received: 2QQ8-Q9-25 UDC 93Q.85:353(45Q.721)"18Q6/1815" original scientific article UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE NAPOLEONICO NEL REGNO DI NAPOLI (18Q6-1815) Maria Sofia CORCIULO Università degli Studi di Roma La Sapienza, Facoltà di Scienze politiche, Dipartimento di Studi politici, IT-QQ185 Roma, Piazzale Aldo Moro 5 e-mail: mariasofia.corciulo@uniroma1.it SINTESI Omologo napoletano del Prefetto francese, l'Intendente - introdotto nel regno con legge dell'8 agosto 1806 - rappresentö, durante il cosiddetto "Decennio francese" (1806-1815), il massimo "interprete" di quel modello amministrativo, accen-trato e verticistico, che dalla Francia verrà progressivamente applicato in buona parte dell'Europa occidentale e in tutta l'Italia peninsulare. Egli, difatti, nella sua qualità di rappresentante del governo centrale in provincia, incaricato di assicurare l'applicazione in loco delle direttive provenienti dall' "alto", svolse più di ogni altra carica istituzionale periferica la funzione d' "interprete" di un modello politico-istituzionale estraneo alle tradizioni del regno, dovendo compiere - non senza un significativo margine di discrezionalità - lo sforzo di adattarlo il più possibile alla realtà locale. E di quest'ultima, del resto, egli divenne necessariamente un osser-vatore attentissimo, avendogli il legislatore attribuito, fra i suoi numerosi incarichi, anche quello di compiere una visita biennale della provincia, al fine di conoscerne i problemi e proporre al sovrano le misure atte a risolverli. Dall'analisi della com-plessa ed intricata situazione locale, con la quale egli era chiamato continuamente a confrontarsi, rimane uninteressante traccia documentaria nella pressoché quotidi-ana corrispondenza fra l'Intendente e i vertici di taluni Ministeri tra i quali, soprattutto, quello dell'Interno. Parole chiave: decennio francese, intendente, regno di Napoli, centro, periferia, province 5Q5 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 A REQUIRED INTERPRETATION: THAT OF THE NAPOLEONIC INTENDANT IN THE KINGDOM OF NAPLES (1806-1815) ABSTRACT The Neapolitan counterpart of the French prefect - the Intendant - represented, during the so called "French Decade" (1806-1815), the ultimate "interpreter" of the administrative, centralised and oligarchic model which was introduced in France and had later been gradually applied in the greater part of western Europe and throughout the Italian Peninsula. The Intendant, in his capacity as representative of the central government in the province, responsible for ensuring the implementation in loco of the directives coming from the "top", performed more than any other peripheral institutional function the role of the "interpreter" of a political-institutional model that was alien to the traditions of the Kingdom, and thus had to adapt this model as much as possible - and not without a significant margin of discretion - to the local reality, of which he was compelled to become a most attentive observer. Among the numerous tasks assigned to him by the legislator there was, in fact, also the task of visiting the province biannually in order to learn about its problems and propose to the sovereign suitable measures for eliminating them. This analysis of the complex and intricate local situation, which he was constantly required to confront, survives as an interesting documentary trace in the virtually daily correspondence between the Intendant and the tops of certain ministries, that of internal affairs in particular. Key words: French decade, intendant, Kingdom of Naples, center, periphery, province Il periodo della dominazione francese (1806-1815) comportó per la società dell'Italia meridionale uno choc sicuramente salutare, ma non per questo meno traumatico, a causa della nuova legislazione che incideva profondamente nelle antiche consuetudini di vita. Numerosi contributi storici sul Decennio nel regno di Napoli si sono negli ultimi anni focalizzati sull'assetto delle istituzioni periferiche al fine di individuare quei punti focali del rapporto centro-periferia che aveva privilegiato fin dal secolo XV-XVI la sola capitale, rispetto alle province. Una fra le più rilevanti novità politiche di quegli anni fu il mutamento di tale prospettiva, verificatosi soprattutto per le ne-cessità di far funzionare le nuove istituzioni periferiche: amministrative, giudiziarie, consultive, rappresentative, finanziarie; esse - specialmente nei capoluoghi di provincia - videro una, spesso attiva, partecipazione dei cosiddetti "notabili" alla gestione della res publica, che, pur essendo attentamente diretta e controllata dalle auto- 506 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 rità governative, riusci nondimeno a godere di una qualche sfera di autonomia funzionale e amministrativa (più di rado politica). Per definire il tipo di rapporto intercorrente in quegli anni tra centro e periferia, si potrebbero usare i termini di "accentramento articolato" ove la preminenza politico-amministrativa, pur essendo attribuita ed appartenendo senza dubbio al sostantivo viene in un certo senso at-tenuata dal successivo aggettivo (Corciulo, 2002, 12). Le leggi e i decreti promulgati, prima, da Giuseppe Bonaparte nominato da Napoleone re di Napoli il 30 marzo 1S06, e poi - una volta questi trasferitosi sul trono spagnolo - da Gioacchino Murat, segnarono l'inizio per il Meridione d'Italia di un periodo storico fondamentale per un nuovo assetto politico-istituzionale della so-cietà civile. Il riconoscimento della necessità - più volte sottolineata dai riformatori illuministi - di porre fine alle incertezze derivanti nell'assetto della proprietà a causa della confusa "normativa" feudale (Winspeare, 1SS3), fu ufficialmente sancito dalla legge del 2 agosto 1S06 che cancellô i privilegi baronali sulle terre e quelli eco-nomico-giuridici da essi derivanti. Ai feudatari restava il diritto di proprietà sulle loro terre, tutelate