Anno II. Capodistria, GirGN0-Af>0ST0 1904. N. 4-6 ____ • PAGINE ISTRIANE PERI ODI CO MENSILE PIETRO KANDLER Nel 1872 Carlo Conibi e Tomaso Lueiani scrivevano da Venezia alla «Provincia deli' Istria* La moi-le delV illustre Pietro Kandlcr e una grande srcu/tira, per la nostra palria. Ne il nostro dolore e dolore sol tanto di patriotti, che piangono una perdita inestiniabile c senza possibile compenso per il loro paese, ma dolore altresi di aftettuosi discepoli, nel eni animo gli stessi sentimenti di perenne riconoscenza verso il venerato maestro svegliano ora nuove ragioni di profondo cordoglio. Cosi scrivevano que' due illustri, che ora non sono piu e il cui sereno giudizio era d' inestiniabile valore per noi. che amarono con intenso affetto i I loro paese, e seguitando le ti'acce deH'amato maestro ne seguitarono anche 1'opera sua. Che do-vremo dire noi che di quest' opera tanto abbiamo approfittato per elevare la nostra coscienza nazionale? In Pietro Kandler un grande amore per il suo paese natio e per tutta la regione Giulia e stimolo a pazienti ricerche in ogni campo della storia passata, un sentimento profondo, che in lui scaturisce da serie convinzioni, basate su lunghi e co-scienziosi studi, fatti su libri, su docuinenti, su resti materiali di epoehe remote e recenti, che in tanta profusione ši trovano sparsi sulla nostra terra e che egli osserva nelle sue peregri-nazioni ali'aperto, e sprone alla ricerca del vero. ch'egli vuole scoprire con la poderosa sua mente, la quale abbraccia campi infiniti di sapere. Egli non si arresta, nell' opera sua investigatrice, a semplici indizi, a tracce oscure, a memorie incerte, ma osserva, seruta, studia attentamente, collega con genialita di pensiero ne prima, ne dopo di lui, da nessuno raggiunta, anche le cose, che a menti poco esperte sembrerebbero le piu disparate, e trae pre-cise deduzioni. Vuol lasciare un patrimonio di sapienza pratica 158 •_ al suo paese c vi riesce. «Noi seminiamo, cosi egli seri ve al suo Carlo '), e i nostri ni poti raceoglieranno i frutti*. Le vie non ancora mai percorse, egli stesso lo dice. allettano ad aprirne delle nuove non ancora battute. Grande e inapprezzabile merito anche questo e degno della s«a torte intelligenza. Mentre niolti de' suoi contemporanei non vogliono com-prendere e reslano indifferenti o inoperosi, e la marca incalza, incalza.... egli isolato, solo, con gli scritti e con la parola predica, come lo studio delle eose passate e il termonietro dei tempi moderni; e fiamma ravvi vatrice d 'ogni nobile iniziativa ; e ammaestramento, stimolo a operosita; te.soro di esperienze cke contribuiseono al miglioramento sociale; sentimento, in molti, nobile e disinteressato, elie li sprona ad ogni sacriticio; e di sacritiei egli ci da continua prova eoll'esempio. Sono questi gli alti concetti che ispirano 1' opera sna. Persuaso che solamente con lo studio e 1' esperienza del passato si puo eostituire, su basi sol i de di diritto e di convin-zione, quella eoscienza nazionale che trova il suo efficace fon-damento negli studi storici nella regione Giulia, e che e nel-ranimo suo, lavora, lavora, intiamma tutti. grande e beli'esempio di una portentosa operosita. «11 conoscere cio che siamo stati, egli scrive, e che siamo, sara la guida migliore per conoscere cosa dobbianio divenire» 2). Nato a Trieste, 1'occhio suo non s'arresta alla citta natale — ch' egli nobilita con lo scoprire nuovi monumenti in aggiunta a' noti, e, in tutte le maniere accresce e propaga 1' onore di essa, — ma. egli abbraccia tutta la regione Giulia, per cui sente una tenerezza straordinaria, vuole, (ion rifiesso alla sua antica unita storica, formarne un tutto omogeneo, compatto, un ba-luardo inespugnabile, una terra di viv.i. Avendo percorsa la regione palmo a palmo, egli sente di padroneggiarla. Con una sicurezza sorprendente d' intuito ne rifa la storia romana, cli' e la piii bella, la piu grande, vuole ricondurla alla grandezza passata con la descrizione de' grandiosi suoi monu- *) Carlo de Francesehi, — padre del nostro Camillo de Franceschi, aggiunto alla biblioteca civica di Trieste, — godeva 1' amicizia e la stiina cli Kandler che a lui scrisse fino agli ultirni momenti della sua vita. 2) Lettera del 15 ottobre 1854 al sig. C. de Franceschi, menti, Aquileia, Pola. Tergeste, Parenzo ecc.. con la descrizione delle sue flori do industrie, il IUif/o, o tintoria della porpora, le Figlinc, o fabbriche di cotti d'ogni genere, le VeArarie, le Lapiciriint', cave di pietra, i ('enlonuri, VulUmi, Detuhvfori, corporazioni speciali d'industrie tessili e costruttrici, con il ricordo deli' agricoltura co'suoi rinomati prodotti, con gli estesi commerci. «Lo condizioni tisiche della regione Giulia 11011 sono dif-ferenti dalle antiche e ritorneranno prospere come gia lo furono, nell' odierno telice movimento» S. Bella, grande visione di un' anima non meno bella, non meno grande. Quest.i, questi sono i concetti che inforinano il pensiero e 1' opera del nost.ro Kandler, tutto il resto sono chiacchere, che abbassano 1' uoino e ne deturpano la grandezza. II sentiinento d'affetto per il proprio paese, per la propria lingua. per la propria nazione, che sorge qua e la come fiamma isolat.a. e s' accende talora come fuoc.o tatuo, egli. ben giusta-mente, non apprezza, vuole clie esso sorga spontaneo dallo studio delle memorie passate, si propaghi, (Mitri con terme convinzioni ne' piu e pereio studia giorno e notte, accumula materiali storici, che ripone negi i archivi e ne' musei. Fa spavento pensare quant.i egli, in una vita breve, che la vita deli' uotuo operoso e sempre troppo breve. ne abbia ammassati. Sprona tutti gli amici ad aiutarlo nell'opera sua, li mette sulla buona strada, infonde entusiasmo, co' suoi scritti, con la parola etficace, — specchio della sua pronta, vivace intelligenza, — ne'giovani; li anima e augura che essi trovino sempre maggior piacere a queste esplorazioni storiehe. F. largo, generoso del saper suo, e come pensa per coloro che vissero ai tempi suoi ch' egli aiuta in milic guise negi i studi e nelle investigazioni, cosi pensa a' venturi. 1 Lettera diretta dal Dr. Kaudler al signor A. Cescon di Kovigno liubblicata iieH'«Osservatore triestino*. Luciani, a proposito di <|ueste lettere publicate suir«Osservatorc triestino», e ehe procurarono al nobile vecehio tante amarezze, seri ve: »Eppure per lnolti passarono inosservate, ad alcuni non piaeque la forma, ad altri parvero oscure. Sono oscure per i profani, por chi non conosce, per chi non studia il proprio paese, per chi non ha intelletto d' amore, il tempo e gli studi progrediti le. renderanno chiarissime, perche sono piene di dottrina e di grandi vednte. Ali' amico Carlo scrive «proseguiamo alacremente, noi non giungeremo a vedere il risultato, ma lo vedranno i nostri nepoti, pe'quali abbiamo debito di pensare, indi soggiunge: «11011 ho intenzione di desistere dagli studi carissimi e che dovranno quando che sia portare frutto, dacche questi miei avranno de-stino di suscitarne altri e migliori e piu certi». Nelle lettere agli amiei avea de' momenti di fuoco e di vera eloquenza; la sua parola ispirata protetizzava cio che ora, in molte cose, s' e avverato, ma avea anche de' momenti di scoramento, di scetticismo, quando vedeva in quale basso concetto, ad onta del suo grande lavoro, fossero tenute quelle cose ch' egli, a ragione, riteneva degne di studio urgente, come i commerci, 1' iudustrie, 1' agricoltura e tutto il resto. Prevedeva cio che sarebbe avvenuto, se il sentimento per il proprio paese non fosse stato ravvivato da questi studi, da cjueste in-vestigazioni, da queste scoperte storiche, e se ne crucciava ama-ramente con gli amici. I poclii, diceva egli, continuando nell' adorazione del vi-tello d' oro, arricchitisi alle spese del loro paese lo avrebbero dimenticato, ne avrebbero sentito, nella febbre del far denaro, nessun sentimento, nessun orgoglio, delle sue memorie, de' suoi ricordi, delle sue istituzioni, della sua lingua; si sarebbero ri-tenuti piu che flgli nobili, generosi della propria terra, scliiavi di una sola passione che purtroppo, in molti časi, attutisce, smorza ogni bella iniziativa; i piu, mantenuti ignari, con intenzione o per incuria, delle sue glorie, delle sue memorie, delle sue belle tradizioni, della sua lingua, de' suoi costumi, si sarebbero vergognati di dirsi flgli suoi..... Rossetti e Kandler vogliono assicurare al proprio paese il patrimcnio delle memorie — che sono il profumo delTanima, e costituiscono e costituiranno, anche in avvenire, per la societa, per le famiglie di tutte le classi sociali il piu sacro legame — e quello della lingua; 1' uno, pieno di fede, di entusiasmo e di amore patrio, lotta pe' diritti della sua citta — che si vorreb-bero manomettere — e in questa lotta porta tutta la grandezza deli' animo suo e il solo desiderio di fare il bene per il bene e vince, 1'altro profonde i tesori della sua intelligenza, per affermare, con la scienza storica, da lui resa, con vero genio, di pratica utilita, questi diritti ed e certo del successo. Muore il Rossetti, e Kandler al letto di morte deli' amico fa la promessa, che mantiene fino ali' ultimo momento della sua vita, di continuare l'opera, tanto bene incominciata, delle luminose scoperte storiche che sono i piu bei tesori per ogni popolo a qua-lunque razza appartenga, qualunque principio abbia abbracciato. Un cittadino non ha diritto di chiamarsi figlio ainoroso del proprio paese, se non conosce la storia sua; non ha diritto di volgere lo sguardo intorno fiducioso de' destini della sua patria se non la percorre, non la studia, non la investiga, non leva il velo anche delle sue piu ascose memorie; non ha diritto di parlare con convinzione, con seriet& di propositi delle cose sue, se non conosce, per propria esperienza tutto cio che ad essa riguarda; solo cosi il suo giudizio potra a ver un valore ed es-sere preso in considerazione. E Kandler, in questo rispetto, e vero cittadino della patria sua, della regione Giulia; e questo suo amore per la terra na-tale, che circonda di un' aureola cara, santa, la sua bella romana faccia, egli non lo nasconde, pur rispettando le leggi e le con-suetudini, come usavano molti de'nostri vecchi, neppur a'grandi, a qualunque partito appartengano, anche se sa che a loro puo spiacere e che cosi ne perde 1'amicizia o la considerazione. E cio e pure merito suo, che l'affermare certi principi, poteva parere allora azione ardita e forse anche sovversiva. II Kandlerconsiderato sotto tutti questi aspetti, assume tale grandezza, che pochi uomini passati e preseliti possono essere paragonati a lui. L' opera sua restera come un monumento eterno della grandezza e versatilit& del suo ingegno, e riconosciuto in un non tardo avvenire — e oggi siamo sulla strada — il valore degli studi storici nella nostra regione assai di piu di quello che fino ad ora non sia stato riconosciuto coll'elevarsi della coltura in tutte le classi sociali, la sua figura risplendera di sempre maggior gloria; i nepoti nostri s' accorgeranno quanto poco riconoscenti noi fummo per un uomo, che con le sue opere creo le basi granitiche della nostra vita nazionale. ____Ni coi d Cobol l) Non mi sono intrattenuto a parlare della vita del Kandler avendolo fatto poehi mesi fa nelle «Pag'ine Istriane« con la publicazione di alcuni articoli, raccolti poscia in opuscolo coi titolo «Di Pietro Kandler appunti e memorie« dove dissi ed esposi parecchie cose che da' smoi anteriori biografi, Merlato e Luciani non erano state dette. Nell' articolo presente si rispecchiano alcune mie opinioni che svolgero in seguito in un lavoro che sto facendo «Sull' opera del Kandler«. L'italianita di Pisino nei secoli decorsi {Continuazinne c fine, vodi fasc. X. S). La civilta italiana non rimase in Pisino patrimonio eselu-sivo dei eiftadini e dei borghesi, nia essa s' ini])ose un po' alla volta anche alla nobilta feudale tedesca, clie dovette adottarne le costumanze e la lingua. Ijilanto perd nelle castella e baronie minori deli'Istria interna, in ispecie nella Val dArsa — alla quale gia le colonie rusticlie rumene innnigrate nel XIV o XV secolo avevano rinfuso un nuovo a lito di latinita ai primi-tivi feudatari teutonici andali esfinti, o riliratisi nei loro paesi d' oltr' Alpe, comiuciarono a sostituirsi feudatari italiani. che valsero a diffondere sempre piu anche in quelle