fornito di studi regolari, che sceglie - o accetta - come principale fonte di reddito, e quindi di sua rappresentazione sociale, il mestiere di "scrittore per il teatre". Gli svariati mestieri effettivamente praticati dal giovane Goldoni nei suoi anni di ap-prendistato, la sua erranza e la sua vita relativamente avventurosa, sono messe a carico di un personaggio di fantasia, il giovane veneziano Guglielmo Aretusi, come materia debi-tamente ispessita per offrire una trama interessante ai fini di un trattamento di commedia. I dati reali dell'esistenza, potremmo dire, risultano "romanzati" per servire alla finzione teatrale, nelle loro incredibili combinazione e intreccio; cio che, ovviamente, la stessa commedia sottolinea, marcando la sostanziale falsa meccanicita attraverso cui si mette in scena il "vero": "El xe un de quei arrivi a uso de commedia, dove se fa vegnir le persone co le bisogna" (III.18.3'), suona, per esempio, chiarissima una battuta dell'ultimo atto, nella prima redazione, dove l'avventuriere parla in veneziano ed e presente ancora in scena l'Arlecchino. Il richiamo della componente "romanzesca" non vuole essere di carattere semplice- mente metaforico, laddove l'oggetto di attrazione principale - prospettiva che ci sembra resti largamente da indagare per il suo portato nell'ispirazione in generale della cosiddetta riforma goldoniana - e rappresentato dal grande e tempestivo successo veneziano del Tom Jones di Henry Fielding, che conosce sulla soglia del 1750 un'immediata fortuna non solo editoriale, nella pronta traduzione dall'inglese al francese e poi in italiano, ma anche nella ricaduta teatrale: l'abate Chiari, non ancora fortunato scrittore di romanzi, non solo "ag-gredisce" il rivale Carlo Goldoni, bollandolo come inadatto per i suoi trascorsi biografici a parlare sulla scena di moralita, e costringendolo involontariamente a specchiarsi in Tom Jones, ma risponde mettendo mano a una riduzione in tre puntate del romanzo di Fielding nella cosiddetta Trilogia dell'orfano (perseguitato, ramingo, riconosciuto). Si tratta di un episodio fondamentale nella gara di emulazione e ripresa tra i due commediografi per ac-caparrarsi il favore del pubblico, e di un'idea particolarmente astuta in rapporto a quanto prima mostrato da Goldoni con un adattamento teatrale, sempre nell'anno fatidico delle sedici commedie nuove, di un altro, recente e fortunatissimo, romanzo inglese, vale a dire la Pamela di Samuel Richardson, strutturato sulla forma della lettera scritta in scena e sulla confessione che essa permette. Questi richiami - anche nella rapida rendicontazione che qui si mette in campo - mo-strano con evidenza il punto essenziale di raccordo, nel senso in cui la messa in scena allusiva del vissuto biografico d'autore e calamitata, piu propriamente portata a un rapido ed efficace trattamento scenico, attraverso le suggestioni letterarie a la page, che offrono alla biografia d'autore uno specchio nel vissuto di fantasia dell'eroe romanzesco. Si po-trebbe affermare - ma non e ovviamente questa la sede per sostenere un argomento cosi impegnativo - che la teatralizzazione, a Venezia, del romanzo inglese contemporaneo costituisca uno degli snodi capitali per un completo rinnovamento rispetto alla tradizione 1 D'ora in avanti si cita il testo della commedia secondo l'edizione Goldoni, Avvent., col numero d'atto, scena e pragrafo direttamemente nel testo. Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 repertoriale benche ovviamente dentro e in rapporto alla tradizione repertoriale: I'im-portanza della lettura di Richardson e Fielding mi appare incomparabilmente maggiore rispetto alla presunta - del tutto retrospettiva - idea di una "ascesa della borghesia" come bussola della rlforma e del suoi addentellati "sociali" e "civili". Ma qui conviene - per mettere finalmente in campo i due orizzonti di una "tei^a parte" - venire senz'altro alla trama in cui la liberta e la mobilita sociale e professionale del giovane Goldoni si strut-turano nell'atto in cui egli si finge un eroe perseguitato alla Tom Jones, ovviamente con ironia e divertimento, ma non senza - come proveremo a vedere - rapporto con un'in-quietudine reale. Incognito, fuggitivo, vile, plebeo, impostore, ciarlatano, infedele: ecco una breve scel-ta di aggettivi con cui gli altri personaggi descrivono il carattere di Guglielmo, il giovane veneziano che agisce nell'immaginaria Palermo in cui si ambienta la commedia, luogo ovviamente di pura fantasia, tra la lontanza utile alla polarizzazione e l'esigenza del sem-plice distanziamento cautelativo a fini censori. Intanto egli si autodefinisce ripetutamente civile e onorato, fino a dimostrarlo nell'epilogo. Rovinato a Napoli da un'intrapresa mercantile e dalla fuga repentina del socio in affari con la cassa, egli e costretto a celare la sua identita, facendo nascere - ad un tempo - sospetti ed attese sul suo conto. Sospetti degli osservatori che lo circondano, che sono tutti o quasi per motivi economici o sentimen-tali suoi rivali, e attese della donna che nel corso della giornata in cui si svolge l'azione sempre piu lo desidera attraverso gli altri. L'alterita di Guglielmo risulta appunto, ad un tempo, sociale e sentimentale, mentre l'incredibile densita di avvenimenti della trama fa si che egli sia riconosciuto e fatto quindi oggetto di aggressione da vari personaggi che lo hanno precedentemente conosciuto in differenti citta d'ltalia, sotto vesti e mestieri diversi. Emerge cosi, via via, la varia trafila - tutta realmente documentabile nella bio-grafia reale di Goldoni - delle pratiche esercitate da Guglielmo. Lasciata Venezia a causa dei "desordeni della zoventu", come, del resto, tra false promesse matrimoniali e debiti era accaduto davvero all'autore, l'avventuriere e stato cancelliere criminale (in una non precisatata citta dello stato veneto, come davvero Goldoni), segretario di uomo di rango (a Roma), avvocato (in Toscana, come pure l'autore), mercante (a Napoli), maestro di scuola (a Messina), medico (a Gaeta, come altrove, accompagnando il padre, in giovane eta, il nostro: e anche qui Guglielmo dichiara suo padre, non lui, esercitatore della medicina) e, ovviamente, poeta teatrale. La finzione teatrale si ispira dunque a dati della verita biografica, esagerandoli in senso romanzesco ed estendendoli nello spazio geografico rispetto all'esistenza reale. Il lieto fine vedra