Fiorenzo Toso CDU 811.131.1'282(449.45) Universita di Udine LO SPAZIO LINGUISTICO CORSO TRA INSULARITA E DESTINO DIFRONTIERA L'articolo ripercorre criticamente le tappe fondamentali de/la storia linguistica de/la Corsica, individuan­done alcuni punti nodali e mettendo in evidenza i caratteri di continuita e i momenti di jrattura che hanno provocato, ne/ corso dei secoli, modijiche signijicative di orientamento cul tu rale. Emergono in par­ticolar modo le motivazioni che so no alfa base de/la situazione linguistica odierna, che vede nell'originale elaborazione di una norma "polinomica" locale uno dei suoi elementi di maggiore interesse, specijica­mente discusso in conclusione del saggio. L'incidenza del fattore geografico che piu si invoca quale elemento condizionan­te delle vicende culturali della Corsica, l'insularita del territorio, va senz'altro relati­vizzata alla luce di un'analisi critica della storia linguistica della regione. Nel mo­mento in cui determina e circoscrive fatalmente uno "spazio" destinato in larga mi­sura a proporsi come luogo ideale di costruzione identitaria, l'insularita non si pro­pone necessariamente come soluzione di continuita e come barriera insormontabile agli influssi esogeni 1 , ne basta da sola a configurare un'omogeneita che appare messa ampiamente in discussione dalla segmentazione territoriale interna quale elemento disaggregante, ben al di la della percezione unitaria che pure s'impone agli occhi del­l'osservatore esterno non meno che alla "coscienza" collettiva ltalian language, in WALSH 1989, pp. 221-226 MULJAČIČ 1991 = ž. Muljačic, 11 "macrotetto" europeo e i "tetti" e "minitetti" regiona/i e statali nella unificazione lin­ guistica europea, in AA.VV 1991, pp. 414-422 MuLJAčič 1994 = ž. Mu!jačic, JI gruppo linguistico illiro-romanzo, ora in MuLJAčič 2000, pp. 417-431 MULJAČIČ 1996 = ž. 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Wa!sh (cur.), Synchronic and Diachronic Approaches to Linguistic Variation and Change, Washington Notte 1 Valgono piU che mai in questo caso le considerazioni sull'insularitit e sul valore relativo da attribuire al mare quale barriera per le innovazioni linguistiche, proposte da DAUZAT 1922, p. 179. 2 Sono linguisticamente corse, anche se caratterizzate da fenomeni di contatto a pili ampio raggio isole minori come la Capraia (ove il dialetto originario epraticamente estinto) e la Maddalena (DE MARTINO 1996), amministrativamente toscana la prima, sarda la seconda. Al di lit di cio, sono ben noti i caratteri di continuitit tra la dialettalitit corsa meridionale e quella gallurese (sintesi e riferimenti bibliografici in DETTORI 2002, pp. 915-919) e le concordanze con i dialetti dell'Elba e del Giglio, vera e propria cerniera tra le condizioni linguistiche dell'isola maggiore e quelle del continente (cfr. tra gli altri RoHLFS 1979). 3 Sulla definizione di un'area a!to-tirrenica di circolazione linguistica cfr. in particolare NESI 1993 e 1997. 4 II tema della ripartizione storica dell'isola e del suo riflesso sulle par!ate eampiamente trattato nell'in­troduzione di DALBERA-STEFANAGGI 1991, opera alla quale si rimanda pili in generale per le condizioni della variazione diatopica all'interno dello spazio linguistico corso. Ovviamente le ripartizioni menzionate hanno valore relativo, e la loro sostanza non sempre corrisponde ai luoghi comuni cari alla storiografia e alla pubblicistica locali: sul significato effettivo della distinzione tra "terra di comune" e "terra di signori" si interroga opportunamente, ad esempio, GRAZIANI 1993. 5 "II faut remarquer que les limites dialectales ne correspondent aucunement aux 'monts' qui coupent la Corse en deux regions [ ... ]. Elles sont plus 'horizontales' que les limites geographiques et historiques [ ... ]. Les trois grandes zones de parlers corses correspondent il trois niveaux distincts de developpement du roman, mais dont la repartition dans l'espace a du beaucoup varier historiquement» (ARRIGHI 2002, p. 40). 6 Gli "indicateurs de corsite" invocati dallo studioso non hanno valore assoluto come sintesi dei tratti dis­tintivi delle parlate corse ne! contesto romanzo, ma, sulla base dei suggerimenti di LABOV 1972, valgono essenzialmente in rapporto alle implicazioni sociali del loro utilizzo nella definizione della "comunitil lin­guistica" che in essi si riconosce. Su questi aspetti cfr anche MARcELLESI-THIERS 1988. Per i caratteri genera­li della dialettalitil corsa esufficiente rimandare in questa sede a NESI 2002, particolarmente pp. 959-966. 7 Per la verifica dell'estensione di questi fenomeni al di fuori dell'isola, saril sufficiente rimandare in que­sta sede a RoHLFS 1966-1969. 