regioni remote e solitarie la luce della coltura nazionale. Gia in sul principio del secolo XVI la signoria di Cosliaco pervenne ai Barbo, d'illustre nobilta veneziana, che in breve estesero il loro dominio andie ai cast.elli di Bellai e Passo. Verso la fine di quel secolo la vitla di Oepich passo ai Diotal-levi di Rimini, e una parte delle vilic di Berdo e Iessenovico ai de Leo, patrizi friestini. In seguiln, a laipoglavo si stabilirono i Brigido, d'origine napolitana. <» a Chersano i de Fin. cui se-guirono i Rani]>elli e poi i deli' Argento: mentre nel K>44 anche la Oont.ea di Pisino passo in proprieta di una famiglia italiana, dei nobili veneti Flangini coni i di Sant'Odorico, ai (piali sue-cessero i con ti Porzia friulani: a questi, per 35 anui. i principi d'Auersperg, quindi, nel 1 TOš. i Tminetli marchesi di Prie e Panealieri cd alla fine, nel 1 Tlifi, i confi Montecuccoli da Modena. Dal 1500 in poi. tanto i vicari ossia i giudici dei malefizi, che i cancellieri della Contea furono luiti di nazionalita italiana: a questi uffici venivano prescelti, di solilo, eiftadini friestini o fiumani. ma anche talora giurisperiti di al tre citta d' Italia. Fra i vicari di Pisino ricordercmo Francesco Bagni da Siena. Jlarcello Capuano. Pietro della Porta, Francesco de Tranquilli da Fermo, Ferdinande Antonio Zanchi da Fiume, (tiov. Domenico Moreschi, tliov. Baltazzi, Agostino Buzzi da Fiume, Pietro de Modesti da Trieste ecc.; fra i cancellieri Stefano Padovino. Vitale Mirizio o Miriceo, Fabrizio Rapicio e suo figlio Andrea, Vitale e Benedetto delPArgento, AI vise ('orsini d'Ancona, Giov. Battista Basilio, Tommaso Carlo di Pers ecc. Anche i capitani e luogotenenti furono nei tempi piu moderni in grande maggioranza italiani; bastera menzionare fra i primi, per il secolo XVII, Bernardino Barbo, Michele barone de Rabatta, goriziano, Giorgio barone Barbo, Gian Bat-tista Garzarolli, Carlo Lantieri da Romans, Cristoforo Rampelli da Pisino, Francesco Rocco Vitnich da Fiunie; e per il secolo seguente Benvenuto barone della Rovere, Giuseppe Antonio Cignotti, Daniele de Cal6, Giov. Teodoro Bono, Gius. Antonio Zanchi, Martino de Terzi, Giov. Paolo de Bissolotti, Giuseppe de Bono ecc. Fra i vice-capitani o luogotenenti: Marcello Ca-puano, Nicolo Arardi, Antonio Wassermann, triestino, Giorgio Primicerio, Francesco Bagni, Giuseppe Pellegrini, tutti del sec. XVI; quindi: Giulio de Fin, Giov. Pietro Girardini, Giov. Gia-como de Giuliani, Stefano de Benzoni, Antonio Bono e altri'). Alcuni cli questi ufficiali presero stabile climora in Pisino acquistandovi beni feudali e allodiali, cosl i Bagni, i Tranquilli, i Zanchi, i Moreschi, i Rapiccio, i dell'Argento, i Pellegrini ecc:, che vennero a formare una specie di patriziato locale italiano in sostituzione della in gran parte spentasi antica aristocrazia feudale tedesca. Accanto a questa piccola nobilta italiana fioriva pure, specialmente dal sec. XVII, e nella citta di Pisino e nelle borgate vicine una numerosa borghesia italiana, intelligente ed attiva, ingrossata dalla continua affluenza di connazionali del Friuli e della Carnia. che. in ispecie dopo le stragi delle pesti, venivano ad esercitarvi le arti manuali e le industrie casa-linghe, oppure il ])iccolo trafflco. De' quali nuovi venuti, diffusi allora piu o meno in tutta 1'Istria, scriveva intorno alla meta del 1600 Giacomo Filippo Tommasini vescovo di Cittanova, che «servendo nel paese esercitano i loro buoni ingegni, e ne cavano grossi utili, a quali aggiunta la loro parsimonia, alcuni son divenuti molto c.omodi e ricehi in breve tempo.» Da un singolo protocollo delle cause civili pertrattate clinanzi il tribunale capitanale di Pisino negli anni 1691-1692 abbiamo potu to spigolare i seguenti nomi e cognomi di abitanti della Contea, che ci denotano quanto numeroso ivi fosse in quel tempo 1' elemento italiano : Pisino: Giovanni Battiston, Zuane Bortoloinio, Antonio Cagnolini, Antonio Carlin, Carlo Cavalieri, Bortolo Chiavalon, Antonio Costanza, ga-staldo, Mistro A gosti no Cnlinas o Chiulinas, Agostino Dafar, Eredi qm. 1) Quest,i notni sono tolti da iniei elenchi inediti, conipilati sulla base di doeumenti, dei principali funzionari della contea di Pisino. Lodovico DelPArgento, Matteo Dequal, Mattio c Giacomo Fattori, Znano Fes ta, Francesco Fustiguotii farmacista, Znane Galaute, Androa Gazi, Nicolo Lardea chinirgo, Antonio, Luca e Martino tratelli Marsetti, Antonio e Bortolo Pontini, Michele Putigna, Martino Kapiccio, Antonio Kovina, Giov. Battista Tranquilli, Mattio 1'golin, Giovanni Vegnut e Simone suo tio-lio, Znane Verdes, Martino Zaccaria, Francesco Zupponi. Antignava : Antonio Agnstini. Silvami Benedetti, Lazzaro Biaggio fabbro, Lorenzo Bonasera, Francesco Casamara, famiglia DelFOste, Andrea de FraneeSchi, famiglia Pelizzari, Andrea e Mattia Segon, Giacomo Visen-tini, Giovanni Zonta. (1<1IUo le nebbie dispotic-he della tradizione e far& si rilevi dalToblio e dall'inerzia la coscienza de'popoli europei. In fatti, gli e non piii tardi del 20 luglio 1304 che nasce Francesco Petrarca, 1' iniziatore e il rappresentante piii cospicuo del inovimento intellettuale che fu a cosi buon diritto chiamato Umanesimo e che consistette, cpianto alla essenza sua piii intima, in una solenne rivendicazione deli' uniano pensiero alla liberta, imperitura e divina. Questa, in succinto, la parola della storia; e se dal di della morte di Francesco Petrarca e trascorsa fino ad oggi la bellezza di cinquecento e trenta anni giusti, non per cio la obbligazione nostra e quella delle altre genti della civiM verso il Grande puo dirsi in una guisa o nell' altra diminuita. Ond' io stimo che anehe la ricorrenza di cotesto mese debba allietarsi ovunque d'animi gentilmente intesi a tributare alla memoria di Francesco Petrarca tutte quelle testimonianze di ri-conoscenza, di affetto e di ammirazione, che son dovute e si dovranno sempre ai maggiori intelletti deli' umanita. *) Una assai gen tile preghiera m' invitava tempo fa a ricordare nelle 'Pagine Istriane' la sesta rieorrenza seeolare de' natali di Francesco Petrarca. Io non so da vero i motivi ehe mi procurarono 1' onore deli' invito che ho detto; ma so, in vece, d' aver accettato e d'essermi sobbarcato a una responsabilita superiore alle mie forze .... 'Peceato confessato e mezzo perdonato' ; e voi, o candidi lettori, siateini larghi di compatimento, per spesso che vi toechi d' accorgervi che nel mio seritto, per dirla eol poeta di Laura, La penna al buon voler non pu6 gir presso. II. Avute in sorte nascendo facolta menlali d' umno vera-mente superiore, Francesco Petrarca tenne in gran conte gli studi classici fin dalla sua prima adolescenza : e Convenevole da Prato, il suo buon maestro di Pisa e d'Avignone, non tatico da vero soverchiamcnt.e per instillargli amore ali'apprendiniento del latino. .Ma v' ha di meglio aneora. II giovine figlio di ser Petracco, a ditferenza de' suoi compagni di scuola, non s' arrest.ava alla sola, di per se assai poco elocpiente ven usta formale deli'opera letteraria, ma cercava di penetrare, e penetrava in etfetto, con acuto e incessante lavorio d'analisi, la sostanza riposta, il niidollo interiore, ranima imniortale d' ogni classico scritto. Cosi. adolescente a pena, Francesco Petrarca seppe far cio clie non avean sapufo fare prima di lui intere generazioni di dialettici incanutiti sni codici; tanto pote in lui un non efimero entusiasmo giovenile per la pas-sata grandezza della sua terra uuito a un desiderio di cono-scenza na ti v o e profundo. E di quale importanza sia nella vita del Petrarca cotesto periodo di studi cosi amorosamente intesi a serutar nel vivo delle antiche creazioni letterarie pagane, Io dimostra in assai chiaro modo il fatto che dalla retta intelligenza e profonda del classico pensiero venne sopra tutto al poeta la possibilita di foggiarsi a poco a poco un carattere insotferenie d' ogni impostura e d' ogni sopraffazione, di darsi a conoscere, giunta Pora opportuna, ingegno ribelle quant'altro mai a tutto che offendesse la (lignita delParte e della scienza, e di primamente svelare a' suoi torbidi contemporanei quali inettabili sorgenti di luce artistica e civile fossero sparse a dovizia per entro a' codici inerti e polverosi. Perche Francesco Petrarca seppe anche esser prodigo delle sue scoperte: e prodigo come un innovatore. Ho detto innovatore: e sta bene, avvegna che il Petrarca abbia possecluto, se non tutte, alnieno le capitali qualita del gen i o chiamato a riformare le lettere e le scienze; come n' e dimostrazione eloquente la circostanza, in ispecial modo, che quando egli ebbe incominciato a valersi da par suo delle con-quiste intellettuali de' padri latini, 'una meraviglia sconfinata', per citare la trase di un critico illustre, 'saluto la rivelazione e tutti anelarono dissetarsi alla poderosa corrente. di cui egli aveva discliiuse le fonti c mostrati i miraeoli' ....'j Ora, come si sa, fu a i >1111 to con 1'accorrere deli'universale alle prode della nialiosa fiuniana svelata dal Petrarea (continuo per m i o conto la metafora), ch'ebbe principio 1'1'inaneshno. Ne e da tacere clie, cul progredir degli anni, i'ininterrotto appassionalo studio delLAiiliehita procaccio allo stesso Petrarea benefici sollievi. La psiche natui'almeute irresoluta e malinco-liiea del grande tiorentiuo si ricbbe da'suoi abbattimenti nella lettura de' poeini di Virgilio, delle storie di Livio, delle orazioni di Cicerone, Irionfo delle sue opposte inclinazioni (per quanto al meno le fu possibile) negli austeri c^loqui con gli autichi filozofi pagani, interpreti cosi profondi della eterna saggezza umana.... Se non che, concepito per via de' classici studi un pili libero e razionale modo di vivere e trasportata al di qua deli'oltre tomba piii d'una ideal meta deli" esistenza, ec.co franare aH' improvviso di sotto"a' piedi del Petrarea il sostegno della fede avita. ecco il misero poeta ineaniminarsi, gonfio~il core d'aniarezza, per un sentiero irto di triboli e privo di riuscita. La conseguenza era necessaria: e 1'avventura, aMlir cosi. del Petrarea e 1'avventura di ogni giorno nell'uomo eulto moderno. Chi non lo sa? la scienza procede ma il dogma resra. E d altronde: 'il dissidio tra 1'uomo finito e le sue aspi-razioni infinite. tra il sensibile e 1'ideale, tra 1'umano e il divino, tra il pagano e il cristiano'non ammette tregue ne componimenti: e eterno e' immutabile. Ma torniamo al Petrarea. Aristotele e gli Scolastici avean ]»oruto largamente soddisfare alle esigenze spirituali di Dante, cattolico e uomo del Medio Evo: a Francesco Petrarea, torturato dal dubbio e uscito pienamente delle tenebre medievali alla luce de' tempi nuovi, fanno di bisogno i conforti che il divino Platone largiva nella pace serena de' giardini d'Academo a' bei giorni d' Atene, e che i boschetti di Camaldoli, la villa di Careggi e le čase tiorentine de' Jledici udranno risonare tra breve a conforto di tante anime assetate di bellezza e di verita. Ma e le proinesse fatte a sant' Agostino nel 'Secretum'? Forse che al poeta la fede, in cui egli era stato allevato fini ') Giuseppe Fiu/.i: Petrarea; Fircnze, Harbera icollezione 'Pantheon'), 1900; p«'. 145. -) Giosue Oardutci : Presno la tomba di Francesco Petrarea, in 'Opere di G. C.', vol. I; Zanichelli, Bologna, 1899; pg. 243. col 11011 (lir pili nulla? No: Francesco IVtrarea rima,se intiina-mentc cristiano. Egli conservo, a dispet.fo del suo culto vivis-simo per le idealilii del Paganesimo, fedelta piena ed onesta alle leggi d'aniore di Gesii; e l'u cosi il banditore (lelTaiigusto verbo di una doppia lumuini/as. L' adorazione nutrita dal Petrarca per la bellezza e grandezza della civilta classiea dovea riportar vittoria completa in altra parte. Se 1'AIighieri al momento di dar principio alla eomposizione della Comiuedia era rimasto alcun tempo indeciso tra il latino e il volgare, ma aveva dato poi la preferenza a quest' ultimo, divinandone quasi i destini, messer Francesco, per parte sua, non esito un solo istante a ricorrere alla lingua latina nel poi- mano alle opere, da cui si riprometteva 1' im-mortalita. E pure non 1' Africa', il faticoso e macchinoso poema eroico in nove libri, non le dodici ecloghe del 'Carmen bucoli-cum', non le 'Epistolae metricai*', sessantaquatt,ro di numero, e ne meno i molti trattatelli latini in prosa e le innunierevoli 'Epistolae', valsero soli a, traniandarci, circonliiso della bramata aureola, il nome del Petrarca. Sono in vece le nugae o mujellae delle horat; subcesirae, i rerum ralgarium fragmenta, per far uso delle sue stesse noncuranti parole, cui s'accomanda durevolmente la farna deli' illustre cittadmo d'Italia. Del resto, giunto ali' occaso della sua mortale carriera, il Petrarca mede-simo s' avvedeva deli' errore involontariamente commesso e, non senza una certa qual dogliosa malinconia, affermava cosi il suo rincrescimento sincero: S' io avessi pensato che si čare Fussin le voei de' sospir niiei in rima, Fatte le avrei dal sospirar mio prima In numero piu spesse, in stil piu rare'). 