L'arte delle situle quarant'anni dopo Loredana CAPUIS Izvleček Abstract Od razstave leta 1961 do danes je izšlo mnogo študij o izvoru in pomenu situlske umetnosti. Kar se tiče prvega problema, zdaj prevladuje mnenje o tesni povezavi situlske umetnosti z izkušnjami etruščanske orientalizirajoče umetnosti, kar pa se tiče pomena upodobljenih prizorov, ostaja problematika še odprta. V pripravi je analiza, ki bo na osnovi nove metodologije "jezikovnega" tipa ponovno globalno preučila celotno tematiko. Med novimi najdišči na karti razprostranjenosti situl je treba posebej omeniti nove najdbe iz Benečije, ki omogočajo nove iztočnice posebej za preučevanje vloge Padove in njej pripadajočega ozemlja; na osnovi teh najdb bi mogli celo sklepati na izvirno obdelavo epizod iz lokalne zgodovine. From the major exhibition in 1961 to the present, many studies have been published about the source and meaning of situla art. In terms of the first problem, the currently predominant idea is of close connections between situla art and Etruscan orientalizing art, while in terms of the meaning of the depicted scenes, the problem still remains open. An analysis is being prepared, which on the basis of new methodology of the "linguistic" type would again address the entire subject from a global perspective. Among new sites on the distribution map of situlae, the new finds from Veneto should particularly be noted, which enable new starting points, particularly for studying the role of Padova and its corresponding terri-tory; on the basis of these finds an episode from local history could even be inferred from the original "publication". L'arte delle situle quarant'anni dopo: era questo l'argomento a cui avevo pensato per un eventuale intervento alla giornata di studio in onore degli ottant'anni di Stane Gabrovec, tanto piu che in quell'occasione la mia presenza non sarebbe stata solo a titolo personale, ma anche, e soprattutto, come portavoce di Giulia Fogolari che non avrebbe potuto essere presente al festoso raduno. Non ho purtroppo potuto partecipare al consesso, svoltosi in concomi-tanza con il XXII Convegno di Studi etruschi e ita-lici, e sono quindi particolarmente grata a Biba Teržan per l'invito a presentare comunque il mio contributo in questi Atti, contributo che assume oggi un significato ancora piu pregnante dato che il 12 gennaio 2001 e mancata Giulia Fogolari, Amica e Collega di sempre di Stane Gabrovec: vorrei dunque con il mio omaggio collegare idealmente ed affetti- vamente i due Maestri sul filo di un tema che li ha visti spesso uniti. Quarant'anni dopo significa infatti quarant'anni dopo la realizzazione della Mostra sull'Arte delle situle dal Po al Danubio, tenutasi a Padova nel 1961 e poi passata a Lubiana e a Vienna, evento che ha rappre-sentato il rilancio della protostoria veneta dopo i primi lungimiranti inquadramenti di Alessandro Prosdocimi e, nello specifico della problematica artistica, di Gherardo Ghirardini. Nella nuova ripresa degli studi dopo una lunga pausa di ristagno, la Mostra e il rela-tivo catalogo vedevano riuniti in una collaborazione scientifica di assoluta avanguardia i maggiori studiosi d'ltalia e d'Oltralpe1, cioe di quell'area dal Po al Danubio interessata da un artigianato artistico per molti aspetti unitario, ma anche assai vivace ed eloquente nelle sue affinita/differenze spazio-temporali. 1 Per la mostra cfr. Mostra dell'arte delle situle dal Po al Danubio, Catalogo della Mostra (Firenze 1961). Per i primi fondamentali studi cfr. A. Prosdocimi, Este, Not. sc. ant. 1882, pp. 5-37; G. Ghirardini, La situla italica primitiva studiata specialmente in Este, Monumenti Antichi dei Lincei 1883, cc. 161-252; 1897, cc. 5-200; 1900, cc. 5-232. Sul corso degli studi protostorici nel Veneto e in Italia cfr. R. Peroni, Preistoria e protostoria. La vicenda degli studi in Italia, in: Le vie della preistoria (Roma 1992) pp. 9-70. Si trattava di un incontro nato "quasi per caso", come ricordato da Giulia Fogolari2, ma certo per un "caso" che derivava da una piu che matura