anno vi—n. 40. Sabbato 15 Novembre 1851 Esce una volta per settimana il SabbatO. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestr« in proporzione. L' abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. ANCOR QUALCHE PAROLA SULLE ACQUE DEL TIMAVO. Le piene straordinarie d'acque che si mostrarono in questi primi giorni del Novembre, ci persuasero a visitare di persona le regioni del Timavo inferiore per trarne argomento o di conferma per quanto ebbimo a ritenere del corso e delle comunicazioni summontane di quell'acque, o di rettificazione o di richiamo per quanto avessimo erroneamente giudicato di quei singolari fenomeni. Ci gode l'animi» nello scorgere come lo studio di quelle acque abbia attratto 1' attenzione di altri ancora in questi ultimi tempi, di che diè saggio la Sricfter 3eitung ed il Kohl in un suo bel lavoro uscito per le stampe di Lipsia, sì da breve tempo che porta segnato 1' anno 1852, lavoro che quel celebrato scritlore inscrisse: 3ìeifeit im fubóftticbm 2)eutfdj>fant>. Le quali investigazioni danno speranza che altre e maggiori siensi per fare sulle acque sotterranee, nei dintorni di Trieste, e nell'Istria tutta, che abbondano indubbiamente d'acque, ma summontane e sotterranee, e pur troppo tultor relaggio di ciurmatori dalle bacchette simpa tiche, di tentatori a puro caso, di sognatori, non esplorate per segni indubbi che ne manifestano la presenza, non istudiate° nel loro corso, nelle loro leggi, da cui venne poi quell' affastellamento di tradizioni, di credenze, di pensamenti che corrono per le bocche di tanti, e che trarranno il riso dalle labbra di quelli cui verrà dato di alzare il velo che copre questa parte di creato, nelle pendici dell'Alpe Giulia. Noi daremo oggidì una goccia soltanto, che più non ci è dato, ma la uniremo alle altre che sparsimo in questo giornaletto, e che qui ricordiamo, sieno poi goccio dal nostro bicchiere, o dall'altrui. Ricordiamo quindi al benigno lettore gli articoli seguenti:" Dell'Idrografia dell'Istria,, Annata 1; "Delle Terme Monfalconesi„ Annata II.; "Geologia dell'Istria, del de Morlot, II. 247; «Storia d'un pozzo in Trieste, II. 249; "Del Fiume Quieto, IV.48; "Dissertazione sul Timavo, del Consigliere Fra Savio Y.; "Dell'Aquedolto Teresiano di Trieste, 1.300. 317; "Dell'A-quedotto romano di Trieste detto di Bagnoli (Bogliunz delli Slavi) odiMontecavo, I. 283; "Dell'Aquedotto Romano di Trieste detto del Farneto o di S. Giovanni, II.; "Delle acque sotterranee del Carso, VI. 50.; "Dei contorni del Timavo antico, V. 308, II. 163; "Dell'Alpe Giulia, VI. 161; Berini, "Stato antico del Timavo, VI. 165. Nè possiamo sorpassare 1' erudita dissertazione sul- l'identità dell'antico e moderno Timavo, de! Colonnello Catiinelli, che riveriamo assaissimo per l'umanità e dottrina, inserta nel II Volume dell' "Archeografo triestino,. Abbiamo visitato nel dì 9 Novembre 1' estuario di Monfalcone, o le paludi fra S. Giovanni di Duino e quel-l'antico Municipio, che non esitiamo a dire tale. Quel seno coperto tutto dalle acque ci presentò agli occhi corporei precisamente quell' antica condizione marina che cogli occhi della mente credemmo di riconoscere attraverso i cangiamenti seguiti. Il monte di S. Antonio o dei bagni e quell' altro ivi prossimo detto della punta che è più prossimo all'emissario del Timavo di S. Giovanni, si mostrarono perfettamente in isole a breve distanza 1' una dall'altra; quella dei bagni a breve distanza dalla terra ferma, per cui ha conferma la credenza ad un ponte di congiungimento, che Marino Sanuto vide nel 1483 e che noi fa-ciamo rimontare