'In numero piu spesse', si, e sarebbe stato jjer le lettere italiane vantaggio non piccolo: 'in stil piu rare', assai proba-bilmente no. E in vero: chi piu magnifico e pili largo e al tempo istesso piu sottile e piu scrupoloso cesellator di versi e vagliator di parole che il gran lirico toscano? chi piu di lui amatore entusiastico d'ogni forma perfetta? Dunque siamo pur franchi: 1' affermazione modesta non ha il pregio della sincerita. l) Canzouiere, II p., son. XXV. Poeta I i rico italiano. il Petrarca eelebr6 costantemente e sovra tutto la piu grande e la piu meravigliosa delle passioni umane, 1'ninore; battendo — oh'e dei somnii — una via pro-]>ria ed originale anche in cio. Benedetto aniore! (juali e quanto evoluzioni ed.... involu-zioni dal ctior della notte niedievale sino ai primi argentei clilucoli del Hinasciinejito, per giungere a debitamente fissarne r essenza e a naturalniente esporne gli effetti! Se ne oceupa-rono da principio gli Noolastici, e si perdettero in aride e in volu to speculazioni filosofiohe, aocresoendo 1'incertezza. Se-guirono poscia i randagi oantori oooitanici, por cui le voglie bruto dol senso furon vdate dalle forme della eortesia. Si provo terzo il dulce s/i/ noru, ma fallendo la meta o idealiz-zando e spiritualizzando la donna sino al punto di farne un oelestial simbolo d' angelica virtii. Ultimo venne Dante, la Beatrice del cjuale, nndiobro forma ovanesconto o cosa veuuta Di cielo in terra a niiracol mostrare gia nella Vita Nuova, termina con rassumere piu tardi nella Commedia — ah i tristi effetti della trasumanazione ! — tutte 10 gelido apparenze deli' astruseria scientmoa. Ed occoci al Potrarca; il qualo fu il primo a rinvonire il giusto mezzo o a eelebrare 1'a moro, sublime vicenda di gioia e di dolore, di fede o di scontorto, con una poesia tutta di sentimento, di vorita o di naturalezza. sgoi-gatagli limpida come una polla montana dai rocessi piu intimi della mente o del cuore. Paro impossibilo, e puro a essor capace di tanto giunse 11 nostro poeta con il solo i'iconoscere in so prima di tutto e sovra tutto 1'uomo. ch'e materia e pensiero, anima e corpo, e con 1'armonizzar quindi magistralmente tra loro, nel dar Jirica forma concreta ai sentimenti originati dalla passione amorosa, il senso e lo spirito, 1' umano e il divino. La bella avignonese puo andar superba della sua vittoria: mai femmina urnana ebbe da poeta omaggio ])iii splendido e piu duraturo, mai creatura terrestre fu maggiormente idolatrata. Ricordate? Benedetto sia 'I giorno, o '1 mese e 1'anno1) E la stagionc e '1 tempo e 1' ora e '1 pumo, E '1 bel paese e '1 loeo ov' io fui giunto Da due begi' occhi ehe legato m' hanno : E benedetto..... Ma poi il poeta (i colto dai rimorsi: e allora ei cerca d'obliare ad a rte la donna inconseguibile; ma invano: lungo i dumi, nelle orride sel ve, per 1' aperta verzura de' campi, sol nascendo e sol morendo, di giorno e di notte, sempre e da per tutto gli si fa innanzi, bionda e bianca figura luminosa, Laura sua.... Laura, Laura!.... E Laura morra, e rnorr& anche esso l'aedo; ma non cessera piu mai di risvegliare una sim-patica eco in ogni core innamorato 1' ardenza singolare di quel culto cosi coinmoventemente appassionato e che trova il suo sfogo maggiore nella celebrazione artistica dell'essere soave, che n'e la causa e 1'oggetto. E' anche vero per altro che le rime erotiche del Petrarca son trop] H) n ume rose perche tutte si possano credere suggerite immediatamente dalla esaltazione amorosa. La piu parte di esse, anzi, tradiscono a chiare note il non lodevole abito del poeta di ritornare soventc, per vie tutt' altro che spontanee, su lo stesso argomento, a costo magari di sacrificare la sin-cerita del concetto e la (lignita deli' arte. 2j Di qui F accusa di simulazione e d'artificio niossa non di rado al Petrarca; accusa la quale, chi ben si taccia a considerare con che frequenza abondino nelle composizioni liriche amorose di lui i bisticci sottili, le metafore ardite, le antitesi poco felici e le compara-zioni longe petitue, non si puo dir da senno posta male. Co-munque, Francesco Petrarca resta sempre il maggior lirico d' amore ch' abbia prodotto il mondo. 1' aedo di genio che ve-ramente seppe 'descriver fondo' a tutti i piu complessi e reconditi fenomeni della passione amorosa, non senza nobilis-simamente sollevare la donna ad altezze ideali, clie sono tra i vanti supremi del progresso civile europeo. 4) Caozoniere, I p. son. XXXIN. *) Si rilegga cotesta opinione del Goethe : 'Tutte le poesie devono essere di cireostanza, voglio dire che la realta dee averne dato I' occasione e porto il rnotivo. Un soggetto partieolare, trattato dal poeta, prende ca-rattere generale e pratico. Tutti i rniei eanti d' amore sono di eircostanza; gli ha fatti nascere la vita reale e nella vita reale hanno fondainento e sostegno'. Tomo a dirlo: al Canzoniere in vita e in morte di ma-donna Lama e nun ad altro libro di versi si dee la poesia erotica piii naturalmcnte concepita e piu umanamente espressa. Nessuna meraviglia ipiindi do ver riconoseere nel Petrarca oltre che 1'autore del sonetto che incomineia (Jual donna atiende a gloriosa farna') Di 8<*nno, di valov, di cortesia, , Miri liso negli oeehi a quella mia Nemica, ehe mia donna il mondo chiama. e della canzone che diee, tra altro. Gentil mia douua, i' veggio8) Nel mover de' vostr' oeehi un dolce lume Che mi 111 ostra la vin ehe al eiel eonduee, anclie il tabbro voluttuoso della celebre sestina Con lei foss' io da ehe si parte il soles) K 11011 ei vedess' altri che le s tel le, Šola una notte, e mai non fosse 1' alba, E non si trasformasse in verde selva Per useirmi di braceia .... Che se poi vi fosse chi s' adontasse di cotesti estremi (ehia-miamoli cosi) e anehe, magari. ne inorridisse, colui se lo lasci dir francamente - colui non capisce un bel nulla d' arte, di poesia e (pare impossibile !j anehe di.... morale. Cioe: il Petrarca. che non era, stando al meno a cjuanto ne sappiamo tinora. un santo. ma un po vero iiomo come noi tutti, compresi gli schizzinosi, se da un lato bramo e chiese, dali' alt.ro seppe lottare e vincere; il che non si tla tanto presto e in ogni mortale. Concezion mera di un grande intelletto o donna reale va-gamente poetizzata (ma con maggiore. anzi ogni probabilita la seconda), Laura, ispiratricc di poesia. rappresenta nella storia deli'avanzamento dello spirito umano il primo c.oncretarsi ben definito di quella ideal figura di donna che poi, in progresso di tempo, mutando a seconda dei luoghi e delle circostanze, arridera, lume di cielo, ai piii grandi sognatori deli'arte e diverra cagione remota e pur prossima di tanti imnjortali capolavori. Perche non gižt dal basso, dalle cose vili della terra vile, ma dall'alto, dalle *) Canzoniere, I p., son. CCII. 2) Idem, I p., eanz. VII. 3) Idem, I p., sestina I. vette adamantine del pensiero, ehe tutto trasforma e tutto |hi-ritica, viene al eveatore di bellezza e grandezza il sacro fuoco deli' estro. 'I grandi poeti', scriveva anni sono il Carducci, 'i grandi poeti s'inspirano ali'animo loro, alla patria, a Dio; e non che le Beatrici gli facciano, sono loro che fanno le Bea-trici.' ') Parole, queste, veridiche oltre ogni dire e che co-stringono chi le legge a malinconicamente rivolgere il pensiero alla vaeuita della letteratura moderna cosi tenera (in poesia, al meno) di tutto che possa eonferire alla grazia formale e.... togliere al valore intrinseco deli' opera d' arte. Ed ebbe ragione pur Antonio Fogazzaro quando, non e gran tempo, discorrenclo in Francia2) del poeta futuro come egli se lo imagina, esci a dire: 'II poeta che io attendo, sensibile non meno alla bellezza delle idee che alla belta fisica, sara ispirato dal grande amore... 10 domando al poeta futuro di rimettere in onore il grande amore, di rendere alla ideal izza zi one amorosa. nel campo del-l'arte, 1'ufficio che v'ebbe un tempo, e che ha aneora nella vita, a profitto deli' elementu umano superiore.' SI certo : perche 11 buon eseni])io 1' ha dato sempre il ])oeta e perche, ad ogni modo, come canta 1' Hugo, . . . . la poesie est 1' etoile Qxii mene a Dieu vois et pasteurs. IV. Del resto, Francesco Petrarca non fu soltanto il grande antesignano italico delle nova civita europea e Quel si gentil d' amor inastro profondo Per eni Laura ebbe in terra onor eelesti, ma anche — con quanto vantaggio della sua farna e inutile ripetere — il proseguitore instancabile di un alto ideale pa-triottico, il tiagellatore senza misericordia dei cittadini indegni, il restauratore entusiastico de' saeri nomi d'Italia e di Roma. Nelle dissuete menti delle popolazioni italiche del jirinci-piar del Trecento, il concetto di un'unita nazionale d'Italia non l) Giosue Carducci; 'Opere di G. C.', vol. XII: Zaniehelli, Bologna ; pg. 391. E precisamente a Parigi e in lingua francese. II geniale discorso fu poi voltato in italiano e publicato nella 'Rivista d' Italia', ls98, fasci-colo IV, pg, 629 sgg. capiva orraai piu. Molto avean contribuito a un cosi fatto sca-dimcnto della coscienza civile itaiiana le calate barbariehe e il rapido susseguirsi delle signorie straniere; e di eompiere 1'opera nefasta s'eran incaricate piu tardi le lotte forinidabili tra Chiesa ed Impero, tra Guelfl e Ghibellini. La. Lega lombarda era stata, e vero, un lampo di luce inattesa e superba nello sgomento della immane tenebra folta; ma era stata, pur troppo, un lampo solamente; e il buio s'era fatto, in seguito, piu intenso e piu vasto di prima. Tanto piu che i Comuni, sempre intesi a osteg-giarsi miserevolmente 1' un 1' altro, avvampavano tutti delle liti accese entro la cerchia delle stesso lor mura dagli inestinguibili odi di parte. In somma. i contemporanei di Dante e Dante stesso, che si sentiva e si proclamava esule a cosi breve di-stanza dal fsno bel san Giovanni,' non nutrivan e non poteATano nutrire pel nome d'Italia che un affetto come chi dic-esse, non saprei,... archeologico o, tutt' al piu, letterario. 'E parlo cose manifeste e conte.' Ma venne il Petrarca. ' Toltosi alla meditazione de' classiči romani, Francesco Petrarca ebbe continua e affascinante dinanzi agli occhi della mente la visione della gloria antica, senti in se la forza di assurgere zelatore di patriottismo al conspetto deli'ignavia e deli'oblio. E veramente soltanto 1'uomo. eh' era esulato bambino oltre F Alpi ed era vissuto poscia ignaro affatto delle passioni di parte, potea vagheggiare il ritorno delFantico lustro alla citta degli Scipioni e de' Graechi, potea far si che il suo spi-rito s'intiammasse al concetto deli'Italia nazione cosciente e non pili 'giardin deli'imperio.' Ma quanto nobile entusiasmo nella intrapresa patriottiea del Petrarca! Vi sovviene? La 'magna parens frugum' di Virgilio, 1' 'Italia diis sacra' di Plinio pare al poeta degna finalmente di sorte migliore. Ei la vede straziata dalle anni straniere, corsa dalle compagnie di ven tura, rinne-gata dagli stessi suoi figli, e bandisce, cinquecent'anni prima del '48, la sacra gesta, e grida, 'benehd '1 parlar sia indarno', la doinanda famosa in cui 6 tanto irnpeto di sconsolato dolore: Che fan qui tante peregrine spade ?') II piacere deli'Italia no sicuro. E v'ha di peggio: se noi stessi ') Questo \'ei-so e gli altri che <[uasi iininediatamente seguono ap-partengono tutti — occorre dirlo V — alla eelebre canzone indirizzata 'Ai signori d'Italia' (1344-45?). i78 t>AGiNE ISTRIANE siamo incuranti a tal segno de' fatti nostri, 4or chi fia ehe ne scampi ?' Ben provvide natura al nostro stato Quando de 1' Alpi schermo Pose fra noi e la tedesca rabbia ; ma le passioni piu fosche lian congiurato ai nostri danni. E lo straniero ci vessa. che fu servo di Roma, Ov' e la gloria di un tempo? Rinsavite, signori d'Italia!. e. deh. guardatevi a t,orno e sappiate la miseria vostra: Latin sangue gen t i le, Sgombra da te queste dannose some : ma fate presto, o signori. perche 'il tempo vola' e 'la morte n' e sovra le spalle.' E tu. o inia canzone, di' per mio conto alla 'gente altera' fra cui 'ir ti conviene', che I' vo gridando : Paee, paee, pace, Ecco, il grande poeta ha aperlo flnalmente un varco alla piena del suo immenso dolore, ha linalmente gridato la sacra parola che gli brueiava da tanto le labhra: Pace. pace, pace. E in fatti. Quidve deest Italis, nisi pax non deseret una?') Ma la pace s' ottiene il piu delle volte con la guerra. E guerra sia. esclama il poeta; ma non gia guerra d'Italiani contro Ita-liani. ma degli Italiani contro lo straniero. II quale e un 'vile pugno di ladri sbucato da sozzo covo. che insolentemente pas-seggia 1' Italia gia regina del mondo',e che non manchera certo di prender la fuga, tosto ch' abbia il minimo sentore della nostra generosa unione: giaeche Diseordia nostra Hostibus hoc animi tribuit . . . 