Anno I. N. 5. T J ± PERIODICO MENSILE r^v II veccliio Japr Con*' della citta di Capiistria (Fnnti : Arr/iirio municipale di Capodistria). La veneta Republica, alla quale 1'ornmi troppo abusato appellativo di «gloriosa» si addice veraraente non piu in la della giornata di Lepanto, aveva per sistema di lasciare in ogni angolo del suo vasto impero un' orma piu o meno marcata della sua inelinazione al magnifico, al solenne, a tutto che, insomma, sapesse di grande, di fastoso, di coreografico si in puhlico che in privato. Una delle primissime manifestazioni di siffatta tendenza noi la scorgiamo nell'istituzione del «Maggior Consiglio«, a immagine e somiglianza di quello esistente a Venezia, il quale, nelle sue periodiche tornate, oltre tutelare gl' interessi della nobilta, la sola rappresentata, e del governo centrale, che cercava di tirar sempre 1' acqua al suo mulino, offriva invero uno sfarzoso spettacolo scenico con i suoi cencinquanta patrizi che v' intervenivano in pompa magna, lustrati e togati in piena regola. La plebe non vi era ammessa, ignorandosi, allora, le cosidette gallerie e, quindi, gli urli e le interruzioni che sono proprie della nostra eta. Al buon popolo, al pecorame, bastava di far ala sulla bella piazza del Duomo, nei pressi dell'impo-nente, marmorea gradinata cti accesso, tenuto a rispettosa di-stanza dal tiero cipiglio de' birri e dei cappelletti al comando del marziale e temuto cavaliere (il bargello). In alto, sospesa fra i merli ghibellini della torretta di tramontana, tintinnava lamentevolmente la piccola campana pretorea. La grave assemblea raccoglievasi nell'ampia sala del palazzo comunale, fra le cui mura, di presente, altre toghe, con altri criterii, amministrano una ben diversa giustizia! -Sopra un torreggiante sedile, foggiato a 1110' di trono, prendeva pošto il podesta e capitanio di Capodistria, carica altissima da cui dipendevano quasi tutti i restanti rettori veneti deli'Istria, e alla ijuale, ordinariamente, cliiamavansi nobili veneziani il cui dissestato patrimonio aveva urgente bisogno di una cura ricostituente a base di govorno nella nostra citta. Trascorsi i sedici mesi di prannnatica, arrivava «el podesta novo«, al (juale il popolino esultante gridava evviva «perehe el vecio el iera un lovo». Sic transi t.... Non di rado pero a questo pošto eminente salivano le piu spiccate personalita della regina del mare: basti per tutti il nome di Antonio Marcello, che nel 1452, superate difficoltA non poche, inizio la costruzione del nostro artistico palazzo comunale'). II podesta e capitanio — capitanio in quanto fungeva in pari tempo anche da comandante militare - aveva diritto al titoln di «eccellenza», fruiva di un lauto stipendio e fungeva da intermediario fra il governo centrale e il Maggior Consiglio, al quale trasmetteva le ducali e gli altri ordini o «desiderii»' ovverossia «suggerimenti» della Sighoria per il tramite di due Sindici Dcputali, che rappresentavano la Comunita, ma con idee e sentimenti spiccatamente governativi, e coi quali S. E. di videva Ponore della presidenza nelle convocazioni dei Con-sigli. II poclesta, finalmente, attendeva al retto funzionamento di tutti i dicasteri della citta e della Provincia, sicche la sua sfera d'azione superava persino quella degli attuali luogotenenti di S. M., ai quali e sottratto il referato militare e, ch'io mi sappia, anche quello della giustizia. Fornito il periodo del suo reggimento, egli doveva darne ampia e partieolareggiata rela-zione al Senato veneto; e son proprio queste letture, diremo cosi, ufflciali che nella massima parte dei časi costituiscono le fonti migliori per la storia del nostro paese. I Sindici-Deputati convocavano le tornate, presentavano 1'oggetto o gli oggetti da pertrattarsi, concretavano le Parti — ora si direbbe «fare le pi-oposte» — e tenevano le arringhe m favore delle medesime. La maggioranza assoluta dei voti decideva. Di solito i vice-presidi erano soggetti molto istruiti, ver-satissimi nelle legali discipline, dotati di cieeroniana eloquenza, Vedi, in proposito, i! todato articolo di Carnillo Franceschi inserito nel N. 4 delle nostre Pogine, pag. 87. in grazia della quale essi la spuntavano in quasi tutte le di-scussioni, avendo contro di se solo rarissime fiate le obbiezioni del conivaddilov alle Pavli, il cui coinpito consisteva nel sor-vegliare il buon ordine e 1'osservanza delle leggi, e neH'aprire gli occhi ai membri del Maggioi• Consiglio tutte le volte che la rettorica dei sindici minacc-iava di coinproraettere 1'interesse o il decoro della citta. La trase stereotipata con cui i Sindici ottrivano al suffragio dei consiglieri le loro idee, suonava invariabihnente cosi: L' an-dera Pavle, ecc. Ciascun membro del nobile Consesso si alzava, allora, dal proprio scanno, avvicinavasi al bossolo e vi poneva entro una balla o bianca o nora, a seconda della qualita del voto che intendeva dare. 11 Maggiov Consiglio di Capodistria era di antica data. Nel 1348, sedati i moti rivoluzionari di queH'anno, la repub-lo aboii por ripristinarlo nel 1358. Lo componevano parecchie famiglie nobili, i cui individui maschi, compiuto il 20. anno di etži, vi parteeipavano per successione, e tormavano le assemblee che tenevansi regolarmente di quat!ro in quattro mesi sotto la presidcnza deH'Autorifa