Guglielmo, riconosciuto come omo civil, ottenere rispettabilita e onoratezza sociale nell'atto stesso di porre termine alla sua irrequietezza sentimentale e alla sua mobile inquietudine professionale. Egli riuscira ad impalmare la bella e ricchis-sima Livia, vedova di un mercante, che lo sceglie tra gli altri pretendenti, tutti nobili, che mirano a scambiare il loro titolo con i di lei averi: il marchese d'Osimo e i conti di Brano e di Portici. Il primo e piu visibile livello della trama e, dunque, quello della guerra dei pretendenti, in cui il non nobile Guglielmo supera con la sua versatilita la nobilta del titolo dei suoi rivali, innalzando il suo stato e smettendo il suo ambulantato di mestiere in mestiere: egli si difende col conte di Brano, che lo ha calunniato come falso medico Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 impostore, guarendolo col ricorso alla sua pratica della medicina e dal marchese d'Osimo consigliandolo con la sua esperienza legale, in rapporto a una lunga e annosa causa, che si risolve cosi su due piedi. Quanto alla piu insidiosa calunnia del piu temibile degli avver-sari - il conte di Portici (il cui nome il servo Arlecchino, che poi sparira nella redazione italiana, storpia come "el sior conte de' Porchi": II.3.1) - essa rlguarda un impegno forse laterale per Guglielmo, ma invece caratterizzante per il suo inventore: quello di poeta tea-trale, e che conduce il rivale addirittura a una delazione al Vicere. L'impostura e, in questa prospettiva, un carattere consustanziale dalla finzione del teatro: chi inventa trame per la scena non puo essere esente dal recitare un ruolo che non gli compete anche nella vita: Non e maraviglia che un poeta, specialmente teatrale, avvezzo a machinar sulle scene e a maneggiar gli affetti a suo modo, abbia l'abilita di guadagnare anche l'animo vo-stro. lo son nell'impegno, e vi va del mio decoro, se non vi faccio constatare quanto vi ho detto intorno alle di lui imposture. (III.15.1) Si tratta dell'elemento di gran lunga piu interessante dell'implicazione del mestie-re reale e caratterizzante per la storia dell'autore, che non rappresenta affatto un punto d'arrivo per le aspirazioni del personaggio, ne tantomeno di un punto di risoluzione di carattere apologetico: "De quanti esercizi ho fatto, questo xe sta el piu laborioso, el piu difficile, el piu tormentoso." (I.15.9) Se la considerazione da parte di Guglielmo del me-stiere della scrittura teatrale e certo escogitata per far battere le mani al pubblico, che riconosceva qui l'allusione piu esplicita all'autore di quella stessa commedia a cui stava assistendo a teatro, significativamente relativa resta la dichiarazione di questa pratica come del tutto conclusa e confinata nel passato della storia del personaggio: "xe sta". Si comprende perfettamente, inoltre, che Guglielmo, accasatosi con la bella Livia, vivra di rendita, smettendo di lavorare, come accade del resto ad altri personaggi nei cui panni Goldoni si cala per fingere non gli affanni del vissuto ma un'immagine ideale delle pro-prie attese e desideri: in particolare uno di questi e proprio un nobile, quel Cavaliere di buon gusto, messo in scena alla fine della stessa stagione, che affronta il problema della compatibilita di "nobilta" e "negozio", cementata, nell'edizione a stampa, dalla dedica a un ricco e attivissimo patrizio veneto, Giovanni Mocenigo. Se la "mercatura" che il conte Ottavio esercita in commedia con Pantalone, da una parte, "non toglie fregio alla nobilta", dall'altra la commedia squaderna un catalogo delle doti dei bennati che sono oggetto del desiderio dell'omo civil che rappresenta idealmente l'autore, secondo l'orizzonte appunto del buon gusto, riassunte nella prefazione in una stringente lista: ^ tavola, sevitu, trattamento, conversazioni, protezioni, corrispondenze, buona fi-losofia, sano discernimento, prontezza di spirito, ragionamenti fondati, barzellette graziose, inclinazione per le lettere, amor delle belle arti, pulizia esterna ed interna sincerita. (Goldoni, TO, III, 4182) 2 D'ora in avanti si citano le Goldoni, TO col numero di volume seguito dal numero di pagina; per le com-medie si cita col numero d'atto, scena e battuta. Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 E c'e anche il commercio con le donne, senza passione eccessiva, a completare il quadro. Una pagina evidentemente rilevante per capire davvero, attraverso una chiara idealizzazione, le attese dell'uomo Goldoni. Ma tornando all'avventuriere Guglielmo - la cui inquietudine e mobilita sono l'esatto contrapposto alla quieta, fittizia, stabilita di Ottavio - resta da dire dell'lncontro conclu-sivo del protagonista, dopo la delazione del conte di Portici, col Vicere in persona, in cui egli trasforma, con la consueta prontezza, la posizione di difficolta in vittoria. Comparso alla sua presenza come clandestino, lo attende l'espulsione dallo stato per la mancata notifica della sua presenza: nel corso della scena non solo Guglielmo narra i trascorsi romanzeschi che lo hanno costretto alla dissimulazione, non solo afferma ennesimamente "la civilta della nascita, l'onesta dei costumi, la illibatezza del cuor" che lo caratterizza (III.1.5), ma si rilancia denunciando le carenze del sistema poliziesco a cui egli e sfuggito. Cos! il Vicere non viene intenerito dai casi della vita tribolata dell'onesto avventuriere, quanto incuriosito dalla proposta di un progetto o sia un arrecordo di riforma del sistema di controllo poliziesco della citta, il cui piano non verra pero esposto in scena, ma raccon-tato al Vicere dietro le quinte: Eccellenza, ghe domando perdon, l'averia savesto che ghe sono [nel regno], se qua se usasse una certa regola che gh'ho mi in testa rispetto ai alloggi dei forastieri e alle abitazioni dei paesani. [... ] Ghe diro, Eccellenza, xe un pezzo che gh'ho int'el stomego un progetto, o sia un arre- cordo rispetto ai alloggi, tanto fissi che accidentali. Sto mio progetto tende a tre cose: all'utile pubblico, al comodo privato e al bon ordene della citta. (III.5.25-27) Qui, in qualche misura, Goldoni include - dilatata alla sproporzione di una trovata da commedia - un altro versante della sua pratica dei mestieri del mondo, anzi l'unico a cui non fa, per ovvia rimozione, allusione diretta in questo testo. Si tratta del ruolo di "con-sigliere diplomatico", o di "spia" secondo le narrazioni della vita goldoniana piu piegate