3) ■ Inoltre. vi fu un momento (non eran per anco trascorsi piu di due anni dalle lotte intorno a Parma) che il Petrarca si converti perflno, sempre in omaggio all'aver pošto in cima ali'ideale i sacri nomi d'Italia e di Roma, in un apostolo di guerra pronto a dare 1'esempio. Dico d'allorquando ei volle lasciare in tutta fretta Avignone per recarsi a Roma, dove •) 'Epist. Poet.', Sez. XI, 1. *) 'Lett. fam.', XXIII, 1. 3) 'Epist, Poet.', Sez. II ('Ad Aenearn Senensem'). Cola di Rienzo, raccolte in sua mano le redini del governo, andava conquistandosi 1' anunirazione d' ogni gentile animo per via de' virili propositi e della singolare eloquenza. Se non che il Petrarca si mosse troppo tardi alla volta d'Italia. In fatti, non piu in la di Genova stessa fu colto egli dalla inattesa no-tizia. ehe con 1'anno della rivoluzione anche la stella del Tribuno volgea rapidamente a inglorioso tramonto. Una brutta sorpresa da vero; e il nostro poeta si trovo costretto a ritor-cere il passo da Roma e a rifugiarsi, angosciato e deluso, nel suo tranquillo eremo di Parma. Un altro bel sogno vanito! Ma il Petrarca medesimo non era un uomo d' azione. L' oprare con (jualche risolutezza lo sgomentava, e le sciagure impre-viste per poco non lo gettavano in brac-cio allo sc-onforto piu disperato e non lo annichilivano. Ad ogni modo, e giustizia cdncedere che nel campo del patriottismo Francesco Petrarca giunse persino a superar se stesso: per recarsi a Roma in sollevazione, sacriflca l'amicizia dei Colonna; per bollare d'in-famia le vergogne de' principi ecclesiastici, si mostra ingrato verso i ponteflci; per ottener qualcosa di bene cla Carlo IV di Lussemburgo, lo rampogna e risiea di tirarsi addosso lo sdegno di lui. Questa, ne'suoi tratti principali, 1'opera del Petrarca come patriotta; opera fulgidissima e che salvo per sempre 1' onore del popolo italiano in tempi che 1'Italia si poteva dire con assai maggior diritto e con molto piu buon senso che non un'ottan-tina d'anni fa. 'une expression geographique', e che tutto (tutto poi) si nella vita puhlica che nella privata, era ostile al concetto delle unitfi politiche basate, come ora si suoi dire, sul principio di nazionalita. Ma e tempo ch'io venga a una conchiusione. Porgetemi ascolto. lettori: Li riconoscete? Sono i versi famosi che Silvio Pellico, nella sua Francesca, mette in bocca a Paolo e che Ernesto Rossi (ancora qualche vecchio se ne ricorda) diceva cosi magistral-mente. E bene: in quelli endecasillabi entusiastici, la cui reci ta non mancava mai, sino a quarant'anni fa, d'infiammare ali'azione ogni core sacro alla causa del Risorgimento d'Italia, Terren non sei di quanti scalda il sole ? D'ogni beli' arte non sei madre, o Italia? Polve d' eroi non e la polve tna ? . E il piu gentile palpita. rivive, esorta o spcra, olt.ro cinque secoli di martirio italiano, anche adesso che la gloriosa giornata della terza Roma luminosamente s'inizia. ranima grande di Francesco Petrarca. V. E 1'Istria, o Francesco Petrarca, 1'Istria ove per ogni gloria di nostra gente e uirara e per ogni si>eranza un desio di battaglia; ove 1'idioma che tu si altamente nobilitasti e 1' orgoglio ])iii puro e 1'arme mcglio teiiij^^ di quelli che un giorno Ottaviano volle cittadini di Roma e Venezia poi conservo tigli d' Italia; ove dai solinghi rudori del colle, che domina Trieste, al bianco anfiteatro. cli'e il vanto di Pola, ogni borgata e una rocca e ogni cittadino un milite della autoctona civilta; e ove dallalpe alla marina e dalla marina ali'alpe canta eterno nel segreto de' cuori o ne' murmuri della natura il verso piu gentile di Enotrio Romano: 1'Istria. o Francesco Petrarca, manda per la ricorrenza del prossimo meso ali'urna c-he le tue sacre ossa rinserra, questo salu to e questa proinessa: Pace a' tuoi resti e gloria al tuo nome, o poeta, dice dalla proda orientale del mare d'Adria la terra ch'e sae.ra alla vittoria o alla morte. Nota. Se debbo rlire intero 1' animo inio, io non sono un troppo grande amico delle mle e di tutto. le. apptntlki in generale, anche perche so che esse, il piu delle volte, non finiseono di gradire universalmente ai lettori. Sta vol t a pero un pizzico di dotta polve ce T aggiungo anch' io al mio articolo ; e chi ha in orrore i ferravecehi deli' erudizione, tiri di lungo e monnori magari, se cio gli fa eomodo, contro 1' ottimo direttor Venturini che mi concede troppo spazio : tanto, io non sono permaloso, e il signor Venturini e un uomo di spirito. In somma, voglio rlire quel poco (poco, da vero) che so intorno alla fortuna del Petrarca in Istria. Ma prima, un'altra cosa. Anche il cantor di Lama, un giorno, s'occupo... per qualche istante deli'Istria: e fu quando egli scrisse al Boccaccio consigliandolo a visitare Capodistria e Trieste, »dove — sono parole sue — per lettere di fede degnissime so che regna una doleissima tenipra di elima'*). Una vita del Petrarca in lingua latina e opera di P. P. Vergerio il Seniore, che la scrisse valendosi quasi esclusivamente della fainosa epistola di messer Francesco 'Ad posteros' : Francisci Petmrchae vita. La publico, *) J. HortU : Accenni alle acienze naturali nelle opere di Giovanni Boccacei, Trieste, 1877 ; pg. 47. nel suo I'c trum i /,'eilirim (di cui Jo Stancovieh cita 1'cdizione patavina Frani 1101, lf»50, in -4"i, il vescovo Tomniasini. A /'. /'. Vergerio l'Apostata son dovute: una stampa de' tre sonetti del Petrarea contro Roma (Basilea, 1555), e un' edizione di sediei delle ventuna lettere petrarchesche 'Sine titnlo' i Argentorati, 1555). Anche il Muzio s' occupo del gran lirico : e pre-eisamente dettando le Annotazioni sopra it Petrarea (inserite nelle' Battaglie di Hieronimo Mutio Giustinopolitano in diffesa deli'italica lingua') e ean-tando, nell' 'Arte poetica', I n il 1'itniifii scritUir puro e lejigiadro Sopra d' ogni altvo c men« nrrtitn Che. (•onvfHga a pcn-ht' .... Dello Staneovich poi si sa ch'egli visito Anjua e volle lasciare un sonetto nell' alho dei visitatori che si conserva nella časa del Petrarea (vedi a proposito il mio 'Pellegrinaggio ad Arqua Petrarea', in 'Pagine Istriane', A. I, fa.se. 8.. Recentemente, sul Petrarea alpinista scrisse origiualmente tra noi il signor Nicoto t'oboi: 'Alpi Giulie'; fasc. 10-11. Ed ora, eeco la scoperta del prof. Baccio Ziliotto, gran topo di biblioteca. L' egregio amico mi seri veva tempo fa : 'In un libereolo a stampa del XV sec., proprieta di un trate Andrea da Capistrano, vicario di Brittolo [???), il <]tiale (libereolo, s' intende) si conserva nel Convento di S. Anna in Capodistria, e traseritto, in una ortografia che dovrebbe risalire ai primi geroglifici, il sonetto LXXXVI in morte, «Dolci durezze e placide repulse», certo una segreta confessione' . . . . E piu non traserivo. (•ras, gingno 1004 Giovanni (Juarantotto DISTICI IHEDITI DI UN UjVIAfllSTfl PI^ESE. La storia della cultura elassiea in Istria sara ancora lungamente attesa, che scarse sono le monografie snlle opere pubblicate, abbondanti tuttavia i materiali inediti. ') Gradišča il lettore questo tenue tributo ali' opera desiderata. Pietro Grineo da Pirano, soprannominato Lapicida (tra-duzione evidente deli'italiano »Taiapiera, Tagl iapietra* ch'e tutfora in Istria fra' nomi di famiglia *), nel ballottaggio fatto il 28 »Settembre 15(51, spunto professore di grammatica nel ') Con viva soddisfazione prendiamo nota della scoperta che 1' illustre Remigio Sabbadini fece ti; s te di un breve carme del nostro Raffaele Zo-venzoni (vedi Giorv. storico della lett. italiana XUII (1904) 252). 2) Ricordisi fra tutti Giovanni Tagliapietra, ispirato cantore di Giuseppe Tartini. eomuue di Pirano di contro al padre Mario da Camino in Giu-stinopoli, al padrc Girolamo Rossignolo in Muggia ed a Franceseo Apollouio. Nell'elezione egli s'ebbe una forte maggio-ranza di voti: determinata dal piu grande sapere, o pure — noi critici si maligna anche sui raorti — dalle minori pretese? (615 lire piccole, da 30 a 40 lire meno degli altri concorrenti) ') Piu benigna dei critici fu pero la sorte che in un eodiee del Convento di S. Anna in Capodistria 2) volle conservato un documento della, sua valentia. Sono alcuni distici latini a Marco Antonio Venier, ti cui nonre si ricollega a quello di tanti celebri Istriani e a tale periodo di formidabile rivoluzione delle idee, che ben merta indugiarvisi un tantino s). 11 colpo inferto da Martin Lutero alla religione Romana ne I sec. XVI non ebbe eco soltanto fra Tedeschi, ma pure in Italia. Da noi le sne idee serpeggiarono in un momento fra le classi piu intelligenti, come fra il popolo grosso: tanto che poche province d'Italia potrebbero gareggiare con 1' Istri a quanto al numero e alla levatura dei seguaci della Riforma. II inonaco Albonese Baldo Lupetino la predico fra i primi, ma incarcerato, dopo 20 anni di reelusione, vcnne atfogato nella laguna veneta; se non che altri, e ben piu pocleroso di lui, lo vendicava col disseminare 1'eresia: Mattia Flacio, suo discepolo e conterraneo. La nuova corrente di idee, trovato cosi facile corso nell' Istria Liburniea, s'estese in breve a tutta ') Queste poche notizic. le devo alla soinma cortcsia del />wf* Dom. Vatla, che a inia richiesta le trascrisse dal Liliro Consigli N. 24 deli'ar-chivio 1'iranesc, di che qui pubblicainente In ringrazio. Esse trovansi pure nclle Notizie .storiche. della citta di Pirano del /nvf. L. Mortemii Ar-cheogr. triest. XII [ 1-SH(>j pag. I IS , poro con alcune incsaftczze: cosi il uiaestro e chiainato Guineo; 1'ultimo concorrente č detto padre, inentre questo titolo e soppresso per gli altri due; il salario vi e fatro di lire 40t>. *) Questo ms. potra, forse riusc.ire interessante per altro rispetto, che contiene un rilevante framinento dello Statuto Pirane.se del 1384, di cui a Pirano conservasi I' originale. J'".' esso di earta perg'aineua, in piccolo forma to, probabilmente una copia per uso privato del giurcconsulto Marco Antonio Venier, di cui in testa porta il noine. Non č noto al Kandler, Oodice diplom, islriaiio ali'anuo 1271, ne ad altri. :i) Per le notizie sul luteranesimo in Istria mi sono giovato delle Note storiche di <'. De Franceschi e deli' introduzione premessa alla pub-blicazione degli atti del Santo Uffizio in Alti e Meni. della Soc. istr. di arch. ecc. II (188(ij, pag. 181 sgg. Non ho potuto vedere gli articoli dello Schatzmatp-: 1'rotestuntimnm in Litrien mul Trkat, e J oh. B. Goineo mul zeitgenlissische Anhavger der Reformation in Istrien u. Trient. la penisola, alimentata da parecchte ratise, non ultima il poco tatto dei governanti o Io zelo esagerato di alcuni fedeli, ehe da per tutto odoravano eretici: caso tipico quello di Pier Paolo Vergerio, veseovo di Capodistria, ridotto ad abbracciare il lute-ranesimo perche stretto in una rete di calunuie, di sospetti e di accuse-. Stefano Console, prete d i Pinguente, volendo far proseliti fra gli Slavi stampa scritti religiosi in earatteri gla-golitici e cirilliani. — Se anco Venezia, aseoltando se stessa, sarebbe stata disposta a transigere, tuttavia la politica del profitto, che fu in ogni tempo sua mira, le do.veva far apparire pericolosa, o almeno poco vantaggiosa una rottura con Roma: gli e quindi che 1'Inquisizione s'impose nella repubblica. Pullulano gli eretici, aumentano i processi, le persecuzioni e le condanne. Sono oltre censessanta gli Istriani di cui si conservano gli incartamcnli inquisizionali nelFarchivio del Santo Uffizio di Venezia, 'i Si noti pero che 1'accusa cli eretico non importava sempre quella di luterano, clie v'erano anehe incolpati fli ateismo, di calvinismo, d' arianesimo, di maometta-nismo e di delitti in. genere contro la religione. La sola citta di Pirano a questa stregua conto oltre trenta eretici. Se stiamo al Morteani ') fu il celebre Vergerio a portarvi 1' eresia, mentre il teste Giov. Pietro di Enrico, canonico, interrogato 1'8 maržo 1549 dal Santo Uffizio, donde avesse avuto origine la rivolu-zione religiosa a Pirano rispose: »Sono mol ti anni che questa heresia iucomincio in questa terra per opera de Messer Marco Caldana <;! Mi-ssrr Marca Antnnin Vcacrio, ma poi fatto veseovo Messer Pietro Paulo Vergerio, qual^W principio impu-gnava gli heretici. dopo poeho venendo lui in questa terra e andata crescerido assai.» 