governativa. Esso aveva il singolare privilegio di scegliere dal cor[)o degli stessi suoi membri le cariche in tutti i rami deli'amministrazione eivica; e lo faceva con tanto acuine, che difticilmente gli elefti non inconlravano 1'incondizionato favore deli' universale. Sfogliando per certe mie ricerche il Libvo eonsigli del-l'anno 1799, fra le pagine iugiallite di quell'in-foglio rinvenni una carta volante, un promemoria di qualche podesta del prin-cipio del secondo goteruo austriaco: in esso riterivasi ai nuovi padroni sulla costituzione vigente a Capodistria imperando il Leone di San Marco. Oltre, dunque, ai dne Sindici-Deputati ed al contradditore alle Par ti tra i funzionari del Comune nominati dal Maggior Consiglio contavano ancora: t — Duc vice-domini chc coiiiparivauo a tutti i contratti puhlici c testamenti : il popolino li riconosceva per i iiiinzi del signor podesta, ed erano tenuti a lar parte del CoMegto cieieo delegato dal Senato alla convocazione dei Nodari. 2 — tjuattro giudici, dei quali dne presenziavauo agli incanti puhlici; i rimanenti, uniti ad un consigliere, giudicavano dei maliziosi dan-neggiamenti sotierti dai raccolti e dalle campagne. 10's PAG INK ISTIUANlS 3 - ijuattro cosidetti gimtizieri, che invigilavano sulic misure e sni pesi, e due sopra-gintitizieri. 4 - Tre provveditori ai vim-i, che sorvegliavano sugli oggetti annonarii e sni prezzi del niercato. 5 - Due provveditori alla Sanitii, i quali, d' accordo con 1' autorita go- vernativa, curavano gli oggetti di .Sanita Continentale e Marittima«. 6 — Gli amministratori del Monte di Pieta e del Fondaco. 7 — Due stimadori d i Comuv. 8 — Quattro deputati ai vini. 9 — Due « alle carni. 10 — Due soprastanti alle strade e ponti. 11 — Un eancelliere. di Cornun, che assisteva per tutto le caiuo di I istanza. 12 — » » del Sindacato per »oggetto del Conmne». 13 - " » fli Sanita, il quale abbisognava della conferma del «Magistrato della Sanita« di Venezia. 14 - Un podesta nella giurisdizione di Due Castelli (Canfanaro) [abolito dali'Austria], che amininistrava la ginstizia politica e civile di II istanza. 15 - Una comulhi «per i časi straordinarii d'urgenza« connosta d o. i due Sindici-Deputati, dei quattro giudici e del contradditore alle Parti. Questa consulta sottometteva le proprie proposte al parere del Mag-gior Consiglio, che, solo, aveva voto deliberativo. 16 — Due amministratori della rendita della cattedrale. 17 — ITn mg iona to ai luoghi pii. 18 - Un capitanio dri Sehiavi, che giudicava le .minute differenze dei villici«, e percepiva dalla Cassa erariale uno stipendio mensile di L. 82.19. Quest'uflicio fu soppresso per sempre il 4 aprile del 1800. 19 — II medico e il chirurgo. 20 - Una deputazione instituita dal Senato, la quale vegliava sul «giro dei capitali pii« e «sulla rinvestita dei medesimi in esecuzione alla sovrana legge 1464 (?) 20 settembre«. 21 - II Consiglio aveva facoltA esclusiva di aggregazioue al suo corpo. 22 — Tredici guardiani campestri «eletti dal Consiglio e scelti dal Popolo«. 23 — Due archivisti deli' ordine dei Notai per «gli atti votanti«. 24 — Due deputati alla fontana. La lista e lunga e tutto lascia a credere che con tanti cerberi le cose procedessero bene sotto la republica. Ma il lettore s' inganna a partito. In primis, nel conferire le cariche San Marco, da santo pratico ed economo, contava molto sul-rambizione personale degli aspiranti, i quali, compreso il capitanio dei Sehiavi, servivano piu per lustro che per amore deli'ipotetico stipendio loro assegnato dalla semi-vuota cassa erariale. In secondo luogo, essicatosi 1'antico entusiasmo, i ven-tiquattro funzionari surricordati vedenclosi cosi lautamente re- tribuiti dal Comune, incomineiarono a dedicare maggior atten-zione alle faccende private che alle publiche, sicche negli ultirai anni della Serenissiina non v'erano che i Sindici i quali facessero ancora il proprio dovere. Ma quando si fosse trattato di nobili, pazienza: costoro, anche senza le scarse lire venete deli'emolumento, o bene o male, riuscivano a sbarcare il lu-nario. .Ma i meno fortunati, cioe i popolani, che si trovavano a servire la patria astretti dal bisogno, versavano in cattivis-sime condizioni: agli sgoccioli della veneta oligarchia la teso-reria dello Stato avea cancellato dalla sua grammatica il verbo pagare: donde proteste e suppliche al Maggior Consiglio d'in-servienti comunali di ogni categoria imploranti a mani giunte un acconto del soldo che loro spettava per decreto della prima Autorita cittadina!.... Per scendere ad un esempio concreto, nel 1799 «il fante di Comun» dichiarava al Consiglio Nobile che da oltre nore anni egli non vedeva il becco di un quattrino, e intanto le spese correvano e i figliuoli reclamavano pane!.... Viceversa il danaro del comune aftidavasi con troppa leggerezza ai forzieri privati degli ofticiali puhlici, ai quali, non so piu che terminazione, permetteva inconsideratamente, senza 1' ombra di garanzia, di portarsi a časa somme anche rilevanti, di proprieta erariale. Cosi accadde che la notte dal 4 al 5 ottobre del 1797 veramente la Republica era cessata da quattro mesi, ma ne sussistevano tuttavia le leggi e la costituzione — il Sindaco-Deputato Niccolo del Bello qm. Paolo Giuseppe venisse bella-mente derubato di L. 3767 di ragione