Anno VIII. Capodistria, Eebisraio-Marzo 1910 N. 2-:-5 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE A.NDFIEA. AMOFtOSO ci ha lasciati per sempre! Ai primi d' ottobre u. s., quando si celebr6 il 25° anniversario della fondazione della «Societa istriana di archeologia e storia patria«, 1'Istria tutta rese omaggio di gratitudine e venerazione a questo suo figlio illustre. Ci augurammo allora, che ci fosse conservata per molti anni ancora la sua preziosa esistenza. Purtroppo 1'augu-rio 11011 8'avvero. Tre mesi dopo queU'indimenticabile giornata, in cui fra le acclamazioni entusiastiche del popolo festante la citta di Parenzo lo proclamava suo cittadino onorario, la morte> inesorabile, pose fine ai suoi giorni. E questo un grave, gravissimo lutto che ci colpisce, poiclie con Andrea Amoroso scompare una delle menti piu elette dell lstria nostra, una nobilissima figura di scienziato, una forte fibra d'integerrimo patriotta. Di fronte a questa grande, irreparabile perdita ci conforta il pensiero, che il suo luminoso esempio servira fino aijpiu tardi nipoti di stimolo e monito a continuare degnamente 1' opera sua illuminata. Sit tibi terra leviš! r Agostino Giovanni Carli=Rubbi Relazioni d' amicizia ebbe Agostino anche con Francesco Combi, il traduttore delle Georgiche vergiliane, il quale l'anno 1823 gli scriveva una lettera, pregandolo di certe notizie in-torno alla Rinaldeide di Alessandro Gavardo, non che di dati biografici intorno allo stesso e ad Andrea Divo, dati che avreb-bero dovuto servire per porsi in fronte in caso di stampa ali' opera citata del Gavardo e alla versione di Omero del Divo. Questa lettera la publicai per intero in codesto periodico (A. V, pag. 113 e sgg.) aggiungendovi un breve commento. Anche col conte Gianfrancesco Galeani Napione di Coc-conato l) Agostino ebbe relazioni amichevoli e queste ebbero origine, čredo, appunto dal fatto che Agostino si era rivolto a lui per notizie sui Templari, la cui storia egli stava per scrivere. II Galeani gli invia la sua memoria a stampa Dei Templari e deli' abolizione deli' ordine loro. Trovo anche del Galeani una lettera che per le notizie contenute čredo meriti d' esser trascritta. Ill.mo Signore e Sig.r Pcacl.ne Col.mo Mi affretto di rispondere alla pregiatissima sua in data del 1 dello scaduto Mese. di Maržo, ricevuta soltanto ieri 1' altro eol pacchetto dei due vari libri al N. Sebastiano Crotta e del D.re Delle Laste e colla Dis-sertazione sua, che leggero tosto che abbia agio e tempo di farlo con somma sodisfazione. Intanto io la ringrazio di euore del preži oso douo. Io tengo la prima edizione della Vita di Colombo deli' anno 1571 di Venezia, e 1' altra di Milano del Bordoni del 1614. Alcune altre di Venezia le ho vedute, ma non fanno al caso essendo semplici ristampe. La mia Dissertazione II sulla patria di Colombo si e stampata neH'ultiino volume deli' accadeinia nostra. Di questi vohuni non posso credere che non ne giunga qualche copia in Venezia, mandandosene perfino a Fila-delfla in America. Ora spero tra breve di stainpare a parte un inio discorso contro certo P. Spotorno, che volle di nuovo con argomenti futili soste-nere. la vecchia opinione di Genovesi, e subito che sia stampato, pensero al modo di inviargliene un esemplare. Ai Templari io non ci penso piu, vedendo esser quello un argomento fatto a' giorni nostri troppo scabroso. Nato a Torino nel 1748 e morto nel 1830. A importanza nella nostra letteratura per la sua opera principale /.' uso e i pregi della lingva italiana. Qualunque irregolarita possa esser seguita nella aboiizione loro, e qua-lunque ingiustizia nello eseguirla, io non mi potro persuadere giammai ehe un ordine di frati laici, colle anni alla mano, ricchissimi, potentis-simi, senza lettere, e Banchieri per professione potessero cssere Religiosi esemplari. Fra le carte favoritemi da V. S. 111.ma trovo un estratto del suo saggio sopra la legge salica. Bramerei, ehe, per quanto riguarda 1' origine della Real Časa di Savoja Ella leggesse quanto io ho scritto in alcune osservazioni ime sopra le antiche monete di Savoja, dove sostengo opinione diversa affatto dalla antica comunemente adottata; e rispetto alla legge salica io devo confessare che non intendo bene cio ch' Ella diee in flne del saggio medesimo. Quello che le posso dire si e che questa legge e altamente radicata e scolpita nel cuore d' ogni buon Piemontese da ormai otto secoli a questa parte. Fu sciagura per il Piemonte che il degnissimo Genitore di V. S. 111.ma non sia divenuto nostro concittadino, della qual cosa ne avea pur io inteso a parlare tempo fa: ed in ordine alle relazioni della famiglia saa coi Carli o Caroli di Piemonte, 6 un caso se si potrft trovare qualche riscontro, e si potranno piu facilmente trovare riscontri tra carte dome-stiche che in libri e documenti pubblici. Da Monsig.r Della Chiesa nella Corona reale di Savoja si fa menzione dei Caroli come di nobile. famiglia di Saluzzo nel 1400. Mille grazie delle notizie ch' Ella mi da della sua persona e delle occupazioni molto analoghe alle mie. Mi cornandi senza riserbo e mi čreda quale pieno di ricmoscenza e col maggior ossequio ho 1' onore di protestarmi Di V. S. 111. m a Devotiss.o Obbl.ino Servid.e • Galeani Napione Torino 13 aprile 1824. di Cocconato. Agostino deve aver inviato al Napione la sua Storia di Cristoforo Colornbo, di cui diremo piu tardi. Si parla ancora qui d' un Saggio sopra la legge Salica di Agostino. Viene ultima per cronologia una lettera di Adriano Balbi, 1' illustre geografo veneziano (1782-1848), che chiede ad Agostino il favore della traduzione di certe parole ') in un dialetto slavo deli' Istria, del Quarnero, della Dalmazia e delle Bocche di Cattaro, e di alcuni piccoli articoletti, che indiehino le lo-calita dove si parlavano la lingua etrusca, 1' osca ed altre deli' antica Italia oltre la greca e la latina, con un breve cenno sullo stato di civilizzazione del popolo che le parlava, della sua cultura e letteratura. II Balbi, che si dice assistito nel suo lavoro dai principa! i lettera ti di Francia, Gerraania M Sole, luna, terra, fuoco, acqua, giorno, padre, madre, testa, oechio, naso, bocca, delite, lingua, mano, piede, uno, dne, ecc. fino al dieci. e Svezia mette un po' amor proprio a poter citare fra le sue relazioni anclie il figlio del famoso Carli, «che con tanto onore sostiene la riputazione del suo genitore», e dopo avergli chiesto il favore su detto continua: «La molteplicita delle ricerche che devo fare sopra tante lingue non permettendomi di dedi-carmi ad un soggetto particolare e non volendo d' altronde come italiano sembrar d' ignorare le opere di Visconti'), di Micali2) e di altri celebri compatrioti, prego il Conte Carli, cui simili oggetti sono assai famigliari di farmi questi articoli. Cosi avro il piacere e 1' onore di contare un cosi illustre col-laboratore. Ella poi non sara scontento di trovarsi in compagnia di Humboldt, Remusat, Saint-Martin, Spix, Malte-Brun ecc.» Si vede che Agostino godeva la considerazione del dotto geografo e che deve aver contribuito anche lui ali' opera, cui attendeva il Balbi. Quale sia stata quell' opera dalla lettera non risulta, ma crediamo che si trattasse di Classificazione dei popoli antichi e moderni secondo le loro lingue, con un. volume di Schiarimenti. Queste le relazioni di cui oggi ci rimangono le prove. Molte altre ancora ne avra avute Agostino, delle quali il tempo a distrutto le tracce. E ora 1' esame degli scritti di Agostino Carli-Rubbi, in parte conservati, in parte perduti. 1. Lavori completi a) di dala certa. 1. Memoire sur la necessite, V utilite et les rnogens de retdblir la Marine militaire de la Sacrce Religion et Ordre militaire de S. S. Maurice et Lazare, envogee d Turin le 21 Ar ril 1790. Manoscritto di pagg. 24, dedicato alla famiglia di Savoia. Contiene osservazioni e suggerimenti di Agostino sul proposito enunciato dal titolo. <■) Ferdinando Visconti, insigne geografo nato a Portici il 1792 e morto a Napoli il 1845. Descrisse la frontiera illirica e il litorale adriatico. Giuseppe Micali, storico livornese nato il 1780, morto il 1844. L' opera sua principale e L' Italia prima della dominazione dei Romani, publicata a Firenze il 1810, rifatta poi e ripublicata pure a Firensse col titolo Storia degli untichi popoli italiani. 2. Memoire sur les Droits et les Convenances de V Au-triche sur V Istrie, et sur quelques Provinces de la Terre-ferme Venitienne, fait a Trieste le 30 Juni 1797. Mns. di pagg. 41 in colonna con raoltissime note marginali. In questa memoria Agostino, dimostrando falsi i Diplomi vantati dalla sede d'Aquileia, tenta di eliminare ogni idea di eonquista e di far spiccare quella di ricupera di paesi da sfortunata combi-nazione divelti. II trattato di Campoforniio e calcato sopra questa memoria storico-politica. 3. Essai politique et economiqne sur V Istrie, fait d Trieste 10 november 1797, le 18 raars presente d S. A. R. 1'Archiduc Charles. Mns. di pagg. 68, in colonna, con nume-rose note marginali. In fondo allo stesso manoscritto separa-tamente leggesi un estratto di questo lavoro in 8 pagg. In tale saggio I' A. tenta di risolvere un problema difficilissimo, come cioe, senza spesa deli' erario, si potrebbe redimere e tornare a creare a vita novissima quella «desolata provincia*. 4. Osserrasioni sopra i Fedecomrnissi nelto Stato Veneto, inviate alta Cancelleria di Stato nel 1799. Mns. in 4° di pagg. 26. L' A. parla dei Fedecomrnissi, istituiti dalla Republica veneta nei suoi statuti, e deli' abrogazione dei medesimi per opera dei Francesi con la Legge democratica del 20 giugno 1797, perche ritenuti istituzione aristocratica, introdotta con la Serrata del Maggior Consiglio 1'anno 1297. Vista 1' utilita di questi, propone ali' imperatore deli' Austria certe varianti da farsi ai fedecomrnissi, che devono per altro mantenersi anche sotto il novo regime. 5. Memoire concernant le commerce entre VEspagne et 1'Autriche, fait d Vienne le 8 mai 1802. Mns. di pagg. 85 in 4°. E' dedicato a Monsieur de Joung, Secjretaire de Cabinet de S. M. et son Biblioihecaire particulier. Le prime quattor-dici facciate contengono due lettere di Agostino ali'Joung in francese, e una risposta deli'Joung in italiano. 6. Saggio politico ed economico sopra Trieste. Vienna 5 sett. 1802. Mns. di pagg. 45 in 4°. A tergo leggesi: «1 rap porti avuti col corpo mercantile di Trieste nel mio costante soggiorno gia da dodici anni, mi han pošto in situazione di conoscere sotto vari punti di vista quella cittii e Porto Franco, combinati col ben' essere economico di tutto lo stato. Ho pro-curato di enunciare chiaramente i qualunquesiensi miei pensa- meriti, attenendomi alle massime generali, ed alle petizioni della Borsa Mercantile. Sara forse questo saggio riguardato come un sogno, ma desidero ch' ei meriti almeno 1' epiteto di placido ed innocuo, quale pno essere formato da un Uomo dabbene». II saggio comincia con una breve storia di Trieste, antica eolonia romana, fino ai tempi suoi, nei quali essa conta 36.000 abitanti, II lavoro riesee importante per la storia del commercio e delle dogane di Trieste, del suo porto franco. Nel ribasso dei dazi aveva avuto parte importante il padre d' Agostino, Gianrinaldo, quale presidente di publica economia a Milano. DA notizie della erezione della Chiesa Greco-scismatica in favore della eolonia greea, venuta dagli stati ottomani, delle facilitazioni per i matrimonl fra cattolici e dissidenti, delle liberta concesse agli Ebrei ecc. ecc. Investiga le cagioni del-1' alto prezzo dei viveri a Trieste e suggerisce i mezzi per ribassarlo. Parla della diocesi triestina, del suo elero, delle cliiese. Si diffonde esaminando «1' oggetto importantissimo delle pesche», del dazio sul pešce ecc. Un paragrafo (il 13°) e de-dicato alla tariffa delle monete, un altro (il 16°) alle saline e rispettivi dazi, un altro aneora al Monte di Pieta. Al paragrafo 21° 1' A. tratta della pretura, del tribunale civile, del tribunale di Cambio Mercantile, nel 22° analizza la nova legislazione di Francesco I. Chindono 1' opuseolo alcune «Annotazioni sopra i cliritti di Porto e di Sanita in Trieste*. 