3) Quale si sia il valore di questa deposizione, a noi importa di constatare come il nostro M. A. Venier fosse in farna cli luterano. Certo egli fu tra gli spiriti liberi del suo tempo, amico di quel medico, filosofo ed umanista G. P>. Goineo, il cui procesKo e la cui condanna risaltano fra le pagine piii interessanti della storia Piianese. II Venier fu a detta di quest'ultimo, giureconsulto di grande acume e di ammirabile potenza oratoria, degno del suo amore e del suo ') la lista dei nomi, con indicazionc deli' aeeusa e data in Atti e Meni. 1. e. pag'g'. 212-218. -; op. cit. pag. 91. Dal doeum. riportato dal Morteani stesso, Are h. triest. XIII (1887) pag. 40. •fispettor^ -E- #e»za -4ubbio- intorno a lui, come intorno al Goineo-si saranno......str-ette altre persone, animate dalle stesse tendenze. Possiamo noi ammettere tale anche Pietro Grineo, che al Venier diresse i distici menzionati'? Non c' e dato il constatarlo, ma non lo esclude la qualitk deli' uomo, imbevuto di studi classici, protetto dal Venier, come dobbiamo arguire dalla dediča con cui gli accompagnava i versi procaccianti, nei quali fa discendere da Venere il suo nome (latinamente Venereus): etimologia che sullo scorcio del sec. XVI ricompare numerosissime volte nei carmi latlni e volgari, che perpetua-rouo — o s'illusero — le gesta gloriose di un altro Venier, Sebastiano, il quale insieme ad Agostino Barbarigo fu l'eroe della gran giornata di Lepanto.2) Propendendo ora noi ad ammettere 1' influenza dei molti poeti sull' uno, la data del preselite componimento risulterebbe posteriore ali'anno 1571, che vide flaccata la turchesca baldanza. Ad integerrimum legum doctorem MA. AN. VenetreUm Mecenatem ' colendhsinw.m Petrus (Iri/ncus Pj/rrhn. Ahna Venus tenerorum nt fertur) mater amonun 3) Ideo Aeneani vertice nixa pilim est; At postquam in eineres versa est a eulmine Troia Tros Anchisiades navigat Italiam: Hinc atavi veuere tui, veuere nepotes Albanii|iie patres, Romulidesqiie duces. Sic tua progenies orta est a saiiguiue divuni Nam a Venere Aeneas, tu (|uo(|ue Marce dea es. Capodistria, SO aprile 1901. Baccio Ziliotto. ') Ioannis li. (ioi/iiaei jti/rrhaueusis de situ Istriae libdluni ecc. lArch. triest., II [1830]i pag. t>7: «Pyrrhani vero etsi umiti olim ex Vitaliurn praeclara fatnilia et ex Goj/noeoruni ApoUpniorumque gente militi exsti-terint laude digni, ad eos potius nostram orationem breviter convertemus, qui nune clari et illustres vivunt, inter quos Iuriconsulti primi inihi oc-curunt, Marcus Pelronius et Marcus Antonius Venerius, qiiorum alter tanta morum et vitae probitate, tanta librorum sacrorum cognitione exeellit, ut (juein cuin eo conleram, babeam neininem; alter vero usque adeo ad-mirabili eloquentiae vi, et ingenii aeumine pollet, ut perpetuo eum amarim atque suspeterim.» *) cfr. il recente lavoro di Antonio Medin: La sloria della repubblica di Venezia nella poesia, Milano, Hoepli, 1901, pagg. 273-28!) c particolar-mente la nota 2 a pag. 275. 3) rieorda 1'Ovidiano (Trist. IV, 10, lj: lile ego qni fucriin teneroruin lusor ainorum. giuoca con le parole veuere e Venere. Al S/r/. (i. A. Pappalardo giomalvsta in Catunia Agosto 1891 E da teiii]io elit* aveste questo canto, gia reeitato in easa di Mario Rapisardi; k da tempo che io vi serivo : non lo stampate ; credendo dice-vole pnbblicarlo per la prima volta a Trieste o nell' Istria, in un periodico tutto letterario, perche il carine non e politico, ma tratta soltanto della nostra lingua. Ed esso avrebbe veduto la luce quivi, se 1' unico foglio letterario triestino che tosse in grado di aecoglierlo. non avesse dovuto morire consunto proprio in questi giorni. Ora a Lei. Sig. Direttore delle »Pagine Istriane» che me lo ha chiesto, io lo conseguo. Ne faccia a suo talento. L' avverto che questo canto mandato tla me a Giosue Carducci, venne dato dal Poeta al «Rest,o del Carlino* di Bologna che ne pub-blico le sei ultiine strote nel numero ,!30-;51 Dicembre 1901. Tutto Suo e de' Suoi giovani eollaboratori Vioima 20 Aprile 1904 Filippo Zamboni DAL CARSO A TRIESTE Oh desolato erebo di sassi, Su te la nebbia verna; oh vasta e bianca Inerzia, ove natura in obblio stassi Di vita stanca ! Qui forse in guerra Trogloditi e Nami, •S' avventarono monti ; e le rovine, Dei cozzi gig-antei sono i frantumi : Colpe divine; Quai NumiV La quel baliiardo oscuro, Re fra la terra e 1' aria ; ha per fortezza. Ha per torri, 1' ignoto ; il fa sicuco La st^^>'randezza. — Oh il mare! il mar ! Sembra un novel creato. Cerulo astro di spiriti festante. Profuso e il ciel nell' acque ; oh sei biiato Eterno amante 'i Adria, coifi' io ti setito ! E vivo seno La tua conca ; intinito che non muore ; Regge il pondo dei fiutti, esulta, e pieno Donna, e il mio core. Calda afrodite nell' acque anelanti La vita, aulenti vita. oh «h' io ti toechi ! L' aura marina che m' ispira i canti VIi apriva gli occhi. L'aperto treniolio deli' onde, il šole De' lampi argentei, son ali spiegate Che alzarsi provan per volare al Šole Innamorate. E un pdema di luee. Oh mia Trieste ! Tn che aH' idea cui 'I divin mar t' infondc L' aeeento dai che alla calma o a le feste Del mar, risponde. Viva la terra mia, dove son taliti Poeti, onde una sol eorda non spira: Pa Parmouia degli italici canti Tntta una lira. — Meco seendete. o quanti avete in core Le vittorie de' carini, alla marina ; Spieghi la nave adriaca il suo onore : Vela latina. Entrin con noi pur 1' ombre de' consorti : Chi dolorando rise, e chi dal Tevere Fulmi)i6 sdegni e carmi : in noi risorti Besenghi e Revere. Avanti, avanti, ove tramonta il sole ! On.d' e in flamme Aquilea che da infocato II suo roman saluto. Oh di viole Golfo indorato ! Chiome di nubi quai comete infrante Piovon nel sol, che glorVosamente Lascia il purpureo campo, igneo in sembiante Qual earne ardente. Ha iftcendiato deli' Alpi i padiglioni. — Diiino. — D' acque sul lucente scoglio, In mezzo i cerch.j di sne visloni Dante e Dio in soglio. L' Adriatico intorno e un monumento. Giu da Trieste un navicel venia. Verano canti. E un uom: «voga, al biion vento !> ' • «Or poggia e seia» Come pa rev a giovinetta cosa Quell' aleggiar per 1' acque ! Era felice La voee ; conscia de' remi la posa... E Matrice. Onde Dante : e, il volgar questo, il latino, Che suona al mare della mia Toseana. Pensa al bando ; agli amici ; e al gran cammino. — Ma una eampana Squilla lontan.... nel fiotto muor.... riviene.... Tutta una gioventu spesso 6 in un suono.... Un esilio e 1' eta..... Ma al »non che viene lo ni' abbandono. E Sangiusto col suo gigante a canto, Che lo veglia ; ed in se per lui raccoglie Fu lin i li i ; e pur non crolla ; a sera il canto Di bronzo, scioglie. Ha I' anima tli secoli : e ricorda Roma e il latin de' Numi. Ave a te, angusto Palladio : tutto un popolo si accorda Nel dir: Sangiusto. Tu, poeta imperterrito, uno stuolo Hai, fra le volte intatte ancor, di carini; Tu attendi un (lenio, onde, lor dato il volo, Cantino i marini. Uuando la prora il rosso Otton converse Preso, inneggiar sentiva al Salvatore ; Ululando le sue turbe, sommerse, Rotte, a Salvore ; (ienova e Pisa, a Uttone connavali Vinte anch' esse, provar deli' acijue il peso ; E il leon di Venezia batt^ 1' ali Sni gorghi, illeso : Ridicon gli archi di Sangiusto : «Viva ŠMmnarco ! a Dio vittoria ! il mar si innostra !» TM gloria di voci Iddio Je udiva In lingua nostra. 11 pri......Idi' Hiinti 1MM). S C JI I A H I M K iN T I ereho tli stissi. Ciirso, Carniola, Carintia, ("arnunto, Carina anche Carrara, ccc. da kur, radice celtica, sasso. /{e fra lit .term e I' ti riti.; E il A'tnius »legli Slavi, il Motite /,'e »legli Italiani. Si e altissimo, che pa r t n t to solo, pure avendo d' intorno tanti nionti niinori. »iuivi forse in tempi arcaici, parti di »jueH' orrida natura boreale, le divinita : Perun, dio del tuono. Cenioboi/, deli' oseurita. I 'a t os. »lio armentario. Stribog, dio degli nragani. '/'rit/lair, dio dalle tre teste. Pitteouka. dea pure tricipitessa. Le dee.sse del de.stino : Itozde.nice e S.lzdenire e altre cattiverie e straž i i di voci, aborti d' orecchio non musieale ; veri misfatti deli' ud i to verso il nostro si. 1'ero tutti e tutte adorabili, pronnnziabili, dai loro. II tempo addolci ogni suono. Jleseiii/hi e lierere. I', Kesenghi degli IJghi. Poeta intemerato. Slogo il pmprid dolore contro i vizii de' tenijti suoi, specialmente con versi satirici. Di natura, fu assai mite e gentile. Scrisse in ]>urissiina lingua. G. Hevere toscaneggia cosi, che a »jnel suo trop])»i atticismo si sente lui non esser nativo della Toscana. A Trieste furono e sono moltissinii poeti ; veri poeti. Sovrano, Riccardo Pitteri. E poehe altre citta forse hanno tanto numero di nobili poetesse viventi. Una per tutte : Elda Gianelli. Oh di viole Golf o indorato ! Nei sereni d' estate e verso il tramonto, il nostro golfo, in cio pure tanto siinile a »(uello di Napoli, diviene intenso di uno spiro di violetto che rivela 1' oro del sole fra i rifiessi cangianti »li luce ; on»le non so se sia piu aureo, o colore di viola, ovvero se ridano immedesiinati splendenti, ([iiesti due colori. Certo io ho creduto esprimerlo cosi per chi vede e sente la natura della nostra Adria. E se non bene, vero. deli' Aljti i jMidif/lioiii. Rimpetto a Trieste, »jtiatido in eerte stagioni il sole tramonta tlietro le Alpi Carniche, pare che vada a fuoco un aecanjpamento di giganti. Questi torridi tramonti sono fra i piu belli e grandiosi, perche irrorati da' va-poi'i delle paludi di A»|uileja. — Dnino — Fu detto che Dante fosse al castello di Duino, allora del suo ospite Pagano Della Torre, patriarca di Aquileja. Certo e che eola si chiama uno seoglin proiniiiente ilal mare, il Sušno di Dante. E oggi la castellana di Dnino, vedi raso. <"■ una Della Torre. Ond'e inipossibile, passamlo da Dnino, non occorra una visione dantesca, eom' appare alla na ve de' triestini poeti, eni I' autore lascia eon Dante, per volare tutto šolo a Sanginsto. Dante novera ]>iii volte fra i dialetti italiani. eolU idionia degli A-quilejesi, cioe Kiiulani, I'idionia degli Istriani. (De eult/ari elotjnio, I, 10, ID. Oni sutmaie e. per significare, e non per la. dolcezza della pronunzia ; anzi codesti dialetti Dante, li aveva dannali sicconie dat/H accenti vrudeli. Oggi si sono piii musicati. l>0(/ caric d i Roma, N.° 25-29 giugno 1779, secondo il testo Hert.-Muzsat. I i lett. Roma, 20 g'iug. 1779), N." 25, 19 giugno, coni' e. evidenteniente da eorreggere, secondo L. Vicchi, X. Monti ecc. Faenza-Roma, 1879-K7, tr. 1778-80, p. 296; cfr. anche C. Vann. Comment. de vita Ale.x. Georgii, cit. piu avanti, p. 43. Di quest'articolo, di nuovo il Monti al V., lett. Roma, 30 giug-. 1779, in Bert.-Mazz. I. — La satira del V., che il M. loda tanto m lett. Roma, 15 maggio 1779, e sulla quale, in lett. Roma, 20 giug. 1779, promette un articoletto, no n potuto poi, per I'inimicizia ch'egli avea con 1'Amadnzzi, esser puhlicato nelle Effem. letter. (lett. Roma, 30 giugn. 1779;, e 'II Maestro, Hormone di Arrio Dosenno, col le Note di Paca to Midarce,' In Vicenza, per Antonio Veronese, Anno MI)CCLXXIX, inse.rito anche in Giorn. Encicl., Vicenza, febbr. 