ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 363 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO Rudj GORIAN Università di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Via Tommaso Gar 14, 38122 Trento, Italia e-mail: rudj.gorian@unitn.it SINTESI L’articolo presenta, sulla base di studi già pubblicati e di nuove fonti, i profili di alcune biblioteche (religiose, nobiliari, familiari, ad uso pubblico o appartenenti a privati) presenti nella Contea di Gorizia tra il XVII secolo e l’inizio del XIX secolo e si pone come punto di partenza per ricerche di storia bibliotecaria di ampio respiro utili per acquisire nuove conoscenze sulla presenza di libri e sulla storia della cultura nella regione di Gorizia anteriormente alla Restaurazione. Parole chiave: Contea di Gorizia, storia delle biblioteche, famiglie nobili, istituzioni religiose, ordini religiosi, biblioteche pubbliche e private, circolazione del libro NOTES ON SOME LIBRARIES IN GORIZIA BETWEEN THE SEVENTEENTH AND THE BEGINNING OF THE NINETEENTH CENTURY ABSTRACT The article, based on previously published studies and new historical sources, treats the profiles of some libraries belonged to religious Orders, noble families and of some private and public libraries in the County of Gorizia between 17th and early 18th century. The article wants to be a starting point for large-scale library history researches useful to acquiring new knowledge on cultural history and about the pres- ence of books in the Gorizia area. Keywords: County of Gorizia, library history, noble families, religious instituti- ons, religious Orders, public and private libraries, booktrade Received: 2019-10-31 D I 10.19233/AH.2020.20 ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 364 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 In memoria di Ugo Rozzo (1940–2020) INTRODUZIONE Questo articolo propone alcune coordinate per lo studio delle raccolte librarie presenti nella Contea di Gorizia tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del XIX secolo, in cui si riuniscono dati già noti e appunti da ricerche in corso. L’articolo è organizzato su base tipologica e tratta sia di biblioteche di cui esistono ancora oggi sul territorio sopravvivenze librarie, a volte minime, sia di collezioni bibliografiche andate disperse o distrutte, seguendo un filone di indagini speciali- stiche che, negli ultimi decenni, ha conosciuto una notevole fioritura a livello non solo di contributi di interesse circoscritto, ma anche di opere di respiro più ampio (Bottasso, 1984; Rozzo, 1994; Nuovo, 2005; Borraccini & Rusconi, 2006; Tavoni, 2006; Serrai, 2006; Sabba, 2008; Barbieri & Gallo, 2010; Montecchi, 2018). Dal momento che la Contea di Gorizia, appartenente fino al termine della Prima Guerra mondiale ai domini ereditari degli Asburgo, si estendeva su un territorio oggi diviso tra Italia e Slovenia e poiché alcune delle biblioteche citate si trovavano o si trovano ancora in quello che oggi è territorio sloveno (i cui riferimenti toponomastici sono stati riportati in corsivo accanto a quelli italiani), questo articolo va considerato un contributo di area italiana (anche come bibliografia prevalente di riferimento) dedicato a fenomeni culturali peculiari di una zona di confine, che si spera possa essere ripreso in mano sviluppando diversi filoni di ricerca su biblioteche, lettura e, più in generale, presenza di libri in questo territorio. BIBLIOTECHE DI ORDINI E ISTITUTI RELIGIOSI Anche nella Contea di Gorizia, come in altri territori, le biblioteche degli istituti religiosi (da intendersi come raccolte destinate a una fruizione comuni- taria sovente variamente collegabili alle biblioteche personali di singoli lettori) furono tra le prime istituzioni a dotarsi di libri e, spesso, tra gli ultimi decenni del Settecento e l’inizio dell’Ottocento cessarono di esistere o andarono incontro ad importanti alterazioni in conseguenza delle soppressioni degli istituti stessi. Tra le raccolte che superarono indenni il difficile momento delle soppressioni figurano quelle dei Minori osservanti e delle Orsoline: entrambe sono giunte al XXI secolo. La biblioteca dei Francescani osservanti probabilmente ebbe origine nel XVI secolo e va legata alla fondazione di una Chiesa sulla vetta del Monte Santo (Sveta Gora), a nord di Gorizia, nel 1566; nel 1786 gli Osservanti si trasferirono in città, nel convento di Sant’Antonio, in precedenza occupato dai Minori con- ventuali; da qui, per decisione del governo