/f /. /3i? EMILiO ODDONE RELAZIONE PRELIMINARE INTORNO AL DEL 28 DICEMBRE 1908. Osservatorio di Messina. Estratto dal Bollettino „Die Erdbebenwarte“, Vol. Vlil, No. 1 — 6. Editore fl. Belar. LUBIANA 1909. TIPOGRAFI« IG. Dl KLEINMAVR & FED. BAMBERG. m*' Ali’ alba infaustissima del 28 dicembre 1908 si scatenava nello stretto di Messina im cataclisma immane, quale potevamo solo ricordare di avere letto nella Bibbia o nella storia, ma credevamo non fosse piu per succedere ai nostri giorni. Quella mattina il nostro Paese si destava con due delle sue piu ridenti provincie devastate, due citta annientate, forse 200 000 persone sepolte tragicamente, con im danno agli stabili di 200 rnili- oni, con un danno alle finanze per circa un miliardo. L’ improvviso sussulto della crosta terrestre che cagionč tale perdita di citta, di vite, di sostanze, durd trenta secondi circa. La sezione geo- dinamica del R. Ufficio Centrale, presieduta dal Dr. Martinelli, ha dise- gnato provvisoriamente la presente carta delle isosisme. Da essa risulta che il terremoto fu titanicamente disastroso lungo le due spiaggie dello stretto propriamente detto, da Castroreale a Palmi per 60 km. Da Villa S. Giovanni a Čampo e a San Roberto la strada rotabile e coperta da frane per lunghissimi tratti. L’epicentra e tra Villa San Giovanni e Sant’Eufemia. Ruine gravi s’ebbero dalla zona Etnea a M.onteleone per 150 km. L’area macrosismica, dove cioe la scossa fu superiore al grado sesto della scala Forel-Mercalli, si estende a tutta la Calabria ultra, da Catanzaro a Reggio, ed alla Sicilia orientale fino a Caltanisetta, con rinforzo al di la deli’ Etna e verso Ragusa. Il moto tellurico fu ancora inteso con terrore a Siracusa, a Palermo ed alle isole Lipari; fu risentito dalle persone a Malta, Trapani, Bari, Potenza, Napoli e sulle coste del Montenegro e deli’ Albania. Infine fu segnalato dalle registrazioni dei sismografi di tutto il mondo. Il terremoto avvenne alle 5 4 20'” 5 + o”'2 fu sussultorio ed ondulatorio. Le relazioni di coloro che subirono il maremoto a bordo dicono che le navi a Messina furan sollevate assieme ad una montagna di acqua, che poi si abbassd per rialzarsi. Il Ferry-Boat durante queste alter- nanze tocco perfino il fondo. L' innalzamento fu graduale e meno violento a Messina che a Reggio. Le relazioni di coloro che subirono il cataclisma a terra sono meno Concorde. Pare che il moto sia avvenuto in due tempi: sussultorio per 20 sec. con intensita' crescente e decrescente, infine ondu¬ latorio atroce. L’ impressione delle scosse verticali era quella di cadere nel vuoto. I colpi laterali erano cosi orrendi che all’unanimita i superstiti li con- siderano come la causa della distruzione di Reggio e di Messina. Questi colpi avevano circa una direzione da NW a SE e viceversa, quindi erano circa normali alla parte piu settentrionale dello stretto. Erano normali alle iso- 0^)00 3 ^"^ 2 sisme, in conformita al principio che le linee di forza devono essere normali alle linee equipotenziali. Guardando alle macerie, e difficile assegnare una direzione prevalente alla caduta delle čase. Sono mticchi di ruderi talvolta lanciati nelle direzioni pili Strane, come avrebbe potuto fare un ciclone vorticoso. Dopo circa cinque minuti primi, un’ altra grossa scossa deter- minava la caduta definitiva di quelle čase che, per quanto orrendamente squarciate, pure erano rimaste in piedi. Con cio si spiega come molti super- stiti abbiano avuto tempo di accendere i lumi, coprirsi alla meglio e scen- dere magari dal quarto piano, prima che la loro časa cadesse. II moto fu accompagnato da detonazioni spaventevoli. 11 maremoto, conseguenza del terremoto, non trovo piu nulla da ruinare, salvo spazzare le banchine e le imbarcazioni. Le acque si alzarono di sei metri a Riposto, di due o tre metri a Messina, di quattro metri a Reggio, qui buttando le barche al di la della banchina. II fanalista del porto di Reggio, il quale abitava in una casetta ad un centinaio di metri dal mare, racconta che quando udi la scossa, il mare gia gli era adosso ed appena fece in tempo a scappare su per le scale. Quando il mare si ritirč, vide la ban¬ china foggiata a catenaria, col mare che ci passava sopra. A Pellaro, a Sud di Reggio, 1 ’ onda spazzo i villini della spiaggia, lasciandosi clietro