presa di coscienza della problematica relativa ad una specifica e partico-lare forma figurativa/espressiva. Veniva in quell'occasione a riprendere quota il dibattito sui punti cruciali dell'arte delle situle: la sua origine ed il suo significato. E mi piace oggi ricord-are che tra i vari contributi, tutti importanti, proprio Stane Gabrovec metteva a fuoco, con incredibile lucidita data l'epoca e la giovane eta dello studioso, le due problematiche: sul tema dell'origine, pur riconoscendo che la base tecnica, per cosi dire, dell 'arte delle situle e dunque originaria dell 'epoca delle necropoli di urne, Gabrovec acutamente sotto-lineava infatti che si trattava di una base solo Potenziale, che per diventare espressione artistica, doveva essere scossa da impulsi stranieri, che egli riconosce-va nel repertorio decorativo orientalizzante dell'Italia. Quanto poi al problema del significato sotteso al messaggio narrativo, di non poco peso appare l'osservazione che anche l'abitante delle pen-dici meridionali e sud-orientali delle Alpi senti il bisogno d'esprimersi non soltanto per mezzo di simboli immobili, ma soprattutto di una narrazione individuale, soggettiva, condizionata nel tempo e nello spazio3. Frasi espresse con ben poca enfasi, nello stile tipico dello studioso, ma che preannuncia-vano invece molte delle nuove vie che avrebbero successivamente informato gli studi: dalla matrice etrusca, che oggi ci pare cosi ovvia, al "significato delle immagini" proprio in quegli anni rivitalizzato da Panovsky e dalla scuola di Warburg sul fronte della storia dell'arte e che avrebbe dato avvio a let-ture iconologiche anche in campo archeologico, all'ana-lisi dei "simboli attivi" di Hodder, al rapporto tra cultura materiale e societa di Binford. Possiamo dunque ben dire che tutte le tematiche cruciali dell'arte delle situle -la sua origine, la sua cronologia, il suo significato- venivano splendida-mente messe a fuoco nel 1961, cosi come ne erano ben suggeriti i problemi aperti e le ulteriori vie di ricerca. Le tappe successive hanno visto gli studiosi impegnati, oltre che in una piu esatta definizione della cronolo- gia4, soprattutto sul problema dell'origine di questo linguaggio comune a genti, culture, aree geografiche diverse, con tesi opposte e/o complementari, oscillanti tra l'Etruria, l'Oriente, la Grecia, volte ad enfatizzare la trasmissione terrestre oppure adriatica, la diffusione di oggetti-schemi-modelli-artigiani. E come alla Mostra del 1961 aveva fatto eco il V Convegno di Studi Etruschi ed Italici, cosi le nuove prospettive venivano presentate nell'XI Convegno dell'Istituto, tenutosi nuovamente nel Veneto nel 1976, in occasione del centenario delle prime scoperte di Este. Giulia Fogolari, Stane Gabrovec, Karl Kromer, tra i principali interpreti della "fase di rilancio", si ritrovavano di nuovo assieme per riprendere il filo del discorso alla luce delle nuove, o rivisitate, impostazi-oni di studio. Lucidissimo anche in quell'occasione fu l'intervento di S.Gabrovec che, pur riconoscendo la relazione di parentela tra le diverse specie dell'arte delle situle, ne sottolineava la relativa autonomia, cioe la parentela di sorella a sorella, non di madre a figlia, ricollegandola a messaggi diversi sortiti da ambienti culturali diversi5. Tra i protagonisti del rinnovato dibattito, Otto Herman Frey, Giovanni Colonna, Elena Di Filippo, presentavano le loro argomentazioni relative alle principali tematiche dell'arte delle situle, con impostazio-ni metodologiche e conclusioni non sempre coinci-denti, ma proprio per questo indicative della vitalita del problema, oltre che della sua complessita6. Sul fronte dell'origine, la piu lucida e convin-cente messa a punto e venuta in quella sede da Giovanni Colonna che, grazie anche alla "riscoperta" bolognese del tintinnabulo della Tomba degli ori, metteva in un preciso "ordine consequenziale" le manifestazioni artistiche dell'area padana, corre-landole al linguaggio figurativo-narrativo tipico dell'orientalizzante recente etrusco e postulando una trasmissione