Narodna in univerzitetna knjiznica v Ljubljani 15323S 9 i 5 * 9 « ♦ fi li § 1 \9 \9 § $ '4 0 9 r* '* f« (• 9 ED ALTRI NOTEVOLI OGGETTI NELLE VICINANZE DI DESCRIZIONI DI CKirolamo Co* Agapito. ♦ m ' m o « « m m « $ « « # é » I « m. e f i i e •l'I *) È « 1 è: « €> f) «) ♦) ») m DI ADLERSBERG, DI S. CACCIANO, DI CORDIALE E DI S. SERVOLO, LA MINIERA DI MERCURIO DTDRIA, IL LAGO DI CIRK.NITZ, LE TERME DI MONFALCONE, ANTICHITÀ ROMANE D'AQUILEJA E POLA , ED ALTRI NOTEVOLI OGGETTI NELLE VICINANZE DI TRIESTE. vjtJcócowiowv DI Girolamo (to. siQwitù* VIENNA. DALLA TIPOGRAFIA DI ANTONIO STItAUSS. A SPESE DJ PAOLO SCHUBART JjV TRIESTE. l 823. Indice. Pagina 1. Le grotte di Àdlersberg, 1 §. 2. La grotta di Vileni/.a presso Corniale. |Q §. Si La grotta tli S. Servolo. 2g 4. La mintela di mercurio d'Idria. 35 jf. 5. Il lago di Cirkniiz. 44 E, 6. Lo terme di Moufalcone. 5i 7. Antidata rui.uiiie dWquileja. 60 C, 8. Antiteatro, Tempio d'Augusto ed Arco de1 Sergi in Pola, 79 9. Gli acquidosi romani presso Trieste. 101 5. 10. L' I. R. stabilimento delle tazze de' cavalli in Lipizza. ni r. 11. Il castello di Duino. 114 §. 12. La regia foresta di Molitoria. 124 l dir (ioli. i523. Stumpberg. i534. Kirchheimer. l575. (Do1 segni che poco si conoscono.) i575. M. W. I. Schiflrcrcr. x575. (Dei segni.) i575. (Dei segni.) M. Weingarter. Ca. Abolirei-i575. iu75 Laugkiener. Der mil Ilerrn Joseph Holla. Gnad dir Gott. l58o X. Erngreifcr X. i5Go Gorgcr Taufìer. Frinii Anton , Heraog zu Croinau iùQo uud Fiirst zuEggenberg. A. W. 1681. (Dei segni.) Herrn Jankowitz. Wolfsberg. (Dei segni.) Ld. Vilzarberg. i587 (Dei segni.) (Xome clic non si può rilevare.) l5Q2 Walent. Tunicaar. B. P. 1606. 16 M 34 1634 F. V. Slamarli. i634 Hans ilucbrr. Slephanus Kanziancr. Maximilianus Frautinbola i636 Caspar Moli i636. Martinus Ifueber 1641- 1641 Il i r I c li. Ilcrr Jacob Ranwer. 16 |i 16 IMO 42 16 JPS. 42 1642 (Una mano) Agourcr. Franz Himcr TiscJilcrgi'.SL-ll aus Bavera. (Arma del Principe C. Eggciihcrg.) Johann Melchior Ott. 1642 Johann Paul Sarcher ch'il 6. Juny- Marco Zernicii Pildhauer 164B der 12 Genaro. Joannes Crassnux 1648. Hans Korn 1640 dea 3. Juuy. Joban Paul Hueber 1675. 1676 J G. INostitz. (Dei segni.) J Micl.l Strigel. Affine di render sicuro l'ingresso nella grotta e guarentirla dal danno che l'uso delle fiaccole a pece apporta alla bellezza, allo splendore ed al colore delle stalattiti, comi; pure per allontanare i pericoli dipendenti dall' ad un amen lo del|e acque, dalle irregolarità del terreno e dai precipizj delle rupi si sono"fatti de' numerosi pertugi, si getta-ron de' ponti, furono costruite delle scale, delle balaustrate e procurate delle lampade montanistiche le quali mandano un lucido chiarore, siccome anche istruite vennero dello persone le quali fornite essendo del coraggio necessario, della cognizione locale e di pratica, fanno osservare agli amatori senza alcun pericolo questo imponente spettacolo. Coi contributi di quelli che visitano la grotta si sta formando un fondo sotto l'amministrazione degli Sigg. di Schmoll, commissario distrettuale, e Cavaliere di Lòwengreiff, tanto per le rilevanti continue spese occorrenti, quanto anche per fare di pietra le scale e gli altri oggeLti finora costrutti di legno fragile onci' abbiano un' eterna durata. Si c pertanto (issala una competenza d'ingresso di 3o carantani per persona ed una tassa per ogni guida dell' importo di 2o car. (ino alla Cava/Ierizza, strada che, sebbene sia ottimamente praticabile, non si fa in un' ora. È altresì divenuto uso di scrivere il proprio nome in ui> apposito protocollo ad eterna rnemoria.Per cura del Sig. di Lòvvengreifl vicino all' ingresso della grotta perfino trovasi una cantina di birra; e per la comodità di quelli che vogliono visilare. le rovine dell' antica rocca, il Sig. di Sellinoli fece aprire una strada a scarpa su pel monte donde si f pazia sulla strada commerciale di Fiume lino a Sagurie e su quella di Trieste fino a Pre-wald , circondato dal monte Nanos, sacro ai. sacerdoti di Flora dalle alpi della Carinola superiore e della Carintia, e infondo, dalle alpi del Tirolo. I forestieri sensibili che per ammirare gli stupendi fenomeni fisici perlustrano questo paese in riguardo geoguostico unico nella Monarchia Austriaca, non abbandoneranno Àdlersberg senza recarsi a spargere un fiore sulla tomba dell' illustre poeta Fellinger il quale nel descrivere in tersi carini le meraviglie di questa grotta cantò l'onnipotenza della natura nelle viscere della terra. La grolla della Maddalena Distante un'ora circa di cammino da Àdlersberg riceve il suo nome da un santuario vicino. Il suo ingresso è rivolto al nord-est ed è alquanto-angusto perchè intorno intorno il terreno è scosceso. A misura che si discende, la grotta diviene sempre più spaziosa sicché dopo breve cammino sembra di essere come in un tempio vastissimo la volta del quale si perde nel bujo. L'occhio d'ogn' intorno gode la gioconda scena delle stalattiti multiformi che vestono ed ornano tutte le parti della grotta; e per la luce delle fiaccole reflettuta in varie diritture dallo spato calcareo scorge risaltar vieppiù vistosa e brillante la vaghezza degli ornamenti. All' estremo fondo della grotta s'incontra da un lato un' ampia apertura curvata quasi in forma di un arco sostenuto da alcune colonne sta-lattitiche, per la quale inoltrandosi si giunge in un vasto cunicolo mollo tortuoso ed irregolare dove s'incomincia a trovare diver- se pozze. Di qui si continua a calare finche uno stagno largo circa 3o picnic parigini, il quale ingombra tutta l'ampiezza del cunicolo, impedisco di penetrare più oltre. La grotta della Maddalena è la patria di quello strano animale fatto per la prima volta conoscere ai Zoologi dal D** Laurent!, il (piale gl'impose il nome di Proteo anguìno. Dopo Laurent! ne scrissero Scopoli, Linneo, Hermann, Schneidcr, Scbreibers , Cuvier e Rodolfi; ma questi ultimi tre, per giungere al di lui perfetto conoscimento, si appigliarono al coltello anatomico. Prima che venisse scoperto in questa grotta , il proteo augnino non comparve che assai raramente nel lago di S'ittich dove que' claustrali Benedettini lo riguardavano come un profeta del tempo, giacche col buon tempo è desso vivace e mette fuor d'acqua la parte anteriore del capo , laddove col tempo cattivo si sia quoto quoto nel fondo del vetro in cui vien custodito. I protei anguini vivono e si moltiplicano negl'intimi recessi deWa grotta alla profondità di circa 2oo tese di Parigi negli stagni dove si pescano con farete in foggia d'un piccolo sacco accomodata ull'estro- 2 mità di un bastono. Ipiù piccoli pescati era no lunghi 4 pollici od i più grossi i3 pollici; ignorasi l'età e la grandezza a cui possono arrivare. Hanno essi la forma di lucertola, la loro testa è come schiacciata, il loro muso è allargato, hanno le mascelle fornite di denticeli! e sono privi di occbj appariscenti; il loro tronco è compressone' lati, massime verso la coda fatta a forma di spatola. Essi hanno sei branchie per le quali respirano alla maniera de' pesci, radicate tre per parte no' lati dell* occipite e formate in foggia di pianticelle ; al di sotto delle branchie vi sono per ogni banda due angusto aperture» branchiali. Le loro ben piccole zampe sono senza unghie ; le anteriori hanno tre dita e. le posteriori, due. II colore della loro pelle è quella della cute umana; ma ne' Iati del tronco c specialmente nella coda, Il loro colore carnicino pende al violetto, Hanno la pelle trasparentissima e tutta spalmata di un umore viscoso e tempestata di picciolissimi punti rossigni : il dolore carnicino poro di questi animali in progresso di tempo si cangia e diventa violetto fosco, più o men presto, secondo ch'essi vengono più o meno esposti alla luce. I protei angnini si nutrono d il territorio di Triesle controlli i suoi castelli e le sue dipendenze. Il Barone Giovanni "Weikardo di Valvasor nella sua storia della Carniola riporla un' iscrizione incisa in marino da esso trovata al suo sito nell' anno 1698. mentre egli visitò l'interno di questo castello , la quale è del tenore seguente : VENET. DVC. AVG. UARBADICO IVSTINOPOL1S PRAETOR. PRAEF. Q. DOMINIGO MAR1PETRO MVRIS. STATUS. CISTERNA P. V. CONDITVM MCCCCXIIT. In vigor di risoluzione del sacro Concilio di Trento il castello di S. Servolo unitamente a Castelnuovo nell' anno i535. fu dalla repubblica veneta restituito a Trieste. È ignoto chi in seguito acquistasse la proprietà di questo castello e feudo ; ma egli è certo che per qualche spazio di tempo rimase di ragione sovrana. Finalmente la (à- rrrr» 31 miglia de" Conti Petazzi ne divenne, la proprietaria. Verso il principio del secolo prossimo passato questo antichissimo castello venne abbandonato dal feudatario il quale trasportò la sua residenza in un suo grandioso edificio nella contrada di Zaule da cui in appresso allontanossi per 1' insalubrità dell' aria avendo poi stabilito il suo fermo domicilio in Fiinfenbcrg. La signoria di 8 Servolo ora appartiene al Conte Montccucoli, Presentemente dell' antico castello signorile di S. Servolo non appajono più che dell' estese rovine, per ben esaminar le (piali nel loro interno bisogna arrampicarsi su [ielle mura, essendo sicuro di poter salire con destrezza senza timore che la loro straordinaria altezza cagioni delle vertiggini. Fra queste profonde terribili ruine, dei grandi pilastri composti di pietre quadrate tuttora giganteggiano come altrettante torri mezzo crollate, e in quo1 precipizj veggonsi degli archi arditi che l'antico architetto, con le sole viste della forza e di una indistruttibile durata , vi curvò sopra pareti di macigno. Sotto il castello dalla parte di mezzogiorno esiste il villaggio di S. Servolo; la sua chiesa di- rirnpetto al fastidio sorgo sulla sommità del monto alla di cui falde giaco l'aprica villa di Dolina dio dalla sua dominante situazione rende il sorriso alle amonissimo vicinanze che lar\ ozzeggtano. In poca distanza dalla chiesa trovasi la grotta in cui si entra discendendo senza alcun pericolo , nò incomodo per una scala di pietra formata dall' aite ron 54 gradini. La nilura arcliileltù in questo ingresso un atrio spazioso in Ire riparli diviso dalla di Cui eminente volta da ogni parte continuamente scorrono gli stillicidj i (piali col volger de' secoli lapidefalli, formarono delle glosse colonne adorne di capitelli e d' ali ri fregi che seminano di candido marmo lucidissimo e sono talmente disposti da apportare una graia illusione al riguardante incerto e dubbioso se questo magnifico lavoro colossale sia opera della natura, o dell' arie. Nel fondo di quest' atrio sorge un vago al-I ne di in.nino dalla pietà degli antichi feu-datarj eretto in onore di S. Sei \olo, sul (piali; ogni anno si celebra l'incruento sacrifizio nel giorno della sua festa. Dietro l'altare dopo breve salita si viene in un ripostiglio somigliante ad un* angusta cella con lotto d' pietra presso a cui perennemente scorre un (ilo d'acqua potabile che si raccoglie in un bacino naturale. Si scoprono a destra molte fauci profonde ed un largo andito a manca C induce in una caverna che già serviva di Cantina ai possessori dell' antico castello. Innoltrandosi ne' penetrali di questa grotta s'incontra altra caverna rotonda a guisa di cappella con alta cupola tuli' intorno circondala da fulgide colonne Stala Ititi che , in maraviglioso modo con moltiplicai formose e bizzarre figuro siffattamente lavorate da Schernire il più arcano potere dell' arie. Dello altre cavità laterali e più recondite presentano «logli anditi con diversa direzione, e delle salo e stanze di varia forma e decorazione in guisa «Li destare sor-picea ed ammirazione. Gli oggetti che Ìndi succedono, volendo proseguire la sotterranea peregrinazione, non appariscono più tali da eccitare interesse, giacché continuano ad essere uniformi a quelli già veduti. Questa grotta è la più profonda di «piante n'esistono ne' nostri contorni, siccome ancora la più pericolosa da percorrersi per i suoi tortuosi e lubrici sentieri. Verso la fine del III. secolo questa grotta servì di romitaggio all' ingenuo religioso (ristiano Servolo, unico figlio di Eulogio e Cleinenzia, discendenti dall' equestre famiglia de' Servii] di Roma. Dopo di aver quivi durante il soggiorno di quasi due anni depurata la umana sua essenza con vigilie e digiuni , con meditazioni e preghiere, onde compire i celesti disegni , il pio giovinetto ritornò in Trieste dove colf operare coti-dianamente miracoli si espose alla persecuzione di Giunilo presidente imperiale in questa città il quale, in adempimento alle severe leggi fulminate contro i cristiani dal crudele Numeriano, gli fece per mano del carnefice troncare colla scure il capo , fuori della porta di Cavana, ora piazza di Lipsia. La chiesa romana santificando la memoria di questo glorioso martire Triestino istituì in di lui onore una festa che si celebra nel giorno 2<£. di maggio in cui ricorre 1' epoca del suo martirio seguilo nell' anno 284. dell' era volgare. Nella basilica di S. Giusto a destra dell' a!|ar maggiore sotto la mensa dell'altare del SS. Sacramento giacciono deposte in un'ai- ca marmorea lo spoglio mortali di S. Servolo veneralo come uno dei protettori della città di Trieste. §■ 4- La muderà di mercurio ci Idria. Idria è una piccola città nella Garniola situata in una valle oblunga , estremamente angusta che dal fondo in su sempre più si dilata, sicché in essa sorge soltanto una parte dello sue case, le altre essendo addossalo sulle colline che si uniscono agli alti monti ond' è circondata da ogni parto. Ognuna di queste case è cinta da un orticello che glTdria-ni coltivano por i bisogni della loro cucina e benché sieno ristrette, sono per lo più abitate da più famiglie. Questa valle non ha altra uscita fuorché dalla parie ove si volge l'Idriza per geltarsi nel piccolo fiume Schoza. Sulla nuova strada rotabile che conduce in Idria, posta in comunicazione colla strada commerciale di Trieste, la natura prodigalizzò ogni sorte di bellezze romantiche che possono rendere incantevole un dintorno. Dalia sommila del monte di Sta. Maddalena in distanza di circa un miglio da Idria la strada discende mollo ripida, e tra Losche di faggj , abcli e pini con molte tortuosità sostenute da muri fortissimi si ravvolge in guisa da lungamente illudere il viandante pria che si giunga, ora uòvisitarla con tutta comodità: dipoi delle (Cale di legno per un trailo profondo tese portano in una cava ordinaria intieramente murata fino alla maggiore profondità. Tutto l'interno delle cave è rivestito di solide mura fabbricate in modo bello e pomposo talmente che è allontanato per semine qualunque possibile pericolo. 11 mercurio che si ricava da questa miniera è di due qualità, cioè mercurio puro, detto mercurio vergine, che tale slilla dalla stessa rupe , l'altro comune che si ricava mediante il fuoco. Il mercurio vergine che si trova in piccola (piantila viene raccolto nella cava in borse di pelle e serve principalmente per fare i barometri e gli spccchj. Il minerale di. seconda qualità viene consegnato alla fucina fusoria ed il più meschino subisce l'operazione chemica di venire acciaccato in un pistone e lavato. 11 minerale buonissimo nel liquefarsi da' 80 lino a 135 libbre di mercurio per ceutinajo ; la qualità peggiore, dopo che fu tritata e lavata, mescolandola con una specie di argi Ila, viene ridotta in forma di mattoni, e così unita-niente al minerale migliore posta ne' forni fusori sopra delle graticole di ferro solto le /-.o 41 ***** quali è acceso un gran fuoco. Per questo mezzo il 'mercurio, separandosi dal minerale, sale in allo in (orma di denso fumo e trovando resistenza al coperchio si sparge, alle parti per alcune aperture le quali conducono in molte camere finche il fumo giunge lilialmente nelle ultime che hanno dei cammini. Il vapore passando da una camera all' altra sempre più si raffredda e dappertutto fa cader qualche po' di mercurio finché nell' ultimo ripossiglio il fumo solo esce per il cammino. 11 mercurio è raccolto dal suolo in vasi di terra colla sopra I quali sta indicato il peso e viene riposto in piccioli otri di pelle di capra Ganciata con I' allume dai montanari medesimi dei contorni d'Idria periti nel mestiere di cou-ciapelli. Due di tali Otri vengono messi in un piccolo sacco e trasportati nel magazzino dove cosi souu pronti per poter essere spediti. Ponendo del mercurio con dello zolfo in una padella sopra un gran fuoco si ottiene il precipitato rosso, ossia il cinabro, per raccogliere il quale bisogna fare in pez- II > tubi delle storie. Esso viene macinato in mulini a mano versandovi sopra dell' acqua affinchè non si sperda, indi asciugato, e pestato una seconda volta; si ha altresì del cinabro puro il quale non può venir macinato sì fino per essere troppo ritroso. I montanari prendono una porzione di cinabro puro «pianto ne può stare sulla punta di un coltello come un rimedio sicuro con-tra le coliche. Il sublimato viene preparato in simili padelle e storie col mercurio e con l'acqua forte. E notorio elio il sublimato è il più potente veleno che darsi possa. Secondo indicazioni sicure, dalla miniera d'Idria si possono annualmente ricavare circa i2,ooo ceutinaja di mercurio del quale in passalo ne veniva spedita una grande (piantila in Ispagna donde passava in America ove serve per l'amaIgamazione dell' argento. In vigori! di un contratto conchiuso sotto l'Imperami' Giuseppe si rilasciava alla Spagna un centinajo di mercurio d'Idria per 110 fiorini. Nel 170,4.111™ nave da guerra e due orche spaguuole caricarono nel porlo di Trieste mercurio d'Idriaper conto del governo di Spagna. La maggior parte del cinabro viene spe- dito per l'Inghilterra e perla Turchìa in una quantità di gran lungo superiore al consumo che ne possono fare i farmacisti e pittori dì tutta l'Europa. Presentemente la fabbricazione del cinabro venne dilatata e perfezionala e portata all' annuo prodotto di 1^200 centinaia. La miniera d'Idria consuma annualmon te per i suoi bisogni 6000 Klafter di legno duro che, come il legname da fabbrica necessario per i lavori a giorno e per le cave, viene tagliato ne' regi boschi circonvicini e condotto colle zattere sull' Idriza. L'Aulico Dicastero nionlanistico inVienna assegna le somme occorrenti per le Spese della miniera, determina ogni anno la qualità del mercurio e del cinabro da prodursi e stipula i contratti di vendita. Questa miniera è subordinata a un Direttore del supremo Uffizio mineralogico il quale risiede io un grande edilizio aulico a <-uì si dà il nome di castello. Tutto il personale addetto alla miniera è composto di . "17 individui compresi i montanari divisi in due corpi di egual numero, i (piali lavorano ottù ore continuo sotterra, 0 dieci sopra la terra por un misero guadagno. Il Governo poro compensa la loro attività col rilasciargli a prezzi ben mili le granaglie ed altre loro occorrenze , e provvederli gratuitamente di legna in proporzione ai bisogni delle famiglio; siccome pure a loro benefizio istituì la scuola di mineralogìa , e presta pietosa assistenza agli ammalali. L ag o di Ci r k n i t z. Questo lago, in dialetto Gragnolino cbia-mato Gerknìza , entra nella serie dei Fenomeni interessanti che la natura presenta all' ammirazione dogli uomini nella Carinola. I cosmografi antichi e tutti gli scrittori moderni ne fanno distinta menzione, ed i colli viaggiatori intenti a ben conoscere lutti gli oggetti notevoli de' paesi che percorrono, si recano pieni di curiositi a convincersi ocularmente delle particolarità sorprendenti elio sopra questo fenomeno trovano indicate ne' libri. Da Planimi si va al lago di Cirknitz attraverso di un contorno montuoso il quale ***** 45 ***** qua e colà presenta moltiplici quadri di carattere romantico. In poca distanza dal lago giace il borgo Girkniza che dal i522 al i5Go soccombette a quattro assalti ed invasioni de1 Turchi. Esso appartiene al Conte Cobenzl il quale dirimpetto a Planine possedè un vasto e bel castello in una situazione dominante d'ogni intorno decorata da prospettive teatrali. Onesto lago, da Cluverio detto Circo-meense, nel corso di un anno subisce tre metamorfosi trasformandosi ora in campo f'rondo, ora in erboso prato ed ora in selva selvaggia; sicché, secondo le varie sla-gioni, vi si può pescare e cacciare, seminare e raccogliere la messi; ed il lìeno. Esso è intorno intorno coronato da altissimi monti fra quali a settentrione giganteggia (podio denominato Javernig, e da un lato si apre m uno spazio maraviglioso ; dall'oriente all' occidente si estende in lunghezza perii tratto di una lega tedesca, da settentrione a mezzodì è largo mezza lega e la sua maggiore Profondità non oltrepassa 24 piedi. Viene. accennato da Strabone col nome di Palude Lugea dal vicino castello Lueg, con quéste parole.