Anno VIL Capopistria, Aprile-Maggio 1909 n. 4-5 PAGINE ISTRIAf® PERIODICO MENSILE * ' Nesazio ed Epulo nel drcimmci Epulo, re degli Istri, tragedia di Antonio Albertini. Epulo, re degli Istri, tragedia - corredata di note isjoriehe, fu pubblicata a Venezia nel 1827 dal tipografo Francesco Andreola in un libretto di 142 pagine, senza nome d'autore. E stampato con gran decoro di earta e di tipi, mentre I 'Epulo del Federici era una smilza edizione da libraio specu-latore. Lo stesso contrasto delle edizioni si ripete nelle due opere. Quanto 6 affrettato e turaultuario 1 'Epulo del Federici, altrettanto ponderato e 1 ima to e quello deli'Albertini; nel primo noncuranza di improvvisazione, nel secondo ostentazione di ricerche erudite; questo e un lavoro paziente e freddo di ta-volino, quello pare nato alla luce falsa ma vivace della ribalta, II primo rivela la sicurezza del mestiere, il secondo raostra d' essere il passatempo d' un coscienzioso dilettante. Antonio Albertini fu compreso da Emilio de Tipaldo tra i suoi Italiani iUustri (vol. IV. pagg. 480-482); la biografia appare desunta da quel che ne scrisse Gian Iacopo Fontana nell'Esan\e ragionato degli studii e le opere edite e inedite di A. Albertini'). Antonio Albertini naeque in Parenzo il 2 aprile del 177G da Francesco e da Maddalena Mainenti. Apprese gli elementi deli'istruzione nel convento dei Domenicani e, benche i suoi genitori fossero di povera condizione, pote attendere agli studi della giurisprudenza: con 1'ingegno sveglio e pronto percorse molto onorevolmente la carriera degli ufflci giudiziari. Vi entro gia nel luglio del 1792, come assistente poi vice-cancelliere civile al tribunale di Parenzo; fu quindi promosso a primo ') Venezia, Molinari, 1830. cancelliere votante eol titolo di giudice (1803), poi ad assessore anziano del giudizio eriminale (1807) e da ultimo a cancelliere presso la corte civile e eriminale deli'Istria, dimorando a Pa-renzo sino al 1819, tpiando fu trasferito a Venezia in qualita di assessore del tribunale d'appello generale. Abbandono l'uf-ficio eol titolo cli consigliere e si ritiro a vita privata per at-tendere agli studi prediletti; mori annegato, 1' 8 febbraio del 1836, nel canal grande di Venezia, essendo per accidente caduto nell' acqua dal pontile al traghetto clel Leon bianco. Compose un' importante opera sui diritto civile, vigente nelle prorincie lonihardo-venete, stampata a Venezia negli aoni 1824-1834; altre opere di giurisprudenza lascio inedite, tra altro una monografla sui rustici deli'Istria meridionale, ossia ricerche slorico-giuridiche diretfe a scoprire le cagioni dei freguenti delitti di rapina in quella provincia. Ma la parte maggiore, se non piu pregiata e duratura della sua produzione, appartiene alle lettere, delle quali fu coscienzioso e fervido cultore. Si provo, certo per esercizio, a tradurre dal latino, e molti versi compose cli suo, pubblicandoli per le raccolte o in occasione di nozze, tra altro un inno ali' eternita e un poe-metto per V imeneo di Napoleone con Maria Luigia (Capodistria, Tosi, 1810). Ma la sua ambizione tu il teatro, e piu spe-cialmente la tragedia; che oltre ali'Epulo, pubblico nelPanno 1819 una tragedia Ettore, e tre altre ne lascio inedite, Mirza 4), Cleopatra ed Atala, quest,' ultima piu volte rappresentata nel 1807, secondo la testimonianza del suo biografo; ma anche della teoria della tragedia fu studioso se lasci6, inedite, alcune osservazioni sulla Erisiadi Lampugnano di Carlo Angiolini-'). Alla tragedia e premessa, nella stampa, una lettera di »Giambattista Ranzanici veneto», con la (piale questi a nome dell'autore che non vuol esser nominato3!, la intitola «all'egregio 1 Foi-se non i\ se 11011 la tragedia Epulo, piu opportunainente iuti-tolata dal persoiiagg-io centrale deli' azioue. 5) Dell' Albertini parla anche il can. Pietro Stancovich nelle sue Xotizie degli Istriani viventi nel 1829 (Parenzo, Coana, 1834). A lui senza dubbio appartiene il franimento anoniino d' un' ode piudarica sui monu-menti di Pola riportato 111 chiusa delle note storiche che illustrano 1'Epulo. 3 Scrive il Ranzanici: «Sia modestia, sia diffidenza di se medesimo, o forse amore della pace per non entrare in lizze letterarie; sieno pur anche altre ragioni piu recondite che lo abbiano deterniinato a rimaner-sene occulto, io profitto ben volentieri del suo beneplaeito, ed indirizzo signor marchese Francesco Polesini d'Istria*. Francesco della nobil faraiglia dei marchesi Polesini, tu flglio di Gian Paolo Sereno (1730 1829), che illustro grandemente la sua famiglia') con il pregio della cortesia e della cultura assieme al fratello, il vescovo Francesco (1727-1819). Gian Paolo3) fu presidente del tribunale giudiziario che aveva sede in Parenzo, e quindi ebbe come proprio sottoposto 1'Albertini; ma, per quanto man-chino notizie esplicite, non e improbabile che questi avesse, sin dali' epoca dei suoi studi, obblighi di aiuti, di consigli e di protezione ai due fratelli Polesini. Forse il marchese Gian Paolo affido il proprio flglio Francesco per qualche insegna-raento ali'Albertini e si interesso anche ai tentativi letterari del suo dipendeute *). La tragedia e dedicata, come s' e visto, non al padre, bensi a Francesco che, nato a Parenzo il 23 dicembre del 1782, non uguaglio il padre nella farna degli studi, bensi ne imito 1' esempio deli' acquistarsi la tiducia dei propri concittadini che lo sollevarono ali' urficio di presidente della dieta, e in questa carica