» /7-V' I L oAl Serenift. Sig. *Duca d'V'rbim, tK K LTCEAL. JIELJJDTHKK J-'in ^Apprefio Bernardo Bafa M D LXXXII1I , DEL CONTE BA LD'ASSARRE CA5TIGLIONE. Riueduto, & corretto da .Antonio Ciccarelli daFuligni, Dottore in Teologia. AL SERENISS. SIG. FRANCESCO MARIA II. DELLA ROVER E, DVCASESTO D'VRB I NO. elle,&di letteuohopere che ft trouano fcrit- in quefta no* uolgarfauel - Qortigtano del te Baldajfar Castighone tiene luc- gofi principals, & honorato, che posfiamo congranragtone dire che jia apprejjo not neljuogenere i quel grado . che apprejjo i Greet rta d’alleuare i Frincipifi troua Jnfkitutione di Xenofonte, & ap - preffoi Fpmanineit'arte or at or ta lOrat ore di Cicerone: A 2 e } chenecef- A $ [a- jariamente di dialoghi conuegono: & oltre cio uolendo che nel margi- ke del quarto libro fi -notoffer o quel le parti,nelle quail I’oAutore non fi condo ilpar erproprio , mafie condo la fcuola Platonicaragionajfi. & di tutto quefio amene diedero il ca ricojlquale conobbi ben io ejfirgra uisfimo, & che digranlunga auan Xaualemie deboliforXg, conuenen dofihauer auanti gl'occhi 3 come leg ge inuiolabile di non trauiar mat da/I ifleffe parole, et dal mo do pro - prio del dire ujdto dellAutore; & pro cur areflare molto auuerti - to, chenonfolo la rammendatura non apparijje a tutti, ma ctiella ne anco fofie conofiiuta da coloro, che dipiu acuta uiflafono,et che in ten • intentlyfolk chi la mireranno , & che al hbro refiajje lafua maefa>& artificiofa vaghe'fzja : Etje a cia~ fcuno ignobile artejicefacie offer ma lageuole il,torre afimre nobile opera da rare maefiro lafetata imp erf et- ta j malageuolisfimo, &fipra ogni crederfa faticofb e fate a me di par mano ajlrarefatiche dtfi pregiato fenttore .on de 10 in queflo fat to ha - aro per auentura fee per to pw tosio il mio poco fapere , che non haur'o fatto nobile j emit to a cofi degna ope ra . -Mapure il comandamento di- color o a cm non obedire troppogran 1 vitio iltmoftatofarebbe, do pit a di¬ fen dcrmi da ogm at to dt temerita, & prefmtione, che mipoteffe efe^ re afentta . Li or a demen doji per le Ei mis miemani mandar in luce qucfldope ra con tanka dtligenXa 3 etfidelta con quanta integritd 3 ct utrtu il Conte Baldajdtrrepro curb a tut to Juo po~ tere di UJciarla imprejfa nonfolo nel le• fcrit ture 3 ma anco ne gjammi de gl'huomim de’Juoi tempt } me paruto conuensuole, tpf necejjario mdrfi- Z^arla all Alt, A. jlperche ella hebbe origins dallaSeremjs. Cajd di lei 3 on de e bendonere, cti a quella 3 come a fiio pnncipiofi rtcongionga;come an co perche ejjendo un chiaroJpecchio, entril quale igloriojimeriti de mag giori di A. Alt. co marauighojb piace rederiguardatifrueggono 3 pare che tanto conuenga a lei 3 quanto tuttigli altri ornamenti di esCi lefono douu- ti.Ma quando anche non uifujfe ue rma runa di quelle ragioniyche a cibfare punto miprouocajje, nulla dimeno mi m ouerebbe moko, come net uero fa 3 ilfdpere per pubis co grido di huo- minidottiest'j4lt. J^.eripiena di a i letteratiiet quel che e di maggior im portamza 3 & chefolo Jen {a pm a Prencipigran di'firichiedeje cti el- la con gwji a bilancia tutte le Jue ope rationi mena ad ejfettonon me- no gh appetitiproprijcolfreno del¬ la ragione ritiene trd cancelli dell’ho nejlo y chelia conjduio reggimento ft ritenga ipopohaje feggetti entro a termini del pm to data uiuere ci - uile j Ondeftuede chiarament e che l 3 At. I'Alt. V*. non folo hahereditato gli fiati, & le grande&Zje 3 ma I’iflefe virtu 3 & ilproprio valore di quei Hederighi^ef di quei Guidobaldi 3 e$ deglialtri fuoi maggion, ^r in dpi ( vagliamiil vero ) dignifsimi da porfin effempiofiper la lor fomma bontd, per larara cognitione delle cofe s per linuittiffimo animo , per I’affabilitd veflita di marauighofa grauitd 3 & per la magnificerfa, la quale come ilfoie e di tut to il cielo belleffa, cofi ejfa e di ciafcuna altra virtu chiare7gga et ornamental per gli egregij fatti abondantifsima materia di qualfluoghagran volu¬ me de pmfamo/ifcnt ton, &fan- co per miUe altre loro ammirabili quahtafe quali colpa delle picctolif di qualfi uoglia gra volume depiu famofifcrittori,& fanco per mil - le altre loro ammirabili quahta, le quail colpa delle picciolifsime for- z>e della debolpennamia non pojfo ioinmaniera verm a accennare 3 non che perfettamente Jpiegare . ‘Da tut to cio ne nafce Seremf.Sig. cofa che mi fifinge ajfai d dedicar le la prefente opera 3 ctiio mi rendo ficuro 3 ch’i belli colori di dottrina Cf d’drteficioja eloquetia, con qua lil’oAutore dipinfe quefiolibro , fe far anno accompagnati da i lumi delgloriofi nomediV.<±A.firende rano moltopiu vaghi, & diletteuo li 3 & le imperfettiom (S dfetti miei quafimallocate ombre in leg- giadrapitturajar anno piu facilme te comportatiiTdegnifil Alt. V. di non riguardare aRindegmtd mi a, ma miripiu tofio a quell a bemgni td,cheejua propria & particola - re 3 &per cio accetti queslo ajfietto dell’animo mio } cheje non meritero lode dihauer confeguitoilmio fine, douro almerio merit are fiufk per hauerlo grandemente defiderato procurato. Reft a che l’A. V. fia feruita,come humilmente io la Jup pltcojj riuedere e zjolentieri il Corti giano, come VjE Gljtt{p; Cortegiano che dee fare Cortigiano,come dee ufar per far ft grata al fuo lefacetie 108 Trencipe 61Cortegiano dee batter gra Cdrtegiani ingrdti 61 riuerentia alle Donne Cortegiano dee efjer me IX 8. rente,e rijpettofo 6 1 Cortegiano,qual fine ba- Cbrtegia.no, come dee di- Her date 167 mandar gratie 62 Cortegiano,comedeefarji Cortegiano non cerchidt amare 155 entrare, quando il Tre Chi ha da effer amato,dee cipe attende alia quie- amare tedell’animo 62 Cortegiano qual cofadee Cortegiano non dee gon- operar per efier gra - fiarft ne’ fhuori 62 to al fuo Trencipe Cortegiano, che dee fare 171. feruendo a Signor uir- Cortegiano, che deuefa- tuofo 64 re prima , che s'ar- Cortegiano, qualehabito rijchi d’infegnare la dee ufare 68 uirtit al Trencipe Cortegiani, che pongono 181. cura a diuerje attilate Cortegiano , da che dee ge 68 prender VinSlitutione Cortegiano che dee offer- 1 8 3. uarintorno agli ami- Cortigiano,che cofagli ba ci 69 ftaadefiere 19 4 Cortegiano dee faper la Cortigiano ba per fuo jins lingua Spagnuola , e il diuenire inftitutor laFrancefe 76 del Trencipe 194 Cortegiano non fempre Cortegiano uecchio,fe de- dee far ridere 88 ue innamorarft 196 b 3 Cofe T V Cofe comeneuoli alVren cipetoccate fommaria mente 184 Coflume de gli amatori 8 Coflume d’alcuni fciocchi che ft dccompagnano co ben uefliti 67 Coflume di cbi gioca a fcaccbi 94 Coftumi di Hippocriti. 127. Coslumi di Donne 7 2 Coflume delle corti[ d’in- fedeli 116 Coflume dell’efercitio del corpo di diuerfe donne 120. Coflumi diuerfi di Donne 197. Credeft alle uolte piu aU I’altrui opinione % cbe alia propria 74 Cure appartinenti al Tre cipe 190 Cura, che ft dee bauere del corpo 185 D D Jt che nafce lo flile, & i ntrneri 3 3 Da che ft debbano guar- 0 L dariueccbi 59 Dell’ufar facetie 79 Dee efiere il Cortigiano gratiato 12 Di M. Tficolo Leonico 102, Dee ftfuggire I’affettatio ne 21 Dijfetti delle Donne fono per colpa della naturx 122. Dijfetti modificati della temperan^a 176 De’ buoni najcon boni 17 Delmangiare 75 Delrifo 8S Del Conte Lodouico 97 Del gran Capitano 99 Del Marcbefe di Mant „ x©4. Del Conte Lodouico 106 Del Signor Trefetto 1 07 Delcapellan dels. Duca 108. Del Re lAlfonfb primo 107. Del Fefcouo di Ceruia * 167. Del giuocatore,che perdh die carte 1 10 Della DEL COJfTEGTMVj). Della Mu pea 23 Della Tittura a 3 Della Signora F dice del¬ la Eouere 14 6 Delle coje che fpej]o fttieg gono,gli ignoranti ft fa tiano 57 Demetrio lafeib di pigliar I{odi,per non abbruc- ciar unapittura di Tro togene 44 Demi 3 4 Defcrittione d’Frbino 2 Deftderio fempre mole il bene, ma da Je 'e cieco, e non lo conofce 197 Deftderio uero di arnore no b di fruire il corpo , malabdlegga 197 Dettidelgra Capitano 99 Dettodi Fernisiocle 488 Dettodel Ticcinino 49 Detto galante di Gein Ot tomanofratello del gra Turco 99 Dettodel Magnifico Giu- liano 100 Detto di GiouanniGon - ■gaga 100 Detto del Conte diTia- nella 100 Detto di Mario da Volter ra rot Detto di Golpino. 1 Oi Detto di Biante 180 Deuefi nel motteggiare hauer riffetto amiferi, a potenti 89 D’un Comrneflario Fiorcn tino 92 D’una Contadinella di Ga guolo 14 j D’una giouane I{oma.i ^6 D'tmo Contadino Berga~ mafeo no DiCaftiglio 109 Di Cicerone 88 Di quata forga ftal’ufo 1 D'Mfonfo Ige 102 Di Mndrea Cofcia 107 Di due nimici, Mltouiti, & Mlemanni ioy Di Maeflro Serafino 105 Di Biagio Criuello 107 pi Luca da Vontremoli 10 6 . Di Teralta Capitano 106 Di Batten da Cefena 107 DiCefare Beccadello nj Di Cicerone 11 j b 4 Di r ji v Di MgoJli.Bcuagano 101 Di Loreto de’ Medici 101 Li Federico Marcheje di Mantoua 102 Di M. Camiilo "Paleot. x °3 ■ Di M.Mgofti.Fogliet.i 02 L’MifonJoS.Croce 102 Di Totiofcolar Siciiia.n 3 Di Calfurnio 97 Di Scipione Tgaftca 104 Di Mlonjo Canllo 104 Di Paolo Tolofa 106 Di Cofmo de 1 Medici 106 Dee il Cortigiano eflerci- tarfi in ogniforte d’ar- mi 17 Diego Garzia 99 Luigi Re di Francia 99 Difficile a conofcere il tte- rodalfalfo 150 Difficult^ nella fcoltura 42. Dilema hgegnofift. 141 Diletti, & utili cbe uengo no dalle Donne 148 Difciplina necefjaria ne glihuomini 173 Difconueneuolegge gene¬ ral} 5 2 OLJ Difcretione codimento di ogni cofa 58 Diuerfe uarietd di coflumi nelle coni x Diuerfe forti di paggie 7 Diuerfe attioni demo jpef- fo cognition di chile fa 69 - Don Henrico Trencipe di Vuaglia 189 Do Carlo 'Principe di Spa gna, hoggidi Imper. 19 6. Donna no dee afcoltar chi dice mal deWaltre Don ne 119 Donna in cheguifa meglio riefce 34 Donna qual cofa dee offor uare nel parlare 119 Donna non tnoSlri fapere quello,chenonfa 120 Donna di che dee hatter cognitione 12 r Donna e di temperata co- pleffione 126 Donna di palaggodee fa pere qucllo , cbe s’ap- partiene a i ragiona- menti d’amore ijo Donna DEL COI^TEGl^VO* t)onna di palaTgo non maritata, qud’buomo dee am are 153 Donne di che p:u ft dolgo nod’efier morduts 117 Done piu caute deglihuo mini 123 Donne effere flats, & of¬ fer eccelienti in arme, in lettere,&in tutte le .cofe 123 Donne, percbc defierano d’ejjer huomini 124 Donne caufa di gran bene I2 7 • Done,che filafciarono am rna'gare $ Chriflo 127 Donne in ogni coja fem- pre s’attaccano aU’e- firemo 132 Doneuirtuofe,e dotte 13 2 Donne efferflate caufa del la grandeoga di l(p- ma 13 2 Donne T\omane, perche baciauano i parsnti, incontrandofi con quel li 133 Donne Sabine 133 Donne batter corretto di molti errori 134 Donne di Cbio 134 Donne di Chio peruenute in Laconia 134 Donne diTerfia 135 Donne di Sparta 1 3 J Donne Sagontine 1 3 5 Donne Tede/cbe 135 Donne della cafa di Mon- tefeltro 135 Donne Tifane 13 S Donne di raro fanno ama re 1 ? y Doue fyeffo ft conofchino i corraggioft 14 Doue e pqca different di eta, dee effcrdncor ra- gioneuolmente di fape re 192 Buchejfa Elifabetta 4 Due .AnconitanicGmbat- terono in "Perugia 17 Due forti difkcetie 8 I Due forti di burle 1 09 E E trnpofto alia Signora Ducheffa & alia S. Emilia, checomincino i giuochi 5 £ d’auuertire,che I’inten- tione K T iA V hone ddl’iAuttoxc ex panto di rifutarel’opi nionedel Bembanelle fue profe, interne alia lingua, doueforfe fipo. trebbe dire, cbe amen- due peccafjero. nel trop po, I’uno nell’ofierm- re ,1’altro ntllo jpreg- %are 14 E grata ad mo antiuede- re alcuna cofa,cbe gli tornia memaria d’alcu no gufiato placer e. 4.9 Eccejfme ricche^pe (pefio fono cagione di gran mine 185 Egnatio di Catullo 34. Elettione de gli amici.6 9 Entra a lodar la donna di Talaggo 117 Epicari libertinaFpma- na Errore di lodare i tempi pafsati 47 Errori no fono tutti ugua li 52 Eferdtio della Mufica qiiando ufar ft dee. 57 Eferciti d’innarnorati. 0 L \A. Ejperienga lungafafnre il giudicio pin perfet- t0 47 Efempio faceto 11 Efempio del dangare. ij Efempio di Virgilio , e de altri nell’imitare 3 © Efempio di molti Capita- ni, cbe litterati furo- no 36 Efempio di'EJicoletto 100 Eta. fenile fuggetto (pro¬ portionate a guftare i piaceri 48 Eta uirile pin temperata .. 59 F F^tBIQ cognominata pittore 41 Facetia di Mefser Anto¬ nio A.gnello Facetia del Fruflato. 9 7, Facetia de’Fiorentini fo- pra quefla parolapre libato 9% Facetia d’un litigante.96 Facetia di un detto Jolo . 9 5 Falfa teffimoniaga. 16^ Fan BEL COPiTEGI^Ts^O. Tama bona e digrandiffi Giacomo San Secodo .8 7 mo momenta 7 2 F iorentino, & un Sane- (e 99 Forma,e materia 124 Fortebga d’animo, d’una donna 129 Fortesga. grandiffma di donna caBa 142 For^a dell’mdufiria. 17 Forte^a dell’occbio in¬ ferno 158 Francefi eccellentineltor niere 1 8 Francefi fire^ano le let tere 3 5 Francefi modeBiffimi,& cortefi gentilbuomini. 64 G G^ALEiAZZQ San Seuerino 20 Galeotto da Tsparni 9 6 Gentilhuomo dee feruare la couencuoleTga. y y Getilbuomo di ualore dee in tutte le cofe efier fin cero,&ueridico. 1 16 Gentildoma Capon ana. HS Gioua alle uolte publicar l’amore 158 Giouani, cbe far debba- no 59 Giouani , quai ft pofiono chiamar diuini 199 Giudicio dell’^Autore nel lo fciegliere le paro¬ le dt Giocbi quali efier debba- no 71 Giocbi de gli fcaccbirj 1 Gioco propoBo daSerSe rafino, per cbe le dome babbino in odio i fiat- ti,& amino le Serpi.% Giuoco propoBo dall’uni co^dretino fopral’im prcfa della lettera S , che la S. Ducbefia par tain fronie. 8 Giuoco feBo propoBo dal S. Ottauianoyp qua!fir tedi fdegno uorrebbe l’am ante chela fua do na s’adirafie 8 Giuoco fettimo propoBo da Mefier Vietro Bern bo) da qual cagione do uerebbe r v ro l \a nerebbe uoler Vaman- Guid’Fbaldo dottiffi. $ te, cbe nafce lofdegno Guido Fbaldo giudkiofo della fua donna,the fof neWarmi,et in tutte le fe feco adirata 9 lodeuoli operation}. % Giuoco 8 .propofto da M. H Federico Fregofo 9 Habiti conmieuolialCor Giuftitia e I'altre uirtu . tegiar.o 67 176. Habitodi donna 121 Giuftitiacuraprincipalif Hamonia figliuela di ftma, che al Vrencipe Hierone Siracufano . fiappmenga. 184 128. Gli antichi fcrittorife fief Eieronimo 127 filodano 15 Hippocriti. 127 Glihuominitroppodekca Uonefid quanto importi. ti deurebbono ejfer ba 119. diti dal commcrcio de Horatio biaftma gli anti- gli altri 16 chi che troppo laudaro GlilmomtiieeceUetiloda no Tlauto 27 no fe fteffi 15 Huomini percbe diuengo Gran eontinenga 142 no adulami 169 Grande argometo h, chs’l Huomo picciol mondo. Trencipe fta buono, 200. (juando fonbuoni i po I poli. 179 idea del perfetto Corte- Grafso de’ Medici 39 giano 168 Grofferia d’un Brefciano. Ignorantia & perfuafto- 93. ne di fe fteffi ,fono i Guid’Fbal.Duca d’Frb. 3, maggiori errori, che ft Guido Fbaldo inferno di truouino 169 fodagre 3 II debito pin dee rnlere » cbe DEL CO\TEGl^T^O. the tutti i rifpetti. 65 In Cefare , & altri buoni ll tempo,come haueftegli occlri fcopre i diffetti d’ogni co fa. ll mondo non ba utilitd dalle dome, fe non per generare figliuoli. 15 9 ll rifo dee cjjermofso a te pocon buen modo. 88 llCortegiano dee efier na tonobile u ll Signor Trefetto Jopra- giunfe 45 llgiuoco della Valla. 18 ll uoiteggiare a cauallo a' Cortegiani ftcomie ne 18 ll troppo ft dee fempre fuggire _ 79 ll Conte Ludouico, & il Tregofo eloquentiffimi. 119. Imaginatio ridicolofa.94. In ogni tempo fono de’tri Mi,e de’buoni 127 In tutte le Corti e nece/Ja rio baucr maeflro.vj j In cbe modo s’ba da inten der la fentenga de’fo- pradctti uerfi 39 fcrittori ritrouarfi aim ni termini diuerft da Cicerone. 33 In cbe conftfleprincipal- mcnte la lode del ben fare 169 In tutte toperationi fem¬ pre una uirtk e la prin cipale 5 3 In cbe cofiBe la dijferen- ga in alcuni fcrittori antkbi 3 3 In cbe modo ft fugge,e na fconde I'afjettatione. 35 • In cbe confifie la bontd della lingua uolgare, . 3 *. la ogni lingua alcune ca¬ fe fono sepre buonej o lnnamorarft perfama leg gi’l Bocacciodel Gerbi no 7S Innamorati quail amano infelicemente 198 Inconuenienti 17 6 Incontinentia,uitio ditni- nuto 174 Inditio ch’altrifappiama ccfa T jl V cofa bil farla io Ingeniofariffofta xi8 Ingeniofa argutia 122 Inftno a quanto ft dee fer- uire al Vrincipe 65 Intellettono pud efitr ca pace dell’immenfa bel le^a 2 07 Interpretare un motto ad altro fenfo contrario a colui, cbe I’ba detto. 98 . lojquin di Tris Mufico. 75 . IfabeUa Regina di Spa¬ in a 136 IfabeUa Ducbefja d'^Ara gona 137 IfabeUa Marchefana di Mantoua 137 IfabeUa Ucgina di I^apo li 13 7 I join ferma 15 1 Isirurnunti Muftcali da Minerua rifiutati. 58 Italrani col faper lettere bauer moflrato poco ualore nell’armi 37 Italiani, percbe usngono uituperati 1 67 0 L id L Lid troppa (prematu¬ ra e ajfettatione 21 La lingua uolgare efjere ancor tenera>e nuoua . 25. La caccia comeniente ad buomo di corte 1 8 La gratia non s’impara. 20. La moltitudine natural- mente fa odiar del be ne,e del male. -it La S. Emilia impone a MeJJer Federico Frego fo,che feguiti ilragio- namentodel Cortegia- no q.6 La Signora Emilia Tia.q. L’ofcurita nello fcriuere alto molte uolte ha gratia 24. Laudi del Marcbefe di Te fcara. -it Laude peculiari d’Italia¬ ni 18 Laudi della Regina Ifa¬ beUa 136 Leuirtu di qtte/la Signo- DEL CORTEGLM^p. ra Elifabetta fonoabo to dell’honore ) < deuolmerite definite dal Bembo nel fuo Dia logo latino, the di lei, & della mortedelDu ca compofe 4 Le dome deftderano efier belle 34 Le Donne deono fuggirei belletti, & le affettate politegge 54 Le cofe,che riefcono mino ri della fama ft pofjono in un fubito giudicare, ma non gia circa le uir til e coflumi 7 3 fame prirna profeffione delCcrtegiano 14 Legge fatta da not 114 Legge d'Mmore 15 6 Leggi la prima Comedia di Terentio 5 3 Leona 129 Leonardo, il Mantegna, Rafaello, Michel’Jin- gelo, Giorgio da Caflel franco , Tittori tra fe differenti, maperfetti nella lor maniera 5 1 Lettere principal orname Lcuando i uitij, ft leuano ancor le until 5 r Liberali m [on tutti quci, che donano 189 Libro della Mofca, della quart ana, e cofi fatte cofe 60 Licentta Braccefca 1.8 Licmgo tra le leggi ap- prou'o la Mnfica 40 Lingua uolgare tolta in Tofvana 2 5 Lingua latina ft uario in diuerfi tempi 27 Lingua Ofca Trouenga- le 30 Lingua commune apprcf- fo a’ Greet 29 Liuio,& Virgilio 29 L’Mmore fi loda 226 Lode di Federico Duca di V rhino 2 Lode della corte dYrhino 10. Loded’Hippolito daEjle Cardinale di Ferrara 12. Lodedi Monfignord’Mn golem, 3 5 Lode T A V Lode della filttcea 4 r Lode del Bp di Francia 7 6 - Lode di uarij cojlumi de’ Franeeft 7 <5 Lode commune di ciafcu- na Donna 11 8 Lode della Signora Leono raGongaga 166 Lode di Francefco Gon^a ga Marchefe di Man- toua 1S7 L’huomo dee ejjere ftcuro di uincere, altrimenti non ft metta all’impre fa 55 L’buomo non deelafciare d’operare uirtuofamen te; fe ben non pud ag~ giungcre alia fuprema eccellenga 77 L’huomo non dee biafima refemedeftmo 77 L’huomo non dee moftrar di fapere quello cheno fa . 77 Vingegno , e’l giudicio macFlro dello J'criuere. 3 }‘ . . . Lombardi affettati 2 3 OLA M MaeFlri debbon conftde- rare la natura de\ di- feepoli 31 Maggior laudephe fipuo dare ad un Trencipe,e chiamarlo buon gouer nature 190 Maniche a comeo de’Fe- netiani 6 S Maniera ripofata 59 _ Manfaetudine conuiene a gennlhuomo 5 3 Margberita figliuola di Mafftmiliano Impera- dore 13 6 Mafcbio caldo natural- mente 125 Materiaapprouata del cor tegiano 1 o Matilda Contejja 136 Metafora 28 Metrodorofilofofo, &pit tore 44 Michel’Angelo eccellen- tiffitno nellafcoltura.q } Modeflta , e grandegga della Duchefa Elifa- betta 4 ModcFlia 2 2 Mode- DEL CO\TEClMVO. ModeHia,non diuenti ru- Hicitd 6 4 Modo che dee tener I’aman te in parlare,o in ferine re 175 Moglie di Filipello 117 Molli di came fono atti del la mente 123 Molte cofe s’banno d'au- nerdrefenga infegnar- le iz Molte cofe diffimili degne di laude 3 1 Molte cofe alprimo ajpet to paiono diuerfe da quello,che fono 6 5 Molte uirtu dell'animo fo no aide Dome neceffa- rie 118 Molti nobili uitiofi 1 2 Mold fan meglio dire, che fare 1OO Mold Trincipi farianobuo ni,fe gli animi loro/of¬ fer 0 bencolduad 221 Monfignor d’Mngole, che fu poi Bp di Francia. Monfignor d’Mngolem. 18? Morteprocedutada fubitx allegregga 132 Moralita belle 172 Morte del Tallaiiicino. 165 Morte del Gongaga 16 5 Morte di mefier Bpberto da Bari 165 Motteggiar non fiaimpio. 106 Motd Cortegiani 96 Motto falfoper I’ambigui- td 96 Motto ridicolo 9J Motto prefo da Virgilio . 96 Motto di Gieronimo Dona to 96 Motto di Ouidio 96 Motto di mejfer Camilla Taleotto . $7 Motto del S.Trefetto 97 Motto di un Trombetta. 97 Motto d’un Tedefco pj.dt Diego Spagnuolo 97 Motto del Beroaldo 9 8 Motto d’un Genouefe 98 Motto d’un prete da talk. 58 c Motto r 'U v Motto di Salw^A dalla Tedrada 98 Motto di mefjer Talla de StroTgi 98 Motto di mefier Camilla Torcaro 99 Motto ridicolo 95 M otto disboneilo n 6 Mufica conuenirealCorte giano 39 Mufica f loda 40 Mufica quanta for^a ba 40 Mufica e credibile, chcfa grata a V'to 41 Mufica di quanta confola tione i 41 Muftci inlinmenti,cbe al le dome difconuengo- no no K dftrratione 51 dyarratione r 15 T^el Vetrarca, c nel Boc¬ caccio trouanfi alcune parole cbe non fonoufa to boggidi 2 5 7 <(ella guifa } che f dee par 0 t fA lare di fe rnedefimo. t 5 IdicoSlrata 132 ddjuna cofa di natura e piu defiderabile , cbe il fapere 36 Tsjfuno pecca ,fapendo di pec care 17J dfomi di diuerfe donne il lufiri 128 T^on b difcoueneuole, cbe I’buomo cerchi di mo- flrare quello,cb’egli ua le, ma con deftrc^a. 78 2 '{on f dee mettere a peri colo la uita, fe non in imprcfe gloriofe 54 2 yon pub efiere nelmondo bene fen^a male, dfon bail a la mode ilia fo la per far I’buomo gra to 64 d^on f dee imitar folamen te il Vetrarca,& il Boc caccio 3 2 Tpon ft morde alcuno done gliduole 11 5 ddpn fi conuiene giudi care le conditioni deglibito mini da gli habiti 69 2\£c» DEL CO^TEGI^TZfO. Ttyn ft potria trouare un Ogni donna deftdera efier Cortigiano della pcrfet huomo 124 tione, cbe e qui defcrit- Ognuv.oper maluagio , che to. fia, ha piaccre d’efier te 7 {on ft deue ufare nello nutogiuHo 17 a fcriuere quelle parole , Onde nafce la buona con- cheftfuggononelpar- fuetudine del parlare. lare 23 29 7 {on amare alle uolte,non Onde naf :ono i motti ridi- l quaft inarbitrio no- colofi 88 ftro 153 Opere didome, per lopin 2 <[pn ft dee lafciar le amici fono fuori di ragione. tie per rifyetto de’tri- 70 Hi ‘ 70 Orationi de gli fciocchi. IJouella del mercatate de’ 7 j Gibellini 94 Oratori 31 Ordine de’ giuochi $ 0 Orfeo, per che difle Gioue efier mafchio^efemina . Occhi ftano mefiaggieri 124 del cuore 1 57 Obfcenitd ft dee fuggire . Occhi guida in ^imore,al 100 lude a quello; ft nefcis Oue ft dee dan^arc 5 6 oculi funt in amore du¬ ces 158 P Ogni eta ha qualche parti colar uirtu, e uitio 59 Talag^o del Duca Tede~ Ognuno nello fcriuere de- rigo z ue fcguirela fua natu- TapaGiulioII. 5 ra 3 2 Tar ole di diuerfe nationi c z nel r u v net Boccaccio it ‘Parole fenga [entente of¬ fer da Jpretgarfe 27 Paroledella Ducheffa a M. Federico , chef anno il lettore attento 4 6 "Parole Poetiche 1 1 6 *Parole di Camma a Dia¬ na 130 Terottener ifauoriottima uia eil meritargli 6 3 Ter qual cagion non ft dee deuiare da’detti de’fuoi tnaggiori 70 Terche I'Muttore non ha uoluto imitate ilsoccac cio. Terdonando troppo a chi falia, ft fa ingiuria a chi non falia 19 Terfettionc della belle^a 200 Tericie 13 9 Tiacerucro fempre efjere buono 174 Tetrarca dall\Amore di Madama Laura fpinto a poctare uolgamente. Tietd uera di figliudo. 0 L JL 131 Tier Paolo affettato nel da zare 21 Pietro Monte to PietroBembo,che fu pci Cardinale i6f Pigmaleone S cult ore s’in- namoro d’una flatua da luifattad’auorio 117 Pisloia quello, che fcrijfe al Seraphino 100 Pitagora,& Socrate fenti uano certe diuinitd nel- lamufica ' 5S Pitagora,come trouo la mi fura del corpo d’Herco le, &pigliafi da >./iulo GeUio 114 Pittore,che lafeiata la pit- turafi diedeaUa filofc- fia 78 Pitture 22 Piu gagliardi non fono i piupregiati 123 Platone da la cuHodia del le eittd aUe Donne. 121 Platone,& Mrisl.uoglio- no eke I’huomo ben di- fciplinato fta anco Mu- ftc» DEL COKTEGI^NO. fico 40 Tlatoneformo Dione Sira ctifano 195 Tocbijjimifauoriti da’Tre dpi eccetto iprefuntuo ft 52 Trecetti motto giouano. 52 Vrecetto toltoda Cicerone 2 7, . ’Prencipinella pace iti in rouina ig 1 Ttencipi deono far i popoli bellicofi 182 Trincipio prefo dal proe- tnio dell’Oratore di Ci¬ cerone 1 Vritna forte di fhcetie. 80 Vrimo giuoco del S. Gaff a vo di qual uirtk uorreb- be,cbiama, cbe I’ama ta fojfe adoma, & qual aitio uorrebbe , cbe in lei ft trouaffe 6 ‘Vrocufle, & akritiranni. 1SS Troemio toltoda Cicerone 16$ Tropria natura de’ueccbi 4 s Vropone la materia del Cor tegiano 1 Vropone la donna di Va- laggo 119 Vrotbogene biafimato da lApelle per la troppa di ligenga 22 VropoHa del feguente li~ bro 164. Vroua let perfettione deU* donna 122 Trouerbio 69 Vrouerbio,che chi nell’ac~ qua e fin’alia gola,ft deefommergere 160 Qui naturalmente fine ferui 12 j Qual fia piu nobile , la Vittura, 0 la Scultura. 42 Qualfia il miglior forte di Muftca 57 Qualfia ilFilofofo morale., 3 ? c 3 Qual r U v Qual bmeglio, o il regno di una perfetta Bepu- blicA, d d’un Princi¬ pe 177 Quali fieno pin eccellenti, le lettered I’arni 3 6 Quando il Boccaccio fcrif- fe meglio, & quando egli s’inganno digiudi- cio 3 2 Quanto fia difficile in tut- te le cofe conofcer la ue ra psrfettione 11 Quanta efficacia hebbe una lettera 7 4 Quanto unnobile fiatenu to a fare cperationi uir tuofe 11 Quanto uaglionoleimpref fioni 1 3 Quanto ft dee procurare di confentar * la buona fdma 14 Quanto fia lodeuole una conueneuole ffreggatu ra 2 2 Quanto muoua glianimi, il leggere ifhtti di Cefa re,di k dleffandro ) & di altri S 6 0 1 ^ Quanti pochi amici ft tro- uino 70 Quanto importi al Corte- giano cfsere in gratia, b disgratia del fuo Si¬ gnore 7a Quanto poflono i dena¬ ri 144 Quelli, chemoltoparlano 60 Quel parlare b belliffi- mo , che e fimile a' bei fcritti 24 Quello effer'arte , che non appare cfscr’arte 2 r Quello, cheauuienea gli jLttaranti in ‘Puglia 7 Quello , che conuiene alia Donna u 7 Ouello, che rifulta dalla compagnia di mafchio, &difemina 124 Quello, che fi conuiene a gentilhuomo,nel contra fare 9 1 Quello , che ft dee con- fiderare nell’ubidire a f'uoi maggiori 6 6 Quello - che fogliono fa¬ re DEL C0R7 re i buoni mercatanti 66 Quello, che ft dee ojjerua - re nel gin dicare 7 5 Quello , cbe dicono i uec- cbi,non conuenirfi a gio mni 50 Quello, cbe fommariamen te conuiene al Cortegia no 7 6 Quello, cbe ft dee fuggire 7 l Quello, che da.nna.no i uec cln 49 Quello, cbe ft dee oficrua re 5 6 Quello,cbe dee ojferuare il Trencipe nellc mafehe- re 56 Quello,cbe noeque a Caii- ftbene 195 Quello,cbe ft dee oJJ'eruare nel narrare le faceiie. 9° Quello,cbe non pub moflra re lo Scultore qg Quello,cbe dinotail Rogo di Her cole 2 07 Quello, chericbiede al par lure 28 EGIyATsfO. Quesi’e quel Gentilkuo- tno, a cui il Bembo fcrif fe quel Sonetto. Frigio, chegid &c. 1 19 Qui pub imparare I’inna. morato giouane, come s’ha da fare nelle im- prefed’amore 147 K FQ.fb.cllo , & Michel',A- gnolo Tittori illuHri V Rafbello eccelletiffimo nel lapittura 41 Rqgioni filofofiche 17 j Ragion uinta dall’appetito J 74 Raujlimc uoltc il fxpere uieneauanti a gli anni 192 Engine di Fgapoli 137 Begin a d’Fngheria 137 Regola,onde nafcela gra- tut. 20 Religions 18 5 IQffoSta arguta d’unadon na a un Joldato brauo 1; c 4 Rjfyo- T V l\ijpoHa di Demo fib ene ad Efchine intorno ad alcune parole 33 Riuerengafiporti alledon tie 1 14 Roberto dangatore 2 r Roberto da Bari eccellen- tenel contrafare 90 S Sant'Hermo 103 Saper I’origine delparlare e fcriuerbene 27 Sardanapalli 138 Scioccbegga d’alcuni, che imitanoi difetti ao Sciocchi detti di ueccbi. 51 Scioccbegga. del rip one di un terreno , cbe ft c'aua m 92 Sciocchegga di Donne. 162 Sciocchcgga d’un'amante 161 Scipione, per che uso tal continent 143 Sen fa. de gli huomini per ametura nonmoltobo 0 l ji neflct rgp Secodo giuoco propoflo da M. Cefare, diqual forte dipaggia I’huom done rebbe imp aspire 6 Secoda forte di facetie. 80 S egni d'innamorati 181 Senocrate, perche s’afle- nefie 143 Senga Donne non fi pub confemare la Jpecie bn mana 124 Senga la imitatione no po terfifcriuerbene 25 Senga caflita i figliuolifa riano incerti 183 Seueritd di Crajfo Mutia- no contra uningegnero 66 Si dee per cagione di far tneglio deuiare dalle impofttioni del Signore , 6 $ Si dee cercare di compiace re alTrencipe 61 Si dee dar principio d’irn- parareper tempo,et da ottimi maejlri,il cbe fi proua eon I’efempio di tAleflandro Magno . 20 DEL COEjEGIjn^O. 20 colori manifefli, & alll Si dee guardare di offende gri 6 S re alcuno i o 8 Sctto quali Signori tnilitd SipoJJono emendare ml- il Signor Guido-Fbal- ti difetti 12 do 3 Si deue leuare la jberanga. Spagnuoli uagliono nei gi delle cofe dishonesie. tiocare acanne,&in co 154 fefimili iS Si dee fuggire leparole di Spagnuoli cccellenti nel sbonefte 7 1 giuocare a fcacchi 71 Signori, che interuennero Spagnuoli fonograui,eri- in quefti ragionamenti fpetteft 7 6 5. Spejfo in perfona baj]a ft Signor Ottauian Fregofo. ueggono alii dona di na Signori talhor danno fauo turn 1 3 re a chi non lo merita Statura dcU’huomo 1 6 13 Stimoli de gli amanti. Simla, che gioccaua afcac 147 chi 94 Segno di grandiffimo amo T re 131 Socrate gid uecchijjimo im T vdRTE fit tradi- paro rnuftca 40 trice 134 Socrate appreffo Tlatone, Taffa ^Alcibiadc 147 di che ft marauiglia no Temperanga, & quello, hauer {into Ejopo 50 ch’ejfa opera 175 Sono tollerabili nel parla- Theatri, perche ft faceua- re cofe, che non fono nel no 8S lo fcriuere 24 Teofraslo parlaua troppo Sopra l’ami comengom udtenic/e 29 Tim'diti r - u- v Timidita nelle Donne na- fce dalla fottilitd , & pronteoga de gli fpiri- ti iz6 Timor d’infhmia e pm del le Donne >cbe de gli buo mini 140 Toma a dir dell’ajfcttatio ne 34 Tofcani acrid ne i motti 3 e nelle facetie 80 Tranquillitd, e fine della guerra 18 z Tremodi di gouernare be popoli 1 78 Tre manieredi facetie.8 9 Tribii nomate dalle dome Sabine 134 Troia perche ft mantenne diecianni 149 Troppa mordacita ft dee fuggire 8 O Troppe graui parole fi deo no fuggire I60 Tuite le'ragioni qui dette da M. Federigo , fono nelle profe del Bembo 32 Tu’cti habbiamo qualcbe maccbia 6 0 L .A F V LO IfE, non la mot titudine de' foldati, fk grandi i Tim dpi. 187 Fane ford di operations. 69 Fafi 4 VecehieTgpa uerde , & um ua 60 Fedi Cicerone 27 Venere armatae calua. U4 Fcrfi del Tetrarca in lode dell? lettere 38 Ferft apprefentad fotto il nome del Sannaqggaro 75 Fjjicio del buon difeepolo 20 Fjjicio di adulatore 79 Fffcio proprio del Trinci pe 136 Fincengp Calmeta fu cC fuoi giorni Toeta dipo co preggo 4 5 F itio nella mufica 2 2 Finitiani quando fanno il caualcatore 9 z Fino tenuto bimoper fhl- /* DEL CO\TEC I^fTtO. ja opinione 75 Virgilio in che imito Ho¬ mer 0 27 Virtu dell'animo a donna conueneuole 121 Virtu concejfe da Dio a gli huomini 172 Virtu, che bifognano nella guerra 1S3 Vita del Trencipe qual ef- ferdcue 180 Vita contemplatiua diuifa in due parti 181 Vitij fempre dannofi. 171 Vitij fononaturali 173 Vitij [oprauennero alle uir tu 50 Vitij ft debbonfuggire nel le profeffioni di ciafcu- no 5 6 Fittoria de i I{e di Spa- gna proceduta da Don ne 149 Vn medeftmo motto fyeljo ft pub recare a due fenji 89 Vocaboli Fiorentini cor- rotti dal Latino 2 6 Foci nuoue formate di uo~ caboli Greci 29 Ft He, che nafce dalla co- gnitione della pittura. 42 Vtile,che apporta l’amici - tia 70 Ftilitd dell’opera x Ftilita delrifo, S8 1 L F I E. Error! da emendarfi. Car. Kjg. Errori Corretioni. 8 rO a fcoprirfi a fcoprire ip 6 ejkrdono della ejfer dons della tyturd rntura & de' cieli 27 6 Thy co Turno 3 5 13 merit a per offer merita ejfer pin culto piu culto 57 6 difflrnuli sludio dijfimuli lo /India ; po 21 b lecito fingere ft pub fingerc 108 21 [rate Mariano Mac Tiro Mariano 125 4 quel dominio quel tirannico dominie 203 28 cstimo io fi estima. Tfelle offeruationi del Ciccarelli Joprail quarto libro. Ip 9 21 amare amore 43 non fano non fane 206 3 alii filofofi li filofofi 21O 3 a ragionamento a ragionare. A I LETTORI- I TVTTI coloro,'cbe a tempi nosiri hanno con fommalodc,& commendatione portato al monio vtile, & giouamento grandiffi- mo,k parere di molti giudiciofi , cbefraprimi,& fra pin degni,fia da efiere annouerato il C ante Bal- de/Jar Casiiglione;perciocbe egli non folamente congli fcritti ba moslrato , & con molti precetti infegnato quello, che d tiero Gentilhuomo, & d Donna Jsrobi-. les’appartenga, & quali habbiano ad ejjere i Vrin - dpi, ma con le proprie operationi , & ne i piu. im¬ portant negotij j cbe al fuo tempo fojjero trattati fra Chrisiiani, lafdo tal faggio della fua prudewga, & ualore , che ageuolmente diede d uedere , non f«lo qual effer douefre il ucro modo del negotiare le cofe de Trincipi, ma che non haueua alcuno fuperiore , & pochiffimi uguali; Ond’egli fit ben dcgno , cbe alcuni de’piu lodati fcrittori del fuo tempo togliefre- ro la penna in rnano, per la friar memoria alia po- flerita de gli alti fetoi meriti, come tuttauia tra ua- rie Hiftorie, Commentari, & Elogi ft pub uedere ; Ma parendomi cbe gli offeruatori di queHe memorie ( come cbe fofkro diHgentiJJimi) frano pero Fiati tanto piu. par chi, & rislrettinel dire le qualita, & attioni di quefto Caualierc, quanto piu largo,& abon dante ft offeriua loro il foggetto , & cjjcndo cio pei' perauentura aecaduto, per non offer eglinopienamett - te informati di queUo,cbe principal mente ft ricbiedeua , per component o della gloria di lui,ouero per altre cagio ni, le quali non ejisndo miopcnfero di inueW.gare, la. fcio alia confideratione de giudicioft. Io come libe- ro in cio da ogni paffione, & lontano da ogni intereje, effendo altrettanto amatore della ueritd, quanto fono am miratore delle uirtu ditanto huomo; ho determinate di dare al mondo un alquantopiii. particolare, & cfquifito ritratto della fua uita ; Etcio uengo d fare con tanta maggior pronteTga,quanto che non pur mi trotw ben in formato del nafcimento, uita, & morte di lui,per quel lo cheneholetto ,& fentitone piu uolte raccontare da perfone ueridi che; ma perch e gid traffi affai diflintamen te molte cofe dalla lunga, & domenica fhmigliaritd , ch’io hebbi col nobiliffmo Lodouico Stroggi gentilhuo mo MantouanOjcbefu ornato di molte uirtu,& tra Val¬ tre di molta fede,& di molta integritd d’animo, il qua¬ le ft compiacque di manifeftarlemi ; perche effendo egli figlimlo d'una forella del Conte Baldaflar, undo nella fua giouanegga feco in Hi(pagna,& fit partecipe di tut ti i negotij, cbe allora pafsauano per le manidel Zio, fcriucndo,parlando,& trattandocio,cbefhceua di me fiieri, per folleuamento delle molte fatiche di lui . Vo- lendo io dunque moflrarmi non manco grato di quello , che mi reputi grandemente obligato alfelice, &glo- riofo ingegno di quel Caualiere,per quel tanto che men tre uifie , ci lafcid fcritto,con uniuerfal beneficio,mi fo¬ no rifoluto di mofirarc fmfeme con la ueritd defuoi fat ti, il proponimento, che ho hauutogid buona peepga di fur fhx due beniprincipalmente;Vunc> de qualify di non lafciar il C onte (per quanto foffe inpoter mid) priuo di quella intiera lode, chela slejj'a uita , & operations di lui gli debbono,&pofiono acquiflare fra gli huomini TS(obili,&giudiciofi,& I’altrodi portar’al mondo,con mo effemplare di tanta perfettione,quel piacer,&gio- uamento,di cni non e slatoforfene fcntito, neprouato da niuno il maggioreper I’adietro.Et di quefle due ope rations fono andato promettendomi, the nonfolamente tuttigli huomini di giudicio,&cofi eficrcitati nelle let tere,come cfpcrti neli’armi ,&ne i negocif pin grand, & important!,refteranno grandemente fodisfhtti; ma ebe i parenti di lui,&quelii,cbe de fuoicomponimen - ti fono uagbi, ji chiameranno non poco compiaciuti. Onde tutti infteme diuerrannopoi fempre piu ardifyet pronti a difender e contra chi u ole fie opporfi, in feme con I'bomrato fine della mia intentionefil merito delle uirtii di tant'buomo. Bernardino Mariani. VITA DEL CONTE BALDESSAR CASTIGLIONE. ELLA parte della Gallia di qua dall’Alpi,detta Pin fubria,& parte della Lom¬ bardia diqua daiPo,giace vna T erra,di conueneuole nrundezza, fituata in una V alle del fiuine,dettoOro na,ouero 01ona,che guar dauerfo Settentrione, amenisfimaper lofito, & per ognialtra qualica . La Roccadi queftaTerra epoftafopra un colle uicino,& lefue radici efl'en do dal medelimo flume bagnate,infieme con la parte ftniftra di efla Terra , ella uiene , non folo a render piacere, Stuaghezza a gli occhi deriguar danti , ma utile , & commodo a gli habitatori di quella . Queftoluogo fii,& efin al di d’hoggi, chiamato CaftigIione;& benche diuerfi fiano i pareri dell’origine di quefto nome; nondimeno per 1 a maggior parted principalmente perpare- redeirAlciato,futrattadaStilicone, chelo edi¬ fied ,comefe in latino fidiceflfe,CaftrumStiIico- nis.Iicheparimente conferma l’epitafio delPAr- ciuefcouo Anfperto, pofto in una tauola di mar mo, nella finiftra parte dell’altar grande, nella Cniefa di Santo Ambrogio,dentro di Milano, do uc fi leggono fra gli altri uerfi quefii due. Mania - Mgniafolicitm commifa reddidit urbi. Diruta,reHituit de Stilicene domum. £tquefto fu innanzil’anno 8 86. nel qual tempo eflo Anfperto mon,& fu quiu ifepolto.Ma oltre quefto ft leggejdieStilicone di natione Vandalo fugran Capitano diTheodoftoj& d Honoriolnv pcratori j i quali regnarono ne gli anni di noftra falute 3 rnoftrarc la gran- dezzaj& gloria fuajdell’altra l’antichitij & ilgran nalorede gli huomini,che da quella fono uIci- ti di tempo in tempo ■, rendono teftimonianza, qto ella liaNobile_,&ueramente Illuftre oltrc ch’ella trade lafua difeendenza da quel Farinata dc gli Vbcrti Gaualiere Finrentino ..nominate da Dante poeta 3 & celebrato da altri ^ per la fua fin golarepieta uerfolapatria.Nato eflo Conte ige- nitorifaoi prudentiflimi;conofcendo_, chcal ue~ ro acquifto debeni delfanimOj alCiuile gouer- no decorpij&al mantenimeto de coftumi J) & del 1‘humana ^ & nobile conuerlatione neceflarie fu- •rono fempre ftimatele buonelettercjaccompa- gnando effnn cio la inclinatione del Conte an- cbora fanciullOjgli diedero Maeftri eccellentiffi mijda qualiegli imparb con molta ageiiolezza lettere greebe ,& latine ,&c fra quefti iii in Mi¬ lano un Demetrio Calcodile,honorato dal Gio- tiio con elogio particolare 3 & lniomo famofo in quei tempi j per la lingua Greca 3 che all’horada pochiffimi fi lapeua^dal quale nella medefima Cit ta y il Conte fu primieramete ammaeftrato ; on- de in bretietempo fecetalprofitto.,che bpn mo- ftro , che egli era di deftriffimo & marauigliofo ingegno , di memoria tcnace j & di giudicio non puerilej&pofciane coftumi riufci coil piaceuole, &amabilCj&di naturacofi al bene inchinata J & pienadigrauita, che ueramente fu degnod’am- miratione. Fu parimente quefto raro inteiletto 'ador- ado modi tuttc quelle piu belle,& honoratc qua liMjChq a Caualliqrc s appartengano,& non folo 4elle doti dell'animo gli fu larghiflimo il cielo;ma ,di quglle del corpo hebbe laNaturagrandemen te faupreuole, &parIaiido di quelle dell’animo, eglifu liberate J magnanimo J religiofo,modefto , d’integrita mirabjle,di molta prudenza , d’in- gegno acuto,& eloquentifllmojcofi in uoce ; co¬ me n,e gli fcrittijtanto Latmi.quato Tofcani J & co ft del uerfo^come nella profa; ond'egli ft moftro eilcr un.o de piii rariferittoridelfuo tempo , co¬ me ageuolmente fi pud comprendere dalle do- ti j& uaghe fue pocftc,& dal fuo bellifiimo libro dclGortegiano.Egli fu parimente 'adorno della muuca, della quale leppepiuclie mezanamente. Della Architettura fu aflai ftudioio J & intenden- te, per quato fi puo conofcere da una fua lettera a PapaLeone X.& dellaPittura, & Scoltura heb¬ be tatacognitione J & feienza, cheRafaello d’Vr- bino j & Michel Angelo jprima che mandalfero in publico 1’opereloro,ment'regli furopo uicini, ne.v.ollero ilfuo giudicio.In lomma egli fu ill li¬ ft ratodi tutti queipregi maggiori ,che l’arti,&le difeipline poflano re care altrui , per render uane le inlidie di mortc con lo Iplendore della gloria, &con la immortalita del nome.Etuencndo alle qualita del corpo , egli fii di ftatura grande , & connaturale proportion.e-,molto ben formato, difpoftiffimo,ieggiadro ,&deftnffimo, difaccia .amabile, .& di prefenza fignorile ,pien^ di gratia, & di &di uenufta tale chenon foloaglihuominiin uniuerfale J & a fommiprincipi;maa Donne d’al- fingolare conditionc Fu gratiflimo & da cC- fe molto fauorito.Fu pofcia ne’maneggi dell’armi cofiatto^ intcndente J tantoapiedi. ( quanto dca uallojchein uarij eflcrcltij } &pruoue dell’armi, & in diuerfi]uoghi.,!alcib gli huomini in dubbio s’eglifollepiufcgnalato in quelle , 6 nellelette- r e,8c fe piii nel giudicio,che nella forza.Nelgiuo co della lotta fuancho raro , ufandolo a tempos & con grauita^per rendere piu agili^Sc piu robu- ftele mcmbra;& nelnuotarehebbenon minore deftrezza,chetempo.,& l’unOj & l’altra adoperd con qualchemarauiglia,imitandoin cio Giulio Ccfarej&SertoriOjdt altrifamofi antic'nijprefib dc qualilimili eflercitij furono feinpre tenuti in grandifiima ftima;Maper refbringere in poclie parole quello che ..uoledojpotrei fpiegare in mol. te carte; chi uuolfapere intieramente quali fof- fero le qualita dell’animo,& del corpo ^che li tro- uaronoin elTo Conte., neprenda argomento da quellojch’egli ciinfegno nefuoi rarilibridel Cor tegiano } che ageuolmente uerra in cognition? della fua fingolarej& quali diuina ccccllenzajco- me ben leggiadramcte tocca PAnofto nel treteh- mo lettimo CatOjdouemoftrajquali tenefleroal lhorala difefa della gloria Don efcajdicedo.Ceil Bembo^c’eil Capehc’eciiiqual Ini ueggiamo ,ha talii Cortegianformati.Hora paflando dalle do- ti deiranimOj& delcorpo alleparticolariattioni, ft elle quali adoperoA l’nne& l’altre;Tronand# fiegli in Milano di eta di XVIII. anni ^entro aferuireLodouico SforzaDucadi Milano ;Ma non perfcuero lungo tempo in quel feruitiojper che traponendofi nel corfo della fua buona for tunala mortc di fuo Padre^ & fuccedendol’infc lice ruina di quello ftato & altri accidenti a lui difpiaceuoliflimijche allhora occorfero in quell* Citta fu coftretto ridurii a Mantoua ^douetro- ud un patrimonio affai ampio & honorato, col- qualepoteua non folamenteferbareilgrado^&la Nobilta delfoo nafcimento^maapportareancho commodo , & giouamento ad altri; perche Bal- deflarfuoAuolojfigliuolo diChnftoforo,chedif fi di fopra chiamarli legu m Monarcajeflendo fta¬ to chiamato da Lodouico Gonzaga Marchefe di Matoua^Sc comeperfonadimolto ualore_,creato daluiGenerale Comiflario & collaterals dell'ef- fercito del Duca di Milano Fracefco Sforza_,di cui ilMarchefe eraallora Capitano Generale^&haue dolodapoitrattenuto preffo di fe molto honor* tamete,egli fuinueftitodi tutti i beniappartene ti alle ragioni della Villa di Cafiitico fu’lMatoua nOj&Chriftoforofuo figliuoloj & heredejtieden doj& trafportado aMatouala maggiorpartedel le facolta,che teneua nel Territorio Milanefej& a Cafliglione,le aggiunfe in tanti ftabili aqlledi Calatico.-Onde notabilmente s’accrebbe 1’entra- ta fua. Allhora Francefco Gonzaga Marchefe di Matoua molfo cosi dalle raredotidelfanimojCo me me da quelle del corpo di effo Cote } f inxxito a uo ler effer feco alia guerra del Gariglianodl che pro tamente fece,& quiui,con no minor ualorc^chc prudenza,& con-fomma lode di luijriufci a iingo lar fodisfattionedelMarcliefejmaindi tornando difiderofo di uederlaCorte,(S: le uaricta di Ro- ma,colconlentimeto J & buona gratia diefloMar chefe ui ando in tepo^clie Giulio Secondo della Rouereafcefe al Pontificato ^ & tale fix la buona opinionejehe qlPapa bebbe del Contejcheftimo eflergraferuitio di Guid Vbaldo di Montefeltro Ducad'Vrbino J & Parente diluijildarglielojco-. me fece p feruidorc.Era allhora la corte di Guid’ Vbaldo di molta fama,& Iplendore: pereioche in efla froriuano in quel tepo Caualieri nobiliffinxi & huomini rati in ogni maniera d’eccclleti quali ta,fi come e noto a ciafcuno che legge leHiftorie, perclie ilContejiion meno virtuofamente j che con riputationejmeno quiui fuavita^no pur fin alia morte del fudettoDuca , ma fuccedendo nel DucatoFrancefco Marianipote., & pofeia adotti uo figliuolo & herede del ftato di Guido Vbal- dojCgli co alcunx altri caualieri feruitori del Pa¬ dre rimafe nelleruitio dieffo figliuolojdal quale tofto fti mandato Amb.ad Henrico VIII.Re d’ln- ghilterrajda cui fix raccolto con modi cofi hono- ratij&pieni di tantacortefia, che furono da cia- icuno riputati molto ftraordinari_,& tato piu ha ucdolo ornatOj& degnato del Collaro della Gar ticra.che 1 1 Re folena darea poehiffimij&di era- diffima aiflima conditione.Fu pofcia mandato dal mede fmo Daca AmbafciatbrealRe di FranciaLodo- uicoXII. dal quale fu ancho molto honorata- mente riceuuto, & con hauerfi egli acquiftata nonpoca gratiapreflbdilui,fc nc torno adVr- binOjic quiui allhoraperfuafo dal medefimo Re, & richiefto piu uolteda Allonfo Ariofto fuo ca- rifiimo amico, comincio a comporre i fuoi libri del Cortegiano,i quali in pochi meli lelicemente ridulfeafineinRoma,dei mefcdi Marzo,l'anno I j td.QneRi fono qi libri taco rari,& eccdleti,& ripieni di tanta dottrina,& ilperienza,di tato fuc co, & foauita, che ben moftrano, quanto gen- tilmente egliandalferaccogliendole uaghezze,i fiorij&ifrutti mighori,coside’GrecijComedeLa tinifcrittorijOnde non emarauiglia, feeflendo pofpaifata quefta fua opera fuori dell’Italia, le fa jnolifilmeProuincie diSpagna,diFrancia, diAIc magna,diFiandra,& altrel’habbiano accettatap buona;& trafportata nelle lor lingue,come utile, cofi a quclli che feguitano le Corci, come a tut- ti coloro , chcdiNobilta, di Caualleria, & dilo- datifiima uita fanno profefhone. Et fenza ch’io pafli a dime altro, ben ellada fefteflafa palefe la fua eccellenza, e’l gran giouamento, che le ne trahe da qualunque di lei iia uago,&fincero offer uatore.Scriife oltre cio molteEIegielatine,&let tere hmili,& la Cleopatra in altiflimo ftile heroic co,comeil pub uedcre.Compofeancho rime vol garijma quanto minore fu il mimero, tato piu ec cellenti ceflenti furono ftimatejin modoyche nell’una , Sc nell’altralingnafu giudicato non folo meriteuo- le del nome d’ottimo Poeta,ma di hauere il iecon do luogo dopo Virgilio come bene affermail Giouio.CPaipotreiftcndermiaffaiiUolendomo- ftrare i particolari artificijla grande eloquenza , l’ornatadifpofitione, & lalodeuole imitationc, che usd il Conte in tutti i fuoi componimenti , ma perchehormaifono ftati affaggiati& com- mendati da i migliori, ,& piu faldi gindicij del— l'etanoftra J & io forfe feriza nota d’affettatione , ouero dioftentatione di fapere, non.potrci dime sipoco , cheuolendo fodisfare.a tanta irnprefa , non fosfilunghislimojtorno a lui > & dicojche ol- trealle notabili Ambafcierie di fopra raccpnta- te , il Duca Franccfco Maria fi ferui del Conte in moltejSc diuerfe occalionidi guerra., & dalui heb be caricbi prmcipali ne i quali potcua comman- dare aifolutamente per patenti ampijsfime co¬ me quellojche tanto fral’armi, quanto fra fena- tori era riguardeuolejSt trouoslifeco , & con Pa¬ pa Giulio Secondo , zio d’effo Duca all’alfedio particolarmente.,& alia prefa della Mirando’a , & feguendo egli tuttauia !a medelima fcruitu , quelSignore reilo cofi honoratamente ferujto J & con tanta grandezza,& dignitain qualunque fuafortuna J & in ogniimprefa,, nellaqualcilCon tel’accompagnb^bfu mandato con fupremaau- torita, cheperdargliqualcheiegtto di gratitudi- ne,l anno j 13 u 3 : a.di Settembre, di propria' uo- e lonta fonta gli fecelibero dono del Caftello di Nuuo-' lara , aflai principale, & di ameni'silmo fito, nel Contado di Pefaro , con ampijsfimo priuilegio per fe, & per R ftioi heredi, & fucceffori in perpe tuo>, &perchela forma di dfo priiiilegio mi pa¬ re aflai elpreffina dc i meriti del Conte Baldeflar con ilfuddettoDucaprancefco Maria, non fti- mo fouerchioildire.,cheinqueliofa larga tefti- monianza della nobilta, & genero/a origine del¬ la fua famiglia, della fede , & lincera feruitu fua, ddcandore,& faldopofleflb,che hauetia delle lingueGreca, & Latina; del fuo ualore, cofi in pace configliando , come in guerra combatten- do.Lodalo poicia dibonta ,d’integrita ,di pru- denza ,d’induftria , di uigilanza , & d’ogni altra virtu, raccota ch’egli li efponelfe a grauisfime fa tiche, a lunghisftmi uiaggi, ad innumerabili in- commodi,&pericoli, folamenteper lapartico- Jar affettione, & ofleruanza,che portaua a Iui,& al fuo feruitio , & finalmente moftrando , die i{ dono di quel caftello foflepocopremio alia gran dezza del jaaedto, che per tutti i fudetti riipetti i! Conte haueua feco,fi riferua dargli premij piu de gni,& doni piu larghi,& di maggior qualita.Do- po quefto dono di Nuuolara,non paflarono mol ti rnefi,che Papa Leone X.a cui nelfudetto Deere to ft vedeeflere riferuato il cofentimetodi efld, con molta benignita glideconfermoco due bre tiiApoftolici,l’ijno fptto ilp.diMarzo ly 14-fatto Sa Pietro Bembo^raltrd fotto il 22.di Maggio del meddimo mcdefimo ahno.,fattodalacomo Sadolcto, am- biallhoraSccrctari del Papa ,&c pofcia Cardinal jj.Nc’qualibreuifi uede medefimamcnte intj.ua ta ftima , &. riputatione fofse allhora il Cont'c prefso dicueiPomefice jperciochein esfiglidi a m pi j slime lodi di uirtudi coftumi j dibonta., di 'fcde j Si didiligenzajTuttequalita gia perltingo tifo in altra rortuna ifperimcntatc & con uaric, Si importanti ilpericr.ze pin uolteprouate & commendate; GItreche., dilaad'unpezzo_,ilme defimoPontefice fcriuendo un breueal Marches feFederico di Mantouafotto il di 5.d;Nouem~ bredel 15 ip.fatto dal Sadoleto_, Si ilculandoli t perche handle trattenuto in Romail Conte per alcuni meli,pcnfando di mandarloben ifpedito; il chenonfaceua allhora imache lo richiamereb be in tempo dipoter dar compitnento al nego- tio y che ft trattaua dice quefte formate parole, Nunchominemj ncc uirtutcdigniorem^nec con lilio prudentioremj nobisque magis gratum^nec tua nobilitas mitterej nec expectare nos poflu*. mtis &c, ma ripigliando il-filo di quefta- noftra narradone; Trouauahil Conte in eta di jS'.an- nijSc ciTendo per molte ragioni aftretto a pcnfa* re alia pofteritdj come quegli, ch’era rimaio, vni* co figluiolo y tolfe per moglie Hippclita figliuQ* la di Guido Tore!!o,& diFrancdca Bentmoglia : t figlinola delfamolislimoGiouanni Bentitiogliol, Ja quale hi giudicataunadeliepm rare giouanii &per coftumi j depcrbcka y chefoilVin quel e Z tempij .tempi:oltfc all’onumento dellc belle lettcrc delcorfiporreparticolarmcnte verb latini.Uchc dimoftrauna fua leggiadrishnia elegia fcritta al Conte fuo marito^a quale lileggenellibro delli .cinqjPoetillluftrij&apprefsopoiper efscr difee la da quel GuidoTorello, che fecodo che narra il Corionella fua hill oria,e/sendo Capitano Gene rale diFilippo Maria Vifcote Duca di Milano, & fuccefsore diFracefco Carmagnola Capitand’in eredibil ualore, prefe in battaglia naualc Altonfo d’ Aragona Re di Napoli,^ di Sicilia,& il Re di Na uarra^acquiftb Gaeta,& tutte le Terre marittime circonuicine,alsedib Napoli, & togliendo in fuo patroeinio Francefco Sforza,& acquiftandogli gratia prefso di Filippo Maria,diede principio al- ]agrandczza,&ali’honorc,che pofciaperli molti .fatti in Italia figuadagno efsoSforza. Ditahno- gliedunque hebbeilConte Baldefiar trcftgliuc- Ii,un folo mafchio,il quale con 1 c fuenobilisllme nunicre,con laprudenza, & co’lproprio ualore, hauendofi mantenuto luogo principale , & di autorita dentro della fua patria,& confeguito .fuoricarichi honorati, & feruito al Re Catho- lico in occafioni di guerre,racritb che da fua Mac fiagli fofl'e fatta mercedc nello ftato di Milano d’unapenfione di 600 . feudiin uitafua, & che tnorendo polfa trasferire li due terzi di quella nellaperfona d’uno de fuoifigliuoli a uoglia di lui,& ultimamentc ha goueruato lo ftato,&: li po poli del Monferrato , coiuantafodisfattionelo- ro , & del Serenisfimo Duca di Ma’ntoua, che fenzalafciarnelfuo gouerno alcuna cofa da de- fiderarfi , ha lafciato di fe , partendo, grandifi. fimo difiderio 5 di modo che di continue egH ha accrefciuto la riputatione, & lo Iplendore del¬ la fuacafa, viuendo femprecon animo hcroico, & con attioni propric di uero Canallicre. On- de fi moftra tuttauia degno figliuolo di tanto pa dre, fi come i figliuoli di lui danno continui fe- gnid’eftere dell’uno,& dell’altro imitatori, & quefto chiamafiCamillo Conte del Caftello del- l’lfola del Piano, nel ducato dVrbino, hauu- to dalDuca Guid’Vbaldo, poco prima che mo- rifle , in cambio del Caftello giadettodiNuuo- larajCedutoglida eflo Conte, per il gran defw derio , che ne moftraua efto Duca ; cofi per la bellezza del fito , come per la bonta dell'aria , gli altri due figliuoli del Conte Baldcffar furono lemine,l’unachiamataAnna, & l’altraHippoli- ta, del cui parto la madre mori, con uniuerfaldi Ipiacere, non elfendo uiuuta col marito piudi quattro anni; Mapoco prima che feguifle que¬ fto sfortunato, Ik lagrimeuoleaccidente,Federi co GonzagaMarchefedi Mantoua,trouandofi in qualche trauaglio con Papa Leone X.mando il pre detto Conte aRoma,a trattare feco la riconcilia- tionc, & altri important negotij, nequali gliria fcicoil deft ro,&grato,che non folamenteracqui fto al Marchele la gratia del Papa , ma gli otten- ne il generalato della chiela,&della Republica Fia e 3 renti- KcntinijCome apertamente I’ifteflfo Marchefe di- chiara nelDecreto dell’elfentione., ch’eflo gli fe- ccPaano a 5 25 • nel quale , dopohauer largainett Itecommendato delleu irtu & qualita interne y 8c efterne come diffi difopra jchc fece Papa Leo¬ ne; anzidandogliprincipalifhmo ItiogO fra i piu ualorofiin guerra, & ne i configli , & pofeia ri* tnettendo queftelodij come da tutticonofcitw t.ej allagloriofa fama , ch’egli tihaucua acquifta- ta fra le ftraniere nationi: pafla all’obligOiCh’egli jtuole j che refti uiuo per fempre preflo di fe > 8e de’fuoipofteri, & raccontando il merito 3 cheil Conte haiieua feco dice , che mentre egli era fito Oratorepreifo’lPapa 3 gli proCurd 3 8c ottenne quel grado di Generale.,che diffi di fopra j eflen- do il Marchefe ancor gionine; Et fegue 3 che ha- ttendo riceuuto accrelcimcnto d’honore 8e occa- jfione d’acquiftarfi nome gloriofo 3 5 c attribuen- do tutto cid a!lafedc,prudcnza J dcftrezza J & dili- genza di lui, per dargli qualche fegno (ancorche picciolo)d’animo grat6 ^ 8c per eominciara fatis- fareaie medelimo ^ma non gia per rifpondere intieramenteaimolti mcritidilui jllche defide- rauaperd di fare con fegnimaggiori di gtatitudi nejgli dauaallhora tutte quelle effentioni per fe * & perlifuoipofteri in perpetuo che haueua egli inedeltmOjUon oftante^che il Conte haudfe ha- tutto da lui una COmpagnia di cinquata huomint d’annc'jCon quali ferui alia fede Apoftolica iielle guerre allhoraoccorrenti, confomma fodisfat-* done tie>ne del Papa fudetto,a quefti poi gli fu parime-c te cosi caroj & graditOj& da Iui ftimato in guila^ chi Te non era la foprauegnente inorte di eflo Pa tefice, farebbe ienzadtibbio afeeio al gradodel Cardinalato ; percioche egli gia glielo haueua promdTojanzifi eradoluto jdi non cfler ftatd auucrtito unpezzoinnantij chedopo la morte della tnoglie j il Conte inchinaffe alia uita Ecclc- .fiaftica^ chebeiltofto ne l’baurebbe honorato; -Morto Leone ; il Conte ando continitando nel medefimo feruitio del Marchefe Federico in Ro- ftla j non pure per quel tempo, che il Collegio deCardinaligouernaua* ma fuccedendo Adria¬ no , il quale lit creato Papa mentre ft trouaui in Hifpagna juifi fermo per alcuni mefi 3 fin che chiamato in Lombardia al principio dell’anno 155 J.ferui ne ibifognioccorrenticon la fiiaco- pagnia di cinquanta huomini d arme come ha- ucuafattopoco prima, & ultimamente trouoitt co’l Marchefe fudetto in Pauia ^ di doue parteri- do quel Signore di Noucmbre del medefimo an Hooper indiipofitione foprauenutaglieflo Con¬ te 1’accompagnd a Mantoua , doue fermatofi po- chi’dijtorno aRoma^mandato dal medefimo Mar chefe^perla nuoua creatione di Clemente V II. & mentre egli ftaua trattando le cofe del Mar¬ ch e/e i e/To Pdntefice hauendolo-eonofeiuto budn pezzo innanzi dotato di bclliflimclcttere * di grande ifperienza, & di finiffimogiudiciojld fiiando iingiornoa chiamar'e Sc dopci hauerdi*- 64 /cor/d fcorfo feco intornoall’amore, che per li fuoi me- ritigli haueuafempreportato, & quanta fofte la fede, cheteneuain Ini , & moftrandogli lane- Cciilt.i, che haueuadi mandare un’huomo di qua lita aftarerefidentepreflo Cefare, douell haue- ua a trattare la fomma delle cofe appartenenti non pur alia fede Apoftolica; maall-Italia, & a. 1 - la'Chriftianitatutta,&faggningendogli, che da jiiuno fiprometteuadipoter elfcr meglio fcrui- to , chedalui, lo indufle ad accettar quella im- pre/a,cornel!pnouedereperlalettera fcrittada eflb Conte alMarchefe di Mantoua, lotto il 20. diLuglio, del r J24. Anddegli adunqueali’Im- peratore Carlo Quanto , & tratto feco il feruitio della fede Apoftolica, con tanta prudenza , Sc ualore, che non folamente s’acquiftd nome di Nuntio fedele, & laggio, ma di Gentilhuomo di cost rare conditioni , & di coft eleuatoinge- gno , che da tuttiiprincipali,&. da priuati Ca- uallieri di Spagna , fu fingolarmente amato , Sc da ogn’uno non fenzaammiratione ofteruato, & ueramente con molta ragione, percioche egii era di naturatrattabile,piaceuole, & grato nel con- uerfare, deftro nel negotiare, prefto , dcaccor- to n'eli’ifpedire; giudiciofo nel fodisfare, Sc lo- pratutte 1’altre cofe prudentisfimo nell’antiue- dere; ilfhe chiaramente ft conofce da molti ragio namenti, ch’egli hebbe con l’Imperatore , & da quello che fcriflfe in quei tempi al Papa,come appa re nellefuelettere.Quefte come che non fianodi quella politezza di lingua,chc fi ufa hoggidi; per- ciocheneanco allhorailBembo, nealcunoaltro 1‘haueua regolata ,nepolita, neil Conteaftetto mai di voler apparire ilquifito ofleruatore di que ftaTofcanafauella,comepur moftra nel fuo Cor tegiano : fono pero effe lettere,piane, & ripiene di buoni,& graui concetti, fenza niuna afprezza j •mafattefi bene con molto configlio, &pruden- za,mentre difeorre, & conftiltale cofeoccorreti, Stuififcopre molta uehemenza,& unamaniem nobilisfima & non ordinaria, nel trattar cole gra ui,& importanti,procedendo fempreconanimo molto fmcero,& con liberta piena di zelo,& d’a- more uerfo il feruitio del fuo Patronc, &c in fom- mafono propriedel uero modo del negotiare co fede ! graSignori;Percid,come permoltealtre co fe, cost per queftafua ingenuita particolarmen- te egli fu cosi caro all’Imperatore, clielo accol- fe , & accarezzo fempre ftraordinariamente , anzil’amocon tanto affetto ,ch’eglinon gli ad- dimando mai alcuna priuatagratia,o per fe ,o per altri,& talhora perbcneficio publico,che ageuolmente non la confeguifse,- Ma tral’altre dimoftrationi , che l’Imperatore fece verfo il Conte, quefta fa notabile, che trouandofi gli in contefi di duello con Francefco Re di Francia,mentre fi effercitaua I’armi in mano,pro euro fempre,che il Conte ui fi troualfe prefente, per hauerneiIfuoparere,oltre che coferiuafeca icancUjj&tutti i csfi importati, che pccorreua- no nelleloro querele,& pafso ilConte tant’oltt'e ,neli’aino're,nel!a conftdenza.,& neila grande opi- pionq. dell Lnpcratore > che penfar.do egli di ue- nire a fingolarbattaelia co’i He di Ffancia , douc ■fi trattaua^ciie ciaicuno diesfi nonpoteffe hauer ■TOaggiorcornpagniaj.ehe di ducyd tre Caiiallieri , Cefarcrnofird pi u uolte.,in molti propofitigran -defiderio , ch’eifo Conte foile uno di quegli tre, .chel’accompagnailero nelldfteccato j Ma quan¬ to li Conte haur'ebbe ripu tato a uentura grandifi- fimail poser feruire a!! Lnpcratore con la pro¬ pria peridna in co(i grande pccaiione, altrcttan- .to mold'd che gli prenicffe in eftremo, die per io carico della perfona ptiblica,che allhora egli foftenena, non potefle godere di tanta mcrcede, ,Sc di coli honorato fatiore j con tutto cio l’hono- .re, chenoh glipoteapportarequellaoccafionc, non eflendo legitito l’eftetto Ira quei granSigno- ,ri yCefare glielo raddoppio in quefto mode, che uolendo dar fegno al mondo ,che approuaua la fede,& le uirtu del Conte , & anco per gratifi- carfiilPapU, gli diede la Naturalezza di Spagna, & pofeia fece ogni opera ,perche accettaffe il Ve fcouado d’Auila in Hifpagna, di grofliffima ren- dita,alquale 1’Imperatoreil proponeua; ma egli cosigiudiciofamente\,co me coftantemente il ri- sfiiitd , dicendo } che non uoIeua,ne conueni- ua,che 1’accettafle fin tanto,che tra ilPapay& rimperatore non foflfe ftata perfetta riconcilia- tioncyla quale tuttauia fi trattaua per cagionc ... , ' dellc dellecofe poco prima oCCorie nel miferabil lac- co di Roma.Et anchorcheilGiouio, forfe come non ben informato di quello } che fucccdcbb che che ne fofle la'cagione., dica in un fuo elogio 3 il- quale particolarmente par-la di eflfo Conte } ch’e¬ gli accetto quel Vcfcouado 3 &: chepercio (ufan- do quefte medeiimeparolein latinafcntenza)ha- urebbe potato parere con qualche ragionealla gente,che in quelia cola egli non foife itato mol- to diligcntej o che poco felicetncnteC one to co- medice il tradnttore di effo elogio) poco fedel- inente 1’hauefTe gouernata; nicntcditneno l’ha- nerpotuto il Caftiglione parere , non conchiude che in eftetto parefle alia gente 3 b ch’egli fofle quello 3 che forfeit Ciouio per fe fteffo giudica- uajiie ch’egli giamai riceuefl'e macchia cofi inde- gnajSc tantocontrariaalla nobilta 3 Se ingenuita della fua natuia; anzi tanto meno poteua rifor- gerealcanaiiniftra opimone delle fue attroni, quanto cheil Conte s’ifcusb nel modo che ho detto. Con tutto do 3 pofto ancho che il Conte hauefleaccettato il Vefcouado 3 come douuto ai molti meriti 3 ch’egli haueua con la fede Apofto- lica 3 & conrimperatore_,non percio alcuno ha- urebbe douuto ftimarlo poco fedele al Papa 3 ne attribuife alui la colpa de gli infelici fucceafi diRo ma 3 percioche egli non haueua tnai mancatodi auilareal Papa minutisfimamente tutto quello, che non folamente intendeua della mentedel- I’ltnpcratofe della inchinatione 3 o buonab mala' "malatic fuoi Configlieri; ma anco qucllo dh’egli pcirconicttiira poteua giudicarejche forte difer- uitio d ctt dan no al Papa,comc apertamente (i di- chiarain moke JelleletterefuCj& induepartico larmentc all'Arciuelcouo diCapoa,f’una di VI If. I’altra dell’ultimodiSettembre 15’^.datein GranatUjOltrechefbno aflaimanift’lle le cagioni 'della nunadi Roma , come aflai diftintamentefi puo uedere ncllahiftorie; Ma che fi a uero eke il Papa reftafl’e in ogni tempo ben feruitOj Sc fodif- fatto del ContCj& moko ben chiaro della fita in- tegritajin quefto li manifefta,che oltrealleuarie dimoftrationide doni , che da efso piu uohegli furono fattijCgli fenza afcim dubbio haueuade- liberato di crearlo CardinalCjfe non era impedito da qiiella crtidelisfima afflittione di Roma j come bene afterma il Giouio ftefsojeon tutto cio volen do purilPupa dimoftrare al inodoj cheinluipre tialeua fa memoria del mento del,Conte a i molti difpiaccn,& a i graui trauagli^nequafi fi trouaua initoftojHauendogli efso Conte mandato di Spa- 'gna un Don Domenico Paftorello fuo Capellano per condolerii in fuo nome delle feiagure di quel tempOj_.ilPapa aggradi in guifa cotale fuo uffi- ei0j,che g!i rimando il rnedelimo Don Domeni¬ co j'non piu Capellanojma Vefcouo Algdrenle; ilche dichiara una lettera di quelfo alia mad re del Contejfcritta da Monzone nel Regno di Arago- na,a 1 j.diLuglio 15 z^. Oltre di cio anchtidopd ia morte del ContejVedefi per due breui Apofto- lici lid mandati alia madredi lui,l’vno di con/olatio- ne, & l’altro dato in Bologndfotto il dccimo di Decembre 15 29. effendo Camcrlingo ilCardina lc di Perugia, ne’quali il Papa dice , che poi che non ha potutolarfentireal Conte la gratitudine fua, per la fed e ,&diuotionedilui, uerfo laSan ta fedc Apo/lolica, diproprio moto a lei dona da tremilafeudiin circa, che il Conte era reftato de bitorealia Camera, coli perteftimonio dell’amo rejcli’elfogliporcaua,come per parte di confola- tion e di lei. Et Franceico Gonzaga aliora Amba- fdatore delDuca Federico diMantouaprcflo al medeiimo Pontefice dolcndofiin una fua lettera di 19. diMarzoij29. con la fudetta Madredel Conte della morte di quello,ledice queftc preci fc parole.xA noftro Signore e Rata mcdefti.liina qnefta iattura,& fuaSantitaconofceha tier fatto perditadigrandifiima importanza,pcr ilfcdelc, & honoratoferuitiojch’ellariceueua dalla perfo na fua,il quale era di forte,che nc reftaua b’eni.ffi- ipofodisfatta,&. mi hadetto,chea queftftepi nq le poteuaoccorrerccofapiu iiniftra di quefta &c, lequali parole aggiunte a gli effetti gia detti, mo- "ftrano manifeftamente la buqna opinion e,£c uo- Jonta del Papa,& limili dimoftrationi non larch bono fucccdute con tanta aniorcuolczza, & in. tc poll uicinoalle mifcriediRoma,& del Pontcfi- ce medeliniOjfe il Cote non loflein ogni tepo ccduto honoratanientc,&fon aniino,&cfFetti se prepieni di fineeriw.jd'amore,,' & di fcdelta. Cos* fofle ' fofleftatouolcrdi Dio,che ipareri,&c 5 fig!i fuoi haueflero hauiito liiogopreflo alllmpcratorCj^C foflero ftatiaccettati , tk intcii da Cottfuitori del Papaj& che dall'altra parte da i miniftri, che n’hi ueano carico j eglifofle ftato auiiato intepo del fuccesfidiRoma J & della mentedel Pontefice,co ipefpefle uoltc ft doleua di non hauerne nuoua alcuna,che perauentura no ftrebbe feguito il gra ue,& fcandalofo difordine della sfortunataprela diRomajConafflittione J &perdita di tanti j&co danno,& gran difauentura dellafantafede, tutte cofemolto benedaprincipiopreuedute,&:accc- nateda luiinmoltelettere fne, & particolarmen te in una alia Madre di xv. di Scttembre 15 27. ca me It pub uedere; Anzi quello accidente altera in maniera l animo del Conte , che oltre alle molte fatiche che gli haueuaiio gia debilitata la complef fione,fi pub credere,che gli accelerate la mortc; perche ft come egli era obligato per ogni ragione ad anteporre il feruitio della fantafede a tutti i ri fpetti del mondo , coil non poteuaper gli infintti fauori particolari,ch‘e haueua riceunti dalflmpe ratorereftarelenzaeftremo affano,& cordoglio, uededo difpareri tra i due primiPrincipidechri- ftiani,& cotanto fuoi Signori: masfimamentecor rendociildannornanifcfto > & laruina della Chfi fcianita^cotne ci correua. Inferrnb dunque alii 2, di Febraro 15 a^.effendo d’anni ciriquanta,& me f due in Toledo,&: non in Madrid, come dice il Giouioj& quiui trouandoftlTmpcratore, egli ia ipatio di fcigiorni catolicamente fini fua uita, no effendogli giouato alcun rimcdio de i molti, & quafi intiniti,che gli fecero iprincipali Medici de Ja corte.Intefadalflmperatorela morte del Cote, egli nemoftro graiiisiimo diipiacere con atti,& conparole,publicado lefomine uirtu di luiatut- ti coloro, co qualigli occorreua di ragionare fubito mando un gen tilhuomo della fua camera a confolare LodouicoStrozzi fuo nipotc,& ad offer rirgli ogni fau6re,& aiuto per intereffe del Cote,; & pofeia ordindjchefoffe prouedtitod’ogni ap- parato neceffario perfepelirlojma non panic co- ueniente, che li doucfle accettarc tanta cortefia. Finalmente l lmpeptore commando a tutti i Prc latij&ai principaliSignori & Caualiieri,che al- lhora iitrouauano aliaCorte,cbe andafferoadac compagnar il corpo alia Chiefa maggiore di Tole do.Il che fecero tutti,tantopiu uoientieri,quato che da quelli egli era fingolarmente amato,& <\ue fti furonorArciuefcoijo diToledo,l’Arciuefco- uo diSa Giacomo prefidentedcleonfiglio reale, con tutti li coniig!ieri;ancorchc no foglia andare. a (imilieffequie,fenon fonodiperfonadi cafarea le,o di figliuolo diRe &c. l’Arciuefcouodi Siui- glialnquifitor maggiore di tutta la Spagna.il Ve fcouo di Ofma ConfeiTore di fua MadB.il Vcfco uo di Zamora, preiidente del coniiglio dellaIm- peratrice , il Vefcouo di Palenzia, i! Vefcouo di Moiidogneto, ilVefcouo di Coria,il V efcouo di Elnajil Vefcouo diPortoCapeiiano maggiore del la lalmperatriee ,il Vefcouodi Oufedo,il Vefcouo d’Algeri, il Vcfcouo Campo, &: molti altri Preti, figliuoli de Signori, & Cauallierj, il gran Conte- ftabile diCaftigiia ,ilDuca diNaera, il Duca di Alburquerque,ilDuca.don Pietro Giron,Conte d'Vrnegna,il Marchefe diZenete Cote di Nafau; cameriere maggiore dellTmperatore, il gran Ma- ftrodi caladi fuaMaelia,MonlignordiLaxaoCo medator maggiore d‘Alcantara, ilgran Scudiero, il Marchefe d’Ancifa,il Marchefe diBrandcmbur chjtuttiligentilhuomini della camera , della ta- uola,&della cauallerizza delPImperatore , don Giouanni Manuelle,il Conte di Miranda Mag- giordomo maggiore della Impcratrice, il Cote di OfornoPrelidentedgl Conliglio degli ordini,il Conte diCifuentes, il Conte diFuent Salida , il Conte di Corugna, il Conte di Monterei, nipote dell’Arciuefcouo di Toledo , il Conte di Palma, Antonio di Fonfeca contadore, & Comendator maggiore di Caftiglia,Ernando Cortefe gouerna- tor generate dell’Indie,ilSegretario Couos, quel- li del conliglio fecreto di fua Maefta,quelli del co figlio della guerra,quclli delconliglio de gli ordi- ni , quelli del conliglio della Inquilitione ,quelli del conliglio delITndie,& del conliglio della Ha- zienda,tnttigli officiate della cafa Reale,chc e gra numero,&poitutte le perfone,&caualieripnua ti,& fenza titolo,di modo che non maned niuno, Fe non fu. il gran Cancelliero, che per fua indilpo fitione non pote uenire; Coil accompagnato alia fepol- fepoltura con quella maggior pompa.,& honore., che folfe maifatto ad altro Nutio Apoftolicoj fu pianto uniuerfalmentedatuttaSpagna J & 1’Impe ratoreper fegnodeldilpiacere_, che fentiua della perdita ditant’huomojeffendo andatoa luiilfu- dettoLodouico Strozzf,pcr baciarglile manidcl lefauoreuoli dimoftrationf,che haueuafatte lef fe effequiejtral’altrecofegli diffe ..quelle formate parole.Yo osdigo que esmuerto uno delosme jorescaualleros delmundo ;I1 corpofu polio de tro ad una capella della fudetta Chiefa maggiore, dettadiSanto Elifonfo J moltoprincipale J & in luogo eminente;GIi ofiici funebri furono fatti per nouegiornicontinufcS tanta folenita_, che a qualfi uogliagran perfonaggionon fihaurebbe potato fare dipiu.Quiuigiacque per xvj.meli_.dd poiquali Aluigiafua madre uolle che folfe tra- fportato aMantouajhauendo fatta fabricare una bellisfima capclla nella Chiefa de Frati minori, dettala Madona dellegratie^fiioridella Citta cin que migliajco una fepoltura di marmo bellisfima co uaga_,& antica architettura.,neliaquale eglifu ripofto preffoalla moglie; accioche nofolferoin alcu tepo difgiute quell’oflaj che in uita erano fta teco glilpiriti cotanto unite.Et quiui ftifcolpito queffoeoitafiojcompofto dal Cardinal Bembo. BALDASSARI CASTILIONI MAN- TV AN O omnibus nature dotibus_,plurimis bonis artibus ornato Grpcis literis erudito ^ in Latinisj&HetrufcisetiamPoet^; oppido Ncbu- larix in Pifauren. obvirt.milit.donato.Duabvis obitislegation.Britannia.,& RomanajHilpanien. cum ageretjacres Clemen. VII. Pont.max.pro- curaret. Quatuorquelibros deinftituen.Regum famil. perfcripfiflet ; Poftremocum Carolus V. Imperator Epifcopus Abulie creari mandaffet_,To Jeti uita fundo j magni apud omnes genres no- minis^qui uix.Ann.L.Men£lI.D.I. Aloylia Gon- zaga contra uotum fuperftes.,fil.B.M. P. Ann. D. M.D.XXIX.furono anco fatti molti epigramiin jnorte del medefuno Conte dadiuerfi huomini ilngolari di quei tempi., de quali Iipongono que ilipochi che feguono. Iani V it alis. Caflilioneum ad tumulum dum Hifrania tota. Conuenit,& janclo iuHaparat cineri, Scipiadum manes referunt dixij]e,fecundum Hie docia amiflt Mantua Virgilium. Marci Mntonij Flaminij. Si truculent a ferox irrumpis in agmina Marte Diceris inmclo Caflalione fatus; Mt moUi Cithara fi condis amabile carmen ; Caft alia natus diceris cjj'c Pea. Eiufdem. Horrida terribilis cum trattas ama Maronis Caflalione tui carmine digna facis; Idem cum molli meurn requiefeis in umbra Caflalk sterna digna Mar one canis. Latomi. Qui iacet hoe tumulo magnorum munia diutm Into bis impleuit, fuHinuitque trium ; Mars dextra, calamo Vhcsbm, Cyllenius arte , Ore Charts, Valias mentejeporc Venus, Sed quas exercuit hoc fcilicet or dine dotes Semper,vt in latum defmeret Verierem Qua cum fit Vhoebi,nec ut olim Martisarnica Velregathierpmdum,velmagis ipfiayer.us. Contutto cio non g!i mancarono detrattori*. perche tanto crebbel’inuidia contra dilumper la molta gratia, che ii baucua guadagnataj & con il MarchefeFrancelco di Mantoua.,& con Papa Gin lio II. conGuid’Vbaldo Ducad’Vrbino.,conFra cefco Maria fuo nipotej& fucceflbre_,& pofeia co Papa LeoneX.conFederico Gonzaga Marchefe, &poiDucadi MantouacolRe Henrico dlnghil terra J conLodouicoRediFrancia J & ultimamen- te con Clemente VII. & con ! Imp era to re Carlo V.alla maggior partede quali egli haueua feruito cofl honoratamente^come c detto jCrefcedo fem- prein grado.,& riputatione, che i mordaci , oltre alle poco coloratecalunnie di fopra riprouate, gli oppoferOjche fi tingeflei capegli, & chesfor- zandofi di parer giouinej andafle politamente ue- ftito«Ma quanto J & quale errorefofle queftojqua do pur folle ftato uero^giudichilo chi non e mof- lo da pashone, nesferzato dall’inuidia , &fepur ad alcuno potefleparcreuanita_,la contrapongaa tante altre rare qualita, & nobilisfmu fuoi coftu- . f % m tni 3 che apparira quaft'piccialisflmo nco^poftoin un belfciimoj&.candidisfimo corpo.Et ogn’unq s’auedera quanto fofleegii da imkare J :& quanto degno ch’ogni eleuato m.telletto s’affatichi per moftrarfi conoicitore deile tate & ft pregiate lue virtu con lodidimmortalita degne del merito fuo , poichetanti Principle & Signori di fommo gradoj&potenza con tantr,& ft euidenti fegni in uita,&' con lettere icritte alia madre di lui in mor tejfurono al mondo altrettanto graui teftimoni del fuo gran ualore/juanto tiiui ciTenipIari del ra marico che ciafcuno douea fenure- della fua morte. REVERENDO ET ILLVSTRE SIGNORE DO'^MICH^EL D I S I L V *£ rEscoro di fiseo. r^TTS( DO il S. Gutfybaldo di Motefeltro Duett d’Frbino^pafib di quejla uita, io inftemc con alcuni altri Cauallieri, che I’baueanofer uito , reflai alii feruitij del Duca Francefco Maria dalla Epttere,& herede et fucceflor di quello neUo flato; & come neU’a- nimo mio erarecente I’odore delle until del Duca Gui do ,& la fatisfattionc, che in quegli ami bauea fen- tito dell’amoreuole compagnia di coft eccellcnti perfo- ne; come all’bora ft ritrouaronondla Corte d’Vrbino; fuiftimulato da quella memorial a feriuere queflilibri del Cortegiano; ilcbe io feci in pochi giorni con inten- tione di cajligar col tempo quegli errnri,cbe dal defide- rio di pagar tojlo queflo debito eranonati; Maio fono slatogid molt’ami tenuto opprefio da coft continue trauagli i che nonhomaipotutopigliardi ridurgli a ternine, cbe’lmio debil giudicione reflafle contento, Patreuandomiadunque in Iftagna; & ejjendodIta¬ lia auifato , che la Signora Fittoria dalla Colonnz Marcbefa di Tefcara , aliaquale iogid feci copia del F j libra, lode dell* Marchefa di Pefcara. Cfti husmi Di fenipre cupidi di •ouil. ii. Allan(o ^rieita. BUM Giu¬ liani} de* Medici . Cardinal Sibiena. libro,contra la promefja fua ne hauea fhtto trafcriuere unagra partc;n$ potei nonfentire qualchc fhftidio,\d « bitandomi dimolti imonuenienti; chein fmil cafipojjo no occorrere.7s(ientcdimeno mi confidai,che I’ingegno, & prudengadi quella Signorafta uirtu della quale io femprekotenutoinuenerationeeome cofa Jommamen te eccelfa,&rara)baslaffe a rimediare,che pregiudicio alcano no tpi ueniffedaUihauer obeditoa’fuoi comman- damcnti. In ultimo feppijche quella parte dellibro ft ri trouaua in Tfapoli in mam di rnolti ; & come fono gli bmninifempre cupidi di nomd,parea, cbe quelli tali tetajjero H farla imprmere;ond'ip fpauetato da queflo pericolo.det.erminaimi di ritteder fubitonel libro quel poco, chcmicoportaua iltepQ.con intmtione di publi- carlheBmando men.male lafciarlo uederpoco calit- gatoperma mano.cbe molto laceratoper man d’altri. Coftper efiequir quefi'A deliberationc, cominciai a ri- lcggi>h,&fubito nelkiprima fronte ammonito dal ti~ tobyprefi non mediocre trislep^a ; la qual ancora net p aft hr pin auati molto ft ctccrebbe,ricordadomi la mag- gior partedi coloro,che fono introdottinet ragioname ti after gid morti,cbe oltre a quelli,di cbift fh mentione nelproemio dell’vltimo,morto bil medeftmo M. Mlfon fo .Ariosto,a cui il libro b\indyiggato, giouane ajfa- bile,difcreto,pieno di Joamffimi cosiumi, & atto ad ogni cofa conucniente ad huomo di Corte;medefimame te ilDuca Gialiano de’Medici,la cui bonta,&nobil cor lefita meritaua pin lungamente. dal mondo cfier godu- ta. M. Bernardo Cardinal di S. Maria in "Portico; il- qualperttna acuta epiaceuole pronte^ga d’ingegno fu gratiffimo a qutthtnquc lo conobbetpur. e mart os mono b il il Signor Ottauia Frcgofo,bumo a noflri tepi r.mjjlmo, magnanimo,religiofo,picnodibotd,d’ingegno, prudcn ga,&cortefia,et ueramete atnico d’bonore,&di uirtu, et tato dcgno di laude,cbe i medefimi nimicifuoifurono fempre coHretti a laudarlo; & quelle difgratic cbe e fjo colld.uffma.mete fopportbfbe furoho battati a far fede, cbe come sepre fan[late, cofi anchor hoggidi fono molte cofe,cbe cotrajlano alia uirtu.Mortifono ancor molti al tri de i nominati net libro,a i qualiparea,cbe la natura pmetteffe lughijjima uita;ma qilo,che sega lacrime rac cotar no ft deuria e, cbe la S.Duche[fa,cffa ancor e mor ta;&ffc I’animo miofiturba per laperdita di tali ami ci, & Signori raiei, che mi banno lafciato in quesict uita, come in una folitudine plena d’afj'anni; ragion e, cbe rtiolto piu aeerbamente fenta il dolore della mor te della Signora Ducbefa, cbe di tuitigli altri, per- che efa rnolto piu, cbe tutti gli altri ualeua, & io ad ejfa, moltopiu , cbe a tutti gli altri, era tenuto. Ter non tar dare adunque a pagar quello, cbe io debboalla memoria di cofi eccellente Signora & de gli altri, cbe piu no uiuonofindutto ancor a dal perkolo del li- bro, hollo fhttoimprimere ,e publicar tale, qual dal- la breuitd del tempo m’e slato concefio.Et, perchcuoi, ne della Signora Duchcffa,ne de gli altri,cbe fon morti, fuor cbedelDuca Ciuliano,<& del Cardinale di Santa Maria in Tortico,baueHe notitia in uita loro;accioper quanto io pojfoffhabbiate dopo la morte, mandouique fio Ifbro,come m ritratto dipittura della Carte d’Frbi no,non dimaw di fafhdlo], o Michel’dAngelo jma di pittore ignobile,et cbe folamente fappia tirarele linee pnncipali,fenga adornar lauanetd diuagbi colori, o far SOttaniart Fcegofo. Rafael® Michel \’-- gelo Fitto- fiilluftii. Gli hnomi- n» fi diletta no di ripic- dere. Per che lo Auttorc no 1:' uoluto imitare il 3oocaccio. (Via* 1 do >1 Boccaccio Icnffc mc- glio,c come s'inganwo di giudicio. far purer per arte di proffettiua quello,cbe nob; & me cbe io mi fia sforgato di dimojirar co i ragionamen ti leproprietd,e coditioni di quelli,che ui fononomina- ti,confejfo no bauere,no che efprefio,ma ne ancoaccen nato le uirtu della Signora Ducbefla,perche non folo il mio Jiile no l fufficiente ad ejfrimerle,ma pur I’intellet to ad immaginarle;et fe circa queflo,o altra cofa degna di ripref tone {come ben Jo, cbe nel libro moke non man- cano)faroriprefo,non contradiro alia iterita;mapcrche talborgii buomini tanto fi dilettano di ripredere,che ri prendono an cor quell$,cbe no merita ripreJione,ad alcu ni,cbemibiaftmano,percbe io no bo imitatoil Eoccac cio,ne mi fono obligato alia cofuctudine delparlar Tho fcanod’boggidi,nbreJlaro di dire,cbe ancor cbe’l Boc¬ caccio fofse digetil ingegno,fecondo quei tepi,& che in alcunaparte feriuefte co diferetione, & induHria;nien tedimeno affai meglio fcriffe,quando ft lafio guidar Join •mete dall’ingegno,& injlinto fuo naturale, fenga altro Hudio,o curadilimareifcrittiJuoi,cbe quado co dilige •tia,& fatica ft sforgo d’ejj'erpiu culto & caJligato.'Per cib i medejimi fuoifautori ajjermano, che efie nclle co- fe fue propriemolto s’inganno digiudicio, tenedo in po co quelle, che gli banc fatto honore , & in molto quelle, cbe nulla uagliono. Se aduque io baueffi imitato quella maniera diferiuere che in lid b riprefa da cbi nel resto lo laudapio poteuafuggire alme quelle medefime calu- nie,che alpropria Boccaccio fon date circa qnefio;et io taw maggiori le meritaua, quato che l’error fuo ali’bor fu crededo di.far bene,& bora ilmio farebbe Ha to co nofeedo di far male.Se ancorahaueffi imitato quel mo- do,che da molti'e teniao per buono,etda efipfu pie ap r preggato; fre%gato,pareudmi cotal imitaofone far tejlitnonio dtf fer dijcorde di giudicioda colui cb’io imitaua ; laqual cofa(fecodo me)era incoueniete.Et,quado ancor qutslo rijpettonon m’bauefie mojfofo non poteua nelfubutto imitarlo,non bauedo cjjo mai feritto cofa alcana di ma teria fimile a qflilibri del Corteg.et nella lingua alpa '” te c J‘ a * rer mio no doueua;percbe la for%a,ouero Tegola del par re„o larbene,cofiJlepiunell’u/o,cheinaltro, &fempre eui bct.c. auet tio afar parole,che no ftano in confuetudine.Vercionon era conueniete,ch'io ufaffi moltc di quelle del Bocc.le mnciEoc- quuli a fuoi tepi s’ufauano, & bor fono difufate da i me cac ‘ 10, defimi Tofcani.Jqp bo ancor uoluto obligarmi alia con fuetudine del purer Tofcano d’boggidi; perciocbe il comertio tra diuerfe nationi ha fempre bauuto forga di trajportare datl’una all’altra, quaff, come le mercantie, coji ancor nuoui uocaboli,i quali poi durano,o macaw fecodo che fono dalla cojuetudine ammejfi, o reprobati; et quefio oltre il teftimonio de gli antichi, usdefi cbiara mente nel Boccaccio, nel quale Jon tali parole Tra^efi, Spagnuole,& Trough,& alcuneforfeno beneinte- fa da i Tofcani modernise chi tutte quelle lcuajfe,fu- .. . t rebbe il libro molto rninore. Etpercbe\al purer mio) la cofuetudine delparlare dull’altre cittd nobilid'Italia , doue cocononohuomini ftuij,ingegnoft,& eloqueti,& cbetrattano cofe gradi di gouerno de'Hati, di letters, d’arme,&negotij diuerfi,non deue efk.r del tuttojpre^ %ata;de i uocaboli,cbe in quefii luoebi parlado s’ufane, eflimo hauer potato ragioneuolmtc ufar feriuedo quel VocaI ^,. li,che haw in fegratia, &elegatia nella pronuneia,& riormtia; fon tenuti comunemente per buoni,&ftgnificatm, ben sbe Ma ftano Tofcani, &'ancor haobimo originedi fuov Qn *t foffe il #t udicio deilo Autto re *eU feel te dc lc pa- roic. $5 dec con¬ fers a'r la c<> faemaiue. fuor d’ltalia. Oltre a quefto ufanft in Tdjeana molti uo caboli cbiararaete corrotti dal Latino,i quali nella Lorn bardia,& nelTaltre parti d’ltalia for, rimafii integri et feaga. mutatione edema,et tat a uniuerfaltnente s'ufano p ogn’uuoyche dalli nobile fonoanimeffi f buoni, & dal ynigo intefifenga dlfficultd\percib nopefo baiter com- mejioerrorefe ioferiuedo ho ufato alcuni di queHi, & piu toflopigliato I’integro & fincero deUa patria min, the l corrotto,et gmjio della alienage mi par buona re gola quella,cbe died molti, cbe la lingua uolgare tato l piii beUa,quato k me fimile alia Latina;ne capredo,per cbe ad una cdfuetudine diparlareft debba dar tato mag gior auttoritd, cbe all’altra; cbe fela Tofcana baHag nobilitare i uocaboli Latini corrotti,& machi, & dar lo ro tata gratia,cbe cofimutilatf ogniun poffaufargli per buoni(itcbenofinega)la Lombarda,o qual ftuoglia al- tra, nodebba poter foflener i rnedefimi Latini puri,inte gri,proprif,et no mutati in parte alcana, tato cbe fancy tolcrabih,& ueramete,ft come il uolerformar uocaboli nuouiyomateneregtiantichi in difpctto della cbfuetudi ne,dirftpuo temeraria prefuntioney cofi iluoler cotra la forget della medefima cdfuetudine dijlruggere, et qua ft fepelir uiuiqueikyCbe duranogidpmoltifecoli , & col jckdo dell’ujangafiJon difefi daU’inuidia del tempo, et hdcoferuatola dignitde’lffledcrlor6.qua.dop laguer re,et mine d’Italia ft ion fhtte le mutationi della lin- gua.de gli edificif,de glibabiti.e cofiumi; okra cbe fia difficile,par quaftitn’impictd; percibfe io no bo uoluto fenuedo ufar le parole del Boccaccio,cbepiu no s’ufano in Tofcana;ne fottopormi alia legge di coloro,che£ti- manOjcbe no fa keito ftjar quelle, cbe non ufano i To- feani d’hoggid'upami meritare efcufatione.'Pcfoadun que,&nella materia del libro,& nella lingua,p yuan- tore tanto to la lingua pub aiutare I’altra, baucr imitato ^luttori tanto degni di laude, quanto b il Bocc. ne credo cbe mi ft c »°- debba iputarep err ore lo bauere eletto difarmi piu to- fio conofcerep I.obardo,parladoLobardo,cbe p tioTo- Theof - r;ifto fcano,parlandotroppo Tofcanotp non fare comeTbeo pariaua fraHoftlqualpparlar troppo^itbeniefe,fu da unafem t t “ c p £“ 1 - l , A " j alice ueccbiarelia conofciuto p no ^itbenicfe: ma pche circa qsionel primo libro ft parla a baiidga;no dirdal tro,fe no,cbe p rimouer ogni cotetionefto cofefjo a miei riprefori no Japer qfla lor lingua T ofcana tdto difficile et recondita,&dico hauer fcritto nella mia,& come io parlo,et a coloro,cbeparlano,comeparl’io,& coftpefo di no hauer fatto ingiuria ad alcuno, cbe fecodo meno k fhibiio a chi ft fta,jcriuere,et parlare nella fuappria lingua,ne meno alcuno e aftretto a leggere, o afcoltar cjllo,cbe nogli aggrada; pcio fe effi no uorra leggere il mio Cortegiano,no mi tenero ioputo da loro igiuriato. tltri dicono,cbe effendo tdto difficile,& quaft impcffi bile trouar un’buomo coftpfetto, come io uoglio, cbe ft a un corte- il Cortegiano,eftato fuperfiuo ilfcriuerlo;pche uana co perfettfon a fa e infegnar qllo,cbe impararno ft pub. [a qsiirijpon ^yjmuU do,cbe mi cote taro hauer errata co Vlatone,Xenofonte, et M.Tullioftafiddo il diffiutare del modo inieUigibile, etdelle Idee,tra lequaliffi corne(fecondo qlla opinione) idea del p Ha Idea della pfetta Bppublica,et delpfetto l{e,ct del g1an 0 ^ or£C ' pfetto Oratore; coft eancora quella delpfetto Cortegia no. alia imagine della quale,s'io non bo potuto appreffi marmi co lo fti!e,tato minor fat tea hauerano i C ortegia ni d’approjjimarfi col’opereal ter mine, &meta,cb’io Chi piu fi auicina al¬ ia pctfettio- ne e pin jj- fetto. la moititu- dine natu- aalmere ha edore del bene ,edel male. col fcriuere bo loro prepotto,&fe con tutto qflo no po tran confeguir quclla perfetlione qual ella ftJia, cb’io mi fonusforgato d’effrimere;colui, cbc piu fegli auici nera,fard il piii perfetto,come di mold arcicri,cbe tira- no ad un berfaglic,quando niuno e,cbe dia nella h oc- ca,quello,cbepiufegli accostajcnga dubbio emiglior de gli altri. Mcuni ancor dicono, cb’io ho crcduto for mar me ttejjo, perfuadendomi, che le conditioni, cb’io al Cortegiano attribuifco , tutte fiano in me. quetti tali non uoglio gia negar dinon bauer tentato tutto quello,cbe to uonei,cbe fapefje il Cortegiano; & penfo che cbi non bauefie hauuto ciualcbe notitia dclle cofe, cbenel libro fi trattano,per erudito,cbe fuffe fiato, ma- lehanrebbe potutofcriuerle, ma non fon tanto prittodi giudicio in conofcere me ttefio, che mi prefuma fapc-r tutto qucllo, che fo dcfiderare. La difefa adunque di quelle accufationi,&fcrfe di molt’altre,rimetto io per bora al parer della commune opinioneipcrcbe ilpm del le uolte la moltitudine,ancor cbe perfettamcvter.cn co nofca;fente pero per inttinto di natura un certo cdore del bene & del male; & ferula faperne redere altra ret gione, I’uno gutta & ama , & I’altro rifiuta & odia. Ter do fc uniuerfalmete il libro piacerdjerrollo per buo no,&penfaro, che debba uiuer;fe ancor difpiacerd,ter rollo per malo:& lotto credero,cbe fe n’habbia da per derla memoria.Etyfepur imieiaccufatoridiquefio co mune giudicio,no rettano fatisfattiuontentinfi almeno di queilo del tepofilquale d'ogni cofa al fine feopre gli occulti difettiy&p efier padre della ueritd; &giudice fen^a pajjionefiwl dare fempre della uita,o merte del- lefcritture giusia fententia. IL T p^I M 0 I L PRIMO LIBRO DEL CORTEG1ANO DEL CO'IfTE B] pin uolte m’hauete ricbicfto, o il fur lo; perche da un canto mi pareua da riffimo negar alcuna cofa,&maJfimamentelaudeuole, aperfona,ch’io amo fommamente, & da cui fomma - mente mifento effer amatoulaWaltro ancor pigliar im prejafiaqual io no conofcefjipoter codur a fine, parea- mi difconuenirfi a cbieftimafi’e legiuste riprenfioni, quanto fiimay ft debbono. In ultimo dopo molti pen fieri bo deliberato efperimentare in quefio,quantoaiutopor gerpoffa alia diligentia mia quella ajfettionei& defit~ derio intcnfo di cdpiacer,chenelle altre cofe tato fuole accrefcere I’induffria de gli huomini.Voi adtinque mi ,A richiedete, Quefto i piefogentil mente dal Proemio dell’Orato- rediCicex© AC. Tropone la inascriadel coirc^tano. Diueria ua rietadi co* ihuni ueile .coni dei Cliriihani. I)i quanta forza iial’u i*o. L I B 0 richiedete, ch’io fcriua, quad fia al purer mlo la for - ma di Cortegiania pin conueniente agentilhuomo,che ttiua in cortede Trincipi, per laqual egli poffa,&Jap piaperfettamenteloro feruire in ogni cofa ragioneuo- le, auudslundone da effi gratia,& da glialtri laudc : in fomma di che forte debba efser colui, che rneriti cbiamarfi perfetto Cortegiano, tanto, che cofa ala:- na non gli manebi. Onde io confiderando tal richie- s ia dico, cbefe a me fttffo non parefse maggior bia- fimo I’efferda uoi riputato poco amoreuole, che da tuttigli altripoco prudente , 'baurei fuggito quefta fktica,per dubbio di non effertenuto temerario da tut- ti quelli, che conofcono, tome difficil cofa fa tra tan¬ te uarietd di coftumi, che s’ufa no nolle coni di Chri- sinwita, eleggere lapiu perfetta forma, & quafil for di quefta Cortegiania ; percbela confuetudine fa a noi ftjefto le medefime cofe piacere ,edifiacere:on- de talhora procede, che i coftumi ,gli habiti, i riti, & i modi > che un tempo fono siati in pregio, diuen- gonouili; & per contrario i uili diuengon pregiati: perd ji uede cbiaramente, che I’uJ'opiu che la ragio- neha foiga d’introdur cofe nuoue tra noi ,& cancel- lari’aniichc , delle quali chi ccrcagiudicarla perfet- tipne, ffefios’-inganna; peril che conofcendo io que- fta ,&molte altre difficult a neda materia propofta- miajcriuere, fono sfor^ato a fare un poco d’efeufa- tione, & render teftimonio, cheque fio errore (fepur fipuo dir errore )amec commune con uoi, accioche fe biafimo auenire me n’ha , queilo fa ancor diuifo con uoi: per che non miner colpaf dee cslimar la no- T If I- M 0 . 