della Comunita. II fatto si svolse cosi: egli, per dover del suo ufficio «e per un osse-quioso tributo di Fedelissima Sudditanza» stavasene con un'e-letta di nobili raccolto nella puhlica loggia a festeggiare il giorno onomastico del »Nuovo Augusto Veneratissimo, e sempre Immortale So v rano« (Francesco II, in seguito Francesco I d'Austria), quando i suoi familiari corsero ad avvisarlo che in časa sua c' erano stati i ladri, i quali, approflttando dell'assenza del padrone e della patriottica circostanza, avevano fatto man bassa deli' argenteria pertinente al del Bello nonche delle suin-mentovate L. .'»767, ch' egli custodiva in attesa di consegnarle a un Vinaio dalmatino, cui lo spettabile Collegio ai vini aveva commesso una grossa partita del bacchico liquore »perehe un genere di tanta importanza non vi mancasse al Popolo nella penuriosa deficienza che lo angustiava*. La morale? IL Maggior Consiglio, riconosciuta 1'irresponsabilita e le benemerenze dello svaligialo, pagb una seconda volta. . Nella sfilata delle prerogative onde fregiavasi il Maggior Consiglio, notammo pure il diritto esclusivo di aggregazione al suo corpo; della qual sna facoltA esso usava parcamente e — convien dirlo — oculatamente. Questo privilegio era coevo alla spontanea dedizione della nostra citta alla veneta Re-publica. I vecchi Capodistriani, tieri della loro potesta, chiudevano inesorabili le porte della gran sala agl'indegni ed agl'intrusi e spesso inviarono alla Uominante delle solenni ambascerie e sostennero dispendiosi litigi per mantenere intatto il decoro -della nobilta cittadina. Capodistria quelloeh'e storia non cangia mai —, pro-clamata da raolti secoli capitale della provincia, distinta da tutte le altre consorelle «con particolari preminenze, decora-zioni e privileggh; pareggiata in tutti gli onori ai centri piii cospieui della Terra ferma, e fra tutti gli altri siti deli'lstria la sola chiamata a ))artecipare della Sovranita con 1'aggregazione al veneto patriziato, Capodistria, dicevo, respinse mai sempre indignata coloro che tentavano di salire il palazzo pretoreo col sussidio »del maneggio e del raggiro». La cittadi-nanza onoraria conferivasi a quei concittadini che s'erano di-stinti con «onorate operazioni», o che si rendevano celebri e benemeriti «per qualche azione gloriosa». Ammettevansi di quando in quando »alla stessa comu-nanza» anche famiglie forestiere di nobile origine, sempreche «da si preziosi inesti sortir dovessero Cittadini capaci d'illu-strare se stessi e la comune patria nell' indelebile memoria dei posteri». Che tali condizioni veinssero osservate alla lettera, lo provi il fatto che il 16 maržo del 1800, giorno in cui proclama-vasi a cittadino onorario il cav. Francesco Filippo de Roth, erano passati 130 anni dalla data deli' ultima aggregazione al Maggior Consiglio. Col crescer degli anni, mano a mano che i costnmi e la moralM decadevano nella capitale, anche la nostra istituzione comincio a dar segni, visibili ad occhio nudo, d'imminente crollo: la ciclopica muraglia, che per tanti secoli avea resistito al tempo ed agli uomini, faeeva panda da ogni lato. II can-dore e la serenita d'animo degli avi s'erano rifugiati nel buio regno dei miti: la nuova generazione non li conosceva neanche cli nome. Nella elezioue delle cariche prevalevano ringanno, la violenza e la corruzione. Spesso un membro ballottava con piu balle o, ch' era peggio, cedeva la propria scheda al miglior offerente. Onde il primo governo austriaco sottentrato il 1797 alla repubblica, nell'intenclimento di togiiere gl'innume-revoli abusi che inquinavano la gia lucida fama del Maggior Consiglio, emano le disposizioni seguenti: «Che in ogni prima radunanza del Consiglio debbono tutti li Cittadiui prestare il necessario giuramento nelle sue Mani, quale contenerk cli non aver trasgredito, ne esser per trasgredire cpianto viene espresso nella presente terminazione. Che restino in ogni tempo proibiti gli brogli che venissero tutti con cjual si sia sorte cli violenze. o promesse, permessa solamente quella d vile ofticiosita, che esprima le sue conve-nienze*. Per farvela corta e per non annoiarvi d' avvantaggio con citazioni nude e crude cla quella scorretta prosa, vi riferiro che le disposizioni in discorso proibivano categoricamente ai capodistriani di eleggere piu di un soggetto per ciascuna carica. mentre inculcavano ad un tempo di favorire col voto quel candidato che la coscienza degli elettori riteneva come d piu idoneo a coprire it pošto resosi vacante. II rispetto al grave e seeolare Consesso ed alle patrie leggi era sceso tanto in basso, che membri appartenenti anche alle prime casate del luogo non si peritavano in tempo d' ele-zioni e durante le sedute di abbandonare il proprio seggio .per broggiare alcuno* e, occorrendo, cli opporsi magari con la forza alla scelta di funzionari malevisi. Nei giorni che prece-devano acl una votazione importante l'ambiente giustinopoli-tano si riempiva di elettricita. Per le viuzze anguste e sudice un contiuuo viavai cli nobili peregrinanti cli časa in časa, alla caccia cli adesioni: ne il calar della sera interrompeva 1' incle-cente spettacolo. E si raccoglievano giuramenti prima e dopo le ballottazioni e, fervendo le assemblee, i consiglieri si mo-stravano vicendevolmente le rispettive