i soli pavimenti del pianterreno. I danni pel maremoto vanno dal Golfo di Gioia a quello di Augusta e furono maggiori nel mar Ionio che nel mar Tirreno. Il fondo del mare deve avere avuto convulsioni quasi pari a quelle subite da cib che e ironia chiamare la terra ferma. I cavi marini, di cui uno era stato collocato nuovo dalla Ditta Pirelli ed aveva costato mezzo milione, furono rotti in diversi punti ed anche perduti. La banchina d’ approdo del porto di Messina fu schiantata e si abbasso di tre metri; presentemente e sott’acqua per la lunghezza di 20 m. Si parla di un abbassamento generale della spiaggia, proprio anche alla costa calabra. E bensi vero che anche la banchina di Reggio al Belvedere si abbasso di circa un metro, pero potrebbe trattarsi della rovina del substrato delle ban¬ chine, con affondamento parziale di queste nel mare. Apparentemente la topografia dello stretto non e molto alterata e sulle poco probabili variazioni di configurazione del lido e del fondo del mare occorrera attendere i risultati delle livellazioni e crociere ordinate da apposita Commissione e dal Mini- stero della Marina.* Lungo la spiaggia, tra un labirinto di macerie e rottami si vedono un po dapertutto minacciose faglie e scalature fino a 8o cm, sprofondamenti di tratti di via per una larghezza di tre metri, fenditure lunghe centinaia di metri, larghe fino a 50 cm, profonde e tutte general- mente parallele alla costa del mare. Da due fratture sulla spiaggia calabra, a Rumboli presso Mileto, sono eruttate acque tiepide sulfuree. Si dice * Dai lavori compiuti dalla R. nave „Staffetta“ risulta che nessun mutamento sensibile e avvenuto dei fondali dello stretto di Messina. — 3 che al pantano del Faro tre o quattro giorni prima del terremoto, 1’ acqua si sia scaldata fino ali’ ebollizione assumendo un colore lattiginoso. Le rive crepacciarono e ne uscirono dei gas sulfurei. L’ intero vivaio delle ostriche sarebbe perito. Delle persone competenti verificheranno questi fatti, intanto recatisi a Palmi, s m e n t i s c o n o che da un crepaccio di roccia, in localita Sirena, circa 25 m a picco sul mare si fossero sprigionati dei fumi caldi di gas solfidrico. Per conto mio sulla superficie del mare non vidi a flor d’ acqua galleggiare ne la porniče, ne il pešce morto e nemmeno notai lo sprigionamento di gas. Invero sulle scogliere di Reggio giacevano delle anguille, dei cefali e delle spinole morti, ma assai probabil- mente saranno stati ammazzati dali’ urto contro i sassi. Presso Pellaro le rotaie della ferrata si vedono contorte, presso la marina di Reggio la ringhiera di ferro, vidno alla pescheria fu rovesciata e torta come una corda. A Messina, in piu punti del Corso Vittorio Emanuele, pare che 1’ onda sismica abbia lasciato 1’ impronta del suo pas- saggio. II pavimento di granito e ondulato con freccia di parecchi centi¬ metri. La lunghezza d’ onda cioe la distanza tra cresta e cresta e di circa metri otto. Se ammettiamo che nel soprassuolo disgregato 1’ onda di de- formazione si propaghi colla velocita di 40 m al secondo, gli 8 m sarebbero stati percorsi in ^ ossia il periodo sarebbe stato rapidissimo di due decimi di secondo. Il moto corrisponderebbe piuttosto ad una serie di inrpulsi istantanei che a vere ondulazioni. Perd pel fatto della deformazione per- manente non si pub parlare di onda elastica, quindi non c’ e da fare asse- gnamento su questo periodo trovato. Ho veduto segni evidenti di pietre lanciate in aria contro la forza acceleratrice della gravita che e di 9 8. Molti modiglioni sono stati staccati violentemente dai muri. Cito il caso straordinario di appartamenti affacciati nella medesima via che si scambiarono il mobiglio. Una pendola da una stanza fu lanciata nella stanza della časa di fronte, a meno non vi sia stata trasportata dalla rovina del muro. Viceversa per via deli’ interferenza delle onde alcuni oggetti in equilibrio poco stabile non caddero. Vidi delle lampade a piede intatte sopra il loro piedestallo. Sul corso Cavour le ondulazioni delle čase ruppero i fili telefonici, teši da una parte ali’ altra della via. Veniamo adesso alle registrazioni. Il diagramma sismico del R. Osser- vatorio di Messina e stato salvato. Esso contiene la registrazione di un microsimografo Vicentini a tre componenti e cioe due