fino all' epoca romana. Fra il Monte della Punta, od Isola Amarina rimaneva aperto l'ingresso cui dinnanzi stava la lanterna o faro detto poi Belforte, di cui oggi poche ruine, e la fossa Timavi. L'estuario fra le isole ed i monti posti di contro presentava l'aspetto di amplissimo e bellissimo porto, difeso da'le isole contro i marosi; ma non tutto era porto praticabile da legni maggiori, come altra volta ebbimo ad indicare. Le sorgenti di S. Giovanni de Tuba, quelle che mettono in movimento il molino, e quelle altre più a levante, erano talmente rigonfie, che le colonne d'acqua sorgiva si vedevano sbalzare oltre il livello della massa del fiume, il quale era alto quanto la traversata pel molino permetteva alzarsi; alle sorgenti più orientali, il livello della massa d' acqua era assai più alto dell' ordinario ed occupava il letto della strada abbandonala ivi prossima; indizio che l'acqua sgorgante era maggiore in copia di quello che il solito letto penne'tesse di scorrere tosto per equilibrarsi col mare; ondoso era il correre del fiume, non per vento che lo spingesse, o per ineguaglianze del letto, che anzi concede solitamente placidissimo lo scorrere del fiume; ma per la foga dell'acqua sgorgante dalle aperture sottaquee del masso, compressa dall'a-qua di più allo livello, contenula nell' interno dei monti. L'aqua era torbida assai, non tinta in rosso, ma in flavo, indizio questo che la sostanza che si trovava in soluzione o commista all'aqua, non era la terra del Carso, rossa per l'ocra di ferro, che unica comparisce nel tratto fra Duino e S. Canziano al Timavo superiore, ma la terra marnosa, della valle del Timavo superiore, novello indizio a conferma che l'aqua, la quale dalli Slavi è della il Fiume pur eccellenza, Reka, sia quella medesima che esce a S Giovanni. Non una sola di quelle sorgive fu da noi veduta, non diciamo limpidissima, ma che fosse meno impregnata di sostanze terree. Tutte le altre sorgive le quali influiscono nel Lo-caviz, ed il Locaviz medesimo, tutte le aque in una paiola che sgorgano dal lato di Levante in quel canale che rimane fra i colli di S. Giovanni, e gli estremi colli della triogaja di Monfalcone che gli stanno dirimpetto, e rano di eguale intorbiriatura ; ed egualmente torbide erano le acque di quel lago bislungo che slà fra il Lago di Pietra Rossa, e la testa del Locavez, e che sotterraneamente coniunii ano col Locavez. Questo lago nello stato ordinario non presenta che una vallata rinchiusa di ogni parte in mezzo alla quale scorre un rivolo alimentato da sorgive venutegli dal lato ri Levante; anticamente era come lo vidimo, ma perchè stretto e lungo, piuttosto che lago, sembrava fiume di breve comparsa. Nel lato estremo di questo laghetto, nel lato che più si approssima al lago di Pietrarossa, e dal quale non è separato che da un ridosso non alio, altravolta vedemmo scaturigini che riparerò comunicazione fra questi ed il Pietr. rossa ; ma dovemmo dubitare della presenza di ampio cunicolo di comunicazione. Imperciocché le acque di questo lago erano tutte egualmente torbide, nell' angolo accennato vi era soltanto piccola massa d'acqua che nella migliore purezza manifestava altra origine; conviene conchiudcre che la comunicazione sia angusta da permettere soltanto il passaggio a determinato volume di acqua. 