egli mori nell'anno 187.3. Antonio Albertini conosceva la tragedia del Federici, ed anzi io penso che si proponesse nell' animo suo di trattare degnamente quel soggetto .che stimava fosse stato dali'altro sciupato; giudicando «commendevole impresa per 1'alto scopo a cui mira, e pel glorioso etfetto che ne consegue, di far quasi proprie le gesta degli antenati e di alimentare il nazio-nale orgoglio nella esaltazione del suo primitivo splendore*. quest' opera a Voi, egregio Signor Marehese, che per quanto so deste alla medesima energ-ico impulso; a Voi che nato da famiglia antica e grande deli'Istria, e fornito di coltura ed amore per le arti belle, discendete inoltre da un personaggio molto conosciuto nella repubblica delle lettere*- ') Sulla nobil famiglia dei marchesi Polesini vedi maggiori notizie nelio studio del prof. Luigi Morteani intorno la Stori a di Mcmiona. inserito nell'Archeografo triestino vol. XIX (1891), soprattutto a pagg. 424-427, e 1' unito albero genealogico. *) Vedine la biografia in Pielro Stancovich, Biografa degli uomini distinti deli' Istria (Capodistria, Priora, 1888), pagg. 360-363. 3) Non voglio dimenticare che il marchese Gian Paolo era un appas-sionato raccoglitore di libri. Nella sua libreria pote aver accesso 1'Albertini; 1'opera del Carli sulle Anlichi a italiche che gli appartenne ed ora fa parte della biblioteca dei marchesi Benedetto e Giorgio Polesini, alla cui gentilezza devo di averla potuta vedere, appare molto consultata e interfogliata di frequent,i segnapagine nelle parti o ve si tratta degli antichi Istri. PAGINE I STR I AN K E, per vero, Giambattista Ranzanici nella lettera dedicatoria sottopone il componimento ad una specie di esame elogiativo, eontrappouendolo al lavoro del Federici, nel quale diee che »havvi i|iialehe colpo di scena, e qualclie concetto energico, ma nč il verso ne il dialogo spirano generalmente tragica dignita, e se la storia vi t'u per ogni conto violata, il earattere di Epulo non e meno difforme dal vero,........ e sempre incoe- rente». E piu giti: «L'azione segue negli accampamenti Romani presso Nesazio, ed i vi convengono a vicenda con libero accesso i Romani e gl' Istri, anche nei momenti di gnerra attuale e di strage, nei quali Epulo, abbandonando le sue truppe, perde il tempo in un soliloquio». E si comprende facilmente che queste critiche negative rispecchiano i criteri positivi che l'AI-bertini si propose, ma non seppe osservare. Piu accurata e la verseggiatura, ma non direi piu efficace; il dialogo poi non e punto tragico, anzi il tono e cosi dimesso c casalingo da attagliarsi assai meglio ai personaggi d' una commedia. Si deve pero riconoscergli un maggior desiderio di rispet-tare la fedelta storica e soprattutto una maggiore cura di sfruttare la narrazione liviana. Anzi della sua erudizionc egli si compiace di fare pompa, citando parecchi libri e aggiun-gendo note storiche. C' e in lui persino il tentativo della rico-struzione storica e artistica deli'ambiente; cosi descrive la scena della tragedia: «Vas ta sala nel eastello di Nesazio, so-stenuta da colonne di vario ordine, con piu ingressi e diverse armi, come lancie, aste e mazze sospese alle pareti. Sedili al-l'intorno senz'appoggio, coperti da pelli di animali. Padiglione reale a drit.ta, e sotto questo un sedile in forma di tripode, a sinistra in fondo magnifico arco con gradinata visibile, per cui si discende nelFantro di Ecate». Ma ne riesce, come si vede, uno scenario mezzo medioevale e mezzo barbarico, con qualche elemento classico, tale insomma che lo scenografe potesse far pompa del solito armamentario melodrammatico. Alla didascalia va poi aggiunta la seguente nota : »Indicata gia la scena del-1'azione, diremo che il vestiario degl'interloeutori non Romani dovrebbe imitare il costume Greco-barbaro, giacche 1' Illiria dividevasi nelle dne parti, greca e barbara. nell'ultima delle quali veniva compresa 1' Istria. I soldati dovrebbero essere armati di lunghe aste. e gli elmi configurare il capo di cpialche animale, come suolevasi presso i Galli primitivi. uso poscia qualche volta adottato da' Romani. L' ant.ica tamiglia dei Mar-chesi Polesini abitanti in Parenzo possiede un dipinto, che rappresenta antichissimo personaggio di quelle contrade; egli e coperto d' una veste bianca di lana, orlata di pelli e distesa insinu al ginocchio: una faseia gli cinge i lornbi, ed una ber-retta rossa ed ampia, sovrastata dalFelmo, gli sta sul capo l>. Ma i)iir avendo sfruttata la storia come meglio sapeva. anche 1'Albert.ini si trovo ad a vere una azione cosi smilza, che, pur non approvando il procedimento del Federici, dovette immaginare o, per dir piu esatto, scegliersi uivazione fantastica che desse una certa consistenza alla tragedia, ed anclie in questa scelta non sa sottrarsi aH'involontaria dipendenza dal Federici, al quale e pur sua intenzione di c-ontrapporsi. Nella tragedia del Federici c' e un istro innamorato d' una Romana che, in sul principio, e pero creduta istra lei pure; da questo spunto e facile il passaggio al motivo che 1'Albertini introduce nel suo eomponimento. cioe quello della donna innamorata del nemico della sua nazione e della sua tamiglia, e che egli non ebbe bisogno di andar ad attingere al racconto mitologico di Issipile amata e ingannata da Giasone o alTepisodio romano della Orazia sposa del Ouriazio, o alla tragedia shakespiriaua di liomeo e Giulietta o finalmente alla tragedia foscoliana di Ricciarda, bensi egli pote piu