2 ftrahauermi impoflo carico die mie forgedifuguale, cbe a me hauerlo accettato. Vegniamo adunque ho- ramai a dar principio a quello, cbe £ noliro prejup- pofto,& (fe pojfibil’l) formiamo un Cortegian tale , cbe quel Vrencipe, cbe far a degno d’efferda lui fer- uito,ancor chepoco ilato hauejfe, ft poflaperb chin- mar grandijfimo Signore . Tfoi in quesh libri non fe- guiremo un certo ordine, oregula diprecetti difiinti, che’lpiudelle uoltenell’infegnare qual fiuoglia coft ufar ft fuole, ma alia foggia di molti antichi, rino- uando unagratamemoria ,recitaremo alcuni ragio- Allude 4 namenti,i qualigid pafiaronotra huomini ftngula- a.'°oTa'io^o riffimi, a tale propofito, & bencbe io non id inter- dei’Oiatoie ueniffi prefentialmente, per ritrouarmi all’hor, cbe furon detti, in Inghilterra, bauendogli poco appref- fo il mio ritorno intefi da perfona, cbe fidelmente me glinarro, sforgerommia punto ,per quanto la me¬ moria mi compcrterdpicordarli; acci'o cbe noto ni fia quello , cbe babbiano gin dicat 0 &credutodi quetta materia, huomini degnidi fommalaude,& alcuigiu dicio in ogni cofapreliarfipoteaindubitata fedc.Tfe fia ancor fuor di propofito, pergiungere ordinatamen- te alfine, douetende ilparlar noiiro plan are la cau- fa de ifuccejji ragionamenti, tAlle pendiciddl’^ppenino, quafi al mego della Di f cr ;, tion Italia uerfo il mare uIdriatico i post a (come ogn’un d 1 vibino. fa) lapicciola cittd d'FrbinoJaquale bencbe tra mon- tifia ,& non cofi amcni, come forfe alcun'altri, cbe ueggiamo in molti locbi: pur di tanto hauuto ha il cielo fhuoreuole, cbe intorno ilpaefee fertiliffimo , FI 2 &pien L I B 4{ 0 &piendi frutti;di modo, cheoltre aliafalubrltk del I'aere ft troua abondantifjima d’cgni co/a, cbe fh me - slieri per lo urnere bumano . Ma tra lemaggior /eli¬ cit d, cbe fc le poffono attribute, queftd credo Jiala principle, cbe da gran tempo in qua /empre e fiata dominata da ottimi Signori,auenga cbe ne le calami- ta uniuerfdi delle guerre della Italia effa ancor per un tempo ne fia rejlatapriua . Ma non ricercando pin lontano, poffiamo di quest o far buon teflimonio con la gloriofamemoriadelDuca Federico,ilqualea’difuoi ca di v rbi- f u i ume faUa. Italiasne mancano ueri & ampliffimi te ftimonij, cbe anew uiuono delta fua prudentia, della himanitd,della giuflitia,della liberalitd, delTanimo inuitto,& della difeliplina militare;nella quale preci- puamentefhnno fede le fue tante uittorie,le effugna- tioni dei loebi inefpugnabili, la fubita preflegga nel- le cfpeditioni,l’bauere molteuolte conpocbif/ime gen- tifuggatommerofi & ualidijfimi efferciti,nemai ef- fer Uatoperditore in battaglia alcuna ; di modo , cbe poffiamo non fenga ragione a molti fkmofi antichi Palazzo di agguagliarlo.Queffotra I'altre cofefue laudeuoli,nel- qaedo Du- yj w tfy rhino edified un palaggof'econdo I’opi- nione di molti,ilpiu hello,chein tutta Italia Ji ritroui; & d'ogni opportuna co/a fi benlo /ornl, cbe non un palaggo,ma ma citta in/orma dipalaggo, efferpa- reua; & non /olamentedi quello,cheordinariamente fmfa;comeuafi d’argento, apparamenti di caraere di riccbiffimi drappi d’oro,difite, & d’altre co/e fimili: maper ornamento u'aggiun/e ma infinitd diflatue an ticbe di marmo & di brongo, pitture /tngulariffime, mflmnenti Vafi. Drappi. ^culture. Pitture, jUtnnncnti m&c:, T Jf I M 0 3 insintmenti mufici d’ogni forte ; ne quiui cofa alcana uolfe,fenon rarijfima &eccellente. ^ipprefiocon grandiffma fief aadun'oungrannumero di ecceilen- tiffrni & rariffmi libri Greci,Latini, & Hebraici, i Llbl '' quali tutti orno d’oro & d’argento, estimando che que flafufie lafiprema eccdltnspa del fuomagno palag- go . Cost Hi adunque feguendo il corfo della natura gid di Jefiantacinque anni, come era uiffo, cofi gloriofa- mentc mori;&un figliuolo di died anni, che folo ma- fcbio bauea,&fenga madre,lafcio fignore dopofe, li¬ quate fit Guid’Fbaldo. Quefio, come deUoflato, cofi Guid’vbai ■ pane che di tutte le virtu paternefufie bcrede;&fu d °- bito con marauigliofa indole comincio a promettere tanto di fe,quato nonpareuachefiufie licitofieraread uno huomo mortale; di modo che efiimauano li huomi Imita 0uf . ni,delli egregij fhtti del Duca Feder.nimo efiermag- dio nd &- giore,che I’baueregenerato m tal figliuolo.Ma la dif- Trasfetma- gratia conognifua forgo. s’oppofe a ianta uirtu, & a cofigloriofoprincipio;tdmente che non effendo anco- Gui(i > vb ,. t . ra il Duca Guido giunto alii xx.anni,s'infermo dipo do info-mo dagre, lequali cd atrociffimidolori procedendo,in poco dl i;0j2£ic " jpado di tempo talmete tutti i membri gli impedirono, che ne fare in piedi ne mouer fi potea;&cofi refib un de ipiu belli,& difiofli corpi del mondo,dcformato et gitaslo nella fua uerde etd;& altre do in ogni fuo dife gno hebbe la forte cofi contraria,cb’egli rare mite traf je ad ejfctto cofi,che dcfiderafj};& benche in ejfofuf- feil configlio japientiJfimo,&I’animo imittiffmo,pa rea che do che incomindaua & neli’arme, & in ogni ultra cofa, opicdola,o grande,fempre maleglifucce-. ui 3 defies t l E If 0 defie: e di cio fanno testimonio molte & diuerfe fue calamitd, lequali efjo con tanto uigor d’animo fempre tollero, che mai la uirtk dalla fortuna nonfu fupera- ta : angi ffreggando con I'animo ualorojo le procelle di quella, & nclla infirmitd, come fano, <& nel- Vauuerfitd, come fortunatiffimo ,uiuea con fomma dignita &eflimatione apprejfo ogn’uno : di modo, che auenga che cofifuffe del corpo inferno,milito con quaH si o bonoreuoliffirne conditioni a feruitio de i Sereniffimi nmilito. J\c dilS{apoli ^ilfonfo ", & Fenando minoretappref- fo con Tapa ^Aleffandro V I. co i Signori Venctiani, & Fiorentini. Efiendopoi afcefo alTontificatoGiu- lio 11. fu fhtto Capitan della Chiefa: nel qual tem¬ po fequendoil fuo confueto FHle,fopra ogn'altra co- fa , procuraua che la cafa fua fuffe di nobiliffmi & ualorofigentilhuominiplena: coiquali motto fhmi- gliamente uiuea, godendofi della conuerjatione di quellitnella qual cofa non era minor il piacer, che ejfo do'doaiff!" ttltrui d aua > c be quello che da altrui riceuea, per ef- fer dottiffimo nell’una & neU’altra lingua, & hatter in feme con I’ajfabilitd & piaceuolegga congiun- taancor lacognitione d’infinite cofe; & oltre acid tanto la grandegga dell’animo fuo lo ftimulaua, che anchor che ejfo non potejfe con la perfona efercitarl’o- pere della caualleria, come hauea gia fhtto,pur ftpi- gliaua grandiffmo piacer di uederle in altrui; & con Giudiciofo k P aro " e > h° r com gendo, hoc laudando ciafcuno neii’arme, fecondo i meriti , chiaramente dimoftraua quanto todeaou le giudicio circa quelle haueffe: ondenelle giofire ,ne opcrauoni. / torniamenti 3 nel caualcare , nel maneggiare tutte le forti T > \ I M O. 4 fortidi arme ; medefmamente nelle fefle, ne igio- cbi,nelle muficbc, in fomma in tuttigli effercitij con- umienti anobili cauaglieri, ogn’uno ft sforgaua di mosirarft tale, cbemeritajje e(ier giudicato degno di coft nobile cominercio. Erano adunque tutte I’bore del giorno diuife in bonoreuoli &piaccuoli efiercitij, coft del corpo , come dell’animo: mapercheil Signor Duca continuamente per la infirmita, dopo ccnaaf- Jai per tempo fe n’cmdaua a dormice, ogn’tmo per or - dinario, done era la S.Ducbeffa Elijabetta Gongaga, a quell’bora jiriduceua: done ancor fempre firitro- uauala S. Emila Tia, laqual per eficr dotata di cofi uiuo ingegno ,& giudicio, come fapete ,parena la maeftra di tutti: & che ogn’uno da leipigliaffe fen- no ,e ualore. Quiui adunque i foaui ragionarnenti, & I’boneslefhcctie s’udiuano; & neluifo di ciafcu- no dipinta ft uedeua una gioconda hilarita, talmen- te cbe quella cafa, certo dirfi potea, ilproprio alber- go dell’allegria: ne mai credo cbe in altro loco ft gu- fta/de quanta fia ladolce^ga, cbe da una amata,& car a compagnia deriua, come quiui [i fece un tempo; che lafciando quanto honor fufie a ciafcun dinoi fer- uir a tal Signore,come quello, che difopra bo detto; a tuttinafceua nell’animo una fomma contentcgga ogni uoltacheal cofpetto della Signora Ducbejfaci ridu- ceuamo ,& parea cheque Ha fufie una catena, cbe tutti in amor tenefie unit!, talmente, che mai non fu concordia di uolurttd,e amore cordialetra fratclli mag. gior di quello, cbe quiui tra tutti era. ll medefimo >eratrale Donne; con.le quali ft baneua liberalifi- v/f 4 mo & Dwchrfii Eliiabcrra La S. Emi¬ lia Fia. Amore, che principal mente t?ee cficre fra' Cortcgiaui. L 1 B It 0 mo&honcfttjjimo commertio, che a ciafctmo era li~ citoparlare,J'edere,fehergare, e riderecon chigli pa- rea; ma tanto era la riuerentia che flportaua al uoler della S. Ducheffa, che la medefima liberta era gran- dijjimo freno;ne era alamo, che non eftimajje per lo maggiorpiacere, che al mondo bauer poteffe, il com- piacer a lei ,& maggior psna, il difpiaccrle . Ter la qual cofa, quiui honeSlifflmi coftumi erano con gran- grandezza dijjitna liberta congimti, & erano t giochi, i njt al chcfla Da ' f uo C 0 i ?^ 0 con diti, oltreagli argutifjmifall, d’una grativfa & grane maefld, ebequelia modeflia, & grandegga che tutti g!i atti, & le parole, & i ge- flicomponeua della S. Ducbefia , motteggiando, & ridendo, fkceua, che anchora da chi mat pin uedtita non l’haueffe,fujje per granudjima Signora conofciu- ta.Et cofi ne zj circonfianti imprimcndofi, parea, che tutti alia qualita,e forma di lei temperafle; onde cia- leuirtudi r cmo q ue ft 0 fM s mmitare ft sforraua, p'wliando ior.o abon- quah una norma di bei cojtumi dalla prejentia d itna tc ferine”" tant(l c co f l u ':rtuofa Signor a;le ottime cbnditionidella dal Bembo, quale io per bora non intendo nan are,non efjendo mio SiaUatino penfiero,& perejjer ajfai note al mondo,& molto pin dciamcrte th’ionon potrei ne con lingua, ne con penna ejprime- dei uuca re; & quelle chef orfe fariano Hate alqiianto nafeo- compofe. mo j( e aduerfita , & slimoli di difgratie hanno chiaramentefcoperto,& in queflo modo s’l dimoflra- to,chsneltenero petto d’ma domain compagnia di fmgolar bellegga,]poflono flare laprudenga,&lafor~ tegga dell’animo,& tutte quelle uirtu, che ancora ne‘ Jetted buomini fine rarifjime. Ma lafiando queflo * dico, V If 1 M 0. 5 dico , che confuetudine di tutti i gentilhitomini della cafaeratidurfi fubito dopo la cena alia Signora Du - chejfa; doue tra i’altre piaceuoh fcfte , & rnuficbc, & dan-ge, che continmmente ftufauano, talker ft proponeanobelle queflioni ,talbor ft faceuano alcuni giuochi ingegnofi adarbhrio hor d’uno\hor d’un'al- tro; ne i quali ,fotto uarij uelami fcopriuano i dr con flanti allegoricamcnte i penfier fuoi a chi pin loro piaceua ; Qualche uolta nafceuano altrc diffmta - tionidi diuerfe materie , ousro ft mordeac.cn pron- ti detti,ffefio ft faceuano imprefe, come hoggidl cbia mwno;doue di tali ragionamenti marauigliojb piece reft pigliaua, per ejjer (come bo detto ) plena la cafa di nobiliffimi ingegni; tra i quali (come jitpete ) era- no celeberrimi il S.Ottauian Fregofo, M. Federigo fuo -fratello, ilMagnifico Giuliano de’ Medici, Mcf- ferTktroBemho,Meffer Cefar Gon%aga, il Conte roinqueiu Lodouico da Canoffa, il Signor Gajparo Vallauicino, “S ,onam ® il Signor Lodouico T?io, il Signor Morello da Orto- nafPietrodalfapcli, Mefjer Roberto da Bari,&in- finiti altri nobiliffimi cauallieri; okra che mold ue ne erano, i quali auenga che per ordinario non flejjino quint fermamente, pur maggior parte del tempo ui diff>enjauano;coms M. Bernardo Bihiena, i’unico .Are tino , Giouan’CbriHoforo Romano, "Pietro Monte, Thcrpandro,M.Jficolo Tbrtjio; dimodo,chefempre Toeti, Muftci, & d’ogni forte buominipiaceuoli, & lipiu eccellenti in ogni faculta,che in Italia ft trouaf- fmo, ui concorremno. tlauendo dunque Tapa Giulio II. con laprefentia fua, & con I’aiuto de Fraticeft ri- * dutto L 1 B If 0 diitto Bologna all’ohedien di qual uirtit UO.I-* rebbe chi a m a , che ramata fbf fc adorna,i qual uitio in lei ft tro¬ ll allc. L I B T{ 0 cbe lo am ante non diuenga deco circa la cofa amata uorrei adunque che queita fera il gioco nosiro fojfe, che ciafcun dicefie di cbe uirtu precipuamente uoneb be,cbefo[se ornata quella perfona,cb’egli ama; &poi Tutti hab- cbe cofi enecefjario, cbe tuttibabbiano qualche mac- cbia,qual uirio ancoruorrebbe,chein ejjit fujfe;per uc chfa. " dec chi faprd ntrouar pin lode noli,& uirili uirtu, & phi efcufabili uitij,& meno a chi ama nociui,& a chi e amato.Haucndo t oft detto il Signor Gajfaro,fece fe Secodo Gio co propofto da M.Cefa- xe , di qual forte d i paz zia l huo- mo douc- rebbe i>n ■> pazzire 0 Ciafcun co liofce i*crro icdel com- |>agno,c no il luo. gno la Signora Emilia a Madonna Coilanga Frego- fa,per ejferinordine uicina, cbe feguifj'e; laqual gid s’appareccbiauaadire,ma la Signora Duchejfa jubi- to dife. “Poicbe Madonna Emilia non uuole affati- carfi in trouar gioco alcuno,far ebb e pur ragione, cbe I’altredonne participaffmo diquesla commoditd , & ejfe ancor fujjino efenti di tal fhtica per quefia jera, ejfendoci maffimamente tanti huomini, che non h peri colo,cbe mdnehin giochi.Cofi faremo, rijpofela Signo ra Emilia;&imponendo filentio a Madonna Coflan- ga, fi uolfe a Mejfer Ccfare Gongaga, cbe le fedeua a canto, & gli commando, che parlaffe; & effo co minci'o. Cbi uuol con diligentia conftderaretutte le noflre attioni, troua fempre in ejfe uarij difetti, & cio procede ,percbe la natura cofi in quefia,come nell'altre cofe uaria, ad uno ha dato lume di ragione in una cofa, ad un'altro in un’altra; pero interuiene, cbe fapendo I’m quello,cbe I'altro non fa, & efiendo ignorante di quello, cbe I’altro intende, ciafcun cono- fee fhcilmente l’error del compagno,&non il fito, & a tutti ci par efier molto fauij,&forfe, pin in quello in cbe T If I'M 0 . 7 in cbepitt fiamo paggi;per laqual cofa habbiamo ue~ ditto in qucfla cafa efjer occorfo , cbe molti, i quail at principio fono slati riputatifauijjimi, con procefiodi tempo ft [on conof :iutipaggiffimi;ilcbe da aim non c proceduto,che dallanoftra diligentia. Cbe come ft di¬ ce, cbe in Tuglia circa gli ^Ataranti s’adoprano mol ti inftrumenti di muficd,& con uarij fuonifi ua inttejli gandoyfin che quello humorc, cbc fa I’infcrmitd , per unH certa comenicntia,cb'egli ba con alcuno di qtiei fuonifentendolo fubito ft muoue,& tanto agita l'infer mo, cbe per quella agitation ft riduce a fanitd; coft noi,qnando habbiamo fentito qualche nafccfauirtii di paggia,tanto fottilmente, & contanteuarieperfua- ftoni I’babbiamoflimulata, & con ft diner ft modi, cbe pur al fine intefo I’babbiamo douetcndeua ;poi cono- fciuto l’humore,cofibcnlo habbiam agitato, cbe fern- pres’e ridutto a perfetion di publica paggia: & cbi e riufcito paggo in uerfi,chi in mufica, cbi in amorc,cbi in dangare,cbi in far rnorefcbe, cbi in canal care, cbi in giocar di ffada, ciafcun fecondo la mincra del fuo metallo; onde poi come fapete, ft fono hauuti maraui gliofi piaceri.Tengo ioadimqueper certo,ch’in cia- fcuno di noi fia qualche feme di paggia, ilqual rifue gliato, pojfa multiplicar quafi in infinito;perd uorrei, cheque Ha ferailgioconoslro fofle il diffutar questa materia ; ecbe ciafcun diceffe, hauendo io ad im- paggir publicarncnte, di cbe forte di paggia,ft cre- de ch’io impaggiffi, & fopra che cofa , giudican- do queflo efito per le fcintille dipaggia, che ogni di ftueggono di me ufcire ; il medefmo ft dicadi QjLcllo che auiene a g!£ attarati in Puglia. Diuerfc lor ti di paztie L I B If O tittti glialtri feruando l’or dine de’ noslri giochi, & ogniuno cercbi di fondar l’opinion fun fopra qualcbe Hero fcgno, & argiimento ; & coft di quefio noftro gioco rilrarremo frutto ciafcuno dinoi di conofcerei noslri difetti , onde meglio ce ne potrem guardare. Di quefio gioco ft rife motto , ne alcuno era cbe ft pofto’daVer potejfe tcner di parlare ; chi diceua, io impasppi- chefe'tm" rein ^ p en ftre,cbinel guardare, chi diceua. io gid ne hibbia- fon impaggito in amare,& tai cofe. & cbe nonpaia,ckenoicfti miampoco I’auttoritd dataci del contradire, dico,che nel Cortegiano a me non par coji necejfaria quejia no bilta, & s’io mipenfajji dir cofa, cbe ad alcun di noi fojle nuoua,io addurrei molti, iquali nati di nobilifji- mo fangue, jonojiatipieni di uitij, & per lo contrario molti ignobili,chc bano con la uirtu illujlrato la pofle- ritaloro .Et felucrequello, cheuoidicesie diangi, ciob, cbeinogni cofa fia quella occulta forgo del pri~ mofeme;noituttifaremmo in mamedtfima ccndi- tme,per batter bmtto m medefimo prmcipio,ne piu T I M 0. 13 fin che l’ditto farebbe nobile.Ma dalle diusrfitd ncflre &gradi d’altegga. & di bafjegga , credo io che fiano molte altrc caufe , tret le quail eftimo effer precipua quella che communemente ji chiama fortuna,ch'ahro non e ch'una occulta dipenden^a delli bumani acci - denti,che finalmente jiriduccnclli prouidentga diui- m;poi che la ueggiamo algar fpeffo fin’al ciclo, chi pa re a noi fen. go. nierito alcuno, & fepellir nell’abiffo qitelli chenoigiudichiamo,piu degr.i d’efier efjaltati. Confermoben cio che uoi dite delta [elicita di queUi, che nafeon dbtati ds i bsni dcll'animo,et del corpo;rna queflo coftft uede ne gl’igncbili, come ne i nobili;per~ che la natura non ha quejle cofijoitili di flint iotii;angi (come ho detto) jfejfo ft ueggono in perjotie bajjifjime sprffb in ^ alt’ffirni doni di natura.Verb non acquifiandcfiquefia nobiltd ne per ingegno,ne per for opt,ne per arte, & cj «;»«iti s r »:' Jendo piu toflo laude de i rtoflri antecefjbri, che nofire, natura, propria,a me partroppo firano uoler che fei parenti delnojlro 'Cortegiano fono flati ignobili, tutte le fue buone qnaUtdftanoguafie,et che no baflino ajfai quel I’altre conditioni,che uoi bauete nominate per ridur- lo al colmo della perfetttone, cioe ingegno, bdlcgga di uolto, dijpofitian di perfona, & quella gratia , cite al primo affetio fempre lo faccia a ciafcun gra~ tiffimo. ^illhora il Conte Lodouico . Tgpn nego io, rifpofe, che ancora ne gli buomini baffi non pof- fano regnar quelle medefime uirtit, che ne i nobi- li; ma per non replicare quello , che gid hauemo detto , con molte altre ragioni, che 'ft potrimo addurre in laude della nobiltd , la quale fempre, &appre]fo L I B \ 0 ('/ apprefio ogn’uno e bonorata, percbc ragioneuol cofa e , ebb debuoni nafeano i buoni, bauendonoi a De’ buon f omxre m C° rte gi ano f en %p difetto alcuno } & cumu. jiafeono latp d’ogni laude,mipar necefiario fiirlo nobile,f per b “ om - moke altre caufe,corne ancorper la opinion uniuerfa- le,laqual fubito accompagna la nobilta.Cheffefaran- m dui buomini di palaggof cjaali nonhabbiano per prima dato imprejfon alcuna di fesleffi con I’opere o bmne o male, fubito s’intenda I’un offer nato gentil- huomo, & I’altro no , appreffo ciafcuno I’ignobile fa- ramolto men flimato cbe’lnobile; e bifognera , cbe con molte faticbc, e con tempo nella mente degli buo miniimprima labuona opinion di fe, cbe I’altro in m momenta, & folamentecon I’eflere gentilbuomo hauerdacquiflata;&di quanta importanga fiano que Quanto n» fte impreffioni, ogn’un pud facilmente comprendere. impreifiani Cbeparlando di noifabbiam ueduto capitate in que- sla cafa buomini,i quali ejfendo fcioccbi &goffiffimi, per tutta Italia hanno pero hauutofkma digrandifsi mi Cortegiani ;& bench e in ultimo fan flati fcoperti & conofeiutiipur per molti di ci hanno ingannato, & mantenuto ne g’i animi nosiri quella opinion dife,cbe prima inejsi hanno trouato impreffajbenebe habbiano operato Jecondo il lor poco ualore Rauemo ueduti altri al prinepio in poebifsima efiimatione,poi effete all’id Signor! tai- tirno riufciti knifsimo.Et di quefli errorijono diuer- fauoreTcW ^ CMife;e tra l’altre I’ojlinationde i Signorifquali per non io me uderfar miracoli,talbor ft mettono a darfauore a chi par loro, cbe meriti disfauore. E jpefo ancor efsi s'inga nanOym percbc fempre hanno infiniti imitatori, dal fnuor V If I M 0. 14 j fauor Uro derma gradisfima famaflaquale per io piii , tgiudici uannofeguendo;et[eritrouano qualche cofit , chepaia contraria alia commune opinione , dubitano 1 d’ingannar femedeftmi , & fempre aff>ettano qualche . coja di nafcojlo;ptrche pare, che quefle cpiniom uni- 1 uerfali debbanopur efjer fondatefopra il tiero, & na- feere da ragioneuoli taufe;perchegli animi noflri fo- noprontisfimi all’amove,& all’odio; come fiuede ne gh fpettacoli de'combattimenti, & de’ giuochi,e d'o- gnialtra forte contaitione; doue i ffettatori fpejfo fi af , fettionano fenga manifeHa cagione ad una delie parti con defiderio c'flremo,che quclla refli uinccnte c Valtra ^ 4 e perda. Circa l’opinione ancora delle qualitd degli bua c«mua fi- mini,la bonafama,o laraala,nelprirno enirare move I’animo nof.ro ad una di quefle duepasfioni. Tero in- teruiene,cheper lopiu noi giudichiamo con amove, 0 u'ero conodio. Vedcte adunque di quanta importanga fta queflaprimaimpresflone, & comedebbe sforgarji d’acquiflarla buona ne iprincipij,chi penfa baitergra do,etnomedi buon Cortegiano.Ma per itenir a qual- i’artnepri- cbeparticolaritd,eflimo che la principale, & uera pro j|' 0 a ne prt ^f' fesfion del CortcgianOjdebba efjer queUa dell’armeJa c&rsegiaiio ’qual fopra tutto uoglio cb’egli faccia uiiiamente,& fia ebnofeiuto tra glialtriper ardito,et sforgato,&fede- le a cbi ferue;e’l name di quefle buone conditicni ft ac quisierd facendone I’opere in ogni tempo,& locoflm- peroebe non b lecito in queflo mancar mai ferga biafi rnoeflremo; & comenellc Donne la boneftd una uolta maccbiata maipiu non ritorna al prime flato, cofl la d j & ' fama d’ungcnullmmo^heponi I’armefe una uolta 12 inuti L I B 1{ 0 itt un minimo punto (i denigra per codardia, o altro rimproccbio fempre refla uituperofa al mondo,et ple¬ na d'ignoranga. Quanto pin adunque far a ecccliente il Cortegiano in quest a arte, t.rnto piufard deg?io di laude;bencb’io non iHimiefer in lui necejjaria quella perfctta cognition di coJe,&I’altre qualitd,cbe ad un Capitanofi conuengono ; cbepcr ejfer queslotroppo S°p!u Oaf g ran mare,ne contentaremo(comehauemo detto) della nofcono i integritd di fede,e dell’animo inuitto,& cbe fempre ft b ' * ueggaejser tale;per cbe molte mite pm nelle coj'e pic dole,cbe nelle grandifi coaofcono i coraggioft; & fpef Jo ne' pericoli d’importanga,& done Jon mold tefiimo nij,fi ritrouano alcuni,iquali benche babbiano il cuo- re morto nel corpo,pur fpinti dalla mrgogna, o doll a cornpagnia quafiad occbi chiuft uanno innancji, & fknnoil dcbito loro;& Dio fa come, & nelle cofe, cbe poco premono, & doue par cbe pojjano fenga ejfer no tad reflar di metterfi a pericolo , uolender ft lafciano acconciare al ficuro.Ma quelli,cbeancor quando pen fano non doner ejfer d’alcuno ne mirati, ne uedud, ne comfciuti ,mottrano ardire,& non lafcian paJJ'ar co- fa per minima cb’ellafta,cbe poffaloro efiecarico, hanno qitella uirtu d’animo, cbe noi ricerchiamo nel u brtuure no ff ro Cortegiano; ilquale non uolemo pero cbe ft mo gono al cot stntanto pero, cbe Jempre sdamjulebraueparo- tcgiaao. dica bauer tolto la coragga per mogliere, & mi nacci con quelle fiereguardaiure, cbe Jpefjb baucmo Bcito bra ue ^ Ht0 f aye a B erto i the a quesd tali meritamente ft no, puo dir quello, cbe una ualorofa Donna in una nobile .cornpagnia piaceuolmente dijfead mo, cb'io per bo¬ ra VI{ I M O. 15 ranominarnon uoglio;i!quale cfiendo dalei,perhono ratio inuitato a dan-gare, &rifiutando efio & queflo, &l’udir mufica, & molti aim intertenimenti, offer tigli,fempre eon dir, coft fattencudluggc non ef- Jer fio mefliero; in ultimo dicendo la donna, qual’b adunque il meftur ueftro ? riffofe con un maluifo, il combattere; allbcra la Donna fubito, crederci ,dij- fe, che hor, cbe non ftete alia guerra, neintermi ne di combattere ,fof!e budna cofa, cbe uifkcejle mol to ben untare, & infieme con tutti i uoftri arnefi da battagha riporre in un armario, fin cbe bifognaffe, per non ntgginire piu di qucllo che fiate; & cofi con molterifa de’ circonstanti fornato lajcivllo nella fua fciocca prefuntione. Sia adunque quetlo , che nei cerehiamo doue ft ueggon gli nirnici ,fieriffi- rno, acerbo , & fempre tra iprimi ; in ogni altro loco humano , modefto , & ritenuto , fuggendo fopra tutta la uHentaticne, & lo imprudente lau- dar fe ftefio , per lo quale I’buomo fempre ft con - cita odio , & ftemacboda chi ode . Et io riffo- fe allbora il Sigrer Caffar, ho conojciuti pochihuo mini eccellemi in qual ft uoglia cofa, che non lati dino fe ftejji ; & parmi, cbe molto ben compor- tare lor ft pofia ; per che chi ft fente ualere , quan- do ft uede non efiere per L’opere da gl’ignoranti co- nofciuto,fi fdegnache’lualorfuoftia fepolto ; & for ga h, che a qualche modo lo feepra, per non effere de fi-audato dell’bonore, chee iluero premio delle uir- tuofe fhtiche . Verb tra gli antichi Scrittori, chi molto uale f rare uolte ft aftien di laudar fe fteffo. Rifpofta ar guta d’una Dona ana foldato bra uo. Dee fuggi- re il lodar feftcflb. Gli huomi- ni eccellen ti lodano fe ftefiL Gli antichi feri ttori fc ftefli 1q da- nc. NelU ga»- fa , che fi dee Darlarc di fc mede- finiQ. Aicffandro piageua di pop hauer pinto up To fo moaar,Qtteffo,diJfe,ci bauete da infegnar uoi.Bfjfofe il Conte. Fra gli anticbi fcrittori non e ancor mancato chi I’habbia injegnato. Ma al parer mio il tutto con- fife in dirlecofe di modo, chepaia che non ft dicano a quel fine, ma che caggian talmente a prcpofito,cbe non ft pofla resiar di dirle;& fempre moftrando fug gir le proprie laudi, dirle pure, ma non di queUa ma tiiera, cbcfanno quefli braui, che aprono la bocca & lafcianuenirele parole allauentura. Comepocbi di fa, dijfe un de i nofiri, che efiendogli a Vifa slato pajfatoma cofcia con unapiccada una banda all'al- tra,pcns'o chefofieuna mofca,cbe I'battejjepunto•,& tm’altro difie, che non teneua fpecchio in camera,pcr- che quando ft cnicciaua,diHcniua tanto tcrribile nell’- qfj>etto,cbe ueggendofi, haria fatto troppo gran pau- raafe Hcfio.l\ife qui ogn’uno.MaM.Cefare Gonga- gafoggiunfe. Di che ridete uoi b Ifon fapete che fd- lejjqndro Alagno Jcntendo , che [’opinion d’un Filo- T I M 0 . 16 fofo era,che fusftno infinitimondi,comincib apiar/gc- rc;& efiendoli demandato, per die piangeua, rifpofe, percb’io non ne ho ancorprefo un folo,comefe hauef- fehaimto animo di pigliarli tutti. Tfon ui par che que ft a fuffte maggior braueria, che il dir delta punt ura, dellamofca ? Dijfe allhora il Conte, anco ^Akfiandro cramaggiorhuotno,chenon era colui,che dijfequel- la. Ma a gli huowini ecccllenti in uero ft ha da perdo- nare, quando prefurnano ajfai di fe: per che chi ha da far gran cofe,bifogna che habhia ardir difiirle } & ctin fidentia di fe fiefio, & non fta d’animo abietto, o uile; ma ft ben mode fto in parole, moslrando di prefumer meno dife fiefio, che non fa,pur che quella prefuntio- ne non pas ft alia temeritd. Ouiui facendo unpocodi paufa il Conte,difieridendo Mcjfer Bernardo Bibiena. Pficordomi che diangi dicefte, che que fto nofiro Cor tegiano haucuada efierdotato da naturadibellafor madi uolto,& di perfona^on quella gratia che lofa- ceffe coft amabile . La gratia c’l uolto bellisfimo penfo per certo,che in me fia; &percio intemiene che tan- te donne , quante fapeie, ardono dell’amor mio; ma della forma del corpo fto io alquanto dubbiofo, masfi- mamente per quefie miegambe , che in uero non mi paionocoft atte, com’io ttorrei; del bufo, & del refto contentomi pur afiai bene. Dichiarate adurique unpo~ co piu minutamente quesia forma del corpo,quale habbia ella da effere, accib cb'iopujja leuarmidique fto dubbio, & flare con l’an into ripofato. Effendofi di queflo rifo alquanto ,foggiunfe il Conte, certo quel- la gratia del uolto fen^a mentire, dir ft pub ejjer in uoi, Bibiena bel lo di afpet to. Auerti qual dee effer lo a. petto del- Vhuomo. Gli huomi* n: troppo ce3adar ¥ I’honor fujfe sforgato; che, oltre algran pericolo, ne’ combs* chcladubbiofa forte feco porta, chi in tali cofepre- cipitojarnente, & fenga urgente cauft incorre,meri- C tagran- Pise Anjco- urtam com batterono ■a Perpgia, Aldbiadc lyaade }>e« full are ItSUi/A j L I B It O tagrandiffimo biafimo, auengx, c/?£? bcngli fucceia. Ma, qit.indo fitruoua I’huomo efierc entrato tanto amnti,che-fetiga cariconon fipoffa ritrarre; dec, & neile cofe,cbe occorrono prima del combattere, & nel combattere r.fier delibcratiffimo, & moftrar fempre pronteg7a,& cuore;&non jar,come alcuni,cbepaf- fano la coja in dilute,&punti;& hauendo la, elettion dell’grate,pigliano arme, cbe non txgliano, ne pungo no,& ft armano, come s’haucfjh-o ad ajpettar le can- nonate;&parsndo lor baft are il non effer uinti, ft an¬ no fernpre in ful difender ft,& ritrarfi,tanto, cbe'moflra no ejlrema uiltd;ondc fhnnoft far la baia da i fan chil¬ li. Come queidui ,Anconitani,chs poco fa combattero no a Verugia,& fecero ridcre cbigli uide.Et quail fu ran qucfti,diffeil S.GaJpar Vallauicinod fifpofe M.Ce fare,duo fratelli confobrini. Diffe allkora il Conic..sil combattere paruero fratelli carnali; poi foggiunfe. yAdopuadofi ancor I’arme ffefio in tempo di pace in diner fi efirckij, c neggonft i gentilhuomini ne i fpet- ucolipnblicialhprefentia tie i popoli,didonne, edi gran Signori. Verb uoglio, cbe il noflro Cortegiano fia perfetto Cauallier d'ogni fella;&oltre all’hauer cogni tionedicaualli,&di cib cbe al cauallier s’appartiene, ponga ogni ftudio & dihgentia di pafiare in ogni co faun poco piuamnti , chegli altri,dimodo,che fern- pre tra tutti fix per eccellente conojciuto. Et come ft {egge d’.Al iibiade, chefuperb tutte le nationi,appref- fo aile qrnli egli uilfe ,& ciafcuno in qucllo cbe pm era fuo proprio; cofi quefto noftro auangi glialtri & ciafcuno inqudlo,di che piit faprofcfjione, Etperche de "P If I MO. 18 degli Italian! i peculiar laude il caualcare bene alia brida,il maneggiar con ragione,maj]imamente caual- li affripl correr lancie, e'lgioflrarej Jia in qucflo de i miglior Italiani.T^eltorniarejener unpajjb, combat- France & difcioltttra d’ogni mernbro, c tut¬ to qucUo,cbe quaff in ogni altro ejjercitioft ucdc.Tqon e- ii uoiteg di minor laude eslimo il uolteggiar a caualh; ilqua- faYioame- lc benebe fia fyticojo& difficile, fh 1 ‘buorno legge- *iriuni «>»* rijjimo, & deslropin, cbe alcun’altra cofa, & oltre llcn ‘ cof? C 2 alia Pee far tut- to quell® , die gli al- tri fanno con m ante- re lo£cu,oli. L 1 B \ 0 allaut'ditd ,fe quella leggeregga t accompagnata di buona gratia,fh(alparer mio) piu bel fycttacolo, cbe a! cun de gli altri.EJfendo adunque il mfl.ro Cortegia- no in quefli efiercitij piu che mcdiocramente ejperto, penfo cbe debba lajciar gli altri da canto; come uolteg giar in terra,andar in fu la corda,& tai cofe,che quafi batino del giuocolare,&poco fono a gentilhuomo con- uenienti.Ma,perche fempre non ft pub uerfartra que- ftc coft fkticofe operatoni, oltra cbe ancor I'affidutid fatia molto,& leua quella ammirationc, cbe ft piglia dellecofe rare,bifogna fempre uariar con diuerfc at- tionilauita nofira; perb uoglio che’l Cortegiano de- fcenda qualche uolta a piu ripofati,& placidi efierci- tij;& perfcbifhr la inuidia, e per intertenerfi piace- uolmente con ogn’uno,fitccia tutto quelto, cbe gli al- tri fanno,non s’aUontananiopero mat da laudeuoliat ti, & gouernandoft con quel buon giudicio, che non lo lafci incorrere in alcuna fcioccbegga ; ma ri- da , fchergi, motteggi, balli, & dangi nientedi- weno ton tal rnaniera,cbe fempre moflri ejjerin- gegnofo & difcreto,& in ogni cofa chefhccia,o dica, fta agratiato . Certo difk allbor M, Cefare Con- gaga, non dettrei gid impediril corjo diqueflo ra- gicmamento; ma fe io taceffi, non fatisfarei alia li- bertd, cb’io ho di parlare , ne al deftderio di faper ma cofa; & jiami perdonato, s’io hauendo a contra- dire , dimandero; perche quejlo credo, che mi fta le¬ ctio per ejsempio del nojlro M. Bernardo, ilqual per troppa uoglia d'cfier tenuto bell'buomo, ba contra- fin to alls leggi del noflro giuoco, domandando, & nott T 1 M O. 1 9 non contradicendo . Vedcte, difie all’hora la S. Du- chefiq,come da m errorfolo mold neprocedono.Tero f hifqlla,& da mal eJfempio,come M. Bernardo, non fc.nplo dee folamente merita efier punito del fuo fallo, ma anco pull:r dell’altrm Bjfoofeallbora M.Cefare.Dunque io Signo ra faro effempio dipena,bauendo M. Bernardo ad of¬ fer punito del fuo, & del mio errore . Mngt, difie la \ Sig.Ducheffa,mti dui douete hauer doppio caHigo,ef fo del fuo fallo,& dello hauer indutto uoi a fall ire; uoi del uoftro fallo,& dello hauer imitato chi fhlliua.Si¬ gnora,rijpofe Mefier Cefare, io fin qui non ho fallito; perb, per lafeiar tutta quefla punitione a Mefier Ber¬ nardo folo, tacerommi; & gid ft taceua,quando la S. Emilia ridendo,Dite cib che ui place, rifoofe,che(con licentia perb della S.Ducheffa)io perdono a chi ha fill lito, & a chi fallird in cofipicciol fallo. Soggiunfe la Signora Duchefia.Io fon contenta; ma habbiate cura chenon u'inganniate ,penfando forfe meritar piucon Vefier clemente, che con I’ejfer giufla; percheperdo- nando troppo a chifalla, ft fa ingiuria a chi non fal- “i feui, la;pur non uoglio che la mia auHerita.per bora, ac- a chiton** cufandola indulgentia uoftrafia caufa,che noi per- flU »* diamo d’udir quesla domanda di M.Cefare ; coft efio, effendogli fatto fegnodalla S.Duchefia ,& dalla S. Emilia,fubito diffe. Se ben tengo a memoria,parmi S. Conte, che uoi quefla ford piu uolte habbiate replica- to,che’l Cortegianohada compdgnar I’operatianifue, i gesii, gli habiti, hi fomma ognifuo mouimento con la gratia ; & quell o mi par che mettiate per un con - dimento d’ogni cofa ,fonga ilquale tutte I’altre pro- C $ prietd, sn» L I B 1^0 prieta , & buone conditioni, ftano dipoco ualore. It tteramente credo io,cbe ogn'un fhcilmente in cio ft lafciarebbe perfuadcre, per che per laforga del Uoca- bulo ft pub dire, cbe chi ba gratia,quello egrato: ma percbe uoi dicesie queflo jpeffe uolte e/ter dono della natura,& de i cieli: & aticor quando non e cofiper- Achinafce fetto,peterft con fludio, & faticafar rnolto maggio- aggratiato re;qucgli { , che nafcotto coft auenturoft, & tanto riccbi noammac- di tul tbeJoro,come alcuni cbe ueggiamo,a me par cbe ftrameiiti, [ n db kabbiano poco bifogno d'altro maeflro ; Ter cbe quel benigno fatior di natura,pare quaft cbe alftto di- jpetto gli guidi piu alto,cb’eJfi non defiderano;& faglt non folamente grati, ma ammirabili a tutto il mondo. Tcro diqueftonon ragiono, non efiendo in poter no- ftro pernoi medefimi I'acquiflarlo.Ma quegli, che da iiatura hannotanto folamente,che fan atti a poter ef- fere aggratiati,aggiugnendoui fatica,induflria,&flu diojdeftdcrb io di faper con qual arte, con qual difcipli na,& con qual rnodo pofiano aequiftar quefla gratia, cofine gli ejfercitif delcorpo,nei quali uoi eftimate, cbe fia tanto necejfatia, come ancor in ogni altra cofa, che fificcia,o dica;perb feCondo cbe col laudarcimol to quefla qualitd,a tutti bauete,credo,generato ma ar dente fete di confeguirla, per lo carico della Signora Emilia impoftoui, fete ancor con lo infcgnarci obli¬ gato ad eflinguerla. Obligato non fon io, dlj]e il Con¬ te,ad irfegnarui a diuentar aggratiati,ne altro,tna fo¬ lamente a dime firarui qual babbia ad efierc un per- fetto Cortegiano. Ife iogia pigliarei imprefa diinfe- gnarui quefla perfettione t maJfmam(nte bauendo,po- 1 * \ 1 M O. 70 co fa, detto che il Cortegiano habbia da faper lottare, & uolteggiare , & tant’altre cofe, lequali come io fa aueni.-c fc- peffi injegnarufnon le hauendo mat imparate,fo che g tuttilo conofcete;batta che fi come mbtton foldaiofa direalfabbrodi cbefoggia,&garbo, &bontd hanno ad eftere l'arme,nepero gli fa infegnarafarle, ne co- me le martelli,o tempri; cofi io forfe ui fapro dir qml habbia ad effer un perfetto Cortegiano, ma non infe- gnarui,come babbiate a fare, per diuenhne, Turpcr fatisfare ancora quanto b in peter mio, alia domanda uottra,bencbe e fta quafi in prouerbio, che la gratia, n»n s’mpari, dico , che chi ha da efer aggratiato ne gliejfercitij corporali ,prefuppcnendo prima che da natura nonfia inbabile, dee cominciar per tempo,& imparar i principt) da ottitni maeflri; fa qual coft. quanto pareffe a Fdippo Re di Macedonia impprtantc, ji pub comprendere, hauendo uolutoche Mriftotile tan tofamofo Filofofo,& forfe il maggior, che fasiatoal mondo mai ,fofie quelio , che iufegnafe i primi ele- menti delle lettere ad Mlejfandro fuo fgliuolo , F.tde prifi ci p i©* gli burnt ini y cbe noi boggidi conofcenio, confiderate, come bene & aggratiat.arnente fa il S< Galeaggo S. j>o,e damn Seuertno granjeudiero di Franck,tutti glteferckij del corpo; & qtieilOjpercbs oltre alia natural difyofitio- H» c,,n *'_«* ne cbe egli tiene della perfona, ba potto ogm fludio d’imparare dabuonimaettri , & hauerfempreprejjb f^°f zo di fe buomini eccdlenti,& da ogniun pigliar il meg!'to s. scuctin o. dicio cbe fiipeuano;che ft come del lottare, uolteggia - re,& mamggiar rnolte Jorti d’artui ba tenieto per vfficio deV ‘ g'udail aottro M.TietroMonte, ilqual {come jape- s £ a \ C te) 17 S \ 0 te) £il uero ,&folomaestro d'ogni artifici6fa forga, & leggeretqga;cofl del caualcare,giofirare, & qual ft ttogha ultra io[a, ha femprehauutu inantfl a gli occhi ipiuperfetti, the in quelle profe/Jioni fltano jiatico- nofciuti. Chi adunque uorra effere buondifcipulo,ol- tre al far le coje buone,fempre ha da metter ognidili- gentia per ajfimigliarfi al maeffro,&fe pojjibil fofie, trasformarft in ltd . Et quatido, gid ft fente baiter fat- to profitto ,gioua rttolto ueder diuerft huomini di tal profeffione; & gouernandoft con quel buon giudicio, che fempre gli ha da efier guida , andar Jcegliendo Come ii hor da m lato, bar da un'altro, uarie cofe . Et eeme hauri S dam ^ a P ecc ^ ane ’ uer ^ 1 P rMl f em P<’ e traVherbeuacarpen b.T u g ra- doi fiori j coftil noflro Cortegiano hauerd da rubare *”• quefla gratia da qitei , che a ltdpurerd che la tengbi- no,&da ciafcun quella parte, che piu far a laudeuo- le; & non far, come un’amico no$iro,che mi tutti co- tiempiodi nojcete,cbeftpenfaua ejfer rnolto fmileal pe Fer- nno. che rando minor e d’^tragona, ne in altro bauea pofio cu- Re Ten an- ra d’immitarlo,che ncllofpefio algar il capo, tornado una pane della bocca, il qual coflume il Re hauetta contratto coftda inflrmitd. Etdi quefti mold fitro- Jcioechei— uano,cbe pcnfano far affai, pur che flan fitmiliad un'- tadiaicuni grand’hmmo in qual che cofa, & jfefo ft appigliano a Itel difet'i quella, che in colui e fola uitiofa. Ma hauendo iogid d’ C6 °fc , °r P’ U K0 ^ e P en f at0 meco > on de najca quesia gratia , la- gratia, fciando cbe fe queiia eccellenga, ia troppa conftHe nella (pregjatura , & moilrar di non ejbima ra Taffetta re,& pen far pm ad ogn’altra cofa, cbe a quello cbe ft tione. fi,M.I{obertonel dangare non ba pari almondoycbe per moilrccr ben dinonpenfarui,ft lafeia coder larob ba (ficfio dalleff’alle, & le pantoffole da ipicdi,& fen ga raccorreneU’uno , neU’altrotuttauia danga.Rpfpa Jc ailbora il Conte ; poi cbe uoi uoletepur ch’io dica y dirb anco deiuitif noStri . TS(on u’accorgete, cbe que floycbenoi inM. Bpberto cbiamate fprcggatura, e uera affhtatione ? per cbe cbiaramente ft conofee y cbe ejfo ft sforgaconogni iludiomoslrar di non pcnjar- ui,&queito eil penfaruitroppo; & percbe pafta certiteminidi mediocrita , quella ffregpgatuxah af- fettata, & Ha male, & e una cofa, cbe a punto ric- fce al contrario del fuo prejuppofito , ewe di na~ fconder l’arte.. Vera non eitimo io , cbeminor mf Affettatio- ' tio della ajfettation ft a nella jpreggatura, laquale in uam Ce!E1 fi elaudeuok, lafciarft codere i t panni da dopo ,cbe nella atlilatura, cbe pur medeftmamenie da jeelau- deuole, T 11 I M 6. a denote, il portar it capo cofi fcrmo per patera dincn guitar ft la gaggard , otener nelfondo delict berretta lo fpeccbio, e itpettine nella manica, & baiter fem- pre drieto il paggio per leflrctde con la fponga, & la fcopetta;perche quesla cofifatta attilatura, & jpre%- gdturd. tendono troppo alio eflremofilchefempre e ui tiofo,& contrario a quellapura, & amabile fimplici- id,che tanto e grata a gli animi burnani. Fedete co¬ me tin caitallierfia di mala gratia , quando ft sfor^a d’andar cofi hirato Jit la jella{conie noi foglian dirt) alia Fenitiana y a compaction d’un a!tro,che paia,cbe non uipenft,eJlia a cattallo cofi difciolto,& fuuro,co¬ me feftfje a ptedi. Quantopiacepm, & quanto piu e laudato un gentilbuomo,che porti arme, modeho,che parli poco,& pocoftuanti,cbe tin’ altro, il quale fem¬ pre flia infullaudar feftefto, & biaflemmando con brauaria mosici minacciar al mottao ; & niente al¬ tro b qUeHo,cbe ajfettatwne di uoltr parer gagliardo. Ilmedefimo accadeinognicofa , chealmoudo fare, odir f poffa.tAllhora il S.Magnifico,Queho ancor, diffe, ft uerifica nella Mufica; nella quale e uitio gran diffimo,fctr due confonantie perfette , l’una dcpcl’al tra; tal che il medefimo jentimento deU’audito no- slro abhorrijee, & jpeffo ama una feConda,o Jettirnd, che in fe e diffonantia afpera, & intoUerdbife ; & ad procede, che quel cor.tinuuare nelle perfette genera fatietd, & dimohrd una troppo affettata armor. td;il cbemefcolando 1‘imperfette , ft fugge, col far quaff m paragone, d’ottde piu I’orecibie nofire harm ju- fptfe, epiuunidamcuteattendono, &gujtano leper- Alodcflia. VitiO Belte. iiiulica* L 1 B ■ 0' : fetta,e dilettanfi talhor di quella dijfonantia deHafe- conda,ofettima,come di cofa jftre^^ata.Ecccui adun- quc,ri(pofe il Conte, cbe in quefia nuoc.e I’affettatione, come nellcaltre cofe. Diceft ancora effer ftatu prouer- bio appnffo adalcuni ecccUentiffimi Tittori anti chi, let troppo diligentia effer no ciua,& effer (into biafima to Trotbogene da Apdle,che non fapea leuar le mani dalla tauola.Diffe allbora M. Cejare. Queflo medcfmo difetto parmiyche i’babbia il nostro fer Serafino, di no faper leuar le mani dalla tauola, almen fin cbe in tut- to non ne fono leuate ancor le uiuande, I{ife il Conte, &foggiunfe.Voleua dire ^{belle, cbe Trotbogene nel irothoge-- lapittura non conofceua quel cbe baflaua ; ilcbe non to da Ape* era a ' iro > c ^ e riprenderlo d’efier affettccto nell’opere le, per ia f uc . Questa uirtu adunque contraria all’affettattone, s°nia > Qua [ laquale noi per bora cbiamiamo ffrez^atura,oltre le umfcon c h’ella f ia Huero fonte,d'onde deriua lagratiajoorta ucneuoie ancorfeco un’altro ornament off quale accompagnan- iprezzatu- ^ ^ M i ^ UO gH a a^tone bumana, per minima ch’cl- la fia, non folamcnte fubito fcopre il faper di chi la fa , majpeflo lo fa cslimar molto maggior di quel lo, cbe l in effetto j percbe ne gli anirni de i circon- ttanti imprime opinione cbe cbi cofi facilmente fa bene ,fappia moltopiu di quello cbe fa;&fein quel~ lo, cbe fa, ponejse Jludio e fatica ,poteffe farlo mol to meglio: & perreplicarei medeftmi effempi j ec- coui un’buomo cbe maneggi I’arme , fe per lanciar m da>do, ouer tenendola (pada inmano, o altraar- ma, ft pm fen^a penfare jcioltamentc inmaattitu dine pronta cental facilitd , cbe paid ,cheil corpo, e tutte •P \ I M 0. 23 t tutte le membra fliano in quella dijfofitione natu - ralmente,&fen^a fatica alcuna,ancor cbe honfaccia altro,ad ogn’uno fi dimoflra efler perfettiffimo in quel loefercitio. Medcfimamente nel dan^are nn pafio fo- tc . anz " lo,un fol mouimento della perfonagratiofo, &no sfor gatofubito manifesia il japere di chi dav^a.Fn Mu- Della muff ftco,ft nel cantar pronuntia ttna fola uo-cc terminata con foaue accento In mi groppetto dnplicato con tal fe licitd,cbepaia,che coft gli uenga fatto a cafo,co quel punto folo fa conofcere , chtfamolto piu di quello, Della pittu, cbe fa. Speffoancoraneilapitturaunalinea fold non **• ftentata,unfol colpu di prnnello tirato facilmaite, di modo,chepaia cbe la manofenga efler guidata da flu diOyO d’arte alcuna,uada per fefteffa al fuo temine, fecondo la intentione del Vittore, fcopre cbiaramen- te la eccelleuga dell’^Artefee, circa l’opinion della quale ogniuno poift eslende fecondo il fuo giudicio. E’l medefmo interuicne quafi d’ogni altra coja . Sard adunqueilnoflro Cortigiano esirmato eccellente,& in ogni cofa hauerd gratia, e majfmamente nelpar- lare,je fuggirdI’affettationc; nel quahrroreincono no molti, & talborpiu cbe gli altri alcuni noilri Lem tembaidi bardi; i quali fe fonoflati un’amofuor di cafa,ritor- natiyfubito cominciano a parlare t\omane,talhor Spa- tatioae gnuolo 0 Francefe,& Dio fa cme;& tuttoqueflopro cede da troppo deftderio di moftrar di faper afiai, & intaimodol’buomo metteiiudio, ediligentia in ac- quiftartmuitioodiofisflmo. Etcertoamefarebbenon picciola fatica ,fe in quefti noilri ragionamenti io uo lesfi ufar quelle parole aniiche Tof :ane, chegid fo~ no L I B If 0 no dalla confaetudinc dc i Tofcani d’hoggidt rifiuta- te; & con tutto quesio credo, cbe ogn’mo di me ri- che’i Car- deria . ^illora M. Federico , Veramente , dijje , ragio de S e ? u(ir P ie nandofranoi, come bor fhcciamo,forfe faria male chlrrofci- uelle paroleanttcbe Tofcane, pcrcbe come uoi aeriiuiute dice, danano fatieaa chile dicejje,ea chile udi/]e,& non fenga difficulta farebbono da molti inteJe.Ma chi JcriueJJe, credcrei ben io cbe facejje errore non ufan - dole, per cbe danno molta gratia & autoritd alle fcrit ture,& da efie rifulta una lingua piu grave,&plena di maetld, cbe dalle moderne. Isjoh Jo,riff>ofe il Con te,cbe gratia,o autoritd pojjan dar alle Jb hturc quel le parole,cbe ft deono fuggire,non folamentc ncl modo delparlare,comehornoi facciamo , (ilcbe uoi Ftefio confejfate) ma ancora in ogni altro , che imaginar ft pojfa : cbeJe a qua' ft uoglia buomo di btaon giudi- ciooccorejfe far una oratione di cofegraui nel. Senato proprio di F'wenga,cbe d il capo di Tofcana,ouer par lar. prmtarnente conperjona digrado,iu quclla cittd, **otrE net ^ important!, o ancorcon chi fit/de domeFH- lo feriuere cbiffimo di cofe piaceuoli, con dome o cauallieri d’a- lecheli fog morc > 0 burlando, o f'tborgan do in fcfte, in giuoebi, o gem per ui done flfia ,o in qual ft uoglia tempo,loco o propoftto, Judaic / 1 f pn C£rt ° °b e ft g’tardarebbe d’ufar quelle parole anti- cbe Tofcane; & iffmdolc oltre al far fare beffe di fe,da rehbe non pocofajlidio a ciafcun,cbe 1’a.fcoltaJse.Tar- mi adunque molto firana cofa ufarenello feriuer per buona quelle parole, the ft fuggonoper uitiofe in ogni Jorte di parlaretet uoler che quello,cbe mat non ft con uiene nel parlare , fia il piu conuenicnte modo , cbe ujar ■P Tf I M 0 . 24 ufar ft pojja nello fcriuere, cbe pur ( fecondome ) la f irittura non c altro,cbeuna forma di parlare, cbe re- staancora , pokhe I’huomo ha parlato ; & quaft ma Sono toiie- imgme,opw preflouita delleparole;&pero nclpar lare,il qual,fulnto ufcita cbe b la uoce ,ft dijferde,fon forfe tollerabili alcune cofe, cbe non fono nello ferine bo nello re; percbe la ferittura confcruale parole,&le fot- topeme al giudicio diebi legge, & da tempo di consi¬ der are maturamente . Et percib e ragioneuole cbe in queflafi mettamaggior diligentia ,pcr faria pin cul ta,& ca$iigata;non pero di modo,cbe leparole feritte ftano dijfmilidaledette,ma cbe nello fcriuere fielcg gano delle piu belle, cbe s’ujano nel parlare. Et Je nello fcriuere fufie lecito quello, cbe non h lecito nel parlare, ne nafeerebbe un’inconuenhnte .( al parcr mio) grandiffmo, cbe b, cbe piu licentia ufar fi po~ triain'que'da cofa , nella quale fi dee.ufar piu Studio; & Finduftria, cbe ft mate nello fcriuere, in loco di gioHar,nocerebbe .Terb certo e, cbe quello, cbe fi con- uienenellofcriuere,ficonuien’ancor nel parlare; & ofe il Conte; ma parlandoft della lingua -Tofcana, forfe piu [aria debito del S. Magnifico, cbe die non fo- d’alcun’altrodi dame la fentenga. Difie il Magnffi- co , Io non pojfo , ne debbo ragioneuolmcnte contra - V If I M 0. 2 6 dir a cbi dice cbe la lingua Tofcana fia piu bdla del I'altre. E benuero, cbe mo Ite parole firitrouanonel Vetrarca,&nel Boccaccio , cbe bor fon interlafcia - tedalla confuetudine di hoggidi; & quesle ioperme non ufarei mai, ne parlando, ne fcriuendo, & credo cbe ejfi anco,fe inftn a qui uiuuti fufsero , non le ufa- rebbono piu . DiJ]e allhor Mefser. Federico . edncci le ufarebbono ; et uoi altri Signori Tofcani, dourede r’mouar la uoSha lingua,& non lafciarla perire , co- me fate, cbebomai ft pub dire cbe minor notitia fe nhabbia in Fiorenga, chc in mold altri luochi della Italia. Bjfpofie allhor M. Bernardo. Quede parole, cbe non s’ufanopiu in Fioren^a ,fono reflate ne i conta- dini, & come corrotte, &guade dalla ueccbie^ga, fono da i nobili rifiutate . xAllbora la S. Duchefja , F{on ufeiam, diffe, dal primopropofito , & faciam che’l Conte Lodouico injegnial Cortegiano ilparla- ve ,e [criuerbene ,& fiao Tofeanofo come ft uoglia, Fjjpofe il Conte. lo gia Signora bo detto qudlo, cbe * ne fo;etengo cbele medefime regole,cbe Jeruono ad infegnar I'uno ,feruano ancora ad infegnarial - tro;mapoicbemelcommandate ,riJfiouderp quello, cbe m’occorre a M.Federico; ilquale ha diuerfo pa¬ ter dal mio ;e forffcbifognerd ragionar unpoco piu diffuftament e cbe non ft conuiene ; ma qudlo far a., quanto iopofio dire. F.t primammte dico, cbe (fe con¬ do ilmiogiudicio) questa noflra lingua,cbe cbiamia- moVulgare , bancor tenera,& nuoua ,benchcgid voigJSTeP gran tempo ft cost urn i; percbe,per effer data lalta- foe an-cm* lia non folamenteueffata & depredata, ma lunga- niwu* D 2 mente L I S ^ 9 mentre habitata daBarbari,per lo commercio di quel Ic nationi la lingua Latina s’e corrotta &guafia, & da quella corrottione fin nate altre linguc, le quai co¬ me i fiurni, che della cima dell’.sipennino fimno di- uortio, &fiotrono ne i dui mari, cofi fi fin eflean- cor diuifi,& alcune tintedi latinitd peruenute per Cation del diuerfi camini, quale ad maparte ,& quale all’al¬ ii voijir tra,& ma tinta di Barbarie rimafta in Italia. Que- ft a adunque e flat a tra noi lungamente incomposla & uaria ,per non hauer bauuto chi lehabbia poLto cura, ne ineffd firitto ,ne cercato didarle filendor, o gratia alcuna, pur b poiflata alquanto piu cult a in Tofiana, che negli altri luoghi delTltalia; &per queflopar cheil fuofiore inCmo da quei primi tempi qui fta rimafi ,per bauer firuato quella nation gen¬ ts medefi- tiU acceuti netia pronuntia , & ordine gratnmati- rna tffere cole in quello che fi conuien ,piu che l’altre, & ha¬ ul Tofca- uerhauutitre nobili ferittori, i quali ingegnofamen- “*• te,& con quelle parole , & termini, cbe ufaua la con- fuetudine de loro tempi, hanno efp-rejfi i loro concet¬ ti, ilchepiu felicemente cheagli altri, al parer mio, e fuccefloal Tetrarca nelle cofi amorofi^. Tfiafcen- dopoidi tempo in tempo non filamente in Tofiana, main.tuttal'Italia, tra gli huomini nobili, & uerfati nelle corti,& neWarme, & nelle lettere qualche Au¬ dio diparlar‘,& firiuere piu elegantemente , che non fi fkceua in quella prima eta rogga, & inculta; quando lo incendio delle calamita nate da i Barbari non era ancor.fidato ,finfi lafeiate molteparole cofi nella Cittdpropria di Fiorenga/jr in tutta la T of ca¬ rta, 9 '■ I M G : i 7 na y eomcnelrefio dell’Italia,& in loco diquelle ripre fe dell'ultra,&fk'toji quella mutatione, chef fa in tuttele cofe humane, ilche e interuenuto fempre an- cor dell’altre lingue. Che fe quelle prime feritture anticbe Latine fujfero durate inftno ad hora, uede- Linnaeus remo che altramente parlauano Euandro , e Tur- »ibidiueifi no ,&gli altri Latini di quei tempi, che non fecero poi gli ultimi J{e Bpmani, e iprimi Confoli . Eccoui che i ucrft, che cantauano i Salij, a pena erano da i potteriintefi, ma effendo di quel modo da i primi in- ftitutori ordinati, non ft mutauano per riuerenga del¬ la 1{eligione. Coft fucceffiuamente gli Oratori,e i Toeti andarono lafeiando molte parole ufate da i lo¬ ro antecejiori; che ^Antonio,Crajfo , Hortenfto, Ci¬ cerone ,fuggiuano molte di quelle di Catone, & Vir- giliomolte d’Ennio,& coft fecero gli altri; chean- cor che hauefjero riuerenga all’antiquitd, non la eilir- mauano peril tanto, che uolefero hauerle quella obli- gatione che uoi uolete che hora le babbiamt noi;an- %i doue lor pareua , la biafmauano, come Hora- tio, che dice che i fuoi antichi haueuano fcioccamente uchi, che laudato Tlauto, & uuol poter acquiftar nuoue pa- role . Et Cicerone in molti Inoghi riprende molti PUato. fuoi anteceffori, & perbiaftmare S . Galba, ajferma che le orationi fue haueanno dell’antico; & dice, che Ennioancor fpreg^o inalcme cofei fuoi anteceffo- gfn 0 h *n!itd ri,di modo che fenoimrremo imifarli anti'chi,non gli Home®. imitaremo.EtVirgiliocheuoidite,chemitbHomero, non lo imit'o nella lingua. Io adunque quefle parole an ' tiche{quanto per meffuggirei d’ufar fempre^ccettope ; J> f re, £e parole fenza le sc- lenze effe- ic da iprez- larfi. Vedi Cicerone IT fapere e 1’origine del parlar,* fetiuer kie- He, Tolto da Cicerone. L 1 B \ 0 fo, che in certiluoebi, & in quefli ancor raremlte;&- parmi che chi altrimenti le uja,fitccia errore,non me- no che chi itolefie,[per imitar gli antichi nutrirfi an¬ cor dighiande, efiendofi gid trouato copia di grano . Et per che uoi dite,chele parole antiche folarnente con quel flendore d’antichitd adornan tanto Ogni fubietto, per buffo che eglifia, che poffono fhrlo degno di mol- talaude,io dico che non folarnente di quejieparole an tiche ,ma ne ancora delle buone fhccio tanto cafo, ch’eftimi debbano fengail fucco delle belle fententie efferpregjate ragioneuolmente ; per che il diuidere le ■ fententie dalle parole], e mo diuider I’anima dal cor- pofaqual cofane ncll'uno,ne nell'altrofenga dislrut- tione far ft pub. Quello adunque che principalmente importa,& e necefjario al Cortegiano per parlare, & Jcmere bene ,eftimoio che fail fapere; per che chi non [a,&nell’animo non ha cofa, che meriti efser inte fa,non pub ne dirla,ne feriuerta. ,Appreffo bifogna di for con bell’ordine quello che ft ha a dire, o feriuere, poi efprimerloben conleparolefeqiiali, s'iononm’in - gunno,debbono effer proprie,elette, fplendidc, & ben compofle,tnafopra tutto ufate ancor dalpopolo ; per- che quelle medefme fhnno la grandegpa & pompa dcll’orationefe colui che parla habuon giudicio, & diligengu,&fapigliarlepiu fignificatiue dido, che mol dire,& inalgare, <& come cera formandolead ar bitriofuo collocare in tal pdrte,& con tal ordme, che alprimo afetto moslrino, &fhccian conofcere la di - gnitd & flendor fuO, come tauoledi pitturapofle al jm bmnOf & natural lume.Et quefto coft dico del* lo fori* *P \ 1 U O. 2§ lofcriuerCy come delparlare: alqual pero ft richiedo- no alcune cofe, che non fon necejj'arie nello fcriuere, come la uoce buona,non troppo fottile, o mode ,come c^eiio, difernine ; ne ancortanto auiiera & borrida,cbe ba’o bia del ruflicosma fonora,chiara,fuaue, & ben com- te, pofia, con la pronmcia ejpedita, & co i modi,egejli conuenienti; liquali al parer mio confislono in certi mouimenti di tutto’l corpo, non affettati, ne uiolenti, ma temperati con unuolto accommodato, & con m mouer d’occbi,che dia gratia, & s’accordi con le pa¬ role, &piu che ft pub fignifichi ancor co' gejli la in- tentione & affetto di colui che parla. Matutte quesie cofe farian uane, & di poco momento, fe lefententie eft/refie dalle parole non fufiero belle, ingegnofe, acu- te,eleganti,& graiii,fecondo’l bifogno. Dubito, difle allbora il signor Morello ,cbe fequejlo Cortegiano parlera con tanta elegantia, & grauitd,fra noi ft tro¬ tter anno di quel , che non lo intenderanno .Antfi da Di che dee ogniuno fard intefo, rijpofe il Conte, perche la fhcilitd non impedifee la elegantia. E{e io uoglio cb'egli parli femprein grauitd,madi cofepiaceuoli,digiuochi, di motti,e di burlejecondo il tempo ;dcl tuttopero fenfata mente,e con pronteg^a,& copia non confufa; ne mo- firi in parte alcuna uanitd, oJcioCcbe^ga puerile. Et quando pot parlerd dt coft ofiura, o difficile, uoglio cbe ,& con le parole, econle J'ententie ben diftin- te ejplicbi fottilmente la intention Jita, &ogni am- biguitd facciacbiara e pianaconun certomododi- ligente ferrga moleflia. Medefimamente'doueoc- (orrerd >fapfiia parlar con dignitd , & uebernentia ; D q &conci- £, r s it o & con char quegli affetti, cht baiino in fe gli mirni noftri, & accendergli, o mouerglifecondq il bifogno, talbor con una fcmplicitd di quel candore, cbe fit pu¬ rer ,cbe la naturu islefia parlijntenerirgli, & quafi inebbriargli di dolce^pa , & con talfelicitd, che chi ode , etiimi, cb’egli ancor con pocbijfima jhtica po- ©* Ontio. trebbe confeguir quel grado, & quandone fa proua fe gli truoui lontanijfuno . lo uorrei , che’l nostro ch ■! Cortegiano parlqjfe, & feriueffe di tal manicra , & fmo'de'a' non Jdamente pigliafeparole fplendide, & eleganti le uoire ufa p ar t e d'Italia, ma ancor lauderei che talbor iiumeti. ufajfeacuni di qua termini,&Franceji, &■ Spagmh, cbegid fono dalla confuetudine nofira acettati. Tero a me non dijfiiacerebbe,cbe occorrendogli dicefie,pri- mor, dicejje acertare, auentare, dicejje ripajjhre una pe:fona con ragionamenti, uolendo intendere ricono- Jceria, & trattarla, per bauerne perfettamente no - titia, dicejje, un cauallier fenga rimproccbio attilla- to, creato d’un Trencipe, & altri tai termini, pur che (jerajje ejjerintefo. Tallbor uorrei che pigliafe dome parole in ultra figuificatione, che la loro pro¬ pria ; e trapportandole a propofito quafi le inferife, Mctafora. come rampollo d’alberojn pinfelice tronco ,per fkr- le piu uagbe & belle, & quafi per accofiar le cofe al Jenfo degli occbiproprij ,&( come ft dice) farletoc- car con mano , con diletto di chi ode,o legge. Tje uor¬ rei che temefiefomarneancor dinuoue,&connuo- Voei nu6® ue figure didire, deducendole con belmsdodai Lst- u da f °uoca* & come gid i Latini le deduceutmo da i Greet. tali Gieci, Se admque de gli buomini letterati, e di buon inge- . & JH 1 U , 0 . 29 gno& giudicio; cbeboggldi tra noi ft ritron,mo,fof- firo alcuni i quail ponejfiro air a difcr'mere del ttiodd, cbe s’edettoin quefta lingua cofi degne d’ejfer lette, tofio la uedereffimo culta & abbondante di termini, e dibelle figure, & capace,cbc in ejjd ft fcriuejfe coft bene, come in qual ft uoglia altra , <& fie ella non fufiepura Thofcanaantica,farebbe Italiana commu¬ ne , copiofa , & ttaria , & quafi come un delittofi Giardino,pien di diuerfi fiorie fruiti.Tfie farebbe qvte- fio cofa nuoua,perche delle quattro lingue , che bane- nano in confuetudine i Scrittori Greci, eleggendo da ciafcuna parola modi & figure come ben loro ueniua, nefaceuano nafcere un’ultra cbe ft diceua commune, & tutte cinque poi Jottoun fol name cbiamauano lin gua Greca;& bencbe I'^Atheniefefttjje elegante, pu - ra,e fkcondapiu cbel’altra, i buoni fcrittori, cbe non erano di nation jttheniefi,non I’djfettauan tanto, cbe nel modo dello fcriuere, & quafi all’odore , & pro- prietd del fuo natural parlare non fujfero conafiiud, neper queft opera erano Jpreggati ,angi quel cbe uo- leuanparer troppo ^Atheniefi, ne riportauan biafi- mo. Tra i Scrittori Latiniancor furono in preggoa fuoi di mold non fiomani, bencbe in ejfi non ft uedef- fe quellapuritd propria della lingua fiomana, cbe ra¬ re uoltepoflono acquifiar quei, che fin d’altra natio- ne. Gid non furifiutato T .Liuio,ancora checoluidt- cefie bauer trouato in efio la Tatauinitd. Tfe Virgi- lio per efier Plato riprefi, cbe non parlaua Ppmano, Etfcommune fapete)furono ancor letti, & ePlimad in Roma mold Scrittori di nadone Barbari.Ma noi mol - " k '■ to pin ' Liuio,? Vit gilio. L I B 0 to pin fenc'd che gli anti chi, imponemoa noiBeJJi certe mono leggi fuor dilpropofito ; & hauendoin - cerchiamo an- ra lingua, pro- Ic - pria della quale ( come di tutte I’altre ) 1‘officio e e[primer bene, & cbiaramente i concetti deU’ani- rno, ci dilettiamo della ofcuritd ; & chiamandola linguauolgare,uolemoin efia ufar parole ,cbe non folamente non fort dal uulgo, ma ne ancor da gli huo mini nobili, & litterati intefe, ne piu ft ufano in parte alcuna , ferny hauer rijpetto che tutti i buoni antichi biafmanole parole rifiutate dalla confuetu- dine ; laquale uoi,al purer rnio, non ionofiete bene} perche dite ,fe qualche uitio di parlare e inualfo in moltiignoranti, non perqueBo ft dee chiamar yon- fuetudine ,ne ejfer accettato per ma regola di par- ri' Thoi^a-’ t arc > & (fecondo che altre uolte ui ho udito dire ) no¬ ne chei-au lete, pot, the inluoco di Capitolio ,fidica Campido- the fifugga groper Hieronimo Girolamo, aldace per audace, & BO - per patrone, padrone, & altre tai parole corrotte, & guaBc,perche coft fttrouan fcritteda qualche anti- co Tbofcano ignor ante , &percbe coft diconoboggi- fau b” a "' ^ *' Cdritaetitii Tbofcani.La buona con/uetudine adun na mnOtV- que del parlare credo io , che nafca da gli buomini, parlare ** cl c ^ s banno ingegno , che con la dottrina, & ejperien tia s’hanno guadagnato il buon giudicio, & con quel lo concorrono, & confentono ad accettar le parole, che lor paion buonelequali ft conofconoper un cer- to giudicio naturale, & non per arte , o regola al¬ cuna . ’Ifon fapete uoi che le figure del parlare, le - quai nantfi, a gli occhi le Brade battiile , luIcfueEi dar per diuerticoli; percbenella nos V ^ J M 0 . 56 quai danno tanta gratia,& Jfilcndor all’Oratore;tut~ tc fono abufione dt lle regule grammaticali, ma accct tate,& confermate dalla ufim%a, perche fen%a patera ne render altra cagionepiaccno , & al fenjoproprio dell’orecchia par cbe portino fuauita,& dolceyga?et queBa credo io, cbe fia la buona confuetudine , del laquale cojipojjon cfier capacii Romani, iLfapolita ni, i Lombardi,& glialtri,come i Tbofcani.E benue ro,ckeinogni lingua alcunecoje [on fempre buone; come lafacilitd,il bcll’ordine,l’abbondantia ,le belle fententie, le claufulenumerofe; &pcr coutrario I’af- fettatione,&l'altre coje oppofue a quesic fon male, Ma delle parole fon alcune, cbe durano buone un tem po j poi s’inu eccbiano, & in tutto perdono la gratiai altre piglian for%a,& uenguno in pre^o; perche co me le Bagioni dell'anno jfogliando de fieri,& defi-ut ti la terra, & poi dinouo d'altrilariueBono ,coftil tempo quelle prime parole fa cadere, & I'ufo altre di nouo fa rinafeere, & da lor gratia, & dignita, fin cbe dall’inuidiofo morfo del tempo apocoa poco con~ fumate, giungonopoi efie ancora alia lor morte;per- cio cbe al fin, & noi, & ogni noBra cofa e mortale. Confiderate, cbe della lingua Ofca non bauemo pin notitia alcuna . La Vrouen^ale, cbe pur mb (ft pub dir ) era celebrata da nobili Scrittori ,boradagliba bitanti di quel paefe non b intefa. Tenfo ioadunque (come ben ha dettoil S. Magnifico) che. fe ilVetrar ca, e'l Boccaccio fofiero uiuia queBo tempo,non ufa T rianomolte parole, che uedemo ne’loro feritti. Verb non mi par bene, che noiquello imiuamo.Laudobeit . fomma - In ogni Jiri gua alcune cofe fono Temple buo ne. Del tniifca-' men to del* le parole tolto da H® tatio. lingua!. Oicapiolie fcaie. • La eonfue* txiine mae lira nclie Jiaguc. Cli anti chi imitauano ma non m Sifempio di Virgilio, C d'altii. L I 3 © 5 fommamerite colors,cbe fanno mititr quello,ckc ft dee imitare; nientedimeno non credo io gid , cbe fia im- pqffibile firmer bene an cor fenga imitare, & maffima mente in quesla noflra lingua,nellaquale poffixmo of¬ fer dalla confuetudine aiutati ; il che non ardirei dir nella Latina. ^AUhora M. Federico. "Perche uolete uoi, dijfe, cbe piu s’efiimi la confuetudine nella uul- gare, cbe nella Latina ? ^itigi dell’una, e dell’altra rijjofe il Conte, eslimo , cbe la confuetudine fia la mae/lra . Mapercbe quegli huomini, a iquxli la lin¬ gua Latina era cofi propria,come bor e a noi la uulga- re,non fonopin almondo, bifogna che noi dalle lor feritture imparriamo quello, cbe effi haueano imparato dalla confuetudine ; ne altrouuol dir ilparlar anti- co, chela confuetudine anticadiparlare;&fciocca cofa fxrebbe arnar il parlar antico, non per altro, cbe per Holer piu presto parlare, come ft parlaua, cbe come ft parta.. Dunque, rijpofe M. Federico, gli an¬ tichi non imitauano? Credo, dijfe il Conte , chemolti imitauano , ma non in ogni cofa.Et fe Firgiliobauef- fe in tutto imitato Hefiodo,non gli fariapajjato innan- gi,ne Cicerone a Crafio ,ne Ennio a ifuoi anteceffori. Eccoui, che Homero e tanto antico, che damolti Ji crede ch’egli cofi fia ilprimo Toeta Hcroico di tem¬ po, comeancor e d'eccellengadi dire; & chi uorrete uoi, che egliimitaffe?Fn’altro,rifofeM.Federico, pin antico di lui,del quale non hauemo notitia per la troppoantiquitd. chi direte adunque, difie il Conte, che imitaJJe il Tetrarca, e’l Boccaccio, cbe pur tre giorai ba \fi pud dir ) che fono siati al mondo?Io noi T Tf 1 M 0. sf i w ol fo, rifroje M. Federico , ma crederft puo, cb’ejji ancor haucjfero I’anime indinggato all’imitation e, bencbnioinon Jappiamdi cui. Fftjfofeil Conte. Cre- der ft puo , che quei che erano imitati,/offert miglio- ri, cbe quei, che imitauano; & troppo merauiglia fa- ria,checoftpreftoillornome,&lafama (fe eranbuo ni) fofte in tutto ftenta; ma il lor uero maefl.ro cred’io, cbefuffe l’ingegno& il lor propriogiudicio rtaturale; & di queflo niuno e,che ft debba marauigliare;perche L’ingegno „ quaftfempre per diuerfeuie ft pub tendere alia fommi nia d> ro l X ta d’ogni eccellenga.Tfe b natura alcuna,che non bab chi fcriuc * bia in femolte cofe della medefma forte diffmiii I’u- na dall'altra Jequali pero fontra fe di difegual lands degne.Vedetela Muftcafl’armoniedella quale bor [on graui e tarde,bor uelocijfme,e di noui modie uie; nien tedimeno tutte dilettano,maper diuerfe caufe; come ft ^j!min°de comprende nellamanieradel cant are di Bidonflaqua- gne di u»- le b unto artificiofa, pronta, uebemente, concitata,e dc ’ di coft uariemelodie, chei Jpiriti di cbi ode, tutti ft commouono , & s’infiammano, & coft fojfefi par che Bidon & ft leuino infino al ctelo.Tfe mm commoue nel fuo can- Mwcheno tar il noslro Marchetto Cara, ma con pin molle bar- lcu monia ; cbe per ma uia placida, & plena di flcbile Leonar(lo ;f dolce^za intenerifce , & penetra I’anime, impri- Mantegna; mendo in effe [oauemente una diletteuole paffione . Varie cofe ancor egualmente piacciono agli occbi no- g?'°. 6wr- ftri tanto, cbe con difficulta giudicar ft pub, quaipiu id Franco," lor [on grate . Eccoui, chenellapittura fono eccellen- tift. Leonardo Vincio, il Mantegna , flafaello ,Mi- per fcrtinel chd’vdngelo, Georgia da CaHelftanco; nientedime- „ ie ! “ ma ' to, Oratori* l tnaeftri 4ebbonp confiderar la natuta de i difcepp u- I 1 S \ 0 (o, tuttifon tra fend far diffimili,dimodo cbeadal cun di loro, nonpar che manchi cofaalcuna in quella maniera; percbe ft conofce ciafcunnel fuo stil ejjer perfettijfimo . Il medeftmo e di rnolti Toeti Greci, & Latini j i quali diuerfi nello fcriuere, Jon pari nella laude . Gli Oratori ancor hannobauuto Jernpre tanta dinerfita trafe, chequaft ognieta ha produtto, & appre'ggato una forte d'oratori peculiari di quel tem- po;iquali non folamente dai preceffori, & fucceffori Juoi,ma tra Je fono slati dijjimili ; come ftferine ne i Greci d’Ifocrate,lyfta,Efchine, & mold altri,tutti eccellenti,ma a niunpero fimili, fuor the afe HeJJi. Trai Latini poi quel Carbone , Lelio, Scipionc ^Afri- Cano, Galba, Sulpitio, Cotta, Graeco, Mardantpnio, Crafjo,& tanti, chefaria lungo nominate, tutti buo- ni,&l’undalTaltro diuerftjjimi; di modo checbipo- tefie confiderar tutti li oratori, che fonjlati al mondo , quanti oratori,tante Jorte di dire trouCrcbbe. Tarmi ancor ricordare che Cicerone in un Itioco introduca Marc’antonio dir a Sulpitio, che mold fono, iquali non imitano alcuno, & nientedimeno peruengono al fommo grado dell’eccellentia; & parladi cert i,iquali haucuano introdutto una nuoua forma & figura di dir,bella, ma inufitataa gli altri oratori di quel tem¬ po,ncl quale non imitauano fenon fe slesJi;pero affer- ma ancor che i maeilri debbano confiderar la natura de i difeepoli, e quella tenendo per guida, indrigpqar-r gli,& aiiitargli alia uia,cbe I’ingegno loro, & la natti ral dijfofition gl'inclina.Ver queflo adunquc,M.Fede rico mio, credo fe I’huomo dafetion ha comenfentia V 11 I M 0. ft €on qualfiuoglia autore, non fia ben sforgato a quel- la imitationc; per cbe la uirtu di qued'ingegno s’am- morga & reft a impcdita, per eficr deuiata dalla slra- da,nella quale haurebbe fatto profitto ,fe non gli fufie ft.ita precifa . 7s(pn fo adunque, come ft a bene in loco d’amccbir quedla lingua, & darli ffiirito,gran degga, & lume,faria poucra,esfile,bumile,& ofcura,&cer- CJ 1 ' 11 on * caredi metterla in tante angufiie, che ogn’uno fia foUmcnt” sfor^ato d’'imitarfilamente it Tetrarca, e’lBoccac- ^'"boc- cio , & cbe nella lingua non fidebba ancor credere al caccia. ToliciaifO,a Loreto de’ Medici, a Francefco Diaceto, & ad a’ami altri,che pur fan Tofcani,& forfe di non minor dottrina,& iudicio,cbe ft fujje il Tetrarca, e'l Boccaccio . Et ueramcnte gran miferia /aria met- ter fine, & non paftar pin auanti di quetio,cbe s'bab bia fatto quafii il primo, cbe ba Jcritto ; &dift>erarfi, cbe tanti ,& cofi nobili ingcgni poftkno mai trvuar piu cbe una forma bella di dire in quella lingua, cbe ad esft e propria , & naturals . Ma boggidi fan cer ti fcntpoloft ftqualiquafi con una religion, & mi- ftcrij inejfabili di qucfta lor lingua Tofcana, fia- nentano dimodo chi gli afcolta, cbe inducono ancor molfi huomini nobili, & letterati in tantatimiditd, che non ofano aprir labocca.,& confefiano di non faperparlarquella lingua, cbehanno imparatadal Tutteie » le nutrici infino nclle fafcie , Ma di queflo par- g° ni chc mi, cbe habbiarn detto pur troppo. Verb feguitiamo dettednM boramaiilragionamentodelCortegiano.MllboraM. ^mnvp-* Federico rifpofe, Io itoglio pur ancor dir qucfto poco, n'o.neifej cbee } cb’iogid non niego, cbe le opinioni,&gli inge- £,? el B "“ gni LIB Fy 0 gni degli buomini non fiieno diucrfi fra fc;ne credo cbe ben fujfe, chs uno del natter a uebemente, & con¬ ch at o,fi mettcfie a firiuere cofe platide;ne meno un’al tro feuero e graue ,a firmer piaceuolegge ; per cbe Oj’n’uno in quefto parmi ragioneuole, cbe ogn'uno fi accom- ifdrefegui modi all’inflinto juoproprio; &dicio credoparlaud wt» fuin * Cicerone,quandodiffe,cbe imaefiri baueffero riguar- do alia natura de i difiepoli, per non far, come i ma¬ il agricultori, cbe talbor nel terreno, cbe jolamente b ftuttifero per le uigne, uoglion fimimrgra.no . Ma a me non pub capirnslla tefla, chc d’una lingua parti - culare, laqual non e a tuttigli buomini ccfipropria , come idifiorfi, & i penfieri,& molte altre operatio- jfi; ma ma inuentione contenuta fotto certi termini, non fiapiuragioneuolimitar quelli,cbe parlaron me- glio, cbe parlare a cafo; & cbe coft come nel Latino I’buomo fi dee sfor gar d’alfimigliarfi alia lingua di Virgiho, & Cicerone pin toflo, cbe a quella diSilio, odi CornelioTacito ;cofi nel Lulgarenon fta meglio imitar quella del Tetrarca &del Boccaccio, cbe di alcun’altro ; ma ben in effa efirimere i fuoi proprij concetti , & in quefto atiendere, come infegna Cice¬ rone,all’inf Unto fuo naturale; & cofi fi trouerra cbe quella differcng.1, cbe uoi dite efier tra buoni Ora- tori, confifle ne i finfi,& non nellalingua, uillbo - ra il Conte, Dubito, dlfie, cbe noi entraremo in un granpelago ,& lafiiaremoil noslroprimo propofito in clje con. del Cortegiano ; pur domando a uoi, in cbe confifle la U'dMiaU- bontd di quella lingua ? l{ilf>ofiM. Federico, nelfir- gniuoigi a uar ben k proptietd di efia , & torlainquella fignifi- "‘ : one, T Hi r M 0. ficatione, ufan do quello file & quei numen cbe hanno fkttotiitti quei cbe banno fcritto] bene. Vatiei, dijfe il Conte, Japer fe queSio Stile,& qutfli rumen di cbe J?