orizzontali ed una verticale. La prima constatazione sodclisfacente e che 1’ apparecchio im- piantato sotto terra ha resistito. In secondo luogo, data la grande sensibilita deli’ apparecchio, esso ci garantisce, che a parte una leggierissima regi¬ strazione ventiquattr’ ore prima, del resto il suolo si mantenne in perfetta cjuiete fino ali’ istante del terremoto scoppiato come una bomba. Se questa constatazione e disastrosa per quanto riguarda la predizione dei terremoti, — 4 essa pero ci pone in grado di precisare colla maggiore esattezza il tempo inizio, cosa che ha importanza massima in sismologia e non avverrebbe qualora il tracciato fosse stato turbato da precedenti tremiti. La regi- strazione in questa sua prima parte e come perfetta. Pero il delicato micro- sismografo Vicentini non era certo 1’ apparato piu atto per tener testa ai cozzi tremendi del suolo, per conseguenza non fa meraviglia che due sue penne, dopo qualche oscillazioni siano saltate di netto. La sola penna per la componente verticale ha resistito e si vede dalla fittezza della regi- strazione e dallo spostamento permanente della traccia a quali oscillazioni ed a quali sussulti sia andata soggetta. Il moto subentra tosto energico, piu forte di quanto 1’ apparato fosse atto a sopportare. La massa quindi ha oscillato ed urtato contro le viti che ne limitano le oscillazioni. Le segna- ture vi sono cosi fitte che penso riesca difficile di dedurne da qual parte ne sia venuto il primo impulso, quale sia stato il periodo delle onde, se il suolo si sia prima alzato od abbassato. Certo occorreva un sismografo piu robusto, una ottima amortizzazione per la scissione delle registrazioni pendolari da quelle proprie del suolo, una velocita sufficientemente grande da permettere di analizzare il diagramma. Non toccando a me fare questa analisi del diagramma, mi accontenterd di dire che il tracciato dura trenta secondi circa, proprio come i superstiti riportano. Verso la fine, forse in corrispondenza colla caduta della torre deli’ Osservatorio, la penna verticale ando ad accavallarsi sopra la penna oraria, si disgiunse dalla massa e scrisse meno bene. Per altro dopo cinque minuti primi, riproduce la forte replica di cui gia abbiamo scritto. Nessuno si meravigliera che le registrazioni siano state brevi; cosl deve essere nell’ area epicentrale. Colla distanza dali’ epicentro le onde di diversa natura e velocita si separano via via, il diagramma s’ allunga e tutti sanno che su questo fenomeno basa il calcolo della distanza epicentrale. I dia- grammi ali’ epicentro sono caratterizzati dalla loro fulmineita con pre- dominanza del moto sussultorio, nei diagrammi lontani predominano invece le onde gravitazionali, proprio come avviene sull’ acqua. L’ entita delle registrazioni sismiche avrebbe dovuto avvisare tutta Europa della gravita del terremoto ed e strano non si sia dato attenzione a questi tele- grammi naturali che non soffrono interruzioni di linee e rappresentano certamente la pid solerte chiamata al soccorso. Si rifletta che in cinque minuti tutti gli osservatori d’ Europa ne erano avvisati, e dopo un’ ora le onde sismiche avevano interessato tutti gli Osservatori del mondo. Cadun sismogramma da con una certa approssimazione la distanza del- 1’ epicentro, per cui teoricamente bastavano tre Osservatori lontani per poter procedere alla determinazione delle coordinate geografiche della regione colpita. Tornando agli apparecchi sismici, a Reggio la massa del sismometro- grafo Agamennone, pesante 500 kg ruppe il filo di sospensione in acciaio, 5 di 2 mm di diametro. Gli altri apparecchi, per lo piu sismoscopi, furono tutti messi fuori d’ azione ed anche guastati e rovesciati. Le difficolta del problema sismografico ricompaiono e noi vediamo come sarebbe stato necessario avere apparecchi piti robusti, dotati di maggior velocita di scorrimento della carta, dotati di conveniente amortizzazione, onde le oscil- lazioni proprie del pendolo non avessero disturbato la registrazione dei veri moti del suolo. Ecco in proposito un’ osservazione: A Messina a pochi metri sotto 1' osservatorio, il quale si erge su d’ una collinetta, vi sono cjuattro piedritti che reggono un padiglione. Un ponte in cemento armato collega la sommita della collina col padiglione. II movimento sismico ha