Anno I. Capodistria, Settembre-Ottobre 1903. N. 7-8 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE O- IOSUE C^ISnDTJOCI e 1111 „Lied" di Angnst von Plateii-HalleriiiiiiHle') Cir' io sappia, n nessuno studioso di letterature moderne e aceaduto finora di avvieinare tra loro la seeonda parte deli'ocle barbara cardocoiana Fuori alla Certosa di Bologna e il Gest ni g der Todlen di August von Platen-Hallermunde. E si che al grande poeta nostro non difettarono mai ne critiei italiani profondamente versati nell'idioma del Goethe e eono-scitori ottirni della moderna produzione letteraria tedesea, ne critiei tedeschi capaei di cogliere e di gustare appieno magari nel piu originale e aristocratieo dei rinnovati carini latini non pure il signifieato letterale e la disposizion logi ca della con-tenenza, ma ogni piu evaneseente preziosita della lingua e del sentimento. Rasterebbe rieordare tra' primi il Chiarini e il Nencioni: e fra i seeondi 1'Hevse, l'Hillebrand, il Thaler e il Picbler.... Ma non precipitiamo. ') Coiii[)0]ieii(lo ([licsto articolo ho avuto a mano i segmenti libri: (i. Chiarini: Memorie della vita di (i. Carducci; Firenze, Barbera, 1903. Idem : Giosue Carducci — Impressioni e Ricordi —; Bologna, Za-niehelli, 1901. G. Checchia : Poeti, Prosatari e Filosoti nel secolo che muore; Caserta, .Marino, 1900. D. Giuriati : II Plagio ; Milano, Hoepli, 1903. Rivista d' Italia, anno IV, fase. V (maggio 1901): numero dedicato a Giosue Carducei. O. Loisner: Geschichte der deutsehen Litteratur ; Leipzig', Spamer (zvveite AuHage), 1893. II testo delle due poesie e tratto da G. Carducci : Poesie di G. C. (1850-1900);. Bologna, Zanichelli, 1900 (I. cd.), e A. v. Platen : Gedichto v. A. v. Pl. ; Leipzig, Reclam. E' noto come il Carducci, sin da bel principio della sua carriera letteraria, per quanto riverente atietto dedieasse allo studio dei soinmi scrittori deli'antichitA pagana e per quanta ammirazionc tributasse ai maggiori classici italiani dali'Ali-gliieri ali' Ariosto e piu giii ancora; non ristesse tuttavia mai, conseguente a un nobile e severo principio di universalita nel saper letterario, dali'intraprendere frequenti scorrerie ne' territori delle altre principali letterature neolatine. Natural-mente, anche cotesto studio delle letterature sorelle alla nostra esercito il suo bravo intlusso su lo sviluppo deli'arte carducciana; la quale, del resto, si giovo con grande modera-zione deli'acquisito e seppe anzi avvantaggiare in guisa mira-bile di novi spi riti e di piu maschi atteggiamenti la lirica ita-liana gia prossima a indecoroso tramonto. I Giambi e gli Epodi, ad esempio, derivano (e lo san tutti) non poca parte deli'iu-spirazione e della frase dai battaglieri canti civili di Vittore Hugo e di Augusto Barbier; e mantengono tuttavia cosi per-spicuo e cosi libero il sigillo classico italiano! Ne il Carducci fece sosta ai poeti di Francia e cli Spagna: troppo seducenti inviti gli lampeggiavano i cantori della forte Germania e della libera Inghilterra: e il grande ingegno obbedi; a vantaggio suo e delle lettere nostre e ad esempio glorioso per tutti i letterati deli' avvenire. Dali' inglese, forse perche messosi a imparare cpiella lingua gia innanzi con gli anni, il Nostro poco derivd e nulla tradusse. Meglio frutto al Carducci, in vece, lo studio della favella e della letteratura tedesca; studio dovuto principiare in ancor giovine etk, se m' e lecito trarre qualche conchiusione dal fatto che le prime versioni metriche dal tedesco furono elaborate dal poeta nei due anni che successero alla prima eclizione delle Xuove Poesie: che sarebbe a dire nel 1872 e 73. I cantori alemanni prescelti dal Carducci nelle sue prime traduzioni sono il Goethe, 1'Uhland, lo Heine ed il Platen: quanto cli meglio diede alla lirica la Germania del tinire clel XVIII0 e del principiare clel XIX" secolo. Solo piu tardi, al tempo delle Odi barbare, il Nostro fece vittoriosamente alle braccia anche con il Ivlopstock. Ma su tutti gli aedi tedeschi il Carducci preferi costantemente lo Heine ecl il Platen. Di quanto clebba Enotrio Romano al rusignolo del Liri-sches Intermezzn, non e mia intenzione discorrere; tanto piu che la via lunga mi sospinge. E vengo issofatto a 1111 breve studio (chieggo venia della superba parola) deli'intlusso eser-citato dal Platen sni Carclucci; studio che mi guideri poi di-ritto al raffronto ch'e fine dello scritto preselite. II primo vangelo artistieo di Giosue Carducci fu di aperta rivolta e di tenace riazione contro gli ultimi sdilinquimenti della musa romantica italiana. II selvaggio giovinetto marem-mano avea compreso subito al suo primo farsi alla soglia del-1' agone letterario, come urgesse rinnovare alla poesia patria e metri e concezioni e ideali: e il suo genio lo spinse, per tutta preparazione, ad abbeverarsi abondantemente alle inno-vatrici e inesauste scaturigini della grande arte elassica.... Cosi nacque nel Carducci quella venerazione del elassico, che non s' affievoli mai eol progredire degli anni e eol mutare di gusti nel puhlico, e che impronto d' una stimate indelebile e gloriosissima tutta la eopiosa opera di lui. Era dunque naturale che nello studio delle lettere germaniche il focoso ribelle si fermasse riverente dinanzi all'attica purezza della poesia del Platen e da essa poesia ricevesse anzi in pieno un fecondo colpo di sole. In fatti, August von Platen-Hallermiinde era andato immune dal contagio romantico del suo tempo, avea fatto rendere alla sua lira solinga concenti pieni della nostalgia della bellezza antica, ed era passato ai posteri con la rino-manza d'uno dei maggiori artisti della parola in Germania. Un elassico dunque e un adoratore della forma! il Nostro non chiedeva di meglio. Inoltre, il Platen aveva viaggiato a lungo 1'Italia, cui era figlialmente devoto: ali'Italia aveva piu d'una volta chiesto argomenti per le sue canzoni: in Italia aveva chiuso per sempre gli occhi alla luce. II Canzoniere di August von Platen! Era un fascino irresistibile ch'emanava da quelle Odi d' oraziana euritmia e da que' Lieder e da quelle Ballate dal contenuto cosi ben rispondente alla squisitezza della forma niellata da mano maestra.... E il Carducci non si contento di dar veste italiana a due delle piii eleganti e numerose ballate e a tre delle piii perfette odi del bardo alemanno, ma volle anche non di rado chiedere a prestito qualche orientamento e qualche lumeggiatura alla di lui magistrale sobrieta. Una delle prime composizioni in cui il poeta elassico italiano si risente dello studio pošto nel suo predecessor di Germania, e il terzo sonetto delle Rime nuove: II Sonet to: la 15t> celebrazione dol medesimo. II Platon ha pur lui, di fatti, un sonetto nel quale passa in rivista osaltandoli alcuni grandi ch'ebbei-o oara e porfezionarono la piii leggiadra e la piii du-ratura delle forme metriehe e nel qualo, non senza un leggero sottinteso di nobile orgoglio, afferma dimessamente: Auf diese folg' ieh, dic sic gross enviesen, Nnr wie cin Aehrenleser folgt dem Schnitter. Denn nicht als Vierter wag' ich mich zu diesen '), La sostanzial ditferenza tra le due liriche e, in poche parole, questa: da un lato, abbiamo il poeta tedesco ch' esalta il «breve e amplissimo canne» in tre de' maggiori poeti d'Eu-ropa (e cioe nel Petrarca, nel Camoens e nel Goethe); dall'al-tro, il Carducci ehe fa la storia del sonetto italiano da Dante al Foseolo. Tutti e due poi gli aedi moderni si proclamano, nella terzina finale, epigoni indegni dei sommi rammemorati. Lascio ora a chi possa averne vaghezza il compito di rilevare qualche altro minor punto di eontatto fra le Rime nuore e il canzoniere del Platen, e passo senza piii alle Odi barbare. Le quah — il particolare e degno di rilievo — son precedute e confortate (si nella loro definifiva edizione a parte che nella raccolta reeente di tutta la produzione poetica carducciana) da un noto e superbo epigramma del poeta tedesco in quistione; epigramma oh'e una affermazione del proprio valore e una sfida insieme. Ma proseguiamo. Fra le Odi barbare un canto solo o diro m egli o a pena uno squarcio di un canto fa special-mente al caso mio: alludo alla seconda parte deli'ode Faori alla Cev losa di Bologna, ode che appartiene alla seconda serie dei canti ritmici carducciani. Le Nuore Odi barbare (che questa era la intitolazione della se ne prodelta) furono licenziate al publico d'Italia nel maržo del 1882, con innanzi tradotta (e a perfezione) un' o-dicma del Platen, La Urica. La publicazione, va da se, non manco di far chiasso e d' otferire abondante materia di discorso a ogni critieo letterario della penisola. Ma anche questa volta i nennci del poeta s accordaron tutti in un' unica voce di scherno ali' indirizzo de' novi metri e delle nove concezioni, e gli Ecconc, abborracciata alla meglio, la versione in prosa : - Ed io vengo dopo costoro che s' addimostrarono grandi, solamente come uno spigolatore vien dopo il mietitore; poi che io non ho 1' ardire di procla-marmi il quarto al loro confronto. amici in un solo entusiastico inno d' a po log i a ali' Innovatore. Nessuno toceo deli'influsso esercitato sopra le odi dali' arte straniera; nessuno avverti la parentela del Gesang der Tudi en con la seconda parte deli' ode barbara Fuori alla Certosa di Iiologna. Ecco, a 1110' d' esempio, quanto scriveva a proposito di quella seconda parte uno de' pili autorevoli e colti critiei d'alIora, Enrico Nencionil): «Ma il poeta fa inneggiare alla vita dai morti stessi, ha in questa ode un verso treniendo, da Am-leto o da Kance - un verso clie resta inchiodato nella raente del lettore — un verso di sepoltura che ghiaccia il sangue... e che pure e bellissimo: 1'utridi squagliansi i sorti d' iutorno i nostri uinidi teschi. E il Nencioni, pur tanto famigliare delle lettere nordiche non s' accorgeva che a punto 1' esametro da lili ammirato e riferito altro non era se non una geniale derivazione dal Platen ! Ma ecco, per il confronto, il Lied del poeta tedesco e lo squarcio delPode carducciana: Gesang der Todteii ') Dich \Vaudersmann dort o ben Dir tiiinmort gleich Gestirnen Beneiden wir so sehr, Der Blunien buntef Glanz, Du gehst von Luft umwoben, An uusern nackten Stirnen Du hauchst iui Aethernieer. Klebt ein verstiiubter Kranz. Wir sind zu Staub venvandelt \Vir horchen, ah! wir lamchen, In dumpfer Griifte Schoos : \Vo nie ein Schall sieli regt, O selig wer noch wandert, Dir klingt der Quell, es rausehen Wie preisen vir sein Loos ! Die Blatter sturmbewegt. Vom Sonnenstrahl uinsch\vitrmet, Vom Hiigel aus die Lande Ergehst du dich im Licht, Vergniigt besehaust du dir, Doch wss die Flachen warmet, Doch unter seinem Sande, Die Tiefe wiinnt es nicht. Du Guter, schlafen wir. ') Le Xnoce Udi barbare di Giosue Carducci: «Faufulla della Do-menica«, 2 aprile 18S2. 