* uoiparlate,nafcono dalle fententie,o dalle parole? Dal- i e> 8cinu- le parole,rijfcfe M.Federico.Mdunque,difle il Conte, raeu M uoi non par che le parole di Silio, di Cornelia Ta- citofiano quelle medefime, che ufa Vergilio,& Cice- In ch - e con _ rone i ne tolte nella medefima fignificatione f pijfo- fifta la dif- fe M. Federico . Le medefime (on fit, ma alcune ma- aicui^fai- I’-ofJeruate e tolte dinerfamente. Ffjpojeil Conte , & wnanudu. fed’mlibro diCornelio,& d'un di Silio fit leuafie- rotutte quelle parole, che fonposieinaltrafiignifica- tiondi quello , che fit Eirgilio , & Cicerone , cbe fa- rianopocbijfime, non direSle uoipoi che Cornelia nel- la lingua fojfepan a Cicerone , & Silio a. Fergilio? ■ & chebenfufie imitare quelia rnaniera di direSMllho ra la S. Emilia, appare, dijfe, che queSia uoSira di- Jputa ficcmb troppo lunga & fasiidioja . Vero fia be¬ ne a dijferirla ad un’altro tempo. M. Federico pur co- minciauct a rijpondere; mafemprela S. Emilia gl’in- tenompeua. In ultimo dijfe il Conte, mold uogliono giudicareiSlid, & parlar de’ numen & dell’imita~ done ; ma a me non [anno gid e(fi dare ad intendere, che cofa fia jlile,nenumero;ne in che confifia I’imita - done, ne per che le coje tolte da Homero ,oda qual- che alro Jliano tanto ben in Firgi!io,chepiuprefiopa- iono illufirate,che imitate; &cib forfe procede, ch’io non fono capace d'intendergli. Maperchegrande ar- gumento,chel’huomofappiaunacofa,eilfaperlain- : " fegnare; dubito che ejji ancorqpoco I’intendano, e che . E & F ir- L 1 S ^ 0 & Virgilio, & Cicerone laudino,per cbefentono, eke da mold fonlaudati,nonperche conofcanola differen- In cefire tia,che etraejfi& glialtri;cbe in uero, non confisle fcriitori in hauer una ofieruatione di due, di tre,o di d'tecipa- aiam?"ter- r °^ e u fo te a r>10 ^° diuerfo da gli altri. In Saluflio, in mini di- Cefarejn Varrone,& ne gli altri buoni ft trouano ufa •moLc!" C "' ti alcuni termini diuerfamente da quello, cbe ufa Ci¬ cerone,& pur l’uno,& I’altroJla bene; perche in coft friuola coja non £ pofla la bontd &foi"ga d’m lingua; come ben diffe DemoUbene ad Efchme,cke lo morde- ua,domddddogli d’alcuneparole, lequali egli baueua jufport.1 di ufate,&pur non erano anticbe ,fe erano monftri, o Sfad°Efthi portenti;&Demoftbene fenerije, &rifpofegli,chc in me intomo questo non confifieuanole fortune di Grecia. Coft io parole. ancora poco ini curerei Je da un Tofcanofuffi riprefo d’hauer detlopiu toflo fatisfhtto,chefodisfhtto,& ho- noreuole , cbe horreuole, & caufa, cbe cagione; & populo , cbe popolo, & nitre tai cofe.^illbora M. Fe derico ft lend in pie, & diffe. ^ifcoltatemi ui prego, quefie pocheparole. P\ifpoferidendo la Signora Emi lia. Vena la difgratia mia a qual di uoi per borapar- li pin di quefla materia; perche uoglio, cbe la rimet- tiamo ad un’altrafera. Ma uoi Conte feguitate il ra- gionamento del Cortegiano; &moflrateci, come ba- uete buona memoria;che credo fe faperete riattaccar- lo,ouelolafciafle,nonfarete poco . Signora, nffofe il Conte, Il filo mi par tronco; pur sio non m’inganno credo,cbe diceuamo,cbe fomma difgratia a tutte le co Toma a di- fe da fempre la pest if era affettatione ;&per contra- ftttatione. tio,gratia efirema la fmplicitd,& la fpregqgatnra; a laudc V \ I M 0 . 34 Uude della quale, &biafmo dell’affettatione ,molte altrecofe ragicnar ftpotrebbono; ma io ma Jolaan- coradirne uoglio,& non pin. Gran defiderio uniucr- falmente tengon tutte le Donne di ejjere, & quando ejfer non poflono almen diparer bdle.Terd done la na tura in qualcheparte in quefloe mancata,efie ft sfor- gano di fupplire con I’artificio ; quinai nafee I’accon- ciarfila fkccia contanto sludio ,& talborpena; pe- larft le ciglia , & la fionte & ufar tutti quei modi, & patire quei fa fiidq, cbe uoi altre Donne credcte, cbe aglibuomini fiano molto Jegreti,e pur tutti ft fan no. fife quiui Mad.Gofianga Fregoja, & di/Je . Voi fitrefie afiai pin cortefemente /eguitar il ragionamen- to uoflro, & dir donde nafea la buona gratia,eparlar della Cortegiania,cbc uoler fcoprire idijfetti delle Don ne fenga propojito. jlngi molto a propofito, rifpofe il Conte;per cbe quefti uoftri difcttifdi cbe io parlo, ui le uan la gratia;percbe d’altro non naf corn cbe d’affetta tion,per la qual fate conojcere da ogniuno fcopertame teil troppo defiderio uoflro d’efier belle . Tfon u’ac- Le Donne corgepe uoi, quanto piu di gratia tenga ma donna, gue'ibdict laquale, fe pur ft acconcia > lo fit cofi parcamente, & «> e le cofipoco, cbe chi la uede, fla in dubbio, s’ella b con- tezze^° Ul * cia, o no; cbe un’altra empiaslrata tanto, cbe paia bauerfipofto allafacciauna ma/cbera ,&non ofi ri¬ der e per non farfela creppare; ne ft muti mai di colore fe non quando la mattina ft ueste, & poi tutto il ri- manente del giomoftia, comeflatua di legno immo¬ bile, comparendo folamente a lume di torgc,ccrne mo- fir ano i cauti mercatanti i lor panni in loco ofeuro E 2 Quanto ' 1 t B 3 $. <5 'Quanto pin poidi tuttepiaceuna, dico non bnitta , the ft conofca cbiaramente non baiter cofa alcuna Vna Don- in fit la faccia,bencbe non fta cofi bianca,ne cofi guiffme- rojfa,ma col fuocolornatiuopallidetta, etalborper gjiio risfca. -;i JJutano della dignita di quella;diremo inpoche paro¬ le , attendendo al noHro propofito, baiiarcbe egli fta ( come ft dice) huomq da bene , & intiero ; che in gUwTba^- auejlo ft comprende la prudentia ,bontd ,forte7ga , ch'tgfi e temperanga d ammo, & tutte l altre conditmi , da bene;, & che a coft bonorato nome (i conuengono; & io Hi- ‘ n?Cfa mo , quel jolo efier uero Filofofo morale, doe uuol effer buono; & a cib gli bifognanopocbi altri preset- *’ ti,cbe tal uolontd. Etpero ben diceua Socrate purer* gli, che gli ammaeHramenti fuoi gli haue[Jino fhtio buon Jrutto , quandoper quelli, chi ft fuffe ,%’inci- tauaa uoler conofcere, & impararla uirtii ;percbe ii quelli } cbe fon giuntia terrains, che non defidera* f E 5 no cofa t 1 ■ $ 1 ^ 0 nocofa alamo, pm cbe I’efier buoni ,facilmente cori- feguono la fcientia di tutto quello, cbe a cio bijogna; pero di qucfto non ragioneremo pm auanti. Mo oltra alia bontd, il uero & principal ornamento dell’animo pnn'c"''' in ciafcmpenfoio cbe ftano ic lettere;bencbe i Frari- ernamento ceft[ol amente conofcano la nobiltd dell’arme,&tut- UB0 to il refto nulla estimino;di modo, cbe non foldmen- te non appreggano le lettere,ma le abborrifcono,e tut- ti i letterati tengonper uiliffimi huomini, & pore lor dir gran uillania a cbi ft jia, quando lo cbiarrtaiio Clero.^iilhorail Magnifico Ciuliano , uoi diteilUe¬ ro , riff ofe , cbe questo errore gia gran tempo regna tra Francefi; ma ,/e labuonaJorteuuole, cbe Mon- fignor d\Angolen (come ft (pera)Jhcceda alia Corona * eflimojche ft come la gloria dell’arme fiorifce , & ri¬ ft ende in Francia ; coft ui debba ancor con fupremo ornamento fiorir quella delle lettere;percbenon e mot to,ch’io ritrouandomi alia Corte, uidi queflo Signore , chc'po/fa & paruemi jche oltra alia difpofttione della perfona, Rcdifran- & beRegja di uolto, baueffe neU’affietto tanta gran- degga, congimtdpero con ana certa gratiofa buma- nitd , cbe’l l{eame di Francia gli doueffe fempre pa- rerpoco.Inteft dapoida moltigentilbuomini,& Fran ceft , & Italian!, affai de i nobilijjimi coHumi fuoi, dellagrandevga dell’animo , del ualore , e della li- beralitd,& tra I’altre cofe fummi dctto, ch’egli fom- mamente amaua , & efiimaua le lettere,& haueua in grandilfimaofferuangatuttie letter ati , & dannaua i Francefipropri dell’efjer tanto alienida quefla pro- feffione , bauendo mafjimamente in cafa an cbfi no -» bit ¥ranccfi iprezzano le iettere. .Monfign. d’Angolen, Xodc del 4ctto. 7 \ 1 M 0. 3 6 bil siudio, come e quello di Tarigi,doue tutto il mon- do concorre. Dijjeallbor il Conte , gran marauigla e, cbe in cofiteneraeta folamente per inflinto di natu- ra,contra. I'ufanga delpacfe ,fi fia da fe a fcudto a coft buon camino; &perche ifudditi fempre feguita- no i cofiumi de’fitperiori, pub effer, che{come uoi di- te)i Francefi fiano ancor per eftimar le lettere di da nature quella dignitd, cbefono; il chc facilrnente,fe non an- no intendere ,fi potrd lor perfuadere ; percbe niuna a fapeie. cofapiu da natura e defiderabile agli buomini,ne pin propria, cheil fapere; laqual cofa gran paggia e di¬ re ,o credere, cbe non fia fempre buona; s'ioparla ffi conejfi ,ocon altri, cbe fujjino d’opinion contraria allamia,mi forgareimoftrarloro,quanto le lette¬ re, lequali uer ament e da Dio fono flate agli buomi- ni concedute per un fupremo dono, fiano utili, & ne- cejfariealla uita,& alia dignitd noflra;nemiman- ^Tecccfie cberiano efempi ditanti eccellenti &ualorofi Capi- {“j 61 ® tani anticbi, iquali tuttigiunfero I’ornamento dclle lettere alia uirtii dell’ame; che,come fapete, *tlef~ Aicff.meir* fandro bebbe in tanta ueneratione Homero,cbe la Ilia uencraao- defempre ft teneua a capo delletto; & non folamen- neHomcw te a quefli Ftudij, ma alle fpeculationi filofofice diede gamdiffima opera fotto la difciplina d’^riftotile * ^tlcibiade le buone conditioni fue accrcbbe ,& fece maggiori, con le lettere, & con git amaeHramcnti di Socrate. Cefare quanta opera deffe a i Hudij, ancor fanno tefiimonio quellecoje,cbedaejfo dimnamente dfSf fcntte ft ritrouano. S cipione ^iffricano dice ft chc mai capirani dimmo non ftleuaua ilibidiXencfonts, doneinfti- tftumuo*' £ 4 tuifje L I B \ 0 ' tuiffe fotto’ltime di Cyromperfettofie. Votrei dir-* ui di Lucullo,di Silia,di 'Pompeo,di Bruto,& di mol** ti altri l\omani, & Greci ; ma Jolamente ricordarb che Mnnibale tanto eccellentc Capitar.o,ma pero di natura feroce,& alimo da ogni bumanita , infedele, & difpregiator de gli huomini,& de gli Dei,pur heb- be notitia di lettere, & cognition della lingua Cre- ca; & s'ionon eno ,parmihauer lettogid , che efio Annibale unlibro pur in lingua Grecalafcib da le compoflo; bio n iin- ma quejto dire a uoi e Juperfiuo,cbe ben Jo 10 cbe tut- gua Greca. ticono j ce t e quanto s’mgannanoi Francefi ,penfando cbe le lettere nocciano all’arme. Sapete, che deUe co- fegrandi, &arrijcbiate nellaguerra iluero Jiimuio e la gloria, chi perguadagno, o per ultra caufa a cia fi muoue ( oltre, cbe mai non fit cofa buona) non me- vita e/ter chiamato gentilhuomo, ma uilijfimo mer- catante; & che la uera gloria fia quella, cbe ft com- mendaal facro thefauro delle lettere,ogniunpud com- prendere , eccetto quegh infelici , che gufiata non Quanto I’banno. Qual ammo ecofi dimejfo , timido, & bu~ an i mi In eg mile, che leggendo i fhtti&le grandtgga diCeJa - gere i fam re, di Mlejiandro, di Scipione, d’\Annibale, & di di Aidnin- tanti altri, non s’infiammi d’un’ardentiffimo defiderio ° > e d ' al * d’efjer fimile a quelli, & nonpofionga quejla uita ca - ducadidui giorni, per acquiftar quella fitmofaquafi perpetua i la quale a dijfetto della morte uiuer lofit pin cbiaro afiai cbe prima. Ma chi non fente la dol - cegga delle lettere, Japer ancor non pub quanta fia la grandegga delle gloria, cofi lungamente da efie con «• ferrnta , & folamente quella mijura con la eta d’m buomo , ? ^ t M 0. 37 buomo,b di dui,percbe di pin oltre non tien memoria} pero quest a breue tanto eflimar non pub, quanto fa¬ rm quella quafiperpetua,jeper fuadifgratia non gli fufie uctato il conofcerla;& nan eftimandcla tanto,) q•? gioneuol cofa b ancor credere, cbe tanto non ft metta a pericoloper confeguirla,come chi la conofce.If on nor reigid cbe qualcbeamterfario mi adducejfe glieffetti contrary,per rifiutarla rria opinionc,alkgandcmi gli Italiani collorftperlettere bauer mcflratopoco ua’or nell’armeda un tempo in qua, ilcbe pur troppo epiu cheuero; ma certobenfipotria dir la co’pa d’alcuni poebibauer dato oltre algrande danno,perpetuobia- fmo a tutti gli altri;& la uera cauja delle noHre mi¬ ne,& della uirtu proHrata,fe non morta tie gli anirni noFlri,offer da auditprocedutasma affaipin a not fa¬ rm ucrgognofo il publicarla,che a Francefi il non fa- per lettere .Verb meglio b pafjar con filtntio qudio, cbe Jenga dolor ricordar non f pud; & fuggendo qve fio propofito, nelquale contra mia noglia entrato fo- 710, tornar al nofiro Cortegiano; ilqual uoglio cbe nol¬ le lettere fia pin cbe mediocramente erudito; almeno in quo Fti fludij, cbe cbiamano d’humanitd; & non folamente della lingua Latina, ma ancor della Cre- ca babbia cognitione, per le molte, & uarie cafe, cbe in quell a diuinamente feritte fono . Sia uer- fatone Tocti ,&non menone gli Ora*ori, &bi- Florici, & ancor effercitato nello jeriuere utrft, & pro fa, maffimamente, in questa noFlra lingua mdgarc ; cbe oltre al contento, cb'egli in ficjjo pi- gliera jperque/fo mego non gli maneberd maipia- ceuoli Gl’ Italian* col 1'apet let tere banes teoftrato do co ualor M 1’armi. Il Cortege no fia efetei taro i?e Fee ti,ne)i Ot 2 - torije he gli historic:, e debba fen* ucie. I 1 B If 0 ceuoli intertenimenti con Donne, lequaliper ordi- nario ctmano tali cofe. Et fe, oper altre faceendc > o per poco studio, non giugnerd a ted perfettione, che i fuoi feritti fiano degni di molta laude , fia cauto in fupprimergli, per non far rider altruidi fe ; fo- lamente li moftri ad amico,di chifidar ft poffa; per- cbealmenointantogligiouaranno ,che per quellae- nfo/fcrlue fercitatione fapra giudicar le cofe d’altrui; che in ue ie,non pud rorare uolte interuiene , che chi non e ajj'ueto aferi- tier,per erudite ch'egli ft fia, poffa mai conofcer per- te !c fettamentele fatkhe,& induftrie de' fcrittori,ne gu Taiiiie de far la dolceg_ga,& eccellenga de’ siili, &■ quellein- li fetitton. ftinfiche auuertentie, chefpefio ft truouanoneglian¬ tichi. Et oltre a cio farannolo quefiifludifcopiofo,& come rifpofe ^iriftippo a quel Tiranno , ardito in par lar ficuramente con ogn’mo . Voglio ben pero che’l nofiro Cortegiano fifio ft tenga nell’animo m precet- to;cioe,che in questo,& in ognialtra cofa fiafempre auertito,& timido piuprejlo che audace, <& guardi di non perfuaderfifalfamente difaper quelle,che mn fa;perche da natura tutti fiamo auidi troppopiu, che |“"j non ft doueria,di laude-,et dipiu amano le orecchie no perfuaderfi ft re le melodie delle parole,che ci laudano,che qualun lo’^henon quealtrofuauiffimo cato,ofuono;& pero jfeffo, come ft. uoci di SIrene,fono caufa di fommergere chi a talfal¬ lace harmonia bene non feleottura. Conofcendoque sto pericolo,ft e trouato tra gii antiebi fapienti cbi ha feritto libri in qual modo pojja I’huomo conofcer e il ue roatnico dall’adulatore;ma quefio,che giouaifemol- ti,mgi infinitifon quellfche manifeftamente copren- dona * T{ I M 0. 38 dono efier adulati ,& pur amano chi gliadula, & * banno in odio chi dice lor il uero?& ffeffoparendogli, fuggirs. the cbilauda ,fia troppo par to in dire, ejfimedefimi I'aiutano, & di fe fie/fi dicono tali cofe, che I'impu dentijjimo adulator fcne uergogna ? Lafciamo quejli cicchi nellor cnort , &facciamo chc‘1 rwjlro Corte- giano fia di cofi buon giudicio , che non ft lafci dar ad intendere ilnero per lo bianco, ne prefumadifi, fenon quanto ben chiaramente conofce effer uero; & maffimamente in quelle cofe, che nel fuo giuoco ,fe ben haueteamemoria ,M. Cefarericordd , che noi piu uolte haueuamo ufate per infirumaito di far im- pdggir molti; angi per non errar, fe ben conofce Id laudi, che date gli fi>no,cJfer uere,non le confenta cofi apertdmente, ne cofi fenga contraditione le confer - mi; ma piu toslo modeftamente quafi le nieghi, mo* flrando fempre,& tenendomcffettoper fua principal profejjione I'arme, & I’altre buone conditions tutte per ornamenta di quelle ,& maffimamente tra i fol- dati; per non far come coloro,cbe ne'fludq uoglion pa rerehuominidiguerra i&tra gli huomini diguerra letterati . In queflo modoper le ragioni * che hauemo detto ,fuggira la ajfettatione,&le cofemediocci, che fard, parranno grandiffime. Bjfpofe quid M. Tie- tro Eembo. lo non fo Conte , come uoiuogliate, che UcartegU queflo Cortegiano, efjendo letterato, & con tante at tre uirtuofe qualita, tenga ogni cofa per ornamento per »im- dell'arme, & non I’arme, e’l reflo per ornamento del- ‘Iff le lettere; lequali,fenga altra compagnia tanto fin di “*ofe qua!! dignitd all’arme fuperiori, quanto l’animo d corpo, fei' L I B [{ 0 -- per appartenere propriamente [’operation d’ejle alia- nimo , cofi come quella dall’arme al corpo. Bjjpofe allhora il Conte. jingi all’ammo, &al corpo appar - tiene l’operation deliarme.Ma non uoglio M. ‘Pietro, ~~ che tioi dital caufa fiategiudics.percbc farefie troppo fofpetto ad una de'de parti; &ejfendo gia fiata que - fta dijfutatione lungamente agitata da buomini fa - pienttffimi; non e bifogno rinouarla, met is la tenga perdijfinita infkuore dell’arme ; & uoglio cbe’l no- §lro Coetegiano, poi cbe io pofio ad arbitrio miofor- marlo, ej]o aneor coftla efiimi. Et fe mi fete di con- trario parere, affettate d'ndirne una deputation, nel- laqual cofi fia lecito a chi difende la ragione deliar- -Auertimot me, operar I’arme, come quelli, che difendonle let- io piaccno- tere,operano intal difefale medefime lettered che fe. ogn’unofi ualera de i fuoijnfirumenti, uedrete, che i letterati perderanno . mb , diffe M. Pietro,uoi diangi bauete dannatii Franccfi, cbe poco appreg- gan le lettere , & detto quanto In me di gloria ejfemo SiraMQ a gli buomini , & come gli fdccia.no immor tali; & hor pare , che mutate fententia . Tfon m vicorda, cbe vefir del Pe Giunto ^ileffandro a la famofa Tombct de dcic let- Del ftero cm lie ,folpirando dipe ; Ofortunato, cbe ft chiara tromba TrouaSli, & chi di te fi alto ferifie . E fe vAleffitndro hebbe inuidia ad ^d.chillc , non de i Juoifhtti, ma della for tuna, cbe prcitato gli hauea tanta felicitd , che le cofe fue fufiero celebrate da Homero, comprender fi pub , cbe efiimafie pin le t lettere nie. T' K 1 M fS. 39 tettered’Homero,cbe I’arne d’^ichille. Qual’altro giudice adunque , o quall’altra fentcntia ajpettate mi della, dignita dell’cirme, & ddlc lettere, cbe quel- la, che fit data da uno de’ piu gran Capitani, che mai fia fiate i t{ijfofe allbora il Conte . lo biaftmo A niun ® i Franceft, che eHiman le lettere nuocere aUa profcf- n i':ii cflfet [tone dell’arme; e tengo , chca niuno piu fi cornier, ga ’ a -. lo ejjer letterato,che ad an’hue mo di guerra; & que- imomo a fie due conditioni concatenate , & I’una dall’akra Slielia • aiutate(Ucbe e conuenicntijfmo) uoglio ,cbe fiano nel nojko Cortegiano; tie per quefto parmi ejjer mu¬ tate d’opinione , ma (come bo detto) difrutar non uo¬ glio qtial d’effe fiapiudegnadi laude . Bajla,cbe i let terati quafi mai non pigliano a laudare,fe non huomi ni grandi,efiftti gloriofi, iquali da fe meritano laude per la prropria efentialuirtu,dondenafcono .Oltrea eio fono nobihffima materia de’ fcrittorijlcbe e gran¬ de ornamento,& in pane caufa di perpetuar i fcritti, quali forfenon farianotanto letti, ne appreggati, fe Wancaffe loro il nobile foggetto ,mauani & dipoco •momenta. Et fe ^Alejfandro bebbe inuidla ad .Achille, per efier laudato da chi fu; non concbiude pero que- flo,cbe eflimaffepiu le lettere,cbel’arme;nellequali, fetanto ft fufle conofciuto lmta.no da ^Achille, come nello fcriuere eslimaua che doueffero efiere da Home in <*«■ mo- ro tutti quelii che di lui fufiero per fcriuere, foncerto cbemolto primahaueria defiderato ilben fare in fe, i* fsatetia che ilben dire inaltri . “Peroquefta credoio,che fitjje ^ tI i una tacita laude di fe fieffo, & non defiderar quello, ehehauernon gliparem } cioe lafuprema caellen- tin I I B Jj 0 tiad’un jcrittorc ,& non quellochegid ft profumeuit bauer conj'eguito; cioe la ttirtu dell'arme, nella quale non eftiraaua cbe Mcbille punto glifufj'ejuperiorc;on de cbiamoliofortunato,quafi accennando,cbe felafh- ma fua per lo innangi non fu/Je tanto celebrata al mon do,come quella, cbe era per cofi diuin Toema chiara & illujire, nonprocedejje per cbe il ualore & i meriti nonfujferotanti, e di tante laude degni, manafcejje daUa fortuna, Uquale baueua parato inanti ad ^icbil le quel miracolo di natura per glorioja tromba dell’c- perefue;& forfe ancor uolfe eccitare qualcbe nobile ingegnoa fcriuerdi fe, moftrando per quesio douerli ejjer tanto grata, quanto amaua & uenerauai facri monumenti delfe lettere; circa le quali bamai s’e par lato a baHanga. Mngi troppo ,rijj>ofeil S. Ludoui- co Pio; percbe credo cbe al mondo non fta pojfibileri trouar unudfo tanto grande,cbe fuljecapace ditutte lecofe,cbeuoiuolete ,cbe ftiano inquefio Cortegia - no . jldbora il Conte,Mfpettate unpoco,dijfe,che mol te aitre ancor ue ne banno da ejiere. pifoje Pietro da Graffo de 1 TSjapoli. M. quefto modo il Grafio de’ Medici banrd gran uantaggio da M.Pietro Bembo.Bjfe quiui ogniu conu^n Ha no,&ricomincicmdoil Conte; Signori,dij]e, hauetea a^conegia fapcre,ch’io non mi contento del Cortegiano,s’egli non e ancor mujico;& fe eltre alio intendere, & ejjer ft~ • euro a libra, non fy diuarij inflrumentij percbe, fe bene penftamo,niuno ripoj'o difatiche e medicine d’a nimi infermi ritrouar fipuopiu honejlo & laudeuole nell’ocio, cbe quejla ; & masfmamente nelle coni, doue eltre al refrigerio de'faslidij, cbe ad ogniuno la Mufica T> II I M 0 . 49 Mufica presla , moltc cofe fi fanno per fatisfare a lie Donne, gli animi ddle quali teneri, & molli facil- mente fono daWbarmonia penetrati,&di dolugpa ri pieni. Tcro non e marauiglia fe ne i tempi antiebi &nei prefenti fempre ejjeftate fono a i muftd incii nate, & banno hauuto quefio per gratis firm cibodi .animo, ^illhora il Signor Gajparo , La Mufica, pen fo io, diffe, che infieme con molte altre uanita fia alle Donne ccnueniente ft, & forfe anchora ad al- cuni , chehanno fimilitudine d’buomini ,ma riGn a quelli, the ueramente fono, iquali non deono con dc- htie effeminare gli animi, & indurgli in tal modo a temer la morte. Tfon dite, rijfiofe il Conte, Tercbe io u’entraro in m gran pelago di laude della Mufica, &ricordaro quanto fempre apprefjo gli antichi fa fia ta celebrata, & tenuta per cofa facra , & fia siato opinionedi fapientisfimiFilofofi ilmondo efier com- poSto di mufica, & i deli nel rnouerfifar barmonia, della & I’anima nofira pur con la medefirna ragicne ejfcr Mulic< “‘ formata, & pero defiarfi, & quafi uiuificare le fuc uirtuperla Mufica. Terilcbe fi ferine Mlefjandro alcuna uolta efier Siato da quella cofi ardentemen- te incitato, che quafi contra fuaueglia gli bifogna- Soc „ !( . gii ua leuarfi da i conuiuvj, & correre all’arme ; poi uecchiffi- mutando il Mufico la forte del fitono, mitigarfi, & tomar dall’ame a i Conuiuii. E dirouui, ilfeuero So riat ° nt '. & crate gia ueccmsfimo baiter imparato a jonarla Ct uogiiano, tbara. Et ricordomi bauergid intefo, che T?latone,& c ^ c 0 .AriSiotile uogliono, cbe I’huom bene inflituto fia fopiinato mcor mufico; & con infinite ragioni woflrano la for- Mufico™ %a della I,: cargo tra le IcggL ap- pioao la raalica. Capitani, che dtedero opera alia Mufica. Imita Oui- dio. Achilla Jim paro Mull¬ ed d* Chiro Quanta for ga liabbia la Mufica. I. I B Jl‘ © %a della Mufica in noi ej]ere grandijfrna; & perm'd te caufe, cbe bor /aria Imgo a dire, douerfi necejfa riamente impetrar da puerida, non tanto per quella fiiperficial rueiodia,cbe fi fente, rna per efler fufficien teadindurin noiun nuouo habito buono, & un co~ flume tendente alia uirtu, ilquale fa I’animo piu ca- pacedi felieitd ,fecondo, che l’effercitio corporate fa il corpo pin gagliardo; & non folamente non nnoce re alle cofe duiii& della gusrra, ma loro giouarfom mamente.Licurgo ancora nollefeu'ere fue leggi la Mu flea approuo. Et leggefl. i Lacedemonfl beliicofljfimi, &i Cretenflhauer ufatoneile battaglie Cithare, &■ altri iriHfimenli modi, & mold eccellentiffimi Capi -a tani anticbiycome Epammonda,bauer date opera alia Mufica,& quelli,cbe non ns fapeano (come Temifto - de) ejferjiati rmlto tneso appregggati ■ T\[on haucte mi letto, cbe delie prime difcipline , che infegno il bumueccbio Chironenella teneraeid adMckille, il quale egli nutri dal latte, & dalla cttUa ,fu la Mttfl— cab & :soljeil fauio Maestro, cbdemani,che baucua ma jparger tanto fangue Troiano., fuffero fpeflo oc~ cupatenel fluon della citbara . Quad foldato adttnque fara,cbefl uergogni d'iraitar Mchille, lafciando mol-* ti altri famofi Capitani, ch’iopotrei addurreb Tern non liogliate uoipriuar il noftro Cortegiano delta Mu. flea,laqnalnonfolamente ghanimi bumaniindolcifce, majpeflo leftere fli diuentar manfuete, & chi non la guild, fit puo tencr certo,c’babbia gli fir id difeordan-. ti I’un dall’altro. Eccoui,quanto efia pub,che gid traf-. fe unpefee a lafeiarfl calendar da un’huymo g mega- il T \ 1 M 0. 41 il procellofo mare. Ouefta ueggiamo operarft neifi¬ eri tempij in render laude,&gratie a Dio, & credibil cofa e cbe clla grata a luifia,& egli a noi data I’bab- biaper dolcijjimo alleuiamento delle fhticbe,&fhsli- difhofiri. Onde fpefio i dun lauoratori de campifot- to I’ardente Sole ingannano la lor noia col roggo, & agrejle cantare, Con quejlo lainculta contadinella, cbe innangi al giorno a {Hare, e a ieffere fi leua, dal fonno fi difende, & la fua fatica fh piaceuole; queflo b giocondiffimo traftullo dopo le pioggie, i uenti, & le tempefte, a imiferi marinari. Con quejlo cor/fo- lanfi i Harichi pellegrini dc i noiofi & lungbi uiag- gi, & jpejfo gli afflitti prigioneri delle catene, & ceppi. Coji per maggior argumento, cbe d’ogni fati- ca , & moleUia bumana lamodulatione, bencbein- culta, fta grandijjimo refrigerio , pare cbe la natura aide nutrici injegnata I’habbia per rimedio precipuo del pianto continito dc i teneri funciulli ; iquali al juondi tal uoce s’inducanoaripofato, &placidofon¬ no jfcordandofi le lachrime coft proprie, & a noiper prefagio del rimanente della nostra uita in quella eta da natura date. Hor qui tacendo unpoco il Con¬ te, diffe il rnagnifico Giuliano. Io non fon gid di parer conform al Signor Gajpdro; angi eflimo perle ra- gioni, cbe uoi dite,&per molte altre, offer la Mufi- canon folamente ornamento, ma neceffariaal Cor- tegiano. Vorrei ben cbe dicbiaraste in qual modo quesia, & l’altre qualitd, cbe uoi gli affignate ,fiano da effere operate ,& ache tempo, & con cbe manie- ra ; per cbe malic coje, cbe da fe meritanolaude,ffef- F focon £a Muflat c credibile, che iia gra¬ ta a Dio. Di quanta eonfolatio- nc elia fia* Come il Cortegian* dee operar la Millie*. L 1 B ^ 0 fo con I’operarle fuor di tempo diuentano ineptijjimc; &per contrario alcune, chepaion dipoco momento, ufandole bene ,fono pregiatc afiai. ^/tllkora \il Conte, Trima cbe a quefto propofito entriamo, uoglio, dijje, ragionar d’un 'altra cofa,laquale io, perciocbe di mol- ta importanga la edlimo, penfo cbe dal noflro Corte- giano per alcun modo non dcbba ejjer lafciataadie- tro; & qiteflo e il faper difegnare, & bauer cogni¬ tion dell’arte propria del dipingere. Tfe id maraui- gliate s’io defidero qucHa parte , laqual hoggidiforfe par mecanica, & poco conueniente a gentilhuomo; cbericordami hauer let to, cbe glianticbi , maffima~ Lode deiia m ente per tutta Grecia,uoleuano cbe i fiinciulli nobi- li nolle/cole alia pittura dejfero opera,come a cofa bo- nefia, & neceffaria ; &fit quefla ri ceuuta nel primo grado dell’arti liberali ; poi per publico edittoideta- to, cbe a i ferni non s’infegnafie. Vrefso a i I \pma- 'ni ancor s’hebbe in honor grandijjimo , & da quefla traj]eil cognome la cafa nobiliffima dei Fabij ,cheil gaominato f rimo Fabio fu cognorninato Vittore, per offer in efet pittcre. to eccelentiffmo pittore, & tanto dedito alia pittura, cbe bauendo dipinto le mura del tempio della Salute, gl’inferifie ilnome fuo, parendogli, cbe benche fuffe nato in una fkmiglia coji cbiara, & honorata di tanti titoli di confulati, di trionfi, & d'altrc dignita, & fufie letterato, &-perito nelle leggi, & numerato tra gli or atari, potefie ancor accrefcere ff lend ore, & or- nafcVd'*?* namentoa ^ a fa ma f ua > l&fciando memoria d’efferefla cognition topittore. Tfon mancarono ancor mold altri di cbia- dciia mtv.- re f aJ jfigH e eclebrati in quest'arte; della quale, oltrn cbe T \ I M 0. 42 che in fe nobiliffma & degna f:a . ft traggon molle utilitd, & majfimamente nella guerra per difegnar paefi, ftti, fiumi, ponti, roc che, forteggge, e tai co- fe fiequali ,feben neiia mernoria. ft feruaffero (iiche perb b a fat difficile ) altrui moblrar ft pofiono . Et Suma'ia P ; t mamente cbi non eHimaquefi'arte,parm'fchemol- tura e pri- to fta dalla ragione alieno; chela machinadelmon- “° dlia £ 10 ' do, che not ueggimo con I’amplo cielo di chiare/Id¬ le tanto fflendido ; & nel mego la term da i rrari cinta; di monti, ttalli, & fiumi uariata, & di ft diuerfi alberi, & uaghi fiori, & di herbe ornata,\dir fitpuo che una nobile, & gran pittura fia per man del¬ la natura , & di Dio compost a ; laqual chi pub imitare, pxrmi efier di gran laudedegno; nea pue¬ blo peruenir ft pub fengala cognition dimolte cofe, come ben fa cbi lo proua. ‘Verb gli antichi &l’arte, & gli artefici haueanoin grartdifiimo pregio,onde l’artedeidi peruenne al colmo di fomrna eccellentia ; e di cio 1 afiai certo argomento pigliar ft pub dalle fiatue an- t UCZ2 -°- ticbe di marmo & di brongo, che ancor ft ueggo- no ; & benche diuerfa fia la pittura da'da fiatua- ria; pur l'una & I’altra da m medeftmo fame, che eilbuon difegno , nafee. Verb, come le fiatue fo- no diuine, coji ancor creder ft pub, che lepitturefuf- fero; e tanto piu, quanto che di maggior t artificio capaci fono, ^tllbora la S. Emilia riuolta a Cio. Chrifioforo Romano, che iuicongli altrifedeua, che ui par , difie, di quefta fententia d conform arete uoi, - che la pittura fta capacc di maggior ai tifieio, chela ftatuariat Efijfiofe Giouan Chrifioforo, lo Signora, F 2 e st i/no, L I B li O ^j?nobile e fl' im0 > chela slatuaria fia dipiu fhtica, dipiu ar- fapitmr 3,0 te, & piu dignitd , chenon e lapittura. Soggiunfe il u fc^iurx Cont£ . p ey c fj- £r slztticpiu durabili, fipotriaforfe dir the fufsero dipiu dignitd; perche efiendo fhtteper memoria , fatisfhnno piu a quello ejfctto , perche fen fhtte , che la pittura; ma oltre alia memoria, fonoancora,& la pittura, & la Jiatuaria fhtte per ornare, & in quefio la pittura e molto fuperiore; la- quale fe non e tanto dmturna (per dir coft ) come la slatuaria, eperb moltolongeua,& tanto che dura bafiaipiu uaga . I{iffiofe allbora Cio. Cbriftoforo . ceUcmtnei Ci'ff/o io ucramcnte che mi parliate contra quello u jpiKgra. che hauete ne.il’animo ,& cib tutto fate in gratia del uoflro Hafhello; & forfe anccr par id , che la cccel- lentia, che uoi comfcete in lui della pittura, fia tanto fuprema , che la marmoraria non pofsa aggiungere a quel grado; ma confiderate che, quefta elaude d’un’- artefice, & non dell’arte; poi foggiunfc, & a me par ben, che I’um, & I’altrafia ma artificiofa imitation di natura; ma non fo gid, come poffiate dire, che piu non fiaimitato iluero,& quelloproprio, che fa la natura in ma figura di marmo, o dibronco, ne'da- ncUafwita tptalfono le membratutte tonde, formate ,&mifu- **• rate, come la natura le fh;cbe in ma tauola, nella- qualnonftuedealtro,che la fuperficie, & que’colon che ingannano gli occhi, ne mi direte gid, che pin propinquo al uero non fia I’efiere, che’lparere . Efii- mo poi che la marmoraria fia piu difficile, perche fe mo error ui iden fatto, non ft pub corregge- re ch’l marmo non fit riattacca, ma bifogna rifar un’~ altra V \ I M Q. 4^ ultra figura, ilche nella pittura men acca.de, chc mil le uolte ft pub mutare, giungerui ,& fininuirui; mi gliorandola fernpre. Dijfe il Conte ridendo, io non purloin gratia di Rafaello ; ne midoucte gia riptt- tar pertantoignorante ,chenon conofcala eccellen- Michel'A- fia di Michel’angelo, & uoflra,& de gli altri nella f“ n d8 n 'uf marmoraria ; maio parlo dell’arte, & non de gliar fcoltma. tefici; & uoi ben diteiluero,chel’una & I’altra c imitation della natura ; ma non b gid ccft che la pitturdappaia,& la Siatuariafia. Cheauenga eke le Statue ftano tutte tonde, come il uiuo, & la pit¬ tura jolamente ft ueda nella fuperficie ; alle Statue mancamclte cofeche non mancano alle pitture, & majfimamente i lumi & l'ombre,percbe altro lumefa Tron , Iapi! la came, & altro fa il marmo ; & queSlo natural- tun effer mente imita il pittore col cbiaro & fcuro,piu, & fiu nobile ‘ meno fecondo il bifogno, ilche non pub far il mar- morario. Et fe ben il pittore non fa la figura tonda, fa epuei mufeuli & mrnbri tondeggianti di forte, che uanno a ritrouar quelle parti, che non ft ueggono, con tal maniera, che benijfimo comprender ft puo, che’lpittor ancora quelle conofce,& intende.Eta que fto bifogna un’altro artificio maggiore in far quelle membra, che fcorrano, & diminuifeono a propor¬ tion della uiSla con ragion profpettiua; laqual per forc^a dilinee mifurate,di colon,di lumi~& d’ombre, ui moSira ancor in ma fuperficie di rnurodritto, il piano, e’llontano ,piu & meno,come glipiace. Tar ui poi che di poco rnomento fia la imitatione de i co¬ lon naturdi in ccntrafar k carni, i panni,e tutte l’al- F 3 ire L I B 0 tre cofc colorate ? Queslo far non pub gid il matmo- rario, ne meno ejfnimere la gratiofa uifta de gli occbi neri, o agurri, con lo [plendordi quei raggi amoroft; Ifon pud moftrare il color de’ capegli fiaui,nonil jflendor dell’ame,non una ofcura notte,non una tem- pefta di mare, non quei lamp! &faette,non lo incen- dio d’una cittd, non il nafcere dell’aurora di color di ro fc con que’ raggi d’or o, & diporpora,nonpuo in fom- ma moftrare cielo, mare, terra, monti, jelue, prati, giardini , fiumi, cittd,ne cafe ; ilcbe tut to fk il pitto- re. Ter queftoparmi lapitturapiu nobile, &piu ca- pace d’artificiofchc lamarmoraria,&penfo cbepref- fo a gli antichifa fie di fupremaecceUentia, comel’al- tre cofefdcheficonofceancorper alcune picciole reli- quie, che reftano majfimamente nellegrotte di l\oma, ma molto pin chiaramente ft pud comprender per i fcritti antichi ,ne’ quali fono tante honor ate, &fre -■ quenti mentioni, & dclle opre & de’maeftri, &per quelli intendefi, quanto fufj'ero apprefio a gran Signo¬ ri,&le Republicbe ,fempre bonorati. Verb ft leg- Apeiie ama g e} cbc ^tleflandro amd fommamente ^Apelle Efefto, famtro Ma- & tanto, che bauendogh fhtto ritrar nuda una fua S“°- carifftma Donna, & intendendo il buon Tittoreper lamarauigliofabeUettggetdiquella reftarne ardentif- fimamente innamorato, fenga rijpetto alcuno, gliela dono, liberalitd ueramente degna d’^Aleffandro, non folamente donar tbefori & ftati , ma i fuoi proprij ^tffetti & defiderij, & fegno di grandifftmo amor uer fo Upelle ,non bauendo hauuto rijfetto, per compia - cer a lui, di difpiacer a quella donna cbc fommamen¬ te ama- V K 1 U 0 . 44 teamaua; laqual crederfipuo, cbe moltoft dolejje di cambiar un tanto Re con un Vittore. 'Narranli an- * if Sandro . * ordmo, chc cor molti altn Jegm di bemuolcntia a IcJJandro mun aitu» uerfo d’^Apelleima affaichiaramcnte dimoHro quan- Apdic'ft- tolo estimate , bauendo per publico comandamento ccfTci'ima- ordinato, cite niun’altro pittore ofaffe far la imagine 8 ' nc fua ' fua . Qui,potrei dirui le contentioni di molti nobili pittori con tanta laude, & marauiglia quafi del mon- do; potrei dirui con quanta folennitd gl’lmperatori antichi ornauano di pitture i lor trionfi ,&ne locbi publici le dedicauano, & come care le comperaua- no, & cbe fianfi gid trouati alcuni pittori, cbe dona- Dtmctrl0 uano I’opere fue, parendo loro cbe non baftaffe oro , lafdo di neargento per pagarle,& come tantopregiata fuf- ft una tauola diVrothogene, chc ejiendo Demetrio nonabbruc a campo a Rjtodi,&pofiendo intrar dentro appican- pumra'di dole d fuoco dalla banda, doue fapeua cbe era quella Prothege- tauola, per non abbrufdarla rcHo didarle la batta- Metrodoto glia,& coftnonprefela terra, &Metrodoro Filofo- e fo,&pittore eccellentifjimo, efier fiato da glijttbe- niefi tttandato a L. Vaulo per amaeHrargli i figliuo li, & omargli il trionfo, cbe far baueua . Et molti nobili Scrinori banno ancor di quefla arte fcritto;il- cbe e afiai gran jcgnoper dimosirare in quanta eFti- matione ellafofie ; ma non uoglio cbe in queslo ragio - namento pin ci eflendiamo . Verb basli folamente dire, cbe al noftro Cortegiano conitienft ancor della pittura bauer notitia, efjendo bonefla ©' utile, & ap- prcvgata in que’tempi, cbegli huomini eran dimol- to maggior ualore,cbe bora non fono ; & quandomai F 4 ultra 1 1 B ff 0 ultra utilitaoplacer non fene trabeffe,oltra cbe gior- ui a faper giudicar la eccelientia detie flatue anticbe, e modcrne,diuafi,d’edifidj,di medaglie,di camel, di intagli, editaicofe; fa conofcere ancorla bellegga de i corpl tiiui, non folarhente nella delicatura de’ uolti, ma nella proportion di tutto il rePco, cofi de gli buo- € nitio * d T rnin ' l -> comc d’ogn’altro animate. Vedete adunque co- ifttura co- me I’bauer cognitione della pittura fiacaitfadl gran "czm decor diffimopiacere.Et quePo,penftno quel,cbe tantogo- fi humani. dono contemplando le bellegge di una Donna , cbe par loro efjereinTaradifo,&purnon fan dipingere; ilche fe fapeffero, hariano molto maggior contento, perche piu perfettamente conofceriano quella belief : xa, cbe nel cuor genera lor tanta fatisfattione. T\tfe quiuiM. Cefare Gont^aga, & diffe.Ionon fongidpit tore; pur certo, fo hauer molto maggiorpiacere di ut deralcuna donna , cbe nonbaria,fe hortornajje uiuo quello eccellentlffimo ^ipelle, cbe uoipoco fa hauete nominato . Pyijj'ofe il Conte , quello placer uoslro non deriua interamente da quella bellegga , ma dal- la affettione , cbe uoi forfe a quella donna port ate; & fe uolete dir il uero, la prima uolta,che uoi a quel¬ la donna mirasle , non fentifte la miUeftma parte del piacere, chepoi fattobauete,benchele belleggefuf- ne*inganna fero quelle medefime;perb potete comprendere,quan- nei giadica ^opiu parte nel placer uoslro habbia I’ajfettion, che Aitre cagio labeliegga. Tfon nego queHo,diffe M. Cejare,ma fe~ raao"^? 0 ' cmc ^° P^ acer najee dalla affettione, coft I’affet- hiiominioi tion nafee dalla bellegga, perd dir ft pub che la bel- fc»a. ' Itgga fta purcaufa del piacere. Bjffofe il Contejmol te aitre 1> ^ I M 0 . 45 te altre caufe ancor fpejfb infianmano gliahimi no~ Jiri, oltre alia belle^'%a;come i coftumi,il faperftlpar lare,i gefii, & mille altre cofe, lequali perbaqual- cbe mudo forfe effe ancor fipotriano cbiamar belkg- ma; ma fopra tutto il fcntirfi ejjer amato ; di modo chefi pud ancor a fenga quella hclle'sgga, di cbe not ragionate, amare ardentiffimamente; ma qucglia- mori, cbe fdamentefiafcono dalla beRegppa, cbe fu- perficialtnente uedemonei corpi Jewga dubbio da- ranno molto maggior piacere a chi pin la conofcerd, cbe a chi meno . Tero tornando al ncfiro propoftto, penfo cbe molto pin godejje Apelle , contemplando la beUeagga di Campafte, cbe non faceua Alefjan- dro; per cbe facilmente ft pub credere, cbe l’amor del I'uno & ddl’altro deriuafle folamente da quella bel- let^a ; & cbe deliberate forfe ancor filefiandro per quesio rifpetto donarla a chi gli parue, cbe piu perfettamente conofcer la poteffe . Ifon baueteuoi letto, cbe quelle cinque fanciulle daCrotone, lequa li tra l’altre di quel popolo elefje Zeufi pittore, per far di tutte cinque ma fola figura cccellentifjma, di belleggga furono celebrate da mold Toed; erne quelle, cbe per belle erano fate approuateda colui, cbe perfettiffimo giudicio di belle^ga bauerdeueua? Qiiiui mohrando M. Cefare non reHarfitisfitto, ne uoler confendr per modo alcuno, cbealtri,cke efio medefmo , potefse guslar quel piacere , cb'e- gli fent'ma di contemptar labellegga d’una donna, ricomincioa dire; ma in qudlo s’udl un gran cal- peflare dipiedi, con flrepito di parlar alto; & cofi n- uolgendofi Le cinque fanciulle c* lette da Ze¬ ufi celebra¬ te da tutu di fomroa bcllczza. L 1 S \ 0 uolgendoft ogniuno, ft uide alia porta della Elanga com par ire unfplcndor ditorchi,& fubitodietro giutt 11 signot f e con mo ^ ta compagnia il Signor Tnfct- Trcfctio fo- to, ilqual ritornaua, hauendo accompagnato il Tapa pragiuHge. una p arte cam \ n0 , & gia alio entrar del palate- go dimandando cio cbe fhcejje la S. Ducbefia, baue- uaintefo diche forte era il giuoco di quellafera , e’l carico impofio al Conte Lodouico, di parlar della Cortegiania ;perb quanto piu gli era poffibile, siu- diaua il pajjo per giungere a tempo d’udir qualcbe coft.Coftfubitofatto riuerentia alia Signora Ducbef- fa, & fatto federglialtri,cbetuttiinpiediper hue nuta fna Eerano leuati,ftpofeancor efio a feder nel cercbio con alcunide fuoigentilhuomim; trai quali ▼aieentio erano il Marchefe Tbtbus,&Cirardino fratelli dt$ f’faoi" 1 ( ' tucL ’ Hetor T{omano, Vincentio Calmeta, Hora niroeo * tioFlorido ,&molti altri, & Etando ogniun fenga' joc«piez*. parlare , il Signor Trefelto dtjfe . Signori, troppcr nociua farebbe state, lauenuta mia qui, s’iohauejji impedito coftbeiragionamenti, come Etimo cbe fan quelli c’hora tra uoi pafiauano; pero non mi fate qttc fla ingiuria di priuaruoi EteJJi & me di tal piacerc, J{ijpofe allbora il Conte Lodouico, ^dngi Sig.mio pen focbe’ltaceratuttidebbaejfer molto piu grata chel parlare,perche efiendo tal fatica a me piu cbe a gli d tri quest a/era toccata, horamai m’haflancodi dire, & credo tutti gli altri d’of colt are, per non ejfere Eta to il ragon ament o mio degno di queEta compa¬ gnia , ne baEtantealla grandegga della materia,di cbe io haueiia carico , netiaquale hauendo io poco fa~ tisfatto T \ J M 0. 46 tisfattoame £leflo,pcfo molto menobauer fatisfatto ad altrui. Verb a uoi Signor e Mata uentura in giun gereal fine, & buon far a. mb dar I'imprefa di quel- lo,cbe resla , ad un'altro , chc fucceda net mio lo¬ co; perciocbe qualunque egli fia,fo che fiporterd mol tomeglio, cb’ionon farei,fe pur feguitar uoleffi, ef- fendo horamai flanco, come fono. 7fcn fopporta- ro io , rifpofe ilMagnifico Giuliano,per modo alcuno efter defraudato della promeffa, cbe fktta m’hauete, & certo fo,che al S. Trefetto ancor non diffiacerd lo intender quejla parte. Et qual promeffa diffeil Con te ? I{iff>ofeil Magnibco ,di dicbiararci in qual mo do babbiail Cortegiano daufare quelle buone con ditioni , che uoi bauete dctto, cbe conuenienti gli fa no. Era ilS. Trefetto, benchedi eta.puerile,fapu- to, e difcreto piu, cbe non pareua, cbe s'appartc- nefie a gli anni teneri,& in ogni fuo mouimento mo- siraua con la g randegga dell’animo una certa uiuaci td delloingegno,uero pronoslico dello eccellentegra- do di until , doue pcruenir doueua . Onde fubito dijje . Setutto queflo a dir refla , parmi efserafsai a tempo uenuto , percbe intendendo in che modo dee il Cortegiano ufar quelle buone conditioni, in- tenderb ancora qualieffe ftano., & cofi uerro a fa- per tutto quello, cbefnfin qui b flato detto . Tero non rijiutate Conte dipagar queflo debito d’una parte del qual gia fete ufcito. ffpn harei dapagartanto debi¬ to rifpofe il Conte,fe lefaticbe fufiero piu egualmente diuije;malo errore 6 flato il dare autontd di coman dar ad una Signora troppopartiale ; & cofi ridendo ?ro petition del leeoftdo lib 10. L I B O fit uolfe alia Signora Emilia, laquale fubitodijfe.Vel¬ la mia partialitd non denrcslc uoi dolerui; pur poi the fen^a ragione lo fate, daremo una parte di que- fio honor, cbe uoi chiamate fhtica, ad un’altro, & Xa s. Emi riuoltafi a M. Federico Fregofo, uoi dijfe, propone- aM.'Fcderi He d giuoco del Cortegiano ; pero e an cor ragioneuo ch/fegaiti l e > cbe a uoi toccbi il dime una parte; & quefto fa¬ ll ragiona- rail fatisfkrealiadomandadelSig.Magnifico,dicbix Conegiano tando in qual modo, & maniera, & tempo il Cor¬ tegiano debba ufarle fue buone conditioni, &ope- rar quelle cofe, cbe’l Conte ba detto,cbe gli con- men fapere . MUhoraM.Federico. Signora, dijfe, uolendo uoi feparare il modo e’l tempo, e la manierx delle buone conditioni, & ben operare del Cortegia- no,uolete feparar quello,che fepararnon ft pud; per cbe qucfte cofe Jon quelle, che fknno le conditio¬ ni buone, & I’operar buono. Verb bauendo il Con¬ te detto tanto, & cofi bene , & ancor parlato qualcbe cofa di quejle circonflantie, & preparatoft nell’am¬ mo ilreflo, cbe egli baueuaadire, era pur ragione- ten^de" uo ^ e ' c ^ e f c K u ^'^ff c m fi n ^ fi ne • Bjjfofe la Signora Caimeta. Emilia,fate uoi conto d'cfiere il Conte, & dite quel- lo, cbepenfate che effo direbbe, & cofi far a fatisfht toaltutto. Dijfe allbora il Caimeta. Signori,poi cbe 1’bora e tarda, acciocbe Mefier Federico non hab bia efcufatione aleuna di non dire cio che fa, credo, che fia buono diffcrir il rejlo del ragionamento a do- mani;&quefio poco tempo,cbe ci aiian%a,fi dijfenfi in qualchealtro piacere Jen^a ambitione.Cofi confer- Ivuicco 1 . fflando ogn'uno, impofe la Signora Ducbejja a Mad on na ■P K. I M 0 . 47 tut Marghenta, & Madonna Coftanga Fregofa, cbe dangaffero. Onde fibito Barlelta mnfico piaceuolijfi- tno,& dan-gatorecceUente, cbe fimpretuttalacor te tenttia in fefla, cominci'o a finari fitoiinftrumen ti; & ej]e prefifi per ma.no, & bauendo prima dan gato unabaJJ'a, ballaron una roegarge con eflre ma gratia, & fmgolar placer di chi le uide ; poi,percbe gid era pajfata gran pegga della none,la S. Diubepd fi leno in pie di; ecofiogniu- no riuerente mente prefa licentia fi ne andarono ador mire. SECONDO LIBRO DEL CORTEGIANO Errorc de tempi pafla Lalungac* Jperientia fuol fare il giudieio pin psifreto DEL COJsfTE B ^ LD^SS CaSliglione. A M. Alfonfi Ariofto Riucduto {< corretto da M. ANTONIO CICARELLI da Fuligni. On fen^a marauiglia ho pin 'uolte Steffi* confiderato , onde nafea un’err ore, ilquale , pcrcioche unincrfalmente tic’ ucccbi ft uede, creder ft pub,cbe ad effi fia proprio, & naturak; & quejlo b , cbe quaft tutti laudano i tempi paffati, & biafnnano i prefenti, uituperando le attioni, e i modi noflri, e tutto qucllo, cbe effi ncl- la lor gionentu non faceuano; affermando ancor ogni buoncojhme, & buona maniera diuiuere; ogni uir- tii in fomma, ogni cofa andar fempre di mal in peg- gio; e ueramente par cojd rnolto aliena dalla ragio- ne,edegnadi marauiglia,cbel’etdmatura,laqual con lunga efrerientia fuolfarnelrelloilgiudiciode gli buomini pin perfetto, in queHo lo corrompa tanto, cbe non fi aucgga.no , cbe Jel rnondo fempre andaf- je peggiorando , cbe i padri fufscro generalmente mi glicri S E C 0 D 0. 48 gliori cbe i figliuoli ; molto prima cbe bom, fa, em- mo giunti a quel ultimo grado di male, cbe peggw- rax non pub ;& pur ucdcmo, cbe non folamente a i di noSlri, ma ancor ne i tempi pafj'ati fu fempre que ftouitio peculiar di quell a eta; ilche per leferitture di mold autori anticbijfmi chiaroft comprer.de, & imsfmamentede iComici,i quali pin cbe glialtri efprimono la imagine della uita hum an a , La cauja *™ lU ® rl ‘ adimquedi que ft a falfaopinionene i ueccbi,eflimo io per me cb'tlh fia,perche glianni fuggendofene portanfeco molte commodiid , etra I’altre leuano dal fangue gran parte de gli fpiriti uitali, cade la com- pleffion ft muta, & diuengon debili gli organi, per i qualil’anima operale fueuirtu . Tero de icon no ?“ pr £. n i *" firi in quel tempo, come alio ^(utunno le foglie de uccchi. gli arbori, caggiono 1 foaui fiori di content0; & nel loco de i fereni, & cbiari penfieri, emra la nubi- lofa e torbida triHhia di mille calarnitd ac corn page a ta, di tnodo , cbe non folamente il corpo , ma l’am¬ mo. ancor a e inferma; nede i paffati piaceri riferua altro, cbe una tcnace memoria , & la imagine di quel taro tempo della tenera eta; nella quale,quando ci ri- trouiamo, ci pare, cbe fempre il Cido, & la terra, & ognicofa faccia fefta,& rida intorno agli oc- n'meufo* chi noftri; & nel penfiero, come in un dditiofo & “• it a go Ciardino, fiorifea la dolce Trimauera dialle- gregggt; onde forfe faria utile, quandogid nella jred da Jlagionecomincia ilSole della noftra uita,.jfo- gliandoci di quei piaceri, andarfene uerfo I’occafo, t>rtio di perdcre infieme con esftancor la lor memoria, e tro- ™ ca “ , G L 1 S H. o nor) come difie Temiftocle) m’ane,cbed fcordar irife gnajfetpcbetanto fonofdllaciifenftdel corpono'slro , 'oliirondi- cbejpejfoinganano ancoril giudicio della mete.Verb uon« llano, parmi cbe i uecchi ftanoallci condition di quelli, cbe partendofi dal porto, tengon gli occbiin terra, & par loro, cbe la K[auc ft in ferma,& la rim ft parta, &pur e il contrario; cbe il porto, & medefimamen- te il tempo, & i piaceri refiano nel fuo jlato, & noi con la Tgaue della mortality. fuggendo n’andiamo I’uno dopo I’altro per quel procellofo mare, cb’ogni cofa afiorbe e diuora , nemai pin ripigliar terra ci b concejjo; angi fempre da contrary uenti combattu- ti,al fine in qualche fcovlioWNaue rompemo.Ver foggetto ejser adunqtce l ammo Jemlejubietto dijproportiona- nauf'a' 10 " t0a piaceri,guflar non gli pub; & come a ife- ftaic i place bricitanti, quando da i uapori corrotti banno il pala- to guaSlo, paiono tutti i uini amarisfimi, benche pre tioji & delicati ftano; coft a i uecchi per la loro in- dijpofitione, alia quale pero non manca il defiderio; paion ipiaceri infipidi, & freddi, & molto dijferenti da quelli, cbe gid prouati hauer ft ricordano, benche ipiaceri in fe jiano i medefmi. Verb fentendofene pritti fi dolgono ,& biafimano il tempo prejente,co¬ me malo, non difccmmdo, cbe quella mutatione da fe,& non dal tempo procede.Et per contrario recan- dofia memorialpafiati piaceri, ft arrecano ancora il tempo, nel quale hauuti gli banno ; &pero lo lau- dano,come buono; perchepare, cbefecoporti un’odo- re di quello, cbe in effo fentiuano, quando era pre - fente perche in effetto gli animi noslri banno in odio SECOND 0 . 49 edio tutte le cofe ,cbe Hate fono compagne deino - ftri difoiaccri; & amano quelle cbe Hate fono com¬ pagne de i piaceri. Onde accade, cbe ad mo amante ® n s 0 ra “ d a eI e cariffimo tdlhor uedere una fineflra , benebe chiu- aicuna ^co- fx,percbe oleum uolta quiui haired gratia di con - to’mUme- templar la fua donna, medefmamente uedere uno audio , una lettera, un giardino, o altro loco,o qualft uogliacofa, cbe glipaia efier Jlata confapeuol tefii- monio de i fuoipiaceri; & per lo contrario, foeffo.una camera ornatiffima & bella,fard noiofa a chi den- tro ui fia slato prigione, opatito u’habbia qualcbe altro difoiacere . Et ho gid co nofeiuto alcuni,cbemai non heueriano in un uajo fimile a quello ,nel qua¬ le gid bauejfero efjendo infermi, prrefo beuandame- dicinale;perche coft come quclla fineHra, o l’anello,o la letter a ,all'uno rapprefenta la dolce memoria, cbe tatitogli diletta, per parergli, cbe quella gid fujfe unaparte dei fuoi piaceri; coft all’altro, la camera, o il uafo ,par che in feme con la memoria rapporti la infirmitd, o la prigionia. QucHa medefma cagion ere do, che muoua i ueccbi a laudarc il pajfalo tempo, e biafimareil prefente . Verb come del reHo, cofipar- lano ancor delle corti , ajfermando quelle, di che effi hanno memoria ,effer ftatemolto pin eccellenti, & piene d’buomini fmgulari, cbe non fon quelle, cbe hoggidi ueggiamo; & fubito, che occorron tai rci- gionamenti, cominciano aft efiollere con infinitelau- di i Cortegiani del Duca Filippo, ouero del Duca ^du'c™ Borfo ;&narrar}oidettidiTSticolb Ticcinino; & rP Filippo- coniano, che m quei tempi non Ji Jana troucito ,Je rkcinme • G mi L I S FL O non rarijjlme uolte, chefi fufde fktto m’bomicidio , & che non erano combattimcnti, non infidie, non in - ganni, ma una certa bontd fidele, & amoreuole tra tutti, una ficurtd kale, & che nelle corti allbor re- giuuano tanti buoni coftumi, tanta hone fid , che i Cortegiani tutti era.no come religioft, & guaiaquel- lo, cbe h.vtefie detto una mala parola all’altro , o futtopurun fegno men che honsfio uerfo una don¬ na ; & per lo contmrio dicono in quefti tempi elder tutto I’oppofuo , & che non folamente tra Cortc- S>_T*n 0; che giani b perduto quell'amor fra ter no, & quel uiuer " ■ cofiumato , ma che nelle < com non regnano altro che inuidie tfr maliuolentie, ntali coflumi, & difiolutif- fima mta in ogni forte di uitii ,lc donne lafciuefenga uergogna , gli huomini effeminati. Dannano an cor a, iussiimenti, come dishonefli,etroppo molli.Infom- tna riprendono infinite cofe, tra le qud molte ue- r amenta meritano riprenftone , perche non ft pub dir che tra noi non fiano molti mali huomini, & fee¬ ler ati, & che quefia eta noftra non fta afiaipiu co- Non puo ef piofa di uitij, che quella che effi laudano. Varmi ben, ri ) bfnc fen (bemaldifiernanolacaufq di quesi.i differentia, & z-i male, chefiano fciocchi, perche uorriano che al mondo fuf- fero tutti i beni fenga male alcuno , ilche e impoffibi- le.perche effendo il mal contrario al bene, e’l bene al maleffequaft neceffario, che per la oppofitione, & per m certo contrapefo l\m foflenga & fortifichi I’altro, & mancando, o crefcendo I’uno, coft manchi ocrefca I’altro'; perche niuno contrario e jengal'al¬ tro fuo contrario. Chi non ft che al mondo non fa- ria S E C o O f ?* fin la giuHitia, fe non fujfero le ingiurie ? la magna- nimitd , fe non fufiero li pufilianimi s’ la conti- nentia ,/e non fufie la incontinentia f la fanita , fe nonfuffe la infirmitd s’ la ueritd ,fc non fuffe la bu- gia s’ la felicita ,fe non fujfero le dijgratie s’ Verb ben dice Socrcfte apprejjo V’atone , marauigliarfi, jte ehe fi cheEfopo non babbitt ffitto mo ^ipologo , nel qua- le finga Dio, poi cbe non hauea mai potuto mife il fint® tfop<> piacere e'l dityiacere infieme , hauergli -attaccati con la e sir emitd, di modo cbe’l principip dell'imp fia il fin dell'altro; pcrche uedemo niun piacere po- terci mai efier grata, je’l diffiaccre non gli precede. Chi puo bauer caro il ripofo ,fe prima non ba fenti- to I’affanno della siraccbegga s' chi gusia il man- glare ,il here, e'l dormire ,fe prima non bapaiito fame, fete , & fonno < Credo io adunque , cbe le pajfioni , & le infermita , fan date aalla nature a gli Imovnini, non principalmente per farglj fog- geifi ad efie ; perche non par conueniente , cbe quella cbeb madre d'ogni bene, douejsc di Jnopro¬ pria configliodetcrminatpdarcitantimali;mafacen- do la natura la fanita, il piacere , & gli altri be- le uinb. ni , confeguentemente dietro a questi furono con- giunte le infirmitd , i difpiaceri, & gli altri mali t Verb efj'endole uirtii fiateal mondo concefjepergra¬ tia e don della natura, fubito i uitij per quella con- cat enata comranetdnecejfariamente la furono com- pagni; di modo cbe fempre crefcendo o manc.indo I'uno ,forga h cbe cofi I'altrp crefca o manebi. Verb, quando i nofiri uccchi landano le corti pajsate, per- G 2 cbe L I B \ 0 the non haueanogli huom'mi cofi uitiofi, come alcu- ni,che bannoleno£tre;non conofcono, cbe quellean- cor non gli haueano cofi uirtuofi come alcuni,che ban- no le no sire; il cbe non e marauiglia,percbe niun ma¬ le etantomalo quanto quello cbe nafce dal feme cor - rottodel bene; & pero prodiicendo adefiola natura molto miglicri ingegni, cbe non fitcea allbora ft co¬ me quelli, cbe ft uoltano al bene, fknno molto meglio cbe non fitcean quellifitoi;cofi anew quelli, cbe ft uol- fej'mak £ tanoalmale , fknno molto peggio . Tfon e adunque sion fapere, dire,cbe quelli, cbereftauano di far male,per non fod"™ Japerlo fkre,memaffero in quel cafo laudealcuna; per cbeauenga cbe facefiero poco male, fkceano perb il peggio, cbe fapcuano;& cbe gli ingegni di que’ tem¬ pi fujfero generalmente molto inferiori a que’ cbe fon bora , affti ft pub conofcere da tutto quello , cbe d’effi ft uede , cofi nellelettere,come nclle-pitturejia- tue; edificij,& ognialtra cofa. Biafimano ancor que¬ st i uecebi in not moke cofe, cbe in fe non fono ne buo- ne, ne male, folamente percbe effi non le fkceano ; <& dicono non conuenirfia igiouani pafieggiar per le cittd a caudio, maffimamente nelle mule; portar fodredi pelle; robbe lunghe neluerno; portar her- retta, fin cbe almeno non fia I’huomogiunto a diciot- to anni,& altretai cofe; dicbe ueramente s’ingan- nano; percbe quefti coftumi (oltra cbe fian commo- di, & utili) fon dalla confuetudine introdutti,& mi- uerfabnente piacciono ; come alihor piacea I’andar in giornea,con le calge aperte,& fcarpettepulite; & per efktgalantc, portar tutto 4i un Sparuicroinpu- gno S E C 0 7^ D 0. 51 gno fcnga propofito , &‘ballar fen^a toccur la tnarl della donna,& ufar molti altri modi, iquali com bor fariano goffiffimi, allhor erano preggati affai. Verb fialicito ancor anoi feguitar la coufuetudine d nojlri tempi, fenga effer calunniati da queili uecchi, quali jpejfo uolendofi laudar,dicono ; iobaueua uentianni , che ancor domim con mia madr6,& mie forelle; ne feppi iui a gran tempo cbe cofa fujfero donne;& bora i funciulli non banno a pena afciutto il capo,cbe J,anno pm malitie,che in que’ tempi non fapeano gli buomi~ ni fatti;ne ft aueggono, che dicendo coft , confermano i noflri fanciulli bauer piu ingegno , cbe non baueano i loro uecchi. Ceflino adunque di biafimar i tempi no-, siriycome pieni diuitij ; per che leuando queili,leuaria no ancor le uirtit;&ricorditifi cbe tra i buoni anticbi, nel tempo, cbe fioriuano al mondo quelli animiglo- riofi,& ueramente diuini in ogni uirtu, & gl’higcgni piu chebumani, trouauanfiancor molti fceleratijji- mi; iquali fe uiueffero tanto, fariano tra i noftri mail eccellenti nel male, quanto que’ buoni nel bene;&di cio fitnnoplena fede tutte le historic.Ma a queili uec- cbipenfo che bomai a baslanga fiarijpoflo. Tero la- fcieremo queilo difcorfo ,forJ'e bomai trof/po diffu- fo , ma non in tutto fuor di propofito; & baftan- docihauer dimoHrato lecorti de’ noftri tempi non ef fer di minor laude degne, cbe quelle cbe tanto laudano i uecchi, attenderemo a i ragionamenti bauutifopra il Cortegiano ,per iquali afiai fhcilmente compren- der ft pub ,in che gradotral’altrecorti foffe quel- la d’Vrbino y & qude era quel Principe ,& quel- G $ la Si- Scioecht deni de* uecchi. Leuando 1 uitij ft leu a no la uintt Con chiud* quello ch’c ra difcorfis 1 difbpxa. t I B % 0 lit Signora, a cui feruiuano cofi nobili fpiriti; & co¬ me fortunati ftpotean dir tutti quelli,.cbe in tal co¬ rnercio uiiteano. Venuto adiinque it feguente giorno, tra i Caual- tieri, & le Donne delle corte furono mold, & di- uerft ragiondmenti foprdla deputation della prece- dente fera; il cbe tn grin parte riafceua , percbe it Signor Trefetto anido di fdpere cio cbe dctto s'era j. quj.fi ad ogniuri ne dimandaua, & come Juol jempre interttenire, uariamerite gli era rifftofio; pero cbe al- cuni laudauano una cofi , alcuni un’altra, & anco- ra tra mold era di fordid della fenteritia propria del Conte, cbe ad ogniuno non erano reflate neUa me- moriacoft compiutamente le co/e dette . Verb di que- fio quafi tut to’l giorno ft parld ; & come pri- tnd incomincib a fur ft notte , uolfe il Signor Vrefet- to cbe ft marigiafie, e tutti i geniilbuomi condufle jeco a cena ; Crjubito fornitodi mangi.itc,n'ando al¬ ia flanga della Signora Ducbejfa , laquale ueden- do tanta compagnia * & pin per tempo, cbe eon- fueto non era, difie . Gran pefo pafmi M. F. cbe fid quello, cbe poflo e foprale fpalle uostre; gran¬ de ajpet tat ion quella j a cui coni fonder douete. Qui Ui non afpettando, cbe M- Federico rifpondefie, & cbe gran pejo e pero queflo, diffe I'unico \Aretim s' Chi e tantb fcioccocbe quando fa fire una cofa, non la facctd d tempo conueniehte S’ c oft di que/io parlan- doft, ogniuno ft pofe a federe nel loco , & modo ufa¬ ta, con attentifjimd afpetcation delpropvflo ragiona- tnento . jL'dbora M. Federico motto aft'Vnicd; jt Hoi s r c o •*{ d <&. it kbi admque non par diffe, S. Vnico, cht faticofa parte,&gran carico mi fia impoflo quefla / eraha- uendo a dimoftrare in qUal modo * & maniera , & tempo, debbo il Cortegiano ufar le fue buone condi- tioni, & operar quelle cofe * cbe gia s’b detto eon- uenirfegli ? iA me non par gran cofa, rifpofe I'Fnicoj & credo cbe bafti tutto quefto dire, che’l Cortegiano fiadibuon giudicioj come bierfera ben dif e d Conte effcr necejjdrio ; & efiendo cofi, penfo cbe Jenga al- tri precetti debbapoteritfar qUello,cbe egli fa, a tem¬ po , & con buona maniera ; ilcbe uolere piu minuta- mente ridurre in regula faria troppo difficile, & for- fe fuperfluo; percbenon fo qttalfta tanto inetto, che Uoleffe uenirea maneggiar farmer quando gli altri fuffero neUamuftca, ouero andafie per le jlrade bal- lando la morefca, auenga cbe ottmamente far Ioja- peffe, ouero dndando a confortar md niadre, a cui fufje morto il figliolo, comihciafe a dir piaceuoltgp ge, & far I’arguto; Certo queflo a niun gentilhuo- mo credo interucrria, cbe non fufie in tutto paggp; id me par, Signor Vnice fife quiui M. Fed. cbe uoi andiate troppo in fu le efiremitd; perche interuien qualcbe uoltd ejier inetto, di modo cbe non cofi fa¬ ct tmenfe ft conofce, &gh errori non fon tuttipari; fir pair a o ccorrer cbe I’buom ft aflenerd da Una fcioc- chegga publica, e troppo chiara , come faria quel che iioidite di andar ballaiido la morefca in piaggga, & non faprd poiajlenerfi dilaudar je fleffo fuor di pro- pofito, d’ufar mi a profuntion faflidiojd, di dir talker' ma parota penfando di far ridere, laqrnl fereffer G 4 detta Torn a a re- plicar Ja ma' teria del ra- gionamen- 10 picleute. Diftouene- uolezze rierali. Gli errori non lb no' tutti egualt- L I B H ®. . detta fuor di tempo, riufcird fiedda, e fenga gratia alcana; & fyefio quesii errori fon coperti d’uncer- to udo, cbe fcorger non gli lafcia da cbigli fa, fe con la diligenfa non uifi mira. Et bencbe per mofie.cau- fc la uifta noflra poco difcerna; pur Jopra tuttoper I’ambitione diuien tenebrofa , the ognivtn uolentier fi moftra in quello, cbe ft perfuade di Japer, o uera,o. fklfa cbe fia quella perfuafime v Verb il gouernarfi bene in quefloparmi, cbe confSi a in una certapru- dentia , &gumcio di elettione, & cono/cere ilpiu , f preceiti e’ltneno, cbenellecofefaccrefce,&fcema,per ope- a»uo gio- rar i e j ippoytunamente , o fuor di slagione. Et hen- cbe il Cortegiano fia di cofi buon giudicio , cbe pof- fit difeernere queite difference ; non epero, cbe pin facile non gli fia confeguir quello, che cerca,ejfendo- gli\ aperto il. penfiero con qualcbe precetto, & mo- siratogli le hie, & quafi i luocbi, douefondar ft deb- ba , cbe folamente attendefie al generate, Hauendo adunqueil Conte hierfera con tanta copia , & bet modo ragionato della Cortegiania , in me ueramen - te ba mojfo non poco timer & dubbio di non poter cofi ben fitisfhre aqueslanobil audientiain quello, cbe ametocca a dire , come ejfo ba fatto in qltello, chealuitoccaua ; pur per farmi partecipe pin cb’io pofia, della fua laude, & efler ficuro di non err are quanto *ha almen in quefla parte, non gli contradirbin cofaal- detto nei cuna _ Qnde confentendo con le opinioni fue, & oltre libro. en e al reflo circa la nobiltd del Cortegiano, & loinge- gno , & la dijpofition del corpo, & gratia dell’afiet- to, dico cbe per acquifiar laude meritamente & bm- na -£ C O ^ D 0 . 53 M eflimation apprejfo ogniv.no■, & gratia da nuci Signori, a i quali feme, p.rrnii necejjario che e Jap pia cmponere tutta la uita jua , & nalerft dcllc fu» bmne qualitd, uniuerfalmente nclla conuerfition di tutti gli buomini, fetiga acquiftarne inuidia ; ilcbe quanto in Je dijffcil fia, conjiderar ft pub da da. rctri- Le s? ii3 P* 1 td di quelli, che a tal termine giungerji ueggcno;per- du ati buomini, cbe ftano nel- lo ejercito , & maffimameme alia prefentia , & fe pofjibtle b i innangi a gli occbi proprij del Juo pe, 0 di quel Signore > a cut ferue; percbe in uero e ben coriueniente Ualerfi delle cofe ben fa:te . Et io efli mo , cbe ft come e male cercar gloria falfa < e di quello i che non merit a; coji fta aucor maledefrau- dar fe sleffo del debito bonore , & non cer came quella laude, cbe fola b uero prernio delle Uirttio- Je fkticbe . Et io riccrdomi bauer conofcimi di quel- liy cbe auuenga cbe fuffero uaienti ,pur in q;t fla parte erano groffieri; & coft metteait la tiita d pe- rieolo per andar a piglinr ma mandra di pecore , come Le'cofe no^ tabih detia guerra dec ll Cortegia- no fare al cofpetio di pochi, efc* gnaiau. Non fi dec metceral petitolo ?a uita,fe non in imprefe di gloria. L I B \ 0 come per offer i primi che montafiero le mura d'u- na terra combattuta; ilche non fara ilnoflro Cor- tegmno, fe terra a memoria la caufa , cbe lo con¬ duce alia guerra ■, che dee cffere folamcnte.fhono re . Et fe poi ft ritrouaa arrneggiare ne i jpttta- coli publici, giofbrando , torneando o giocando a came, o fkcendo qual ft uoglia alero efjercitio del¬ la perfona ; ricordandoft il loco, oue ft truoua, & in prefentia di cut, procurcrd effer nell’ame non Queiio.che j neno attilato & leggiadro, che ficuro; & pafter fenfire , 1 gli occhide gli fpettatoridi tuttelecofe , cheglipar c ne i tor- r d, c J ]e poffano aggiugncrgli gratia ; & pond cu- ^ewnenti. ^ d’hauercauallo con uaghi guarnimenti , habiti ben inteft, motti appropriate, & inuentioni inge- niofe, che a fe tirino gli occhi de i circonflanti, co mecalamitd il ferro. Tfon faramai de gli ultimi , che comparifcono a moftrarfi ; fapendo , chei po- poli, & maffimamentc le donne, mirano con molta maggior attentione i primi, che gli ultimi; per che gli occhi , &gh animi, che nclprincipio fono auidi di quella nouitd, notano ogni minuta cofa, & di quell a ftmnoimprefjtone; poi per la contimatione non fo- Dee proeit* lamente ft fatiano, mi ancora ftsiancano. Tero fn F“ uno nobile hiflrione antico, ilqualc per quesio ri- wmpatire. (petto fempreuoleua nelle fkuole effer ilprimo , che a recitare ufeifie. Cofi ancor parlando pur d’arme, il no sir o Cortegiano haurd rifguardo alia profeffion di coloro con chi parla, & a quefia accommodaraf- fl, altramente ancor parlandone con buomini>altra- mente con donne ,& fe uorrdtoccar qmlch.e cofa, che S E C 0 0. JJ cbe fia in Iciude fun propria, Id far a dijfimulatamen te,comea cafo, & per tranfito , & con quella difere- tione & auertentia cbe hieri ci moftrb il Conte Lo- douico. If on ui par bora S. Merello, cbe Ic noHre J^uardo" Ppgole pofja.no infegnar qualcbe cofa d'dfon ui par alia profcf- cbe quello amico noftro , del quale pochi di for.o, [j 1 ° i n co ^ 1 “j parlai baitcjfe in tutto fcordato, con chi parlaua, & parta. per cbe i quando per intertenere una gentil donna, laqual per primamai piunon baueua ueduta , nel principio delragionar le comincid a dire, cbe baue¬ ua morti tanti buomini, & come era fiero, <& fapeua. giuocardi fpada a duemani; re feleleuo da canto, cbeuennea uolere infegnar, come fe bauefjeroa ri- pararalcuni colpi di aapga, ejjendo arrnato, & co¬ me difarmato, & a moftrar laprefa di pugnalc; di modo, cbeqttcllamejchina flaua in fti la croce ; & paruele un’hora mid’ami leuarftlo da canto, temen- do quafi cbe non ammaggafk lei ancora,come quegli altri. In quejli errori incorrono coloro,cbe nonhanno riguardo alle circonfian^e,cbe uoi dite ricordarui d’ha iter altreuolteinteJ'o.Dicoadunque,che degli efercitij Erercitijdei delcorpo fonoalcuni,cbe quafi mai non ftfanno,fe non in publico; come’ilgiojlrare, il torneare,ilgiocare fare. a canne, & gli altri tutti cbe dependono dall’arme. Hauendvfi adunque in quefli da adoperarc il nosiro Cortegiano, prim a ha daprocurar d’efier tanto bene ad ordinedi caualli;d’arme ,&d’abbigliamenti, cbe nulla gli manchi; & non fentendofi bene ajfettato del tutto, non ui fimetta per modo alcuno ; perche fetuar.iacs non facendo bene, non ft pub efeufare cbe queflanm zx ft a L I 8 K. 0 fit laprof jjion fua.^fpprefio dee confiderarptoltofn prefentia di chi ft mo fir a , c qualiftano i compagni , perche non faria cpnueniente cbe m gentilhwrno andafi'e ad bonorare con la pcrfona Jua una fefta di contado, done gli Jpettatori, & i compagni fujfero gente ignobile. Difie allbora il Sig. CafparoVallaui cino,nel paefe nofiro di Lombardia non s’banno quc- fii ri(petti;an%i molti gcntilbupmini giouani trojan ft, cbe lefefie baUano tut to’l di ncd Sole co i uillani, & con ejji gmocano a lanciar la bara,lottare,corrcre, e fait are; &ionon credo cbe fia male ; percbeiui non ft fa paragon e della nobiltd,ma della for^a,& defire ^ %a, nolle quaicofe(pejfog'i buomini di uilla non ua~ glion mettOytbe inobili,& par ibe quelia domefti- chegga babbit in fe rna certa liberalha amabile. Opel bailor rtf! Sole , njpofe M. Federico, a me non rhuomo place per modo alcuno^ne jb (be guadagno tit ft treui. futVdi afn Ma cbi uuol pur lottare,eerier, & jaltar co i ufilani, jhr >- deeal parer mio fat loin modo di proptarfi {& come roenti non r r i i • \ •? i a mttu »cj jt fitol cure ) per gcntUtTgga, & non per contender, rimptefc. con \ 0 y 0 . QJ- fee I’lwofnp ejjpy qua ft jicuro di uineer , (dtramente non ui ft rnetta; per cbe Fla treppo male , e troppo ebrutta cofa , & fitor della dignita , ueaere un gcntilhuorno mnto da an uillano , & maffma- piente alia lotto. Verb cred’io , cbe fia bene aHenerfi almenoin prefentia di molti; per cbe il guadagno nel uincere e poebtsfimo, la perdita neli’efjer uinto h gr indisftma ■ Fasfiancora il giuoco della pulla quaff fempre in publico ; & b uno di quei (pcttacoli, a cut la mgltitudinc apporta a fiat ornamento . Vogho SEC 0 D 0. 5(5 fldunquc, cbe qiteslo,e tutti gli aliri, dall'armeg- giarin fuora ffaccia il noslro cortegiano , come co * fa, die fua profesfione non fia , di cbe moflrinon etc car, o afpettar laudealcima; ne ft corn fia, cbe molto siudio , o tempo ui metta , auuenga cheecceUente- mente lo faccia, ne fia come alcuni, cbe ft dilettano di Mufitca,& parlando con chi fiajempre cbe fi fa qualcbe panfane i ranonamenti , cominciano foltp g ue «eik r / • • j i n j pfofefiioni uoce cl c airfare ; altri cammarifio per le tirade xjT di ciaicuno perle Cbkfemnno fimprebdlando ; altri incontran dofi in piagga, o doue fit fia con qualcbe amico,ft metton fubitoin attodi giuocar di jfiada, odilotta- re, fecondo cbe pin fi dilettano. Quiui difieM. Ce- fare Gongaga Meglio fa un Signor giouane, cbe ba uento in lioma, ilqualeperche fi fente aiutante del¬ la perfona, conduce tutti quelli, cbe lo uanno a ui- fitare , anchor cbe mai piu non gli babbia ueduti , & inuitagli con grmdisfima insiantia a fpogliarfi in ginppone & giocar feco a faltare . Iljfe Mi. Federico , poi foggmnfe . Sono alcuni altri efier- citij , cbe fur fi pofiono nel publico, & nel priua- to ; com’e il dangare; & aquefio .efimpio, cbe deb oinztte.^ ba bauer rijpetto il Cortegiano ; perche dangando in prefentia di mold , & in loco pieno di pupolo, parmi , cbe fe gli comenga feruarc mia certa di- gnita , temper.ata perp con leggiadra & aerofa dolcegpra di mouimenti ; e benche fi fenta leggie- risfimo, e cbe babbia tempo,, & mifuraafjai ,nm entri in quelle prefterze de‘ piedi , e duplicati ri- , ■ /■ • /■ • J i n v BarleuacK batumenti , i quad ueggiamp cm nel nojtro Bar- Zi:me , ktui QaellOjChe dee feruare il Piencipe nelle >ni- fthere. L I B O lettit fianno beniffimo, e forfe a un gentilhuomfa- riano poco conuenicnti ; bentdte in camera priiiata - mente , come bornoici trouiamo , penfo cbe licito gli fia &qudto &ballar morefche, & bran'di; ma in publico non cofi,fuorcbetrauefiito;e bcncbefuf- fe di modo cbe ciafcun lo conofcejfe, non da noia,an- ■%i per moflrarfi in tal cefe ne gli fpcttacoli publici con arme, & fenya airne, non e miglior uia diquel- ia; perche I’efiertrauefiito porta feco ma certa liber- td, &licentia.', laquale tral’altrc cofe fa cbe I'huo- mopu 'o pigliar forma di qutllo,in che fi fente ualere, & ufar diligentia,& attilatmra circa la principal in- tentione della cofa, in chemoftrar fiuuole; &una certa fpre^patura circa quello, cbe non importa,il che accrefce molto la gratia ; come J,aria uejiirfi im giouane da ueccbio , ben pero con habito difciolto per poterfi moflrare nella gagliardia un cauaUiero in forma di pajlor faluatico, o altro tal habito, ma conperfetto cauallo, &leggiadramente acconcio Je- condo quella intentime ; perche fubito I’animo dei circonfianti corre ad imaginar quello, chc a glioc- chi al primo ajpetto s’apprefenta ; & uedendo poi riufcir molto maggior cofa, cbe non prometteua quel habito, ftdiletta, &pigliapiacere.Veroadun Tren- cipe in ifiigiuochi e ffiettacoli, one interuenga fittio- ne di falfi uifaggi,non fi conuerria il uoler mantener- laperjona. del Trencipeproprio; perche quel piace- re, che dalla nouitd uiene a gli ffettatori, mancheria in granparte, che ad alcmonon emtouo, che'l Tren¬ cipe fia il Tnncipe; & efio fapendofi ch’oltre all’efi- fer SEC 0 H D 0. 57 Jer Principe ttuol bauer ancor forma di Principe, per- de la liberta di far tuttc quelle coje, che jono fuor della dignitd di "Principe; &fe in quefli giuocbifuf- fe contentions alcuna,mafpmamentc con arme,potria ancor far credere di uoler tetter la perfona di Princi¬ pe per non efjer battuto, ma rignardato da glialtri; oltra che facendo ne’ giuoebi quelmedefimo, cbedee far da douero, quando fufie bifogno leueria I’auto- rita al uero, & pateria qua ft che ancor quello fufie giuoco ; met in tal cajo JfogUandofi il Principe la Auertiotn* perfona di Principe , e mefcolandufi egualmente con ;■ i minori dife; ben pero di mudo cbe pojja eficr cono- fciu!o,col nfiutar la grandegga piglia un'altra mag- gior grandegga, cbe e il uoler auangargli aim non d’autorita , ma di uirtu; & moSlrar, cbe'l ua ‘or fuo non e accrefciuto dall'ejjere Principe. Dico adun- que cbe’l Cortegiano dee in quejii jjgettacoli d’arme bauer la medejtma auuertentia fecondo ilgrado fuo . ueggon, gi‘i K(el uolteggiar poi a cauallo , lot tar, correr, c falta- re , piacemi moltofuggir la moltitudine della plebe, o alrneno lafeiarfi uedere rarijjme uolte ; percbe non h al mondo cofa tanto eccellente, della quale gli ignoranti non ft fatiano,&non tengan poco conto, uedendole lfeffo. Ilmedefmo giudico della Mufica; ■pero non uoglio cbe’l nojlro Cortegiano faccia come Deirefferd mold, cbefubito , cbe fon-giunti oueebefim, &alla Muto!* prefentia ancor di Signori ,dei quali non babbiano notitia alcuna, fenga lafeiarfi molto pregare,fi met- tono a far do cbe Janno, & fpejfo ancor quel cbe non f,anno j dimoda che par cbe foiamente per quello ef- H fetto L 1 B ]{ Q fctto ft mo andtiti a farfi uedere, & che qttella fta la loro principal profeffione. Fenga adunqueil Cor- tsgiano a farmufica, cornea cojaper pajiar tempo, & qua ft sfor Tato, & non inpreftntia digente nobile, ne digran moltitudine; & benche fappia, & intenda cid che fa, in quedlo ancor uoglioche dftfmuli Hudio &la fatica che l necejfaria in tutte le cofe,cbe s’hcm- no a far bene; & moftri eftimarpoco in ft siejfo que- Quai fia ii ftaconditions;macol farla ecceU.entementela. fac~ wJifi" CM e fti m re aftai da gli altri. ^illhora il S. Gaftaro ft. 'Pallauicino,MoltefortidiMuficadi/se,fttrouanco~ ft ditioci uiue, come d’inftrumenti;ptro a me place- rebbe intender qualfia la miglior tra tutte ,& a che tempo debba il Cortcgiano operarla . Bella mnftca, riftoft Mejfer Federico ,parmi il cantar bene alii- bro ftcuramente, & con bella mam era. ; ma ancor moltopiuil cantarealla uiola iperche tutta la dol- cezga confute quafi in m jolo; & con molto mag- gior attention ft nota & intended bel modo,&l’a- ria, non efiendo occupate ie crecchie in piu che in una fol uoce; & meglio ancor ui ft difcerne ogni picciolo errore; ilche non accade cantando in com - pagnia,per che I’uno aiuta I’altro; ma fopra tutto parrni gratiffimo il cantare alia uiola per recitar ; ilche tanto di uenustd, & efficacia aggiunge aUe parole, che e gran marauiglia , s ono ancor bar «- rnoniofttutti gl’inslrumcnti da tafli, per che hanno le confonantie molto perfette, & con fkcilitd ui ft poftono fkr molte cofe, che empiono I’animo della muftcal dolcc^ga.Ft non mono diktta la muftca del S E C 0 T<(D O, 5* le quattro uiolc da arce , la quale e foauiffma, & artificiuja . Da ornamcnto , & gratia afsai la no¬ te humana a tutti quest! instrument!, de i quali uo- glio the al nostro Cortegian bafli baiter notitia. Et quanto pin peri in effi (ara eccellente , tanto J'ard In(1mmei] _ mezlio; fenra impacciarti rnolto di qiu lli, che Mi- *» Muficaii ne.ua rifiuto, & \Atcmade , percbe pare else uar ifiuwii habbianodel Jcbifo . ll tempopoi ,nel quale ufar ft pofjono quests J'orti di mufica, ejiimo io cbe fajem- pre, cbe I’homo ft troaa in una dome Stic a & car a compagnia, quando alire faccende non ui funo; ma fopra tutto conuienfi in prefentia di dome, percbe queg'i ajfetti indolcifconogli animidi cbi ode,&piu li fhnno penetrabili dalla fuauitd della mufica ; & ancor jueghanogli jpiriti di cbi la fa. Viacetni ben (come ancor ho detto) cbe fifuggalamoltitudine,& majjimamente de gl’ignobili. Ma il condimento del tutto bifogna cbe Jia la difcreticne; percbe in effetto to d'ogni faria impoffibile irhaginar tutti i cafi, cbeoccorrono; co(a ‘ & feil Cortegiano jar a giuSto giudice di fe ftejfo, s’accommoderd bene a i tempi, & conofcerd , quando gli animi degli auditori faranno difpoiii ad udire,& quando no ; conofcerd I’etd fua; cbe m uero non ft conuiene& diffare afjai, uedere un'huomo di qual- cbe grado,ueccbio,canuto,& fen^a denti,pien di ru- ghe,con una uiola in braccio fonando cantare in me » •jro d'una compagnia di donne,auenga ancor the me- diocrementelo fdeeffe; & que[io,percbeilpiu delle Ne^ecciu uolte cantando ft dicon parole amorofe, &ne'jtec- J’amore e fhi 1‘'amor e cofa ridicula ; benebe qualche uoltapaia, ftfj . rKi ‘ wft ' H i cbe L 1 S \ O che egli ft diletti tra gli altri fuoi miracoli d’acceii- dere in diffetto de gli anni i cuori aggbiacciati. l\i- fpofe allbora il Magnifico , 2 yon priuate Meffer Fe¬ derico ipoueri ueccbi di queslo piacere ;percbe iogid ho conofciuti buomini di tempo, cbe hanno uoci per- fettiffime s e manidifpofttijjime, e gl’insinmenti mot¬ to pin cbe alcuni giouani. l\(cn uoglio, dijfe Mcflcr Federico, priuare i ueccbi di queslo piacere; ma uo¬ glio ben priuar mi, & quesle donne del riderui di quella ineptia ;& fe uorarmo i ueccbi cantare alia uiola , facclrnlo in fccreto , & folamentc per leuarjl dell'animo que’ trauagliofi penfteri , & graui mole- ■$he,di cbe la uita noftra e piena;&per guslar quel¬ la diuinitd, cb’io credo che nella mufica fentiuano Kthagora,e Tithagora , & Socrate. & fe ben non la efkrcita- Siano ranno, per hauer fhttone gid nell'animo un certo ba¬ te diuiniti bitOy la guflaran molto pin udendola , cbe chi non s*. bauejfe cognitione; per che ,fi ccme fpefjo le braccia d’un fabro debile nel reslo, per ejjerpiu ejfercitate , fono piu gagliarde, che quelle d’un'altro huomo ro- buflo, ma non afiueto a fhticar le braccia; coft le orecchte efercitate nell’barmonia, molto meglio, & piu presto la dijcernono, & con molto maggior pla¬ cer lagiudicano, che I’altre per buone, & acute , cbe ftano , non efiendo uerjate nelle uarietd delle confonantie muficali; perche quelle modulationi non enlrano, ma fenga lafciare gusto di fe, ma trapaf- fano da canto all'orecchie non afluete d’udirla;auuen ga cbe inftno alle fiere fentono qualche dilettation del la melodia. Queslo e adunque il placer,cbe ft conuie- ne f E € 0 ?? He a i uecchi pigliare della Mufica. llmedefimo di- co del dan%are;perche in uero quefti eftercittj ft deo- no lafciare prima, che dalla eta ftamo sforzatiano- ftro difpetto lafciargli . Meglio e adunque, rifpofe quiui il S. Morello,quaft adirato,efdudere tutti i nee- chi, & dir che folamente i giouani habbiano da ejj'er chiamati Cortegiani. I{ife allbor M. Federico , & difle .Vedete uoi S.Morello,chequeUi,cbeamand ciafeunfra quefte cofe ,fe non fon giouani ft Ftudiano d’appare- re; &pero fttingono i capclli,& fknnofi labarba due uoltela fettimana; & cio procede, che la natu- ra tacitamente loro dice, che tali cofe non ft conuen- gono fc non a giouani . Rjfero tutte le dome, per- che ciafcuna comprefe che quelle parole toccauano al $. Morelia;& eJ]o partie cbe unpoco fe ne turbaf- fe. Ma fono ben de gli altri intertenimenti con don- ne ,joggiunfc fubitoM. Federico,che ft conuengo- no a i uecchi: & quali ,difteilS. Morello, dir le fh- uole i Ft queftoancor, rifpofe M. Federico, ma ogni eta , come fapete, porta fecoi fuoi pen fieri, & ha U «"J qualcbe peculiar uirtu, & qualchepeculiar uitio; & e umo ' ‘ i uecchi,come che ftano ordinariamente prudentipiu cheigiouani,piu continent, & piu fagaci;fonoan- co poipiu parlatori, auari, difficili; timidi; fempre gridano in cafa, afperi a i figliuoli; uogliono che ogniun fhcciaamodo loro;&per contrarioi giouani ttnimoft, liberali ,finceri, ma pronti aide riffe, uo- lubili ,che amano ,&difamanoinun punto ;dati a tutti i lor piaeeri; nemici a chi lorricordail bene. i.aetiufrj* Mu di tutte lead la uirile e pin temperata, chegid tem ” M l ba Ba che fi debbono guardare i uecchi. $*ello,che debbono haacrei gi(J uani. Maniera ri- jofata. L I S Ti O balafsato le male parti della giouentu ; & ancor non e peruenuta a quelle della ueccbiegppi . Que- tti adunque posli quaji nelle eHremitd , bifogna, che con la rugion fappiano correggere i uitq, che la natitra porge. Vero deono i ueccbi guardarfi dal moltolaudar fe (ie(]i , <&dall’altre cofe uitioJe,cbe bauemodetto efier low pvoprie ; & ualerfi di quella prudentia & cognition, cbe per lungo ufo bauran- no acquijlata;&efier qua ft oracoli, a cui ogniunua- d.i per conftglio ; &bauer gratia in dir quelle cofe, ebefanno, accommoditamente a ipropofiti; accom- pagnando la gratia de gli ami con una certa temper rata,& fhceta piaceuoleg^a . In queslomodo fa- ranno buoni Cartegiani, & interterrannofi bene con hmmini,& con domic;&in ogni tempo faranno gra tiffimi, fenga cantare,o dan^are; & quando oc~ correra il bifogno, mo fret anno il ualorloro nelle co~ fe d’importantia. Questo medefimo riffetto & giu- dicio habb'tan i giouani, non gia di tener lo file de i ueccbi, cbe quello, che all’mo conuiene,non conuer~ rebbe in tutto all'altro ; & fuolfi dir chenegiouani troppo fauie-gpta e mal regno; ma di correggere in fe iuitif naturali. Tero a me place molto ueder un giouanc, & maffimamente nell’arme , che babbia unpocodelgraue& del taciturno, che jlia fopra di fe, fenga quei modi mquieti, che jpefio in tal eta ft ueggono; perebe par che habbiannon Jo cbe dipiu, cbe gl> altngiouani .Oltre a do, quella maniera coft ripofata ha in feuna certa fiereg^a riguardcuole / per che par moffa non. da ira , ma da giudicio, & pin SEC 0 D O 60 preslo gouernata dallaragione che dallo appctito / & quella qua ft fempre intuttigli huomini di gran core ft conofce . & medefmamente uedemolane gli animali brutti, che hanno fopra gli altri nobiltd, & fortegja , come nel Leone, & nell’Mquila ; ne cib k fuor di ragione, perche quel mouimento impetuo- fo & fubitofenga parole, oaltra dimofiratione di co- lera, che con tutta la forget unitamente in un tratto, quaft come fcoppio di bombarda erumpe dalla quie- te,che e ilfuo contrario, h moltopiu uiolento, &fu- riofo, chequello , che crefcendo per gradi, frij'calda a poco a poco .Verb quefti che quando fonper fare ch ^ qualcbe imprefa,parlan tanto, & faltano, ne pofion lano. farfermi,pare che in quelle tali cofe ft fuampino; & come ben dice ilnofro M.Vietro Monte, fanno come i fanciulli, cheandando dinette per paura cantano, quaft che con quel cantare da fe /lejfi ft fkcciano ani- mo. Coft adunque come in ungiouane lagiouentu- ripofata & matura e molto laudeuole, perche par chela leggcre^ga, che buitiopeculiar di quella eta, fiatemperata, & corretta;cofi in un uecchio e dafti- mare ajj'ai la uecchiezga uerde, & uiua; perche pa- ua . ’ re che’l uigor dell'ammo Cia tanto, che rifealdi, & di a for 7 a a quella debile & fredda eta; gjr la marten ga in quello(latomediocre, che elamiglior partede la uita no sir a. Ma in Jomma non bafteranno an- cor tutte quefte condition! nel noslro Cortegiano per acquislar quella uniucrfalgratia de' Signori, Canal- lieri ,&dome;fe non hard inf cinema gentil, & amabilemanieranelconuerfare cotidiano;&dique - ' H 4 fto Chi ha a co Her fa re bilb gna, che li guidi col guidicio proprio. libro inlo de della rao fca, dela quarrana,e di coli faue eofe. ^el conuer fare del Cor regiano. L T B % 0 flo credo ueramente che fia difficile, dar regola dlcu * na,per le infinite & uarie coje,che occorrono nel con * uerj'are; effiendo che tra tuttigli buomini del mon- do non fitrouano d.ui,cbe fianod’animo toialmen- te fimili. Tiro chi ha da accommodarfi nel conuer- far con tanti, bifigna che fi guidi col J'uo giudkio proprio, & conofcendo le differentie dell’uno &del- I’altro, ogni di muti hilt, & modo ,fecondo lana- tura di quclli, con chi a conuerfar fi mette. Tgeio per me nitre ngole fopra cio dare gli faprei, eccet- to le gia date . Difie all'bora. la Signora Emilia, V oi f uggite troppo la futica M.'F'ed.ma non ui uerra fat to , cbe pur hautte da dir fin che l’bora fia d’andare a letto. Et s’io Signora non baucjje che dire t rifiuje M. Fedtrico . Difie la. Signora Emi¬ lia . Qgi fit uedra il uohro ingegno; &_ fe e uero quclio, clriogid kointelo, efierjitrouato buomo tan- to ingeniojo & eloquente, cbe non gli fia mancato [ubietto per compone un libro in laude d’una mo- fca , altri in laude della febre quartana, un’altro in laude del cailuitio ; non da il core a uoi ancora di fa- pertromr cbe dire per una fera joprala Cortegia- nia f* Hormai , rifpofe M. Federico ,tanto ne bane- mo ragionato, che ne fariano fatti dot libri; rua poi cbe non mi uale efcufatione, diro pur fin che a uoi paia, ch’io babbia fatisfatto, je non all’obligo, al- meno al parer mio . lo ehimo, cbe la conuerfatio- ne ,allaquale deeprincipalmente attendered Corte- giano con ogni fuo hudio per farla grata ,fia quel- la , che baura coljuo Trincipe} & benche queflo no- ms S £ C O'TSf D «. 