ACTA HISTRIAE • 15 • 2007 • 1 OCENE / RECENSIONI / REVIEWS, 349–370 362 Stando ai dati del censimento del 1991, in Slovenia c'erano 54.000 serbi, 48.000 croati e 27.000 musulmani, nonché altre migliaia di cittadini di altre etnie provenienti dalle più svariate zone della federazione. Essi erano sì cittadini jugoslavi, ma in gran parte non erano in possesso della cittadinanza repubblicana. Questa, sino a quel momento, era considerata del tutto secondaria e non rivestiva alcun effettivo valore. Lubiana, aveva promesso solennemente che l'avrebbe concessa a tutti coloro che lo avrebbero desiderato. Nel giugno del 1991, quando il parlamento approvò la nuova legge in materia, non ci si limitò ad estendere la cittadinanza a tutti i residenti, ma, su insistenza dei funzionari del ministero degli interni, vennero solo stabilite condizioni agevolate per coloro che erano in possesso della cittadinanza di un'altra repubblica della federazione. I termini per poter fruire delle facilitazioni scadevano il 26 febbraio 1992. Le autorità rispettarono l'impegno e concessero a gran parte di coloro che presentarono domanda la cittadinanza slovena. Chi per ignoranza o per scelta non lo fece, venne semplicemente cancellato dall'elenco dei residenti. 18.305 persone si trovarono d'un tratto senza documenti sloveni, senza assistenza sanitaria, senza il diritto al lavoro o alla casa. Sulla loro testa pendeva la spada di Damocle dell'espulsione o del trasferimento in un centro di raccolta per stranieri, anche se magari erano nati in Slovenia o avevano addirittura una casa di proprietà. L'opera- zione condotta da "oscuri burocrati" si svolse con un consenso sociale altissimo e non provocò l'indignazione dell'opinione pubblica. I più credevano che queste persone avevano avuto la possibilità di ottenere il passaporto e che non l'avevano colta. Nessuno sembrava porsi né il problema della sostanziale differenza tra cittadinanza e residenza né quello del diritto di continuare a vivere in Slovenia anche senza assumerne la cittadinanza. Solo nel 1999 la Corte costituzionale sentenziò che la "cancellazione" era un atto illegale. Le strutture politiche però non parvero troppo disposte a risolvere celermente il problema, anche perché ciò significava ammettere che nemmeno l'indipendenza slovena era senza macchia." Marina Rossi VJESNIK ISTARSKOG ARHIVA (VIA), svezak 8–10 (2001–2003). Pazin, Državni arhiv u Pazinu, 2007, pp. 296 Dopo una pausa pluriennale – l'uscita dell'ultimo numero risale all'ormai lontano 2001 – dovuta principalmente a problemi di carattere scientifico-organizzativo, è stato presentato il 22 maggio scorso il nuovo numero del Vjesnik istarskog arhiva (VIA), il bollettino dell'Archivio di Stato di Pisino (Državni arhiv u Pazinu – ACTA HISTRIAE • 15 • 2007 • 1 OCENE / RECENSIONI / REVIEWS, 349–370 363 DAPA). Si tratta in realtà di un nu- mero triplo (8–10) della rivista che si sviluppa su quasi 300 pagine e le cui annate di riferimento sono il 2001– 2003. Il volume si suddivide in quattro parti principali. Nella prima, dedicata alla "teoria e prassi archivistica", spic- cano i lavori di carattere generale di due studiosi italiani: Carlo Chenis, segretario della Pontificia Commis- sione per i Beni Culturali della Chiesa nonché attuale vescovo della diocesi di Civitavecchia-Tarquinia, scrive sul- la formazione degli archivisti e sulla rilevanza della conservazione del pa- trimonio culturale ponendo in evi- denza la necessità di un sistema for- mativo adeguato da applicare già in età scolare che dovrebbe portare nel tempo ad un giusto senso di appartenenza al proprio territorio; Francesca Cavazzana Romanelli, dell'Archivio storico del Patriarcato di Venezia, propone due interventi incentrati sugli archivi ecclesiastici. Nel primo elabora nuovi metodi di in- ventarizzazione di tale tipologia di documenti, nel secondo, invece, si sofferma sulla loro valorizzazione e sulla loro possibile promozione quali centri culturali evidenziando la necessità di collaborare con le istituzioni universitarie, accademiche e scolastiche in genere. Completano questa parte due saggi di carattere regionale: Dražen Vlahov – che apre il volume – propone un'interessante sguardo storico sulla raccolta di materiale archivistico in Istria puntando sul problema della sua conservazione, mentre Mirela Slukan Altić, dell'Archivio nazionale croato di Zagabria, propone la trascrizione di un regolamento risalente al 1826 e relativo alla conservazione dell'Archivio delle mappe catastali del Litorale austriaco, ufficio sorto due anni prima a Trieste. Un centinaio di pagine circa è riservato agli "strumenti di ricerca d'archivio" in cui vengono proposti due utili supporti per il ricercatore che volesse approfondire, o soltanto approcciare, tematiche legate alla storia istriana. Il primo propone l'indice completo della serie di visite pastorali di undici vescovi parentini (1600–1781) suddiviso per le 42 parrocchie del territorio, per ciascuna delle quali sono riportati il numero del libro, l'anno ed i fogli di riferimento. Si