- A Tergeste transititi per Ocram ad paludcm Lugeam, Torquato Tasso nelle set te giornale del mondo la descrive nei seguenti versi : Alla palude Lugea onde sì vanta La nobii Cantiti lunga età vetusta Non tia scemato ancor l'onore e "1 grido: Quivi si pesca prima, e poi eli1 è fatta Secca ed asciutta, in lei si spargi il seme E si raccoglie e Iva le verdi j'iante Prenda gl'incauti augelli E in guisa tal divieu che in varj tempi L1 istessa sia palude e campo e selva. Ordinariamente verso la fine di giugno l'acqua suole con più di lentézza ritirarsi per gli stessi meati sotterranei dai quale esce giacché per lo più trascorrono 25 giorni innanzi che si dissecchi affatto. Dopo pertinaci pioggie e temporali estivi sgorga nuovamente per .queste medesime «averne e ne riempie tutto il lago. Con islraordiuaria vicenda nell' anno l685. l'acqua si è ritirata già ne] mese di gennajo, e per la seconda volta in agosto. Talvolta non recede in tutto l'anno ed anzi (ma più di raro) dura 2,5,4, ed anche 5 anni continuamente nel medesimo slato siccome accadde anche a' tempi nostri. All' incontro nel corso di un anno si è veduta partire e ritornare parecchie volle; ma gli abitanti non sanno risovvenirsi che giammai sia mancata per lo spazio di un Sano intiero. Ritiratasi secondo il solito l'acqua, nello spazio di 24 giorni l'erba vi cresce di modo che a quel tempo si taglia dell' ottimo fieno, indi vi si semina il miglio che bentosto si miete, giacche quell'opima gleba offre sollecitamente la messe con ricca visura. Dopo la raccolta il terreno inselvatichito con la rapida vegetazione degli sterpi ed arbusti presenta la più opportuna dimora alte lepri ed all'uccellame onde ne viene falla frequente caccia; finché ritornando l'acqua coi pesci si é imitato alla pesca. ISe' mesi di settembre e di ottobre l'acqua da ben 3o caverne ribocca nuovamente "l copia tale e con tanta velocità che nel Siro di 24 ore , e talvolta più presto, innonda tutta quella pianura per il tratto di oltre due ore di cammino, c converte in tante "solette le piccole colline che compariscono disperse nelle altre stagioni; ma quel che P'ù riesce ammirabile si é che sccovi tragga 'ma grande quantità di pesci, segnatamente di tinche e di lucci che sovente eccedono la grandezza di due cobiti è 2o libbre di peso, alimentati in fondo a «puoi cupi abissi; rigurgitando altresì delle anitre senza piume e cieche le quali nel periodo di 14 giorni acquistano penne ed occhj. Quando l'inverno incrudisce in modo straordinario il lago si congela sì saldamente che sulla sua crosta può sostenere dei pesanti carri. Le caverne le quali vomitano e alternativamente assorbono l'acqua di questo lago, sono dal la natura talmente formate in quel suolo alpestre che sembrano tagliate dalla mano degli uomini; tutta quella pianura non altro essendo che un' ampia volta lavorala di sasso con sovrapposti sottili strati di terreno; sostenuta da molti archi e da biotti scoglj e distesa sopra di un immenso lago sotterraneo'in cui si raccolgono e seppelliscono tutti i piccoli fiumi, i torrenti montani ed i rivi che scolano dalle alture de' monti circostanti. Con le dirotte piogge autunnali C col sollecito squagliarsi delle nevi il lago crescendo a dismisura s'alza verso la volta e sboccando fuor dalle numerose voragini aperte ne allaga tutta quella pianura, finché, cessate le piene maggióri, l'acqua si riduce di nuovo all' alveo suo naturale. La maggior parte di queste caverne si approfondano sol-terra quasi perpendicolarmente ed alcuno orizzontalmente s'internano nelle viscere de monti. Nella più grande di esse che merita il nome di grotta , con Capito di fiaccole e scorti' si può penetrare in pochi tratti ritto e per lo più curvo soltanto carpone per il cammino di mezz'ora Ira lo sinuosità di pietrosi labirinti e fra gole di profonde voragini , fin dove l'acqua colla sua massa impedisce di ulteriormente tentare quegli orridi varchi tenebrosi. V'ha sempre taluno che non presta intiera fede a quanto si racconta intorno al Lago di Cirknitz ; ma per convincersene bisogna farsi spettatore de' suoi fenomeni nelle stagioni in cui succedono precisamente nel Modo sopradescritto. Il lìarone di Valvasor autore della storia della Carnitìla con delle reiterate òssei)* azioni esplorò la natura «li questo lago assai meglio dello Schòulcben il quale, parlandone ne' suoi annali carniohei, in parecchi riguardi si discosta dal vero. Poco distante da questo lago trovasi un' ampia spelonca chiamata dai geografi latini Litgea Specus e dai Cragnolini Hitima, rispetto alla quale Wolfgango Lazio ci narra delle favolose imprese di Giasone e de' suoi Argonauti che riescono del tutto incredibili. Francesco Palladio nella sua storia del Friuli scrive che nel castello di Hiama edificalo nella concavità del monte che tutto lo ricinge e lo copre con un sasso che gli serve di tetto, Giovanni IV. Patriarca d' Aquileja mandò in rilegazione parecchi nobili della città d'Udine perchè erano di spirito avverso alla sua potenza ed autorità. Tanto alle falde de' monti circostanti presso alle correnti palustri quanto sulla sommità del Javernig i Botanici possono fare delle interessanti erborazioni, trovando-visi parecchie piante indigene, spezialmente de' begli orchis, delle viole montane, gramigne , parrasie palustri e critogame. Riguardo a queste ultime , l'estrema piccolezza delle parli che le compongono non permette di scoprire il loro matrimonio segreto* §. 6. Le Terme di Monfalcone* M onfalcone è la prima città che s'incontra nel Friuli sulla strada maestra che da Trieste conduce nell' Italia, Giace sotto i gradi 3i. 2o di longitudine e 4&- 5o di latitudine, è situata alle falde di uno dei celebri monti della Japidia in distanza di 2 miglia italiche dal mare, conta 182 case, e più di ìòoo abitanti. Passò sotto la repubblica veneta nel 1420. ed era governata da un Patrizio col tìtolo di Podestà. Tuttora è capo-luogo del distretto che porta il suo nome e presentemente residenza d'un I. R. Commissariato distrettuale compreso nel circolo dell' " l.ria. Questa città ha una bella chiesa parrocchiale edificata noli' anno 1768. ed è considerato il quadro dell' aitar maggiore rappresentante il suo tutelare S. Ambrogio. Verso tramontana sulla cima di un colle si scorgono le vestigia dell' antichissima rocca, volgarmente detta Veruca, stata fabbricata da Teodorico Re de' Goti. II circondario di Mon falco no offre i più dilettévoli passeggi in fertile ed amena pianura. I suoi villaggi e borghi più considerevoli e lieti sono Ronchi, S. Pietro , Fogliano, Turiaco e Pieris. In Ronchi non lungi dalla chiesa parrocchiale a levante si sono negli anni addietro scoperte nello scavare della sabbia moltissime grosse pietre lavorale in figura regolare e parecchi grandi pilastri che si vuole servissero di sostegno al maestoso ponte di pietra ivi fabbricato dai Romani per comodo degli eserciti che passavano nella Germania e nella Pannonia quando anticamente le acque dell' Isonzo correvano per quel sito al mare. S. (.anziano come un' attinenza d'Aquileja si rende sempre più notabile per essere una ricca miniera d'interessante antichità. Staranzano si vanta d'aver data la culla al chiarissimo Abate Domenico Scocchi il quale nel suo poema epico l' Orscllo (inedito, anzi per l'immatura morie dell autore rimasto incompleto) cantando l'origine di Venezia, roi rari tesori dilla sua fervida fantasìa tentava d'aprirsi un sentiero affatto nuovo in Parnasio. I bagni sono disiami da Trieste3 leghe tedesche e ~4 corrispondenti a i0 miglia italiche, -4tì circa di lega tedesca dalla chiesa di S. Giovanni di Duino, e fa di lega, ossia circa un miglio italico , da Mon fa Icone. Con vetiura il viaggiti da Trieste a Mon-falcone, si può lare in 5 ore, in 4. colla posta, e con buonissimi cavalli, anche in 3 ore. Durante la stagione de' bagni, cioè dal principiò di giugno lino verso la metà di settembre in Monfalcone sono disposte delle cai-rozze per impresa, sempre pronte al servigio de' bagnajiioli i quali per ogni posto pagano da 20 a 22 car. per andata e ritorno. U Àquila nera, la Croce di Malia, il Leo-ne d'oro e la Nave sono gli alberghi principali presso i quali i forestieri trovano ogni desiderabile comodità ; ol trecche si può a\ ere buon alloggio anche in case private a discrete condizioni. Le terme di Monfalcone furono celeberrime sino dall' antichità e nella Tavola di Teodosio sono molto ben delineate di* •"impetto alla foce del Timavo dove anche a' giorni nostri sussistono. Colla fiaccola della storia penetrando olire la caligine de' secoli rimoti noi vediamo Aquileja la massima, rivaleggiando con Roma, divenuta perfino il soggiorno de Cesari. A queir epoca sì florida per queste contraile le tenne di Monfalcone erano visitate dagli opulenti Quiriti col fasto e colla mollezza della capitale de] mondo. TSelle sue aggiacenze sorsero allora cospicui od eleganti edifizj , e queste acque salutifere decorate vennero da un tempio e consecrate da voti e dasacrifizj. Quindi ancora al giorno d'oggi fuor delle rovine del tempo e de' barbari, delle orme vi si trassero del loro prisco splendore; essendosi d'ogni intorno rinvenuti sotterra de' pavimenti lavorati a mosaico ed aliti interessanti frammenti, come puri- una fìstola di piombo colla iscrizione: Aqua Dei et vitac ; sicuro indizio della stima e venerazione in cui erano tenute dagli antichi per le pressoché prodigiose guarigioni procurate. Plinio chiama chiare le isolelfo ond' esse emergono, e narra siccome in vicinanza alle fonti d'acque medicinali solevasi eriger de' tempj onde far voti alla Dea Speranza, o ad altra Divinità per la salute di ammalati. '«*'"■ 55 ***** §3 di fotti sul muro esterno deità chiesa di S. Giovanni di Duino si conservano tre lapide erette ai tempi de' Romani in iscioglimento di vóti per la salute d'infermi, ricuperala mediante queste acque. JSel recin|,p di questi bagni chi sa quante lapide esistono ancora sepolte che potrebbero fornire delle interessanti notizie su queste famose terme; e chi sa quante altre trasportate da curiosi in alieni contrade occupano un posto in lontani musei senza porgere alcun giovamento e lume alla storia? Fra gli scrittori moderni fa menzione di queste acque Francesco Leandro Alberti nella sua descrizione dell' Italia esponendone i loro mirabili effetti che vengono accennali pure da Basilio Asquini nel suo ragguaglio geografico - storico del territorio di Monfalcone, e confermati dal Val-vasore detto il Candido, non che da Enrico Palladio degli Olivi nel suo trattato Rerum Forojuliensium. Dopo che queste antichissime terme soccombendo al più avverso destino rimasero lungo tempo abbandonate e sepolte" fra le rovine, finalmente nell'anno i433- furono richiamate a novella vita dal bel genio del N. 11. Francesco Nani, veneto Podestà di Monfalcone e suo distretto, il quale ricinger le fece da un muro quadrilatero, sicché in breve quasi intieramente risorsero al loro primiero lustro. Da una parte presa li 3. giugno i(x)o. nel consiglio della comunità di Monfalcone si rileva che perfino gli Alemanni venivano a levare di quest' acqua come dolala d;. prodigiosa potenza, per trasportarla con carri nei loro lontani paesi. Dopo che delle nuove risoluzioni si resero un' altra volta fatali a queste terme, in progresso di tempo la proprietaria comunità di Monfalcone ne restaurò e rese abitabile 1' edilizio adiacente ; ed i benemeriti cittadini in questi ultimi anni si determinarono a solidamente rianimare uno stabilimento tanto insigne e benefico a pubblico vantaggio ed a sollievo dell' umanità sofferente. Anche recentemente vi si fecero dei notevoli miglioramenti in molti riguardi , venne aumentato il numero delle vasche e di;' camerini; ed essendosi introdotta una migliore disciplina medica sotto la direzione e sorveglianza del medico fisico condotto della città, Sig. Dre. Vosca, assistente alle cure, queste terme alla loro vetusta celebrila oggidì uniscono una maggiore dilatazione e comodila ed i più opportuni medici presidj. Attualmente vi esistono dieci vasche separati; e dodici camerini con letto, e si stanno facendo delle disposizioni per dare allo stabilimento un ulteriore ingrandimento onde vie meglio conciliare quanto può mai soddisfarle ai bisogni ed ai desiderj dei nazionali e degli esteri che ogni anno numerosi vi concorrono. La sorgente scaturisce dalla parte di mezzogiorno in una delle isolette indicale da Plinio, ora, perchè unita al continente, denominala montieello di S.Antonio. Sopra la porta d' ingresso alla grande vasca antica leggesi la seguente lapidaria iscrizione: Magnilicus Practur Nani Franciscus amator Juetitiaeqae bonis, ci amarus et. hoatis iniquis. Juslo.s dilexil , cuneids «liticissime rexit Falconis Monlis porluiu renovando salutti Hic fuiulavit opus fclix memorabile cunetta Mundavit foveam studiose Fere corruptam B .luca oonStruxit jam perdita (tigne rccluxit Umle parit fructus splcndens sua maxima v irlus — Millesimo cpiadrui^tnles-.mo trigesimo Icilio. L'acqua termale emerge in tutte le stagioni e con ogni tempo , e le sue parti coni- ***** 00 r«iv, ponenti sono sempre in eguale quantità ; ossa è ordinariamente limpidissima, esala un odoro di zoilo acceso e il grado del di lei calore sta in relazione della sua massa che cresce e diminuisce secondo il (lusso e riflusso del mare. Delle reiterale sperienze chimiche hanno mostrato che gì' ingredienti di quest' acqua salinaro sono: solfato dì ealce, carbonato calcareo, murialo di magnesia e muriato di soda; in guisa che coli' esatta analise eseguila nell'anno 1801., si è riconosciuto che in once 75 di quest' acqua si contendono grani 533 di principj salini fissi. Dalle mediche osservazioni dogli Sigg. Franco eVosca è stato riconosciuto e viene indicalo come efficacissimo l'uso di queste acque nello seguenti malattìe : in tulle le reu-matolgìe, nelle artritidi croniche, in tutte l'eruzioni cutanee, nelle paraiisìe ed anchi-losìe, nelle affezioni nervose , nelle blenoro-gìe , negli assorbimenti glandulari, nelle piaghe inveterate e per l'atrofìa. Si prende il bagno sedendo nella vasca e vi si entra dopo l'alta marèa, cioè quando l'acqua del mare vicino è già portata alla sua maggiore elevazione ; giacché durante la bassa marèa l'acqua termale diminuisce e si svia, e quella quantità che rimane nella grande vasca perde sensibilmente il suo colore ed attività; dal che si conchiude che queste terme abbiano un' immediata comunicazione col mare. INel bagno si resta ordinariamente da i3 a 3o minuti al più, secondo i temperamenti ed i morbi in conformità alla prescrizione del medico. Dopo il bagno si riposa per lo spazio di un' ora ne' camerini sul Ietto. Il prezzo d'ogni bagnatura è di car. 3o, e per il letto si pagano separalainente car. io. Uhi vuole acquistare piena informazione intorno a questi bagni in riguardo medico legga l'opuscolo de! riputaiissimo Farmacista nob. Sig. Giov Antonio Vidali, stampato in Venezia l'anno 1801., e quello dell'ecc. Sig. Dre. Franco, fu medico condotto di Monfalcone, impresso in Udine presso il Pecile nel i8o3. §• 7- Antichità romane dì Aqaileia. Un marmo contenente la più antica iscrizione di quante appartengono ad Aquileja è quello che conserva la memoria di Lucio Manlio Acidino, uno de'Triumviri che indi' anno di Roma DLXIX. per ordine del Senato romano vennero con tremila fanti a dedurre questa Città, colonia latina. Ouesto marmo riferito dal Grillerò e da Monsignor d'Adria era già slato trasportato in Padova, donde passò a Vicenza ove molto corroso dal tèmpo tuttavia si vedi; in casa Gualdi. Il Conte Carli nelle Antichità italiche lo riporta come un frammento di lapida, mancante del primo verso ed imperfetto nel secondo in cui in parte comparisce indicalo il Triumviro, aggiungendo che il Cav. Or-sato vi supplisce col nome di L. Manlio Addino ch'egli garantisce. Nelle Antichità di Aquileja del Canonico Berloli si trova intiero come segue : L. MANLIVS. L. F. ACID IN VS. TRIV. VIR AQVILEIAE. COLONIA]* DEDVCENDAE. Fra i pochi monumenti che si sono rimasti dell'antica Aquileja come uno de'più belli può considerarsi quello che si vede nella chiesa già metropolitana d'Aquileja presso la cappella di S. Girolamo rappresentante un sacrifizio antico ; le di cui figure scolpite in pietra bianca a mezzo rilievo eccedono due piedi d'altezza, ma ad ogni figura manca la testa , collo scalpello sgraziatamente Cancellata, forse ai tempi di Teodosio Imperatore perdi cui editto cominciò la demolizione de' tempj de' falsi numi e la frattura de' loro simulacri che durò poi molti anni. A mano destra v'è primamente il Papa, cioè il Vittimano che conduce la vittima, succinto, indi il Tibicine che suona le tibie, poi il Camillo, cioè il ministro chi- porta l'acerra,o la cassetta dell'incenzo. Nel mezzo v'è 1' ara ignita. Si vede il Sacerdote che sacrifica, spandendo dalla patera che tiene nella destra o fiori, o vino sopra l'ara, ed il quale tiene nella sinistra un volume, siccome lo tiene anco l'altra figura che gli sta appresso che pare velata il capo all' uso de' Sacerdoti. Sopra l'ara, coronata di fiori, è stesa una rosa che non si può ben conoscere , ma saranno per avventura due vasi, o orciuoli posti piede con piede uno attiguo all' altro, vuoti de' liquori soliti a spargersi sopra il fuoco, o preparati per raccogliere il sangue della vittima. Nel pavimento della chiesa del monastero d'Aquileja si vede una lapida colla seguente iscrizione: IMP. CAES INVICTVS. AVG AQVILEIENSIVM RESTITYTOR ET. CONDITOR VIAM. QVOQVE GEMINAM A. PORTA. VSQVE AD. PONTEM PER. TIRONES IYVEJNTVT. NOVAE ITAUCAE.SVAE DILECTVS. POSTERIOR LONGI. TEMPORIS LABE. CORRVPTAM MVNIVIT. AG RESTITVIT. Questa lapida è stata riferita dal CIu-verio, da Gian Grutero, da Wolfgango Lazio, da Arrigo Palladio e dal Canonico Ber-toli, il quale fu il primo ad informare il pubblico della mancanza delle tre righe, cancellate non già dal tempo, ma dallo scalpello. I predelti quattro scrittori nelle loro relazioni hanno congiunta la prima riga alla quinta ed hanno fatto che V iscrizione dica seguentemente: Imp. Caes. Invìclus. Aug., ommellendo il vano di mezzo delletre righe, da niuno ancora supplite, o sapute. Da questa infedele ornrnissione o congiunzione di righe si è dedotto che la lapida sia stata eretta ad Augusto ; e clic Augusto sia slato il Conditore degli Aquilcjesi ed il tlestilulo-H della Via Gemina. Ma si può ben pensare «die in quelle tre righe rase vi stia nascosto il nome di qualche altro Imperatore. È già WrtQ da Dione, Svetonio ed altri, il costu- me de' Romani di cancellare i nomi dogi' Imperatori malvagi , come si rileva anche dalle lapide Gruteriane nelle quali sono slati rasi i nomi di Domiziano, di Nerone, di Agrippina e d'altri. Nè si può quello spazio delle tre righe mancanti attribuire a capriccio o industria degli scarpollini; del che pur non mancano esempj, giacché in questo sasso evidentemente appajono le vestigia delle scarpellate cancellatrure. Le due seguenti iscrizioni furono scoperte inAquileja nell'anno 1788.0 vengono riportate nelle Antichità italiche di S. E, il Commendatore Conte Carli Giustinopolitano al lib. II. pag. 246. MAGNO ET . INVICTO IMP. GERMANICO . AVG. LICINTLS DIOCLET1ANVS . % E. NVMINI . E1VS DICATLSS1MVS, SANCTISS1MAE AVG MATRI . CASTROR SENATVS.AC■PATRIAE LICINIYS DTOCLETIAJSVS V E. NVMINI.EIVS IJICÀTISS1MVS. Nello suddette iscrizioni manca Jl bòtti e dell'Imperatore e dell' Imperatrice; ma dai connotati e titoli figli dell'adulazione, cioè di Mairi Castrorum all' Imperatrice e di Grr-manico all' Imperatore, può facilmente ravvisarsi che in quella sia indicata Giulia Donila, ed in questa il di lui figlio Caravella. La prima ad intitolarsi Madre degli eserciti fu Faustina che seguitò all'armata Antonino il Pio, comi? abbiamo da Giulio Capitolino ; Uia che Giulia particolarmente madre digli eserciti fosse denominatalo attestano le iscrizioni Gruteriane, non CM lo altre che si ritrovano presso il Fabrctti, Può vedersi