ANNO VI —N. ti. Sabbato 15 Marzo 1851 i 'i Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— i L' abbonamento non va pagato adaltri che alla Redazione. • J . _____------—---'___ movimento della popolazione dal 1806 al 1851 Nell'Istria centrale marittima. Ci viene gentilmente comunicato dal nobile Signor F. P. il movimento della popolazione nel distretto di Pa-renzo, di Montona e di Rovigno tra il Quieto e Valle, avvenuto dall'epoca in cui questa parte d'Istria venne sotto il dominio Napoleonico fino all'anno corrente. Lo aumento della popolazione secondo le diverse località, offre bel materiale a parecchie considerazioni, ma ci limiteremo ad osservare che questo aumento è tutto interno e che i pochi venuti dal di fuori sono in numero ben inferiore ai molti che lasciano questa patria. . 0 Ì806 1851 Parenzo.... . 2005 3103 Maggio .... . 180 Torre..... 343 i Abrega .... . 76' 842 Fratta .... 116 Monghebbo. . . . 41 Dracevaz. . . . 179 312 Foscolino . . . . 90 Villanova. . . . 259 745 Sbandati.... 361 555 Rovigno .... Villa di Rovigno . . 254 397 Orsera .... 474 849 Fontane .... 182 287 Giroldia .... 120 287 Montona '). . . . 1464 2341 ') La parrocchia di Visignano . . . . 737 1111 Montona comprende Mandellebotte . . . 243 384 1' antica parrocchia Novaco .... 624 di Bercaz, che nel S. Vitale. . . . . 285 523 1806, aveva 142 a- S. Michiel sotto terra 14 — nime, ed una por- Santa Domenica . . 331 387 zione della vecchia S. Giov. di Sterna . 328 873 parrocchia di Caldier. Raccotole . . . . 160 234 Caldier .... 223 Caroiba .... . 235 388 Bercaz . . . . . 142 Trasporto . 19031 25641 Riporto Zumesco 2) Montreo . . . Visinada. . . Castellier . . S. Lorenzo . . Mompaderno . S. Vincenti Due Castelli o fanaro Valle . . . 19031 25641 . 96 — . 253 317 . 1053 1476 . 579 773 . 756 1177 346 714 . 1471 2279 Can- . 1165 1801 . 1020 1412 25770 35590 ") La parrocchia di Zumesco appartiene attualmente al Vescovo di 'Trieste. Ora le sei parrocchie, che si osservano unite formano due sole cioè di Torre, eFoscolino, come Maggio aggregata a quella di Parenzo. delle incursioni dei turchi ! NEL FRIULI. (Continuazione e fine. V. N. antecedente.) Siccome anche questi giorni passati hanno sentito la crudeltà loro ipopoli della Piucca, et le genti vicine al gran bosco detto di Santa Galdrude, eh'è discosto da Gorizia, meno di due giornate, de' quali miseramente ne sono stati fatti prigioni oltre a '2000 con altrettanti altri d' ogni sorta, et arsi da 11 Villaggi; et tra le molte crudeltà ne racconterò questa sola, che successe nella detta incursione ; poiché ritrovandosi una povera Conladina, solamente con un fanciullo di 10 mesi in una capanna di paglia, che da loro si chiama Cattonaro, et sentendo la furia dei Turchi, nè avendo tempo di salvarsi altrove, lasciato il figliuolino in terra, s' ascose come meglio puote, dietro un tinazzo eh' era pieno di rape,"conservate nelli raspi d' uva come si costuma di fare in questi nostri paesi, et giunti i Turchi, poiché non vi trovarono da far bottino, scorsero più oltre, restando dietro loro una donila Turca armata di scimitarra, a guisa di una Amazzone, la quale subito visto il fanciullo smontò da cavallo, et pigliatolo nelle braccia gli porse.il latte d'ambe le mammelle, et ciò fatto, tantosto con la scimitarra ta Per ultima/ragione si adducono due arche di pietra esistenti nella suddetta Chiesa di S. Proto, e sopra una delle quali sta incìso il nome di esso S. Proto, e sopra l'altra quello di S. Grisogono. Nemmeno dal ritrovarsi arche di Santi Martiri in un luogo può dedursi, che nel medesimo abbiano consumato il lor Martirio; poiché moltissime arche potrebbero qui menzionarsi, esistenti in moltissimi luoghi, ne' quali si sa 'di certo, che essi Santi non furono martirizzati. Quindi si raccoglie, che queste quattro ragioni, le quali mossero l'Autor del Ragguaglio a supporre le