balle, non tralasciando di render conto a chiunque 1'avesse desiderato deli'liso che avrebbero fatto del loro voto. Che piu? L'immoralita, spinta aH' ultimo limite, largiva le pubbliehe dignita perfino ai debitori del Fondaeo, del Monte di Pieta e di altre cittadine istituzioni; e cio con strappo evidente quanto doloroso nei paragrafi del codice. Con l'integrit/i se n' era ita ancoia l'eloquenza: i celebri arringhi, perduto il senso del retto e 1'amor di patria che li animava, degenerarono in diseorsi prolissi, convenzionali, pieni di luoglii comuni, lisciati, aggliindati dalla piu raffinata coltura, ma tanto piu 1'ontani dallo schietto entusiasmo onde nel 1571 il Maggior Consiglio, per bocca de' suoi sindici, salutava il ritorno vittorioso delle galere di Lepanto. Nondimeno quah;he lampo dirada ancora, a Iunghi in-tervalli, la notte fonda di quella vuota rettorioa: ma per ge-neraiio non ci volle meno di una immane catastrofe. Correva il 1796. Napoleone; il pertido Napoleone, stringeva in un cerchio di ferro e di fuoco la Terra-ferma e 1'estuario veneto. I Fran-cesi, inebbriati da una sequela ininterrotta di successi, nel loro impeto irresistibile avevano avuto ragione di quasi tutti i loro avversari di qua dalle Alpi: sostenevansi ancora, debolmente, Austriaci e Piemontesi. Venezia, non ostante gli undicimila Dalmatini completamente arraati ed equipaggiati, di cui dispo-Jieva, sbigottita, non sapeva che pešci pigliare, e da ultimo, volendo rabbonire rimplacabile Corso, abbraccio il vile e scon-sigliato partito della neulvalita dinar». Capod.a. Radunato lo Sp. Mag.o Consiglio eompresia la persona di S.a E.a Pod.sta Cap.o al N.o di 95. Sono purtroppo note a questa divota Citta la gravissiina providenza, ed impegni che a sicurezza e presidio de' suoi amatissiini Sudditi corrono nelle riHessibili contingenze ])resenti al nostro Principe Sapientissimo. Si sa pure, che non e Citta, non e Terra di quosto augusto Dominio, che con otterte spontaneo non concorra a gara al sollievo deli' angustiato Pub.o Erario. La nostra Patria non fu mai 1' ultima a calcolare le publiche urgenze del Principato, e ha data sempre anche in inezzo alle proprie angustie e calamita le prove piu i}«ivincenti della sua devozione e della sua fedele svisceratissima sudditanza. Non dissiinile da se stessa dev' ella adunque accorrere anche presen-temente alle $ovrano esigenze, con quelle spontanoe contribuzioni delle piii zelanti Famiglie, che a norma delle lor circostanze saran possibili a ettettuarsi, e cosi anche questa Comunita nei modi, che le si reiuleran piu opportuni nelle note sne ristrettezze. L' andera Parte percio posta dagli Spett. Signori Sindici Deputati Giuseppe March.e (fravisi e Francesco Innocente. Gavardo con la permis-sione ed assenso cli S. E. Pod. e Cap.o di dare la facolta ai dep.i Sig. Sindici di far la elezione di dno e piu Cittadini che impieghino il loro zelo ed attivita nell'«esigere le volontarie otterte private, e previo il |>ublico assenso, a norma de časi storili di levar dalla Cassa di questo pubb.o Fon-tico la prestauza di Ducati tre milla correnti de dinari giacenti, da esser (juesti rimessi da questa Comunita nel corso al piii d' anui g»indici con ducati 200 alineno per anno. Cosi qualunque possa. essere questa ofterta, che šara sempre tenue in confronto delle ardentissime nostro brajne, sara pero un testimonio del suddito nostro zelo, prouto anche ad offrire le nostre sostanze e la vita stessa a sollievo del nostro adoratissimo Principe. Piii memoranda, piu connnovente fu la seduta che il Maggior Consiglio tenne quasi alla vigilia della catastrofe. Oramai la triste verita era nota a tutti: la grande inferma stava per spirare. Capodistria, streraata di forze e di danaro, in mezzo a tanta vilta degli animi, mentre sulla piazza maggiore di Por-togruaro acclamavansi i cavalleggeri francesi, siccome a por-tatori di libortA, Capodistria ebbe il coraggio civile di offrire alla illustre agonizzante il sussidio del proprio braoeio e del proprio cuore. Gli avvenimenti precipitavano. 11 generale Baraguav d' Hilliers cingeva eol suo canipo 1' estuario. Si era al 23 d'aprile del 1797: data fatale. Stavolta la eampana pretorea mandava dei rintocchi lu-gubri quasi suonasse a morto. In fatti San Marco si spegneva fra mille spasinii dopo lunga, atrocissima agonia e il Maggior Consiglio si apprestava a cantargli 1' epicedio. La sala del palazzo pretoreo rigurgitava di nobili, sul cui volto leggevansi le ansie dolorose ond'erano agitati gli animi di tutti in quei supremi momenti: di fuori, sulla piazza, il popolo rumoreggiava tra sgomento e indignato, attendendo la line di quella storica seduta. Le parole pronunciate in quella indimenticabile adunanza sono tali che meritano bene di essere paragonate alla masehia e patriottica allocuzione del rettore di Perasto. Addl -23 Aprile 1797. N.o membri 137. Se fino dalla fortimata sua dedizione. non cesso mai questa divota Citta di dare ali' adorato Suo Principe i piu irrefragabili testiinoni di fedel sudditanza, non meno coll' esporre le vite ed il sangue de' Suoi Cittadini che eol dono spontaneo delle rendite di questa Conittnita, e eol concorso a volontarie contribuzioni, ora che deguandosi Egli stesso di rainmemorarlo con sue venerate Ducali del di 24 Maržo scaduto, si