anche quella nella Raccolta drd Doni e tra i marmi di Pesaro, e più di tutte l'altre quel-' g la che dall' Africa si trasportò in Firenze da Giovanni Pagnio e fu pubblicata dal Gori che comincia : IVLIAE . DOMNAE . AVG. MATRI . CASTRORVM. Inoltre è detta MATER . SENATVS . ET. PATRIAE ; e così appunto è nelle medaglie di Vaillant e di Adolfo Occone; e così nell' iscrizione dell' arco di Settimio Severo sì legge: IVLIAE AVG . MATRI . AVG . N ET. CASTRORVM.ET . SENATVS.ET. PATRIAE. Siccome poi il prefato Licinio Diocleziano fece il voto anche all' Imperatore col titolo di Germanico ; così è da leggersi Spar-ziano ove; parlando di Caracalla disse che volle intitolarsi Germanico, per ischerzo e con sericiti, siccome egli era sfotto. Per questa ragione e per l'odio che si meritò da tutto il inondo può giudicarsi che in alcune lapide nelle quali si è conservato il titolo di Germanico j il di lui nome fosse cancellato, come si vede nelle iscrizioni lapidarie pubblicate dal Malvasia le quali saranno appartenenti a Caracalla e non ad Ottaviano, come si è supposto. Forse queste iscrizioni si potrebbero interpretare come fatte in onore di Gallieno e di Cornelia Salonina sua moglie ; ma siccome a questa non si diedero i titoli di Madre degli eserciti, del senato e della patria, così (tuttoché quello di santìssima le convenga, insolito per Giulia Dorema) sembra più probabile il pensiero di questa e di Caracalla. Nelle antichità d'Aquileja poi si sono rinvenute parecchie iscrizioni della famìglia Licinia. In una già casa capitolare presso all' antica chiesa metropolitana d'Aquilejasi trova una lapida colla iscrizione seguente: PRO. SALVTE TI 13ERI. CLAVDI MACRONIS . CON FER . NOR . VELOX . SLR. VIL. SPELEVM. C VM OMNI. APPARATV. FECIT. Le abbreviature si possono leggere così : Nella terza riga CONI ECTORIS. - quarta - FERRI NORICI.VE-LOX .SERVVS. quinta - VILLICVS e.:, cioéi Veloce servo vìllico fece un antro o spelonca con ogni apparalo per la salute di Tiberio Claudio Mucrone facitore del ferro norico. E noto che col nome di villico chia-mavasi talvolta qualunque Preposto, Procuratore , o Dispensatore ; sicché veloce sarà forse stato sopranten.lente agliafTari del suo padrone, forse alla facitura, od all' appallo del ferro norico, cioè di quelle miniere di ferro eh' esistono vicino e sopra Aquileja, essendo nella Carintia, contigua agli Aqui-lejesi, compresa nel Norico; anzi da taluni anche Aquileja viene ascritta al Norico. La Deità anonima a cui fu eretta quest* ara votiva per la salute nelle spelonche non può essere slata che il Dio Mitra il quale è 10 stesso che il Sole, o Apollo, secondo i Mitologi padre ed inventore della medicina, 11 culto di cui si estendeva in tulle le pro-VÌncie romane, e che veniva adorato nelle spelonche con apparati proprj a quegli esecrandi saerifizj. Monsignor del Torre nel libro d'Anzio pubblicò due lapide tro\atr Dei i fiumi che perciò chiamavano sacri, santi ed anche santissimi, ed alzavano loro e teinpj ed are per i sacrifizi e voti che loro porgevano. Monsignor del Torre nel suo libro d'Anzio adduci; per capo della schiera de' Numi Àquilejesi Giove Brotonte, o sia Tonante3 del quali* produce un simulacro con questa iscrizione : BONO DEO BROTONTI. Questo simulacro da Aquileja fu trasportato in Venezia ov' esiste nel palazzo Grimani. Presso alla già chiesa metropolitana d'Aquileja esisle un marmo dedicato ALLE GIVNONI, cioè AI GENI MVLIEBBI, pubblicato dal Gruferò e riferito da Monsig. del Torre e dal Canonico Bertoli colla seguente iscrizione : IVNOMBYS . SACRVM W . MAGIVS . M . L . AMARANTVS In ni . VIR . ET MAGIA . M. F. VERA . MAGIA. M. L . ELIAS AEDEM SIGNA. Ili. PORTIGVM . MAC LUIS . II CVLINA . ET . LOC VM. IN '. Q?Ò . E A SVNT VOTVM . SOLVERVRT LOCO . PRIVATO. In una casa poco distante dal monaste-rio d'Aquileja sta commesso noi muro un frammento di marmo scolpito al basso-rilievo nel (piale in mezzo a due colonne si veggono due ligure che si abbracciano rappresentanti Psiche ed Amore, amendue senza capo e senza piedi. La figura che sta alla destra lia le ale di farfalla ed è ignuda, se non quanto un panno la ricopre dall' ombelico in giù; e quella che sta alla sinistra è affatto ignuda, ed ha anch'essa le ale, ma non di farfalla. Questo frammento contiene la favola di Psiche c Cupido, descritta lepìda- mento e diffusa da Lucio Apulejo noi libro dolio Metamorfosi, volgarmente driio Doli' Asino d'oro, la quale si è questa. Psiche fu si bolla che non solamente i suoi concittadini, ma anche i forestieri, lasciando i delubri della vera Venere, venivano a veder questa nuova Venere e ad onorarla con sacri (ìzj. Di ciò sdegnata Venero comandò al suo figlio Cupido che l'accendesse di ferven-tissimo amore per alcun uomo di bassissima condizione. Ma di lei innamoratosi l'istesso Cupido, la fece soavemente trasportare da Zefiro in luogo oV era un boi palazzo in cui Cupido di donzella la rese donna, odio cui, per voglia di vedere questo suo sposo mentre ei dormiva, ella accidentalmente con una favilla della lucerna lo scottò e svegliollo; ond' egli adirato se ne fuggi a volo: ma Psiche pigliandolo per un piede, fu da lui portata per aere finche cadde, ed alla fine fu assunta in cielo dove in perpetuo potè fruir di Cupido al (piali! poi partorì la Voluttà. Sotto dunque la figura di Psiche alata ci si rappresenta l'anima. Così Dante nel Purgatorio Canto X. prese la farfalla per simbolo delle anime nostre che dallo stato di questa vita temporale passar debbono a quello della vita eterna, dove dice: Non v'accorgete voi die noi slam vermi Nati a formar l'angelici! farfalla? Si può crédere che l'artefice abbia scolpite le due colonne di questo marmo per dinotare nel miglior modo eh' egli poteva il bel palazzo d'Amore in cui Psiche fu trasportala da Zefiro; poiché quelli che hanno in pratica gli antichi bassi-rilievi e gl'intagli sanno bellissime quante volte gli artefici per dinotar le palesile ed i portici vi mettevano una colonna, per segno di questi, ed un' erma o termine per segno di quelle. Anche Amore adunque entra nel numero delle mitologiche Deità Aquilejesi : non così però Psiche, se non in quanto, dopo che fu assunta in cielo, fosse stata venerata per Dea quella Psiche che prima in terra veniva, qual nuova Venere, onorata con culto di-v ino e con sacrili zj. In Aquileja trovati in casa Capodalei una lapida colla seguente iscrizione: TIT . CAESARI . AVG . E VESPASIANO . IMP PONT . TRIS . POT . VI CONS . des . vi cen SOR!.d .d Incastrata nel muro di una casa presso la già chiosa metropolitana cV Aquileja si scorge una lapida con quesla iscrizióne ; SILVANO AVG . SAC IN . memori am C RVFI . ANTlfI Iiìin . VIRI TALLVS . lib d . d. Questa iscrizione dedicala aj Dio Si] vano si vede nel libro d'Anzio di Monsignor del Torre. In una casa presso la così della torre d'arena esiste in Aquileja la seguente lapidaria iscrizione : SOLI DEO IN VICTO SACTIVM EERONIVS CENSOR SIGNI V • S . I . M. §. 8. Anfiteatro 3 Tempio dAugusto ed Arco de' Sergi in Fola. Pota j antichissima città dell' Istria, giace all' estremità della costa occidentale di questa provincia. Equivocò Strabene applicandoli: i versi di Callimaco, giacché questo poeta parlò d'altra città situata nel regnò di Cadmo 6 d'Armonia. Essa è distante da Trieste Go miglia geografiche per mare e 70 e più miglia italiche per leni di cammino tutto carrozzabile. Nel dicembre dèi 1818. il pachebotto a vapore impiegò sole 12 ore per recarsi da Trieste a Pola ed altrettante nel ritorno. È ragionevole presunzione che Pola fosse città pelasgica, e per conseguenza fondata da pioneMaflei Veronese ed il GonteCormnendatore Gianrinaldo Carli Giuslinopolitano diede luogo a delle questioni famose. 11 Mafie! opinò che questo edilizio non fosse che semplice teatro ; ma il Carli dimostrò evidenlc-mentech' esso era un anfiteatro siccome per tale fu sempre riputato dagli uomini eruditi di tutti i tempi; e nella sua grand' opera delle .fatichila italiche egli ne dà le più istruttive illustrazioni e spiegazioni , unendovi quelle ulteriori ragionate deduzioni che aprirono le tracce alle altre scoperte fatte colle posteriori scavazioni le (piali cangiarono le di lui congetture in verità. Si crede che questo anfiteatro sia slato eretto poco dopo il regno d'Augusto, ma s'ignorano i nomi del suo fondatore e dell' architetto. La prima menziono dell' anfiteatro di Pola sfa in un breviàrio di quella cattedrale del secolo XIII, nella lezione di S. Germano. Pietro Martire d'Angora fu il primo che »>e scrisse nel i5oi. e lo giudicò un teatro; quindi ne parlarono il famoso architetto Sebastiano Serbo nel i55i., e nel 1(176. Spon e Wbeller ne' loro viaggi d'Italia , Dalmazia e Grecia , al tempo de' quali tutto il recinto sussistaci nella sua piena integrità. Questo monumento del quale insieme cogli altri antichi edilizj de' Romani venne ordinata la conservazione e rislaurazione da Feo dorico Re de Goti, ne* tempi cioè da noi chiamati barbati, fu oggeito di simile cura anche sotto i Patriarchi d'Aquileja, in un documento dell' anno i5o3. in cui stanno registrati i diritti del Patriarca nell' Istria trovandosi comminala la pena di cento bi-sanzì corrispondenti a 60 zecchini veneti pagabili al Patriarca per ogni pietra che alcuno oserebbe asportare dall' Arena e dal Teatro a quo' tempi dello Zadro, ora intieramente distrutto. La figura dell' Anfiteatro è elittica. Le sue principali dimensioni col confronto di quelle dell' Anfiteatro di Verona, ridotte a misura di Vienna sono le seguenti Pola Verona pied. oiic. In mis. ver. Lunghezza dell'asse maggiore l\\t> 5 ^83 2'/3 44^ - Lunghezza dell' asse minoro 332 7 390(5 3()2 1 Lungh magg, dell'a»»e dell'«rena 214 3 ?33 6 aiti 6 Lunga, min. dell* «ssc dell' arena i3o 4 '4° 9 J3° 6 L'altezza tolale dell' Anfiteatro di Pola dal basamento sino al corso più eminente imporla piedi cjO, b" o/". L'Anfiteatro di Pola è più piccolo di quello di Verona ; ha però come quello archi 72 , ma l'apertura di questi è minore. L'altezza dei detti archi nell' ordine eh' è sopra terra dal basamento alla loro chiave è di piedi veneti 16, once 1. Gli archi alle due estremità sono più grandi degli altri, avendo d'apertura piedi ven, 14, io"6"' e dialtezza piedi 17, 6" 6"' cosicché tagliano l'architrave. Quest' arcata è in mezzo a due altre più grandi purè delle rimanenti ; per ciò che spetta l'apertura fra i pilastri essendo di piedi 10, 7". Tutta la mole è divisa in due ordini di arcate sovrapposti l'uno all' altro ed ha un terzo ordine di finestre quadrate che gira sopra gli archi stessi. La luce di questi fra pilastro e pilastro è di piedi 9, c dalle once 4 fino alle once 11. Il lavoro è rustico e a bozze come quello di Verona, e 1' ordine architettonico , secondo il Palladio , è toscano, ma con leggi particolari. E inesplicabile l'effetto che fa all' occhio e per di fuori e per di dentro l'intero e sano sontuoso giro di questa mole con tutte le sue aperture ed in tutta la sua altezza non pregiudicata nel fondo da oltraggio di terreno portato che ne copra una parte com* è seguilo a Roma ed a Verona. Nel di fuori la bellezza dell'apparenza viene accresciuta dalla bianchezza della pietra. Nel profilo e nell' ordine più alto la muraglia va dolcemente restringendosi per di dentrc) in proporzione che si va alzando, e sopra le finestre si ritira al di fuori ; il che dà all' edifizio una maggiore consistenza. I massi di pietra sono di piedi veneti 5, 6" di largo , ed alti piedi 2, tì", grossi egualmente piedi 2, ci" circa, cosicché due uniti insieme formano la grossezza del muro. In queste pietre sovrapposte l'una all' altra si comprendono i due pilastrini e la colonna, in mezzo , intagliata nelle medesime pietre. Di simili pietre è formato tutto questo grande recinto e vi è da ammirarsi comi; bene un sasso e all' altro sovrapposto ; poiché un tenue cemento sembra che gli unisca e che dagli arpesi, o chiavi di ferro fossero assicurati vedendosene i buchi, come appunto si vedono nell anfiteatro dì Verona ed in quello di Roma. La struttura del muro formante la pilastrata è fatta in mudo che cominciando abbasso sopra la piètra lunga piedi 5, 6" in fronte, ce ne sono in fianco unite due equivalenti alla larghezza di quella disotto. Nel di dentro non vi sono colonne piane che tagliano i capitelli de' pilastri, ma ci sono gì' interi pilastri cogl' intieri capitelli tanto in un ordine quanto nell' altro. Sopra la cornice dell' ordine più alto perpendicolarmente ad ogni pilastro vi è uno zoccolo, o dado alto piedi 2,5", e largo piedi 2,4". Questo ha un buco di sopra, quadrò per ogni lato piedi ì, 2'. Sovra di esso v'è nella muraglia scavato in linea perpendicolare un canale corrispondente al labbro del buco suddetto sino alla cornice eh'è tagliata dal detto canale. Siccome sopra di questa il muro si restringe al di fuori, cosi Ili praticalo un rialzo onde livellare; il sottoposto canale fino alla gronda. Questa gronda ha un buco perpendicolare , e tutto questo indica che per essa gronda passavano le antenne le quali s'incassavano ed assicuravano nello zoccolo. Ciò che non si è veduto né nel Coliséo, nò in Verona, una panchina Sostenuta eia pilastrini o mensole gira luti' all' intorno ; ma presentemente è in gran parte distrutta. Un' altra singolarità dell'Anfiteatro Po-lense non più osservala in altri sono le torrette. L' ordine più atto è ornato di quattro finestre nelle quali è notevole il lavoro variato della pietra che le chiude e che traforata/a disegno lascia comodo all' ingresso della luce. Sono le delle finestre alte piedi ven. tì, 6", larghe piedi 3, 6", hanno cornice propria e proprio ornalo, indipendente dal rimanente della fabbrica. La mensola che sostiene la panchina la quale circonda tutta la sommità del recinto è alta piede 1, b", larga all' alto piedi 2, io" o-d alla baie piede ij 6". La gronda che gira tua* all' intorno è alta piedi 2, e fuori del muro si spinge piedi 2, 6"; è incavata al eli 8 v ***** (A) ' '! zoccolo più grande piede 1, 2','\ e l'altro, once li. Le colonne sono abbinate e scannellate appoggiate alfe pilastrate e risaltano più del semidiametro. La loro allezza dal listello sino all' astragalo è di piedi i4> 11V : il diametro piede i,7" prossimamente. Il capitello ha. di altézza piedi 2, 1", di curvatura once 471 di pmjeiiura piede i| i-j", di quadrato piedi 2, 4". L'epistilio 1 il fregio e la cornice ha di altezza piedi 3, 7". La base delle colonne è attica, e compreso il plinto ha un piede di altezza, eroe vuol dire j| parti del diametro', e non la mela. Vi sta anzi di più un basamento, Q controplirito, o zoccolo, tulio intiero che unisce amondue le basi, alto once 2 più del plinto suddetto, cioè once f), come appunto si vede negli ardii di Tito, di Severo, di Costantino. Il basamento co! plinto fanno la metà di (ulta la base che perciò, tutto comproso , è alta once iG. In questa base si unisce! alla semplicità l'eleganza , essendo composta da un listello, da un loro superiore, da un cavetto1, ò canaletto, <• dal toro inferiore che [loggia sul plinto. Il piedestallo non ha per cimazio che uno scanalilo alto once 2, eil una gola rovescia serve a tulle due le colonne, ed è il basamento di tutto il pilastro dell' e.rco. Negli ornali l'architetto e l'artefice andarono a gara per corrispondere al magnifico e splendido genio della persona che ordinò il monuménto alla memoria di sua famiglia Ne' rimasti edfi/.j de' Romani forse non se ii" ritrova unoche per l'eleganza e finezza del lavoro possa a questo uguagliarsi D'una bellezza assolutamente singolare è la base delle colonne, il capitello, la cornice ed i fregi particolarmente, ed egualmente pregevoli sono gli ornati de' pilastri , dei lati interni e del fornice. Ne' fregi de' due lati esterni è ammirabile la varietà delle armi ed insegne in esse effigiate, vedendovisi espressi i clipei, le parme, gli scudi ovati, le pelte quadrangolari, la pelta lunata, scudo di Ile Amazoni, la pelta dalla sua figura chiamata cetra, simile a quella d'Orfeo che rassomiglia ad un violino, le insegne legionarie e le diverse armi di taglio e di punta, le galee e cimieri di varia forma ec. Dall' aplu-Strepoi (ornamento di nave appeso alla sommità della poppa) due volte replicala ne' fregi può dodursi che L. Sergio abbia servilo nelle batlaglie navali contro Pompeo e contro Antonio ad Azzio. Il prospettò di questo monumenlo giacente fra settentrione e mezzogiorno della citià rivolto verso la campagna, nella parte decorativa, non fu portato al suo compimento, giacche i capitelli non sono che abbozzati , ed i fusti sono in parie mancanti delle loro rispettive incannellaluro. L'ordine di quest'arco è Corintio come quello del tempio d'Augusto , e dalla delicatezza e bellezza del lavoro potrebbe giudicarsi esser opera del medesimo architetto e de' medesimi artefici. Oltreccbè il masso di questo magni lieo edilizio è alquanto sconnesso e scomposto dal tempo, ebbe esso ultimamente a subire un nuovo guasto da una mano rapaci; che per divozione all' architettura staccò una parte essenziale di un capitello e se lo trasportò oltre mare. Nessun' altra città però fu cosi felice come Pola nel conservare pezzi d'antichità cosi nobili, così grandi, cosi interi, nò sa-prebbesi dire in qual altro luogo veggansi capitelli, cornici e fregi Corinti! così ripieni di delicato intaglio e cosi conservati da poter servire di scuola utilissima d'architettura. §• 9- Gli acquidotti romani presso Trieste. Il suolo Triestino fra parecchi avanzi di Magnifiche opere romane tuttora ostenta un acquidotto antico ben meritevole della più giusta ammirazione. Il P. Ireneo della Croce rie! Lib. IH. della sua storia di Trieste ai (iap. X. par? laudo dell' esistenza di parecchi acquedotti antichi in questa città, fa menziono anche del sontuoso acquidotto romano di Clìnziza Fabbricato con molla aite e noi: minore dispendio. Egli ne indica il luogo della surgelile distante oltre 7 miglia da Ti leste ver so levanti sotto l'antico castello di Moeoò , ora distrutteli non molto lungi da Fiinlci" berg, cosi denominato dall' essere cinto da cinque ripidi inaccessibili monti di duro macigno. Quasi in mezzo a questi molili sotto le immense radici di un aspro masso lungo piedi io ed allo (i circa, da un capace foro naturali» sgorga un abbondante vena «l'acqua fresca e perfetta che mediante questo art in» eioso acquidotto veniva trasportata in Trio si e. Lo storico Triestino avea bensè notate le di lui \esligia apparenti ai fianchi de' nionli di Siaris e di S. Michele verso la valle di Zaalc e le contrade di Castiglio ne e ili Guardis non che sopra le collii; di Ponzano, ma non seppe decidere si scavarono a scarpello un lotto nella viva pirli.i delle montagne ove vi murarono il canale per lungo tratto, ma furono obbligali a costruirne una porzione sul dorso della montagna formata di ghiaja la quale in seguilo cedendo alla voracità dell' acque in parte si slamò insieme coli' acquidotto , di cui ne sussiste ancora un residuo per cadere al primo movimento di quel terreno. Del canale incassalo nella viva pietra più non resta vi sibilo chi; l'incassatura medesima; qua e colà poi rimangono alcuni pezzi d'acquidotto chif mostrano il modo di sua costruzione e servono di guida a riconoscere il suo arlili-zioso andamento. A Bolunez nella vicina campagna scor gcsi prominente sul terreno un avanzo di muro che racchiudeva l'acquidorto, il quale segue il suo livello finché gradatamente passa a celarsi sotL'rra di circa due piedi. Da qui fino al monte del castello di Trieste il canale sotterraneamente percorre sempre sepolto alia stessa profondità una strada di circa i2 miglia di lunghezza con una linea serpentina costeggiando le prominenze dei frequenti collicelli e le sinuosità delle molte valli che nel cammino s'incontrano. Sembra che il declivio dell' acquidotto non debba essere stato uniforme in tutta la sua lunghezza, poiebèin alcuni luoghi si osserva di minor larghezza ed altezza, e ciò sicuramente per l'unico molivo che essendo in quei tratti la inclinazione maggiore, maggiore pure diveniva la velocità e giudiziosamente piò angusto poteva essere il canale. Nelle 46 sezioni del canale, parte novellamente scoperte dal sullodato Sig. Consigliere Nobile, e parte già cognite dell' acquidotto si riscontrano differenti misure. Alla imboccatura della sorgente esso trovasi largo piedi 2- Viennesi ed alto piedi 5; nella maggior parte delle altre sezioni è largo pie- de ed alto piedi 2^ fino a 3, in due finsi-mente fu misuralo della larghezza di piede i4- ed altezza di piedi 2; rendendosi visibile che ivi l'acqua arrivava a un piede di altezza. La costruzione di questo acquidotto esaminato nel terreno molle e terroso apparisce molto semplice. Ln ammanso di piètre c di calce gettate senza ordine nelli fossa escavata, ne compone la base ;,d»e muri laterali coperti da un volto si ergono sul medesimo e (ormano il canale dell' acquidotto. Questi muri laterali sono costruiti cor. certi! piccole pietre che pajono squadrate artificiosamente a guisa di uiaLlonì, ma in r..iaìi.à non sono che pie tre aventi una regolari là naturai e, Tanto questi muri fatti di buon cemento quanto il muro orizzontale su cui poggiano essendo intonacati da un terrazzo dola grossezza di un pollice e mezzo "formavano una strada ben levigata all'acqua che si scorre* libera e con piccolo molo, onde non guaslire rintonaco delle pareli. Il volto è in generale costruito di pietre senza cemento colla saggia cautela di poterlo senza difficoltà demolire ogni qualvolta avesse occorso di scoprire facqui-dotlo ; il che non avrebbe potuto farsi senza "azionare delle crepature nel canaio qualora si fosse costruito con muraglia di maggioro soliciitA. Dalla durezza dei terrazzo e ile' cementi si deduce che a quest' opera possa attribuirsi un' esistenza