8 Sul valore relativo da attribuire all'"arcaicitil" delle condizioni linguistiche del sardo si veda ora BoLOGNESI 2001; l'idea dello spazio linguistico sardo come "santuario" mediterraneo di residui pre!atini e Jatini, ove gli stessi apporti allogeni finiscono per assumere, a contatto con un universo arcaico e "marginale", il ca­rattere di endemismi fortuitamente conservati in un contesto ambientale che si qualificherebbe per una consustanziale vocazione all'isolamento, appare smentito per la principale eteroglossia interna della Sarde­gna dalla ricerca di Toso 2001 (in corso di stampa a); analogamente, occorrerebbe guardarsi dall'attribuire tout court patenti di arcaicitil alla dialettalita dell'altra grande isola tirrenica, a dispetto de11e considerazio­ni di BoTIIGLIONI 1928 in merito a1l'eteroglossia interna bonifacina e allo stesso sistema de11e parlate corse. 9 II problema terminologico de11a definizione di un insieme "sardoromanzo" esostanzialmente analogo a que11o esaminato da MuuAčič 1994 (ora in MuuAčič 2000, pp. 417-431) per quanto riguarda i1 gruppo "illiroromanzo" rappresentato dal dalmatico: se i tratti distintivi interni delle varietil campidanese e logu­dorese non sono riten uti sufficienti ad attribuire loro il rango di "lingue", non si dispone di un sistema sufficientemente articolato da implicare l'utilizzo de11'iperonimo composto. II *sardoromanzo corrisponde quindi al sardo, cosi come illiroromanzo, a meno che non si riconoscano sostanziali distinzioni interne al dalmatico, esostanzialmente un sinonimo ridondante di quest'ultimo glottonimo. A sua volta i1 corso, come l'istrioto, non puo essere invocato a sostegno dell'iperonimo per il suo labile rapporto col sardo, tale da attribuirgli, come si vedra immediatamente, carattere transizionale. 10 Su questo aspetto esufficiente rimandare in questa sede a11e considerazioni di Toso 2002a, pp. 196-204. 11 Per la storia del riconoscimento de1l'influsso pisano in Corsica cfr. in particolare GUARNERIO 1902, WAGNER 1905, BoTIIGLIONI 1926, BERTONI 1939 pp. 85-98 e l'ampia letteratura successiva. II tema della "toscanizzazione" della Corsica non ha mancato in effetti di suscitare perplessitil tra i suoi stessi sosteni­tori, e bastera qui ricordare l'interpretazione fornita in chiave "idealistica" dal Bottiglioni de1le cause socio­economiche di un processo verificatosi in apparente contrasto coni fenomeni di "conservazione" individu­ati dallo studioso nella vicenda de11e isole linguistiche liguri: "Chi volesse mettersi da questo punto di vista potrebbe correggere alcuni eccessi nei quali cadono coloro che ne11'influsso de1l'ambiente e nei contatti tra le varie parlate vedono i fattori predominanti e, direi quasi, le sole cause de1l'evoluzione delle lingue. II fatto di un dialetto che ne soverchia e ne annulla un altro, quello delle isole linguistiche che restano come chiuse in se stesse in una resistenza tenace, sono tuttaltro che nuovi ed hanno offerto materia a moltissime ed ottime osservazioni; ma cio non esclude che ne! caso nostro, ci si chieda perche da un lato il corso, restando ne! suo ambiente, si annulla ne! toscano che vi irrompe dal di fuori, mentre da11'altro il genovese che quasi perde il contatto con la madre patria, non subisce per nulla l'azione del corso e del sardo. II toscano penetra in Corsica qualche secolo prima de1l'immigrazione genovese ne11e isole tirreni­che, ma echiaro che codesta differenza cronologica non puo da sola risolvere un tal quesito; e a chi addu­cesse per es[empio], la potenza politica e la maggiore civiltil che i Pisani da una parte e i Genovesi da1l'al­tra fecero gravare sui Corsi e sui Sardi, resterebbe da spiegare come mai il genovese di Bonifacio e di Carloforte non usci dai suoi confini e non influenzo le parlate vicine. Si potrebbe forse pensare a quel senso di reciproca antipatia che tiene lontani tuttoggi i Bonifazinchi e i Tabarchini dai Sardo-corsi; senso che, pur essendo vivo nei primi tempi della penetrazione toscana fra Corsi e Pisani, dovette piu tardi scom­parire e dar luogo all'opposto sentimento di simpatia per i grandi benefici che gl'indigeni ebbero a rice­vere dai dominatori. Ma questa non puo essere causa di per se sufficiente; puo soltanto avere un certo peso, aggiunta alle molte altre, non poche de1le quali sono da ricercare nell'intima struttura dei dialetti che vennero a contatto. Tutto cio porta a concludere che l'ambiente e le interferenze tra lingua e lingua, tra popolo e popolo, hanno notevole importanza, ma non sono sufficienti a risolvere il problema dell'evolu­zione linguistica. Esso, ridotto a uno studio di emigrazioni e di immigrazioni, d'incroci tra voci e par!ate, ne esce rimpicciolito; e quindi il metodo geografico che su questa concezione tanto ristretta si fonda, non puo condurre a scoprire che una parte de11a veritil" (BOTIIGLIONI 1928, pp. 74-76). 12 Sulla documentazione latino-medievale di area corsa si veda la sintesi di SERIANNI 1995. 1 piu antichi testi toscani con elementi corsi, provenienti dalla Balagna e dal Capo, sono stati studiati da SrussI 1990. Curio­sa la vicenda di un proverbio corso sulla malafede