francese, nel gennaio 1811 i religiosi passarono al convento della Castagnevizza (Kostanjevica) (Vascotti, [1848?], ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 365 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 92–99), sito nelle immediate vicinanze di Gorizia (Tavano, 2007), sostituendosi ai Carmelitani, presenti in loco dal 1650 al 1785 (Vascotti, [1848?], 63–64). Tra l’altro, nel lasciare il convento, i Carmelitani avevano prelevato la propria biblioteca, che venne di fatto sostituita dalla secolare raccolta libraria dei Minori osservanti. Questa tuttavia, negli spostamenti dei religiosi, era stata depauperata di «molti manoscritti e stampati», finiti «in alcune case coperti di polve» ovvero «nelle mani dei pizzicagnoli, dei pescivendoli, dei rivenduglioli, con detrimento della storia»; la raccolta nel 1821 constava di meno di 3.000 volumi, cresciuti nel 1848 a 5.000 (Vascotti, [1848?], 103–104) ed è tuttora consultabile e oggetto di ricerche (Brecelj, 1989, 30–31; Blanka, 2003). Poco è stato sinora pubblicato sulla storia della biblioteca delle Orsoline (trascurata anche nel ricco studio di Medeot, 1971), su cui sono disponibili quan- tificazioni complessive fatte solo assai tardi, nel XXI secolo (Menato, 2001, 79). Appare scontato che la biblioteca si fosse sviluppata a partire dall’arrivo delle consorelle a Gorizia nel 1672, per rimanere sul territorio, pur se con diversi cambi di sede, fino al 20171. La biblioteca ebbe un ruolo sociale non indifferente poi- ché, nel 1778, le Orsoline diventarono riferimento per l’insegnamento scolastico denominato “normale”, voluto da Vienna, e basato sul tedesco come lingua utiliz- zata per la didattica. Fu proprio l’ «insostituibile […] funzione sociale incentrata sull’insegnamento» a preservare le religiose dagli effetti delle soppressioni di epoca giuseppina (Pillon, 2006, 100). Si noti che dopo la soppressione, nel 1781, delle Clarisse, le religiose del monastero di Santa Chiara, fondato a Gorizia nel 1653, in qualche caso scelsero di essere ospitate dalle Orsoline, portando con sé anche «preziosi manoscritti, libri e quadri» (Malni Pascoletti, 2001, 118). Per quel che concerne le biblioteche degli ordini religiosi soppressi, due casi importanti riguardano i Gesuiti e i Domenicani. Il collegio dei Gesuiti di Gorizia fu punto di riferimento pedagogico per tutta l’Austria Interiore; fu attivo dal 1621 al 1773, data di soppressione dell’Ordine (Ferlan, 2012), epoca in cui l’istituto era dotato di una biblioteca ricca di oltre 3.400 opere (Battisti, 1925, 10). L’attività scolastica e di studio dei religiosi fu alla base della sopravvivenza di parte della biblioteca dopo la soppressione, poiché una porzione dei beni del collegio passò, assieme ai compiti educativi dei Gesuiti, al nuovo ginnasio, gestito dal 1780 dai Padri Piaristi presso Palazzo Verdenberg. Nel 1810, però, il governo francese soppresse il ginnasio piaristico a favore del nuovo liceo statale, e la sopravvivenza della raccolta libraria, lasciata nel caos, venne ancora una volta minata. I libri, però, si salvarono di nuovo, almeno in parte, passando alla Studienbibliothek e alla Biblioteca del Seminario, le 1 Nel 2017 le suore hanno lasciato la città e parte della loro raccolta libraria è stata acquisita dalla Biblio- teca Statale Isontina e dalla Biblioteca del Seminario di Gorizia, nel quadro di una vendita sostanzial- mente totale (su vasto raggio) dell’amplissimo patrimonio artistico, documentario e culturale dell’istituto religioso. Il Piccolo, 24.5.2017: Le Orsoline lasciano Gorizia: «beni culturali da tutelare» (articolo di Francesco Fain): https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/09/23/news/le-orsoline-lasciano-gori- zia-beni-culturali-da-tutelare-1.15894702?refresh_ce. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 366 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 principali istituzioni bibliotecarie dell’Ottocento goriziano. Nel primo catalogo della Studienbibliothek si contavano come provenienti dai Gesuiti 2.654 opere in 3.655 volumi, mentre c’erano 783 testi raccolti in 814 volumi giunti dalla biblioteca del Ginnasio dei Piaristi (Battisti, 1925, 10)2. I Domenicani, invece, nel 1646 ottennero una rendita per la costruzione di un convento e si insediarono a Farra d’Isonzo, paese sito a pochi chilometri da Gorizia, rimanendo sul territorio fino alle soppressioni degli anni ’80 del Settecento. Nel novembre 1784 fu compilato l’inventario per la liquidazione