  • ui a provare che I* aulica Trieste mollo estendendosi da fucsia parte occupava il delizioso monte del Castèllo con fabbriche dì tasso, come lodi* mostrano i molli avanzi ivi anche reccnte-'nenlc scoperti. Benché non sia possibile di determinare la quantità d'acqua che scorreva per questo acquidotto in un determinalo tempo niaii-cando l'idea della di lei celerilà, pure nella supposizione elio l'acqua elevandosi nel canale a un solo piedi1 di altezza corresse colla conosciuta piccola velocità colla quale 'odiiiariamonte altraversa le fistole misura-triei ne' serbatoj d'acqua, apparisce ch'esso alinienterebbe circa 1O0 fistole di un" oncia di diametro è quindi ne risulta che, versando una fistola di un' oncia di diametro boc-Cali iti di acqua in un minuto ed orne 676 in un giorno, il suddetto acquidotto dava *o3,6tìo omo d'acqua, cioè una quantità 60 volte maggiore di quella che ne som-ministra 1' attuale acqui dotto, se si parafila che questo in tempi di siccità sommi-"'stia appena 3 once dacqua ; polendosi da C|ò altresì dedurre la statistica conseguenza della grande popolazione di Trieste a r|ne* tempi. La perfezione poi dell'acqua di (din-zita si può argomentare dalla pochissima incrostazione che n trova sopra le pareti dtd «anale di questo acquidotto la quale ò anche di una bianchezza simile all' alabastro. ÀI tèmpo de' Romani nella valle di S. Giovanni appiè dal munte Slarebrech «bue abbondavano le acquea segno che mediante cateratte s'eri ivano anche agli osereizj di naumachìa, vi esisteva un altro minore accpii-dotlo del «piale alcuni anni sono sulla falda del Faruedo si scoperse il conduttore tutto riempito di deposizioni calcaree come quelle che lascia l'acqua dell' attuale acquidotto. IV» munificenza dell' Imperatrice Maria Terese. Trieste indi' anno 174')- vide il ristabilimento del menzionato acquidotto «li S Giovanni la di crii sorgente scaturisce presso al podere de' nobili Sigg. «li Marrhisetli dove si legge la seguente iscrizione : PRISCA . QYIRITYM OBERR \T V Kvmc f'i^vo VRRl . FT . Olmi . RESTÌTVTA ****** \ \ \ »ww/i MARIA . TH ERE SIA CYM FRANCISCO IMPERANTI lì VS STVDIO . ET . CVRA . PRAFS1DUM DE . CHOTFK . AC . HAMILTON. Forse verrà un tempo in cui , mercè le cure di un provs ido governo il quale col convertire le paludi e le marémme dell' antica Trieste'in bella e florida città, dalla sua passala depressione politica la sollevò al rango delle prime piazze commerciali d' Europa4 crescendo essa sempre più in opulenza a Segno di poter contrassegnare l'epoca della sua maggiore prosperità, si vedrà ristabilito auc.be il magnifico acquidotto di Clinziza che le ricorderà d' essere già stala grande venti secofi addietro. §■ 10. £ li. stabilimento delle i-azze de' cavalli in Lìpizza. tipizza, posili sul Carso all' oriente di Trieste-, è distante i~ lega da questa città, ^"eo dopo la linea doganale di liasovizza a sinistra (lolla strada maestra si rntra in quel regio bosco piantato diquercie, abolì e frassini , della circonferenza di cloo,ooo Klafter quadrati. Nel contro di questo bosco tutto intorno rinchiuso da rustiche mura si trovano gli edifi/.j (lidio stabilimento e la casa erariale per l'ufficio di rei to da un soprain-leiidcnie a cui sono assegnati cinque individui subalterni ed un chirurgo maniscalco. Prima d'entrare nel recinto delle regie stalle sorge a destra una piccola chiesa sotto l'invocazione di S. Antonio di f'adov a che viene officiata da un apposito cappellano. Questo famoso stabilimento riconosce la sua origine dal genio dell'Arciduca Carlo d'Austria il quale ne geltò te fondamenta indi' anno i58o. e circondar fece di muro i boschi a pascoli attinenti a questa sovrana possessione. L'Imperatore Giuseppe I. si fece una premura di maggiormente ampliarlo e lo ridusse nello stalo in cui si vede oggidì. Sulla porta d'ingresso nella si al la principale sotto l'aquila austriaca leggesj il seguente doppio cronogramma indicante l'anno 171 4-epoca della di lui ristauraziono ed arn-pliazione : LuopnLDo I, Pio Orbls diesare IMpérahte Iosopho InlALlCos DebeLLante. Lo stabilimTito è provveduto delle migliori qualità dì cavalli della Sicilia, del Portogallo, della Spagna, dell' Inghilterra « dell' Arabia i quali trovando qui un clima più mite che in altre parti dello stato austriaco ode' foraggi più confacene alla loro prosperità possono col migliore successo venire impiegati nel miglioramento della loro razza. Le cavalle che in Lipizza si accoppiano agli stalloni originali inglesi ed arabi ed i poliedri restano in queste stalle tinche giungono all' età di un anno al più , quindi passano in quelle di Preslanegg (villaggio un' ora circa lontano da Àdlersberg) dove esiste un simile stabilimento non meno celebro di questo fondato dall' Imperatore Giuseppe I. noli' anno i6qG., d'onde poi in capo a due anni sono ricondotti in Lipizza. Quivi vengono allevati neljo stabilimento «neftè compiscono quattro anni, passali i Ruali si trascelgono i migliori che sono desinati per cavalli di maneggio nello impelali stalle in Vienna, e gli altri vanno venduti ai pubblici incanti che annualmente si io tengono nella locai ila di Lipizza stessa. J nutritivi pascoli pieni d'erbe aromatiche che crescono tic' fondi prativi spettanti a questi due stabilimenti, contribuiscono sommamente a conuinicare una straordinaria vivacità, robustezza ed agilità a questa ben combinata razza di cavalli, decantati .spezialmente per la sottigliezza delle gambe e [iella forza e sodezza dell'ungine che nel calcar lino dalla prima gioventù delle strade tulle seminate di massi e pietre indurano a segno di poter reggere ai più faticosi lavori. Dal dipartimento del grande scudiere di S. M .l'Imperatore in \lenita dipende immediatamente la direzione di questo importante e dispendioso stabilimento. §. !.. Il castello di Duino. Questo castello compreso nel circolo dell' Istria sorge sulla sinistra sponda dell'Adriatico a settentrione di Trieste distante per mare 18 miglia geografiche, e per terra 2 leghe tedesche da quesla città donde in tempo di calma chiaramente si scorge adocchio er, ili) r*rrr, nxulo. L'antica e vasta rocca fabbricata Mir °n' eminenza che pienamente domina il mare, gode di un ampia vista deliziosa. \ 'ha un piccolo porto clic offre un sicuro ricovero alle barche pescheréccie ed ai legni del pie-colo cabotaggio. Il suolo di Duino, benché seminali! ili pietre e rupi, non è però ingrato al cultore del ipiale anzi ne ricompensa il laborioso travaglio con delle frutta squisite, con dell' olio eccellente e con vini prelibali. Nelle sue aggiacenze si trovano quelle copiose cave di dure pietre suscettive della migliore politura che ai Romani servirono per l'edificazione della immensa città d'Aquileja ; siccome Imre vi esiste altra casa di bellissimo marmo nero. Un tempo Duino come casa di stipile appartenne ai Signori di questo nome. Neil1 anno i5i5. ne fu al possesso Stefano Signore di Duino, nel 1270. Guglielmo Signore di Duino, nel iJÒC), Giorgio Signore di Duino, °d Ugone Signore di Duino che nel i383. hj. il primo Capitano di Trieste, nel i385. ditone Capitano della provincia della Cartola. Dopo che questa famiglia rimasi; cstin- rrrrr ] lt) rrrrr ta , la signoria di Duino con molti altri feudi ancora fu posseduta dai Sigg. di Walsoc , o Valsa, uno de' quali di nome Rodolfo nel lOip. fu il terzo Capitano di Trieste, ma essendosi spenta anche questa stirpe, le di lei signorie si sono devolute alla Serenissima Regnante Casa d'Austria. IN eli' anno i5o8. Duìno fu assoggettalo alla repubblica veneta dal patrizio Antonio Contarmi comandante di una flotta nell' Adriatico; e questa piazza venne occupata dal Capitano Nicolao Bardo. Riconquistato dagli Austriaci, Duino fu sempre retto da un Capitano, carica che nell' anno i5n. fu sostenuta da Simone Ilimgersbach il quale unitamente ad altri deputati venne dall' Imperatore Massimiliano i. spedito a Gorizia con autorizzazione di riceverne l'omaggio ereditario in nome di Sua Cesarea Maestà e di confermarne le franchigie. In seguilo fu eletto a Capitano di Duino il Sig. Giovanni Hofer. Dopo che fin dall' anno i4^9- 'I Sig. Febo di Thurn ebbe conseguito dall' Imperatore Federico V. le decime della signoria di Duino e di S. Giovanni di Duino presso il Timavo, tutto questo feudo fu comperalo dalla nobilissima famiglia dei Conti della Torre già Duchi di Milano onde anobi; gli attuali Signori ereditar] di Duino, loro immediati discendenti, portano tuttavia il titolo di Signori di Valsassina ch'era il fondo principale della loro corona. Fra i più cospicui ascendenti di questa antichissima Stirpe , nella storia dei Patriarchi d'Aquileja sono particolarmente memorabili tre Conti della Torre, Raimondo del (piale, oltre parecchi illustri monumenti, esiste una moneta argentea molto pregiata che nella postica porta due gigli intrecciati i quali colla torre formano l'antica slemma gentilizia della famiglia Turi-lana Chi se ne serVe tuttavia; Gastone, tiglio di donna Allegrancia della nobilissima famiglia della Rande milanese, di cui nella cattedrale di Aquileja si Vede una lapide sepolcrale ned pavimento della cappella detta de' Conti Turriani, e Pagano, figlio di Caverna, nipote del prefato pai riarca Raimondo, il quale da Padova Ove già aveà la sua sedi; vescovili seco in Aquileja condusse 1' immortale poeta e filosofo Danio Alighieri, discacciato dalla fazione de! Guelfi. Fu egli che prese Tarmi contro i Visconti ili Milano o contro i Veneziana coi quali nuli couciiiuse la pace per mediazione ilei Pontefice Giovanni XXII. rendendosi d'altronde venerabile pur la santità della sua vita e per le religiose peregrinazioni nell'Asia, nel Catajo e mille Indie orientali da lui medesime descritte collo stile del Grisostomo in apposite notizie irradicale da quella pura luce di eterna verità che rifulge nelle divine opere del grande Agostino, Non molto lungi dal sunominalo castello sulla destra sponda del TimavO giace l'antica chiesa parrocchiale di Duino nota sotto il nome di S. Giovanni di Duino che, tuli' autorità di Strahone, si vuole essere Stata fabbricata cogli avanzi del vetusto tempio eretto dai Veneti a Diomede e quindi dai coloni Aquilejesi consecralo alla Speranza Augusta , deità chi; avea dui; tempj in Roma e la di cui festa nell' antico calendario romano ricorreva il primo giorno di agosto. Ciò sembra comprovalo dalle tre lapide votive sacre alla Speranza Augusta che si trovano incastrate nel muro esterno di quel presbiterio, formato di pietre comuni delle cave del luogo tutte riquadrate ed uguali in S '"" lllJ dimensione per lungo e per Logo. Due (li dette iscrizioni, benché mal copiate, noie 0|auo agli studiosi di amichila - ma nell'anno 1820. il meritissrmo parroco decano di «fon falcone Cavaliere Don LorenzoDro. Rai-nis ne rinvenne una terza commessa nello stesso muro soltanto alcuni piedi più in alto. Le dette lapide sono state da barbaro 0 ignaro S'Mi'pcllo private in cima ed a piedi della cornice che le fregiava, e più dell'altre fu maltrattala la lapida novellamente scoperta ove nel primo verso non rimangono più che alenili frammenti di lettere. Nelle due lapide già pubblicate nelle raccolte dal Grillerò e dal licitoli gli eruditi Sigg. Abati Bermi , Bromati e Vatta avendo scoperti degli sbagli essi, nel presentarne in una memoria stam-pata la copia della loro vera forma, ne rettificano le lezioni di quelle , e danno la lezioni' delta terza, finora inedita, colle rispettive illustrazioni, come segue. /. Iscrizione. SPEI . AVG . G SACCON 1VS . VARR O . TRIB CO Jl . I MI LIA III Al, DliL MATARV M . V . S Questa Iscrizione, tradotta in italiano significa : Gajo Sacconio Variane } Tribuno della I. nùl-liaria Coorte di Dalmati scioglie il auto alla Dea Speranza Augusta. Da questa iscrizione rilevasi non solo the nell annata romana i Dalmati formavano un separato Corpo di milizia il quale, come gli altri, dividevasi in Coorti; madie la Coorte delia quale era Tribuno il nostro Gajo Sacconio Varrone contava circa mille fanti quando le altre Coorti non ne contavano che cinquecento circa, IL Iscrizione. S . A . S . PROSAL AQV1LIM VILTCI . AVGG LT . PITI . IVLI AQVILIM fJ*r* 121 ***** IVLIA STRATOMC V . S. Questa iscrizione tradotta in italiano significa: Giulia Slratonica fa un sacrifizio alla Dea Speranza Augusta in iscioglìmento di colo pei la salute di Aquilino castaido della Casa Imperiale, e dì Tito Giulio Aquilino. II Gruferò nella sua Raccolla d'Iscrizioni antiche riporta un cippo sepolcrale rinvenuto a Thorenstcin verso il Reno dalla nostra Giulia Stratonica eretto al medesimo Aquilino di lei marito ; dal che si può con-chiudere che la famiglia degli Aquilini fosse stata stabilita in una colonia romana nell' Alemagna. ///. Iscrizione. I a v c AVCONIVS OPTATVS EQ P DEC l T IIVIR CtAG PRO SAIATE TAVCOft'I OPTATI FILI SVI EQVIT ROM V M Questa iscrizione tradotta in italiano suona così : Alla Dea Speranza Augusta Tauconio Oliato Cavaliere col cavallo pubblico, Decurione e Duumviro della Colonia Claudia Agrippina, fa volo al merito per la salute di Tauconio Ottalo di lui figlio Cavaliere romano. Questa lapide ci conserva la memoria dì un personaggio molto riguardevole. Si sa che nelle colonie il corpo dei Decurioni, conte il Senato in Roma, formava decreti ed eleggeva i pubblici funzionari 0 che i Duumviri vi presiedevano come i due Consoli. Era sommamente onorevole il benefizio del cavallo pubblico che dai Censori non accordavasi che a quelli soltanto i quali avea-no una plausibile condona civile e militare. La colonia romana Claudia Agrippina che oggidì sì chiama semplicemente Colonia t riconobbe il suo nome dall' Imperatori; Claudio Nerone e da Agrippina di lui madre la (piale, al dir di Tacito, volle dedurle colonia militare di veterani, per rendere più illustre il luogo della sua nascita e per far pompa dtdla sua potenza anche in faccia alle nazioni confederate. Il nostro Tauconio es- sondo dell' ordino equestre non poteva avere Un entrata minore di 4no,ooo sestorzj. Il Timavo celebre fino dai tempi eroici riconosce la sua origine dal fiume Rocca. Sette sono le di lui bocche , quattro delle quali si vedono sempre maggiori e più copiose d'acquo, tre sempre minori, e tra queste Una più piccola e più povera, ma che non si dissecca mai e cresce e s'intorbida a misura delle altre. Tanta è la freddezza dello sue acquo anche ne' mesi di luglio e d' agosto che appena si soffro colla mano e spezza ancora i vetri. Questo fiume che dalla sua sorgente alla sua foce in mare è considerato lungo appena un miglio italico, motivo por cui fu dagli antichi dotto piuttosto fonte che fiume, sì è reso famoso nella guerra dogi' fstri contro i Romani e col poema di Virgilio, come pure per le terme di Monfalcone, per la sua vicinanza alla città d' Aquileja, per essere stato riconosciuto qual ter-niirie e confine dell' Italia, e per a\ er lungo tempo servito di sicuro porlo ai navigli domani. Con un battello di nuova costruzione che.si trova alla riva della posta il viaggio da Trieste a Duino si fa in tre ore, e con battello fornito di remi di punta coli' ajuto delle vele, anche in due ore. Nella state si suole partire alle ore 3. di mattina e nelle altre stagioni, alle 7. per essere di ritorno a Trieste verso la sera. Per la semplice gita il prezzo ordinario è di fior. 2, car. 3o, e quello di tior. 4i compreso il ritorno. §. 12. La regia foresta di Moutona. Montòna prese il nome dalla sua situazione che sopra un'erto monte fertile e ben coltivato dall' industria de'suoi abitanti. Giace quasi nel centro dell' Istria in vicinanza a un piccolo confluente del fiume Quieto. Anticamente fu uno de'più forti castelli di questa provincia. Nel 1278. passò per volontaria dedizione sotto la repubblica veneta che vi mandava per governarla un suo patrizio col titolo di Podestà. Ora è residenza di un I. R. Commissariato distrettuale. Montona acquistò della rinomanza spe-cialmenle per la sua selva giacente nell'ampia vallo a lei soggetta che ne porta il suo nome. Quesla preziosa foresta della circonferenza di circa 3o miglia, disiarne mezza giornata di cammino da Triesle, ha il suo principio presso alla grolla di S. Stefano celebre per quelle acque termali, è attraversata in tutta la sua lunghezza dal Quieto, alternata da prati e da ruolini e intersecata da canali, ed è resa amenissima dalla sua situazione e dalle romantiche scene che offrono i suoi dintorni. Essa è ben folta di robuste ed annose piante atte alla costruzione navale ed ai rilevanti oggetti delle artiglierie, somministrando le querce e gli olmi, legni che agli altri vengono preferiti perché resistono molto bene all'acqua ed anche vi s'indurano; qualità inestimabili della querci altieri essendo quelle di essere fortissima senza riuscir gran fatto pesante, di curvarsi e piegarsi agevolmente, e di resistere alle ingiurie dell' aria. Venezia trasse da questa selva gli alberi, d'alto fusto e la maggior parte del legname 'la costruzione per i suoi navigli mercantili (1 da guerra d'ogni rango con cui un tempo sostenne il suo antico immenso commercio, acquistò l'assiduto dominio su tutti i mari, f\rffe\ j2U) rrrtr* e triojiiàiido di Genova sua emola e nonne.» si roso sempre più rispettabile e temuta in faccia allo allro nazioni col ricco numero do' suoi vascelli e delle sue galero. L'importanza di quest' antica selva la roso un oggetto di particolare gelosìa del governo veneto che in .ogni tempo adoprò tutta la vigilanza e la premura per la di lei conservazione e prosperità a prolitto della sua marina per la quale ossa forniva il legname all'arsenale di Venezia. Attesa appunto questa di lei importanza venne istituita un'apposita amministrazione col nome di Soprai ri-tendenza alla valle, ossia al bosco di Mon-tona, separatamente dall'amministrazione stabilita per gli altri boschi dell'Istria e per quelli dell' isola di Voglia. Colosta amministrazione era diretta da un capitano immediatamente subordinalo al comandante-delia marina in Venezia] incombenza del quale era d'invigilare con ogni più zelante attenzione alla conservazione d» questa solvale colla coopcrazione di un Ingegnere navale e di una maestranza dell' arsenale di Venezia, segnare col marchio gli alberi destinati alla costruzione navale, non che spedirli al caricatore della Bastia donde per >1 Quieto venivano trasportati all' arsenale. A questo medesimo capitano erano sottoposti tutti gì' impiegati civili ed i guardiani del bosco*, ed egli teneva una cassa delle rendite e delle rimesse che gli venivano fatte dal Comando della Marina dello Stato residente in Venezia. Il sopraintendente a cui era affidata l'amministrazione degli altri boschi dell'Jlslria, ne conservava i catastri, e le curazioni de' boschi privati non potevano venir praticate se non ogni otto anni, e previa di lui visita venivano bollate le piante inservienti alla conslruzione navale le quali , impresse ch'erano del marchio, divenivano intangibili. La cassa camerale di Capodistria corrispondeva gli stipendj al