comodamente desumere dal melodramma eroico in dne atti di Felice Romani, La tacerdo-/ma d'Ir,ninsul, musicato da Giovanni Pacini e rappresentato a Trieste nel 1817. In questo melodramma Romilda, figlia del grande sacerdote Sennone, benche sacerdotessa lei pure, e innamorata del franco Ruggiero, che e prigioniero dei sassoni ed essa tenta di far fuggire; scoperti vengono condannati a morte, ma i Francih che sopravvengono vincitori, li salvano 4) II tfiiadro non esiste piu nella famiglia dei. marchesi Polesini. r) Anehe la Norma, composta da Felice Romani e musicata da Vin-cenzo Bellini C1832), benchfe desunta piu direttamente dali' omonima tragedia di Louniet e Belmontet, rappresentata nel 1831 ali' Odeon di Parigi, risale alla Sacerdotessa d' Irminsid; pero in questa non e'e un vero dramma, invece nella Xorma e' e il vivo eontrasto della gelosia e del-1'amore. Anche nelVAida 1'azione fantastica, che bal za su da un o sfondo, storicamente ed anche geograficamente fedele, deriva dalla stessa fonte. Aggiungo, a titolo di curiosita, che lo scrittore svizzero A. Ribaus \ olendo derivare da un fatto storico il suo dramma patriottico Divico, rappresentato nel teatro en plein air di Bevaix (Neuchatel) nel settembre del 1908, intreccio aH' episodio storico un dramma d' aniore simile alle azioni sinora esaminate. ta La scena 6 a Nesazio. Quando la tragedia comincia, i Romani hanno deviato il fiume (che viene identificato con 1'Arsa), il quaie scorreva intorno alla citta, e in questo modo hanno privato Nesazio deli' acqua e della difesa. Epulo, insofferente del lungo assedio e della nuova cala-mita, rnedita una sortita. Ma Ifldo, suo giovane guerriero, chiede per sfe 1' onore di capitanare 1'audace schiera; e il re di Nesazio soddisfacendo alla sua do man d a, se ne ni ostra anzi tanto contento che gli offre in isposa la propria figlia Mirza, che il giovane dal canto suo occultamente amava senza aver mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno. L'arrivo del romano Marcello e la conseguente confidenza che Mirza fa al vecchio servo cui la aveva raccomandata la madre morente (strana trasformazione della classica nutrice!), ci offrono subito Toccasione di conoscere 1'azione che forma, a cosi dire, il ripieno della tragedia albertiniana. Ascoltiamo Mirza che racconta il suo amore; cosi avremo anche un saggio dei versi e della locuzione (atto L scena VI). Nelle valli Di Sestiliano dopo atroce pugna Avernmo tregua, tal che ognun potea Da insidia o agguato ostil vagar sicitro Liberamente. Curiosa brama ......a visitar mi spinse II tempio e la toresta, oltre il Timavo A Diomede sacri, e a quelli venni Con doppie fide scorte, ma le piante Non guari io posi entro il dehibro atigusto, Che a me dinanzi si mostro Marcello Leggiadramente ornato: oh! quanti oinaggi, Tenero, ei rni rendea! non tanti certo Giammai ne ottenne di queU' are il mirne, Come le mie sembianze, e 1' orgoglioso Aspetto mio lodava: oh! con qttai modi, Ignoti a noi, qnesti romani audaci Trovan le vie del eor! Lassa ! che dirti'? Arsi da quell' istante, e amor promisi A lui, che amor cbiedeami, e il cielo intese I mutui ginramenti...... Oltre sei lune Trascorser poscia e in duol profondo immersa Pace non ebbi piit. Come si vede, siamo in piena commedia, e dinanzi alla grottesca concezione del mondo romano e della guerra istriana che risulta dallo svolgimento ulteriore della tragedia, sarebbe prenderla troppo sul seri o 1' appimtare tutte le assnrdita sto-riche ed archeologiche. L' azione decade, si assottiglia e si esaurisce in una specie di duetto amoroso che di tragico non ha se non la pretesa; e il povero re Epulo, da protagonista che dovrebbe essere, diventa un intruso, un ingombro inutile. Ormai la difesa di Nesazio ha un pošto secondario, o, per lo meno, parrebbe che dipenda dal mat rim o ni o di Mirza. Essa, si capisce, vuol rimanere fedele a Marcello, eppero arriva a pregare Iftdo di rinunciare a lei; e il giovane, da vero inna-morato romantico, soffoca il proprio amore e dichiara ad Epulo di non volerla piu. Ma Epulo, comprende il sacrificio e vuole che il matriinonio avvenga subito; proprio in quel momento i Romani imprendono 1' assalto definitivo. Alla fine del terzo atto Nesazio e gia caduta; per tirare avanti sino al quinto, l'Albertini e costretto di violare la storia proprio in quello che essa ha di piu eroico e tragico; la morte di Epulo tra le flamme della citta espugnata. In quella vece si continua a trattare del matriinonio di Mirza; Ifido giura a Marcello di rinunciare ali' amore di lei, p ur che egli conceda salva la vita ad Epulo, il quale e vivo e nascosto in un luogo sconosciuto ai Romani. Per due att,i, il quarto e il quinto, Mirza tenteuna tra 1' obbeclienza al padre e 1' amore di Marcello ; ma Epulo, da ultimo, la costringe a giurare eterno odio ai Romani e, sorpreso dai nemici nel suo naseondiglio, si uccide. Per V Epulo, un parentino, Gabriele') Opplanicli, figlio di Girolamo, morto a diciannove anni nel 1824, scrisse un com-ponimento poetico del quale non rimangono se 11011 due versi: K oguun vedri meravigliando allora Quai fnro gl'Istri, e quai pur sono aneora. Ma, pubblicata la tragedia, ben cliverso, e ah ime piu giusto giudizio dava Pasquale Besenghi degli Uglii in certe sue con-cise e drastiche noterelle (1830): «....Per ultima sua disgrazia il povero Epulo ebbe a soffrire novello strazio da chi a questi giorni il prese a soggetto di tragedia«, e in altro luogo: «Bei *) Non Girolamo, come