2) Ecco pure la versione del Lied; il quale rendo in italiano acco-standomi piu che posso ali' originale tedesco. — II canto de' morti: Quanto non t'invidianio noi, o viatore di lassii! Tu eammini circoudato d'aria, tu respiri nel mare deli' etere. | Noi siamo tramutati in polve nel grembo di sorde toinbe: oh beato chi se ne va peregrinando ancora ! quanto felice stimiamo noi la sua ventnra! | Circonfuso dal ragg'io solare, tu passeg'gi nella luce; ma cio che riscalda le superfici non penetra nella profondita, | Fulge per te, simile ad astri, la variopinta magniticenza dei flori; intorno alle nostre ignude fronti aderisce un serto polverizzato. | Noi aseoltiamo, Dicono i morti — Beati, o voi passeggeri del colle circonfusi da' caldi raggi do 1' aureo sole. Fresche a voi mormoran 1' acque pe '1 Horido clivo scendenti, cantan gli uccclli al verde, cantau le foglie al ven to. A voi sorridono i flori sempre imovi sopra la terra : a voi ridon le stelle, flori eterni clel ciclo. — Dicono i morti — Cogliete i flori che passano anch'essi, adorate le stelle che non passano mai. Putridi squagliansi i serti d' intoruo i nostri umidi teschi: ponete rose a torno le chioine bionde e liere. Freddo e qua giu : siamo soli. Oh amatevi al sole ! ri ;plenda su la vita clio passa 1'eternit-a d' amore. — Come si vede, il Carducci s'e inspirato profondainente alla canzone tedesca. II contenuto della quartina e dei distici e press'a poco il medesimo: si nelle une che negi i altri i morti parlano ai viventi, di sotto alle funebri zolle del camposanto, tessendo una magnifica e commovente apoteosi della vita: si nelle une che negli altri e il paragone fra la bellezza eterna del mondo e lo squallore infinito della tomba, e la ribellione spontanea alla terribilita della morte, e il trionfo supremo del sentimeuto naturalistieo greco-romano. Vero distacco tra le due composizioni non s'avverte che alla loro fine. II tedesco conchiude il suo malinconico L i cd con un'espressione d'invi-dia alla vita: 1'Italiano termina, in vece, mandando per bocca dei trapassati ai vivi una esortazione affettuosa e un saluto: m egli o assai il Nostro. Del rimanente, il Carducci ha appro-fittato, e vero, della canzone tedesca si nelio spirito che in taluna imaginazione di essa: ma ha suputo anche dare ai suoi distici una stampa al tutto personale, 1'impronta carduc-ciana mera, cioe: e questi e un altro argomento che vale a scusare l'apparente miopia dei critici. In somma: la conte-nenza del Gesang dar Todfen del Platen fu per tal guisa ri-maneggiata dal Nostro e, posta ch'ei l'ebbe a naturalmente ah ! noi intendiamo gli orecchi la clove non echeggia mai un romore; per te, in vece, mormora la polla, brusiscono le foglie nel vento. | Tu guardi pago dalla collina verso la campagna; ma sotto la gleba, o tu buong, noi riposiamo il sonno eterno. completare una delle piu espressive ed uraane odi barbare, cosi fattamente avvantaggiata; che non si potrebbe ora, da vero, far parola di plagio senza porre a grave repentaglio la serieta del discorso e senza tirarsi addosso la taccia d'irri-flessivi per lo meno. Aleuno potra 1'orse contrastare ali'ode carduociana la originalita primigenia del concetto: ma nessuno, io čredo, vorra negarle una vita tutta sua propria e non di riflesso. D'altronde: dato che il Carducci non avesse avuto soverchia dimestichezza eol Platen e avesse voluto far diseor-rere i morti lo stesso: credete voi, o lettori, che 1'illustre uoino non avrebbe saputo far le eose sue alla.... Carducci? Io, per me, čredo fermamente che si. £ * * Ancora due parole e poi non annoio piu nessuno. Della concordanza tra il Gesang der Tod/en e i distici carducciani non fa cenno ne pure Domenico Giuriati nel suo recente volume sni plagio. E si che il celebrato giurista volle riveder le bucce, con una meticolosita da benedettino, anche al nostro maggior poeta vivente; al quale egli trova di rinfacciare — con ogni riguardo, pero, anzi assolvendo a dirittura — una forte rimembranza heiniana. Si, 1' autore de 11 Plagio ha del tutto e in tutto ragione quando giustitica pienamente il Carducci, ch'e 1'onesta letteraria in persona: perche, voglia o non voglia (non ne sappia male al Giuriati, ch' e di troppa bonta verso parecchi immeritevoli), tra Edmondo De Amicis che mette a sacco nella sua Spagna il Voijage en Espagne di Teofilo Gauthier, da una parte, e Gabriele d'Annunzio che rita testualmente i Sonetti delle fate di Jean Lorrain, dal-l'altra; Giosue Carducci e un Esempio, una Coscienza, una Dignita. Capodistria, H agosto 1903. (Jiov. Qnarantotto Distribuzione della popolazione deli'Istria rispetto alla distanza dal mare. Ricerche antropogeografiche. Grande e l'iinportanza che a il mare nello stabilirsi delle popolazioni; di tale importanza io non posso parlare qui a lungo, ma rimandero il cortese lettore alla magistrale opera di Federico Ratzel,') il padre dell'antropogeografia; mi limi-tero soltanto a tare alcune considerazioni generali, che cerchero poi di mettere in relazione con hi distribuzione della popolazione istriana. L' influenza del mare e anzitutto meteorica, ') inquantoche esso in generale modera il clima e favorisce la vegetazione. Se la costa e bassa, tale influenza si estende molto di piu nell'interno di quelloche se in prossimita del mare som i alte montagne. Ampie valli di fiumi favoriscono la penetrazione del clima marino anche nell'interno: nell'alta valle del Quieto, p. e., in punti riparati, alligna perfino 1'olivo. In Istria, piu che 1'azione climatologica del mare, anno importanza antropogeografica la pešca e la navigazione. II nostro paese fu in questo riguardo inollo favorito dalla natura: le sue coste sono fornite d'ottime baie, di poni profondi e riparati. Gli Istriani seppero sempre approfittare di questo immenso favore, loro largito dalla natura. Gia ne' tempi an-tichissimi, essi erano in relazioni commerciali con altri popoli: i Fenici, gli Etruschi, i Siracusani, i Tarentini e i Greci. Ai tempi romani erano ben note le «sci'illae» e i «trabicula» degli Istriani. Le principali citta istriane furono sempre al mare o iu vicinanza del mare. Tema interessantissimo sarebbe lo studiare la variazione, nella storia, dei rapporti di distribuzione della popolazione' nspetto alla distanza dal mare. E' certo che ne riuscirebbero dei fatti assai interessanti, i quali ci aiuterebbero molto a spiegare le condizioni antropogeograflche attuali della nostra bella penisola. Ma i dati statistici in proposito o sono imper- J) F. Ratzel. Anthropogeographiu II Thcil. Stuttgart 1891. 2) Vedi anche O. Marineili, Distribuzione della popolazione della Sicilia nspetto alla distanza dal mare. Atti del secondo congresso "-eo-ra-fico italiano. Roma 1895. fetti o mancano dol tutto, por cui dobbiamo rinunciare a si fatta ricerca. Anche oggidi gran parte della popolazione istriana vi ve del mare, e possiamo dire sul mare. Tutte le cittii e borgate costiere, accanto aH' olemento agricolo, anno quello pesche-reecio e marinaro. La vicinanza di importanti centri di con-sumo, come Trieste, Fimne e in parte anche Venezia, favorisce molto la popolazione marittima deli'lstria. * •■!= 11 primo che abbia tentato di verifieare l'infiuenza che il mare esereita sulla distribuzione della popolazione fu Olinto Marinelli, per la Sicilia. ') Egli ricorse ad uno speciale proce-dimento suggeritogli dal Rohrbach 2) o il tentativo gli riuscl egregiamente. II suo esempio fu seguito da Angelo Cossu, per la Sardegna;1) non mi consta di altri consimili studi. II metodo seguito nella presente ricerca e quello dei due autori su nominati. La carta adoperata e al 200,000, edita dali' Istituto geografico militare austriaco. Anch'io avrei voluto considerare il paese per versanti, come anno fatto il Marinelli e il Cossu: ma cio mi fu impossibile, vista la c.ostituzione o-rografica deli'lstria, mancante quasi sempre di spartiacque. Sulla carta vel i na o descritto mediante un compasso le linee di egual dislunzu dal mare, ') di 5, 10, 15, 20 e 25 chm, indi, servendomi di un planimetro polare Amsler, misurai le aree fra esse comprese. Per determinare il numero degli abitanti di ciascuna zona, usai il sistema spicciativo cli considerare 1' intera popolazione del comune censuario (frazione), come accentrata nel eapoluogo. L' inconveniente maggiore cli questo procedimento (usato dal resto anche dagli altri), che la curva isocorica tagli un comune, 1'6 superato, cliviclendo il comune fra le due zone vieine: siccome o dovuto spesso ricorrere a una tale opera- Vedi op. eit. 2) Rohrbach C. E. M. Ueber mittlere Grenzabstande. Pet. Mitt. 1890, XXXVI, 76, 89. 3) Cossu. Una ricerca antropogeografica sull' isola di Sardegna. Distribuzione della popolazione rispetto alla distanza dal mare. Rivista geografica italiana ann. V. II-III. 1898. *) II Rohrbach le chiama curve corigrafiehe,; il Marinelli i.socoriche e il Cossu orno- o -iioparaliche. zione, č da sperarsi che lo inevitabili piooolo inesattezze Ion-ciano a compensarsi. Per il compnto degli abitanti mi sono servito dei dati statisti« seeondo il oonsimento del 1890, ') non essendo stati ancora publicati quelli seeondo il censimonto del 1900. Eeeo il risultato delle mio rieerehe: Tabeli a I Z o n e Estensione in chm.5 Abitanti 1 Densita I" _0-o chm. di distanza dal mare II" o-lO » III- 10-15 » IV« lo-20 , V" 20-25 » \ I" oltre 25 » Isole del Quarnero 1324-752) 926 740 576 416 42 930-49875 143,377 49,952 35,098 27,754 19.262 2,238 39,989 108-2 53-9 47-4 49-9 46-3 53-2 42-9 Assienie J 4955-24875 | 317,670 | 64-J Tabella 11 Supcrficl in chm*, racchiuse dalle varie curve di egual distanza dal mare e loro abitanti. Curve isocoriche di : Superlieie j in ehm.s Abitanti Densita. 