spinto e spostato la parte di muratura sui piedritti, ed esso ora non riposa pili centrata sopra di essi. Questo moto relativo ha interesse in quanto potrebbe forse permettere di dedurre teoricamente la vera ampiezza del moto assoluto del suolo, applicando una formola del tipo: =- cos 2 n dove T b il periodo totale, # 2 lo spostamento, e r = -y essendo d la lunghezza del ponte e F" la velocita deli’ onda sismica. Le onde trasmesse dal suolo ali’ acqua generarono delle grandi ondu- lazioni secondarie di mare. A Messina il maremoto, marubbiu in siciliano, invase quattro volte la citta bassa, a Reggio 1 ’ invase una volta sola. Diffusesi le onde per 1 ’ alto mare, esse interessarono tutto il Medi- terraneo. Cosi arrivarono ai mareografi di Ischia e di Malta dopo un’ ora circa ed a quello di Venezia dopo \ h 37'". Esse viaggiarono colla velocita di circa 300 km nel Tirreno e 200 km ali’ora nell’Adriatico, assai minore, perche 1 ’ alto Adriatico e molto meno profondo. Ouesta constatazione del tempo necessario perche un’ onda di propagazione libera percorra longi- tudinalmente 1 ’ Adriatico ha un’ importanza singolare per la teoria delle maree. Tutti sanno che una moderna teoria vuole che 1 ’ onda di marea nei bacini chiusi si generi in corrispondenza della massima profondita e di la si propaghi ali’ interno, comportandosi come un’ onda progressiva qua- lunque. Il maremoto calabro-siculo offre una splendida occasione per veri- ficare tale teoria. Sempre in materia di oceanologia, le relazioni provvisorie del Prof. Grablovitz e del tenente Magrini s’ accordano nel dirci che 1 ’ onda non fu solitaria, ma erano molte a rincorrersi, ed a dati periodi se ne aveva una predominante. Questi periodi sono pressoche comuni a tutte le ondulazioni secondarie marine; io 1 ’ ho provato in una recente pubblicazione.* Gli e * E. Oddone. Il problema delle ondulazioni secondarie di mare e delle sesse nei laghi. Boli. Soc. Sism. Ital., Vol. XII. 6 curioso che intervalli simili si riscontrano frequentemente tra le repliche clei terremoti. Piu curioso gli e che questi periodi hanno un significato sismologico, corrispondendo da vidno ai tempi che le onde sismiche longi- tudinali, trasversali e gravitazionali impiegano ad attraversare o circuire la Terra. Io percio ho pensato che possano darci i periodi di oscillazione fondamentale della Terra scossa come una campana. Con questi periodi fondamentali coesisterebbero le armoniche. A questi intervalli, 1’ area epicentrale e 1’ area antipodale subirebbero una specie di sforza come di marea terrestre, e le pressioni o tensioni darebbero luogo a nuovi sismi od imprimerebbero nuove ondulazioni alle acque. Molte repliche a Messina sono divise dagli stessi intervalli che si ritrovano nelle grandi onde. Anche attraverso ad altre repliche minori queste si riconoscevano agli stessi caratteri. Anche il Prof. Bevacqua mi narrava che a Reggio ebbe la con- vinzione d’ aver inteso le scosse e gli echi delle scosse. II Prof. Omori di Tokyo ha indicato una legge riguardo le repliche che seguono un terremoto disastroso. Se x indica il tempo (un giorno, una settimana, un mese) ed' y il numero delle repliche in quel tempo, 1’ anda- mento del numero delle repliche col tempo segue una curva che non e un A iperbole rappresentabile colla y — — ma e della stessa famiglia, la relazione X potendo esprimersi colla y = —-j —g Basta contare le repliche in giorni diversi per ricavare le costanti A e B ed essere in grado di conoscere approssimativamente il numero delle repliche successive. A quest’ intento io passai dne notti insonne a Messina e contai una dozzina circa di scosse per notte. Erano in generale leggere, ma accompagnate da rombi o boati come di esplosione sotterranea o come colpi di cannone a qualche distanza. Queste esplosioni distintissime, che per lo pih prece- devano di un secondo o due il tremito, me lo perdonino i sostenitori degli assestamenti tettonici, non erano argomenti che convalidassero molto queste loro idee. Per chi guarda superficialmente alla geologica di Messina la prima idea pub essere che il vulcanismo non c’ entri. In- fatti sulh una e sull’ altra sponda ed anche sotto lo stretto, s’ adagia una spessa corazza di sčisti anfibolici e micascisti, di gneis e di graniti, sulla quale s’ adagiano alla