all'aneddotica, che riguarda il suo servizio negli anni 1741-43 come "console" a Venezia della Repubblica di Genova. Lo spostamento dell'ambientazione palermitana consente, sulla scena "repubblicana" in cui Goldoni rappresenta originariamente le proprie com-medie, l'introduzione a teatro, dove non si potevano rappresentare i nobili veneti, di un potere ridotto a personaggio o a deus ex machina, nella figurina del Vicere. Costui puo approvare, seduta stante e con un semplice gesto, cio che invece nella societa patrizia che circonda Goldoni si mostra oggetto protratto e sempre differenziato di rapporto: si noti, per esempio, come le "tre cose" a cui "tende" il "progetto" di Guglielmo coincidano so-stanzialmente con gli obiettivi che Goldoni indica ai fratelli Andrea e Bernardo Memmo di un teatro che ponga le morate commedie come cosa utile e da desiderarsi da un ben regolato Governo (Goldoni, TO, I, 777). Si tratta di parole che vengono dalla dedica, in data relativamente tarda (1757), della commedia che idealmente apre la riforma goldoniana: il Momolo cortesan, in realta debitamente riscritta ne L'uomo di mondo. Si tratta di un luogo esemplare, da sovrapporre senz'altro alla disinvoltura con cui l'avventuriere si toglie d'impaccio davanti al Vicere: il commediografo, senza alcuna reticenza, spiega Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 a due illustri "patrizi veneti" il rapporto tra pubblico bene e ufficio teatrale, non solo, ma pone un nesso individualizzante tra i "bei disegni" degli uomini di stato e la sua personale maturazione al momento del suo "ritorno in patria, dopo l'assenza di quattro anni", ovve-ro la fine del periodo delle peregrinazioni dell'avventuriere. Qui si aprirebbero questioni che non e possibile, in ragione della loro ampiezza, affrontare in questo rapido assaggio, e converra piuttosto, tornando alla scena del trionfo di Guglielmo davanti al Vicere, osservarne un dettaglio apparentemente secondario, che rappresenta invece la conclusione di uno dei due tragitti mimetici principali della trama dell'Avventuriere onorato: quello del desiderio mondano, che, non a caso, si conclude con un rapporto di triangolazione. Il Vicere non solo non procede all'espulsione di Gu-glielmo dal regno ma, "talmente persuaso" dal suo "progetto", subito spedito a Napoli e "posto in uso", gli promette adeguata ricompensa: "avrete un premio che vi dara uno stato mediocre per tutto il tempo di vostra vita" (III.14.1). Una carica e una pensione, insomma: quanto succedera per davvero, alcuni anni dopo, al Goldoni espatriato a Parigi. Qui - poiche siamo in commedia - Guglielmo propone generosamente un altro al posto suo, il Don Filiberto di cui e stato per quattro mesi ospite e da cui, e rispetto al quale, e stato sospettato di essere un approfittatore nonche seduttore della moglie. Se si torna a rileggere la lista dei personaggi si vedra che Don Filiberto e in essa dichiarato "povero cittadino", con una descrizione che rileva insieme il suo mezzano grado sociale e l'inade-guata posizione economica: due tratti che si recuperano nella scena in cui assistiamo alla delazione del conte di Portici al Vicere, in cui quest'ultimo lo descrive cosi: "Un povero cittadino, che qualche volta si da aria da cavaliere" (III.3.6). La ricompensa che gli giunge attraverso Guglielmo - che non si da, dunque, "aria da cavaliere" - e un'esattissina chiu-sura del percorso del desiderio mimetico di specie mondana. Per quello che riguarda la proiezione in commedia che si offre nel personaggio ro-manzesco di Guglielmo, si tratta, in partenza, della condizione di cui egli difetta, agli occhi di Livia, per essere davvero desiderato; poi, di tappa in tappa, la sua condizione (aggravata dall'alone di incognito che lo circonda) diviene il terreno concreto di scontro a cui lo costringono i nobili protervi, fino alla delazione e al tentativo di farlo espellere dalla citta. Attraverso la "terza parte" dei rivali titolati - mentre il lettore e lo spettatore ricostruiscono la storia del protagonista - si offre cosi la scomposizione dell'idea stessa di nobilta. Livia non sa nulla dello stato reale dell'incognito, e spera ovviamente che egli dissimuli insieme alle sue referenze anche la sua nobilta di nascita, come nei romanzi, per poterlo legittimamente desiderare. Alcune professioni, via via rivelate, la inducono a credere che egli possa essere nobile: "Se e un medico, puol essere nobile" (I.11.13); ma il di-segno della rivelazione evolve, piu sottilmente, nel tertium datur tra nobilta e meccanicita plebea: ecco, per esempio, quanto Guglielmo rivendica al mestiere di maestro di scuola: "profession che no xe trattada dalle persone nobili, perche la xe mercenaria, ma che non pregiudica in nissun conto ne al decoro, ne alla nascita d'un omo onorato e civil" (I.9.41). La giornata che la commedia mette in scena principia - allo scadere del quarto mese -dal mattino in cui Livia interviene per assumere presso di se come segretario Guglielmo, * * * Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 sottraendolo alla casa di don Filiberto e soprattutto a donna Aurora. Il mestiere di segre-tario permette a Goldoni un'altra, evidentessima, assunzione di forma romanzesca, nelle prospettive aperte al racconto dell'intimita da un genere come quello del romanzo episto-lare, ampiamente saggiato da Goldoni in una prova come la Pamela. Una confessione di Livia riguarda - ad un punto saliente dell'intreccio - proprio questa dimensione e il modo di porsi di Guglielmo, attraverso le "false confidenze" della ricca vedova (ricalco voluta-mente il titolo di una celebre commedia di Marivaux del 1737 - Les fausses confidences -, che e sicuramente una fonte diretta, precisa e tutta da studiare, dell'Avventuriere). Nella scena saliente del versante del romanzo sentimentale (II.1) Livia fa recapitare a Gu-glielmo - quasi come una prova di assunzione al ruolo che gli propone - una lettera di un suo cugino, che e in realta da lei fabbricata a bella posta per mettere non tanto alla prova la competenza del segretario, ma i sentimenti dell'uomo. La lettera del finto cugino verte, infatti, sulle dicerie che riguardano l'interesse della vedova per un forestiero sospettato di essere ignobile. Guglielmo legge ad alta voce e commenta via via, rivendicando a se quelle civilta e onoratezza che gli altri gli negano, e poi scrive la risposta. Poco piu in la sara Livia a