0 chm. :!) (costa) 5 » 10 » 15 » 20 » 25 » Isole del ^namero 4024-75 2700 1774 1034 458 42 930-49875 277,681 134,377 84,352 49,264 21,600 2,238 39,989 69 46 47-5 47-6 47-1 53-2 42-9 •ibifn , , T:/\eai ta,)eJIa 6 la P«* abitata: 108-2 che i J" L': L HltGZZa di (lues^a cifra si spiega eol fatto che n questa zona sono poste quasi tutte le citta prineipali lat neTov" T ^ ^ aCCanto « -gioni inolto po^o SnoT u T tlUaSi comPletam«te deserte. La popola- e fe ihs i rT: ^ g°lf0di TrieSte' Pl^—a e tertihssima. La, oltre alle quattro citta di Muggia, Capodistria Isola^Pn-ano troviamo anche i oomnni rundi km Colatt J ocial-Orts-Repertorium des o«, i. Kustenlandes. Wien 1894 in questa zona sono comprese anche le Isole Brioni ) Lscla.se le isole del Cjuarnero e comprese le Brioni ' II trat to da Salvo re a Cittanova a una popolazione poco densa essendo in questa plaga assai sviluppato il latitondo '). La scarsa mano d'opera e fornita dagli agrieoltori che abitano nelle citta costiere di Umago e Cittanova, e nelle borgate di Petrovia, Matterada, S. Lorenzo di Daila, Carsette, Verteneglio e Villanova e a Buie; di queste, le quattro ultime localita appartengono ormai alla seconda zona. Oltre al lati-fondo, in questo territorio si trovano molti ettari di bosco čedno di queree. La regione costiera tra le toči del Quieto e il Canal di Leine e anche occupata in gran parte da latifondi. La pro-prietii e frazionata solo nelle vicinanze de' luoghi maggiori, dove abitano gli agrieoltori. Alla prima zona appartengono le cittA di Parenzo ed Orsera e le borgate di Torre, Villanova, Fontane e S. Lorenzo del Pasenatico. Verso 1'interno la po-polazione e molto piu densa, perche la proprieta vi e frazionata. I dintorni di Rovigno, dove la proprieta e frazionatissima, sono ben eoltivati, ma poco popolati, che i contadini si ritirano la sera in citta, ovc abitano. Dopo Rovigno, fino a Pola, la regione costiera e poehis-simo popolata. Tranne i dintorni di Peroi e di Fasana che sono ben eoltivati, tutta questa plaga e occupata da boscaglie, o meglio sterpaglie, fra le quali predominano il mirto e il roveto. L' agro polese, che per lo passato aveva una popolazione molto fitta,2) e ora pochissimo abitato: anche l'agricoltura e trascurata, preferendo i villici lavorare a Pola, nell'arsenale della marina da guerra. Sulla costa orientale della penisola, la popolazione e fitta solo fra Laurana e Volosca; Albona, se ben posta a 320 m. sul livello del mare, appartiene ancora alla prima zona. Nella seconda zona la media discende subito a 53"9, al di sotto della media delFintera provincia, che e di 64-1 per chm.2. ') Mi sento in (lovere (li ringraziare publicamente 1' egregio Signor Andrea Davanzo, podesta di Cittanova, e il carissimo amico Francesco Postet di Fasana, che mi inviarono cortesemente alcune notizie riguardo alla col tura sulla costa occidentale deli' Istria. 2) La terribile peste del 1371 privo completamente d' abitanti 61 dei 72 villaggi formanti allora 1' agro polese. Dott. li. Schiavuzzi. Cenni storici sull'etnografia deli'Istria. In Atti e memorie della societa istriana d'ar-cheologia e storia patria. 1901, XVII pg. 321. In questa sono comprese le citta di Buie e Dignano e le borgate maggiori di Verteneglio, Visignano, Canfanaro e Valle. La parte piii popolata si trova anche questa volta a nord-ovest, ove giacciono i eomuni di S. Oclorico della Valle, Villa Deoani, Paugnano e alcune frazioni di quello di Pirano. Quasi priva d'abitanti e la parte nord-est di questa zona, oceupata dal gruppo del M. Maggiore. Ancor piu spopolata e la terza zona, 47-4 abitanti per chm.2; tolte le borgate di Grisignana, Visinada, Gimiuo, Bogliuno, Pedena, Antignana e Sanvincenti, luoghi di qualche importanza non ve ne sono: la popolazione e aceentrata in villaggi o e sparsa per la campagna. Questa zona comprende alcuni tratti del desolato territorio de' Cicci. La quarta zona a una densita maggiore della terza, 49-9. L' altezza di questa media dipende dal fatto che in questa zona si trovauo tre luoghi importanti: Pisino, Montona e Por-tole, i quali, oltre all'avere essi stessi un numero d'abitanti abbastanza rilevante, sono circordati da territori sani, ubertosi e ben popolati. 1 tratti carsici, appartenenti alla quarta zona sono na-turahnente quasi deserti: ali'estremo settentrione, nella regione arenaceo-marnosa del Becca-Timavo, sono aggruppati parecchi villaggi, nei eomuni di Matteria ed Elsacco. La quinta zona non comprende nessun centro di qualche importanza, Pinguente eccettuata. Gran parte di questa zona e costituita dal Carso: da cio la cifra relativa molto bassa, 4(3-;). Ben popolati sono šolo i dintorni di Pinguente e di Ca-stelnuovo del Carso. Nella piceola pozione deli'Istria, che dista dal mare piu di 2h chm., la popolazione e abbastanza fitta, 53-2 per chm.,'2 e cio perche vi son compresi dei territori ben popolati: la regione arenaceo-marnosa a sud di Pinguente e quella pur arenaceo-marnosa del Timavo superiore. Le Isole del Quarnero, nella loro quasi totalita, non di-stano piu 5 chm. dal mare: solo due brevissimi tratti, insigni-fleanti, di Veglia appartengono alla seconda zona. Tutte le citta e le borgate di qualche entita sono alla costa. La poca densita della popolazione delle Isole del Quarnero (42-9) e causata specialmente da Cherso, poco fertile e poco abitata. / Come abbiamo veduto, il mare a una grande influenza sulla distribuzione della popolazione istriana: quanto piu da esso ei scostiamo, salvo alcune eccezioni, la popolazione si fa sernpre meno fitta. II mare pero non e ne il solo ne il piu importante fattore in tal riguardo; ve ne sono altri due: l'al-titudine e la costituzione geologica del suolo; il parlare di questi mi condurrebbe fuori d'argomento, quindi per questa volta faccio punto. ,, . . Giannaudrea Uravisi. DI PIETRO KANDLER Appunti e memorie. (ConUmiazione e fine, vedi fa.teicoli 1, S, 4, 5 e 6) Per la pubblicazione del Codice ebbe a lottare anclie con diversi pensari, chi lo accusa di far uscire con questo lavoro cosa tedesca, chi italiana, ed egli infastidito scrive: »tutti e due che esca roba clie sveli 1'ignoranza loro» e conchiuse: «1 savi son pochi, la massa che ha pur buon senso, ha paura, non sa credere a questi o a quelli.» Ma iil tanto lottare, fra tante amarezze, preoccupato da crucci d' ogni genere, non gli fa pero difetto la fiducia di rin-venire cio che non ha ancora rinvenuto; che le sue premesse, che paiono ardite, sono invece frutto del grande suo sapere, del grande suo studio, della profonda osservazione, e condu-cono diritte, diritte alla scoperta della verita. Ali' amico, nei suo suoi sfoghi sinceri, scrive: «Ed eccole caro mio Carlo come il »Codice diplomatico» vada svelando le condizioni deli'Istria. Cio che piu resiste e 1' atto di passaggio della Provincia dai Patriarchi al Principe Veneto, ma verra anche questo, ci sono vicino. Qualche cosa avro da Roma; Pola manca a comple-tare ma speriamo. Altri protittera dopo di noi*. L'anima sua esultava, quasi, di vittoria, ed erano vittorie meritate, quando poteva scrivere, dopo aver errato «Com' uom, che va ne sa dove i'iesca»: Inveni! Inveni! Per quest' opera poclerosa, che postillo e commento con dissertazioni che ne chiarirono molte volte la dicitura, e nella quale 6 racehiuso il famoso «Placito clel R.isano» egli ebbe locle, onori, distinzioni di cui non fe cen-no che a qualche intimo suo, aborrendo da ogni publicita, che cli titoli e testimonianze cli estimazione non fece mai uso, facenclo consistere 1'ambizioue e 1'orgoglio suo nel veder stu-cliata e onorata quella scienza a cui tutto dedicava. CoH'innalzar q nest i uomini, come meritano - - che le opere loro, frutto di vera dottrina, cancellano c fanno dimenticare qualunque difetto che in vita avessero avuto - una famiglia, un popolo sente cli elevare se stesso, e atferrando il nobile concetto su cui sono informati i loro Javori, lo fa suo, se Fin-sangua, acquistando in tal modo la coscicnza clel proprio va-lore; e lavorando, sulic basi preparate da essi, con perspicacia ed accorgimento, crea quci monumenti in ogni campo cli attivita, che non si cancellano e che sono 1' orgoglio cli una razza. Preoccupato dal pensiero cli raccogliere e mettere assieme, cio che per noi e un vero tesoro, e che noi riconoscenti nepoti abbiamo il dovere di conservare ed onorare, non e mai contento, ne cli se, ne degli al tri, e seri ve : «0h come vanno in lungo queste cose, e la vita mi sfugge fra le dita!» — espressioni che, in ma-niera eviclente, dicono la bellezza della sua figura, la grandezza del suo valore. — E poi: «Sul vallo ho fatto altre scoperte . . . ma la vita e breve, troppe le difficoltfe. Ho scritto a diritta e sinistra, ma tutto tace, hanno altro pel capo ...» Oppure: «Io appena ora incomincio a comprendere come dovea inco-minciare, e se avessi da ricominciare farei soliecito strada . . . e inutile dire agli altri fate cosi, non vi credono ... al vec-chio non resta che brontolare, ma il broniolare non giova, questi vecchi 11011 sono mai contenti, il tempo per loro stringe, e vorrebbero tutto accelerato, tutto fatto presto, presto. E leg-ge inesorabile, che quando il vergognoso errore si comincia a scoprire, allor si muore». E ancora: «E questa gioventu ha altri pensieri, ha altri proponimenti; fa anche lei il suo turno, per diventare vecchia a sua volta, e terininare col deplorare e brontolare, intenelo cli quelli che giungeranno a scoprire il vergognoso errore». Quante angoscie, quante interne battaglie combattute non si leggono in queste contidenze! Molte sono le opere, gli studi, le memorie, — delle quali mi riprometto cli parlare quando trattero sulFopera del Kandler, mentre oggi non faccio che ri- chiamare la meraoria su lui - ch' egli publici e sulle quali fece in seguito annotazioni, aggiunte, si da quadruplioarne talora la mole, e che purtroppo sono ancora inedite: - cosi il Codic.e deli' epigrafi romane deli'Istria, che ne contiene 1300, aggrup-pate per agri: esse sono la storia antichissima e antica deli I-stria, illustrata col miglior mezzo, colle mappe del suo ter-reno, e documentato colle sue pietre, esse attestano nel mondo fino dove giunse il potere e la civilta romana, fino dove gmn-se 1' impero religioso de' Papi; il farsi stranieri alle glorie an-tiche, il rinunciarvi e un dare attestato di poverta. Latinista profondo, studioso com' era de' classici, epigrafista di grido, «si che le sue iscrizioui paiono attinte per la maesta dello stile, alla luce monumentale de'secolari archi di trionfo, od a'musolei della via Appia, «maneggiava, scrive il Merlato, la lingua latina con tanta facilita da scrivere in questa, su qualsivoglia argomento a penna corrente, senza.pentimento, senza sospen-sione di dettato. Egli scriveva che la lingua latina e di tutti, ma gl'italiani ne hanno il dominio; per gli altri e adottiva, per gl'italiani e propria: lo spirito latino e degli italiani soltanto,. Con lo studio de'Grammatici, studio paziente e difticilissimo, eo-li riesci a scoprire come i romani »usassero nella distribu-zfone delle terre a favore de' Coloni mandativi nelle province da loro conquistate. Traccio moltissimi agri colonici, destando meraviglia ne'dotti, pel suo senso direi quasi intuitivo, che sviscerava le piu recondite idee, e ne indovinava 1' essenza, e ne' tecnici, per 1'esattezza con la quale ne indicava il luogo, ne determinava i limiti, ne calcolava 1' estensione.