loro volta strati di miocene, conglomerati, argille, sabbie, ghiaie ed alluvioni: su tutto questo s’ erge Messina. Per altro su quella zona sismica Siculo-calabrese, perfettamente periferica attorno allo Stromboli, disconoscere 1’ ingerenza del vulcanismo mi pare senz’ altro un regresso. Le faglie, le dislocazioni, gli assestamenti nella nominata corazza, sono conseguenza e non causa del terremoto; ma ammesso pure trattarsi di terremoto veramente tettonico nell’ antico senso della parola, se risaliamo alle cause che hanno condotto alla dislocazione, da vidno o da lontano il vulcanismo entra in scena. Occorre ricordare la legge d’ aumento di calore 7 nell’ interno della Terra, talche tra i io ed i 40 km e probabile regni il calor rosso; ricordare che le parti pid colpite dal terremoto hanno non lontano dei vulcani attivi e sono in vicinanza del rnare e mare profondo; che 1’ acqua per capillarita pud scendere a grandi profondita nelle viscere della Terra anche a dispetto della elevata temperatura; e che 1’ acqua in uno spazio chiuso portata a 500 gradi pud acquistare la forza dei fulminati ecc. ecc. Questo ho voluto dire, perche non trovo vantaggioso si separino gli studi sismologici da quelli vulcanologici, come non vanno separati da quelli meteorologici terrestri e solari. Ho tentato un calcolo provvisorio della profondita del focolare sismico od ipocentro. Ho applicato il metodo del Prof. de Koves- ligethy (Seismonomia cap. X, Tip. Modenese, 1906). In esso si ammette che le accelerazioni stiano nella ragione inversa delle distanze dal fuoco sismico od ipocentro. Si tiene anche conto deli’ indebolimento del movi- inento per via deli’ assorbimento del mezzo. A calcoli fatti ottenni una profondita di soli 9 c h i 1 o m e t r i. Il coefficiente d’ assorbimento per via del mezzo riusci eguale a 0,0218 per chilometro. Il terremoto or considerato e sotto vari aspetti simile a quelli che funestarono le stesse localita addi S febbraio 1783 e 16 novembre 1894. Le rispettive isosisme, se se ne eccet- tuano proprio le pid epicentrali, corrono in egual modo circa, talche si deve conchiudere che la profondita deli’ipocentro anche allora doveva essere poco diversa da quella ora trovata. Il coefficiente d’ assorbimento 0,020 circa e molto suggestivo. Per tali profondita il Prof. de Kovesligethy ha sempre trovato 0,004 mentre adesso viene fuori un valore cinque volte piu grande. Parrebbe che ivi la crosta terrestre sia molto decomposta o crollante. Il terremoto anche stavolta ha voluto mostrarsi al tempo di un minimo di pressione barometrica, anzi in coincidenza con un doppio minimo, il minimo ciclonico ed il minimo diurno del mattino. Si rifletta che 1 ’ idea d’un assestamento s’ associerebbe piuttosto ad un aumento della pressione atmosferica. Per quanto riguarda 1 ’ attivita del Sole in relazione. al feno- meno tellurico che ci interessa, le notizie sono premature. Ma pid del problema scientifico, ora urge il problema tecnico ed a questo fenomeno del terremoto pid di ogni altro deve interessarsi 1’ in- gegnere. Il periodo d’ oscillazione e 1’ ampiezza di moto quali si ricavano dalle registrazioni di un sismografo, possono col sussidio di note considera- zioni matematiche, darci delle cifre sull’ intensita degli urti. Ora sarebbe strano che conoscendosi le intensita di questi urti, gli ingegneri non avessero a tenerne conto e si limitassero a costruire forte solo perche il terremoto puo essere forte. A noi spetta misurare la massima accelerazione del suolo o forza distruggitrice, ad essi il contrapporre ma¬ teriali di almeno egual resistenza, come nei ponti pensili si proporziona la grossezza dei tiranti al peso tensore, come si proporziona la resistenza 8 dei fucili alla carica. Noi abbiamo gia detto che 1 ’ accelerazione arrivd ai 10 m per secondo ed evidentemente per resistere a simili urti occorre- vano čase straordinariamente ben fatte. Per quanto a Messina le čase non fossero mal costruite, mi parve che la calce fosse un po troppo gessosa, quindi d’ una resistenza non proporzionata alla mole dei palazzi che doveva cementare. Vidi muri rivestiti di mattoni coli’ interno di pietrame. Vidi volte e travi far pressione sui muri. Vidi scale a rampa, mentre sono assai pid resistenti le scale incastrate. Cosi vidi le travature far