personale della Sopraintendenza. Ogni comune nel di cui distretto esistevano de' boschi era in obbligo di tenere i suoi guardiani senza verun pubblico aggravio. Un' apposita deputazione criminale era destinata per le inquisizioni e pene che venivano inflitte col massimo rigore ai danneggiatori de' boschi. Dall' anno 1806. al i8i3. , la materia boschiva dell' Istria, benché sia quesla provincia situata nell' Illirio, venne assoggettata al regno d' Italia e posta in immediata dipendenza e corrispondenza col demanio di Milano. Il governo austriaco fin dalla prima sua occupazione dell' Istria nel 1797-, preso in considerazione (pianto importi allo Stato la conservazione e la conveniente coltura di quesla regia foresta si propose di regolarne l'amministrazione con delle ben intese e diligenti discipline; ma i sopravvenuti cambiamenti polìtici hanno finora impedito di mandare ad effetto le savie e benefiche disposizioni contemplate. Presentemente pero, dopo che da parecchie commissioni espressamente istituite a questo line, fu verificalo localmente lo stato di questa selva in unii i suoi rapporti, tanto più interessa la cura di conservarla quanto che in essa vi esistono oltre a 100,000 piante bollate a vantaggio della marina nazionale, e la vegetazione continua di novelli germogli favorita da uni addottala coltura ne assicura la sua co starile durata e prosperità. §. i5. Il fanale marittimo di Salvore nell Istria. •La repubblica veneta che per il corso di Gioiti secoli tenendo l'assoluto dominio de* mari fu la legislatrice del commercio , non s> caro mai di erigere de' fanali sopra le sue coste marittime dell Adriatico tanto pericolose dall' estrema punta di Promontorc fmo a Cbioggia. L'Imperatore Carlo VI. insigne prole! Lo -re del commercio e dell' industria nazionale, col dichiarare Trieste porto - franco aperse bensì la porla al commercio marittimo della Monarchia austriaca, ma non polendo mandare ad effetto un simile stabilimento in sito opportuno per la navigazione Triestina attesa la ristrettezza del suo Ut turale el'im-possìbilitù politica di farla costruire sul territorio straniero , il commercio austriaco £bbc frequenti volte a soffrire de' gravi dan-*» co' naufragi di molti grossi bastimenti c°n preziosi carichi i quali, dopo malagevole lungo viaggio giunti a poca distanza ^1 porlo , per il tempo procelloso e bujg W/M l3o "fr. pericolarono infranti sulle coste dell' Istria, 0 portati in secco sulle sabbie di Grado , o sui bassi fondi del Friuli. Il nostro munificenlissimo Monarca, nella benefica saviezza de'suoi consigli con veramente paterna sollecitudine ordinata avendo l'erezione de' fanali necessarj sulle coste marittime dell' Adriatico, porse al grande commercio dello Stato uno de' più efficaci mezzi influenti sulla di lui sicurezza C prosperità. Volge ormai il (plinto anno dacché in adempimento di tale Sovrana Ordinazione per decreto dell' J. R. Aulica Commissione per gli affari di commercio, nel distretto di Pirano sull' estremità della putii a delle mosche, una delle tre punte che formano la corrente di quella di Salvore distante da 2o miglia italiche da Trieste e corrispondente ai rombi di sud - west e nord - west, a spese del benemerito ceto mercantile di Trieste (uetto venne dalla parte di mezzodì il fanale marittimo che al navigatore diretto per il porto-franco di Trieste annunzia la deviazione ch'egli dee fare al suo cammino onde non perdersi nelle sabbie di Grado. Partendo W#M 1 31 rrn» vigno la punta delle mosche è situata "ella direzione di nord-nord-west, però alquanto verso il nord. Questo fanale fu costruito dietro i mobili delle migliori lanterne dell' Europa e segnatamente di quella eli Livorno sotto la direzione del Sig. Pietro Nobile, attuale I. R. Consigliere nel dicastero aulico delle pubbliche fabbriche di tutto lo Stato e Direttore dell' Accademia di belli arti in Vienna nel ramo di architettura. Incominciato nel mese d. marzo dell'anno 1817. esso presentò su]!' Adriatico per la prima volta nella notte del 17. Aprile 1818. l'illuminazione a gas applicala a favore della navigazione crucciando carbone fossile d'Istria in vece d'olio. Questa illuminazione a gas per zelo e diligenza del Sig. Giovanni Lodovico Weber regio Console di Svezia in Trieste, deputato della Rorsa mercantile alla direzione dello stabilimento, fu ben presto perfezionata a segno che in confronto di quella a °lio collo stesso numero di 42 lucignoli, Mediante reiterala esperienza riconosciuta migliore , conseguì l'approvazione di navigatori e dei negozianti per la maggiore in- trrr* l32 rrrrr lensità della luce candidissima che di floridi* in luogo della giallastra che proveniva dall' olio , e per l'economìa che presenta. "L'edilìzio intieramente rivestito di pietra di taglio scavala sul luogo stesso ov' è innalzalo, ha la forma di un fusto di colonna senza rastremazione con capitello? che poggia sopra un piedestallo quadrangolare. La colonna è del diametro di piedi 16 di Vienna, e la banda del capitello di piedi 2o. Sopra la sua porta d'ingresso v'esìste l'iscrizione seguente: cunsiiìvs NAVIGA M'V M NOCTVRNIS DIRIGEND1S FRANCISCVS I. E. I. 1818. Per una scala a chiocciola formata nell" interno vuoto della colonna si sale al ripiano del suo capitello ove posa la lanterna ottangolare avente 12 piedi di diametro e 14 di altezza, con solidissima intcllcratura composta di colonne e traverse di ferro fuso, eseguita dal I. R. fonderìa a M:\ria-Zell del r'Stf* l33 rrttr P^so di i3,5oo libbre di Vienna e fornita di istalli. Nel suo centro sorge il candelabro ^'ottone il (inalc da 42 aperture disposte in ^ piani circolari orizzontali e paralelli, però •mo dall' altro declinati in diametro, tramanda altrettante correnti infiammate di gas (-'il'1' questo porto-franco, a norma degli sta- urte \&& r"*r bilimcnti di Sicurtà. Ài tre Iati del piedestallo quadrantolare sono addossati i magazzini contenenti i materiali e le officine degli apparati per la distillazione del gas, e le abitazioni dei due custodi. La torre compreso il fanale si eleva 102 piedi, e tutto l'edilìzio, 122 piedi di Vienna, ossia Klafter 2o~ sopra il livello del mare , ed è guarentito dal fulmine per mezzo di un conduttore elettrico che sormonta, la gabbia. Questo fanale situato sopra la suindicata punta di terra che molto s'allunga in mare e (orma un angolo retto con tutta la costa dell'Istria, a destra fino a Trieste e a sinistra fino a Proinontorc , può nella debita distanza venir osservato da ambe le parti onde dar la * direzione ai navigli da Urnago per la via di Trieste, o per quella di Venezia. Le miniere onde traggesi il carbon fossile istriano giacciono in poca distanza l'ima dall' altra sulla rosta orientale dell' Istria nella linea di Albona e Fiamma , quelle di Carpano forniscono finora il miglioro. L'eccedente prezzo esclude pei se il carbone inglese, tanto più che l'istriano vi si avvicina moltissimo per la chiarezza del, lume che il suo gas somministra e d'altronde lo eguaglia anzi lo supera per la (piantiti che ne svolge. Questo ultimo riconoscimento è dovuto all' esperienze comparative appositamente istituite dal professore Giuseppe Ijiignani in Trieste, dalle quali risulta che 6 onde di carhon fossile inglese sviluppano jq6o pollici cubici di gas idrogeno, carburato, mentre l'istriano ne dà ben 23io. In un anno il fanale resta acceso ore 3565, min. 45 cioè Nelle notti più lunghe - j3 - 4o Nelle ]iiù brevi - 6 Nelle altre notti per un tempo proporzionato differente. L' importo dell' illuminazione a gas in Un anno ò di fior. 1717, kr. 26. mentre per quella ad olio accenderebbe a fior. 1861.kr. 2o. Dacché veruni eretto il fanale di Salvore tutti i bastimenti sì nazionali che esteri di Una portata superiore a i5 tonnellate i qua» li, vuoti o carichi, escono dal porto di Trieste, nel mentre gli vengono rilasciate le spedizioni, sono tenuti di pagare all' I. R, Capitaniate del pòrto cogli altri diritti ad e*so competenti anche quello di lanternag-8Ì0 giusta la seguente tariffa, I basti in futi della portata da 16 a 5o tonnellate pagano Car. \ \ Vcr 5_ ' I toil- 1 a 100 - 2 v ■ f nel- - 100 in su - 3J lata. Secondo la storia di Venezia il promontorio di Salvore verso la fine del XII. si rese famoso perla sconfitta apportata dai Veneti alla flotta imperiale di Federico I. detto Barbarossa in cui venne fatto prigioniere suo figlio con 3o galere condotte in trionfo a Venezia. Nella chiesa di Salvore distante 5 miglia da Tirano, in una iscrizione' latina riportala nelle antichità italiche di S. E. il Sig. Conte Carli Giustinopolilano si conservò memoria di questo fatto strepitoso per cui fu restituita la pace all' Europa *). *) Sì pretende ebe questa iscrizione sia stuta composi.'! ini secolo XIV. Heus Popoli celebrale loeum rpiem Terlius oliin Paslor Alexander doni.? celestibus anxit. Hoc cleniin pelago Vcuetae Victoria classis Desuper eluxit, ccciditipie superbia magni Induperatoris Federici. Reddita mnetae Ecclesìae pai tumque fuiti jam tempora mille Septuaginta dabat cent uni aeptemque superimi Paciler adveniens ab Oriente carnis uiniclae. Domenico Tintore! lo lo rese immortale in un suo quadro magnifico allo n piedi e largo 2i eh? è ima delle opere sue le pio ricche e le più stimate. Il governo veneto ne fece un dono al consiglio comunale di Pirano il quale nell' anno 1802. lo trasmise, alla Sovrana (note in Vienna dove fu da me veduto in qnell' I. R. gallerìa de' quadri al Relvedere superiore a destra della grandi! sala collocalo nel riparto assegnato alle pitture della scuola veneta dall' epoca di Gior-gione. Sua Maestà l'Imperatore fece in iscam-hio rimettere ai Piranesi la sua augusta immagine e quella di Sua Altezza Imperiale il Principe Ereditario in grandezza naturale ritratte in due quadri alti più di (i piedi che come prezioso pegno dollu Cesarea grazia vengono gelosamente Custoditi nella sala comunale di Pirano. 1 II colto viaggiatore che amerà di leggère la succitata iscrizione in Salvore vi troverà un altro oggetto da pascere la sua erudita curiosità nella bianca lapide consovrap-posto fregio lunga 4 piedi e larga i~ circa che serve di stipite alla porla piccola di quella chiesa di S. Giovanni volta verso ponente, sopra la quale in bellissime lettere romane sta incisa la seguente iscrizione qui fedelmente trascritta dall' originale: P. TjROSIVS, C. F. PORTIO NAEVIA P. F. QVÀRTA TROSCIA C. F. TERTIA. V. Dell' antica famiglia Trosia romana parecchi monumenti si sono rinvenuti nell' Istria già riferiti dagli Archeologi , e non ha guari ne fu da me scoperto uno in Trieste. Marco datone cognominato Censorino fu l'autore della gente Porcia la quale somministrò molti insigni oggetti eh' esercitarono le prime cariche della repubblica romana, fra i quali uno si fu quello che diede la famosa legge Peti eia in favore de' cittadini romani. Originario dalla medesima illustre gente Porcia presentemente anche fra noi risuono un nome che dalla pubblica gratitudine non si pronunzia mai senza trasporto di venerazione. §. i4- Il grande stabilimento delle saline di Pirano. Pirano è tra le più notevoli e, dopo Ro-Aigno, una delle piò popolati* città dell' Jstrìa. Sorgendo in parte sul dorso di un colle ridente ed estendendosi al piano sopra 1' estremità di un' angusta lingua di terra che alquanto si allunga in mare, la sua forma rassembra alquanto ad una grande piramide. Il sui) porto in cui possono comodamente ancorarsi dngento navi di linea, è uno de' migliori dell' Istria. Alle naturali vaghezze della sua situazione aggiuntisi in questi ultimi tempi gli abbellimenti ricevuti colla costruzione di novelli appariscenti edifizj e di pubblici passeggi , questa città ringiovinita presentemente offre un soggiorno lieto e gradevole in cui altresì respirasi un'aria pura e salubre. Pirano gloriasi d'aver data la culla all' immortale Giuseppe Tartini il quale per i suoi rari talenti, per la singolare eccellenza delle sue cognizioni e per i suoi nuovi musicali sistemi meritò il nome di Maestro dell» rs*fj\ l4}0 t**r*\ nazioni e di nuovo Orjeo, e tiene fra gli uomini illustri del secolo deeimottavo onorevole poslo ne' fasti d'Italia. 11 Piranese è fra tutti gì' Istriani il più laborioso ed attivo. La sua vigilanza lo fa sorger dal letto alcune ore prima dell' aurora ed egli si reca premuroso alla campagna che (ino alla tarda sera iiiama col sudore della sua fronte. La coltura degli ulivi specialmente e la fabbricazione del sale costituiscono i principali rami della sua industria, oltre quella navigazione che gli offre i mezzi ili trasporto e di traffico. Benché vi sienq delle saline anche ne' distretti di Trieste, Capodistria e Moggia, le più vaste saline però e le più considerevoli nell' Istria suno quelle di Pirano, situate in fondo al vasto seno di mare che forma il grandioso porlo delle Uose , al principio della fertile valle dtSiciole distante sei miglia italiche dalla città e traversala dal tortuoso fiume Dragogna. Questo stabilimento esisteva in Pirano fin dal secolo decimo-terzo, siccome risulla da autentici documenti conservati negli archivi, da contratti concernenli la fabbrica- zionc tio.l sale c dai medesimi staimi civici in cui ne vien fatta menzione. Perlo spazio di più d'un secolo il sale rimase assoluta proprietà de'privali. Dopo che Pirano si dedico alla repubblica veneta, fin dall'anno i4o5. il governo riservò a se stesso il diritto di comperare tulio il sale dai rispettivi prò-prietarj delle saline verso le condizioni espresse ne' contratti che in seguito si rinnovarono , e la vendita di questo prodotto per via di azienda continuò a formare una delle pubbliche rendile anche sotto gli altri governi che successivamente signoreggiarono l'Istria. Quantunque i Piranesi si fossero sempre distinti per singolare attività, nondimeno i fabbricatori si trovarono grandemente disanimati, e la coltura del sale ben lungi dal venir portata al suo perfezionamento soffrì anzi degli ostacoli insuperabili, perchè il ■dominio veneto, per ragioni politiche, con una legge positiva impose un limite all' annua quantità del sale da prodursi e con delle altre leggi emanale di tempo in tempo contribuì sempre ad illanguidire il fervore dell' arte ed a restringerne gli utili risul-lameuti. «vw> r+r+A Solfo il cesareo governo vennero tostamente levali gli antichi inceppamenti con delle ordinanze e disile disciplini migliori , ed essendo stati rialzali i prezzi di questo genere l'industria degl' Istriani trovò in essi un fomite pei dei maggióri sviluppi, Allora i Tiranesi sopra tulli si sono con ogni studio e diligenza dedicati alla fabbricazione del sale che specialmente fra loro fece dei notabili progressi coli' influenza di circostanze locali che singolarmente li favoriscono , e mercè la loro particolare inclinazione per tale ramo d' industria. Da un provvido decreto disciplinare promulgalo nell' anno 1808. e da un' ordinanza del 1812. che fissò i prezzi del sale in più equa proporzione con la spesa e la fatica della di lui' confezione , queste saline riconoscono il loro risorgimento di mudo che su que'medesimi Ietti limosi ed argillosi i quali per 1' addietro non proti licevano che sali neri e nerissimi, ora se ne fabbricano di neri, semibianchi e bianchi, rendendosi osservabile che gli stessi sali neri, quantunque spogli delle parti bianche e semibianebe che formano le due prime specie, sono però ninno oscuri di quelli che si fabbricavano in passalo. Le saline di Pirano che sono in attuale attivila comprendono 6363 fondi saliferi detti cavedini, e considerando ogni cavedinoche forma sempre la. settima parte de' terreni adiacenti, come una superfìcie di 27 Klafter quadrati) la loro totale estensione presenta una superficie di 1,202,607 Klafter quadrati. Con un calcolo decennale 1"annuo prodotto di dette saline è valutato a quaranta Centinaia di libbre per cavedino , benché non si possa determinare con precisione la quantità del sale eh] è capace di dare il complesso di questo grandioso stabilimento. Queste saline sono tutte proprietà di privati, tranne cen-cinquautaqualtro cavedini divenuti di Sovrana attinenza attesa 1' avocazione de' beni delle corporazioni religiose seguita sotto il governo italico, i proprietarj delle saline private sono in numero di i43. Quantunque le saline dell'Istria ormai rendano annualmente 566,201 cenlinaja di sale, pure negli anni avvenire esse accresceranno sempre più il loro prodotto. Le sagge provvidenze dell' ìmp. Reg. Commi»- sione Àulica tè fanno sempre più prosperare, e sommamente influiscono alla sempre maggiore estensione di questa industria che nella sua perfezione deve dare i più lucrosi risulta-menti, semprecchè si mantengono i prezzi proporzionati alle fatiche ed alle spese e vengono anticipati de' pagamenti ai proprie-tarj poveri onde così somministrar loro i mezzi di attendere alla regolare coltura de' fondi. Le saline esigono l'opera dell' uomo in ogni stagione e le prime cure per esse sono la perfetta livellazione de'terreni ed il continuo buon ordine in cui devono esseri! tenute onde preservarle dai nocumenti dello acque piovane, delle disalv ea/.ioni do* fiumi e de' ghiacci, affinchè si trovino ben solidi; e salificate al momento in cui devesì intraprendere la fabbricazione idèi sale. Giunto il tempo per questo lavoro il quale viene più o meno tardo secondo il maggiore u minor grado del caldo, le acque marine passano in seguilo sópra i varj terreni adiacenti al cavedino, finché rimangono per l'evaporazione saturate di sale in quella maggior proporzione che si forma colla dimiuu- l'ione della massa dell' arqua evaporata; .al che contribuiscono principalmente l'aria ed il sole. Sul primo terreno le acque sono lanciale, sugli altri vengono successivamente introdotte con piccole chiavi. Quando ferve il lavoro della fabbricazione si raccoglie sale ogni giorno, perchè ogni giorno gli ultimi terreni contengono acque sufficientemente saturate le quali poste sul cavedino si cristallizzano, siccome pure si cristallizzano le. altre acque che vengono levate dalle fosse conservatorie e spruzzate sul cavedino stesso , secondo che i\i si presenta il sale (lìgia formato. La coltura de' fondi saliferi varia secondo la loro diversa solidità e la loro esposizione ad uno o ad altro vento; circostanze delle (piali prende norma l'arte per le sue operazioni. La mano d' opera si paga dai proprietarj delle salino colla metà del prezzo del prodotte» che viene da essi corrisposta a misura del bisogno degli opera). I proprietarj die mantengono i loro fondi nell' ordine richiesto sogliono soccorrere i fabbricatori di tempo in tempo e specialmente nell' inverno; e bene spesso accade che compiuta r*rrt-r\ ] 40 f'■"•*> la fabbricazione, ne restino ancor creditori» L affatto diverso il caso co' proprietarj di saline poveri i quali mancano di danaro per tenere i loro fondi nel dovuto sistema. 