7. Essai historique sur la genealogie de la famille Viole en France, fait a Vienne le 17 Aout ISO3. Mns. di pagg. 12 con una tavola genealogica. 8. Memoria sopra lo stato araldico delle Province Venete, scritta in Venezia li 7 dicembre 1803, per commissione del-r a ulico consigliere de Roner. Mns. in foglio di pagg. 38. «Si tratta di riconoscere — serive 1' autore — e di fissare lo stato della Nobiltik, nelle nuove Province deli' Italia austriaca, amal-gamandola possibilmente con quella di tutto il resto della Monarchia». E divide il lavoro cosi: «1. Faro conoscere lo stato attuale della nobilta delle province venete. II. Esporro alcune viste, che čredo si debbano aver presenti nel sistemare questo affare. III. Proporro le disposizioni, che credero possano esser adottate*. 11 lavoro fatto con citazioni di fonti, quali p. e. Le anti-chita italiche di Gianrinaldo, comincia con 1' epoca romana. E' da notare che Agostino lo scrisse a Vienna senza 1' aiuto de' suoi domestici libri e carte. 9. Memoire sur la possibilite du rdtablissernent du Rog. Adriatigue en faveur de VAug. Maison Jžoi/ale de Saxe rd-gnante en Sardaigne Achevee k Trieste le 30 Avril 1805. Mns. di pagg. 30 in colonna, con molte note marginali. L' A. vagheggia la fondazione d' 1111 regno adriatico per opera della Časa di Savoia. 10. Lettre sur la Maison Bonaparte et sur divers sujets historiques, adresse d M**** Mns. di 46 pagg. in foglio con alcuni altri documenti staccati e stemmi. Venezia 29 maržo 1810. Tratta della famiglia Bonaparte, ne ricerca 1' origine e ne compone la genealogia fino a Napoleone I. Dei motivi che spinsero l'A. alla composizione di questo lavoro, abbiamo gia parlato. Agostino invio il Mns. al Mare-scalchi, preganclolo della publicazione e promettendo di far poscia lui stesso la traduzione italiana e publicazione. Ma il lavoro non fu publicato, perehe in un estratto di lettera del Marescalchi al Cav. Rangoni (Parigi 7 maržo 1811) leggesi: 1H0 rimesso le sue carte al Carli. 11 lavoro 6 eruditissimo, ma nulla per ora potrebbe farsene». 11. Dissertazione sopra il Corpo di S. Marco Evangelista riposto nella R. Patriarcale Basilica di S. Marco in Venezia. Impressa nella tipografia Picotti. Venezia 1811. E' 1' unico lavoro a stampa d' Agostino Carli-Rubbi. L' A. indirizza 1' opera allo zio Stefano Carli con la dedi-catoria che qui riporto nei punti piu importanti: «Carissimo Signor Zio. Mi spinto a scrivere questa Dissertazione il desiderio di vedere che S. E. R. eseguisca quanto si era proposto di fare S. Lorenzo Giustiniani, prirno patriarca di Venezia; e la fiducia che sotto il nostro illuminato governo, si liberale verso gli oggetti tutti di belle arti, si realizzino i nobili divisamenti deli' illustre Doge Marco Foscarini, insigne Protettore di mia famiglia, che lodo mio Padre a Pag. 193. Nota 255 della sua bella Opera della Storia della Letteratura Veneziana, onoro della sua firma il contratto nuziale di esso mio genitore, ed ebbe la bonta di essermi Padrino di Battesimo. Della prima cosa che fo' stampa,re, čredo dovuto 1'omaggio a Lei, come un pubblico attestpto di affetto e di riconoscenza, perch'Ella ebbe la somma bonta nella mia eta tenera di riti-rarsi nella mia časa di campagna a Pademo per darmi i primi rudimenti di Storia e di Geografia; e nel 1757 ch'io andai in Istria per la prima volta in eta di anni nove, voli'Ella avere 1'amorcsa e generosa sofferenza d'insegnarmi gli Elementi di Euclide. Ella era fornito sin d'allora di molte e scelte cogni-zioni di filosofia, nella varia Erudizione, nella bella Letteratura, nelle lingue dotte e orientali, e per fino nella Musica, e poteva Ella impegnare per la propria gloria quel tempo, che con tanta generosita sacrifico per me. Con questa pubblica testimonianza soadisfo almeno in parte ad un impulso del cuore penetrato di sensibilita e gra-itudinc; ma trepido che quest'opuscolo non sia per fare 1'onore dovuto ai buoni principj avuti da Lei cd al le premure ch'Ella si diede per me. Sono con rispettosa, ed affettuosa devozione Carissimo Signor Zio Venezia 28 Novembre 1811 Suo Umil. Serv. ed affezion. Nipote Agostino Carli Rubbi». Espone poi la materia della Dissertazione: «E cosa ormai notoria e sanzionata da storia, monumenti e locumenti, che il Corpo di S. Marco Evangelista, martiriz .ito in Alessandria d' Egitto a' 25 Aprile deli' anno G2 deli' Era volgare, fu trasportato da quella citta a Venezia da Veneti Mercanti jiaviganti, per preservarlo dalla imminente profana-zione de' Saraceni, e se ne celebra ogni anno la testa a' 31 di gennaio. Questa traslazione ebbe luogo prima della meta del secolo nono». L'opera e divisa in 15 capitoli, dei quali daro qui sotto il contenut^. I. Incertezza deli' epoca prečna prečna della Tra sla zione di S. M. E. in Venezia. I dati che Agostino trova nelle storie diverse non com-binauo; li analizza criticamente e conclude: «Bisogna accon-tentarsi di dire che prima della meta del II secolo avverossi il trasporto d'Alessandria del Corpo deli' Evangelista S. Marco, e la elezione di questo Hanto in Protettore della Metropoli, Stato, Governo, e Nazione de' Veneziani«. II. Epoca precisa del martirio, e della morte di S. Marco. Anehe qui 1'A. cita parecchie fonti, per lo piu ecclesia-stiche, e conclude che mori 1' anno 62, o v vero 1' ottavo anno di regno di Nerone. III. Marco scrisse il suo vangelo in greco ed in lati no. IV. Cosa possa credersi del Vangelo di S. Marco, esi-stente nel Tesoro di (juesta Basilica Sanmarciana. Dopo beu ponderata analisi 1' A. conclude che il vangelo che si serba nel Tesoro di S. M rco e il testo latino del vangelo del Santo pervenuto dopo varie vicende a Venezia per opera di Tomaso Mocenigo nel 1420. V. Sopra le reliquie di S. Marco. L' A. parla delle varie parti del Corpo di S. Marco e dei luoghi ove esse si trovano. II tronco sarebbe a Venezia. VI. Motivi per naseondere il Corpo di S. Marco. I Francesi avevano «molto ardore ed industria» per pro-curarsi corpi di santi, ed insigni reliquie. Percio i corpi veni-vano naseosti. Quando avvenne 1'invasione degli Unni l'anno 015 il corpo di S. Marco trovavasi in Friuli nella chiesa e monastero di S. Giovanni al Timavo, e fu naseosto. Essendo cola tutto andato distrutto, esso fu ritrovato appena il 1115. VII. Prima Fabbrica della Chiesa di S. Marco. II doge Giustiniano Participatio ordina in testamento che-con parte della sua facolta si fabbrichi una chiesa «per riporvi quel Sacro Corpo®. Essa fu tatta e il corpo fu rinchiuso in una colonna, congesta solidamente di buoni marmi, ne quis locum -p!rR% cognoscat, praeter Ducem et Primicerium. i VIII. Continua la masšima deli' occultazione anco dopo la fabbrica della Basilica di S. Marco. IX. Sopra VApparizione del Corpo di S. Marco. S. Marco sarebbe uscito miracolosamente dalla colonna, nella quale era stato rinchiuso, per gli scongiuri del popolo. Gian Rinaldo Carli *) dice di cio: «Dopo anni CCLXV sara stato assai difficile provare 1' identita del Corpo, tuttoche fosse con tanta facilit& escito per miracolo da una Colonna, dove pure per un piu grande miracolo sara entrato». X. Dubbj su guesto miracolo. «Non vorrei esser tenuto per irreligioso e indivoto, se non posso prestar fede a quel miracolo; e trovo poi conve-nientissimo che si lasci il popolo nell' antiquata sua pia cre-denza. Ma dico il vero che la divozione verso il nostro kSanto Protettore e la venerazione per le insigni sue Reliquie non ha di mestieri di racconti, che mi sembrano sospatti*.......... «11 miracolo consiste nella ispirazione del rintracciare quelle Sante Reliquie dopo le politiche vicencle seguite, e nella costanza, colla quale si presto dal virtuoso zelo a cer-carle, malgrado i fisici estacoli, e lo smarrimento degli indizj positivi®. Confuta la narrazione del miracolo fatta da un monaco di S. Nicol6 di Lido. XI. Congetture sopra questo fatto. Ricerca come si e potuto rinvenire il corpo. Dice che si saranno scrutati i pilastri, esperimentando ove fosse il vuoto in una parte di qualclie pilastro, pošto che non erano tutti d' un pezzo come le colonne. II corpo si trovo, lo si estrasse, lo si lascio esposto alla venerazione clel popolo dal 25 giugno fino agli 8 di ottobre del 1094, giorno della consacrazione della chiesa, e poi lo si ripose in un sarcofago preparato nel frattempo e lo si nascose sotto 1' altar maggiore. Tale sua congettura l'A. la esamina poi per esteso a base di fonti. XII. Falsita del trasporto del Coi-po del Santo Evange lista a Reichenau sul Lago di Costanza. XIII. Costante opinione in Venezia di possedere il Corpo di S. Marcc. L'A. la dimostra con le feste e solermita a S. Marco, cele-brate di continuo e conclude sulla falsitA di quel trasporto. XIV. II Corpo di S. Marco e sotto la Mensa deli' AUar Maggiore della Basilica Sanmarciana. Dopo rinchiuso il corpo nell' arca sotto 1' altar maggiore (Altare di S. Marco) nel 1094, nessuno piu lo vide, ne tocco. Anticliitž. Italiche, II edizione, T. IV, pg\ 213. Al tempo deli' autore di questa dissertazione se ne lacevano ricerche. Sua opinione e che il corpo sia sotto la mensa deli' altar maggiore. II paragrafo XIV si chiude con le seguenti parole: «Attendo con impazienza il risultato ed effetto delle ulte-riori determinazioni sopra 1' argomento del corpo di S. Marco Evangelista, a brama e conforto ed ediflcazione de' buoni Ve-neziani, e non dubito punto che si useranno le caute avvef-tenze, le solennita imponenti, le opportmie concentrazioni di autoritii e di persone dotte e illuminate come si fece in Ve-nezia allorclie piu d' un mezzo secolo ta si dovette riconoscere il corpo di S. Secondo nella Chiesa deli' isola di quel nome. Sar& forse anco quest' epoca segnalata da quelle incontestabili e solenni grazie col mezzo delle quali suole Icldio illustrare le ceneri de' Santi suoi». II paragrafo XV ricapitola tutto 1' antefatto. L' opera dimostra la vasta erudizione e lo spirito critico del suo autore, il quale per altro non e piu il miscredente ginevrino. Non črede a certe smargiassate pretine, ma si mostra credente in un dio, in una provvidenza. Si e egli dunque convertito? S'd prodotto in lui quel fenomeno che suolsi chiamare d' involuzione, per cui un uomo, dopo essersi lungamente adoperato per svincolarsi dai lacci della tradizione religiosa, torna alle credenze della fanciullezza e vi trova 1' agognato riposo ? L' argomento non era certo adatto a chi di religione sempre poco se n' era curato. L' autore fu spinto a scrivere tale lavoro dal fatto che al suo tempo appunto si stava cercando il corpo di S. Marco, e lo fece con 1'intenzione — almeno cosi lo dice lui nella Prefazione — di eccitare «1' illuminato suo governo» a fare quanto aveva divisato di fare il Doge Marco Foscarini, cioe feste, solennita ecc. dopo scoperte le reliquie. Ma a tale motivo noi non prestiamo troppa fede, e nemmeno il Bossi la prestava, quando in una lettera ad Agostino cosi scriveva: «Ho letto con piacere la bella vostra dissertazione, della quale mi congratulo con voi, mentre vi ringrazio di vero cuore. Tutto mi e piaciuto, perfino la dedicatoria, sebbene non ne lodi 1' intenzione, difficilmente persuadendomi del motivo da voi allegato». Noi siamo inclini a credere piuttosto che ad Agostino premeva amicarsi vie piu lo zio, dedicandogli una sna opera a stampa, su argomento forse a quello gradito anzi che no. Comunque sia, T opera che possediamo ancor oggi del nostro Agostino ci e testimonio del suo beli' ingegno, e ci fa rimpiangere la perdita d' un tant' uomo, senza ch' egli ci abbia potuto lasciare altri scritti di valore, quali dalla sua penna sarebbero potuti uscire. Di quest' opera esiste ancora nell'Arch. capod. una tra-duzione francese, manoscritta, di pgg. 44, fatta dali' autore stesso pour l'usage de Mademoiselle Riellon. (Continua) Doti. Leoue Volpis. __ -l--1- -j_ I DUE LUSSINI SULLO SCORCIO DEL SEC. XVII attraverso gli atti di un notaio ') Liberato il mare dagli Uscocchi che 1' infestavano, gl'in-felici abitanti deli' isola possono flnalmente senza timore 2) spin-gersi al mare e cercar ivi quelle risorse che dalla dura e magra terra non potevano certo sperare: la pešca prima e la navi-gazione costiera poi avvezzano gli abitanti a quella lotta in-cessante