meditare ad alta voce leggendo le parole che Guglielmo ha scritto per lei, in cui ella dichiara il suo disinteresse per il forestiero, in quanto non all'altezza dei suoi altri pretendenti. Qui la triangolazione sentimentale tocca il suo culmine e scopre il gioco sottile che la regge: Tratta l'amor mio con tale artificio, che nell'atto medesimo in cui mi fa dire non amo Guglielmo, il resto della lettera prova tutto il contrario. (II.13.26) La retorica dell'artificio o se si preferisce della preterizione, consiste appunto nel far dire il contrario di quello che si sente, facendo emergere attraverso la negazione la verita, che diventa cosi esplicita anche a colei che non osa rivelarla apertamente: Livia si confes-sa come un'attrice che si rivela nelle pieghe di un personaggio, attraverso le pieghe di un soliloquio che qualcuno ha scritto per lei3. Si potrebbe eleggere questo luogo come micro-figura di un'articolazione del discorso, nelle sue pieghe piu riposte, tipicamente goldoniana, quanto esempio - per un orizzonte generale - di un'articolazione tripartita che riguarda la struttura, davvero geometrica, di questa specifica commedia. La triangolazione sentimentale risulta quella, ad un tempo, piu semplice, ma piu profonda, rispetto ai contenuti, delle varie altre triangolazioni, di stato e di ruolo, che si offrono fittamente nella trama, e di cui abbiamo detto. Livia co-struisce il desiderio verso Guglielmo vincendo gli ostacoli frapposti dalla condizione di non nobile di costui, in rapporto alla demistificazione che Guglielmo opera nei confronti dei pretendenti titolati; parimenti Guglielmo costruisce la propria "nobilta", che e evi- Per il caso simmetrico e parallele di Giacinta - che arriva nella Trilogia della villeggiatura a "rifiutare" il copione che per lei ha scritto l'autore (un autore ipotetico uso all'effetto teatrale facile, non quello reale che ha scritto con sottogliezza la sua parte) - rinvio all'analisi in Vescovo, 2010: "Signori miei gentilissimi, qui il poeta con tutto lo sforzo della fantasia avea preparato una lunga disperazione, un combattimento d'affetti, un misto d'eroismo e di tenerezza. Ho creduto bene di ometterla" (Avventure della villeggiuatura, III.ul.40). Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 dentemente solo ideale o simbolica, in rapporto ai nobili "terzi", di cui rivela la pochezza e l'inadeguatezza. Guglielmo e Livia non possono amarsi direttamente, come fanno in commedia i putti e le putte, ma necessitano del riflesso mimetico: dunque, col nostro lessico, di una "terza parte" in commedia. Quando Livia assume presso di se Guglielmo come segretario lo sottrae - come abbia-mo gia ricordato - alle attenzioni di Aurora, moglie di don Filiberto. Ma ancora Guglielmo ha intrattenuto prima, a Napoli, un rapporto amoroso con Eleonora, giovane donna in eta da marito, descritto nei seguenti termini: "l'ho amada piu per gratitudine che per genio" (I.5.39). Eleonora arriva nel punto culminante della trama a porre una barriera tra l'intenerimento di Livia e il disegno di Guglielmo, cosi piu in la la sua uscita di scena - con ampio dispiego di un cinismo tanto piu netto quanto ammantato da ragioni di convenienza - la svela quale pedina di un altro, evidente, gioco di triangolazione. Il risarcimento economico ripaga Eleonora del danno e Guglielmo diventa, a questo punto, l'oggetto legittimato dell'"amore" di Livia. Il referente piu evidente e "basso" - il denaro - funziona perfettamente da commuta-tore anche nell'altro rapporto di triangolazione, dove Livia cerca di "pagare" Guglielmo attraverso Aurora e la donna, con furbizia, divide in due la somma che da lei riceve, dando meta del denaro al marito Filiberto, ma fingendo che arrivi "da parte di" Guglielmo, e l'al-tra meta a Guglielmo, come se pero venisse "da parte di" Filiberto: gelosia e scroccheria sono cosi eliminate specularmente, mentre Livia, "derubata" in qualche modo del suo disegno, matura, come in una sorta di risarcimento, il possesso di Guglielmo. Si e detto dell'interesse secondario, a una considerazione non superficiale, dell'allu- sione in commedia al principale dei mestieri esercitati da Goldoni, quello di poeta teatra-le: nessuna vistosa implicazione apologetica, nessun punto d'arrivo, mentre viene soprat-tutto sottolineato il sospetto calunnioso che mette in rapporto finzione di trama e finzione di vita. Illuminante, a questo punto, e che l'elezione tocchi a un'altro "mestiere", anzi a una "professione": quella di cancelliere criminale, ovvero di una delle due esperienze principali e davvero "professionali" - l'altra e ovviamente quella dell'avvocato - che Guglielmo condivide con l'apprendistato legale, presto dismesso, di Carlo. Quello che piu importa osservare e che le riflessioni del personaggio a questo propo-sito vengano sostanzialmente recuperate dall'autore nella sua successiva scrittura auto-biografica, nel senso pieno e proprio del termine, dove un passo delle cosiddette Memorie ^t^c^l^ic^ne, prima, e poi la definitiva versione francese dei Memoires ricalcano esattamente le parole dell'avventuriere. Ma partiamo dal testo della commedia nelle sue due redazioni (I.14.10): Ho fatto anca el cancellier criminal, e per dirghe la verita, questo de tanti mistieri che ho fatto l'e sta el piu bello, el piu dilettevole, el piu omogeneo alla mia inclinazion. Un mistier nobile e onorato, che se esercita con nobilta, con autorita. Che da motivo de trattar frequentemente con persone nobili, che da modo de poder far del ben, delle carita, dei piaseri onesti. Che xe utile quanto basta, che tien la persona impiegada * * * Piermarie VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 discretamente; e tante el me piase ste enerate mestier, che se el ciele segenda i mi' disegni, spero de tornarlo a esercitar con animo risoluto de non lassarlo mai piu. He fatte anche da cancellier criminale; e per dirle la verita, queste fra tanti mestieri che ho fatto e stato, secondo me, il piu bello, il piu dilettevole, il piu omogeneo alla mia inclinaziene. Un mestier civilissime, che si esercita cen nebilta, cen auterita; che perge l'eccasiene di trattar frequentemente cen persene nebili; che da campe di peter far del bene, delle carita, dei piaceri enesti; che e utile quante basta, e tiene la persena discretamente e virtuosamente impiegata. Quasi trascurabili le revisieni devute alla traduziene, se si eccettua la