11 sale che di giorno è raccolto sulle saline di Pirano viene riposto nelle casette private dove fa il suo primo scolo. Dove queste casette mancano, il sale s'ammucchia all' aperto in figura conica e la pubblica previdenza si fa sollecita di ritirarlo ne'magazzini onde non venga in parte distrutto dalle meteore. In Pirano vi esistono 8 di questi pubblici magazzini della complessiva capacità di circa 243,ooo centinaja. Fjnchù il sale resta o ne' mucchi sui fondi saliferi o nelle casette private, le saline sono custodite da apposite guardie, dirette da un ispettore, da due sotto-ispettori e più capi. Queste guardie prestano servigio nelle saline anche nell' inverno tanto a custodia del sale che talvolta si tarda a trasportare ne' pubblici magazzini, quanto per impedire che vengavi apportato alcun danno colla caccia, colla pesca e coli' introdurre gli armenti a pascersi sugli argini. La fabbricazione del sale ed i pagamenti ww 14 7 " del suo importo ai proprietarj sono determinati dal regolamento 9. febbrajo 1808. Sì--tosto eh' è fabbricata una certa quantità di sale, la Sopraintendenzaalle saline residente in CapodiStria chiede una somma all' I, R. Amministrazione bancale, e laripartisce fra i proprietarj delle saline secondo i rispettivi loro bisogni ed i risultamene del reale prodotto. La medesima operazione viene successivamente ripetuta colle stesse regole. Terminata la fabbricazione e trasportato cb' è lutto il sale ne'pubblici magazzini, la Sopraintendenza compisce i suoi calcoli ed ef-fettua il saldo de' conti. La fabbricazione del sale forma l'argomento di un nuovo poema che sta presentemente componendo uno de'più nobili ingegni Istriani fra il sorriso delle Muse. §. i5. La miniera di allume e vetriolo di Sovignaco nelC Istria. Questa miniera situata nel distretto di Pin-guenle un' ora circa di cammino distante da questa città, alle falde del monte di So- vignare-, viene denomina a l'Allumiera di S. Pietro dalla chiesiuola ivi eretta per comodo di quegli abitanti. E dessa 1' Allumiera maggiore di quante altre n' esistono in lui la V estensione degli slati austriaci , comprese quelle pure di Tbollern nell'Austria superiore e di Commotau nella Boemia che sono le più migliori e le più importanti di tutte. Venne posta in attivila nell' anno 178G. dal di lei proprietario Sig. Pietro Turi ni che la scoperse nei mentre in qualità di uffiziale graduato del genio, per ordine del Senato veneto, trovavasi egli occupato nella formazione della mappa topografica dei boschi dell' Istria. Lo stabilimento giace in un' angusta valle solitaria fiancheggiala da monti, dalle viscere de'(piali estraggonsi in copia ed i materiali da fabbrica ed il minerale da prepararsi, essendo attraversata dal fiume Quieto il quale colle sue acque serve al movimento degli artefici meccanici egualmente che agli usi dei lavori interni. Dai registri doganali di Venezia aven do il governo exveneto rilevato che 1' importazione dell' allume per il consumo del suo Sialo a di qualche parte della Lombardia che lo ***** \ . |CJ mata ritirava per la via di Venezia, dal 1781. al 1786. ascendeva a circa 4*>oo centinaja all' anno, investì il suddetto Sig. Turini per se ed erede del terreno mineralifero di Sovi-gnaco esimendo 1' allume da ogni dazio e permettendone la libera circolazione ne'suoi Slati oltreccbè fece un dono di fiorini 5ooo al benemerito imprenditore onde gli servissero di base per incamminare; un sì utile stabilimento animando vieppiù il di lui zelo con speziale Sovrano decreto. 11 Sig. Turini dopo di aver lottato per il corso di ben Ò lustri con ogni sorte di ostacoli moltiplicati dalla depressione di una provincia, ipiasi priva d' ogni maniera d'industria, non che dall' indole delle successive politiche' peripezìe, ebbe pure il conforto di conseguire il premio de' suoi sforzi e della sua costanza nel veder sorgere in un contorno alpestre prima affatto sterile, incolto e diserto, una ind usi re numerosa colonia, con notabile vantaggio di tutto quel distretto ed uno de' più utili stabilimenti, dalle officine del quale presentemente il commercio, la chimica, e le arti ritraggono i due preziosi indispensabili articoli 1' allume ed il vetriolo la di cui «w i b o <%w*> importazione era per (addietro riservata al Lev arile, all' Inghilterra ed alla Svezia-con danno della pubblica economia ; mentre prima che fosse scoperta quest' allumiera, negli stati veneti mancava del tutto 1' allume senza del quale 1' arte tintoria non potrebbe sussistere. Questo stabilimento condotto dal proprietario medesimo valente chimico, con un metodo affatto proprio e ben diverso da quello che viene praticato nelle allumiere, dell' Austria, della Moravia e della Boemia, mediante le più ben intese e diligenti operazioni tanto nella disposizione e lisciva-zione del minerale e concentrazione delle liscive, quanto nella preparazioni! dell' allume affine di spogliarlo del vetriolo con cui è copiosamente unito, giunse a prosperare in guisa che i di lui prodotti lavorati riuscendo d'ottima qualità acquistarono credito e rinomanza che nel commercio tanto gli agevolano la circolazione e lo smercio. La pirite allumitela si ricava nei monti circostanti prossimi allo stabilimento. Le due cave presentemente in attività sono copiose d' ottimo minerale. La pirite vetriolico alluminosa abbonda di allumina ed è estrema monte compatta. Onde non perdere il prodotto del vetriolo per 1' abbruciamento dello zolfo, tralasciato l'uso generale di calcinare il minerale allumifero si è da molti anni adottato il metodo seguente. II minerale scavato si porta a delle spaziose tettoje, aperte alle due estremità per il necessario concorso dell' aria, ove si dispone a cumuli quadrilunghi dell' altezza di piedi 4 circa. Il piano sopra del quale essi pongono ha una sufficcnte declività per portarvi le acque che vi devono scorrere a dei grandi serbatoj. Questo piano viene fortemente battuto ed assodato con argilla e con minerale, spoglio quasi intieramente dei sali É ridotto a fanghiglia sicché rendesi impermeàbile all'acqua. I detti cumuli sono tratto tratto innaffiati ; dopo alcuni mesi la pirite si sgretola ed abbondantemente salifica con più di facilità nella stale ne' tempi semi asciutti. Allorquando i cumuli nel suaccennato modo innaffiati cominciano a dar segni visibili di efflorescenza, e che la pirite si fende e sgretola, vengono bagnati onde for marne il liscivio col mezzo di trombe aspi- ranti, mosse da un grande edilìzio erètto sul fiume le quali portano le acque per via di canali posti parallelamente sulla larghezza d'ogni cumulo all'altezza di un piede circa dalla di lui superficie. Questi canali scorrono longitudinalmente a piacere per tutta la lunghezza, sono faracchiati di spessi pertugi dai quali V acqua in sottili colonne cade sul minerale sottoposto, ,e così trascorrendo coli' opera di alcuni lavoranti espressamente destinati a questo lavoro, che giammai cessa, viene interpolatamente bagnato secondo il bisogno tulio il minerale disposto sotto d'una tettoja. Quest' acqua filtra per V interno dei cumuli e si carica più o meno dei sali che sì trovano disposti ad impregnarla, e sgorgando da essi fuori per ogni dove va a raccogliersi in alcuni canaletti scavati intorno alla base d" ogni cumulo che si tengono sempre netti e dai quali mette a delle vasche profonde situate nel centro delle tettoje. Ogni vasca è destinata a ricevere il liscivio di un dato grado ed allorquando esso sgorga da un cumulo , mediante addettale trombe viene assorbito dalla vasca nella maniera ■ t-rrrr, XOù "W surriferita , e per gli accennati sottoposti canaletti passalo e ripassato da un cumulo all' allro fino a tanto clic il pesaliquori indichi essere il liscivio saturato abbastanza per servire alla sua concentrazione; ed allora viene passalo in un vasto deposilo ove serbasi all' uso. I cumuli sono pure in guisa tale disposti clic ognuno di essi viene bagnalo soltanto dai liscivj di quel tal grado con una certa economìa e distribuzione che la pratica sola determina; in generale per altro la bagnatura si alterna, rimanendone alcuni in riposo, mentre gl'altri si bagnano ed intanto i quiescenti sì rivoltano affinchè l'aria vi penetri ondo si asciughino e più agevolmente se ne sviluppi la salificazione. Dopo quattro o cinque anni al più il cumulo si leva dalla tettoja per dar luogo al .minerale fresco, e quello viene trasportato allo scoperto sopra un vasto piano ben preparalo e battuto a pendio come quello sotto alle tettoje e si dispone in monacelli piramidali dell' altezza di 4 piedi circa separati da canali che li circondano in guisa che le acque piovane bagnandoli si raccolgono lutto in una grande vasca posta nel mezzo, ed un tale liscivio , con meccanismo eguale al ri-delio, si fa passare sopra i cumuli destinati a dare il primo liscivio, in luogo di farvi scorrere l'acqua pura del fiume. Tale è la ricchezza di questo minerale che lasciato per lungo tempo in un luogo umido difeso dal sole salifica intieramente, innalzando le filamonta setacee a guisa di asbesto, metamorfosi in vero meravigliosa. L'analisi ha dimostrato essere la pirite composta di zolfo, di allumina, di ferro e di una quantità appena sensibile di carbonato di calce, nelle differenti qualità della pirite. In questa allumiera si sono già da molti anni abbandonate le caldaje di piombo per la concentrazione de' liscivj usale in tutte le allumiere e vetriolere, perchè soggette assai facilmente a bucarsi ed a fondersi, e vi si sono sostiluiti dei forni a riverbero de'quali uno solo equivale a molte caldaje procurando essi un considerabile risparmio di tempo, dì materia combustibile e di mani d'opera, L'allumiera ha due di questi forni eva-poratorj, ognuno della capacità di circa 3oo piedi cubici. Lssa fa uso della potassa Irò- vata il miglior alcali per la semplicità del metodo eoo cui si adopera, per l'abbondanza, durezza e purità de' cristalli che se ne ottengono, e l'unico e indispensabile per ridurre l'allume di Sovignaco alla dovuta perfezione. L'allumiera per Sovrana concessione ritrae dalla vicina regia sol sa di Montona una determinata quantità di legna da fuoco all'anno per uso delle sue officine, oltrecchè -acquista dalle prossime boscaglie de' privati Quella maggiore (piantila che rendesi occor-revole ulteriormenlo a' suoi bisogni per i quali occupa Un rilevante numero d'operaj, a\ ondo fino al i8i4- somministralo guadagno e sostentamento a più di 5oo famiglie indigene della provincia col trasporlo di circa 4ooo passa di legna da fuoco , di 4f> e più migliaja di bottame* di una corrispondente (piantila di carboni, ferramenta, legname, e materiali che giornalmente vi concorsero durante l'anno, oltre i trasporli per lerra e per acqua di un migliajo e più di botti fra vetriolo ed allume, compresi i venditori dei sunnominati articoli ed altri attinenti in-div idui. Dall' anno 1806. lino al 1814- quest* allumiera ha prodotto annualmente circa4oo migliaja di allume, e circa 600 migliaja di vetriolo , oltre Go botti di terra rossa so-prafma da pittori all' uso di quella di Spagna. Questi generi vengono esportati per il Levante, la Francia, il Portogallo e la Spagna. II Sig. Turini proprietario di questo grandioso stabilimento minerale nell' anno 1808. pubblicò in Venezia una memoria colla quale rese note parecchie sue scoperte ed economiche operazioni nella preparazione dell' allume , a sommo profitto dei fabbricatori. §. 1G. Le acque termali di S.Stefano nella valle di Molitoria» ■Nel marchesato di Pietrapelosa sulla destra sponda del Quieto al principio della regia foresta di Montona scaturisce un'acqua callida minerale alle radice di altissima rupe sulla quale sorge la chicsiuola campestre con-secrata a S. Stefano onde quest' acqua ricevette l'attuale sua denominazione. Il sito deb- la sorgente è in una valle alquanto larga dominala dai Veneti di nordest. Il fiume Quieto che placidamente la scorre dinnanzi, la vasta selva che in teatrale prospetto folta e ombrosa verdeggia lungo le di lui sponde, la catena dei monti circostanti e di quelli congiunti colf erto giugo di Montona che signoreggia la sottoposta piamna, coperti di ridenti vigneti e piantati d'ulivi e di molto specie d'alberi fruttiferi , compongono un contorno pieno di singolari vaghezze ed amenità. Le salutifere qualità di quest' acqua la rendono preziosa all'egra umanità. JVe'tempi andati verme adoperata soltanto per lavacro come un sicuro rimedio contro la scabbia. Riguardo a quest' acqua il P. Ireneo della Croce nella sua storia di Trieste riferisce quanto scrive il Die. Prospero Petronio nelle sue memorie sacre e profane dell' Istria come segue : «Verso Montona «sono le vcstigie antiche di muraglie che «mostrano esser slato quivi un caslello che »li paesani dicono sino al giorno d'oggi es-»ser il castello di Strillone patria del glorioso S. Girolamo sotto alle cui ruine vi »è una grotta che si profonda per 208 passi «quasi al piano della valle nel cui fondo sorge «un' acqua sulfurea tepida. Le qualità di «quest'acqua sono simili a quella di S. Pic-«tro ne' confini della Carnia, della quale «scrive "Enrico Palladio nella sua histuria ndtl Fri 11H," Quest' acqua scorre sempre copiosa c limpidissima 0 dalla sua massa si vede alzarsi un vapore che, spande un odore d'uova fracido. Immergcndovisi la mano si sente un calore che riesce grato ai nervi , e che promuove un sudore se si continua atener-v eia lungamente. Sebbene fin dal tempo antico venissero decantate le qualità medicinali di quest'acqua, e sebbene anche a* giorni nostri continui fossero i casi d'ammalati die alla eli lei efficace virtù andarono debitori della loro salute, nondimeno i proprietari la lasciarono per lungo tempo in un totale abbandono, sicché gì infermi erano costretti a tufTarv isi esposti a tutte le vicende dell' atmosfera, saettati dai cocenti raggi del soffione e privi allatto di qualunque asilo e provvedimento richiesto dal loro stato e confluente a! buon- effetto (Iella (Lira. Appena iteli' anno 1817. ad eccitamento e sotto l'ispezione del benemerito medico condotto di Pinguente Sig. Dre. Osualdo Zannantoni Padovano, i proprietari Marchesi Gravisi recero costruire un piccolo fabbricato diviso in (piatirò camerini con letti per oso de' bagni. Fu d'allora in poi soltanto che si è conlinciato a tenere un registro dog!, ammalati quivi concórsi, de-' morbi ond*erano affetti e dell'esito delle bagnature9 e coli'assistenza del prelato Dre. Zannantoni il quale per sentimento fdantropico \i faceva gratuitamente delle frequ mti Visite, si è introdotto un certe» metodo curativo, benché contrastalo dalla deficienza di un' analoga polizia termale. Colla seguita organizzazione dell'Istria posto in vigore il regime sanitario austriaco essendo siala intrapresa qualche operazione chimica da un* opposi fa deputazione presieduta dall' atluale (Ionissimo medico cir- colareStg. Dre. petro vi eh e composta da due esperti farmacisti il Sig. Antonio Zampieri •di Trieste ed il Sig, Alberti Giovanini di Ca-Podistria si ottennero i risultati i più soddisfacenti tanto riguardo alle qualità speci- fiche di quest' acqua che al di lei calorico il quale col termometro di Reaumur costantemente arriva a gradi 27-^. Le costanze principali riconosciute e qui ditate da' farmacisti suddetti sono: gas idrogeno solforato,calce, magnesia, acido solforico, acido muriatico, acido carbonico. L'uso di quest' acqua termale aumentando l'azione della cute per i suoi ingredienti ed il suo calorico produce un effetto sommamente giovevole e salutifero nelle malattie croniche cutanee come nell' erpeti , nella scabbia , ed altre eruzioni croniche, nelle ulceri cutanee passive, nelle ulceri scrofolose e perfino nella carie delle ossa di natura scrofolosa, ed indi aumentando la funzione del sistema capillare assorbente si rende utile ne' tumori freddi glandulari, nell' atrofìa, e richiamando mediante il calorico gli umori alle parti esterne promuove una diminuzione delle congestioni interne, quindi giova in ogni congestione passiva interna, cioè iodurazione di fegato,milza ve; come pure nell' ammenor-réa, ossia fluor bianco, ne' difetti mestruali d'indole spastica, e qual rimedio fortificante, contro le paralisi, arlrilidi, ogni sorte di reumatalgie, immobilità dello articolazioni ed anchilosi. La stagione propizia por i bagni è dal primo di giugno fino a tulio settembre, il grado del calore dell' acqua si consci va sempre uguale in tutte le stagioni. iNell' anno 1828. venne aumentato il numero de' camerini che presentemente sono in tutti 9 provveduti di letti e delle occorrenze necessarie alle persone che concorrono a questi bagni per farvi metodicamente la cura. Dai proprietarj si stanno facendo delle ulteriori disposizioni per dare allo stabilimento una maggiore dilatazione più corrispondente al sublime oggetto di .restituire la salute all' afflitta umanità. Il viaggio da Trieste a Pinguente sempre per una bella strada carrozzabile si fa in sei ore e con tutta comodità al più in selle. La sorgente è distante da Pinguente cinque miglia italiche. Questo cammino che si percorre in meno di due ore a traverso d'angusta valle fra doppia spalliera d' alti e ripidi monti, nell' indole severa del suo alpestre contorno presenta alcuni quadri caratteristici imponenti. ***** lG2 ***** I bagni di S. Stefano hanno delle vicinanze ben interessanti c gradevoli. La foresta di Montona che in perfetta pianura ha una circonferenza di 3o miglia offre in mezzo agii ardori estivi degli ameni passeggi al fresco rezzo ospitale di annose piante fra i deliziosi concerti di numerosi garruli augel-lelti. Questa antica selva in cui di tratto in tratto si trovano prati, canali, molini, somiglia ad un \asto parco inglese e presenta un largo campo di divertimento agli amatori della caccia , dell' uccellagione e della pesca. Sdrigna, volgarmente Sdregna, si onora di essere il suolo natale di S. Girolamo. Quivi nell' anno 32i. dell' era volgare sotto l'impero di Costanzo respirò le prime aure di vita l'insigne sacro oratore chiamato per il suo immenso sapere la biblioteca della chiesa* e per la sua grand'eloquenza riguardato come un emolo di Cicerone. Nella chiesa sotto l'invocazione di detto Santo presso all' altare dalla parte del Vangelo evvi una lapida sepolcrale larga tre palmi e lunga cinque senza iscrizione che per costante tradizione si afferma essere la tomba d'Eusebio di lui padre -, del che Flavio Bion- i G3 »wa« do no fa menzione nella sua Italia illustrata mentre parla dell' Istria ; aggiungendo che la lama di ciò si conserva nella successione dell' olà e si vuole confermata anche da alcune lettere scritte in una lamina di piombo. Al termine dello scosceso munte di Sdrigna si mostra sulla sommità d'erto colle il castello di Pietrapelosa, anticamente estivo soggiorno dei Duchi di Baviera Marchesi d'Istria, \ erso la line del secolo XIV. sotto titolo di pignoraztone ebbe ad essere occupato da Doimo de Castello il quale indi nelle turbolenze insorte, come aderente del Contrario partito di Filippo d' Alam;on cardinale, nel 1387. invase altresì tutti diritti spettanti al Patriarca d'Aquileja intitolandosi Marchese d'Istria. Pietrapelosa nell' anno i4io. fu dal dominio veneto conceduta in feudo con giurisdizione civile e criminale al capitano Niccolo Gravisi e a tutta la di lui legittima discendenza per aver egli scoperto al 7. di marzo i435. le trame de' Padovani con Marsilio de Carrara , alfrappalo i ribelli e cosi conservata alla repubblica la città di Padova. Il castello venne abitalo dalli feudatarj giurisdicenti Gravisi lino al prin- rJ-Sft 11) 4 ***** cipio del secolo XVIII, Ora diruto ed abbandonato non vi si scorgono più che delle vestigio di fortificazioni e di mura colla porla d'ingresso dalla parte di settentrione ove solamente è accessibile. ÀI pendio del colle emerge una sorgente d'acqua limpida, freschissima e salutifera la quale serpeggiando per il sottoposto vallone si perde nel liutne Mrazzana le di cui gelide acque non sono potabile senza rischio della salute che dagli armenti. La miniera d'allume e vetriolo sotto Sovignaco situata in distanza di sole due miglia e mezzo dai bagni è meritevole di particolare attenzione essendo il maggiore Stabilimento di tal natura che vantar possa f Europa* Pinguente, antico gii ben munito castello de' Romani , indicato da Tolommèo , sorge in vetta ad erto monte qua e colà piantato di feraci vigneti, alle falde del quale intorno intorno si stendono a vicenda colte apriche campagne ed erbosi prati, in ogni parte conterminati dal gigantesco dorso di selvosi gioghi e di nude alpi eminenti. Dall' anno i5i2. in poi al reggimento di Pinguente ***** l65 firn venne sempre eletto un patrizio veneto dell' rdinc Senatorio col titolo di Gapttartio di Raspo, castello su i monti del Carso ove un tempo risiedeva questa carica, ora disi mito. Questa piccola città che gode di un' aria la più salubre e domina un contorno pieno di particolari attrattive, ora è capo-luogo del suo distretto in cui risiede un I. R. Commissario distrettuale, avendo sotto di se cinque castelli ed un territorio bastevolmcnte esteso. Presso alla chiesa campestre di S. Giov. Ballista fra levante e mezzodì di Pinguente ha la sua scaturigine il Quieto ch'essendo nel rango de* principali fiumi dell' Istria, le bagna per un trailo maggiore di tutti gli altri. Fra parecchie antichità romane che sfuggile all' erudita rapacilà de' loro amatori tuttavia si conservano in Pinguente, gì' intelligenti di archeologìa istruiti dal P. Ireneo della Croce e dal Conte Carli, con senso rincresce* ole sì troveranno delusi nell' aspettazione di trovarvi anche la beli' Ara votiva c.onsccrata alla Dea Salute Augusta da Lucio Vontinare per la sanità di Pinguente, slata trasportata in Venezia dal Cav. Molin, come fu pure traspoilalo il monumento erelto a! più grande fra gì' Istriani, a Tito Slatilio Sisscna Tauro il (piale dopo d'aver corso tutti i