coi flutti del nostro mare burrascoso, e quel desiderio ardente di vittoria sugli elementi faria poi dei lussignani i piu arditi marinai. Ormai i due paeselli, sullo scorcio del decimosettimo secolo, respirano piu ampiamente: i traffici con Venezia e il contrabbando con la costa liburnica fanno affluire il denaro. Gli atti da me consultati sono uno specchio fedele delle con-dizioni di quel tempo: gl'inventari son la a testimoniare che la popolazione aveva cambiato di molto dalle misere condi-zioni dei primi tempiNovello vigor di vita si espande: e in quest' epoca che si ricostruiscono le chiese di Sant'Antonio a Lussingrande e quella di San Martino a Lussinpiccolo, ormai insufflcienti al bisogno e s' innalzano alla dignita di pievi: in questo tempo i due paesi ricevono norme regolari del regime comunale, sopprimendosi le tumultuose vicinie o assemblee popolari; i due paesi sono anche provvisti di un eeroico '): nello squero "') di Lussingrande mistri da Curzola, da Laurana attendono alla fabbrica di barche, mentre mureri paesani costruiscono čase piu ampie, che per distinguere da quelle primitive, dette semplicemente casali o casteleti. si chiamano čase grandi. Veramente ancora in gran numero eran le čase anguste e basse, quasi tutte a un solero, tutte contornate per6 dal loro covtiro e ortiselo, talune fabbricate a malta, altre a ma-sera rozza, altre inflne mezze con muro e mezze a masiera 6). Le nuove che si costruivano piu ampie e piu comode avevano appresso anche la cisterna7) e s' innalzavano di preferenza verso il porto elapiazza: si fa menzione di un casteleto del-1' Universita che e molto probabile sia stato fabbricato in quest'epoca, appunto dopo 1' istituzione del colleggetto; la časa della fraterna di Sant'Antonio aveva sul davanti una loggia sotto la quale il notaio redige un atto, loggia che avra fatto le veci di quella comunale degli altri luoghi. Anche 1' arredamento della časa non era piu tanto sem-plice e negi' inventari si fa spesso menzione di casse dipinte alla veneziana, di lettiere, di parapetti di letto, di quadri in tela, di quadresini di terra, di tapetti colorati lunghi, di sedie da pozo, di mantili, di tovaglie e tovaglioli, di piatti de mag-giolica, di piadene de lavamano, di specchi e di numerosa suppellettile di rame, oggetti tutti che dimostrano gia un qual-che agio: di argenteria pero non si fa mai cenno s). Anche nel vestire si vede un certo sfoggio non tanto per capi di lusso, quanto per il numero di vesti e la donna ricca si palesa specialmente per la quantita di bendize (la graziosa benda o fascia di lino candido ornato di merletti con cui si cingevano il viso); e taluna ne avea fino 23; si fa menzione tuttavia di cappelli da donna forniti, di calze di filiselo, di fazzoletti di seta. La donna, dopo sbrigate le faccende domestiche, il tempo che le avanzava lo dedicava a tessere le rascie 9), con le quali si facevano le vesti per la famiglia e le coperte da letto. La sposa quando entrava nella nuova časa, portava seco il mo-liner, le tesse da tesser rasse e le mdsine: ecco la dote piu bella che pote-va attendere un marito e che onorava altamente le donne dei Lussini. Con lo sviluppo del paese la mano d' opera era molto ricercata, e gli artieri venivano per lo piu dai luoghi circo-stanti; in quest' epoca nella sola Lussingrande vi erano ben ventitre artigiani, tra cui: 8 mureri quasi tutti indigeni che portano i nomi di Botterini e Antoncich, 6 tra calafai e ma-rangoni, importati da Laurana, da Arbe e da Curzola, un favro, Piero Steffich, il quale si provvede di un' ancusene comperata a Buccari per lire 177 de picoli; gli altri portano semplicemente 1' appellativo di mistri e suppongo saranno stati in maggioranza calafati che componevano le maestranze dello squero, dove ferveva il lavoro: si ha notizia di parecchie commissioni di barche e brazzere anche per gli scogli di San-sego e Morter. Anche la pešca era molto progredita: oltre le tratte che erano parecchie, i pescatori adoperavano anche altre arti: come reti tramachiote, parangai per razze, fiocine e nasse. A Lussingraude venivano a fornirsi di reti pescatori di Cherso e degli scogli vicini. Ditficilmente si potrebbe comprendere il meraviglioso slancio che prende la marineria dei Lussini nel '700, se, come dice il Bonicelli, sino alla line del secento, i padroni di nave, oltre ai famosi capitani Pietro e Agostino Petrina, fossero stati soltanto due o tre a Lussingrande e quattro a Lussinpiccolo: dagli atti invece da me consultati ho potuto mettere insieme uno stuolo di ben 35 individui che portano 1' appellativo di padrone 10) e che, essendo la classe piu ricca e piu intrapren-dente, dava quindi maggior da fare e, ben s' intende, anche maggior utile al notaio: sono frequentissime le comprite, i contratti di mutuo e altre scritture che dimostrano chiaramente il notevole prosperamento della gente di mare. Si chiamavano padroni e comandavano piccoli navigli o come li dicevano allora vasselli: fregatine della lunghezza di venti piedi, brazzere di ugual grandezza, con le quali facevano i viaggi lungo la costa liburnica, e altre navi piu grandi, con le quali si spin-gevano lino a Venezia, la capitale, dove avevano frequenti relazioni d' interesse: non di rado si fa menzione negli atti di reciproci crediti fra negozianti veneziani e padroni da Lussino. I piu arditi si slanciavano con le loro navi flno nel Mediterraneo: Pietro de Antonio Maglicli, prima d' intrapren-dere il viaggio per Tripoli, stende il suo testamento in data 6 giugno 1670; parecclii lussignani prestavano il loro servizio sulle navi della Repubblica: basti per tutti i Petrina che cin-sero di gloria il loro nome; negli atti si fa menzione di un Luca Sforcina «peota nella Galera*. Col titolo di capitano, oltre ad Agostino Petrina, si distingue suo padre Pietro, il quale pero spesse volte 6 chiamato anche semplicemente padron Pietro, e un certo capitan Zuane Bortolin. II capitan Pietro Petrina, a quanto sembra, ormai varcata la sessantina e accumulatosi una rilevante sostanza, s' era allora ritirato a terra. E' quello che da maggior lavoro al notaio : presta denari a sacerdoti e perfino al vescovo, d& in affitto buoi a contadini di Promontore, i quali sono obbligati di corrispondergli «stera uno di formento ali' anno... come si pratica... se il manzo fosse rubato senza guardia o crepato, il contadino era obbligato a risarcirne il prezzo*, vende e compera barche, fondi campestri ecc. Del resto il nostro capitano pare fosse alquanto collerico e manesco, se in una sentenza arbitrale viene condannato di corrispondere «al Ceroico, cioue il S.r Gio. Battista Cortese ducati cinque per medicamenti e per sue mercedi e item per patimenti del Putto altri ducati cinque e mezo». II capitano Agostino invece e sempre assente: compare a Lussingrande soltanto addi 8 gennaro 1672 quando istituisce a suo procura-tore generale e speciale il S.r Gio. Paolo Zubranich u); gli altri affari a nome suo, sono conchiusi dal fratello Mattio. Pietosa assai la gente dei Lussini come dovunque il tempo allora comportava, e percio che nei testamenti la maggior parte della poverta relitta andava a favore di chiese e sacerdoti : si lasciava a un sacerdote persino l'antimella del cussino a cib preghi Iddio per me. Nei testamenti tutti esprimono il desiderio d' esser sepolti, con le esequie che s i conviene a un cliristiano, nella chiesa o nel cimitero di Sant'Antonio a Lussingrande e di San Martino a Lussinpiecolo. Vigeva anche qui 1' uso di mandare un parente o un sacerdote in Assisi al tempo del perdono in suffragio del defunto, come pure al trigesimo della morte si usava dare una colazione ai sacerdoti o ai con-fratelli e ai poveri che fossero venuti a pregar sulla tomba 1Z). A dir vero allora le condizioni dei sacerdoti non era no troppo floride, meschine essendo le rendite del clero 13), (tre quarti della decima prediale andava a favore del vescovo, del capitolo u) e della cattedrale d' Ossero, non rilasciandosi al clero paesano che i I quarto di decima dovuto ai poveri) e anche le messe erano pagate male: 12 soldi 1'una, sicclie, se non provvedeva la carita dei fedeli, i sacerdoti si trovavano a mal partito. Ma d' altro canto oltremodo soverc-hio era il loro namero, in confronto alla popolazione: ne' due Lussiui, in quest' epoca, si ha notizia di ben 40 sacerdoti. Tutte le famiglie desideravano di avere un prete in časa e quando da chierico doveva passare ali' ordine del suddiaconato, secondo i canoni del Concilio di Trento, genitori e parenti andavano a gara per assicurargli un patrimonio, consistente per lo piu in una časa d' abitazione e alcuni fondi campestri. Oltre agli ufflci divini i preti pero non isdegnavano di trattare anche la zappa e dedicarsi alla pešca. Limitatissima la loro coltura ed educati da preti venuti di Croazia, taluni non sapevano neppure scrivere in italiano ir>): trovandosi al letto di una moribonda, don Tadeo Vitcovich le stende il testamente in croato, del resto pieno d' italianismi: i termini giu-ridici poi tali e quali in italiano. II testamente 6 riportato in copia anche negli atti del Botterini, ed e 1' unico che si trovi scritto in quella lingua. * Fra gli atti di Ant. Botterini trovasi pure in copia il testamente del Vescovo d'Ossero Matteo Scrivanelli, che tenne il governo della nostra diocesi dal 1666 al 1672. Di lui cosi si esprime il Salata nel suo nutrito lavoro sulla Liturgia Slava e 1' antica diocesi d' Ossero : «Gli successe (al vescovo Giovanni De Rossi) nel 1666 Matteo Scrivanelli da Faro, conosciuto non solo per la rara cultura e 1' insigne pieta, ma benanco per gl'importanti offlci sostenuti nella Germania*. Nel suo testamente, fatto iu Cherso nella solita habb.e del mons.r Illino c Rmo Vescovo d'Ossero, monsignor Scrivanelli esprime il desi-derio d'esser sepolto nella Chiesa collegiata di Cherso nell'arca a cio destinata; enumera poi una sequela di creditori, tra cui il S.r Ant.o Botterini di Lussingrande e le pozupie di Cherso, Lubenizze e Caisole; in vista delle sne cattive condizioni flnan-ziarie fu costretto di dare in pegno e in sicurezza del suo debito alPEccl.mo S.r D.r D.nico Feritioli «il Baciletto con la Broca de Argento, il paro de Sottocope e sei possate d' Ar-gento«; ordina che subito dopo la sua morte si faccia 1'inven-tario distinto di tutte le sue cose per cauzione dei creditori, che vuole sieno tutti soddisfatti. Istituisce suoi procuratori testamentari il R.do Sr. Don Franc.o Corona suo Vicario G.lle e 1' Ecc.mo Sr. Dr. D.nego Feritioli. Non so se monsignor Scrivanelli sia morto a Cherso, nella chiesa collegiata pero non c'e alcun epitafio che ricordi questo dotto e pio vescovo. In una scrittura poi fatta a Lussingrande addi 20 aprile 1678 il P.ron Piero Petrina istituisce suo »procurator generale e speciale il Sr. Nicolo Ventura figliolo del Capitan Greg.o Ventura Abn.e ma come fosse presente a tal scrittura accet-tante a poter riscuoter et urger delli Beni del q.m Mattio Scrivanelli fu Vescovo d' Ossero sequestrati dal d.o Costituente per su.ma di quanto appar nel scritto inviato al sucl.o Procu-ratore e da qual si sia altro suo debbitor nell' inclita Citta di Venetia«. Da questa scrittura apparisce che monsignor Scrivanelli possedeva de' beni anche a Venezia, che furono se-questrati da padron Piero Petrina, il quale nel testamento pero non e nominato nella lista de' creditori. NOTE 'j Gli atti da me consultati sono quelli di Ant.o Botterini, che, se-condo il cronista di Lussingrande Greg.o Botterini, dovrebbe essere il primo notaio di quella famiglia, nominato a quell' ufiicio con diploma del 1671. Veramente il primo notaio di cui si abbia notizia e un prete, don Nicolo Carstinich, curato di L.g., ch'ebbe quest'ufflzio verso il 1570. — (Fra gli itti di Ant.o Botterini si trova la copia di un testamento steso in italiano da don Nicolo Carstinich N. P. Capelan di Lossin in data 15 8bre 1579, nel quale il testatore Antonio Ragusiu, oltre ad altri legati alla chiesa di Sant'Antonio e gran numero di messe,, ordina «che si compri del suo una Pianetta tutta quanta et un calice et che per d.to sij speso ducati cento e cio lassa alla chiesa di S. Antonio in Lossino«. Fra i testi appare un «mistro Antonio Boter d' Arbe qual sta 4 Lossino» — forse un progenitore dei Botterini V) — Esercito pure il notariato il parroeo D. Giovani Bosichievieh come appare dal suo testamento fatto nel 1611; Don Antonio Bosichievich viene chiamato espressamente Nod.o Pub.o e si citano suoi atti del 1642: un altro sacerdote della [famiglia Bosichievich che esercito 1' uftizio di notaio pubblico fu Don Matteo eletto parroeo nel 1640. — Gli atti del not.o Ant.o Botterini che si^conservano nell'Archivio comunale di Cherso seno riuniti in due volumi: 1'uno in carta piu grossa e solidamente rilegato, 1'altro e composto di due fascicoli staccati che prima dovevano essere uniti e vi maneano pareeclii fogli. Gli atti, che abbracciano un periodo di tempo che va dal 1671 al 1686 sono numerati. Nella compilazione poi di questo mio art'colo mi sono servito, per le notizie generali, dei seguenti libri: Gaspare Bonicelli — Storia del-1' isola dei Lossini — Trieste 1869, Dr. Matteo Nicolieh — Storia docu-mentata dei Lussini — Eovigno 1871 e prof. M. Budinich — Lussingrande (cenni storici) in Programma della Scuola Nautica di Lussinpiccolo An. Seol. 1892-93, libri favoritinii dalla cortesia del ehiar.mo prof. Brida, bi-bliotecario della Scuola Nautica di Lussino, eui rendo sentite grazie. *) Non pero ancora tanto sicuri se in data 29 ottobre 1685 sifanno due scritture: 1'uua «per discomprar dalla Schiavitu Martin fiolo de Mattio Sutora, et Cattarina sua moglie et elleno fiola di detti schiavi», 1' altra «per discomprar dalla Schiavitu Mattio Sutora e Domenega sua fiola»; ciuque vittime delle incursioni turche. 