significativa trasformazione di mestier nobile in mestier civilissimo, che meglio realizza la trasmis-sione di nobilta all'uomo civile per frequentazione dei nobili, che e esattamente il centro dell'elezione e del privilegio accordato a questa pratica. I nobili esercitano una carica o un servizio di Stato, mentre l'uomo civile lavora alle loro dipendenze e in loro contatto: ecce un elemente fendamentale per l'idea geldeniana del "rapperte di classe", aldila dei luoghi comuni piu invalsi da vulgata o da manuale. Cio che spicca e invece il poderoso taglio della seconda parte del discorso, laddove nulla resta nella versione italiana rivista del desiderio manifestato dal personaggio di tornare a fare di nuovo quel mestiere, a non lasciarlo mai piu. Ed e proprio su questo punto che si apre un rilevante confronto con le riflessieni memerialistiche, nella sestanziale ceincidenza dell'eleziene da parte dell'au-tore che racconta la sua vita e che - mentre scorcia ai minimi termini, nasconde del tutto e riduce ad aneddetica celerita altre sue "pratiche" - da un particelare rilieve preprie alla "prefessiene" di cancelliere criminale. La nona delle Prefazioni ai tomi Pasquali - una delle puntate, appunto, della narrazio-ne degli anni di apprendistato che costituisce le Memorie ^tal^iane - narra dell'esperienza del gievane avviate alla carriera legale ceme "asseciate" alla Cancelleria criminale di Chioggia (gli anni e l'esperienza che nutrono, col trasferimento a un livello ovviamente piu comico e dimesso, senza inquietudine di sorta, l'invenzione delle Baruffe chiozzotte). Geldeni dichiara facile tale "prefessiene che par difficile" e - cio chedi gran lunga piu colpisce - di averla addirittura esercitata con piacere. Al proposito offre un'indubitabile testimonianza il rame illustrato scelto al proposito nel tomo Pasquali, indubitabilmente disegnato su istruzione dell'autore, che sceglie come immagine proprio il dato piu crudo. La vignetta mostra, infatti, un giovane, che rappresenta l'autore, al tavolino mentre tra-scrive l'interrogatorio di un imputato decisamente sottoposto a tortura, che infatti sta su-bendo, appeso, il cosiddetto supplizio della corda. Si raccordino, dunque, al rame le con-siderazioni che lo illustrano, e che accordano la preferenza dell'autore a tale professione: ...un esercizio che insegna piu di ogni altro a conoscere il cuore umano, ed a scoprire la malizia e l'accortezza degli uomini. L'esame de' testimoni, per lo piu maliziosi e interessati, e ancor piu l'esame de' rei, mette la necessita di assottigliare lo spirito per isviluppare la verita. Faceami specie ne' primi tempi vedere un uomo attaccato alla corda, e doverlo esaminare tranquillamente [...], ma si fa l'abite a tutte, e malgrade l'umanita, nen si ascelta Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 che la giustizia e il dover dell'impiego. Quello che mi recava ancor piu diletto, e metteva in impegno il mio spirito, era l'epilogo de' processi, con cui dovevasi informare il Giudice, che dovea pronunziar la sentenza. L'operazion non e facile, perche conviene esattamente pesare i termini per non aggravare le colpe in pregiudizio del reo, e non isminuirle in detrimento della Giustizia. Quest'era la parte in cui io riusciva il meglio, e tanto il mio Cancelliere fu di me contento, che terminato il Reggimento di Chiozza, passo egli a quello di Feltre, e mi volle seco per primo suo Coadiutore, col titolo di Vice Cancelliere. (Goldoni, TO, I, 661-662) Poco oltre, da Chioggia a Feltre, Goldoni riferisce con parole analoghe della sua espe-rienza di vicecancelliere o coadiutore: Pareva ch'io fossi nato per questa sola [professione]. Proposi di non piu abbandonarla, ma si vedra in appresso per qual ragione l'abbandonai. Dove e evidente che l'augurio di Guglielmo in commedia coincide sostanzialmente con il rimpianto confessato dall'uomo Goldoni nell'autobiografia. La bibliografia goldoniana trabocca, notoriamente, di stereotipi richiami - ad ogni proposito - alla progressivita del pensiero dell'autore, qui chiaramente contraddetto per un aspetto che potremmo sbrigativamente definire "preilluminista". Come proveremo a mostrare, questa traccia va collocata in un quadro piu ampio - che e, in posizione finale, rappresentato anche dal rapporto con altri luoghi nel piano di costruzione dei Memoires -, ma non v'e dubbio che da questa triplice e continuata descrizione emerge una sostan-ziale attenuazione di quel carattere di barbarica crudelta che il pensiero del secolo di Goldoni - che e quello stesso dei Verri e dei Beccaria - mette sempre piu in rilievo, fino alle altre riforme delle procedure penali in Europa dei tempi che verranno. Il sospettato e quasi sempre un reo: si potrebbe riassumere fedelmente quanto afferma Goldoni a pro-posito del carattere per lo piu malizioso e interessato dei sottoposti alla tortura durante l'interrogatorio e possiamo fare agevolmente riferimento alle splendide pagine dedicate da Michel Foucault, in un celebre libro, ai fondamenti impliciti nella tortura giudiziaria di ancien regime, e in particolare alla zona che possiamo genericamente riferire al secolo di Goldoni: "Il sospettato, in quanto tale, meritava sempre un certo castigo; non si poteva essere innocentemente oggetto di un sospetto. Il sospetto implicava, nello stesso tempo, da parte del giudice un elemento di dimostrazione, da parte del prevenuto il segno di una certa colpevolezza e da parte della punizione una forma limitata di pena. [...] La tortura giudiziaria, nel secolo XVIII, funziona in questa strana economia in cui il rituale che produce la verita va di pari passo col rituale che impone la punizione. Il corpo interrogato nel supplizio e il punto di applicazione del castigo e il luogo di estorsione della verita." (Foucault, 1976, 46). Goldoni non e, ovviamente, uno storico o un analista della procedura penale, ma sem-plicemente elegge e reinventa liberamente un'esperienza centrale della sua giovinezza e della sua formazione in funzione del racconto della sua vocazione teatrale. Ed e in questa direzione che si rende particolarmente rilevante, non a fini, ripeto, storici ma ideali, l'in- Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 sistenza esplicita in cui egli rivendica a se e al proprio ruolo una "terza parte", rappre-sentata con evidenza dalla funzione che il coadiutore ha rispetto al giudice, nel rapporto dell'epilogo dell'interrogatorio