gradi della milizia fu Proconsole in Africa»'Legato d'Augusto nella guerra dalmatica e Console unitamente ad Augusto, e successore di M. Agrippa nella nuova Prefettura ed ottenne anche la dignità del Ponte ficato , e che avendo acquistato molte fortune e ricchezze fece fabbricare l'anfiteatro rammentato da Svetouio e da Dione. §• *7- La grotta di S. C ancia no. Il villaggio di S. Canciano posto nella Car-niola interiore giace a levante di Trieste in distanza di circa (piatirò ore da quesla città. Il Barone di Valvasor india sua storia della Carinola onora S. Canciano col titolo di città. La situazione di questo villaggio che sorge in velia a ridente collina è la più pittoresca e dominante presentando da ogni parte degl' incantevoli punti di vista in un aperto orizzonte dove si respira un'aria purissima e veramente balsamica che rinvigo- ***** 1 L) 1 r*jw riscc la salute cali' animo comunicala più placida ilarità, Riguardo all' origine dell' attualo villaggio di S. Ganciano si pretende che traesse il suo principio da corti monaci armeni i quali, espulsi dallo Stato ottomano nelle guerre d.'lla Porta co' Principi cristiani, quivi si ricovrassero, probabilmente patrocinati dai Patriarchi d'Aquileja, che vi edificassero una specie di convento e che successivamente secolarizzati, indi pur anco sciolti dai voti claustrali conlracndo de' matrimonj colle figlie de'loro vicini, giitassero i fondamenti alla presente popolazione. Ciò sembra potersi dedurre anche dagli avanzi di un vetusto edilizio sognato col Nr. 1. dove sopra una delle sue finestre si osserva un' iscrizione in carattere gotico , della quale però non si può dicifrarne l'intiero tenore. S. Ganciano è circondato da mura, forse erette (in dal secolo XIII. onde far fronte alle irruzioni de' turchi, o fors' anche, per mettersi al coperto delle ostilità de* Veneziani i quali, contrarj alla potenza patriarcale e mal soffrendo la ognor crescente grandezza dell' Arciducale Casa d'Austria, più Tolte invasero i limitrofi di lei possedimenti liei Friuli, nella Corniola e nel territorio di Trieste. S. Canciano unito al prossimo piccolo villaggio di '-..eia compone un aggregato di non più di 4^ fase in cui vivono trecento cinquanta abitanti. La sua chieda di mediocre grandezza dedicata a S. Canciano ha cinque altari ed un campanile con beli' orologio. Neil' angolo del muro esterno della chiesa verso levante trovasi incastrala un' antica lapida di l'orma bislunga alla circa due piedi e lunga.tre, dedicata all' Imperatore Ottaviano Augusto, dalla (piale si può congetturare che ivi un tempo esistesse qualche castello da esso demolito , mentre nel soggiogare la Japidia, ne distrusse lutti j luoghi forti, scancellando perfino il nome de' Japidii dalla serie de' popoli antichi abitatori di quelle alpine contrade. La detta lapida contiene un' iscrizione riportata dal P. Ireneo della Croce nella sua storia sacra e profana della città di Trieste esattamente come sta nell' originale, ma che fu scolpita con ben rozze lettere e con molti difetti probàbilmente per colpa dell' imperilo scarpel- lino, e non giù mal copiala corno mal suppone il Copte Carli Giustinopolitano il quale nelle Antichità italiche la riporta corretta come dovrebbe essere nella sua vera lezione : IMP.CAhSARI DIVI . V . AVOVSTO PONTIF. MAXIMO TRI lì POTF/ST.XXTIJ. CO.XJII.P.P.SACRV. Che in italiano significa: Monumento consecralo all' Imperati»-; Ottaviano Augnato Figlio di Giulio Cesare il Divino Ponti/ire Massimo Fregiato della potestà Tribunizia per la vige tìmater za volta •E Console per la decimaierza volta, Padre della Patria. In tutte le antiche memorie Giulio Cesare fu appellato il Divo, o Divino. Ottaviano Augusto sostenne fui timo suo consolato in compagnia di Marco Plauzio Silvano nell* anno dalla fondazione di Roma 7^2., al che ben corrispondono i fasti Consolari, come si può scorgere nel Paminio. Questo 1^ fwvw 17O t jjjj monumento fu erètto in di lui onore dieci anni dopò cine nell' anno 762. ili Roma. Prima di abbandonare la chiesa di S. Canciano, da un' apertura perpendicolare che si trova alla base delle sue mura e che internamente comunica colla prima grotta, chinando l'orecchio a terra si ode il rumore dell' acqua che scorre sotto l'immensa volta sulla di CUI alpestre superficie sorge? il villaggio. Per acquistare un' idea della voragine ora indicata, \i si scogli entro un sasso e Io si sentirà rotolare per entro a que' nascondigli per lo spazio di un minuto prima di giungere al fondo. La grolla di S. Canciano, quantunque degna di maggiore attenzione di quante altre n'esistono nella Carinola, è tuttavia assai poco conosciuta. Nel recarsi alla grotta si sorie dal villaggio.per quella parte che mette sulla slrada di Leselsche, cavanti di giungere alle prime case isolate, si salga una piccola eminenza a destra onde godere la vista la più estesa eia più deliziosa. Quinci si osserva il maestoso fiume Rocca il quale in largo letto volgendo lo sue onde mette in movimento una grande quantità di mulini da sega e da,macina, piantali lungo le fiorite sue sporule tutte oltremodó popolate, mentre dirige il suo corso verso le radici del ripido monte che lo soprasta. Spaziando siili' estensione dell' ampio orizzonte lo sguardo indagatore s'arresta a contemplare le gigantesche spalle del Nanos col quale stanno in bizzarro contrasto le più basse circostanti montagne sorridenti coperte di florida vegetazione, e le fraposte colline Per prospera coltura vestite con lusso di verzura. Corteggiato da alcune rustici abituri grandeggia in Nacla il vistoso edifizio di quel giudice locale Sig. Giuseppe Mahorzich contendendo il pregio della bellezza agli appariscenti fabbricati dell' opposto villaggio di Wrem distinto per l'operosa industria de' suoi abitanti, fra cui mostrandosi le torri dirute dell' antico castello di Nuovoseo-glio par di vedervi il tempo divoratore riposarsi sulle di lui rovine,Di qui per scabro sentiero si discende il monte dalla più erta Parte del fiume, e giungendo a un declive Praticello si scorge a destra un' orrida apertura formata da una lunga fuga di arcate accavalcate le une sull* altre a cui appressane r*rr* 1^2 rfrt*. dosi sempre più si sente Io strepito doli'acqua che di rep'iii ino ribrezzo Colpisce lo spettatore. E questa la prima grotta nella quale entra il fiume Rocca, e le di eui volto servono di fondamenta : 1 soprastante villaggio di S. Canciano. Senza sbigottirsi all' aspetto delle minacciose lanci di questo precipizio si cali coraggiosamente trapassando sopra un duli strali di pici re e sòp'ra appuntiti massi fino agli orli dell' abisso. A misura elio più s'indolirà il passo in questa spelonca, più forte si fa sentire il fracasso dell' acqua. Onde vedere lo spettacolo ch'essa vi produce si prende per scorta un villano pratico della grotta il (pialo assiste noli' atto di portarsi sopra un enorme masso che incontrasi a destra sulla di cui piana superficie si può passeggiare senza alcun timore. Da questo putito rendesi ammirabili; a sinistra una vasta apertura per la quale il chiarore del giorno penetra fin nella caverna mentre i raggi del sole al di fuori indorano una selvaggia scena verdeggiante. Qui si vede la Rocca di biancheggianti spume coperta portare il gran volume delle sue acque strepitose per entro alla stessa apertura col volger de'secoli for- mata dall' impeto delle idrauliche sue forze cezza del cammino tenuto, in luogo di scendere immediai a mente dal praticello alle sponde della Rocca. Sortendo da questa grotta al prossimo 'nulino trovasi una barchetta formala col bronco di un albero incavalo colla quale &l tragitta all'opposta sponda del buine, guì-dati da un canuto nocchiero il (piale col suo M>'ole aspetto raffigura preeisamenteCaroute, Da colà si prende a destra la strada d'altro vicino mulino poco lungi dal quale si presenta Io spaccato della grolla, già visila-ta, per il quale come nuovo oggetto di meraviglia si vede il fiume Reccacon veemenza e fragoroso gorgoglio versarsi nella caverna. Quinci per non malagevole cammino si sale al villaggio sempre gradevolmente intrattenendosi colle interessanti prospettive che per cosi dire ad ogni passo si moltiplicano colla più sorprendente varietà. Dopo il necessario riposo, preceduti dalle guide fa d'uopo avviarsi verso le medesime case presso alle quali si passò nel porlarsi a visitare la prima grotta, e da qui si va verso le ultime case vicine dietro le quali un picciolo sentiero conduce all' orlo della seconda caverna che per la sua forma merita il nome di gran calderone. Per poterne intraprendere la discesa senza venir colti da vertigine e da tremilo di gambe non si dee (issare la spalancata voragine il di cui vastissimo cratere sembra sempre più innabissarsi, nò mirar conviene i numerosi stormi de'colombi selvaggi svolazzanti intorno alle aperte sue fauci i quali in una profondità di Goo piedi «w« ITO ***** appariscono piccoli come farfalle. Sollanto la d'uopo di circospczione per ben misurare °gni passo a scanso d'inciampi e pericoli, e lasciando pur strepitare a suo grado la Rocca si continui animoso a calcare le asprezze del tortuoso sentiero sino al fondo. Quando si è giunto presso all' apice di scabro macigno che sembra sorgere dal centro del calderotto, ove si può alquanlo sostarsi, si è percorso appena il tratto migliore del viottolo che fra balze e burroni apre l'unico adito a questa discesa; il resto del cammino e tanto scosceso e precipite che più d'una Volta , all' incerto piede rendendosi infedele il terreno , la mano della guida diviene il solo appoggio a cui si abbandona 1' esistenza. Superato questo non grande spazio cli'e d più arduo ed il più pericoloso si si trova 'n faccia alla fosca apertura d'ampia e profonda caverna, dai villani della Ctegnacia 'a quale per la forma delle slalattiticbe sue Produzioni rassembra ad una vasta officina di carni affumicate.Dopo il cammino di un' 0ra si è alla mola della penosa escursione dove si può prender lena o ristoro della soQ-*erla fatica sopra quegli scogli che in mille MI* variate guise traforati dalla voracità del liquido elemento circondano il gran bacino ove le acqueti raccolgono dellaRecca. Questo bacini) di figura presso che ovale è largo e lungo da 8 a 10 Klafter, e finora non riuscì di rilevarne collo scandaglio la sua profondità. Tale è qui il fracasso delta Recca fremente clic per intendersi bisogna alzar sonoramente la voce, ovvero parlarsi all' orecchio. VOIgendo il guardo a manca si scorge l'enorme rupe che in forma piramidale innalzandosi dal fondo del calderone all'eminenza di elevala torre scopre le sue viscere per offrirvi un passaggio a questo gran fiume. Neil' incommensurabile scoscendimento di questa rupe la Recca derivante dalla pi i ma grolla sgorga da destra a sinistra in precipitosa obbliqtia cascata, corre furiosamente alquanto tratto giù da un piano inclinalo , indi concentra le sue acque per lasciarle diluviare con assordante rovinio in spumeggianti colonne da un' altezza di ben quattro Klafter nel sottoposto bacino. Secondo le fatte esperienze idrauliche si vuole che la quantità d'acqua che la cascata tributa al bacino in un minuto, non u/i»' ^77 rrrf-~ 9»à minoro dì 1000 orno: tanla è poi la vio-I;,nla rapidità di quest' acqua die dalla sua "lassa si sollevano dei minutissimi sprizzi 1 quali in forma di bianco fumo, dal vento ''Vesce dalle circostanti caverne, vengono portati ad innaffiare i curiosi osservatori. Il Volume doli' acqua ebo soverchia il bacino fii versa celoremente con toriuoso corso dentro ad una caverna situala a destra in un picciolo sono del calderone, circa trenta passi distante dal bacino dove questo gran fiume sparisco por sempre alla vista degli uomini. Tanto la mentovala caverna dove si seppellisce la Recca la quale nelle maggiori Escrescenze delle suo acquo è assolutamente inaccessibile, quanto l'altra vicina grolla rispettata dal fiume si potrebbero nello maggiori siccità esaminare più davvicino col s,1niplicc mezzo di alcune tavole che assicurate sopra ambe le sponde della correlile vi presentassero un opportuno passaggio. Fu 'unga pezza soggetto di questione tanto P orione del fiume Rocca quanto il suo ulteriore destino dopo che viene iugojalo dalla sud-descritta caverna sino al luogo dove reca il tributo delle sue acque al mare. Presente- r++*m r*rr* menta però si sa che il fiume Rocca ha la sua scaturigine in un bosco posto non lungi <1 illa signorìa di Gutenogg Ira i villaggi di DI e lo e Padcsniza in poca distanza da Sa-visce presso alla città di Fiume. Il fiume Recca discendendo da Casezc, nel suo passaggio per Feìstriz detto in Gragnolino Ter-nova, villaggio rinomato per le sue seghe dì tavole ili faggio ricercate dalla Sicilia per la spedizione degli agrumi, s'ingrossa colle acque di QUel fiume finché in se raccogliendo per via altri torrenti montani, de' minori fiumi e rivi, finalmente comparisce a S. Canciano in tutta la sua maestosa grandezza. Assorbito dagli abissi della sopraindicata caverna percorre per sotterranei meati nelle alpine viscere del Carso un lungo cammino finché presso alla chiesa di S, Giovanni di Duino, diviso in molte fonti sbocca col famoso nome di fiume Timavo. §. 18. Le miniere di carbon fossile neU Istria. Presso la costa orientale dell' Istria nel distretto di Albona si trovano presentemente in attivili due considerevoli miniere di carbon fòssile le quali si giudicano essere delle ramificazioni d'un fondo comune occupato da questo fossile che sembra invadere gran parte di quella regione. L'uria di dette due miniere è quella di Carpano distante tre quarti d'ora da Àlbona ed un quarto d'ora dal mare, ed è una proprietà dell' Imporial-Regia privilegiata raffinerìa de' zuccheri in Fiume. Quesla cava sussistente da ben J40 anni è molto ricca e somministra il più bel carbone lucido in grandi pezzi, 1 prodotti di questa miniera son tali che punto non là cedono ai carboni d'Inghilterra che si acquistano in Trieste , a cui anzi sono per più Capì superiori. Questo carbon fossile si tro-^a fra le vene di dure pietre da cui dev* es-S('i'e scavato <:olle mine; il che ne rincara d prezzo. Cento libbre di Vienna vengono venduti a 40 carantani in moneta fina. Il nolo di questo fossile per mare fino a Trieste c discreto. Il pacchebotto a vapore, 1' Imperatrice Carolina, fa uso del carbon fossile Albouese mescolandolo coli' inglese quasi P'T temperarlo giacché senza l'istriano esso *rderebbe con soverchia rapidità. rrtjti IÌJo **r*+ L'altra miniera di carbon fossile giace in Proda! [nesso Fianona Ire quarti d'ora distante dal mare ed appartiene al Sig. Giovanni Andrea Martincich di Albona. La miniera di Prodol è composta da tre cave copiosissime le quali sotterranea-mente sono in comunicazione 1'una coli'altra, Queste cave sono slate aperte fin daii anno i0i3. e somministrano un carbone no-rissimo contenente della pece e dello zolfo, il quale è altresì abbondantemente impregnalo di materia combustibile. La bontà di questo carbon 'ossile è comprovala dal suo fuoco straordinariamente Iorio e durevole onde in questo riguardo supera di gran lunga ogni altra Qualità di carbone. Finora esso viene estratto in piccoli pezzi e per lo più in bricioli. Tuttavia anche ne'dinlorni della miniera Fianoneso si scuoprirono delle vene più copiose le quali indubilafamentc non sarebbero inferiori a quelle di Carpano 5 ma non essendosi ancora presentata un' utile speculazione per aprirle, nel mentre furono esperile e riconosciute, manca finora lo scopo per renderle attive. Tosto che però verranno eseguite delle escavazioni più profonde , * che le cave saranno portate ad una convenienti: profondità, è eorlo che questa miniera darà il suo prodotto anche in pozzi grandi, giacché la sua ricchezza è sì straordinaria che in tutta 1' estensione degli Stati austriaci non n' esiste alcun' altra più copiosa di questa. Egli è altresì molto probabile che portandosi gli scavi alla profondità di qua-'aula Klafter si giungerà a trovarvi anche dello zolfo. Del resto il prodotto di quesla "liniera anche finora è ben considerevole e propriamente tale che con dei mediocri lavoratori si ottengono per lo meno cinquecento migliaja di carbon fossile M mese. Il prezzo del carbon fossile istriano di Fianona condotto franco di spese a Trieste e di fiorini 6 il migliajo di libbre a peso di Piemia, e quello del carbone di Carpano l'or. 6, 5o. Il carbon fossile inglese all' incontro costa i2 fiorini al migliajo. Presso a queste miniere sbocca nel mare Mburnico il fiume Arsia, ullimo confine dell' Italia, ove anticamente esistette il qa-•*ell© di Nesazio che pria servì d'asilo poi di teatro tragico ad Epulo Re dogi' Islri al- l6 ***** j 02 ***** lòrchè essi dovettero assoggettarsi alla potenza romana. §. 19. Il fiume Timavo, Questo fiume da classici scrittori antichi venne magnificato a segno di essergli state attribuite delle meraviglie che punto non gli sor) proprie, le quali successivamente non solo ripetute, ma ben anche con favolose aggiunte esagerate da moderni autori , ne alterarono grandemente la sua storia naturale. Il non essersi bene investigate le cause de' suoi reali fenomeni portò a delle erronee deduzioni le quali , sostenute dalla prevenzione e dalla caparbietà, furono lungo tempo accettate come verità provate ed inoppugnabili. Il fiume Tirnavo adunque riconosce la sua primitiva origine dalle montagne della città di S. Vito , ossia di Fiume, ed è quel medesimo fiume Recca che a S. Canciano si precipita nella suddescrilta voragine, e dopo uri sotterraneo cammino di ben i4 miglia per entro alle viscere de' monti del Carso sgorga finalmente presso alla chiesa campe- •tre di San Giovanni di Duino. Esso emerge dalle cavità del monte con grande impeto e tumore fuor da enorme macigno a traversò ('i molti fori scavati dalla natura. Nato appena, si gonfia a dismisura, è sempre copioso d'acque e non mai limpido affatto, •on dì rado cresce in larghe piene e s'intorbida senza pioggia vicina e pur anche col <;ielo sereno , dalle di lui sorgenti alzandosi yerso la sera delle dense nebbie le quali coprono altamente il suo alveo fino alla dì lui '°cc in mare. Navigabile subito ne' suoi prin-(|Ph esso perù non è più lungo di un miglio. crescenze del Timavo che accadono in f°ndo del suo letto ben raramente sorpassala i due terzi del fiume, e per quanto gagliarde sieno le procelle che sconvolgono il «ilare vicino, alle di lui scaturigini non si ""'ano delle considerevoli alterazioni; il che C(mtradice quanto il P. Atanasio Rir< ber asserisce nel suo mondo sotterraneo dove fra 1 miracoli delle acque annovera che tutti i fonti del Timavo crescono e scemano a seconda del flusso e riflusso del mare chiamato dagli Antichi seno di Diomede, ora Solfo di Trieste. tjttr, 1 Lkj. iure Riguardo al numero delle sorgenti del Timavo durò lungo tempo notabile discordanza fra i geografi ed i poeti. Strabone ne accenna, sette, ed è seguito da Marziale; Virgilio e Claudiano , nove; più di venti 0 fino trenta no annoverano il Palladio ed il Candido. Il famoso Cluverio poi, venuto a bella posta nel Carso alla sorgente di questo fiume onde poter dare con fondamento la sua relazione all' Università di Lipsia e al mondo lutto che colla più ansiosa curiosità attendeva di avere mediamo un geografo tanto stimalo 1a più giusta idea dell' Italia antica', scrive che sei soltanto sono le sorgenti del Timavo, ed in riguardo alle autorevoli indicazioni d'altri rispettabili autori vi unisce delle osservazioni il di cui scopo si è di conciliare le altrui asserzioni con quo riconoscimenti eh' egli espone di aver fatto personalmente colla più scrupolosa diligenza. E stato però verificalo colle più allenici indagini che realmente sette sono le sorgenti di questo fiume, quattro delle quali sono sempre più copiose d'acque, e tre sempre minori , avendovenc fra queste una più po-vera delle altre, la quale però nou inaridisce ***** io* 3 r*">*, giammai ed anzi a proporzione delle altre Aumenta e s'intorbida. Si è poi osservato che ne' casi di straordinarie crescenze, queste sorgenti ridondanti sboccano talvolta divise in più rami d'acqua per l'impeto delle colme che , apprendosi de' novelli aditi ne' pertugi e nelle fessure della fragile sostanza del sasso da cui esce, sembrano moltiplicarne le sorgenti stesse; onde si dee con-chiudcre che la diversità si grande che si ttova negli autori rispetto al loro numero possa dipendere dall' aver essi annoverati come sorgenti de' rami di una sola sorgente, formatisi nelle maggiori piene che accadono specialmente nella primavera. Riesce poi ben singolare il trovare in Polibio che le sorgenti del Timavo sieno salate , tranne una sola; al che si oppose Stratone che ne riprende questo di lui passo; ed assai più strano comparisce il veder soste-nuto da qualche moderno scrittore (pianto venne esposto dallo storico greco, la salsedine delle sorgenti del Timavo essendo smentita dall' esperienza e dal fatto. Invalse bensì lungamente la falsa opinione della qualità Maligna c venefica di quest' acqua, origi- nata dall' aver veduto andar soggetti a de' gravi malori alcuni che labevettero in tempo di estate e di grande siccità; ma questi casi non accaddero che in certi villani i quali caldi dal viaggio si dissetarono avidamente con quest' acqua la di cui freddezza è tale che anche in luglio ed agosto appena si soffre colla mano e spezza anche i vetri. Il Dre. Giov. Fortunato Bianchini medico primario della città di Udine nelle sue osservazioni! sopra il Timavo narra che avendo egli bevuto quest' acqua ne' proprj fonti non seppe distinguere sapore ingrato al gusto; che avendone empiute tre caraffe di vetro, dopo venti ore di quiete, non si manifestò in esse alterazione alcuna di colore, riè vide posatura nel fondo ; che, avendone replicata la prova quando il fiume era un po' intorbidato dalle piogge cadute ne'monti , vi distinse un certo sapore ingrato tendente al terreo; e che passate le ore dodici trovò nel fondo delle caraffe posatura di polvere bianchiccia alta un pollice e mezzo la quale raccolta sopra la carta e messa a disseccare al sole si diede a conoscere per semplice argilla piena di sasso minutissimo; e in Une chr. avendo pesata una carafia d'ac-(l"a in tempo di maggiore chiarezza , di se-diri giani soli avanzava l'acqua migliore de" pozzi vicini, ed avendola pesata un'altra Volta in tempo che cominciava ad intorbidarsi , l'abbia trovata cresciuta di peso per 25 grani; dalle quali prove egli couchiude che l'acqua del Timavo, benché non sia la "migliore, non debba però mai giudicarsi corno pessima e venefica. La guerra istriana, il poema di Virgi-'">, gli annali di TìtO Livio, le terme di Monfalcone, e la vicinanza d'Aquileja re •ero nella Stòria antica celebre il fiume Ti-"iavo che lungamente servi di sicuro porto *i nav igli romani. §. 