eompiacque di conra-nicarci nel tempo stesso eol mezzo del benemerito nostro Eec.mo Preside, e le ingratissime luttuose emergenze, che attualmente amareggiano il Paterno Suo Cuore, e il ben g-iusto di lui desiderio di esigere da noi le piu luininose riprove della costantc nostra lealta ed inviolabile fede ; pno mai questa CittA, medesima non adempiere a un tal dovere coi piti sinceri trasporti di suddito attaccamento ? Si, o cittadini, raddolciamo in qaalche modo le sue amarezze eol render pag h i i teneri di lui voti, conservando illibata la fedelta dei nostri Maggiori, e con essa la puhlica tranquillita, il buon ordine, 1' armonia non turbata giammai (la pensieri funesti, ne mai da intempestivi timori agitati, ma regolati soltanto nelle nostre dirozioni dalla Religione, dalle Leggi e dai sacri voleri di questo vigilantissimo, augusto Governo. Cio e quanto ci rimane ad offrire con tutto il candore al beneficen-tissimo N.o Principe e Padre, il cui nome viva immortale, viva nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nei nostri flgli, viva nel cuore delle nostre spose, in ogni sesso, in ogni eU, in ogni condizione, e come visse sempre nei nostri Antenati, viva pure costantemente nei piu tardi nostri Nepoti. Fu presa parte, coll' assenso del P.a e C.o di rassegnare col mezzo dei medesimi SS.i Sindici Deputati in publica solenne forma dinanzi allo stesso Ecc.o Rapp.te i piu fervidi voti di questo Maggior Consiglio e di tutta questa Popolazione, accio si compiaccia di umiliare al Serenissimo Principe i sentimenti piu puri di fedel sudditauza, pronti a versare il sangue a vantaggio deli' invitta Repubblica. Cosi perorava, fra i singhiozzi, il Sindaco Deputato, cui i centotrentasette nobili, balzando dai loro seggi, rispondevano con un formidabile: Vira San Marco! 11 popolo, dalla piazza, faceva eco. In tal guisa sprigionavasi 1'ultimo fascio di luce dall'aula magna deli'antico palazzo pretoreo. II prirao governo austriaco pose il gia Magnitico Maggior Consiglio sotto 1'immediata tutela e 1'alta sorveglianza «del-1' Inclito Cesareo Regio Provisorio Tribunale di 2.da istanza Politico ed Economico», uraile strumento in mano dei potenti dominatori, senza volonta propria, con incerte e limitatp attri-buzioni. E ben vero che i vantaggi non furono soverchiati dai danni: fra altro i Sindici Deputati ebbero la consolazione (26 aprile 1800 proponente la C.a R.a Direzione Politica) di vedere ricompensate le loro fatiche con una rimunerazione di L. 60 il mese. Ma di cio, forse, un' altra volta. Napoleone, nel 1806, gli assesto il colpo di grazia: intro-dusse la democratica quanto prosaica «Mumeipalita», e il Maggior Consiglio d'allora impoi rimase 1111 earo e glorioso ricordo storico. Doinenico Venturini. flflCORA DI PORTA BUSERDAGA. Al chiarissimo prof. Francesco Majer. Ella ha fatto opera buona traendo alla luce fuor dalle carte del nostro archivio le antiche testinionianze di questo nome, e ponendo cosi la base alle indagini intorno alla origine sua. La quale anche per i nuovi documenti manifestamente apparisce 11011 cloversi ricercare nel patrimonio delle genti slaviche, calate in epoca tarda a fondar colonie nel coatado capodistriano. E venendo senz'altro alle etimologie recente-mente messe innanzi, q nella del nostro venerando Tedeschi va scartata per la ragione istessa che parte da una forma non antica, ne intero ne sa sciogliere reninima; e andra ugualmente scartata quella del prof. Petris, che lasciava intatto o cpiasi il problema della peeuliar formazione della prima parte del com-posto. Che cosa era codesto buser o busaeri Ne borca ne baso vi si possono adattare senza soverchie concessioui, anche a non voler adombrarsi del fatto che il vocabolo qui apparirebbe per la prima volta. Aga, in questo territorio che gi& fu, come altri nomi locali dimostrano, ladino, e schietta elaborazioue di aqual); ma venutole a mancare il valido puntello del buser, rimaueva sospesa, e tramontava 1' idea di un composto. Ne io riesco a spiegarmi perche agli studiosi non sovvenisse pili tosto il ricordo del suffisso — ago — aga, che pur ricorre a Capodistria stessa nel nome prettamente romanzo di altra porta: Zobenaga2): il quale senza dubbio va messo insieme col vene-ziano Zobenigo, e riviene a un lovicuiacus3). E pure, dodici anni or fanno, il Tedeschi, »Provincia deli'Istria« XXV 145, stesso ne a veva sospettato, e aveva addotto altri esempi: Sovi-gnago raddolcito in Sovignacco, che sara da Sabinius4), Pan-zago nel territorio di Dignano, da Pantius C. I. L. XII 1792. Non erano, invece, a pošto Umago 5) e Maresego, che dovrebbe essere un Marenslcus; ma si sarebbe potuto citare un terzo 1) cfr. Cavalli, Reliquie ladine pag. 108. 2) cfr. Vatova, «Colonna di Santa Giustina« pag. 46. 3) cfr. Olivieri, «Toponoinastica veneta® pag. 82. *>) cfr. iche gl'indici non mi davano la forma voluta, mi misi bellamente a fabbricarla. Non si spaventi; i materiali sono buoni, e io čredo di poterne garantire la solidita. Prima avevo pensato al ted. mod. Bussard '), specie di falco, propriamente abuzzago, che deriva dal franc. busard. Formazioni parallele si trovano pure in dialetti italiani 5). Nomi 4) Mever-Lubkc, Zeitschrift fiir osterr. Gvmn. 1902, p. 675. 2) «L' lstria sino ad Augusto« 136 ; v. i miei Studi triestini p. 8. Pais: Studi storici I 163. 