3) I primi abitatori dei Lussini, presuniibilmente fuggiaschi del reguo ungarico riparati quivi dali'irruzione tartara, erano niiseri pastori. 4) Negli atti del Botterini si conservano i nomi di due ceroichi: Gio. Batta Cortese (1674) e Honnorato Daniel (1684); suppongo che vi sia stato un solo ceroico per tutte e due le ville dei Lussini, il quale doveva abitare a Lg., poiche in una sentenza arbitrale si condanna il reo a pagar «il Ceroico di ducati quatro per mercede, et medicamenti in tutto con la •strada fatta a Lonsin Piccolo». 5) Negli atti si fa piu volte menzione di questo squero. •) 1672... un casal di masera dove abitava il sud.o Nicolo Budinigh avanti la caj)ella stimato lire 118... 1683... una časa fabricata mena con muro e meza a masiera ecc. 7) Adi 29 dicembre 1683 Padron Felipo Petrina conimette a mistro Luca Troian e Giacomo Kadiza da Corzola la costruzione di «una cisterna fondita e Longhezza gilista quanto quella de mistro Antonio Botterin e di una časa a un soler con le sue cantonade et con Balconi tre, cioue doi delle loro fatture et il Terzo del P.ron Felipo, eome il Balaor et questo tutto alle spese delli detti mistri, con patto siano obligati detti mistri comenzar la detta Časa et far il Palmento et fcghera e Porta della Ca-mera tutto quello li occoj-e alla detta časa et P.ron Felijto šara obligato di dar li manovali quanti li occorera per dette fatture e per prezzo di ducati eento da lire sei per (lucato et Brazza de Pano Negro per due Velade cossi tra loro da Corda...» 8) Trascrivo il dotal di Margherita Sismanich, donna appartenente al četo marittimo. Adi 3 niaggio 1678 261 Robba fu stimata di Margarita flgliola di q.ni Tomaso Sismanich quando fu sposata per Mattio fiolo de Mattio Ragusin q.rn Simon et la d.a Robba fu stimata da Micha Bertulichia: Prima cinque Vesture da donna............L 100:— di piu casacchini doi da donna e una Pelliza........ » 20:—; di piu Bendize tredeci................... . » 35:-— di piu cinque Antimelle et un tavagliol e una tovagia .... » 12:— tli piu doi Casachini di Pano da dona uno nuovo e l'altro usado L .'lordi piu 7 fazoli ..............................................» 7:— di piu tre para de Calze de seda, et un altro di sope .... » 33: — un strama/o e pagiazo de Letto...............» 17:— doi Pelize de meza vitta......................................» 24: — doi felzade del Paese....................» 14: — sie Cainise ..................................................» 22:— una Pelliza..................................................» 4:— un par de scarpo et un Capello da donna..........» 5:— una Tavola.......1....................................» 5:— doi Tamisi ..................................................» 1;— una Graela et doi Cazze de fero et gratacasa ..... . . » 4: — lauamano, eioue piati piadene e Bocali .......... . » 8:— Doi Casse....................................» 13: — Molinero et mastella ........................................» 4:— Un Oattin....................................................» 1: — Un speechio................................» 2:— Un quadro .....................................» 3:— Un casachin .................................................» 5: — di piu mette altre Bagatelle, piecole..........................» 3:— ,di piu di Rassa Bianca B.a N.o 8.............» 16:— di piu tre Anelli d' oro valutato...............» 102:12 di piu un per de Calze et un Lenziol Vecchio................» 3:8 L. 501 9) Rassa o Rascia sorta di panno grosso somigliantissimo al griso che anticamente tessevano le douue delle nostre isole con speciali telai, niolto siinili a quelli adoperati dai tesseri di Dignano. Di rassa sono i vestiti dei nostri contadini. 10) Mi seuibra doveroso riportare il liome di questi primi navigatori e fondatori della gloriosa marineria lussignana: 1674 Padron Tomaso de Cristofolo Cherssan, p. Paulo Paulina, p. Nicolo q.m Zuane Melada, p. Luca Scarpona, p. Martin Ragusin, p. Nicolo de Luca Bussanich da Lossin 1'iccolo, p. Giacomo Petrina, 1675 p. Fran.co Fortuniu da Selve habbitante a Lossino, p. Martin Bortulin, p. Zorzi Fortunich, p. Mattio Premuda da Lossin Pic<;olo, p. Znane de Bortolo Bortulin, 1676 p. Gre-gorio Lechich, p. Martin Sisinanich q.m Tomaso, p. Michiel Boterin, 1677 p. Zuane Petrina, p. Gerolamo Bagatella, p. Zuane Celonich, 1678 p. Felipo Petrina, p. Vicenzo Tarabochia, 1679 p. Nicolo Marenich, p. Zuane Dudesicl) (non sa serivere), p. Martin Scarpona, p. Zuane Duncig di q.m Domenigo, p, Mattio Fedrigo da L.p., p. Mattio Duncig da L,p., 1680 p. Luca Costnntin d.o Sforcina, p. Mattio Morin da L.p., 1681 p. Andrea de Zuane de Selve, p. Fran.co Gedrossich da L.p., p. Martin Tarabochia q.m Mattio, p. Ant.o Cuciza, p. Giac.mo Gladolich, 1685 p. Piero Gedrossich da L.p., p. Nicolo Bermanich. " ' Questo signore nel 1673 porta il titolo di N.o P.o e redige un atto che e riportato in copia fra gli atti del Botterini; nel '78 il signor Zubranich esercita il notariato a Cherso. 12) Testamento di Margarita R. q.m Francesco Mellada lii dicembre 1672: . . . itein disse che dopo la m i a morte vadiuo un di miei in Assisi al tempo di perdon e che sia pagato di mio . . . Test.o di Ant.a R. di q.m Antonio Bellanich 30 novembre 1672: . . . ordino che dopo la mia morte la mia famiglia faci un Colicion del monte alli RR sacerdoti et a qualche povereto per 1' anima mia . . . 13) I lussignani provvedevano al sostentamento de' sacerdoti con una decima personale (j)or(schina) e con una tassa di seppelligione. 14) Fra gli atti del notaio ci sono dne scritture interessanti, con le cjuali, nell' una, in data 1 Aprile 1673, il Capitolo della Cattedrale d'Ossero «da in aifitto la decima di tutti e due i Lussini a lui spettante per tre anni continui per lire 430 de piccoli« al Piovano di Lg. I)ou Nicolo Me-lada, nell' altra, in data 30 luglio 1673, il Vescovo d' Ossero cede pure in affitto «la decima dei due Lussini a lui spettante per tre anni continui per lire 440 de picoli a Martin q.m Znane Ragusin». Da notarsi che mentre nella prima scrittura 1' afflttuario e il piovano stesso e gli fanno da pieggi i cappellani, nell' altra afflttuario, pieggi e testi son tutti laici. 15) Adi 5 9mbre 1678 . . . . Io D. Biasio Ragusin affermo q.to di sopra e fui presente cossi scritto, in Illirico per no saper in Hitaliano. Cherso, feVbraio clel 1910 A. Cella. Sull'origine del nome^OUARNERO. Tra gli etimi accennati dal Vidossicli nell' «Archeogralo Triestino« del 1903, p. 177-178, pel nome (Juarnero, del quale si occuparono brevemente anehe le »Pagine Istriane* del 1903, p. 38, non trovo *cavernariu, da cui il Salvioni *) trae il nome loeale lombardo Quarnej, ammettendo il inutamento deli' a protonico in o, per infiusso del v. Da un *cavernariu pote derivare anehe Quarnero, che eosi avrebbe signifleato «golfo delle grotte«, »golfo delle caverne*. A)'gelico Prati. *) Carlo Salvioni, Note.relle d i Toponomcintica metsolcina, «Bollettmo Storico della Svizzera Italiana Bellinzona, 1902, p. 67. Di un minlatore capolistriaao della fine del sec. XVII. Giuseppe Caprin, nella parte II della sua opera postuma «L' Istria Nobilissima* stampata a Trieste dallo Stabilimento artistico tipografico G. Caprin — Libreria F. H. Schimpf edi-trice — a pag. 62, riferisee che «Don Giuseppe D'Andri, a nome proprio e dei suoi nipoti, per liberare la sua famiglia da un legato perpetuo, consegnb al Convento (di Capodistria) con atto 18 Giugno 1727 — libri n. dodeci di Carta pecora bellissimi legati in tavola e pelle di prezzo considerabile di Carte in tutti milletrecento settantre per cantar con essi le Messe e Vesperi — Atti e copie di Atti dell'Archivio di iSant' Anna». II Caprin e gli stessi Padri del Convento di S. Anna di Capodistria ritenevano dunque che il D'Andri avesse solamente consegnati al Convento i detti dodici libri corali, ma ignora-vano peraltro cosa di capitale importanza, che cioe i surricor-dati libri fossero stati scritti di pugno del prenominato clona tore Don Giuseppe D'Andri, il quale li abbelli di preziose miniature ali' antica e fregi d' ogni maniera siccome provetto maestro miniatore. Infatti. per cortesia usataci dalla famiglia degli eredi di Giuseppe D'Andri fu Leonardo, abbiamo potuto ispezionare un libro intitolato «Catastico Primo 1720» scritto tutto di mano da Don Giuseppe D'Andri, dal quale abbiamo tratti i documenti che si riferiscono agli antedetti libri e che dimostrano come anche qui in Istria veniva coltivata 1'arte squisita del miniatore. Ebbimo pure occasione di veder custoditi e conservati tuttora in famiglia molti e molti esemplari di manoscritti del nostro D'Andri, il minutario dei Graduali e degli Antifonari surricordati; altre e diverse composizioni di musica a canto fermo; gli stampi in cartone delle lettere majuscole di cui si serviva il paziente miniatore, il ricettario per confezionare ottimo inchiostro nero e rosso e colori d' ogni f. tta; un ma-nuale d' istruzione per miniare, la cassetta perfino e i barattoli dei colori ed i pennelli che adoperava, e non pochi altri lavori in acquerello su carta pecora e in punta di penna sulla seta che dimostrano la somma perizia e la grande pazienza, del bravo sacerdote capodistriano, sul conto del quale abbiamo pur desunto i seguenti dati biografici. Don Giuseppe DAndri, nato in Capodistria nel settembre 1665 da Giov. Battista D'Andri e da Giovanna nata Gervasoni, studio teologia nell'anno 1684 a S. Francesco della . Vigna in Venezia sotto nome di Padre Giov. Battista e addi 21 Novembre 1688 fu ordinato sacerdote in Venezia, celebrando la sua prima Messa a S. Anna in Capodistria il 26 decembre dello stesso anno; usci dali' ordine de' frati M. O. e si fece prete assumendo il nome di Don Giuseppe, e celebro la prima messa da prete in Chiesa a S. Anna nel maržo 1698. Addi 4 agosto 1702 il D'Andri fu accettato per figlio di Chiesa di Santa Maria Mater Domini in Venezia dal R.mo Sigr. Dottor Giov. Pallazzi ed alli 6 del detto mese fu a prender possesso nella detta Chiesa, e col giorno 27 Novembre 1702 fu.eletto arciprete di S. Vin-centi in Istria dalli Ecc.mi Sig.i Pietro e Almoro Grimani di San Luca ed ai 15 decembre dello stesso anno rinuncio l'arci-pretura perche poco abile e perclie non era pae.se per lui. Secondo quanto si rileva dalle sue memorie, il 15 aprile 1703, assunse 1' ufficio di cappellano nella časa deli' Ecc.mo Sig.r Gerolamo Corner Piscopia con obbligo di celebrar la Messa della sua Mansionaria a S. Luca verso il consueto mantenimento e la mercede mensile di ducati