1779, T. II, p 3. Cfr. Ferd. Pasini, Un cronista delle invasioni francesi nel Trentino, estr. dalla 'Vridentum, Trento, 1900, pp. 4, 18. — Le lettere zorziane, di cui in lett. Roma, 30 giug. 1779 (■cfr. C. V. Op. VIII, 168, lett. ad Al. Zorzi, VI. Id. Iul. MI)CCLXXIX), sono le "Lettere tre di Aless. Zorzi Vene::, al sig. Proposto Mareo Lastri florent. int. a cio che ha scritto il sig. Mart. Sherlock' ecc., Ferrara, Ri-naldi, 1779; cfr. Ferd. Pasmi, Di alcuni giudizi di Clem. Vann. sulla let-teratura contemporanea, estr. dalla Tridcnium, 1901-02, p. 18. — L'E!o. I). Fortun. Mandelli dopo la morte del P. CalogerA, 1778, T. XXXII. — L' ab. llaroni, di cui in lett. Roma, 3 sett. 1771); [Roma, sett. 1779]; Roma, 19 nov. 1779, lo čredo da identifieare con I'abate Giambattista Baroni, nato a Rovereto, aecademieo Ai/iatn dal 1770 e niorto a Vionna nel 180K. II liaroni invece, di cui in lett. [Roma], 30 lug. 1779 ; Roma, 12 ag'. 1779 ; [Roma, sett. 1779] (i due 'dottissimi amici' sono il llaroni e il Martinii; lbrse anche Roma, 19 nov. 1779, sara Clemente Baroni, citato nella \'III delle nostre lettcre.TI Martini, di cui in lett. [Roma], 30 Ing. 1779 ; Roma, 12 ag. 1779; Roma, il gior. di nat. 1779, lo identiticherei con F ab. Baldassare Martini (n. Riva di Trento 1723, m. Calliano 17S5); su questo ct'r. Ant. Vranzelores, Notizie d' un ig-noto letter. trentino ecc., in Tridcntum, Trento, 1900, III, 242 e Ferd. Pasini, Ancora deli'ab. Bald. Martini, i vi, III, 336. — II Lazzarctto 'gustato assaissimo assaissimo' dal M., lett. Roma, 12 ag. 1779, e TI Lazzaretto letterario', In Vicenza, Nella Stamperia Mosca [1778], operetta coniposta dal Vaun. e dall'Ab. (iius. Maltsana e comparsa da prima (con altri artieoli, omessi jioi nella ristampa- alla spicciolata nel Giorn. Encivl. di Vicenza, 1777-78. — II podre Len, che il M. vorrebbe proseritto da una canzonetta del V., in lett. Roma, il gior. di nat. 1779, e da correggere in padre Lev, cioe Leno, fiume che passa per Rovereto. 'j CI. Vanrt., Lett. al sig. Giov, Fabroni ecc. sopra le odi di Orazio trad. dal 1). Corsetti ecc., In Vicenza, G. B. Vendramini Mosca [1778]; cfr. Ferd. Panini, Una versione oraziana ined. di Clem. Vann., estr. dai 'Progr. deli'i. r. Ginn. sup. di Capodistria', 1903, pp. 3-4. 2) N" X, 6 [non 16, come fu stani pa to in F. Pasini, Una vers. or. ined. ecc. p. 4, n. 2] maržo 1779. 3) Cfr. lett. Roma, 15 magg. 1779. al V. in Bert.-Mazz. I. <) Magg. 1779, T. V, pp. 78-79. gia desolate selve di Arcadia la pomposa l'requenza, e I' effi-cace emulazione.' Del sonetto poi in particolare si elogiava '1' acconcezza deli' invenzione', la 'bella economia delle parti', la 'cauta dilieatezza delle espressioni', lo 'splendore dei modi poetici' eorrispondenti perfettamente alla 'grandezza dell'ar-gomento''). Poco dopo il Vannetti affidava alle starnpe VKphtola oesie sia del Vann., cosa gia rilevata da O. Pkcibla, L' epistolario di C. Vann., Firenze, IS,SI. estr. dalla 'Nuova Riv. Internaz.' ; cfr. anehe F. Pasi ni, Di alcuni giudizi ecc. p. 10 sgg. ;!) CI. Vann., Op. VIII, 165, lett. a G. B. Graser, VI. Non. Iul. MDCCLXXIX e lett. ad Al. Zorzi, VI. Id. Jul. MDCCLXXIX, ibid. VIII, 167-68. Intorno aH' Epistola cfr. Fertl. Pustni, Di alcuni giudizi ecc. eit. pp. 12-21. ancora un paio d' epistole, rivedendo le bucce al Mazza, al Rezzonico, ad altri, finche, assieme alle relative risposte, ch' egli aveva in animo di comporre, si fosse potuto publicarne una mezza dozzina'). II piano, čredo, rest6 sempre un pio desiderio. Cioe, ad esser piu esatti, non and6 piu in 1& della seconda Epistola del Vannetti, al quale ne avea porta 1' occasione lo stesso Monti. Posa o verita che fosse, poco dopo a ver dato fuori il Saggio d i poesie, il Monti, mentre gli amici ne preparavano articoli e recensioni per i giornali, veniva ripe-tendo nelle lettere private d' essersi gia ricreduto sul valore del proprio libro e di 'vergognarsi' addirittura 'di aver stampato tanti versi'. 'IIo allontanato dal mio tavolino tutti i libri di poesia, e non ho tra le mani altro che Lokche e i suoi disce-poli.' Minacciava insomma di piantar le muse per ingolfarsi tutto quanto negli studi della tilosotia2). II Vannetti prese questi sfoghi deli' amico sul serio e lo scongiur6 di rinunciare al suo proposito. Lo tranquillo tosto il Monti: non intendeva d' invilupparsi 'atfatto nei laberinti della metafisica' e dimenti-carsi 'dei freschi boschetti d'Elicona'; si trattava d'un passeg-gero 'orgasmo tilosofico', che s' era impadronito di lui e al quale era giocoforza, per ora, ch' egli cedesse 3). La bizzarria del poeta romagnolo fe' sorgere, a ogni modo, nel Vannetti il pensiero di una seconda Epistola in isciolti, che a punto di partenza avrebbe avuto l'esortazione al Monti per ricondurlo dalla metafisica alla poesia *). Di questa Epistola seconda pa-recchi sono gli accenni nelle lettere che piu sotto produco. Venne, ai 14 luglio 1779, la morte di Alessandro Zorzi5). Subito il Vannetti espresse al Monti 1' idea di stendere un ») Lett. Roma, 30 giug. 1779 e 15 lug. 1779 ; [Roma], 30 lug. 1779 al V., in Bert.-Mazz. I. Nelle dette risposte il M. intendeva 'dare sfogo alle sue vendette', specialmente contro l'Amaduzzi e lo Scarpelli, che avrebbero impedito la publicazione nelle Effem. letter. di un articolo 'assai calzante', dovuto ad amici suoi, intorno al Saggio di poesie. II Vann. aveva proposto, invece, di indirizzare le altre epistole al Duca di Ceri, cio che non garbava al M. (lett. Roma, 12 ag. 1779, al V., in Bert. Mazz. I). II quale prometteva ancora una volta le risposte in lett. Roma, 19 nov. 1779, ibid. *) Lett. Roma, 12 dic. 1779, al V., in Bert.-Mazz. V. 3) Lett. Roma, il gior. di nat. 1779, al V., ibid. 4) II V. (Op. VIII, 177, lett. a Costant. Lorenzi, V. Non. Mart. MDCCLXXX) la stava gia limando nel maržo 1780. 5) Lett. Roma, 30 giug. 1779, al V., in Bert.-Mazz. I. elogio latino del loro coinune aniico, idea che il Moliti approvo, aggiungendo molte solleoitazioni da parte d'altri familiari dello Zorzi 1) e promettendo, per taeere delle reeensioni... laudative '), che ne avrebhe niandato ai giornali, versi accompagnatorii suoi pro]>ri:i). Dopo le solite eterne Irattalive con 1' editore Paz-zini di Siena'), F elogio, scritto del resto assai rapidamente, fu passato ai torchi ed usci, entro quello stesso anno, con una scelta, in appendice, di lettere scambiatesi fra lo Zirzi e il Vannetti r'i. 'Se non e termina to il vosl.ro F.logio per Zorzi', seriveva il Monti aH'autore, 'ricordatevi che io sono stalo nel numero de' suoi strctti amici, c che a (piesto titolo io voglio essere nominato'R). Detto fatto: il Vannetti inserisce un paragrafo, intorno alla lettera del Monti al Minzoni, ovc lo Zorzi era (lifeso contro lo Sherlock. !) diehiarandola 'scripta divinitus', e cogliendovi 1'occasione di dare una turibolata al Stit/r/io
  • , al V., ihid. 1 Lett. Koma, 1!» nov. 1771». al V.. Koma, 12 (lic. 177!» e Koma, il giorno di uatale 177'.», ihid. 5 (temnit. Vaiinell/i e<(. Coniineutarius de vita Ale\andri Georgii. Accedunt nonnullae, utriusi|uc cpistolae. Kxcudehant Pazzinii Carlii Fra-tres, Senis anno MI)CCLXXIX. ") Lett. Koma, 7 ag. |177!»] al V., in licrt.-Mazz. I. 7j E' la dedicatoria V" contenuta nel Sat/i/io
  • 07, donde appare che il F. fu inscritto nel dic. 1779, non 1780, coinO sta nel libro: Mnn. t/ril'Ait. il. Ai/iati, Iinvereto, 1903, p. 513. ') Roveretano (170(i-(il), laboriosissimo erudito, critico, poeta; pole-mista bilioso ed energlco, perseguitato in vita e dopo morte da* stioi av-versari. Fond6 in patria 1' Accademia de' Dodonei, cui sopravvisse. Notevoli, tra le sue opere, sono : Idr a detla lor/ica il<'!ili Scolasfiei, r de' Moderni, Rovereto, 1731; Lettera intorno ali'arte critica, Venezia, 1710; Dr oritjine Ecdesiae Tridentinae et jirimis eum Eprncopin, ibid., 1743; DeI coni/resso iiotturno delle lamtnie, Rover., 1719; Jtime srrlle, ibid., 17*5 (poštnina). •i Giuseppe Valcriano Vannetti (1719-64), roveretano, padre di Cle-lnentino ; studio in terra tedesca, e, piii tardi, a Siena. Ebbe cariche publiche in patria, e. come lettera to, qualche lama anche fuori. II suo nome e raccomandato, assieme a quello di altri 1-1821); insegno retorica nel ginnasio di Rovereto e in quello di Trento ; scrisse versi e proso, in italiano e. in latino, sempre medioeri : p. e. Dr rita Iliorovt/mi Tartarotti, Rovereto, 180"); Comtnevtariohnn (\c Clem. Vaiincttin, ibid., 1K05'!. Fu amico del Vanti., che lo raccomando al Monti, perche gli ottenesse dal papa di esser fatto sacerdote, inalgrado F eta sua giovanile ; cfr. lett. di d. V., Op. VIII, 170-77, al Lorenzi, V. Non. Mart. MI)CCLXXX. — Nelle parole: •Fino dai l(i aprile la ličen za per il sig. abate Trenzi fu spodita', lett. Roma, 22 apr. 178IJ, al V'., Hert.-Mazz. I, sospetto un errore di trascrizione (invece che : Lorevzi . Notizie storiche di Grisignana (Continnazione — v. A. II, pg. 131). Nell'anno 1364 in Grisignana, mb logia anle por lam, il capitano Ermolao Venier pronunciava sentenza per differenze di pascoli conuinali clie avevano tra loro le citta di Montona e di Parenzo '). II Venier tu chiaraato a giiulicare in questa contingenza solo per delegazione; avvegnaehe, come osserva anche il Kandler, il fatto di Montona e di Parenzo spettasse al capitano di !S. Lorenzo. Alla publicazione della sentenza erano preseliti in qualit& di testimoni per conto del governo un connestabile di cavalleria e tre stipendiari addetti al Pase-liatico. In segnito a questa sentenza e da allora in poi i podesta di Montona e di Parenzo dovevano rivedere (come appare dalle coniinissioni a quei podesta) ogni anno i detti confini, fatti collocare dal Venier e di rimetterli nel sito dal quale venissero per avventura levati % Nell'anno 13(53 il capitano del nostro Castello doveva assumere informazioni e trasinetterle al Senato su questioni insorte fra gli abitanti di Capodistria e di Muggia per sequestri di animali opevati da (juesti a dan no di quelli:i). Fra le deliberazioni senatoriali deli'anno 1384 ') troviamo una notizia clie e una sorpresa. Iacopuccio di Porcia, capitano di Sacile, chiede alla Signoria il castello di Grisignana ture cessitmis, e si dice pronto di restituire il danaro per il quale la Re])ublica lo tiene ora in pegno. Nel caso pero clie Venezia 'j Kandler, Notizie, storiche di Montona. 2j «Quod iuxta consilinm ser hermolai Venerio capitanoi nostri Gri-signane Ininngatnr in commissionibus potestatum nostrnni Monthone et. pareutii ipiod ornni anno debeant insimul cum aliipiibus bonis hominibus dictarmn terrarnm confinia terminata per ipsuin Capitaneurn nostrmn Gri-signane occasione differentie <(ue erant inter comnnia ipsarum terrarnm revidere et signa sen tenninos ipserum coniininm per dictum capitaneurn nune positos, nt de ipsis sit perpetna memoria si moti essent reaptare et renovare, prout snnt ad praesens, ne pro predictis alicjuid de cetero inter partes scandalnm valeat evenire, et sic consnlunt dieti potestates monthone et paren ti i et sic contentantnr etiam diete eomnnitates». — Kandler, ivi. ' Atti e memorie, vol. V, p. IS. 1 Ivi, p. 80. intendesse averlo per se, domanda che lo si indennizzi in modo ecpio e conveniente. Iaeopueeio di Porcia su che fonda egli tale pretesa? Egli era, se non e,' inganniamo, figlio di Spero-nella de' eonti di Porcia, sposa di Pietro di Pietrapelosa, il quale fu gia signore di Grisignana. Sembra infatti che la sua dimanda non fosse priva di fondamento. Perche 1' anno appresso, 1385, il Senato ordino agli ambasciatori in Friuli di recarsi a vSacile per trattare con lui intorno al nostro Castello, che il Porcia diceva ad eum spectare. E perche Iaeopueeio avesse causam se gerendi de bona in melius in far!is lige, gli ambasciatori ebbero facolta di promettergli sino a 1000 ducati verso cessione assoluta da parte sua di tutti i diritti che van-tava sul detto Castello. Se non acconsente, per finirla, se gli dieno egualmente i 1000 ducati, a patto che, finiti i torbidi del Friuli, il Porcia restituisca il denaro c Venezia gli rendera Grisignana '). Che sia poi avvenuto non sappiamo; ma proba-bilmente quelli ambasciatori avranno saputo trovare il modo di appagarlo, senza nuocere ali'interesse dello Stato ve neto. Nell'anno 1388 ai nobili Francesco Zane e Marco Venier che dovevano venire in Istria per regolare certe questioni per confini, il doge dopo aver fatto menzione di una lettera da lui scritta al capitano del nostro Pasenatico, dice: «ltem comittimus vobis factum Georgii Rosso coinestabilis n ostri (irisignane et sociorum suorum, qui capti fuerunt indebite et iniuste per gentes Domini Duyni, et quod procuretis quod restituantur sue prime libertati, sieut erant nntequnm capti forent et quod ei et sociis suis restituantur equi et arma et alia sua bona eis accepta sieut de vobis plene eonfidimus et speranms et sieut nobis promissum fuit per suos ambaxatores 2)». Dunque gen ti del Signore di Dnino fecero prigioni ingiu-stamente il connestabile insieme co' suoi compagni. A questo fatto si col lega la notizia seguente da noi trovata nell' archivio comunale di Pirano. E una lettera ducale 3) di Antonio Venier al podestA di Pirano Nicolo Grimani, nella quale pero e indicato ») Ivi, p. 83. 