3) V. anche Bertasi nel lavoro piu volte citato deli' Olivieri. 4) V. Kluge, Etvniol. Worterbuch der deutschen Sprache; Ilatzfeld-Dcmnesteler: Dictionnaire generale s. v. 5) V. Giglioli: Avifauna italica p. 245. di aniraali erano usitatissirai nel medio evo come personali, ne occorrono esempi; e comunissimo e ancora in Germania il nome di famiglia Possart Possert *) che altro non e che il nostro busard. Ricordo a questo punto che nel distretto di Pisino c' e un villaggio Possert, che io non so staccare dai nomi personali succitati. II gnaio e che il vocabolo non apparisce nelle scritture prima del sec. XVI*). E benche gli argomenti ex si-lentio non siano troppo vigorosi, pure mi misi in traccia di un' altra soluzione. 11 Forstemann, Altdeutsches Namenbuch, registra i nomi promi Boso e Božo 1 >529, 331. Niente di piu agevole che supporre dei composti col suffisso hardu, v. Forstemann I 749, Grimm, Deutsche Grammatik II 339 segg., come c'e per es. la derivazione con olf: Bosulf. C'e anzi di piu: boso vale malragio, e hardu e suffisso spesso spregiativo; e dal tema bos il Forstemann registra un Bozhar I 331, che forse puo identificarsi colla forma da noi ricercata e richiesta. Si potrebbe anche pensare a un derivato con — ard da nome proprio latino, p. e. da Volso o altri; o a una sostituzione di — ard ali' — arius'di Volsarius C. I. L. V; ma non pare ne agevole, ne opportuno. Da un Bersoard I 298 invece non so lasciarmi sedurre, poiche non čredo che rs possa dar ss in un periodo relativa-mente tardo (dorso dosso). Ella chieclera a questo punto come, partendo da forme con o, i documenti scrivano sempre u. E io potrei semplice-mente addurre la protonica e le inesattezze della grafi a rac-dievale, e la pronunzia odierna. Ma dovro ricordare che bos risale a un piu antico baus —, dal quale viene anche il nostro busia e busiaro ecc., che pur essi lianno 1'« protonico3). E cosi, sebbene per via diversa, ci saremmo riavvicinati a una congettura del Tedeschi. Ella vede che io, in questa ricerca, mi sono attenuto sempre alle forme antiche da Lei rinvenute. Che se si potesse partire da Bossedraga o Bosdraga, mi pare che bisognerebbe partire da nomi propri Iatini come Veserius o Vicirius, C. I. L. I, X/2 incl., onde poi Veseriaca Veseraga Ves r a ga Vesdraga, V. per es. le Eneiclopedie, e il Worterbuch del Grimm. 2) Klnge o. c., Grimm Deutsches Worterbuch. 3) Korting': Romanisches W6rterbuch s. v. come Israel Isdrael, Vosdraga per 1'azione della labiale, e infine Bos dragu come bolpe bose ecc. La via sarebbe lunga, ma sicura. Bosdrago poi e anche nome personale abbastanza comune (Atti e Memorie II 189), e penso che sar& capodistriana anche la famiglia lucchese di questo nome. *) Con Boserdaga fu da al tri identificato il quartiere Mu-sella 4). E nome locale assai diffuso, v. Olivieri pag. 174; ricor-disi Musil a Pola; e pare rivenga al ml. mosa «luogo panta-noso», v. Olivieri 1. c. Mi conceda di tinire questa mia troppo lunga cicalata esprimendo il desiderio che come Lei fece e far a ancora, spero, per i nomi locali capodistriani, al tri ricerchi le antiche forme dei nomi di altri luoghi, affinche agli studiosi sia reso possibile di occuparsi della toponomastica istriana con maggior fonda-mento che finora non avvenisse. Mi čreda suo atfezionatissimo I)r. Ginseppe Vidossicli TrieMe, luglio 1908. DAL OUARNERO Come le isole della Liburnia, elle che son il ponte di passaggio fra Istria e Dalmazia, siensi sentite sempre istriane anche quando appartennero politicamente alla Dalmazia, lo provano le relazioni corse fra Cherso e le citta della penisola. Non e quindi cosa d'oggi i! sentimento nazionale che le spinge a condividere colle citta sorelle le poche gioie ed i molti do-lori, ed e giusta affermazione quella che vuole il Quarnerolo piuttosto che il Quarnero limite geografico d'Italia. E le relazioni maggiori corsero proprio fra Cherso e Capodistria, certo *) Fra i vari studi sul uoinu di liusertlaga, clie. ci perveuuero c che per niancanza di spazio non abbiamo potuto publicare, dobbiauio qui accennare alla coiminicazione del! egrcgio Siguor Ferdinanda 1'ercolt nella quale egli opina che il nome derivi da antica famiglia toscana «di cui un ramo deve essersi trapiantato a Capodistria nel secolo XII«, accenna ad Antonio Gherardo Busdrago auditore nel 1546 nel processo di P. P. Vergerio. Nota, della Direzione 1) Cfr. Vatova : o. c. pag. 51 segg. perche la gentil cittadetta del gol to di Trieste tu sempre il eentro della vita intellettuale e sociale e politica deli'Istria. Son infatti capodistriani gli Storža, i Polla, i Verzi, i Baseggio, i Zarotti, i Del Bello, i Grisoni che strinsero parentado colle famiglie nobili di Clierso ed e capodistriano quel Marco In-galdeo che trascrisse su pergamena lo Statuto delTisola (1441) lavoro di incisione finitissimo, dai colori vivaci e dal disegno punssiino, su stile gotico, di quel Iugaldeo che aveva vasti possessi al confine del terrltorio fra Capodistria ed Isola (Galdia) e che abitava la časa de Madonizza, ora Gerosa. Non solo; ma fra tutti i nomi di famiglie straniere non trovi un solo venuto di Croazia e Dalmazia; son tutti o prctti isfriani o clella vicina Italia. Cosi fra gli Seampicchio, i Battiala (Battilana), Manzini, Negri, Coppe d'Albona, i Barbo, i