dei beni del monaste- ro, che descrive la presenza di una biblioteca di buone dimensioni, ma, soprattutto, preziosa per varietà e per qualità dei volumi posseduti (ASTs, AAG, 1783–1790, b. 6)3. Nell’inventario il materiale librario è ripartito in 5 insiemi di testi, per un totale di 1.715 unità fisiche4. Accanto a opere di attinenza goriziana, a edizioni presumibilmente molto antiche di tradizione domenicana, a manoscritti e alla non scontata presenza di alcuni lavori storici e filosofici di interesse contemporaneo5, tra le componenti più interessanti di questa raccolta va ricordata anche quella (la più notevole in assoluto) costituita da opere in lingue antiche o extraeuropee e in alfabeti (anche o del tutto) non latini, da ricondurre agli studi e agli interessi linguistici del domenicano Bonifazio Finetti (1705–1782), che si era ritirato nel monastero probabilmente verso la fine degli anni ’60 del Settecento (Cavazza, 1997; Cavazza, 2009). Accanto a queste biblioteche bisogna ricordare la raccolta in dotazione ad un altro istituto religioso: la Domus presbyteralis, sorta nel 1757 per volere dell’ar- civescovo di Gorizia Carlo Michele d’Attems come primo tentativo di allestire in sede locale una struttura votata alla formazione del clero diocesano. Poco dopo la soppressione della Domus, nel 1783, la collezione, di soli 320 titoli, fu in parte trasferita al Seminario di Graz e in parte venduta (Martina, 1988)6. 2 Oggi il patrimonio librario gesuitico conservato nella Biblioteca Statale Isontina conta 1272 edizioni a stampa e un volume manoscritto, mentre presso il Seminario sono presenti 290 volumi residui appar- tenuti ai Gesuiti (De Simone, 2018, 159). 3 Se finanziamenti e condizioni di lavoro ragionevoli lo consentiranno, mi propongo di dedicare alla biblioteca di Farra uno studio a parte. Ringrazio Silvano Cavazza per avermi indirizzato verso que- sto documento, da lui già esaminato alcuni anni addietro. 4 La struttura della lista è la seguente: N.1: Opera varij [= variis] et plerumque orientalibus idioma- tibus exaratarum; Filosofi (331 unità fisiche); N. 2: Padri, commentatori teologi e Giuristi e [libri] proibiti (339 unità fisiche); N. 3: Spirituali e predicabili (460 unità fisiche); N. 4: Istorici, geografi e vite de particolari; Vite (357 unità fisiche); N. 5: Libri di belle lettere e di varie linguae [sic] (228 unità fisiche). 5 Si ricordino, per la sezione n. 4 dell’inventario, l’Histoire philosophique et politique des établis- sements et du commerce des Européens dans les deux Indes di Raynal, probabilmente tradotta in italiano («Raynal Storia filosofica») oppure l’Istoria delle turbolenze della Polonia dalla morte di Elisabetta Petrowna fino alla pace fra la Russia e la Porta Ottomana in cui si trovano tutti gli avvenimenti cagioni della rivoluzione di quel Regno di Giacomo Casanova, stampata, come noto, proprio Gorizia tra 1774 e 1775 («Turbolenze della Polonia»). 6 Pochissimi volumi appartenenti alla Domus presbyteralis sono oggi conservati presso la Biblioteca del Seminario di Gorizia. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 367 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 BIBLIOTECHE DI FAMIGLIE NOBILI Trattando di biblioteche nobiliari si deve considerare che, ovviamente, spesso contengono sotto-collezioni create dai membri di una casata, valutabili come raccolte personali che, dopo la morte del possessore, confluiscono nelle raccolte degli eredi, anche per il valore patrimoniale dei libri, dando vita a spartizioni, stratificazioni e sovrapposizioni del materiale librario. Il confine tra le due tipologie di biblioteche, pertanto, può essere difficile da determinare oppure, più semplicemente, risultare variabile a seconda dell’ottica con cui vengano studiate. Probabilmente fino a tutto il Seicento esistevano sul territorio solo raccolte libra- rie quantitativamente poco importanti, come la raccolta gradiscana cinquecentesca di Niccolò della Torre (Di Lenardo, 2018). La prima biblioteca nobiliare che risultò degna di nota presso i contemporanei pare, infatti, essere stata quella assemblata nel castello di Rifembergo (Branik) dal conte e sacerdote Livio Lantieri (1672–1738) (Stasi, 2008, 38–40). Nel 1728 Lantieri era stato descritto come un nobiluomo a cui «piace[va] tutto ciò, che si può chiamar peregrino, o gentile» e che trovava «nelle lettere il principal suo diletto», mentre la sua biblioteca veniva definita «così nume- rosa di libri d’ogni materia, che poche se ne