6t fne di conuerfare importi una certa paritd > cbe pare , cbe non pcfja cader tea’l Signore e’i fer- ■uitore; pur noipcr bora la ehiamaremo cofi . Vo- glioadunque che’l Cortegiano, oltre lo baucr fatto, &ognidi far conofcere ad ogniuiio fc effer diquel ualore , cbe gid bauemo detto, ft uolti con tutti i pen fieri , <& forga dell’animo fuo ad amare, & qitafi adorare unVrincipe a chi feme fopra ogn'altra co- fa , & leuoghe fue , & coflumi, <& modi tutti indi- riggi a compiacerlo. Quiui non afpettando piu,dif- fe Vietroda Tgnpoli . Di quefli Cortegiani baggidi trouaranfi afiai, perche mi pare , cbe in poche pa¬ role ci babbiate dipinto un nobile adulatore . Voi u’ingannate afiai, rifpofe Mefler Federico , perche gli adulatori non amano i Signori, ne gli amicifilchc io ui dico, cbe uoglio, cbe fia principalmente net noHro Cortegiano ; el compiacere , & feconaar le uoglie di quello , a chi fi feme, fipuo far fenga adu lare ; perche io intendo delle uoglie , cbe fiano ra- gioneuoli , & honcste, ouaro di quelle , cbe in fe non fono ne buone, ne male, come faria il giuo- care , darfi piu ad mo ejfercitio , cbe ad un’al- tro; & a queflo uoglio, che’l Cortegiano s’dccom- modi, feben danatura fua ui fuJJ'e alieno di mo- do , cbe fempre , che’l Signore lo uegga , pen ft, cbe a parlar gli habbia di cofa , cbe gli fia gra¬ ta ; ilche intender uorrd, fe in coHui far a ilbuon giudicio , per conofcere do cbe piace al Trinci- pe , & I’ingegno, & la prudentia, per fapergli accommodate, & la dehberata uolontd per fhrft piaccr Si dec ccr«4 rc di copia- cere al prix* ape* Gli adulatO ri non ami no* Quelto.eiitf dee oiTeru* reil Lone* giano per farfi grato al fuo Frinc* ape. t 1 B If O piacer quello, cbe forfe danatura gli difpiacejfe ; & bauendo quefte auertentie, innangi al Trincipe non siard mai dimala noglia, ne meianconico,ne co- fttackumo, comemolti, cbe par cbe tengbinobriga co i patroni; cb’e cofa uerarnente odioja. TS[m far a, maledico, e jfiecialmente de ifuoi Signori;ikheffief- fo interuiene, cbe par cbe nelle cord fia una procella, cbe porti feco quesla conditione, cbe fempre quelli, cbe fonopiu bcneficiati da i Sign. & da bajpljimo lo ne^alcuni C0 m a ^ t0 & at0 * f em P re fi dolgOUO , & dicOtlO Coitegiani, mai d’effifilche e difconueniente nonfolamente a que sli t.ili,ma ancora a quelli, cbe fufjeromaltrattati. 2{on ufara il noftro Cortegiano profuntionefciocca; non fard apportator dinoue faslidiofe; non fardin~ auuertito in dir talhorparole,cbe offcndano in loco di uoler compiacere; non fard oftinato, 6" contentio/o, come coloro,che par cbe non godano d'altro , cbe di effer molefti, &faftidiofi aguifa di mofcbe,& fin- no prof effion di contradire dilpettofarnente ad ogniu- no fenga rifpetto. Tfon fard cianciatore, nano, o bit- giardo, & uantatore, ne adulatore inepto ; ma mo- deHo ,- & ritcnuto; ufando fempre, & maffrna- »ee tffasi mente i n publico, quella riuereittia, & rifpetto,che nercnte cij fi conuiene al feruitor uerfo il Signore ; &nonfi- #paiofi>. ^ comemolti, iqualikcontrandofi con qual ftuo- glia gran Trincipe, fe pur ma jol uclta gli ban- ■ no parlato ,fegli finno innanti con un certo ajfetto , ridente, & da amico, cofi come fe uolejfero accare ^ gare un fuo eguale,o dar fauore ad un minor dife. %arifjim uolte,o quafi mai non domandard al Si~ gnor J£CO\D(J, 6t gttor cofit alcuna per fe itefib, acciocbe quel Si pi or bauendo rijpetto di negarla coft a lui Hefio , talbora non la conceda coafaftniio, cbe cmoltopeggio. Do- manlando ancur peraltri of/eruerd dtjeretamente i tempi ,& domanderd coje bone He & ragioneuo i, & ajfcttard talmente la petition fiuafeuandone quel¬ le parti, cb’efio conoficerd poter difpiacere, &fa- cilitando con dcjhcgpa ledijficuhd, cbe'l Signor la concederd fempre, e Je pur la negberd , non crederd batter ojfe/o colui, a chi non ba uoluto compiacere ; percbe jpejjb i Signori, poi che banno negato una gratia a chi con melta import unit a la domanda,pen- fano cbe colui , cbel’ha domandata con tanta inslan- tia, la defideraffe molto; ondenon bauendo potato ottenerla, debba uoirr male a cbi glie la negata ; & per quefta credewga effi cominciano ad odiarc quel tale, &rnai pin non lo pofiori ueder con buon occhio . TS(on cercerd d’mtrometterfi in camera, o tie i luochi fecreti col Signor fho, non efiendo n- chicHo, fe bene far a di molta auttorud ; percbe fteflo i Signori quando Hanno priuatamente, ama- no una certa libertd di dire, & far cio cbe loro pid ce, & peronon uoglion effere neuditi neuedutida perfona, da cut poffono ejfer giudicati; & e ben conueniente. Ondc quelli, cbe biaftmano i Signori, che tengono in camera perfone di non molto ualorc in altre cofi,cbe in fapergliben [entire alia perfona, parmi cbe facciano errore; percbe non fo per qual can fa effi non debbano batter quclla libertd,per rila- fciare gli animi loro , cbe noiattcor uolcmo per rila- Comeds di manda* le giatie. Che ft 6 Ci cu rio lo di tntrare,qu£ do il Prenci pe artende alia qui te dcli’anijae. L I B ff O' fciari noHri; Ma fel Cortegiano confueto di tv at¬ tar coje important!, ft ritmoua poi fecretamente in camera , dee ucFiirft un’altra perfona , & diffe- rir le coje fetterc adaltro loco e tempo; & alien- dere at ragionamenti piacettoli, & gratial Signor fuo, per non impsdirgli quel ripojo d’animo ; ma in qtte/lo & in ogni altra cofa fopra tutto babbitt Che non fi cura di non uenirgli a faftidio ; & ajpetti cbei fa senate"? j&- mri & ^' lano P m preHo, che uccellargli co- uori. ft fcopertamente come fan molti , che tanto auidi nefono, che pare, cbe non confeguendogli ,hab- bianoda perderlauita ;&fe per forte hanno qual- cbedisfhuore, ottero ueggono altri ejfer fhuoriti, re. ftano con taut a angonia, che diffimular per modo al- cunononpoflono quella inuidia; onde fannoridere N A bba ^ e & nimo; & (P e J]° f ono cau fa, cbe i Signori dia - uogonfiar- no fattore a chi fifia,foUmente per fur loro di^etto. fineifaga- sepoiancoraftritrouanoinfauore, che pafftlame- diocrita , tanto ft inebbriano in efio , cbe refta- no impediti d’allegregga ; nepar cbe fappian cib ■ cbe ft far delle mani, ne de i piedi, & quafiflatt tto per chiamar la brigata , che uenga a ueder- gli, & congratularji feco, comedi cofa, che non Cyclic che ftano confueti mat pin di hatter . Di quefia forte n neifauo non uo gHo , che fta il noHro Cortegiano . Vogl'm “• ben cbe ami i fkuori, ma non perd gli esiimi tan¬ to, che non paia poter ancor Star fenfeffi;& quan do gli conofce,non moHri d’efierui dentro nttouo, ne forcftiero ,ne marauigliarfi che gli ftano ojferti; ne glirifiuti di quel modo,chef anno at cimi, che per mera, i igno- S E C O TffD 0. 63 ignorantia refta.no d’accettargli, & cofi fanno-uede- re a circonlianti,che fe ne conojcono indegni. Dee benl’buomo star jemprt uri poco piu rimeffo,chenon comporta il grado juo;non accettar cofi facilmentei fauori,& bonori,cbe gli fonoufferti,et rifiutargli mo deftamente, moftrando eslimargli affai, con tal mo- do per 6 , cbe dia occaftone a cbi gli offer ijee, a’offe- rirgli con molto maggior inffantia ; percbe quanta piu refisientia contalmodo s’ufa nello accettargli, tmto piu pare a quel Trincipe,cbe gli concede,d’ej- fer esiimato; & cbe la gratia cbe fa, tanto fia mag- giore,quanto piu colui,cbe la riceuc,moslra appreg- •garla,& piu di ejja tenerfi bonorato. Et questi fono i ueri,& fodi fauori,cbe fanno I’huomo efter tflima- to da cbi in fkuore gli uede;perche non effendo men- dicati,ogn’un prelime, cbe nafeano da uera uirtii, e . tanto piu,quanto fono accompagnati dalla modeUia. D‘ffe allbora M.Cefare Congaga. Tamil the hab- biate rubato quefto paffo aU’Euangelio, doue dice. Quando fei inuitato a rwgge,ud>& affettati nell'infi mo luogo,accioche uenendo colui, cbe t’ba inuitato di ca.^tmicoafeendipiusu, & cofi ti fara honore alia prefenga delli conmtati.Rjje Mcfier Federico & dif- fe,uoi feti piu dotto nella J'acra fcrittura cbe io non mi penfaua; poi foggiunfe . Fedcte,come a gran perico lo fimettono talhor quelli,cbe temerariamente innan- %i a un Signore entrano in ragionamento, fenga cbe altri gli ricercbi;et ffeffo quel signore per far Ur fcor ?er ottfntI no non riffonde,&uolge il capo ad un ultra mano:& i&uoiieot fe pur riffonde loro, ogn’m uede chelo fa con fasii- aVerUargii! dio. L 1 S X 0 iio , Per hatter adunque fatter da i Signori , non l miglwr uia, cbe rmritargli; ne bifogna cbe I'huo mofi confidi, uedevdo un'altro, cbe fia grato adun "Principe per qual fi uoglia cofa, di doner perimi- tarlo efio ancormedefmiamente uenire a quelgrado; percbe ad ogn'un non ft conuien ogni coJa;& trona- raffi tal’bor un’huomo, ilqual da natura jura tanto pi onto alle facetie,cbe cio che dird,pot era jeco il ri- Jo,e parer d,cbe fia nato [olamente per quello;efe un'¬ altro che babbia maniera digrauita, auenga che fia dibonijjimo ingegno ,uorra metterfi a farilmede- fimojard freddisjmo & disgratiato, di forte, che fara jiomaiho a chi l’udird;<& riufcird a panto quel- I’^fiao, che ad imitation del cane uoleua fchergar rh'MCon* co " P^ trone; P er ° bifogna,eh’ogn’un conojca fe Befit giano con a & le forge fue , & a quello s’accommodi, & confi - che uaie !i ° l ' crl > co ^ e ^ a irn!tare j & q^oli no . Prima (he pin auanti pajjate, difie quiui Vincentio Cai¬ rn eta , s’io ho ben intefo, parmi che diangi babbiate detto, che la miglior uia per confeguir fauore, flail Pochiffimj mcritargli; & che piu prefio dee il Cortegiano a- Signori', ec- If Mar , che gli fiano efferti, che profontuofamen- foiu°aorf re " te rlcerca >gU , lo dubifo afiai , che quesla regola fia poco ,al propofito ; & parmi cbe la ejferientia ci faccia molto ben chiari del contrario ; perche hoggidi pot bisfimi fono fauoriti da Signori ,eccetto iprpjpntuefi ; & fo che uoi potete efjer buon tciti- j monio d’dcuni, che ritrouandofi in poca gratia de i I lor Principi ,folamente con la profuntion ft Jon lor fattj grati, Ma quelli, cbe per modejlia fiano ajeefi, }o per S E C 0 T^ D 0. 64 . jo per me non conojco, & a uoi ancora do fpatio di penfami,& credo, cbe pocbi nc trouarete; & fe confiderate la Corte di Francia, laqual hoggidi b ttna delle fin nobilidi Chrijliamtd, trouarete, cbe tutti.quelh, cbe ineffa banno gratia uniuerfa!e,ten gon del profontuojo; & non folamente I’uno con I’al tro, ma col Eemedefimo , Quefionon ditegid,ri fj>ofe M. Federico, angi in Francia fono modefiijji- mi., <& cortefi gentilbuomini ; uerro e , cbe ufano ma certa libertd, &domeflicbez^a fenpa cerimo- nia, laqual d’esft e propria &naturale;& pero non ft dee cbiamar profuntione ; perche in qiuiia fua cofi fatta manjera, beneberidano , & pigliano pia - cere de prefuntuoftpur appreggano mol to quel~ li, cbe loro paiono baiter in fe ualore , & mode- slia. Rjjppjeil Calmeta ,guardate gli Spagimoli,i quali par cbe ft.mo rnaeSiri della Cortegiania; & confiderate quanti ne trouate, cbe con Donne., & con Signori non fiano profontitoftsfimi, e tanto piu de i Francefi, quanto cbe nel primo afyetto mostra- no grandisftma modeflia, & ueramente in cio fono .difereti, percbe(come bo detto) i Signori de inoUri tempitutti fauorifeono quei foli,che banno taico- Slumi. Bjfofs allbora M. Federico non uoglio gia comportar M.Vmcentio,che uoi quefla nota diateai Signori de i noftri tempi; perche pur ancormolti fo¬ no, cbe amano la modeflia: laquale io non dico pero, cbe folabafli per far thuomo grato: dico ben, che quart do e congiunta con un gran ualore, bonoraafiai ebi la poffede; & feella di fefiejjd tace, I’opere lau- detioli Corte di .Francia. F-acefi mo- deitifllmr, cortefi Gen .tilhuomini ;No bafta la modeflia ip la per fa* rhuomo £ratp. Modeftia non diuen- timtticita. Quello,che dec fate il Cottcgianp ferttendo a Signot uit- tuofo. LIB If 0 deuoli parlanolargamente, & fon molto pin maxa~ uigliofe , che fe fujfero accompagnate dalla profun tione, & temeritd . Tsfon uoglio gid negar che non ft trouino molti Spagnuoli profuntuofi . Dico ben , che quelli, che fono afiai efiimati ,per ilpiu fonomode siifji iii. ^itmtanji poi ancoralcun'altri tanto fed di , che fuggono il confortio de gli huomini troppo fuordimodo , & pafiano un certo grado di medio- cried; tal che ft fknno ejiimare, o troppo timidi, o troppo fuperbi; & quefii per niente non laudo, ne uoglio, che la modeflia fia tanto ajciutta, & arida, che diuenti rufiicita; ma fia il Cortegiano ,quando gh men in propofito ,facondo ,&nei difeorft de ifia ti prudente ,e fauio, & habbia tanto giudicio, che fappia accomodarfi a i coslumi dclle nationi, oue ft ritroua . Voi nefie cofe piubafie, fia piaceuole,& ra gioni bene d’ogni cofii; ma fopra tuttotendafempre al bene, non inuidiofo, non maledicente, ne mai s’in- duca a cercar gratia, o fituor per uia uitiofa, ne per mego di mala forte . Dijfe allbora il Calmeta ; io u'affimro, che tuttel'altre uie fon molto pin dub- ' biofe & pin lunghe , che non e queila, che uvi bia (mate; per che boggidi (per replicarlo mi’altra uol- ta) i Signori non amano ,fcnon quei, che fon uolti a tal camino. 2fon dite coft rifpofe allhor Meffer Fede rico , perche quello farebbe troppo chiaro argo- tnento, che i Signori de' noflri tempi fuflero tutti ui tioft,& mtbi, ilche non e; perche pur fe ne ritrouano alcunibtmi; ma fe’l nofiro Cortegiano per forte fua ft tronerd eficr a femitio fun,che fu uitiofo,& ma- S E C 0 Vi D 0. 6j ligno ,fubito, cbelo conofca,/e neleui ,petnonpro- uar quello efirerno affamo, cbefentontutii i buoni , cbe feruono i mali. Bifogna pregar Dio, rijfofie il Calmeta, chc ceglidia buoni; perche quando s'ban - no, eforgapath gli tali, quah fono ; percbe infiniti rijpetti ajtringono chi d gentilbuomo, poi cbe ha co- minciato a /eruire a un patronc , a non lafiarlo, met ladifgratia confiftenel principio;& fono iCortc- giani in queflo cajb, alia condition di quei malauen- turati uccelli, chena/cono in trijia italic, mepa- re,dijfeM. Fed. che’l debitodebba ualer pm chctut- ti i nffetti;&pur cbe un gentilbuomo non lafci il pa - trone,quando fufiein fu la guerra,o i qualcbe aduer- fita,di forte cbe fi pouffe credi re, cbe do fheefk per fecondar la fjrtuna, o per parergli, cbe gli mancaffe quel mego,delqu.ilpoteffetrare utilita, daognial- tro tempo credo,cbe poffa con ragicne,e debba Iruarfi da quclla feruitu,cbe tra i buoni fia per dargli uergo gn.i;percbe ogn’un profume , che chi feruc a i buoni, fia buonn;& chiJvrue a i mali,fia malo.Vonei, difie allbora il S.Lodouico Tio, cbeuoimi chiarisle un du bio , cb’io bo nella rnente', qual e,fe un gentilbuomo, rn‘re cbe feme ad un Trencipe,e obligato di ubidir- gli int itte lecofe,ibegli comanda, anchor chefuf- fi ro di bone fie, & uituperoje. In cofe di shone Ft e non fiamo wi obligati ad ubidire aperfona alcuna, rijpo- fe M Federico . Et come replied il S. Lodouico, s’io fiaro d leruitio d'un Vrencipe, ilqual mi tratti be¬ st , & fi confidi cb’io debba fur per lui cio cbe fur ft pubjCOtnandandomi cb’io uadaad ama-ggar un’buo- 1 mo,o Il deHecs> dee piu iere, ehe tutti iib fpetti. L 1 B ^ 0 mo.,0 far qual ft itoglia altra cofa, debbo iorifutan *”aDto*ij ^ fhrlaiVoi douete, rijpofi M. Federico, ubidire lice ftruire ol S.uoflro in tutte le cofe, cbe a lui jono utili & ho- 31 fan, die a dofncontrandof con un meglio ueftito,fubito a quel r.ocinljco s’attaccano;fe poiglie ns occorre un'alcro meglio,fan ueltm ' no pur il medefimo . Et quando poi il Vrincipe paf- fa per lepiagge, chiefe, 0 altri lochi publici^ forget di cubiti ft fanno far flrada a tutti , tanto che fe gli mettono al coflato; & fe ben non hanno che dirgli, pur gli uoglion parlare, e tengono longer, la diceria , &ndono, & battonolemaniel capo , per moBrar ben hauer facende d’mportantk , accib che'lpopob gliuegga in fauore, Ma poi chequefti tali non fi deguano di parlare, fe non co i Signori; io non ho- glio, chenoi degniamo parlar d’effi. Mllbom il Mag. Giulia.no , Vorrei, difie M.Federico ,poi chebauete HaWw ^ fatto mention di quesii, cbe s’accompagnano coftuo- a c»rtegu- lentkri co i ben uesliti, cbe ci meflraste di qital ma- ^ 11 C9lue! I l niera L I B }(. 6 flier a, ft dcbba ueftireil Cortegiano, & cbe habit o' fin fegli comenga; & circatuttol’ornamento del corpo inchemodo dcbba gouernarft; per cbe in que- fto ueggiamo infinite uarietd ; & cln ft utfie alia Francefe, chi alia Sfagnuola , chi mol parer Tede- fco; ne ci mancano ancor di quelli, cbe ft ueslono al¬ alia foggia de’Turcbi ; chi porta la barba, chi no. Sana adunque ben fattofaper in queila confuftone eleggere il meglio.Difte M.Federico. Io in uero non non faprei dar rcgola determinata circa il uefiire ,fe non cbe I’huomo s’accommodajfe alia confuetudine de ipiu; &poi che ( comeuoi dite) quell a confuetu¬ dine etantouaria ,&che gl’ltaliani tanto Jon uaghi di abbigliarfi alle altruifoggie, credo che ad ogniun ftalecito ueftirfiamodo fuo. Ma io non j'o per qual fatto interuenga, che la Italia non habbia coniejo- leuahauere habito, che fia conofciutoper Italiano; Auerti ’to- C ^ s benche lo hauer poflo in ufanga quefti nuoui fac »e gentii- cia parer qUelliprimi gojfijfimi,pur quelli forfe era- S'nouiti 1 " no figno di liberta, come queftifono ftati augurio di degUhabi- feruitu, il qual hormai parmi aftai chiaramente ad- pigUa occa- empiuto ; come ft ferine , che hauendo Dario I'an- nopri'na che combattefte con ^leftandro, fatto ac- icrwth de conciarla jpada , ch-egli portaua a canto, laqual era itai7a. fera ■ Perftatia, alh foggia di Macedonia ,fu interpreta- toda gl’indouini, che queslo fignificaua, che coloro t nellx foggia de quali Dario haueua tramutato for¬ ma delta jpada Verjiana , uerriano a dominar la Terfia; coji I’hauer noi mutati gh habiti Italiani ne gli ftranieri , parmi cbe (ignificafte,' tutti quegli, ne S E C 0 Vi D 0. 6S gli habiti de quali , i noslri erano transformati,deuer utnira fubiugarci; ilcbee fiato troppo pin cbeuero, c’hormai non refia nations,eke di noi non habbiafat topreda 5 tar.to chepcco piu refia eke predare, epur ancor dipredar nor, fi refia. Ma non uoglio cbe noi entrtamoin ragionarsienti di fafiidio; pero ben far a dir de gli babiu del nostro tortegiatio; iquali io efii- mo cbe pur che non ftano fisor dela confuetudine, ne contrary alia profeffione pofiano per lo refio tutti far bene; pur cbe jatisfacciano a chi gli porta. Vero b cb’io per me amerei,cbe non fufiero estremi in al- cunaparte; come tdhorfd efier ilFraricefe in trep- pograndegga ,e’l Thedefcoin troppo picciolegga; ma come fono &l’uno &l , altro_corretti ,&ridutti in miglior forma dagl’Italiani. Tiacemianccrfim- pre,che tendano unpoco piu algraue & ripofato cbe aluano . Peroparmi che maggiorgratia babbia ne i uesiimenti il color nero, cbe alcun aliro; & fe pur non b nero, almen tenda alio (euro ; & quetto intendo del w ftir ordinario; percbe non b dubbio, cbe fopra I’arme piu fi conuengan colon aperti,& allegrif & ancorli habitifeJhui,tringati,pompoJi,&fuperbi t Medefimartientene i jfetacolipublici difcfie,di giuo- chi,di mafcbere,& dital cofe;perche coft diuifati per tan feco una cert a uiuegga, & alacritd, cbe inuero ben s’accompagna con I'arme &giuothi; ma nel re¬ fio uorreicbe moflrajfino quelripofo/chcrno’to firm la nation Spagnuola, percbe le cofi efirinfiche fpeffit fan tefiimonio delle intrinfeebe. Libor di/seM. Ce- fare CentQtga.Quefio a medamfoco noia .percbe,fe I q un Habiti, che couengono al Goitegii no. Sopra Par* mi con uen* go no colori aperti &. al*- legri. L I B ^ 0 m gentilbuomo nelle altre cofe uale, il usfiire non gli accrefce,ne fcema maim reputations. l{yfofe M.Fe- Aneiti m- fyy y 0 i dite il uero. Vur qual’e di noi, the uedendo tornealue . ' , ffire. pajseggiar un gentil momo con uni roba adopo quar tata di diuerfi colori, ouero con tante stringbettc, & fettugge annodate &fregitrausrjati, non lo tenefse per paggo,o per buffoned'Lfe pag%o,difje M. T.Bera bo,ne bujfone farebbe t ostui tenuto da cbifujfe qual- cbe tempo uiuutonella Lombardia , percbe coft uan- iomecwle* notutti.^4dmque,rifpofe la S.Ducbtji’a, ridendo,fe Viniijani. coft uanno mti,opporre non fe gli dee per uitio,epen dt‘Fiorca- a l° ro queft 0 babito tanto conu.enknte,& proprio, fcai. quanto a i Venitiani il portar le manicbe a comeo,& a Fiorentini il capuccio. TS(on parlo io diffe M.Fede¬ rico piu della Lombardia,cbe de gli altri loebi; per- che d’ogni nation fc ne trouano,& di fcioccbi & d’a- ueduti. Ma per dir do, cbe mi par d'importantia del uesiire, uoglio cbe’l Cortcgiano in tutto I’babito fia fulito & delicato,& habbia ma certa conformita di mode ft a attillatura,ma non perbdimaniera femini- le,ouana,nepiu inunacofa che neWultra; come mol- ti ne uedemoycbc pongono tantofiudio nclla capiglia- ra.che fifeordano il nfio.^iltri fanprofeffione di den dacortcgu ti;dtridi barba;altri di borgachini; altri diberrette; ft!'att'uT' a ^ >J i cu ffi e >& cofiinteruiene, cbe quellepoebe cofe tezze. * piu cultepaionolor preftate;e tutte l''altre, che fono [ciocchijj<*e,fi conofconopcr leloro;&queflotalco slume uoglio cbe fugga il noflro Corteg.per mio con- figlio aggiugnendoui ancor cbe debba fra fc flejfo de- liberar da (be mol purer,& di quella forte che deft- dem S E C 0 T\( D 0. 69 dera efcce flimato, ddla medcfima ueffirft; & far cbe gli habitil’aiutino ad efier tenuto per talc ancor da qudli,che nonl’aduno parlare,ne ueggono far ope ratione alcuna.oi me non pare , diffe allbora il S. C. £0B , . r r , n uiene giu- TaUaii.cbe ji conuenga,ne mcor cbe s'uji tra perjove dicai ie co- di ualor giudicar la condition de gli buomini a gli ha |u"huoroi- biti,& non a le parole & all’opre;percbc molti s’in- ha - ganmnano; nc fengacaufa diceft quel prouerbio,cbe rtouerbio. I'babitond fa ilMonacho. 'Ifo dico 10 rijpofe M.Fed. she per quetio folo s’babbiano a far i giudicij rejoluti delle condition de gli buomini,ne chepiii non fi ccno fcan perle parole,& per le opere cbe per H babiti; di co ben,che ancor I’habito non e piccolo argomento de lafantafia di chi lo porta,auenga cbe ta wr pojja efi- Jerfa'fo;& nonfolamentequefto,ma tutti imodi,& caflumi oltre all’opere,& parole, Juno giudicio della qua’itd diedtti,in cut ji ueggono. Et cbe coje trouate mi,rijpofe il S Gafparofopralequalinoi poffiamfar Van* Porrt giudicio,cbe non f am ueparole,r.e openiI>fje allbor M-Federico,uoij te troppo jottil loicc.Ma perdirui, come to intendo,ft trouano alcune operationi, cbe poi the funfatte rcstanoancora, come l'edifcare,fcriue - re,& altre ftmili;akre non reSlano , come quelle, di che io uoglio bora intendere; perd non chiamo in que piwafe §iopropofito,tbe’l paj]eggiare,ridere,gmrdare, & fpr 0 d co~ talcofe ,fiano operationi; &purtutto quetio difuo di rida notitia (pefio di quei di dentro Ditemi, non facesle uoi giudicio che fitffe un uano & leggier’huo mo que Ho amico noslro, del quale ragionammo pur quesla mattina , cbe lo uedefte fajjtggiare cop, quel '' LIB 1{ 0 quel forcer di capo dimenandofi tutto, & inuitari -• do con afretto benigno la brigata a cauarfegli la her retta < Cofi ancora quando uedete mo, cbe guarda troppo intento con gh occhiftupidi afoggia d’in fen Jato , o cherida coji fcioccamente, come queimuto - li g'ygpjiti delle mcntagne di Bergamo ,auenga che non parti, o faccia altro, nonlo tenete uoi per un gran B.ibuafo l Vedetc adunque, cbe queBi modi, Elettione & cosiumi, che io non intendo per bora che fiano degham.ci operation ,f anno in gran parte, che gli huomini flan conofciuti. Rlam’altraccfaparmi chedia,& lieuimolto la riputatione / & quefla i la elettione de gli amici, coiquali fi ha da tenere intrmfca pra- tica ; perche indubitaiamente la ragion mwl che di quelli, che fon con ilretta amicitia , & indifiolubil compagnia congiunti, fiano amor le uolontd , gli animi, i giudicij , & gl’ingegni conformi. Cofi chi ' comer fa con ignoranti, omali, e tennto per igno- rante ,o malo; & per contrario chi Conner fa con buo ni, & jamj, & difereti, etevuto per tale ; che da net turapar ch’ogni cofa uolontieri ft congiunga col fuo ftmik. 'Pero gran riguardo credo che fi conuenga hauere nel cominciar quefle amicitie ; perche di dui firetti amici, chi conofce I’uno ,/nbito imagina l'al¬ tro c(fer della medefrma conditione. Rgjpofe allbora Qactio, che vf. g> Bcmbo,dJriBringerfi in awiciiia cofi unani ic u cone- me, come uoi drte ,parrni ueramente che ji debba ha laagifamV uer(l JJ a ^ tiguardo, non folamente per I'acquiBar, o **• pirder la riputatione ; ma perche hoggidi pochijji- ■ mi umannei- fitrmamne credo the pm fiano al mondo s r. c o \ n o. 70 thondo quei Tiladi & Hore ft i, Thefei& Tin tut; neScipioni & Lelij ;angi non fo per qualdestmo interuiene ogni di, chedui amici, icjitali far anno ui- uuti in cordialijjirno amore molt’anni , pur al fine I’unl’altro in qltalche modo s'ingannano , oper ma- Iignita, 0 per inuidia, oper leggieregga ,opcr qtial- cbe.altra mala can fa, & ciafcun da la colpa al com- pagno di quello, cbe forfe fun & I'altro merita. Terd efjendo A me interuenuto piu d’una uottal’ef- ^p a mLni fer ingannato da chi piu amaua, & da chi fopra ,roaino - ognialtra perfona haueua confidentia d’efieramato, ho penfxto talhor da me a me , che fia ben non fi- darfimaidi perfona del mondo,ne darfi cofi in pre- da adamico per caro & amato che fia, cbe fenga rijeruo L’huomo li comunichi tutti i fuoi penfieri, co- Auerli - mefarebbe a-fe stefio; perche negli animi nofiri fort iantelatebre etanti receffi, cheimpoffibil efche prit dentia btimana pofia conofcer quelle fimulationi, chedentro nafcofe ui fono . Credo adunque che ben fiaamare,& feruirel’unpiu cbe I’altro ,fecondo i meriti, e’l ualore ; ma non ptrd ajficurarfi tanto con quefta dolce efca d’amicitia, chepoi tardi ce n’bab- biamo a pentire, ^{UkorMefser Federico,Veramen- te,diffe,molio maggior fariala perdita, cheil gua- dagno,fedel confortiohumano ft leuafie qUelfupre- .. _ mo grado d’amicitia, chc(fecondome)ci da quanto di apponaVaf bene ha in fe la uita rioftra e pero ioper alcun mo teIciiia - do non itoglio conJentirui,cberagioneuol fia,angi mi daria il core di concluderui,& con ragioni cuiden- tijfime j che Jewga quefia perfetta amicitiagh buo~- mini Non (I dee lafciar lea- xmcitie per iifpetto de itxiili. ■&W amici non deobo no tfl'erpiu ehe due. L’amicitia dei cattiui, sou iami- dtia. C5 cttidee procnrac di in&enenerfi L 1 b ^ o mini fariano molto piu infelici, die tutti gli altri animali,& fe alcuni g!tattano,comepmfani ,quc5la fantanomed’amicitia ,non k pero da cftirparla cofi de gli animi nofirfe per cclpa de i mali,priuar i bud niditantafelicitd; & iopcr me eftimo, chequitrct noi fia pin di m par d'amici, Vartier de i quail fia in— difsolubile &fenga inganno alcnno, & per durar fin alia mortecon le uoglie conform, nonmeno cbt fe fufiero quegli antichi, cbe uoi diangi hauetenomi- nati;&cofi inter mate,quando oltre alia inclination, I'huomo s’tlegge amice a fe fimile di coftimi :e’L tutto intendo cbe fia tra buoni & uirtuofi, per - cbe I’amicitia dcmali non e amicitia . Laudo ben, cbe queilo node cofi firetto non cotnprenda, o leghi piu cbe did; cbe altramente forfe jaria pericalojb, percbe (come fapete )piu difficilmente s’accordano tre insirnmenti di rnufica inflame, cbe dui. Vorrei adunqne ehe’l nostro Cortegiano bauefieun preci- puo & cordial’amico ,fe pojfibil fuffe, di quella far te ,chedetto hauemo ;poi Jcconde’l ualore & me¬ rit! amajfe, honoraffe, & ofkruaffe tutti gli altri, & fempre procuraffe d’intertenerfipiu con gli eBi- mati,&nobili,& conofciutiper buoni, che cogl'igna bili,& dipacopregio ,di waniera cbeeffo ancordcc loro fujj'e amato & bonorato;& quest o gli ucrrd fat to fe Jard cortefc,humane,liber ale, affabile, & dolce in compagnia, officiofo, & diligente net feruire, & nello hauer cura dell'utile & honor de gli amici cofi abfenti come prefenti, fopportandoi lor difetti net- turali & fopportabili , fenga romperfi con ejfi per picciol S E C 0 T^D 0. J i plcciol ccitifi, & coneggendo in fe ft e/so qnctli, cbe amoreuolmente gli far anno ricordati,non ftantcpo- nendo mai agti altricon cercar iprimi,e ipiu bono- rati locbi;ne con fare,tome alcuni,cbepar che fpreg- •ftno il mondo, &uogliano con una certa aufleritd «• molefta d.ir leggead ogn’iino; & oh re alio eft ere con tentiofi in ogni minima cofa,& fuor ditempo ripren- der cio che efft non finno, e fernpre cercar caufa di lamentarft de gli amici ; ilche e coft odioftjjima. Qjtiui eftendoji fermato di parlarc M. Federico. Vorrei, difte il S. Gafparo Talhuicino, cbe uoi ra- gionajftun pocopiu minntamente di quesio comer- far con gli amici, che non fate; che in uero ui tene te molto al generate, & quaft cimoftrate le cofe per tranfuo . Come per tranjito ? rijpofe M. Federico. Vorrefte uoi forfe che io ui diciffi ancorle parole proprie , che s'haueftero ad ufarci ‘ifon ui par adun- qite cbe habbiamo ragionato a baftanga di quefto ? jL bajlanga parmi rijpofe, il S. Gafparo. Tur de - Jidero io d’intendere qualcbe particularitd ancor della foggia dell’intertenerft con huomini , & con donne ; laqital cofaa me pare di molta importan- Coma'S tia, conftderato cbe’lpiu del tempo in ci'o ft di/pen ncrcohuo- jd nelle Corti; & fe quefta foffe fempre imiforme, ™ m ’ e ioa prefio uerna a faftidio. ^4. me pare, rifpofc M. Fe¬ derico , che not habbiamo dato al Cortegiano cogni¬ tion ditante coje,cbe molto ben pub uariar la con- iierjatione, & accommodarfi alia qualitd delle per- fone, con Icquali ha da comer fare, prefupponendo ch’cgli fta di him giudicio, & con quello ft gouerni & fecondo t I B 0 & fecondo i tempi talhor intenda nelle co/e graul, talbornellefefte, & giuochi . E che giuocbi difie il S,Gaj}>aro? I{iJpofe allbora M. Federico ridendo. 1)1- mandiamone configlio a fer Serafino, cbe ogni dl ne Giuochi, tyuoua de’ nuoui. Senga mottcggiare , replied il Sig, deoban!!^ Gajparo ,paruiche fia uitionel Cortegiano ilgiuo- car a lie carte,& a i dadi?o- fe M. Bernardo Bibiena, perche a me pin uolte e interuenuto, e credo a molt’altri, che hauendemi formato nell'animo per detto di perfone di giudi- cio una cofa ejjere di molta eccellentiaprima che ue duta I’babbia, uedendola poi ajfai mi e mancata , & di gran lunga reftato fon ingannato di quel- lo,cb’io eftimaua ; & cib da altro non b proceduto,che dall’bauer S E C 0 'FfD 0. 7 J dall’baucr tropo creduto alia fiima, & bauer fht- to nelTanimo rnio un tanto gran concetto , cbe mifu- randolo poi col uero, I’cjfcttto , aucnga cbe fia fla- to grande & eccellente ,alla cemparation di qucllo cbeimaginato baueua, ns'd par jo picciolifjimo . Cofi dubito ancor cbe pofia intcrmnir del Cortegiano. Terb non Jo come fia bene dar queste afpettationi, e thandar imangi quella Jama ,percbeg r i animi no - Jli i ffeffo formano cofe, alle quail impcjjibil cpoi corrijpondere , & ccfii piu fine perde, cbe ’non ft lecof - c he guadagna . Qjui difie M. Federico. Le cofe cbe a ricfconomi mi & molt'’altririejconu minori affai chela junta, ”“ a g e p*p Jon peril piu di forte, cbe I’occbio alprimoafpet- fonoinun to le pub giudicare; come feuoinon faretemaifia- dicai°con' to a TSFapoli,oa Roma, fentendone ranonar tan ~ l’occhio, to , imaginaretc put ajjai di queuo, cbe forje poi al- C a aiie uir- la uifta ui riufcird; ma delie conditions degli huo- ^ e coilu * mini non interuien cofi ; per cbe queUo, cbe fi uede di fuori, d il mend . Verb fe’l primo giorno fen- tendo ragionare uno gentilbuomo, non comprende- rete, cbe in lui fia quel ualore cbe baueuate fri- QueUo,c!ie ma imaginato, non cofi preFto ui (pogliarete del- u'arneigii^ la buona opinione ,come in quelle cofe, delle quali fiicio ' I’occbio fubito d giudice; ma afpettarete di di in di feeprir qualcbe altra nafcoHa uirtu , tenendo pur ferma fempre quella impreffione , cbe u’d nata dalle parole di tanti; & ejjendo poi queClo (come io prefuppongo cbe fia il noSlro Cortegiano ) cofi ben qualificato , cgn’bor meglio ui confermard a credere a quella junta j per cbe con I’opere ue nc da- L I B If 0 rd caufa, & uoi femprc eSlintarete qualche cojapiu di quello , cbc uederete. Et certo non ft pub negar cbc quelle prime impreffioninon habbiano grandif- fima forga, e cbe molta cur a. hauernon ui Ji debba; & acciocbe comprendiate quanto importino, dicoui , iniprciBoni c ^’ 10 b° a m * e * ^ conofciuto ungentilbuomo,ilquale, iiannogran auengacbefoffediafiaigcntilafpetto, &dimodefli coHumi, & ancor ualejjeuell’arme, non era perb in alcuna di quelle conditioni tanto eccellente ,cbe non fe glitrouajjino molti pari ,& ancor fuperiori; pur come la forte jua uolfe, interuenne cbe una Donna ft uolto ad amarlo fcruentifjimamcnte ; & crefcendo ognidi quello amorepcr la dimoilration dicorri- jpondentia cbe fhceua il giouane, & non ui efioido modo alcun dapoterft parlare infieme, fpinta la don¬ na da troppa paffione, ifcoperfe il /'no defiderio ad un’altra donna,per megpp della quale fferaua qual¬ che commoditd; quefla nc di nobiltd, ne di belle-gga non era punto inferior allaprima. Qnde interuenne , che [entendo ragionar cofi affettuofarnente di que- Slo giouane, ilqual effamai non bauea ueduto ; & conofcendo,che qitella donnefaquale ellafapeua ch’e ra difcretiffima, e d’ottimo giudicio, I’amaua eftre- mamcnte ,/ubito imagino cbe coftui fujfe ilpiu hel¬ lo,e’lpiu fauio,e’l pin difcreto, & in fomma il piu de- jnnamo- Z n0 buomo da e/Jer amato, cbe al rnondo ft trcuafie; Hiii fe- ,pj~ co f t ferret ucderlo tanto fieramente fe neinnamo - LeggiiiBoc ro,cbe r.onpcr I’amica fua,ma per fe sicjja comincib 6«Wno d a f ar °g n i opera per acquiflam, & fhrlo a fe corri- ffendente in am ore; ilebe conpoca fhtica le uenntt fatto , S E C 0 TSfD 0. 74 fhtto, perche in uero era donna pin prcHo da ejfer pregata , cbe da pregare altrui. Hor udite belca- fu. b(on rnolto tempo appreffo occorfe, cbe una let- tera, laqual fcriuea quefta ultima donna alio arnan- te,peruenne in mano d’un’altra pur nobilijjima ,& dicoftumi,&di bdlepgararijfima , laquale ejjendo (come c ilpiu delledonne) curiofa, & cupida di fa - 1 per fecreti , & maffimamente d’altre donne, aperfe quefta lettera, & leggendola comprefe cb’era J'crit- ta con efiremoaffettod'amore; & le parole dolci,& piene difuoco,cbe ell.i lefie, prima la moffero a com- paffien di quella donna , perche molto ben J'apea da cbiueniua la lettera , &a cuiandaua; poitantafor- Quantaeffi pa hebbero , cbe rmolgendole nell’animo,&.confide- ^aiettera* rando di cbe forte doueua effer colui, cbe bauea po¬ tato indur quella donna a tanto amore, fubito e/fa ancorfene inamoro;&fece quella lettera forfemag- giorefl'etto , cbe non hauria fhtto ,fe dal giouane a lei fuffe siata mandate.. Et come td’bor interuie- compara- ne cbe’l ueneno in qualcbe uiuanda preparato per daUckno* un Signore, amagga ilprima , cbe’l gufla;cofique- fia mefchina,per ejjertroppo ingorda,beuue quel ue¬ neno amorofo , che per altrui era preparato . Cbe ui debbo io dire i la coja fu afjai palefe, & ando di mo- do, cbemolte dome, oltre a quefte,parte per far di- jpetto a I’altre, parte per far come I’altre, pofero ogni indufiria , &fludio pergoder dell’amore dico- stui ; & ne fecero per un tempo alia grappa, come i fhncudli delle cerafe ; & tutto procedette dalla pri¬ ma opini one, cheprefe quella donna, uedendolotan- K 2 tcarna- Coflumi Pontic. L I B O to amato da un’ultra .Hor quiuiridendo, riffofe il Signor Gaffaro Vallauicino. Voiper confcrmare il purer uoFiro con ragione m’allegate opere di dome; uali per lo pin fo?i fuori d’ogni ragione ;&fe uoi \efle dir ogni cofa, quefto coft fhuorito da tante fuor di ra- donpe douea effer un nefcio,& dapoco huomoin ef- giene. fetto; perche I’ufan'ga loro e fernpre attaccarfi a i peggiori,e comele pecore, far quello che ueggono far alia prima, o bene , o male, che fi fia ; oltre che fon tanto inuidiofe tra fe, che fe coFluifnffe Ftato un monfiro, pur hauerian uoluto rubbarfelo I’una dl¬ l’altr a . Qui rnolti cominciarono, <& quafi tutti, a uoler contradire al S. Gafparo; mu la S. Duchefftt impofe filentio a tutti . Voi pur ridendo difie; fe’l mal, che uoi dite delle donne , non fnffe tanto alieno dalla ueritd , che nel dirlo piu tofio aeffe carico & : uergogna a chi lo dice, che ad cfje, io lafeierei, che a a. c atw . r ijp 0 ff 0 . ma non u0 gH 0} c J ie c0 [ contradirui con tante ragioni, come fipotria, fiate rimofto da queflo mal coihime, accid che del[peccato uosiro hahbiate grauifjimapena; laqual Jard la mala opi¬ nion , che di uoi pigliaran tutti quelli, che di tal mo- do uifentiranno ragionarellbor M. F. TSfon dite OedeG i G ' r ‘fP°- c ^ e ^ e DonneJien cofifuor di ragione,fe le uoite piu ben tal’borft mouon ad amar piu per I’altruigiudicio, o^i'nione c ^ e P er ^° ^ 0Y0 > p"tchei Sig. & molti fauij huomini, cle alia pro fpefjo fhnno il medefimo; & fe lecito edir il ucro, Ippt’eifenia^ u °i & e fl° 5" uoi altri tutti molte uoite, & hor anco- “ lotto ii ra credemo piu all'altrui opinione che alia noHra naaaro. propria ; & chefta u ucro , non e ancor qialto tempo, ©percdidS EC P il piu leq S E C 0 TSfD 0 . 75 (he ejjetido apprefentati qui alcuni uerfi fotto’l r.ome del Snma.xa.ro , a tuttiparuero moltoeccellenti ,fu- rono laudati con le marauiglie & efclarnationi; poi fapendofipercerto che erano d’m’altro,perfero Jubi- to la riputationc,&paruero meno, cbe mediocri. Et cantandoft pure inprefentia della Signora Duchejsa un mottetto, non piacque mai , ne fu eSlimato per buono, fin che non ft feppe, che quella era compofi- tion di Iofquin di Vris. Ma che pin chiaro fegno uc- lete uoi della opinione ? 2 fon ui ricordate, che beuen- co. do uoi fiejfo d’un medefimo uino, diceuate tal’hor ch’era perfettiffimo, tal’bor infipidijjimo ? & que- fto , perche a uoi era perfuafo , ch’eran dui uini,l‘un di Eiukra diGenoua,el’altrodi queflopaefe; &poi ?o'l°ono°‘ ancor che fu fcoperto I’crrore, per rnodo alcuno non °B*- uoleuate crederlo; tanto fermamente era conferma- Hl “” ta nell'animo uoflro quella fitlfa opinione, laquale pero dall’altrui parole nafeeua . Deue adunque il Cortegianopormolta curane iprincipij di dar buo- na imprelfion. di fe, & conftderar,c&me dannofa, & mortal cofa fta lo inconere nel contrario; & a tal pericolo siannopiu che gli altri quei, che uoglionfkr profejfion d’effer molio piaceuoli , ■& hauerft con qkesle J'ue piaceuolexge acquiBato una certa liber- td , per laquallor corwenga,& fta lecito,& fare,& dire cio che lor occorre cofi finga penfarui. Verb ff eflo queffi tali entranoin certecofe-, delleqml non fapendo ufeire > uoglion poi aiutarft col far ridere;& quello ancor fanno cofi difgratiatamente,cbe non rie- jcey tanto cbe inducom in grandijfimo fafiidiochi ■ * J S l > L I B H 0 gliuede& ode ; & efji reslano freddifJimi.Mlcund girfe'paro- uo ^ a P en f an ^° P er q ue d° eficr arguti & faceti, in le dishone- prefentia d'honor ate Donne, & jpefjo a quelle me~ ■ i ' f defme, ft mettono a dir fforcbiffime & dishonesle parole;& quanto pin le ueggonoarrofjireqanto piu ft tengon huoni Cortegiani, e tuttauia ridono, & go- don trafe di coft bella uirtu,come lor par hauere, Met per niima aba can fa fnnno tante pecoraggini ,che per efier eHimati buon compagni. Queflo e quel no- me folo, che loro par degno di laude; & de ! quale piu eperationi che di nmn’altro effi ft uantano;. & per acquiilarlo da faocchi. p fc con / e p' m f c orrette,e uituperoje uillanie del mon- do. Spejfo s’urtano giu per le fcalc , fi dan de’ legni, & de mattoni I’ttn I’altro nelle rent , Mettonfi pugni dipoluere neglioccbi , fnnno ft rninar i caualli adof- fo ne fuffi,ogiu di qmlche poggio.M tauola poi ■, mi- neftr e,fxpori,gelatine,tutte ft danno neluolto;<& poi ridono-,&chi di qucsle eofef'a far piu,quello per mi- glior Cortegia.no,& piu galante da fefieffo s’appreg- •ga, & pargli baiter guadagnato gran gloria j & Je tal’hor inuitano a cotal fue piaceuolegge ungentil- huomo,& che egli non uoglia ufar queHi fchergifel- v.atichi ,fubito dicono ch’eg'i fitien troppo fauio, & gran maeflro, & che non e buon compagno . Ma io ui uoglio dir peggio.Sono alcunl,cbecontraflano, & Bel man- mettono il pretio a chi pub mangiare & here piu flomacofe , & fetide cafe ; & trouanle tanto abhor- renti da i fenfi bumani, che impoffibil b ricordarle fenga grandiffimo faftidio. Et che cofe pojfbno ejjer qucfle, difie il S. Liidomco Viol Sgiffoje M. Federico, Eateuele S F c o FfD O. 7 6 Fateude dire al Marchefe Thebus, che fyefto l’ha uedutein Francia, & forfegli e interuenuto. Pyijfofe il Mai che fe Thebus. lonon houeduto farcofa in Francia di quejle, chenon fi faccia ancora in Italia; maben cib che hanno di buongli Italianineiuesli- lode a\ m.- ; menti ,nelfefieggiare, bancbettare,armeggiare , & diiraawS! in ogrti altrd coja, che a Cortegian ft conuenga, tut- to I’hanno da i Francefi.Tsfon dico io,ri{pofeM. Fede¬ rico , cheancortra France fi non fitrouino de genti- lijfimi, & modefti Caualiieri; & ioper me n’ho co- nofciutimoltiueramente degni d’ogni laude; ma pur alcuni fene trouan pochi riguardati, &parlandogc- neralmente, a me par che con gl’Italiani pin ficon- fhcciano ne i coflumigli Spagnuoli, chei France ft; ^, p n a | n “ r ° a ! , 1 { per che quella grauitd ripofata peculiar de gli Spa- = nfpc«ofi, gnuoli,mi par molto pin conueniente a noi altri, che lapronta uiuacitdjaqual nella nation France fe quafi in ogni tnouimento ft conofce ; ilche in effi non dif- dice, angi ha gratia, perche loro e cofi naturale & propria, che non ft uedein loro affettatione alcu- na.Trouanfiben mold Italiani,che uorriano pur sfor garft d’itmtar quella maniera; &non jannofaraltro che crollar la teHa parlando, & far riuerentie in tra- tterfodi mala gratia, & quando pafjeggiano per la terra , caminar tanto forte, cheglijtaffieri nonpof- fano lor tener drieto , & con quefti modi par loro ef- J'er buon Franceft,& hatter di quella liberta; laqual II Cortegi* cofa in uero rare uolte riefce,eccetto a quell;', cbefon " e °,f nudritiin Francia ,e dafanciaUi kannoprefa quella maniera .IImedefimointcrukn del fiperdiuerfeI'm- K q gue; lode del Re di Fran cia. Quello,che fotnmaria— jnere richie deal corte* giano. l 1 B If 0 gue ;iIcbeio laudo molto nel Cortegiano,&ma[f- mamente la Spagnuo!a,&la Francefe;perche il com mercio deU’una & dell’altra natione e molto fre- quentein Italia ; & con noi fono quefle duepiu con- formi, che alcuna dell’altre;&que did Vrincipi,per ejfer potentijfimi neUagucrra, & Jplendidiffmi nel- la pace,fempre hanno la Cone plena di nobili Caual- lieri, cbe per tutto’l mondo ft fpargono ; & a noi purbifogna conuerfar con loro. Hor ionon uoglio fe- guitar pin minutamente in dir cofetroppo note ,co- me che’l noHro Cortegian non debba far profejfion d’efiergran mangiatore,ne beuitore, ncdifjoluto in alcun mal cofiume, ne laido, & mal afjettato nel ui- uere , con certimodi da Contadino, che cbiamano la %appa , & I’aratro millc rniglia di lontano; perche cbiedital forte, non [o'amente non s’hada fyera- reche diuengabuon Cortegiano, ma non fegli pub dar effercitio ccnueniente, altro cbe di pafeer le pe- core. Et per conclude)- dico } che buon faria,che’l Cor¬ tegiano fapeffe perfettamente cio che detto haue- mo co w. rnirfigli , di forte che tutto il poffibile a lui fufic facile,& ogniuno di lui ft marauigliaflc , ejfo di niunofntendendopero the in quefto nonfuffe ma cer ta durc^pa fupcrba,&inhumana,come hanno alcu- ni,che mojirano non marauigliarf dclie cofe, che fanno li altri, percbe efft prefumort pottrle far mol¬ to meglio; &coltacere le difpre-ggano, come hide- gne, cbe di lor ft parli ; & qua ft non uoglionfarJe- gno, che niun’altro fa non che lor pari, ma pur capa- ce d’intender laprofbnditd del faper loro . Ttrb, dc- S E C 0 0. 77 He il Cortegiano fuggir queftimodi odioft,& coriku- manitd & beneuolentia laudar ancor le buone opre degli aitri; & ben cbe ejjo ft fenta admirabile , e di gran lunga fupcrior a tutti,moHrarpero di non esii- tnarft per tale.Ma,pcrche nclla natnra humana rarij fime uoltc,e forje mai, non fitrouano queHe- cofi com pitc perfettioni,non dee I’buomo, cbc fi fente in qual- cbe parte mancojdijfidiir/iperd di fefleffo, ne perder la jperanga di giungere a buon grddo, aumga cbe non pofj'a conjeguir quella perfetta & Juprema eC- cellentia, done egli afpira ; percbe in ogni.arte Jon moltiluocbi oltreal primo laitdeuoli; & chi tende di la fummitd , rare unite interuiene, cbe tier, paffi il meggo . Poglio adunque cbe’l nojlro Cortegiano ,fe in qualcbe cofa oltra atl’arme ft trouard ecccUente, fe ne uaglia ,&fene honori di buenmodo; & pa tan to difereto, e di buon giudicio, cbe fappia tirqr con deflregga & prepofito 'le perfone a uedcr & udir quella, in cbe a lui par di efler eccellente; moHrando Jempre fkrlonon per osicnt.itione,ma a cafo,&pre gato da aitri,pin prcflo cbe di udonta fua. Et in ogni cofa, cbe egli bobbin da far,odir,fe pofftbil e,fempre uenga premeditato &preparato, mojlrando pero il tutto elfer aWimprouifo ,'Ma le cofe,nelle quali ji fen te mediocre,tdeebi pertranfito fenga fondwrfui mbl~ to,rna di modo , cbe ft- pofia credere, cbe piiu.Jfai-.ne fappia di cio cb’egli mofira;come tal’hor alcuni "Poe ti, cbe accennauano coje fottiliffme di Fiiofofia,o di aim feientie, & per auentura n’intendeuan poco. Di quellopoi, di cbe ft conofce totalmente ignoran- te,nm Nclla nattt ra humana non fi tvo- uala perfet tion di tut- te lc cofc. L’huomo ’ non dee la feiar di ope rax uirt'uofa mete,fc be¬ ne non puo aggiiigei al la fupvema ecceiicnaa. X’huomo no dee bia- fimare fe snedefiwio. L I B II 6 te, non uoglio che mai fhccia profejfone alcuna, ne cercbi d’acquislarne fhma; an^i doueoccorre,chia- ramente confejfi di nonfaperne. Queiio,difie il Cal- meta, non barebbe fatto Ttycoletto, ilqual ejjendo ecccllcntijjimo filofofo, ne fapendo pus leggi,cbe uo fare, bencbe un Todestd di Tadoua bauejje delibe¬ rate dargli di quelle una lettura,non uolfe mai a per- fuafwn di molti fcolari difmgannar quel Todeftd, & confcffargli dinon faperne dicendonon fiaccordare in queiio con I’opinione di Socrate, ne efjer cofa da Filofofo il dir mai di non fapere. 2 fori dico io,rijfofe M. Federico, cbe’l Ccrtegiano da feftejfo fen^a che altri lo riccrcbi, uada a dire di non fapere , che a me ancor non place quejla fcioccbeaga d’accu- , far ,o disfiiuerir femedeftmo ; & per'o taVbor mi rido di certi huomini, che ancor fen^a necejfita nar ratio uolontleri alcune cofe ; lequali, bencbe for fe fiano interuenute fsn^acolpa loro, portanperb (e- co un’umbra d’infitmia; ccmefkceua un Caualier eke tutti conofcete, ilqual fernpre cheudiua Jarmentio- ni delfatto d’arme,cbe ft fecc inVarmegiana contra He Carlo, jubito cominciaua a dir in che modo egli era fuggito,ne parea, * he di quella giornata altro haucjicucduto, o intejo ; parlandofi poi d'una certa giojira famofijContaiuipur fempre, com’egli eraca duto,.& jj’tjju ancor pare a ,cbe ne iragionamenti anaajfe cercando di far ueuire a propofito il poter nan are, che una notce andandoa parlarc ad una donna, baueua ricemto di moke baftonate . Que- fte fcioccbeg^e non uoglio cbe. dica il nofiro Corte- giano S E C 0 TJD 0. pano; ma par mi ben, cbe ojferendofeli occafion di rnojtrarfi in cofa, di cbe non Jappia punto,debba fug girla; &fe pur la neceffitd lo ttnnge,confefar cbia » ramente di non faperne, pin prefio cbe mettcrjia quelrifcbio; & coft fuggirdun biafmo, cbe boggidi merit ano molti, iquali non Jo per qual loro per her * foinftinto, ogiudicio ,fuordiragione femprr ft met tono a far quello, cbe non fanno, & lajciano quel, cbe janno ; & per confermation di quefio io cono- fco m'eccelientijfmo mufico , ilqual lafciata la mu- fica, s’e dato totalmente a comporuerji, & credefi in quello ejjer grandi(fimo buomo , & fa ridere j P a “‘° r '’^ e ogn’un di fe, &bomai ha perduta ancor la mufi- fua artefi ca . Vn’altro dei primi pittori del mondo Jfregga aioft* quell’arte, done e rariffimo, & ej]i pojlo ad mparar *>*• Filojofia; nellaquale ha coft Jlrani concetti , & nucue chimere, cbe ejfo con tutta la fua piltura non fapria dipingerle , Et di quefli tali infiniti fitrouano . Son ben alcuni, iquali cmtofcendof bauer ecccllentiain una cofa, fanno principal profeffione d'un’altra,del la qual pero non fono ignoranti ; ma ogni Uolta chelorooccorre moftrarfiin quctla , done (ifentcrl ualere,fi mof}rangag!iardamente,& uien lor tal’L r fatto , cbe la brigata uedendcgli uahr tanto in qmUo cbe non e fua pr ofejjione, i Hirna cbe rag’Ian moU topht in quello ,di cbe f«n piufcjjicnc. die a* credo cbe ft conuenga a chi uml ejfer buomo da be-, d™ . sl ‘ ** tie, L I B % 0 ne, mat lo ingannare.Quefto diffe M. Federico e pin preflo m’ornamento, liquate accompagna quella co fa , che coluifa, che inganno ; & fepur'e ingan- no,non k da biaftmare. Jfon direte u6i ancora, cbe di dui, che maneg'gian I’arme, quel eke batte il compel gno,lo inganna f & qtteslo e, per che ha pin arte che I’altro.Et feuoihauete unagioia, laqualedislegata moflri ejjer bella, nenendo poi allemani d'un buon Orefice, che col legarlabene la facet a parer motto pin bella, non direte uoi, che queU’orejice inganna gliocchi di chi la uedef & pur di quello inganno me- rita laude ;perche col buongiudicio, &.con I’artcle maefireuoli mani fyefio agghmgon gratia, & orna- mento dU'atiorio, onerd all’argento, ouero ad ma bel- jieSdifro- l a pietra, circondandola difitforo . 2<(on diciamo “herhao- adunque,ehel’arte,otal inganno (fe puruoi louolete S°motor co fi chiamare) meriti biafimo alamo. K(on h ancora quello , in ‘diftonueniente, che m’huomo, che ft Jente ualcre in iefm'eon ma co fe> cerchideilramente occafion di mofirarfiin defaezaa. quella, & medefimamentendfeonda le parti, che gli paian poco laudeuoli ,iltutto pero con ma certa a- uertita diffimulatione . Ifon ui ricorda, come fenga mojlrar di cercarle , ben pigliaua ioccaftoni il Fe Coftume Ferrandodi fpog'iarft tal’hor in giuppone ? & que- dei Re ret- flo, perche ftfentiua diffofitiffmo ; & per che non ha ® a " do - ueua troppo baone mani, rare uolte, o quaft mai, non ft cauaua igmntil&pochi erano, che diquefla fua auertentia s’accorgefiero. Tarmi ancora batter-let- . to, che Ciulio Cejdre portafsc uolontieri la laurea, per nafeonder il caluitio j ma circa quefli modi bifo- gna S E C 0 KfD 0. 79 pin ejfer molto prudcnte c dihuon giudicio , per non Auet| *. ufeir de i termini; perche moke uolte I’huomoper fug give un’errore incone nell’altro per itolerc ac- quiftar laude, acquifla biafrmo < £ adunque fecu- rijfima cofanel modo del uiuere, & nel corner fare, gouernarji fempre con una certa hone si a mediocri- L’inuidu c td; che nel aero b grandijjimo, & fermiffimo feu- mfciiocriti do contra I’inuidia, laqtial ft dee fuggire-, quanto piu ft pub. Voglio ancor che’l nofiro Cortegiano ft guardi non acquislar nome di bugiardo, ne di uano, ilche tal’borainteruiene, a quegli ancor a , che non meritano; pero ne’fuoi ragionamenti fia fempre ad- uertilo di non ufeir della fimilitudine, & di uondi re ancor troppo jfejjo quelle ueritd , cbe hanno fac cia di mengogna, come mold, che non parlano mat fe non di rniracoli; & uoglion ejj'cr di tanta au- toritd, che ogni incredibil cofa a loro fia creduta. lAltri nel principio d’una amicitia, per acquiflar gratia col mono amico, il primo di che gli parlano it troppo n giuranonon bauer perfona al mondo , che piu ami- no, che Ini , & che uorebbon uolentier morir per fhrgli feruitio, etaicofe fuordiragione; & quan- do da ltd ft partono , fhnno le uijlc di piangere, e di non poter dir parola per dolore; coft per uoler efler tenuti troppo amoreuqli, ft fzmno eftimar bugiardi, Vfficio a & fciocchi adulatori. Ma troppo lungo & futicofo adulatorf - fdriauoler difeorrer tutti i uitij, che poflon occor- rere nel modo del comerfare;perb quello ch’io deft- dcrodel Cortegiano, bafti dire, oltre aUe co/e gid dette, che’l fia tale, cberqai non gli ntanchi ragio¬ namenti pelFufar fa I’ Tofcani acini ne i motti e nel k Uceuc. L I B B, 0 namenti buoni, e commodati a quelli, co i quail par-, la, & Jappia con una certa dolcegga recrear li animi de gH auditori, & con mottipiaccuoli,& facetie di- fcretamente indurgli a fefla ,&rifo di forte,che fen to. uenir mad a fiHidio , o pur fatiare,continua- menteddctti.Io penjo cbe bormai la S:Emilia mi dura licentia ditacereflaqual cofa s’ella mineghcra, ioperle parole miemedejime faro cominto nonef- ferquel buon Cortegiano, di cui hoparlato,cbe non folamentei buoni ragionamenti, i qualine md,ne forfe mai da me hauete uditi , ma ancor quesii miei, come uoglia, cbe fi fiano,in tutto mi mancano, tAllhor difle ridendo il S. Vrcfetto , io non uoglio , cbe quefla falfa opinion refii neU’animo d’alcun di noi, cbe uoi non fate boniffmo Cortegiano ; cbe certo il dcfiderio uoflro di tacer piu presto procede dal uoler fuggir fatica , che da mancarui ragiona- menti. Tero accioche non paia, cbe in compagnia cof degna, come e quefla, & ragionamento tanto ec cellente, ft fla lafciato adrieto parte alcuna,flate con- tento d’injegnarci, come habbiamo ad ufar le face- tie, ddle quali hauete hor fatta mentione , & mo- fir arci l’arte, cbe s’appartiene a tutta quefla forte di parlarpiaceuole ,per indurrerifo,efesia congentil modo; perche in uero a me pare, che importi afai, &molto ft conuengaal Cortegiano, Signor mio,ri¬ ff ofe allbor M.Federico, le facetie, e i motti fon pin preflo dono, & gratia di natura,cbe d’arte;ma bene inqueflo ftrouano alcune nationi pronte piu l’una. cbe l'altra,cme i Thofcani ; cbe in Hero fono acutif, fmi, SEC 0 7^ D O. So firni. Tare ancor cbe a i Spagnuolifia affai proprlo il motteggiare. Trouanfi ben pero rnolti & di quefla, & d’ogni altranatione, i qttali per troppo loquacitd pafian tal’hor i termini,&diuentano infulft & inep- ti; percbenon ban riffetto alia forte delleperfone,con lequaiparlano,al loco one ft trouano,al tempo, alia grauitd,& alia modeftia, cbe esfiproprij mantenere deuriano. .Allbora il S.Trefetto riff ofe, mi negate, ^eoirer- cbe nellefacetie fia arte alcuna ,&pur dicendo mal uare.DiCi. di quei,cbe nonferiumo in effc la modeflia, &graui- ceiane - td, & non banno rijfetto al tempo ,& alle perfone, con lequaiparlano ,parmicbe dimojlriate ch’ancor queflo infegnar ft pojfa , & babbia in Je qualcbe di- fciplina . Quefte regoleS. mio, riff ofe M. Fedcricc, fon tanto uniuerfali, cbe ad ogni cofa ft confanno & giouano. Ma io bo detto nolle facetie non efierarte, per cbe di due forti folamente parmicbe fenetroui- no, de quai I’una s'eHende nel ragionar lungo & con Due forti timato; come ft uede di alcmihuomini , cbe con tan ,di Acetie, ta buonagratia, &cofi piaceuolrnentenarra.no ,<£r efprirnon nna cofa, cbe fia loro interuenuta ,o ueduta o udita I'habbiano, cbe co i gefli, & con parole, la met tom innantf a gli occhi, & quaft la fan toccar con mano;&quefia forfe per non cibaueraltro uoca bulo,fi porria chiamar feftiuitd,cuerourbanitd. L’al tra forte di facetie e breuisfma, & confifte Jolamen- teneidettipronti,&acuti; come ffcfio tra noifene odono,ene mordaci, ne fengaquelpoco di puntura par cbe babbian gratia ; & questi preffo a gli anti cbi, ancor ft mminauano dettfadefjo alcuni U cbia- mam L 1 B X 0 memo argutie. Dko adunque, chenelprimo modo, ch’e qitella fejliuanarratione, non ebifognoarte ed¬ ema, percbela natura tnedeftma crea, & forma gli httomini attia nan are piaceuolmente , &da!oroil uolto, i gefti la twee, e le parole appropriate ad imi- Deilatecon tar c ^ c ' ne uoghono . Tfcll’altro delle argutie, che poo farl'arteb conciofia cofa, the quel falfo detto dee efjer ufeito , & hatter data in brocca ,prima cbe paia, cbe colui, chelodice, u’habbia potatopenjare; altramente e.freddo, & non ha delbuono. Teroejli imit* Cice mo'che'l tutto fta opera dell'ingegno, & della na- Ioue ‘ tar a. pjprefe allhor le parole M. Pietro Bembo ,& difiefil S. Trefettonon ui nega quello, the mi dite; cioh, chela natura, & lo ingegno , non habbiano le prime parti, mafllmamente circa la inuentione; ma certo e , che nell’anmo di ciafcuno , fta pur I’huomo di quanto huon ingegno pub efjere, najeo - no de i concetti buoni & mail, & pin & meno; ma to^iniportK ^ giudiciopoi, & I’arte gli lima, & corregge,& fa ekttione de iboni , & rifiuta i rnali . Tero la- feiando quello, che s’appartiene alio ingegno , di- chiarateci quello che confifle nell’arte , cioe delle fitcetie, & de i matti, che inducono a ridere, quai fon conuenienti al Ccrtegiano, & quai no; & in qual tempo, & modo ji debbano ufare ; che que- Jto e quello, che’l S. Trefctto u’addimanda . ^illho ra M. Federico pur ridendo dijfe . Tfon e alcuno tc imiuoi qui. di noi, al quai io non ceda in ogni cofa, mafftma- tmudeUe mente tied’effer fiiceto, eccetto feforfele fchiocche ^ facetie, \e , che fpejfo fknno rider altrui ,piu che i bei detti non SEC 0 X S o. 87 non fujjcro efie anccr accettate per ftcetie . Et cofi uoltandofial Conte Lodouico, &aM. BernardoBi- biena,dijfe, Eccouii maestridi qacSlo , da iquail, s’io bo da parlare de i decti giuocoft, bifogna che p ri maimparl cio che m’babbiaa dire. Ejjfiofe it Con¬ te Lodouico. me pare cbe gid cominciate ad ufar quello,di cbe ditenon faper niente; cioe diuoier far rider quefli Signori, buriando M. Bernardo & me, perche ogn’un di lor fa, che quello di che ci laudate, in uoi e moltopiu eccellente . Tero fe fete faticato, meglio e dimandar gratia alia S. Ducheffa che fac- cia differireil reSto del ragionamento a domani, che uoler con inganni fubterfugere la fatica. Comin- ciauaM. Federico a rifponacre; ma la S.Emilia fu- bito I'interruppe, e difieCtfon e l’or dine, chc la dip/it ta fe ne uada in laude uoftra; baSla cbe tutti fete mol to ben conofciuti. Ma perche ancormi ricordo, che uoi Conte ,bierfcra mi desie imputatione, cb'io non partiua egualmente le fatiche ,fardbene,cheM. Fe derico ft ripofi unpoco ; e’l carico del parlar delle fa cetie daremo a M.Ber. Bibiena; perche nonfolamen tenel ragionar continouo lo conofcemo facetiffitno, ma hauemo a memoria cbe di queSia materia piuuol te ci ha promeffo uoler f rriuere; & pero pojfian crcde re, che gid molto ben ui babbia penfato; & per que- fto debba compiutamente fatisfarci. Toi parlato cbe fifia delle facetie,M. Federico feguird in quello,che dir gliaitanga, delCortegiano. Mllbora M. Federi¬ co, difse. Signora non jo cio chepiu m'auan%i;ma io aguifa di uiandants gid ftanco dalla fatica dellun- L go Jmlta pur Cicerone, Jacomo 55 Seconds. L I b ii o go caminare a megsgo giorno j ripoferommi ncl ra- gionar di M. Bernardo al fuondelle fue parole, co¬ me /otto qualcbe ameniffimo, & ombrofo albero al mormorar fuaite d’un uino fonte, poi forfe un poco rittorato ,potro dir qualcbe altra cofa.Biffoferiden- do M. Bernardo,s’io ui moftro il capo, uederete, cbe ombra ft pub affettar delle fogliedel mio albero. Di- fintire il momorio di quel fonte uiuo ,forJe ui uerrd fkttoyperch’io fui gid conuerfo in un fonte,non da al- cuno degli antichi Dei,ma dal nosiro majlro Maria¬ no, & da indi in qua mai non m'e mancata I’acqua, Milbora ogniun cornincib a ridere;percbe quefiapia ceuolcggii,di cbe M.Bernardo intendeua, ejfendo in- teruenuta in I\oma alia prefentia di Galeotto Car¬ dinal di S. Tietro in V incula, a tutti era noti/Jima. Ceffato il rijb, difie la Signora Emilia; Inflate uoi adeffoilfkrci riderecon I’operar le fhcetie ,&anoi injegnate, come I’habbiamo ad ufare,& donde ft ca- uino, & tutto quello, cbeJ'opra quesla materia uoi conofcete. Et,per nonperder piu tempo, cominciate homai. Ditbito difie M.Bernardo, cbe I’hora fia tar¬ da; & accio cbe’l mio parlar di facetie non fia infk- ceto,&fasiidiofo, forfe buon fard dijferirlo infino a domani. Ouiui fubito rifpofero molti, non effer an- cor ne a gran pegga I’hora confiteta di darfine al ra- gionare . Midbora riuoltandbfi M. Bernardo alia S. Ducbejja & alia S.Emilia,Io non uoglio fttggir,dif- fe, quest a fatica, bench’io, come foglio marauigliar- mi dell’audacia di coloro, cheofano cantar alia uiola in prefentia del nofiro. Iacomo Sanfecondo; cofi non douerei S E C 0 'Ef D 0 88 dotterel in prefentia d’audit or i, cbe molto meglio in - tendon quello cbe io ho a dire, cbe io fteflo,ragionare delle facetie;pur per non dar caufa ad alcuni di que- fti Signori di ricufarcoja, cheirnposio loro fia, diro quantopiubreuemente mi fardpoffibile, cib cbe mi occorre circa le cofe,cbe muouono il rifo, il qual tan- to a noi eproprio, cbe per difcriuer I'buomo , ft fuol Delnf ®‘ , dir cb’egli e un’animal rifibile; per cbe qucfio rifo folamente ne gli buominiji uede,& e quafi femprete Himonio d’unacerta hilaritd , cbe dentrofifcnte nel l’animofdqualda natura e tirato al piacere, & appe- tifce ilripofo e’l ricrearfi; onde ueggiamo molte cofe da gliguomini ritrouate per queflo effetto;come le fe- fie e tante uarieforti di fpetta.coli.Et per cbe noi ami a mo quei,che fon caufa di tal noflra recreatione, ufa- " . ... , . r , • , Tetchefi 6 uano i !{e anticmgi Romani,li a ' leggiar quefti,potria I’huomo acquisiarfi inimicitie perico’ofe; pero conueniente cofanonebeffare, eri- derfide i uittj collocati in peifone ne mifere tanto, che muouano compaj]ione,ne tanto federate,chepaia chemeritino efier condennate a pena capitale ; ne vnmedefi- tanto grandi, che un loro picciol fdegno poffa far fpeffo°ti gran danno. Hauete ancora a fapere, che da ilocki, P u ,° r 5 ca ,- e dondeji cauanomotti da ndere, Jt pojson medejima- mente cauar fententie graui,per laudare,& per bia- ftmare ; & talhor con le medefme parole,come un’- huorno liberate, che metta la robba fua in commune con gli amici, fuolft dire,che cio ch’egli ha,non e fuo. llmedefmo fipuo dir per biafimo d’unoc’habbiam , bato,o peraltre male arti acquislato quel che tie- ne. Diceftancor, colei e una donna d’afiai, uolen- dola laudar di prudentia &bontd; il medeftmopo- trd dir chi uolcfte biafmarla, accenmndo che fuffe donna di mold. Ma piu fteffo occorre femirfi dei medefmi lochi a queflo propoftto, che delle medefi- rne parole; come a queflidiftando a mejfa in una. * L 3 Chiefa Tre manic- tedi fa ceric L I B Ff 0 Chiefa tre Caua Uieri,& ma Signora, alia quale fcr* mua d’amoruno del tre, comparue un pouero men- dico; & poftofi auanti alia Signora, cominciolle a domandare elemofma ; & cofi con molt a importuni¬ ted & uoce lamenteuole gemendo replico piu uolte la fua domanda; pur con tutto quest o eft a nongli die de mai elemofma ,ne ancor glie la nego, con fargli fegno, che s’andafie con Dio; ma siette fempre Jo- pra di fe, come fe penfafte in altro . DiJJe allbora il Cauallierinnamorato aduoi compagni .Vedete do ch'io pojfo jperare dalla mid Signora, cbe e tanto crudele, che non folamente non da elemofma a quel pouerctto ignudo morto difame, che con tanta paf- fton, e tante uolte a lei la domanda, ma non gli da purlicentia, tanto gode di uederf innanf ma per - fona,che languifca in miferia ,& in uan le domandi mercede . I \ijpofe un de i dui, quefa non e crudeltd, ma un tacito ammaeflramento di quest a Signora, a uoi, per farui conofcere cbe eft a non compiace mai a chile domanda con molt a importunitd. Iffofel’al- tro,angi e mo auuertirlo, cbe ancor ch’ella non dia quello,cbe fe le domanda, pur le place d'ejfetne pre- gata. Eccoui dal non hauer quella Signora dato li- centia alpouero, nacque ut detto di feuero biafimo , uno dimodefta laude,&un’altro di giuoco mordace. Tornando adunquea diebiarare le forti delle face- tie appartenential propofto noslro, dico, che fecon- dome,di tremaniere fe ne truouano,auenga, cbeM. Federico folamente di due habbia fatto menlione , cioe di quella urbana } &piaceuole narratione conti- nuata, S £ C 0 VI D O. po iluata,cbe conftfle nell’ejfetto d’una cofa; & della fit- bita & arguta prontegga,cbc confi fie in nn detto fo - lo.Tero noi ue ne giungeremo la terga forte , cbe chid, mamo burle; nellequaliinteruengon le narrationi lun ghe, e i dettibreui, & ancor qualcbe operatione. Quelle prime adunque cbe confflono nel parlar con- tinuato[on di maniera tale,quafi, cbe I'buomo raccon ti una nouella; Eper daruenc un’ejfempio, baftard quello cbe ferine Cicerone di Crajfo cbe per pungere Memmio, ch’in Tarracina hauefie fempre mangiato una forte dipe/ce cbiamato lacertofll quale eradu- no cheftdvmandaua Largio, finfe CraJJo in moltepar tidiTarracinaejjerfttrouatefcrittealcune letterejc quali erano tre L.L.L.& due M. M. & cbe bauen- do egli richiefto m ueccbio di quelpaefe, acciocbegli deebiarafie cbe cofa fignificaflero quelle lettere, dife, effergli ftato rifofto, lacerat lacertum largij \Mor- dax Memmius. H or uedete come quefia forte di fa- cetie ba dell’elegante, & del buono , come ft con- uiene a huotno di corte , 0 uero ,ofinto, cbe fia quel - lo, chefi narra ; percbe intalcafoe lecito fingere, quanto all’huom piace fenga colpa; & dicendo la uerita , adornarla con qUalche bugietta , crefcendo ,o .diminuendo fecondo’lbifogno . Mala gratiaperfet- ta, & uera uirtu di queflo e il dimoftrar tanto bene, & fenga fatica cofi con igefli, come con le parole quello, cbe I’buomo uuol ejprimere, cb’a quelli , cbe cdono,paia uederfi innangiagli occhifar le cojfche ft narrano. Ettanta forga ba queflo rnodo coft ejfref- fo, ihctal’bor adorn a } &fa piacer fommamente una L 4 coja, QnelIo,c!ii fioee ofler* Uar nel nar rare le face* tie. L I B Tl 0 cofa,che in fe ftejjo non Java moltofaceta,ne tngenio fa.Etbenche a quejie narratiom firicercbino igefti, & quella efficacia cbe ha la uoce uiua; pur ancor in fcritto qudche uolta ft conofcela lor uirtu . Chi non ri de,quandonella nona giornata dellefue cento nouelle Boccaccio nan a Gio. Boccaccio come ben ft sforgaua maeflro mobile _ simvne alia, prefenra di Bruno, {hr credere a Calan - nclle circo- . . », r r ' r , ... itanzc del- anno cb egu era pregno ; er farji dare per media - le Nouelle. n } capponi, gallitie, & danari ? Chi non ride , quando Calandrino dice, oime, trijio me, come faro? comeparturiroio quefio figliuolo,& onde ufeird egli? Tiaceuolt narrationi fono ancor a in quella difer Ciap pelletto,& molt’altre. Della medefma Jortepar che fail far ridere contrafacendo o imitando, comcnoi uogliam dire. T^clla qual cofafin qui non houeduto alcunpiueccellente di M. Boberto noSlro da Bari. Roberto di Qgpfl* non P oca laude,dijfe M. Bjtberto,fefoffe me ne CCe_1 ' uera ^P erc ^’’‘ 0 ccrtom’ingegnerei d’imitar piuprefto trafarc. 1 * il ben che’l male; & s’to potejfi ajfmigliarmi ad al~ cm,ch’io conofcojo mi terrei per moltofelice;ma du bitononpaperimitarealtro,chele cofe, che fhnno ri- dere,lequaliuoi diangihauete detto,che confiflono inuitio.Ejfpofe M. Bernardo,in uitiofi; ma che non Ha male. Et Paper douetc,che quefla imitatione, di , che noi parliamo,non pno ejfer fenga ingegno ; per- cheoltre alia maniera d’accommodar le parole,e i ge fti,& mettere innagi agli occhi de gli auditori il uol to,e i cojlumi di colui,di cui ft parla,bifogna cjferpru dente, & hauer molto rijpettoalloco, al tempo, & alle perfone ; con leqttali ft parla, & non difeen- dere S E f OJ[BO, 91 dere alia bujfoneria , & ufcire de i termini; lequal cofe uoi mirabilmente oflcruate; & per'o eHimo, che tutte le conofciate; che in ucro a gentil'huomo QiL tl,0 . ch 5 r ■ r ■ r • • J* •, r maoiljt- non /; conuerna far i uolti,piangere, & ridere, far tiihuomo far le uoci, lottare da je a je, come fa Berto; ueflirfi dee fug3ire ‘ da Contadino in prefentia d’ogn’uno, come Sira- feino; e tal cofe, che in ejf/i fon conuenientijjime, per effer quella la lor profejjione. Ma a noi bifogna per tranfito ,& nafeofamente rubar quefla imitatione, feruando fempre la dignitd delgentilbuorno fenga dir parole (for che, o far atti men che bonesli; Jen- ga diflorcerfi il uifo, o la perjbna, cvfl fenga rite- gno, ma far i mouimenti d’tm certo modo, cbe chi oda & uede ,per le parole , & gejli nojiri imagini moltopiu di quello, che uede, & ode; &pcrcid s : in duca a ridere. Dsefi ancor fuggir in quefla imita- tione d’effer troppo mordace nel riprendere, maffi - la troppa mamente la deformitd del uolto, o della perform; che Heffuggi fi come i uitij del corpo danno fyejfo beiia materia di «• ridere a chi diferetamente fe ne uale; ccft I’ufarque- sto modo troppo acerbamente, e cofa non fol da buf- fone, ma ancor da inimico. Verb bifogna ( benebe difficil fia ) circa queflo tener ( come bo deto ) la maniera del nostro M. foberto, cbe ogn’un’conrrafd, & non Jenga pungerlo in quelle cofe, done bantu diffetti, & in prefentia d’cjji medeftmi ; &pur niu- no fe ne turba,nepar cbepojsa hauerlo per male; & di queflo non nedaro efempio alamo ; per cbe ogni di in effo tutti ne uedemo infiniti. Induce anchor molto a ridere (cbe pur ficontiene fotto la narratio - Afino face 2 - tamente co parato a un Tullio. t I B Tl 0 tie) ilrecitar conbuona gratia alcuni difetti d’altn, mediocri pero, & non degni di maggior fupplicio , comele fcioccbeige talbor femplici , talbor a accom pagnate da un poco di panggia pronto., &mordace. Medefimamente certe affettationi cflrcme. Talbor una grande & ben compofla bugia, comenanb po¬ co di fono M. Ccjarcnoflrouna bell a fcioccherppa, che fit; cbe ritrouandofi alia prefentia del Todeffd di quefia terra, uide ucnire un Contadino a dolerfi cbe gli era Rato rubato un’tAfmo ;ilquale, poi che hebbe detto dalla pouertd fua, & delTinganno fkt- toglida quel ladro ,per farpiu grauelaperditafua difie. MeJJere,fe uoibauesleuedutoilmio me Sparine ri. Facetia del Fiuftato. D’un Com- meiTario Fi©rentuio. Vinitiani, qua»dofan no ilcaual- catoxe. Facetia de i Fioretini iopra quc- fta parola, Pielibato. L I B If 0 maggiore. Hor uedete , che buona e/limatiua ha- uea quefto jlbate . Dific allbor M. Tietro Bembo. Et per che non ditcuoi quella deluoslro Commefia- rio Fiorentino s’ liquate era afiediato nello Casidli- na dal Duca di Calauria , & dentro efiendoji troua- to un giorno certipafiatori auelenati, cb'erano sta¬ ll tirati dal campo ,fcrijfe at Duca , che je la guerra s'hauea da far cofi crudele, ejfo ancor fkrebbe for ll medicame Infu le pallotte deWartigliaria ,&poi chi n'hauejfe ilpegglo fuo danno. Rjfe M. Bernardo, & dijfe. M. Tietro fe uoi non Jlate cheto, to dlrotutte quelle,cheioflefiobouedute, &uditede uosirl Ve- netianicbe non Jonpoche,& mafflmamente, quoin- do uoglion fare ll caualcatore. K[on dite di gratia , rljpofeM. Tietro, cbe lone tacero due altrebelUJJi- mc, cbe fo de i Fiorentini. Dific M. Bernardo, deono efferpiupresio Sanefi t che fpefio , ui cadeno . Come a quesli di uno ,fentendo leggere in configlio certe lettere, nelle quali,per non dir tante uolte il nome di colui, di chi ftparlaua, era replicato, quefto ter- mine ,ilprelibato,difiea colui, cbeleggeua.Ferma- teui un poco quiui, & ditemi. Cote Flo prelibato e egliamico del no siro comune ? I{ife Mefier Tietro ; poi dijfe. Io parlo de Fiorentini, & non de Sanefi. Dite adunque liberamente, foggiunfe la S. Emilia & non habbiate tanti rijpetti. Seguito M. Tietro . Quando i Signori Fiorentini fhceano la guerra con¬ tra Tifani, trouaronfi tal’bor per le molte fpefe efau- Siididenari;&parlandoftun giorno in configlio del modo ditmarne peri bifogni cbe occorreano, do- S E C 0 D 0. 91 po I’efferftpropoflo molti partiti, difde un cittadino depiu anticbi. Io bo penfato did modi, per li quali fenga molto impaccio ,prefio potrcm trouar buona fomma di damri; & di quefti l’mo b, cbe noi ( per- chenon bauemole piuuiue entrate, cbe la gabella delle porte di Firenze) fecondo, cbe u’habbiam un¬ did Torte ,fubito ne fa cdam fare undid altre, & radoppiaremo quella entrara . L’altro modo e, cbe ft dia online cbefubito in Tistoia , & Trato, s’aprino le ^eccbe ne piu ncmeno,come in Firenze, & quiui non ft facciaaltro giorno, & notte, cbe batter dena¬ ri , e tutti Jiano ducati d’oro; & qncfo partito ( fe¬ condo me) e piubreue , & ancordi minor jfefa.Pf- fefmolto delfottilauedimento diquefio cittadino; &raccbetato ilrifo,difiela S. Emilia.Comportarete mi Meffer Bernardo, cbe M. Vietro burli cofi i Fio- rentini fen^a fame uendetta ? Bijpofe pur ridendo M. Bernardo , Io gliperdono quefla ingiuria,percbe s'egli m’ba fatto di/fiacere in burlar i Fiorentini, hammi compiaciutoinobedir uoi; ilcheio ancor farei fempre . Difie allbor M. Cefare . Bella grofferia udi dir io da un Brcfciano , ilqual effendo Flato quefi’an¬ no a Vinetia alia fefia dell’Mfcenf one, in prefentia mia narraua a certi fuoi compagni le belle cofe, cbe ui bauea uedute; & quante mercantie, & quanti ar- genti, jpeciarie , panni, e drappi u’erano; poi la Si- gnoria con gran pmpa efier ufeita a jpofaril Mare in Bucentoro, fopra ilquale erano tanti gentilbuo- mini ben uefliti,tanti fuoni,e canti, cheparea un pa- udifo; & dimandandogli un diquei fuoi compagni, cbe Grofferia d’un Bec* feiano. L I 2 11 0 cbe forte di Muftca piu gli era piaciuta di quelle, f. he bauea udite,difte ; tuttc eran buone, pur tra I’d fre io uidi un fonar con certa tromba Tirana, cbe a ognitratto fe ne ficcaua in gola piudi duepalmi,& poifubito la cauaua,&di nuouo la reficcaua,cbe non vedette mat la piu gran marauiglia. Rjferoallbor tut liconofcendo ilpa^gopenfter di colui, cbe s’baueua Affettario- jmaginato, cbe quelfonatore ftficaffe itiducono a la parte del Trombone, cherientrand jid(.re. Soggiunfe allbor M. Bernardo . Le affettationi poi mediocri fannofaflidio ; ma quandofon fuori di mifit ra, inducono da ridere aftai; come talbor fe ne jen- tono dibocca d’alcuni circa la grandegga,circa Tef- fer ualente,circa la nobiltd talbor di dome, circa la bellcgpa , circa ladelicatura. Come a quettigiorni fece una gentildonna , laqual ttando in ma gran fetta di mala uoglia, & J'opra di fe, le fu doman - data a cbe penfaua cbe Jlar la fucejj'ecoft mal con- tenta, & eftdrifpofe. Io penfaua ad una cofa, cbe fempre cbe mi ft ricorda mi da grandijftma noia, ne leuar me la pofto dal cuore; &quetta e cbe cftendo cottime cbe tatti i corpi dopo la morte ft ueggano ignudi per efter lauati, io non pofto toller are I’af- fanno cbe fento, penfando cb’il mio ancora babbia ad efter ueduto ignudo . Quelle tali affettationi,per- cbe pafiano ilgrado, inducono pin rifo, cbe fitfti- dio . Quelle belle bugie mb , coft ben affettate,come rnuouano a ridere , tutti lo fapete . Et quell’amico nottro, cbe non cc nelaf :ia mancare > a quetti di me neraccontb una molto ecccUente, PiJJe allhora il Magnifico nella gola quel o ft nafeonde. S 1 C 0 JfD 0. 