di artigiani dalle corti etrusche meridionali e interne alle corti etrusco-padane, nonche a quelle venete, trasmissione giustificabile sulla base dello sviluppo socio-economico e ideologico-culturale di queste aree periferiche. Parzialmente conflittuale la posizione di E. Di Filippo che ribadiva la preva-lente componente di matrice orientale, gia sostenuta 2 G. Fogolari, Este e la civilta paleoveneta a cento anni dalla prima scoperta, in: Este e la civiltä paleoveneta a cento anni dalle prime scoperte. Atti dell'XI Convegno di Studi Etruschi e Italici, Este - Padova, 27 giugno - 1 luglio 1976 (Firenze 1980) p. 7. 3 S. Gabrovec, La componente della civilta delle necropoli di urne nell'arte delle situle, in: Mostra (n. 1) pp. 3-8 (le citazioni a pp. 4-5). 4 Su questo si veda nello specifico O.-H. Frey, Die Entstehung der Situlenkunst, Röm. Germ. Forsch. 31 (1969), con revisione delle datazioni in genere troppo ribassiste di Mostra (n. 1): ormai unanimemente acquisito e che la nascita dell'arte delle situle sia da porsi negli ultimi decenni del VII secolo, nel quadro dell'orientalizzante recente. Per l'ambito bolognese si veda anche G. Sassatelli, Ancora sui rapporti tra Etruria padana e Italia settentrionale: qualche esemplificazione, in: Gli Etruschi a nord del Po. Atti del Convegno, Mantova 4-5 ottobre 1986 (Mantova 1989) pp. 49-81. 5 S. Gabrovec, Alcuni problemi attuali dell'arte delle situle, in: Este (n. 2) pp. 143-152 (la citazione a p. 147). 6 O.-H. Frey, La cronologia di Este nel quadro dei rapporti culturali con l'area hallstattiana, ibidem, pp. 69-84; G. Colonna, Rapporti artistici tra il mondo paleoveneto e il mondo etrusco, ibidem, pp. 177-190; E. di Filippo Balestrazzi, Nuovi confronti iconografici e un'ipotesi sui rapporti tra l'area delle situle e il mondo orientale, ibidem, pp. 153-170. in un precedente lavoro7. Se tra le due posizioni appare ormai globalmente piu convincente quella di Giovanni Colonna, cio si deve anche ai recenti ritro-vamenti che, dalla valle dell'Ombrone all'ambito piceno, da Verucchio a Bologna, hanno fornito gli anelli intermedi per ricostruire la catena di una tras-missione per via etrusca interna. Ma e pur vero che, tanto per l'Orientalizzante etrusco quanto per l'Orientalizzante settentrionale, e nella fattispecie bolognese, non si puo non tener conto anche di alcune componenti schiettamente orientali indotte da una concreta presenza di artisti-artigiani orientali8. Chiaro appare in ogni caso che si deve parlare di un vero e proprio processo di acculturazione, dal momento che in ogni diverso ambito culturale il nuovo linguaggio artistico-narrativo si applica ad oggetti locali tipici ed emblematici (un tintinnabulo a Bologna, un trono a Verucchio, un elmo a Pitino, una situla ad Este ^), con cio rivelando non una acquisiz-ione passiva di oggetti finiti come "pacchetto esotico" da esibire, quanto piuttosto la consapevole condivi-sione di un linguaggio/messaggio da demandare ad oggetti gia di per se carichi di valenze "locali", con una consequenziale e logica trasformazione dei conte-nuti narrativi e, soprattutto, delle "cifre iconogra-fiche", mai generiche, come troppo spesso ancora si dice, ma sempre saldamente ancorate alla cultura materiale locale. Ed anche a tale proposito S.Gabrovec appare un lucido e attento precursore fin dall'inizio dei suoi studi: ben sottolineava infatti gia nel 1961 che, pur attingendo a motivi largamente diffusi, i principali soggetti dell'arte delle situle ... riflettono le singolaritä della vita indigena e sostan-ziava la sua interpretazione non con generiche argomentazioni, ma con l'analisi di precisi dettagli che gli consenti-vano di intravedere elementi particolari di una deter-minata cerchia culturale9: le armi, elmi e scudi, le vesti, il pugilato, l'agone musicale, il servizio da banchetto, aspetti iconografici tutti approfonditi in successivi lavori. Quanto all'interpretazione globale dei fregi figurati, e ben noto che cio costituisce un problema ancora aperto. Dopo le prime interpretazioni degli anni