21 Kandler, op. cit. 3 «Autonius Venerio Dei gratia Dux Venetiarum ete. Nobili et Sa-pienti viro Nieolao Grimano de suo mandato potestati Pirani fideii diiecto sal. et dileetionis affeetum. Recepimus hodie literas vestras eum incluso Jitterarum vobis raissarum per nobilem virum Franc.iscum Delfino capitaneo * soltanto il mese, il giorno e la indizione ; ma non sara difficile trovare anche 1'anno a cui si riferisce. Vediamo. Antonio Venier fu doge dali'anno 1382 al 1400, Nieolo Grimani fu podesta di Pirano nell'anno 1386') e verosimilraente anche per qualche mese del susseguente 1387, la indizione decima cade nel 1387, la ducale e quindi deli'anno 1387. Dalla quale apprendianio di certa vittoria riportata dal capitano del Pasenatico Francesco Delfina contro certe «falsas lanceas« e vi si sarebbero distinti de' piranesi i quali vengono percio encomiati. Che significhi »falsas lanceas* non sapremmo dire, ove non si voglia intendere scorreria di predoni in camhio di comhattimento regolare di governo nemico. Sembrerebbe ad ogni modo che il fatto del connestabile Giorgio Rosso sia acca-duto 1'anno prima e sia forse quello stesso di cui tratta la ducale in discorso. Le differenze, cioe, per confini esistenti da lungo tempo fra la contea di Pisino e i Comuni veneti di Montona e di Pola, che i capitani dei due Pasenatici non riuscivano ad appianare, avevano dato luogo a conflitti2), in uno dei quali, noi crediamo, il capitano del nostro Pasenatico, se pure vincitore, perdette il suo connestabile insieme con altri suoi compagni che dovevano restituirsi dal signore di Duino, Ugone. Per conciliare le questioni fra i comuni di Pola e di Dignano i due capitani dovevano portarsi nel 1388 sui luoghi contestati e pronunciare quindi la sentenza; con cio che se non fossero d' accordo, doveva entrare terzo giudice il podestk di Pirano e il giudizio seguire a maggioranza 3). I veneziani intanto estendevano sempre piu i loro posse-dimenti nella nostra provincia; e quando nell'anno 1394 ebbero il castello di Raspo, da loro considerato la chiave deli'Istria (glavis tolius Histrie), sciolsero i due Pasenatici di S. Lorenzo e di Grisignana, creandone uno solo con la sede appunto in Raspo che duro sin che visse la republica *). Cesso in pari Pasinatici Grisignane de vietoria obtenta contra illas falsas lanceas de quorum sigmificatione vestram diligentiam commendamus, commendantes etiam lideles nostros de Pirano <|iii viriliter se gesserunt. Datum in nostro ducali palatio die V septembris, decima Indictioue». l) Vedi 1' Istria del Kandlkr anno VI, pag. 114. De Franceschi, op. cit. 3) Atti e memorie, vol. V, p. 270. *) Cod. dipl. istr, tempo la forza militare dei dno Pasenatiei, e fu laseiato Holtauto di presidio noi due luoghi ') una handiera di pedoni (bunderia pedilum) e un connestabile, nient.ro appuuto in quest'anno 1394 aocadde presso Grisignana un pieeolo tatto d' anni fra veneti e non si sa quali altri nemiei. ehe il De Franoeschi suppone essei'e stat.e genti patriarchine. Quale,he anno dopo si notava. eome eosa non eonveniente il tatto ehe tutti gli stipendiarii della handiera grisignanese erano possidenti ed abitanti del paese; onde il Sonato delibe-rava, in clata 23 settembre 1400 '), di assoldare una borni ban-deria pedilum forensium rum i/lo numero baUistaziortnn et paresariormn ehe tiene quella preselite, sotto un Imun connestabile, con lire otto al meso pro parešnrio, e dieci pro biilli-slario. In essa non potevano arruolarsi istria,ni ne ledeschi, e la bandiera stava agii ordini del rettore del luogo. Sciolto il Pasenatico, Vonozia mandava a governare il nostro Castollo un nobile col titolo di podesta, al qualc, quando giungova al porto della Hastia. i (irisignanesi andavano incontro, perche di la, sino al Castollo essi orano tenuti di condurre a loro spese 1 ni e le suo robe. 11 podesta non durava in carica trentadue niesi. eonie si potrebbe ritonero cd era po i Comuni ontro terra, perche i veneti consideravano Grisignana un Coinune marittinio. Tnfatti gli abitanti di (piella costiera nep])iir oggi hanno abbandonato intieramente 1' industria peschoreccia. Nelle Commissionii podesta o rettori ricevevano dal ') Atti e memorie, vol. V, p. 284: Onines anteni ali« gentes Pavse-natieorum S. Laurencii et Grisignane cessari debeant, salvo quod ad eu-stodiam Grisignane et S. Laurentii remanere debeant dno banderie pedi-tnm, unn pro qtlolibet loi-o. *) Ivi, p. 295. 3) L'ill. dott. A. Ainoroso ei favori la seguente eopia tratta deli' ar-cliivio provineiale deli' Istria. Potestiitis Grisignane Nos Mieliael Steno Dei Gratia Dux Venetiarum Committimus tibi Nobili Viro..... dilecto civi nostro, quotl de nostro niandato vadas Potestas noster Grisignane por ununi annum et tantum plus quantum suceessor tnus illue venire distnlerit, habendo solutionem pro rata de qnanto steteris ultra annum, regendo ipsam terram eiusqne districtum, ae homines et per-sonas in ipsa habitantes in ratione et Iustitia, recte, legaliter et bona tide ail honorem nostrum et Comunis Venetiarum et ad salvationein ipsius terre. (iovcnio spcciali istnizioni sul modo di ronteiiersi verso il Govorno slosso. verso la lerra o i sudditi da loro arami rastra ti. Ksse riguardano la durata dol reggimento. il salario. gli obliglii del podosta, il modo di rendere ginstizia. Omili melise videbis euratias rt ulia arma nostri eonmnis et videri facie.s et aptari si fiterit npportununi, i ta eni. Terra anteni Pole ipie liabet onus sunili occasione banderie qiiain presen-tialiter tenet, ali liuiusinodi iinpositione voluinus excoptari. Item Vališ solvere debet libas III.I parvoruni nostro coinuni onini anno. It,eni oliservabis parteni captani in nostri eonsilijs minori I toga to nt in et XI.. in Millesimo (TCLN 11 l.l, die XXVI marcij, cuius tenor tališ est. 'ihtod addatui' iti (.'omiiiissjotiibus Capitauei pavsinatiei de citra ai|Uain, quod de oinnibus que speetant ad introitum et honorilicentias Castri Grisi-gliane 11011 possint nec debeant modo ;tliquo liabere sen reci pere. quicquid pro utilitate et tiso suo, nec etiani nceipere ad utilitateni suatii aliquam Iurisdietioneni seu lioiioriticentiam de novo, per quam liomines Grisignane graventur in aliqno de. novo, videlicet volnnms lire di grossi ali'anno. Con questo onorario egli doveva provvedere anche ai bisogni della servitii e di tre cavalli. A sue spese era tenuto pure di mantenere un notaio, il quale non doveva essere del paese, ne <(ui avere il domicilio. 1 cavalli dovevano avei'e 1'eta di quatt.ro anni '). Al podesta era fatto obligo oltre di cio di non esigere regalie che potessero gravare i sudditi, riseotendo soltanto quelle che i sudditi erano soliti di cont.ribuire. Kragli vietato volgere in uso proprio quanto spettava alla conmnita, non doveva accettar regali per se ne per altri. Intine da lui do-vevasi tenere una taverna |)er con to dello Stato, come gia ad Umago. A volte il podesta di Grisignana era chiamato a giudicare per delegazione su questioni vertenti fra paese e paese, come accadde nell'anno 1419 '; nelle differenze fra Capodistria e Isola, dove intervennero il podesta di Capodistria, il capitano di Raspo e i podesta di Montona e cli Isola, i quali giudicarono a maggioranza. (Continua) G. Vesnaver l) lil seguito i coniuui furono sciolti dali' obligo di tenor cavalli per il pasenatico e dovevasi in quella vece pagare ogni anno 40 soldi di grossi per ogni cavallo. Nelle comissioni recate i|ui sopra per il podesta di Grisignana, e stabilito che Isola doveva contribuire in cambio di 10 cavalli 20 lire, Pirano per 20 cavalli 40 lire. Umago per 4 cavalli 8 lire, Parenzo per 12 cavalli 24 lire, Rovigno per 5 cavalli 10 lire, Montona per 8 cavalli 16 lire. Valle doveva ogni anno 400 lire di piecoli. 21 Atti e memorie VI p. 15. Woii M Conti di Veslia seienti Fraiijaiii STUDIO CH1TICO iContivt. — vedi A. II, pag. 108". TI. L'origine locale V na voce slona ta nel coro universalc. Uno dei pi'imi - se non il primo per avventura —- a sostenere, ehe l'opinione deli'origine romana dei conti di Veglia e falsa, ma che viccversa essi ebbero un'origine locale, sulFisola di Veglia, cioef che usurparo/io il cognome «de Fra'/)(/i/taniJjtt.s* lin eroato: «de Fru//kapan»), e che tinalmente il cambiamento del cognome iil primo pero non viene indicato) avvenne durante il papato di .Martino V (1417-1431) si fu .1/ž-toni.o Viueigncrra o Vincireru, detto il ('ranico, morto a Padova nel lf>02; ed e quello stesso che, ([tiale dologato della Republica veneta, venne spodilo a Veglia nel 1480 por reggore 1'isola che, rininiziata dall'ultimo conto (liovanni, resto da quoll'anno in poi in dominio effettivo della potonto e illustro Republica. ') II Vineiguerra adumpie, o per 1' epoca tanto vicina ai tati i oho ci oeenpa.no, e nel caso speciale del cognome, perche potea a vero fra lo mani i documenti piii genuini doli' archivio della famiglia Frangipani. o dogno
  • dei Monumenta spectantia 1tisloriuiu Slarorunt Meridionulinm, oditi dali'Aceademia delle scienze ed arti di Zagabria. Ecco il tenore preeiso delle sue dichi^razioni (p. 39, 40 1. e ediz. cit.) : V. L'uitirno dei Frangipani, J. c. p. 176, «El prima clie io r.engi ale ragion fundanlissime, ') furb una breve dagression, non fnor de proposito, per de-chiarir, in che modo gnetli coni i se liano usurpato il cognome di Frangapani, facendose de rasa romana, to non iroro al-cuna acvipiura ne pririlegio faclo da lo inrperador Sigismondo in su, (i/i gin) dove sia may nominala la časa (1 i Frangapani; el aperlamenle se rede dal pririlegio de Bela fina a quel ultimo de Sigismondo, che. may non formo nominali, salro „egregii nobiles (le Vegla", perche rerera V origine loro non fu tli altro loco, ma naquero zentilhuoniiui chome gli altri, che al tempo de la coininunitade (eioe, prima di Uoimo) go-vernarano quella isola. El cognoine (li Frangapani naipie dal le m po de pa pa Martino in qaa ; che essendo audc/n el ban Micolo *), pudre del conte Znane ultimo, a lioma per sna derolion, chome lionoraia persona et signor e.vlimalo, da pa pa Martin fu be-nignamenle v isto e! rccollo: el iidendendo sna sanclila, lui esser. conte de Vegla, per adularlo dixegli., harer lecto in alchune croniche romane, 'J che certi fradelli Fra: «Ainicissimo di 1'ompeo e Mario Frangipane, ultiino del ramo di Roma; lascio nel suo testameuto (16.18), in caso di e-stinssionu dei Frangipani di Croa/Ja, uu Hdecommesso agli eredi di Antigono«. Nella parte eritica pero si dimostrera, che anche i cosi detti Frangipani di Castelporpetto, presso Udine, non diseendouo da (pielli di Roma. Gius. Vassilicli (Continna) L' ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Continuazione; vedi A. I. N. (>-12 e A. II, N. 1-3) N. 439. Protocollo n.o III cl' istrumenti di Gio. Paolo Zarotti. Carte 401-600. 1769-1778. N. 440. Registro alfabetato di 186 istrumenti di Gio. Paolo Zarotti. 1770. N. 441. Protocollo n.o II d'istrumenti di Girolamo Gavardo. Carte 200-400 con relativo indice. 1770-1776. N. 442. Protocollo n.o II d'istrumenti di Gio. Paolo Zarotti. Carte 101-159. 1770-1788. N. 443. Busta contenente la tilza n.o 1 d' istrumenti di livel-lazione ecc. fatti dalla Kobile Deputazione alle Cause Pie della Citta di Capodistria. Girolamo Gavardo. 1771 e 1772. N, 444. Busta con tilza d'istrumenti di Ottavio Vida. 1771. N. 445. Registro alfabetato di 177 istrumenti di Gio. Paolo Zarotti. 1771. N. 446 a). Busta contenente 331 istrumenti numerati cli Gio. Paolo Zarotti. Ne mancano 67. 1772. N. 446 b). Nuziale di Giulia Caldana. Stampa di pagine 81. Gli atti riprodotti vanno dal 1660-1772. N. 447. Busta contenente la tilza n. 2 degli istrumenti di livel-lazione e di affrancazione fatti dalla Nob. Deputazione alle cause Pie di Capodistria. Girolamo Gavardo. 1772-1774. N. 448. Libro contenente: a) Minutario primo dei testamenti rogati e pubblicati dal fu nodaro Almerigo Gavardo, registrati nel protocollo e posti nell' indice da carte 1-79. 