tratta di un lungo lavoro di schedatura svolto presso l'Archivio diocesano di Parenzo da Jakov Jelinčić – che è ACTA HISTRIAE • 15 • 2007 • 1 OCENE / RECENSIONI / REVIEWS, 349–370 364 anche direttore responsabile della rivista – in collaborazione con la giovane collega Elena Uljančić Vekić, direttrice del Museo civico del Parentino. Allo stesso modo risulta essere uno strumento molto utile l'inventario sommario del fondo del Comune di Albona di epoca veneta conservato presso l'Archivio di Stato di Pisino e compilato dalla sua direttrice Tajana Ujčić. L'inventario è ripartito in 11 serie ordinate crono- logicamente ed il cui materiale più remoto (i rapporti con le istituzioni di Venezia, il podestà e capitano di Capodistria, il capitano di Raspo a Pinguente ed il vescovo di Pola) decorre a partire dal 1420. La parte relativa a "discussioni e saggi" si apre con il contributo di Marija Mogorović Crljenko incentrato sul ruolo della donna nella famiglia e nella società così come emerge dal regolamento statutario di Montona e prosegue con la relazione del suo collega del Dipartimento di Scienze umanistiche dell'ateneo polese Slaven Bertoša che propone un elenco nominativo del personale amministrativo di Pola (XVII–XIX sec.) col grado e l'ufficio di ogni persona basato sui registri parrocchiali. Šime Peričić, dell'Istituto storico dell'Accademia croata di Scienze ed Arti di Zara, descrive le disavventure dei marinai istriani in Dalmazia nel periodo napoleonico costretti spesso ad incontri ravvicinati con pirati russi ed inglesi. Lovorka Čoralić, in fine, propone alcuni spunti biografici dalla vita dell'arbese Michael Mattio Spalatin, vescovo di Sebenico sotto tre diversi governi (1796–1807), riportando anche la trascrizione integrale del suo testamento. Nel capitolo "relazioni-comunicazioni-notizie" si segnalano 5 recensioni di opere che, a causa dei motivi elencati in apertura, non risultano essere proprio recentissime. Il nuovo "Vjesnik", oltre agli indici, presenta anche ampi riassunti in lingua in- glese e italiana anche se, in quest'ultimo caso desta qualche perplessità la scelta di far precedere i toponimi croati a quelli italiani. Apprezzabile risulta essere anche la nuova veste grafica, curata da Alfio Klarić, che si spera possa anch'essa contribuire a riavvicinare la rivista al lettore. Come è stato rilevato durante la presentazione di Pisino, con il nuovo team – il nuovo redattore responsabile sarà dal prossimo numero l'affermato medievista polese Ivan Jurković – la rivista si attende di compiere quel salto di qualità piazzandosi (o semplicemente riproponendosi) tra i periodici di storia più importanti dell'Istria anche tramite un taglio atto a porre in evidenza l'anima plurietnica e multiculturale della regione. Aggiungiamo noi, che è auspicabile che essa possa divenire un anello di con- giunzione imprescindibile tra le riviste storiche delle maggiori istituzioni operanti sul territorio quali quelle dei poli universitari di Capodistria e Pola nonché del Centro di ricerche storiche di Rovigno come è anche sperabile che possa esserci un proficuo interscambio di studiosi che ruotano intorno a questi istituti con la possibilità di coinvolgere con maggiore frequenza anche ricercatori operanti fuori dalla Croazia. ACTA HISTRIAE • 15 • 2007 • 1 OCENE / RECENSIONI / REVIEWS, 349–370 365 Intanto la direttrice Ujčić ha annunciato che è già in cantiere il prossimo numero che, tra le altre cose, dovrebbe presentare anche un indice completo dei libri parrocchiali della penisola istriana. Data l'importanza e l'utilità di un simile strumento possiamo soltanto auspicare che la sua uscita sia quanto più prossima ed il parto meno difficoltoso di quello avvenuto in occasione del presente numero. Dean Krmac ARHIVI. Glasilo Arhivskega društva in arhivov Slovenije, l. 29, št. 1. Ljubljana, Arhivsko društvo Slovenije, 2006, pp. 224 La rivista Arhivi, edita dall'Arhivsko društvo Slovenije (http://www.arhivsko- drustvo.si/publikacije/ads_publikacije.htm) e giunta ormai al suo ventinovesimo anno di vita, si riconferma anche in questo primo numero del 2006 un utile strumento di aggiornamento sia per gli addetti ai lavori sia per quanti fruiscono a vario titolo dei servizi archivistici. Tra i trentacinque contributi pre- sentati (saggi, rassegne, recensioni, re- soconti), da segnalare innanzitutto quello di Duša Krnel-Umek, dell'Ar- chivio regionale di Capodistria, sul Tribunale distrettuale a Robida negli anni 1814–1832 e sulla questione lin- guistica delle denominazioni istituzio- nali e dei toponimi istriani (Okrajno sodišče Robida od leta 1814–1832. Slovenska imena institucij v Istri, pp. 123–128). Come rileva giustamente l'autrice, considerando il caso di Robi- da e i materiali conservati all'archivio capodistriano, in una regione misti- lingue qual è appunto quella istriana, ma il concetto andrebbe esteso a qual- siasi situazione consimile, il principale pericolo in cui può incorrere uno studioso è quella dell'uso improprio dei toponimi, spesso citati piuttosto che