94 Magniflco Giulia.no. Sin come (i unole, nepiu.ec- cellentcne pin Jot tile non pub ella effer di quella,cbe I'altrogiorno per cofa certijjima ajfermaua m no- ftro Thofcano Mercatate Lu cbefe .Ditela foggiunje In S. Tucbelfa. Bflpofe il Magniflco Ghiliano ridendo. Quejlo Mercatante (fi com’egli dice ) ritrouandoft ma uolca in Toloniafdeliber'o di comperare una quart titd di gibellini con opinion di portargli in Italia, & fame m gran guadagno, & dopo molte praticbe, non potendo egli jlejfo in perform andare in Mofco- uia ,per la guerra tra’l P x e di Tolonia e’l Duca di Mofcouia,permexgtpd’alcunidd paefe ordin'o,cbe un giorno determmato certi mercatanti Mojcouiti .co ii.or gibellini uenijfero a i confini di Tolonia, e promifeejfo ancor iitrouaruifi per praticarla cofa. ^indando adunque il Lucbefe co i fuoi cornpagni ucr fo Mofcouia, giunfe al Borijlhene, ilqual trouo tut~ to di gbiaccio , come un marnio; & aide ebe Mofco- uiti, liqualiper fofyetto della guerra dubitauano efji ancor de’Toloni, eran gid fu I'altra riua, ma non s’accojlauano, fe non quanto era largo il flume. Coji conofciutil’un I’altro , dopo akuni cenni, li Mofco- uiti cominciarono a parlar alto ,edomandar ilpre ^ ■go, cbe uoleuano de i loro 'gibellini, ma tanto era eflremo il freddo, cbe non erano inteft; percbe le pa role prima cbe giungejfero all’ultra riua , done era quejlo Lucbefe, e i fuoi interpret, ft gelamno in aria. &uirejlauano gbiacciate, & prefe di modo , cbe quei Toloni, cbe fapeanoil collume , prefero per partita di far un gran fuoco propria almcgo del flu - me; Nouel la del mcrca- tante de i GibeLlini. lmagmati® ne ndicok. L I B X 0 ' me; pcrcheal lor par ere quell’era il termine, iotie •gimgeuala uoce ancor calda,prima cbeellafuffe dal gbiaccio inter cetta , & ancor a il flume era tan - to fodo chebenpoteua foslenere ilfuoco. Ondefatto queHo , le parole, che per ffatio d’un’bora erano Jiate ghiacciate, cominciarono a liquefarfi ,& di- fcendergiu mormorando, come laneue dai montiil Maggio j & cofi fubito furono intefe beniffimo, ben cbegidglibuomini difa fufiero partiti; mapercbe a lui parue the quelle parole dimandafjero troppo gran preggp per igibellini, non nolle accettare il mercato; & cofi feneritorno fenga . Rjfero allbora, tutti; & M. Bernardo , Innero, difje quella, cb’io uoglio raccontami, non e tanto fottile , pur e bella, & e quella. Tarlandofipocbi di fono del paeje,e mon~ do nuouamente trouato da i marinari Tortoghefi » & de i uarij animali > & d’dtre cofe, che effi di co¬ la in Tortogallo riportano, quell’amico , del quale if ho detto ,affermo hauer una Simla di forma di- Simla che uerfiffima da quelle, che noifiamo ufati di uedere, la fcaceh! UJa qualgiuocaua a Scacchi eccdlcntifjirnamente ; etra I’altre nolte undiefjendo innangi al ![c di Torto- gallo il gentilbuomo , che portatal’bauea ,& giuo- cando con lei a fcacchi ,la Simia fece alcuni tratti fottiliffmi, di forte che lo sirinje molto , in ultimo gli diede fcaccomatto,perche il gentilbuomo turbato, come foglion efier tutti quelli, che perdono a quel Coflume «• dicule; come pochi di fono,difie il noftro MeJJer ^An- nibal Taleotto ad uno , cbe li proponea un maefiro per infegnargrammatica a fuoi figliuoli , efipoiche gliel’bebbe laudato per mclto dotto, uenendoal fala- rio, difie,che oltra i denari uoleauna camera fornita per habitare, & dormire, perche ejfo non hauea let- Annibairi t0 ‘ ^^borM. •^■ nn ibal fubitorifpofe,& come pub icotto, egli ejfer dotto ,fe non ba letto ! Eccoui, come ben ft ualfe del uario fignificato di quel non hauer letto; ma per cbe quefli motti ambigui banno molto del - I’acuto , per pigliar I’buomo le parole in fignifica¬ to dinerfo da quello, cbe le pigliano tutti gli al- tri, pare (come bo detto) cbepiu preslo muouano marauiglia, cberijo, eccetto quandofono congiun- ti con altra maniera di detti . Quella forte adun¬ que di motti, cbe piu s’ufaper fur ridere , b quan¬ go noi ajpettiamo d’udir ma cofa,& colui cbe rifpon- de,nedice utdaltra; & chiamafifuord’opinione. & (ea S E C 0 r^D 0. $6 fe a qucfto e congimto lo ambiguo, il motto diuenta falfijfimo;Come I'altr'hieri difcutandofi di far un bel mattonato nel camerino della Signora Ducbefja, dep pomolie parole uoi Gio.Cbriftoforo dicejlefe not po tejf.mo bauere il Todefta di Totentia, & farlo ben fyianare,faria molto a propcfito,percbe egli e il pi A bel mattonato,cb 'io uedeffi mai.Ogniu rifemolto,pcr~ cbe diuidendo quclla parola mattonato,faceSie lo am biguo-,poi dicendo cbe fi baue/J'e a ffianare un Tode- Hd,& metterlo per paitimento d’m camerino,fu fuor d’opinione di chi afcoltaua; cofi riv.fici il motto argu- tiJJimo,& riftbile. Ma de imotti ambigui fono mohe fortfperb bifogna e/jerc auertito, & uccellar jottiliffi mamente alls parole ,& fuggir quelle, cbe fanno il motto frcddo,& cbepaia cbeftano tirateper i capel- U;ouero(fc condo c’hauemo detto)cbe babbian treppo deilo acerbo,comeritrouandofi alcuni compagni in ca fa d’un loro amicoplqualc eracieco da un’oeebio ; & inuitando quel cieco la compagnia a reffiar quiui a di fmare,tutti fi partirono eccettouno; ilqual dijje,& io ui regard,pcrche v.eggo cfjerci uoto il loco per uno;et cofi coldito moftro quella caj]a d’oeebio uota. V tdc- te, cbe quejlo e acerbo, & difeortefe troppo, percbe raorfe colui fenga caufa, & fenga ejfer ftato efo pri~ mapunto;&diffe quello, cbe dir fi poria contra icie- cbi.E tai co/e uniuerfali no dilettano,pcrchepare cbe pojfano ej]cre penfate.Et di queffa forte fu quel detto ad un fenga nafo;& done appicchitugli occhiali f 1 o con cbe fiuti tu l'anno le ro/e i Ma tra gl’altri motti quelli banno bonijjima gratia,cbe nafcono,quando del M a ragionar Motto fal- fo per l’aiu- biguiti. Iitiita Gitc roue. D’unlitiga tc. Gilcotto da Narni. Bifchizsi.' Di Virgilio* Motto di M.Hicroni* *no Donato Di Quid. L I B 11 0 noric.cz del compagno I’buomo piglia le medefms nel mcdefmo fenfo,& contra diluile riuolge,pungen dolo con lefuc propria armi; comeun litigant e,a cui in prefentia delgiudice dalfuo auerfariofu detto, cbe baituf/ubito rijpofe,percbe ueggo un ladro.Et di que flafortcfu ancor,quando Galeottoda TSfirni pajfando per Siena, ft ferrno in una flrada a dimandar dell’bo- fteria; & uedendolo m Sanefe cofi cGrpulento, come cra,dijfe ridendo,gli altriportano le bolgie dietro, & coflui le porta dauati.Galeotto fubito rijpofe, cofi ft fa in terra diladri.Fn’altra forte bancor, cbe cbiamia- mo bifcbiggf,& queHa confifte nel mutare,ouero ac~ crefcere, o minuire una lettera ofyllaba; come colui cbediffe,tudei eferpiu dotto nella lingua latina, cbe nella Greca.Et a uoi Sig.fu fcritto, nel titolo d'una let tera,AllaS.Emilia impia.E ancorfaceta cofa inter- pom un uerfo,o purpigliandolo in altro propofito che quello cbe lo piglia l’autore,o qualcbe altro detto uul- gato, tal’bor a un medefimo propofito, ma mutando qualcbe parola comediffe il gentilhuomo,chehaueua una brutta & difpiaceuole moglie, efendogli dimada to,come ftaua,rijpofe,penfalotu, chef unarum maxi¬ ma iuxtame cubat.EtM.Hieronimo Donato,andan do un giorno a diporto infeme con molt’altri gentil'- huominijs’incontro in una brigata di belle donne, & dicendouno di queigentil’buomini. Quot ccelum siel la , tot habet locus isle puellas ; fubito foggiunfe Tafcua quotquc hredos , tot habet loom itte cinofe MeJJ'er Camillo, angi ft confefla di quelle co~ fe,perche fioltamente penja , che il farlefta gran peccato. TSJon ui ricorda, come ben dijje I’altro gior Bel s. Pre- no il Signor Trefetto , quando Giouan Tbomafo Ga leotto ft marauigliaua d’un , cbe domandam du- cent» ducati d’un cauallo ? percbe aicendo Giouan Tbomafo, che non ualeua unquattrino, &cbe tra gli altri diffetti fuggiua dalTarme tanto, cbe non era pofftbile fhrglielo accofiare , diffe il S. Trefet¬ to ;( uolendo riprendere colui di uilta ) fe’l cauallo ha quesla parte di fuggir dall’arme , maraueglio- B’tm Tio- rni cbe egli non ne domanda mide ducati . Di- ceft ancora qualcbe uolta una parola medefvma, ma ad altro fin diquello, cbe ft ufa. Come efien doilS. Duca per pajfar un flume rapidisflmo, & dicendo ad un Trombetta , paffa, il Trombetta fi uoltb con la beretta. in rnano , & con atto di riue rentia dijje, pafsi la S. F. E ancor piaceuol ma- niera di mottegiare, quando I'buomo par cbe pi- gli k parole , & non la fententia di colui chera- d’an Tede giona ; corns quest’anno un Tedefco a f\oma in- gospagnuo contrando una fera il no tiro M. Filippo Beroal- i»- do, del quale era difcipulo , dijfe , Domine ma- gifler Dens det nobis boramfero , c’l Beroaldo fu- bito riftrofe, tibi malum cito. Eflendo ancor a ta- uola col gran Capitano Diego de Cbignognes, dif¬ fe m'altro -Spagnuolo, che pur uimangiaua ,per domandardabere, uino,rifpofe Diego,y no lo co- nocisies,psr mordere colui d’efj'er marram . Dif¬ fe ancor S E C 0 2\£ D 0. 98 fc amor M. lacomo Sadoletto al Beroaldo, che af- fermaua uolere, in ogni modo andare a Bologna; che caufa u’induce cofi adeffo lafciar Roma, done (on tanti piaceri, per andara Bologna che tutta e in- uoltane i trauagli? Bjffofe il Beroaldo ,pcrtrecon- nd Bero*v- ti mb forgo, andara Bologna ; & gia haueun alga- do - ti tre dita della man fmifira per ajjignare tre caufe deWandata fua,quando M. lacomo fubito lo interrup pe , & dijfe. Quefti tre Conti , che ui fimno andar a Bologna fono, unoil Conte Lodouico da San Bo¬ nifacio , I’altro il Conte Hercole Bangone , il ter- go il Conte as’ Tcpoli. Ogn’un allbora rife, per che melii tre Conti eran flati difeipoli del Beroaldo, e bei giouani, e Hudiauano in Bologna . Di quefia forte di motti adunque affai ft ride , perche portan feco rifposle contrarie a quello, che I’buomo affetta d’udire ; & naturalmente dilettaci in tai cofe il no- Sro errore medeftmo ; dal quale, quando ci trouamo ingannati di quello, che ajpettiamo, ridemo. Ma i modi del parlare ,&le figure , che hanno gratia, iragionamenti graui& jeucri ,quafi fempre ancor ftanno ben nelle fkcetie & giuochi. Vedete che le parole contrapose danno ornamento afiai , quando una claufula contraria s’oppone all’ultra. Il medefi- mo modo jpefjo e fhcetiffimo . Come un Cenouefe, D’un Gens il quale era moltoprodigonello fpendere, efsendo ri- uck ‘ prefo da un ufurario auariffimo, che gli difie . Et quando cefiarai tu mai gittar uia le tue fhculta , al- I’hor rifpofe, & tu di robar quelle d'altrui. E per¬ che ( come gid bauenio detto) da i lochi donde ft ca- M <$. mm L I S 1{ 0 mno fkcetie, cbe mordano, da i mcdefimi fpeffo ft poflonocauardettigraui,cbelaudino, perl’uno& interprets- e ffetto h molto gratiofo & gentil modo, quart* re un mot- do I’huomo confente, o confcrrna quello, che dice co- f™fo cat™ bui c ^ e parla, ma Vinterpreta altramente db quello f f; 'hertut C ^ e ^ inten( ^ e • C° meel quejli giorni dicendo un dettoD'un Prete di uilla la mefla a fuoi populani, dcpo I’ha- Pretedivu lie y pabUcato le fe tie di quello. fettimana,comincid a name delpopulo la confejjion generalmente dicendo; iobopeccato in mal dire, in mal fare, in mal pen- fare , e quel cbe feguita, fucendo mention di tuttii peccati mortali ,un compare, e molto domejiico del prete,per burlarlo dijfe a i circonHanti,/iate tellimo nij tuttidi quello, cbe per fua bocca confejjd barter fatto , perch'io intendo notificarlo al Pefcouo . Que¬ rn saiazza fto medejimo modo us 'd Saliigga dulla Pedrada per daiiaPedia j lomrar ma signora, co laquale parlando,poi che Vbebbe laudata oltre le uirtuofe covditioni ancordi bdlegpa , & ejia rijfoflogli, che non meritauatal laude per efiergid ueccbia, gli dijje. Signora quello cbe di uecchio hauete, non e altro che lo affimigliar- tii a gli .Angeli, cbe furono le prime', &piu antiche creature cbe formajje Dio. Molto feruono ancor coft i detti giuocoji per punger,come i dettigraui per lau - dare,lemetafore ben’accommodate;&majfimamen- te fe j'on rifposle, & fe colui, che rijjronde, perfiffic nellamedejima metafora dett.i dull’altro. Et di que- Di M.Palla sto modofu rifpoflo a M. Palla Strogpj,il quale ej- iei Suozzl jpndo fuoraujcito di Fiorenga, & mandandoui un fuo per altro negotij,gli dijfe quafi minacciando . Di- rai S E C 0 0. 9 ? red da mia parte a Cofimode’ Medici, cbe lagallina com. llmeffofece I’ambafciata impoliagli;&Cofi- mo fenga penfarui ,fubitogli rijpefe . Et tu da mia parte dirai a M. Tall a, cbe legalline malpofiono co uar fuor del nido. Con una metafora laudo ancor io. M. Cam. Torcaro gentilmcr.te il S. Marc’,Antonio Colonna ; ilqual battendointefo , cbeMcfier Camilla in una Jua oratione hauea celebrate alcuni Signori Italiani famofinell’ame, & tra glialtri d'efio ba- ueua fatto bonoratijfma. mentione , dopo I’bauerlo ringratiato, gli dijfe. Voi M. Camilla bauetc fatto dc gli amici uoftri qucllo, che de i fuoi danari fhnno alcuni mercatantifiquali, quandofi ritrouano hauer qudche dneato fhlfo, per ffaggado pongon quel folo tra molti buoni, & in talmodo to fpendono; cofi uoi per honorarmilbencb’io poco uaglid) m’bauetc pofio in compagnia di cofi uirtuofi & cccellenti Signori, ch'io col merit o loro for ft pafkrb per huono. tfifpofe Bd detw Allhor M.Camillo, quelli,che fhlfifican li ducatifo- gliono cofi ben dorargli, eke all’occhio paiono molto piu belli cbe i buoni; pero fe cofi ft trouaffero alchi- mifli d’buomini, come ft trouano di ducati,ragion fa- rebbe fujpettar, cbe uoi fufte falfo,efiendo, come fe¬ te , di molto piu hello & lucido metallo, cbe alcun de gli altri. Eccoui cbe queflo loco e commune all'una,& all’altrafortedimotti;& cofijonomolt’altri,dei qua li ft potrebbon dar infiniti ejcmpi,&maffimamente in detti graui. come qucllo, cbe dijfe il gran Capitanofil- Detti graui quale effendofipoHo a tauola,&efiendo gid occupati p^ r 0 a " c * tutti i locbi,uide cbe inpiedi erano refiati duigentil- buomini ®iego «arzia ; Luigi Re Fianeia. Di Gem Ottomani fratelio del gran Tare© DelTArci- uefcGiio di Fiorenza, 11 Magnif. Oiuliaifo. Nicoicit©. L I B f 9 buomini Italiani , iquali baaean firuito tiella gucr- ra molto bene; & fubito effo medeftmo fi leuo,& fe ce leuar tulti gli altri, & far loco a quel dui, & dif- fe. Lajciate feature a mangiar queBi Signori, cbe fe ejfi non fuffero Bati, noi altri non haremmo bora cbe mangiare. Difse anebora a Diego Garcia, cbe lo confortaua a leuar ft d’un loco pericolofi , done batteua I’artigliaria . Dapoi, cbe Dio non ha mejfo paura ncll’animo uoftro, non lo uogliate uoimetter 1 nelmio. E'l fe Luigi, cbeboggicl{c diFrancia,ef fer.dogli , poco dapoi cbe fit creato fe, detto cbe al¬ lbora era il tempo di caftigar ifnoi nemici,cbel’ba- ucuano tanto offifo, mentre era Duca d’Orliens, rifpo fecbenontcccaua al fe di Franciauendicar I’ingiu rie\fatte al Duca d’Orliens . Si morde anccra fyeffo facetarnentc con una certa grauitd fen fa indur rifo, come dijfe Gemen Ottcmano fiatello del gran Turco efiendo prigione in foma , cbe’l gioFtrare, come noi ufiamo in Italia,gli parea treppoper fiber fare,et po co per far da douero. Et difse,effendogliriferito quan toil feFerrandominore fufie agile & difpoflo del¬ la perfina nel corrcre,faltare, uolteggiare,& tai co- fi; cbe nel fuo paefe i febiaui fhceuano quefli efier- citifmai Signori imparauano da fanciullila libera- litd,&di quiflo fi laudano.Quafi di tal manierajnd, un poco pin ridicolo,fu quello cbe dijfe i’^irciuefiouo di Fiorenga al Cardinale Mleffaridrofcbe gli buomi¬ ni oltre l‘anima,no banno altro,che la robba & il cor pofia robba e lor pofia in trauaglio da lurifionfuhifl corpo da medici,fiff>ofi all’bora il Magnif co Guiia- no, S E C 0 t> o. 100 no, a queflo aggiongere ft potrebbe, quel che cheat a f/icoletto, dob che di raro ji troua mai Iurijcon/ulto chelitighi,ncMedico chepigli mcdicina.hjje M,Bar nitrdo,poi foggiunfe. Di quefti fono infiniti efiempi detti da gran Signori, & huomini grauiffimi; ma ri- defi ancora Ipefio delle comparationi , come ferifie il fe ais«afr noslro Vifioia a Serafim. Fernanda il Valigion che n0 ' t’ajjimiglia;cbe fe ben ui ricordate, Serafino s’affimi- gliaua moltoad una ualigia. Sono ancora alcuni che ft dilettano di comparar huomini,& donne,a caualli, a cani ad uccelli, & (peJJ'o a caffe,a fcanni, a carri, a canieglieri; ilcbe talbor ha gratia,tailor e freddiffi- mo. Tero in queflo bifogna confiderare il locofil tem¬ po, le perfone,& L’altrc coje, cbegid tante uolte bane mo dctto.^illbor il S.Gajparo Talla.piaceuol comp a ratione difie,fu quella cbe fece il S. Giouami Conga ga noslro di ^ileffandro Magno al S. ^ilcfiandro (no Di GiouSm figliuolo.Io nonlofo,rijpofeM. Bernardo.Dijfeil S. Gonza s a ‘ Gaflparo.GiocauailS.Giouami a tredadi; & (come b fua ufanga)baueua perduto mold ducati, & tutta- uiaperdea;& il S .^lleflandro fuo figliuolo, ilqualc ancor cbefia fnnciullo, non giuoca men uolentieri, cbe’l padre,ft ana con molta attentione mirando!o,& parea tutto triflo. Il Conte di Vianella,che con niolti altri gcntilbuonuni era prefente, dijfe.Eccoai S. cbe’l S.^ilefj'andro fla mat contento della uoflra perdita, & ft Slrugge afpettando pur cbe uinciate per bauer qualcbe co/a di uinta;pero cauatelo di qiie 'ila ango~ nia, eprima cbe perdiate ilrefio, donategli almen un ducato, accib cbeefioancor po/fa andare a giuocarg co fuoi L I B ^ O co fuoi compagni.DiJfe allbor il S. Gmianni.Voiu’in ganmte , perche^ilefiandro nonpenfaa ccfipiuiol cofa;ma come ft ferine cbe fileffandro Magno,men- tre cb'erafknciullo , intendendo cbe Filippo fuo pa¬ dre baueua uinto una gran battaglia, & acquijlato m certo regno, cominci'o a piangere; & ef'endogli domandato,per cbe piangeua,riff ofe, per cbe dubitaua cbe fuo padre uincerebbetanto paefe,cbe non li lafcia rebbe, cbe uincer a lui;cofi bora ^Aleffandro mio fi- gliuolo f duole, & sia per pianger uedendo cb’io fuo padre perdo,perche dubita cb’io perda tanto, cbe non chc’i mot- lafci cheperderalui; &quini, effendof: rifo alquan- immpi to,foggiunfe M.Bernardo. E ancor da fuggire, che'l motteggiar non fa impio; cbe la cofa pajja poi dal uo ler ejjer arguto nel biaftemare, e fiudiar di trouar in cio nouimodi.Onde diqucllo cbe I’buomomerita non folamente biafmogma graue caftigo, par cbe ne cer- cbi gloria,il cbe e cofa abomineuole; &pero quefli tali, cbe uoglion mofrar di ejferfhceti con poca ri- uerentia di Dio ,meritan offer cacciatidel confortio d’ogni gentilbuomo . Tfc meno quelli, cbefon obfce- ni & jforcbi nel parlare,& cbe in prefentia di dome L'ofceniti ; non hanno riff etto alcuno, & pare cbe non piglino al fi dec.fuggi tro pj acer , c j JE difayie arro fJire di uergogna, & Jo - pradiqitesiouannocercando motti,&argutie. Come quefl’anno in Ferrara ad tm conuito in prejentia di molte gcntildonne, ritrouandof un Fiorentino, & un ^sanefe" 0 ' San ejefqualiper lophi (come fapete ) fononemici, difjeil Sanefeper mordere il Fiorentino. Tfqi bah- biaminaritato Siena all’Imperatore, & hauemogli data S E C 0 7^ D 0 . 95 data Viorenga in dote. & quefto dijse,percbedi quei di s’era ragionato, cbe Sanefi hatteano data una cer- ta quantitd di denari all’Imperatore, & ejjo bauea tolto la lor protettione. Pyjfyofe fubito il Fiorentino , Siena fard laprima caualcata (alia Francefe) ma dijfciluocabolo Italiano ,poilet dote ft litighera a bell’agio .Vedete cbe il motto ft ingeniofo ,maper efiere inprefentia di Donne,diuento obfceno, & non cortueniente. Allbora il S.Gafp.Tallauicino ,Lc don- ne ,dific ,non bannopiacere di fentir ragionar d’al- tro, &uoi uolete lenarglielo ; & io per me fonomi tromto ad arrofjirmi di uergogna per parole dette- mi da donne,& molto piu fiefj'o, cbe da kuomini. Di queHe tat Donne nonparlo io, difie Mefier Bernar. ma di quelle uirtuofe,che meritano riuerentia,& bo- nore da ogni gentilhuomo. Difeil S. ■ Gajfaro.Bifu- gneria ritrouare una fottil rcgola per conofcerle, per- cbe ilpiu delle uolte quelle, cbe fono in apparentia le migliorijn ejfetto fono il contrario. ^iUhora M. Ber¬ nar ridendo difie . Se qui prefente non fofie il S. Ma- gnifi.noftro,ilquale in ogniloco e allegatoperprotet- tor delle dome, iopiglierei I’impreja di rijponderui; ma non uoglio far ingitma a lui. Quiui la S .Emilia pur ridendo dijse.Le donneno banno bifogno di difen for alcuno contra accufator di coftpoca autorita;pero lafeiate pur il S.Gaffaro in quejia peruerfa opinione, & nata piu preslo dal fuo non batter mai trouato donna,cbe I’babbia uoluto uedere,cbe da mancamen- to alcuno delle dome;e feguitate uoi il ragionamento dellefucetie . Allbora M. Bernardo, Veramente Si¬ gnora Aueiti. L I B r v 0 gnore difie, bomai parmi baiter detto di molti locbi , onde cauar ft pofsono motti ar'guti, iquali poi bamo tanto pin gratia, quanto fono accompagnati da una betid nanatione. Tur an cor molti altrifi potrian di¬ re ; com quando , o per accrefcere, o per minuire, da Voiteira fidicon cofe, ehe accendono incredibilmente la ueri- fmilitudine; & di quest a forte fit quella, che dijfe Mario daVoltena a’m Trelato, che ft teneua tanto grand'bttomo, cbe quando egli entra.ua in San Vie- tro, s’abbafiaua ,per non dare della tefla nell’arcbi- . trauo della porta . Dijfe ancora il Magnifico noftro Di Goipino qui , che Golpino fuo feruitore era tanto magro& fiecco, cbe una mattina fojfiando foto’lfocoper acccn- derlo,eraftatoportato dal fiumo fuper locamino fin alia cirna, & efiendoftper forte trauerfatoaduna di quelle fineftrette, haueua bauuto tanto di uentura , cbe non era uolato uia infterne con ejfo . Dijfe ancor M. Mguttir.o Beuaggano, cbe mo auaro,ilqual non haueauoluto uendereil grano, mentre cbe era caro, uedendo cbe poi s’era molto auilito, per dijperatione s’impicco ad una traue della fua camera; & batten- doun feruitor fuofentito lo firepito, corfe , &uide il patron ivipiccato, & preslaniente taglio la fune & cofiliberollo dalla morte; dopoi I’auaro tomato in Je,uolfecbe quel feruitore gli pagajje la fua fine, cbe tagliata gli bauea . Di quejia forte pare ancor, cbe Dilorenzo fa quella,cbedijfe Lorengo de’Medici ad m buffon dc Medici. _ 2 'fon mi fare ft c ridere ,fe mi JollecitaJli . Et medefimamente riffofe ad nn’altro fcioccofilqual una mattina I’bauea trouato in letto molto tardi, e gli rimpro- S E C 0 7^ D 0. IOI rimproueraua il dormirtanto; dicendogli, io a que- Rabora fono fiatoin me>-catonnouo,& uecclno, pot frn della porta a San Gallo intorno alle mura a far effercitio, & bo fhtto mill'litre cafe, & uoi amor dormite; dijfe allbora Lorenzo, pin uale quello, che hofognato in un'hora so, che quello che bauete /at¬ tain quattrouoi. E ancorbeHo , quando con um ri- jbofia I’buomo riprende quello, che par che ripren- dernon uoglia. Cornell Marcbefe Federico di Man¬ tua padre della S. Ducbefia noflra, eflendoa tauola con molti gentilhuornini, un d’effi, dapoi cbe hebbe mangiatotutto un mineflra, dife, Signor Marcbefe perdonatemi ; & cofidetto, comincioa forbire quel brodo, che gliera atiangato .Mllhora il Marcbefe fubito dijfe, domanda pur perdono a iporci,che a me non fki ingiuria alcana . Dijfe ancora M. Ificolo Leonico pertajfarun Tiranno, c’bauea falfamente fama di liberale 5 penfate , quanta liberalitd regna in cofluiicbe non folamente dona la robba fua , ma an- cor I’altrui . Mfdai gentil modo di facetie e ancor quello,cbe confifte in ma certadijjimulatione,quan¬ do ft dice ma cofa, & tacitamenie fe ne intende un’al tra; nondicogid di quella manieratotahnente con- traria; come feadun nano ft dicefie gigante ,& am negro bianco,0 uero ad un bruttijfimo belliffirno; perche [on trc.ppo manifeHe contrarietd,bencbe que- jle ancor alcuna uolta fitnnoridere ; ma quando con un parlar feuero, & graue ,giocando ft dicepiace- uolmente quello , chenons’ha in ammo. Comedicen- do un gentilhuomo ana ej/reffa htgia a M. .Aguflin Foglietta; Di Federi¬ co Marche- fe di Maa- soua. Di M.Nico* lo Leonico. Di M. Ago- ftin FogUet ta. Di Alfunfb 5. Croce. Pel SU Ai- fonio. L 1 B \ O ■ Foglietta: & affermandola con efficacia perche gli pa yen pur cbe efio ajjai difficilmente la credeffe: dijfe in ultimo M.^igoftino.GendlhuomoJe mai jpero bauer piacer da uoi ,fatemitantagratia,cbefiate contento, cb’io non creda cofa , cbe uoi dictate . !{eplicando pur coflui, & con facramento, efierla ueritd,in fine diffe :poi cbe uoi pur cofiuolete ,io locredero per amor uoSiro, perche in uero io farei ancora maggior cofa per uoi. Quafi di quefta jorte diffe un certole- pido ad uno,ch'al tempo de uiiiofi Imperatori ftuo- leua partir da Bpma;al purer mio coHui pen fa male , perche b tanto fcelerato, cbe siando in I{oma an¬ cora col tempo potria efjer Imperatore . Di qtiefia for te bancor quello, chedifie ^ilfomfo Santa Croce;il- qnale bauendo bauuto poco prim a alcuni oltraggi dal Cardinale di Tania,&pajfeggiando fttori di Bologna con alcuni gentilbuomini prejjo al loco, done ft fa la giuHitia,& uedendoui un’buomo poco prima impic cato, Je gliriitolto con un certo ajpetto cogitabondo, & diffe tanto forte, cbe ogniun loJenti.Beato tu,cbe nonbaiche fare col Cardinale diTauia . Etquefta forte di facetie,cbe tiens dell’ironico, pare molto con ueniente ad huomini grandi; perche e gratte & fal- fa, &poJ]i ufarnelle cofe giocofe,& ancor nelle feue re . Tero mold antiebi ,&dei piu esdmati I'banno ufata,come Catone Sc ip. ,Afric. minor c; ma fopra tut ti in quefla dicefi effer Jlato eccellente Socrate Filof. & a noflri tempi il I{e jilfonfo I.d’^irag.ilquale ef- fendo ma mattina per mangiare,leuqffi molteprecio- fe anella, cbe nelli did hauea,per non bagnarle nello lauar SEC 0 J^D 0. 97 lauar delle mani, & cofi le diede a quello, cbe pri- wa li occorfe, quafi fenga mirar cbi fiijje. Quelfer uitorepensb cbe’l l\e non hauefie potto cura , a cut date l’bauefie , & cbe per i penfieri di maggior im- portantia facil cofa fujfe, cbe in tuttofe lojcordajj'e; & in qucslopiu ft confirmo ucdendo cbe’l fie pm non leridomandaua;etjlandogiorno &fettimane,ct mefi jen^a fentirnemaiparola,ftpenso di certo cjfer fuu- ro;ercoft ejj'endouicir.o all’anno,cbe que/logli era oc cor jo,un’ultra mattina,pur quando ilpeuoleua man giare, ft rapprefento, & porfe la mano pcrpigliar le annella; allbora il Rp accotlatofigli all’oreccbie, ghdifie,bajlinti le prime, cbe quelle jar an bitone per un’altro. Fedete,come il motto e falfo, ingeniofo, & graue\, & degno ueramente della magnanimita d‘un vdlejfandro. Simile a quesia maniera, cbe tendeallo ironico, e ancor un’altro modo, quando con bonefiepa role ft nomina una cofa uitiofa. Come difie il gran Ca Del grj c* pitanoadun fuo gentilbuomo; ilquale dopb la gior- P uanu - nata della Cirignola, & quando le coje gia erano in fecuro, gli uenne incontro,armato riccamente, quan¬ to dir ft pojfa, come appareccbiato di combattere; & allborilgran Capitano riuolto a Don Vgo di Cardo¬ na, dijfe; non babbiate hormai piu paw a di tormento di mare, cbe Santo Hermo e comparito ; & con quel S ' la bonesla parola lo punfe; percbe fapete, cbe S. Hermo fempreai marinari appare dopb la tempe- Jla, & dd fegno di tranquillitd. Et cofi uolje dire il gran Capitano, cbe efiendocomparitoqueflo gentil- buomo,era fegno cbe ilpericolo gid era in tutto paf- iSf Jato. Del S. Ot- faiiiano Vbaldini. Del Duca d’ V’rbino. Irnita Cice tone. Di M. Ca- mills Pa¬ lestra. . L I B \ 0 fato. EfiendoancorilS. Ottauiano VbaldinoaTio- renga in compagnia d’alcuni cittadini di meltaau- tor it d., & ragionando di foldati, un di quegli addi- mando, fe conofceua ^intonello da Forli, ilquale al¬ lbora s’erafuggito dallo Hato di Fiorenga .'hjjfo/e il S.Ottauiano, ionon lo conofco altrimenti; mafem- pre l’bo fentito ricordarcper un follicito foldato; dif- felallbora un'altro Fiorentino. Vedete com’egli £ fol¬ licito , cbe ft parte prima cbe domandilicentia. Jtr- gutimotti [on an cor quells, quando del parlar pro- prio del cornpagno I’buomo caua quello, cb’ejfo non uorria; & di tal modo intendo, cbe rifpofe il S.Duca noHroa quel CaHellano, cbeperdb San Leo,quando queslo Hato futolto da Tap a ^Alcffandro, & data alDuca Valentino; & fu ch’effendo il S.Duca in Venetia , in quel tempo, ch’io bo detto, ueniuano di continuo moltide’Juoi Judditi a dargli fecrctamente notitia, come pafiauan le cofe dello Ftato, & jragli aliri uemeui ancorquejlo CaHellano; ilquale dopo I’hauerfi efeufatoil meglio, che jeppe, dandola col- pa alia fua disgratia , diffe.Signor non dubitate, che ancormibqfla I’animo di far di modo, cbe ft potrd ricuperar San Leo.^Allhora rifpofe il S. Duca,non ti affaticar pin in queHo,cbc gid ilperderlo e Hato un far di modo, che’l ftpojfa ricuperare. Son alcuni al- tri detti, quando m’buomo conofciuto per ingeniofo dice ma cofa, cbe par cbe proceda da fciocchegp^a. Come I’altro giomo diffe M. Camillo Taleotto di mo ;queHopatipgo fubito,che ha cominciato ad arri - cbire ,fi e mono, E fimileaqueHo modo ma certa diffimulation S E C 0 'Ef D 0. 104 dijjimulation falfa,&acuta, quandoun’buomo (come ho detto)prudente,moflra non intender quillo, cheinte de.Come diffe il Marchefe Federico di Montana, il qua le c(iendo Flimulato da unfaStidiofo,che fi lament ana, auumm* chealcuni fuoi uicinicon lacci gli pigliaitano i Colom hi della fua colomhara,e tuttauia in -mono ne teneua u- no impiccato per unpin infteme collaccio,che cofi met totrouato I'haueua;glirifpofe,cheftprouedcria. Il fk- Hidiofo non folamente una uolta, mo molte replicando queftofuo danno, col moilrar fempre il Colombo cofi impiccato,dicea pur,& che ui par Signore,che far deb ba di quesla cofa ? Il Marchefe in re,difie,cheeffendofz quel Colombo fo,gli ft debbano confifcarei bent. fu quel di Scipione Kftfica ad Ennio; che efiendo an- datoScipioneacafa di Emtio, per parlargli, & chia - mandogin netta ftrada mafuafunte,gli rifpofe,cbe e- glinon era in caft ; & Scipione udl manifeslamente che Ennioproprio hauca detto ailafknte, che dicefie , ch’eglinon era in cafa; cofi ft parti . F{on rnolto ap- prefio uenne Ennio a cafa di Scipione, & pur medeft- mamente lo chiamaua ftando da bajfo; a cui Scipione ad alt a uoceeffb medefimo rijfofe, che non era in ca¬ fa . Mllhora Ennio, come non conofco io, rifpnfe la uo ce tua ? Dijje Scipione; tu fei troppo difcortefc; I’altro giorno io credetti alia fknte tua, the tu non fujji in cafa ; & bora tu not uuoi credere a me Flefjo. E an cor bello, quando unouienmerfo in quetta tnedeftma cofa, che ejfo prima ha morfo il compagno ; come ef- fendo Mlvrtfo Carillo alia Ccrte di Spagna ; & ha- ci-aio!* 6 ultimo, M me pa- impiccato dafe slcf Quafidital modo nIIo?*"* 11 B \ 0 utnlo commejjo alcuni crrorigioucnili,& non di milt importantia, per commandamento del fe fa pojlo it prigione, & quiui lafciato una nctte, il di [eguentt ne fit tratto ; &cofi uenendo a palango lamattm, giunfe nella fala, done eran molti CauaUieri , & da¬ me; & ridendoft di quefia fua prigionia,dijJe la Signo ra Boadilla. S. -Alonfo, a me molte pefaua di quefii uoflra difauentura ; percbetutti quelli cbeuiconofco- no,penfauano cbeilfe doueffe fkrui impiccare. -Al¬ lbora -Alonfo fubito; Signora difiefioancorhebbigm paw a di queflo; pur haucua [pcra/tfa chc uoi mi do- mandafie per marito. Fedete, come queflo i acute , <& ingeniofo: per chc in Spagna comeancor in molt altriluecki ufan fa p, chc quando ft mena mo allefor- che ,fe una nteretricepublica I’addimandaper marito, jdonafegli la uita. Di queflo modo ancora rifpofe me antico pittore ai alcuni Senatori Romanifuoi dorrtefii- ci , i quali per furl* direfajjauano in prefer,tia fun unt tauda,ch'cgli haucua fhtto 5 doue erano fornolo,& ft jno,dicendo chc quelle due figure erano tropporoffe nil uifo. -Allbora, il pittore fubito diffe; Signori non ui m rauigliate,ch’io quefl’ho fatto a fommo siudio,perch e da credere che famolo, & femo fe fojfero bora in terra farebbono comegliuedete coft rojfi,per uergogM . che fotna loro fta gouernata da tali buomm come fete uoi . Sono ancor arguti quei motti, che ban- no in fe una certa nafcosta fofpitione di ridere ; co¬ me lamentandofi un marito molto , & piangen- do fua moglic , che da fe flejfa s’era ad un.fico Jmpiccata , un’altro Jc gli accoftb , & tiratolo per s e c o d. 99 per la uefle difte ; fratello potrei io per gratia grandijjima hauer un rametto di quel fico, per iu- ferire in qualcbe albero dell’horto mio ? Son alcu- ni altrimotti patienti, & detti lentamente con ma DtCj:one * ccrta granita ; come portando un contadino una cajfa in jpalla , urto Catone con effa , poi difje; guarda ; rifpofe Catone hai tu altro in jpalla che quella cafia? Ride ft an cor , quando un’buomoha- uendo fhtto un’errore, per rimediarlo, dice una co fa a fommo jludio, eke par feiocca, & pur tende a quel fine , che efio difegna; & con quella s’aiu- ta, per-non reflar impedho . Cornea quifii di in configlio di Fiorenga ritrouandofi dui nemici ( co¬ me jpeffo interuiene in quefle Rep.) I’un d’ejjiqual’- Di due n>- era di cafa ^iltouiti, dormiua ; & quello, cbe gli “ 1CI & a°u! fedeua uicino , per ridere , bencbe’l fuo aduerja- ®>anm. rio,cbe era di cafa jllamanni, non parlafse , ne haueffe parlato,toccandolo col cubito,lorifueglib, e diffe , non odi tu cib che il tal dice ? rifpondi, che i Signori domandan del parer tuo . ^illbora. I'^Altouiti tutto fonnaccbiojo, & fenga penfar a’~ tro , ft leuo in piede, & difie . Signori io dico tutto'l contrario di quello , cbe ha detto V^dlaman ni . Rifpofe V^llamami ; io non bo detto nulla; fubito diffe l’\Altouiti,diquello ebe tu dirai.Dif- Ma . ftr# fe ancor diqueflo modomaeftro Serafino medico uo s«a£ng. firo Vrbinate ad un contadino; ilqual bauendo ha- uuta ma gran per coffain un'occhio,di forte, cbe in uero glielobauea cauato, deliberb pur diandar per timedio a maestro Serafino,& effo uedendolo,bencbe 2^ i CQMH Bel motto ridiaola. t I S 0 tonofcefie efier impoffibile il guarirlo, per cauargti denari delle man,come quella percojfa li bauea caua- to I’occhio della tefta,gli promife largamente di gua¬ rirlo, &coftognidigli addimandaua denari ,affbr- mandocbe fra cinque ofei di, cominciaria a rihauer la uiHa. Il pouer contadino gli daua quel poco, cbe hauca ; pur uedendo cbe la cofa andaua in lungo, comittcioa dolerfidel medico, & dir cbe nonfentiua miglioramento alcuno ,ne difcernea con quell’occhitl piu, cbe fe non I’haueffe hauuto in capo . In ultimo uedendo maeHro Serafino , cbe poco piu potea trar- gli di mano, difre. Fratel mio bifogna bauer patien- tia, tu bai perduto I’occbio, ne piu u’e rimedio al¬ cuno ; & Dio uoglia, cbe tu non perdi anco quel- I’altro .rdendo queflo il contadino ft mife a piange- re, &dolerft fone, & difre . Maeilro uoi m'hauete afiaJjinato,& rubbato i miei denari; io mi lamenta- ro alS.Duca; & fkceaimaggiori stridi del mondo, lAllboramaeffro Serafino in colera ,& per fuilup- parft; ah uillan traditore difs’e, adunque tu ancor uorresli bauer due occhi, come hanno i cittadini, & gli huomin da bene ? uattene in mal’bora ; & quelle parole accompagno con tanta furia, che quel po- uero contadino fbauentato ft tacque, & cheto cbeto fen’undo con Dio, credendofi d’baueril torto. Ean¬ cor bello, quando fidichiara una cofa, o interpreta giuocofamc.ite, come alia corte di Spagna comparen do una mattina a palwggo un cauailiero , ilqua- le era bruttijfmo, & la moglie ,cb'era bellffima, I’uno & I’altro uesiiti di damafco bianco , dip « fela, S E C 0 tit D 0 . 106 ft la Re in a ad MLlonfo Carillo; cbe ui par Mlon- Jo di quefli dui ? Signora , rijfofe Mlonfo ,pami, che quefla fia la dama,& quefto lo Mfco,che uuol dir fcbifo. Vedcndo ancor IJafael de’ Ta^i una lettera Di Rafiei del Trior di Meffina, ch’cgli fcriueua ad una fua Si- Ae Fazzi ‘ gnora, il foprafcritto della qualdiceua, Eft a carta ft ha da dar a quien caufa mi penar; parmi dijfe, che quefla lettera uada a Taulo Tholofa , Tenfdte come Di Paulo nfero i circonflanti, percbe ogn’uno fapeua,che Tau- Tolofa - lo Tolofa haueua prejlato al Triore died miladuca- ti; & efioper ejfer gran fpenditore, non trouaua mo- do di rendergli. M quefto e Jtmile, quandofida una admonition fttmigliare in forma diconftglio,pur dif- Di cormo fmulatamente . Come dijfe Coflmo de’ Medici ad un dc ’ Media. fuo amico, ilqual era affai ricco, ma di non molto fa- pere, e per megjppur di Ccjimo bauea ottenuto un’- cfficio fuori di Firen& dimandando cojlui nel par tir fuo a Coflmo, che modo gli parea, che egli hauejfe a tener per gouernarfi bene in queflo fuo officio; Co- fino gli rifpofe . Fejlidi rofato,& parlap@co.Di quefla forte fu quello, che difieil Conte Lodouicoad Dd Cmat mo, che uolea paffare incognito per un certo loco lodeuico. pericolofo, & non fapeua,come traueflirfi; & efi’en- done il Conte addimandato , rifjofe,uefliti da Dottore o di qualcbe altro babito da fauio. Dijfe ancor Gian- r>i Gun- notto de’ Tag^i ad un , che uoleua far un faio d’ar- deP me de ipiu dinerfi colon, che fapefietrouare ,piglia parole, & opre del Cardinal di Tania. Rjdefi ancor d’alcune cofi difcrepanti, come difie mo i’altrogior- n/j a M- Jtntonio d’un certo Forliucfe. Ten- * fitc Di Luca da louemoli. Eel Capita Jeialta. L I B II 0 fate s'b pa?go, cheba name Bartolomeo. Et un'altro , tu cercbi un maejlro di slalla, & non hai caualli, & a coflui non manca perd ahro, & cbe la robba,e’l cer uello.Etcl’alcun’altre, cbepaion confentanee .Come a quc/li di, efiendo ftato fujfiitione cbe un’amico no- firohauefie fiitto fareunarenuntia fiifa d’unbene- ficio, efiendo poi malato un’altro Prete , di fie.An¬ tonio Torello a quel tale; cbe Hai a far cbe non man di per qaeltuo notaro, & uedidi carpire quest’ahro beneficial Medefmamente d’ahune,cbe non fono con fentanee. Come I’altrogiorno bauendo il Papa man¬ date per M. Giouanni Luca da Pontrenioli, & per M. Domenico dalla Porta ,iquali (come fapete) fon tutti duigobbi, & fattogii ^Auditori , dicendo uo- ler indri^arela Rota, dijde M. Latini Iuuenale.KT. Signore s’mganna , uolendo con dui torti indritp^are la Rota . Rid eftancor fpejjo, quando I'buomo conce¬ de quello , che (e gli dice, & ancor piu, ma mofira imenderlo altramente . Come , effendo il Capitano Peralta gid condutto in campo per combattere con . Aldana; e domandando il capitan Molart,cb’erapa trinod’.Aldana, a Peralta il facramento, s’haueua adoffo breui,o incanti,chelo guardafkro d’ejfer feri- to; Peralta giurb che non baueua adofjo ne breui, ne incanti,nereliquie, ne deuotionealcuna in cbe baUef- je fcde-AllboraMolart,perpungerlo, cbefujje war rano,dtj]e,non u’ajfaticatc in quejlo, che fen%a giu- rare credo che non habbiate fede ne ancor in Chri¬ sto. E ancor hello ufar le met afore a un tempo in tai propofiti } comeil nostro maestro Marc’^Antonio , cbe f E CO^BS, lOl diffe a Botton da Cefena, cbe lo slirnulaua con pa¬ role ; Botton Bottom, tu faraiun di bottone, e’l cape firo far a la fineHrella . Et haucndo , an cor maefiro Mart Antonio compofio una molta lunga Comedia &di v.arij atti, diffe il medefimo Botton pur a Mae¬ firo Marc’Antonio,a far la uoftra Comedia bifo- gneranno per Vapparato quanti legni fonoin Schia- uonia , rijpofe Maefiro Marc’Antonio, & per lo apparato della tua Tragedia bajleran tre folamentc. Spefio ft dice ancor una parola ,ndla quale e una nafcosla ftgnificationc lone ana da quello , cbe par cbe dir ftuoglia. Cornell Signor "Prefetto qui,fen- tendo ragion ire d’un Capitano, ilquale in uero a‘ fuoi di il piu delle uolte ba perduto, & allbor pur perauentura haueauinto; & dicendo colui cbera - gionaua, che nella entrata cbe egli hauea fatta in quella terra, s’era ueflito un beliiffimo faio di uelu- to chermofi, ilqual portaua fempre dopo le uittorie , diffe il Signor Prefetto, dee efier mono. Tfon mem induce il rifo, quando ta'hor ftrijpondea quello, cbe non ba detto colui con cui ft parla,ouerft mofira ere- der cbe babbia fatto quello, cbe non hafatto, & do¬ ne a fare. Come Andrea Cofcia, effendo andato a ui- fitare un gentilbuomo , il quale dijeortefemente lo lafciaua slar in piedi , & efiofedea,difiepoi che V.S, me lo comanda , per obedire iofederd; & cofi ft pofe a federe . Bfdefi ancor, quando 1‘bmrno cohbmna gratia accuja fe fieffo di qualcbe errore ; come I’altro giorno dicendo io al Capellan del S. Duca, cbe Mon- fignor miobaueuam Capellano > cbe diceua rnefia Di Botton da Corona. Del S. Fir fetto. Di Andr<% Cofcia-j De! Capel¬ lan del S. Cut* £1 Biagin Ciiuello. Btl ReAl- fonfo. ®t! Vcfco- no cii Cer- «ia. L I B If 0 p'mprcfto di lui, mi rifiofe, non epojjibile ; & acce- ftatomift all’oreccbio, difie Jdppiate, cb’ionon dico un ter^o delle fecrete. Biagin Criuello ancor, e/sen- do Rato mono un Trete a Milano, domand'o il benc- ficioal Duca, il qual pur fiaua in opinion di darlo ad un'altro . Biagin in ultimo uedendo che ultra ra- gione non gli ualea, & come dijje, t’io bo jntto am- maggar il Trete, per che non mi uolete mi dar il be¬ ne ficio f Ha gratia ancor fiefio de/iderare quelle co- fe, che non pofiano cfjere; come I’altro giorno un de noftri uedendo quefii Signori che tutti giocaua.no d’arne, & eflo ftaua colcato Copra: un lotto, dijje. Oh come mipiaceria, che ancor quellofufie ejferci- tioda ualent’huomo, & buon foldato.E ancor bel modo, &falfodiparlare, & maffimamente in per fi¬ ne graui d’autoritd, rifiondere al contrariodi quel- lo , cheuerriacolui, con chiftparla; ma lentamente > & qua ft con una certa confiderationedubbiofa, & fo ■ fief a. Comegia il l{e ^ilfonfiprimo d’^Aragona, ha uendo donate a un fuoferuitoreame, caualli,&ue- slmenti, percke gli haueua detto,che la notte auanti fognaua , che fua altera gli daua tutie quelle co- je; & nor. molto dui da Tisioia, I’altro da "Prato, carte. iquali dopb cenaft mifero (come fpe/So ft fit) a gioca - re;coft non u’ando molto cbe uno de i dui Piftolefiper dendo il resia, refio fenga un quattrino, cbe comin- cioa differarft, & maledire, & biafiemare ficra- mente; & coft rinegando, fe n’andb a dormire . Cli altri dui hauendo alquanto giuocato , deliberarono bufu. 10 ^ f are una bwla a questo , cbe era ito al letto . Onde Jentendo cbe effo gid dormiua, ffenfero tutti i lu~ mi, & uelarono il fuoco; poi ft mifero a parlar al¬ to ,& fari maggiori romori del mondo, moflrando Biria chea uenirc a contention del gittoco, dicendo mo;tuhai taicafofifi toltola carta di [otto, I’altro negandolo con dire, e ut'arV° tU " tu buiinuitato foprafluffo, il giuocouadi a monte, & cotai cofe; con tanto flrepito , cbe colui , cbe dormiua , ft rifueglio; & fentendo cbe cosioro gi - uocauano, & parlauano coft, come fe uedefiero le carte, mpocoaperfeglioccbi; &non uedendolu- me alamo in camera, diffe, & cbe diauol farete uoi inti a notte di gridare f“ Toi fubito ft rimife giu , co¬ me per S E C 0 0. to5 me per dormice. I dui compagni non gli diedero altrt- meti riJj>ofla,ma feeguitarono l’or dine feuo,di modo,cbe coilui meglio rifuegliato , comincio a marauigliarfi; &uedendo certo,cbe hi non era ne foco, ne fplendor alcuno,& cbe pur cofior giuocauano,et cbtendcuano, dij]e,& comepoteteuoi ueder le carte feen^a lumeiri (pofe uno dclli dui,tu dei hauer perduto la uifta infee- me con li danari;non uedi tu,fe qui babbiam due cade letLeuosfi quello,cb’era in lettofeu lebraccia;&quaft adirato difee, o cb’io fono ebriaco, o cieco,o uoi dite le bugie.Cli dui leuaronfe, & andarono a letto tentoni, ridendo,& mofirando di credere, cbe coluifefacefee iejfe diloro;&efeopurrsplicaua. lo dico,cbenon ui neggo ; in ultimo gh dui cominciarono a moferare di ■marauigliarfi forte,& l’uno difefee aii’altro; oirne par- mi che'l dica da douero;da qua quella candela,ct ueg giamo feforfe glifojfe into) bidata la uifia. ^ill’hora quel mefcbino tenne perfermo d’effer diuentato cieco, & piangendo dirottamente difee,b fratelli miei, iofon cieco;& fubito comincio a chiamare la nofera Donna di loreto,&pregarla cbe gli pcrdonafie le biajlemme, £t le maleditioni cbe le hauea date per batter perduto i danari.Idui copagni pur lo confortauano,& diceua no,e no b posfebile,ehe tu no ci uegghi, egli e ttnafan tafta, cbe tu t'baipofta in capo ; obime(replicaua l’al~ tro) cbe qfea no bfantafia,ne uitteggo io altrimete cbe fee no baueffi maihamti occhii tefeajtuhaipur lauifla cbiara(ri(podeuano li dui)et dicemnol’unl’altro.Cuar da come egli apre be gl’occbi,e come gli ba bellfeet cbi poria credere ch'ci nouedefet filpoueretto tutta uia 0 piangeua L 1 B \ 0 fiangeua pin forte,&domadaua mifericordia a Dio. In ultimo un di cofiorogli difte,non ti dijperare fratel lo,cbe bora mi fomiene cbe I’bofie ci difie hierfera, ef fer capitate ad un’boHeria qai uicina un ualente me¬ dico d'Aequo, pedente; noi andaremo per lui¬i mancaremodi cofa alcana poffibile.All'hora quel me febino con infinite lagrime,& co caldiffimi priegbi co mincio a fcongiurare i duoi compagni,cbeprocuraf- feto di condurlo preflamente,giurando cbe feper ope ra fua egli ricuperaua la uifla perduta,poi cbe non ba uea pin danari,gli baurebbe datoin premio tutti i ue- ilimeKtiycb’egli fitrouaua appreffo. Conqueflopar- tkifii dni compagni, non tardarono molto a tornare infieme con tm’altro,ilqualefingendo it Medicogli ft cepii* &piie uolte aprir gl’occbi, dicendouoler mi- rargli diligentemente, & dopo alcune domande, fi- ndmente mofirando d’applicargli certo rimedio, gli lego a gl’oubi alcune bende. In tanto intrati i did compagni in un’altra camera , accefero il lume, & fhiiein un medefmo tempo sligar le bende dagl’oc cbidiquefto puueretto, fe ne uennero con lemag- giorrifa del mondo dauanti a lui.Ilqualebencbefof- je liberodicofi grande ajfznno, come potete penfa- re,pur era tanto attonito della pafiatapaura , cbe non J'olamente non poteua ridere , md ne pur par- lare, & i dui compagni non fkceuano altro cbe fii- molarlo, dicendo cb’era obligato a pagar il Medi¬ co di quanto hauea promejfo, percbe bauea ottenu tola j'anitd defiderata. Dell’ultraJortediburle,quart do I’buomo ingana fefteffo, non darb io altro efempio , fenort S E C 0 T^D 0 . 106 fe nmqucllo, cb’a me inter uenne, non ha gran tem~ pojpercbe a quefio ca.rneu.ale paffato il Trcncipe mio Signore filquale fa come iorni piglio piacere quando [on mafcbera di burlar Giudei, baucndo prima ben or dinaf.o,cih cbe fa r intendeua,uenne infteme un di con altri Signori a certefencsire in bancbi moftrando no ler Star quiuia uedcr pafiarle mafcare,com’e ufanga di P\oma;io efiendo Mafcbera pafiai,& uedendo uno, cofi da un canto,cbe fiaua unpoco fojpejo, conobbial fegno roffo,ch’innangi al petto bauea,ej]er Giudeo,et giudicai hauer trouato ia mia uentura& fubito gli corfi come un famelicofulcone alia preda;et prima do madaiogli chi egli era,&e(Jo rifpoJiomi,moftrai di co nojcerlo, & con molte parole cominciai ad indurlo a credere cbe il Barigello I’andana cercando per alcune male informationi cbe di lui s’crano hauute,&ccnfor tarlo cbe uenife meco inftno alia cancellaria, ch’io „ quiui lo faluarci. Il Giudeo paurofo, & tutto tre- mante pareua cbe non fapeffe cbe ft fare; & dice- ua dubitare,fe ft dilungaua da S. Celfo, d’efferprefo. Lopurfacendoglibuon’animo, gli dijfitar.to cbe mi month digroppa; & all’bora a me parue d’bauer a pieno compito il mio difegno; cofi fubito cominciai a rimettere il cauallo per bancbi, ilquale andaua faltel Undo & trabendo calci, & io gridaua, cbe quel cbe mi era ingroppa era Giudeo, ondc s'udl fubito una popularej'ca uoce, cbe diceua dagli, dagli, cb’e Giu¬ deo. Imaginate bor uoi cbe bella uisia facena un Giu deo in groppa d'una Mafcbera, con fcuctere il ca¬ po innangi e’n dietro, cbe fcmpre pareua cb’andafk q a per L I 8 X © percadere. Cenqucflo bello fpettacolo cominctm- no quei ftgnori atirarci uoua dalie fenejlre ,& poi tutci i bancbieri, & quante perfone u'erano, di mo- do cbe non con maggior impeto cadde dal Cielo mat lagrandine , come da quelle fineHre cadetta- no l’uoua , le quale per la maggior parte fopradi me ueniuano ; & io per effer mafebera , non mi cu ram; & pareuami che tune quellerifafujjerotut te per lo Giudeo, & non per me , & per queflo pik uolte tornai innangi en’dietro per banchi,J'em pre con quella furia alle ffalle, benche il Giudeo quafi piangendo, mipregaua, cb’io lo lafciafft feen dare, & non fkccjji qitesla uergogna alia ftnago- ga ; Tui di nafeofto il ribaldo ft faceua dare uoua ad alum si a fieri pofti quilt i per qucsl'effetto, & mojtrando tenermi siretto per non cadere , me le fchacciatta nel petto, fjejjo in ful capo, & tal’bo- ra in fu la fi-onte medefma, tanto cb’io eratut- to confumato . In ultimo quando ogn’uno era flracco & di ridere , & di tirare uoua , mi fal- to di groppa , & cauatoft il capcllo, & con ri- fo Hracciatoft il fegno rojfo moftro una gran gag. gar a , & dijfe . Meffer Bernardo io fono mfu- tneglio di ftalla deluoftro Trencipe, & Jon quel- lo cbe gouerna il uoflro muletto . lAlTbora io non jo qual maggiore hauejfe , o dolore , o ira, o uergogna ; pur per men male mi pofi a fug- gire uerfo cafa, & la mattina feguente non o- faua comparere ; ma le rifa di quella burla non folamente il di feguente , ma quafi infino adef- Jo S E C O KfD 0 . 107 jo fon durate, & coft ejfendofi per lo raccontarla alquando rinouato ilridere ,foggiun/e M.Bernardo. E ancorun mode di burlar afiai piaceuolc, ondeme - defmamente ft caiia.no facetie;quando ft moilrn cre¬ dere, cbe I’buomo uoglia far una cofa,cbe in ttero non mol fare . Come effendoioinful ponte di Leone uwt> fera dopo cena,andando infteme con Cefare Beccadel lo fcbergando, cominciammo I’un I'altro a pigliarji allebraccia,comefelottareuoleffmo; &quefloper- cbe allbor per forte parea, cbe in fu quel ponte nan fuffe perfona;& slando cofi,fopragiunfero dui Iran- cefiyi quali uedendo queHo nottro debatto,dimanda- rono cbe cofa era; & fermaronfi per uolerci jfartire, con opinion , cbe noi faceffmo queflione da douero „ tAllhora 10 toslo, aiutatemi,dij]i, Signori,cbe queHo pouero gentilhuomoa certi tempi di Luna ha man- camento di ceruello; & ecco cbe adefio ft uorria pur gittar dal ponte nel flume . allbor a quei duo corfe- ro ,& mecoprefero Cefare , & teneuanlon Hrcttifi- mo; & efofempre dicendomi cb'io era pagpp, met- tea piuforga per fuilupparft loro dalle mani; & co- flora tanto piu lojbringeuano di forte, cbe la briga- ta comincio a uedere queflo tumulto, & ogniun or- fe ; & quanto piu il buon Cefare battea delle mani , &piedi, cbe gid cominciaua a entrar il colera, tan¬ to piu gentejopragiungea; &per la forgo, grande * cbe efio metteua, eliimauano fermamente,cbe uo- lejje faltar nel fume; &per quefio loftringeuan piu t di modacheun gran brigata d’huomini loportaro- no di pefo all'hofexia mto fcarmigliato, & feng% 0 % bemtta * Pacetie pi; ccuoli del Boccaccio. Di Pontic* fsolare Sici liana. L 1 B If 0 berretta, pallidodalla colera, e dalla uergogna , the non gli ualfemai cofa, the dicejje; tra, percbe qua Francefi non lo intendeuano; tra, percbe io an cor conducendogli all’bosieria,fempre andaua dolendo- mi della difauentura del pouemto, ebefufje cofi im- paggito. Hor (come ha.uemo detto ) delle burle ft poria parlar largamente, ma bajli il replicare, cbe i loebi, onde ft cattano ,fano i medcfimi delle facetie. Deg'u efempij poin’bauemo infiniti, cbe ogni di ne Ueggiamo, & tra gli aim molti piaceuoli ne fono nele'tyuelle del Boccaccio; come quelle che facea- no Bruno, & Bufalmacco al [no Calandrino, & a maeHro Simone, & molte altre di Donne, cbe uera- mente fono ingeniofe & belle. Molti buomini pia- ceuoli ,di quefla forte ricordomi ancor hauer cono- feiutia miei di, e tra gli altri in Vadoua uno fcolar Siciliano,cbiamato Tontio; ilqual uedendo ma uol- ta un contadino, che hauea un paro di groffi cappo- ni, fingendo uolergli comperare, fece mercato con ejfo, & dijfe, cbe andaffea cafa feco,cbe oltre al preggo gli darebbe da far collatione; & coft lo con dufje in parte doue era un camp anile, il qual kdiui- fodaUacbiefu ,tanto che andarui ft puo d'intorno; & proprio ad ma delle quattro faccie del campa¬ nile rifpondeua una slradetta piccola. Quiui Tontio bauendoprima penfato cio che far intendeua, difie al contadino, io bo giuocato quefti capponi con un mio compagno, ilqual dice, che quefta tone circon- da ben quaranta piedi, & io dico di no ;& a punto allbora quand’io ti trouai baueua contperato que- S E C O 'EJ D 0. log ffo jpago per mifurarla; per'o prima cbe andiamo a cafa,uoglio chiarirmi chi di noibabbia uinto,& ccft d'tcendo, traffefi della manica quel Jpago, & diello da un capo in mono al contadino, & diffe, da qua, &tolfeicapponi ,& prefelo Jpago daU’altro capo; &comemifuraruolejfc, comincioa circondor la tor re ,hauendo prima fatto fermar il contadino ,& te ner lo Jpago alia parte, cb'era opposla a quella fac- cia, cbe rifpondea nella jlradetta ; alia quale come efso fu giunto , cofi ficco un cbiodo nel muro, a cut annodo lo Jpago; & lafciatolo in tal modo, cheto cbe- to fen’andb per quella Hradetta co’capponi. llcon tadino perbuono [patio Hette fermo jpettandopur cbe colui finifje di mifurare; in ultimopoi cbepiu itol tehebbe detto,ibe fate uoi tanto i uolfe uedere, etro tto cbe quello cheteneua lo Jpago non era Tontio, ma era un cbiodo fitto nel muro; ilquale folo gii refid per fagamento de i capponi. Di quejia forte fece Tontio infinite burle. Molti altri fono ancor Jlati huomini piaceuoli di tal maniera,come il Gonnella, il Meliolo in quei tempi,&bora il noflro fate Mariano, & fer Serafino qui, & molti,cbe tutti conofcete; & in ue- ro queflo modo b lodeuole in huomini, cbe non fuc- ciano altra profeffione; ma le burle del Cortegiano par cbe ft debbano allontanar un poco piudellafcu- rilita. Dee ft ancor guardar, cbeleburle non puffin o alia ban aria; come uedemo molti mail huomini, cbe uannoper lomondo con diuerfe aflutie per guada- gnar denari fingendo bor ma cofa, & bor un'altra; & chenonfia.no anco\troppo acerbe , &fopra turn 0 4 bauer Gondfa Mariano. Set SCkiM- tux L I S 0 hauer rijpetto, & riuerentia ccfi in quefto , erne lifogna ha j n tutte I’altre cofe, alle Donne j & maljimamente za aiie Don aoue mteruenga ojjeja dell honejta. ^Allbora il Si- ne ~ gnor Cafpar. Ter certo, difie M. Bernardo uoi fete Si deeri- purtroppopditiale a quesle Donne ; & ptrche uo- gnatdar, [ £ t e uoi, cbe piu rifjpetto habbiano gli huomini alle lenonpaf- donne, the le dome a gli huomini? Tfon dee a not iari» SUab * forfe ej]er tanto caro i’honor no fir o, quando ad efie il loro l JL uoi pare adunque, che le Donne debban pungere & con parole, & con beffe, gli huomini in ogni cofafervga riferuo alctmo, & gli huomini Jene stiano muti, & le ringratieno d’auantaggio ? Bjffo- Je allbora M. Bernardo . Ifon dico io, che le Donne nondebbano hauer nelle facetie, & nelle burleqttei rifpetti a gli huomini, che hauemo gid detti; dico ben, che eflepoflono con piu licentia mordergli huo¬ mini di pocaboncOid, che non pofiono gli huomini tesge fatta mordere elj'e; & quefto, perche noi fteffi hauemo il noi. r j i f' • • fatta una Legge , che m noi non Jia mtio 3 ne manca- mento, ne infamia alcttna la uita dijjoluta, & nel¬ le Donne fia tanto eflremo obbrobrio, & uergogna, che quella, di chi una uclta ft parla male, ofalfa, o uera che fia la calmnia, che fe le dd, fta per fempre uitupema . Verb efiendo il parlar dell’honestd delle Donne tanto pericolofa cofa d'offenderle gra- uemente, dico , che douemo morderle inaltro, & afleneni da queflo; per che pungendo la facetia, o la burla troppo acerbamente, efee del termine, che gid hauemo detto conuenirf agentilhuomo . Qui¬ nt facendo un poco di paufa M, Bernardo , dijfe il Signer S E C 0 J-fD 0 4 109 il Signor Ottauian Fregofo ridendo . Il S. Gafparo potrrbbe rifponderui, cbequeFta leggc, cbe uoi alle- gate,cbe noi siefji bauemo fatta, non b for pc cofi fuor iiragione, come a uoi pare, perche efjendo le dome animate imperfettifi.e di poca o niuna dignita, a ri- fpetto de glibuomini ,bifognam ,poi cbe da fe non crano capaci di far atto alamo uirtuofo, cbe con la uergogna , e thnor d’infamia fi ponejfe loro un frtno, cbe qua ft per forga in ejfe introduceffe qualcbe buc- na qualitd; & parue,cbepiu necejjaria loro fit fe la continents, cbe alcana ultra, per batter certeggq de i figliuoli;onde e fiato forgo, con tutti gl’ingegni, & arti, & me pojfibilifar le Donne continenti, & quaft cmceder loro, cbe intutte I’altre cofe ftanodi poco ualore, & che fempre facciano il contrario di cib , cbe deuriano. Toro efiendo lor lecito far tutti gli al- trierrori fenga biafima ,fenoi le uorremo mordere di quei difetti, iquali (come bauemo detto ) tutti ad efe fono conceduti; &pero a loro non Jono difeon- uenienti, ne e[fefe ne curano, non moueremo mai il rifo; perche gid uoi bauete detto, che’l rifo ft muoue con alcune cofe , che fon difeonuenienti. ^Allhorala S. Ducheffa, In quefto modo,diffe,Signor Ottauiano parlate delle Donne;& point dolete, cb’efie non u’amino l Di queslonon mi doglio io s riJpofe il S. Ot¬ tauiano , angi le ringratio, poi cbe con I’amarmi non m’obligan ad amar lorojne parlo dimia opinion, nta dteo, cbe’l S. Gafparpotrebleallegrar quefle ragio - ni.Dife M. Bernardo . Guadagno in uero, fitriano le Donne, fe poteffero riconciliarfi con dui fuoi tan- togran 1c Donne animali iiu perfetiiifi- mi. CoMtineii* tia. Contefd pit eeuole in- torno ailt Donac. Bel dctt* r L 1 B ^ 0 to gran nemtci , quanto fiete uoi ,e’lS. Gafparo. lo non [on lor nimico, rifpofe il S. Gafparo, ma uoi fa¬ te ben nirnicode gli buomini; che fe pur uolete, che le Donne non fano mordute circa quefla bone fid, doureflc mettcre una legge ad ejfe ancor che non mor defaro gli buomini in queUo, che a noi cofi e uergo- nicr'^amcn gna, come alle Donne la incontinentia . Et per che tc da gii nonffu coft conueniente ad Alonfo Carillo la riff o- Icdonne .* 1 fla, che diede alia S. Boadiglia della fperanga che hauea di campar lauita, percbe efia lo pigliaffeper rnarito; cornea lei la propofta, che ogn’tm che lo conofcea, penfaua che’l Ee lo hautffe da far impit- care? Et perche non fucofi lecitoa Picciardo Mi- nutoli gabbar la moglie di Filippello, & facia ue- nir a quel bagno ; come a Beatrice far ufcir del lotto Egano fuo marito, & fargli dare deUe baflonate da Anichino, poi che m gran pesgo con lui giaciu- ta ft fu l Et quell’altra, che ft lego lo fpagoal dito delpiede, & fececreder al marito proprio nonefar deffa; poi che uoi dite, che quelle burle di Donne nel Giouan Bocaccio fen cofi ingeniofe,& belle?Allko¬ ra M. Bernardo ridendo, Signori, diffe, efando flato la parte mia folamente difputar delle facetie . io non intendo pafiar quel termine, & gia penfo hauer detto,perche a me non paia conueniente mor- couicn 0 n!or der le Donne, ne in detti, ne in fatticirca I’hone- fid, & ancor ad ejfe hauer poflo regola, che non duoie‘ pungan gli buomini douelorduole . Dicoben ,che delle burle, & motti, che uoi S. Gafpar allegate, quello , che difa Alonfo alia Signor Boadiglia , auuenga s e c o o. no euuenga, cbe tocchi mpoco l’hone ft a, non midi- fpiace; per cbe e tirato afiai da lontano, & e tanto occulto, cbe ft puo intendere ftmplicemente, di mo- do , cbe efsopotea dijfmularlo, <& ajfermarenon I’bauer detto a quel fine. Vn’altro ne difse (al pa- rer mio ) difeonueniente molto ; & quefto fit, cbe paffando la T\cina dauanti la cafapur della S. Boa- diglia ,uide lAlonfo la porta tutta dipinta con-car - boni di quegli animali disbonefii, cbe ft dipingono per I’bofierie in tante forme, & accoftatoft alia Con- tejfa di Cajlagneto , dijfe. Eccoui Signora le teste delle fere, cb’ogni giorno amag^a la S. BoadigUa alia caccia . Vedete cbe quefto, auenga cbe fta in- geniofa metafora, & ben tolta da i caccidtori, cbe banno per gloria hauer attaccate alle porte moite te- fte di fere ; pur e feurile, & ucrgognofo ; oltra,cbe non fit rifpofia , cbe il rijponder ha molto pin del cor- tefe , percbe par cbe I’buomo fta prouocato; & for- ga h, cbe fta aU’improuifo, Ma torn undo apropoft- to delle burle delle Donne, non dicoio, cbe faccian bene ad ingannari mariti ;ma dico, cbe alcuni de gl'inganni, cberecita Giouan Boccaccio delle Don¬ ne, fon belli,& ingenioft afiai;& majjimamente quel li,cbe uoi proprio hauete detti.Ma fecondo me la bur- la di l{icciardo Minutoli paffa il termine, & e pin acerba ajjai , cbe quella di Beatrice ; che molto pin tolfe [{icciardo Minutoli alia mogliedi Filippello, cbe non tolfe Beatrice ad Ega.no J'uo marito ; percbe ft icciardo con quello inganno sforgo colei, & fecela far dife slejfa quello^cb'clL non ueleua; & Beatrice Motto dip honedo. L I B II 0 inganno fuo marito per far efia dife Hefia quelle, cbe le piaceua. ^illbora il S. Gajfaro. Ter niund ultra cctufa, difje, fi puo efcufar Beatrice, eccet - to cbe per amorc; il che fi deue cofi ammettere ne haomo ,t di $ buomini, come nelle dome , ^iUhora M. Ber- uaiore dee riar . In uero tripofe, grande efeufatione d’ognifhl- cofe U efferc loportan feco le paffioni d’amore ; nientedimeno io ridico° ,CVC P er me t lH ^ C0 ' C ^ e m gentilhuomo di ualore, ilqual ami,debba cofi in queflo,come in tutte I’altre cofe ef- ferfincero, & ueridico ;&fce uero cbe fta uilta & mancamento tanto abomineuole I’eJJer traditore an- cora contra mnemico;conftderate, quantopiu fideue eflimar gretue tal’error e con perfona,cbe s’ami; & io credo, che ogni gentil innamorato toleri tante fati- cbe,tante uigilie, fifottoponga a tanti pericoli, fyarga tante lagrime , uft tanti modi & uie di compiacere parole poe- pamata Donna, non per acquisiarne principalmente il corpo,ma per uincere la rocca di quell'animo,ff>eg- ■gave quei durijjimi diamati,fcaldar queifreddigbiac ci, che ffefio ne’ delicati petti flanno di queHe don- ne; & queslo credo fia il uero & fodo pin cere , che non fi e’l fine doue tende Vintentione d’m nobil core ; & cer dfpoffeder to f°P er meamerei meglio, effendo innamorato, co¬ il corpo fen nofeer chiaramente,che quella a cui io feruif]i,mi re- ano> Panl- damafle di core, & m'baueffe donato I’animo fenga mo della baueme mas altra fatisfkttione; chegoderla,& bauer neogm copta contra Jua uoghatcb m tal cafo a me pa reria efferpatrone d’un corpo morto. Verb queUi cbe confeguono i fuoi defiderij per mego di quejle burle , che forfe pin tojlo tradimento, cbe burle chiamar fi poriano; S E C 0 TffD O. tx t pmano,fanno ingiuria ad altrijne con tutto cio ban ijuella fatisfhttione ,cbe in amor defiderar ftdeue, pojfedendo il corpo fen^a la iiolor.td . ll medefimo dico d’alcm'altri, che in amore ufano incantcfmi, malie, e talbor forga,talbor fonniferi, e fimili cofe;e fappiate, che U doni ancora molto diminuifcono i piaceri d'amore; per che I'huomopuo star in dubio di non effer amato , ma che quella Donna faccia di- moftration d’amarlo per trarne utilita; pero uedete gli amori di gran Donne effer Fiimato , per che par che non poffano proceder d’altra caufa,cbe da propria, & uero amore; neft dee credere,che ma gran Signo ra maidimofln amare un fuo minore ,fe non I’ama ueramehte. ^Allhora il S.Gajparo.Io non nego riffo- fe,che I’intentione, lefhtiche, & i pericoli de gl’in- namorati, non debbano hauer principalmente il fin fuo indritgato alia uittoria dell'animopiu , che del corpo della Donna amatama dico , che quefii in- ganni , che mi ne gli huomini chiamate tradi- menti, & nclie dome burl e,fonottimi meggi per- giugnere a queslo fine; perche fempre, chi poffe- de il corpo delle Donne, l ancor Signore dell'ani- vno; &fe ben ui ricorda, la moglie di Filipellodo - po tanto rammarico per I’inganno fkttole da 1\jciar- do, conofcendo quanto piu faporiti fufiero i bafci dell’amante , che quei del marito , uoltata la fua durexga in dolce amore uerfo Bgciardo, tencriffi- mamente da quelgiomo innan^iI’amb . Eccotii, che quello, che non haueapotuto faril follicito frequenta- re,i doni,etanfaltri Jegni cofi lungamentedimojlra- ti, in Chi poflV* de il corpo delle Don¬ ne , ancora pofledeTa* nimo. Moglie di Filippello. LeDonedi che fi do- giiono piu cffer inor¬ nate. L I B 11 0 tiyinpoco d’hora fece lo Star con lei. Hor uedete>cbc pur quell a burla, o tradimento, come uogliate dire , fit buona uia per acquiflar la rocca di quell'animo. ^illbora M.Bernardo , uoi diffe, fkte un prefuppofto falfiffimoj che fele Donne dejfero fernpre l’animo a cbilortieneil corpo, non fene trouaria alcuna, che nonaraafieilmaritopiu, che ultra perfonadelmon- do; ilche ft uede in contrario; ma Ciouan Bocaccio era, come fete ancor uoi, a gran tortonemico delle Dome, iffpoje il S.Gafparo. Iononfongid lor nimi- co‘, ma benpochihuominidi ualorfi trouano,che ge- mralmente tengan conto alcuno di Donne ,feben tal hor per qualche fuo difegno mosirano il contrario . Bfjpofe allbora M. Bernardo. Voi non folamentefa¬ te ingiuria alle Donne, ma ancor a a tutti gli buomi- ni , che I’banno in riuerentia; niente di meno io ( co- me bo detto) non uoglio per bora ufcirdel miopri¬ me propojito delle burle, & entrar in imprefa cofi difficile j come farebbe il difender le Dome contra uoi y che fete grandifiimo guerriero; pero daro fine a queslo mio ragionamento , ilqual forfe b Plato molto pm lungOyche non bifognaua, ma certo men piaceuo- le,che uoi non afpettauate;&poi ch’io ueggio leDon ne Piarfi cofi chete , & fopportar le ingiurie da uoi cofipatientemente, comcfimno, csiimarb da mb in- narvfi efieruerauna parte diquello, che ha detto il Signor Qttauiano, cioe, che effe non ft curano, che di lorfia detto male in ogni altra co/a, pur che non fia- nomordute dipoca hone fid. uillbora una gran par¬ te di quelle Donne , ben per hauerle la S. Duchefia, S E C 0 TSfD O. lit fktto toft cenno, ft leuarono inpiedi,& ridendo tut* tecorfero uerfo il S. Gaftaro , come per dark delle bttjfe,& fame comele Bacccmti d'Orfeo,tutta uia di- undo, bora usdrete fe ci curiamo, cbe di not ft diet male. Coft tra per lerifa, tra per lo leuarfi ogniun in piedi, parue che’l fonno, ilquale homai occupaua gli occbi, & I’animo d’alcuni, ft partiffe; ma il S. Ga- fpar comincio s. dire , Eccoui, cbe per non baiter ra- gione, uoglion uderft della forgo., & a quefto modo fintre il ragionamento ,dandoci ( come ji juoldire ) unx licentia Brxcefca. ,Allbora;7\(on ui uerrd fatto, rijfofe la S. Emilia, cbe poi cbe hauete ueduto Mef- fer Bernardo fanco del lungo ragionare, hauete co- minciato a dir tanto mal delle dome, con opinione di non bauer chi ui contraiifca ; ma not metteremo in campo un cauallier pin frefco, cbe combatterd 'con uoi,acciocbel‘error uoHrononfta lungamente impu- nito; & cofi riuoltandofi ai Magnifico Giuliano, il- qual fin’allbora pocoparlato hauea, di/Ie .Voi fete eftimato protettore dell’bonor delle Donne , pero adefio e tempo cbe dimoHriate non bauer acquiflato quefio none falfamente; & fe perlo adietrodital profefftone hauete mai bauuto rernuneratione alca¬ na,bora penfar douete reprimendo cofiacerbo nemi- conofro ,d’obligarui moltopin tutte le Donne, & tanto,cbe auenga,che mai non ft faccia altro cbepa- garni, pur I’obligo debba fempre resiar uiuo , tie mai ft pofia fink di pagare . .Allbora il Magni¬ fied Giuliano, Signora mia, rifpofe, parmi, cbe mi facciate molto bonorealuoHro nimico, &pochijfi- moal Licetia Bra celca. Ingiuriofil rifpollc. LIB V 0 fno al nostro difenfore;perche cerio infmo qui , niu- na cofa ha detto i'l Signor Gajparo contra ledonne, -che Mefier Bernardo non gli babbia ottimamente rijpofto, & credo cbe ogniun di noi conofca, cheat i! Cortegia Cortegiano ft conuien baiter grandijfima riueren- ucr d randif ^ ® 0me ’ & C ^ e C ^ ^ diftretO , & COYtefe, UOtl limi rmere dene maipungerle di poca bonefta , ne fchergando , wale Den ne d a douero; pero ildijftutar qucjia cosi paleje ue- ritd , e quafti un metter dnbbio neUe cofe cbiare. Tarmi ben cbe’l Signor Otttauiano fia un poco ufci- to de’ termini, dicendo cbe le Donne fono animali imperfettijjimi, & non capaci di fhr atto alcuno uirtuofo j e di poca , o niuna dignita , a rifpetto de gli buomini; & percbe fyefjo ft da fede a coloro, che banno molta auttcritd ,Je ben non dicono coft com- pitamente il tiero, & ancor quando parlano da bef- fe, hajji il Signor Gafparo lafciato indur dalle paro¬ le del Signor Ottauiano a dire , cbe gli buomini fa- dfd.gnitie ul i d’ e JJ e non ten 'l on conto alcuno silche e fhlfijji- c ^ e non amino, & ojftcruino le dome; la uirtu gii huomi- delle q Ha li } & confeguentemcnte la dignita eftimo io,cbe non fta punto inferior a quella de gli buomini ; nientedimeno ,fe ft hauejfeda uenira quefta, conten- tioneja caufa delle donne baurebe grandijfmo disfa- uore,percbe quefti S.bannofomatoun Cortegiano ta to eccellente, & con tante diuine conditioni, cbe chi bauerd il penftero a confiderarlo tale, imaginerd i meriti delie donne non peter aggiungerea quel ter- ■mne;rnaje la cofa hauefig da ejkrpari , bifognarcb- beprima SECOND 0; nj be prima cbe un tanto ingeniofi, & tanto cloquen- te, quanto fono il Conte Ludouico, & MefSer J?e- derko , formafie una Donna di palaaggo, con tut Fregoioeio tele perfettioni appartenenti a donna , cofi co- qucnffiml ‘ me effi hanvo formato il Cortegiano con leperfet¬ tioni appartenenti adhuomo; & allhor, fe quel cbe difendcjj'e la lor cauja,fujfe d’ingegno, & a’elo- quentia mediocre , penfo cbe per ejjer aiutato dal- la uerita , dimoflreria cbiaramente , cbe le dome fin coft uirtuofe , come gli buomini .Bjfiofela S. Emilia. iAn.%1 rnolto pin; & cbe cofi fta, uede- te cbe la 'uirtu e femina, e’l uitio mafehio. l{ife al¬ lhor il S. Caff a. & uolatofia M. kqicolo Frigio,che ne credete uoi Frigio difje i Ififpofe il Frigio; io ho compaffione al S. Magnifico, ilquale ingannato dal¬ le promefie ,&lufmgbe della S. Emilia,eincorfi in Queflo ? erroredi dir quello, cbe io in fuo feruitiomi uergo- jJuorno "a"* gno . Ejfiofila S. Emilia,pur ridendo. Benuiuer- cuiiiBem- gognareteuoi diuoi fieffo, quando uedrete il S. Ga que/sonet. fpar conuinto confejfar il fuo, e’l uofiroerrore . & Frigio, che domandar quel perdono , cbe mai non gli none- gia ‘ mo concedere . ^Allbora la S. Duchefia per effer I’bora molto tarda , uoglio dijfi , the dijferiamo il tutto a domani, tanto piu , per cbe mi par ben fatto pigliar il configlio del Signor Magnified,cioi, cbe prima , cbe ft uenga a quell a difiuta, cc- fi ft forni una Donna di Talazggo con tutte Propone ia le perfettioni, come banno formato qucHi Si- ) d °"o, dip *' gnori il perfetto Cortegiano. Signora diffeallbo¬ ra la Signora Emilia. Diouoglia chenoi non ci ab- P battiamo I I B ^ O battianto a dar qttefla imprefa a qualcbe congiura- to col S. Gafpar, cbe ci formi una Cortegiana,che non fappia far altro, che la cucina, & flare. Dif- fe 'll Frigio. Ben b quctto il fuo proprio officio.