scrive il Ranzanici. Confronta anehe P. Stancovicli, op. ci t., pagg. 355-356. frutti rec6 il Ten te o leac/ien del Carli! Epu In! ecc. Erizia del fratello ')». Quel che Antonio Albertini possa aver attinto al Carli e che teoria estetica abbia scguito per la sua tragedia. sarebbe difficile a dire; o; meglio, e facile coneludere che non ne segui alcuno, e piutto.sto si laseio trasportare alla deriva dagli esernpi della trionfante opera in ninsica. Melodrammaticameiite farra-ginosa 6 la inessa in scena; melodrainmatiea e, ad esempio, la prima scena deli'atto terzo che il eompiaeente amico mette in rilievo tra le altre, quando Epulo convoca i grandi del regno e li interroga del loro consiglio, ed essi gridano: gnerra ! Non ci manca che il coro e il frastuono della grancassa e delle trombe. Dei due generi drammatici, che consentono anzi vogliono un soggetto storico, la tragedia e il melodramma, 1'Albertini avea sc-elto la prima. ma senza aeeorgersene era scivolato nel seeondo *). icontinua) Attilio Gentille. I Rumeni nel territorio di Saini li villaggio di Saini nonehe tutte le localita sparse e di-pendenti nei riguardi religiosi dalla cappellania omonima ap-partenente alla parrocchia di Barbana. seppelliseono i loro raorti in un vecchio cimitero collocato alla distanza di due chilometri da Saini in direzione di NE, nelle vieinanze dei casali di Schittazza, vicino al confine del comune censuario di Golzana. II sacro recinto ha forma qnadrata ed e comple-tamente isolato. M Vedi Giovanni Quarantolto. Itieerche e studi intonio a I'asqiiale Besenghi degli Ughi in Annuario del Ginnasio-recile pror. di Pisino, a. scol. 1907-1908. pagg. 6 e 18. *) Quando il fascicolo sta per uscire, 1' egregio signor Giorgio de Favento, di Capodistria, gentilmente mi informa ehe possiede nella sua biblioteca una eopia del libro deli'Albertini con la seguente annotazione in prima pagina : «Capodistria 21 gennaio 1828. Osservate le correzioni si permette la recita. Fayenz C. D.» e il timbro d'ufficio. Donde risulta che la tragedia fu certamente anche rappresentata. Per motivi di servizio io visitai parecchie volte quel cimitero e devo anche confessare che un paio di volte cio avvenne perche ebbe a sembrarmi non poco strano, che a differenza di quanto avviene dappertutto, esso abbia a trovarsi a distanza relativamente grande dalla chiesa cappellaniale. La carta di stato maggiore al 75.000, segna in quel sito una chiesa, che non esiste piu e che fu dedicata a S. Saba. diruta da parecchi decenni, com'ebbi a rilevare dai villici di cola. Pensai tosto che il luogo in tempi anteriori debba aver avuto una certa importanza e mi occupai della questione il meglio che potei e riescii a rilevare quanto segue: Le localita attuali di Saini e di Schittazza risiedono lungo una strada campestre decorrente in linea parallela alla distanza di circa un chilometro dali'antica strada romana che da Digna.no conduceva a Golzana e proseguiva a Peclena, toccando il castelliere di Terli, la villa di Orehi e ad oriente di Golzana recchia proseguendo con un ramo verso la valle (VArsa. per ascendere indi la costiera d'Albona. Nel tempo stesso che codesta via rendeva facili le comunicazioni fra Pola ed Albona, dali' altro canto facilitava i passaggi fra 1 'Albonese ed i territorii posti ad occidente della valle dell'Arsa. Nella prima meta del secolo XIII 1' irruzione tartara spinse nelle isole del Quarnero e da queste in Istria molto famiglie di Rumeni della Bosnia che d' antico stanziavano fra i fiumi Unna e Verbas. Parecchie famiglie soffermaronsi nel-1'Albonese (nel 1248); altre passarono 1'Arsa, collocandosi nel territorio di Momorano. Altre invece percorrendo la via prima indicata, attraversata 1' Arsa ed il territorio di Golzana, fer-maronsi sulle alture poste su quello compreso fra i confini deli'antico agro colonico romano di Pola ed il comune di Golzana. Quel territorio non era in quel tempo privo d' abitanti, perche popolazioni slave aveano gia nei primordii del secolo dodicesimo oceupata tutta la eampagna del Barbanese e di Golzana e di certo s' erano estese anche cola. Esse s' ernno |)oste alle dipendenze di due piccole abbazie, una situata sulle alture di Globotaz, ove ora si trova il villaggio di Bicici al titolo di S. Martino, I' altra vicino agli attuali casali di Schittazza al titolo di A Basso. La vicinanza ali' abbazia di S. Vineenzo che fu distinta, puo far pensare che quelle di & Martino e di S. Ikisso fossero alle sue dipendenze. L' epoca della loro erezione & ignota; ne di certo sara stata anteriore al 1000, come avvenne delle principal: residenze dei Benedet-tini in Istria, al qual' ordine esse di certo appartennero. E ignoto altresl il modo della loro erezione. Pervenuti i Rumeni su qnelle alture, soffermaronsi eola, aceolti non troppo favorevolmente dai vecchi abitanti, che affibbiarono loro il nomignolo di vagabondi e di ni d o d i ra-gabondi al sito ove posero le loro sedi. Perche Schittazzci o slavamente Shitača deriva dalla voce Shitati che vuol dire andar vagando, girandolando, come pure Skitač o Shitalac significa vagabondo e Skitačina vagabondaggio; allusione al peregrinaggio dei Rumeni dinanzi agli orrori tartari. Pero sembra che essi avessero pošto piede sicuro e stabile, nel luogo prescelto, perche le traccie rumene presentansi marcate molto bene nel secolo XIV, sicche anche il nome cli Scbittazza dato alla localiti dai vicini slavi pote nel suo significato rumeno trovare interpretazione corrispondente