quattro ; e ritornato al principio del 1721 cla Venezia a Capodistria vi si stabili detinitivamente, dopo la morte del di lui (come lo nomina) carissimo sopradiletto e amatissimo fratello Pietro, avvenuta addi 29 maggio 1720, per assistere e dirigere la superstite famiglia, rimasta orba del padre, a cui dedico ogni sua cura con particolare affetto ed interesse come egli medesimo si esprime nel suo testamento di data Capodistria 14 aprile 1736 che modifica 1'anteriore steso in Venezia il 24 agosto 1718 e scritto su pergamena. Presa dunque stabile dimora nella sua citta nativa canto la seconda volta la messa novella, dopo 50 anni di sacerdozio, il 2 Febbraio 1739 e qui mori il 1" gennaio 1743 sul settan-tesimo ottavo anno circa di sua vita e fu seppellito ai 2 di gennaio nella tomba di famiglia nella Chiesa di S. Anna. E che il nostro D'Andri fosse realmente maestro dello scrivere tali libri su carta pecora ed imperiale, ali' usanza di mezzo gotico con lettere iniziali in oro fregiate da miniature ali' antica, lo si ha dalla stessa sua dichiarazione tatta in un promemoria diretto ai suoi eredi di časa, col quale avverte di essersi limitato di indicare nel relativo istrumento 18 giugno 1727 il prezzo dei libri come conaiderabile, tenendolo in pub-blico sotto silenzio; ma che lo rendeva noto in privato se mai qualcuno, digiuno delle necessarie cognizioni in tale materia o per malignita, ne dubitasse, e ne faceva un esatto elenco sul contenuto di ciascun libro e sul valore della carta adope-rata e sul prezzo di costo ch' era solito ripetere pel suo lavoro manuale non includendo nel dono ne il prezzo delle miniature ne quello delle lettere d' oro e della legatura in tavola di essi libri ai quali attribuiva il valore in complesso di ben 6518 Lire Venete corrispondenti a Ducati 1086. — Concludeva poi il D'Andri nel suo promemoria con le seguenti testuali parole: «E perche mi dichiaro di dire la pura e real veritk: sappia ognuno che io di questo scrivere son maestro, perche tutto il corso di mia vita sempre ho scritto di tali e consimili libri, e su carta consimile quale si fabrica a Fabriano. Non solo ho scritto per Venetia, dove per il piu di mia vita ho dimorato, che fu da trentasette anni e mezzo in circa, ed ho scritto non solo per il bisogno di tutte le Religioni, ma per tutte le Pa-rochie e Chiese di detta citta: Oltre che per Milano, per ' Chiaravalle di Milano, Piacenza, Montarton, Treviso, Spilim-bergo, Dalmatia, Bossina, Istria et altri Paesi ancora; et in-segnato a scrivere alli P. P. Conventuali dei Frari di Venetia, alli Padri Agustiniani di San Stefano di Venetia, et alli Padri di San Francesco della Vigna pur di Venetia. E cosi per il piu delli sopradetti luochi ho scritto con carattere di mezzo gotico, che tale e il carattere delli detti Dodeci Libri, come pure appare in essi il mio scrivere, e in ogni luoco, et ogn'uno sempre per questo carattere mi ha pagato L. 6 il Foglio. II Carattere poi Romano, che in gran quantita, e per gran paesi ho scritto, lo scrivevo per essere carattere piccolo e piu breve a sole L. 3 il Foglio. Si che resta dichiarato abbastanza il valore delli detti Dodeci libri*. Si e infine rilevato che il paziente sacerdote, mentre tro-vavasi in časa deli' Ecc.mo Sig.r Grirolamo Corner-Piscopia nella contrada S. Luca ed essendo addetto alla Chiesa di Santa Maria Mater Domini e sostituto a San Bartolomeo in Venezia, scrisse altro libro in canto su carta imperiale, contenente tutti gli offici della Religione di S. Francesco. Questo libro, al cui lavoi-o vi attese per ben 17 mesi circa, e di facciate tra scritte e in canto 387; fattolo legare in tavola ricoperta di pelle e assicurata con borchie, angoli e alamari di ottone, venne re-galato il 19 giugno 1707 al monastero di S. Anna in Capodistria con la seguente dediča che porta scritta sul suo frontespizio: In Seraphice Religionis — obsequium — fidelium Religiosorum — obsequia — Cantu piano expressa — per ipsius Sanctorum Missas — et officia — D. Ioseph D'Andri Sacerdos — a Iusti-nopoli — Propria Manu et Amore — scribens — D. D. D. — Anno Comiui MD.CCVI. E qui mettiamo fine a questi nostri cenni, ritenendo che questa nostra povera fatica non riuscira discara a chi s' inte-ressa delle patrie memorie, e siamo sicuri di non aver fatto opera disutile col rivendicare alla publica estimazione la me-moria di un povero e umile prete istriano, il quale ha tra-mandato a noi e ai piii tardi nepoti tanti preziosi tesori del-1' arte grafica da lui cosi amorevolmente coltivata. Capodislria, 10 maržo 1910. Andrea Gianni. II Carli in un epistolario La recente pubblicazione deli' epistolario dei fratelli Verri l) non e certo atta a mettere in buona luce 1' animo dei due milanesi; anzi il carattere loro si delinea con mag-gior precisione di contorni, certe penombre, certe oscurit& che potevano lasciarci in dubbio, svaniscono per dar luogo alla realta nuda, volgare. Per accertarcene leggiamo cio che Alessandro Verri scrive al fratello Pietro sul conto del Carli, divenuto presiclente: «Se il Poeta (parla del Carli) sta in piedi J) «Carteg'g'io tli Pietro e di Alessandro Verri» — Dal 176ti al 1797 — A ciira — di — Francesco Novati e d' Emannele Grejjpi — Milano, Časa ed. L. F. Cogliati, 1910, V. II. un anno e assai. Fin aclesso ha tinito per discreditarsi in tutto, corae autore, come marinaro e come amico; perche a capo di una cosi grande irnpresa potra egli reggersi ? Quella e una testa che si regola con immagini. Si puo ben servire il principe con un cervello tardo. con dei pregiudizi, con un cuore cattivo, perche 1' assiduita alla tatica, 1' attivita e 1' industria possono supplire a questi vizi; ma con una testa calda e vio-lenta, che non sente ragione, e con uno spirito di ciarlatano a quel segno, e impossibile in ogni modo; e per me lo do onoratissimamente rimosso con una aerea promozione a qual-che grado che non signiflcbi nulla. Sai tu che una bestia simile non si e mai veduta! Viene in časa nostra, ed insulta 10 zio nel suo stesso appartamento; ha fatto la fortuna co' tuoi lumi, e ti vuol fare il pedante, ed a noi tutti, con un tuono patetico ed insopportabile per la sua impertinenza; poi finisce col volerti rovesciare. Vada dunque dove lo spingera la sua burrasca, che per me vedro il suo naufragio ad occhi asciutti, te lo giuro. Mi ha, troppo piccato la sua frenetica impostura e la sua ingratitudine* '). Piu tardi Pietro scrive al fratello: "Parte per Vienna il mio manoscritto. «Sic te diva potens*. 11 Presidente ha trattato lo stesso .soggetto; egli ha fatto ve-dere il mondo nuovo; io il mondo vecchio; se il buon senso giudica, sono contento; se saranno altri principi, peggio per essi» '); nel '69 poi afferma che il Carli s'6 servito dei suoi lavori in una discussione alla presenza deli' imperatore: «11 conte Carli fu il primo ad esporre la natura e 1' indole del nostro commercio, e mi ha cominciato a far senso, vedendo che recitava a memoria dei pezzi del mio bilancio, senza farmi un cenno, e voleva comparire egli il precursore che avesse disterrato questi oggetti* :i). Pur troppo i giudizi dei Verri erano dettati da bassa invidia per la carica occupata dal Carli: che ben diverso era il concetto che realmente avevano deli' intelligenza del capo-distriano. Difatti pochi anni prima, nel '62, Pietro giudicava soltanto il Carli giudice competente d' economia politica e, prima di pubblicarle, spediva le proprie opere ali' amico, per- 1) Op. cit. II (141), Roma, 19 agosto 1768. 2) Op. cit. XXV (156), Milano, 1 ottobre 1768. 3) Op. cit. CLXVIII, Milano, 5 luglio 1769. che gliene desse il parere e le criticasse nei punti deboli: «Quando avrete la mia Scrittura vi mandero il prospetto del resto che vado meditando, con questo in mano voi potrete giudicare quali delle vostre nozioni possino (sic) essermi utili; faccio capitale di tutto voi, e per dirvi una schietta verita senza coraplimenti colla cognizione che ho clegli uomini di nessuno al mondo mi fido tanto quanto d i voi» (da una lettera inedita); e nel '63 gli seri veva: «Quello che dite della mia opera mi da coraggio, io vivo con amici ch'io stimo per lo spirito e per i sentimenti; ma di questi nessuno vi e che abbia un genio deciso per le materie pubbliche; Beccaria e disceso dalla sua metaflsica e da' suoi calcoli tirato da me pei piedi per comporre sulle monete in un tempo nel quale čredeva che egli potesse con c:o migliorare il suo destino, appena finita la stampa egli e rimontato alla sua sfera; da cio ne viene ch' io non posso far leggere ad essi la mia opera senza esig-gere (sic) cla essi della compiacenza d' amicizia: altronde la pa ura che alcuno profitti delle mie scoperte e mi porti via il merito di piu di due anni di fatica mi rattiene dal mostrarla ad altri che ad amici provati, percio vi ringrazio mille volte perche mi permettiate ch'io ve la invii». (Da una lettera inedita). I brani delle lettere citate ci fanno conoscere chiara-mente la causa che spinse Pietro Verri a giudicare il Carli inadatto a coprire la carica di presidente. Del suo parere non fu il Firmian, che si servi del Carli nella pubblica amministra-zione per dodici anni. II giudizio d'Alessandro poi non e altro che una concessione momentanea ali' amor fraterno, com'ebbi a scrivere in questa stessa rivista, giacche piu tardi, passato 1' accecamento prodotto dalla passione, riconobbe 1' ingegno non comune del Carli e sottopose alla di lui critica le proprie opere. Non passeranno molti anni che anehe Pietro si ricredera sul conto del Carli, che ebbe attestazioni, non certo interessate, di lode e di stima per 1' opera sua economica e letteraria da Pompeo Neri, dal Firmian, dal Beccaria (cfr. «Pag. Istr.» VII), dal Parini, dal Bettinelli, dal Serassi, dal Maffei, da quasi tutti gli uomini piu intelligenti del suo secolo. Quando saranno pubblicati gli scritti inediti del Carli si conoscera che, se Pietro Verri fu uno dei piu grandi economisti del suo tempo ed ebbe 1' animo aperto ad accogliere ogni utile novita, il Carli, sebbene di tendenze meno moderne, non gli fu inferiore nell' economia politica, lo supero anzi per la vastita della eultura letteraria come attestano 1' opere sne di letteratura, d' archeologia, di filosotia. Un altro merito del Carli e di aver contribuito molto alla diffusione della eultura non solo nella sua patria, ma anehe nel milanese. Mario Udina. T opera e ranima di Giuseppe Revere. (Continuazione,. v. numevo preeedente)* -II. L' anima. Giuseppe Revere ave%7a cominciato con la sicurezza di un conquistatore, Infondere il soffio vitale aH' arte dram matica, la bella fanciulla che gli Italiani piangevano morta, non era stato un sogno in lui, ma un tenace proposito, del cui esito egli non dubitavat affatto. Di qui le parole del vangelo, piene di arcana poteilfea, ch' egli pone in capo ali' ardita pre-fazione del suo Lorenzino. Non eran peranco passati sette anni e il Revere, abbrac-ciato alla recente tomba del padre, implora piu che indulgenza pieta per 1' opera del suo ingegno sflduciato '). Cos' era di particolare in quell' anima perche cosi brtisca-mente precipitasse dali' ebbrezza del trionfo aH' avvilimento e al dubbio di se stessa'? E cosi che il problema della vita psi-chica del poeta triestino s' impone ali o studio di chi voglia — anehe mediocremente — conoscere lo scrittore e 1'artista. ') Ec-co 1'epigrafe che il Kevere premette al Bedmar: Questo drainina — uscito fra lc sollecitndini della vita — e le aseose battaglie del cuore — mesta testimonianza — del mio pensievo immiserito — intitolo — alla pietosa ed indnlgente memoria — di mio padre — sperando dali' Italia mitezza di giiulizio — per un lavoro — ch' io stesso pongo ali' ombra — d' una recente sepoltura. Op. compl. vol. I, pag. 469. E con tanto maggior ragione in quanto, come fu da altri notato, 1' opera letteraria nel Revere — almeno quella che ancora ci resta da esaminare — e impregnata di soggettivismo come forse in pochi altri. * * II fatto psicologico che osserviamo nello scrittore triestino, quando si tolgano alcune circostanze che 1' accompagnarono, e 1' effetto che ebbe su 1' opera artistica, non e ne raro ne straordinario. Anzi e il dramma che quotidianamente