Costanzo di Pisino, ricorron quelli degli Adrario, dei Ferricioli, dei Cagnola, Bonmartini, Zambelli profughi lombardi e romani, e quelli dei Mai'cello, Foscari, Grimani, Minotto di Venezia, che non disdegnarono di unire il loro nome gloi'ioso a quello di famiglie ehersine. Gli Sforza abitavano a Capodistria in contrada Ponte Piccolo come rilo vasi dal contratto di compravendita 22 luglio 1675 eol quale il cav. G io vann i Sforza di Štefan o vende parte della sua časa a ser Borlolo Orso da Capodistria (v. Vol. XIX archivio comunita di Clierso, conte Marin da Riva). La famiglia pero risiedeva a Clierso fin dal principio del XVII secolo. II vol. XXIX (Cause civili) del ricehissimo archivio comunale di Clierso -t- conte Girolamo Contarini — ha un' istanza di Ste-fano Sforza (22 giugno 165.'$) il qualc domanda al doge il rico-noscimento del titolo nobiliare (conte e cavaliere) concessogli da S. Santita il Pontefice con breve 15 agosto 1645. Stefano era figlio di quel Zuanne che nel 1650, 2 maržo, faceva tc-stamento in favore della moglie Caterina e dei ligi i Stefano, Giovanni ed Antonio (Cause civili vol. XXI) e che faceva crigere a sue spese un altarc nella chiesa delle monache di S. Pietro fuori le mura di Cherso. Anzi un altro ]iio capodistriano messer Domenico d'Apollonio con testamento roga to a Galesano addi 15 giugno 1647 lasciava a quella cappella eretta dagli Sforza le sue čase a Capodistria site in contrada Ogni Santi e S. Mar-gherita (Cause civili vol. XVIII). Fu un Stefano colui che primo trasporto i suoi penati a Cherso; e Io si riseontra nei libri battesimali gia nel 1601 e seguenti come padrino a parecchi »obili chersiui (v. 1621, 1628,' 1629 ecc.). Tre sue figliuole Ca-terina, Chiara e Gerolarna passano a' nozze a Cherso con Marco, Zannetto e cav. Andrea de Petris (v. libri matrimoniali 1615, 1624). Gerohuna, restata vedova, si sposa ad un Zuanne de Colombis da Cherso e ne nascon liti, vittima delle quali muore il Colombis. E davvero merita si legga un atto che si rjferisee a quei litigi per vedere qual sia stata a quell' epoca la moral i£ž, dei signorotti, che andavan per la maggiore nelle nostre cittadette e come il feudalismo medioevale vi fossc in fiore in barba alla scoperta deH'America e alla Riforma. Eeoolo : Soreniss.o Principe et Ill.ma Sig.ria II (lesi deri o che, eonmnemente regna in ogn' unn di q'uietamente, et paciticamente vi ver« sotto lor tetti i' obiigo che, tiene un' fratello di ven-(licar le Ingiurie d.l' altro moue me povero Zorzi columhi de cherso a supplicare et rapsentare a Vra Sc.renita la voce d.l' innoeentiss.o Sangue d.l' laeerato, et trucidato q.m messer Zuanne de' coloinbi mio fr.llo qual an.ti il Tribuna I di Dio et d.ila giustitia erida nciuletta d.l mazor assasinio che; tristo 6 selerato homo pote,a. Si accompagno dunq. esso q. missero mio fr.ello gia fa doi anni in circa con la gia eonsorte (II q. Caualier Andrea de petris fr.ello di Stephano de, petris crudeliss.o inimico et perse-gutor n.ro p.la difessa d.11,i qual dona et di doi suoi tiglioli creati con il detto q. Caualier p.o marito sno, no. sparmiaua 6 fatica 6, da.no che oc-corer li potesse p. giustamente Iiberarli dalla persegutione di Stephano pre.de,tto, il qual uedendo come era il suo disegno, no. potersi impatronir d.lla faculta di detti pupilli fortemento sdegnato comincio a perseguitare q. mio fr.ello et cosi alla puhlica strada fuori di cherso 1' assolto p. uolerlo amazzaro, ma ]>or bonta dol suo Cauallo fn miracolosamente p. ali' hora saluato, et corto in quei giorni li haueria louata la uitta, quando che a tutto suo poten; 'io. hauesse cercata la paco, qual puro, si concluse con co.dizion pero che, esso (|. mio fr.ello piu nella diftessa de,' detti pupilli amodo alcuno piu no. se iinpedisse, ne per cio qui termo il suo altiero, et maligno animo, ma continuando nella sua perfidia con tutto che, li fosse la paco, tento nolli p. čeden ti messi due. liate di farlo amazzare el sempre Iddio henodotto lo libero. per il che detto Stephano disperato concluse nell' animo suo al tutto uolerseue sbrigare done che alli 17 di febraro prox.o passato (lo73) per colorir il negotio se ne usci 6, pur tinse di uscire dalla Citta. eomettendo a suo llolo Zaneti no de' petris e a gion.m.a Rizzo de boehina q. Andrea che ilovessero altutto amazzare esso q. ms. Zuanne quosti sicarij Principe Sereuiss.o no. eonsiderando che erano figiozzi d.l <1. mio fratello, ma volendo esseguir quanto questo tirano hauea imposto sapendo che il poverino usciva fuori d.Ue nmra, (love faceua lauorar una certa sua braida come, era solito, posti insidie, nel suo ritorno detto Gio:m.a Rizzo lo saluto, et esso ms. Znane gli resso, il saluto, ma no. fo cosi presto riuolto cho con una manaretta vogara li detto 4 traverso il capo per la. qual botta stordito il misero no. pote saluarsi, ma subito pieni di rabbia gli auentorno ailoso, et con quatro altro pugnalate lo tinirno di suenare con talita crudelta che pareano che li uolessero magnar il core trasinandolo perterra come fosse stato un' ribello d.l suo principe. Non done ad.dq. V.ra Serenita permetere che questi sicarij ancora co' le mani hratate di sangue uaddino altieri p. quella citta, et uanagloriossi de un' assasino tale come vanno, temono tutti quelli Cittadini, et ,>opollani la