alla dimora divenuta loro gradita. Perclie Scliittazza ha nell' idioma romanico simile il termine Schitučiu ehe vuol dire allegro, ridente. S. Martino trovasi al contine deli' agro colonico di Pola romana e ritengo al sito d' un tempietto di Marte pošto a guardia del confine. Rovine d' euifizii coperti dal suolo trovansi attorno alla chiesa, posta sopra un'altura. Le popolazioni ro-maniche occuparono anche quella posizione e forse 1' attuale villaggio di Bicici appartenne loro. Nel secolo XIV quell'altura si chiamava Globo ta s, che si in slavo nonche in rumeno, si-gniticherebbe cima delle multe; allusione forse a gabelle che si pagavano in quel sito, collocato sul punto ove la strada romana usciva dali'agro colonico, per condurre verso Peclena. Traccie sieure di romanita esistono nel secolo XIV, sicche si puo dedurre che in quel secolo non fossersi estinte le famiglic rumene importate nel 1200. Quel clocumento famoso pubblicato nell'Archeografo trie-stino serie nuova vol. XI, riflettente un atto di perambulazione di confini, che e — come sembra accertato — una sofistica-zione, contiene pero delle notizie tratte da documenti che di certo esistettero. Fra queste per 1' argomento cla me trattato e di sommo interesse 1'esposizione della perambulazione av-venuta nel 1325 al confine fra Barbana. Sanvincenli e Golzana. La commissione toeco in primo luogo il confine fra il Barbanese, Dignano e Sanvincenti nel terreno detto Satcha della Abbatia della Gesia de San Martin della Cima de Glo-botaz e poi prosegui verso i conflni cli Golzana toccando il terreno deH'Abbazia di San Basso detto pure Satcha deli'Ab-bazia di San Basso c cpii dovette la commissi ne ascoltare le lagnanze di queH'abate. La via percorsa dalla commissione, che dirigevasi verso Golzana, fu quella che corre paiallela alla strada romana prima citata, siech6 1' abbazia di Sun Basso e da eollocarsi nei pressi di Schittazza, ove stava T or diruta chiesa cli S. Saba, ora cimitero. Oltre 1' esistenza accertata cli due abbazie in un territorio ora lontano da ogni comunicazione e senza importanza, spicca per la sua stranezza il termine Satcha sinonimo cli territorio dipendente dali'abbazia. Ora Satcha e termine prettamente rumeno. Nell' idioma romanico Sat signiflca villaggio, Sutean o Satesch vuol dire abitante del villaggio. Satcha equivale quindi nel caso nostro ai terreni abitati cli proprieta dell'abbazia. Ne solamente cio. Nell' atto stesso figura quale zuppano di Barbana un Bobos. Lo stesso cognome trovasi sull' Lcrizione del secolo XIV da me pubblicata altro ve (vedi Attraverso l'agro colonico di Pola, Atti e Memorie della Societa istriana d' archeologia e storia patria, vol. XAIV), dipinta nella chiesa di S. Martino. Bobos o Bobosio sono probabilmente la stessa per-sona e non sembrano di certo slavi, sebbene Bob in slavo si-gniflchi fava, bobov di fava, mentre il rumeno ci offre boboc, termine neo-greco, che vuol dire germoglio oppure giovane e bobos che signiflca la sfera oculare, 1' occhio. Deve quindi ritenersi che nel 1300 la popolazione rumena venuta nel secolo antecedente in quel territorio non solo non si fosse ancor estinta, ma che anzi fosse la prevalente in modo da far assumere 1' aspetto di romanita alle istituzioni esistenti, principalmente alle giurisdizioni abbaziali. Pero il tutto cess6 in breve. L' eccidiale epidemia di peste bubbonica che dal 1330 fino al 1348 desolo 1'Istria in modo orrendo, distrusse non v' ha dubbio anche quelle popolazioni. Le abbazie rimasero deserte e vennero abbandonate. La chiesa che il pio Bobosio avea eretta nel 1315, di certo sulle rovine d' una piu a n ti ca e forse su quelle del sacellum romano, cadde in abbandono ed appena piu tardi nel 1640 e nel 1761 venne restaurata. Probabilmente nel 1600 le nuove popolazioni im-portate dai pacsi croati c che esistono tuttora fecero restaurarc H tempietto, mentre ove trovaronsi le abitazioni dei monaci posero esse la Ioro sede, formando 1'attuale villaggio di Bicici, nome gentilizio della famiglia Bicich, ancor oggi esistente. Eguale sorte tocco ali' abbazia di S. Basso. Resa deserta dai monaci la chiesa cadde in abbandono e le popolazioni croate che seguirono, confondendo il santo titolare che suonava Ioro straniero, intitolarono la chicsa, che forse ricostruirono, al santo nazionale *San Sawa», figlio del principe serbo Stefano I Nemania, morto nel 1300, per piu tardi confonderlo ancora con San Saba abate (morto nel 531). (Sono mie supposizioni su nulla basate). 1 beni delle abbazie colle Ioro giurisdizioni formano ora il comune censuario di Saini, denominato dal villaggio omo-nimo, sede del cappellano e della chiesa cappellaniale di S. Pietro, di fattura relativaiuente recente. Saini e nome gentilizio di famiglia Sain o Saina d' originc italiana, ora estinta. Ad eccezione d' un paio di famiglie di tessitori carnici che vivono a Saini e che vanno slavizzandosi, tutto il rimanente della popolazione di quel territorio e slava. Dell' ordine mo-nastico, cui una volta appartenne il territorio non sono rimaste che vaglie memorie, nulla dicenti. Pola li 10 aprile 190'S 1$. dott. Schiavuzzi. -SA.Nr>nO B O TTICEJLLI. «Cio che e niusicale, šara gcniprv assai melanconico; e 11011 si puo ot-teuere alcuna bellezza vera, senza una piecola close rti tristez/.a . John Kuskin, La poeaia deli' arcJlitettvra, II, Che Alessandro di Mariano Filipepi, chiamato «all' uso nostro* Sandro, fosse detto Bol/icelli, perche cosi era sopran-nominato il