Acque Gradate in S. Canciano piuttosto che nell'Isola di Grado, non hanno alcuna forza, e nulla provano, nè conchiudono. Passa poi egli a dire, (pag. 143) che essendo noto, essersi i Santi portati in cocchio alle Acque Gradate, queste non poteano essere all'Isola di Grado, alla^quale non poteasi, dice egli, andare che in barca, e nelle pagine seguenti risponde, per sostenere questa , sua asserzione, ad alcune obbiezioni, che gli pare di aver trovate nella mia Raccolta. Per la prima sopra quelle due Lapido sepolcrali da me prodotte, come contigue alla strada, per cui anticamente andavasi da Aquileja a Grado, dice che sebbene uso era degli antichi di collocar le Lapide sepolcrali lungo le strade per ricordo a' passaggieri di lor mortalità, da ciò non può inferirsi, che non le collocassero per lo medesimo ricordo anche lungo i canali e fiumi pe' passeg-gieri, che viaggiavano in barca ; e che perciò dette duo Lapide non dinotano, che lor fosse contigua una strada, piuttosto che un canale. Basta che 1' Autor del Ragguaglio non neghi, come non nega, l'uso di porre le Lapide sepolcrali lungo le strade, e che non dimostri, come non dimostra, 1' uso di porle sulle sponde de' fiumi, o de' canali, per conoscer chiaramente, che questa sua risposta non fa alcun effetto. Per la seconda egli passa a narrare, che la strada, per cui, come accenno nella mia Raccolta, Lupo Duca del Friuli si portò nel secolo VII, a depredar Grado, non era ancor fatta, quando i Santi fuggirono, in cocchio alle Acque Gradate, le quali per conseguenza pretende doversi credere, che fossero non in Grado, ma a S. Canciano, dove in cocchio potea and-irvisi. Per dimostrar poi, che detta strada non era ancor fatta in detto tempo, dice, essere credibile, che questa strada non fosse fatta, cha dopo essersi cominciata a popolare con frequenza l'Isola di Grado, il che non seguì, dice egli, per quanto ci avvertiste il Serenissimo Dandolo nella sua Cronaca, che nel 407. Si risponde, che il Serenissimo Dandolo non narra, né ci avvertisce se non, che nell'anno 407 fu dai Proceri, ossia da'Gentiluomini Aquilejesi fabbricato un Castello nel lido delle Acque Gradale, e che da queste il Castello fa chiamalo Grado. (Segno, che esse Acque Gradate erano amicamene nell'Isola di Grado, e non altrove, e che la voce Acque Gradato non derivò dalla voce Grado, significante Porto; ma anzi tutto all'opposto, che la voce Gin do derivò dalla voce Acque Gradate.) Non narrando dunque, nè avvertendoci il Dandolo, che solamente dopo l'erezione di questo Castello si cominciasse a popolare con frequenza quell'Isola, ci lascia esso Serenissimo Doge in piena liberlà di pensare e credere, che l'Isola di Grado, cioè le Acque Gradate, fossero abitate e popolate tanto prima, che dopo delta erezione, od almeno che fossero abitate prima con tal frequenza di abitanti, quanta bastar potesse a far quella strada, ancorché non fossero stati ajutati : dagli Aquilejesi, come potrebbe pensarsi: e in conseguenza ci lascia anco in libertà di credere, chs quella strada fosse in essere assai prima del Castello. Ejjli è vero, che Lupo corso quella strada nell'anno 663, ma egli è ben anche vero, che Paolo Diacono attesta, che esso Lupo corse in Grado col suo esercito ® per stratam, quae antiquilus per mare facta fuerat, „ e che V antichità quivi accennata da Paolo Diacono, di questa strada può benissimo ascendere al tempo, in cui i Sanii Martiri, giusta le lor Leggende, fuggirono alle Acque Gradate. Per la terza dice, che se fosse stata intenzione de'Santi di fuggire a quell'Isola, avrebber dovuto, ancorché fosse stata in essere a quel tempo detta strada, imbarcarsi in Aquileja, lo che facendo, la lor fuga sarebbe riuscita con più segretezza, e più facilmente avrebbero così potuto involarsi agli occhi de' persecutori. Ma non vede egli, che per questo stesso motivo avrebbero i Santi dovuto