loro tiranide, et essendo sonn primi d.la Citta 110. ossano a testiflcare in tal fatto hora insidiano questi ribaldi la uita mia, et ardiscono 110. te,mere per la stretta parentella che tiene esso Stefano con il Cl.o C. hora Conte di cherso. di modo che per salute mia per piu fiarezza da tal enorme d.lito 110. mi resta altro, che questa 111.ma Citta come sicuro ricetto de misseri et infelici supplico adunq. V.ra Serenita che come a suo tideliss.o suddito suo p.sa prima la d.bita informatione mi uoglia concieder questa gratia di dellegare tai crudeliss.o casso al suo giustissimo Capo d.11' Auogaria, done minuta-mente uentilandosi il tutto si fara piu chiaro et palese, et a q.le modo li tirani, et deuoratori d.lic vitte et faculta delli homeni sarano come rnerit-tano castigati per opera di V.ra Serenita alla qualle genufieso mi racomaudo Pni- gli Sforza, nobili essi stessi e riechi anche per censo avuto dai parenti di Cherso (il castello Sforza a S. Martino di Cherso fu gia del cav. Andrea, di cui s'e detto, come rilevasi dal suo testamento 9 gennaro 1613) non appariscono fra i nobili del Consiglio! La famiglia nel 1700 e gia estinta e si vede oggi ancora la tomba d egli Sforza nella chiesa delle Benedet-tine innanzi ali' altare da lor fondato. V' e 1" arina (uno scudo ovale sormontato da una visiera calata diviso in due campi, sul superiore sta fra due croci un'alabarda, sull'inferiore a destra un' alabarda, a sinistra una croce) e 1111 epitatio dice: Ioanes Sfortiae diligentia ossilnis Stephani patris dilectissimi, Elisabeth. Conduhnaeriae sponsae premortuae benefitiorum cuius memor perpetue erit Catharinae Fericiolae viventis usoris amantiss. Suis ac posteris tumulum par. fuit anno D.ni M. CCCCCCXLIII. S. P. (Conlinua) 1)1 PIETRO KANDLER Appunti e memorie. (Coniinuazionc, vedi faacicoti 1, S e 4) Alcuni giorni prima di morire, nella sua corrispondenza col De Franceschi — che da sola costituirebbe un volume pre-zioso, e che io, merce la cortesia deli' egregio suo figlio, 1' at- tnale aggiunto della nostra biblioteca civica, potei consultare, e che dura fino a' 27 decembre 1871 mentr'egli moriva a' 18 gennaio del 1872, si lagna che da molti luoghi non gli rispon-dono «ad onta che la marea si alzi senza attenclere alcuno.... quant.unque sia bello neppur curar di sguardo siffatte cose» e come i turehi rimettono tutto al domani, e canta: «Ogui giorno tu mi di' Signor mio dom.au faro ; (jnando poi, verrft . tli Capodistria 184H-1DOO. Programma deli' I. R. Ginnasio superiore di Capodistria. Anno scol. 1900-901, pagg. 7(i. 11 voluminoso trattato consta di 2 parti ; la prima, una cronaea, e scritta, dal prof. F. Majer, la socomln «otizie cronologiclie. ti. 5. II prof. dott. Emilio Silvestri tiene una conferenza ali' Ateneo di Venezia sulle condizioni di Trento e di Trieste. Presso la comniissione per i monumenti storici e artistici in Vienna il prof. Stefano Petris riferisce sull' eseg'iiito ordinamento deli' archivio comunale di Cherso e sulla progettata organizzazione di quello provinciale in Parenzo. 7. 5. Guglielmo Mareoni, il glorioso inventore della radiotelegratia, riceve solennernente in Cam.iidoglio la cittadinanza romana. 15. 5. II triestino prof'. Giitseppe Picciola, discepolo del Cardueei, preside de.l lieeo di Aneona, legge alla «.Minerva di Trieste una magnifica conferenza sulla Franeesca da Rimini« del D'Annunzio. 18. 5. II signor Riceardo Bertuzzi tiene ad Is da, nella sala Marchetti, un'applaudita conferenza sni tema «Cause ed effetti deli'aleoolisino . 21. 5. Si tiene a Trieste un imponente comizio di protesta contro i fatti di Innsbruck. 23. 5. Viene eletto a Podesta di Trieste, a voti ltnanimi, I' egregio avvocato Scipione Sandrine.lli. 23. 5. Mnore a Firenze 1' insigne filologo toscano Ginseppe Rigutini. 25. 5. A Gorizia, a Pola, ed a Zara si tengono imponenti comizi di protesta per i fatti di Innsbruck. 26. 5. L'egregio nostro ainico Francesco Salata tiene alla »Minerva« di Trieste un' interessante riferta su »Alcuni fenomeni negli ultimi cen-simenti«. La «Societa veneto-trentina« di Padova allarga il suo campo d' a-zione anche a Trieste e ali' Istria, assumcndo il titolo di «Accademia veneto-trentino-istriana«. II comprovinciale dott. Francesco Viezzoli, professore di geogratia al R. Istituto nautico di Genova, fu inearicato di tenere un corso libero di antropogeografia a quella Universita. 26. 6. II bellissimo lavoro della triestina Havdee, «Pantalon Spiri-tista» ottiene un brillante successo al Teatro Alficri di Torino. 29. 6. La Societa «Alpina delle Giulie« tiene il suo XXI couvegno annuale sul Monte Re (1300 in.). II N.ro 1089 de >-1' Istria« di Parenzo reca un interessante articolo del prof. A. Puschi sni recenti scavi di Nesazio. 1. 7. L'egregio comprovinciale Dr. Mario Stenta tiene al «CircoIo acc. italiano« una applaudita lettura dal titolo «Quattro chiacchiere svil darwinismo». II triestino dott. Giuseppe Tnreck e stato nominato professore alla cattedra d' agricoltura a Siracusa. Addi 11 luglio si spense a Trieste Francesco Tlmetis, di Portole, nell' eta di 72 anni. Fu una delle piii belic e spiccate figure del campo scolastico e fervente patriota. I)o.viexico Vkxtu:u.\i, diretture — C.vrlo Phior.i, fditore e redattort; responsabile. Tipografia Cobol & Priora, Capodistria.