Sessanta, oscillanti tra una realistica rappresen-tazione della vita quotidiana (Lucke e, in parte, Frey), una raffigurazione della vita oltremondana (Kossack e, in parte, Frey), una trasposizione in chiave mitica di fatti locali (Müller Karpe)10, una volta riconosciuto lo stretto rapporto stilistico-formale, oltre che ideologi-co-rappresentativo, con la sfera etrusco-italica, era piu che logico attendersi il passo successivo, il tenta-tivo cioe di applicare anche all'arte delle situle le metodologie di lettura iconologica gia esperite in ambito etrusco-italico. Di qui il proliferare di con-tributi che, seppur apparentemente con nuove argo-mentazioni, non sono peraltro mai usciti dal generico schema interpretativo delle scene come rappresen-tazioni di vita aristocratica, di giochi e banchetti, ed altrettanto generiche interpretazioni di feste rituali e/o funerarie, fino a prospettare suggestive, ma poco sup-portate e quindi pericolose, interpretazioni in chiave mitica, con riferimenti (sempre generici) a miti di natura agraria, di riproduzione-matrimonio-succes-sione, di vita-morte, ricorrendo spesso alla comoda giustificazione di una banalizzazione/non compren-sione del messaggio originario. Posto fuor di dubbio che sia da abbandonare la via interpretativa di una stereotipa rappresentazione "di genere" di momenti e aspetti della vita quotidiana e che ci si debba invece orientare verso la sfera della cerimonialita aristocratica e dell'esibizione di rituali di potere, ritengo che i recenti contributi sul tema arte delle situle, seppur spesso stimolanti, siano tutti carat-terizzati da un vizio di fondo: partire cioe dalla vetta anziche dalla base, da una superficiale lettura "globale" del linguaggio/significato o dall'analisi parziale solo di alcune scene, anziche da una dettagliata e ri-gorosa analisi di tutti i segni-icone, nonche del loro comporsi in una struttura organica di nessi ove tutti gli elementi significanti trovino una coerente giustifi-cazione narrativa. Mi pare cioe indispensabile recu-perare innanzi tutto il sistema, tenendo presente che in queste raffigurazioni nessun segno e banale11 e che quindi ogni sintagma deve trovare la sua concatenazi-one logica: quando cio non avviene, quando qualcosa non trova il suo posto e la sua giustificazione nella 7 E. di Filippo, Rapporti iconografici di alcuni monumenti dell'arte delle situle. Materiali per uno studio delle trasmissioni figurative, in: Venetia 1 (Padova 1967) pp. 97-200. 8 Su questo si veda da ultimo proprio G. Colonna, La cultura orientalizzante in Etruria, in: Principi etruschi: tra Mediterraneo ed Europa, Catalogo della Mostra (Bologna 2000) pp. 55-66. 9 Mostra (n. 1) pp. 6-8; si veda anche quanto ripreso nell'intervento in Este (n. 2) p. 152: l'arte delle situle non esprime soltanto, nonostante il suo realismo, una dimensione profana, ma anche una interpretazione autonoma dell'ambiente cutuale e religioso locale. 10 Per una rassegna delle diverse ipotesi cfr da ultimo W. Torbrügge, Bemerkungen zur Kunst, die Situlenkunst zu deuten, in: Die Räter I Reti (Bolzano 1992) pp. 581-609. 11 A tale proposito e di estremo interesse quanto sta emergendo da una tesi di laurea che ho affidato a C. Carraro, relativa all'analisi dei fregi animalistici, cioe di quel repertorio unanimemente ritenuto finora il piu "di genere" nell'arte delle situle. Orbene, da un dettagliato esame, condotto con l'ausilio di esperti zoologi, risulta che anche in questo campo nulla e generico, ma ogni particolare rivela una precisa aderenza alla realta comportamentale degli animali, in una vera e propria etologia ante litteram, che viene quindi a caricare di precisi messaggi anche il linguaggio animalistico. nostra lettura, vuol dire che e questa ad essere sba-gliata o quanto meno insufficiente. Proprio partendo da questo punto di vista, ritengo che nuovi orizzonti possano essere aperti da un metodo di ricerca messo a punto da Luca Zaghetto, basato su un'indagine di tipo strutturalista mutuata dalla semiotica linguistica12. Nella convinzione che