capo ai muri, internandosene per soli pochi centimetri. In queste condizioni esse hanno agito come tante catapulte e la loro energia distruggitrice si e accresciuta per via del ritmo delle spinte. Reggio e Messina e paesi attorno offrono adesso un campo sperimentale di immenso valore pratico per 1’ ingegnere. Vi e la una miniera di esempi per regolarsi su quanto e caduto e su quello che ha resistito, su quello che va fatto e su quello che va evitato in fatto di costruzioni. Abbiamo detto che il suolo si agito come scosso da una sereie di urti o schianti. Quindi per il periodo d’ oscillazione t sul suolo roccioso deve prendersi quello brevissimo che caratterizza gli impulsi istantanei. In quanto ali’ ampiezza di moto a dove il suolo era roccioso si pub ritenere provvisoriamente fosse di i oppure 2 cm; dove il suolo era 4 ‘7T^Ct disgregato sia stata di 2 o 3 dm. L’ accelerazione risultante —-— riesci t 2 eguale o superiore ai 10 m per secondo e qua e la vinse la gravita ed anche la coesione del terreno producendo faglie e dislocamenti. In con- seguenza degli urti provenienti dal profondo del suolo, le colline e le costruzioni presero ad oscillare, aggiungendo alle ondulazioni del suolo il loro periodo proprio d’ oscillazione. Questi nuovi periodi sono pid lenti, per es. T = 1 a 2 secondi, ma per le costruzioni sono ancora sempre peri- colosissimi. In proposito ecco una riflessione: Abbiamo veduto che il terremoto cagiond ondulazioni permanenti nel terreno e che la lunghezza d’ onda era misurabile: Se per ogni dato terreno questa lunghezza d’ onda fosse costante, saremmo in possesso di un dato prezioso. Infatti tutti i muri co- struiti alla distanza di una lunghezza d’ onda, o multipli di questa distanza, manterrebbero oscillando il loro parallelismo, mentre le čase costruite con muri distanti un numero dispari di semi-lunghezze d’ onda, oscillando, convergerebbero, oppure divaricherebbero, andando di conseguenza sog- getti a danni. Nei movimenti istantanei del suolo le parti basse degli edifici pren- dono la velocita stessa del suolo. Pero il moto non potendo trasmettersi istantaneamente a tutte le parti deli’ edificio, ma arrivando alle parti alte con un certo ritardo, ne nascono gli effetti d’ inerzia ed e in quest’ inerzia che si deve ricercare le cause uniche dello sfasciamento dei muri, della caduta dei tetti, dei soffitti e delle volte. 9 Ammettiamo che il suolo A compia la sua prima rapida escursione verso sinistra da A in A'. Le parti alte di un muro ad es. le masse ele- mentari ?«,, ?« 2 ,.rimarranno inerti o stazionarie, quindi indietro rispetto la nuova posizione A' della base. Converra immaginare viceversa che il suolo sia stato fermo e che una forza cletta f o r z a d’ i n e r z i a abbia agito sul muro piegandolo verso destra. Questa forza d’ inerzia e data dal prodotto M\A cioe dal prodotto della massa per 1’ accelerazione. La massa e la somma dei momenti d’inerzia di tanti tratti di muro sovrapposti. E cioe M= w 2 ; 'i 2 4”.L’ accelerazione A e quella del suolo. Se la forza d’ inerzia riesce a vincere la coesione del materiale, 1 ’ edificio e per- duto. Se riesce a farlo rotare di tanto che il suo centro di gravita esca fuori della base esso e pure perduto. Perche questa forza d’ inerzia sia minore, visto che non e in nostro potere di diminuire 1 ’ accelerazione, converra diminuire r, ossia 1 ’ altezza degli edifici e diminuire il momento d’ inerzia rapidamente verso 1 ’ alto, perche ogni singola massa elementare va moltiplicata pel quadrato della sua distanza dal suolo. Il moto relativo delle varie parti sovrapposte šara minimo quando valgono le relazioni m x r x % — tn^r^ — .il che significa che in alto le masse vanno leggiere. In cio sta il segreto dei pilastri parabolici e dei pilastri vuoti. A Messina il teatro Vittorio Emanuele costrutto pesante in basso e leggiero in alto ebbe pochi danni. Vari monumenti come la fontana del Nettuno ed il Don Giovanni d’ Austria restarono in piedi per la stessa ragione. Viceversa le colonne in ghisa della Dogana, del diametro di 45 cm si spezzarono per la grande inerzia della loro parte superiore. Per la stessa ragione precipitarono un po dapertutto i tetti massicci, le volte pesanti ecc. La sismologia ci insegna ancora quest’ altro p r i n c i p i o relativo alle