1772-1782. b) Minutario secondo di testamenti rogati da vari nodari e pubblicati dal soprascritto in ordine a a pubbliche preserizioni, posti pure nell'indice da carte 1-15. 1749-1789. N. 449 a). Protocollo n. I testamenti di Almerico Gavardo. Carte seritte 38. 1772-1783. N. 449 b). Mandati di procure n. 93 rogate dal notaio Almerigo Gavardo. 1772-1783. N. 450. Busta con fascicoli 21 d' istrumenti di Ottavio Vida. 1773. N. 451. Registro alfabetato di 350 istrumenti di Gio. Paolo Zarotti, 1773. ■212 1'AUINE ISTUIANK N. 452. Protocolo n. II d'istnimeuri di Ottavio Vida. Carte 201-400. 1773-1776. N. 4.r>3. Minutario degli istrumenti ed alti rogati da Almerico (Iavardo, IS aprile 1773 — 19 settenibre 1774 e stessa-mente dalli 10 ottobre 1773 — 26 giugiio 1 774. Dal n. 1-17 e dali' 1-47. N. 454. Protocollo n. I d'islrunienti di Alinerigo (iavardo. Carte scritte 165. 1773-1781. N. 4")."). Protocollo n. I d'istrumenti di Klin (lins. Relgramoni. Carte scritte 1-31. 1773-177"). K. 456. flrossa tilza di atti di Elio (iius. Belgramoni. 1773-1779. N. 457. Registro alfabetato di 245 atti di < i io. Paolo Zarotti. 1774. X. 458. Rusta con 4 tascicoli d'istrumenti di Ottavio Vida 1774. X. 459. Minutario degli istromenti od atti rogati da Almerico (iavardo 2 luglio 1774 — 30 clicembre, e dali'8 gennaio 1775 lino ali'aprile deli'anno stesso. Numero degli atti 1-29 e da 1-41. N. 460. Busta con 10 tascicoli d'istrumenti di (iio. Paolo Zarotti. 1775. N. 461. Busta con 17 tascicoli d'istrumenti di Ottavio Vida. 177."). N. 462. Protocollo n. 111 d'istrumenti di Ottavio Vida. Carte 401-540. Le Carte 481, meta della ca rta 482 e le ultime 28 sono in bianco. 1775-1783. N. 463. Protocollo n. III d' islrumenti di (lio. Paolo Zarotti. Carte 601-800. 1775-1783. X. 464. Libro d' istrumenti di Antonio Trauner di Muggia. 1775-1785. In Ibndo del libro si trovano un indice e 20 carte sciolle clie coutengono istrumenti appartenenti alla prima meta del 1700. N. 465. Minutario degli istrumenti ed alti rogati da Almerico (iavardo dal 1 gennaio - s decembre 1776. Numero degli atti 64. N. 466. Busta con 9 lascicoli cli atti di (iio. Paolo Zarotti. 1776. N. 467. Busta con grossa tilza di atti cli Ottavio Vida. 1776. X. 468. Busta contenente 133 testamenti di Ottavio Vida. 1766-1787. In principio si trova sur una earta il catalogo (sit:) dei notai attuali uel dipartimento d'Istria (senza data). \'i sono i notai di ('apodistria, Muja, 1'irano, Omago, Pola, Fianona, Dignauo, Valle, Due Castelli, S. Lorenzo. X. 469. Protocollo n" III d'istrumenti cli (iirolamo (iavardo. Pagine 401-600. Vi e anuesso 1'indice. 1776-1782. N. 470 a) Busta con tilza n" 9 d' istromenti ed altri atti publici che cominciano li ?> gennaio 1777, terminano li 18 decembre 1778, quali sono registrati nel protocollo n° III di Girolamo Gavardo. N. 470 b) Busta con 2 fascicoli a stampa. a) Per il signor Conte Santo Grisoni, Gerolamo e Pietro fratelli Gavardo nec non Rever. I). Zorzi Baseggio tutti assuntori di giudicio al Taglio. Con doeumenti che vanno dal 1400-177(5. Carte 1(X). Sono aggiuute 3 carte inanoscritte che riproducono doeumenti del 1776, 1778, 1794. b) Per li signori Paolo e Pietro e Zuanne Zarotti contro li signori conti Santo Grisoni ecc. assuntori di giudicio al Laudo. Pagine 170. Le pagine 162-1(54 sono legate fuori di pošto. 1777, "N. 471. Busta contenente 9 fascicoli di atti di (!io. Paolo Zarotti. 1 777. N. 472. Busta con grossa tilza d'istrumenti di Ottavio Vida. 1777. X. 473. I)etta deli'anno 1778. X. 474. Busta con tilza d'istrumenti di Gio. Paolo Zarotti. 1778. N. 475. Det.ta deli'anno 1779. N. 476 a) Busta con tilza d'istrumfenti di Ottavio Vida. 1779. N. 476 h; Minutario dei testamenti registrati nel Protocollo del notaio Alessandro (1 avardo iii da compiangersi, in qnantoche dopo morti erano caduti nelle mani dei poeti sineroni. Itispetto alla seeonda interrogazione, la luce recata dal Medin nei punti aneora controversi della storia veneziana non e poca: basti, per tutti, il leale contegno serbato dalla Serenissima dopo la meinorabile vittoria di Lepanto, che fu sterile di Imoni eftetti per la Cristianita coalizzata a causa del distacco iniprovviso qnnnto ingiustificato delle, galere spagnuole e pontiticie dal resto deli' armata veneziana. l:n poeta spagnoleggiante deli' epoca accuso Venezia di (♦gdisnio e, ch' e peggio, di avere tradito la Lega stipulando la pace col Turco!!! Intoressantissiina, anche come docnniento storico, e la poesia ver-nacola coniposta al tempo deli' interdetto di Paolo V: fcieglio che le carte ufriciali, spesso troppn diplomaticamente eircospette e fredde, essa ci trasporta di botto nell'ambiente agitato di que,gli sciaguratissimi giorni, ed e una riproduzione feilelc dei pensieri che 1'anatema papale, veniva suscitando nella merite dei Veneziani d' allora. E ipiesti pensieri — strana cosa invero! — eollimano perfettamente con quelli ehe noi moderni ci siamo andati Ibrmando sul potere temporale dei papi. Duiupie, per tornare al nostro assnnto, il Medin non ha proprio eoncluso niente? Oh. si! A una conclusione o, piuttosto dimostrazione anche il nostro Autore e venuto: egli e stato il primo a mostrarci, con le y>rove alla mano, il vaiore della letteratura veneziana che accompagno g'li avvenimenti storici. II copioso materiale da lui offerto ne da finalmente la possibilita di trarrc i:i ]>:-:»j>->sito deduzioni quanto mai esatte. Ma prima era cio fattihileV Antonio Medin e un fanatico adoratore della sua Venezia: sempre pronto ad esaltare le molteplici virtu, onde ando ornata 1' immortale Re-publica. cerca con ogni suo studio di attenuarne le colpe, anche la ove gli efrori del Senato sono cosi evidenti ed accertati da non ammettere d i fese di sorta. Se cio fa onore a lui come Venezia.no, non gli ritorna egual- meiite a vantaggio come stori.eo. Noi Istriani 11011 aveimno troppo a 1 udarci dol Govorno veneto. Egoista por antonomasia, badava solo alla jj-randezza della Dominanto, al eni sealo dorerauo aftluire tutti i prodotti della terra-fernia e dolle eolonie d' oltremaro. 1 podestA, ehe poriodieainonte spodiva dalle nostre parti erano — meno rare oeeezioni — dei nobili spiantati che venivano ad addobbarsi le ossa allo spalle dei nostri eomuni, eh' essi am-niinistravano non sempre eon ginstizia. e onestamente. Ma erano tanto gentili quelle Eccellenze! Sapevano cosi bone abbozza.ro il sorriso.tto d' oe-casione tanto nei rieovimenti solenni dopo il primo ingresso in cittft., t|uanto nelle nnmorose e faeili ndionzo eh' essi, nel corso della loro breve gestione si dognavano di eoneodere, agli amministrati nobili e plebei. E mandavano anehe di quando in quando dei lunghi e. ])artieolaroggiati rapporti al Senato, informandolo minntamente dei soceorsi piu urgenti onde abbiso-gnavano le singole citte istriano. E che rispondevano da Venezia V Rispon-devano — non sempre, pero — come quel faeeto granduca di Toscana: — Rifate il ponte coi vostri danari .... Cosi avvenne — per eitare un solo esempio — ehe durante 1'impervorsaro della guerra di Gradišča i comandanti veneziani residenti in Istria fossero lasciati soli e senza aleun soccorso in balia di se stessi o dol nemico prepotonte. E se allora 1'Istria veneta non divento arcidueale, lo si deve non gia ali'azione onergica spiegata dal Governo, bonsi al valoro individuale dei eapitani veneti ed alla fedelta delle popolazioni istriano. Nulla tonto la Serenissima per ini-pedire il docadimento di q nos te torre: a mezzo il secolo docimottavo, mentro Maria Teresa dedicava tutto h' sue forze ali' ineremonto del nuovo emporio triestino, il Senato vonoto non trovava di meglio se non che affi-dare al podesta-capitano di Capodistria il diffidle incarico di spiare eon occhio geloso i eontinui progressi della vieina Trieste e... di riferire.... Eppure, allorche il turbine napoleonico rovescio il colosso cariolato delle lagune, i nostri veechi piansero e in alcuni luoghi corsero anehe alle armi per difenderne il glorioso vessillo. Gli e che quel Governo benevol-mente neghittoso ci lasciava in pace, e se non ei eolmava di troppi favori, non ci scorticava nemmeno con soverchio tasse : il peso maggiore si puo dire fosse rappresentato dallo stipendio dovuto al podesta ed al seguito di lui. E' vero ehe le mura cadevano e che i porti si rieinpivano di sabbia, ma come si fa quando malica «la macchina che fa girar il moiulo ?» Tuttavia noi lo abbiamo amato, questo Governo ; lo abbiamo amato perche nazionale, umano, rispettoso degli usi ecostumi dei popoli soggetti; lo abbiamo amato per la lunghissima serie d' anni in cui dividemmo con lui gioia e dolore, speranze e timori. Ed oggi ne veneriamo la memoria custodendo con gelosa cura i leoni di pietra, che, quali ceppi funerarii sulla tomba di un gran defunto, perduta 1' antica fierezza, guardano a noi con occhio mesto, pensoso. . . Doinenico Veiiturinu Programmci deli' i. r. Ginnmio nuperiore di Capodistria. Anno seol. 19031904. Capodistria, Cobol ersone relativamente d'importanza storica«. Ai regesti e accordata una lunga ma non meno interessante appendice recante P elenco bibliografico dei doeumenti che si conservano nella civica biblioteca di Zara e che riguardano Cherso e Veglia. Nella parte seconda 1'egregio prof. Giovanni Bisiac, tf. di direttore, continua la publicazione del catalogo della biblioteca dei professori. Nella parte terza leggiamo alcune notizie intorno al ginnasio. I). V. Arnaldo Segarizsi, Un poemetto sconosciuto di Pietro Lazzaroni, per nozze Dalla Santa-Valsecchi, Venezia, Prem. Stab. tip.-lit. Visentini cav. Federico 1904 ; car. 8 non numerate. In quest' opuscolo magnificamente stampato 1' A. richiatna 1' attenzione degli studiosi su Pietro Lazzaroni, poeta bresciano deli' ultimo Quat-trocento, che fu professore di retorica nell' Universita Pavese. Compose quattro libri di carmi, canto, sempre in latino, De septem praerogativis rjuae nobilitant domos e dedico a Venezia due poemetti: De duodecim rirtnfibu« quilmx roronatur ronsvmata re,,i,,a et ,j,,ibus falgerr mvcrmnuns roramn.i semiissimae lotrebb" essere che una nuova eccellente opera d1 arte. II lavoro del nostro egregio collaboratore Dott. G. A. (Jravisi »Termini geograHci dialettali usati in Istria« pubblicato nel n. 3. a. II di questo periodico. incontro il plauso dei critici delle nostre provincie lion solo ma deli' Italia aneora : di questi ultimi ci piace ranunentare il comprovineiale prof. F. Viezzoli, il quale nella Rivista Ligure di scienze, lettere ed avti a. XXVI, fasc. III. maggio-giugno 1904 (Genova, Piazza Fontane Marose N. 17 cosi scrive : «L' autore di questa raccolta di termini geograflci e giovanissimo. Figlio di riino su La elassica liuteria italiana memoria Ietta al Liceo, la sera deli' 11 maržo 1904 dal prof. dott. Michele Stenta, il secondo sul Casella, il celebre trecentista fiorentino, che Dante volle immortalare nel suo poema divino, di Carlo Perinello. Di Pierpaolo Vergerio il seniore pedagogista s' intitola il nuovo opuscolo publicato dal direttore del nostro periodico Domenico Venturini. II lavoro, dopo aver discorso della vita e delle condizioni della scienza pedagogica a tempo del Vergerio. assoggctta a minuta analisi I' operetta •di Pierpaolo intitolata Dr ingenuis inoribus ecc. per conchiudere che il Nostro, «11011 fu innovatore nello stretto signiticato del termine ; molto prese -dai Greci c dai Romani, ma il pensiern dei Gentili seppe magistralmente fondere in quello del Cristianesimo. ortenendo cosi 1111 tutto che parve, e 11011 fu, originalen. L' edizione, elegantissima. onora altamente la nostra tipografla Cobol-Priora. -S 1'na edizione critica delle rita del 1 'etrarca scritto dat nostro Vergerio il recchin si appresta a farla 1' amico nostro prof. Carlo Maria 1'atrono insegnante a Firenze o liativo di Grumo Appula. 111 provincia ili Pari. Attendiamo con viva ansia questo lavoro, che varra a gettare nnova luce sulla prodigiosa operosita del nostro illustre Concittadino, intorno al quale — e lo diciamo con orgoglio — si affaticano gl' ingegni piu chiari italiani e stranieri. i quali tutti riconoseono in Pierpaolo uno de' piu strenui campioni di ipiell' audace compiista dol sapere, che nel medin evo si chiamo umanesimo. -ifc Dr. L. IVaogen. Kin lleitrag zur (leologie . ("Ii""'p « "-dalture i Tipografia Cubol & Priora. Capodistria.