trovano pari in tutto ’l Friuli». I volumi erano parte di una più estesa raccolta di oggetti di pregio e di opere d’arte che il conte aveva raccolto nella propria dimora, già di per se stessa suggestiva grazie alla posizione panoramica e alla torre che la sovrastava (Dall’Agata, 1728, 61). Qualche decennio più tardi, Carlo de Morelli, storico e funzionario asburgico, confermava che Lantieri era stato tra i primi goriziani a coltivare le lettere, ma osservava anche che il conte viveva «in campagna» per cui «i suoi lumi non si dilatavano fuor del castello di Rifenbergo; e la sua libreria composta di scelte opere, la prima di tal genere che vide la patria, rimase inutile per gli altri» (Morelli di Schönfeld, 1855, 141). La biblioteca fu ereditata, assieme agli altri beni, dal nipote del conte Livio, Giovanni Ignazio, per passare poi al cugino di costui, Ferdinando Carlo Lantieri (Stasi, 2008, 38–40) e, nel tempo, venne preservata con un certo scrupolo dalla famiglia, come dimostra l’esistenza di cataloghi e inventari dei libri redatti nell’Ottocento (Pillon, 2011, I–IV, e passim); venne, però, quasi interamente dispersa e conobbe danni ingentissimi durante la Prima Guerra mondiale (Stasi, 2008, 40). Con l’avanzare del XVIII secolo probabilmente le biblioteche di nobili e di privati si moltiplicarono, in linea con quanto accadde in molte altre località, a partire dal vicino Friuli veneto (Rozzo, 1996), e parallelamente alla fioritura culturale che aveva caratterizzato la Contea nella seconda metà del Settecento (Tavano, 2005). Si consideri anche che, in quell’epoca, era ormai possibile, per i residenti nella Contea, procurarsi libri stampati in loco, dal momento che attorno al 1755 iniziò a Gorizia l’attività tipografica della stamperia Tommasini, cui si affiancò nel 1773 la stamperia de Valerj (Grossi, 2001; Gorian, 2010). Soprat- tutto, però, considerando che i testi stampati a Gorizia avevano una fisionomia contenutistica prettamente locale, per l’approvvigionamento di libri prodotti su vasta scala va segnalato l’incremento delle librerie attive in città. Si conosce ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 368 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 poco sui negozi di libri presenti nella contea prima della metà del Settecento. Da un processo per debiti tenutosi a Udine nel 1702, ad esempio, risulta che nel settembre 1687 il libraio e tipografo udinese Francesco Schiratti aveva affidato, a Gorizia, una bottega di libraio e cartaio a un certo Casimiro Caldelaris di Venzone (ACAU, 1192, cc. 1–35). Lo stesso Caldelaris risulta essere attivo a Gorizia nel 1691 come legatore di libri al servizio degli Stati Provinciali (ASPGo, SP, I, s. 22, 1690–1699, c. 119), mansione in cui era succeduto a Giacomo Bonfante. Quest’ultimo era stato attivo anche (anzi, probabilmente in primo luogo) a Trieste come vero e proprio libraio nel 1689, ma nel 1690 il suo negozio andò distrutto nell’incendio del palazzo civico (Sancin, 2005, 15; Kandler, 1973, 194). Già questi pochi dati suggeriscono, comunque, che la piazza goriziana poteva avere interesse per i librai, a indicare l’esistenza di una domanda locale di libri, forse da correlare, in qualche modo, allo sviluppo delle biblioteche nella Contea. In ogni caso, dal probabile numero di due librerie aperte in città negli anni ’50 del XVIII secolo si era passati alle 4–5 botteghe di librai attive nei decenni successivi, senza scordare, però, la presenza di un caffè gestito da titolari svizzeri, fatto chiudere dall’arcivescovo Attems negli stessi anni ’50 perché attivo nella diffusione di libri proibiti, a indicare l’esistenza di fenomeni di circolazione dei testi esterna rispetto alle librerie (Gorian, 2010, 31–42, passim). Tornando alle biblioteche, rilevante dovette essere il patrimonio librario della famiglia Strassoldo del ramo Villanova, i cui residui pervennero nel XX secolo alla Biblioteca del Seminario di Gorizia. L’inventario di questo materiale fu redatto nel 1933 da mons. Francesco Spessot: allora nel palazzo goriziano della famiglia nobile, sito a Gorizia, c’erano solamente «circa 400 volumi», ma «nei secoli addietro la biblioteca era ricchissima», tra l’altro di «opere di carattere teo- logico e di architettura e scienza militare» (Spessot, 1934, 88)7. Esiste tuttora una porzione della biblioteca di un altro ramo del casato (Strassoldo di Grafenberg?), pervenuta ai Musei Provinciali nel 1889 come parte di un insieme di «libri, carte geografiche, diplomi