le nar-razioni dell'arte delle situle rappresentino delle "istan-tanee" di un immaginario altamente significativo per coloro che le hanno commissionate/eseguite, punto di partenza di tale lavoro e stata una ricerca di tipo "elementare", la classificazione cioe degli elementi costi-tutivi le composizioni figurate, allo scopo di individuare innanzi tutto le "unita minime funzionali", le "parole", e di rendere il piu possibile comunicanti cifre iconografiche e record archeologico. Stadio successivo e stato indagare la concatenazione delle immagini secondo l'asse sintattico, i nessi cioe tra "parola-frase-periodo", al fine di individuarne il "sistema logico". Sono piu che convinta che solo da un'indagine anali-tica di questo tipo potra scaturire la chiave per passare da una lettura icono-grafica, basata sui singoli elementi raffigurati, ad una interpretazione icono-logica che ne recuperi il messaggio sotteso, quello cioe che con questi "testi" figurati si voleva dire e trasmettere. Di non poco peso in tale rilettura e stata anche la revisione della cronologia relativa dei monumenti figurati sulla base di uno stretto confronto delle cifre stilistiche, il che ha comportato una re-interpretazione dei rapporti tra le diverse aree in cui vengono elaborati i diversi linguaggi, non soltanto in termini di propagazione/adozione di una moda, ma come pre-ciso riflesso di un diverso linguaggio derivante da diverse situazioni socio-culturali. Dato cioe che si tratta di un modo di narrare, e di narrarsi, attraverso immagini e situazioni reali, seppur altamente meta-foriche, con un linguaggio sostanzialmente comune che doveva essere compreso anche in ambienti diver-si, vanno quindi valutate le somiglianze, ma ancor piu le differenze, le varianti, le elaborazioni diversificate nell'ambito di configurazioni apparentemente unitar-ie, che possono diventare elementi identificativi di un'area, cioe vere e proprie connotazioni "regionali". E sono appunto queste varianti a dover trovare giusti-ficazione nel loro hic et nunc, nell'ambito di un lin-guaggio figurativo-narrativo che si propone di fissare concetti e che si presenta quindi sostanzialmente come un documento storico13. Lasciando ovviamente al prosieguo di tale ricerca tutte le novita interpretative che ne potranno sortire, vorrei qui limitarmi a sottolineare quanto si sia arric-chita la documentazione dal 1961 ad oggi, con punti in carta che per taluni aspetti mutano il quadro distribu-tivo allora proposto, in parte ripreso anche dalle carte di Otto-Herman Frey14. Nel repertorio di L.Zaghetto risultano censiti circa 150 manufatti, raccolti sulla base dell'edito e relativa-mente alle classi di materiali considerate come tipiche dell'arte delle situle nella Mostra del 1961 e nelle revisioni di Lucke-Frey e Frey: situle, ciste, coperchi, specchi, palette, cinturoni e ganci di cintura, elmi, foderi di coltelli, mentre restano giustamente escluse le lamine votive che, pur rientrando a pieno titolo nello stesso linguaggio artistico, aprono un campo di indagine e di esegesi del tutto particolare e per vari aspetti concettualmente diverso. Rispetto ai monumenti presentati nella Mostra e rispetto all' aggiorna-mento di Frey che ne raddoppiava pressoche il numero, le testimonianze risultano non solo notevol-mente aumentate, ma soprattutto mutato appare il quadro distributivo-culturale. La cinquantina di docu-menti presi in esame nel 1961 consentiva infatti di proporre una carta di distribuzione comprendente un ampio areale "dal Po al Danubio", visto sostanzial-mente come omogeneo e fatto di presenze "polveriz-zate". Le revisioni di Lucke-Frey e Frey venivano non solo ad infittire le presenze in siti o in areali gia se-gnalati, ma anche ad arricchire la trama con siti inter-medi, dal Veneto alla zona alpina e slovena, alle estreme propaggini occidentali, orientali, adriatiche, e permettevano di prospettare due momenti diversi di elaborazione dell'arte delle situle: una "prima gener-azione", databile attorno al 600 a.C., con fulcro a Este; una "seconda