si svolge. Allorche un giovane. il quale si levi dali' infinita schiera dei volgari, sta per entrare nel mondo, egli se n' e creato gia uno fittizio. II quale puo essere piu o meno seducente, piu o meno accarezzato, ma quasi sempre si oppone alla realta. Fra questa e il mondo della fantasia nasce aspro conliitto. Insom-ma: o il giovane rinuncia a' sogni e si adagia nella limitata realta, o si chiude in se, misantropo idealista, o in fine attac-cato troppo al mondo esteriore per abbandonarlo e tormentato altresi dallo stimolo interno che lo spigne a non cedere, e con-tinuamente roso dal verme della scontentezza, senza speranza di riuscire a domare il dissidio. II Revere fu di questi ultimi'). Che la nota piu spiccata nel poeta triestino fosse l'idea-lita, cioe a dire ch' egli e nel pensiero e nell' opera si lasciasse guidare da un principio superiore, non* v'ha chi possa metterlo in dubbio *). Anzi un tal concetto deli' arte e della vita doveva essere ben radicato, se giovanissimo vagheggiava nella sua fantasia quel tipo di poeta, puro e perfetto, la cui immagine 4) Cfr. A. Kondani nella Prefazione alle Op. compl. di G. R. vol. I, pag. LXX: Egli eonoseeva tutti e a nessuno meglio che a lui erano manifeste le ingiustizie, alle quali non seppe mai farsi superiore. S' era ritirato dal mondo, ma, dopo esser vissuto nelle cospirazioni, nelle rivo-luzioni, nella letteratura, nel giornalismo, nelle banche, con 1'aristocrazia, eol popolo, doveva pur sempre restare un perfetto uomo di mondo. Non si poteva ritirare come un anacoreta che chiude pietosamente gli oechi sulle iniserie umane. Filosofo pieno di bonta e d' esperienza egli contimio a tenerli aperti non ostaiite il fastidio che gli davano troppi uomini e troppe cose. E il fastidio crebbe e divenne nausea, e lo sdegno e il dis-|irezzo si versarono in flerissime recriminazioni, delle quali ben pochi conobbero 1' origine generosa. 2) V. Op. compl. voT. III, pag. 3iiS (Osiri.de, Lo sculto dud) e pag. 4iy (ibid. Libero come il duol). e tratteggiata con tocchi precisi nella corona di cinque sonetti che troviamo in 'Sdegno ed Affetto'l): O giovane poeta, se nel petto Dio ti piove la impavida scintilla, Che ne' liberi cahtici sfavilla Di chi sente 1' altezza deli' affetto, Fnggi il riso del secol maledetto, Che solo e intento a cio che sa d' argilla; E se la contristata alma vacilla, T ajuta con 1' intrepido intelletto. E ancora: Tesse P inno ali' audace giovanezza Che ne' gorghi dei mondo si periglia, E al sorriso gentil della bellezza Intendimenti liberi consiglia ; Leva la donna a inconsueta altezza, E d' affetti pietosi il sen le ingiglia, Non sogno utopistico delle ore d' ozio; ne vago sospiro ne' momenti di languore, ma quasi ritratto di se stesso era il poeta da lui dipinto, se piu tardi pote confessare: ogni terreno affetto Nell' arpa accolgo, innamorato e pio2) e — precisando il suo ideale e adattanclolo a' tempi — pote dirsi: 'Schietto operaio del pensiero italiano, .... indomabile seguace di quanto čredo onesto e a desiderarsi'3). Dunque un idealismo senza quella morbositA di sentimento o indeterminatezza di" fine '), che provochera poi la reazione violenta del verismo, il quale šara il tormento degli ultimi anni del nostro e gli fara gettare 1' estremo grido di rivolta contro la corruzione del secolo. Sano idealismo anche perche di esso furon compenetrate con mirabile accordo tutte le potenze deli'anima e tutte le manifestazioni del cuore e della volontžt. E in vero spontaneo ») Op. compl. vol. III, pag. 26-30 (Al poeta). 2) Op. compl. vol. III, pag. 71 (Nuovi Sonetti, lnterrogazione). :)) Op. compl. vol. III, pag. 114 (I Nemesii, Prefazione). l) Per la determinatezza deli' idealismo reveriano cfr. Op. compl. vol. III, pag. 29 (Sdegno ed Affetto. Al poeta IV) e pag. 48 (Nuovi Sonetti, La poesia del vero). riflesso ne e tanto 1' amrnirazione sua per Giuseppe Mazzini ') e 1' attivita politica alla stessa piu che alla profonda conside-razione delle circostanze inspirata, quanto il culto della donna2), che lo fece gareggiare co' poeti del dolce stil nuovo, nella maniera dei quali compose anche una serie di sonetti candi-dissimi nel sentimento e sincerissimi nella espressione, che che abbia affermato in contrario 1' acre Rovani. Tutta la vita duro questo predominio dello spirito su la 'realta piccola, ma naturalmente quando il vigor della fantasia vinceva tutto, anche 1' idealismo era piu intenso. 'A quei tempi -r- dira piu tardi — io mandava al vento parole di fede, chie-deva amore generoso e fremente, luce di carmi'3) e rimpian-gera 'le vereconde fantasie della sua giovinezza' l) e, come il ricordo della verde oasi accresce il tormento al pellegrino perduto nel deserto, cosi il Revere nel vano sospirar la felicita sparita sentira piu acerba 1' amarezza del preselite. Ai fantasmi legggiadri chi mi torna De' nostri s ogni, o mio Lorenzo, ai bakli Propositi deli' arte . . . . 5) L' anima del Revere e complessa: ali' elemento idealistico si aggiugne un altro, ben diverso: 1' orgoglio. L' aveva osser-vato gia nel 1838, dunque quando il poeta triestino appena ') Vedi Miirzbaeli op. eit. II Revere apparisee anche sottosciittore deli' appello per la pubblicazione de L' Italia del popolo, giornale deli' as-sociazione nazionale italiana diretto da Giuseppe Mazzini, del quale dal N. 28 (Milano, sabato, 17 giugno 184!si fu gerence responsabile. 2) Op. coinpl. vol. III, pag. 281 (Osiride, Proemio, VIIIi: 'La donna volli sempre incitamento a pensieri fecondi, ne mi cadde inai in capo di toglierle quel velo misterioso, onde la vestirono i canti de' nostri maestri', e altrove, Op. compl. vol. IV, pag. 361 (Trucioli, Aru nova): Non denudai 1'ainor; le membra eburnee De' iniei fantasmi di veli ricinsi, E ali' ansio petto i desiosi aneliti Temprai pudico. Si confrontino infine le pagine piene di vibrante lirisino in Marine e Paesi, Lavagna, IV e V (Op. compl. vol. II, pag. 363-66). 3) Op. compl. vol, II, pag. 175 (Bozzetti alpini, Vercelli IV). 4) Op. coinpl. vol. I, pag. 1 (A Niccolb Tommaseo<). 5) Op. compl. vol. IV, pag. 333 (Trusioli, Iluttij. Si cfr. ancora vol. III, pag. 283 (Osiride, Proemio, VIII): Allora le bugiarde hnpromesse della vita non avevano ancora suscitato una torbida iibecciata, cbe fuggo le mie Nereidi, lasciandomi bagnato come un pulcino a scontar le mie folleggiate speranze. s' apparecchiava alla carriera letteraria, Antonio Madonizza che al conte Prospero Antonini scriveva'): 'Si trova a Milano un Giuseppe Revere, che si dediča allo studio con la piu ar-dente passione. . . . E certo che a molta attitudine e che dove si emendi di alcun imperdonabile difetto, qual sarebbe la scarsa stima inverso altrui e la soverchia di se, potra gustare dolcis-sime compiacenze'. II giovane e conscio della bellezza del suo corpo e piu di quella del suo ingegno, e intensamente se ne compiaoe. C'e del grottesco in quella vanita, che si manifesta nelle bizzarrie, delle quali Raffaello Barbiera2) ci da notizia, o ha sfoghi .che mal convengono a vita dignitosa. E noto che al comparire del Lorenzino, la critica gli fu unani-mamente favorevole. Un sol uorao gli sorse contro. Ma 1' ar-ticolo ostile, per opera del Revere, non comparve J). Bel suo atteggiarsi a innovatore del teatro ho parlato; nel '45 pretese di rigenerare la poesia co' sonetti della raccolta 'Sdegno ed Affetto'4). E' ben vero — e ne diremo nella terza parte — che qualche cosa di nuovo egli porto di fatto alla letteratura del suo tempo. Quello che qui importa rilevare e la sua smania, talora certo eccessiva, di far conoscere i propri meriti. La quale ') (J. Ca pri n, Tempi anclati, pag. 466 (Appendice, la lettera e del / 22 settembre). i s) R. Barbiera, II scilotto della contessa Maffei, Milano, Treves, 1895, j pag. 106-8. Si cfr. Op. coinpl. vol, II, pag. 174 (Bozzetti alp., Vercelli, r IV): Porta Vercellina! La mi vide giovane quella benedetta via ; anzi quel C.rso, come dieono a Milano, fu consapevole de' miei divisamenti; lo passeggiai per lungo e per largo col fumo della gloria letteraria nel cervello. A. RoiuUuii in Op. compl. vol. I, (Prefazione) pag. LXVII. '■<) L' innocente scandaluccio venne rilevato da P. Cominazzi durante la fiera polemica che tra lui, direttore del periodico milanese la 'Farna', e M. Mareelliano, aniico e ammiratore di (L Revere, il quale pubblicava a Torino il 'Trovatore', era scoppiata nel 1855 e duro sino alla morte del secondo dei giornali. Vedi la 'Farna' N. 17, 26 febbraio 1855: Doman-date al signor Revere quanto ha pagato la ristampa di quel namero del Figaro, che conteneva il primo articolo dello scrittore della Farna, allora scrittore del Figam, che solo fra I' abjezione di petulanti cortigiani e di ainici imprudenti osava parlare in verita del Lorenzino, e che fu soppresso ad istigazione deli' autore del dramma, che avea di soppiatto lette le bozze
  • (da stimulus), sulla terra il segno della croce, e precisamente di- ') Vi fece delle importanti ricerche il nostro egregio concittadino dott. Giuseppe Petris, esumando degli oggetti di grande valore storico. s) Nelle adiacenze del castello furono trovate dal sigor Benedetto Moise monete di rame deli' impero romano; una d' argento deli' imperatore Flavio Domiziano, splendidamente conservata, con la segueute iscrizione : IMP CAES DOMITAVG PONT MAX TR P VIII '«= Imperator Caesar Domitianus Augustus Pontifex masimus tribunicia potestate octavus. — IMP XVIII COS XIIII CENS PPP = Imperator XVIII consul XIIII censor pius pater patriae, fu rinvenuta ultimamente nell' interno del bosco al Capo. nanzi la testa china degli animali. Questa verga 6 tenuta in venerazione per la facolta che k di lasciar morto sul colpo qualsiasi rettile che venisse a contatto con essa; e quindi per lui una potente arraa di difesa. II 23 aprile, feata di San Giorgio, e una giornata sacra. Innanzi al chiarir deli' alba il contadino esce di časa con un vasetto d' acqua benedetta e si porta sui prati, ove pascono le sue pecore e i suoi armenti, e hI, nel momento in cui spunta il sole, pregando benedice i suoi animali e 1' erbe dei suoi pascoli. Al tempo della falcia-tura, quando raccoglie abbondante il fieno, rievoca con vanto le fruttuose benedizioni impartite ali' alba di San Giorgio. Oltre a cio questa data a un' altra prerogativa, che probabil-mente trae la sua origine dali' astrologia. Dopo scomparsa dal firmamento la stella mattutina, tutti i venti escono dalle loro spelonche a comune cjmbattimento, e quello che vi resta vittorioso a il predominio durante tutta 1' annata. Se vince Borea i venti del nord soffieranno di sovente e apporteranno siccita, scarsezza di raccolto nell' estate, nevi e danni nei greggi durante 1' inverno; se Austro a la vittoria, predomine-ranno i venti sciroccali con pioggia in abbondanza e ricclii prodotti nella state e prosperita delle mandre nell' inverno. Fra le tante piaghe delle nostre campagne vi e pure 1' invasione delle talpe, che sconvolgono le aiuole del seminato in lungo e in largo e sogliono turbare 1' opera dello zappatore. Ma a cio evvi un rimedio efficace: il contadino gira col carro tirato dai buoi tutto ali' intorno sulla superficie smossa dalle talpe, ed esse non potranno piu attraversare quel tratto di terra, dove il bue lascio le sue pedate. I nostri villici poco si dedicano alla caecia, che ora e diventata un divertimento di lusso per gli agiati; tuttavia vi sono taluni che si prendono questo diletto. Le nostre terre sono ricche di selvaggina varia e pregiata assai. Se il contadino pero, andando alla caccia s' imbatte strada facendo in una donna gravida, tantosto egli fa ritorno a časa sua, che voler far preda in quella giornata, equivarrebbe a pestar 1' acqua nel mortaio I cortili dei nostri villaggi abbondano di variopinti polli e ci presentano talvolta un quadro pittoresco, specie alla mattina, quando vispi, battendo le ali, si affrettano a beccare il grano che la villanella va loro spargendo. Assidue cure ella presta a'suoi animali domestiei e Ii preserva dal malocchio mediante un braudello di panno rosso, attaccato a corna di mon-tone, che subito colpisce la vista di ehi entra nel villaggio. E ovunque, sulle stalle, sui