e altre reliquie»: nel 1902 le unità della biblioteca collegate a questa seconda raccolta libraria degli Strassoldo erano 1017 (Masau Dan, 1986, 20–21), ma non si conoscono dettagli sulle personalità coinvolte nella creazione delle biblioteca, sul luogo (o sui luoghi) in cui era in origine conservata e sulle presenze librarie effettive nel periodo che ci interessa. Probabilmente la più ampia biblioteca privata esistente sul territorio nel Set- tecento fu quella dei conti Pace, sita a Tapogliano, nella parte occidentale della Contea. La biblioteca era stata ampliata da Carlo Maria de Pace (1724–1804), partendo dalla raccolta di famiglia ereditata dallo zio Giusto de Pace (1688–1718) fino a farle raggiungere i 12.000 volumi, comprensivi anche di alcuni codici 7 Riporto qui una testimonianza datami dal prof. Silvano Cavazza, cui mons. Spessot aveva riferito che, prima del lascito al Seminario, i libri a stampa degli Strassoldo-Villanova erano accatastati, assieme all’ar- chivio e a volumi manoscritti, nelle soffitte del palazzo goriziano di Piazza Sant’Antonio. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 369 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 manoscritti. La biblioteca era aperta alla frequentazione di familiari e amici8, e il conte aveva deciso che, in mancanza di eredi, sarebbe passata al Capitolo di Udine o al Capitolo di Gorizia. In realtà, la biblioteca venne in gran parte comperata nel 1806 dal libraio veneziano Adolfo Cesare, che poi la cedette ad Emmanuele Antonio Cicogna (Mucelli, Perusini & Perusini, 2015, 302, 317). Probabilmente una parte della raccolta passò comunque al figlio di Carlo Maria, Bernardino (1748–1827), e fu, a quanto pare, ampliata anche grazie alla moglie dell’erede, Teresa de Pace, nata contessa Thraun a Vienna nel 1760 (figura di nobildonna attenta a migliorare la propria istruzione «per mezzo di una scelta libreria» di cultura francese, italiana e tedesca: Codelli, 1792, 242). Nella villa di Tapogliano esiste un ciclo di pitture murali (commissionato da Carlo Maria, che però già nel 1780 aveva lasciato la dimora per trasferirsi a Udine, o, più probabil- mente, da Bernardino) con scene tratte dall’ Histoire philosophique et politique des établissements et du commerce des Européens dans les deux Indes di Raynal e dai Viaggi del capitano Cook, testi presenti nella raccolta bibliografica (Mucelli, Perusini & Perusini, 2015, 302–310, 317), che evidenzia una certa sensibilità dei proprietari per la definizione, tramite la decorazione, degli ambienti in cui i libri venivano conservati e, probabilmente, anche letti e discussi. Nel 1826, tuttavia, la biblioteca di Tapogliano si era ormai ridotta a contenere solo 566 opere (Mucelli, Perusini & Perusini, 2015, 302). Una biblioteca quantitativamente e culturalmente importante, anche per la componente manoscritta, dovette essere quella del conte Rodolfo Coronini Cronberg (1731–1791), che è plausibile fosse conservata interamente nel suo palazzo di Quisca (Kojsko); Coronini, infatti, fu l’erudito e l’uomo politico gori- ziano più in vista della seconda metà del Settecento (Gorian, 2009a). Mancano, tuttavia, descrizioni della raccolta libraria, che si può conoscere in modo assai sommario solo da fonti successive. La collezione, infatti, divenne parte di una più estesa biblioteca di famiglia, sopravvissuta sino al XX secolo, epoca in cui era conservata nel castello di Moncorona (Kromberk). Questa preziosa eredità bibliotecaria fu rovinata dal fuoco nel 1916 e, poi, andò in rovina in un incendio causato dai nazisti nel 1943. Era stata descritta, subito dopo la distruzione, da Carlo Coronini Cronberg come composta da «10.000 volumi» comprendenti anche «numerosi incunaboli, stampati e manoscritti del ’500 e delle interessanti relazioni diplomatiche, una collezione ricchissima di opere riguardanti la storia delle Province Illiriche, i classici latini, tedeschi e francesi […]». Della collezione libraria familiare restano, comunque, descrizioni catalografiche che menzionano numerose opere plausibilmente appartenute al conte Rodolfo (Pillon, 2004). 8 Forse una traccia dell’attenzione di Carlo Maria de Pace per la condivisione del materiale li- brario si può trovare nel suo acquisto, fatto nel 1770, di 12 copie di Della istoria ecclesiastica descritta da Giuseppe Agostino Orsi ridotta in compendio e continuata, stampata a Cividale del Friuli, plausibilmente comperate o per farne dono o come acquisto concordato con altri lettori ([De Valerj], 1770, 248). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 370 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 Più modesta fu la biblioteca del conte Michele de Rabatta (1734–1794): si trattava di 400 volumi contenenti 135 opere, in edizioni quasi sempre settecentesche, conser- vate in gran parte nel palazzo sito a Gorizia, mentre solo 17 opere si trovavano nella casa del conte a Canale d’Isonzo (Kanal ob Soči) (Cavazza, 1996, 14–16, 93–98). ALTRE BIBLIOTECHE PRIVATE Nella contea esistevano molte altre raccolte librarie, di varia misura, che emergono in numero abbastanza consistente specialmente dai testamenti custoditi nell’Archivio di Stato di Gorizia, materiale sondato per ora soltanto a campioni per la stesura di questo articolo (e in precedenza considerato solo occasionalmente da studiosi di storia locale). Alcune liste danno conto di biblioteche piuttosto estese di personaggi noti; in altri casi, invece, emergono raccolte ben più esigue, come due insiemi librari presenti a Gradisca d’Isonzo, paese sito a Ovest di Gorizia, presso membri della famiglia dei baroni Baselli. La prima raccolta è quella di Giovanni Battista, capitano delle Contee di Gorizia e Gradisca, che il 26 novembre 1777 contava 18 opere per complessivi 69 volumi, in buona parte di argomento giuridico9 (ASGo, TCPG, b110.f273.sb-52). La seconda raccolta apparteneva invece al parroco Carlo Mattia: nel 1777 conteneva soltanto 9 titoli, di attinenza religiosa (ASGo, TCPG, b110.f273.sb-57). A Canale d’Isonzo (Kanal ob Soči) si conservava la biblioteca, probabilmente di impostazione al tempo stesso professionale e letteraria, di Antonio Prividali, esperto giurista, avvocato fiscale e cultore di storia patria, nato nel 1722 (Bortolusso, 2009). La sua raccolta, nel 1792, era descritta come una «privata […] libreria composta de’ migliori scrittori», «manifesta prova del suo buon gusto e del genio, che lo trasporta ad ogni sorta di letteratura» (Codelli, 1792, 188–190). Tre biblioteche settecentesche di tipo professionale o specialistico si sono pre- servate, in proporzione più o meno estesa, grazie al passaggio alla Biblioteca del Seminario di Gorizia (Cavazza, 1975, XVI–XIX). La biblioteca del docente gesuita, Giacomo Reyss (1735–1811), attivo nel ginnasio di Gorizia e noto anche come predicatore, giunta presso il Seminario nel 1822, contiene soprattutto edizioni di interesse religioso stampate nella seconda parte del XVIII secolo: risulta organizzata in otto sezioni e comprende circa 830 titoli. La collezione di Giangiuseppe Barzel- lini (1730–1804), contabile di professione, ma matematico e scienziato apprezzato ben oltre i confini della Contea (Gorian, 2018), fu forse la più importante tra le biblioteche personali di orientamento scientifico-matematico presenti nella zona in quegli anni; confluì nella biblioteca di Reyss dopo la morte dello scienziato ed era ricca di oltre 200 edizioni. Infine, la raccolta del conte Francesco Filippo Inzaghi (1731–1816), che era stato vescovo di Trieste, Gradisca e Gorizia conteneva, invece, 9 La lista dei libri è così strutturata: Ius civile: 5 titoli (33 tomi); Ius canonicum: 2 titoli (4 tomi); Morali: 4 titoli (6 tomi); Ascetici: 3 titoli (13 tomi); Sacra scrittura: 2 titoli (3 tomi); Storia sacra e profana: 2 titoli (10 tomi). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 371 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 almeno 178 edizioni, corrispondenti a 818 unità fisiche e, accanto ad opere religiose, conservava anche diversi testi filosofici illuministi e anticlericali PRIMI RIFERIMENTI A BIBLIOTECHE PUBBLICHE Si data al 1768 il primo riferimento alla possibilità di costituire una biblioteca pubblica a Gorizia. In quell’anno il conte Francesco Annibale Della Torre, canonico del capitolo di Passau, di origine goriziana, manifestò il proposito di lasciare in ere- dità i propri libri agli Stati Provinciali, il principale organo di governo della Contea (Gorian, 2010, 82). Caratteristiche ed entità di questa biblioteca non sono note (almeno a chi scrive), ma potrebbero essere state notevoli considerando che il Della Torre, parallelamente alla costruzione della biblioteca, aveva saputo assemblare una importante collezione di curiosità naturalistiche, tanto che la sua raccolta di uccelli fu fondamentale per gli studi ornitologici di Giovanni Antonio Scopoli (Scopoli, 1769; Ciancio, 2018; Gregori, 2008). Per poter beneficiare del dono della biblioteca gli Stati Provinciali avrebbero