* Questo studio profondo e coscienzioso gli fece acquistare delle vere convinzioni, alle quali quantuuque, come scrive il Luciani, non rinunziasse per far piacere al primo arrivato, pure ben lungi dali' atteggiarsi a infallibile, accettava la discussione e avea fede nella perfettibilita e nel progresso. Anzi spesso diceva: Alostratemi con prove fondate che ho torto, ed io mi ncredero volentieri, e vi avro gratitudine; ma clie siano prove, non opposizione gratuita e inurbana, non insulti». Molte volte era tanto sicuro della giustezza di quanto opi-nava che, per non entrare iu pettegolezzi, lasciava andare i giudizi strambalati che correvano su' suoi lavori, perehe, scriveva, ci sono altre cose che valgono assai piu, e poi: «si esercitino, e vedranno bene in seguito come si sono ingannati*. Ed oggi gli studi progrediti, le scoperte fatte, e quelle che si var.no facendo, mostrano come verso di lui, ci fosse partito proso, in cui la ragione non c' eutrava ma il pregiudi-zio, unito ad una presuntuosa mediocrita, che non s'adatta a riconoscere il merilo laddove esso si riscontra, Ahi ceca umana mente Come i giuclizi tuoi sou vani e torti ! Del reglo, i suoi lavori, siano essi editi o inediti, presen-tano correzioni e moditicazioni numerosissime, che dimostrano com' egli non si adagiasse al primo pensiero — e "in tante te-nebre sarebbe stato perdonabile - ma se non nella sostanza, almeno nella forma e nelle varie parti lo moditicasso, Io ar-rotondasse, lo ampliasse, man mano che nuove prove, nuove serie argomentazioni si aggiungevano alle gia scoperte. Oltre che traeciare gli agri, egli anche ne corresse le no-menclature colla scorta di docunionti, di iscrizioni, ed o a lui che noi dobbiamo il risveglio di questo studio, che oggi e di-venuto argomento di trattazione in tutti i congressi geografici sia come studio delle lingue passato, sia quale mezzo di cono-scenza storica. Cio che lo amareggia negli ultimi anui di sua vita, o lo rende talora malcontento deli' opera sua di conser-vatore, lavoro faticoso, paziente e iugrato, e che richiede una cultura che nessuno, nessuno piu di lui possiede, e che noi oggi vediamo quanti frutti ci porta, e quanti ce ne apporte-rebbe, se le cose sue non fossero tenute, come lo sono, appar-tate, non corrispondendo certo al suo desiderio, ch' era di farle conoscere, di eccitare con esse allo studio molti de' nostri giovani, che con il corredo di cognizioni che oggi possiedono, potrebbero far molto; cio che amareggia, dico, gli ultimi suoi giorni, e cli non aver scritto la Storia deli' Istria. Ed anzi, quando apparve una descrizione deli'Istria in tedesco, scritta da un polacco, egli cosi si esprime: »Ed eccoti ora in faccia aH' Europa tutta, conseguata 1' Istria alla perma de' tedesehi, gl' indigeni vengono in secouda linea e non po-tranno stare a parallelo». »La precedenza e ormai stabiiita anche se si mordono fra loro — la bibliografia sartt il soccorso di Pisa — la monografia di Montona sara un saggio di quanto si sarebbe potuto fare — ora e tardi». E quando il Godina, segretario della Finanza di Trieste, publicava in isloveno una storia succinta di Trieste, traendola da quella della Bondelli, egli annuneiava al de Franceschi questa piihlicazione con le parole: «e useita una storia di Trieste seritta con inchiostro e spolvero sloveno.» E certo, che oggi di queste sue amare espressioni, che gli uscivano dalla penila, non per perversitA d' animo, ma per il costante e 110-bile affetto che nutriva per questa sna terra, e per 1' indifte-renza con cui vedeva trattati da' piu a' suoi tempi questi studi, di fronte ai bellissimi lavori publicati in lingua nostra dal de Franceschi, dal Benussi, dal Combi, dal Luciani, dali'Hortis, dal Caprin ecc. ecc. che lo seguirono e 1' imitarono nella sa-pienza storica, ne farebbe anipia ritrattazione, gioendo ehe dali' ingrata e faticosa sua opera si vedano ora tali i frutti. Fra le cose ideate dal Kossetti nell' anno della sua morte era 1' Idrografla triestina e ne aveva stampato due disegni ed il programnia, dal quale si rileva quanto avesse raccolto e si proponeva di stampare: — il Kandler cerco di mantenere la promessa fatta al letto deli' amico morente di occuparsi anche di questo argomento, e puhlico il Timavo, lavoro lodatissimo, e vari studi separati, uonche lettere e memorie e carte—o-pere ehe sarebbe ora, tossero raecolte e messe assieme per formarne una eollezione ordinata, da cui ritrarre lumi anche per il presente. Non basta cli'egli s'occupasse di questo vitalissimo argomento, ma stuzzicava anche gli altri a eoltivarlo, scusandosi col dire coni' egli avesse troppa carne al fuoco e si trovasse nell' iinpossibilita di poter attendere a tutto. Al de Franceschi, che gli scriveva della seoperta fatta dali' acquedotto romano di Fontane, scriveva: «E cosa di grande momento, per lei e sve-lato come i romani sapessero togliere e temperare colFarte il llagello deli' lstria«. E univa osservazioni, aggiungeva dati, cenili, memorie sulla sapienza romana in fatto d' idrografla, imitata ma non superata. E poi: «Non vi ho dato attenzione che troppe cose ho abbracciato, per comporle tutte: troppa la indifferenza generale, troppi gli ostacoli che da ogni parte s'in-contrano; troppo 1' agitazione degli animi. Gli studi vogliono pace. Speriamo ne' venturi, troveranno aperta, se non spianata la strada, e poi... e danilo che nessun periodico accolga quasi in magazzino le bellissime cose che vengono a giorno, e clie non solo sarebbero di erudizione ma di ammaestramento di cio che dovrebbe farsi, togliendo dali' esempio di cio che s' e fatto, che le cose passate fecer lume alle future, perche il mondo fu sempre di una medesima sorte.» Pariando di quei pozzi e di quelle cisterne romane, che s' incontrano spessissimo nell'Istria bassa, dice : »Converrebbe raccogliere queste rivelazioni, per venire ad un' Idrogratia i-striana, che sarebbe non gia semplice studio pri vato, ma uti-lita, anzi necessita puhlica, si preferiscono i pettegolezzi o l'ab-baruffarsi piuttosto che occuparsi di questi studi . .. e ce ne e per tutto di notizie in questo riguardo». E quest.o era 1'uomo visionario, che vi veva col capo nelle nuvole; io dico invece che era 1' uomo il quale aveva la coscienza del suo ingegno e appunto percio, anziehe piegarsi si affannava a render chiare e lucide le sne ragioni, e si doleva piu per gli altri che per se stesso, che amici e avversari non vedessero come lui. Ama-va essere e non parare. Anche i Ki volumi manoscritti inediti, che portano per titolo il «Conservatore», che sono proprieta deli' Archivio Provinciale deli' Istria e da' quali molti ritrassero preziosissime notizie, e io ebbi ad osservare alla sfuggita, ci danno un saggio della sua straordinaria atti vi ta, e del grande amore che nutriva per la sua patria. E tanta tenacia, tanta pazienza, tanta costanza, tanta vir-tii, dovevano arrestarsi di fronte ali' indifferenza di coloro che stavano sonnacchiosi, non curanti di questi studi, immersi in un' apatia che avrebbe ridotto, senza 1'opera sua, la nostra terra ad una terra di morti, inermi, impreparati, contro le battaglie deli' oggi. Dotato, come scrivono Carlo Combi e Tommaso Luciani, che gli furono amici, e lo venerarono come maestro *) di forte intelligenza e di prodigiosa memoria, altrettanto pronto a in-tuire, e, diremo quasi, a presentire il vero, quanto acuto e paziente nel sottoporlo ad accurata analisi ; reso sicuro, anche nelle piu ardite induzioni, dalla sodezza della vasta sua dot-trina e da una insuperabile facilita di assocciare felicemente gli elementi in apparenza piu disparati, pote ritrarre da co-piosi materiali storiogratici, che gli fu dato raccogliere con cure influite, tutto 1'insegnamento che vi sta racchiuso ; «e ben pno dirsi, che senza di lui non avremmo avuto mai quella, che e ora una ricchezza nostra, e garantitoci per sempre, e una ') Noto qui, di transito, che ne il Combi, ne il Luciani erano uomini da Uegarsi a immeritate lodi. rNota il con-testo delle opere, piu acereditatc uscite da petine nos trati, e un bel giorno prego la benemerita «Societa istriana di areheologia e storia patria* d'in-scriverlo nell' albo dei suoi aderenti. Noi dobbiamo adunque viva gratitudine allo Stradner per a ver egli ditfuso il nostro nome tra i figi i di Arminio, i quali — e cjuesto ei cou-forta assai — da qualche tempo hanno iucoininciato a studiare sul serio le nostre condizioni, e, merco, ripetute peregrinazioni alle nostre spiaggie e. ai nostri monti, imparato a conoscere che anche da noi splende un solo. tepido e ride un cielo azzurro, e che se altrove poinpeggiano Biarritz, Nizza e i laghi svizzeri, in Istria specchiansi nel «verde Adriatico« 1'opulcnta Abbazia e la gaia Porto Rose, mentre 1' interno offre le bellezze selvagge dei Vena e del Caldiera, il cupo fruscio del bosco di Montona, i placidi recessi della vatle del Quieto .... II Capitolo meglio elaborato e, senz' altro, quello che discorre della ])reistoria deli'Istria. In esso PA. riepiloga quanto di buono e stato stani-pato in merito nell' ultimo ventennio, accenna ali' importante raccolta di oggetti deli' epoca di re Epulo, che si conservano nel museo provinciale di Parenzo ; rende la dovuta lode al Dott. Amoroso, al Dott. Marchesetti ed agli altri infaticabili scrutatori di quella remota eta ; confuta le asser-zioni di Emilio Frauer, il quale — e non sempre a torto — vorrebbe assegnare un'origine semitica a moltissimi luoghi della nostra provincia; ricostruisce, da par suo, la vita nei casteliieri e nei porti counnerciali antichi ; parla dei mezzi di comunicazione e dei prodotti che scambiavansi a vicenda i prischi ahitatori deli' Istria, i quali, secondo lui, sarebbero appartenuti al ceppo celto illirico, popolo creatore di monumenti d' una civilta mai piu raggiunta dalle. popolazioni posteriori«. Lo Stradner mostra un particolare affetto alle citta marinare della costa e alle borgate deli' interno, sulle quali s' iutrattiene a lungo illu- 1) Auclie In «l'rovincia deli' Istria« (A. XXVIII. 1S04, N. 11) porta un articolo dello Stradner su «la liturjcia slava« tradofcto dal chiar. prof. G. V.-a, il ipiale giA nelF annafa prece-dente della benemerita «I»rovincia» (N. 15) avea publicato un amplo cenno del libro dello Stradner stesso Iiuuil um die Adria. Kin Skizziiibacli (In giro alVAdria. Schizzi). strandole negli usi o nei eostumi, con frequenti scorribandole nel campo della storia, della leggenda e delle indnstrie antiche e moderne. La meglio trattata, la preferita, e, non v' ha dubbio, la gentile Pirano, la cui ospitalita, da lunghissimo tempo, e divenuta proverbiale. Piran pi.en. de pan... e di pulizia: mi assicurano pero, che dopo 1'introdnzione degli spazzini municipali, le brave piranesi non vogliono saperne di fare tanto spreco di granate come per il passato : tanto e vero che non sempre le innovazioni rieseono in hene... Alla torte patria del Tartini l'A. dediča le pin belic pagine del suo libro, richiamando in vita giuochi, Jeste e co-stumanze oggi tramont.ite, ma da lui poste a ralfronto col modo di vivere odierno, del quale ci regala un grazioso seampolo nella riuscitissima de-serizione del funerale di una vergine ventenne e il contrasto fra la mestizia della cerimonia e la civctteria quasi irrevcrcnte delle amiche che accoin-pagnano la morta alPultima dimora. Un capitolo s peci al e e consacrato a «Porto Rose«, vaghissimo seno che una serie di amene eolline ripara, P inverno, dai ven ti freddi, mentre P afa estiva vi e mitigata dalla fresca brezza del maestrale, e insieme tale da offrire sicuro rifugio a una tiotta numerosa. Fra una pennellata e 1' altra, lo Stradner trova modo d' intercalare una magniflca stainbnrata ai famosi bagni di «ac.qna madre» e relativo stabilimento di cura, di cui ci narra la storia dalle modeste origini fino al considerevole sviluppo conseguito ai nostri giorni. Oltrepassata la punta di Salvore, entriamo nel regno della malaria, la quale, dove piu, dove meno intensamente (lesola la costa lino ali' e-strema punta meridionale della penisola, raggiungendo il massimo della sua forza letale nel grnppo delle Brioni, dalla maggiore delle quali, grazie ai grandiosi lavori di risanamento intrapresi dal coraggioso barone Kupel-wieser, tende gradatamente a scoinparire. Su questo tono, di tutto le principali citta nostre, lo Stradner si studia di darne le note ])iit simpaticlie e rilevauti. Isola sola e trascurata, Isole che, a difterenza di Umago, ha pur una storia da presentare e degli uomini iUustri da offrire alla venerazione degli Istriani e degli stranieri. La piccola Alieto ha smesso, e vero, da qualche decennio, il barbaro giuoco deli' oca strangolata viva ; ma in compenso conserva ancora intatta la piu ricca collezione di proverbi c modi di dire schiettamente e sineeramente istriani ch' io mi conosca ; e con Rovigno essa d i vi d.