generazione", dal pieno VI secolo, con emergenza dell'area slovena15. Del notevole numero di materiali nuovi messi in carta da L. Zaghetto (Fig. 1) una gran parte copre siti gia compresi in carta, venendo quindi ad infittire ulte-riormente un quadro distributivo gia noto. Si arric-chisce infatti la documentazione relativa a Este e al suo territorio, confermando il ruolo primario giocato da questo centro nella formazione e nello sviluppo del 12 Si tratta di un brillante lavoro iniziato come tesi di laurea (L. Zaghetto, Elementi iconografici dell'arte delle situle, Universita di Roma "La Sapienza", A.A. 1997-1998, Relatore prof. R. Peroni, Correlatore prof. G. Leonardi) e che sta proseguendo come tesi di Dottorato in Archeologia presso il Dipartimento di Scienze dell'Antichita dell'Universita di Padova. 13 Tra le varianti acquistano ad esempio notevole significato certe "parole", espresse attraverso dettagli di cultura materiale, o certe "frasi" che vanno correlate a fattori testuali e, di conseguenza, contestuali, da leggersi in chiave socio-politica. 14 Frey (n. 4) figg. 23; 31. 15 Tale dinamica e pienamente condivisa da Colonna (n. 6, p. 181) che ritiene logico che il primato dell'arte delle situle sia passato da Este alla Carniola con un "trasferimento dei migliori artisti della seconda generazione da Este alle corti dei signori sloveni", in un momento di dinamica territoriale che, come noto, vede privilegiati i valichi alpini orientali, l'area slovena, il Caput Adriae, rispetto ai precedenti percorsi atesini. Fig. 1: Carta di distribuzione dell'arte delle situle (elaborata da L. Zaghetto). linguaggio artistico. Chiaramente dipendente da Este, secondo una dinamica gia nota per altri aspetti, risulta l'areale Veronese, ove spicca il sito di Gazzo, quasi contraltare del sito gia segnalato di Oppeano, con una documentazione gia dall'inizio del VI secolo che ri-badisce il ruolo ricettivo-rielaborativo del nodo fluvi-ale-territoriale Adige-Tartaro-Mincio-Po. Ugual-mente si arricchisce lo scenario hallstattiano-orientale, dall'area alpina a quella slovena, ribadendone il ruolo comprimario, con aspetti molto peculiari e in parte ancora da indagare. Di particolare interesse sono invece i nuovi punti in carta, che non vengono solo ad infittire la trama delle presenze intermedie (peraltro attese), ma pros-pettano nuovi fulcri di elaborazione: tra questi una polarita di assoluto rilievo e rappresentata da Padova che ha restituito in questi ultimi anni una decina di pezzi16, imponendo quindi di rivedere l'impressione 16 Un numero certo destinato ad aumentare se teniamo presente quanto poche siano le tombe di VI secolo finora edite e quante siano invece quelle ancora da scavare o da pubblicare: basti pensare alla ricca necropoli di via Tiepolo venuta alla luce tra il 1990 e il 1991, della quale si hanno solo notizie preliminari e che ha restituito uno strepitoso cinturone (L. Capuis, A. Ruta Serafini, Nuovi documenti di Arte delle Situle nel Veneto, in: Die Osthallstattkultur. Akten des Internationalen Symposiums, Sopron, 10.-14. Mai 1994, Archaeolingua 7 [Budapest 1996] pp. 37-46), o alla necropoli del Piovego per la quale pure si ha notizia di vari esemplari di bronzi figurati riportati, seppur inediti, nel repertorio di L. Zaghetto grazie alla disponibilita di G. Leonardi che ne ha curato lo scavo in laboratorio e che ne ha in corso lo studio. di una sua marginalita rispetto all'arte delle situle. Si parlava infatti finora di un linguaggio delle situle attestato a Padova in forma "povera", ovvero solo su vasi fittili decorati ad imitazione dei piu ricchi vasi bronzei di area atestina17, mentre i nuovi ritrovamenti, seppur ben lontani dai "numeri" di Este, la-sciano intravedere una piu complessa partecipazione al fenomeno tecnico-espressivo e, soprattutto, alcune caratteristiche che la proiettano verso l'area hallstat-tiana, venendo a ribadire le diverse sfere di gravitazi-one dei due centri egemoni del Veneto euganeo, gia ben evidenti fin dalle loro origini18. Se il frammento di lamina dal