oscillazioni che possono prendere i corpi eterogenei vicini: Se un corpo incastrato in un muro ha esattamente la densita del muro, esso seguira le oscillazioni del muro e non vi šara moto relativo. Se il corpo ha densita minore di quella del muro, pel fatto di avere minore inerzia 10 - o maggior mobilita deli’ egual volume di muro, sotto gli impulsi oscillatori, tendera ad assumere delle oscillazioni piu forti del muro. Infine se esso ha densita maggiore del muro, esso avra maggior inerzia o mi n or mobilita deli’ egual volume di muro e sotto gli impulsi oscillatori tendera ad assumere delle oscillazioni pid deboli del muro. Insomma il corpo piu leggiero tendera a muovere nella direzione opposta a quella donde viene 1’ impulso, il piu pesante in direzione con- traria. Le tensioni che ne risulteranno potranno anche vincere la coesione e cagionare delle spaccature, nel primo caso dalla parte deli’ origine del- 1 ’ impulso, nel secondo caso dalla parte opposta. Detto volume s p e - cifico il reciproco della densita e presolo come misura della mobilita, potremo enunciare il principio come segue: Un corpo incastrato in un muro avente maggior mobilita del muro, tende ad oscillare nello stesso se n so del muro, un corpo il q u a 1 e ha m in or mobilita del muro tende ad oscillare in senso contrario. Consicleriamo un pezzo di muro dove sia praticata una finestra. Ivi la densita media e minore del muro attorno, di conseguenza vi šara moto relativo e difatti facilmente gli angoli delle finestre si lesionano. I pesanti ornati attorno la finestra talora compensano la deficienza centrale e sono utili. Per lo stesso principio, tra muri sottili, le chiavi di ferro molto pesanti, costituiscono pid pericolo che salvaguardia. Perche dunque non entrino forze sgregatrici, una certa omogeneita e necessaria, una certa uni- formita nella densita dei materiali e da suggerire. Si tenga ancora presente che 1’ orientamente delle čase, la ove le scosse hanno una stabilita direzione predominante, ha una vera importanza. Anche stavolta, come nel 1894, predornino a Messina la direzione NW-SE ed i muri nella direzione NE-SW, normali cioe alla direzione deli’ onda furono i piu danneggiati. Delle čase allineate nella direzione della scossa, tutte egualmente basse e rinforzate agli estremi, non sarebbero forse cadute. Abbiamo veduto che la forza acceleratrice e 1 ’ ampiezza di moto furono tali da cagionare faglie e fratture nel terreno. Queste si produssero piu facilmente al contatto di strati vicini di densita varia, su sedimenti che riposavano immediatamente su roccie in pendio, o presso le spiaggie che rapidamente scendevano verso il mare profondo. Quest’ ultimo caso si verifico specie lungo la marina di Messina. Urge dunque allargare il porto di Messina, sia per rendere meno pro¬ fondo 1’ ancoraggio, sia per rendere meno esposta a pericolo la banchina. Prima non ci si poteva pensare a motivo dei palazzi che limitavano il porto, ma ora che pur troppo queste belle costruzioni sono cadute, il problema si impone, non meno deli’ altro di tracciare le vie piri ampie. 11 Guardando indietro alla storia sismica della Sicilia e della Calabria, il 1693, il 1783, il 1894, il 1905, il 1907 e 1908 sono date di morte e benche niuna legge di periodicita sia coriosciuta, pur troppo dobbiamo temere che proba- bilmente presto o tardi (e speriamo sia tardi) fatalmente si šara da capo. Devesi allora abbandonare quelle terre? Se le aree sismiche pericolose do- vessero abbandonarsi la popolazione di molteregioni scemerebbe di unterzo. Un terzo delle Antille, del Messico, delle Repubbliche dell’America Centrale, del Perh, del Giappone, del Chile, di Sumatra, Giava, Borneo, Formosa ecc. ecc. dovrebbero essere disabitate. La posizione di Messina e troppo bella, troppo strategica, troppo commerciale per pensare ad abbandonarla. L’ uomo ricostruira certamente ed in questa sua decisione coraggiosa šara aiutato da tutti i dettami della tecnica. Intanto dove si ricostruira Mes¬ sina? La risposta non pno essere che lina: a Messina. Il terremoto e migra- tore, non s’ annida sempre allo stesso pošto e costruire Messina a vari cbilometri pid a Nord, pid a Sud, pid ad Occidente, non vuol dire renderla immune dal terremoto. Invece della Citta esistono il piano, le vie, le piazze, i