11 lago di Pietrarossa aveva preso un' estensione longitudinale da coprire tutta la vallata; il livello dell' acque ci parve assai più alto che non quello del laghetto inferiore, che diremo del Locavez, perchè in comunicazione con qiesto; di parecchi piedi più alto. L'aqua del Pietrarossa non era punto torbida, non era limpida affatto, ma somigliava ad aqua che impregnata di sostanze terree, avesse passato pel filtro, che lasciò all' aqua una leggera tinta, più difficile a deporsi. Quest' aqua del Pietrarossa non manifestava altra sortita che sotterra attraverso il colle dal lato che corrisponde all'uscita di quell'aqua nell'estuario di Monfalcone, che prende il nome di Tavoloni. Pensiamo che il cunicolo naturale dei Tavoloni non permetta il pas-agyio che a determinata quantità d'aqua, per cui il Pietrarossa è forzato di porsi a livello del lago di Jamiano. Nel quale proposito, ci ricorda come il Molinajo che ha uno stabilimento in quella valle, ci dicesse altra volta, come l'aqua alzasse talvolta a segno da dover abbandonare il molino; ma che la valle si sarebbe potuta facilmente liberare dall'allagamento coli'allargare il cunicu'o che mette ai Tavoloni, opera che egli diceva essere di non forte dispendio. Abbiamo allor trascurato di farvi attenzione. Il lago di Jamiano lo vidimo straordinariamente alto, coperti tutti i campi, coperti quei due gruppi di solite isolette, a' piedi delle quali vi sono scaturigini, l'aqua lambiva il punto più basso dell'antica strada che metteva a Doberdò correndo sulle colline a mezzogiorno del .lago. L'aqua non era torbida, ma precisamente nell'identica condizione del lago di Pietrarossa; nessun movimento vidimo, nè segno alcuno che accennasse a movimento in quei punto ove stà l'imbuto che pone in comunicazione il lago di Jamiano col lago di Pietrarossa. Il livello del lago di Pietrarossa sembra a noi che fosse inferiore all' antico livello quando il Vipacco od il Frigido era alla condizione. Noi non sapressimo dubitare che l'aqua del Jamiano sia quella stessa del Frigido o del Vipacco, filtrata attraverso le ghiaje che otturarono i cuniculi altra volta aperti sotto i monti fra Merna ed il Vallone, ed attraverso le ghiaje ridossate a piedi di questi h enti dal lato del Vipacco che ad occhio si veggono; 1* acqua del Vipacco si vede nei luoghi depressi comparire a piedi delli stessi monti. L'acqua del Vipacco era alla, non però eccessivamente; torbida, di colore flavo rossastro, come lo porta l'indole delle colline tra cui scorre. Abbiamo udito che in tempi di piena tutte le praterie fra cui scoire il Frigido formando quei meandri che sorprendono il passeggere mostrando il filone del fiume ora a dritta ora a sinistra, rimangono coperte dall' acqua, e danno 1' aspetto di quel lago che noi congetturiamo avere esistito ai tempi romani e che aveva la forma di due rami ad angolo retto l'uno nella direzione dell' Isonzo, l'altro del Vipacco. Noi supponiamo che le comunicazioni di vie seguissero attraverso questo Iago mediante barche, anziché mediante ponti che sarebbero stati e lunghi, ed alti assai per la profondità che avevano le aque; le vie poi avrebbero richiesto due ponti, l'uno dal sito della Manizza a Savogna, 1' altro dallo sbocco del Vallone verso Gorizia. Imperciocché una strada veniente da Aquileja per Gradisca continuava verso Aidussina; una seconda veniente da Cividale veniva al Yallone ; una terza dal Vallone andava a Salcano per appiedi di Gorizia, indi lungo 1' alto Isonzo. Tutte e tre queste strade di grande frequenza, specialmente la prima che conduceva al Norico ed alle Pan-nonie, la seconda che conduceva nell' odierna Carintia. Noi manifesteremo un sospetto, anche con pericolo di prendere grave abbaglio. Fra le Epistole di Cassiodoro, nel Libro I.... troviamo registrata la seguente: O 55 VNIVER IS LVCRISTANIS SVPER SONTIVM CONSTITVTIS THEODOR • REX