suo fratello Giovanni, e una ragione che non m'e mai entrata. Questo e certo, che il Botticelli e novamente di moda; e, non dico nel solito mondo degli amatori, o nel pre-raffaellismo risuscitato dagli pseudo-primitivisti di Francia; ma nella vita e nella seienza deli' arte. Eceo qui, in men di due anni, quattro libri — e non si contano gli opuscoli e le altre partieolari scritture —: quello di Arturo lalm Rusconi, edito nel 1907, che, illustrando da par suo 1'opera del mistico pit-tore tiorentino dei tiori, e illustrato a sua volta di cento e cjiiarantadue bei disegni dali'Istituto italiano di arti grafiche; poi 1' altro di Emile Gebhardt apparso due volte in veste diversa nello stesso anno 1907 a Parigi: quindi 1'inglese dello liorne, non finito; e ora cjuesto di Igino Benvenuto Supino, professore di storia deli' a rte nell'Universita di Bologna, che annunziamo in calce della pagina*). I quali tutti ci portano, sia pure per vie e per viottoli, ma con il medesimo fine, allo stesso sentimento. L' artista che langui piu secoli disconosciuto nella falsa luce d' una farna incerta, il disegnatore di eonvenzione, il di-pintore di maniera, brancicante con le medesime mani nella calda sensualita del paganesimo e nei cupi lavacri di pieta cristiana, ha riconquistalo nel campo delParte quattrocentesca e in quello deli' indagine psicologica moderna tutto 1'alto concetto e tutta la riputazione ch'ebbero di lui i piu distinti personaggi della sua et/i, e che lo stesso Leonardo non dubito di confermargli. II libro del Gebhardt e un notevole esempio di questa indagine e ricostruzione deli'uomo interiore. II Supino non ne fa menzione; e anche la critica competente dice che quell'uomo e un Botticelli cieco, e che la sua biogratia e una biograiia-romanzo **). Romanzo a ogni modo, come il Romamo di Leonardo da Vinci di Demetrio Mereshkovvskv; al quale nessuno, per certo, che 1' abbia letto, nega il fondamento d' uno studio conscienzioso e vasto deli' opera vinciana e il valore d' una sintesi ricostruttrice e rappresentativa della vita e del genio e deli' anima di quel grande, da superare in efficacia molte erudite e sistematiche analisi. II Botticelli del prof. Supino e in vece il medesimo Botticelli delF edizione fiorentina del 1900, con questo, che s'e * I. B. Supino, Sandro Botticelli. N.o 1 della collezione Profili di A. F. Formiggini, editore. Bologna-Modena (sede in Modema), 1909. **) v. A. Gaririullo nella Oultura del 15 aprile 1908, pag. 2/i6 e seg. avvantaggiato nei resultati delle ricerche artistiche e storichc che vennero dopo, e s' e fatto piu perspicuo con la sapiente economia della composizione e con la libera disamina crono-logica di tutte le pitture botticelliane. Oltre di cid e piu pro-fondo nella visione deli' atmosfera dei tempi in cui quelle pitture uacquero e nell' aceorta comparazione con i fenomeni poetici sincroni e, per dir cosl om6foni che, piu o meno en-trarono a farle nascere; e, in line, anche piu maneggevole nella speditezza del succinto lavoro, nella semplicita e grazia della forma. E, cosl, abbiamo il primo volume di cotesti Profili. II quale non e soltanto un bel volume, come prometteva il manifesto librario, adorno di speciali fregi e illustrazioni, ma e anche, come dico, 1111 bel libro, che apre con ottimo auspicio la nuova Collezione (forse un po' farraginosa) del giovine edi-tore modenese. Di maniera che, nella sna cristallina serenita, diradati i preconcetti tradizionali, ognuno ormai pu6 vedere, quale artefice di nuova bellezza fosse il maestro che, alle classiche movenze deli'Anadijoinene degli Uflizi seppe trasfon-dere con la gracile nuditi il sentimento della sua anima cri-stiana; quale evocatore di arcane creazioni della mente mor-tale colui che, nell' allegorica Primavera, non ai versi di Lu-crezio o di Virgilio, come pare al Supino, ma, con gli interpreti colori, riuscl a dare forma sensibile e aspetto moderno al mi-stero della visione oraziana lam Cvtherea choros dueit Venus innunente luna, Iunetaeque Nvmphis Gratiae decentes Alterno terram quatiunt pede..... e ali' altra deli' ultima archilochea, Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet Ducere nuda choros..... Siena, 31 maržo 1909. Arturo Pasdera. - Eia Famiglia di piiiori Basiiani 11 Molmenti nel volume monumentale su Vittove Carpaccio l), per potei1 chiarire chi sia stato veramente il maestro di questo grande artista, dediča tutto il primo capitolo del libro (pag. 7-30) piu una appendice di ben novanta estratti di documenti (pag. .31 35) a Lazzaro Bastiani, la sua famiglia e la sua scuola. A noi istriani un tempo interesso moltissimo il pittore Lazzaro, perchč secondo la cronaca del padre Maria Car-gnatti '), trovata fra le memorie del minorita padre Giuseppe Tomasich s), si riteneva che questo pittore fosse nato a Capo- I distria e fosse stato altievo di Vittore Carpaccio. Oramai pero, ! dopo quanto publico il Molmenti, ogni dubbio deve svanire e Venezia pno indisturbata considerare anehe questo pittore quale suo tiglio. Un tanto per radiare definitivamente dalla distinta degli istriani celebri il pittore Lazzaro Bas turni. * Per la storia delle arti belle pero, avendo fatto oggetto di uno studio piu attento il volume del Molmenti, mi sento in dovere di rilevare alcune inesattezze nelle quali ineorse 1'autore nella fretta di aggiungere prove a prove per dimostrare quanto gli premeva. Anzi ritengo che il Molmenti stesso, incon-sciamente sentisse la diseordanza di certi documenti, tanto che non si azzardo neppure di costruire un albero genealogico della famiglia Bastiani, pur disponendo di un ricchissimo materiale documentario. ]\li sia ora concesso, con la seorta dei novanta estratti di documenti publicati dal Molmenti, di rettificare parecchi punti del capitolo primo anzidetto, di costruire 1'albero genealogico della famiglia dei pittori Bastiani e di dimostrare che il Molmenti diverse volte si riferl a prove che manifestamente non aveva esaminate con attenzione. J) Ludwig e Molmenti: Vittore Carpaccio. La vita e le opere. Ul-rieo Hoepli. Milano 190t>. 