^tl- Ibora la S. Ducbefja ; io uoglio, diffe, confidarmt del Signor Magnifico, ilqual per elfer diquclloin- gegno & giudicio ,cbe Joncerta, imaginerd quel~ la perfettion maggiore, cbe defiderar ft pub in don na , & effrimeralL ancor ben con le parole, & cofi haueremo, cbe opporre alle falfe calunnie del S. Ga faro . Signora mia, rijpofe il Magnifico, io non fo come buon configlio fia iluoftro, impormi imprefa di tanta importantia, che in uero non mi fen to fuffi- ciente ;■ r,e fono io come il Conte, & M.Federico- iquali con la eloquentia fua hanno formato m Cor~ tegiano, che mai non fit, ne forfe pub effere; pur fe a uoi place ch’io habbia quefio carico, fia almen con quei patti, che hanno hauuti quesl’aliri Signo¬ ri ; cioe che ogniun pofia, done gli par era, contra- dirni; ch’io queffo esiimaro non contradittione,rna aiuto ; & forfe col correggere gli errori miei, Jco- priraffi quella perfettion della Donna di palaggo, che ft cerca. Io jpero, rijpofe la Signora. Ducbejfa, cbe’l uojlro ragionamento fard tale, cbe poco ui ft potrd contradire, ft che mettete pur Vanimo a que¬ fio fol penfiero, & formated una tal donna , cbe quefiinoslri aduerfanj ft uergognino a dir, cb’ella nonjia pari di uirtit al Cortegiano; del quale ben fa¬ rd, cheMeficr Federico nonmgionipiu,chepurtrop : po I’ba adornato, hauendogli majjimamente da ef- fer S E C 0 X D o. IJ + ferdato paragone d’una donna . me Sign 0 Y a ,diJJe ttllbora M. Federico, homaifoco, o niente auanga* che dirjopra il Cortegiano; & qncih cbep cn fato ha fiea, per le facetie di M.Bernardo m’eufcito di men- te. Se coft b, difie la S. Ditcbefa, dimani ridu- cendoci infieme a buon’bora , baremo tempo di fatisfkr ali'unx cofa <#• l’altra;& cofidetto,ft leua- rono tutti in piedi;& prefa riuerente- mente li- centia dalla S. Ducbeffa, ciajcun fu al¬ ia flantia fua. Come Pita- goratrouaf ie la mifu- ra del corpo Hercole. I L T E R Z O L IB R O DEL CORTEGIANO DEL COTs^TE B>ALD^tSSiAWB Cafliglione. A M.. Alfonfo Ariofto Riueduto 6c corretto da M. ANTONIO CICARELLI daFuligni. EGGES1, cbe Titagora fotilifii mamente,e con bcl modotrouo la mifura del corpo d’Hercole;et que 5to, cbe fappendofi qucllo jfatio, nel quale ogni cinque ami ft cele brauano i giuochi Olimpici in ci¬ cala preffo Elide, inacgi al tempio di Gioue Olimpico, effere fiato mifurato da Hercole, &fhtto mo stadia di feicento, & uenticinque piedi, de’fuoi propnj; & gli altrifiadij,che per tuita Grecia da ipofieri furono inflituti, efier rnedefimamentc di feicento & uenticinque piedi, ma con tutto cio alqua topiu corti di audio;Titagora fitcilmcnte conobbea quella proportion, quanto ilpied’ Her cole fufie fiato maggior de gli altri piedi huraani; et coft intefa la mi fura del piede, a quella comprefe tutto’l corpo d'Her- coletanto effere fiato di grandest ftperiore a gli al tri T E K Z o. nj tri buomini proportionalmente,quanto quello fladio a glialtridadtj . VoiadunqueM. Ifonfomio per la medefirm ragione, da quefia picciol parte di tutto’l corpo, potete chiaramente conofcere quanto la Corte d’Frbinofuffe a tuttel’altre dell’Italia fuperiore;con flierando, quanto i giuochi iquali fono ritrouati per recrear gli animi affaticati dalle facendepiu ardue, fujferoa quelli, cbes’ufanonell’altre Corti dell’Italia fiiperiori;& fe quelle eran tali,imaginate,quali eran poi l’nitre operation uirtuofe, ou’eran gli animi inten ti,etotalmente dediti;& di quello io confidentemen- te ardifco diparlare con fieranga d’efder credicto{non J laudando cofe tanto anticbe, che mi fia lecito finge 1 re; & poflendo approuar quant’io ragiono col tefti- monio di molti huominidegni di fede,cbeuiuono an- cora,&prefentiahnente banno ueduto, & conofciu- to la uita,e i co slumi, che in quella cafa fiorirono un tempo ; & io mi tengo obligato per quanto pofio di sforgarmi con ogni Itudio uendicar dalla mortal obli uione quella cbiaramemoria, &fcriuendofarlaui~ uerene gli animi de ipojleri . Onde forfe per l’dueni- renon mancberd, cbi per quello ancor portiinuidia al Jecol noflro;che non e alcun,che leggale maraui- gliofe cofe de glianticbi, cbenell’animo fuo non for mi una certa maggior opinion di coloro di cbi ft fcri- ue,che non pare che pojjano eff rimere queilibrfauen ga che diuinamente ftano fcritti. Cofmoidefideramo cbe tutti quelli, nelle cuimani uerrd quefia noslra fatica,fcpurmaifard ditantofauor degna cbe da no b(li Caudlkri)& ualorofe Donne meriti efter ucdutct. V i prefu- ii Ciccrtt* t I B' 6 prefimam, & per ferrtro tenga.no la corte d’FrUnd ejfer fiatamoltopiu eccelknte, & ornata d’huomi- ni fmgolari, cbe noi non potemo fcriuerdo ejfrime- re; & fe rn noi fufic tanta eloquentia, quanto in ef- ft era ualore , non baremo bifogno d’altro tdiimonio per fare cbealle parole nofire fuff e da queUi,chenotl I’banno ueduto,datoplena fede. i. Effendo adunqueridutta il feguente giomo all’ho ra confueta la compagma al folito loco ,& poflaft con fdentio a federe, riuolfe ogniungli occhi a M. Fe derico, & al Magnifico Giuliano, affiettando, qual di lor deffe principio a ragiortare. Ondela S. Duchefia, efiendo fiata alquanto cheta , S. Magnifico dijfe, ogniun deftdera ueder quefia uofira donna ben ornd ta, & fe nonce la moflrate di tat modo,cbetc fue beilcgge tutte ft ueggano, efiimaremo cbeneftatege lofo. Rjfiofe il Magnifico; Signora fe io la teneffiper bellafa moflrarei fen-ga altri omamenti , & di quel modo, cbe uolfe ueder “Paris le tre Dee; ma fe quesie dome (cbepur lo fanno fare) non m''aiutano adac- conciarla, io dubito cbe non folamente il Signor Ga- jparo,e’lFrigio,ma tutti quefi'altri Signori baranno i giufia caufa di dime male. Verb, mentre che ella fid pur in qualche opinione di bdlcgga, forfe fard me- gliotenerla occulta ,& ueder queUo , che auanga a Mefier Federico, a dir del Cortegiano; che fenxa dubbio l molto piu hello,che non pub efier la mia don na. Quello cheio mi hauea pofto in animo , rifiofe M. Federico, non c tanto appartenente al Cortegiano cbe no ft pojfa lafciar fenga dano alcuno; angi equafi diuerfa T E \ Z 0. Ii 6 dtuerfa materia da quella, cbe fin qul s'h ragiohata. Etcbecofa b egli adunque,dijfe la S. Ducbejfa ? I{i- fpofe Mejfer Federico. Io m’era deliberato,per quan¬ ta poteua,dicbiarir le caufe di quefte compagnie,& ordini di Cauallieri fatti da gran Trincipi Jotto di- uerfe infegneicome £ quel di S. Michele nella cafa di Francia ; quel del Gartier, cbe e fotto‘1 name di San Georgia,nella cafa di Inghtlterra; ll Tofon d’oroin quella di Borgogna; & in cbe modo ft diano queste dignitd , & come fe nepriuino quclli, cbe lo merita- no , onde ftano mate, cbi ne fian flati gli autori, & a ehe fine I’babbiano infiituite; per cbepur nelle gran Cortifono quefti Cauallieri fempre honorati. Tenfaua ■ antor fe'l tempo mifujfe baftato , oltre alia diuerfltd de' cojlumi, cbe s'ufano nelle corti de' Trincipi Chri- fliani nel feruirgli, nel fetteggiare , & far ft uedere negli fyettacoli publicisparlar medefimamente quaU cbe cofit di quella del gran Turco ,ma molto piupar ticolarmente di quella del Soffi I{e di Tcrfta;cheba- uendo io intefo da metcatanti , cbe lungamente fono flati in quelpaefe, gli buomini nobili di la ejjer mol¬ to ualorofl, & digentil coftumi, & ufar nel conuer- fartun con I’altro, nel fentir donne, & in tutte le fue attioni molta cortefia , & molta difcrettione, & quando occone neli’arme, ne i giuocbi, & nelle fe- fle molta grande^a , molta liberalitd , & leggia- dria ,fonomi dilettato di faper quali ftano in quests cofei modiydi cbeejjipiu s’appregzano; in cbe cor.ft- flono le lor pompe, & at filature d’habit i, ed'antic; in cbe ftano da noi dimf,& in cbe conform!;cbe V q maniera Di ditterfa compngnie &. infcgne di huoiuini iiluttri. CoftHml delie corti d’infidelb I Kntta »elle lode delle done di ps V-iZQ, L r 1 ~B \ 0 muni era d’intertenimenti ufinole lor dome ,& con quanta modeflia fkuorifeano chigli jerue per amo re; ma in uero non e bora conueniente entrare in quefto ragionamento , ejfendoui maffimamente al- tro cbe dire, & molto pin al nofiro propoftto, cbe quejlo. Mngi difie il Signor Gafparo, & quefio,& molte altre cofe fon pin alpropoftto, cbe’l format que fta Donna di paiaggo ; attefo, cbe le medeftme Re¬ gale, cbe fon date per lo Cortegiano ,feruono ancor alia Donna; perche coftdeue ella bauer rijpetto at tempi e lochi; & offeruar\ per quanto comporta la fua imbecilitdtutti queglialtri modi,di cbe tantofe ragionato , come il Cortegiano ; & pero in loco di quefto, non farebbe forfe flato male infegnar qual- cbe particolaritd di quelle, cbe appartengono al fer- uitio della perfona delTrcncipe, cbe pur al Corte¬ giano conuien faperle, & bauer gratia in fhrle; o ne ramente dir del modo,che s’habbia a tenere negli ef- fercitij del corpo, & come caualeare, maneggiar I’ar- me,lottare, & in cbe confifle la difficulta di quefie operationi. Dijfe allbora la S. Ducbejja , ridendo, i Signori non ft feruono alia perfona di cofi eccellen te Cortegiano, comee quefio; gli efleTcitijpoi del cor po e forge e defiregge della perfona, lafeiaremo cbe M.Tietro monte nofiro habbia cura d’infegnar,quart do gli purerd tempo pin commodo;perche bora il Ma gnifico no ha da parlor d’altro, cbe di quejla Donna; dellaqualparmi, cheuoigid comincialebauer pau- ra;& pero uorresle farci ufeir di propoftto . Bjfpofe il Frigio,certo e cbe impertinente, & fuor dipropo- T ' E lf'Z Oi 117 fito t bora il parlar di Dome, reflando maffvmamen- to ancor chc dire del Cortegiano; percbe non ft deuria■ mcfcolar I’una cofa con I’altra. Foi fete in grande more,riff ope M.Cefare Gongaga;percbe, come Car¬ te alcuna,per grande cb’eila jia, non pub hauer orna- mento, 0 fflendore in fe, ne allcgria, fenga Donne;ne Cortegiano alcun’efiere aggratiato ,piaceuole, oar- ditome far mat opera leggiadria di cauaileria, fe non mofio dalla pratica, & dall’amore, & piacer di Donne; cofiancora ilragionar del Cortegiano e fem- pre impsrfettijfimo, fe le Donne interponendofi non damo lor parte di quella gratia , con laquale fanno perfetta, & adomano la Cortegiania . pife il S. Qttauiano , & diffe.Eccoui an poco di quell’efca,cbe fa impaggfir glihuomini.Mllbor il S.Magmfico uol- tatofi alia S. Ducbejfa , Signora , diffe ,poicbe pur coft a uoi place, io diro qudlo, ebe m’occorre,ma con grandiffimo dubbio di non fatisfare; & certo molto minor fatica mi fariaformar ma Signora,che meri- tafie efer l\eginadelmondo, ebe una perfetta Ccr- tegiana; percbe di qaeffa non fo io da ebe pigliarne I’efempio ; ma della P\egina non mi bifogneria andar troppo lontano ; & folamente bafleriami imaginab¬ le diuine conditioni d’una Signora, cb’io conofco , & quelle contemplando, indriggar tutti i penfierimiei ad eff rimer cbiaramente con le parole qucllo, che molti ueggon con gli occbi; & quando altro non po- tefji, lei nominando, folamente hauereifatisfatto al- I’obligo mio. Diffe allbora la Signora Ducbejfa. TS[on ufeite de i termini Signor Magmfico } ma Menders all’ordine Intende Duchcfia figmal co¬ ne feu I tare, ilquaic s’in namoro di nna imagi¬ ne da lui fbxmata d’ a uoiio. Quelle, che couiene al- lt Donna . Molte uir- tu dcll'ani- *>o iono al 1c Donne jneccifaiie . L I B T{ O aU’ordine dato > & formate la Donna di palaglgs } accib che quefta cofinobil Signora habhia cbipojjd degrtetmentefeiruirla. Seguito il Magnificojo adun- que. Signora, accib che ft ucgga che i cornandamen- ti uoflri pojfono indurmi a prouardi far que Ho an co¬ rn, che io non fo fare } diro di quesia Donna eccellen- te,come iolauorrei;&‘ formata cl/io I’hauer'o a mo- do mio, non potendo poi bauerne altra, terrolla co- . me mia, a guifa di Tigmaleone 5 & per che il Signor ' Gajpar ha detto cbele medefime regale, cbejon da¬ te per lo Cortegiano, feruono ancor’alla Donna, io Jbndi diuerfa opmione ; cbe,bcnchealcunequalitd fiano comm uni,<& cofi necefsarie all’huomo come alia donna; fono poi alcun’altre ,chepiu fi conuengono alia donna, che aU’huomo;’&alcune conucnienti dl¬ l’bit omo , dalle quad ejfa deuein tutto efjeraliena. it medeftmo dico degli eferciti) del corpo ; ma fopra tutto parmi, che nei modi, maniere, parole, geili , portamenti fuoi, debba ladoma ejfere molto dijji- mile dall’buomo ;percbe,come adejjo conuienemo- Hear ma certa uirilita foda,&fertna; ccft alia don¬ na ft a ben haueruna teneregga molte & dclicata, con maniera in ogni fuo mouimento di dolcegga fe- minile;cbe nell’andar, & stare, & dir cio che ft uo- glia ,fempre la faccia purer donna fenga ftmilitudi- ne alcana d’buomo. Jiggiungendo admque quefta aditertentia aide Begole, che quefti Signori hanno injegnata al Cortegiano, penjo ben, cbe di molte di qifelia ella debba poterfi (entire ,&ornarji d'ottime conditioni, come dice il S, Gafearo ; per cbe molte sank f E Py Z 0 . lit tiirtu dello animo eftimo io cbe fiano alia donna ne- cefjarie cofi come all’buomo . Medefimamente la no- biltd,ilfuggirel'affettatione ,l’e(iere aggratiatada natura in tuttel’operationfue, I’ejfer dibuoni coBu- mi, ingeniofa, prudente, non fuperba,non inuidiofa , non maledica, non uana,non contentiofa, non inetta; paper ft guadagnar & conferuar la gratia della fud Signora, e dituttigli altri; fhrbene,& aggratiata- iftentegliejfercitij,cbeconuengonoalledonne.Tar- **$”,*”* mi ben, cheinleifta poi piu necefiaria la bellcrpga, Ildon n*- the nel Cortegiano; percbe inuero molto rnanca a quella donna, a cui manca la belletpga. Date ancor ejferpiu circonfpetta, & batter piu riguardo di non daroccafton cbedi fe fidicamale, & fardimodo, cbe non folamentenon fia maccbiata di colpa, nut ne dnco di fufpitione;percbe la Donna non ba tante uie da difenderfi dalle falfe calmnie, come ba 1‘buomo. Mapercbe U Conte Ludouico ba ejplicato moltomt- nutamente la principal profejjion del Cortegiano , &ba uolutoch’ella fiaqueUa dell’arme; parmi an¬ cor a conueniente dir fecondo il mio gindicio , qual fia quella della donna di Tala^go; a la qual cofa, quando io hauerd (atisfatto , penfarommi d’ejjer ufcito della maggior parte del mio debito. Lqfciando adunque quelle uirtu dell’animo,cbe le banno da effet communi col Cortegiano;comelapmdentia,lamagna nimitd,la continentia,& molte altre; & medefima- mente quelle condition!, doe ft conuengono a tuttele donne; come I’efier buona & difcreta;iljaper goner- nare lefzcultd delmarito , & la caja fua,e ifigJm -. cwima,** li, quart- L 1 B 0 li, quart do c mar it at a ; & tutte quelle parti, che ft ri- tbieggonoad una buona main di fnmiglia; dico,cbe Affabiiiti a c i li£ da > c ^ e u ' lHe in corte »parmi conuenirft Jopra conueneuo Q-gni altra cofa una ccvta affabilttd piaceuole ,per jeadonnc. ^ ua q f a ppj a gentilmente intertenere ogui forte i’lmoma con ragionamentigrati,& boncsii , & ac- csmmodati al tempo,& loco,& alia qualita di quel- la perfona, con cui parlerd;accompagnando co i co- Humiplacidi,& modcsli, & con quella honejla. „ che viuacita e femprehada componer tutte lc fue attioni, una pron- S’S"e'no ta d'ingegno, dondefi moftri aliena d’ogni grojjeria ; ma con tal maniera di bonta, che fi faccia eflimar non man pudica, prudente , & bumana , che piaceuole, arguta & difcreta;&psro le bifogna tener ma certa mediocritd difficile, & quaft com- posia di cofe contrarie, & giungere a certi termini, a punto, ma non paJfargliMpn deue adunque quejla donna per uolerft far eftimar buona, & honejla,ejfiev tantoritrofa 3 & moslrartanto d’abhorrire, &lecom Auettiquti pagnie,& i ragionarncnti ancorunpocoliberi, che lo.chc com tronandouiftfe neleui;percbe facilrnentefiporia pen di ciafcuna far,ch’clla fingejfe d’ejfer tanto aufteraper nafconde Donna. re f e q Ue U 0 y cb'ella dubitajfe, cb’altri potejje rifa- pere; c i costumi cofi feluatichi, fon fempre odiofi » 1'{ondeue tan poeo per mojlrar d’efier libera, & piaceuole ,.dir parole dishonefle, ne ufar ma certa. domesliche^a intemperata, e fcnga Jreno, & mo¬ di di Jhr eredcr di fe quello, che for fe non a, ma ri- trouandofi a tai ragionamenti, deue afcoltargli con unpocQ di roJfore,&uergogna . Uedcfmammtc fug • ' , .. g»‘ T E If Z O. T19 ■girun error, nel quale io bo ueduto in con ere mol- cSnfafrot He; che b il dire,&afcoltareuolentieri chi dice mal tar chi dice ■d’altre Donne; perche quelle, che udendo nanar „ e 3 donne! modi dishonefti d’altre Donne, fe ne turbano , & moslrano non credere, & eHimar qua ft un moHro, che una donna fia impudica, danno argumento, che parendo lor quel difetto tanto enorme, effe non lo com _ metano; ma quelle, cheuan J'empre inueftigando gli amori dell’altre, &gli narra.no coft minutamcn- te, & con tanta fefta ,par che lor n’habbiano inui- dia, & che deftderino , che ogn’m lo fappia, ac - do che’l mode firm ad effe non fi ajeritto per errore; &cofi uengon in certi rift, con certi modi, che fan- no tesiimonio, che allhor fenton fornmo piacere; & di qui nafee, che gli huomini, benche paia chel I’a- fcoltino uolentieri, per lo piu delle uolte le tengono ; in mala opinione, & hamo lor pochijjimo riguar- do ,&par loro, che daefjecon queimodi ftemoin-, uitati a pajfar piu auanti; & fpeffo poi fcorrono a termini , che dan loro meritamente infamia , & in ultimo le slimano cofi poco, che non curano illor commercio, argi le hanno in fas 'cidio;& per contra rio non e huomo tanto procace & infolente, che nom habbia nuerentia a quelle che fono ejlimatebuone &; honefte; per che quella grauitd temperata di fapere. & bontd,e quafi unfeudo contra I’infolentia, &be-> Jlialitd de iprofontuofi; onde fi uede chcuna paro- la, un rijo, un’atto di beniuolentia, per minima che - eglifia, d’una Donna honeHa, epiu piu appreggato da ogniuno, ckstutte le dimoflrationi & careggedi quelle 't IB II 0 quelle, che cefi fenga riferuomoslranopocouergo. gna; &fe non fono impudiche, con quci rifi difiolu- ,. ti, con la loquacitd, infolentia, e tai coHumi fcuri- li,fanno fegno d’efiere. Et percbe leparole , Jotto lequalinon e fubiettodi qualcbe importantiafon m- N ueUo'chc ne &P ucri ' l i> b'lfogna, che la Donna dipalaggo, ol~ Secoffciua tre al giudicio di conofcerla qualitd di colui,con cui **• park,per intenderlo gentilmente, babbia nothin di fndte cofe; &fappia parlando elegger quelle,cbefo- no a propofito deUa condition di colui,cb cui parla, <& fiacauta in non dir talbor non uolendo parole, che loojfendano .Siguardi laudando fe Hefja indifcre- tamente,o uero con I’efiertroppo prolifia, non glige¬ nera? fafiidio. Tfon uada mefcolando ne i ragiona- menti piaceuoli ,& da ridere , cojedi grauita ; ne ©eJTapere. tncnone igraui facetie,&burle. ?fqn mo fix i inet-r tamente di faper quello,cbe non Ja; ma con modeftk cerchi d’bonorarfi di quello, cbe fafuggendo (co¬ me s’e detto ) I’ajfettatione in cgni cofa . In queflo modo fard ella ornata di buoni costtmi, & gli efer - citij del corpo conuenienti a Donna fard con fupre- magratia ; e i ragionamenti fuoi ,/ararmo ccpiofi, &pienidiprudentia, bcnestd,&piaccuclegga; & coji fard efia non Jolamente amata, ma riuerita da tutto’l mondo, & forje degna d’ejfer agguaghata a qudlogran Cortegiano, coft delle conditioni dell’a- nirno,comc di quede del corpo. Hauendo infm qui det¬ to il Magnifico,fttacque, & jlette fopra di Je,quaft come baueffe poslo fine al fuo ragionamento, Difie allborail S.Gafparo. Vo'i bauete ueramentcS. Ma T E ^ Z 0. iso gnifico molto adornata quefia Donna, & fattoia di eccellente conditione;nientedimeno parmi,cbs uifta- te tenuto affai al generale; & nominato in lei dame cofe tanto grandi, cbe credo ui fi.ite uergognato di cbiarirle, & pin presto le hauete dcfiderate a guifa diquelli cbe bramanotal’bor cofe impoffibili , & fo- pra naturali, cbe infegnate. Verb uorrei, cbe ci di- ■Jtiarafie un poco meglio , qmificmo gli cjj'crcitij del corpo conuenienti a Donna di palaggo, & di cbe mo do ellti debba intertenere, & qttai fan quefte moke fofe,di cbeuoi dite, cbe le ft conuiene baiter notitia, <& fe laprudentia, la ntagnanimitd, la continentia, & quelle moltc altre uirtu, cbe hauete detto, inten- dete cbe babbian ad aiutarla iolamente circa il go- uerno della cafa,dei figliuoli, & della fhmiglia; il - cbe per6 uoi nonuolete cbe fa la fua prima profef- ftone ; oueramente alio intertenere, &far gratiata- mente quefli ejjercitij del corpo ; & per uoflra fe ‘ ' guar date anon mettere quefte pouere uirtu a cofi ui- le officio,cbe babbiano da uergognarfene. Pyijfe il Ma gnifico , & dijfe, Tur non potetefar S. Gaf aro, cbe non moftriate mal’an'mo tterfo le Dome; ma in uero a me pareua bauer detto afai; & maffimamente prejfo a tali audit or i, cbe non penfo gid,cbe fta alcun qui, cbe non conofca,cbe circa gli efiercitij del corpo alia Donna non ft cpnuien armeggiare, caualcare , Coftumi giuocare allapalla, lottarc,& molte altre cofe, che ft conuengono agli huomini. Difie allbora I’unico Are- podi diuci tino..Apprefjo gli antichis’ufaua, che le Donne lot- fe ne ' firuir a quefto intertenimento; dico che noglio cb’ella babbia cognition di cio, cbe quejli Signori hu uoluto cbe fappia il Cortegiano, & di quelli effercitij cbe ha nemo detto;cbe a lei non ft conuengono,uoglio cb’ella n'babbia almen quelgiudicio,che poffono baiter delle cofe coloro, cbe non le oprano& quefto per faper laudare, & appregggar i Caualieri piu, & meno fe- condo imeriti. Et per replicar in parte in pocbe pa¬ role quello, cbegia s’e detto, uoglio cbe quefta Don¬ na babbia notitiadi lettere,di muftca, di pittura, & fappia dangar, & fefteggiar ; accompagnando con qttella difcreta modeliia, & col dar buona opinion J'c ancor a I’altre auertengc, che fonftate infegna- J2_ teal Virtu delo ammo. ?5atone da U cuftodia delle Citti aiic Donne L I B /{ O te al Cortegiano. Et cofi far a nel comerfxre, nel ri- dere, nel giuocare,nel motteggiare, in fomma in ogni cofa gratiffima; & intertenera. accommodatamente , & con motti, & fhcetie conuenienti a lei,ogniper- fona, cbe le occorrera . Etbencbe la continentia, la magnanimitd, la temperantia, lafortegga d’animo, laprudentia, &le altre uirtu paia cbe non impor- tino alio intertenere; io uoglio cbe di tutte fta orna- ta, non tanto per lo intertenere; benche pero a que- flo pofiono feruire ; quanto per efier uirtuofa, & ac- cio cbe quefte uirtu la faccian tale, cbc meriti efjer honorata,& cbe ogni fua operation fia di quella c orn- pofla. Marauigliomi pur, dijfe allbora ridendo il S. Cajparo, cbe pot cbe date alle donne & lettere, & la continentia, & la magnanimity, & la temper an ~ tia, cbe non uogiiate ancor cbc efje gouernino le cil¬ ia ; & faccian le leggi, & conducan gli efier citi,& gli buomini ft fiiano in cucina a filare. fiijfofe il Magnificopur ridendo . Forfeche quefto ancora non Jarebbe male,poifoggiunfe.E{pn fapete uoi cbe Via- tone,ilqualeinueroxioneramolto amico delledon¬ ne,da. loro la cuflodia delle citta, &tuttigli altri of- ficij martiali dd a gli buomini ? T^on credete uoi, cbe jnolte fenetrouafjero, cbe faprebbon cofi bengouer- sarle citta, & gli efferciti, come ft faccian gli huo- ininfima io non ho lor dati qitesli officij,percheformo unaDonna di Valaggo,non unal{eina. Conofcoben cheuoiuorrefletacitamente rinouarquella fhlfaca- lunnia,che hieri diede il Signor Ottauiano alle don- ne;ciob,cbeftMto animali imperfcttiffimi,& non ca- T E ff Z "O. in ■pad difkr attoalcwn uirtuofo , & di pocbiffimo ua- lore,& diniuna dignitd,ariffetto deglihuomini; mainuero & effo,&uoifare/ie in grandiffimoer- rore, fepenfafe queslo. Difie allbora il S. C a faro. Io non uoglio rinouar leco/e gid dette, ma uoi ben uonrefie indurmi adirqualcbeparola, cbe offend ef- fe I’animo di quefte Signore, per fhrmele nimicbe cofi me uoi col lufmgarle falfamente uolete guada- ama.euue gnarla lor gratia; maefie [onotanto difcrete fopra 'I’altre ,cbea/mno pin la uericd,ancor cbe non fia ... . tanto in fuo fhuore,cbe lelaudifhlfe; tie hanno a ma¬ le , cbealtri dica, cbe li huomini fiano di maggior di¬ gnitd, & confeffaranno, che uoi bauete dette gran ■■■■•■ miracoli, & attribuito alia Donna dipalaggo alcu- ne impoffibilitd ridicule; & tante uirtu,che Socrate, & Catone ,etutti i filojofi del mondo uifononiente; cbe a dir pur il uero,marauigliomi, cbe non babbiate bauuto ucrgogna a pafiar i termini di tanto, che ben baftar ui doueuafar quetta Donna di palaoppp,bd- la,difcreta, bonejia, affabile, & che J'apefie interte- nere fen^t incorrere in infamia,con dange, muficbe, giuocbi, rift, motti, & I’altre coje,che ogni di uede y mo, cbe s’ujano in corte; ma il uolerli dar cognition ditutte le cope del mondo, & attribuirle quelle uir- tu, cbecoft rareuolte ft fon uedute ne gli huomini, ancora ne i fecolipaffati , b ma cofa, cbenefuppor^ tare, ne a pena afcoltare ft pub. Cbe le dome fiano mb animali imperfetti, & per conjeguente di minor dignitd, cbe gli huomini,&non eapaci di quelle uir- tu , cbefono ejjt, non uoglio to altrimenti affermare; * pwbe L I B ^ O percbe il ualor di quefle Signore basleria a fhrni mendre;dico ben, cbe buomini fapiendfftmi bano la- fciato fcritto, cbe la, natura, per do cbe fempre inten¬ ds, & difegna fur le cofepiuperfette ,/e poteffepro- durriacontinuamente buomini-,& quando nafceuna Donna,e difetto,o error della, natura, & contra quel- lo,cb’ej]a uorrebbe fure;come ft uedeancor d’uno,chc nafce cieco , -goppo, o con qualche altro mancamento , & ne gli arbori mold fi-utti, cbe non maturano mat. s difctti del Cofi la Donna ft pub dir animalprodutto a forte, & udoiu fo- per cafo;&cbe queHo fia,uedetel’operation dell’buo pacleiu at mo, e della donna, & da quelle pigliate argument!) VL ' ; ' della perfettion delTuno & dell’altro -,nientedimeno eflcndo quefti difetd clelle donne colpa di natura, cbe l haprodutte tali,non deuemo per qitdio odiarle, ns maucar d’bauer lor quel riff etto ,cbe uifi conuiene; tna eftimarle da pin di quello, cb’elle ftfiano, parmi error manifesto. cttaua il Magnifico Giuliano, che’l S.Gafparo feguitaffepin oltre ;mauedcndo cbe gid taceua,dijfe. Della imperfettion delle donne,par- mi cbe habbiate addutto una freddijflma ragione; al¬ ia quale, benebe non ft conuenga forfe bora entrar in quefle fottilitd,rijj>ondo fecondo il parer di chi fa, & fecondo la uerita, chelafuflanda in qnal ft uoglia co- treat i tp fa, nonpuo in fe riceuereilpiu, o il meno; cbe come u'donna 1 " ***** f a f° P u ° e Jf er P* u perfettamentefajfo, cbe un’al tro,quanto alia eflentia del faJ[o;ne un legno piu per- fettamente legno, cbe l’altro; cofi un huomo non pub eflere piu perfettamente huomo, cbe l’altro; & cor— feguentemente non far a il mafebio piu perfetto cbe T E Jf Z 0. la femina,quanto alia futtantiafuaformale ; per cbe I’uno & I’altro ft comprendefotto la fpecie deli'huo- mo; & quello, in cbe I’uno dall’altro fono differcnti, b cofa accidental , & non efentiale . Se mi dime adunque, cbel’buomo fiapiu perfetto che la Donna, fe non quanto alia eftentia, almen quanto a gli acci- dcnti; rijpondo,cbe quefli accidenti bifogna cbe con-, fiftano,o nel ccrpo, o nelftanimo; fe ncl corpo per eft- jcr I'buorno piu robuflo, piu agile,piu leggiero, o pin tolerante di fatiche, dico, che qiteflo eargumento di pQchiffma perfettionc,percbe tragli huomini mede~ fimi, quelli, che hanno quelle qualitd piu cbe gli al- tri, non fon per quelle piu eflimati; & nelle guerre, done fon la maggior parte dclle opere laboriofe, & di forga, i piu gagliardi non fan pero i piu pregia- ti. Se nell’animo, dico cbe tutte le cofe, che pofto- no intenderegli huomini, le medefme poffono inten- dere ancor le Donne; & done penctra I’intelletto dell’uno , puo penetrar etiandio quello dell’altra. Quiui bauendo il Magnifico Ciuliano fatto un poco di paufa, Jbggiunfe ridendo. TSfon fapete uoi, cbe in Filofofia ft tiene quefla propofitione; cbe quelli, cbe fon molli di came, fono atti della mentcipcrcib non b dubbio,cbe le Donne,per efter piu molli di came, fo¬ no ancor piu atte della raente, & d’ingegno piu ac¬ commodate alle fteculationi,che gli huomini; poi fe- guito.Malafciando quefto,percbe uci dice fie, cb’io pigliafft argumento della perfettion dell’un ,& del- I’altro daU’opere , dico, fe uoi confederategli effetti della natura , trouarete ch’ella produce le Donne ft 3 tali,, I pin g*i gliardi non iono i pit} pregiiti. QueIfi,‘cfiO fon molli di carnc,fo. no atti del¬ la racnte. Le Donne piu caute ac gli huo mini. le Donne cffere flate, & effete ec cejlenti in poni, in let fere e in tut felecore . L I B I{ 0 tali,come fono, non a cafo, tna accommodate alfiie necefiario; cbe benche le faccia delj corpo non ga- gliarde,& d'animo placido ,conmolte altrequalitd contrarie a quelle de gli huotnini; pur le conditioni dell’uno, & dell’altro tendono ad un fol fine con - cernente alia medefima utilitd; cbe fecondo cbe per quella debole fieuoleaga le donne fon meno animo - fe,per la medefima fonancora poipiu caute, perble madri nutrifcono i figliuoli ; ipadri gli ammaejlra- no, & con la fortcgja acquiflano di fuori quello, ■ cheejfe con la fedulitd conferuanoin cafa, cbe none minor laude . Se conftderate poi I'historie anticht (benche gli huomini fempre fiano siati parciffimi Hello fcriuere le laudi delle dome ) & le moderne ; trouarete cbe continuamente la urrtit e flata tra le donne cofi come tra gli huomini; & cbe ancor fonofi trouate di quelle, cbe hanno nwfio delle guerre, & confeguitonegloriofe uittorie ;gouemato iregni con fomma prudentia , &giusiitia ; & fatto tutto quel-, lo,che s’babbian fhtto gli huomini. Circa le fcientie, non ui ricorda hauer letto di tante, cbebanno fapu- to Filofufia i alt re, cbe fono Hate eccellentijjime in poefta ? altre, cbe ban trattato le caufe ? &accufa- to, & difefo innangi a i giudici eloquentijjimamen- te i Dell’opere manuali j,aria lungo nan are , ne di cio bifogna fi.rtesiimonio.Se adunque nella fnfian- tia effentiale I’huomo non epiu perfetto dalla don¬ na , ne meno ne gli accidenti,& di quefio,oltre la ra- gionc,ueggonfigli effetti;non fo in cbe confifta que- tfa fuaperfettione. Et pcrcbe uoi diccite,cbe intento della T E T{_ Z 0 . j 14 della natura i fempre diprodurle cofe piu perfette; & perb, s’ella pot offe fjempre produrria I’huomo, &cbe ilprodurla donna tpiu preHo err ore,o difet- to della natura, cbe intentione; rijfondo, (be quelio totalmente ft nega;ne fo comepoffiate dire,cbe la na¬ tura non intenda produrle donne,fenga leqttali la jpe cie bumana conjeruar no ft pub, di cbe piu cbe d’ogni puo confer altra cofa b defiderofa efia natura; percio col mtg^o "“ hlfjjj’T di quefla compagnia di mafehio, & di femina , pro- ne. duce i figliuoli, iqualirendono ibencficij riceuutiin pueritia aipadri gid ueccbi,perche gli nutrifeono; poigli rinouano col generar effi ancora altri figli¬ uoli; da i quali aftttano in ueccbiegga riceuer quel lo, cb’ejfendogiouani,ai padri banno preflat o; onde la natura quafi tornando in circulo adempie la eter- nitd, & intalmododonala immortalitd a imortali. Ejjendo adunque a queflo tanto necejfiaria la donna, quanto I’huomo, non uedo per qual cauja I’una fiafat ta a cafo piu cbe I’altro. Ben b uero the la natura in- tende fempre produrle cofe piu perfette,&perb in- tende produr I’huomo in feck fua, ma non piu ma- compa- fchio,cbe femina,angi fe fempre producejfe mafehio, ? c hk>,Tf£ faria una imperfettione, per cbe come del corpo, & min *‘ dell’anima,nfulta un compofitopiu nobile, cbe lefue parti,cbe bl’huomo;cofi della compagnia di mafehio, & di femina rifulta uncompofito conferuatiuo della jpecie bumana,fenga ilquale le parti ft deflruiriano; Et perb mafehio,&femina da natura fon fempre in- fieme;nepub efferl’uno fenga I’altro; cofiquello non ft dee chiamar mafebio cbe no ha la femina,fecodo la • 4 dijfinitione ftmina. Totma 8c materia. L I B !{ 0 diffinitione dcll'uno & dell’altro, tie fetnina que\k chenon ha il mafchio. Et perche m fefio folo dimo- ftra imperfettione attribufcono gli antichi Theologi Petche Or- Getilil’mo & I'altro d Dio;ondeOrfeo dijfe,cbe I one Giou'eeiTer era mafcbio & fetnina & jpe/Jo i Toeti purlando de i mafchio, o Dei cofondonoilfefs'o.isiUbora ilS.Galparo rijpofe,rto uorrei,diffe,cbenoient;ra(fmoin tali fottilitd, Io;per che qitefic Donne non c'intenderano; & bencbe io id rifponda con ottime ragioni,effe crederanno, o almen moftreramiodicredere, cb’/obabbia il torto,&fti- bitodaranno la fententiaafuo wodo ; pur poi cbe not ui fiamo entrati, dirb queflo folo, che {comefapete of¬ fer opinion d’buomini fapientiffimi) Vhuomo s’ajfi- migliaalla forma , la donna alia materia; & perd, ft come la forma e pinperfetta, che la materia; mvfi le ddl’effere; cofi I’huomo epiu perfetto afai, che la donm;&ricordomi battergid udito,cbe ungran Ti- lojofo, in certi fuoi problemi dice, onde t,ehe natu- . _ ralmente la donna ama feraprc quell’huomo , cbe l ■ama ii pri- lluto il prime a nceucr da lei amoro(tpiacerii & per ch° liTcon contrario Vhuomo bain odio quella donna,cbe efiata giunto con laprima a congiungcrfiin talmodoconlui?& fog- mo odtaTa giungendo la caufa, afferma queflo effer, percbe in prima. talatto la donna riceue dall’huomoperfettione, & I’buomo dalla donna imperfettione ;& perd ogn’un ama naturalmente quella cofa,chelofa perfetto , & odia quella, che lo fit imperfetto;& oltre a cid gran- _ de argumento della perfettion dell'buomo ,& della Ogm Don- . , 1 J . . . r , jta deiidci&.mperjettion della donna e, cbe uniuerjalmente ogm ■ ( [ oma dcfidera effer buomo ,perun certo inUintodi mtura * clTcrc huo* mo T E \ Z 0. 12J naturacbe le infegna deader aria fita perfettione . Bffpofe fubito il Magnifico Giuliano:Le mefebinenon defiderano I’eficr buomo per fhrfi pin perfette, ma per bauer liberta, & fnggir quel dominio, che al- cunibuomini s’bannoueudicatojbpraejfe perlorpro pria autoritdi&la fmilitudine che noi date della ma teria & forma,non fi confd in ogni coja; pcrche non cofi e fiitta perfetta la donna dall’huomo,come la met teria dalla forma ; percbe la materia riceue I'efierc dalla forma, efenga ejfa 01 ar non pub ; an%i quanto pin di materiabanno le forme, tanto pin hanno a'im perfettione; & feparate da eftafon perfettiffme; ma la donna non riceue l’cJJ'er daWhuomo ; anfi cofi co¬ me ejfa e fiitta perfetta da lui, efj'a ancor fa perfetto lui ■, onde l'una& I’altro in feme uengono agenera- re % , laqual cofafdrnon poflono alcuni di loro perfe- Jleffifia caufa poi dell’amor perpetuo della denna uer foilprimo, con cui fia siata , & dell’odio dell’buomo uerfo la prima donna,non darb gid io a quello,cbe da il utjjlro Filofofo ne’fuoi prtblerni; ma allafemeg^a eftabilita della donna,& aU’instabilitd dcll’huomo, ne fenga ragion naturale; percbe ejfcndo il mafebio calido naturalmente, da quella qualitd piglia la leg¬ gier eggafil moto, & la inilabilitd ; & per contrario la donna dalla frigiditd, la quiete,&grauita ferrna, &piu fiffe impreffioni. ^illbora la S. Emilia riuolta alS.Mag. Ter amor di Dio, dific, ujciteuna uolta di quefte uoflre materie& forme,emafebi&femi- ne,et parlate di rnodo che fiate intefo,percbe noi bane mo udito,e molto beitefo il male che di noi ha detto il S.Otta- 1 La n & riceue I’cf^ ferdaThiio mo. Mafchi© ea lido nam- raiment c« Ingen ioft diinanda. * • ' 1 I B ^ 6 ■S. Ottauiano, e’l S. Gafraro; ma hor non intendem'o gid in cbemodouoi cidifendiate; pero queflo mi par un’ufcir dipropofito, & lafciar nell’animo d'ogn’uno quella mala impreffione,che di noi hanno data qucjli Aaer*5 nosirinimici. 3\(o» ci date queslonorne Signora,rifo fe il S. Gafaro , cbe piuprefloft conuicne al S. Ma- gnifico, ilqual col darlaudi falfe alle dorine, moHra , cbe per ejj'enonne fun di uere. SoggiunfeilMa- gnifico GiulianoJsjondubitate Signora-,the al tutto ft tifionderdjmaio non uoglio dir uillania agli buomi- tii cofi fen^a ragione, come hanno fntto effi alle don- ne; & fe per forte quifufie alcuno, cbe fcriuejsc i no- flri ragionamenti; non uorrei cbe poi in loco, done fuf ero intefe quefle materie & forme, ft uedeflero fengarifoflagli argumenti,&le ragioni cbe’l S.Ga faro contra di uoi adduce. Tsfon Jo S.Magnifico, dif- fe allhora il S. Gafaro, come in quefio negar potre- te,che I’huomo perle qualitd naturalinon fiapiuper f ett0 c ^ e ^ donna,laquali frigida di fua compleffio- Ao che’i nc,&I’huomo calido; & molto piu nohile &piu per fteddo. fettobilcaldo,cbe’l freddo,pereffereattiuo,&pro- duttiuo,& come fapete, i cieli quagiu tra noi infon- dano ilcaldo folamente,& non il freddofilquale non entra nelle opere della natura, & pero lo effer le dome frigide di complefftone, credo cbe fta caufa della uiltd, e timiditd loro . ^incor uolete, rijfofc, il Magnified Giuliano,pur entrar nelle fotti!itd,ma uederete, cbe ogni uoltapeggio uen’attend; & cbe cofi fta udite. Io ui confefio, cbe la caliditd in fe b piu perfetta cbe la frigiditd; ma queflo non feguita nelle r i 2 o: i2 6 Co fe mi fie, & compofite;percbe/e cofifuJfe;quel cor po, chepiu caldo fufie,quel faria pin perfcttofdcbe h falfo,percbe i corpi temperatiJon perfettiffimi. Dicoui ancora cbe la donna k di compleffion Jrigida in compa ration dell'buomo; ilqualepertroppo caldo cdifiar.- te dal temperamento t ma quanto in fe e temperata, o almen piu propinqua al temperameto,che non b I’buo mo; percbe bain Je quell’bumido proportionate al rficompicP calor naturale, cbe ndl’buomo per la troppa ftccitd une ' piupreflofirifolue,& ft confima ; ba ancoruna tal frigiditd,chercfifie,& conforta ilcalor naturale, &' lo fa piu uicino al temperamento; & nell’huomo il Juperfluo caldo prcslo riduce il calor naturale all’ul~ timo gradofilquale mancandogli ilnutrimento,purft, rifolue; & pero percbe gli buomini nel generar fidi - fcccanopiu cbele donne, fpefio interuiene, cbe fon meno uiuaci,che efje; onde quefta perfettione ancor \ - ft pub attribuire alle donne, cbe uiuendo piu lunga~ rnente cbe gli buomini, efequifcono piu quello, cbe b intento della natura,chegli buomini. Del calore, cbe infondano i cieli fopra noi, non ft parla bora percbe e equiuoco a quello,di cbe ragionamo j cbe ejjendo con feruatiuo di tutte le cofe, cbe fonfotto il gtobo della Luna, cofi calde, come Jredde, non pub offer contrario u ^‘di¬ al Jr eddo. Mala timiditd nelledonne,auenga chedh ne nafre tnojlri qualcbe imperfettione ,nafce pero dalauda- bil caufa ; cbe e la fottilita, &'pronte^a de i JJiriti, tezza ac gii i quali rapprefentano tofo leJpecie alio intelletto; & piIiu ‘ pero ft perturbano facilmente per le cofe eHrinJeche. V ederete ben molts mite alcuni,che non banno pxu* une I I R I{ O ra ne di matte, ne d’altro ; ne con tutto cio ft pojfono chiamare arditi,percbe non conofcono il pericolo, & mnno come injenfati doueuedono la ftrada, & non penfano pin, & queBo procede da una cenagrof- fegga di Jpiriti obtuft; pero non ft puo dire, cbe m pagzp fta animofo, ma la ttera magnanimita mere da Una propria deliberations, & determinata vo- lontadi far coft, & da eftimar pin I’bcncre e’l debt to, cbe tutti i pericclidel mondo; &bencbe ft com* fca la morte manifesla,ef]ere di core,c d’animo tanto faldo, cbe i fentimenti non re Brno impediti, ne ft jj>a uentino; ma fhccian L’ufficio loro circa il difeorrere & penfare coft, come fe fojfero quietiffimi.Di que- Ila fortehauemo ueduto,& intej'o effer mohigrand’- huomini; medeftmamente molte donne, leauali, & ne gli antichi fecoli,& ne i prefenti,hanno moBrato I grandegga d’animo , & fhtto al mondo ejfetti degni d'infinita laude,non men cbe s’habbian fhtto gltpuo- mini. ^illkora it Frigio. Ouegli, ejfetti, difie, co- minciarono, quando la prima donna errando, fcce altrui errar contra Dio; & per bereditd lafeib al - t’bumana generations la morte,gli affanni, eido¬ lon , e tutte le miferie, & calamita , cbe boggidi al mondo ft fentono. Bflfofe il Mag.Ciuliano. Toi cbe nella facreflia ancor ui gioua d’entrare, non fapete tfoi, cbe quello error medeftmamente fit corretto da una donna, cbe ci apporto molto maggior utilitd, cbe quella non ne bauea fhtto danno f di tal mod.o, cbe la colpa, cbefupagata con tai meriti, ft cbiama felicijfma; ma to non uoglio bor dim quanto di di- T E If Z 0. nj gnita tutte le creature-humane ftano inferiori alia. Vergine nofir a Signora, per non mefcolarele cofe diuine in quefti nostri folli ragionamenti; neraccon tar quante dome con infinita conflantia s’habbiano lafciato crudelmente amaggare da i Tiranni, perlo Donnecha name di ChriJio,ne quelle, che con fcientia difputando a lafcUro- hanno confufitanti idolater, & fedicefte chequefio ■era miracolo,, & gratia dello Spirito Santo,dico che mordiChri nitma uirtu merita pin laude,che quella che c appro- uata per tejiimonio di DioMolte altre ancor,delieqna litantonon ftragiona,dauoi sicjjbpotetcueder,maf- fmamente leggendo San Hieronimo ; che alcune de’ Hieronimo Jim tempi celebracon tante marauigliofe laudi, che bsnpotrianobaHara qual ft uoglia Jantiffvmo huo- mo.Tenfatepoi quante altreci J'ono Hate,delle quali non ftfh mentione alcuna;perchelernefchine Hanno chitife fenga cercare apprefio il uolgo nomedi fan- titd; come fanno hoggidi molt’httomini hippocritima Hippqcmi. ledetti,iquali fcordati;opiupreHo facendopoco ca- Jo della dottrina di ChriHo;che mole,che quadol’buo mo digiuna, ft unga la faccia ; perche non paia che digiuni;&comanda cbe le orationi,le elemofme,L’al tre buone opere ft facciano non in piagga,ne infma- goghc, ma in fecreto, tanto, che la man fmisira non fappia della deslra;affermano non effermaggior be¬ ne al mondo,che'l dar buon ej]empio;& coft col collo torto ,&gli occhi baffi, fpargendo fama di non uoler parlare a Donne, ne rnangiarc altro che herbe crude, Co( j Hme affumati, & maluejhtigabbano ifemplici, che non d’Hifpoetfr fguardan poi da ftlfar tefiamentipmettere inimici- “• tie I I B K 0 tie mortali tramarito, & moglie, & talhoruenem; ujar malic,inca?iti,&ogniforte di ribalderia ; &poi allegano quella auttoritd che dice ,ft non casie, ta~ men caute, & par loro con quest a medicare ogni gran male; & con buona ragione perfuadere a cbi in ogni re- non e ben canto , che tutti i peccati per gram che .pc cc ne fii- fiaao ,facilmente perdona Iddio , pur che ftiano 'ffiedebuo fecreti, &non najcailmalejempio; cojtconunue si ’ lo di fantita, & con quejla feeleratec^a jfeffo tut¬ ti i lor penfieri uolgonoacontaminare il cajlo ani- tno diqualche donna; ffejfo a feminar odij tra fm- ' tclli; a gouemar Rati, eflollere I’uno, & deprimer I’altro ,far decapitate, incarcerate, & proferiuere huomini, effer miniflri della feeler it a, & qua ft de- pofttarij delle robarie, che fitnno molti Trincipi.ma tornando alle laudi delle dome dico, che’l S. Gaffaro non mi trouerd huomo alcun fingolarc, ch’io non ui troui la moglie,o figliuola,o forella, dimerito eguale; & tal’hor fuperiore ; oltra che molte fon fiate caufa diinfinitibenia i loro huomini,e tal’hor hanno corret Donne can to di moltiloro errori;perb eJJ'endo (comehauemo di moHrato) le dome natwalmente capaci di quelle me defime uirtii,che fongli huomini: & efiendofene pin uolte ueduto gli ejfetti: non fo per che, dando loro io audio che e poffibile, che habbiano, & fpefjo banno hauuto, e tuttauia banno, debba effer efiimato di dir miracoli, come m'ha opposio il S.Gafparo, attefo che - fempre fono Hate al n:ondo,& hora ancorfono dome, '- ’ , cofiuicinealla donna di Tala%gp,cheho fonnata io; come huomini uicini all'huomo, che hanno format to T E \ Z 9 . izS to qucfii Signori.Difie allbora il S.Gaff aro.Quelle ra gioni,cbe banno la ejperientia in contrario, non mi pa ion buone: & certo, s'io ui adimandaffi, quah fiano,o fiano Jlate quefle gran dome tante degne di laude, quanto gli buomini grandi,a quali fono ftetti mogli, Jorelle,o figliuole,o ebe fiano loro slate caufa di ben alcuno: o quelle, chebabbiauo corrottoi loro errori, penfo, cbe refiaresie impedito. Veramente, rijfofe il Mag . Gudiano, niuna altracauja porria farmi re¬ ft ar impedito, eccctto lamoltitudine: & fc’l tempo mi baftafie , ui contarei a qucjlo propofito lahifto- ria d’Ottauia moglie di Marc'Mntonio, & forella d’Mugufto.Quella di Torciafigliuoladi Catone, & moglie diBruto. Quclla di Gaia Cecilia moglie di Tar quinoVrifco. Quella di Cornelia figimola di-Scipio- ne,& d'infinite altrc,cbefono notijjime e nen folamen te delle nofire, ma ancora dclle barbare:come di quel- la Mlefiandrd moglie pur d’Mleffandro Re di Giu~ dei: laquale dopo la morte del marito, uedendo i po- poli accefi di furore,&gia corfi aU’armeper ama%- gare doi figliuoli,cbediluile erano reflate,per uendet ta della crudele & dura feruitu , nella quale il padre fempre glibauea tenuti: fu tale , cbe fubito mitigb quel giufto fdegno, & con prudentia inun puntofe- ce beniuoli ai figliuoli quegli animi, cbe l padre con infinite ingiurie in molt’anni bauea fatto loro inimi- ciffimi. Dite almen,riffofe la S. Emilia, come ella fe- ce.Difje ilMagnifico. Quefia uedendo i figliuoli in tanto pericolo , incontanente fecegettare il corpodi Mlejjitndro in mega della piagga, poi cbiamati afei cittadini, Nomi di di uerle don- ne itluitrio A’eflandra moglie d’A lefiandro Kc de’Giu* dei. L I B If 0 cittadini,dJffe,che fapea gli anirni loro efier accefi di giufiiffimo fdegno contra /no marito;perche le cruddi d’iiidurreii ugiurie,chee{io iniquamente glibauea fkttejomen poi>oio a tuiiono;& che come mentre era itiuo, hanrebbefem- u!u ia iiiu pre uoluto poterlo far rimanere da tal J'celerata uita; a ligiiuou. co ji a dejfo era appareccbiata a farm fcde,& lor am- tar a cafligarnelo cofi mono,per quanto fipotea;ctpe rbfi pigliafiero quel corpo,& lofaccfjmo manfuirai cani,&lojlraciafjero con quei modi pin cruddi, che imaginar fapeano ; ma ben gli pregam che bauefiero compaffionea quegliinmcentifanciullijqualinonpo teuano non che bauer colpa, ma purejfer confapeuoli delle male operc del padre. Di tanta efficacia fitrono quesleparole,cbc'l fiero fdegnogid conceputo ne gli animi ai tutto quelpopolofubito ft mitigato,& con- uerfi in cofipiatofo afetto,che non folamence di con- cordia elefiero quei figliuoliper lor Signori, ma anccr al corpo del morto diedero honoratiffima Jepoltura. ‘■Quhtifece il Mag.ttn poco dipaufa;poi foggiunfe,no fapete uoi,cbe la rnoglic,& le forelle di Mitridate mo firarono molto minor paura della morte, cbe Mitrida- ArmonU^_ te> &l a moglie di ^isdrubale,cbe sdrubale i Tfon Hie' on sira fapete cbe ^trmonia figlmoladi Hieron Siracufano cufano. iiolfemorirenell’incendio dellapatria fota ? ^iUbor il ?rigio,doue uada osiinatione,certo e difie, cbe tal’bor ft trouano alcune dome, cbe mat non rnutarianopro- poftto,come quella che non potendo pin dir al marito forbid,con le manigliene facea fegno. Pfife il Magn. Giu.edijJ'e.La ojlinatione,chetende a fine uirtttofi, ft dee cbiamar conilantia; comefudi quella Epicbari Libertina T E T 0. r Libertine Montana, cbe ejfendo confapeuole d’una gra. congiura contra di Ts(erone,fu di tanta conJlantia,che slratiata con tutti i piu afteri tormenti, che imagi- nar fpoffano,rnainonpalesbalcuno dci complici;& nel medejimopericolo rnolti nobili Cauallieri, & Se- natori timidamenteaccufaronofratelli, amici., &le piu care & intime perfone, cbe hauejjero almondo. Che direte uoi'di quell’altra,che fi chiamaua Leona? In honor della qualegli theniefi dedicarono innan ctft alia porta della rocca una Leona di Bronco fenga lingua,per dimofirar in leila conftanteuirtu della ta~ citurnitd; perche eflendo efla medeftmamente confa¬ peuole d’una congiura contra i tiranni, non ft fflauen- tb perlamorte di duigrand’huomini fuoiamici,& ben cbe con infiniti & crudeliffimi tormenti fufie la¬ cerate,mai nonpaleso alcuno de i cogiurati.Dife al- Ihor M.Margherita Gongaga.Tarmi che uoi narrate troppo breuemente quelle opereuirtuofe fatte da don ne,cbe fe ben quefii noflri nimici I'banno udite & let te,moflrano non faperle,& uorriano che fe ne perdef fe la memoria; ma fe fate cbe noi altre le intendiamo, almen ce ne faremo bonore. ^tllhora il Magnifico Giul. Tiacemi rifflofe. Hor io uoglio dirui d'una, laqual fece quello, cb’io credo cbe’l Signor Gafta- ro medefimo confefjara cbe fanno pochijfimi buo- rnini; & comincib. In Maffilia, fit gid una con- fuetudine , laquale s’eflima cbe di Grecia feffe traportata; laqual era, che publicamente ft ferua- ua ueneno temperato con cicttta, & concedcuafi il piglwio a chi approua.ua al Senato douerfi leuarla uita, EpichariLj bertina Re mana. Leon *. 1 Eortezza d’animo d’una don* na. L I B K, o. uita,per qualche incommodo, cbe in ejja JentiJde, g. tier per ultra gittHa caufa,acciocbe chi troppoaduer- J'afortuna patito hauea, o troppo proper a guHato,m quella nonperfeuerafie,o quesla non mutajfe. I’fitro- ttandofi aditnque Seflo Vompeo. Quiui il Frigio, non ajbetiando, che’l Magnifico Ciuiiano pajfajfe pin amnti,QueHo mipar,diffe , ilprincipio d’una qual- che lunga fttuola. ^ illhora il Magnifico Ciuiiano ml tatoftridendoa M.Margherita,Eccoui,difJe,chc’l Fri gio non mi lafcia parlarefio uoleua hor contarui d’una donna,laquale hauendo dimoslrato al Senata cbe ra- gioneuolmente douea morire ,allegra ,& fenepxti- jeHaepia- mor alcitno tolfe in prefentiadiSejto Vompeio il ue- ceuoieaon- neuo con tanta conjiamia d’animo, & con ft pruden- «eria dei”e ti, & amoreuoli ricordi a i fuoi, cbe Vompeio,e tuXti 5ouac it,K al - tr Cohe uiddero in uw donna tanto J'apere, & jicuregppz net tremendo paflo della tnorte y reftarono non fenga lacbrime confufi di marauiglia. Mllhora il Signor Gafparo ridendo,Io ancora mi ricordo dif- fe, baiter ktto una orations, nellaquale uno infelice marito dornanda licentia al Senate di morire, & approua bauerne ghuta cagione , per non poter tollerareil contimtofaftidiodelcianciarcdij'uamo- glie, e pin pretto mol here quel ueneno,cke uoi di- te , che fit jew ait a publicamente per tali effetti, cbe leparole della moglie, 1\ijpofeil Magnifico Ciu¬ iiano . Ouante mejcbine donne hariano giuFla caufit di domandar licentia di morir,per non poter tolera- re,non dir6 le male parole, ma i malijfimi fatti de met . riti.Cb'io alamc neconofco, cb’in quefto imndo pa-? tifeem T E 'H Z O. j S o tifcono, per modo di dire, lepene dell’Inferno. 7 s(pn credete uoi,ri[pofc il S.Gajparo, cbe mold mariti an- (orfiano , cbe dalle mogli hanno tal torment0 , cbe cgni bora deftderano la morteiEt cbe dijfiacere,dif- je il Magnifico,pofjbno fare lemogli a imariti ,cbe fta cofi J'enga rimedio, come fon quelli, cbe fanno i mariti a le mogliilequalifenon per amore,almcn per timorfono obfequentiaimariti?Certo fdijj'eilS. Ga [faro cbe quelpoco,cbe talhor fanno di bene, procede da timore;percbe pocbe ne jono al mcndo, cbe nel fe- creto dell’animo [no non babbiano in odio il marito. Mngiil contrario, rifrofe ilMagnifico;&J'eben ui ricorda quanto bauctc lotto,in tuttelehisiorie ft corn fee,cbe quaft fempre le mogli amano i mariti pin,cbe cjfile mogli.Quando uedeHe ucioleggefle mdi,cb’un marito facefie uerfo la mofliem tal ferno d'amore „ quatfece qucua Camma uerfo juo marito r lo non Jo, rifpofe,il S.Gajparo,chifuJ]ecoHei, ne cbe fegno la ft fuceffe; ne io dijfeil Frigio , Bjfpofe il Mag. uditelo; & mi M. Margberita metiete cura ditenerlo a me- moria.Quefla Camnia fu unabelliffma giouanc, or- nata di tanta modeHia,&gentil cofiumi, cbe no me¬ mo per quest0, cbe per la bellegga era marauigliofa, & fopra I'altre cofe con tutto il core amauafuo ma¬ rito , il quale ft cbiamaua Sinatto. Interuenne cbe un’altro gentil’buomo, il quale era di molto mag- gior §lato, cbe Sinatto, & quaft ftranno di quella cittd, doue babitauano, s’innamord di quesia gio- uane ; &dopo lungamente bauer tentato per ogni uia, & modo d’acquisiark,e tutto in uar.o ; perjua- F v 2 dendoft Di quefta Hiftorias’e Icruito Icg- giadramen teFAiiofto. Parole di Camma a Pi ana. L 1 B 2 ^ o * dendofi che lo amor, cbe ejfaportaua al marito ,fuf- fe la fola cagione , cbe obffajfe a fuo defidenj, fees amarpgar queflo Sinatto . Cofipoi follicitando con- tinuamente ,non ne pote maitrar altro frutto, che quello, che prima hauea fatto; onde crefcendo ogni di pin queflo amove, delibero torlapermoglie, ben- cbe efia di ttato gli fuffe molto inferiore: cofi riebie- fligliparenti di lei da Sinorige (che cofi fi chiama- ua loinnamorato ) cominciarono aperfuaderla a con- tentarfi di qucHo;mofirandole il confmtir effere uti¬ le ajfai , e’l negarlo pericolpfo per lei & per tutti lo¬ ro ; effapoi che loro hehbe alquanto contradetio, ri- fpofe in ultimo ef]er contenta.lparenti fecerointen- dere la noua a Sinorige; il qual allegro [opr a mo do, procuro che jubito ft celebrafiero le norpge. Venuto adunquel'uno,&I’altro a quefio effetto folennemente net Tempio di Diana , Camma feceportar un ceria beuanda dolce laquale ejfa hauea compofta; & cofi dauanti al fimulacro di Diana in prefentia di Sino¬ rige ne beuue la metd; poi di fua mano(perche quefio neUenooges’iifauadafiir)diedeil rimanente alio fipofo; il qual iutto lo beuue. Camma come uiddeildi- figno fuo riufcito , tutta lieta a pie della imagine di Diana s'inginocchib ,& difie; o Dea che conofci lo intrinfeco del cor mio,fiami bon teHimonio, come dijficilmente dopo che’l mio earn conforte mor), con- tenuta mi fia di non mi dar la morte;& con quanta fit tica habbia fcjferto il dolore di flar in quefla amara uita;nella quale no ho fentito alcuno altro bene,o pia cere,fuor che la fpcran^a di quella uenaetta, che hor mi T E \ Z 0. ijr mi trouobauer confeguita; pero allegra,& contents, undo a trouar la dolce compagnia di quell’anima,cbe inuita & in morte, pin cbe me Jleffa bo fempreama ta.Et tu feelerato,cbe penfasli efier mio marito, in ifeambio del fetto nuptiale , da ordine cbe apparec- cbiato ti fia il jepolcro, ch’io di te fo facrificio dl¬ l'ombra di Sinatto.Sbigottito Sinorige diquejle pa¬ role, &gia fentendo la uirtu del ueneno, cbe lo per- turbaua, cerco molti rimedij,ma non ualfero;& beb ^ be Camma di tantola fortuna fhuoreuole, o altro cbe ft fufie,che innangi, cbe efia morifie ,feppe cbe aiG0IC * Sinorige era mono. Laqual cofaintendendo, conten- tijjima fi pofe allettocongli occbial cielo cbiaman- do fempre il nome di Sinatto;& dicendo, o dolcijfimo Conforte, bor cb’iobo dato per gli ultimi doni aka tua morte, &lachrime & iiendetta ; ne ueggio cbe pin altra cofa qui a far per te mi refli,fuggo il mon- do,&queftafenga te crudel uita ,laquale per te fo- lo gid mi fu cara; uiemmi adunque incontra Signor mio, <&accoglicofinolentien quejla anima, comp ejfauolentieri a te neuiene ;& di queslomodopar- lando,& con le braccia aperte,quafi cbe in quelpun¬ to abbracciarlo uoleffc , fe ne mori. Hor dite Frigio, cbe ui par diquefta?BjJfofe il Frigio,parmi,cbe uorre Jle farpiangere quesle donne.Ma poniamo cbe que- flo ancor ftjjc uero,io ui dico, cbe tai dome non Ji tro nano piualmondo.Difje ilMagnifico,Sitrouanofi; dr cbe fia uero, udite. A di miei fu in Tifa un gen- Deih tilbuomo,il cui nome era M. Tornafo, non mi ricor- £ iie d’«n do di qualfhtniglm, ancor cbe da mio padre, cbe fu. K l M L I B Ti 0 fuo grande amicofentiffi pin uolte ricordarla. Qucfis M-.Tomafo adunque,paJ]ando un di fopra un piccolo legnetto da Tifa in Sicilia per fue bifogne, fu fopra- prefod’alcune fufiede Mori, cbegli fmono adoffo Vera piet* cofi all'improuifo, che quelli, che gouernauano Hie - di figiiuoio -gnettoaion fe n’accorfcro;& benchcgli huomini, cbe dentro u’erano,fi difendeffmo aflai;purperef)er po- chi,&gli nimici molti, il legnetto con quanti u’eran fopra, rimafe nelpoter deiMori, chiferito, & chi . fanofe condo Id forte >& coneffi M. Tomafo,il qual s’era portato ualorofamente, & hanea morto di fua mano un fratello d’un de i Capitani di quelle fusic * Della quad cofail Capitano sdegnato (come poffete penfare) dellaperdita del fratello,uolfe coslui per fuo prigionero; &battendolo,&ftratiandolo ognigiGr- no,lo conduff'e in Barbaria;doue in gran miferia ba- ueua deliberato tenerlo in uita fua captiuo, & con gran pern.Gli altri tutti cbiper uria & cbi per un’al tra uia fmono in capo d’un tempo liberi, & ritorna- ■ von a cafa,& riportarono ailamoglie , che madonna Argentina hauea nome,& aifigliuoli, la dura uita e’lgrand’affanno in cbeM.Tomafo uiueua / & era continuamentepur per uiuere fen^a fferan^a,fe Dio miracolofamente non I’aiutaua; della qual cofapoi cbeeffa&loro furono chiariti,tentati alcun’altri mo di diliberarlo;& done ejfo medefmo gid s’era acque tato di morirejnteruenne cbe una folate pitta fueglib tanto I'ingegno, & I’ardir d’un fuo figiiuoio, cbe ft chiamaua Vaulo, cbe non htbbe rifguardo a niuna forte di pericolo ; & deliberb,o morir, 0 liber aril pa ■» ; dre j T E R Z 0. IJ 4 ■ lire ; laqual cofa gli uennefutta, di modo che Id conduffc cofi cautamente, che prima fit in Ligorno, . cbe ft rifapefie in Barberia , che fit fie di!d partito. Qmndi M.Tomafo fmro,fcrif]e alia moglic, & lefe ce intenderela liberation fiua,e done era, & come il di fieguente (per anadiuedcrla .La buona & gentil donnafopragiunta da tanta & non pen fata allcgrc^ “Za di douer cofi preflo,&perpieta, &pcr uirtu del figliuolo,uedet il maritofil quale amaua tanto,&gia credea fiermamente non dcucr maipiu uederlo ; letta ■ la lettera,al^o gli occbial cielo,& chiamatoilnome - del marito,cadde morta in terra; ne mai conrimedij, cbelefkcejjerojafuggita animapiu ritornb nel cor- po,crudel fpettacclo, & baftantea tempcrarle uolun ta humane,& ritrarle dal defderar troppo effcace- mente le fouerchie alhgrcgzp . Difie allbora ridendo il Frigio. Cbefapete uoi cb’ella non moriffie di difyiace re, intendendo cbc'l marito tornaua a cafatPfijfofe il Mag. "Perche il rdlo della uita fiua non fit accordaua con queflo ; an'gipenfo, cbe quell’anima non potendo tolerare lo indugio di uederlo con gli occbi del corpo, quello abbaiidonafie; & tratta dal defiderio uolajfie Jubito,doue leggendo quella lettera,era uolato il pen- fitero . Dilfie il S.Cafparo, pub ejfiere cbe quefia don¬ na fufife troppo amoreuole; perche le donne in ogni cofa fiempre fiattaccano all’ejlremo, cbe b male; & uedete, cbe per efiere troppo amoreuole ,fece male - a fie Ftcfia,& al marito,& a i figliuoli, a i quali Con¬ nerfe in amaritudine il piacer di quella perieolofa, e defiderata liberatione; pero non demote gid allegar J\_ nariti;chc di quelle che ftano Hate caufa di mold beni al mondo, potrci dimi un numero infnito, & narrarui delie tanto anticbe, che quafi pawn fa- Donne nir- bule, e di quelle,che appreffoagli huominifono iia- tuofe, edot j niietttr j c i fc ta i co p e} c j )e j }il nno meritato d’effer estimate Dee; come Tallude, Cerere,<& delle Sibille, perbocca delle quad Dio tante uolte ha parlato, & riuelato al mondo le cofe che baueuano a uenire; & di quelle, che hanno infegnato agrandijjitni buomi - •Afpafia nijtome ^ifpafia, & Diotina,laqmle ancora confa- Diotima. crificij prolongo died anni il tempo d'una pc He, che Nicollrata ^ auea uemre 111 thene.Totrei dir nidi Lficoflra- " ta madre d'EuandroJaquale moHrb le letterea i La- tini:&d’un’altra donna ancor,che fti maeHra di Tin daro Lirico; & di Corinna,& di Sappho che furono ecellentiffime in Toefta .: ma io non uoglio cer.cark ■coje tanto lontane.Dicoui ben lafciando il redo, cloe della grandest di I{oma furono forfe non minor le donne cau f a c dome,chegli huominhQuefloydifie ilS.Ga- effer ftate fparo , Sarebbe bello da intendere . Hjfpofe il Magni- graSetz!!* fi c0 ’ ^ or u ditel° • Do P° ^ effugnation di Troia molti di B-oaia. Troiani, che a tanta ruina auan^arono, fuggirono t chi ad una uia, chi ad un’altra; de i quali una parte , che da molteproceUe furono battuti,uennero in Italia nellacontratayoueil Teuere entrain mare. Cofidi- fceft in terra, per cercar de bifogni loro 3 cominciaro- noa fconere ilpaefetle dome doe erano reslate nelk r z K z o . tx iUtti,penfaronotrafe tinutile configHoJtqud ponef- fe fine al pericolofo & lungo error maritimo; & itl loco delict perduta patria una nonet lurone recupc- raffe; & conjultate itifieme, cfendo abfenti git buo- mini, abbrufeiaronolenauis&la prima,cbetal ope¬ ra cominciofii cbiamauapoma.'Pur temendo la ira- ■condia degli buomini, iqitali ritornauano ,andarono contra alcime i mariti, alcunei fttoi conghmti di fangue abbracciando,et bafiiando con fegno di be- nimlentia, mitigarono quel primo impetopoi mani- feSiarono loro quietamente la caufa del lor pruden* • te penftero.Onde i T roianij: per la neceffitd, ft per ef fer benignamente accettati da i paefani, f,'mono con- rcrche ie" tentiffimi di do, cbsle dome bauean fatto; & quid babitarono co i Latininel loco, done poi fit Rpma’,& « andoli b* da que/lo proceffs i! coftime antico apprefio i l{o- p atea ii, mani,chele dome incoutramlo bafeiauano i parenti. Hor uedetc quanto quefte donne giouajfero a dar principle a l\oma.T$emeno giouarono alio augumen- to di quella le donne Sabine, cbe fi facefier ole Tro- iane al principio, cbe hauendoft Rpmulo condtato general inimicitia di tutti i j'uoi uicint, per la rapina che fece de le lor dome, fit tramgliato di guerre da vgni banda ; deUequail per sjfr buomo ualorofo,tO- fio s’effiedt con uittoria,eeeettodi quella de iSabm, cbefugrandilfitna-, perdoeT. Tatiofie de Sabsniera ualentijfmo, & fitio; ondecffcndojiato fatto ima- terho fatto d'arme tra l\omani & Sabini, con gra- uijjimodanno dell’una & dell’al tra parte ;& ap- parecchiandoft noua } & crndel battaglk ; le donne Sabine i i n i{ 0 Done Sabi- g r f in e uefiite di nero, co' capegli fparfi & lacenti, piangcndo, rncfle, jenga timore dell’ame ,cbe giii erano per fern mo/de, uennero nel meggo tra ipa- dri, e i mariti, pregandogli, cbe non uolejjcro mac- cbiarjilemani del fatigue de foceri, & de generi; & fe pur erano mal contenti di tal parentado, uol- tafiero learmecontraefie ; cbe molto meglio eralo- ro il morire, cbe uittere uedoue, o fen^a padri, & jratelli; & ricordarft, cbe i fuoi figliuoli fufiero nati di chi lor haucffe morti i lor padri; o cbe efie fufiferonate dicbi lor baueffe morti i lor mariti; con quefli gemiti piangendo molte di lor neUe braced portauano i fuoi piccioli figlmohni, de qualigid al cmi cominciauano afnodarla lingua ,e parea cbe chiamaruolejsero , e far fesla a gli auoli loro ,ai quail le donne moftrando i nepoti, e piangcndo,Ec- co,diceanoil Jangue uofiro, ilquale uoi coniantoim peto e furor cercatedi fparger con le uoslre mani.- Tanta for^a hebbe in qncfto cafo lapicta,&prudcn tia delle donne, cbe non folamcnte tra gli doi Pp tie- mid fit fatta indiffolubile amicitia, & confedera- tione; ma (cbe pin marauigliofa cofa fu ) uennero i Sabini ad habitare in Ppma 5 c di dui popoli fu fht- toun folo; &cofi molto accrebbe quest a concordia le forzp diI{oma;mercc delle faggie &magnanime donne 3 lequali intanto da Bpmulo furono remune- T ate* daHe rate> c ^ e diuidendo il popolo in trenta curie, a qtiel- «tonne Sabi lepofe i nofvi delle donne Sabine. Quiui effendofi urt Bc * poco il Magnifico Ciuliano femato ; & uedcndo, the il S. Cafparonon parlaua . 2 fcn ui par, difje , cbe 3 \ E z o. 1^4 che quefle dome faftero caufa di bene a gli loro hud giouajfero alle grandegge di Roma i Ri¬ ff ofcilS. Gdfparo. In aero quelle furono degnedi molta laude; ma J'e uoi ttolefle dir gli errori dells don ne, come le buone opere, non bauerefle taciuto, che in quell aguerra di T.Ratio uni donna tradi Roma, ^ &infegno la Jiradaai nimici d'occupar il Capita* ““««* lio; tradepocomanco chei Romani tuttinon fuftero dillrutti-.Rilpo/e il Mag.Giuliano . Foi mi fate men* tion d’una fold donna mala;&io a uoi d’infinite buo~ ne;&oltre legid dette,iopoirei addurui al miopro- poftto millc altriefempi delle utilitd fatte a Roma dal ledonne) & dirui perchegidfufie cdificato un Tem- Vencre iiu pio a Veriere arrnata,&un’altro aFenere Calm , & mata* e cal- tome ordinata la fe[la delle ^Incille a Giunone, per- Ua " che le incillegid liberarono Roma dalle inftdie de’ nemici;ma lafeiandotutte quelle cofe , quel magnani mo futto d'baucr fcnpsrto la congiuration di Catilina , di cbetanto ftlauda Cicerone,nonbebbe egli princi- palmente origine da una uilfemina ? laqual per que- fto fiporia dir che foffeflata caufa di tutto’l bene,cbe ft uanta Cicerone batter fhtto alia Republic! Rp- mana. litfe’ltempo mi bistable, ui moflrareiforfei te done hi ancorle Donne fkefto batter corretto di mold era- UEr . , J . todi raolti n de gli buommi ,* ma temo, cbequeno mto ragto- emm. namento bormai fia troppo lungo & fakidiofopper- che bauendoyfecondo il peter mio fits fat to al carico datomi da quelle Signore, penfo di dir loco a chi di- ca cofe pin degned'efk > itdite, cbe non pofiodirio. vtllbora la Signora Emilia,non defraudate, dijfe t , le Donne Donne di Olio. Le medefi- me peiue- nute i Leu- conia. L I B ^ G ieDonnedi quelle ucre laudi,che lorofono debite;& ricordateui, cbefeil S. Gajparo, &ancor forfeil S. Gttauia.no, ui odono con fiafiidio, noi, & tutti quefti altri Signori ui udiamo con piacere. Jl Magnifico pur uolea por fine, matutte le dome cominckrono apregarlo doe dice fie. Onde egli ridendo,per non mi prouocar, difie, per nimico il Signor Gajparpiu di quello cbe egli ft fia, diro breuemenie d’alcune,che moccorrono alia mcmona, lafciandone molte,ch’io potrei dire; poifioggiunfie. Efiendo Filippo di Deme trio intorno alia Cittd diChio, & bauendola afifcdh ta ,mando un bando ; cbe a tutti i ferui , cbe delk Cittd fitggluano, & a fie uenijfiero ,prometteua la li~ bertd, & le mogli de i hr patroni. Fu tanto lo fide- gno delle donne per cofi ignominiofio bando, cbccoit I’arme uennero alle mura, & tanto ferocemente com batterono, cbe in poco tempo fcacciarono Filippo eon uergogna , & danno ; Hebe non baueuano pota¬ to jfar glibuomini. Qucsie medefiime donne efijen - do co i lor mariti, padri, & fiatelli, cbe andauam in efiilio,peruenute in Leuconia ,fecerom’atto non men gloriofio di queslo; cbe gli Eritbrei, cbe tui era- no , co fiuoi confederati, mofiero guerra a quefii Chijiliqualinon potendo contrailare, tolfero patto solgiupponfioloy&la camifcia uficir della Cittd Jn- tetidendo le donne cofi uituperofio accordo,fi dolfiero; rimprouerandogli, cbelaficiando I’arme uficifiero, co¬ me ignudi tra nimici; & rijpondendo efiji gid bauer fiabilitoil patto, difiero, cbe portafijero loficudo,& Ulmchj & lafciajjeraipamii , & rififiondefiero a i - ~~~.^ nimici T E 11 Z C. ^ i ? j nirnici (jUeHo effere il lorbabito. Et cofi facendoeffi, per confidio delle lor Donne, ricoperfero in gran par 1 , , ..../• ■ t , i, Donne di telauergogaa, cbeintutto fuggirnonpoteano. Ha- Pcriia. uendo ancor Ciro in un futto d’arme rotto wd.ferci- todi Terftani, esfi in fuga conendo uerjo la cittd in- contrarono Ic lor Donne fuor della porta , lequali fhttofi loro incontra, difiero;done fuggite uoi uili buomini? uolete uoi forfe nafeonderui in noi, onde feteufeiti i Quejle, & nitre tai parole udendo gli huomini; & conofcendo, quanto d’animo erano infe- riori alle loro Donne; ft uergognarono di fe slesfi; & ritornando uerfo gli nimici, di nuouo con esfi combat terono , & gli ruppero . Hauendo infm qui detto il piagnifico Giuliano,fermosfi; & riuolto alia Signo¬ ra Ducbefla difle. Hor Signora mi darete licentia di tacere . Ejjpofe il Signor Gafparo. Bifognerau- ui pur tacere , poi cbe non fapete pin cbe ui dire. Difie il Magnifico ridendo , Voi mi Simulate di modo , cbe ui mettete a pericolo di bifognar tut- ta notte udir laudi di Dome; & intendere di mol- te Spartane , cbe hanno bauuta earn la morte glo- spaita n e. riofa de ifigliuoli; & di quelle cbe gli hanno rifiuta- ti,ornorti efie medeftme,quandogli hanno ueduti ufaruiltd .Toi come le dome Saguntine nellanti- Sagumine na della patria loro prendeffero I’arme contra le gen . ti d’Mnnibale , & come efiendo lo efercito de i Tede- Tcdc febi fuperato da Mario,le lor dome,non potendootte- ner gratia di uiuer libere in porn a, al Jeruitio delle Vergini Veflali ,tutte s''ammaggafiero infteme coi lor piccioli figlmolim, & di mille altre ; delle quali tutte L I S If 0 tutte le tliflorie anticbefon piene.^Allbor il S.Gafrct ro, Deb S. Mag.difie. Dio Ja come paffarono quelle cofe ; percbe que’Jecoli Jon tan to danoi lontani, cbe rnolte bugle Ji pofjon dire, & non it'b chi le riproui, Difie ilMagnifico ,fe in ogni tempo uorrete mifura- re il ualor dtlle Dome con quel degli huomini , tro- uarcte, cbe die non Jon rnaiJlate , ne anco fono adej- fo di uinu punto inferiore a gli huomini ; cbelafcian do quei tanto antichi,fe uenite al tempo,cbe i Gotti re gnarono in Italia, trouarete tra loro eJJ'ere Hat a una Anniafun- Regina .Amalafunta, cbegouerno lungamente com Theoddin- marauiglicfa prudentia . Toi Tbeodelinda Regina ThcoH de Longobardi di fmgular until. Theodora Great Cotefla Ma Imperatrice; &in Italia fra rnolte altre fu JingulaT uida. riffrma Signora,laConteJJ'a Matilda, dellelatidi del- laquale lafciero parlare al Conte ludouico,percbe fu della cafa fua.Mngjfifse il Conte, auoitccca; per¬ cbe fapcte bene, cbe non conuicne, cbel’buomo laudi le cofefueproprie. Soggiunfe il Magnifico . Et quart- Donnc de Donne fkmofe ne tempipafiati, trouate uoi di que- ia cafa da fla nobtlijfima cafa di Montefdtrci Quante della ca Momefd- j- a Q on gaga,da Efle,de Tij ifedc tempi prefcnti pot parlar uorremo, non ci bij'cgna ccrcar efjempi troppo di lontano, cbe gli bauemo in cafa . Ma io non uo- glio aiutarmi di quelle cbe in prefentia uedemo,accib the uoi ion moHriate confentirmi per cortefta qiicl- lo,cbe in alcun modo negar non mi potete,etper ufcir dTtalia, ricordateui, cbe a di noHri bauemo ueduto na d! K , e / 1 di Francia grandiffrma Signora non da. ” mono di until,cbe di Hato; cbe fe di giuflitia & clc-\ rnentia, T E \ Z 0. n cu ' giuflitia infino a qui ha gouernato, & tutt’hora go- uernalo ftatofuo . Ma lafeiando a parte tuttel’altre ditemi S. G a faro, Qual Re,o qual “Principe k Ftato a noftri di, & ancor molt’anni prima in Chriftianitd, chemeriti effer comparato alia Regina Ifabella di Spagna l Rjffofe il S. Gaffaro . ll Re Fetrando fuo tnarito.Soggiunfe ilMagnifico. Quefto nonneghere gna. io;cbepoi chela Regina lo giudico degno d’cfjerfuo £ejirice ‘ marito, & tanto lo amo, & ofteruo, non fi pub dire, che’l non meritafie d’efierle comparato; ben credo cbe la riputatione cbe egli hebbe da leiffu/fe dote non minor,cbe’lRegno di Cafliglia . ■ r ationi ; ns crediate gid che gli huomini fiano piu in¬ continent i, che le dome ; & quando ancor fufjero, non farebbe peggio, percbe dalla incontinentia dclle donne najcono infiniti mail, che non nafcono da quel la de gli huomini,&pero come bierifu detto,fi b pru dentemente ordinato,chead cfie fia lecito fenga bia- ftmo mancar intutte I’altre cofe ,accio cbepojfano metter ognilor forga ,per mantenerfi in qucfla fo- Setiz* ta ca la uirtii della casiitd ,fen%a laqualei figliuoli [aria- uo'i Yana" no * ncertl >&qttello legume,cbe flringe tutto'l mon- ne iachti. do per lo fangue; & per amar naturalmentc ciafcu- no quello, cbe ha produtto ,fi difcioglieria; perb alls donne piu ft difdice la uita difioluta, cbe a gli buomi- ni,i quali non portano none mcfi figliuoli in corpo . lAllhora ilMagnifico. Quefti, riffofe,ueramente Jon belli argumenti, cbe uoi fate ,& ncn fo percbe non gli mettiateinfcritto;ma ditemi.per qual caufa non s’e ordinato, che negli huomini cofi fia uituperofa coja la uita dijjbluta, come nelle dome; attefo che fe ejji fono da natura piu uirtuoft, & de maggior ualore, piu facilmente, ancora poriano mantenerfi in queHa uirtii della continentia; ei figliuoli ne piu ne menofarian certi; cbe fe ben le donne fujfcro la- fciue,pur che gli huomini fufjero continenti, &non confentiffero alia lafciuia delle donne, cfie dafea fe, & fenga altro aiuto, gid non potrian gcnerare. Ma feuolete diril uero , uoi ancor conofccte, cbe noi di ttottra autoritd ci hauemo uendicato una licentia, per laquale uolcmo, cbe i medefimi pcccati in noi fiano kggtriffvmi , & talbor meritino lauds, & nel¬ le Don- r e ^ z o. 139 le Donne non pofiano a baFlan^a efiere cajligati,fe non con una uhuperoj'amorte,0almcn perpetua in- ■ famia;pero,poi cbe qucFla opinion b inualfa ,p.rrmi che ccnueniente cofa fta caFligar ancor acerbamen- te ejitelli , cbe con bugie danno infamia atle domej & eflimo ,ch’ogni nobil Caualliero fta obligato a di¬ fender fempre con l’arme,doue bifogna,la ucrita, & majfimamente quando conofce qualche donna ejfer falfamcnte calunniata dipoca honeFld . Et io, rijfo- feridendoilS. Gajfaro, non folamente ajftrmo ejfer debho d’ogni nobil Caualliero quell0 cbe uoi dite ; tna ejlimo gran cortefia, & gentileo^a coprir qual- che errore, one per difgratia , 0 troppo amore, una donna fiaincorfa; & cofiueder potete ,ch’io tengo piu la parte delie donne, done la ragion me lo com- porta, cbe n'on fate uoi. 7 jon nego gid , cbe gli btto- scufa de gH mini non ft babbiano prefo m poco di libertd ; & ^?™ r , " , n g queFlopercbe fanno, cbe per laopenion uniuerfale, m ° ! 'o !»«>• adeffi la uita dijfoiutanon porta coft infamia, come ncfta ' aide donne ; lequali ,per la imbecillitd del fejfo ,fono moltopiu inclinate a gliappettiti , cbe gli buomini; &fetalbor ftaFlengono dal fatisfure ai fuoi deft- derij , lo fanno per uergogna, non percbe la uolon- tdnonfialoroprontijjima; & perb gli buomini ban- nopofio loro iltimor d’infamia per un jreno , che le tenga qua ft per for^a in queFla uirtu; fen^a laqua- leper diriluero, fariano poco d’appre^pare ; per¬ ch e il mondo non ha util itd dalle donne, fe non per lo generaredei fgliuoli . Ma cio non interuien degli buomini ; / quali goner nano Is cittd,gli efierciti, &- S J fanno L r B H 0 nonhaul?- f ann0 tante a ^ trc C 0 J e d’impmantia ; Hebe (p oi cbe ini dalle uoi uolete cofi) non uoglio difyutar, come japeflero ron perge- f ar ^ dome; baila cbe non lo fanno, & quando e nerare i &- occorfo a gli huomini far paragon della continen- gimoli. tia,cofi hanno /uperato le dome in quesiauntil,, come ancor nell’altre, benchc uoi non lo confenthte, & io circa qitefio non uoglio recitanii tante bijio- rie, o fhbitle , quante bauete fatto uoi , & rimettoui alia continentia folamente di dui grandijjimi Signo- rigiouani, & fu la uittoria, laqualefuol fur infcknti ancor gli huomini bajjijfmi; & del’unoe quella Contincza d’jilejfandro Magno uerfo'le done bellijjime di Dario■ dro.'e^sd nimico,&uinto, l’ultra di Scipione; a cui efjendo di piont. x xiiij.anni,&bauendo in Ijfragnia uinto per for^a una cittd, fu condutta una belliffima , & nobilijfi- ma giouane prefa tra molt’altre & intendendo- Scipione queila efier fpofa d’uno S. del paefe, non fo¬ lamente s’aflenne da ogni atto disbonefo uerfo di lei, raa immaculatata la refe al marito, faeendole di »i Xenocia f°P ra m r 'icco dono, Totrei dirui di Xenocrate;il qua *«• le fu tanto continente , che una belliffima donna ef- fendogli colcata a canto ignuda > & fzcendog'i tuttc le caregge, & ufando tutti i modi, cbe fapea,delle- quai cofe era bonijjima maefira; non bebbe forga mai di fare che moftrajfe pur un minima fegno d’irn- pudicitia, auenga, cbe ella in quesio difen/ajje tut- Fetide. ta una n°tte. Et di Textile , cbe uedendo folamente uno,cbc laudaua con troppo efficacia la bellcgga d’un fanciullo,lo riprefe agramente; &dimolti altri continentijfimi di lor propria uolontd, & non per uergo-. T E \ Z 0 . 140 mermpa, opaura di cafligo; da cbe fono indutte la maggior parte di quelle dome,cbe intal uirlii ft mmtengono; le quali pero an cor con tutto queslo meritano ej]er laudate aflai; & cbi falfamente da loro infamia d’impudicitia, e degno ( come haunc dctto) digrjtuiffma punitione. fillbora M. Cefr/e, ilqualper buon fpatio taciuto bauca, 'Penfate, dijje » di cbe modo parla il S. Gafparo a biafimo delle don- ne , quando quefte fon quelle cofe cb’ei dice in lands loro. Ma,fe’l S.Magnifico mi concede, cb’io pojjd in loco fuo rijpondergli alcunepocbe cofe circa quanto egli (al purer mio ) falfamente ha detto contra le dome, far a ben perl’uno &per I'altro; percbe effo ftripoferdunpoco,&megliopoi potrd fegnitare in dir qualche altra ecccllentia della Donna di Palag- 70 ; & io tni terro permolta gratia I’bauere occa- fione di farinfieme con luiquefto officio di bon Ca- ualiero, cioe difendcr la uerixd . Mnffi ue ne priego Hjjpofeil S.Magnifico; chc gidameparea bauerfa- tisfatto ,fe c-ondo le forge mie, a quanto iodouea ; & cbe quefto ragionamento fuffebormai fuor del pro- pofitomio. Soggiunfs M. Ccfare .Pfon uoglio gid parlar dell’utilitd, cbe ba il mondo dalle Donne, ol~ tre al generar i figliuoli; percbe a baSianga s'e di- moflrato quanto e/fe fiano necefiarie non folamente all’ejfer,maancor alben effernoHro; madicoS.Ga¬ fparo , cbe fe effefono (come uoi dite)piu inclinate a gli appetiti,cbe gli buomini, & con tutto quefio fe ne ajlengono piu cbe gli buominif il cbe uoi fteffo confen tite) fono tantopiu degne di laude, quanto il Jefio lo- S 4 rob Chi fctti- raente di infamia d'isnpudict tia al’e don nee degn«* di «afti£®. Bella occap fione di io* dar 1c Doa* nc. 1 1 S 0 vo c men forte per reft Here agli appetitinaturali; & Jedite t be lo fanno per uergogna, parmi cbeinloco d'una until fola ne diale /or due ; cbe fe in efje piu pub la uergogna cbel’appetito,&perch fi aftengono dal infoimae CUIL ‘ m ^fatte,eflimo cbe cjuifla uergogna,ib'infine pin ddlc h no i e altro,cbe timor d’iofamia,fta unararijjimauir - degii huo- tu,& da pochijjimi buominipu/leduta; & s'iopotijji num. Jenga infiuito uituperio de git buomini dire, come molti di efji fiano immerft nella zmpudentia , cbe l il uitio contrario a queHu ninth,contamincrei queflefan te oreccbie,cbe m‘afcvltano;e per il piu quest i tali in- gitniofi a Dio & alia natura, fono buomini giduec- chi;iquali fan profeffioiie chi di Sacerdotio,cbi diFilo fofia,cbi dette Sante Leggi; & gouernanole Rppubli Aueiti. c ( )c con quip! f^aerit a Catcniana nel uif),cbe promet tetutta laintegrita del mo ado ; & Jimpre aide gam il fefjofeminile tffer incontinentifjimo;ne mai ejji dial tro fi dolgon pin che del mancar loro if\uigor natura- le , per poter fatisfare a i loro abomineuoli defide- rij ; iquali loro reslano an c or'n ell ’an imo, quando gid la natura git nega at corpo ; & pero fpefj'o truoua - no modi, done le forge non fononecefmie . Maio non itog'io dir pin auanti; & baflami, che mi con- fentiate, cbc le Donne ft aHengono piu dalla uita impudica, cbe gli buomini; & certo b, cbe d’altro freno non fono ritenute, cbe da qucllo, cbe effe sief- fe fi mettono; & cbe fia uero, la piu parte di quel¬ le,cbe fon cujtodite con troppo sirettaguardia, o bat- tute da i rnanti, o padri, fono men pudicbe,cbe quelle chebanno qualcbe libertd. Ma gran freno egeneral- mente T E Vf Z 0. i 4 t i fnentealleDonne I'a'nor dells, uera uirtk , c’l deftde- rio d'bonore; del qual molte, cb’io a miei di ho cono Jciiite, fknno pin Hma,che della vita propria-,&ft uolete dir il uero , ogniun di'noi ha ueduto giouani nobiliffimi, difcreti,Jauij,ualenti, & belli, baiter di - ftenfato molti anni amandofenga lafctar adrieto co- fa alcana di follickudine, di doni,dipregbi,di lachri me,in fomma di cio,cb’imaginar ft puo;etuttoinua no. Et ,fe a me non ft potrfje dire, che le qual ltd mie non meritaronomai, cb’io fujfi amato, aUegherei il teil'tmonio di me Hejfio; cbe pin d’v.na uoita per la imutabile , & froppo fat era honedd d’una donna, fid uicino alia morte . djjfofe il Signor Caff arc. Tfion ui marauigliate di q tesio, percbe le dome che fon pregate ,fempreneganodi compiacer chi lepre- » o^i* ga; & quell:, cbe nonjon pregate , pregano altrui. I0 ‘ Dijfie MefserCefare. Iononho mai conojciuti que - Hi, chefianodalle Dome pngati; ma fiben molti, iquali uedendofi b.uter inuan tentato, & jfefo il tempo fcioccamente,ricorono a quefta nobil uendet- ta-,& dicono hauerhauutoabondantiadi qucllo,cht folarnente s’hanno imaginato; & par loro che il dir male,& trouare inuentioni, accioche di qualcheno- bil Donna per louulgo fileuino fkbule uituperofefiia ma forte di Cortcgiania.Ma que si i tali,the di qual- cbe Donna di presto uiUanamente ft danno uanto, o uero, o fill jo,merit an o casligo,efipp!iciograuij]imo-, & fetalbor loro uien dato, non ft pub dir quanto fia- ingemofiifl no da laudar quelli, che tal’officio fknno;che fcdicon 1I10 ‘ bugie, quad fceleritd pud ejfer rnaggiore,che pnua- rc con Contineza ci’una Don na de noliii tempi. Auejti. L 1 B \ 0 re con inganni una ualorofa Donna di quello, cbe effa, pin cbe la uita e slim a l& non peraltra caufa, cbe per quella,cbe la deuria fare d’infinite laudi cele brata.Se ancord dicono il uero,qualpenaporiaba/ia re a cine cojiperfido, cherendatanta ingratitudine per premia ad una Donna,laqual uinta dalle fiilfe lit fmghe,dalle lacbrime finte.,da i priegbi continui,da i lamenti, dalle arti,infidie,et periurij s’ba lajctato in- dune ad atnar troppo; poi fenga riferuo [> .r' 4 ! innamorato , non dellc donne di Dario, rna di quel- la fauna , C^* grandest, cbe lo jpronaita co i fti- tnulidella gloria a patir faticbe, & pericoli,per furfi immortale , non cbc le nitre cofe, ma la propria mta fprexjn.ua, per acquiftar nome fopra tutti gli buomini; & noi ci rnarauigliamo, cbe con taipen- fieri nel core s’aflenefie da ma cofa laqital molto non defideraua , cbe per non bauer mai pin uedute qitel~ le donne , non e poffibde cbe in un punto I'amafie; ma ben forfe I’abborriua, per rijpetto di Dario fuo nimico ; & in tal cafo ogni fuo atto lafciuo uerfo di quelle faria ftato ingiuria,& non amore ; &pe r'ononkgran cofa cbe aro,fe tioi pcnfatc un poco meglio, credo cbe trouarete amor qualde altro bello ejjempio di continernia, ftmilc a queflo. Bjjpoje M. Cejare . 7fon ui par Signer a ,chebclio epempio di continent ia fia queliallro, ibeeglihaal Di reticle, legato di Tench* Marauigliomi ben, cbe’l non Lab bia ancur ricordatc la contincntia, & quel bcl dit¬ to , cbe ft ferine di culm, a tin una Donna demand* troppogran prcgpgoper tma nvtte ; & cfjbglirijjo- Je , cbe non lompraua coji caroil pcntirft. I{ideafi tutiauia ,& M. Cejare bauendo a'quanto tacciuto, S, Gafparo , dijje, perdonatemi, s’io dico il nero; peube in Jornma quejic fono le rniracoloje continen tie cbedi Je ftesfi jcriuonogli buomini, accufando per incontinent le Donne; nolle cpiali ogni di ft ueg- guno injinitifegni cti continentia; cbe certoje ben con ftderate,non e ijecta tanto inefpugnabile,ne cofi ben difeja,ebe ejjendo cumbattuta con lamilhfmaparte cle le machine, & inftdie, eke per efpugnaril constan teanimod’una donna s’aduprano ,non ftrendefse al Qn*to v*t piano afsalto. Qjianti creati da Signori,& da aft fat lanoi di- tiricchi,&pojtiingrandisfhna eiiimatione,bauen¬ do nelle mam le lor furtegje, & Hpccbe, onde depen deua tutto’l fiato, & la uita, & ogni ben loro,jt nga, Moftta.ehe u crgogna,o cma d’ejjer cbiamati traditori, lebanno in tutte le perfidamenteper auaritia date a chi non dvueanoi& d? huonu' Dm uolefic,che a di nojlri di questi tali fujje tanta ca *" ,e *' e lro reitia,che non bauesfimo molta ma? & effa Ju'oito figittb nel flume . Che direte uoi d’una Contadinella cbe non mold me ft fa,a Ga^uolo in Mantoana,ejfen- doita con una fua foreila a raccorre fficbc ne cam- pi , uinta dalla fete,entro in una cafa perber dell’ac- quajdoue ilpatron della cafa,chegiouane era,ueden- , T dola Gentildom- na Capua* na. D’ana Co* tadinelladi Gazuoi#. t T B If 0 dot a aftai belli & fola,prefala in braccio, prima con buone parole ,poi con mimccie cercb d’indurla a far i fuoi piaceri; & contraftando effa fempre pin oslinatamente, in ultimo con molte battiture , & per for^a la uinfe, Efia cofi fcapigliata, & piangendo ritorno nel campo alia forella,ne mai,per molto cb’el la le fhceffe inflantia, dir uolfe , cbe difpiacei'c ba- ttejfe riceuuto in quella cafa, ma tuttauia caminan- do uerfo I’albergo, & moftrando di laccbetarfi a po- co a poco , & par’ar fetrza paturbatione alcu- nafediedecerte commi/Jioni; poi giuntache fu fo- praOglio,che lil fiumecbepaffa a canto Ca^uo- lv , allontanatafi un poco dalla forella, laqual non Japea , ne imaginaua cib cb’ella ft uolefie fare fubi- toui ft gitto dentro . La forella dolente, & pian¬ gendo I’andaua fecondando, quanto pin potea lungo tariua del fiume , che ajfai uelocemente la portaua all’ingm , & ogni uolta che la mefebina rifurgena. Jopral’acqua,la forellalegittaua ma corda cbe fe¬ ed baueuarccata per legar le fpicbe; & benebe la corda piu d'una uolta le perueniffe alle mam , per -> che pur era ancoruicina alia ripa, la coftante & dc- liberata fhnciulla fempre la rifiutam , & dilunga- : uada fe; & cofi fnggendoogni foccorfo , cbe darle potea uita, in poco jp.aio bebbe la rnorte; ne fu que- Jia rnojj'a dalla nobiita di fatigue, ne dapaura dipiu, , erudel morte ,od’infamia ,ma Jolamente dal dolo- re della perduta mginitd. Hor di qui potete com- prendere, quante altre Donne facciano atti dignif- fmi di memoria } cbe non ft [anno; poi cbe bauen- T' E ns 2 0 : 145 do quella, tre di fono (ftpud dir) fatto un tanto te+\ Mimonio della fua uirtu, non ft parla di lei, nepur. fe tie fa, il nome. Ala fe non fopragiungcua in quel tempo la morte del Fcfcono di Mantona,gio della ft- gnora Ducbefsa noftra,ben Jaria adejjo quella ripa d'Oglio, nel luogo onde ft gitto , ornata d’/m belli/fi* mo marmo, per memoriu di cofna/lo & generofo animo , cbe meritaua tanto piu chiara fama dopo la morte, quanto in nonnobil corpo uiuendo era ha- bitato.Quiui fece MefierCefareun pocodi paufa; poi foggiunfe. mieidi an cor a in foma intemen- noun jmil cafo ; & fu cbe una bella, & nobilgio- znana. Mane f\pmana , effendo lungamcnie feguitata da uno, che molto mojlraua amarla, non uolfe mai, non che d'altro, ma d'un Jguardo fvlo compiacer- gli; di mpdo cbe cosiui per forga di denari corrupt pe ma fua fame; laquale defidcrofa di fatisfare per toccarne piu denari,perfuafe alia patrona, cbe un ccrtogiorno non molto celcbrato andaffe a uifi- tar la chicfa di Santo Sebasliano ; & hauendo il tutto fatto intendere all’amante, & znoSlratogli cid the far douea, conduffe lagiouane in ma di quel¬ le grotte of cure, cbe foglion uifitar quaft tutti quei. t cbe uanno a S. Sebajiiand ; & in quefla tacit a-, mente s’era nafeefto prima ilgipuane; il quale ri- trouandofi folo con quella cbe amaua tanto co- mine io con tutti i modi a pregarla piu dolcemen- " te, cbe feppe, che uoleffe hauergli compajfione, & trmtar la fua paffata dure^ga in amore ; ma poi (be uidde, tutti ipregbi efjer uani, ft wife qlle mi r T 2 naccie, IP I B If 0 naccie, non giouando encora a queHe, coiriincib a batterla fieramente; in ultimo ejiendoin fermadi- (pojition d’ottener /’intento fuo fe non altrimenti, per forgo. ; & in cio operando il foccorfo ddlamalua- gii femina , che quiui I'bauea condutta , mat non pote Unto fare, cbe efia confentifje ; angi & con parole, & con fhtti, ben cbe puebe forgebauefie, la mefebina giouane ft difendeua , quanto le era poffi- bile, di modo cbe tra per lo fdegno conceputo, ue- dendoji nonpoter ottener quello ebe uoleua, tra per lapaura ,cbe non forfeiparentidilei, fe rifapeam la cofa , gli ne fdeeffino portar la pena , quefio fcele - rato aiutato dalia f ante , laqual del rnedefimo dubi- tana, afogo la mahuenturata giouane, & quiui la lafcio ; & fuggitofi procuro di non cjjcr trouato. La fante dallo error fuo rnedefimo accecata , non feppe fuggire; & prefa per alcuni indicij, confefso ogni \cofa; onde ne fu } come mcritaua, cafcigata: il.cor- po della cofiante & nobil Donna, con grandijfimo bonore fu leuato di quellagrotta ,&portato alia fe - poltura in Roma con una corona in testa di lauro, ac - compagnata da un numero infinito d’buomini di Donne; tra quali non fu alcuno, cbe a caft ripor- taffe gli ocebi fenga laebrime ; & cofi uniuerfal- mente da tutto’l populo fu quello. rara anima non men pianta, cbe laudato . Ma per parlarui di quel- »eH*s.?e- fa t cbeuoi ftefso conofcete, non uiricorda battering sumere* tefo, che andando la S. Felice dalia Rpuere a Sao- na, & dubitando che alcttne uele, cbe s'erano fco - perte , fujfero legni di Vapa jllefiandro , cbe la • jegtuttf- 7 E tig Z 9 . 147 ■feguitafero , s’apparecchib con fcrma deliberation ne,fe ft accoslauano, che rimedio non ui fujfe di fuga , di gittarfi in mare ; & quejio non ft po gid credere, che lo fhceffe per leggieregga; perche uoi coft , come alcun'altro, conojccte ben di quanto in-r gegno, &prudentia fia accompagnata la fingular’ bdlegga di quella Signora . Tjpn poffo piu tacere unaparqla della S. Duchefia noflra,la quale efiendo Coft d*f uiunta xv. auniin compagnia delmarito , come ue~ {? doa , non folamer.te b St at a collantedi non pah far trauma b.«- mai queSoaperfona delmondo; ma effendoda juoi propnj slimulata a ufcir di quefla uidmtd,elefje piu presto patir ejjilio, pouerta, & ogni altra jorte d’in- felicitd , che accettar quello , che a tuttiglia’.tripa- rea gran gratia,& proper it a di fortuna; & fegui- tando pur Meffcr Cefare circa quello, diffela S.Du- clej]a , Variate d’altro , & non intrdte piu in tal propofito y che affai d’altre cofe hauete che dire. Soggiunfe M. Cejare . So pur che quefio non mi nt- gherete S. Gafparo, ne uoi Trigio . Jjpn gid, rijpo~ fe il Frigio, ma ma non fa numero . Dipe all ora M. Cejare. Vero bcbe quejli cofi grandi effetti oc-, corronoiu pocbe dome ; pur ancora quelle che reft - fiono alle battaglie d’amore , tutte Jono wiracolo- fe;& quelle che talhor rejlano uinte , fono degne di molta compajfione ? the certo i jlimuli de gli amanti, learti che nfar.o,ilacci che tendono fon Stimoii *• tanti, & cofi continu fche trcppa maramglta b, che gU aiaaa *^ ma tenera fanciulla fuggirgli pofja . Qual giorno, md'hora pajia mi, che quella combattuta giouane T j non v L I B l{ © mnftadalloamantefollicitatacon denari,conpri «■ fenti, & con tutte quelle cofe, che imaginar fa, cbe le habbiano a piacere ? qual tempo affacciar mai ft pub alia firtefira, cbe fempre non ft ueda pafiar I’oftinato amante con filentio di parole,mam gli F”?