dovuto accettare tre condizioni: mantenerla intatta e «sempre più locupletarla coll’aggiungervi l’opere incomplete»; occuparsi del trasferimento dei libri a Gorizia «per farvisi una pubblica libreria»; versare alcune somme di danaro agli eredi del conte. Se gli Stati provinciali non avessero accettato le condizioni, la medesima proposta sarebbe stata fatta «al monsignor arcivescovo di Gorizia», Carlo Michele d’Attems (Gorian, 2010, 82). Il lascito, non da ultimo, probabilmente, perché si trattava in sostanza di una compravendita mascherata, non andò in porto ed è plausibile che la biblioteca sia stata messa sul mercato, opzione peraltro prevista dallo stesso Della Torre a vantaggio dei suoi eredi. Le basi per quella che sarebbe divenuta effettivamente la prima biblioteca di carattere pubblico attiva a Gorizia vennero poste pochi anni dopo grazie alla “Società agraria”, un’accademia di nobili e studiosi interessati al miglioramento delle tecni- che di coltivazione e di allevamento. Tale biblioteca, sorta come raccolta di studio per i membri dell’associazione e alimentata grazie a rari acquisti mirati (presso la Società si potevano leggere, ad esempio, alcune riviste specializzate in agronomia), successivamente si intersecò con un’altra biblioteca similare: la raccolta dell’Arcadia Romano-Sonziaca, gemmazione locale dell’accademia dell’Arcadia, dotata sin dalla fondazione, nel 1780, di una biblioteca accademica «ad uso e pubblico profitto». Nel 1783 il conte Emanuele de Torres aveva donato la sua collezione bibliografica all’Arcadia, che in tal modo acquisì prestigio e consistenza10 e, tra ottobre e novem- bre, la Società agraria stabilì di depositare i propri libri presso la biblioteca arcadica, che si trovava «senza il necessario fondo», «ad uso più comodo e conferente» degli agronomi. Venne così a crearsi una biblioteca unitaria, aperta in un ambiente allestito ad hoc, che ebbe carattere pubblico, per quanto fortemente specialistico. La Società agraria pagò la pigione dei locali che ospitavano i libri probabilmente fino al no- 10 Il dono comprendeva, oltre alla biblioteca, anche una serie di lettere autografe di Pietro Metastasio (Hortis, 1876, XVI–XIX). ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 372 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 vembre del 1785, quando la biblioteca arcadica venne chiusa, dopo che l’accademia aveva già trasferito a Trieste la sede principale della propria attività (da cui avrebbe avuto origine, come noto, la Biblioteca civica triestina Attilio Hortis). Non è chiaro, però, se e in quale porzione i volumi a suo tempo depositati presso gli Arcadi siano ritornati nelle mani del sodalizio di agronomi (Gorian, 2010, 82–83). L’esperienza di questa biblioteca venne così ricordata dagli Arcadi romano-sonziaci nel 1793, in un appello stampato rivolto ai soci «perché donino qualche libro proprio per fondare una biblioteca pubblica» a Trieste (BCH, R.P.MS 3–26/5, n. 18): Nell’anno 1780 tentossi, com’è noto, l’apertura ed il sostentamento di una publi- ca biblioteca in Gorizia; ma sebbene eseguita con molto impegno, dovette scio- gliersi con sommo dispiacere. La mancanza di fondo per sostenerla ne cagionò la decadenza, e la caduta di ogni speranza di formarla e sistemarla, obbligò gli Arcadi al di lei scioglimento. LA TRANSIZIONE AL XIX SECOLO Per la storia delle biblioteche goriziane i primi decenni del XIX secolo ebbero grande rilievo: è in quel periodo, infatti, che vennero fondate le più importanti istitu- zioni bibliotecarie del territorio, tuttora attive, oggi denominate Biblioteca pubblica del Seminario teologico centrale e Biblioteca Civica/Biblioteca Statale Isontina. La storia di questi due istituti ebbe modo di intrecciarsi significativamente, soprattutto nei primi anni di vita. La Biblioteca del Seminario iniziò a svilupparsi in concomitanza con l’inaugura- zione del Seminario stesso, avvenuta in data 11 novembre 1818. L’istituto era sorto per volontà dell’imperatore Francesco I quale punto di riferimento per la formazione di sacerdoti di tutte le diocesi del Litorale Austriaco e conobbe un consistente incre- mento della dotazione di testi religiosi anche grazie dall’acquisizione, decisa nello stesso 1818 dal Governo austriaco, delle vaste collezioni dei conventi domenicani di Capodistria e di Parenzo, confiscate nel 1806 e nel 1813 dall’amministrazione francese (che, probabilmente, aveva già accentrato in queste antiche biblioteche altre raccolte librarie religiose