giardini, il molo, le fogne ecc. senza contare un gran numero di sotterranei e di piani terreni in discreto stato. Sono le macerie che vanno allontanate, non la Citta. Il cattivo andra raso e del buono che restera, se ne trarra quanto pid profitto šara possibile. L’ arte di costruire nei paesi dei terremoti e difficile e le regole pra- tiche poche. Talune pero ne esistono. Una intanto si e quella di evitare di costruire alto. Oltre un certo limite d’ altezza gli edifici scossi, si rovesciano o schiantano. A Messina molte čase ad un piano non sarebbero cadute se le alte non le schiacciavano. Altra precauzione e di evitare le costruzioni pesanti in cima che richiamano i fenomeni di inerzia. I piani superiori dovranno essere preferibilmente fatti di mattoni vuoti mantenendo nella densita una costante legge di decremento. Si scarti pero 1 ’ idea di costruire una citta tutta in legno anche solo nelle parti alte. I terremoti disastrosi capitano circa una volta per secolo, gli incendi capiterebbero ogni dieci anni. Si potrebbe tentare il legno foderato, 1 ’ e t e r n i t per esempio. N011 si dimentichi per altro che le čase baraccate e rivestite di muratura esigono una manutenzione molto costosa, senza la quale riescono peggiori delle costruzioni non baraccate. L’ avvenire e forse per il cemento armato, e pare che le čase costruite in cemento armato (costruite a dovere s’ intende) abbiano dato prova di resistenza. Non essendo il nostro il paese del ferro, noi non possiamo pensare alle čase a carcassa di ferro con tetto metallico. E pero certo che esse formerebbero un blocco cosi compatto che nemmeno una catastrofe come quella di Messina, le butterebbe a terra. Per cjuanto riguarda le fondazioni, si hanno pareri disparati. L’ una scuola dice che 1’ edificio deve fare da barca sul suolo mosso, quindi deve avere una piattaforma rigida, imperfettamente collegata col suolo. Questa dispo- sizione ha il vantaggio di distribuire il carico piu uniformemente. Un’ altra NARODNA IN UNIVERZITETNA KNJIŽNICA 00000519392 scuola vuole che i niuri maestri siano ben collegati al suolo, nel qual caso le oscillazioni essendo maggiori, occorrera un’ ossatura generale piu sana e resistente. Pel tetto, salvo la leggerezza e la larga poggiatura, del resto i pareri sono del pari disparati e chi lo vuole collegato ai muri e chi lo vuole indipendente. La verita e che se ne sa poco e che occorre diffidare delle sentenze affrettate. Se i costruttori di cemento armato mostrano cieca fede nei loro prodotti, parimenti abbiamo rappresentanti che vantano le gabbie di ferro indeformabili, il legno, 1’ eternit, le strutture baraccate e pseudo-armate e paraboliche, i blocchetti, le platee, i rulli, le sfere ecc. Ma le esperienze difettano, i dubbi di interpretazione si incrociano, i calcoli dimostrativi si riducono quasi a zero. Per la tranquillita pubblica e indispensabile che si istituisca in ogni scuola di ingegneria un corso di sismologia e di pratica delle costruzioni a prova di terremoto. E doloroso di dirlo, ma la macro- sismografia non ha fatto progressi ed in fatto di terremoti la tecnica delle costruzioni asismiche si mantiene empirica. I Governi che gia spendono per questi studi, dovrebbero finalmente provvedere per delle ricerche adeguate. Con un personale scelto e con un fondo annuo di altre venti, o trenta mila lire si potrebbe in poco piu di dieci anni, rispondere a parecchi problemi scientific.i e tecnici della sismologia. Insistiamo sul fatto, che lo studio del terremoto e di interesse mondiale e va condotto con intendimenti tanto scientifici quanto tecnici. E quindi anche da salutare con simpatia la costituzione delhAssociazione Sismologica Internazionale, a cui tutte le grandi Nazioni e molti Stati minori appar- tengono. Nota e 1' attivita del Bureau Centrale nel campo scientifico; eguale attivita potrebbe spiegare nel campo tecnico, qualora fosse possibile aggregarvi una sezione di Ingegneri e Geologi. Non bisogna lasciare che ad un Istituto fornito di cosi grandi mezzi sfugga un qualsiasi lato della cjuestione. I progetti elaborati da questo Istituto Internazionale tro- verebbero tosto credito presso tutte le Nazioni. Un risultato altamente civile e veramente umanitario sarebbe conseguito. Roma. R. Ufficio Centrale di Geodinamica. Febbraio 1909.