• in- occ ^> c ^ e pnrlano, con dfo afflitto , & languido; aamorato con qutgli acceft fofpiri ; fpeffo con a'oondantiffime tte?fiWa lachrime ?Quandomai ft parte di cafaper andar neU’i*» a cbiefx ,0 ad altro loco, cbequefto fempre non le fia *' innanft,ad ogni uoltar di contrata mnfe affronti con *' ; quella trifta paffion dipinta neglioccbi, cbe par che allbor allbora ajpctti la morte i laftotante attilatu -* re, inuentioni, motti, tmprefe,fefte ,balii, giocbi, ■majchere, giosire, torniamenti; le quai cofe ejja co~ ■nofce tutte efter ftttteper fe * La nottepoi mai rifue- gliarft non ft,cbenon odct muftcct, o almen quellot inqdeto ftiriteintornoaUe mura della caft gittar fo- fpiri ,&uoci lamentemli. Sc perauentura parlar auole con una delle fuefanti, quella gia cortotia per' denari ,Jubito ba appareccbiato un prefentu^go,una lettera,un fonetto,o tal cofa, da dark per parte del- lo amante ; & quid entrando a propoftto , le fa in~ tendere, quanto arde' queftof mefcbino ; come non cur a la propria uita , per feruirla ; & come da lei niuna cofa ricerca mert che bonefla ; & cbe fola- mente deftdera parlarle * Quid a tutte le dijficul- ta ft trouano rimedij , cbiad corttrafatte, fca - ~ le di corde , fonniferi ; la cofa ft dipinge di pocff momenta , dannoft efsmpi di molt’altre, cbe fan- no aftai peggio; di modo cbe ogni cofa fanto- ft ft 4 fdile t T E Vf Z O. 14S facile, che efjaniunaa-ltra fatica ba, cbe di dire, fa fort rntenta ; &fe pur la pouer diaper un tempo re- ftfle, tanti ft mult le aggiungono, tanti modi troua- no, cbe co’l continue ban ere rompono cfa cbe le obsla . Etmolti fono, cbe ueder.do le blandieie non giouargli ,fi uoltano alle minaccie ; & d'teouo uo- lerle publican per quelle che non [on at lor mar it i, jL Itri patteggiano arditamente co i padri, & fpef- fo co i mariti / iquali per denari, 0per bauer fauo- ri, danno le proprie figliuole, & mogli in preda contra lalor ttoglia. Itri cercano con incanti, & malie tor loro qutlla liberta, cbe Dio all’anime ha concefa, di cbe ft uedono mirabileffettii rna io non Japrei ridire in mill’anni tut.tc !e infidie, cbe opra- no gli buomini per indur le donne alle lor iioglic, che fono infinite. Et oltre a quelle che ciafcun per Come ft«r fe JleJso ritroua , non e ancora mancato chi babbia ° ul'ma,fotto yy., f e , m , I’arco dc i leali innamorati; ma accio cbe quejia mia Donna, della quale a me conuien bauer particolar protettione r per efier mia creatura, non incorra in, quegli errori , cbe io bo tieduto incorrer molt’al-, tre,io direi, cb’ella nonfufie facile a credere dif¬ fer amata;ne facefj'e , come alcunecbe non fo- lamente non moslrano dinon intendere chi loro par facile* c«- la d’amorc, ancora cbe copertamente; ma alia pri dcrc- ma parola accettano tutte lei ait di , cbe lor Jon da¬ te ; ouero lenegano dim certo modo, cbe e pin preflo un'inuitare d’amar quelli, co i quali parla- no , cbe ritirarfi ; perd la manma dell’interte- nerfi ne i ragionamenti d'amove , cb’io noglio, che lift la mia Donna di palaggo,fard il rifiutar di ere dcre fempre , cbe chi le parla d’amorefami pe¬ rd; & Je quel gentil'buomo far a ( come pur mold fe ne trouano) profontuofo , & che le parliconpo- co rifyetto , effa gli dara tal rifpofla che’l cenofce- ra cbiaramente, che le fa difpiacere ; fe ancora fa- ra difcreto,& ufard termini mode si i, & parole d’a- more copertamente, con quel gentil modo, cbe io credo cbe faria ilCortegiano formato da quejlisi- ®%n* a* gnori, la Donna moflrerd non l’intendere, e tirera le f^ c z ‘’ acwl '• parole ai altro figmficato,cercando fempre modefla- menu ■ ' T t I * H 9 mente con quell’ingegno , & pmdentia ,'cke gia Ji ■■ e detto conuenirfele , ufeir di quel propefito; fcan- cor il ragionmento fat a tale, ch’ella non pujfa ftmtt lar di non intcndcre, piglierd il tutto, come per bur- la , mosirando di conofcere, che do fe le dica pin prcHo per honoraria , cheperche coft fia,eslenuan doimeriti fuoi & attribuendo acortefia di quelgeii tilhumple laudi , ch'ejjo le dard; & in tal modo fi fhrd tener perdifcrcta, & fard pinJicura dagli in* gwni.Di quebto modo parmi,che debba intertt- nerft la Donna di Valat^gp circa i ragionamenti d'a- rnore . ^Allhora M. Federico, Signor Mag.diffe ; uoi ragionate di quejla cofa, come ,■che fia neceftario, deration ” 0 c ^ e tutti > c ^ e parlanod’amoreron Donne,di- cano lebugie, & cerchino d'ingannare; ilcbe,fe coft fojfe, direi che i uojlri documenti fofsero buo- ni; rnafequeffo CauaUier, che intervene, amaue- ramente , e fente qudla paflion , che tanto affligge tedbor i cori humani, non confiderate uoi in qua! pc* na, in qual calamitd, & morte lo ponete, uolendo, che la donna non gli creda mat cofa, che dicaaque fto prvpofito s’ Dunquc i fcongiuri, le lagrirne, i tan tialtri fegninon dehbono hauer forga alcana? Guar date Signor Magnifico, che non ft esiimi,cheoItre al¬ ia naturale cmdeltd, chehannoin femolte diqneflt Donne , uoi ne infegnate loro anevra di piu . l[j* ft>ofeHMagnifico. loku detto, non di chi ama,ma •r dichi intertiene con ragionamenti am or oft , nella s«gni di'ue qualcofauna dclle pin necefi’arie conditioni e, cbe xati. mat non manemno parole; &.gh mnmomtinerhco* T E If Z 0. Ijj me baittio il core ardente , cofibanno la lingua fre& da, col p irlar rotto,&fubito filentio ; pero forjc nan faria filja propofitioue il dire , chi amaa/iai, parld poco;purdi quefto credoche.non ft pafjli dare.cer- ta regola per la diuerfm dei coftumi dc gli buomi- ni; nealtro dirfaperei,fe non che la Donna/ia ben cauta, & fempre babbia a memoria ,cbe con mo ltd minor pericolo po/iongli buomini mottrard’amare, che le Donne. Dijle il Signor Cafparo ridendo . FJon uoleteuoi Signor Magnifies , cheque fta uoslra coft eccelleute Donna ej}a ancorami, alm.en quandceono fee ueramente efler amata ? Mttefo , chefe’l Corte- giano nonfofie redamato, non e gid credibile,cbe con tinuaffe in amar lei ;& cofi le mancheriano molt'e grade, & maffimameate quella feruitis,& riueren - tia, conlaquale ofieruano,e quafiadvrano gli aman ti la uirtu delle Donne arnate.Di quefto,rfipofe il Ma gnifico,non la uoglio configliare; io dicobcn,che I’a- mar,com’bora uoi intendtte, ftirno the conutnga Jo- lamentealle Donne non mandate; per che , qunndo quefto amore non pubterminare in matrimonial for ■get che la Donna n’babbia fempre quel rimorfo, & fiimolo,cbe s’ha delle cofe illicite, & ft mettaa peri¬ colo di macular quella fhma d’hontfld, chetanto gli imporca.pjjf ofe allbora M. Federico ridendo, qne- Jla uoftra opinione, Signor Magnifico, mi pare mot¬ to austcra,&penfo cbe I’habbiateimparata da qual- ch’uno di quelli, cbe per indune le femplice Perjti nclle a i loro amort,dicono non conuenire aide manta teamare; & par mi che imponiatc troppo dure leggi L’amarc al trui conuie n« a lie Do¬ ne warita- ic. Quando lecito a maitata jnaie. . , ; ,L 1 B 1{ O alls mar!tdte:'pche moltefe ne tromno,allequali i nut rid fcntga cauj'a portano grandisfimo odio: & le offen dono grauemente,talhor amandoaltre Dunne,tal- hor facsndolororuttii dijpiacerfcbe [anno imagine re:alcune fonodaipadri mar it ate per forgcuuec- chi, infermi,fchifi,&Siomacofi, chele fanuiuerem e continua miferia; &Je a quefit tali fofie licito fare il j. diuortio,&fepararfi da quelli, co’quailfon.Q trial con gimte,non J"aria forfb dacomportar loro,che. arnaffe- ro altri,che il marito; ma quanao, o per la diuerfita delle compleffioni,o per qitalchejtltro accidente occor re,cbe riel letto, che dourebbe ejjer niaodi Concordia, & d'amore,fparge la maledetta furia infernale il fe¬ me del fuo ueneno, che poi produce lo sdegno, il fojpetto,& le pungenti jpine dell’odio, che tormenta quelle in fetid anime legate nella indifj 'olubil catena infmo alia raorte; per che non uolete uoi,cbe a quelli fia lecito cercar qualche refrigerio a cofi duroflagel- lo? & darad altri quello, che dal marito non e fola- mcnte jpretpgato, ma abhorritol penfo ben, che quel le che hannoi mariti conuenienti,&da effi fono ami te,non debbano fargli ingiuria 4 ,ma laltrcnonaman- do chi arna loro, fanno ingiuriaa fesleffc . ^Antfi fe flsjje fanno ingiuria amando altri., cheil mari¬ to,rijpofe il M agnifi.Vur per che niolte uolte dal non amare mi ci poffiamo dijfidlmente aslenere ,fe alia donna di pala^^o occorrera queflo infortunio,che I’o dio del marito,o l’amor d'altri I’induca ad amare, uo- . glio che ella niuna altra cofa all’amante concede, . eccetto che l'ammo ; ne rriai gli Jaccia dimofcratmt alcana T E Jl Z 0. 155 dctind ceYta d’amore , ne con parole, ne ccngefli, neper altro modo,talcbe eJ]o pofj'a ejjerne ftcuro. lAllbora M. Roberto de Barri pur ridcndo, lo, dif- fe, S. Magnificom'appello diqucSiauofira fenten- tia; & penfoche bauero molti cumpagni; rna poi cbe pur uolete infegnar quefta rufdcita (perdircofi) die maritate; uolete uoi che le non maritate ftano efie ancora cofi cntdcli, & difcortefi?& the non com- c>Je /' deue a tutte le cofe amahili , & quel ri- ci eh. fa.4 Jpetto , che lata fempre la jperanga di chi penfa a coj'a d'.sbonesia. Colui adunque, chefard da tal Dvi¬ na amaw, ragiuneuolmente deisra contentarfi d’o- gni minima dimoslratione ; & appr&gar pin da lei un Jolofguardo con affecto di amove, che l’offer in tutto Signor d’ogni ultra; & io a coft fatta Donna non fa pc i aggiungere off alcana, fenon ch'ellafof- fe amata da coji eccelleute Cortegiano, comehanno formato quc 'sti Signori & cheefia ancor amafje iui, acciocbe & l' who, & I’altro haucffe totalmente la jita po fettione. H.iuendo infill qui detto il S. Ma- gnifico taccafi, quando il S. Gajparo ridendo ; Hor dijje non potrete gid dolerui, che d S. Magnifi- co non babbia formato la Donna di palaggo eccel- lentiffi.na, & da mb, fe ma tale Jc ne troua; io di¬ ce ben ,cb’ella meritaeffer eflimata egualeat Cor¬ tegiano . Hjjpofe la S. Emilia. Io m’obligo a tro- uarla Jempre , che uoi trouarete il Cortegiano. Sog- giunje M. Roberto . Vcramente negar non fipno, che la Donna formatadal S. Magnijiconon fia per- 7 E l t Z 0 . 154 fettijjima ,nientedimeno in queHe ultime condition apartmenti all’amore ,pami pur cbe ejjo I'babbia fattaun poco troppo auftera; maffmamente uolen- docbe con leparole , gefti, & modi fuoi,ella leui ^ e 0 e lt0 in tutto la jperan^a alio amante, & lo confermi auftera. pin cb’ella pud nella dijperatione; cbe come ogn’ttn fa, li defiderij humani non ft estondono a quelle co- fe, delle qualinon ft ha qualche (beranza . Et ben- J . \ r 1 1 i- r r Donne fu- cbe gia jtano trouate alcune Donne , lequau forji perbeperia fuperbe per la beilezgA 5 & ualor loro , la prima pa- belleiZi - f rola, cbebanno dettaacbi lorba parlato d’amove, e flata, cbe non penfmo baiter mai da lor cofa, cbe uogliano >• pur con lo ajpetlo, & le accoglien^e fo- nolorpoi state un poco pin gratiofe, di modo cbe congli aitibenigni banno temperato in parte le pa¬ role fuperbe; ma fe quefla Donna ■, & con g!i atti, & con le parole ,& co i modi, leua in tutto la (pe- ranga , credo che’l noflro Cortegiano , fe egli fard fauio, non I’amerd mai, & coft effa hauerd quefla imperfettion ditrouarfi fenza amante . ^Allhor il S. Magnifico ,'lfpn uoglio dij]e,cbe la mia Donna di'si dee leu*- Talazz°leuil a fferanzad’ogni cofa ,ma dcllccofe disbonejie; lequali ,fe’l Cortegiano faratanto ccrtefe . fe dishonc & difcreto, come I’hannofomato quefli Signori,non fte ’ fvlamente non le jperard, ma pur non le dejiderard; percbe,fe la belleggafl coftumi,l’ingegno,labontd,il fapereja modefiia,&tante altre uirtuoje conditio- ni, cbe alia Donna hauemo date,far anno la caufa del- I’amor del Cortegiano uerfo lei,necefammente ilfin ancora di queflo amorfard uirtuofo; & felanobiltd, V 2 il ualor LIB ?L 0 il ualor nelParme,nelle lettere, nellamufica; la gen- tileega , I’efier netparlare,nel conuerfar fieri di tan- tegratie, faranno i mezpzi, co i quali il Cortegiano acquiHard I’amor della Donna, bifognera cht'l fin di quelloamove fia della qnalitd, cbe fond i meggi, perliquali ad efjo ftperuiene;oltra cbe,fccondo chealmondo fi trouano diuerfe maniere-di belief ge , cofi ft trouano ancora diuerfi defsderij d'buomi- Come fi ^ P er ° interuien > c ^ e molti uedendo una Don- dee dipor- na di quella bellegga graue; che andando , flan- latladona. rn0 (t e ggiando, jehergando, & facendo cidche fiuoglia, tempera fempre talmente tatti i modi fuoi, cbe induce una certa rinerrenga. a chi la mira, fi fpa- uentano, ne ofano feruirle; & pin prefio tratti dal~ la jperanga, amano quelle ttagbe ,&lufingbeuoli, tanto delicate , & tenere , che nelle parole, negli atti, &nel mirar moHrano una certa pajjion langui- detta,che promettepoter fhcilmente incorrere,& comurrtirfi in amove. lAlcuni, per effer ftcuri da gl’inganni, amano certe altre tanto libere& degli occb't, & delle parole ,& dei mouimenti, che fan cib che prima lor uiene in ammo, con una certa fitm- plicitd, cbe non nafeonde i penfter fuoi. Ifon man- earn ancor moltialtri animi generofi 5 iquali paren- do loro cbe la uirtii confiHa circa le difficulta, & che troppo dolce uittoria fa il uincer quello, cbe ad altri pare inefpugnabile ; fi uoltano fhcilmente adamarle belleggc di quelle dome, cbe ne glioc- chi, nelle parole ,& nei modi moHrano piu auTte- ra feueritd, cbe l'altre; per far teslinionio, cbe’lua- T E \ Z 0. ryj lor loropno sforgare un’animo ojlinato, & indur ad amar ancor le uoglie ritrofe, & rubclle d’amore. pero quesii tanto confidenti di fe fiejji, perche ft ten- goao fecuri dinon lafciarfi ingannare, amano ancor uolentkri cede donne, cbe con fagacitd, & arte parcche nellabelleggt copranomille asiutie ; o he- »e. ramente alcun’altre,cbe banno congiunta con la bel- legga una manera fdegnofetta di pocbe parole ,po~ chi rift, con modo quaft d’appreggar poco qualun- quele miri, o le ferua . Trouanft poi ccrtialtri ,cbe non degnano amar ,fe non Donne, cbe nell’afpctto, nelparlare, & in tutti i mouimenti fuoi, portino tut- tala leggiadria, tuttiigentilicoftumitutto’lfapere, & tutte le gratie unitamente cumulate; come unfol fior comp os to di tutte le eccellentie del rnondo. Si cbe fe lamia Donna dipalargohauerd care ft ia diquegli amori raojji da mala fperanga, non per quejlo re¬ gard fewga amante; perche non le taancberan quei , cbe far anno moffi& da i meriti di lei, e dalla con¬ fidents del ualor di fe slefji, per lo quale ft conofce - • ran degni d'offere da lei amati. M. Roberto pur con- tradicea;ma la S. Duchefia g lidiedeil torto, con fermandola ragion del S. Magnifico;poifoggiunje. “Jfpi noi babbiam caufa di dolerfi del S. Magnifico; perche inuero eflimo,che la donna di Talagpro da lui formata pojfa Jlar al paragon del Cortegiano , & Ancor con qualcJje uantaggio ; perche le ha infegna- to ad amarefilcbe non ban fatto quesii Signori al fuo uolt* Cortegiano . ^dllbora I’unico ^iretino . Ben econue- iVamie” nknte dijje infegrnr aide Donne lo amare;percbe rare V 2 nolle L I B If O uolte ho io ueduto alcuna, che farlo fappia; cbe qufi jempre tutte accompagnano la lor bellegga con It crudeltd, & ingraiitudine uerfo quelli, che pin fi- delmente le feruono , & cbe per nobilta, & gen- c tilegja, & uirtii meritarono premio de i loro amo- - ri s & jfejfopoi ft danno in preda ad huomini fcioc- chijjimi, & uili, & da poco ; & cbe non folamen- tenon leamano,ma leodiano; pero ,per fchiuar quefti coft enormi errori, for ft era ben infegnar Ion prima il far elettione di cbi meritafie ejfer amato, & polio amarlo ; ilcbe degli huomini non eneceffario, cbe pur troppo per fefteffilo [anno ; & io ne poffo ejfer bon teiiimonio . Terche I’amare a me non fit mai infegnato,fe non dalla fmgolar belle^ga,& fopra humani coflimi, d’una fignora, talmente cbe quaft nell’arbitrio mio no e Plato il nonportarla fempre fcol pita nel cuore ; non cbe io in cib babbia bauuto bifo- gnod’arte ,o maeflro alamo; & credo cbe'lmede- mo interuenga a tutti quelli, che ama.no ueramente: pcrbpiutoflo ftconuerria infegnar al Cortegiano il rome il f a 'f ' 1 aware,che lo amare . ^illbora la S.Emilia, Hor dee'S 110 di qusftoadunque ragionate difie,Signor Vnico.pi- imare. Jfoje I’Vnico. Tami, cbe la ragion uorrebbe, che col feruire, & compiacer le donne, s’acquiPlafle la lor gratia; ma quello,di cbe efie ft tengonferuite,& con- piacmte, credo cbe bifogni impararlo dalle medeft- mc Donne ; le quali fpeflo defideran cofe tanto fira- ne, cbe non e buomo,cbe le imaginajfe, & talbor ejfe .. medeftme non fanno cib cbe ft deftderino; percio b bene cbe mi Signora 3 cbe fete donna , & ragioneuol- rnente T E Tf Z 0 . 15 6 Vitniedouetc faper quello, che place alle dome, pi- gliate quesia fatica , per far al mondo una tanta utilitd. lAllbor difie la. S. Emiliu. Lo effer uoigra- tijfimo uniuerfalmente alle donne, e bono argumcn- to, cbe fappiate tutti 1 modi,per liquah s’acqui- fa la lor gratia, pcr'o b pur conueniente, che uoi I'infegniate. Signora, rifpoje I’Vnico, io non faprei dar ricordo piu utile ad uno amante, che’l procu¬ rer , che uoi non hauesle autoritd con quella don¬ na, la gratia della quale effo cercafje: perche quat- che bona conditione, che pure paruto al mondo tal- hor cbe in me jia, co'l piu fmcero amove, che fuf- fe mai, non banno hauuto tanta for^a di far cbe io fuffi amato ; quanta uoi di far che fuffi odia- to . Rjfpofe allbvr (a S. Emilia. SignorEnicoguar- dirni Dio pur dipenfar ,non cbe operarmai cofa , perche fofle odiato; che oltrccb’io farei quello , che non debbo, farei ejiimata di poco giudicio, tentando lo impojjibile; ma io, poi cbe uoi mi ftimulate con queilo rnodo a parlare di quello, che place alle don¬ ne , parlero;& Je m di[piacerd,datcne la culpa a uoi flefio . Eftimoio adunque, che chi ha da effer amato, debba amare, & effer’amabile;& che qucfte due cofe bajlinoper acquiflar la gratia delle donne. Hor per ri¬ ff ondere a quello, di che uoi m’accufate; dico cbe ogn’un fa, & uede,cbe uoifiete amabiliffimo;ma che amate coft fmceramete,corne dite,fto ioaffiai dubbio- fa, & forfe ancoragli altri; perchel’effer uoitroppa amabile, ha cau/ato, che fate fate amato da molte donne; & igran ftumtdiiiijiin pinpartidiueugono V q- piccioli Chi ha da effer ama to, dee ama rc. L I S If 0 piccioliriui; coftancor I’amor diuifoin fiu, che'm un’obktto, hapoca fcrga ; rna qttefli uoflri conti- mi lamenti, & accufare in quelle donne , cheha- uete feruite, la ingratitudine, laqual non e uerifi- mile ,attefotanti uoflri menti, euna certa forte di fecretegppt,per nafconder le gratie, i contend,& piaceri da uoi confeguiti in am ore; & afficurar quel¬ le donne, che u'amano, & che uiftfon date in pre- da, chenon le pablicbiate;&pero cfie an cor a ft con¬ tent ano, che uoi coft apertamente con altre moflria- teamorifalfi,pcr coprire i lor ueri; onde ,fe quelle donne, che uoi bora moflrate d’amare , non fon coft facilia crederlo ,come uorrefle; interuiene ,psrche quefta uoftra arte in amove comincia adefercono- feiuta ,nonperche io uifaccia odiare. ^fllhor,a il S , Vnico, Io dijfe,non uoglio altrimenti tentar di con- futar le parole uoflre; Cb’omai Tarrni coft ordinario, non efier creduta a me la ueritd, come effer creduta d uoi labuggia.Dite pur S. Vnico, rifpofe la S. Emi lia,cbeuoi non amate coft come uorrejleche fujfe creduto; che fe amafle , tutti i deftderij uoflri fariano di compiaccr la Donna amata , & uoler t.egge di quelmedeftmo, che effa mole; che quefta e la leg Amore. ge d’amore ; ma il uoftro tanto dolerui di lei, denota qualche inganno , come ho detto ; ouera- mente fit tesiimonio, che uoi uolete quello , che effa non uole . An-fi, , diffe il S. Vnico , uoglio io ben quello, che effa uuole;cb’eargumento,ch’io Vamo; rna dolgomi, perche ejfa non uuol quello , .che uoglio io ; che e Jegno che non mi ama fe- condo T E \ Z 0 . 157 tonic In medefima leggeche uoi bauete allegato j Rifhfe let Signora Emilia . Duello chs comin- Ver0 r n 0 , V''-' cio Qi buo» ciaaaamare , deue ancora compiacere ,& accomo* ni amantk dttrfi totdmente alls uoglie della cofa amata, & con quella gouern.tr Is fue;& farcbei proprij deftde- rij fiano fenu,& cbe I’anima fuaiftefia fia come cbcdiente an cilia ;ne pen ft maiad altro , cbe a tranf- formarfi,fepoffibilfuffe, in quella della cofa amata, & queflo reputar per fun fomma felicitd; percbe cofi fan quelli, cbeamnno tier amenta . Appunto la, mia fomma feluita , difscil S.Vnicofarebbe,fe una uoglia fold gouemajfe la fua& lamia anima. A uoi (Id di farlo ri jpuje la Signora Emilia^Adbora Mefier Bernardo intcrrompendo, Certo e, dif]e,cbe chi ama ueramente, tutti i fuoi penfteri, fenga cbe d’altri gli fia moflrato, indrigga a jentire , & com- piacere la Donna amata; ma percbe tal bor qucsle amoreuoli feruitunonfonben conofciute, credo,cbe oltre alloamare,&[entire ,fia necefario far ancora qualche altra dimoslration di queflo amore tanto cbiara , chela donna non pojfa diffimular di cono- fcercd’effer amuta ; ma con tantamodetlia perb,cbe non paia,cbe fele babbia poca riucrentia . Et perb uoi Signora, cbe bauete comin flat o a dir, come I’a¬ nima dell’amante dee efler obediente ancilla all'ama tafmfegnate ancor di gratia queflo [hereto,ilquale mi par importantiffimo. I{ife M.Cefarc, & dijfe. Se lo amante e tanto modeflo, cbe babbia uergogna di dir- gliene, fcriuaglicle. Soggimfela S. Emilia . .Angi f (e e tahto difircto 3 corne conukne,prima cbe lojaccia intend ere. L 1 B If G intendere alia donna , deuefi afficurare di non offen derla. Difie allbora il Signor Gajparo. JL tutte le dome piacel'efier pregate d'amorc , ancor the ba- uejjero mtentione di negar quello, cbe loro ft diman da . Bjfpoofe il Magnifico Giuliano . Voi u’inganna- te molto,ne io configherei il Cortegiano, ch’ujafie mai quello termine, fe non fufie ben cert a di non ha uer repul fa . E cbe cofa deue egli adtmque fhrc,dif- dec^tcner' f e d Signor Gafparo l Soggiunje il Magnifico:Se pm 1‘jma.c m uolete fcriuere, o pari are ; fkrlo con tanta mode- ISiutic’. 0 ilia > & cofi cautamente, cbe le parole prime ten- tino l’ammo, & toccbino tanto ambiguamente la m lontddilei, chelclaffino modo ,&un certo efito di poter fimulare di non conofcere , cbe quei ragiona- rnenti importing amore ;acrid cbe fetroua difficul- td , pofiaritirarfi , & moiirar d’hauer parlato, o fcritto ad altro fine , per goder quelle domeriicbe ca re^ge, & accogliengecon ftcutta, cbe jpefiole don ne concedono a cbi par loro, cbe le pigli per amici- tta; poilenegano ffubito cbe s’accorgono, cbe ft am riceuuteper dmofiration d’amore. Onde quelli, cbe fon troppo prccipiti, e ft auentano coft projontuofa- mentecon certe furie, &ofiinationi,lfefi o le perdo- no,& meritamcnte; perchead ogninobil Donna ffia ce fempre di ejfer poco efiimata, da cbi fenga rijpet- to la ricerca d’amore,prima cbe I’babbia feruita;perd (jecondo me ) quella uia cbe deue pigliar il Cortegia no, per fit noto I’a morjko alia donna, parmi cbe fia il moSlwglielo co i modi piu prefto, cbe con Ip paro kicbe mamente tai’bor pin affetto d’amor ft iono~ T E \ Z 0 . 158 fee in m foffiro, in un riffetto, m un timore , cbe inmille parole; poi far cbe gh occbi ftano que’ f- f a g S iciidet di meflaggkri, cbe portino I’ambafciate del cuore; cu0l<; ’ percbe fpejio con maggior tfficaciamoslranquello, cbedentro ui b di pajfione, chela lingua propria , olettere ,oaltri me/Ji; dimodo cbe non folamente fcoprono i penfieri , ma jfiefjo accendono amor nel cor della perfona amata ; percbe quei uiui ffiriti cb’efcono pergli occbi, per ejiergenerati prefio al co re, entrando ancorne gli occbi , done fono indiri^ gati, come faetta al Jegno ,natura!mcnte penetra- tio al cuore, come a fua fairga, & ini ft confondo- no con quegli altri fpiriti, & con quella fottilijjima natura di fatigue, cbe hanno feco, infettano H fati¬ gue uicino al cuore, doue fono peruenuti, & lo ri- fcaldano, & fkinolo afe fmi ! e, & atto a riceuere la imprejjion di quella imagine, cbe feco hanno per- tata; onde a poco apoco andando, & ritornando 'quejli mefiaggieri, la uia per gli occbi al cuore, & riportando I’efca , c’l focile di bclleggga ,&di gra¬ tia accendono col uentodel defidtrio quel fuoco, cbe tanto arde ,&mai non finifeedi confumare; percbe fempre gli apportano materia di fperanga , per nu~ trirlo; pero ben dir ft pub cbe gli occbi ftano gid- n-ore. da in arnore, maffimarnente fe fono gratwft,&foa- ui ; fieri di quella chiara, & dolce negreg%a;ouero ag£uri,allcgri,& ridenti; & coft grati, & penetran ti nel mirar,come a’cuni, net quad par the quelle uie cbe danno efito a i fpiriti, ftano tanto profonde, cbe per effe ft uegga mfino al emu . Gli occbi adunque >• . PI atm lorza itcl- l'occhio in- liimo. SpefTo nel mirar l’a - mantepale fa l'amor fua. Gioua tal- hot publi- cac i’amoxe L I B Tf O Hanna nafcofi, come allaguerra foldati infidiato « ri in agitato; & je la forma di tutto’l corpv e bel- la, & compotta, lira a fe ,& alletta chi da lon- tan la mira, fin’d tanto cbe s’accosli; & fubito cbe euicino a gli occhi,faettano ,& affaturano,co me uenefici, & majjimamente quando per dritta lineamandano i raggi fuoi ne gli occhi della cofa. amata in tempo, chc ejji facciano ilmedefimo;ptr- . cbei ffiriti s’incontrano ,& in queldolce intoppo I’un piglia lequalitd dell'altro; come ft uede d’nn occhio inferno, cbe guardando fifiamente m un fa no ygli ddla fua infirmita; ft cbe a me pare cbe il noslro Cortegiano pofia di quejlo mo do manifdiar in gran parte l’amor alia fua donna. Veto e, cbe gli occhi fe non fono geuernati con arte, molte uolte fcoprono piu gli amorofi defiderij , a cm I’buomo men uorria; percbe fuor per effi quafi uiftbilmen- te tralucono quelle ardenti pafjioni, lequali uolendo I’amante palefare folamentealia cofa amata,Jfefio palefa ancora a cui piu defiderarebbe nafoonderle. Verb chi non ha perduto il freno della ragione,ft gouerna cautamente, & ofierua i tempi, i lochi;& quando bifogna, s’afiiene da quel cofi intento mi- rare ; ancor cbe ftadolcijfimo cibo, percbe troppo dura cofa e un’amor publico . I\j(foje il Conte Lo- douico. Talbor ancora I’efscr publico non nuoce ; percbe in tal cafo gli huomini Jfiefio eslimano cbe quegli amori non tendano al fine, cbe ogni amart tedefidera, uedendo cbe poca cura fipongaper co prirti) ne ft fhcciacafo } cbe ftfappiano, o no:& T E If Z 0 . 159 perb col non negar ft uendica I’huotn una cena li- berid di poter publicamente par!are, & far fen~ •gi fofpctto con la cofa amata; ilcbe non autiiene a quegli, cbe cercano d'efier fecreti; percbe pare cbe jpenno, & fiano uicini a qualche gran premio, li¬ quate non uorria.no cbe altri rifapcfse . Ho io an - cor ueduto nafcere ardentiffimo amore nel core d’u- na Donna uerfb uno , a ctti per prirna non bauea. pur una minima ajfsttione , foiamente per inten- dere, cbe opinione di malti fujfe cbe s’amafiero in - feme; & la caufa di quesio, credo io cbe fofie, cbe quel giudicio cofi uniuerfale le parea bast ante tcslimomo , per farle credere, cbe colui fufie de gno dell'amor fuo ; & parea quafi cbe la fama le portafe I’ambafciata per parte dell’amante motto piu uere , & pin degne d’effer credute , cbe non bauria potato fare ejjo medeftmo con lettere,e con parole , ouero ultra perfona per lui . Tero que- fta uoce publica non foiamente talhor non nuoce, ma gioua . Bffpofe il Magnifico . Gli amori, de’ quali la fama e miniflra , fon affai pericoloft di fare , cbe I’huomo fa moHrato a dito ; & pero chi ha da taminare per quesia jlrada cautamente, bifogna cbe dimoslri bauer nell’animo molto mi¬ nor fuoco, cbe non ha , & contentarf di quello, cbe gli par poco; & dijfmular i defderij , le ge- lofe, gli affanni, & i piaceri fuoi; & rider Jpef. fo con la bocca, quando il cor piange ; & moftrar d’ejfer prodigo di quello,di cbe e auarij]imo;&que- fte cofe fon tanto dtfficilida fare, che quaf fono im * L 1 B If 0 deeTcnw P 0 Jj ibl ^ 1 • j fe’lnoftro Cortegiano uolcfte ufaf. ficteti gd delmio conftglio , io lo confortarci a tener Jecretiglc am011, canon fuoi . .Allbora Mejfer Bernardo , Bifogna difte, adunque cbe uoi quefto gli infegniatc ,& par mi, cbe non fta di picciola import ant la ; per cbe ol- trea i cenni, cbe tal’bor alcuni cofi copertarnentefan no , cbequafi fenga mouimentoalamo, quellaper- fona , cbe effi defiderano, neluolto, & ne gli occhi lorlegge cio ebe banno nelcore; bo io talbor udito tra dui innamorati m lungo &libero ragionamento d’amore; dal quale non potcano pero i circonftanti intender cbiaramente particularitade alcuna, ne cer tificarfi, cbe fojje d’amore ; & quefto per la difcrc tione, & auertentia di cbiragionaua ;perchefenga far dimoftratione alcuna d’bautr dijpiacere d’efier afcoltati, diceuano fecretamente quelle foie parole, cbe importauano; & altamente tutte I’altre cbe fipo teano accommodare a diusrfi propoftti . .Allbora MeJJer Federico , ll parlar difte , cofi minutamen te di queiie auertentie di fecretegga., farebbe un’ andar dietro all’infinito ; pero io uorrei piu toslo, cbe fi ragionafie un poco, come debba lo amante mant enerfi la gratia della fua donna; Hebe mi par m >lto pin necejiario . I\jjpofe il Magnifico . Cre¬ do cbe quei meggi, cbe uagliono per acquiftar- la , uagliono ancor per mantenerla, & tutto que¬ fto conjifts in cornpiacer la donna amata fengaof- fenderlamai; pero faria difficile darneregola fer- Quanto bi ma; percbe per infiniti modi, chi non h ben difereto, auertito."' & errori talbora cbe paion piccioli; nientedimeno of - fendono r *E If Z Or ISO fendono grauemente l’ammo della donna ; & que- Jio interuien pin doe a gli altri, a quei cbe jono aflretti dalla pasfione; come a!cuni, cbe fempre cbe bamo modo di parlare a quella donna , cbe arna.no, ft lamentano, & dolgono coftacerbamente, &uo- glion fyeffo cofe tanto iniposfibili cbe per quella importunity uengono a fa .idio . ^ tltri,fc fonpun ti da qualcbe gelofia, flafcian di talmodotrappor- tardal dolore, cbe fengarifguardn fcorrono in dir nial di quetto, di cbibanno Jofpetto; &taibor fen- Za colpa dicolui, &ancor della donna ; & non uo gf iono cb'ella gli parli, o pur uolga gli occbi a quel- la parte, oueegli e ; & fpeffo con qucsti modi non folamente offendon quella donna, ma fon caufa cb’el la s'induca adamarlo ; perchc il tirnore, cbe moflra talbor d’batter uno amante , cbe la fua donna non lafcilui per quell'altro ,dimoflra cheefjo ft cunofce inferior di meriti ,&di ualor a colui; & con quefla cpinione la donna ft mouead amarlo ; accorgm- doft, cbe per metterglide in di [gratia , fe ne dica ma le ,ancor cbe fia uero ,non lo crede; &tuttauia I’a- Viapiu. ^illhora Metier Cefare ridendo , io,diJJe, confejfo non efier tanto ftuio, cbe potesft aftenermi di dir male d’un mioriuale; faluo fc uoinonm’in- fegnaile qualcbe altro miglior modo da rouinarlo. Pflpoje ridendo il Signor Magnifico. Dice ft in prouer v mMT . c l,c bio, che quando il nimico e nell’acqua in [no la cin- tura,feglideueporgerlamano,&leuarlodalperico aiiagoia, a lo:ma quando u'einjino almmto,metter gli ilpiedein. fid capo, et fommcrgerlo \tofto :pcro fono alami cbe quejlo LIB 1{, O qttefio fanno co’ fuoi riuali; & fin che non han- 710 modo ben ftcuro di rouinargli, uanno dijjimu- lando, & pin tofio fwwftran loro amici , che al- trimenti; pot fe la oecafione s'cfferifce lor tale, che conofcano poter precipitargli con certa roidna, di- ccndone tutti i mail, o ucri , o fa!ft che fiano; lo fanno fen^a rijeruo, con arte,inganni, & con tut te leuie, che fanno imaginare. Ma per che a me non piaceria mai, chc’l nofho Cortegiano ufajle\n- ganno alcuno ; uorrei che leuajje la gratia della- rnica al /no riuale, non con altra arte, che ccn la- mare, col feruire,& conl'efjere tnrtuofo, ualen- te , difereto,&modeslo, in fomma col meritarpiu di iui ,&con left ere in ogni coja attertito ,pruden- te , gnardandefi da alcune Jcioccheg^e inette,nel- le quali fyejfu incorrono molti ignorant!, e per di- uerfe uie ; che gia ho io conofciuti alcuni , che fcriue>tdo,& parlando a donne, ujano femprepa- e °ie > 0 ‘ e ^ "Polifilo: & tanto Llanno in la fottilitd del Parole trop la rhetorica, che quelle ft diffidano di fe flejie,& fi tengon per ignorantiffime , & par loro tm’hora che i’aman mill'anni finir quel ravionamento , & leuarfevli teiia prude , . i • r ^ r t 7 • *7• te uci paria dauanti; aim ji uant am Jen^a modo ; aim di- ** com fpefio cofe, chetornano a biafmo , & danno di fe tlcffi ; come alcuni, dei quali io foglio ri- derrni, che fanno profejfion d’innamorati; & tal- hor dicono in prefen^a di donne , Io non trouai mai donna, che mi amafie; & non s'accorgono, che quelle, che gli odono, fubito fan giudicio,che queslo non pofsa naf :erc d’altra catifa, [eno perche non me- ritano Si deono T E Z 0. l6t rltananc ejseramati, ns pur I’acqua chebeuono; & glitengon per huomini d.ipoco, tie gli amerebbono per tutto I’oro del mvndo,parendo loro chefe gliamaj- fero , far ebb ono da menocbc tutte I’altre , cbenon gli banno amati; aim per concitar cdio a qmlthe fuo ri~ uale f>n tanto fcioccbi , cbe pur in prejentia di dome diconofd tale e ilpin fortunato huomo del mondo; cbe gid non e bello,ne difcreto,ne ualente,ne fafare,o dire pin cbe gli altri;& pur tutte le dome l’amano,&gli eorrondietro; & coji mofirando bauergli muidia di quefla felicitd, ancora cbe colui ne in afpetto ,ne in opsre ft mofiri effere amabile , fanno credere che egli bobbin in fe qualche cofa fecreta , per laqua - lemeriti l'amor di tante dome sonde quelle che di Ini fenton ragionare di tal modo , ancora per quefla credenga ft moitono molto pm ad amarlo. ({ife allbora il Conte Ludouico,& difie . louipro- metto , cbe quesie grofjerie non uferd mai il Corte- giano difcreto, per acquijiargratia con donr.e. f^z- fpofeMejJer Cefare Gongaga .. Tfe men qucll’altra, cbe amid di mbmgentilhuomo di molta eflimatio- ne, il qual non uoglio nominare per honors de gli huomini. Bfijpofe la S. Duchefja. Bite almen cid cbe egli fece. Soggiunfe M. Cefare. Cosiui efiendo ama- to da unagran Signora, richielio da lei itenne ficre- tarnente in quslla terra, one effa era; & poi che la hebbe ueduta , & fit flato fecoa ragionare, quanto ej]a,e’ltempo comportarono, partenaofl con molte amare lacbrime, & fo(pin per teflimonio dell’ejlremo dolorc, cbe egli fentia di tal partita, la/'applied ch’ X ’ clla Sciocchez- za d’uno amanie. L 1 B \ O tUa tenefie cemtinua memoria di lui; & poi fog- giunfe, cbe gli fhcefse pagar I’bofteria ,percbe ef- J'endoflato ricbiefto da lei,gli parearagione, cbe della fuauenuta non m fentiffe fj>tfa alcuna. poi foggwnfi’ . i'oi S. Magnijco hor che'l Corte- giano ft fa guadagnare, emantener la gratia della fua Signora, e torla al fuo riuale, fete debitor d’in- fegnarls T E If 2 0 . 162 fegnarle a tener fecreti gli amori fuoi. fiijpufe il Magnifico . A me par d’bauer detto aft ai, per 6 fate mb cbe m’altro parli di quefia fecretcgg^a. AUbo- ra Mefter Bernardo, e tutti gli altri cominciarono di nouo a fargli inflantia; e’l Magnifico ridendo, Voi dij]e,Holetetentarmi,treppo fete tutti ammaeftrati in amore; pur fedefiderate fapernepiu ,andate,& ft id leggete Ouidio.Et come difte M.Bcrnardo,Dtbh’io fferare cbe i fuoi precetti uagliano in amore , poi cbe conforta, & dice efferbeniffimo cbe Vbuomo in prefentia della innamorata finga d’cjjcr imlriaco ? (uedetecbe belia maniera d’acquifiar gratia ) & allega per m bel modo di far mtcndere ,ftando a conuito ad ma donna d’cfj'erne innamorato, lo intin- gere un dito nel uino, & fcriuerlo in fu la tauola . ftifpofe il Magnifico ridendo. In quei tempi non era uitio . Et pero difte M Bernardo, non difpiacendo a gli buomini di que’ tempi quelia cofa tanto fordida, e da credere ,cbe non bauejjero cofi gentil maned a di feruir donne in amore , come habbiam noi ; ma non lafciamo ilpropcfito nefiro primo , d’infegnar a te¬ ner l’amor fecreto. A liber il Mag. Jccondo me ,dif- fe,per tener l'amor fecreto , bifogna fuggir le caufe , cbe lo publicano ; lequalifon molte, ma ma princi- pale , ch’b il uoler efjer troppo fecreto, e non fidarft diperfona alcana; perche vgni amante deftdera far conofcer le fuepafftoni all’amata ; & effendo folo, eforgato a far molte piu dimoslratimi, epiu efficaci cbe Je da qualcbe amoreuole e fidel amico fufie aiuta- to;percbele dimoflrationi,che I’amdte 2fief 0 fa, dan- X 2 no molto Ambitione & M.Ce- fare a laudarle forfe un poco pin del debito ; olire cbe per la lungbegp^a del ragionamento , bauema perduto d’intender molts altre belle cofs, cbe refla- ttano a dirft del Cortegiano. Eccoui dijje la S. Emi¬ lia,cbe pur fete noflro aduerfario ;&per do ui difpia- ce il ragionamento paffato;ne uomfte (he ftfitfe for- mta quefia cofi eccdlente Donna di Talaigo; non X 4 perche L I E X 0 perche ui fuffe altro cbe dir fopra il Cortegiano (percbe gid quefli Signori hanno detto quanto Jd - peuano, ne uoi credo , ne altri potrebbe aggiun - gcrui piu cofa alcuna ) met per I’imidia , cbe ba¬ uds all’bonor dsile dome . Certoe, rifpofe il Si¬ gnor Ottauiano , cbe oltre alls cofe dette fopra il Cortegiano , io ne deftderarei molte altre ; pur poi cbe ogn'un ft contenta , ch’ei fia tale , io an- cora me ne contento , ne in altra cofa lo mutarei, fe non in farlo un poco piu arnica delle Donne, cbe non b Jl Signor Gafparo, ma forje non tanto,quart to e. alcuno di que'sii altri Signori, ^illhora la Signora Duchefjd , bifogna difi'e , in ogni modo, cbe noi ueggiamo ,fe I'ingegno uoflro e tanto,cbe d™ rtguen- ^ ar tnaggior perfettione al Cortegiano, cbe te libte. non ban dato qucsh Signori . Terd fate conten¬ to di dir cio , cbe n’hauete in ammo ; altrimen- ti noi pcnfaremo , cbe ne uoi ancora fappiate ag giungerli piu di quelio , cbe s’e detto ; ma , cbe habbiate uoluto detrahere alls laudi della Donna di Talaggo , parendoui ch’ella fia eguale al Corte¬ giano ; ilquale percib uoi uorresie cbe fi credejfe , cbe potefie efier molto pin perfetto , cbe quelio, cbe hanno formato quefli Signori. Rife il Signer Ottauiano , & difie . Le laudi, & biafimi doth alle Donne piu del debito , bar.no tanto piene l’o- reccbie , & l’ammo di chi ode, cbe non ban la- feiato loco , cbe altra cofa ilami pofia ; oltra di queRo ( fecondo me ) l’bora e molto tarda . dunam , difie la Signora puchcffa , afpettando in T E KZ 0. i erU: hvtantiefi- Jercitij , il Cortegiano non producefie ahro frutto^cbe t’effer tale per fe fiefio,non eHimarei, cheper conje- guir quefia perfettion di Cortegiania douefje I’btto- mo ragioneuolmente mettend tantoSludio, & fiati- ca,quanto e neceffario a chi la mole acquihare; ?ri direi, che molte di quelle conditioni, che fe gli fo~ no attribute; come il dangare,fe$ieggiare, cantare, & giocare,fiujfiero leggeregga, & uanitd, ter m uno buomo di grado piu tofio degne di biafimo,cbe di lau- de: per che quesle atiilature , imprefe, n/otti & altre tai cofie, cb’appartengono ad intertenimenti di don- ne e d’amori, anebora che forfc a molti altri paia il contrario, (fefio non fiannoaltro , che ejfeminar gli animiycorromper la giouentu , & ridurta a uita la- fciuijfitna: onde najeono poi qutfili effetti, che’l na¬ me Italiano b ridutto in ebbrobrw: nefitritrouano,fe chf'^nu- non pochi, ch’oftno,non dirb morire , mapur enteru- ]iamueng a re in unpericolo. Et certo infinite altre cofejono,le- ^ J ti ‘ ulu ? g ~~ L I B Py 0 quail mettendouifi induftria, & studio,partuririano molto maggior urilitd &r.ella -pace, & nella guer- ra, cbe quesla tal Cortegiania per Jc fiola . Maje le operationi del Cortegiano fond indurate a quel bon fine, cbe debhono, & ch’io interido; parmi ben, SreVereii che non folamente nonJieno damwfe,o tiane,mauii- i,ne del Uffime & degne d’infinita laude. ll Sin adunque d el perfetto Cortegiano, del qua! injino a qui non s epar- lato,estimo io chefiailgitadagnarfiper me^cddle conditioni attribuitegli da quefii Signori talmente la beniuolentia & I’animo diquelTrmcipe,a ettijer- ue, cbe pofia dirgli, & fempregli dica la ueritd d’o- gni cofa, cbe ad ej]o conuenga fapere, (enga tint ore, o.pericolodi difpiacergli; <& conofcendo ia mente di qtiello inclinata a far cofa non conuenicnte, ardifea di contradirgli, & con gentilmodo ualerfi della gra¬ tia acquiStata conle fine bone qualitdpcr rimouer- lo da ogni intention uitiofa , & indurio al cumin del¬ la uirtii; coft bauendo il Cortegiano in fie la bon- td, come gli .banno attribuita quesli Signori, ac- compagnat . con la pronteppa d’ingegno, &pia- ceuolcgga > & con la prudentia,& notiiia dilctte- re, & di tante altre cof'e, fiapra in ogni propofito de- flramente far uedere al fuo Trincipe, quanto hovo- re, & utile nafea a ltd, & alii j'uoi dalla giujlitia, dalla liberalitd, dalla magnanimitd., dalla conjne- tudine, & dull’altre uirtii, cbe ft conuengono a buon Trincipe; & per contrario quanta infamia, & dan- noproccda da i uitij oppojiti a queSic . Terb io csti- m,cbe come la mufica, lefefile,&igiochi,&I’al- t'tQ v ,a. 1 1 r o. 169 tre conditioni piaceuoli, fono quafiil fiore; coji lo indurre, 0 aiutare ilfuo Vrcncipe dl bene,& fpauen- tarlodal male ,fia il ucro fiutto della Cortegiania. Etperche la laude del ben fur confifie precipuamcn- te in due cofe;delle quad I’una e lo cleggerji un fine, done tenda la mtentione noHra , cbe j'ta ueramente bono ; Vultra ilfaper ritrouar megpfi opportuni, & attiper condurfi aquciio bun fine dejignato ; certoe , cbel’animo dicolui, cbepenfa difar cbe’l fuo Trin- cipe nonfia d'akuno ingannato, ne afcolti gli adula¬ tor i,ne irnaledici,i-T bugiardi, & conOfca il bene, e’l male,& all'uno porti amore,aWaltro odio, tende ad ottimofine .Tarmianccrcbele conditioni aitribui- te al Corteglano da qu.csti Signori ,pofiono efier bon me%o da peruenirui;& quefto,percbe de i mold eno- ri,cbe hoggidi ueggiarnoin mold ae’nojiri Trincipifi maggiori fono la ignoreantia; & la perfuaftone di fe fteffi, & la radice diquefd dui malt non e altro, cite la bugia ; ilqual uitio, meritamente e odiofo a Dio,&a gli bmmmi,&piu nociuo a iTrincipi,cbe ad aidin’altro; percbe ejjipiu cbe d’ogni ultra cofa ha no carcftia di quello, di cbe pin cbe d’ogni altra cofa faria bifogno che baueffero abondanda, cioe di chi dicaloro iluero, & ricordi il bene; percbcgli nimi- ci non fonfiimulad dall'amore a far quefti officif,an- 37 ban piacere, cbe uittano federatamente,nemai ft correggano ; dall’altro canto non ofano calunniar- gli publicamente per timor d’efier cajligad . Degli amici poi, pochi fono, cbe babbiano libero adito ad ejfi ; & quelli pochi ban riguardo a riprendergli de i T lor’mon In chc con« filie la lau- de princi- palmente del far bch ne. Ignorant! a e pfuafion di fe ftefll fono i mag- gio-ri error* che fi uoui no. L 1 B 11 Q lor’error i coft liberatamente, come riprcndono i pri- uati i &ffeffo per guadagnar gratia & fauore, non Per qua! ca attendono ad altro, che a propor coje, che diletti- Jiuommi di rio ,& dian placer all’ammo loro ancora ckefiano uengoiio ma i e & (hs'oor.esle; di mo do. che d’amici diuenvo- adulaton. ; , . ... K n 6 no adulaton, & per trare utilita da quel slretto, commacio, parlano, & oprano fempre a compla- centia ,&perlopiu fhnnoftla firadecon le bugle; lequalinell’animo del Trencipe partqrijcono la igno- rantia non folamente delle coje ejtrinjeche, ma an¬ chor di fe jlcfio ; & quefta dir ft puo la maggiorc, &lapiu enorme bugiaditutte l’altrc;perchc I’ani- rno ignorante inganna fe fie {Jo , & mentifje dentro a femedefitmoida quefto interuiene che i Signori,ol- tre al non intendere mai il uero di cofa alcuna, ineb- briati da quella licentiofa liberta, che porta feco il do minio , & dalla abondantia delie delitie, fommerft ne i piaceri, tanto s’ingannano ,e tanto banno l’a- nimo corrotto ; ueggendoft fempre obediti, & quafi adorati con tarda riuerentia & lauds, fenga mai, non cheriprenfione, mapur contraditione;che da quefta ignorqntia paffano ad una eftrema perjua- ftone di fe ftefft, talmente che poi non admettono conftglio, ne parer d’altri; & per che credono che’l faperregnare ftq fadliffima cofa.; &perconfeguir- lanonbifogni ahfarte,odijciplina,chela folafor^a; momanla*" uoltanl’animo,e tijtti ifuoi penfteria mantener quel la potentia, che banno; efiimando che la uera f eli¬ cit d fail poter cioche ft mole;pero alcuni banno in odio la ragione, & lagiuftitia,parendo loro ch'cU_ lafta Q^ 'V jt \ T O. j7o la fta un certo frcno,& un modo, cbe lor potejse rL ft durre in feruitu,& diminuirloro quel bene, &Jatif- ’ fattione , cbe hanno di regnare,fe uolejfero fcruarla; & cbe il loro dominio nonftijje perfetto, ne integro, fe ejji fofiero conjlretti ad obedireal giufto,& all’ho • *' nesto ; per cbe penfano, cbe chi obedifie, non fia ue- ramente Signore; pero andando drieto a quefiiprin- cipij , & lafciandofi traportare dalla perfua/ione di je jlefji, dinengon fuperbi, & col uolto imperiofo, & cofiumi au fieri,con uejie pompofe,oro,&gemme, & colnon lafciarfi quafi mai uedere in publico, cre- dono acquiftar autorita tragli huomini, & ejiere quafi tenuti Dei;&quejii Jono alparer mio, come i toloj]i,cbe I'anno pafiato fur fattia Rpma il di del¬ la fefia di piagga d’^Agone, cbe difuori moflram- Bella fimiK no ftmilitudinedi grandi huomini, &caualli trion- tudinc - fanti, & detitro erano pieni di Jioppa,e di firaggi. Ma i Trencipi di qnefta forte Jono tanto peggiori, quanto cbe i Colojfl per la loro medejima giauita Aaeitjv ponderofa ft foflengon ritti; & ejji pcrcbe dentro fono mal confrapefati, & Jen^a mi fur a pcfli fopra, . ff baft inequali,perla propria grauita ruinano fe jlefji; & da uno errore incorrono in iafiniti;perche la iguo- rantia loro, accornpagnata da quetla fhlfa opinion di non poter errare, & cbe la potentia, cbe hanno procedadalur fapere, induce loro per ogni uia giu-r fta, o ingiujla ad occupar flati audacemente, puif cbe pofjano;ma Je deliberafiero dijaper,edi farquet- lo,cbe debbono, cofi contra/iariano per non regnare; fercbe conojceriano,quanto enorme, eperniciofa co- LIB If 0 ' e^d'nnofa / 3 $*» C ^ 3C 1 fidditi, c’ban da effer gouernati ,ftam S chei fud- piu fauij, che i Trincipi, che homo da gouernare. piufauiT Eccoui cbe la ignorantia della mufica, deldangare , che i rien- <$■ caualcare, non noce ad alcuno; niente dimeno chi non e Mufico ft uergogna, ne ofa cantarein prejen- tia d’altnti, o dangar chi non fa,& chi non ft ticn bm a cauallo, di caualcarema dal non fapere gouer¬ nare ipopuli, nafeon tanti mali, morti, deHruttioni, incendij, mine,che ft po dir la piu mortalpejle, chefi troui Jopra la terra-,& pur alcuni Trincipi ignoran- tiffimi de i gouerni,non ft uergognano di metterfi a go uernar, non diro in prefentia di quattro,o di fei huo- rnini, ma al confpetto di tutto’l mondo;percbc il gra- do loro epo/lo tanto in alto, che tutti gli occhi ad cjji mirano; & pero non che igirandi, ma i picoliffimi lor difetti fempre fono notati. Conic ft forme che Ci- mone era calunniato ,che amaita il v.ir.o, Scipioneil fonno, LucuUo i conuiuij . Ma piaceffe a t>io, che i Calunnie Trincipi di queHi noftri tempi accmnpagnajiero i cunt ant?. 1 " f- ccatl l° r0 con tante uirtit, con quante accornpa - chi. gnauano quegli antichiftquali, feben in qualche co- fa errauano,non fuggiuano pero i ricordi, & docu¬ menti, di chi loro parea baft ante a corregcre quegli errori, anyi cercauano con ogni infantia di compo- ner lauitafua fottola norma d'himnhii ftngulari, Come Epaminonda di Lifia Tithagorico, Mgeftlaa di Xenofonte, Scipione di Tanctio, & infimti altri. Ma fe ad alcuni de i nofiri Trincipi uenifie innanti m feuero Filofofo, o chi ft fta ; ilqual apertamente,& fenga arte alcana, uolefie moiirar loro quella her- rid* Qjr A \T O. i 7 r T.’J.'j jh.ccia.dell.i uera uirtu, & infegnar loro iboili coil ami , e qual uita debba eficr quella d’un bon Trincipe ,fon certo cbe al primo ajbetto lo abbor- ririano , come un’ajpide, o usramente fc ne fariano beffe , come di cofa uiliffitna. Dico adunque,chc pci cbe hoggidl i 'Principi fin tanto corrotti dalle male -confuetudini, & dalla ignorantia, & falfa perfuafto ne di fe Jieffi; & cbe tanto e difficile il dar loro noti- tia della ueritd,&indurgli alia uirtu; & cbegli buo mini con le bugic, & adulationi,& con cofi uitiofi mo di cercano d’entrar loro in gratia; il Cortegiano per ucortegu- meggo di quelle gcntil qualitd, che date gli banno il quilate ‘it Conte Ludouico, & Meffer Federico puo facilmente, § ratia del . , . „ , , . r , . , , iuo Prena. & dene procurar a acquijtar la benmolentia,& ade- P e, fear tanto I'animo delfuo Vrincipe,cbe ft faccia adito libero, & ficuro, di parlargli d’ogni cofa fenga effer molefto; & foeglifara tale, come s'b detto,con poca fatica gli uerra fatto;& cofipotrd aprirgli fempre la Merit d dituttele cofe con deflregga. Oltradi queHo a pocoa pocoinfondergli neU’animo la bontd,& infe- gnarli la continentia, lafortegga,la giufiitia,la tent- perantia,facendogliguslar quanta dolcegga ftaco- perta da quella poca amaritudine, cbe al primo afpet~ to s'offerifce a cbi contraHa a uitij;iquali [on fempre dannoft, difpiaceuoli,& accmpagnati dalla infamia, &biafmo;cofi, come le uirtu jono ulili,gioconde, & 1 u i * i j/f a t pienedi laude; &a quests cccitarlo con I’effiempio f dei celebrati Capitani,& d’altri buominieccellen~ ti, a i quail gli antichi ufauano di far ftatue di bron~ go & di mar mo, & talhor d’oro; &collocarle nei V 3 loebi AueitL L I B l{ 9 lochi publici, cofi per honor di quegli, come perk jiimulo degli altri, che per una bonefta inuidia ba¬ ne fiero da sforgarfi di giungere ejji an cor a a quclla gloria. In quefio modo la auflera flrada della uirtu potrd condurlo, qudfi adornandola di Jronde ombro- fe,e fiargendola di uagbi fiori, per temperar la noia 'del faticofo camino ,a chi b di forge deb Hi; &bor con mufica,bor con arme, & caualli, bor con uerfi, bor con ragionamenti d’amore,& con tuttique modi, che banno detti quefli Signori tener continuamente quel- I’animo occupato ihpiacere honefto; imprimendogli Sella com- perd ancora fempre ( come bodetto)in compagma pa ration r ^ ^ l{ ^ e jH ecc ' i)r i q U€ l co fi ume uirtuofo, & ingdn~ nandolo con ingdnno falutifero; come i cauti mediae ■hquali fiefio uolendo dara fanciulli infermi, e trop- podelicati, mediiina di fapore amaro, circondano I’orificio del uafo di qualche dolcc liquore.^dopran- do adunque atal efettdil Cortegiano quefio uelo di ■piacere in ogni tempo , in ogni loco,& in ogni efer - citio confeguirdil fuo fine; Et meritard moltomag- giorlaude,& premia,che per qual fi uoglia altra buo na opera ch’infimilgenere far poteffe al mondo,per - ■che non b bene alamoche cofi unimfdmente gioui t come d bon Principe,ne male,che cofi unitierfqlmen- tenocci.i,comeilmal 'Principe;pero non bancorpena tanto atroce & crndele, che fuffe bail ante cafligo a quei feelerati C ortegi.ini,che do i modigentili,&pid ceuoli,& delle bone conditioni ft uagliodo a mal fine; & per raeggp di quelle cercan la grade de i loro Print cipi,&per currompergli,& difuiargli dalla uia del U i la turd, iLf a \t o. i 7 i la uirtu,& indurgli al uitio;che qutfli tali dir ft puoi cbe non un uafo, done un folo habbia da here, ma il fonte publico,del quale ufitutto’lpopulo,infettano amarialueneno.Taceaftil S.Ottauiano, comefepiu auanti parlar non bauejje uoluto; ma il S. Gajparo, me non pars. Ottauiano difie, the qtiefla bcntd d’animo, '& In continentia,& altre uirtu,cbe uoiuo- lete cbe’l Cortegiano mojlrialfuo Signore,imparar ft pojjano; ma penfo cbe a gli buomini, cbe’l hanno ftano datedalla nattira, e da Dio;& che coft fta, ue- dete,cbenon t alcun tanto fctlerato, & di mala for- che iif hi_ te al mondo ,ne coft intemper ante,& iniufto, cbe ef- efc'tenu-- fendone dimandato ,confeffi d’efier’tale;angi ogn’un togiufio.'- per maluagiocbe fu,ba piacer d’ejfer tenuto giu- flo, contihente,& bono ; il che hod interuerebbe, fe quefie uirtii imparar ft potejfero; perche non e uer- gogna il non faperqucUo, in che non s'ba poflo Au¬ dio , ma bene par biafimo non hauer quello,di cbe da natura deuemo effer ornaii ; Verb ogn’uno ft sforxa di nafcondere i difetti naiurali,coft dell’anitno, come ancora del corpoflcbe ft uedene i ciecbi,goppt, tdrii &altri flroppiati, o bi utti, cbebenche queftimah- camenti ftpc/fano imputare alla'tiaiura,puradogn’ mo dijpiaqe jehtirgk in fe Slefio; per cbe pare cbe per tefiimonio della tnedtftma natura I’huomo habbia quel difetto, quaft per un ftgilio, & fegno della fua malitia. Conferma ancor la mia opinion quella Fa- bula , che ft dice d'Epimetbeo ; itqual J'eppeccfimal diflribuir ledoti della natura a gli buomini, cbe gli lafcib molto piu bifognofi d’ogni cofa, cbetutti glial- T + tri X 1 B I{ 0 Sells tnora jj 7 animali . OndeTrometbeombbb quellci artificid- fa fapientia da Minerua, & da Fulcano,per laquale gh buomini irouarono il uiuere;ma non baneano pero la fapientia ciuile di congregarfi in feme nelte Citta, & faper uittere moralmente, per efier queli'a mild rocca di loue guardata da cujtodi (agaciffsmi, iquali tanto fbauentauano Trometbeo , chenon ofaita loro ac.cofiarfi. onde lone bauendo compaffione alia mife- ria degli buomini, iquali non potendo far miti per mane ament o della uirtu ciuile,erano lac erati dalle fie le.’ uirtu co re;mandb Mercurio in terra a portar la giufiitia , & Dioa gii uergogna,accio chcquefle due cofeornafs’ero le cit- Jiuominj. (d,& colligaffero infieme i cittadini; & uolje cbe a qiiegli fuficr date,non come I’altre arti,nelle quali un pento baslaper molti ignoranti, come e la medicinal ma ebe in ciafcun fujfero impreffe;& ordino una leg- ge,che tutti quelli,cbe erano J'enga giufiitia,& uergo gna,fujfero,come pefiifcri alle citta, eslerminati, & morti.Eccouiadunque S.Otta.cbe quefle uirtu fan da Dio concejfe a gli buomini,& non s’mparano,raa fono naturali. A lib rra il S.Ott auianoquaft ridendoVoi adunque S.Gajfiaro diJfe,uolete, cbe gli buomini f an cofi infelici, & di cofi peruerfo giudicio ,cbc habbia - no con la induslria tronato arte, per far manfueti Forzadeiia .gl’ingegni dellefiere, Orfi, Lupi, Leoni; &pojfano “ na- ; con queila infegnare ad un uago augello uolar ad ar~ .bitrio dell’buomo,& tornar dalle felue, & dalla fua . natural libertd uolontariamente a i lacci & alia Jer-- uitu;& con la medefima indufiria non pofihio,o non uogliano trouararti, eon lequaligiouinoa feftejfii &cou jt a. _ 1^3 ■$*coil diligentia, & /Indio face tan t'animo fuo mb- -gliore ? Qttcflo (alpaver mio ) farebbe, come fe i me¬ dia Jludiajfero con ogui diligentia d'batter [oilmen- tel'arte da fanare il mal dcR’unghie , &lolattume de ifhnciulli, <& lafciafkro la curd delle febri , della pleurefta, & dell’nitre infirmitd graui ; ilche quanto fufte fuor di ragione,ogn’un puo conftderare.Eftimo io adunque che le uirtii morali in mi non ftano total- mente da natura, percbe niuna cofaft pito mai a[- fuefhrea qucllo,cbc le b naturalmente contratio; co- me ft uede d’un fafto; ilqual je ben diecimila mitt fujfe gittato a l’infu,mai non s’ajfuefhria andarui da Je. Verb fe a not le uirtii fnffero coft naturali, come la gramta al fafio , non ci afSuefhremmo mai al ui- tio. Tsfe meno fonoi uitij naturali di quefto mode, i uitij non per che non potremrao ejjer mai uirtuofi ; & troppo nata ' iniquitd, & fcioccheggy. Jana caHigar gli huomini di qaci dijfetti, cheprocedefiero da natu.ro. Jev.ga no sir a colpa; & qitejlo error cemmetteriano le leg- gi; lequali non danno fupplicio a i molfhttori per lo error pajfato, percbenon ft puo far che quello, che - ifatto, non fia fatto, ma banno nffetto aU’aitenire, acciocbe chi ha erraio non erri pm ■ o uero col male ■ eflempio non dip caufa ad altrui d’errare; & coft pur eslima.no, che le uirtu imparar ftpojsonoftl che cue riffimo , percbe noi fiamo nati atti a riceuerle, & me deftmamente i uitij; & perbdell'uno,&l’a!tro in noi ft Jh ihabito con la confuetudine di modo, che prima operiamole uirtu, o i uitij; poi ftamo uirtuofi, -o\mtioft . 11 contrario ftconofce neile cofe,che ci jb~ - no L 1 B ^ 0 no date dalld fiaturd; che prima hauemo la poten*' tia d'operarejpoi operiamopcom'l ne i fen ft; cbe pri¬ ma putemo uedere, udire , totcare; pci ucden.o, udiamo,&tocchiamo ; bencbc pero an cor a molte di quesle operation/ s’adornano con la difciplina. Onde i buoni pedagogbi non folamente injegnano lettere a i fhnciulli, ma ancora buoni modi ,& benefit nd in time le mangiare,& bere,parlare,andare con certi gefti ac- fari'o'hauer comm odati;pcro come ncll’altrcarti, cofiancora nel- jnatftro. le uirtu e necejfario bauer maestro / ilqual con dot- trina,&buoni ricordi fufcitierijuegliinnoi quelle uirtumoraliydellequali bauemoil feme inclujo, & fepolto nell’anima, & come buono agricoltore le cul- tiui,&loro apra la uid , & leuandoci d’intorno le (pi¬ ne, l’oglio de gli appetiti,i qualifpefjo tanto adombran & foffocan git animi nosiri, cbefiorir non git lafcia- no,ne produr quei felici frutti,cbe foli ft douriano de¬ ader are y cbe nafcejfero tie i cori bumani. Di quefto jnodo adunque e natural inciafcuri di noilagiuflitia, & lauergogna ,laqual uoi dite che Ioue mando in la difc'pli terraa tuttl gtibuomini;ma ft come un corpo fen^a sa.necdii occhi,perrobujlo cbe fta,fefimoueadunqualcheter *uominf * m ine,fpe(fofhlla;coft laradice di quefte uirtit poten- tialmente ingenite ne gli animi nofiri,fenon e aiuta- ta dalla difciplina, jpeffo ft rifolue in nulla;percbe fe ftdeueridurrein atto y & all'babito fuo per petto, non ft content a (come s’e detto) della natura jola, ma ha bifogno della artifciofa confitetudine, & della ragio- ne;Liquatepurificbi,& dilttcidi quell’anima, leuan- dole il tenebrojo uelo della ignorantia, dalla qual qua- f tutii . _ trinfecbi, & dona lo Jcettro, & domimo intiero alia ragione; & cofi cpiefia uirtu. non sforgando I’ammo , fita infondendogliper uie placidijjme una uehemen.■* QJP iA. K.T 0. ^ 176 fe perfuafione,che le inclina all’honefldjo rendc quit to,&pien di ripofo in tutto equate, & ben mifurato, f&daogni canto compaslo d’una certa concordia con fe He [do; cbe lo adorna di cofi Jerena tranquil],;; a, cbe mat non ft turba, & in tutto diuiene pbedienrifirno al la ragione,&pronto di uolgere adeffa ogni fuo moui mento,& feguirla ouunque condur lo uogl(a,fenga re pugnantia alcuna;come tcnero agnello,tbe corre,(ld, & ud fempreprejfo alia madre,& folamcnte fecondo quellafimoue. Qucftauittuadunque b pcrfcttiffi- rna, & conuienfi majjimamente a i Trincipi; percbe da lei ne nafcono molte altre . ^AUbora M, Ccfare Congaga, Tfon fo,diffe,quai uirtu comenienti a Si¬ gnore pofiono nafcere da quefla temperantia, ejiendo quella, cbe leuagli ajfetti dalTanimo, come ttoi dite; ilcbeforfc ft conuenia a qualcbe Monaco,0 Eremita; tnanon fogid, come ad un Trencipe magnqnimo, li¬ berate & ua’ente ncU’arme, ft conuenijfe il non ba- uer mat per cofa cbe fe glifacefse ne ira, ne pdio, ne beniuolentia,neJdegno,ne cupidita ,ne affetto alcuno, !& come fenga queflo baiter potefse autoritd trapopo li,o tra foldati. Ifijfofeil S .Qttauiano.Io nonbodet- to,cbe la temperantia leui totalnicnte, & fuella de gli animi humani gliajfetti; ne ben faria il farlo , percbe ne gli ajfetti ancora fono alcune parti bone; ma qutlloycbe tie gli ajfetti epenterfo,& renitente alia boneslo,riducc ad obedire alia ragione, pero non incooeoir e conuenientc, per leuar leperturbationi, e/iirpar gli u - ajfetti in tutto;cbe queflo faria,come fe perfuggirla ebrietd ft fqccfjem editto, cbe niuno beueffe umo;9 Difefti mo* dificati dal }a tempera- tia. Giuftitia, e l’altrc uir¬ tu. L I B J{ O percbe talhor conendo I’hucmo cade, ft interdicefst ad ogniunoil correre . Eccouicbequelli, chedoma- noi caualli,nongliuietano il correre, & Culture; ma uogliono, chelo fhccia.no a tempo, & ad obedientia del Cattailiero. Gli affetti adunque ,modificati dalla temperantia fono fauoreuoli alia uirtu, come lira, cbe aiuta la forte^ga : I’odio contra i feelerati aiu- ta la giuftitia: & medefimamente I’altre uirtu fono aiutate da gli affetti, liquali fe fuffero in tutto leua- ti , laffariano la ragione debolifftma, & languida,di modo, cbe poco operate potrebbe ; come gouerna- toredi naue ,abbandonato da uenti in gran calma. 2fonui marauigliate adunque Mejfer Cefare, s’io ho detto, che dalla temperantia nafeono molte al~ tre uirtu s che quando un’animo e concorde di que- sla armonia, per me^^o della ragione poi facil- rnente riceue la uera fortespga: la quale lo fhintre - pido,& ftettro da ogni psricclo, & quafi fopra Ic paffioni humane; non meno la giuslitia uergine in- conotta, arnica della modeftia, & del bene, regi- naditute I’altre v.htu, pcrche infegna a far aud¬ io , che ft dec fare, & fuggirqucl!o,che ft dee fug gire,& per 6 c perfetlijftma,penhe per eft a ft fan I’o- pere deU’altre uirtu ;& h giouemle a chi la poftede, &per fe slefia & pergh altriffcrrga laqual (come ft dice) lone iftcfjo non poria ben goutrnare il regno fito. La magnanimitd ancora fuccede a quejie,e tutte lefa maggiorima ejfa Jola flar non puo;perche chi non ha altra uirtu,non pub eftcr magttanimo. Di quefte epoi guida laprudentia: laqual conftjlein un certo giudi- Q^r J. \T 0 . 177 tio d'degger bate .Etin tal felice catena ancora fo¬ nt) collegate la liberalitd, la magnificent ia,la cupidi td di honor e,la manfuetudinefa piaccuoleipgaja af- fabilita , & molte altrc, che hor non l- tempo di dire. Ma fell noslro Cortegiano far a quelio , cbe haurno detto, tutte le ritroucra nell’animo delfno Trincipe, & ogni di ne uedrd nafcer tanti uaghi fiori &fruiii y quanti non hanno tuttii delitiofi giardini del mondo, c tra fe ftejfojentirdgrandiffimo content0; ricordan- dofi bauergli donate non quelio , che donanoi fcioc- chi,cb’eoro,o argento,uafi, uciie,e taicofc;delleqiia li chile dona., n’ha grandijftma careilia,chi le rice- ue,grandifiima abondantia;ma quella uirtu,ckeforfe tra tutte le coje humane e la maggior ,&la pin ra- ra ; cioe la maniera e’l modo di gouernave, & di rc- gnare, come ft dee; ilcbe folo bafieria per far gli buominifelici,& ridur un’altra uoltaalmondo quel¬ la eta d’oro, ebefiferiue ejkr fiata, quando gid Sa- turno regnaua . Quiui bauendo fatto il S. Ottauia- ■no un poco di paufa,come per ripofarft,dijfe il S. Ga- ■Jpa.Qualeflimate uoi S.Ottauiano piu felice domi- nio, & baflantea ridur al mondo quella eta d’oro, di che bauete fatto mentione, o’l Regno d’un cofi buon“Principe,o’l gouerno d’unabona Repub lical ■Rjfofe il S. Ottauiano. Io preporrei fempre il Re¬ gno del bon Trincipe; per cbe bdominio fecondo la ■natura :& feb licito comparar le cofepicciole alls infinite,piu ftmile a quelio di Diofil qual uno,&folo gouerna I’uniuerfo; ma lafeiando queflo, uedete che in cib cbeftfa conartebumana, come gli efiercitij, Z igran Quale 8 meglio, o il Regno d’u-* na perfctta Republica, 6 d’un bu§ Pcencipe. LI B 11 6 i gran nauigifgli cdificij,& altre cofefimili; il tutto ft riferifce ad un folo,cbe a raodoJuo goucrna; mede- fimamente nel corpo noftro tutte le membra s’affatica no &adopranfiadarbitrio del core; oltradi queflo par convenience, cbe ipopuli ftanogouernati hurt 'Principe, corntancor gli animali, a i qitali la natura infegna queila obedientia,come cofa Jaluberrima.Ec coni, cbeiCerm,le Grue,e rnoltialtri uccelli,quando fanno paflaggio, fempre ftpropongono un Principe ilquale jeguono , & obedifcono; & le ^tpi qua ft ton difcorfo diragiene,e con tanta riuerentia ofderuano il loro ,ge,con quanta ipiu offeruantipopuli del tnondo; & pero tutto quejlo e grandiffimo argumento, che’l Co-raditio- q om \ n i 0 de’ Principi (ia pin jecondola natura, cbe iopradette. quello dells I{ep, chepiufacil cofa e,chelamente d'un folo ft corrom- pa ,che quelladi molti,dico che h ancora piu fhciL cofatrouar unbono & fauio, che malti;&bono, & fauio ft dene estimare, che pofia effer un P^e dinohil ilirpe ,inclinato alls uirtu dalfuo natural’inJlinto,& dalla famofa memoria de fuoi antecefiori, & ijlitui- todi buoni coftumi;&fe non far a d’un'ultra specie piu che bumana, come uoi hauete detto di quello. dcllc jtpi , effendo aiutato da gli am ae sir ament i,& dalla educatione ,& arte del Cortegiano formato da quefti Signori tanto prudentc & bono,fard gmftijp- moycontentiffmo, temperatijfimo ,fortiffimo, & fa- pientiffimo ; pien di liberalita,magnificent ia,re!igio- ne,& dementia ; in fomma fard glorioft(Jimo,& ca- riffmo a gli buomini,&a Dio i per la cut gratia ac¬ quirer a quella uirtk heroica, chelo fard eccederei termini ddl’humanitd ; e dir ft potra piu preflo Se- mideo, che huomo mortale;percbe Dio ft diletta, & eprotettor non di quei Vrincipi, che uogliono imi- tarlo col mo fir are granpotentia, & far ft adorare da gli buomini; ma di quelliycbe okra aliapotentia, per Z 3 la quale Au«4 Compara- tione. Crande ar« go men toe, che’l Pror cipe fia buo no quando fon buoni i gopoli. L T B P v 0 la quale poffono, ft sforgano di farjegli fimiliancord con la bontd, & fapientia;per la quale uogliano, & fappiano far bene ,&ef]er ftuoi miniftri, diftribuen- doa falutedeimortali ibeni,& idmi,cbedaluiri- ceuono. Tero coft come nel cielo il Sole, e la Luna, e I’altre slellemoftrano al mondo quafi, come in j]>ec- cbio,una certa fimilitudine di Dio; cofi in terra mol- to piu fimile imagine di Dio [on que boni Trincipi, cbe I’amano , & reuerifcono , & moflrano a i populi la jflendida luce della fua giuflitia, accompagnatd da una ombra di quella ragione , & intelletto diui- no; e Dio icon que si i tali participa della bonefla, equitd , giuflitia, & bontd fua, & di quegli altri fe~ lici herd, ch’ionominarnonfo; liquali rapprefenta- noalmondomoltopiu chiaroteflimonio didiuinita, cbe la luce del Sole, oil continuo uolger decielicol uario corfo delle flelle.Son adunque li populi da Dio commejf fotto la cuflodia de Trincipi fliquali per que fio dcbbono bauernediligente cur a, per renderglkne ragione, come boni Vicartjalfuo Signore;&amar- gli,'& efiimar lor proprio ogni bene & male, cbe gli interuenga; & procurar fopra ogni altra cofa la f e- licita loro . Verb deue il Trincipe non folamente efier bono, met ancora far boni gli altri; come quel fquadro, cbe adoperano gli arcbitetti, cbe non fola~ mente in fe k dritto egiuflo, ma ancor indrigga & fa giufie tutte le cofe, a cbe uiene accoflato. Et gran - di/Jimo argumento e, cbe'l Trincipe fiabono, quan- do i populi fon boni; per cbe la uita del Trincipe b legge &maejlra de icittadini; & forgafche dai_ i cosiumi Q^V ^ T 0; i So toflumi di quello dipcndano tutti gli altri; ne ft con- lueneachi e ignorante, infegnare;ne a chi h inordina¬ te ordinare,ne a chi cade,rileuar altrui.Tcro fc’l Trin cipe ha da far hen quefli offcij,bifogna ch'egli ponga ogni studio,& diligentia, perjapere; po: formi den- tro a fe fteffo , & ofierui immctabilmente in ogni cofa la legge della ragione, non feritta in carte, o in mctallo, ma fculpita ndl’animo fito proprio ; accio che gli fta fempre, non che familiare, ma intrinfeca, & con effo uiua,comeparte di lui; perche giorno & nottemogni luoco& tempo lo amonifea, & gli parli dentroal core, leuandogli quelle perturbaticni, che fentono gli animi infetnperati ; liquali , per ejjer op- pre/fi da un canto qtiafi da profondijjimo fonno del¬ la ignorantia, dali'ahro dal tramglio, che riceuono da i loro penfieri & ciecbi deftderij,fom agitati da furore inquieto, come talhor chi dome da ftrane & horribjli uifioni. aggiungendofi poi maggior poten- tiaalmaluolere, fin’aggiungeancora maggior mo- lejlia ; & quando il Vrincipe pub cib che uole, allhor e gran pericolo che nonuoglia quello, che non deue; pero ben dijfe Biante, che i magiHrati dimoflrano quali ftan gli huomini;chc come i uaft mentrefon uo- ti,benche habbiano qualche fiffura; malfi poffono co- nofeere, mafe liquore dentro ui ft mette ffubito rno- Jlrano da qual banda fta il uitio;coft gli animi corrot- ti& guafti rare uolte fcopronoi loro difetti,fenon quando s'empion d’autorita; perche allhor non bafia- no per fopportare il graue pefo della potentia; & percib s’abandonano, & uerfano da ogni canto lg Z q cupiditd, Detto ii Biante. L 1 B \ O cupidita, lafuperbia,la iracondia , la injolentia, & que't coHumi tirannici, cbe banno dentrofondefen- tga rifguardo perfeguono i boni e i fauij, & effaltano i mail; ne comportano cbe nelle cittd ftano amkitie'i compagnie, ne intelligentie fra i cittadini; rna mtri- fcono gli efrloratori , accufatori, homicidiali, actio cbe frauentmo, efacciano dinenirgU huominipufl- lanimi; & frargono difcordie, per tentrgli difgiunti & debili; & da quefti modi procedono poi infiniti dami,&ruine airniferi popoli, & jfefio crudel mcrte, o almen timor continuo a i medefimi tiranni; perche i boni Trincipi temono non per fe, ma per que'llfa quail comandono; & li tiranni temono quel li medefmi, a quali comandano,perb,quanto a mag- giornumero digente comandano, &fon phi potenti; tantopiu temono,&banno piu nemici. Come crede- te uoi cbe ft jpauentaffe , &flejfe con I’animo fifyefa eieateo ti- quel Clearco tiranno di Tonto ogni uolta , cbe anda - ranno. U a nella pia-gga , o nel tbeatro,o a qualcbe conuiio , 0 altro loco publico? cbe (come ft j critic) dormiuacbiu- juiftsdera# fo in una cafia; ouer quell’altro ulristodemo „4rgi- uo ? ilqual a fe siefto del l-etto hauea fatta quaft una prigione; cbe nel palargo fuo tenea una pic cola fan- %afofpefa in aria, & alta tanto - cbe con fcala andait ui ftbifognaua; & quiui con ma fua femina dormi- ua,la madre della quale la notte ne leuaua la fcala , ttfc*la uita Irt mattina ue- la rimetteua. Contraria uita in tutto 4«iriecipe. a qucfla dene adunque effer quella del bon 'Principe* libera & ftcura, e tanto cam a i cittadini, quanto la loro propria ; & ordinata di modo , cbeparticipi della Q^V U K.T 0 . 181 dell’attiua, & della contemplatiua , quanto ft conuie neper bene ft do de ipopoli.^illborail Signor Gajpa ro;Et qual,difie,di queSiedue uite Signor Ottauiano, parui cbepin s’appartenga a! Veen ape?Pfifpefe il Si gnor Qttauiono, ridendo . Voiforfe penfate ch’io mi perfuada ejj'er quell'eccellentcCortcgiano, cbe dene faper tanie cofe, e feruirfene a quel bon fine, cb'io bo detto; ma ricordaeeui,cbe quefii Signori I'hanno for- mato con molte conditioni, cbe non fono in me; pero procwiamopritna di trouarlo, cb’io a lui mi rimetto e di quefio,e di tutte I’altre cofe , cbe s’appartengono abuon ‘Principe . ^illborail Signor Gajparo. Tenfo, difiecbe fc delle conditioni attribute-al Cortegiano, alcune a not rnancano,fia pin preSlo la Muficafi'l da ■gare,c I'altre di poca importaniia,cbe quelle,cb’apar tengono alia institution del Vrincipe,& a queSio fi¬ ne della Cortegiania. Rj[p.il S.Ottauiano. Ssbonjono dipoca importantia tutte quelle,cbegiuuano a guada gnar la gratia del Tancipejlcbe it necejfario (come baucmodetto )prima chc'l Cortegiano fiauenturia uolergli infegnar la uirtu; laqual efiimo baiteruimo Strata, cbe imparar ft pub,& che.tantogioua, quart to noce la ignorantia, dalia quale nafeono tutti i pec- cati; & maffimamente quella fitlfapcrfuafion , cbe I’buomopiglia di feftefio; psropami d’bauer detto a baftanga eforfe put cb’io non baueuo promefio.^l- lora la S.Duchefiaftfipifaremo,dij]e, tantopiu tenu - ti alia cortefta uoSlra., quanto la Jaiisfatione auan~ gerd la prornefia ; pero non u’increfca dir quello, (be uiparefopra la dimndtt del S.Gaffaro ,& per uoSira Quel, cbe dee fare il Cortegiano jorima > che li arrifehi d'infegnarc la‘uirtu al frincipe. L 1 B P v 0 woslra fe ditcci ancora tutto quello, cbe uoi injegna- refte al uojlro Vrincipe,s’egli baueffe bifogno d’am- maesiramentij&prefupponeteni d’hauerui acquifla to compitamente la gratia fua, tanto cheui fuleci - to dirgli liberamente cio,cbe ui uiene in animo. Pffie il Signor Qttauia.no ,&difie; s'io baueffila gratia di xauitaeon qualcbeVrincipe, cb’io conofco, & gli diceifi hbera- dTuifilin' a mente itparermio,dubito, cbepreftolaperderei; ol- uut parri, tra chcper infegnargli bifogneria, cb’ioprima impa- rajJi;pnrpoi cbeauoipiace,cb'io nfponda ancora cir ca queHo al Signor Gaffiaro,dico cbe a me pare,che i Vrincipi debba.no attendcce a I’una & I’altra delle due uite,ma pin pcro alia contemplatiua;perche quc- fta in effi e diuifa in due parti; delle quali I’una con ft ftenelconofcer benc^tgiudicare;l'altranel common, dare drittamente 3 & con qusi modi, cbe ft conuengo - no; & coje ragioneuoli,& quelle,di cbe hanno auto- rita,&comandarle a cbiragioneuolmcnte ha da ebe- dire,& ne ilocbi,e tempi appartenenti;& di quePio parlaua il Duca Federico, quando diceua, cbe chi fa comandare, e fempre obeaito ; e'l comandar e Jem* pre i l principal officio de Vrincipi, i quali debbono perbancor fpefio uedere con gli occhi, & efser pre fenti alle effecutioni, & fecondo i tempi , f e i bifo- gni ancora , ialhor operar effi ftefji, & tutto que- fto pur participa della attione; rna il fin della ui- ta attiua deite ejkr la contemplatiua, come della guerra, la pace; il ripofo, delle fhtiche ;pero e an- cor officio del buon Vrincipc inflituire talmente ipo- poli fuoi 3 & con tai leggi,& ordmi,cbepofiono /ti¬ me . \A \ T 0 . 182 iterenell’ocio,et nellapacefengapericolo, & indignl td;& godere laudeuolmente quest0 fine dcllcjue at- fioni, cbe dcue offer la quiete; percbe fonofi trouate Jpeffo moltc l\epubliche, & Trincipi , liquali nellx gnerra fempre J'ono ftati florcntijjimi & grandi; & fubito cbe banno haunt a lapace,fono iti in ruina, & hannoperduto la gvande^ga,e’lfj>lendore,come ilfer f"p^ c p c ‘ ro non eflercitato;& queflo non per altro e interuenu in to, cbe per non bauer bona inflitution di uiucre nellx pace, nc ftper finite il bene nell’ocio; & lo Bar Jem pre in gnerra, fenga. cercar di peruenire al fine della pace,non b licito; bencbe eBimar.o alcuni Vrincipi,il loro intento douer ef]er principalmenteil dominate a i-fitoi uicini, &pero nutrifcono i popoli in una belli - cofa feritd di rapine,di botnicidij,&taicofe:lor dan nopremijper prouocarla ,& la cbiamano uirtii ; on~ de fa gid ccfiume fra i Scythi, cbe chi non bauejfe morto un fuo nemico,non potefie here ne i conuiti fo- lenni alia tagga, cbe fiportaua intorno alii compa- gni.Inaltri locbi s’ufa indrizgare intorno it fepolcro tanti obelifci, quanti nemici haueua morti quello, che } prill V. tra fepolto;& tutte qneBe cofe & alt re ftmili ft fa- deona fare ceano,per far gli buomini belliccfi,folamenteper do- J^X*' b “ niinareagli altrifdcbe era quafi impoJJibile,per effer bnprefa infinitafinfmo a tanto, cbe non s’bauefie fog giogato tutto'l mondo;&poco ragioneuolefecondo la legge della natura, laqual non uuole che ne gli altri a noipiaccia quello, che in net BeJJi ci diffiace; perb debbo i Trincipi far i popoli beliicoft, non per cu- piditd di dominate, ma per poter difendere (e fief*, fb& L I B \ 0 ft ,& gli medefmi popoli, da chi uolefle ridurgli m ferui tit, ouer fhrgli ingiuria in parte alcuna , a Hel¬ per difcacciar i Tiranni, & gouernar bene qua po poll, cbefiifiero mal trattati; ouer a per ridttm in feruitu, quelli che fuffero tali da natura , che meri- tafiero efier fatti ferui, che con intentione di gouer- nargli bene, & dar loro I'ocio, e l ripofv ,&la pa¬ ce ;& a questo fine anccra debbono ejfere indrigpga te le leggi, & tutti gli ordini della giuSitia col pu~ nirimali, non per odio, ma per che non fiano mali, & accio che non impedifcano la tranquillita de i bo¬ th; per che in uero c cofa enorne, & degna di bia- fimo,nelia guerra (che in fe hmala ) moftrarft gli huomini uatorofi, & fauij ; & n ella pace & quiete,; che i bona , mojirarfi ignoranti, & tanto da poco, che non fappiano godere il bene. Come adunque ne la guerra debbono intender i pcpolinelle uirtu utili, & necefjarie , per confeguireil fine, che e {a pa- 11 fine deli ce ; cofi nella pace per confeguirne ancor il fuo fine , pace , * la £ fo e £ [ a tranquillita, debbono intendere nelle ho- txaijujiina. -Squall fono il fine delle utili; & in ted mo- do i fudditi far anno boni; e’l Trincipe hard molto piudi laudare, & premiare, che da caftigare ; el dominio per li fudditi, & per lo Trincipe , fard feliciffisr.o ; non imperiofo , come di patrone al (er- uo, madolce , & placido, comedi buon padre A bon figliuolo. vdUhora il Signor Gajfiaro, Volontieri, difie, japrei quali fono quesle uirtu utili, & necejfa rie nella guerra,& quali le bone fie nella pace. Ifijfo feil Signor Ottauiano. Tuttefon bone & gioueuoli, percbe tendono a buon fine ; pur nella guerra preci fuamente uai quclla item fortegga , the fa. I’animo tjfcnte dalle paffioni, talmente cbe non Job non fe¬ me i pericoli, mapur non li cur a; meaefimamentc la conflantia & queUapatientia tcllcrantc con I’animo faldo, & imperturbato a tutte Ic pcrcojje difortuna; Conuienft an cor a nella guerra,& fempre,baiter tut- virtn, the te le uirtu,cbe tendono all’honeflo; come lagiuflitia, bil p8 I ' an o , -i ■ i - „ nella g“«- la continents,la temperantia,ma motto piu nella pa- ia. ce, & neU’ocio; percbc jfefjo gli buominipofli nella projperitd,& neU’ocio,quando lafortima Jeconda lo¬ ro arride,diuengono ingiujli,intemperati,& lafcianft corrompere da i piaceri; perd queUi cbe Jono in ta¬ le Plato, banno grandijjimo bijdgnodi quefic uirtu; perd cbe I’ocio troppo facilmenteinduce mail coflu- mi ne gli animi hitmani. Onde,anticamente fi diccua in prouerbio,che a i ferui non ft dee dar ocio; & ere- deft, cbe le Tyramidi d’Egitto fujferofatte, per te¬ ller i popoli in efiercitio; percbe ad ogniuno lo ejjere afijueto a tolerar faticbe b utilijfimo . Sono ancora molte altre uirtu tutte gioueuoli; ma bafii per hor lo bauer detto infin qui, cbe s’io fapejji injeguar al mio ’Principe, & inflituirlo di tale & coft uirtuofia educa tione, come hauemo defignata ,facendolo fenga piu mi crederei afiai bene bauer confeguito il fine del buon Cortegiano. ^Allborail Signor Gajparo, Si¬ gnor Ottauiano ,dij]'e, percbe molto bauete laudato ia buona educatione, & moflrato quafidi credere, p^^'e a ckequefta fia principal caufadi far I’huomo uirtuo- Conegiano fo & bono j uorrei fapere , fe quella inftitutme, cbe tone. 11 "'’ ha da L’anima di uiia in due parti. : l i b r v o ha da far il Cortegianonel fuo Trincjpe, deve effet cominciata dalla confuetudine, & quafida i costu- mi cottidiani, liqua!i,fen%a cbe efio fe ne auegga, lo affuefacciano al ben fare; o fepurgli deue darprmi- pio col moftrargli con ragione la quahtd del bene & del male,& con faygli conofcere,prima che fi metis, in camino , qual fia la bona uia, & da feguitare, & quale la mala,& da fuggirefm Jomma je in quell’a- nimo fi dene prima introdurre, & fondarle until con la ragione,& intelligentia, ouer con la confuetudine, Di/Se il Signor Ottauiano. Voi mi mettete in trop- po lungo ragionamento ; pur accioche non id pah cb’io manco per non uoler nfiondere alle dimande uoflrc, dico, ebe fecondo che I’anima e'l corpo in mi fin due cofi; cofi ancora I’anima e diuifa in due parti, delle quad I’una bainfelaragione, I’altral’apetito. Corns adunque nella generations il corpo precede I’d nima;cofi la parte itrationale dell’anima precede Id rationale, il cbe ft comprende cbiaramentene i fan- ciulli;ne quad quaft fubito cbe fono nati,fi uedeno I’i- ra,& la concupifceniia,ma poi con fpatio di tempo ap pare la ragione . T?ero deuefi prima pigliar cur a del corpo cbe del’anima,poi prima dell’apetito, che della ragione;ma la cura del corpo per rifpetto deWanima, & dell’appetito per rifietto della ragione; chefecondo cbelauirtiiintellettiuafifaperfetta con la dottrina, cofi la morale ft fa con la confuetudine.Deuefi adm¬ que far prima la eruditione con la confuetudine;la- qualpuo gousrnar gliappetiti non ancor capaci dira ■,e con quel bon ufo indrig^argd al bcnc;poifta- bilirgli Q^V JIT 0 . 184 bilirgli conla intelligent^; laqualebencbe piutardi moltri ilfuo lume,pur da modo di fruir piu perfetta- mente le uirtu a cbi ba bene injtituito I’animo da i co ilttmi;ne’ quahlal parer mio) confifte il tutto. Pif- feil Signor Gafparo. Trirna cbepajjiatc piu auan- feehauec* ti,uorreifapere,che curafi dcue batter del corpo; per dcicoipo. cbe bauete detto cbe prima detiemo bauerladi quel- lo, cbe dcll’anima. pimandatene, rifpofe il Signor Ottauianoridendo,a queslifcbelo nutrifconbene, & ncuoiTa”* fongraffi, &frefcbi; cbe’l mio (come uedcte )none fom troppo ben curatotpur ancoradi quefiofiporiadir mariamcn- largamente : come del tempo conueniente del mart- te- larji, accio cbe i figliuoli non fu/sero trpppo uicini, ne troppo lontaniaUa eta paterna:de glicjkrcitij,& della educations,fubito chefono nati, & nel rejio del¬ la eta,per fargli ben difpofli, profperofi, &gagliar- di. I{j(pofe il Signor Gafparo. Quello, cbe piupiace- ria alle donne, per far i figliuoli ben difpofli, & bel¬ li ((econdo me ) faria qitella communitd , cbe di ej]e mol Tlatone nella fua Rgpublica , & di quel modo . .Allbora la Signora Emilia ridendo , Aon cne'paiti, difie: cbe ritorniateadir rnal deilc Don¬ ne. Io , rijpofe il Signor Gafparo, mi prefumo dar loro gran laude, dicendo cbe defiderinoicbe s’intndit ca un cofiume approuato da m tanto buomo.DiJfe ri¬ dendo M.Cefare Goa ■gaga .Veggiamo fefrai docu- menti del S. Ottauiano, cbe nonfo fe per ancoragli J habbia detti tutti,quefto pote/Je batter loco; & fe ben fufle cbe’l "Precipe ne facefie una legge. Quellipocbi cb’io bo detti rijpofe il S. Ottau. forfeporian baUare, per L 1 B 1\ 0 perform "Principe buono, comepolfono eferquellt, (he s’ufan hoggidi; be che chi uolejie ucdcr la cq fa pin minutamente,haueria ancora molto piu che dire. Sog giunfe la S.DucbeJsa.Poiche non ci cofa altrochepa role,dichiarateci per uofirafe tutto quelio, ebeu'oe- correria in animo da infegnar al uoflro Principe.?$o fe il S.Ottau.Moltealrre cofe Signora gli infegmei, pur ch’io lefapeffi, & tra I’altre, chede fuoi fudditi elegeffe un numero digentil’buomini, & deipiu no- bili,& fauij; co i quali confultajfe ogni cofa, & Ion dope autoritd, & libera licentia, che del tutto fenga rifguardo dir gli potefiero il parer loro ; e con effi te- nefie tal maniera che tutti s accorgefero, che d’ogni cofa faper uoleffe la uerita,& bauefse in odio ogni bn gta;&oltre a queflo conftglio de nobili,ricerdarei che fujjer eletti tra il popolo altri di minor grado; de’quit li ft facejje un conftglio populare, che comunicajfe col conftglio de'nobili le occorrentie della cittd apparterie ti al publico et al priuato;et in tal modo ftfaceffe del Principe,come di capo,& de i nobili, & de popula¬ rly come d.i membri,tm corpo folounito in feme ; il gouerno del quale nafcejfe principalmente dal Prin¬ cipe , nientedimeno participate ancora de gli altri; G'mfKtia cu cofi haria queflo flato forma di tre gouerni boni, liflima^che ch’kil Ifegno,gli ottimati, c’lpcpolo .^ipprefo gli ai Pnncipe moftrarci, che delle cure, che al Principe s’appar- peiuenga. , . . , „ , ./ . fr tengono, la piu mportante e quella della giusutia; per la conferuation della quale ft dehbono eleggere ne i magiflrati i fauij, & gli approuati huomini; la pmdentia de' quali fa uera prudentia accompagnata data Qry ,A 0 . 