con la sentenza (e il termine parte risulta, infatti, in questo passo precisamente richiamato). Tale aspetto viene soprattutto sviluppato dalla ripresa di queste pagine nella prima parte dei ^ew^o^res (Goldoni, TO, I, 88-89), laddove l'espe-rienza si valorizza soprattutto come tappa della maturazione della vocazione teatrale, la piu distesamente e programmaticamente narrata, dove la "conoscenza del cuore umano" si caratterizza come il centro stesso della scrittura drammatica: ...la procedure criminelle est une legon tres-interessante pour la connaisance de l'homme. Le coupable cherche a detruire son crime, ou a en diminuer l'horreur: il est naturellement adroit, ou il le devient par crainte: il sait qu'il a affaire a des gens instruits, a des gens de metier, et il ne desespere pas cependant de pouvoir les tromper. Non poche, anche in questo passaggio, le sfumature di differenza, nella prospettiva che allontana nel tempo l'esperienza concreta ma ne matura il significato, a un tempo conoscitivo e simbolico. Il Goldoni cinquantacinqueenne delle Meworie it^al^ane e il Goldoni ottantenne dei ^em^o^res mettono in risalto due percorsi non pienamente coinciden-ti, ma che piuttosto si completano. Il primo racconto attenua, per cosi dire, la crudelta della pratica (percepita tuttavia, insisto, nel recinto di una sensibilita ancien regime): la crudelta del procedimento viene descritta come relativa in quanto quasi sempre coloro che sono sottoposti a tortura appaiono colpevoli o, quantomeno, testimoni "maliziosi". Il secondo mette in scena una dialettica piu complessa, dove appunto interagiscono i ruoli dell'interrogato e dell'interrogante: il reo a cui si estorce la confessione che potenzia il desiderio di ingannare l'esaminatore, nonostante l'istruzione e il "mestiere" di questi; ma al tempo stesso l'attrazione per la capacita di fingere nel depistarlo che prova l'interroga-tore. Sembra trattarsi di un "segreto del cuore umano" che interessa piu il drammaturgo che non il cancelliere criminale: al secondo importa non farsi irretire nel depistamento, ai fini della verita, mentre il primo e affascinato, volontariamente catturato, dal movente della distruzione (a se stesso) del crimine, dell'attenuazione della colpa e, insieme, dall'e-mergere della verita - cio che scusa, appunto, il diritto di estorcerla - non dalla spontanea confessione, ma attraverso lo schermo della dissimulazione che la rivela. Se l'etichetta di ruolo con cui Goldoni fa precedere il suo nome, sulle pagine del libro, e quella di "avvocato" - e, possiamo aggiungere, di avvocato civile, anche in un senso che si proietta, in modo molto lato, sulla pratica del mondo -, il nesso d'elezione piu forte dell'esperienza di uomo di legge trasferita al teatro, confidata nel tempo, ha tuttavia il suo centro elettivo nel sistema penale. Non per disdegnare le "arringhe" di Felice nei Rusteghi o di Anzoletto nel S^or Todero bron^o^on, che detengono esplicitamente sulla scena - in una vera e propria assunzione di modi e procedimenti da tribunale civile - la veste di avvocati in difesa del nuovo rispetto al vecchio, dei legittimi diritti di liberta di mogli, madri e figli rispetto alla grettezza di mariti, padri, suoceri. Questo e infatti - benche qui messo a frutto dall'esperienza dell'uomo di legge che sta dietro al commediografo - un compito statutario della commedia, che da sempre, dai greci e dai latini in avanti, mette Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 in scena in forma dibattimentale il contrasto tra la societa vecchia e la societa nuova, e rincarando debitamente nella misura del carattere comico la prima delle due la fa superare dalla seconda. Potremmo aggiungere ancora: se la terziarieta dell'avvocato e qui rappresentata da una parte in causa in commedia (la moglie di un rustego, il giovane che aspira alla mano della nipote del capofamiglia incartapecorito), la terziarieta dell'osservatore rispetto al reo in scena appartiene piuttosto all'autore, che osserva dall'esterno. Ovvero, se l'autore si immedesima nel discorso "positivo" di Felice o Anzoletto contro la caricatura dei ru-steghi e di Todero (ai quali va, semmai, la sua, e nostra, adesione comica), egli si pone totalmente fuori del quadro rispetto all'azione in scena dei personaggi completamente negativi, siano essi rei in senso stretto e pieno o solo relativo, in una sfera che va dall'o-micidio alla maldicenza. E qui si scava decisamente piu a fondo, passando dal mero gioco di societa - dove il teatro imita le procedure del dibattimento civile - alla penetrazione di piu riposte pieghe del cuore umano. Non e un caso, ovviamente, che sia proprio questo versante - dal tentativo di avvelenamento del vecchio Pantalone da parte di moglie e figlio ne L 'uomoprudente, alla maldicenza di Don Marzio, al carattere deviante e vizioso dei tanti Leli, fino al gioco ambiguo di seduzione di Mirandolina e avanti nel tempo - a porre ripetutamente all'autore la questione della liceita della rappresentazione della colpa e dell'ambiguita in scena e del suo quoziente di "resa verosimile": in una parola, dell'a-desione che essa richiede per essere realizzato credibilmente a teatro, contro le istanze morali che il progetto d'autore richiama ed enuncia. Un ultimo, breve, paragrafo vorrebbe richiamare un'altra pagina, diversamente o per contrasto esemplare, dei Memoires, che mette in campo un giudizio senza "terza parte", che rappresenta dunque, per la reazione a carico del personaggio-autore, un indubitabile caso di confronto. Che si tratti di un evento debitamente manipolato nella ricostruzione del romanzo biografico non fa che aumentarne, nella costruzione, la rappresentativita. L'episodio si svolge a Modena, nel 1727, dove un Goldoni ventenne assiste a "un spectacle affreux", "une ceremonie horrible, une pompe de jurisdiction religieuse" (Goldoni, TO, I, 84-85). Si sottolinei, da subito, l'indicazione posta quasi come un cartello all'inizio dell'episodio: "pompa di giurisdizione religiosa": alla stessa specie appartiene infatti il commento, di cui subito diro, che chiude come riflessione l'episodio. I dati che Goldoni offre a proposito dell'abate sottoposto alla pubblica espiazione, su un alto pa-tibolo issato in mezzo alla piazza, sono tali da rivelare chi si celi dietro le iniziali J B V: cosi scrive, ed obbietta, Giuseppe Ortolani, non senza qualche ingenuita, risolvendo la discordanza