« il vanto di essere il luogo piu italianamente puro deli' intera provineia. Di Capodistria, antica capitale delPIstria dal periodo patriarchino fino alla caduta della Serenissima, P A. ripete molto cose egregie e piacevoli, massime la ovc risuscita la cerimonia solenne (clregli prese, quasi tal qualo, da I ltettori ecc. del nostro Gedeone Pusterla, senza citarlo) del ricevimento > del podesta noro; tuttavia ci e seinbrato che la mole del capitolo non eor-rispondesse in tutto e per tutto alP iinportauza deli' argomento. Lo Stradner, g'iova ripoterlo, non ha composto il suo libro per noi, che a tacer d' altro^ avevamo gia le Marine Istriane e le Alpi Giulie di Giuseppe Caprin, ma per i suoi connazionali, i quali, benche dottissimi e infallibili, ne sballano di cosi massicce sul conto di alcuni illustri giustinopolitani, che un maggior indugio sili medesimi nou sarebbe stato per nulla fuori di pošto. Cosi tanto por citare un esempio
  • Su l'ardente spianata, due o tre monelli del luogo s' indugiavaue petulanti e verbosi intorno a noi forestieri. Una pace immensa regnava su ogni cosa. Sostammo presso la tomba veneranda, disadorno sarco-fago marmoreo tenuto alzato da quattro colonnine e reeante in fronte un lmsto bronzeo del poeta, Tacemmo, raccolti e pensosi. La dentro in quell'arca travagliata clalle vicissitudini atmosferiche di ben cinque sccoli e mai rispettata dal sacri-legio di Firenze gelosa, avevano la requie eterna e l'adora-zione imperitura le ceneri del maggior lirico del mondo, era prigione per sempre il grande inquieto amatore della bellissima francese, sognava un ultimo sogno mistico, vigilato dalla suppliclievole epigrafe, l'asceta che inneggio sublime alla Vergine ed ebbe austeri colloqur col santo d' Ippona... Quante memorie e quali contrasti!... Ci sovvenimmo, poi, di un'altra memorabile tomba di poeta e pensammo ai lunghi secoli della servitii d'Italia. In quei giorni di mortale oscuramento, i glo-riosi sepolti di Ravenna e d'Arqua dovevano aver terribil-mente fremuto e grandemente sperato. Una commozione unica doveva averli riscossi. Una congiura inaudita doveva averli affratellati.... E gli anni erano volati, ecl era finalmente giunta Pora del riscatto.... Oh certo: ai tempi eroici della epopea inilitare, i clue feretri bramosi di lotta avean sentito per la prima volta la gravezza del marmo sepolcrale. Ecl era tra-scorsa anche la primavera santa della terza Italia... e i paclri della lingua s'erano di bel nuovo assopiti, con negli occhi tranquilli il sogno della grandezza italica.... S'erano.... tran-quilli.„. e chi lo sapeva? Rinvenuti dal lungo fantasticare, prendenmio la via che conduce al grosso del paesello e «alla časa del Petrarca*. Fu un'ascesa faticosa. II sole scottava e la strada era piu tosto ripida. Finalmente, giungemmo. Da priucipio, non ci apparve che un rigoglioso corpo di fronda: pensammo fosse un giardino; e lo era, di fatti, come indi a poco vedemmo. Sonammo il campanello. Venne il cu-stode. Era un uomo su la trentina e ci prego affabilmente d' entrare. II silenzio del romit ggio faceva da vero sgomento, tanto era profondo. Procedemmo taci ti e leggeri, inconscia-mente. Scorgemmo la časa. Dunque quello era il rifugio dove s'era calata dalla stanchezza del volo ultimo l'aquila vetusta e bisognosa di pace? E salimmo con intenso commovimento la scaletta esterna. 11 Petrarca, narrano gli storiei della nostra letteratura, venne a stabilirsi sui colli Euganei il 1:570, ritinito una buona volta dal peregrinare e dal vivere a corte. E vuole poi la leggenda che il poeta di Laura abbia scelto a suo asilo il paesello d'Arqua unicamente perche la vallata circostante raffigurava che meglio non avrebbe potuto le pittoresche adiacenze di Valelnusa, il paese della della sua giovinezza e de' suoi canti d'amore. Probabilmente, la gentil tradizione coglie nel seguo. Certo noi eravamo persuasi al tutto di quanto ci veniva ripetendo la guida cortese, al passare della loggetta aerea in capo alla scala nel vestibolo interno. Ci si paro dinanzi un'allegra anticamera. In alto, su le quattro pareti, rasente il vetusto soffitto di legno dipinto, fa-oean mostra di se ne bella ne brutta degli ingenui affresclii allusivi ai časi amorosi del Petrarca. Una scrivania recente s'appoggiava alla parete a sinistra di chi entra. Era nel mezzo una grande custodia tutta cli vetro simile a quelle che si veggon talvolta ne' musei: la suppellettile cioe che ripara al-cuni frammenti di vertebra del Grande, le memorie del quinto centenario petrarchesco, i vecchi albi dei visitatori e qualche altra minor reliquia. Null'altro di rimarchevole in quella stanza, fatta forse eccezione per un quadretto racchiudente poche foglie di un lauro di Valchiusa. Prendemmo subito ad osservare la vetrina. Dopo le due o tre ossa e i ricordi clel 1874, c'interessarono maggiormente (a torto o a ragione?) gli albi delle firme. I quali, in namero di cinque o sei, son tutti aperti alle pagine che meglio posson appagare la curiosita del visitatore. Leggemmo nomi venerandi: Umberto cli Savoia (clata: 1866!), Terenzio Mamiani, Marco Tabarrini, Giosue Carducci.... A un tratto, mettemmo una vi-vace esclamazione di stupore. Avevamo decifrato, in testa a un sonetto, un nome particolannente caro ad ogni istriano: Pietro Slancorieh !... Leggemmo avidi il resto... Po vero e buon canonico! anch'egli, avanti quasi cent'anni, s'era condotto ad Arqua per venerare il sepolcro e la časa del Petrarca! an-ch' egli, in quel sacrario dell'arte, s'era sentito non indarno italiano! anch'egli, prima cli partire, aveva lasciato il suo mo-desto tributo d'ammirazione!... E noi non lo sapevamo! Fu un istante di confusione. Ma poi ci sentirnmo piu contenti e piu fieri. Le nostre anime compresero l'anima del pellegrino antico. 11 pensiero istriano moderno risali per un istante alle sue o-rigini e misuro il cannnino percorso. Vivennno un attimo cli vita intensa. Nel silenzio solenne, i nostri cuori venerarono nel nome grande della Patria l'ideale che non sa tramonto e la speranza che muore per rivivere. Quando, in fine, ci guar-dammo in volto, eravamo non poco turbati. E quando par-lammo, fu per beneclire la mano pietosa che aveva aperto il quaderno alla pagina contenente lo seritto deli' istriano. I Mani cli messer Francesco avranno certo sorriso e consentito. Ma aveva o non aveva veduto mai la luce stampato il sonetto dello Stanc.ovich ? Ecco la dimanda alla quale nessuno dei presenti pote rispondere con sicurezza. La composizione fu quindi da noi ricopiata. E adesso non pare inutile al sotto-scritto, che, per quante indagini abbia poi fatte, e sempre nell' ignoranza prima, d'uscire per un'istante clal seminato e cli riprodurre anche su coteste pagine quanto lo storico nostro scrisse di suo pugno in un albo d'Arqua. Ecco: ARQUA — 9 GIUGNO — 1810 IL CANONICO PIETRO STANCOVICH DALI/ISTRI A DOPO — 15 ANNI — CHE STA BILI DI VENERARE QUESTO LUOGO LALMORTALE LO FA IN QUESTO DI SONETTO O Maestro divin, divin Petrarca, Io da tre lustri respirar giur.ii Quest'aure sacre, venerar quest' Arca, Ne al giuramento ancor io soddisfai. Ur che la vita mia di cure parca A vicende terribili involai, ') Io teco son, e son con alma scarca D'ogni vano desir, com'io bramai. E, sibben che di vate il nome ignoro Del torbid'Arsa oscnro figlio ignoto, '2) Un raggio pur del tuo favore imploro; E prostro, riverente, lunil, divoto Le inimortali tue ceneri qui adoro, E bacio riverente, e sciolgo il voto. E' poesia d'occasione e quasi estemporanea, come si vede; e delle poesie di tal genere ha i pregi e i difetti. Se non che nel sonetto dello Stancovich eccellono grandemente due qualit& assai buone del verseggiare di primo getto: l'am-pio giro entusiastico della frase e la scioltezza delFonda melodica. E per quattordici endecasillabi io stimo non sia poco. Poi, tutto 1'insieme non rende soverchio odore di stantio. In somma, la musa istriana se ne pno tenere. E chiudo la di-gressione. Che dire della visita alle altre stanze piu intime? che della sosta innanzi ai versi inimortali che Vittorio Alfieri scrisse a matita su 1'intonaco di una parete? che delle mille feste fatteci dal custode quando il brav'uomo s'accorse d'onde Le vicende politiche deli'anno — 1809 — fecero emigrare 1'autore, essendo la di lui vita periclitante dalle vertigini del brigantaggio nel di lui Dipartimento. Per il che sono 13 mesi che si trova absente dalla di esso Patria. 2) L'autore nacque in Barbana castello deli' Istria alle foci del fiume Arsa, ultimo conflne d'Italia. (Note delto Stancovich). venivamo? Furono due ore che non si cancelleranno tanto presto dalla nostra meraoria. Verso il tramonto, scendemtno il colle. Ci parve di lasciare un luogo caro per lunga consuetudine. Camminammo silenziosi. Nella piazzola ci attendeva la vettura. Facemmo atto di montarvi su. Allora, un vecchio popolano s' accosto a noi e parlo: «Ilanno veduto la fonte che ci costrui il Petrarca?» Rispon-demmo di no, perplessi. E 1'altro: »Ma vadano per Bacco! e li presso la chiesa, su la strada, a due passi! vedranno !.... Chiare, fi-esche e dolci acque/» Obbedimmo. Una bella grotta protegge lo scaturire della inesauribile polla; e un ampio ba-cino raccoglie la linfa soverchia. »Sul vertice del macigno leggemmo il distico seguente: Fonti numen inest hospes venerare liguorem Umle bibens cecinit digna Petrarcha Dei. Capodistria, 30 agosto 1903. (iiov. (Juarantotto L' ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Continuazione; vedi fasc. N. 6 di questo periodico) N. 11. Instrumenti dei notai Victore de Victore e Donato Pi-nadel. Vicedomini Leazario Ponzello e Simone de Victore. Un libro di circa 300 pagine molto danneggiato e in certe parti illeggibile. N. 12. Libro di 284 pagine del vicedomino Leazario Ponzello. 1391-1397. N. 13. Libro di oltre 300 pagine del vicedomino Simone de Victore. 