20. // monte Nanos. Dalla sommità del monte d'Opchina il Nanos nella disianza di circa due poste torreggiamo s'innalza di fronte al viaggiatore che Viene da Trieste. A fianco del villaggio di Prewald posto sulla strada commerciale del-a Germania fra setionirione e levante, esso maggio roggi a sugli altri compagni e sembra conio il tiranno di questi contorni, allora specialmente che il vento di bora sbucando fra le cavernose di lui gole ed il diserto Ga-berg porta l'impeto dolio suo furie in ogni angolo di questa alpina regione, cupamente mugghia negli antri, orrendamente sibila fra i distorti rami d'alberi annosi, assorda e Spaventa gli abbattuti passeggieri, e precipitoso discondendo giù per la ripida clona dell' Opchina in larghi vortici spumosi curva e flagella le sommosse onde del golfo Triestino. Subito dietro il campanile della chiesa parrocchiale di Prewald , al pedestre viaggiatore si presenta un angusto sentiero per il (piale egli può intraprendere l'ascesa sul Nanos. Questo sentiero è molto sassoso ed erto a segno che ben tosto è d'uopo qua e colà aggrapparsi a degli storpi, o a qualche masso, (inchè si giungo a sormontare la prima gradazione del monte il quale dalle sue radici è sempre più aspro a misura che più alto si sale sul di lui dorso. Superata la prima sommità percorrendo il tratto di tre quarti e più del monte, in MMI 18Cj due ore e mezzo appena si arriva ad una P»cro(a chiesa campestre sotto l'invocazione di S. Girolamo la (piale viene officiata soltanto nel giorno in cui ricorre la festa del oànto-. Dirimpetto a questa chiesa evvi una Fecola pianura e vicino ad essa vi esistono da' tronchi d'alberi incavati in cui si raccoglie l'acqua pluviale che molto opportunamente serve al bisogno de' viandanti. Continuando la salita dalla chiesa verso il bosco lino alla di lui cima v'è un cammino di circa tre quarti d'ora sempre per un angusto V|<>ttolo non praticato da altro che dai pastori 1 quali però colle greggio che vi pascono su (lneslo monte non oltrepassano mai la metà (M'lla di lui altezza. Il primo bosco tutto segnato di grandi scogli comincia a un terzo della montagna e per un cammino di circa lln quarto d' ora si estende tutto intorno alle Mu* sPalle. A questo bosco per uno spazio altrettanto grande succedono degli orridi scogli. Questo è il tratto il più difficile da varcare non essendovi altra via per trapassare - E* ,lun Be' (l»ella che offre la scabra superficie di enormi macigni e di grandi strati di lseie pietre, fra i q,lali da un lato e dall' altro talvolta s'incontrano delle ampie fenditure e de' profondi precipizi. Superato quest' arduo passaggio si giunge ad uno strato alpestre dove fra degli acuti sassolini sopra scarsa ed arida terra spunta dell* erba ispida e minuta , e dose per poter camminare con sicurezza si dee venir armalo di un bastone con punta ed uncini di ferro. Di qui proseguendo la salita si perviene ad una pianura dove in piccola valle formata a semicerchio si può fare il più ricco bottino di piante. Quesla valle confina col secondo bosco il quale si estende fino alla sommila del \a~ nos, e dilatandosi dalla sua parie settentrionale giù per le gigantesche sue spalle viene finalmente a congiungersi con un ramo della grande foresta di Planimi. Al termine di queslo bosco è 1' ultima sommità del monte dove in erbosa pianura si trova la maggior parie delle rare piante ricercale dai botanici. Al di là di questa pianura vi sono degli strali molto erti fra i quali compariscono delle ingenti roccie e frammezzo a questi si trova uf lago avente circa mezzo miglio di circuitoi l'acqua del quale non è potabile senza rischio della salute. WH/ ***** La più bolla stagione per salire il monte Nanos è dalla mota di maggio fino alla lrHltà di giugno. Bisogna rivòlgerti al parroco di Prewald ondo ottenere delle guide pratiche por la propria sicurezza e per le a'tré occorrenze di questa alpestre escursione. Il lungo e disastroso cammino e l'aria fina che si respira sul Nanos eccitano il più irnperioso appetito per cui si deve portarsi s^co la provvigione da mangiare e da bere. Il famoso mineralogo danese Sig. Skow, d quale ascose il Nanos nell' anno 1B19. diede misura della di lui altezza in Riafter 661, 2 sopra la superficie del mare. Nel discendere da questo monto riesce affatto impostole- di ricalcare il sentiero tenuto nella sahta attesa la sua vertiginosa ripidezza sicché invece si scoglie la strada che al di sotto della chiesa di S. Girolamo scorrendo presso al villaggio di Padgrez va per Naloche donde si ritorna a Prewald. A Padgrez si può procurarsi qualche rifezione in alcune case di que' villici. Dall' apice del Nanos si domina un vasto orizzonte e chiaramente si Porgono la città di Lubiana, il monte Santo Press0 Gorizia, il mare adriatico e Venezia, e T altissimo monte Chren nella Stiria il di cui capo biancheggia di eterni nevi. Le piante propriamente indigene del monte Nanos sono le seguenti 24- Nella parte inferiori del monte fino alla prima altura non si trova altra pianta fuorché I' aspodillo (asphodelus ramosus). La parte di mezzo ne offre una dozzina e sono: Rose maggiori, ossia peonie (Poenia). Fiordaliso alpino (alysum alpinum). Ginestra di bosco (coronilla emerus). Iride con odore di prugna (iris gra-minca). Lino giallo (Unum flavum). Erysiuuim Hesperis. Ramnus Lycium. Thymeloea candida. Ruta graveolens. JVIespilus cotoncaster. Draba cibata. Rubus saxatilis. Nella parte superiore e sull'apice del monte si colgono le seguenti piante: Ranuncolo a foglia d'aconito (ranun-culus aconitifolius). Ginestra selvatica (genisla sylvestris). Astro irto (aster hirtus). Orchide bianchiccia (orchis albida). Stipa delle Fate (stipa pennata). Giglio di Calccdonia (lylium chalce-donicum). Vulneraria monlana. Pyretrum corymbosum. Gentiana utriculosa lutea. Lychnis saxifraga. Saxifraga cuncifolia. Quest' ultima pianta fu scoperta sul campanile della chiesa di S. Girolamo. li illusi re botanico Sig. Abate Bcrini erborando sul Nanos scoperse le sopra-indicate piante delle quali, siccome d'altre ancora, il pubblico apprezzatore del suo bel genio ansiosamente aspetta di vederne stampata la interessante raccolta. §. 21. Il monte Terglou. Jl Terglou può con ragione chiamarsi il Caucaso della Garniola primeggiando esso f,a tutti i monti di questa provincia, ove ■ittf ic)4 sorgo nella sua parte settentrionale. Neil' Orillografia Carniolica questo monte viene indicato come il più alto in tutto il paese, torroggiante elevando il calvo suo capo sopra gli altri suoi minori compagni alle regione stellate, e ad una immensa distanza mostrandosi in tutta la imponente maestà della sua sublime grandezza. Finora ben pochi ardimentosi mortali hanno tentato di ascendere fino alla sua sommità dove quasi nessun botanico non portò il piede in traccia delle piante indigene che vi si trovano, e che non descritte nè da Scopoli nò da altri botanici aumenterebbero la serie di quelle piante interessmti e rare che compongono la Flora Carniolica. L'evidente pericolo di vita che d' ogn' intorno minaccia il temerario perluslratore mette un ostacolo insuperabile per ascendere fino all' ultima vetta di questo monte. Dalle di lui falde si può salire per due ore senza incontrarvi un grande impedimento, ma anche nel percorrere questo cammino si trovano tratto tratto degli scoscendimenti nelle rupi frammezzo alle quali si stendono de' grandi strati di pietre e delle lunghe liste di nevi. Le produzioni del regno "rrrt IP/5 minerale che si presentano sul Terglou in a'tro non consistono fuorché in pietra calcarea, e in terra argillosa ferrugigna. Quanto più si progredisci: il cammino tanto più si rende esso malagevole e penoso , poiché quando si è pervenuto ad una certa eminenza non si può più abbandonarsi né alla sicurezza del passo, né fidarsi alla fermezza della rupe, giacché la superficie al minimo tocco minaccia di precipitare immantinente, Soimrio poi diviene il pericolo se si cerca di continuare la salita colf arrampicarsi su Per le fenditure delle micie, giacché non solo cadono al basso rotolando i sassi appena (he vengono calcati, ma ben ancha; ue possono precipitare dall'alto; orni'e die (luello il quale pur pretende di superare T'iste barriere levate dalla natura contro ' audacia degli uomini, si espone all' inevitabile rischio di restar da un inomenlo all' altro sepolto sotto un' ingente massa di sas-51 ■ vittima della sua inconsiderata curiosità. Quando si è ormai arrivato presso al verlice di questo arduo monte non si trovano più piante perché per mancanza di terra non vi P°Mono allignare. Una cima laterale di quo- sto monte gigantesco porta in dialetto Gragnolino il nome di male Terglou, cioè piccolo Terglou. Forse che (mesia cima alpestre anticamente non abbia formato che ima sola massa col vertice superiore e che la loro segregazione sia stata la conseguenza di una rapida dissoluzione, o l'accidentale effetto di terremoti. Si rende poi pressoché impossibile l'ascendere fino al più allo apice del Terglou imperocché delle pareti di rupi quasi perpendicolari ed insormontabili torreggiano incontro al viandante, e deludono ogni suo disegno ed ogni suo sforzo, oltrecchè V ultima sommità è sempre tutta involta nelle nubi ed i venti impetuosi che lassù vi dominano gettano ben-tosto a terra il contumace viaggiatore che ardisce di elevarsi fino a quoll' aerea regione. In questa guisa dallo sdegno degli elementi vengono sventati I tentativi di qualche osservatore della natura troppo temeraria. Il monte Terglou , secondo Florian-tschitseh , s'innalza io, 194 piedi di Parig1 al di sopra della superficie del mare, e dal di lui fastigio si scorgono e signoreggialo tutti i paesi circonvicini. I nuovi bagni tV acqua minerale in Isola. **oIa è una piccola città marittima sulla costa settentrionale dell' Istria situala fra ^apodistria e Pirano, e compresa nel cir-condario di quest' ultima città. Si pretende che anticamente si chiamasse Alieto e fosse «'origine contemporanea alla famosa Isola Capraria, presentemente denominata Capo-*1 'siria. Per tradizione si ha che gli abitanti di Castelliero, dopo la distruzione della loro Patria, trasportando la loro dimora al mare, divenissero i fondatori d'Isola. Questa città, dopo di aver in diverse °POche calamitose per l'Istria soggiaciuto al destino di tutte le altri? città marittime di questa provincia, per volontaria dedizione si assogg(.U5 alla repubblica veneta nell' anno 1283. ed era governata da un patrizio col titolo di Podestà. Specialmente in questi ultimi anni Isola colla costruzione di no-veUi eddi/.j e col risiamo ed abbellimento ' 'S'i antichi divenne un soggiorno più gra- 18 devole ed ameno. La nuova strada corroz-zabile luogo la spiaggia del mare recentemente aperta mettendola in più facile comunicazione colle prossime città di Trieste, Pirano e Capodistria da essa distanti , la prima solo tre ore di cammino, la seconda due ore , e la terza non più di un'ora, contribuisce alla maggiore vivacità di quei socievoli rapporti che ridondano egualmente in maggior vantaggio e comodo degli abitanti che dei forestieri. L*attuale popolazione d'Isola ascende a circa 3ooo anime. Il territorio d'Isola fertile sopraiutto di vili ed ulivi, è lavoralo dagli attivi ed industri agricoltori con si diligente industria ed intelligenza che ogni poderelto sembra un vero giardino ; e la popolosa Trieste riceve dai verzieri d'Isola i più grandi e saporiti cocomeri e poponi, ed ogni qualità di fruttale più squisite e deliziose, ondo in ogni stagione è abbondantemente provveduto il mercato di questa piazza mercantilo. Nella chiesa parrocchiale esistono tre bellissimi quadri, il primo de'quali rappresenta la deposizione di Cristo dalla croce che siene attribuito al famoso Tintorotlo, rrrrr J w+m l'altro Io sposalizio di Maria Vergine di Girolamo della Croce, ed il. terzo, i Sunti Mauro e Donato protettori della città , di Antonio Seccante. Altra pregiala pittura di Sebastiano Seccante che rappresenta l'An-umi/.iazione di Maria Vergine si trova nell' Oratorio di S. Caterina. Isola è la patria del riputato scrittore Pietro Coppo che dall'enciclopedico Conte Carli Giuslinopolilano viene memorato come il più esalto corografo dell' Istria, del quale però sgraziatamente andò perduta 1* opera. La sorgente novellamente scoperta ricevette il nome d'acqua minerale di S. Pietro dal titolo della chiesa parrocchiale. Essa scaturisce appunto presso alla della chiesa in prossimità alla marina, al nord-est della <;lià in un campo di proprietà dal sacerdote Don Hartoloinmeo \ ascotto dal quali? venne posta inattivila per uso de' bagni soltanto nella primavera dell'anno i8:5. Questa Ionie copiosissima dà 3oo ameri d'acqua minerale all' ora: e nell' emergere g^lla delle particelle d'una materia bianca continuamente condotti dall' acqua siesta, simili nwm 200 mtvrmè a dei fiocchi di neve i quali disseccati e gol-tali nel fuoco esalano un forte odore di zolfo. Alla sorgente vi si riconosce la presenza dell' idrogene sulfurato e l'odore dell' acqua somiglia a quello d'uova fracide che pèrde trasportandola altrove. Immergendo-visi la mano si sente nel fondo un dolce tepore , ed estraendonela essa odora fortemente di zolfo. Dietro l'analisi eseguita sul luogo con lutti Ì reattivi necessarj dal Sig. Carlo So-merath domiciliato in Trieste , i principj contenuti in quest' acqua sono i seguenti. I. Idrogenalo sulfureo. II. Ossido di zolfo, IH. Solfato dì ferro. IV. Allumina. V. Magnesia. VI. Solfato di magnesia. VII. Mitriate di soda. Vili. Carbonato di calce. Il giorno in cui furono falle le osservazioni dal prefato valente chimico francese alta presenza dell' eccellente Sig. Dre. Gallo medico fisico condotto in Isola, il tempo era al vento di Borea ed il termometro che m té* 2 o i r*rt+ esposto all'aria aperta segnava quattro gradi sotto Io zero, tenuto per qualche tempo nella sorgente salia 14 gradi sopra lo zero. Dalla relazione pubblicata dal medesimo Sig. So-morath risulta che il peso specifico di quest' acqua con I' acreometro di Mesmer dinerisca d' un grado e mezzo dall' acqua distillata. Neil' esporre la serie delle operazioni chini udie eseguite con quest' acqua minerale egli annunzia quanto segue: „Gol mezzo dell' acetato di piombo , „dic' egli, ho ottenuto un precipitato nericcio. „Col mezzo della dissoluzione di noci „di galla, la superficie dell' acqua entro qualche ora diventa nerastra, e si copre d'una ^pellicola ìride. „Col mezzo del prussiato di potassa ho .,ottenuto un precipitato azzurro. „Col mezzo dell' amoniaco puro ho ottenuto un precipitalo d'allumina. „Col mezzo del carbonato di potassa „bo ottenuto un precipitato di zollato di ^magnesia. „Col mezzo della potassa pura ho ottenuto la magnesia. mtnm 202 *•'**> „CoI mezzo del nitrato d'argento ho ottenuto il muriato di soda. „Pezzi d'argento, e ferro lustro lasciati „i2 minuti in quest* acqua vi acquistano, ^i primi, un colore giallo nericcio, ed i secondi , tutto nero." II prelodato Sig. Dre. Gallo registrò esattamente in apposito proloeollo le sue proprie esperienze ed osservazioni fatte su questa preziosa acqua minerale. Nel di lui protocollo medico slato rassegnato all'I. R. Capitaniate circolare dell'Istria residente in. Trieste sono indicate tutte le malattie in cui fu sperimentata la di lei potenza salutifera , siccome anche riportati vengono i nomi e 1' età degli ammalati guariti, fra i quali finora si notano più di cento persone affette da morbi cronici, ostruzioni, ottalmie scrofolose, affezioni isterico-melanconiche, febbri periodiche, emorroidi, psora, coliche gastriche vedi .mose, artritidi, reumi, asma, lue venerea?» -calisi ecc. In tutte le accen-nate malattie può venir prescritto l'uso di quest' aequa medicinale tanto perbagni quanto per bibite, come pur quello de' suoi ottimi fanghi. Affine di generalizzare con ogni m&g-gior facilità questo benefizio della natura a favore dell' egra umanità il Sig. proprietario divisò di erigere nel sito della sorgente un edilizio ad uso de' bagni il quale venendo costruito dietro il disegno formato dal Sig. Giacomo Marchi ni, pubblico architetto in Trieste, avrà dieci Klafter di lunghezza, cinque di larghezza, ed uno e mezzo d' altezza, e sarà diviso in dodici camere con dodici bagni, una sala e la cucina. Attinente a questo edifizio de' bagni verrà aperto uno spazioso giardino con degli ameni viali dove i bagnajuoli godranno il più delizioso passeggio. Il fondo su cui viene eretto l'edilizio de' bagni è tutto qnel terreno che a levante confina al mare , a ponente col podere di un possidente d'Isola, a settentrione colle aggiacenze della chiesa parrocchiale di S. Pietro spettanti alla coinu "tà ed a mezzodì colle pubbliche mura ritta; ed il lavoro è ormai bene incamm j. Frattanto onde non ritardare gli effetti benefici di quest' acqua salutare a sollievo della sofferente umanità il Sig. proprietario aperse al pubblico per la corrente stagione la propria ca- sa per uso de' bagni dove per 1 Sigg. ricorrenti sono disposte tutte le maggiori comodità. Del resto tanto in parecchi pubblici alberghi quanto in altre case private i bagna-juoli troveranno in Isola delle buone abitazioni a discreti prezzi. Lo spettabile ceto mercantile di Trieste, seguendo il noto suo bel genio di favorire e sostenere con ogni mezzo le imprese tendenti a procacciare qualche utilità alla patria, ed all' umanità con de' generosi contributi coopera efficacemente all' eriziane dello stabilimento di questi nuovi bagni mediante il concorso di una società di azionisti. Il viaggio di mare da Trieste in Isola con vento favorevole si fa in due ore, ed anche meno. Tutti i giorni in Trieste presso alla riva della Sanità arriva un traghetto, e nella bella stagione ve ne giungono due , su i ipiali im!'UM, indosi i forestieri per Isola, non pagai,,-j| ,no'ue 10 carantani a testa. 5 C3 / \9 (* '<# i 1 i § : il m (# » 9 9 9 9 9 9 9 m 9 9 9 (• 9 9 9 9 9 9 I (♦ 9 i <• C# i 9 9 9 9 9 VI E N N A. BALLA TIPOGRAFIA DI ANTONIO STRAUSS-182 3. •