in un errore di memoria del vecchio Goldoni che raccontava la propria vita: Dobbiamo riconoscere in queste iniziali l'abate Giambattista Vicini di Finale mode-nese (1709-82) [...] Ma del Vicini sappiamo che fu incarcerato per laide imprese dal Sant'Uffizio in Modena nel 1747. Forse il G., scrivendo a Parigi in tarda eta, confuse il 1747 col 1727. Certo di questo episodio tacque nelle memorie italiane, vivente an-cora l'abate. (Goldoni, TO, I, 1093) * * * Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 Un interessante contributo ha dipanato, recentemente, invenzioni e spostamenti a proposito di alcuni episodi da questo non lontani - a proposito di religiosi inquisiti e di reliquie (quelle chioggiotte) - proponendo uno "scavo stratigrafico" di un versante dei Mem^oires (anche qui tra aggiunte al piano delle memorie italiane, spostamenti, rad-doppiamenti), dove l'impressione della cattiva memoria nel ricordare fatti e circostanze rivela, in realta, una sapiente, allusiva, costruzione narrativa (Perini, 2007). Senza qui indugiare sul versante in cui la letteratura lavora liberamente ai suoi fini i dati storici, o cronachistici, basti rilevare la pertinenza di una considerazione anche di questo apparente abbaglio di memoria sul piano della coerenza del racconto. L'"affreux spectacle" cade infatti particolarmente opportuno nel 1727 e opportuna e la reazione che la sua visione suscita al Goldoni ventenne, subito prima dei capitoli che raccontano la piacevole - come abbiamo visto - pratica del cancelliere criminale, che l'autore esercita dal 1728, l'anno appunto che segue. Dunque, sulla piazza, si scopre all'improvviso - mentre il giovane pensa alle curiosita di Modena e alla secchia che ispiro il poema del Tassoni - in mezzo alla piazza (Goldoni, TO, I, 84-85): Je vis au milieu d'une foule de monde un echaffaud eleve a la hauteur de cinq pieds, sur lequel un homme paroissoit tete nue et mains liees: c'etoit un Abbe de ma con-noissance, homme de Lettres tres-eclaire, Poete celebre, tres-connu, tres-estime en Italie: C'etoit l'Abbe J... B... V.. Un Religieux tenoit un livre a la main; un autre interrogeoit le patient; celui-ci repondoit avec fierte: les spectateurs claquoient des mains et l'encourageoient: les reproches augmentoient: l'homme fletri fremissoit: je ne pus plus y tenir. Goldoni e assalito allora dai "vapori" e deve riparare lontano, fino a rinchiudersi nella propria stanza, sprofondato in una crisi. Solo dopo, all'ora di cena, egli viene a conoscen-za - e noi con lui - della conclusione dello "spettacolo", quando un commensale - "qui etoit de la societe seculiere de cette jurisdition", e che peraltro trova "la ceremonie super-be et exemplaire" - gliela racconta a tavola: Je lui demandai comment le spectacle s'etoit termine: il me dit que l'orgueilleux avoit ete humilie, que l'obstine avoit enfin cede; qu'il fut oblige d'avouer, a haute voix, tous ses crimes, de reciter une formule de retractation qu'on lui avoit presentee, et qu'il etoit condamne a six annees de prison. Perche "la vue terrible de l'homme fletri" avrebbe ossessionato a lungo - nel racconto almeno - il Goldoni ventenne, mentre quella dell'uomo appeso, sottoposto agli strappi di corda, puo essere raccontata - a carico dell'uomo che ha solo un anno in piu di questo - come del tutto trascurabile, nella pagina che abbiamo prima considerato? La tortura giudiziaria viene, non senza una risoluzione manichea, opposta alla tortura del supplizio, la prima "laica" e "segreta" e la seconda "religiosa" e "pubblica", anzi di pompa spet-tacolare. Potremmo - semplificando moltissimo - dire che questa opposizione costruita Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 e manichea, cosi strutturata per le ragioni del romanzo autobiografico, mette in campo a distanza di poche pagine l'orrore dell'"illuminista" Carlo Goldoni per lo spettacolo del supplizio e i limiti di comprensione, se non la censura, di un meno "progressivo" Goldoni che giustifica la necessita della tortura giudiziaria. Si tratta di una descrizione - nella sintesi estrema a cui ci costringe lo spazio di questo intervento - non infedele, da com-pletare eventualmente con una serie di osservazioni piu dettagliate. Mentre il rifiuto della pompa del supplizio avviene attraverso una reazione - sia vero o falso l'episodio in se -, il supplizio a cui il giovane Goldoni assiste risulta in realta poco cruento: non e un'ese-cuzione capitale e nemmeno prevede, nella quaestio pubblica, una vera e propria tortura: ed e significativo che dalla spettacolarizzazione - forse proprio per questo maggiormente pompa di giurisdizione in quanto vuota - manchi proprio la tortura, ben presente invece nell'istruttoria "segreta" della quaestio giudiziaria. Da una parte c'e la folla che preme e incita al sacrificio - benche, abbiamo detto, molto relativo - di una vittima manifesta, con modalita che ricordano quelle di uno spet-tacolo (termine che, del resto, ricorre piu volte ed esplicitamente nel brano); dall'altra una "confessione" che avviene invece in uno spazio sottratto alla vista. A un passo suc-cessivo possiamo ancora contrapporre i due ruoli che nel romanzo autobiografico, con un ricercato rapporto di opposizione, l'autore affida a se stesso: quello agente del giovane personaggio che conduce l'interrogatorio a quello passivo del giovane spettatore che, non partecipe all'unita della folla, subisce il rito e forse proprio per questo viene meno. Il primo si muove tra il giudice e il reo, che puo contribuire a perdere o a salvare guidando e poi ricostruendo nell'epilogo la sua confessione; il secondo non puo identificarsi emo-tivamente che con quella che diviene, a questo punto, la vittima del supplizio: la crisi di vapori e la fuga dalla piazza rappresentano ovviamente l'impossibilita di sostenere piu oltre quella visione, a cui il vero Goldoni non ha forse davvero mai assistito o, in ogni caso, non certo all'eta che l'autobiografia racconta. Evidentemente studiata vuol essere la contrapposizione all'articolata dialettica de-scritta a proposito dell'esperienza del personaggio-autore come cancelliere criminale, ben diversamente partecipe come "persona prima". L'abiura coatta, attraverso un formulario fisso e l'ostensione del libro, si oppone chiaramente al gioco delle parti tra il reo che si nasconde e l'interrogatore che lo dirige. Nel primo caso manca, evidentemente, una scansione triplice, nei ruoli e e nel numero delle "parti" nel rito di una confessione estorta a forza, non necessariamente vera; di la un procedimento complesso in cui si misurano due parti rispetto alla terza della sentenza, in un procedimento articolato che scopre ben altre profondita a cui attingere "pour la connaisance de l'homme": quella, almeno, che si rivela attraverso il teatro. Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 "TRETJA STRANKA" V KOMEDIJI. GOLDONI, KAZENSKI POSTOPEK, MIMETIČNA TRIANGULACIJA ^iermar^io V^ESCOVO Univerza Ca' Foscari v Benetkah, Oddelek za filozofijo in kulturno dediščino, Dorsoduro 3484/D, 30123 Venezia, Italija e-mail: vescovo@unive.it I^O^Z^E^EK V luči odnosov in posledic kulture ter senzibilnosti »odvetnika« Carla Goldonija ta prispevek predlaga, da se »tretjo stran«, ki zadeva kazenske postopke - avtor ji je posvečal pozornost v nekaterih svojih delih in v memoarski literaturi - postavi ob bok tisti, povezani s tako imenovano triangulacijo mimetične želje. Bistvene referenčne točke so na eni strani sestavljene iz kratkega in bistvenega prispevka Geatana Cozzija in na drugi strani iz osrednje kategorije v študijah Reneja Girarda, začenši z razpravo Romantična laž in romaneskna resnica. Če ima v prvem primeru težnja po razsvetljenju, ki koristi črpa iz kulture in senzibilnosti Goldonija kot pravnika, očitno nekaj opraviti z dejanskim obstojem avtorja, drugi vidik najde utemeljitev v ideji, da v goldonski komediji vidi ustrezno podlago za primerjavo, kar se jasno izraža v modernem evropskem romanu, ki o tem razmišlja in glede tega pričakuje odgovore. Vzorec za raziskavo nam ponuja komedija, ki pripada usodnemu letu šestnajstih novih komedij oziroma intenzivni gledališki sezoni 1750-51: spoštovani pustolovec, preko katerega avtor s transparentno simboličnostjo uprizori svoj obstoj pred izbiro poklica gledališkega pesnika. Raznovrstni poklici, ki jih je mladi Goldoni dejansko opravljal v svojih letih vajeništva, njegova potepanja in njegovo dokaj pustolovsko življenje se odražajo v izmišljenem junaku, mladem Benečanu Guglielmu Aretusiju, in sicer kot materija, ki jo je avtor primerno zgostil, da lahko ponudi zanimivo zgodbo, s katero bi lahko obravnaval romaneskno komedijo, podobno kot se to dogaja v takrat nedavno napisanem romanu Tom Jones avtorja Henryja Fieldinga. Do projekcije v komediji, ki se ponuja v romanesknem junaku Guglielmu, pride preko številnih triangulacij, sentimentalnih in kostumskih: v namišljenem Palermu mladi neznanec, večkrat osumljen prevare, želi zasnubiti lepo in bogato vdovo Livio, ki ji dvorijo trije plemiči. Predmet triangulacije je torej predvsem ta odnos, zaznamovan s spopadom, v katerega ga prisilijo plemiški predrzneži, ovadbo in poskusom, da bi ga izgnali iz mesta. Preko »tretje strani« tekmecev s plemiškim nazivom - medtem ko bralec in gledalec rekonstruirata zgodbo glavnega junaka - se ponuja razčlenitev same ideje plemstva, vzporedno se opredeli tudi Livijina želja, odvijajo pa se še druge zgodbe - v dvojni triangulaciji, svetovljanski in sentimentalni, ki kot predmet poželenja s strani drugih žensk še vedno zadeva pustolovca. Na tem mestu se prepleta - v obračunu praks in poklicev, ki jih je opravljal pustolovec in ki sovpadajo s tistimi iz resničnega življenja avtorja - in izkaže kot zelo zanimiva vloga kazenskega uradnika, na katero je bil izvoljen in ji je posvečal posebno pozornost. Poklic Piermario VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 kazenskega uradnika je veljal za »spoštovan poklic«, saj je omogočal stik s plemstvom in je bil tudi »prijeten« zaradi vsega, kar nauči junaka. Kratka raziskava kaže, kako se Guglielmova sodba vrne v dve osrednji poglavji tako imenovanih Italijanskih spominov in torej goldonskih Memoarov, v katerih avtor pripoveduje, kako »tretja stran«, ki jo je v mladosti izkusil kot kazenski uradnik - tretja med vlogo krivca in vlogo sodnika - tvori osnovo »pour la connaisance de l'homme.« Gre za sodbo, ki se preoblikovana in prefor-mulirana vrača tekom celotne izkušnje goldonskega pisanja in ki predstavlja - s potlače-vanjem in idealizacijo - enega od temeljnih načinov za razumevanje ključne zapuščine izkušnje mladega pravniškega pripravnika v oblikovanju gledališke osebe. Zadnji, kratek odstavek kot neko vrsto protidokaza navaja eno stran iz Memoarov in ponovno romaneskno postavitev resnične biografije, preko katere Goldoni opiše dogodek, ki mu je morda bil priča kot štiridesetletni gledalec pri izkušnjah dvajsetletnika in ki ga je doživel pred pripovedjo izkušnje v kazenskem uradu v Chioggi in Feltrah. V bistvu gre za pripoved o »razkošju verske jurisdikcije«, ki govori o opatu, izpostavljenemu javni pokori na visoko dvignjenem odru sredi trga v Modeni, na katero dvajsetletni Goldoni odreagira s »krizo vrednot«, ki mu prepreči, da bi videli zaključek obreda. Na koncu lahko primerjamo dve vlogi, ki ju v avtobiografskem romanu - z iskanim odnosom nasprotnosti - avtor zaupa sam sebi. To sta aktivna vloga mladeniča, ki vodi zasliševanje, in pasivna vloga mladega gledalca, ki doživi obred, ne da bi se pridružil enotnosti množice. Prva vloga se premika med sodnikom in krivcem, ki lahko pomaga pri izgubi ali rešitvi, tako da v epilogu vodi in rekonstruira svojo izpoved; druga vloga pa se lahko emotivno identificira le preko osebe, ki na tej točki postane žrtev kazni. Prisilni preklic preko ustaljenega formularja in prikaz knjige jasno nasprotujeta dialektiki igre vlog med krivcem, ki se skriva, in izpraševalcem, ki ga usmerja: ponosno zanikati do sesutja ali prikrivati in razkrivati med vrsticami. V prvem primeru očitno manjka trojni poudarek, v vlogah in v številu »strani« v obredu na silo izsiljene spovedi: od tam zapleten postopek, v katerem se merita dve strani sodbe v odnosu do tretje, v artikuliranem postopku, ki razkriva še druge globine. Ključne besede: Carlo Goldoni, gledališče, komedija, kazenski postopek, mimetična želja, Gaetano Cozzi, Rene Girard Piermarie VESCOVO: LA "TERZA PARTE" IN COMMEDIA, 57-76 FONTI E BIBLIOGRAFIA Avvent. - Goldoni, C.: L'avventuriere onorato. A cura di Danna, B. introduzione di Squarzina, L. Venezia, Marsilie, 2001 [il teste della cemmedia si cita cel numere d'atte, scena e battuta]. Baratto, M. (1985): La letteratura teatrale del Settecento in Italia (Studi e letture su Carlo Goldoni). Vicenza, Neri Pozza. 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