lienili, sui pollai s' innalza questa pezzuola rossa, per scongiurare la jettatura tanto temuta, Oltre ai malvagi, che lo fanno con maliziosi fini, kvvi degli individui che, nati sotto cattiva stella, irapartiscono il «malocchio» in-volontariamente. In tal caso la preghiera liberatrice e breve e senaplice: «San Toramaso, oggi e Natale!» Queste parole bastano per uscir di pena. Di rado, ma pur talvolta avviene, che una gallina imiti perfettamente il canto del gallo. Lugubre e spaventevole ri-suona questo grido fra i casolari, rompendo la quiete della notte e predicendo qualche infortunio. II solo rimedio efflcace consiste nel disfarsi immediatamente di quella bestiola e darla in pasto ai corvi. Al tempo della piu tiorida vegetazione sogliono apparire i bruehi sulle civarie e ne fanno un vero sterminio. A porvi riparo la contadina si strappa uno de' suoi capelli, e legato a questo un bruco, con fare di grande importanza e borbottando certe tormole di preghiera, lo trascina lentamente fuori del seminato. Man mano ch' ella va cio eseguendo, i bruehi rima-nenti si sentono scossi nel loro dannoso lavorio e seguono in breve quello legato al čapello, abbauclonando le aiuole e libe-randole da tanto flagello. Uno strano timore invade gli animi clella rustica famiglia nei giorni di tempora, e cio per varie ragioni. Se in queste giornate sgusciasse dali' uovo qualche pulcino, esso diverrebbe un"gallaccio pericolosissimo e fenomenale, il quale avrebbe la facolta di deporre uova al pari di una chioccia, che, gettate a terra, resisterebbero, senza infrangersi, come se fossero di sasso. Dal terzo uovo nascerebbe un terribile mostro in forma di dragone che prenderebbe dimora nei cavi pedali di quelle querce gigantesehe che s' ergono nei nostri bosehi. Al bian-cheggiar della luna, egli uscirebbe dal suo naseondiglio e si metterebbe in vedetta sulla sommitA della quercia, per lan-ciare ali' intorno i suoi funesti sguardi e colpire qualche inno-cente campagnolo che ritorna alla sua parca mensa. E chi per fa tali ta ne fosse cdlto,' cadrebbe in penosissima malattia, contro cui non varrebbero ne arti, ne consigli. PAG IN E ISTRIANE <«> Dal vespero della vigilia d' (k/nissanti. fino alla sera della commemorazione dei defunti, come pure nelle notti di tempom i trapassati aleggiano per 1'aria in queg'li istessi indumenti in cui fnrono sepolti. Ooluiche nacque in ima di queste giornate lion deve uscir di časa dopo il tramonto del sole, poichS tutto intorno udrebbe il sibilo degli spiriti e il fruscio di vesti; per raaggior sicurezza il contadino, in queste sere, prima di cori-oarsi, fa il segno della croce sulla cenere spenta del focolare. (icontinua) Ignazio Mitis. Prima esposizione provinciale istriana Ci avviciniamo al maggio, mese in cui e stabilita 1' aper-tura della prima esposizione provinciale istriana. L'idea deli'esposizione venuta ad un'accolta di cittadini istriani fu parecchio ventilata e si ebbe infine 1' approvazione generale. Ed infatti perclič non usare di un mezzo eminentemente moderno di farsi conoscere e di apprendere ad un tempo, quali fummo, quali siamo e quali possiamo divenire, ferma-mente decisi di approfittare dei grandi progressi industriali ed economici fatti dai diversi paesi, dalle diverse province, che s' incamminano per la via del loro migKoramento materiale e morale^ ch' e la meta deli'umano pensiero? Fervet opus. Si lavora alacreraente d' ogni parte e qui ancora a preparare in modo conveniente i locali che racchiu-deranno le varie mostre della nostra esposizione. Come abbiamo accennato nelle brevi parole rivolte ai nostri lettori nel primo numero deli' annata, a suo tempo ci occuperemo in particolare, di cii clie ci offrira la nostra mostra. Intanto certi di far cosa gradita ai nostri abbonati, pre-sentiamo loro 1' arco ti ionfale che servira d' ingresso ai locali deli' Esposizione, ideato dali' ing. Renato Kobile, e i dne padi-glioni per lo šport e per la mostra marittima disegnati dal-1' ing. comunale Salvatore Bones. L' esposizione occuperii la piazza del Brolo, la piazzetta S. Giacomo, le soppresse chiese di S, Giacomo, di San Fran-cesco colla rispettiva piazza, di S. Chiara cogli annessi spa-ziosi loeali e cortili, che furono un tempo convento, poi caserma militare, si estendera quindi dalla piazza del Brolo al Carapo dei Cappuccini. fra la Via Combi e la Via Eugenia. La Direzione. BIBLIOGRAFIA • Elda (lianelli: 11 libro del Passato; liriche, Trieste, tipografia Gio-vanni Balestra, edit., 1010. In questo uitido ed elegante vohune che contien forse il meglio della sna produzione poetica, Elda Gianelli appare anche nna volta cio che pochi piu altri sono tra i nostri moderni facitori di versi: lin poeta ex abundantia cordis: un poeta per nativa ricchezza di sentimento, per innata copia di emozioui creatrici. Ed 6 per cio appunto che la nobile poesia di lei indulge cosi poco al cattedratieo, ali' accadeniico, allo stn-diato, a tutti insomma ijiie' compassati e faticosi vizii onde ha conmne-inente biasiino e mala voce la parte piu seria della nostra produzione poetica contemporanea e che sono come 1'orpello deli'aridita e clella vuotezza. Schiva adunque d' ogni sgraziata ed inutile pompa, la strofe della Gianelli procede per i cainpi fioriti deli' imaginazione come la gio-vinetta primavera in succinta vesta per la verzicante canipagna; e qua coglie a volo un arridente fantasma, la s' attarda a ritesser le trame della rimembrauza, piu oltre s' affretta leggera dietro i tenui bagliori del sogno. E lo stile e sempre c^rrispondente alla sincerita del pensiero; e il verso e disposto piu a secondare 1' intiina annonia della frase e della visione che a suonare staccato e per se solo, freddo astro in piu freddo cielo. Avviene di conseguenza che anche nella Gianelli il concetto si distenda assai spesso oltre il verso e'la strofe; cio che solitamente spiace ai cono-scitori superficiali di poesia i quali amano che il periodo granimaticale coincida col periodo ritmico, m a e, in vece, uei poeti, come si suol dire, di razza, un segno nou dubbio d' immediatezza e di freschezza d' ispira-zione; sia ricordato fra tutti il Eoscolo. D' iudole e di spiriti, la poesia di Elda Gianelli e piu dolorosa che lieta, perche cosi vuole la vita, la quale altro non da che il morir lento, ed e continua arresa senza difesa: e perche gli uomini son sempre gli stessi, sempre senza pace in lor cammino, turbe proterve e turbe a capo ehino, e la stella fatal brilla sovr' essi. Non per questo, a ogni modo, consiglia il fatalismo e la rassegnazione ; anzi sprona risolutamente ali' opera e alla lotta, inveendo onesta e flera eontro la poesia che belando e vezzeggiando. assai in signoria le vacue anime tenne. E dali' arte passando alla vita politica e civile, proclama alto le glorie del propugnatore degli ideali di patria e di nazionalita, che (In morte di Felice Venezian) »carini non gia» ma «bellico ardore» dift alla sita terra e 1' opra magnanima perenne de 1' altera difesa e il concitato palpito ; e, mentre 1' insigne trapassato procede «per quel buio che a lui forse e luce«, depone funebri ghirlande sn la sua tomba lagrimata. Con pari abilita versa la Gianelli la materia, se la frase e lecita, del eoncepimento poetico nell' ode di vasto respiro e neH' odicina di tre o quattro strofe, nella canzone libera e nel ferreo italico sonetto, del quale anzi dice assai felicemente la lode (pag. 43); e non c' 6, si puo dire, aggruppamento di versi e verso ch' ella non tenti; e sempre egre-giamente. E si cimenta pur anco al famigerato verso libero, congegnnndo un' ode ove i versi piu belli sono indubbiamente i . . . non liberi e dove e bruciato al su detto piu d' un granellino d' incenso. Ma sono poi elogi procedenti da intimo convincimento? o non piuttosto concessioni cortosi alla moda del giornoV D' accordo, se il verso libero debba esser concepito e fatto come lo concepisce e fa il D'Annunzio, troppo fine e sperimentato artista per prendere e applicare in senso assoluto la tanto vantata libertA del verso; ma come consentire a un verso non regolato da alcuna legge metrica e ritmica? Del resto, gift, 1'espressione verso libero e una contra-dizione in termini. Verso (a per natura qualcosa di vincolato, di astretto a norme prestabilite e flsse; altrimenti, non e piu verso, perchfe inanea alle condizioni prime deli' esser suo; altrimenti, voglia o non voglia, k prosa, per quanto numerosa; e allora tanto vale scriverlo tutto di seguito, anziche in linee lunghe e brevi. Chi non ricorda i Semiritmi del Capuana, primo serio tentafcivo italiano di poesia sciolta da ogni norma, e cio che ne fu detto V Ma torniamo alla Gianelli e ai suoi yersi di stampo classico. C' e in questo (a torto, čredo io, riguardo ali' ideale, al sentimento e alla forma i Libro del Passato un sonetto che ini sembra un vero capolavoro : tanto bene v' k mescolato il reale e il fantastico, con tanta forza di sugge-stione, nella sua semplicissima struttura verhale, esso parla aH' animo del leggitore. Io lo amerei credere composto nel verdissimo solenne parco di Miramar. Eccolo : I cigni Lenti su la verd' acqua, eretto il bianco proteso collo, il capo un po' piegato, vanno i dxie cigni de lo stagno, a fianco, nel silenzio del parco abbaudonato. 6« * PAGINE ISTRIANE Del regal parco da 1' aspetto stanco, dove il peso d' 1111 sogno invan sognato par gravi 1' aere, ove sni fior pur anco sembra nn softio di morte esser passato. ■Vanno i' due cigni pieni di misteri, insieme, lenti. Sembrano avanzare senipre, e son chinsi, solitari alteri, tra b rev i sponde; il lor perenne andare 6 nn perenne ritorno. Entro i lor neri ocehi nn destino sembra sogghignare. Ma, a voler citare, da questo prezioso vohune di versi, non si fhii-rebbe da vero piu. Alle liriehe originali sne soggiunge la Gianelli aleune poche versioni: dal france.se di E. Quinet, di V. Hugo e rti C. Mendes, dal tedesco di E. Heine; e, non c'e che dire, s'addimostra traduttrice esiinia una volta, di piu, massiine, come fu gia osservato, nella versione della seconda parte del Trittico vittorughiano, che veramente pare (tanto e lavoro solido e omogeneo) elaborazione di niatoria propria anziehe interpretazione di prodotto d' altri. A guisa di chiusa la Gianelli ha finalmente raccolto nelle ultime P a gin e del suo libro una intera messe di giudizii c.ritici su la^precedente opera sua poetica. Si ieggono in calce a quelle prose, tutte mirabilmente concordi nella lode, nomi bellissimi; e 11011 pure di connazionali, ma di stranieri. La illustre poetessa ha fatto bene a dar siffatta appendice ai suoi versi: che quelle autorevoli sentenze, se sono anzi tutto i piii legittimi titoli deli'eccellenza e nobiltA dell'arte sua, sono anche. documenti pre-ziosi deli' esser nostro italico e civile. O Q Nel centenario della societa di Minerva: Parla Minerva Dea, versi in dialetto triestino di Riccardo Pitteri: editrice la societa di Minerva; tip. della societa dei tipografi, 1910. L' arte di compor versi vernacoli sembra a tutta prima la piu facile delle arti; ed e. se non la piu difficile, certo una delle piii difficili; qua-lora, beninteso, non ci si accontenti di accozzare come vien viene un prestabilito numero di sillabe e di versi, ma si voglia far della vera e buona poesia. E, a tacer d"altro, ima difflcolta notevole si para iimanzi al poeta dialettale gia al momento di scegliere il linguaggio in cui com-porre. Accetterii egli senz' altro le forme idiomatiche adoperate da lui stesso nel parlar famigliare? fara buon viso a quelle usate dalla sua fantesca? si decidera per quelle che risuonano su le labbra dei ruvido bracciante? La scelta non sara facile davvero; e anche a farla bene si correra sempre il pericolo d' esser tacciati d' insincerita, di sguaiataggine, di affettazione e cosi via. Sottigliezze, dira taluno. Gia, ma tutta la poesia e fatta di tali sottigliezze; e chi non le cura risica, per suo castigo, di partire vie piu che indarno da riva .... Alle fin qui dette circostanze appunto si deve se i veri poeti vernacoli son rari come le mosche biauche. Ora, io non temo di andare errato del tutto se assevero che Trieste n' ha avuto finora un solo : Poli-femoAcca, il