185 dallabontd,perche altrimenti non c pruientia, ma. aUutia;&quandoquesiabontd manca,femprel’ar¬ te , & futtilitd dei caufidici non £ altro ckc rui- m & calatnitd delle leggi ,edei giudicij, & la col- fa d’ogni loro error: fi ha da dare a chi gli ha posli in officio. Direi comeda la giuftitia artcora depen- de quella pietduerfo Iddio,cbe£ debita atutti,& rnajiirmmmte a i Vrincipi-, liquali debbon amarlo fo- pra ogni altra cofa,&a lui corneal uero fineindrittp- sgirtutte lefete attioni;& come dice Xenofonte, ho- norarlo & amarlo fempre, ma moltopiu, quando fo- no in profferitd ,per bauer poi pin ragioneuolmen- te confidentia di domandargli gratia , quando fino in qualche aduerfitd . perche impofiibile £ gouernar benefe flejfo, nealtrui , fewga, aiuto di Dio; il qua¬ le a ibmi alcana uolta manda la fecondafortunaper miniflra fua, che gli rilieui dagrauipericoli, talhor la aduerfapernonglilafciaradormentare nellepro- fperitd , tanto che fifeordino di lui, o della pmden¬ tia hrniana, la quale corregge ffeffo la malafortu- rut;come buon giocatore i trattimali de dadi colrne- nar ben le tauolc. Jppn lafeiarei ancora di ricordare d principe,che fujje ueramente religiofo, non fuper- ftitiofo, ne dato alle uanita d'incanti, & uaticinij; perche aggiungendo alia prudentiit humana lapietd diuina , & uera religione , haurebbe ancora bona fortuna, & Dio protettore;il qual fempre gli accre- feerebbe proffer ltd in pace &in guerra .vAppreJfo direi, comedoueffeamarlapatria,eipopolifuoi,te- nendogli non in troppa jentitii, per non fi far loro db a odiofo} Religiose, A more. L I B O odiofo; datta qual cofa nafcono le feditioni,le congiu- , re,& miUedtri mali;ne meno introppo libena,per non effer uilipefo; da cbe procede La mca licendofa & dijfoluta de i populi,le rapine, if uni, gli homici - dijfcnga timoralcuno delleleggi,e fpefio Idrmm& efttio totale delle cittd ,& dei Regni. ^ipprefjo , come douefie amare i propinqui di grado in grade, feruando tra tutti in certe cofe ma pare equalitd ; come nella giuiiitia,& neUa liberalitd, & in alcune altre ma ragioneuole inequalitd; come I’ejfer libe¬ rate nel rimunerare,nel dijirimir gli bonori, & di- gnitd ,{econdo la inequalitd de i meriti; liquali fem- pre debbono non auangare, ma efier auangati dalle remunerationi; & cbe in tal modo farebbcnon cbe amato,ma qua ft adorato da fubditi ; tie bifogneria cbe eJ]o per cuHodia della uitafua ft commettejk a fo reftieri; cbe i fuoi per utilita di fe fteffi con la pro¬ pria la cuftodiriano ; & ogn’itn uolontieri obediria alls leggi, quando uedefje, cbe efto medefimo obbe- difie, & fujfe quaft cuslode & efiecutore mcorrut- come fi tibile di quelle; & in tal modo circa queflo darebbe lia° di^po- coft ferna impre/fion dife, cbe fe ben talbor octorref- re&i'iiiit 1' f ea CQn trafadcin qualcba cofa,ogniun eonofceria, nu. cbe ft fhcefte a buon fine; il medefimo riftetto, & riue rentia s’baria al uolerfuo, cbe alleproprij leggi; & coft fariano gli anmi de’ cittadinitalmente tempera-. L’eweiTuie ti,cbei boni non cercariano hauerpiu delbifbgno, ei JpflTo &no non porianospercbe molte uolte le eccejjiue ric- Mgioae di cheygge fon cauftt digran rouina; come neUa pouera gi4o ruina. > fa y ua [ e £ Ultta H j a £pyeda efpofta a genu V JL T 0. lU genii siraneft per lo rnalgouemo, come per le molte riccbegge,di cbe e piena;pcro ben faria,che la mag- gior parte de i cittadini fujjero ne molto ricchi, ne molto poueri;percbe itropporicchi fpeffo diuengon fuperbi & temerarij ,i poueri iuli,e fiaudolenti; ma i mediocri non fanno infidie a gli altri,&uiuono fecuri di non efier inftdiati; & eficndo quefii mediecri mag gior numero ,fono ancor piupotenti; perb ne i poueri ne i riccbipofiono conjpirar contra il Trincipe, ouero contra gli a!tri,ne fur feditioni;onde per Jchifhrque - fio male,bfalubenima cofa mantenere uniuerf'almen- te la mediocritd.Direiadunque cbe ufar doueffeque- fii & molt'altri rimedij opportuni; percbenelia mat¬ te de ifubditinon nafcefie dcfiderio di coje none, & di mutatione difiato; ilcbe per ilpiu dclle uolte fan- no;o per guadagno,o ueramenie per honore,cbe jpera no;oper danno, o ueramenteper uergogna,cbe tema-r no; & quefii mouimenti ne gli animi loro fcngcnerati talhor dall’odio,& fdegno,cbegli dijpera per le ingiu rie,& contumelie,cbe fono lorfatte perauaritia ,fu- pcrbia,& crudeltd,o libidine de’fuperiori;talbora dal uilipendio,cheuinafceperla negligentia, e uiltd ,e dapocaggine de’ Trincipi ; & a quefii dm errori de- ucfioccorrere con I’acquifiar da i popoli l'amove, & I’autoritd ; Hebe fi fa con benificare & bonorari bo- ni,& rimediar pmdentemente, e talhor con feuentd cbe i mali, &feditiofi non diuentinopotenti; laqud cofa epiu facile da uietar prima, cbefiano diuenuti, cbe leuar loro le forge,pot ckel’banno acquiflate; & dirci cbe per uietar, cbeipopuli nonmcorrino in JMediocritl L 1 B 1{ 0 ■ejtiefli error}, non e miglior uix, che guardargli dal¬ le male confuetudini ; & majjimamente da quelle, che ftmettonoin ufoapo.coapoco,perchefonope- fiilendefecrete, che conompono le cittd,prkna che d tn,non che rimediare ,rna puraccorger fcne pofia. Con tai modi ricordarei, c'he’l Tnncipeprocurafie di conferuare ifuoi fudditi in fiato tranquillo,&daf lo ro i beni dell’animo&del corpo,& della fortuna; met ijitellidelcorpo, & della fortuna, per potsr offer char q/telli dell’animo; iquali quanto fono maggiori, e pin ecceffiui, tanto fono piu utili j ilche non intsnuene di qitellidel corpo, ncdeUa fortuna. Se adtmque i fad - did fufiero bmni, & ualorofi ,& hen indrippad al fine della felicitd,faria quel "Principe grandijji- mo Signore ; perche qucllo 'euero , & gran domi- mo,fotto il quale i Judd it i fon buoni, & ben gouer- nad,&ben commcmdati.^fllbora il Signor Ga- fjaro, Ten Jo io,difie, che picciol Signor faria quello fotto il quale tutti i fudditi fufiero boni, perche in Attcru. ogniloco fonpochii boni. Bjfpofe ilS. Ottauiano. Seunaqualche Circe mutaffe infiere tutti i fudditi delJ{edi Francia,non uiparrebbe,che picciol Signor fuj]e,fe ben fignoreggiajk tantc migliaia d’animali? &per contrario ,fe gli amend, che uanno pafeen - do folamentefa per quefti noftn mond,diuenijfero buo mini fauij & ualorofi cauallieri; non csdmaresle uoi, il ustore, € chequeipatiori,chegli gcuernafj'ero , &da effi fuf- tltud!n™de f ao obediti, fujferodepajlori diuenud gran Signo- ^adi ^ ri ' y ec ^ ete d unc l ue > c ^ e non la moltitudme de i fud- lilncipi* did, mail ualor fa grandi li Vrincipi. Erano ttad '“” 7 " per £f.r A P v T 0. iSj per bon Jpatio attentiffimi al ragianam'ento del S. Otta. la S. Duchefia&laS. Emilia &tutti gli al- tri-j mabauendo quiuieftofatto tinpoco dipaufa,co¬ me d’hauer data fine dftto ragionamento; difie M. Cefare Gongaga.Veramente S. Ottauiano non ftpno dire, cbei document! uoliri non fian boni & utili; nientedimeno io credcrei, che fe uoi fonnasle coir quelli iluoHro Trincipe ,piupreslo meiitarefte no¬ ne di bon maeHro di fiola ,che di bon Certegiano ; & eJ]o piuprejla di bongouematore,che digran Trin cipe. foil dicogid,cbe curadei Signori non debba ejjere, cbei populifianobcn retti con giuslitia,& bone lonfuctudini; nientedimeno ad ejjiparmi, che basil eleggere boni minisiri per ejjequir quelle tai c.ofe, & cbe’l uero officio loro fiapoi molto maggio- re .pero s'io mi fentijji offer quel eccellente Corte - giano,che banno formata quefii Signori, & hauerla gratia del mio Trincipe; certo e,ch’io non lo indurrei rnai a cofaalcuna uitiofaima per cor.feguir quel bon fine, che uoi dite,& io conferma douer ejjeril fiutto delle fatiche,&attioni del Cotiegiano,cercberei d’im primergli neU’cmimo una certagrandegga, con quel fplendor regale,& con una prontegga d’animo, & ualore inuitto nell’arme,cbe lofacefje amar,&riue- rirda ogn’un,di tal forte, che per qitefloprincipabnen te fuj]efamofo,& chiaro al mondo. Direi ancor, che. compagnar doueffe con lagrandegga una domesii- ca manfuetudine,con quella humanitd dolce,& ama- bile, & bona maniera d’accareggare ifudditi,ei firankri difcretamentefiu > & meno fecondo i meri- *A a $ ti, fir- Aasitl. Gran&xu d’animo Manfuctfe ding. I 1 B If 6 ti, feruando pero fempre la madid conuenknte d gradofuo, cbe non gli lafciafje in parte alcunadimi- rsuir I’autoritd per troppo bajfegga, ne meno gli con¬ cha fie odio per troppo aidiera Jeueritd . doHefJe ejfer liberaliffmo, &[plendido;& donar ad ogn’uno fen- •ga riferuo, per cbe Dio (come ft dice) l tbefauriero de i Vrincipi libcrali;fhr conuiti magnifici,fefle,giocbi, fpettacoli publici, bauer gran numero di caualli ec- cellenti perutilitd nella guerra , &perdiletto nella pace, falcon's,cani, & tutti I’altrecofe, cbe s’appar- Jfrancefco tengono xpiaccri di gran Signori, & de populi; co- Gcinzaga jne a no f r i di bauemo ueduto fare il S. Franccfco di Mantua. Gongaga Marcbefe di Mantoa , liquate a quelle cofe par pin preslo F{e d’Italia, cbe Signor di una cittd , Cercberei ancor d’mdurlo a far magni edificij,&per honor uiuendo ,& per dar dife mernoria a i po fieri , come fece il Duca Federico in quesio nobil palag- Xp, & bor fh Vapa Iulio nel tempio di fan Tietro, & quella Hrada, cbe ud da Vdlaggo al diportodi Behtedere ,& molts alti edificij; come fhceuano an- . cor a gli antiebi Fpmani, di cbe ft uedeno tante re- liqstie a l\oma, & a TS[apoli,a Vogp[olo,a Bale,a Ci- uita ueccbia,a Vorto,& ancor fuor d’Italia, & tanti altri locbi;che Jon gran teslimonio del ualordi que- wefland. $ atfiini diuini. Cofi ancor fece Alejjandro Magno; nigno. ilqual non contento della fhma , cbe per hauer doma- to il mondd eon I’arme bauea meritamente acqui/la- ta, edified .Alexandria in Egitto,in IndiaBucephalia, & altre cittd in altri paefi; & penso di ridurre in for rna d’buomo il monte Atbo, & nella man fmisira edificargli Q^.r >A\TO. 18S ; edificargli una ampliffima citta , e neHa dtTtm una , gran coppa , nell.a quale ft raccoglicjfe tutti ifiumi, the da quello deriuano; & di quindi traboccafj'ero net mare,penfter iieramentc grade,& degno d’^Alef- fandro Magno. QueFle cofc ejlimo io S. Ottauiano cbe ft conuengano ad un nobile & uero "Principe, & lo facciano nclla pace ,&ndla guerra gloriofijjimo, & non lo auertire a tante minutie, & lo batter ri- jpctto di combiner folamente per dominare e uinccr quei, cbe meritatio effer dominati, o par far utilirda Judditi, oper leuare ilgouernoa quclli, cbe gouer- nanmale;cbe fe i Romani, ^ilefjandro,^Annibale,& g!i altri baucjfcro bauuto queHi rifguardi, non fa- rebbon liati nel colmo di quella gloria, cbe furono. Rjfpofe allbor il S.Ottauiano ridendo.Quelli,cbe non hebbero quefti rifguardi, barebbono fatto meglio bauendogli: bencbe feconftderate,trouarete,che mol- tigli bebbero , & majftmamente quo primi anticbi, come Tbefeo, & Hercule;rie crediate,cbe altri fitftc- roProcufte,& Scyrone, Cacco, Diomede, ^dntbeo, Gerione, cbe Tiranni crudcli & impij, contra iquali baueanoperpetm ,& mortal guerra quesli magna- nimi Heroi: perb, per bauer liberate ilmondoda cofi intoUerabiii mosln ( cbe altramente non ft debbon nominare i Tiranni) ad Hercule furon fatti & tem- pij,& facrificij,& dati gli honori diuini;perche il be¬ ne ft cio di eftirpar i T iranni b tanto gioueuole al mon- do, cbe chilo fa, meritamoltornaggiorprcmio , cbe tutto quello, cbe ft conuiene ad unmortale . Etdico- {cro, eke not bauete nominati, non ui par cbe ^(left a q fandro Aueffi. Procufte, Sc altri tiiam. Aueiti in- torno alle imprefe de : Piincipi. Monfignor d’Ajj golem L I B Fi 0 fandro giouqlfecon le fue uittorie a i uinti ? hctuendo mftituite ditantiboni coftumi qucUcbarbare genti, cbe fupero,cbe di fiere glifece buomini ? edifice tan- te belle cittd in paefi mal babitatifintroducendoui il timer morale; e quafi congiungendo l’^i[ia,e l’Euro- pa col uinculo deWamicitia & delle/ante leggi,di m do ebspin felici furon i uinti da lui, cbe gli altri;per- cbe ad alcmi moSlr'o i matrimonij, ad altri l’agricul¬ tural altri la religione, ad altri il non uccidere,ma ilnutrir i padri gid ueccbi, ad altri lo aftenerfi da conghmgerft con le madri, &finille altre cofe,cheji * potrian dir in teflimonio del giouamento, cbe fecero al mondo le fue uittorie . Ma lafeiando gli anticbi j, qualpiu nobile, &gloriofa imprefa,& piugioueuole potrebbe efiere, cbe fe i ChriWiani uoltaf'ero le forge loro a fubiugar gl’infidelilnon ui parebbe, cheque- fta guerra, fuccedendo proper amende, & ejfendo can fa di ridune da.Ua falfa fetta di Maumetb al lurne della ueritd chriftiana tante migliaia d’huomini,fuf- fe per giouare cofi a i uinti, come a i uinckoril& ue- ramente,come gid Temifiocle, eflendo difcacciato dal la patria fta , & raccolto dal P v edi Ter fta,& da lui accareggato, & boncrato con infiniti,& ricchifim doni,a ifuoidiffe. ^tmiciruinati erauamo noi, fe non ruinauamo;coft ben poriano allbor con ragion direil medefmo ancora iTurcbieiMorifcrcbenellaperr ditalorfaria la lor falute.Queftafelicitdadunque fpe io,che ancor uedremofe da Dio ne fia conceduto il ui uertanto cbe alia corona di Francia pemenga Mon- fignordCAngolan, il qualtanta fperanga mofira di fe,quart- CfV^ilfTO. 189 fe, quant a mb quartet [era difie il Signor Magnifico;& a quell a d'Inghilterra ilS. Don Henrico Trincipe di I Fuaglia, che her rrefee fotto il magtio padre in ogni forte di uirtit, come tenero rompollo fotto I’ombra d’arbore eccellente, e carico di fiutti, per rinouarlo molto pin hello e pin fecondo,quando fia tempo; che come dild ferine ilnofiro CaJUglione ,& pin larga- mente promette di direal fuo ritorno, pare cbe la na turn in qtteflo Signore hetbbia uoluto far proua di fc fleffit collocando in un corpo folo tante eccellentie, quante bafiariano peradornare infiniti , DiJJ'e allho- ra M. Bernardo Bibiena. Grandiffima fperanga ancor di Je promette Don Carlo Trincipe di Spagnai ilqua- lenon effendo ancor gionto aldecirno anno della fua etdjdimosira gid tanto ingegno,& cofi certi inditif di bontd, di prudentia, di modeMia, di magnanimitd, & d’ogni uirtit, cbe fe I’Imperio de Chrifiianitd fard (come s’eslima ) nelle ftte mani,creder ft pub cbe deb ha ofeurare il nome di molti Imperatori antichi,& ag guagliarfi di fitma a i pin famofi , che mai fiano fia ti almondo. Soggiunfe il S.Ottaniano. Credo adim- que,che tali & cofi diuini Trincipi,fiano da Dio man dati in terra, & da lui fktti fimili della ctd giouenile, della potentia dell’arme, del slato,della bellegga,& difpojition del corpo, a fin che fiano ancor a queslo bon uoler concordi; & fe inuidia,o emulaiione alcu- na efier deue mai tra effi , fia folamente in uoler ciqfcuno ejfer il primo, & pin feruente, & anima- to a cofi gloriofa imprefa . Ma lafeiamo quefto ra- gionamento, & torniamo ql noftro. Dico qdunque Don Henri co Prcncipe d’VuagUa. Don Carlo? Principe di Spagna hog gidi Impcia tore. L IB II 0 Mejfier Cefarc, cbe It cofie cbetioi uolcte cbe faccia il Trincipe ,fon gra>id>ffime& degne di molte laudej ma doaete intendere,cbe fe efifo non faquello, cbe io bodclto, che bada faperc , & non ha formate I’a- nimo di quel modo, & indrig^ato al camino della uirtu, difficilmente fiapra ejjer . magnanimo , libe¬ rate , giudio, animofo, prudente, o hauer alcuna al tra qualita di quelle, cbe fe gli Jpettano; ne per al- d^unond tr0 m ' ye ’-> the f M fi e tale,che per faper'efiercilar que fon turn li- flc conditioni; cbe ft come quelli, che edificano, non [on tutti buoni arcbitctti; cofi quelli, cbe donatio, non fontutti liber all, percbe le uirtu non nocen mai ad alcuno; & mqlti fono,cbe robbanoper donare,& co¬ fi J'on liberali della robba d’altri;alcuni danno a cui no debbono, & lafciano in calamitd, & miferia quegli,a qualifono obligati; altri danno con una certa mala gratia,& quafi diffetto, tal cbe fi conofce cbe lofdn per forxa-,altrinon folamente non fen fecreti,ma chin mam i tesliraoni, & quafi fhnno bandire le fue libe ralitd}dltri pagpamente uotano in tin tratto quel fon te della liberalitd, tantocke poinon fipuo ufar piu, Verb in qitedto,come nell’altre cofe,btfogna faperc, e gouenarfi con quella prudentia,cb’eneceffaria com- pagnia atutte le uirtu, lequali per efier mediocritd, Aueni bd- fon mchie alii dui c(iremi,che fon uitij;onde chi no fa, pSuoiic!" f a ^Intentc incorrein ejfi percbe cofi come e difficile nel circuit) trouare il punto del centra, cb’e ii mego, cofi e difficile trouar il punto della uirtu podia nel meggo delli dui cdlremi uitiofi, I’uno per lo troppo, I’altroperlopcco;&a qnejlifiamo,borall’uno,bar all’altro j tyy a i i t o. loo ! aB’dltro inclinati, & do ft conojceper lo p'tacerc, & per lodifpiacere,che in noi fifente; che per I’uno fhc- ciamo quello,che non douemo, per I’altro lafcimo di fitrquello, che deucremo; beticbe il piacere c molto pin pericolofo, perche fhcilmente il giudicio nosiro da. quello fi lafcia corrompere; ma,perche il conofcere quanto fin I’httom lontano dal ccntro della uirtu, h co fa difficile,deusmo ritirarci apoco a poco da noi &tjfi alia contrariaparte di quello eflremo,alqual conofce- mo effer inclinati:com f.'anno quelli cbe indri'ggano i legni diflorti, che in tal modo s’accojtaremo alia uir¬ tu Jaquale (come bodcttb)confiHc in quelpunto della mediocritd; onde interuiene, che noi per molti modi errixmo,& per m folofacciamo I’ufficio & debito noRro;cofi comegli arcieri,cheper una Ilia fala dano nella brocca,& permoltc fhllavoilfegnotperd faefa fa m Vrincipe per uoler effer bumano, & affabile,fit infinite cofafuor del dccoro, & ft auilifee tanto che e difpreg^ato . ^ilcun’altro per faruar quclla maie- Sldgrauecon auttoritd conucmentc , dittiene ausle- ro,& intolerabile. ^tlcun per effertenuto eloquente, entra in mille slrane maniere,& lunghi circuiti di pa role ajfettate afcoltando fa stefio, tanto cbe gli altri per faHidio afcolt.rr non lo poffono . Si chenonchia- m ite M. Cefare per minutia cofa alcuna , cbe poffa inigliorare un Vrincipe in qual fiuoglia parte, per minima che ella fia : nepenfategid cb'io cHimi, che itoi biafimate i miei documenti,dicendo cbe con quel- li piu tofto ft fomaria un bon gouernatore, che un bum Vrincipe: che non ft pub forfedar maggior lau- dc,ne 1 a maggior Jaude,che li puddarcvn Pfincipe, e chiamarlo buon goucr n a tore. Cure rntte appartenen ti ai Piin ci¬ te. L 1 B \ 0 de,ne pin conueniente ad un bonVrincipe, che thii- marlo bon goKernatore;per'o je a me toccajse in si it tut lo,uorrei cbe egli baucjfe cur a non folamente di go- uernarlc cofegid dette,ma le molto minori,& inten- defie tutte le particularity appartenenti a fuoi popoli, quanto fojje pojjibile ; ne mai credefietanto, netan- I toftconfidajje d’alcuno fuo minisiro , che a quel Jolo rimetteffe tctalmente la briglia > & la arbitrio di tut- to’l gouerno; perch e non b alcun cbe ft a attiffimo a tut te le co[e\; & molto maggior danno precede dalla ere dulitd de' Signori,che dalla iiieredtditdilaqual non fo lamcnte talbornon noce,ma fiefio fommamentegio ua; pur in queslo e necejfario il buon giudicio del "Principe, per conofcer chi rneriia efier creduto, & chi no. V orrei che hauejj'e cur a d’intendere le aitio- ni,& cjjer cenfore defuoiminiftri ; di leuare, & ab- breuiar le liti tra i fudditi; di far fare pace tra effi, al legarliinfieme de parentati; di far cbe lacittdfufie tutta unita & concorde in amicitia,come una caja pri mta,populofa,non pouera,quieta, plena di buoni ar¬ tifice , difkuorir i mercatar.ti, & aiutarli ancor con denari,d’efifer liberate t &honoreuote nelle bofpitali- ta uerfoi forefiieri,& uerfa i religiofi;di temperar tut te le fuperfluitd ; per cbe (fefibpcr gli errore, cbe ft fknno in queste cofe ,benche paianopiccioli, le citti uanno in ruina ; perb e ragioneuole, cbe lTrincipe ponga meta a i troppo fontuoft edificif de’ priuati, a i conuiutj, alle doti eccejjiue delle donne, all’ufo, alle pompenellegioie, & uesiimenti, cbe non baltro,cbe mo argumentQ della lorpa^pia ; che oltre,cbe ffefio per ^ }IT 0. 191 •per qiidlct ambitione, & inuidia , chc ft portano I’una a l’ultra , difjipano le faadta , & la fuSlantia de mariti, talbor per unagioietia , 0 qualcbe altra fi-a- fcberiatale ,uendono la pudicitia loro a chi la uuol comprare . .Ailhora Mefi'er Bernardo Bibiena riden do, Signor Ottauiano , difie , uoientratenella parte del Signer Ga$aro,&dd Frigio. Bflpojeii Signor Ot tauianopt.irridendo.La liteefinita, & io non noglio gia rmouarla ; pero non diro pm deib 1 bonne,ma ri tornero al mio Vrincipe. Bjfpofe il Frigio . Ben po- tete bormai lajciarlo, & contentarui, cbe egliJia ta¬ le come fhauete formato; cbe fen'll dubbio piu fhcil cofa farebbe trouare una Donna con le conditioni det te dal Signor Magnifico, cite un principe con le condi tioni dette da uoi; pero dubito cbe fia come la Rcptt blicadi Vlatonc; & chenon fiamo per uederne mai un tale, fe non forfe in Cielo. Bjlfofs il Signor Otta uiano. Le cofe poffibili, bencbe jiano difficili, pur ft pub fperare,cbehabbiano da effer; percioforfe ue- dremolo ancor a noftri tempi in terra: Che bencbe nafcano coft rari i principi ecccllenti, cb’a pena in molti fecoli fe ne uede uno , pure potrebbe quesla buona forte toccare a noi. Difie alihor il Conte Lu douico ■. lone Sib con aflai buona fftran^aper- cbe oltra quelli tre grandi,cbe bauemo nominati; de i quail Jperar ft puo cio cbe s’e dettoconuenirfialfu premo grado di perfetto Vrincipe > ancora in Italia firitrouano hoggidi alcuni figliuoli di Signori, li- quali bencbe non ftano perhauer tantapotentia, for- Jefuppliranno con lauirtu; & quelio cbe tra tuttift mosira Federico l 1 B 1\ O mosira di miglior indole ,&dife promette ntaggw fperangp, cbealcun degli altri:parmichefia il Sig. Federico Gongaga,primogenito del Marcbeje di Man tua,nipote della Signora Ducbeffa no sir a quhchuol- tra la gentilegga de i coftumi, & la difcretione , c be in cofi tenera eta dimostra, coloro cbe lo gouernav.o, di lui dicono cofe di marauiglia,circa I’eJJere ingenio- fo,cupido d‘honorejmagnanimo,cortefe, liberal, ami- co della giuftitia; dimodo cbedi cofibuon principio non ft pno fe non affettare ottimo fine. ^illbor il Frigio, Hor non piu,diffe,pregaremo Dio di uede- re adempita quesia uosira fperan^a. Quiui il Signor Ottauiano riuolto alia Signora Ducbeffa, con maniera d’haucrdato fine al fuo ragionamento,Eccoui Signo ra, difie, quello, cbe a dir m’occonc del fine del Corte giano: nellaqual cofa s’io non band fatisfatto a tut-, to in tutto, baUerammi almen bauer dimoflrato, cbe qualcbe perfettionancora dar ft gli potea,oltra le cofe dette da quefti Signori: liqitali io efiimo,cbe bah bjanopretemeffo & questo,& tutto quello,cb’iopo<- trei dire, non percbe non lo fapefiero meglio di me, mapcr fuggir fktica; pero lafciero , cb'cjfi uadana contimando ,fe a dir gli auan-ga cofa alcuna.^illbo ra diffe la Signora Ducbefia . Oltra cbe I’bora e tan* to tarda, cbe totto far a tempo di far fine per quest a fera, a me nonpar, cbe not debbiam mefcolare aim ragionamento con quejio; nel quale uoibauete rac- colto tante uarie,& belle cofe , cbe circa il fine della Cortegiania ft pub dir, cbe non folamente fiate quel pefeito Cortegiano, cbe mi cercbiamo ,& baslarite Q^V A \T 0 . 192 perinslituirbene il uofiro "Principe ; ma,fe la for turn ui farH propit ia , cbe debbiate ancora effer otti moPrincipefilcbe faria con molt a utilita dcllapatria uosira. Rife il Signor Ottauiano;&diffe.Forje Signs ra, s’io fusfi in talgrado, a me ancora interuenia ckefiue. quel, cbe fuol intemenir a mold altrifiquali Jan mc- glio dire > cbe fare. Quiiti efiendoft replicato tin po co di ragionamento tra tutta la compagnia ccnfufa- mente con alcune conditioni pur a lauds di quel,cbe s' era. parlato, e dettofi cbe ancor non era I’bora d’an- dar adormire,ridendo ilM.Giul.S.io [on tanto nemi Co de gliinganni, chem’e for^a contradir al S.Ot- tauiano, ilqual per efier (come io dubito ) congiurato fecretamente col Signor Ga(paro contra le donne,hin- corfo in did errori (jbeondo me ) grandij]imi;de i qua U l'mo b, che per preporre queHo Cortegiano alla donna di Palatggo, & furlo eccedere quei termini,a cbeefia pubgiungerefha preposlo ancora al Trinci pefilche e incomenientiffimo: I’altro che gli hadato ten tal fine, cbe J'empre b difficile, & talhor impoffi bile,cbelo confcgulfca, &quando purlo confegue non ft deue nominar per Cortegiano. Io nonintendo, difje la Signora Emilia come fia cofi difficile, e im- pojfibile cbe’l Cortegiano confeguifca queHo fuofine: nemeno come il Signor Ottau. I’babbia prepoftoal Trin.'tfongli confentite queHecofe, Ffjp.ilS. Otta. g0|)ff perch’io non ho preposto il Cortegiano al Principe, caaifferen- & circa il fine della Cortegiania non mi prefumo efier ueefferefn incorfo in error alcuno.Rijfofe ilM.Giu. dir non pote te S.Ott.cbefempre la can fa, per laqual I’effetto e ta~ ifiapeie, e le LIB 0 le comeegli ernon fiapiu tale,cbe non equellocffctto. Pm bifvgna che’l Cortegiano per la injiitutid delqua le il Principeha da efier di tata eccelientia, fiapiu ec cellente cbe quel Principe,&in quefto modo Jar a an- cora dipiudignita,che’l Principe islefiofdche e inco uenienti/Jimo. Circa il finpoi della Cortegiania, quel r>ouc e po- cbe uoi hauete delta,pub Jeguitare, quando l’eta del ci d;fferen- Principe e poco difference da quelladel Cortegiano; ueeffercaa ram nonpoJen^a difficultd,pcrcbe doue epoca differe con wgio- p ia d’ctd,ragioneuol e,ebe ancorpoca ue ne Jia difape ted iVapcre. rejmafe’lPrincipe eueccbio,e’lCcrtegian giouane,k conueniente, che’l Principe ueccbio fappiapiu che’l Cortegiano gioiiane; & je quejto non interuicnc fem- prefnteruien qualche uoltas&allbora ilfine, che uoi hauete attribuito al Cortegiano.e impojjibile. Seanco ra il Principe egiouane,e’l Corteggian ueccbio,diffi- cilmenteil Cortegian pub guadagnarfi la mente del Trincipe co quelle conditioni cbe uoi gli hauete attri- huite; cheaper dir il uero)lo armeggiare,etgli altri e- fercitij della perfcna,s’appartengono agiouani ,& no riefcono ne’ uecchi;&la mufica & le dan^e,&fefle, & giocbi,etgli amoriin quella eta fon coferidicole; et pami,cbe aduno inshtutordella uita,& coflumi del Principe,ilqual dene efferperfona tato graue, et d’au toritd,maturonegli anni, & nella ejperientia, & fe poffbilfufie, buon Filofofo,buon Capitano , & quafi faperogni cofa,fiano difconuenientifjimciperb chi in- stituijce il Principe, estirno io che non s’babbia da chiamar Cortegiano,ma meriti molto maggiore,etpiu honorato name . Si che S. Ottauiano perdonatemi, s’io SfP A ^ T 0. 1 9 J s'hbdfsoperto queHa uoHrafallacia,che mi pare ef- fer tenuto a far cof per l'honor della mia Donna, la- quduoi pur uorresie cbe fuffe di minor dignita, cbe queflo uojlro Conegiano ; & ionul uoglio cornpor- tare.Rjfeil S, Ottauiano, &difie.S. Magnifies pin laudc della Donna di Talas^ro farebbe lo efal- tarla tanto , cb’ella fu/lepari al Cortegiano,cbe ab- bajfaril Cortegian tanto,che’l fia pari alia Donna diTalaggo, ebegid non faria prohibits alia Donna ancor inllittdrla jua Signora, e tender co efia a quel fine della Cortegiania , ch'io ho detto < conuenirfi al Cortegiano col fv.o "Principe; ma uoicer cate pin di biafiMareil Cortegiano, cbe di laudarla Donna di Talat^o; per6 a me ancor far a licito tenet’ la ragio- ne del Conegiano. Ter rijpondere adunque aide uo- Jlre obiettioni dico, ch’io non bo detto,cbe la inslitu~ tione del Cortegiano aebba efier la fola caufa, per la quale il Trincipe fia tale; percbe fe ejfo nonfuffe in clinato da natu>a,& attoapoter efj'er, ogni cur a, e ricordo del Cortegiano farebbe indarno j come ancor indarno s'affaticaria ogni buono agricultore, che ft mettefie a cultiuare & feminare d’ottimi granil’a- rena fterile del mare; percbe quella tal sierilka in quel loco e naturale; ma quando al buon feme in ter - ran fertile, con la temperie dell'aria,&piogge comic nientialle flagion s'aggiunge ancor a la diiigentia del la cultura humanafi ueggen fempre largamentc na- feere abondantiffimi firutti; nepero e, cbe I’agricul- tor folo fia la caufa di quelll, benche fen^a effopoco oniente giouaffero tutte I’alire cofe. Sono adunque Bb rnolfi Bifogna ad appsendere quaiunque difeiplina , cfTci ci incli nato dana- tura. L 1 B If 0 dpnariano rno ^ tl ^ >r ' inc ' l P l > c ^ e finrian buoni ,fe gli artinii tori buoni.fegii fufiero ben cultiuati s e di queslo parlo io ,non di hen qmlli ekefono come ilpaefe Herile,& tanto di natu- coitmati. ra aliem da i buoni co£lumi,cbe non bajia difeliplina alcuna per indur I’animo loro al dritto camino. It perche (comegid hauemo detto ) tali ft [anno gli ha- biti in noi, quali fono le no sire operationi, & nel- I’operar corlfifle la uirtu ; non eimpoffihilne mara- uiglia, che'l Cortegiano indrigffi il Trincipe a mol- te uirtu ; come la giufiitia, la liberalitd , la magna- nimild; le operationi delle quali efioper lagrandcg- ■gafua facilmente pub meiterein ufo,& farnehabi- to ; ilcbe non pad il Cortegiano, per non bauer moda d’opsrarle ; & coft il Trincipe indutto alia uirtu dal Cortegiano puo diuenir piuuirtuofo, che’l Cortegia¬ no ; okra cbe douete faper, cbe la cote, cbe non ta- glia punto , pur fit acuto il ferro;pero parmi cbe an- cora che’l Cortegiano irjlituifca il Trincipe, non per qiiefto s'habbia a dir, che eglifa dipiu dignitd che’l Trincipe . Che’l fin di quest a Cortegiania fia diffi¬ cile,& talhor impoffibile; &, che quando pur il Cortegiano lo confegue ,non ft debha nominarper Cortegiano, ma meriti maggior nome, dico, ch’io non nego quetia difficultd; perche non meno e diffi¬ cile trouarun coficccelknte Cortegiano, che conje- guiruntal fine;parmi ben chela impoffibilitd non. fia ne anco in quel cafo, che mi hauete allegato;per¬ che fe’l Cortegiano e tantogiouane, che non fappia quello, che s’e detto, ch’egli ha da fapere, non acca- deparlarne,perche non e quel Cortegiano ,chenoi ^ v jt \ r o. 194 prefupponemo; ne poffibil e, cbe chi ha. da fapere tante cofe,fiamolto giouane; &fepur occorrerd,che ilTrincipe fia cofi fauio, & bouo da fe flefj'o , cbe non habbia bifogno di ricordi, ne confgli d’altri(ben- che queHo h tamo difficile, quanto oga’un fa)al Cor- tegiano bafierd effier tale , cbe je'l Trincipe n’hauef- fe bifogno , potefie fhrlo mrtuofo; & con lo effetto poi potrd fatisfhre a quell'altra parte di non lafciar- lo ingannare , & di far cbe fempre fappia laue- rita d’ogni cofa ; & d’opporfi a gli adulatori, a i maledici, & a tutti coloro , cbe macbinaffero di corromper I’animo di quello con dishonefli piaceri; & in tal modo confeguird pur il [no fine in gran pane, an cor a chenon lo metta totalmente in ope¬ ra ; ilcbe non fara ragion d'imputargli per difetto, rejiando di fhrlo per cofi bona can fa ; cbe fe mo ec- cellente medico fi ritrouaffe in loco,done tutti gli huomini fuffero fani ; non per queHo ft deuria dir, cbe quel medico ,Je ben non fanafse gl’infermi,man - caffedel fuo fine ^per'o ,ji come del medico deueef- fere intentione la fanitd degli huomini;cofi del Cor- tegiano la uirtu del fuo Trincipe ; & all’uno, &l’al- trohaHa bauer queHo fine intrinfecoin potentia, quandoil non produrlo eHrinfecamente in atto pro- cede dal juhietto, al quale b indrigggato queHo fine, ma fe’l Cortegiano fufietanto uecchio, cbe non Jegli conuenifie effercitar la mufica, le fefiefi giochi, I'ar- me,& I’altre proderpge della perfona;non ft pm pero ancor dire, cbe impoffibile gh fra per quetia uia entra- re in gratia al fuo Trincipefperchefe la eta leua l'ope Bb 2 rar QucIlo,ch« balti effere al Cortegia no. Auerti tal- la compara tione. JX diuenire inftitutore iel Princi* jpee il fine del Corte- giano. I 1 B % 0 YdY quelle cofe, non leua I’intenderle, & bauendole operate in giouentu ,lo fit hauerne tanto piu perfet- togiudicio ,& piu perfettamente faperne infegnar al fuo principe, quanto piu notitia d’ogni cofa por- tan feco gli ami ,&la efperientia; & in queslo mo- do il Cortegian uecchio, anctra chencn efj'erciti Ic conditioni atribuitegii , confeguird pur il fuo fine d’inflituire bene ii ‘Principe; &fenon uorrete chia - marlo Cortegiano, non mi da noia; percbe la natu- ra non ba posio tal termine alle dignitd humane, cbe non fipofia ajcendere dall’una all'altra ; perb fpeffo i foldati fmplici diuengon Capitani , gli huominipri- uati!{e, i SacerdotiPapi, & iDifcipolimaeVtri;&■ cofi infieme con la dignitd acqui.fiam ancor il na¬ me, onde forfe ftporia dir, che’l diuenir inslitutor del Principe fujfe il fine del Cortegiano; ben cbe non fo chi babbia da refiutar ' queslo name di per- fstto Cortegiano; ilquale (fecondo me) e dcgno di grandifjima laude ;& parmi cbe Homero, fecondo cbe formo dui huomini eccellentiffmi per efempia della uita humana; I’uno nelle attioni,cbe fu ^ichti¬ le ; I’altro nelle paffioni, b tollerantie, cbe fu Flif- fe; cofi uolefie an cor a formar mi perfetto Cortegia¬ no , cbe fu quel Venice; ilqual dopo I’hauer narra- to i fuoi amori t & molte altre cofe giouenili, dice ef- fer iiato mandato ad .Acbilleda Peleo fuo padre , per slargli in compagnia , & infegnargli a dire, & fare; Hebe non b altro, cbe’l fin, cbe nui bauemo di- fegnato al noflro Cortegiano . Jfepenfo cbe lArislo- tilc, & Platone ft fufjero fdegnati del name di per* scroll to. ip? fetto Cortegiano; percbe fiuede chiaramente eke fe- em i’opere della Cortegiana, & attefero a quefto fine; I’un cun jllefiandro Magno, I’altro co i !{e di Sicilia; & percbe l'officio edi bon Cortegianocono- fcerla natura del "Principe, & Vinclination fua,& cofi fecondoi bifogni,& le opportunity, con de- ftreega entrar loro in gratia ( come bauemo detto) per quelle uie, cbe prejlano I’adito fecuro, & pci indurlo alia uirtii; ^irifiotile cofi ben conobbe la natura d’^ilefiandro , e con deflrectga cofi ben la fecondd, cbe da hi fit amato, & bonorato pin cbe padre; onde tra moltialtri fegni, cbe ^tleffandro p”c>°t'ofe in teflimonio della fua beniuolentia gli fece, ml- ^Aieilan* fe , cbe Stagira fua patria gid disfatta fuffe ridri^- crata; & Jfrisiotele oltreallo indri?gar hi a quel fin gloriofiffimo, cbe fu il uoler fare ; che’l mon- do fufie , come una fol patria unitterfale, e tuttigli buomini, come un [cl popdo , cbe uiuefie in ami-, citia & concordia tra je ,[otto an fol gouerno & una fola legge , che rifylendefie communemente a tut- ti, come la luce del Sole ; lo formo nelle feieniie naturali, & nelle uirtii dell'animo talmente , cbe lo fece fapientiffimo ,fortijfmo, continentiffimo ,& uero Filofofo morale, non folamente nelle parole , ma ne gli effetti : cbe non ft pub imagimre pm nobil Filofofia , che indur al uiuer chile i popdi tanto efferati, come quelli cbe habitano Ba£tra,& Caucafo ,1a India, la Scythia; & infegnar loro i jnatrimomj, I’agriculturafi’bonorar ipadri, aHener- fi dalle rapine , da gli bomiddij, & da gli altri mail V * fib | ioflmi L 1 B /( 6 eojlumi, lo edificare tante citta nobiliffme in paefi lontani: di modo cbe infiniti huomini per quelle leg- gi furono ridutti dalla uita ferind alia humana: & di quefte co/e in attilatme tanto grate alle dome, in effi fon pag- gie 3 & ineptie ridicule, & a chi k Ufa parturifco- gfan uec-' 6 ' n0 °^° dalle donne ,& befe dngli aim; Verb fe paia loro, cbe in quel punto fentano piacere, cometal’bar gt’infemit, che fognano di here a qua!cbe chiaro fonte; nientedime- no non ficontentano, ne.s’acquetano. Etper cbe dal pofiedere il ben defiderato nafee fempre quiete & fatisfdtlione nell’animo delpofjeffore ,fe quello fof- fe il ucro , & bnonfine del lor defiderio, poffeden- Q^V fa \T 0. _ 199 ioloreflariano quieti, & fatisfatti ;ilcbenen fan no; angj ingannati da. quella fimilitudine , fubito ritornano alio sjrenato dcjiderio, & con la mede- caci parole fima moleftia , cbc prirna fattiua.no, ft ritrouano iff iff co- nslla funofa, & ardcntiffima fetedi audio , cbc meancocio m uano jperano di po/jedere perfettamente. Que- te aitrc pat Ui tali innamorati dunque amano mfelicijfimamen te , perche cuero non confeguono mat U defide- Qucfto iftef rij loro , Hebe b grande infelicitd , oner fe gli jfiatofpieX confeguono , ft trouano hauer confeguito il fao ma gat °Bococ le , & finifeono le mifaie con altre meiggior mi- cio nel fuo ferie; perche ancora nel principle , & nel me- go di quefio araore altro non fi fente giamai, cbe d«e adun- affanni , tormenti , dolori , stenti, faticbe ; di mo Xmarc'er- do , che I’ejfer pallido, afflitto , in continue lagri- jjijgjone’ae-” me, & fofpiri, lo Jiar mefio, il tacer fempre, 6 la- ceccatnce mentarfijl deftderar di morire,in fomma I’ejfer infe ^^"rice, lieiffimo [on le conditioni, cbe ft dicon conuenir a deiringe- gl’innamorati. La cauj'a aiunque di qtieFia calami- IXricefan- tdneglianimiimmani e principalmcnte il fenfo,il quale nell’etd giouenile e potentijjimo; percbeil ri- memoria, gor della came, & del fangue in quest a ftagione gli da tanto di forgo., quanto ne feema alia ra- ne facuita- gione ; perb facilmente induce I’anima a fegui- ^feuefei tar I’appetito j perche ritrouandofi efia quafi fom- ze dd c ? f - merfa della gioua- nezza,$c della ucccJiiezza morte.generatriee de’ uitij,habitatrice de uacui pet ti,co(a Penza ragione,& Penza ordine,&.fenza ftabilita alcana, uitto detic men ti non(ano,Scfommerj>etricedell’huniana liberta : Vier. teco medefimo !e hi- ftorieantiche,8clecofemoderne riaolgendo, & guardadi qaantc morti, di quamidisfaciKienti.diquame mine,2c efttimmationi qaefta danneuole paf lione lia ftata cagionf. L 1 B \ 0 merfa nella prigion terrena,&per ejfer applicata al mmitterio delgouernar il corpo ,priua della contem¬ plation fyirituale, non pub da fe intender chiaramen- te'a uerita; onde per hauer cognitione dclle co/e,bi- fogna,cbeuada mendicandone il principio dai fenft; &per'o loro crede,&loro s’inclina,& da loroguidar ft lafaa,majjimamente, quando banno tantouigore, Quanto fie quafilasforgano;&percbeefftfonfallacijacm- r u f ] f cl fp' lon(> d'error; di falfe opinioni;onde qua ft fempre ineYpeirod occorre, cbe igiouani fono auolti in quesio amore «X a ?n£ f e/! fuale,in tuttorubellodalla ragione;&perb ft fan- j>i, lodimo noindegni dijruir le gratie,e i beni , cbe dona amore appreiTop/a a ‘f u °i uer i figg^ttii ne in amor fentonopiaceri,fuor done ”* 1 fe ( ' u ‘ 1 wedcftmfchefentono gli animali irrationali;md gli ajfanni molto phi grant . Stando adunque quesio prefitppofitojlquale e ueri(fmo,dico, cbe’l contrario intervene a queUi,cbe fononella eta pin matura; cbe fe quest; tali,quando gid I’anima mm btantoopprefia. dalpefo corporeo,& quando ilferuor naturale comin ciaad intepidirfi s’accendono della bellegga,&uerfo quelU uolgono il defiderio guidato durational elettio- ne,non reftano ingannati, &pofieggonoperfettamen te la bellc%ga;&perb dalpojjederla nafeelorjempre bene, percbe la bellsgga e birnia, & confeguente- mente iluero amor diquella e boni/jimo ,& fempre produce effettibuoni nell’animo diquelli,cbe co’l jren della ragione correggono la nequitia del fenfo; ilcbe molto piu facilmente itiecchifar pojfono,cbe igioua- ni.Tslon e adunquefior di ragione il dir ancora, cbei ttecchi amar poffono fenga biaftmo, & piu felicemen te,cbe T 0 .' 200 te,che igiouani; pigliando pero quefto name di uec- (hio,nonper decrepito, ne qttando gia gliorgani del corpo Jon tanto deboli,che I'anima per quelli non pub operar lefiue until; w.a quando il faper in noi fid nel fuouero uigore.Tjon taceroancora quefto,che e;che io eslimo, che benche l’amor fenjualein ogni eta fia male,pur ne’giouanipar che meriti in quatche parte eficiijatione; che Je bene da loro affdnni, pericoli,fhti- che,& quelle infelicitd,che s’b detto;fono pero mold, che per guadagnar la gratia delle dome amate fan co fie uirtuojefiequali benche non ftano indr fixate abuo fine, pur in Je [on buone; & cofidi quelmolto amaro cauano un poco di dolce;&pcr le aduerfitd,chefiop- portano fjejjo amiene,ch’in ultimo riconofican 1’error fiuo;come adunque efiimo, che quei giouani che sfior- gangl’appetiti,& amano con la ragionefitan di fin- golar bontd;cofi in qualche maniera efcufo qticlii, the uincer Jilafiiano dall’amor fenfiuale,al qual tanto per la imbecillitd hurnana fono indinati; purche inefib rnolhino gcntileg'ga,carte fia & ualore & lealtre no- bil conditioni,che banno dette qucfli fignori;&quan do non fionpiu nella eta giouenile,in tutio I’abbando- nino,aUontanandofida quefito fienfiual defiderio, come dal pin ba[fo grado della ficala,per la quale ft puo ajeendereal uero amore.Ma fe ancor,poiche Jon uec- chi,nel freddo core confieruano il fuoco de gl’appeti- ti,& fiottopongon la raggione gagliarda al fiertjo de¬ bole,non ft puo dir,quanto flaw da biaftmare; checo me infienfiui meritano con perpetua, infamia efier tommemorati tra glianimali irrationali; per che i penfieri) i. I B \ 0 ‘penfieri , e i modi dell’amor fenfuale fono troppo'di - fidmenienti all’eta mat lira . Quiui fece il Bembo nn poco di pan)a, qiiafi come per ripo far ft , & jlando ogn’un cbeto, difie il Signor Morello da Ortcna.Et fe ji trouaffe tin ueccbio piu dijbofto & gagliardo, & di miglwr afpetto, che mold giouani,perche non uorresie uoi cbe a quejlo fofie tollerato i’arnar di quell’amore, cbe amano i giouani i Bjfe la Signo-. ra Duchefia, & dijfe. Se l'amor dei giouani e co- fi infelice, perche uolete uoi, Signor Morello, che i uecchi e(fi ancor amino con qitellainfelicitd i ma fe uoi fofte ueccbio , come diem cofloro, non procura¬ re fie cofi il mal dei uecchi . Bjfpofe il Signor Mo¬ rello. Ilmal dei uecchi parrni, che procuri Mefier "Pietro Bembo,ilqual uuole, che amino d’un certo mo do, ch’ioper me non intendo, &parmi che’l pcfie- dere queila bcllegggi, che ejjo tanto lauda, Jenga’l corpo;fta tin fogno. Credete uoi Signor Morello, dijfe all’bora il Conte Ludouico, chela bellezgafia fem- pre cojibuona, come dice Mefier Pietro Bembo (Io non gid,rifyofe il Signor Morello;ancip ricordomi ha- ueruedute molte belie donnemalijfme,crudeli,& di- fj>ettoJe;&par,che quafi fempre cofi interuenga;per- che la belletgga lefafuperbe, & la fuperbia cmlele. Difie il Conte Ludouico ridendo. JL uoi forfe pawn crudeli,perche non ui compiacciono di quello,chc uor retie; ma fateuiinfegnar daMejjer Pietro Bembo, di cbe modo debban defiderar la bcllectga i uecchi, &che cofa ricercar dalle donne ,& di che conten- Urft;&nonufcendouoi di que' termini, uedrete che non SfFMB^TO. soi mn fxranno ne fuperbe , ne crudeli; & ui com - piaceranno di cio cbe uorrete . Tame allbora-, che'l ftgnor Morello fttnrbajje un poco , & difie. Io non noglio faper quello, cbe non mi tocca ; ma fhteui mfegnar uoi , come debbano defiderar quejia bel- legga i giouani peggio difposlt, & men gagliardi cbeiueccbi. Quint Mcfier Federico per acquetar il ftgnor Morello, & diuertir ilragionamento ,non la- fcib rifpondere il Conte Lodouico,ma interrompcndo, difie . Forfe cbClftgnor Morello mn bain tuttotorto a dir, cbe la bcllegga non e fempre buona ,perche jpeflo le believe di donne fan caufa, cbe al mondo interuengan infiniti mali, inimicitie , guerre, morti & diUruttioni, di cbe puo far buon tesimonio la ruina di Troia; & le belle donne per lo piu fano oner fuperbe, & crudeli,ouero,come s’e dettofmpudiche; ma queHo al ftgnor Morello non parrebbe difetto. S o- no ancora molti buomini fcelerati, ibe banno gratia di hello afaetto,& par cbe lanaturagli babbia fkt- ti tali, accioche ftano piu atti ad ingannare, & cbe qu.ella uifta gratiofa fta come I’efaa nafaofa fatto I'barno. Mllbora Mefter Tietro Bembo; fapn credia- te, diffe, cbe la bellegga non fta fempre buona. Qui - ui il Conte Ludouico, per ritornar ejfa ancora alpri- j no propofito interruppe,&dijfe.Toicbe il ftgnor Mo rello no ft cura di faper qllo, cbe tato gli importa, infa gnatelo a me;&moflratemi come acquiftino i uecchi qfta felicit d d’amore;cbe non mi curero io di farmi te ner ncccbio,pur cbe migioid.FffeM. Tietro,&dijfe. Io uoglioprima leuar dell’ammo di quefli Signori I’er Cc ror L 1 B X 0 rorlorospoi a uoi an cor a fads faro. Co ft ricominciars do; ftgnori diffe, to non uorrei, cbe col dir rnal della belief , che e cofa facra,percbe fotto di effa ft com- prende quella di Dio,cb’b fonte d’ogm be llegpa, faffs- putone nei a ^ cun dinoi, chc cornsprofano,&facrilego,incorrelfe Tedro rife- nell’ira fua.pero, accio cbe’l ftgr.orMorello,& Mef- steffieoro fi r Federicofianoadmomti t &noperdano,corns Stejjt, p«<*e la h “‘ coro lauitla,cbe epena couenientiffima a cbidiffre^ uerbKifl na ga la bdUgga;dico,cbc da Dio nafie la bdlegga, &■ 11 ^ come c b'cuio,di cut la bonta e il centra;& perb co- na, laqiiaie me non pub ejfer circulo fenga centra,no pub ejfer bel ricuperb P u bgga fenga bonta ; crtderars uolte mala anima ba- perduiaiu- y lta p e [ corpo , &perciola bellegga cslrinjcca efe-. gno ancorche non necefiario della bonta intrinfcca; y &* ncicorpi b irnprefia quella gratiapik &mem quafs per un carattere deU'anima , per laquale efa eStrin- ciiantichf Jecamente e conofeiuta; come negli albert,tie' cpiali So nd cl ^ bellegga dci fiori fa teSiimonio della bonta. de’ u°s-r ci° n ' & q ,i£ do medefme intentiene ne i cor pi .per- cglo 1 'a bei che ., come dicono i Lifionomi, al uolto ft concpon» tlunjn M° * & talker dew.)penfieri degli income no foio.ma nt,& cbe e piil, nolle beflie ft comprende ancom. alia c?rcoii a [a u afjoettola qualita dcWanimo,d qualenel corposfpri- bei czza, me lijlejfopiu cbe puospeuftte come chiaramenttnel la faccia del Leone,del Caudio,& dell'^Aquila fi cono quamodt f ce ^ta, laferocitd , & lajuperbiamegli agne&, &. coil di ffero nelle Colombo una pura,&fhnplice mnocentur > & la na rani*™*"* malitia ashaa nell? ttolpi, & nei laps , e cofl quafs ia iiatura , ( ji Uitti ?li altci animdi.l brutts adunqtiepare cbe beta mate- , r ... 1 ■■ r ju- per lo put fiano ancor mali,&g!t belli ononis & a nr.ft puo JL Jf T 0. 201 pub chela bclleopga fia la faccia piaceuole, aliegra, grata,& dcfiderabile del bene;& la bruttegja lafkc bro della ciaofcura,molefta,di(piaceuole,& trifla del male;& ealk dim fe confidcrarete tutte le cofe,trouarete cbe qua ft fem- till0 > dice pre quelle,cbe Jonobitone & utili, hanno ancora alcu ndVioflrifc na gratia di bellegga. Eciouilo ftatodi quest a gran machina del mondo ; la qual per falute , & con- gono’ ii feruationdellecofe create b Plata daDiofitbricata. cheiabrut- II del rotondo ornato di tanti diuini lumi . Et nel ““ h a centro la terra circondata da gli dementi , & dal faccia * del fuo pefo iJlefo foUenuta . Il foie , die girando H-^eilarall lumina il tutto, & nel uerno s'accost a al pin baf- un uoho in fo fegno ,poi d pocopocoafeende ali’altra parte.La. def bene. C lima, cbe da quello piglia la fua luce ,fecondo cbe fe'gli appropinqua, o fene allontana ,& I’altre cin¬ que flelle, cbe diuerfamente ftm quel medefimo corfo. Quefle cofe tra fehan tanta forga per la conneffion d’un’ordine compoflo cofi necefanamente,cbemutan dole pur un punto non potrianoftar infieme,& ruina rebbe il mondo;hanno ancora tanta bcllegpa,&gra¬ tia cbe non poffonogli ingegni humani imaginar cofa piubella . Venfatebor della figttra dell’buomo, che Jipub dirpicciol mondo; nel quale uedefi ogni parte del corpo efjer compost a necejlariamente per arte & nonacafo,&poi tutta la forma infteme cjser bellijji- ma; talcbe difficilmente Jipotria giudicar qual pin o utilita,ogratia dianoal uolto bumano,& al redo del corpo tutte le membra,come gli occbi, ilnajbja boc- ca , I’oreccbie ,le braccia, il petto ,& cofi I’altre parti; il medefimo ft pub diredi tinti gli animali, C c i Eccoui L I B II O Eccoul le pene degli uccellije foglie,c i rami ne glial beri,cbe datiglifono da natura p coferuar I’efier loro, etpurhannoancor grandiffima uagbegja.Lafciate la natura, & uenite all’arte,qual cofa ctantonecefaria nelle naui,quato la prora,i lati,le antenne,l’aibero, le nele,il timone, i remi,l’ancore,& lefarteputte qucstc cofe pero hano tanto di uenufld,che par a cbi le mira, cbecoft fiano trouate per piacere, come per utilitd . SoHengonlecolonne, &gli architraui le alte tog¬ gle-, &palaggi;ne pero Jon mono piaceuoli a glioc- shi dichilemira, cheutili agliedificij.Quandopri¬ me cominciarono gli hucmini ad edificare,pofero net Tcmpij,&nelle cafe quel colmo di mego, non percbe baueffero gli edificij piu di gratia , ma acciocbe dal- I’unaparte&l’altra commodamente potejfero difeor rer l’acque;nientedimeno aU’utile fubito fit congirn- ta la ucnusiapdcheje /otto d quel Cielo,oue non cade Hotinonel grandine ,0 pioggia,(i fabricate un T empio, non par- deUa^En - re bbe,cbef en %P H colmo baiter poteffe dignitd, o bel- meade pri- legga alcuna . Daffi adunque molta laude, non cbe Se ’1 ■'am- a ^ tr0 > tnondo, dicendo ch’egli e hello ; laudaft, »a effen - dicendobelcielo,bella terra, bel mare,bei fiumi, ulna” & bel bei P ae fi > belle fielue, albert ,giardini, belle cittd , lo'che 0 tempij, cafe, eferciti; in fomma ad ogni coja da «a,&fopra fupremo ornamento queffagratiofa beliegga;& dir gnorejjgia 1 *' fip u b,che‘lbuono,e’l hello, fiano ma medefma cofa, Jo abbeiii- & majfimamente net corpibumani,della beUegpa de la'capaciu A* piu propinqua caufa eftimo io cbe Jia la ****** beUcgga dell’anima,cbe,come participe di quella ue- fc. ra betiegga diuinapllitfira^tfabdlo cio cb'ella tocca, i &jj>e- V ot ^ T 0. 20 * & fj>ecialmente,fe quel corpo, oue ella habita,no k di cofi uil materia, cb’e lla no pofia imprimergli la fun qmlita;perb la bcllegga l il uero trofeo della uittoria deWanima,quado ejfa co la uirtu diuina fignoreggia la natura materiale,& co’l fuo lurne uince le tenebre del corpo.TSfon c adunque da dire,chela belle^gafkc cia le donne fuperbe, o crudeli,bencbe coftpaia al ft- gnor Morcllo; ne anew ft debbona imputare alle done belle qlleinimicitie,morti,deflrHttioni,dichefon can fa gli appetiti immoderate de gli huomini.Tfon neghe rogid cbe al mondo no fiapcffibile trouare ancor del le belle Done impudiche-,ma no egid chela bellc^ga le incline alia impud:citia,an^i le rimoue,etle induce alia uia del coftumi uirtmfi,p la conneJJion,cbe ha la. bellegga con la bontd;ma talhor la mala educationc, i cdtinuijlimoli de gli amantij doni,la pouertdja jjv ran^a,gl’inganni,il timore,&mille altre caufeuinco no la conjlaniia ancora dclle belle & buone donne ;& per quesie,o fimili caufe poflono ancora diuenirfcele- rati gli Imomini belli.^Allhora mejjer Cefare;fe c ue~ xo,dijie,quelio,che hieri allego il Signor Gajparo,no b aubbio,che le belle Jonopiit cajle,che lebnitte.Et cbe cofa allegaibdiffe il Signor Gajj>aro.I\iffofe M. Ce fa¬ re.Se ben mi ricordo,uoi dice fte,che le dorme,chefo- no pregate, fempre negano di fatisfare a chi le prega; & qlle cbe no fono pregate,pregano altrui;certo b,cbe le belle fon fempre piu pgate,&follecitate d’amor,che le brutte; duque le belle fempre negano,& cofeguentt mete fon piu cafte,cheie brutte,lequali no effendopre gate pregano altrui. Pffe il Bembo,& difte. quejfa C c $ or go- L 1 6 If 0 argomento rifbonder nonfi puo.Toifoggionfe, Inte uiene antor jpefio, che come gli altri nofiri fenfi j coftla uiflafinganna,&giudicaper bello unuol- to, che in uero non e bello; & per che negli occbi, & in tutto I’ajpetto d'alcune donne ft uede talhorma certa lafciuia dipinta con blanditie disbcnefie; mol- ti,ai qudli tal maniera placer d , perche lor pro- mette fhculta di confeguire cib cbe defiderano, In chiamano bellegga; ma in uero e una impudentin fneat a, indegna di coft honorato norne . Taceuafi MejJ'er Tietro Bembo; & quei ftgnoripur loflimu- lauano a dir piu oltre diquetio amore ,& del mo- do di fiuire ueramente la bellettpga ; & efio in ul¬ timo ; me par, difse, ajfai cbiaramente hauer di- moftrato, che piu felicemente pofiono aniar iuec -> chi j cbe igiouani ;il che fit rttio prefuppofto; pe- ro non ini ft conuiene entrar piu auanti 4 fii(po- fe il Conte Ludouico . Meglio bauete dirnoflrata la inf elicit a de giouani , che la felicitd de’uecchi, a i quali per ancor non bauete infegnato, che ca- mino hahbiano da feguitare in quefto loro amo¬ ve , ma folamente detto, cbe ft lafein guidare al¬ ia ragione, & damolti eriputato impoffibile 3 che amor flia con la ragione. Il Bembo pur cerca- ua di por fine al ragionamento , ma la figno- ra DucbeJJa lo prego , che dike fie; & efio coft ri- comincib . Troppo infelice farebbe la natura bu¬ rn ma , fe I’anima noilra, nella quale ft faciltnen- te pub nafeerc quefto coft ardentc deftderio , fof- fe sforgata d nutrirlo fol di quelle, che le e com¬ mune £ V ^ T 0 . J04 thine con le besiie, & non poteffe uolgcrlo a quel- Valtra nobil parte, the a lei e propria;pero, poicbe a. not pur coft place, non ueglio fuggir diragionardi questo nobil fuggetto . Et fe bene mi conofeo inde- gno diparlaredei fccreti d’amore , pure mi sforwa¬ rd col penftero', & con la lingua , tanto cb’iopojfa moslrar d queflo cccellente Cortegiano, amar fuor della confuetudine del profano v.ulgo. Dico adunque t ■chepoicbelanaturahumananeUa eta giouenile tan¬ to e inelinata Hi fenfofe per auuetura il Cortigiano ne fuoi primianni am a fie fenfualmente, petria in qual cbe maniera feu farfi; ma fe poi ancornegli anni piu maturi per forte s’uccende di queflo amorofo deftderio , deue offer ben canto , & guardarfi di non ingannar fe ftcffb , lafiiandofi indurre \in quelle calamitd , cbe ne’ giouani meritano bia- fimo si , ma perd con qualcbe compaffione, & per contrario ne’ tteixbi meritano biafimo fenga nef- funa compaffione . Tero , quando qualcbe gratiofo afpetto di bella donna loro s’apprejenta > auompa- gnato da leggiadri costumi, & gentil rnaniere, tale cbe effo come efferto in amove conofcail fan - gue fuo batter conformitd con quello , fubito cbe s’acorge cbe gli occhi fuoi rapifeano quella ima¬ gine , & la portino al core; & cbe I’aniwia comin- ci con piacer a coniemplarla, & fentir in fe quel¬ lo influffo , cbe la commoue, &a pocoa poco la rifealda; & cbe quei uiui ffiriti , cbe fcintillan fuor per gli occhi , tuttattia aggiungan noua ef- ca al fttcco , date in queflo principio pmteder di Cc 4 queflo L 1 B \ O quefto rimcdio , & rifuegliar la ragionc , & di quella amar la rocca del coy fuo ; & talmente cbiuder i paffi al fenfo,&agli appetiti, cbe ne per forga, neper inganno entrar ui poffano. cof, fela fiamma s’eHingue, citinguef ancor il peri- f - ■ colo; ma s’ella perfeuera , o crejce, dene alibor il Cortegiano, fentendof prefo, deliberarfi totalmen- te di fuggir ogni bruttegga dell’amor uulgare, e cofi entrar nella diuina Hradaamorofa con lagui- da della ragione ; & prima confderar , cbe’l corpo, one quella bellegga rijplende , non eilfon- te,ond'ella nafce; angi cbe la bellegga per ejjer i piatonici co f a ' mcm P orea ■> & ( come baucmo detto) un rag - affermano , gio diuino ,perde molto della flta dignita, trouan- lizM t an congimta con quel jubietto idle, & corrutti- laggiodidi bile ; perche tanto pm eperfetta , quanto men di inaniera ' participa, & da qucllo in tutto feparata e per - «Ucono na* f ettl ff vma > & cofi come itdir non ft pub colpa~ fcerc, che lato , ne odorar con I’orecchie., non ftpuo ancor fncorche'ai mm °do alcuno fruir la bellegga, ns fatisjhr al de- cune uoite fiderio, cb’ella eccita negli atiimi noslri , col tat- Jan!°ddie to > ma con q ti£ l fenfo > del quale ejjiz bellegga b aSdimeno’ uer0 °^ lett0 > c ^ e & ^ uifua . Pfmouaf piendono adunque dal cieco giuditio del fenfo , & godafi uet'Sa’^a" con occ ^ 1 1 lle ^ fftendore, quella gratia, quelle l’afpeito a. fauiUe amorofe , i rifi,i modi, & tutti gli altri piaceuoli ornamend della bellegga; medefmarnen «• te con I’audito la foauild della uoce , il concento delle parole , I’barmonia della mufica, fe mufica b la donna amata ; & cofi pafcerd di dolajji- mo cibo Q^V ot \ T 0, 10 ? mo cibo I'anima , per la uia di quefii dui fenfi, i quali tengon poco del corporeo , & fon mini- sir i della ragionc, fcnga paffar co’l defiderio ucr- fo il corpo ad appetito alcuno men cbe boaeflo .■ ^Apprcjjb ofsenii , compiaccia, & honori con ogni riuerentia la fua donna , & piu che fe flefto la tenga cara , & tutti i commodi , & piaceri fitoi preponga a’ proprij, & in lei ami non rneno la bel le^ga dell'animo , che quella del corpo; peso ten- Diotima ga cura di non lafciarla incorrere in errore alcu- nciconuiio no , ma conle admonitioni, & buoni ricordi , cer- chi fempre d'indurla alia modeslia , alia temps- rantia , alia uera honefia ; & fascia , che in lei coi quaie non habbian mai luoco fe non penfieri candidi, & no dd.dc-- alieni da ogni bruttegga di uitij ; & cof femi- ra.che.ibe nando uirtu nel giardin di quel bell’ammo , rac- pre icco ; di corrd ancora fiutti di bellisfnni coslumi, & gu- ftaragli con mirabil diletto ; & questo fara. il lie- dcfidciio ro generare , & ef rimere la beliesga nella bel- legga ; ilche da alcuni fi dice ejfer il fin d’amo- non n puo re. In tal modo fara il noflro Cortegiano gra- t a coitguir tisfimo alia fua donna, & efia fempre fegli mo- ftrerd obfeqitente , dolce & affabile , & coft de- uia deluge fiderofa di compiacergli, come d’efier da lui ama ta ; & le uoglie dell’uno, & dell'altro J'aranno hone ne auuiene fthf me,& concordi,& esfi confeguentemente faran habbu° P er no felicisfimi. Quiui il Signor Morello ; Il gencrar, ^ne^gc- diffe , la bellegga nella hellcg^a , con effetto fa- belie uei rebhe il generar mi bel figliuolo in una bella don- m ; & ame pareria. moltopiu chiaro fgno , cb’ella nci beono. amafle t 1 B fa 0 amajje I’dmante compiactdogli di queflo,che di quel- la uffabilitdjdk uoi dite.ljife il Bembo,& diffc.TS[pn bijogna fignor M orello ufcir de’ termini; nepuciol fe gni d’amar fk la donna, quando all’amante dona la bcllegzajcbc e coftpretiofa cofa;& per le uie,ckefan adito all’antma,cioe la uifta,e I’audiio, manda iJ'guar di de gli occhifuoi,la imagine del uolto,la uocejepa role cbe penetran dentro al core dell'amante, & gli fan teffimonioddl’amorfuo.Dijje il Signor Morello, I fguardi e le parole pojjono ejfere,& jpefiofm tesii monijfalfi; pert) chi non ba miglior pegno d’arnore, al miogiudicio e mal ficuro; & ueramente io ajpetta ua pur, che uoifacetic quefta uoflra donna m poco pin cortefe,&liberate ucrfo il Cortegiano,cbe non ba fattoil SignorMagnificolafua ; ma parmicheintti dtii [late alia conditione di quei giudici,cbe danno la fententia contra ifuoi per parerfauij.Difie il Bembo, Ben uoglio io cbe afaaipiu cortcfe fta quefta donna al mio Cortegiano non gionane,cbe non e quclla del Si¬ gnor Magnifico al giouane; & ragioncuolmctitEjper- cbeil mio non dtfidera Jc non cojc bone fie; & pero pub la donna concedergliele tutte fawga biafimo; ma la donna del Signor Magnifico, cbe non e coft ftcura della modeftia del giouane, deue concedcrgli jolamen tele bonefie,& negargli le dishonefte; pero piufelice b il mio,a cui ft concede do cb’ei dimanda, che I'al- tro,a cui parte ft concede,&parte ft negaiet accioche ancormeglio conofciate, cbe I’amor rationale eptufe lice cbri Jenjuale, dico, che le medefime cojc ndjen- fualefi debbonotaibor negqre,& nel rationale conce due Q^V J TI T 0. to6 deretpcrche in questo fon disbonefte,&in quello bo- ne$e;pero la donna,per compiaceralfuo amantebuo vo,oltre il concedergli rift piaceuoli, i ragionamenti dornestici,&fccretiftl motteggiare,fchergare, toccar la mano, pub uenir ancor ragioneuolmcnte, & fenga biaftmo inftn al bacio; ilcbe ncll’amor fenfuale fecon do le rcgole dd SignorMagnifico non e lecito; per- cbe per effer il bacio congiungimcnto &■ dd corpo & dcll : anima,pericolo e, cbe I’amante fenfuale non inclinipin alia parte dd corpo, che a quella dell’ani- tna; ma I’amante rationale conofce, cbe ancora che la boccafta parte dd corpo ,nientedmeno per quella ft dd eftto aUe parole, cbe fono interpreti dcli’anima,& a quello intrinfeco anhdito, cbe ft cbiama pur ejjo ancoraanima,&percio ft dilettad’unirla [uabocca con quella della donna amata co’lbacio,nonper mo- uerft a deftderio alamo dishonefto, ma perche feme cbe quel legame e unaprir I'adito all’aninie,chetrat tedal deftderio I’una dell’altra,ft transfondano alter- namente ancor l'urn nel corpo dell’altra, & talmente ft mifeono infieme,ch’ognun di loro habbia due ani- mc, & ma Jola di quelle due coft unita, regga quaft dui corpi ; onde il bacio ft pub pin preftodir con- ghmgimento d’anima, cbe di corpo sperche in quefta ft a tanta forget, che la tira afe,& quaft la fepara dal corpo ;&per'o il ucraracnte inn amor ato Tlatone dice, che baciando uennegli tanima a i labri per ufcirdel Corpo.Et perche il fepararft I’anima dalle cofe fenftbi li,& totalmente unirfialle inteUigibili,ft pub denotar perlo bacio, perb I’amante veil'amor ragioheuole & (Sift* Scherza ?n- torno all’o- pinione de Platonici ‘ r che ucglia- no conuc - nirfi nell’a- inordiuino il bacio, in quanto e fe gno della congiuntio ne de gl’a- nimi. Allude a cjuello, che ciicono alii filofofi, che Amore e una forza, che cogiun ge & aniftc LIB^Q- Casio pub con il bacio dimoflrar deftderio, che l’am* mu fuafia rapita dell’amor diuino alia conteplatione della bellcgga Celeste di tal modo,che unendofi inti- mamete a quella, abbandoni il csrpo.Stauano tutti at tentijjimial ragionamento del Bembot & efio bauedo . fkttoun pocodipau{a,& uedendo che altrincnpar- Dicono i , m . f ,, - . . r riatonici, laua,dijje . Toicbe m bauete fatto eominc/are a mo- chfo V °teioft rar l’ amor feb- ce noflro Cortegiano giouane, uo- fpirito che glio pur condurlo un poca pin auanti, psrebe lo Har .SSligle'del in quests terming e pemolofo afiai,aitefo che ( come la CO foj^ 3 P M uo ^ te detto) I’anima e inclinatiffima a i fenfi, guifa di &bencbe la ragione co’l difearfo elegget bene, & co- ^UL§Ra no fi A i He ^ t beUezganon nafcerdal corpo, & pern aa de corgi ponga fienoa idefidersj non homjli,pur il conteplar- I’lmaginc, ^ fimpre in quel corpo, jpejjb puerte il uero giudicio, ftnz ”h * l - ct ! l uan ‘i° u ^ tr0 ™^ e non ne neni/Se, lofiar abfent.e dal dono,8cpi- la cofaamata porta feco molta.paffione;perche. loin- t£ Jieiima- & quella beRe-gp^t,quando e prefente, dona mi¬ nt ibioia rabil diieitoalio amante,& rifcaldandogli ilcoreri - bdjezza ^ 4el cor] aieirafu tarfi dalla cefa amata dono,&uanpullulando.mornoal cuore, & manda. - IsfmfpHor no fnorpergli occhi quei fair it i che fan uaporifottilif della pih pura,&lucida parte del fanguej raccoigono ‘{ttali riceuono la imagine della bellegpa, &la for- »e! opho 0 rnam con mi ^ e mr y ornam em-, onde I’anima ft dilet to feilodci- ta,&conuna certa marauiglia ft fpai.icnta;&purgo> ftachc'egii && klupefatta infteme col piacerefente timo- fi fopia u r.e,& riuerenza,& parle d’elkre nel colmo d’ogni ter fiatenc, renajelicitax amante adtmque y cbe conjidcra la bet - levpga Q^v a \ r o. 207 kggga folamente nel corpo, pcrdc queslo bene,& cue ftafelicitd,fitbito che la donna amata abfentandofilaf fa gli occhifenga ilfuo fplend ore,& confeguentemc- te I’anima uiduata del fuo bene; per che eftendo la bel leggga lontana,quell’inftujjo amorojb non rifcaUa il co re,come faceua inprejeniia, onde i rncati rest an 0 ari di,& feccbi.&purla memoria della belle^ga mouc iinpoco quelle uirtu dell'anima,talmente che cercano di diffmdere i jj>iriti,& effi trouando le uie ottmate, non hanno efito,&pur cercano d’ufcire ; & cofi con queiftimoli rincblufi pungon I’anima, & dannole pajfione acerbiffima; come a fanciulii,quando dalle te neregingiue cominciano a nafeere i denti; & di qua procedono le lagrimejfojpiri,g!i ajfanni, & tormenti degliamanti;percbe I’animafempre s’afflige,&tra- uaglia, & quafi diuenta furiofa, finche quella cara beilegga fc le apprefenta m’altra uolta; & all’hor fubito s’acqueta, & refpira, & a quella tutta in- tenta ft nutrifee dicibo dolcijjimo ,ne mai da cofi. foaue jpettacolo partir uorria . Terfuggir adunque il tormento di quesia abfentia, & goder la bcllegpa fenga pajfione, bifogna, cb’el Cortegiano con I’aiuto della ragione reuochi in tutto il deftderio del corpo, aUabelle'gga fola, & quanto piu pub, la contempli in fe slefa femplice,&pura, &dentro nella imagi¬ nations, la formi adiratta da ogni materia ; & cofi la fuccia arnica , & cara all'animafua , & iuila goda, e fecol’habbia giorno et notteftn ogni tempo eluogo, fengadubbio di perderla mai, tornandoft fempre a memoria, che’l corpo e cofa diuerftjfma dalla bel- leiga, Diotima appreflp Platone nel conui- to infegna, Che il dene afcenderc dalla bel- lezza d’un corpo alia bei lezza u- niuerfale fdi piu cor* pi, l i b o legga, & non folamente non l’accrefce,ma le diml- nuijce la fua perfettione. Di queftomodo fard ilno Hro Cortegiano non giouane fuor di tutte le amari- tudini, e calamitd, cbe fenton quaft fempre i gioua ni , come le gelofie,i Jofpetti,lisdegni,l’ire ,lede- fperationi, & certi furori pieni di rabbia; dai qitali jpefio fon indutti a tanto errore, eke alcuni non fola¬ mente button quelle donne,che amano, ma leuano la uita a feftejfitnonfard ingiuria a marito,padre,fratel li, o parenti della donna amata;nondardinfhmha le'r,non fard sfor^ato di rajfrenar talbor con tanta dif ficultd gli occbi,&la lingua per no fcoprire i fuoi de fiderif ad altri:non di tolerar lepaffioni nelle partite » ne delle abfentie; cbe chmfo nel core ft porter a fempre fcco il fuo pretiofo tbeforo: & ancora per uirtu dells imaginatione,ft former d dentro in feslefso quella bel- legga molto piu bella,cbe in effetto non fard. Ma tra quejii beni trouaranne I’amante m’altmancor ajjai maggiore,?’egli uorraferuirf di queslo amore, come d’ungrado per afeendere ad un’altro molto piu Jubli ruie-yikhegfiftccederd,fe tra fe anderd confiderando, come slretto legume fta lo ftar fempre impedito net contemplar la bdlexppx d’un corpo folo; & pcr&per ufeir di queSio cofi angufto termine, dggiungcra ml penfier Jhoapoco apoco tanti cmamenti,cbc commit tando in feme tutte le believe,fard un concento uni- uerfale, et ridurra lamoititudine d'efie alia unita di quella fda,chegeneralmentefopra la bumana natura fi fpande; & cofi non piu la bellcTgga particolar d’una donna,ma quella miner fa's, cbe tutti i corpi ddorua, eontern - Ojr jt ^ r o.. 208 cantemplard. Onde offufcato da queslo maggiorlunte mn curcrd il minore ; & ardendo in pin eccellente fiamma, poco efhmzrd quello, cbe prima batten tanto apprcggato.Oueslogr«dod'amore, benche fia molto nobile,& tale,cbe pochiui aggiungoKO,non pero an- corfi pud cbia'irurpafettotpaxke per efkrcl'imagi¬ nations potentia organica,& non bauer cognitione,[e non per queiprincipij, cbe le [on Jumminisirati da i fenfiyfion b in tutto purgata ddletenebre materials ;& pero,benche cofideri quetia bdlcgga uniuerjale aflrat ta,& in feJbla; pur non Li difeerne ben 1 biarameiue, nefen^a qua!cbe ambiguitd,pcr la cotiuenientia, cbe banno i fantafmi col corpo; onde quelli,cbe peruengo 1 no a queslo amore,fono come i tetteri augelli, cbe co- minciano a ucjiirfi dipiumc;che benchc con Vale debi li fi leuino un poco a uolo;pur non ofano allontanarft molto dalmdo,ne commetterfi a’utnti,& al cielo aper to.Ouando adunque il nostro Cortegiano lard giunto a quefto t ermine,bencheafiaifdice amantedir ft pof- fa d rijpetto di quelli, cbe [on fommerfi nella mijerid dell’araor fenfuale ; non pero uoglio cbe f) con¬ tend , ma arditamentc ft paffi piit auqnti ,fegttendo per la fublitne flrada. dietro alia guida, cbe lo con¬ duce al termine ddlx uera [elicit# i ^ cefi intuoco d’ufcir di Je ftejjo col penfiao , come bljogna cbe faccia (hi uuol confidergi la btUegga corporate, ji riu/Jga in fe fteflo ,pcr contempUr quella , cbe [1 p.fde con gli occhi della mente ; li quali all'bor s ocratene , eaminciano adefs'tr $cuti& perfpscaci,qttaKdo quel- conuit > ap li del corpo perdoivj. il fia r della loro uaghcgga; pero PU ' 1’a.nim\ Dicono i Piatonici che la bel* ]e*za del corpo euna ombra del¬ la bellezza deiranima, & qlla del Panirna e ombra di quella del- l* Angelo, & qfla e om¬ bra della beilezza di mna, nella nianiera ch’alcunifo gliono dire, che la luce del Sole ch’e nell’a- qua e om¬ bra di quel la, ch’e nel- l*aria,& ql- la dell’ana e ombra a rilpetto del lo Iplendo- xe del fuo co, il quale pari mete e un’ombra in compara tione della infinita lu¬ ce, che nei corpo fola- xe u uede. l i b ri 0 Vanima alienadai uitij, purgata da i Hudij della ucra filofofia, uerfata nella jfiritualc, & efercita- ta nclle cofe deU’intelletto, riuolgendofi alia con- contemplation della ftia propria futtantia, quafi da profondiffimo fonno rifuegliata, apre quegli occbi , cbe tutti banno, &pocbi adoprano;&uede inJeftej- fa un raggio di quel lume , cbe e la uera imagine della bedevga angelica, a lei communicata, della- quale ej'ja poi communica al corpo una debole cm bra; pero diuenuta cieca alle cofe terrene, fi fa ocu latiffma alle celeBi ; & talhor quando le uirtii motiue del corpo ft trouano dalla ajfidua contem- platione afiratte , oucro dalJ'onno legate, non ef¬ fort do da quelle impedita, fente un certo odor na- fcosio della uera bcllegga ^Angelica ; & rapita dado fflendore di quella luce comincia infiam- marft ; & tanto auidamente la fegue , che qua¬ fi diuiene ebria , & fuor di fe skfja , per defi- derio dlunirfi con quella, parendole baiter trouato 1‘ormadi Dio; nella contemplation del quale, co¬ me nel fuo bcato fine , cerca di ripofarfi; & pe- ro ardendo in quesla feliciffima fiarnma , ft leua ada fua pin nobil parte , cbe b I’inteUetto ; & quid non pin adombrata dalla ofeura nottc del- le cofe terrene, uede la bede^ga diuina ; ma non pero ancor in tutto la gode perfettamente , per- cbe la contempla folo nel fuo part icolar inteilctto, it quad non pub ejfer capace della immenfa bedtg^a uniuerfale;onde non ben contento di quefto beneficio, amore dona all’anima maggior felicitd, cbe fe con¬ do cbe Q^V A \ T 0 . 209 do che dalla bclleggii particolar d’un corpo la gui- da alia bellejga miiuerfale di tutti i corpi,cofi in ulti¬ mo grado di perfettime dell'intelletto particolare la gnida alio intelletto minerfale.Quindil’anima acce- fa nel ardentijjimo fuoco del uero amor diurno, uolc affomigliarfi allanatura angelica, & non folamente Diotimaap in tutto abbandotiail fenfo,ma piu non ha bijbgno del tone nel a " difcorfo della ragione,che quafi transformata in An- gelo intende tutte le coje intelligibili; & fenga uelo,o fe gii huo- nube alcma,uede quanto ponnole fue naturali forge Slnmo'u'n I’amplo mare della pur a belle-77 a diuina; & in fe lo b ?.’ cor P° (o riceue,e gode quella fuprcmafelicitd, che da ifenfi e derfi moito incomprefibile. Se adttnquc le bellegge, che mtto di f^&fepoffi con quefti noftri tenebrofi occhi uedemo ne i corpi cor bii foffcper ruptibilijcbe nonfonpero altro che fogni, & ombre femp'ieleie- temifjime di bellegga,ci paion tanto belle & gratia ^j b p? n n z “ fe, cbe in noi (feffo accendon fuoco ardentilpmo, & aicuna for* con tanto diletto, che riputiamo ancorche faljamente rtiuna felicitd poterfi agguagliar a quella, che talhor fentimo per un folo jguardo, che ci uenga deU’ama dobfiamo ta uifta d'una donna;chefelicemarauiglia, chebeato si up ore penfiamo noi,che fia quello, cbe occupa leant rei’ifteffa me che peruengono alia uifione della bellcgga diui- nalche dolce fiammalche incendio foaue crederfi dee intiera,_fem che fia quello,cbe nafce dalfonte della fuprtma & ue mli nata° ra bcllegga?che e principio d’ogni ultra bell&ga,cbe “,™ e h ” mai non crefce,ne fcema,fempre bella, &perfemede mano.ne fima femplicifjma,a jestefia Jolamentefimile, & di niuna altra partecipe;ma talmcnte bella, che tutte le talfordidez altre cofe belle Jon belle, per che da lei participan la t ” ffiacdua D d fm L I B H O fuabellegga.Quesla h quella bellegga indijlinta dal f o cs e " el ^ f omma bontd;che con la fua luce cbiama, & tira a fe tutte le cofe,&non folamente alie intellettuali dona l’intelletto,alle rationali la ragione, aide fenfuali il fen fo,& I’appetito di uiuere,ma allepianteancora,& at fajfi communica,come un ueffigio dife Flefiajl moto, equello inflinto naturale delle lor proprietd . Tanto adunque e maggiore & piu felice qttefto amor degli altri,quanto la caufa,che lo moue,epiu eccellente. Et per'o,come il fuoco materiale affina I’oro; cofi que - fco fuoco nelle anime diftrugge , & confuma cib cbe u’editcrmio; t & uiuifica , & fa bella quella parte celejle,che in efie prirna era dal fenfo mortified ta & fepolta. QueHo e il rogo, nel quale feriuono i Toeti efier arfo Ercole, nella Jummitd delmonte Oe- ta;&per tal incendio dopo morteefjer refiato diuino, & immortale. Fin a tal grado d’amore pub I’huomo afeendere & col lume naturale & con la fcorta della filofofia mondana.Ma la noHra fanta religione infe- gnandoci pienamente che cofa prima & poi amare & in che maniera cio far ft debba,rendegli animi no siri di gran lunga piu perfetti, & diuini, & fa che quellijche per ejsermfiamw.au di fanta charita,& di celeste amore partendoft da quesla terreftre bafjeg-- ga fene uolano uerjo il Cielo,& efiendoft perl’opere buone, & per la gratia diuina fatti degni di uedere Dio,ch’e fonte d’amore,& uera luce,diuentano perfet tamentefelici. Indriggiamo adunque tuttii pen fieri, & le forge dell’anima noHra a quejio Santiffimo lu- me,che ci moslra la, uia,cbeal del conduce,& drieto a quella Q^V T^T 0 . 210 a quellofj>oghandoci gli ajfetti,cbe qua giu ci craua- tno ueftiti,per la fcala,cbenell’infimo gradotienl’om bra di bellezgafenfuale,afcendiamo alia fublime flan tiaouebabita la celefle,amabile, & uera bellegga; & cjuiui trouaremofeliciflimo termine a i noftri deft- derq,uero ripofo nellefaticbe,cer to rmedio nelle mi- ferie,medicina falubenima nelle infirmita,porto fiat riffimo nelle turbide procclle del tempeflofo mar di qucfta uita.Qmlfard dunque o Santijf. fpirito d’^i- more,linguamortale,cbedegnamentelaudartipofia? Tu belhfpmo,& bonijjimo . Tu padre de i ucri piace- ri,delle grade,della pace,della manfuetudine, &beni uolentia , & in fomnia principle & fined’ogni bene. SPero degnati, Signor,d'udir inoftriprieghi, itifondi te fiefto nei noftri cuori,e co’lfplendore del tuo fan- tijfimo fuoco iilumina le no fire tenebre,& comefida- taguida,in quello cieco laberinto moftraci iluero ca- mino,correggi tu lafalfitd dei fenfi, & dopG il lungo uaneggiar donaci il uero eJaldo bene , facci fenlir quegli odori Jpirituaii cbe uiuificanole uirtu deli’Intel letto,& udir I’armonia Cdefietalmente concordan¬ ce,che in noi non habbia luoco piu alcuna difcordia di pajjione: Et inebriaci tu in quel fonte ineshaufto di contente%7^a,chefsmpre diletta,& mat nonfatia, & a chi beedellefueuiue &limpide acque,ddguftodi uera beatitudine;purgatu co’raggi della tua luce gli occbi noftri dalla caliginofa ignorantia, acciochepitt non appregppno bellcg^a mortals ,& conofcano cbe le cofe, chc prima uederloro parea,non fono;& quel¬ le, cbe non uedeano,ueramente fono ; accetta I’anime P d 2 noftre, 3Per l’Am brofia , & net tare l i n ii o noflre,cbe a te s’offer ifcono in facrificio, abbrucialein quella uiua fiamma, cbe conjuma ogni bruteqga nut teriale,accioche in tuttofeparate dal corpo.con perpe tuo,& dolciffmo legame s’unifcano con la bellegga diuina , & da noi SleJJi alienati, come ueri aman- ti, nello amato pofjiam trasformarci, & leuando- ne da terra effer admefji al conuiuio de gli <.4ngeli; done pafciuti d’ambrofta & nettare immortale, in qSl ultimo moriamo di feliciffitna & uhal morte, co- uifione 2 & me gidtnorirono quegli antichi padri, I’anime dei imitione di quali tu con ardentiffima uirtu di contemplatione rapifti dal corpo , & congiungesli teco. Hauendo il Eembo infin qui parlato con tanta uehementia, cbe quaftparea aflratto,e fuor di [e,flauafi cbeto, & im¬ mobile, tenendo gli occbi uerfo il cielo, comefiupido; quando la fignora Emilia,la quale infieme con gli al- tri eraslatafempre attentiffma, afcoltando il ragio- Bjtoma di nament0 J° P re f e per la fhlda della robba, &fcoten- nuouo a ra dolo unpoco,difte.Guardate M."Pietro, cbe con que- fec6doi e pfa ^ipenfieri a uoi ancora non fifepari I’animadal cor- ? ni n’'on a P°^^S nora ( n li >0 fi M/Pietrd)non faria\queflo ilprimo quatmrfor miracolo, che coftfhttotAmore babbiainaltruiopera Bnno^dei- to.nfU’-bora la fignora Bucbeffa, & tutti gli altri co¬ le poeiie, minciarono di mono a far inffantia al Bembo,cbefe- Biifteriftl guitafle ilragionamento ; & ad ogmm par ea qua ft y:™**’**fentirfinett’aniniomd certafcintilla diquello amor quarto’de dmino,chelo ftimulafle,&tutti deftderauano d’udir fiu potgte P™ °^ tre = ma *1 Bembo fignori, foggiunfe, io bodetto & ecceiien- quello cb’l facro furor amorofo improuijamente m’hd gi’aitri! mt ‘ dettatoffora cbeparpiu non m’inffiri,nonfaprei cbe dire; ji ^ r o. 2TT dite; It al Cortcgiano potra efjer bdflante quel - lo che fin qui gli k flato infegnato.percio for fie non ft conniene parlare piu di quefia materia. Veramete dif fe la fignora Ducbcfi'afiei Cortcgiano non giouanefit rd tale,cbe feguitarpojfa il camino,cbeuoi glibauete moffrato , deuandofiper mego della contemplatione dalla belle-^a corporate alia diuina,ragioneuolmen- te dour a contentarfi ditanta felicitd , &nonhauer inuidia al giouane.Mllbora Meffer Cefare Gongaga, La ftrada,di/Je,cbe a queffa felicitd conduce , parrni tanto erta, che dgranpena credo cbe andar ui fit pof- vm vMJM’Wi'jM uojjptucyTfpa utic uvtni>c icherzoche ui ft perdonerapiu, Rjfiofe ilfignor Gaffaro.Ingiuria non ui ft fa,dicendo cbe I’anime delle dome non Jono « h e condu- tanto pur gate dalle paffioni, come quelle de gli buomi C ita, & po- ni,ne uerftite nelle contemplationi, come ba detto Mi- efficar nTc- fer Tietro che e necejfario, cbe fian quelle, che banno te fi cenfu- da gu ff ar L’amor diuino . Verb nonfi legge,cbe don- ta * na alcuna habbia hauuia quefia gratia , ma fi molti huominijcome de’gentili Vlatone,So crate, & Vloti- no,& molti altri;et de’ noffrfima in grado molto piit. eminente,tanti fanti Vadrfcome S. Trancefeo , a cui m’ardente jpirito amorofo imprejfe il facratiffimo fi- gillo delle cinque piagbe;ne altro che uirtu d’amore poteua rapire San Tauolo Mpofiolo alia uifione di quei fecreti,di cbe non b lecito aWhuomo parlare, nc mofirare a San Stefanqi cieli aperti. Quiui rijfofe il Magnified Diotima fra l’altre cofe amoro fe ch’infe¬ rn 6 a Socra t ,comeria ne riferi- f.e, fit d’a- icedere per grado dalla ocllezza del corpo a quella del- i’anima, & da quella alia bellez- za angelica, donde poi alia fomma beliezza di uina liper- ueniua. L I B \ 0 Magnifico Giuliano. Tfon jaranno in quello ledonne punto fuperate dagli hmmini,perche Socrate ifleffo confefj'a tuttii mi fieri amorofi, cheegli fapeua,efier— gli Siati riuelati da una donna , che fu qitella Dio- tima;&L’Angelo che co’l fuoco d’amor impiagb fan Francefco, del medefimo carattere ha fktto ancora(co me altri riferifce )' degne alcune dome alia eta no- flra. Douete ancora ricordarui che d Santa Maria Maddalena furono rimejji rnolti peccati,perche ella amdmoltOy&ditantealtrele quali (come hieripm dijfufamente narrai ) per amor del name di Chrifto non hannocmato la uita,ve temutai flratij, ne alcu- namaniera dimorte,per borribile,& crudele, cb’ella fofie;& non erano(come uuole MefferTietro che fia il fuo Cortegiano)ueccbie,md fanciulle tenere & de¬ licate,-& in qntlla eta, nella quale ejjo dice, che ha qualche feufa negti huomini l’amor fenfuale . Il Si¬ gnor Gajparo cominciaua a prepararfiper rifpondere, ma la Signora DUche(fa,Di quejlo , dij]e, fia giudice Mifer Vietro Bembo,& sliafi alia fuafententia,fele donnefono cofi capaci dell’amor diuino,come gli huo¬ mini ,ono . Ma perche la lite tra uoi potrebhe efier troppo lunga,fard ben dijferirla infmo d domani. An ■gi a queflafera,difie Mijfer Cefare Gongaga.E come d quefla fera,dij]e la fignora Ducheffa, I{ifpofcMef- fer Cefare.Terche gid e digiorno, & mo fir olle la lu¬ ce,che in cominciaua ad entrarperle fifure delle fi- fieftre.All’bora ogniun ft leuo inpiedi con molta ma- rauiglia, perche non pareua,chei ragionamentifoffe ro durati pin del confuetosmdper I’ejfcrfi incornincia ti molta ■$v a ii t o. 2i3 ti molto piu tardi,eper la loropiaceuolcgga, baueua noingannato quei ftgnori,tanto cbenons'erano accor ti del fuggir dell’bore;ne era alamo, cbene gli occbi fentifle grauegga difonno; it.cbe quaftfempre inter- uiene, quando I’hora confiteta del dormire ftpaffain uigilia.^Aperte dunque le finejlre da quella banda del palaggo,cherigHarda I’alta cima del monte di Ca- tri,uidero gid efiernata in Orienteuna bella aurora di color dirofe,&tuttele flelle ffarite ,fuor chela dolce gouernatrice del del di Venere,che della notte,e del gouerno tiene i confini;dalla qual parea, cbejfi- ra(Je unaura foaue, cbe di mordente frefco cmpienio I’aria cominciauatralemormoranti felue de’colii ui- cini a rifuegliar dolci concenti de imgbiaugdli. On- de tutti hauendo con riuerentia prefo commiato dalla ftgnora Ducbefia, s’inuiarono uerfo le loro ftantie fen ga lume ditorcbi, baflandolor quello del giorno ; & quando gid erano per ufcir della camera,uohojfi ilft- gnor Vrefetto alia Signora. Ducbef]a,& dij]e.Signo¬ ra per terminare la lite tra il Signor Gaffaro, e’l Si¬ gnor Magnifico,uerrem