imbarcarsi, sebbene avessero avuta intenzione di fuggirsene, com'ei narra che l'aveano, a S. Canciano, e che perciò questa di lui ragione nulla giova alla di lui idea di por le Acque Gradato in S. Canciano, più di quanto giova a chiunque le suppone nell'Isola di Grado? Aggiungasi, che questi illustri Martiri non aveano intenzione di fuggire lo mani de' persecutori per quanto ci assicura l'antico Autore di (un sermone attribuito altre volte a S. Ambrogio, e creduto da alcuni appartenere a S. Massimo di Torino. (V. S. Atnbros. Tom. II. Edit. Benedici. in Appendice col. 458.) t Per la quarta egli dice aila pag. 147, che se i Santi fossero stati rattenuti nell' Isola di Grado, pare che non si fossero espresse propriamente le Lezioni che dicono: Sisinius super rheda insequilur comprehenditque ad Aquas Gradatas. Imperciocché non potendo essi in cocchio (uggire più oltre di quella ben piccola Isola, avrebber piuttosto dovuto dire, che colà fuggili, e non fuggendo fu-ron fermali. Sebbene non potean fuggire in cocchio più oltre di quell'Isola, chi non vede, ch'eglino montando poi in barca avrebber più oltre potuto proseguir la lor fuga per mare, se non fossero stati rattenuti in quell'Isola? e conseguentemente chi non vede, essersi propriamente espresse quelle Lezioni, qualunque siasi la sincerità degli Atti, da' quali elleno furon tratte ? Certamente il Baillet narrando il loro Martirio si esprime collo solito formolo : on pretend, on dit; e chiama questi Santi più celebri per lo culto che per la storia. Ma prima di uscire di questa marittima strada, merita osservazione la risposta, che l'Autor del Ragguaglio dà a tutto. A tutto ciò, (ei dice alla pag. 144) si risponde che difficoltà non abbiamo di concedere, che nel secolo VII vi fosse la delta strada, conciossiachè sin ad ora presente si vede quest' Isola (di Grado) congiunta al continente con un piccolo ponte. E pure ognun sa, e ognun vede che non v'è ponto alcuno, che congiunga l'Isola di Grado al continente, talché dalla sola notizia, che di questo ponto egli ragguaglia il Pubblico, parer potrebbe ad alcuno, cha rilevar si potesse di qual tempra siano alcuno altre del suo per altro molto erudito Ragguaglio, non avendo io preso a considerare se non quelle, che hanno qualche rapporto colla mia Raccolta. Egli di poi adduce (pag. 150) un'Iscrizione col-1'avvertire, che fu addotta anco da me, ma alquanto di-versamentej asserendo di averla egli fedelmente trascritta dalla Lapida stessa. Nulla men fedelmente perciò potrei, e dovrei dire, d'averla anch' io trascritta dalla copia, che, come ivi accenno, mi fu mandata, lasciando intanto la decisione agli Eruditi, se quella strana nota da lui fatta così J, debba intendersi per una 3 inversa, comò a lui pare, 0 per un L, come pare ad altri. Indi si riproduce dall'Autor del Ragguaglio CPaS-151) la Lapida da me prodotta nella mia Raccolta alla pag. 251 dove asserisco, che i Pnrpurarj in essa Lapida menzionati, sono lo stesso che venditori 0 negozianti di porpora, dalla qual asserzione benché non dissenta, soggiunge però, che dall' essersi trovata questa Lapida in S. Canciano, e non in Aquileja, egli inferisce (illazione che altrui parrà bizzarra), che fossero non venditori, o negozianti, ma tintori di porpora, e in oltre elio una delle nove tintorie di porpora stabilite in Occidente, una fosse stabilita in S. Canciano, come sobborgo d'Aquileja, asserendo, che il Pancirolo nel cap. XLII della Notizia dell'Imperio Occidentale ricorda, che dagli Imperadori fosse una di dette nove tintorie stabilita in Aquileja. In detto cap. però XLII per osservazion fatta, non si fa dal Pancirolo, come pretendesi, alcun ricordo nò di porpora, nò di tintorie, nè d'Aquileja. Bensì nel cap. XXXIX esso Pancirolo annovera i nove Procuratori de' Bafj, cioè delle tintorie di Porpora; ma niun Balio però, o sia tintoria egli mette in