povero Giglio Padovan. La successione del quale e ancora aperta, nonostante le buone prove del Piagza e d' altri minori. Ebbene: leggendo quest'ultimo poemetto del Pkjgn, io pensavo : e perche 1' atteso continuator degno del Padovan non dovrebb' essere il poeta di Patria ierraf In lili la sapienza del linguaggio che tiene il giusto mezzo tra il parlar dei salotti e quello delle piazze, in lui la sana allegria e il buon senso plebeo, in lui il frizzo che punge senza offendere, in lui la misura e 1' accorginiento deli' artista provetto. Ci e lecito sperareV E ora che sappiamo con che, eletta tempra di letterato abbianio da fare, esaminiamo un po' piu da vicino g-li arguti inartelliani con cui il Pitteri ha voluto festeggiare il primo centenario della grave e ormai storica societa di Minerva. Per rompere genialmente la serieta e pesan-tezza d' uua commemorazione di quella sorta tutto sarebbe stato poco ali' infuori del sorriso sbrigliato della musa vernacola paesana. II Pitteri 1' ha coinpreso e ha messo le vi ve grazie del dialetto triestino in bocca a Minerva medesima. Che piu far si poteaV Minerva che usa una parlata tra di sessolota e di mrtorela! Ve 1'imagi-nateV No V E allora prendete in mano il candido opuscolo del Pitteri e vedete con che razza di brio e di spigliatezza la dotta figliola di Giove sappia narrare i fatti suoi e... gli altrui, con che olimpica nonche birichina sineerita scopra certi altarini, azzardi certi motti, indaghi, osservi e cri-tichi tutto e tutti. E una gragnuola, uno stormo di cavallette, una delle sette piaghe d'Egitto; e bravo davvero chi riesce a cavarsela con un colpo o due. Ma il peggio si e che non e possibile aversene a male ; tanto e tale e il garbo con cui le botte vengono assestate. E la conclu-sione e che si ride; che si ride largamente, cordialmente, omericameute, facendo (e la sapienza popolare che lo afferma) buon sangue; e che Minerva (cioe il Pitteri) diventa benemerita del nostro flsico benessere.... Preghiamo adunque Riccardo Pitteri di regalarci ancora della poesia vernacola; per il bene del corpo e anche per quello deli' aniina... Ma che dira di questi miei discorsi 1' illustre poeta V il vecio e vero triestin Ciacolou come un passero e magro come. un spin, per stare, alla comica pittura ch' egli stesso fa di se?... Vedo la sua čara e buona imagine paterna sorridermi e crollare il capo in segno di com-patimento... Domenilo Lovisato: Clypeaster Pillai Lov. Estratto dalla Palaeon-tographia italica, Vol. XV, pag. 1-6, Tav. I, Pisa, 1909. Si tratta di un ecliinide fossile raccolto nella Planurgia (Sarclegna) dal chiaro A., il quale ha voluto dedicata la nuova specie al nome glorioso di Leopoldo Pilla, cminente geologo deli' Universita di Pisa, che visse per la scienza e seppe morire gloriosamente per la patria, nel 1848. La classificazione di questo fossile e stata molto controversa. L'e-semplare e passato per le mani di illustri specialisti, geologi e paleon- tologi, come il Cotteau, l'Auxerre, il Gauthier. II primo elassifico 1'echinide per Clgpeaster intermedius, ma la determinazione non convinse TA. E 1'eseinplare peregrino di Universita in Universita e fu oggetto di studio degli altri eminenti scienziati. Le peregrinazioni ebbero per risultato la conferma e la riconferma della primiera classificazione. Nemmeno queste convinsero il Prof. Lovisato, ne 1' autorita indiscussa di i[uegli illustri lo tolse dal dubbio che fossero caduti in errore. Anzi, attribuendo 1' errore al fatto che allora non si vedevano nettissimi tutti i carattefi specifici, si diede con paziente lavoro a liberare il fossile dalla roccia che ancora, qua e 14, 1' avvolgeva. Istitui quindi un accuratissimo studio di compa-razione e sorretto dalla vasta e profonda erudizione, dalla grande pratica acquistata in questo genere di studi e aiutato dalla rieca sua eollezione, riusci ad assodare trattarsi di specie assolutamente imova. La bella, dotta Memoria, ricca di osservazioni, densa di fatti e di dati, adorna di una tavola che riproduce il fossile in grandezza naturale, laseia perfettamente convinti della difficile dimostrazione propostasi dal chiaro a. dott. t. 1. Ricordo di rarii dipinti det Profenmre deli' Accademia veneta di Belle Arti Michelangelo Grigoletti.-— E' questa una nuova pubblicazione del professore Lorenzo ca v. Scliitivi, con cui fa conoseere per mezzo di buone riproduzioni in zincotipia — non posso dire altrettanto deli'unica riproduzione a colori — alcuni quadri del pittore Michelangelo Grigoletti e si diffonde a spiegarne il concetto e ad encomiarne, massimamente per via di citazioni contemporanee, il modo con cui esso e svolto. L' infati-cabile autore con questi suoi «eenni» non ebbe certo l'intenzione di illu-strare storicamente 1' atti vi ta pittorica del Grigoletti, ne di valutarne 1' importanza nello svolgimento della pittura italiana durante il secolo dechnonono, ma gli basta di rieordare coll' affetto d' un amico fedele il pittore bene amato, e dirgli come dopo quarant' anni dalla sua dipartita gli conserva tutta la sua entusiastica ammirazione. Michelangelo Grigoletti, nato a Pordenone nel 1801 e morto a Venezia nel 1870, fu come pittore, figlio del suo tempo ; 1' arte sua 6 quella di cui il Winkelmann era stato il legislatore ed il David il inaestro piu autorevole, passata attra-verso il purismo aceademico dei Nazareni, rituffata nell' aeque benedette del sentimento roinantico. La. precisione del disegno, 1'equilibrio della coinposizione, certo decoro di caratteri e lo scopo, sempre lodevolissimo, non compensa affatto la posa spesso teatrale delle figure, 1' enfasi dei gesti, la poverta deli' inspirazione, la mancanza di moviinento e di pas-sione, il colore dilavato, opaco nella sua levigatezza uniforme, il chiaroscuro arbitrario, la luce fredda e grigia dei luoghi chiusi, cosi che le figure sem-brano piu fantasmi al lume di luna, che corpi solidi alla luce del sole. Gli manca quel rilievo, quella foga di vita e di passione, quel sano rea-lismo, sinceramente oggettivo, quel colore intenso nelle ombre, sfolgorante nella piena luce del sole, che misero nei loro quadri 1' Ussi, 1' Altamura, il Faruffini, il Fracassini e particolarmente Domenico Morelli ingag-giando cosi un' aspra lotta contro il convenzionalismo aceademico per inostrare come andava concepito e trattato il quadro storico. Con cio non voglio dire che 1' opuscolo del prof. Schiavi sia inutile; anzitutto meritano attenzione le notizie che egli ci da intorno a parecchie opere del Grigo-letti, poi e bello vedere come c'e ancora chi parla con sincera ammira-zione degli illustri di ieri, non del tutto oggi gi usta m en te dimenticati, ecl infine esso ci dimostra quanta strada ha fatto 1' arte — lasciamo se sempre in avanti, od anche qualche volta indietro — in niezzo secolo di vita, tra seduzioni, errori ed esperimenti d' ogni sorta, e come profonda-mente mutati sieno i coucetti a cui essa ai nostri giorni s' inspira, ecl i principi coi quali la critica ne illustra ed apprezza le opere. in. NOTIZIE E PLBBLICAZIONI. * NelVIndice delle materie deli' annata VII fu per svista omesso a pag. V: Pasdera Arturo: Alessandro Vittoria, p. 126-130. & Avvertiaino i nostri collaboratori ed amici che intendono di inviarci manoscritti per il nmnero straordinario, che attenderemo fino ai 10 aprile, purchfe abbian la gentilezza di renderci avve.rtiti a tempo. Nel numero 13 febbraio 1910 del Marzocco, Enrico Corradiiii dice le impressioni d' un suo recente periplo lungo il littorale istriano. La parola serena e simpatica di questo genialissimo artefice di storie e di drammi — fondatore (ci piace ricordarlo) e, primo direttore deli' impor-tante foglio florentino — ci ha commosso vivamente; e. noi lo ringraziamo, come si ringrazia d' un beneflzio, con quell' anima franca che e, nell'indole nostra, naliva. Ci auguriamo che, in un' altra sua venuta, non lasci di vedere anche la nostra Capodistria — 1' antiea Egida di Girolamo Muzio, la «gemma del mare» cantata da Giosue Carducci, che la visi to nel luglio del 187S; citta sopra tutte 1'altre veneziana, nell' iispetto e nell' animai fin da quando, il 5 febbraio 1274, Marino Morosini 1' ebbe congiunta con la sorella delle lagune —; la quale si prepara al grande avvenimento, primo in queste terre, del V Esposizione provivciale islriana, che durera dal maggio al settembre. Firenze, li! febbraio 1910. A. P. « Leggiamo nella «Rassegna d' arte Senese» (anno V, fasc. III): Nelie «Pagine Istriane» (luglio 1909) si legge un notevole articolo di Arturo Pasdera sul Palio di Siena. L'A. rileva come tutta la festa s' adagia anche oggi su la sua base primitiva essenzialmente religiosa, e aggiunge che qualchecosa di simile, tanto nei cafatteri foudnmentali, quanto nel-1' interno organizzamento ufiiciale, troviamo nei caratteri e nelle disposi-zioni delle antiche feste dionisie dei demi di Atene. L'A. dice «che nessuno ormai saprebbe risalire alle origini delle corporazioni demotiche che ser-bano il nome di Contrade, e, che sono 1' anima di tutta cotesta eortologia ; forse esse si dissimulano in una qualche metamorfosi di antiche maestranze di arti e di compagnie di guerra, sperdute nel buio stesso che avvolge le origini repubblicane della fosca citta dei sogni». m Nel primo fascicolo 1910 &elVArchivum franciscanum historicum il P. Lodovico Ventura incomincia la pubblicazione d' un suo studio su Giambattista Vico e le sue relazioni coi Francescani. % Rendiamo attenti gli studiosi d' arte ad un articolo del P. Andrea Corna intorno a Le pitture dei fratelli Citmpi di Cremona in S. Maria di Campagna e la loro distruzione, eomparso nel primo fascicolo 1910 del Bollcttino stmico piacentino, e ad una nota di Giuseppe Biadego intorno a Pisanus pictor negli Alti del R. lstituto veneto di scienze, lettere ed arti (LXIX, 2 a disp.). * La Rivista di Roma pubblicn in due numeri del gennaio 1910 la splendida novella di Giulio Caprin, vincitore del concorso da essa in-detto, intitolata II martire d'Arjnileia. In un articolo intitolato Aguileja, seine Basilika und die neuen archiiologitichen Entdeckungen i Aquileia, la sua basilica e le nuove scoperte archeologiche) Leone Planissig presenta ed illustra gli interessanti scavi d'Aquileia ai lettori della rivista tedesca Adria. Nel Fanfulla del 20 febbraio leggiamo un articolo del nostro collaboratore A. Pilot: Elogio del campanile di Venezia. Hajdee (Ida Finzi) lesse, applauditissima, delle sue poesie al Circolo tilologico di Venezia. « Tenne a Pola una brillante conferenza sulle Fonti di Clitumno il nostro collaboratore prof. dott. Leone Volpis. * A Trieste ed a Gorizia parlo con la profonda dottrina che gli e propria il prof. dott. Ferdinando Pasini sui poeta isolano Besenghi degli Ughi. Zu-olf Bilder aus Istrien (Dodici vignette dali' Istria) e intitolato un bel calendario pel 1910 edito con ottimo gusto e con lusso squisito da Moriz Frisch (Vienna - Goldschmiedgasse 10 Eisgriiblhaus). -S Auguriamo la miglior fortuna al confratello Forum Julii, che vide la luce nel maržo a Gorizia. Nel primo numero troviamo uno studio del nostro collaboratore Ugo Pellis suli' Epitesi nel friulano ed uno del nostro Italo Sennio sulle Arti belle nel Friidi. * Nel Marzocco (li), 20, 27 febbr.) Eurico Corradini tratta con grande amore deile condizioni degli italiani nella Venezia Giulia e nella Dalmazia in tre articoli dal titolo Nel mare deli'Aquila e del Leone. -Nel numero del 20 febbr. leggesi inoltre 11 misticismo del Seganiini di Angelo Orrieto e La riforma deli' alfabelo di E. (i. Parodi. — Nel N. del (i maržo Attilio Mori parla del nuovo censimento e la toponomaslica italiana e E. (t. Parodi su De iSanetis. iženzo^ intitolasl un balletto istriano in 2 parti (5 quadri) di Cavlo Baxa. II ricavato di questo opuscolo andra a totale vantaggio d' un fondo per 1' esplorazione della Foiba di Pisino. » La Societa degli escursionisti istriani Monte Maggiore esplica in tutta 1' Istria un' alacre attivita. Si fece ora coniare il distintivo sociale, riuscito veramente bene. Vendesi presso i singoli consolati. Oiuliano Tessari editore e redattore rcspunsabile. Stab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.