2) Morto nel 1789. 3) Morto a Capodistria nel 1854. E probabile che 1' autore si sia lasciato trarre in inganno dali'affinitA di nomi, si comtine nel medio evo, tanto a Venezia che nelle citta a lei soggette. E prima origine deli' errare fu la somiglianza dei nomi Bastian e Sebastian. C-rediamo inoltre, che 1' autore troppo leggermente (checche dica nella nota 1 della pag. 12) si ritenne autorizzato a dichiarare identiei indi-vidui i quali nei doeunrenti stessi che egli riporta, gia ad una prima, ogni poco attenta lettura, appariscono differenti (con-frontate la nota IG con quella 24 ')). Queste considerazioni, ci permettono di ritenere, che il Molmenti, dimenticandosi delle discussioni avute col Luihvig (pag. XIII XIV), riportasse tutte le notizie raccolte dal detunto amico suo, senza vagliarle nnovamente e solamente per rendere piu ricco di materiale il volume. Ecco perche noi troviamo neH'Appendice anche delle notizie che nulla hanno da fare con la famiglia Bastiani 2). Se noi ora seguiamo 1' invito che il Molmenti stesso ci rivolge nella nota 1 della pagina 13, se, ciofe, confrontiamo «passo a passo» il suo racconto con i documenti disposti in ordine numerico 3) nell' appendice, vedremo anzitutto che Laz-zaro Bastiani ora k flglio di un Iacopo, e sembra questi es-sere il vero protagonista voluto dal Molmenti perche la gran ') Nota 16) — 1489. 3 Gennaio — «Muore magistre Mareo Sebastian pentor». — Nota 24) — 1467. 10 Decembris .... Simon guondam Marci pietor .... '-) Nota 76) — 1509. — Paga (li Gennaro et Febbraro. Ali' anno ducati 40. Vineenzo ded Musaico... Nota 77) — 1508 — Libro di Paglie N.o 9, pag. 362. Vinccntius Sebastian?. a Musaico habere debeat... Nota 78) — 1512. — 18 Maržo — Aceedit de hessendo uno maistro Vineenzo lavoravn di musaico in ehiexia di San Marco quale fece quella Santa Tecla erra bon Maistro su certo soler che si lavora in chiexia zercha horra di noua una tavola li vene a maneho cascho vixe do horre e morite fo gran pechado e cossa piu non accaduta in ditta chiesia et perho ne ho voluto far nota. (Diarii di Marin Sanudo, vol. 15. C. 12 tergo). Questo Vineenzo Sebastiani a Musaico, mori dunque, e il Molmenti ne da notizia in tre note successive, il 18 maržo 1512. Leggiamo ora la nota che segue immediatamente a queste e vedremo che il Molmenti fu tratto in errore dal nome Sebastiani, perche Lazzaro Bastiani non avra avuto di certo contemporaneamente due tigli di nome Vineenzo. Nota 79) — 1513 — 9 Julij —-... Testis: Io Vineenzo di Sebastiani chondam misier Lazaro... 3') E non sempre cronologico ! parte dei doeumenti si riferisce alla disc-endenza di un Iacopo Bo s t in }i i j ora m vece k figlio di certo Sebastiano 1). Ma cio non e tutto. Lazzaro di Jacopo Bastiani, appena divisosi dal padre, il quale 6 detto sempre de eonfinio Saneti Leonis, prende alloggio a\Y Arcangelo Raffaele (de confin de San Rafael) e vi a bi ta fino al T maržo 1512, giorno di sua morte. Egli e fratello di Marco di Jacopo Bastian e di un certo Sebastiano 2), quest' ultimo a me sernbra affatto diflerente di Lazzaro quantunque il Molmenti lo includa nelle note ri-guardanti quest' ultimo. Dalla nota 48 3) poi, vediamo che Marco e Lazzaro avevano anche una sorella maritata con certo Iacomo Trivisano. In quanto a Lazzaro Bastiani vedemmo che il Molmenti 10 ritiene identico con Lazzaro di Sebastiano, pictor de eonfinio S. Leonis, il cui padre era morto avanti il 1449 (nota 47), lo identifica pure con un altro Lazaro di Sebastiano de eonfinio S. Nicolaj (nota 04, nominato irt un dociunento del 1502 e che non si potrebbe proporre che tutt' al piu quale fratello di Vincenzo d i Sebastiano dal musaico. E certo che a uno cli (juesti due ultimi Lazzaro di Sebastiano si debba aserivere 11 dipinto della Galieria Lochis di Bergamo, 1' «lncoronazione della Vergine«, segnato «Lasari Sebasdani venetipittura del 1490, differente da quelle di Lazzaro non solo per la firma ma anche per tipo e spirito. II giovane Lionello Venturi, appunto non facendo attenzione a queste differenze, cadde liti pure nell' errore del Molmenti5), M Nota 47) — 1449. 5 Aprilis — Testis: Lazarus pictor condam Sabastiani de eonfinio Saneti Leonis. Nota 64; — 1502. 30 Mag'gio Testes Iurati: Magister Lazarus de Sebastianis pictor de eonfinio Saneti Nicolaj. ») Nota 70 - 1500 — 14 Gennaio... presentibus testibus Ser Sebastiano pietore quondam ser Iacobi de eonfinio Saneti Rafaelis... 3) 1456, 18 novembris —... Io Znane de Iacomo Trivixano de confin de San Pantalon... Item constituisso mie fidel comessari mio barba Marcho depentor del confin de San Lio e mio barba Lazaro depentor del confin d<- San Rafael... i) Lazzaro Bastiani firmo ordinariamente Lazarus llastianns. II Molmenti da una riproduzione del dipinto della Galieria Locbis a pag. 14. ■ Le origini della pittura veneziana. 1300-1500. - Venezia. 1907, pag. 280. 