1391-1401. N. 14. Libro del vicedomino Leazario Ponzello di pagine 122; mancano le prime 13 pagine. 1398-1400. N. 15. Libro di circa 400 pagine del vicedomino Simone de Victore. 1401-1420. Danneggiato dali'umidita in parec-chi punti. N. 16. Atti notarili di Victore de Victore sottošcritti clai vicedomini Simone de Victore e Leazario Ponzello. Un libro di 376 pagine. 1407-1410. N. 17. Un libro di circa 200 pagine del vicedoinino L. Ponzello. 1410-1416. N. 18. Atti dei notai Pietro de Musella e Andreolo Belgramono. Un libro di 487 pagine, qua e la danneggiato. 1415-1437. N. 19. Filza di atti sciolti, la maggior parte testamenti (1361-1690). N. 20. Filza di testamenti (1411-1673). N. 21. Libro di atti dei notai Matteo de Spataris e Blasio de Spataris rogati la maggior parte alla presenza dei Vicedomini Simone de Victore e Leazario Ponzello dal 1405-1422. Un atto e del 1398. Pagine 386. N. 22. Libro di atti di varii notai sotto i vicedomini Iacobo de Acerbis, Simone de Victore, Leazario Ponzello, Ro-lando de Almerigogna. Incomineia eolla pagina 8 e va fino alla pagina 343. Riguarda gli anni 1419-1438. Un atto del notaio Rantulfo de Octacho e del 1398. N. 23. Liber notariorum S. Iacobi de Acerbis, S. Antoni de Giroldo, S. Petri de Alexio. Pagine 409. Gli atti sono legati insieme senza ordine. 1421-1429. N. 24. Un libro di 427 pagine dei Vicedomini Paolo de Pere-grinis, Rolando de Almerigogna, Antonio de Giroldo e Simone de Baisio. I diversi guulerni sono legati in ordine inverso. 1422-1428. N. 25. Altro libro dei vicedomini Giovanni de Victore, Andreolo Belgramono, Andrea de Mazuchis, Gavardo de Gavardo e Pietro Musella. Pagine circa 300; e guastato superior-mente in parecehie pagine. 1425-1437. N. 26. Libro di circa 400 pagine del vicedoinino Iacobo de Acerbis de Perusio danneggiato molto dali' umiditii. 1429-1437. N. 27. Libro della Vieedominaria di pagine 192 di grande for-mato 32 x 41. Sono nominati i vicedomini: Pietro Musella, Iacobo de Acerbis, Marco Tarello, Andreolo Belgramono, Gavarclo de Gavardis, Vergerio de Vergeriis, Nicolo de Vulcina, Rantulfo de Otacho. Le prime pagine sono un po' lacerate. 1438-1443. N. 28. Libro dei vicedomini Iacobo de Acerbis e Pietro de Musella, di pagine 189; mancano le prime 3 pagine ed alcune sono lacerate agli angoli superiormente. 1438-1443. N. 29. Libro di instrumenti dei vicedomini Iacobo de Acerbis e Marco Tarello, Luca Scriba e Andreolo Belgramono. Incomincia colla pagina 57 e va sino alla pagina 179, 1444-144S. N. 30. Quaderni dei vicedomini Marco Tarello, Marco de Ga-vardo, Vergerio de Vergeriis, Iohanne de Victore, To-masiuo de Basilio, Andreolo Belgramono. Pagine 190. 1447-1451. N. 31. Libro dei vicedomini Marco Tarello, Gavardo de Ga-vardo, Andreolo Belgramono, Štefan o de Sabinis, Ga-spare de Baldis. Pag. 190. 1449-1460. N. 32. Quaternus officii vicedominariae, vicedomini Marco Tarello q. s. gentilini e Tomasino de Basilio sub regimine mag. gener. Antonii Marzello; incominciato il 1 luglio 1451 va fino al 1456. Pagine 192. Le ultime sei pagine sono danneggiate ali' estremita superiore. N. 33. Un libro di 285 pagine di instrumenti notarili dei notai: Nicolo de Vuleina, Giov. Belgramono, Bartolomeo de Tarello, Guariento de Tarsia, Andrea de Mazuchis, Verzerius de Verzeriis, Ugolino de Bonzanino, Nicolo de Ingaldeo, Francesco de Tarsia, Marco Scriba, Gio-vanni de Baisio, Andrea de Giroldo, Giov. de Victore, Leonardo de Victore, Melchiore de Sabinis, Bartolomeo de Bonzanino, Enrico de Petrogna, Stefano Nucio, Bartolomeo a Curia, Ant. Grisono, Rantulfo de Octaeho, Marco Ingaldeo, Marco de Gavardo. Gaspare de Baldis, Luca Scriba, Ambrosio de Octacho, Andreolo Belgramono, Hieronimo de Tarsia, Iacobo de Victore, Giovanni Fino, Giovanni Fermano, Pietro de Musella, Cristoforo de Serenis, Ant. de Germanis, Giov. de Vida, Michele de Gavardo, Beltramo de Tarsia, Iacobo de Budris, Rainaldo de Gavardo, Francesco de Vida, Pietro Paolo Vergerio, Bartolomeo de Petrogna, Hieronimo Candi, Giov. Batt. Malgranello, Giov. Petronio, Pietro Ingaldeo. 1455-1491. La prinia pagina e lacerata per meta. N. 34. Quaterni dei Vicedomini Marco Tarello, Andreolo Belgramono, Nicolo de Vulcigna, Melchiore de Sabinis e Verzerio de Verzeriis. Pagine 285. Le ultime 4 pagine sono in parte lacere. 1459-1467. N. 35. Libro della Vicedominaria segnato G. Vicedomini: Verzerio de Verzeriis, Marco Tarello, Guariento de Tarsia, Melchiore de Sabinis, Beltramo de Tarsia, Nicolo de Vulc-ina, Giov. Belgramono, Francesco de Vida. Pagine 201. Le prime pagine sono danneggiate inferiormente. 1464-1474. N. 36. Liber signatus G. parvus. Pagine 196. Vicedomini: Ver-gerio de Vergeriis, Marco Tarello, Beltramo de Tarsia, Guariento de Tarsia, Giov. Belgramono, Nicole de Vul-cina. 1466-1476. N. 37. Libro di 206 pagine di atti rogati alla presenza dei vicedomini: Giov. Belgramono, Gavardo de Gavardo, Iacobo de Vida, Vergerio de Vergeriis, Rantulfo de Octacho, Nicolo de Vulcina, Bartolomeo de Petrogna, Michele de Gavardo, Beltramo de Tarsia. Le due ultime pagine sono un po' danneggiate. Gli atti riguardano gli anni 1475-1481. N. 38 a) Instrumenti notarili, la maggior parte del notaio Nicolo de Vulcina. Un libro di pagine 180. Gli atti si ri-feriscono agli anni 1479-1495. Nel principio del libro 1' amanuense fa questa malinconica ritiessione : Cum moritur dives concurrunt nndique cives ad pauperis funus vix adest clericus unus. (sic) N. 38 b) Investiture ecl instrumenti coneernenti il Ius direttorio della Villa di Padena. 1485-1771. N. 39. Un libro di 192 pagine lacero nella parte inferiore di parecchie di esse. Vicedomini: Vergerio de Vergeriis, Guariento de Tarsia, Beltramono de Tarsia, Giov. Belgramono. 1487-1492. N. 40. Libro di atti di pagine 299. Vicedomini: Vergerio de Vergeriis e Beltramo de Tarsia. Alcuni atti sono rogati alla presenza dei vicedomini: Guariento de Tarsia, Bartolomeo Petronio, Giov. Ingaldeo, Anselmo Brathio, Giov. Brathio, Cristoforo Belgramono. 1492-1500. N. 41. Libro di 277 pagine. Instrumenti rogati negli anni 1497-1515 alla presenza dei vicedomini: Vergerio de Vergeriis, Sandro de Vida, Beltramo de Tarsia, Giov. Brathio, Giov. Belgramono, Michele Brathio, Paolo Grisono, Vin-cenzo Bonzanino, Anselmo Brathio, Giov. de Vida, Nicolo de Vida, Iacobo Vergerio. Un istrumento del notaio Gavardo de Gavardo porta la data del 1488. N. 42. Busta contenente 1) pagine 10 in pergamena di mani. festazioni giudiziarie vidiinato dal notaio Baisino de Baisio (1385-1386; 2) 250 testamenti (1348-1668). Una quarantina di questi sono danneggiati pareechio. N. 43. Filza di 239 testamenti. 1400-1720. N. 44. Libro di 277 pagine segnato N, nel quale si contengono parecchi atti rogati alla presenza dei vicedomini: Vergerio de Vergeriis, Beltramo de Tarsia, Daniele Grisono, Giov. Brathio, Vincenzo Bonzanino, Paolo Grisono e Pietro de Vida. 1500-1508. N. 45. Libro cli 200 pagine. Atti dal 1501-1516. Vicedomini: Michele de Gavardo, (iiov. Brathio, Daniele Grisono, Beltramo Tarsia, Vincenzo Bonzanino, Pietro de Vida, Anselmo Brathio, Iacobo Vergerio, Giov. de Vida, Paolo Grisono, Francesco Victorio e Nicolo de Vida. N. 46. Un libro che incomincia alla pag. 21 e finisce alla pa-gina 394. Gli atti vanno dal 1517-1527. Vicedomini: Nicolo de Vida, Iacobo Vergerio, Anselmo Brathio, Franc. Zaroto, Paolo Vergerio, Giov. de Vida, Franc, clel Bello. N. 47. Liber quintus testamentorum ecc. incominciato sotto i vicedomini Anselmo Brathio e Giov. de Vida. Pagine 294. 1520-1536. N. 48. Libro della Vicedominaria incominciato sotto i Vicedomini Anselmo Brathio e Francesco del Bello. Pagine 198. 1525-1530. Le uit ime quattro pagine sono danneg-giate ali'estremita superiore. N. 49. Libro 17" della Vicedominaria segnato colla lettera R. incominciato dal notaio Germano de Germanis. Va dal-Fanno 1525-1531. Vicedomini: Anselmo Brathio, Francesco clel Bello, Giov. de Vida, Francesco de Gavardo, Giorgio de Almerigotto, Francesco de Victorio. Pagine 198; le ultime sono danneggiate. N. 50. Libro d'instrumenti fatto in Isola sotto i Vicedomini: Marco cle Manzolis, Nicolao de Manzolis, Balsamino de Manzolis, Pietro Coppo, Giov. Coppo, Iacopo Egidio, Francesco cle Manzolis. Ha 227 pagine e va dal 1528-1558. N. 51. Libro ch atti rogati alla presenza dei Vicedomini: Giov. de Vida, Bernardo Petrusio, Franc, de Victorio, Donato cle Gavardo, Nicolo de Vida, Gaspare de Sabinis, Aloisio de Pola, Nicolao cle Manzolis e Manfredino Lugnano. 1531-1539. N. 52. Liber tertius incominciato nelP anno 1538 sotto i Vice-domini Giov. de Vida e Manfredino Lugnano. II libro e sciupato specie nella parte superiore delle ultime pagine, contiene un indice danneggiato ed incompleto e due pagine staccate molto rovinate di instrumenti del 1880. Ha 372 pagine; gli atti furono rogati sotto i vicedomini: Franc, de Gavardo, Nicolo de Vida, Gabriello Grisonio, Gavardo de Gavardo, Hieroniino Zarotto, Pomponio Du-caino, Angelo da Pola, Iacobo de Petronio, Fabrizio de Tarsia, Giovanni de Victorio. 1538-1561. N. 53. Libro segnato T. Fu incominciato sotto i Vicedomini : Giov. de Vida e Giov. Vincenzo de Costantinis. Contiene 189 pagine, le tre ultime delle quali sono alquanto dan-neggiate. 1539-1544. N. 54. Libro della Vicedominaria segnato V. incominciato dal notaio Francesco de Gavardo acldi 8 ottobre 1543. Vicedomini: Giov. de Vida, Franc, de Gavardo, Aloisio de Pola, Franc, de Victorio, Francesco Zarotto. Pagine 192. 1543-1547. N. 55. Libro della Vicedominaria mancante deli' intestazione, perehe la prima pagina e in parte lacerata. Ha 187 pagine e va dali'anno 1546-1549. Vicedomini: Francesco de Victorio, Giov. de Vida, Iacobo Petronio, Giovanni Vincenzo de Costantinis, Franc. Del Bello, Francesco de Gavardo, Hieroniino Zaroto. N. 56. Liber septimus Vicedominariae. Vicedomini: Franc, de Gavardo, Iacobo de Petronio, Fabrizio de Tarsia, Gavardo de Gavardo, Giov. de Victorio, Aloisio de Pola, Giov. de Vida, Aloisio Grisono. Pagine 295. 1558-1565. Nelle ultime due pagine, una delle quali e per meta lacerata, si trovano 7 orazioni seritte in italiano, le quali considerano i patimenti di G. C., sotto alle quali si legge: lo Iacopo Petronio di S. Manfredino, servo di Dio, al preselite Vicedomino di questa mia citta, de pugno mio ho scritto questo qui di sopra, a consolation di tutti quelli che trovassimo gli piaccia leger e intender le cossi. Laus Deo. Ex ofticio Vicedominariae anno a Vir-ginali partu mill.mo quinq.mo sexag.mo quinto die primo mensis decembris. A pagina 13 si trova trascritto il trattato di pace fra le cittii di Capodistria e Treviso avvenuta li 22 agosto 1216. II libro e molto danneggiato. N. 57. Libro che raanca clelFintestazione, perche ha le prime 4 pagine molto sciupate e in parte cancellate. Contiene atti notarili che vanno dal 1550-1559. Vicedomini: Francesco Del Bello, Giov. de Vida, Franc, de Victorio, Ga-briele Grisono, Hieronimo Zaroto, Aloisio Carerio, Iacobo Petronio, Angelo de Pola, Francesco de Gavardo. Pagine 198. N. 58. Atti notarili di Giovanni de Ottacco; un libro di 44 pagine. 