Bacchiglione permette di postulare una circolazione anche a Padova di vasi metallici istoriati con un linguaggio prevalentemente "atestino", oltremodo significativi appaiono infatti alcuni cinturoni che, da un punto di vista tipologico e decorativo, sottolineano un piu sensibile collegamento con l'orizzonte hallstattiano-orientale e circumadriati-co, confermando anche da questo punto di vista la piena ed attiva partecipazione di Padova a quella koine adriatica che si sviluppa tra VI e V secolo19. Con la documentazione di Padova sembra inoltre fare sistema, sul piano cronologico e stilistico, quella del Veneto orientale, a sua volta strettamente correlata alle manife-stazioni dell'area hallstattiana-orientale e slovena, evi-denziando il ruolo comprimario giocato dal territorio patavino e veneto-orientale in un momento di poco successivo rispetto ad Este. Proprio il sistema di indag-ine messo a punto da L. Zaghetto permette di cogliere le ricadute in senso sociale delle somigli-anze/differ-enze del linguaggio iconografico, evidenziando e dando sostanza a questa diversa dinamica territoriale e cronologica, certo corrispondente ad una diversa tras-formazione dei rispettivi assetti socio-politici, cui ben si addice un diverso linguaggio/messaggio che si traduce in diverse "parole e frasi". Particolarmente significativa al proposito risulta la cista di Montebelluna che, come gia notato20, per la tipologia, per le tematiche (aratura e symplegma), per alcuni dettagli iconografici e tecnici (gonnellino appuntito, gestualita della donna che assiste al sym-plegma, motivo a treccia che separa le due fasce, punzonatura a cinque punti sui margini sovrapposti della lamina), trova stringenti analogie in esemplari dell'area alpina e hallstattiana-orientale piu che in quella veneta-padana: da Sanzeno a Welzelach e Kuffarn, da Kobarid (Caporetto) a Magdalenska gora, Vače, Brezje, Valična vas, Dolenjske Toplice, Nezakcij (Nesazio). Anche dal punto di vista cronologico (prima meta del VI secolo) si tratta di una presenza estremamente significativa nel quadro veneto, dal momento che viene a coprire un "vuoto" nella pro-duzione atestina, non altrimenti giustificabile se non postulando uno spostamento del centro propulsore del linguaggio narrativo al di fuori di Este21. Ed e sin-tomatico che cio si verifichi proprio a Montebelluna, sito di raccordo e cerniera dei percorsi verticali ed orizzontali che mettevano in comunicazione il Veneto di pianura con l'area alpina e orientale. In questo nuovo circuito, a prevalente gravitazione alpina e circumadriatica, particolare spessore acquista-no le presenze patavine che, seppur di indubbia matrice tecnico-stilistica atestina, appaiono assai diverse tanto nei contenuti quanto nei supporti: non situle, ma preva-lentemente ganci e cinturoni di tipologia hallstattiana: ne e un significativo esempio la placca-fermaglio di cintura dalla tomba 159 di via Tiepolo (Fig. 2), con una complessa scena figurata in cui spicca un uomo con le ali, motivo unico in tutto il repertorio dell'arte delle situle22. Si tratta di un prodotto di manifattura piuttosto raffinata che trova confronti nei bronzi laminati di area veneto-alpina e slovena databili attorno alla meta del VI secolo. Anche se la scena resta di difficile interpre-tazione, essendo tra l'altro solo una parte di una raf-figurazione piu ampia, un "ritaglio" probabilmente da un cinturone piu lungo, abbiamo recentemente pro-posto di vedervi un'eco di "storie locali" incentrate sulla metis, sulla virtus, sulla classe dei cavalieri cosi importante nel contesto culturale patavino, in un intrec-cio di saghe legate a fi-gure adriatiche per eccellenza, da Diomede ai Dioscuri. Non si tratterebbe piu quindi 17 Cosi anche in L. Capuis, I Veneti. Societa e cultura di un popolo dell'Italia preromana (Milano 1993) p. 168, quando l'unico docu-mento di arte delle situle era costituito dalla lamina del Bacchiglione e da qualche frammento di cinturone. 18 Su questo Capuis (n. 17) passim. 