Aquileja, come l'Autor del Ragguaglio asserisce, e conseguentemente nemmeno in S. Canciano. Ma dato anche, che esso Pancirolo ne parlasse, e che collocasse una delle nove tintorie in Aquileja, come mai potrebbe inferirsi, che dal trovarsi in S. Canciano una pietra d'un Purpurario ivi sia stata una tintoria di porpora, e che costui fosse non negoziante, 0 venditore, ma tintore di Porpora? Neil'0-pera postuma del Sig._CavaIier Orsato alla Lettera XIII, si vede una pietra, che menziona un tal C. PupioPur-purario, scoperta presso Colorno in una Villa, Giuspa-dronato de'Padri Cassinesi. Deesi dunque da tale scoprimento forse dedurre, che anche in detta Villa vi fosse anticamente una delle nove tintorie? Ma nè al Pancirolo, nè al Sig. Cavalier Orsato, nè ad altro Scrittore passò mai per capo di mettere in detta Villa, nè in quei contorni alcuna tintoria. Tanto potrebbe dirsi di altre pietre in altri luoghi ritrovate, e particolarmente di quella Gruteriana' pag. DCXXI n. 4, ed altrettanto dee dirsi della pietra esistente nella Villa di S. Canciano, cioè non potere detta pietra dinotare, che ivi fosse una delle nove tintorie, i Procuratori delle quali bensì sì menzionano dal Pancirolo, ma senza però collocarne veruna nè in Aquileja, nè in S. Canciano, benché per altro una ne collochi nella Venezia. Imperciocché, chi non vede, che gli artefici, e i mercatanti poteano morire, ed essere seppelliti anco in paesi lontani dalle loro officine, e nei medesimi rizzarsi loro, giusta il costume, le sepolcrali memorie? La Lapida che si registra dall'Autor del Ragguaglio alla pag. 188 sta anche nella mia Raccolta alla pag. 428. Nel fine dell'ultimo verso egli legge MER, dove io leggo MVN, giusta la copia trasmessami dal Sig. Li-ruti de'Signori di Villafredda ivi lodato. Questa istessa Lapida si vede anco nel Nuovo Tesoro dell' indefesso Sig. Abate Muratori, onor non meno dell' Italia, che del nostro secolo, tom. I, pag. LXXXIX, n. 4, il quale la copiò, come ivi egli accenna, dal MS. di Jacopo Valva-sone, mandatogli dal Sig. Conte Francesco Berretta, ivi asserendo, che detto MS. collofca questa Lapida, non in S. Giovanni del Carso, ma in Portu Caprutano, e che nel fine non legge MER, cioè MERjfo, come per altro dee leggersi, ma MVN, il che sarà un de' soliti sbagli de' copisti, 0 de' scarpellini stessi, che solean talora far questo, e peggio. L' Autor del Ragguaglio sopra il frammento di Lapida votiva, ch'egli adduce alla pag. 189, e che sia registrato anche nella mìa Raccolta alla pag. 112 dice che quella sigla j, denota uno, che si trovi in pericolo della vita, e cho quelle III dinotano le tre Parche. Questa erudizione giunge assai nuova, quando non sia, come suppongo, piuttosto una piacevolezza, 0 un gioco assai innocente, addotto dall'Autore per divertiminlo di chi legge. PAGO CARNICO »I TRIESTE. Un passo di Strabone venuto erroneo fino a' nostri tempi, e male interpretato, diede esercizio alla penna di molti scrittori, ed origine alla credenza che Trieste fosse nei tempi più remoti villaggio Carnico, divenuto poi colonia Romana. La quale indicazione che fosse villaggio carnico persuase qualcuno a cercare un villaggio il cui nome fosse simile a Trieste, nelle regioni contermini, e si credette trovarlo in un luogo detto Terclet; quanto al vero si appigliassero, giovino le seguenti considerazioni. Slrabone non parla già di villaggio, ma di pago, il quale non è già un aggregato di cose rustiche, ma un territorio maggiore formato da molti vici, che veramente sono agri di villaggi. Allorquando Strabone parlò di un Pago Carnico, non intese certamente della città materiale di Trieste, eh' egli riconobbe in condizione di fortezza, nè del corpo politico che egli riconobbe in condizione di colonia, nè contemporaneamente poteva dire di Trieste pago e fortezza, colonia romana e popolo rustico carnico. , , - - ' ' 1 tV (Continua).