dell’Istria) (Cavazza, 1975). La nuova istituzione bi- bliotecaria risultò significativa, come si è già visto, anche per aver assorbito alcune raccolte librarie goriziane settecentesche. Nel frattempo, presso le istituzioni statali, prese piede il progetto di creare la nuova Studienbibliothek (indicata anche come “biblioteca degli studi”, o “liceale”) che fu aperta al pubblico nel novembre 1825 (a seguito del decreto aulico di costru- zione del 1822), con una dotazione di 4.710 volumi divisi in 10 classi. Un primo ordinamento di quella che sarebbe divenuta la Studienbibliothek si era avuto già dopo il 1780, quando i Padri Piaristi assunsero la direzione del Ginnasio e riaprirono la biblioteca nella sua sede attuale di Palazzo Verdenberg. In quegli anni, infatti, come abbiamo visto, i Piaristi avevano raccolto l’eredità pedagogica del Collegio e della biblioteca goriziana dei Gesuiti. Solo nel 1819, però, maturò l’idea di trasfor- ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 373 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 mare tale biblioteca in un istituto culturale di pubblica utilità. La raccolta all’epoca si trovava in un totale disordine, vittima di gravi dispersioni avvenute a partire dalla soppressione dei Gesuiti. La proposta di cambiamento della biblioteca ginnasiale in biblioteca pubblica partì da Francesco Savio, direttore agli studi e consigliere provinciale, che promosse l’acquisto di opere filologiche e dispose il trasferimento di quelle teologiche alla Biblioteca del Seminario (Battisti, 1925, 9–10). Nel gen- naio del 1823, infatti, «iniziò un modesto passaggio di libri tra le due biblioteche, probabilmente destinato a protrarsi, tra alterne vicende, per diversi decenni, finché i volumi traslati al Seminario entrarono stabilmente a far parte del patrimonio dello stesso» (Gorian, 2009b, 70–71). Nel terzo decennio del XIX secolo, dunque, la storia delle raccolte librarie gori- ziane sei-settecentesche si era almeno in parte innestata su quella delle biblioteche ottocentesche, tra sopravvivenze, anche importanti, di biblioteche nobiliari, con- solidamento di alcune biblioteche religiose e creazione delle principali istituzioni bibliotecarie cittadine. ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 374 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 OPOMBE O NEKATERIH KNJIŽNICAH V GORICI MED SEDEMNAJSTIM IN ZAČETKOM DEVETNAJSTEGA STOLETJA Rudj GORIAN Università di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Via Tommaso Gar 14, 38122 Trento, Italija e-mail: rudj.gorian@unitn.it POVZETEK O zgodovini knjižnic in knjižnih zbirk v goriški grofiji v predmarčni dobi nimamo celovitih raziskav. Tudi goriške knjižnice, ki so jih raziskovalci do tedaj poznali, niso bile dovolj celovito upoštevane pri specializiranih študijah zgodovine knjižnic. Ta članek je na tipološki osnovi poskušal opisati profile nekaterih knjižnic na tem območju med sedemnajstim stoletjem, obdobjem ustanovitve nekaterih pomembnih verskih knjižnic, in začetkom devetnajstega stoletja. Slednje obdobje velja za čas rojstva knjižnic, ki so zbrale in delno prevzemale starejše knjižno gradivo. To je bilo obenem obdobje, v katerem so iz nekaterih knjižnih zbirk nastale družinske knjižnice, v katerih pa niso našle prostora nekatere pomembne zbirke verskih redov. Ob tem je treba še spomniti, da je bilo v drugi polovici osemnajstega stoletja tudi nekaj poskusov ustanavljanja javnih knjižnic. Članek je bil napisan v prepričanju, da bodo nadaljnje raziskave o zapuščinskih inventarjih, katalogih in drugih dokumentih ter raziskave ohranjenih knjižnih zbirk sedanjim spo- znanjem omogočile dodati še številne pomembne podatke o zgodovini knjižnic, branju, izmenjavi knjig in o kulturi na območju sedanje meje med Italijo in Slovenijo, tudi z vidika dogajanja v prejšnjih obdobjih. Ključne besede: goriška grofija, zgodovina knjižnic, plemiške družine, verske ustanove, verski redovi, javne in zasebne knjižnice, izmenjava knjig ACTA HISTRIAE • 28 • 2020 • 3 375 Rudj GORIAN: NOTE SU ALCUNE BIBLIOTECHE A GORIZIA TRA SEICENTO E INIZIO OTTOCENTO, 363–378 FONTI E BIBLIOGRAFIA ACAU – Archivio della Curia Arcivescovile Udinese, Udine, Processi civili e penali- Udine. ASGo, TCPG – Archivio di Stato di Gorizia, Tribunale civico provinciale di Gorizia. ASTs, AAG – Archivio di Stato di Trieste, Atti amministrativi di Gorizia. BCH – Biblioteca Civica Hortis, Trieste, Raccolta patria. 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