Non dubium est, ad utilitatem Reipublicae cursus custodiam pertinere, per quam nostris ordinationibus ce-lerrimus praestatur cflectus, et ideo, vellut necessariae rei, major adhibenda cautela est, ut qui ad continuos cursus constituti sunt, turpi macie non tabescant, ne je-juna tenuitas laboribus praevenla succumbat, et incipiat iter fieri morosum quod ad celerilatem constai esse in-ventum. Qua propter devolio vestra, praesenti jussione cominonita, terrarum spatia, quae veredis antea licuerant mutationibus, suis a possessore vindicata restituat, ut nec illis parvo spalio inducantur damna, et istis recuperata sufliciant. Ci è venuto sospetto che la voce Lucristanis, colla quale si indicano questi prepositi alle poste, al corso pubblico, fosse viziata nella lezione, ma tutte le edizioni la registrano così, nè sapressimo quale altra lezione prò- porre che abbia poi significato latino; e l'adottiamo per lezione sincera. Questi Lucri s t ani non erano già gl'impiegati solili delle poste, poiché altrimenti 1' epistola sarebbe diretta a tutti, anzi che a quelli che erano costituti super SoMium, cioè deputati all'Isonzo. Quel male clic si intendèva di togliere coli'ordine di Teodosio non era universale o generale, od anche provinciale, ma era precisamente per l'Isonzo; non già per una sola stazione dell'Isonzo, ma per molte di queste; era l'Isonzo quindi clic dava occasione al ca'tivo servigio. Le cause del quale non erano già nella cambiatura di cavai i, che sarebbe stata comune non solo alla linea dell'Isonzo, ma anche alla stazione postale dalla quale si partivano questi cavalli per giungere all' Isonzo, a primo aspetto pare che si parli di cavalli nell' epistola, che m r-civano per turpe ozio, che per digiuna debolezza soccombano alle fatiche; ma non può dirsi di giumenti che sieno constitiiffatti "lucristani,, f s-sero traghettieri con barche, tragheltieri dei legni che sull'altra sponda trovavano i cavalli da riattaccare. Or diremo ciò che pone in dubbio questa opinione. La Tavola Teodosiana colloca un ponte sull' Isonzo; di questo ponte sembra far menzione lo stesso Teodorico allorquando nella Epistola I. 12 registrata da Cassiodoro dice "Deo propitio Sontii fluininis transmisimus, ubi primuin Italiae nos suscepit Imperium.„ E (tornando 57. "Theodo-ricus Yenetiarum lì ne s ingressus, ad pontem, Sonliuin nuncupatum caslrametatus est„. La tradizione ha conservato la memoria di questo punte del quale si mostra tuttora la te.-tata di Manizza, frazione di Farra. Egli è ben vero che nelle fre<ìuenli guerre al dechinare dell' impero i pon'i che mettevano ad Aquileja erano stati rotti per dilficoltare l'avvicinamento del nemico, ed è verosimile che più non sieno stati riedificali nè in legno nè in pietra; per cui il trasmisimusin Teodorico accennerebbe ad un passaggio con barche, il "pontem Sontium, di Giornandes indicherebbe piuttosto una località di quello che un' opera. Nè il Furlanetto nella ristampa del Forcellini, nè il Du Cliange ^spiegano questa voce Imci islam, la quale certamente non è Ialina. In vano l'abbiamo cercata fra le voci dell'antica marineria supponendo i Lacristani pre-positi di navi traghettiere. Non possiamo sorpassare che l'Isonzo ebbe importanza nel 'antica geografia politica, e diremo quale. L' agro giurisdizionale d' Aquileja giungeva in lati- ; tudine dal Tagliamento al Turro nella regione media del . Friuli; nella regione inferiore giungeva fino al confine ' del territorio di Monfalcone, cioè all' incirca fino all' o-dierno corso dell'Isonzo. Fra il Turro ed il Butrio o come volgarmente lo dicono, il