19 Interessanti sono al proposito alcuni dettagli, come ad esempio il virgulto a lunghe spire che compare sia sulla lamina del Bacchiglione (Padova Preromana, Catalogo della Mostra [Padova 1976] tav. 28) che sul cinturone di via Tiepolo (Capuis, Ruta Serafini [n. 16] non docu-mentato nel repertorio atestino e ricorrente invece a Valična vas (W. Lucke, O.-H. Frey, Die Situla in Providence (Rhode Island), Röm. Germ. Forsch. 26 [1962] tav. 74) e a Stična (S. Gabrovec, Halštatska kultura v Sloveniji [Die Hallstattkultur Sloweniens], Arh. vest. 15-16, 1964-1965, tav. 12: 2). Pure assenti a Este, e presenti invece sia a Padova che in area orientale, sono i cinturoni rettangolari con decorazione metopale (cfr. ad es. Padova Preromana, tavv. 77; 78). 20 Si veda da ultimo M. E. Gerhardinger, Reperti paleoveneti del Museo Civico di Treviso (Roma 1991) pp. 52-59, con ampia biblio-grafia di rimando, nonche Capuis, Ruta Serafini (n. 16). 21 Per quanto riguarda Este gli unici esemplari di pieno VI secolo sono infatti il coperchio della tomba Benvenuti 124 e il fodero di coltello della tomba Ricovero 232 (Frey [n. 4] tavv. 64; 65; 67) che rientrano in un tutt'altro quadro espressivo, non piu esibizione/narrazione di rituali di potere, ma espressione di tematiche piu generiche. 22 Per una prima presentazione ed interpretazione cfr. Capuis, Ruta Serafini (n. 16). Fig. 2: Cinturone dalla tomba 159 di Padova, via Tiepolo (da Capuis, Ruta Serafini [n. 16]). di un'esaltazione/auto-rappresentazione delle aristocra-zie, peraltro ormai superate dal nuovo assetto sociale "urbano", quanto piuttosto di una appropriazione/tras-formazione di miti-riti-storie circolanti in quel crogi-uolo di esperienze diverse costituito dall'arco altoadria-tico, grazie alla compresenza di genti diverse per etnia e per bagaglio culturale: Veneti, Greci, Etruschi, genti alpine e adriatiche in senso lato. Un nuovo linguaggio per un nuovo sistema di comunicazione sociale. Con cio si accorderebbe anche un'altra evidenza che ancora una volta accomuna l'area veneto-orientale, questa volta sul piano dell'ideologia-iconografia reli-giosa. Mi riferisco alla ben nota serie dei dischi di Montebelluna caratterizzati dall'immagine femminile di una probabile divinita clavigera: li consideravamo fino a poco tempo fa un unicum, mentre il quadro si e arricchito in questi ultimi anni di altri due dischi analoghi che, dall'area lagunare al territorio trevigiano, attestano il permanere di una stessa iconografia fino alle soglie dell'eta romana, rappresentando tra l'altro un "cuneo" di presenze femminili in un'area cultual-mente caratterizzata da ex voto assolutamente al maschile23. Sono gli epigoni dell'arte delle situle, che ancora una volta vengono a riempire dei "vuoti" appar-entemente di difficile spiegazione e che invece acquista-no nuova luce se ridiamo spessore culturale ai bronzi figurati, non stereotipo riflesso di uno stile iniziato per moda e continuato in maniera acritica, ma sempre riv-isitato conprecisi criteri selettivi a seconda dell'ambiente e dei tempi, strumento di ricezione e trasmissione di modelli culturali e, come tale, contraddistinto da una costante ri-elaborazione del linguaggio/messaggio. E sarei felice se Stane Gabrovec volesse essere ancora al nostro fianco con le sue lucide intuizioni in questo percorso che lascia intravedere sempre mag-giori affinita tra l'area veneta e quella slovena, radi-cando nella protostoria il concetto dioclezianeo di Venetia et Histria. Loredana Capuis Universita di Padova Dipartimento di Scienze dell'Antichita Piazza Capitaniato 7 I-35139 Padova 23 Sui dischi di Montebelluna e sulle nuove documentazioni cfr. L. Capuis, G. Gambacurta, Dai dischi di Montebelluna al disco di Ponzano: iconografia e iconologia della dea clavigera nel Veneto, Quaderni di Archeologia del Veneto 14, 1998, pp. 108-120. Sul quadro della religiosita veneta in generale cfr. L. Capuis, Per una geografia del sacro nel Veneto preromano, in: Depositi votivi e culti dell'Italia antica dal periodo arcaico a quello tardo-repubblicano, Atti Convegno Perugia 1-4 giugno 2000, c.s.