1552-1577. N. 59. Protocollo di atti rogati dal notaio Bernardino Barbo. Pagine 212. Nella prima pagina ci sono dati cronologici, che riguardano le vicende personali del notaio. 1556-1596. N. 60. Libro della Vieedominaria di pagine 197 incominciato nel 1550 sotto i Vicedomini: Francesco del Bello e Hieronimo Zaroto e continuati sotto i Vicedomini: Franc, de Gavardo, Gabrielo Grisono, Giov. Vincenzo Constan-tino, Hieronimo Vergerio, Pomponio Dueaino, Iacobo Petronio, Aloisio Carerio. 1500-1557. E' aggiunta, al volume una concessione di nobilta, data dali'imperatore Ferdinando ali'arcidiacono Franc. Belgramono, eopia vidimata dal Vicedomino Hieronimo Gravisi nel 1789. Nel libro si trovano ancora delle pagine staccate, in numero di 15, che formano il principio di un libro segnato E.E. incominciato al primo aprile del 1564 sotto i Vicedomini Iacobo Petronio e Giovanni Paolo Febeo; gli instrumenti vanno fino al 1566, la prima di queste pagine e meta lacerata. N. 61. Libro della Vieedominaria segnato D.D. incominciato il 6 giugno 1558 sotto i Vicedomini Francesco de Gavardo e Iacobo Petronio, va fino alTanno 1564 ed ha 197 pagine con inclice. L'amanuense nella prima pagina insegna: a trovar l'Inditione eolle seguenti parole: *A trovar V Inditione parti il mill.mo di quelV anno tu vuol saper per cpuindese et a guello che avansa agiongili tre e troverai allora la Inditione. Vi aggiunge poi questa sentenza: Conscientia bene actae vitae multorumque benefaetorum tecordatio iucundissima est. (Conlinua) Prof. F. Majer. Notizie su Santo de' Peregrini giustinopolitano *> Giudico di faro qui corta menzione anche di Santo de' Peregrini nel modo medesimo, che ho tat! o del patriarca Ber-trando; anzi per la medesima ragione, avendo egli avnta la sua origine fuori della provincia nostra del Friuli (non pero fuori del Dominio di Giurisdizione della ehiesa di Aquileja, giacche nella citta di Capodistria) e qni avendo piantata la sua abitazione nella Citta di Friuli, ed in questa citta essendo man-cato di vita. Ma molto piu perche egli medesimo in una bella Pištola latina (1'unico argomento, che ci rimase della sua elo-quenza) la quale si conserva MS ne' Codici Guarneriani della puhlica lihreria di S. Daniello, da me in copia tatta passare tra' miei; scrive egli al suo amicissinio Pietro Paolo Vergerio il veechio, come noto nella Republica letteraria, di avere a-vuto nella nostra Citta suddetta molte amicizie e parentele nobili, e di conto unitamente alla consorte ed ai figlioli, che seco in quella citta fermamente dimoravano. Questi essendo Giureconsulto e per dottrina noto e per farna tu dal Patriarca e Cardinale d' Alencon, quando mediante la sentenza del Car-rarese aveva fatta la pace cogii (Idinesi, creato capitano di quella citt& l'anno 1384, come si raccoglie dagli Annali di essa. Qui passo da Capodistria ad esercitare quella carica, cli era la piii cospiqua nella cittii della residenza patriarcale, ove come Gpvernatore rappresentava il Principe; ed occupo quel pošto anche 1' anno seguente. Quindi fu dal Patriarca Giovanni di Moravia, successore deli' Aleneon, eletto suo vicario nel tem-porale; che in tal guisa, quella carica si denominava, la cjuale le veci tenendo pienamente del Patriarca medesimo, fuori di quanto apparteneva ali' Ecclesiastico, decideva tutte le que-stioni e liti cosi civili, come čriminali, udiva le appellazioni tutte, che in sifatte materie venivan al Tribunale Patriarcale, inquisiva, condannava, e puniva pe' delitti; ed a tutto cio pre-siedeva, che potesse concernere ii Dominio temporale; come *) Estratte dali' opera rarissima : Notizie de' Letterati del Friuli Vol. I pg\ 310, Venezia 1760. Appresso Modesto Tenzo. Con licenza de' superiori. Raeeolte da (iiiin (Jiuseppe Lirnti Signor di Villafredda ecc. — Furono spedite alle «Pagine Istriane« dal Signor Carlo Seppenl.ofer, bibliotecario della eivica biblioteca di Gorizia, al quale mandiamo pnbbliche grazie. dalla Patente d' Investitura o eollazione di tale carica ne' miei Apografi nuni. 552 ecc, chiaramente si comprende. In questo pošto egli era 1'anno 1388 e 1390 e come da sentenze di lui di quegli anni, pronunciate nel Palazzo Patriar-cale della suddetta Citta di Friuli, di mano di (lian Ful-cherio di Spilimbergo Cancelliere di quel Patriarca, che stanno ne'miei Apograti nam. 723 ed in questo, oltre 1' onore, aveva egli un annuo stipendio di sopra quattrocento ducati d' oro. Col quale utile considerevole, poteva come egli sc-risse in quella Pištola, mantenersi onorevolmenle, risarcii'e i danni della sua časa, provvedere alla buona educazione de' tigliuoli, ed ancora sollevare gli a miei, e parenti, ch'erano pervenuti in cattiva fortuna. «Si in lioc perseverabo statu (sono di lui parole) po-tero rem familiarem undique conquassatam reficere; potero liberis prospicere et amicorum, consanguineorumque inopiam sublevare». Ma non volle la divina Disposizione, che gran tempo godesse il vantaggio di questa sua buona sorte; ed ebbe non molti anni dopo occasione di esercitare quella vera virtu, di cui era fornito, rassegnandosi ai Divini voleri; e quel distac-camento clalle (-ose caduche di questa terra, che nella detta Pištola al Vergerio protessa di sempre avere avuto con queste parole: «Non tamen de hac laeta confido fortuna; liaec liabeo, ut depositurus, cum repetentur: illa redditurum me scio. Fir-mavi animo cum me haec relinquere expediret, non turbari.» Quindi poiche servito ebbe il Patriarca Giovanni nel sud-detto impiego fin che visse, e poiche l'ebbe esercitato, come io penso, anche circa due anni, sotto il di lui successore Antonio Gaetano; mentre era in viaggio per rendersi in Corte, nel passare il flume Stella, non lungi dal Castello di Varmo, in esso sommerso perdette la vita a' X Maggio 1' anno 1396. E di la fu condotto il di lui cadavere in Udine ove fu sepolto nella chiesa di S. Odorico. II che abbiamo da memoria, che con queste parolo si legge il giorno X Maggio nell' antico Ne-erologio, che si conserva nell'Archivio del Capitolo della Citta di Friuli: «Obiit Nobilis et sapiens "Vir D. Sanctus de Peregrinis de Justinopoli, in jure Canonicus licentiatus, in temporalibus Vicarius Generalis Patriarchae Aquilegensis, sic summersus est in Stella et Utini sepultus in Ecclesia S. Odorici MCCCXCVI Indictione IV«. Oltre la mentovata pištola scritta da lui al Vergerio e la risposta di questo a lui, cbe sta unita nello stesso codiee Guarneriano, e nei miei Apografi non abbiamo altra cosa che rendere ci possa testimonianza del sapere, e dell'e-loqnenza del nostro Peregrini. Se per6 e agevol cosa, che ognnno eonosca, come dicono i Latini, ex imgue Leonom, pos-siamo dire con verita, ch'egli in questa provincia sia stato uno de' primi ristoratori della lingua latina, prima che termi-nasse il secolo XIV. Poiche so questa Pištola non si pno dire scritta affatto affatto nella lingua forbita del secolo piu felice, perche ella 6 scritta come ad evidenza si scorge, famigliar-mente e senza certa cura e diligenza ; si puo pero con verita asserire che se avesse egli volu to porre nello scrivere piu attenzione, ed accuratezza, le cose da lui seritte in tal guisa avrebbero potuto stare al paragone con 1'opera degli scrittori di quel buon secolo. Per quello che spetta a' sentimenti, ed alla dottrina in essa Pištola spai-sa con tutta la saviezza, e con tutto il garbo; non si puo egli questo serittore giudicare, se non dottissimo ecl clo-quentissimo. E come ad imitazione di Cicerone lo dichiara il medesimo Vergerio nella sua risposta: »Huraanae sapientiae quoddam coeleste Oraculum;® e di uno squisito e maturo discernimento: «Tuum maturum et grave judicium in me requiro.» Quindi e, che in questa risposta si congratula con esso lui, della buona fortuna, incontrata in Frinli presso il Patriar-ca, non pero eguale al di lui merito, e alla di lui virtu: «Tuis autem commodis et honoribus, quae per literas tuas mihi nota fecisti, etsi virtute tuae imparibus, summe congaudeo; sicque semper eventurum speravi; neque tibi, ut alias scripsi, nisi bene sperare possum, qui ab illis infandis litoribus ereptus sis.» II Vergerio anch' egli era nato concittadino del Peregrini; ma cosi seri ve perche allora si trovava egli in Bologna, benehe giovane, puhlico Professore in quel rinomato studio di Logica. Egli e pertanto disaventura per noi, che non sieno di lui rimaste altre Opere da queste Decisioni in fuori, ed altre po-che cose Legali; del qual genere di dottrina era intendentis-simo per professione ; onde potere ancora noi Friulani far vedere, che non siamo stati gli ultimi in Italia a spogliarci dalle barbarie; e che i nostri ingegni hanno seguito i buoni esempj de' soprammentovati uomini in ogni secolo ; come abbiamo veduto, e vedremo sempre piu in avvenire. BIBLIOGRAFIA F. Musoni. Te d esc h i e Slavi in Friuli seeondo T ultimo censimento. BoFettino della Societa geogralica italiana. Maržo 1903. Nel nuiiiero di agosto abbiamo parlato del lavoro del Fraeassetti, in oggi parlereino tli quollo non meno interessante del prof. Musoni. L'A., che e noto nel Regno per le sue preziose monogratie sugli Sloveni del Friuli, si lamenta anzitutto elie ad onta de' voti espressi da parecchi scienziati e dal II Congresso geogratico italiano, nel IV censimento della popolazione d' Italia, 11011 sia stato dato ali' elemento etno-gratico quel pošto che di diritto gli spettava. Parla quindi brevemente delle colonie tedesehe di Sauris, Tiinau (Friuli) e Sappada (Bellunese), accennando alla copiosa bibliografia e ri-portando alcuni dati statistici. Piu estesamente tratta degli Slavi: li fa ascendere a 35,000, cifra superiore a quella dataci dal Fraeassetti, il quale, basandosi solo sui dati anagrafici, avea considerato completamente italiaui i comuni di Nimis e Ciseriis, ove sonvi parecchie fra z ioni completamente slave : anche in alcuni comuni italiaui vivouo, seeondo il Musoni, non poehe famiglie slave (p. e. a Cividalo), le quali tra le pare ti domestiche parlauo tuttora lo slavo. Nel distretto di S. Pietro, che forma un tutto a se, ed e mcuneato fra gli sloveni della provineia di Gori-zia, 1' elemento sloveno non a subito perdita veruna ; negli altri distretti, che sono piii a contatto coi Friulani, esso e invece in continuo regresso. A cio eontribuiscono vari fattori: la scuola, la chiesa (lino a 40 anui fa nelle chiese ]>redicavasi sloveno), 1' emigra-zione temporauea, la facilita degli slavi di apprendero gli altri idiomi e intine il maggior couto in cui, fuori del distretto di S. Pietro, gii Slavi tengono il parlare italiano ed il friulano in confronto del loro proprio. Anch' egli consiglia al governo e agli Italiaui tutti di non mostrarsi in-tolleranti e di rispettare gli Slavi nella loro lingua, nei loro usi e nelle loro tradizioni. Due belle cartine nel testo servono di guida al lettore ; alla tine trovasi un accurato elenco bibliogratico. (*• Dr. Matteo Bartoli: | Grammatische Uebersicht | iiber die italie-nisehen Mundarten | und | Glossar. [Separatabdruck aus «Savj-Lopez Altitalienische Chrestoinathie, Strassburg, Kari I. Triibner, 1903».] in -16° di pag. 214 e una tavola. II libro e, come dice il suo titolo, un quadro o sommario dei dialetti d' Italia, seguito da un glossario ossia vocabolario, ed e ancora come un connnento de' suoni, delle forme, della sintassi, dei voeaboli, che occorrono nella Crestomazia italiana antica, publicata dal Savj-Lopez — ma noi non 1' abbiamo dinanzi — della quale il lavoro fa parte ed e lavoro publicato a parte. Ma dei materiali, che la crestomazia gli oltre, 1' autore si vale spe-cialmente, per precisare, sia pure in maniera concisa, i caratteri dei tipi eapitali dei dialetti italiaui e di quelli, che a questi fanno corona, a set-tentrioue, ad occidente, ad oriente d' Italia. Un giusto giudizio di questo libro spetta veramenta di dare ai veri od agli appassionati cultori della filologia romanza. Noi, che ne P una cosa 11011 famo P altra, preferiamo pero di qui tradurre, come saggio ai lettori nella materia anche piu profani di noi, quanto 1' autore, dopo d'a-vere in chiari schemi ingegnosamente delineato la posizione geograflca e la parentela reciproca di tutti i dialetti d' Italia e degli altri teste ac-cennati, viene a discorrere anche del pošto, che spetta ai dialetti, diro cosi, nostrani, rispetto agli altri d' Italia. Nel fare tale faccenda 1' autore segue il gran inaestro deli' italica favella, che gia disse : «Si quis autem querit de linea dividente, breviter respondemus, esse jugum Apennini«, e il grandissimo glottologo moderno nostro, ch' ebbe a designare l'Appennino siccoine la .spina dorsale della pe-nisola appennina: che tutta quasi 1' attraversa e si protende nella Sicilia. Detto dunque de' gruppi dialettali deli' Italia settentrionale : piemon-tese, monferrino, lombardo, emiliano, lit/ure, continua : »Linguisticamente di gran lunga piu si allontana da quelli deli' Ap-pennino settentrionale e piu si accosta a quelli deU'Apennino medio ossia meridionale-orientale il gruppo dialettale dell'Apennino settentrionale-orien-tale, cio e il veneto-istriano. II veneto (poi che ragioni geografiche e poli-tiche ne favorirono la straordinaria forza espansiva) dal mezzogiorno at-traverso la pianura sgombra di monti (Chioggia, Venezia, Padova, Verona) si diffuse fin oltre la Venezia trideutina e la giulia. Qui fa parte a se, meglio che il veneto di Trieste, quello di Grado, appunto per la sua posizione geografica : nella laguna del golfo di Trieste. Ma piii tipico e i' istriano, oggimai confinato entro breve cerchia (Rovigno-Dignano), ser-rato d' ogni intorno, quasi del tutto trasformato dal veneto. Alle antiche, non venete, di lui caratteristiche si riannodano i gruppi dialettali dell'Ap-pennino meridionale-orientale, che gli sta di fronte, e, con questo, il dal-matico (non il ladino)». E parole non ci appulcriamo. (j. y.a. Giuseppe Popovici | Nuove postille al dizionario | delle colonie rumene d' Istria [estratto dagli »Studi di filologia romanza«, vol X fa«c 26] in -8» di pag. 6. L' opuscolo e un' appendice a piu «rieca inesse di postille, acute e coscienziose«, le quali nello stesso periodico aggiunse gia il dottor Bartoli nostro, lodato nella notizia anteriore, al dizionario del rumeno d' Istria, publicato teste «forse con molta fretta» — le parole virgolate sono del Popovici cosi qui come di sopra — «e poca prudenza dal dottor Arturo Bvhan». L' autore, di nazione rumeno, ebbe anch' egli la ventura di trovarsi 111 mezzo agli ultimi rumeni evanescenti del nostro paese e facilmente gli fu dato di raccogliere, col Imon sussidio deli' idioma natio, ch' e il bana-tense, questo nuovo manipolo di voci aborigeni, non derivate, cio e, 116 dali' italiano ossia veneto ne dai dialetti delle vicine colonie slave. «Si tratta, dice ancora 1' autore, di colonie straniere in Italia, di origine neolatina, in una provincia, che, se politicamente non va ora unita allo stato italiano, certo interessa scientifieamente soprattutto i ro-manisti cl' Italia®. Promet te jiltro lavoro, in eui fra breve diseorrera con piu comodo dei molteplici problemi, che offre la fonetica del rumeno istriano. E pronii.tsio boni viri etst obligatio. Gerolamo Enrieo Nani: l'rla, iirla ! . . . ; scene marinaresche in due parti e un intermezzo. Trieste, li. e O. Ferretti, editori, 1902. Da (juel g ran iudistinto e noioso vociare di tilatesse pornograflche, d'indovinelli simbolici e di sofistieherie psicologic....oidi, che k il teatro moderno, squillanti diane guerresche si levano rade piu assai che non si čreda. E proprio cosi: il sano e oggimai in ribasso: e chi meglio vaneggia e sproposita, piu riesce. Ma vcrra, Se la storia insegna bene, anche il u-iorno che il morboso cessera di moutare e che la bancarotta scoppiera. E allora linalmente si vedra chi avra fatto sni serio. II signor Gerolamo Etirico Nani stia di buon animo: il suo ultimo lavoro dramatico, cosa ottimamente sceneggiata, riboccante di passione e amena di novita, gli assicura un invidiabile posticino fra gli eletti. <>• Prof. Lorenzo Schiavi: l'n nuovo Paganiui (farsa); Roma, Scuola tipogratica salesiana, 1903. Io non so da vero il letterato giuliano ch' abbia fatto gernere i torchi tipografici quanto il nostro abate Schiavi. Anzi oserei dire che i libri del-P egregio ecclesiastico son piu numerosi de' suoi titoli, che non son pochi. E giuro che non fo della retorica. Del resto, quanto dico non pno se non sonare elogio. Lo Schiavi e un ottimo esempio, alla fin fine ; e magari che gli altri sacerdoti nostri bazzicassero un po', a tempo perso, in časa delle Mnse: imparerebbero almeno a scrivere decentemente italiano. Ma ritor-niaino ali' abate. II quale con la sua ultima farsa ha dimostrato due bel-lissime cose: che la sana arguzia creduta scomparsa per sempre con le parrucche e gli spadini vive ancora, e cho a scttant' anni sonati certe. fibre amano meglio indugiarsi nella lotta di quello che attendere crassa-mente lilosofiche la dipartita. G. Q. Andrea Morettini (Adriano Mernetti) : Fiori di Sogno (versi); cou prefazione del Dr. Francesco Tozzi. Editori R. e O. Ferretti, Trieste, 1903. Son canti il'amore, paesaggi romantici, fantastieherie sentimentali: c pervade il tutto, in bastante buona misura, una vasta onda melodica, una simpatica dolendi voluptas e una schietta eleganza d' espressione. Ma i Fiori di Sogno son prodotto di giovine ingogno: e non 6 quindi mera-viglia se il libro del Morettini e un libro di forti contrasti. Eeco : quello che piu spiace nel novo cantore e la facilita con cui egli si lascia prendere la mano da una magniloquenza vuota e incapaee d' effetto duraturo.... Parole, parole, parole, direbbo Amleto; si, parole che suonano ma che 11011 danno imagini. Poi, io troverei che la rappresenta-zione pootica del Morettini manca di consistenza: il quadro rimane abboz-zato e dilegua rapidamente a una piu sottile e vicina analisi; e la pen-neUata magistrale, la modellatura che impone, la verita che resta, si cercano in vano. In fine, per quanto 1'Autore si prefigga sin da bel prin-cipio di ricercar la novita, qualche sgradevole ciarpame da secentista e da imitator formale del D'Annunzio e delPascoli, fa capolino qua e la anche nei Fiori di Sogno. Ma il letterato marchigiano non se ne faccia: la sua via e belin : continui flducioso e ci regali ancora versi come i šeguenti (In nova rima, pag-. 30) : Non e cjuesto, non e: Le anticlie fole non narra il luogo ove le rose in I i ure spirano col profunio le parole nove rt' un novo. d' trn eccelso aiuore Ella era qui: nel radiar del sole era piii bionda la sua chioma : un flore rtischiuso a pena era la (lolee boeea doslosa di baei: una non toeea rosa dischiusa al inattutino allioi G. <{. Cino d' Istria, »alle rive del (Jiiarnero, versi, Trieste, Edit. la Ti pograda della Societa dei Tipografi, 11103 (pgg. 32). Non sappiamo, se il poeta, che si presenta con questo mauipoletto di versi (nove composizioni in tutto), sia un giovane: giovane ainiaino rafflgurarcelo, e tale ce lo fa credere il giro de' pensieri e la tecnica del verso. II pensiero e scettico, abbraccia questioni metafisiche e inclina a risolverle alla lcopardiana : qui e li qualche rimpianto, qui e li qualche aecento di reazione, che si prova di sostituire alla fede nella ragione la fede nell' energia. La forma risente di scuola : in arretrato col frasario e col metro, il poeta si propone spesso ima tela di confini trop po vasti, a colorir degnameiite la quale gli manea lena ed esperienza. Meglio gli sciolti che i canti a strofe rimate : peggio 1' unico sonetto della raccolta, luor di dubbio la forma piu terribile ehe abbia la poesia italiana e che esigeva, appunto per questo, maturita non comune d'esereizio per f.-ir ri-spondere la materia ali' intenzione deli' arte. Nessun componimento e per-fetto o vicino alla perfezione : cio non vuol dire tuttavia, ehe nulla v' abbia di men che disprezzabile. Al contrario, frequenti sono i pensieri, i versi, e anche le strofe, che, per forza d' espressioue e di sentiinento, fanno bene sperare del poeta. Se, dinanzi alle lusinghe di una vita pacitica ed insi-gmticaute, egli sente il fascino, che danno i pericoli d' una «vi:i dura« ed esclama : meglio lottare: col lronte altero e della siienie col fuoco in seno correre 1'erto fatal sentiero colr oechio flso su nel selenu. avvertiamo, fra il martellare del rude decasillabo cavaUottiano, il palpito d' un cuore, che dalle melanconiche aualisi del proprio io sapra, quando ehe sia, passare ali' azione vera ed efficace, e merita di rivelarsi intera-mente, perche ha qualche cosa da dire. E in arte, aver qualche cosa da dire, se non e tutto, 6 il piu. Quello che non e, dunque, sara. Parrebbe un nmprovero, ed invece e un augurio. p. p, F. Sata ta. Le nazionalitk in Aushia-Ungheria. Dalla «Nuova Anto-logia« del ltl agosto 1903. Roma. Riteniamo cosa non inopportuna il fare un sunto di questo interes-sante lavoro ; in esso 1' egregio scrittore osserino si pretigge di dare una risposta sommaria alle tre domande seguenti: La figura linguistica che oggi presenta l'Austria, 6 molto diversa da quella di venfanni or sono? Quali sono le lingue che vanno perdendo terreno o. quali se ne avvantag-giano'? Come e perche sono avvenuti questi mntainenti? Premesse due tabelle che contengono le cifre assolute e relative dei linguaggi deli'Austria secondo i tre ultimi censimenti (1880, 1890, 1900), ed una, contenente le assolute, a seconda delle varie provincie, l'A. prende in disamina ciascuna delle nove lingue separatamente. L' aumento dei parlanti tedesco come lingua usuale (Umc/aiigssprache) non e stato nel ventennio corrispondente ali'aumento medio generale degli abitanti indigeni deli'Austria. Infatti su 1000 abitanti parlavano tedesco, nel 1880 ,...3