Judri, stava l'agro di Cividale, e questo pure pertinente all'Italia politica di allora; ma nella parte inferiore, l'Agro Cividalese arrivava ali'odierno Isonzo fra Lucinico e Rubbia; l'odierna vallata fra Gorizia e Merna non apparteneva all' Italia propria. Propen-deressimo a credere che l'agro fra il Butrio e l'Isonzo nella parte montana fosse dell'agro giurisdizionale di Cividale, ma abbiamo indizi dell' opposto per questa regione che f rma il distretto di Quisca. Nella regione inferiore di questi paesi, cioè dal Frigido al mare, il paese era spettante all'Italia; dapprima Monfalcone che era costituito a Municipio, poi l'Istria ed in questa l'agro più prossimo di Trieste; l'agro di Cividale non solo giungeva a Rubbia ma per lembo dilungato giungeva al Timavo, separando così Monfalcone dall' Istria, pel così detto Vallone. Il paese fra l'Isonzo, nel tratto fra Lucinico e Rubbia e le Alpi Giulie, era propriamente Carnia, appendice dell'Italia, però non partecipante della condizione politica di questa. L'Isonzo era veramente la porta all'Italia propria, e potè Teodorico ostentare di averne preso possesso col passare l'Isonzo. Ancor dopo lungo volgere di secoli, in quel sito l'Isonzo nella bocca del volgo segna confine fra Furlania, cioè fra l'agro di Forogiulio e Schiaronia, o Pagro proprio di Gorizia; ancor dopo tanti secoli è indicato quel fiume come porta d'Italia; ancor dopo tanti secoli il Carso non è identificato con Schia-vonia; tanto delle antiche condizioni dura la memoria attraverso i cangiamenti sì spessi, sì vitali. A chiusa diremo qualcosa sullo stato delle acque, veduto dopo qualche giorno dalla inspezione di cui abbiamo detto più sopra. Il lago di Jamiano, il lago di Pietrarossa, erano dopo qualche giorno più limpidi, il livello delle acque però si manteneva alto. II Timavo, ed a S. Giovanni, e nel canale superiore si manteneva torbido assai ed impetuoso. Sulla spiaggia del mare di Sestiana, le sorgenti a pelo d' acqua erano rigogliose e torbide assai ; prova questa della lor provenienza dui Timavo superiore. SVLL'AITICO STATO DEL TIMAVO DELL'AR. GIUSEPPE BERINI. (Continuazione.V. iN. 38,39, 40,41,42, 43, 44 e 45 ) Fertini, et Tridentini, et Yi appartengono le tre Berunenses 1), Raetica op- città li etiche dei Fertini, dei Tridentini, dei Berlinesi 1): la città Retieo-Euga- 1) I Tridentini sono i Trentini di oggidì. Fi potrebbe so-spetlare che i Fertini corrispondessero ai Feltrini, ed i Berunesi ai Bolzanesi, ma non se ne può addurre prova alcuna. pida: Raetorum et Eu»anco- nea di Verona, e la Camica rum Verona, lulienses' Car- dei Giuliesi il: e le altre norum 1). Dein quos scru- poco importanti degli Alu- pulose dicere non attineat, tresi, degli Asseriali, dei Alutrenses, Asseriates, Fla- I lamoniesi Vanniesi, dei Fla- monienses Vannienses, et motiiesi di cognome Culici: alii coo-nomino Culici: Fo- dei Forogiuliesi <)i sopran- rojulienses cognomineTrans- nome Traspadani 2), de'Fo- padani 2), Forchini, Nedi- retarli, de' Nedinati 3), dei nates 3), Quarqueni, Tau- Quarqueni, de' Taurisani, dei risani, Togienses. Varliari. Togicsi, de'Varbari. In que- In hoc situ interiore per sto sito perirono sulla spiag- oram Iramine, Pellaon, Pai- già Irainine, Pellaone, Pal- satiufii : ex Vcnetis Atina, sazio: nei Veneti Atina e et Conlina: Carnis, Segeste I), Celina : nei Carni Segeste4), et Ocra 5): Tauriscis Nore- ed Ocra 5): e nei Taurisci 1) Questi (j'iuliesi, secondo il nostro Liruti, formavano la terza colonia del Friuli. Essi erano gli abitatori, come si disse del Foro-Giulio di Fortunato Venanzio, cioè di Zuglio. 