90 PA (41N K ISTKIANE Anche di Marco di lacopo Bastiani il Molmenti non seppe racchiudere le notizie nei giusti limiti. Egli lo diee morto il 3 gennaio 14-89 (nota 16 gia riportata da noi), poi, confondendolo con un Marco cortinarius de contracta Saneti Augustini morto avanti il 1467 ne da le note 21, 23 e 24') e solamente perche anche questo Marco e padre di un Simone che di certo non sara stato Simone Bastiani. La confusione cresce ancora se si prende nota anche del documento 26 *), riferentesi ad un pittore Simone il cui padre, Marco, mori avanti il 1473. — E pure probabile che non si tratti di Marco di lacopo Bastiani neppure in quell' altro documento del 22 aprile 1473 ;!) ove figura quale teste un ser Marcus quondarn Iacobi pictor et cultrarius de confinio Sancte Justine. Anche il numero dei figi i di Marco di ,lacopo dovrebbe crescere, perche stimiamo alquanto arbitrario da parte del-1' autore ritenere che Ludovico ') ed Atvi.re 5) sieno 1' istessa persona. » Ed ora passiamo ali' albero genealogico della 1 Not.i 21) — 1467. 4 Julij — Testes... Simon r/uondam Marci cur-tinaris de contracta Sancti Augustini. Nota 23) — 1467. 1 Julij — Testes... Simon olim filius Marci cur-tinarius de contracta Sancti Augustini. Nota 24) — 1467. 10 Decembris — Simon <|Uondam Marci pictor de confinio Sancti Augustini. *' 1473. 25 Maij — Testis : ser Simon tjuondam ser Marci pictor de confinio Sancti Silvestri. 3) Nota 12) delFAppendice. *) Nota 28) — 1457. 7 Maij — Testes : Ser Marcus fjuondam ser Bastiani ])ictor, ser L idovicus filius supradicti ser Marci. 3) In tutte le altre note e detto Atvisius che e perfettamente identico ali'Aloisius della nota 37.: Franciscus (ilins Aloisij Bastiani. Famiglia «11 pittori BSastiaui IACOPO BASTIANI 1435, 1440, 1447, morto avanti il 1454. Marco 1435, 1440, 1447, 1454, 1454, 1457, 1459, 1463, 1468, 1470, 1480, 3 gen-naio 1489 mitorc. Pictor dc confinio Sancti Leonis Sebastiano una figlia pictore quond. maritata con Simone 1457, 1459, 1474 Ludovico 1457 nota 28 ser Iacobi de confinio S. Rafaelis 14 gennaio 1500 (nota 70) l Jacomo Tri vixano I Znane abi-tante a S. Pantaleone 1456 nota 48) Maria Alvise Paolo 1457 1459, 1485, chierico 1489, morto 1464, 1470, Lazzaro depentor del confin de San Rafael 1460, 1462, 1468, 1470, 1473, 1474, 1476, 1478, 149U, 1494, 1498, 1499, (e a Ferrara), 1505 (e d i nuovo a Venezia), 1508, 1512, rnuore dopo il 7 maržo di cjuest' anno avanti il 1494 1478 I Cristoforo ab. a S. Apol-linare 1494 Francesoo ab. a S. Luca 1511-1512 Sebastiano Faustina Iacopo prete 1509 1471 1489, 1493, 1494, 1495, 1497, 1500. Estranei alla famiglia Bastiani. Sebastiano morto avanti il 1449 [ Lazzaro pictor de confinio S. Leonis 1449 (nota 47 Sebastiano I Lazzaro pictor de confinio Sancti Nicolaj 1502 (nota 64) Marco morto il 2 o il 3 luglio 1467 I Simone eortinarius de contracta S Augustini 1467, 1471 (note 23 e 25) Marco morto avanti il 1473 I Simone pictor de confinio S. Silvestri 1473 (nota 26Ni Autoiiio Leiss. Un processo per eresia ne! XU! secoio (Nlatteo Patrizio da Cherso) Tenor relationis executionis suprascriptae citationis a tergo descriptae est tališ, viclelicet Die 24 Junij 1568. —- Retulit clericus Gaspar Ghiceta sacrista et nuncius collegiate ecelesie sanctae Mariae se con-tulisse domura solitae habitationis Joannis Georgij de Petris, ibique personaliter reperta d.na Anna uxore predicti Jo. Georgij eidem intimasse et insinuasse, ae perlegisse de verbo ad verbum monitorium sen citationem retroscriptam eum omnibus ut in eo vel ea, cuius etiara copiam in manibus reliquit. Pre-sentibus sp.le d.110 Joanne Petro de Movsis et raag.ro Tlioina cerdone testibus ad premissa vocatis et rogatis. Quibus eonfectis dieta d.na Anna respondit prefato clerico Gasparo. Dirai cosi al veseovo, che faria meglio a far li fatti suoi, perclie ghe ineago. et se li miei figliuoli fussero piu grandi adesso li farei dar su la testa. Presentibus quibus supra. Presbiter Franeiscus Buchina canonicus Chersensis nec non in praemissis notarius eleetus relationem huiusmodi mihi factam manu propria subseripsi. Tenor litterarum circa executionem et formatioiiem pro-cessus contra Jo. Georgium praedictuin. Ill.mi, rev.mi et ecc.mi sig.ri coi.mi. 11 veseovo di Ossero et il p.e fra Vicenzo da Fabriano inq.ie di questa isola, che resedono a Ossero venero a Cherso alli di passati a formare il processo contro Gio. Georgio de Petris secoudo 1' o rdi ne et commissione, che si contengono nelle lettere di V. S. ecc.me e rev.me del 19 di maržo, ma non lo potero spedire, perclie aH' hora alcuni contesti si tro-vavano a Venetia, li quali come sono stati di qua, et che il veseovo e stato liberato del travaglio et indispositione di gotte, ditto veseovo et 1' inquisitore sono ritornati, et 1' lianno ispedito essendovi noi sempre stato alla presentia, et cosi spedito con la citatione et relatione, la quale e molto brutta. II veseovo, 1'AUINE ISTRI AN E 93 noi ct 1' inquisitore mandiamo a vostre ill.me et rev.me signo-rie, aeci6 possino far quella giustitia, et quelle provisioni clie li paranno, le quali provisioni sono necessarie, clie si faccino forti et gagliardi, perehe Gio. Giorgio ha gran parentado, et e ricco, et potrebbe esser aiutato, et il flgliuolo con lo serivere et in persona potrebbe far gran male in questa isola al figliolo de miser Giacomo Profici, il quale si ritrova in časa del sig.r Rocco Gataneo auditore del rev.mo legato; dal detto flgliuolo de Gio. Giorgio fu scritto una lettera, come nella depositione