2) Nessuna traccia si ha di questi cinque popoli tranne i Forogiuliesi, soprannominati Traspadani per distinzione dei fori di diverso nome ch'erano stati fondati dalla parie dritta del Pò. Si presume però con molla probabilità, che gli antichi Forogiuliesi di Plinio sieno i Cividalesi del giorno d' oggi. Cividalo è il Forogiulio di Paulo Diacono. 3) Molti invece di Neclinates leggono Utinutes, e credono che sieno gli Udinesi. Ma niente di positivo si può dire nè di essi, nè del più dei popoli, che qui vengono nominati. 4) Con qualche fondamento si può sostenere, che il Ser- geste di Plinio sia il borgo Carnico che Strabone denota col nome di Tergeste nel Lib. VII. L' uno e 1' altro Io suppone nei Carni. Strabone dice che esso è alla portata del passo dell'Ocra, per cui colle merci caricate suecarriad Aquilejasi va a Nau-porto, rà in tijg sixvlijiaj (f o ozia xofit^uffip àofiafià^aig sig t o xaXuiievov Naunoozov. Questo Tergeste era borgo, come lo qualificò Io stesso geografo Greco nel Lib. IY, xcófitjg Tioy^g,, e non colonia come lo era il Tergeste di Plinio. Come mai potrebbe credersi che le merci caricate sui carri in Aquileja e dirette per Nauporto, avessero avuto da prendere la volta di Trieste per superare il passo di Prewald? Nell'interno del Carso trovasi un villaggio che dicesi Co-min, il quale scuopresi dal sito del ponte di Ronchi, prendendo di mira il monte Nanos Io credo che questo luogo sia il Segeste di Plinio, ed il Tergeste di Strabone, essendo facile che il suo nome sia nato dal xw/tJ?s Tsgyés)??. 5) L'Ocra adunque era al passo di Prewald. In nessun ja 1). Et ab Aquileja ad duo-decirnum lapide n, deletum oppidum etinm invito Senatu, a Claudio Marcello, L. Piso auctor est2). In hac regione et undecima lacus incliti sunt, amnesque eorum par-tus aul alumni: si modo ac-ceptos reddunt, ut Adduam, Larius3), Ticinum Verba-nus 4), Mincium Benacus5), Ollium Sebinus 6), Lambrum Eupilis 7), omnes incolas Padi. Noreja 1). Pisone narra che fuori di Aquileja, alla duodecima lapide, fu spianata, contro la volontà del Senato, una città 2). In questa regione, e così pure nella undecima vi sono dei laghi, e dei fiumi riguardevoli partoriti od educati da quelli, se li rimandano dopo averli ricevuti, come fa il Lario3) dell'Adda, il Verbano4)del Ticino, il Benaco 5) del Mincio, il Sabino 6) dell' Ollio. l'Eupoli7) del Lambro, i quali fiumi scolano nel Pado. CContinuai altro luogo delle Alpi Giulie si verifica la circostanza che vi sia l'eminenza più bassa di esse, che accenna Strabone nel Lib. IV. O'xqcc raneivótarov [ìcqoì t(5v uì.nsàv. 1) Norea, come si disse, occupava il sito dell'odierno Venzone. Non è meraviglia che i Norici, popoli transalpini, avessero uno stabilimento al di qua delle / lpi, quando i Carni, che dimoravano nella decima regione d'Italia, arrivavano con qualche loro frazione sulle montagne, dalle quali discende la Sava. 2) Questa città doveva essere nel sito, ove, alcuni secoli dopo, fu eretta la Rocca di Monfalcone. Questa rovinata fortificazione è un miglio circa più in là del ponte di Ronchi, che fu demolito dagli Aquilejesi, il quale era lontano da Aquileja, come si osservò di sopra nel paragrafo IV, undici miglia. Tutto dunque concorre a provare che la via Gemina al di là del detto ponte si divideva in due rami, coli'uno dirigendosi verso i Carno-Giapodi, e verso 1' Istria e la Dalmazia, e coli' altro per la valle di Brestovizza verso Comin, e non già per l'apertura di Gorizia, che conduce a Vipaco. 3) Lago di Como. 4) Lago maggiore. 5) Lago di Garda. 6) Lago d'Iseo. 7) Lago Pusiano.