e garantite oramai - unicamente - dalla normativa imposta dal Code Napoléon, in particolare dalla chiara e stringata formulazione dell'art. 544. Con la legge dell'S agosto 1S06 venne inoltre statuita la nuova organizzazione amministrativa del regno di Napoli, diviso in 495 circondari, 42 distretti e 14 province; ad ognuna di queste ultime fu preposto il più importante funzionario napoleonico, l'Intendente "incaricato dell'amministrazione civile e finanziaria e dell'alta polizia," coadiuvato da un Consiglio d'Intendenza, oscillante dai tre ai cinque membri e competente del contenzioso amministrativo (per la prima volta la giustizia ammi-nistrativa veniva distinta da quella civile). L'Intendente ebbe, fra gli altri, il difficile compito di tenere i rapporti con i comuni, sui quali esercitava un potere notevolmente ampio. Si trattava di un'impresa piuttosto ardua, sia perché le condizioni di questi erano finanziariamente disastrate (numerosi fra essi non pagavano da tempo i tributi), sia perché, spesso, l'egemonia politica esercitata dai gruppi locali socialmente rile-vanti - e che potevano contare su "loro" decurioni e sindaci - aveva, fin dal periodo ancien régime, impedito che l'amministrazione comunale funzionasse in maniera imparziale, tanto che i Borboni furono costretti spesso ad intervenire autoritariamente per evitare la paralisi di essa. I francesi attribuirono ai comuni una "pallida ombra di autonomia," poiché nulla di rilevante potevano direttamente trattare di quanto competesse alla loro ammi-nistrazione - vendite, acquisti, concessioni in enfiteusi - senza l'autorizzazione del Consiglio di Stato.1 Su di essi incombeva continuamente l'ombra vigile dell'Inten-dente, al quale spettava anche il compito di approvare il bilancio per i centri minori di 6.000 abitanti (non troppo piccoli, pertanto, data l'epoca!); al disopra di questo 1 Organo consultivo legislativo con funzioni di coordinamento e controllo di tutta l'attività ammini-strativa statale. 507 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 numero, tale adempimento spettava al ministro dell'Interno. Il comune è visto soprat-tutto come un organo per la ripartizione e la riscossione dell'imposta, sottoposto ad una rigorosa tutela e vigilanza esercitata non solo dalla più importante autorità periferica ma anche da quelle centrali. A questo proposito è stato giustamente notato che "l'ordinamento napoleonico, in questo imitato dai successivi, ha ribaltato il pluralismo istituzionale di antico regime ricomprendendo il comune nello Stato come arti-colazione territoriale-amministrativa" (Mori, 2003). All'Intendente era inoltre richiesta una precisa conoscenza delle situazioni socio-economiche locali - che doveva espressamente rappresentare al governo - anche grazie alle visite periodiche ed obbligatorie ai comuni della provincia cui era preposto. "Conoscere per governare" fu, infatti, il principio cardine del Decennio. Ció rientrava nell'ottica napoleonica - già applicata in Francia - della ricerca del consenso, parti-colarmente arduo da ottenere da parte di una popolazione occupata militarmente ed a cui venivano imposte istituzioni del tutto nuove. Si andava dall'eversione della feudalità alla creazione di tribunali locali, alla separazione della giustizia civile da quella amministrativa, alla costituizione di assemblee consultivo-rappresentative, al rimodellamento delle municipalità, alla confisca dei beni ecclesiastici (molti monasteri ed istituti religiosi furono usati per ospitare i nuovi uffici pubblici). Proprio per non inimicarsi troppo le province imponendo loro un Intendente francese - come peraltro gli era stato consigliato - Giuseppe Bonaparte e poi il Murat, fin dalla prima nomina di tali funzionari, preferirono scegliere uomini nativi del regno, nell'alta percentuale di 10 su 13. Per quanto concerneva i canali di reclutamento, generalmente, gli Intendenti provenivano dal Consiglio di Stato, dai tribunali civili e penali e dall'esercizio di alcune rilevanti funzioni nelle amministrazioni civile e finanziaria. Si puó portare ad esempio la carriera di Giustino Fortunato senior, il quale, dopo essere stato, all'inizio del Decennio, capo divisione al Ministero della Giustizia, e nel 1812 consigliere di Cassazione, fu nominato nel 1814 Intendente in Abruzzo Citra (Civile, 1978, 237) I numerosi ed importanti compiti affidati all'alto fuzionario furono la causa spesso di aspri contrasti con le istituzioni sulle quali doveva esercitare il suo controllo. In particolare, l'esercizio dell'ampio potere sulle municipalità - nomina del sindaco, degli eletti (una specie di assessori ante litteram), nonché la scelta dei principali funzionari comunali in aggiunta - come si è già detto - all'approvazione del bilancio per i comuni inferiori ai 6.000 abitanti - si riveló sovente un compito estremamente difficoltoso a causa degli ostacoli costituiti soprattutto dalla classe dirigente locale forte di una concezione del potere dura a morire che faceva di essa la domina delle risorse delle comunità (Spagnoletti, 1985, 976). Avvertito e consapevole di tali intralci, il ministro dell'Interno invitava l'Intendente a risolvere da solo i problemi delle municipalità considerate oramai afferenti quasi in toto alla provincia.2 2 Soprattutto la presentazione degli Stati discussi (cioè del bilancio comunale) era oggetto da parte dell'Intendente di continue spiegazioni e chiarimenti nell'intento di istruire i decurioni su questo 508 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 5Q5-512 A tale proposito l'alto funzionario poteva e, in alcuni casi, doveva attuare una vera e propria opera di "interpretazione" sia, diciamo cosi, verso il basso, sia verso l'alto. In senso discendente, cioè dal centro alla periferia, egli doveva far conoscere - come gli era espressamente richiesto - le nuove normative alla popolazione, non solo "in modo letterale", bensi spiegandole "con linguaggio opportuno seguendo soprattutto lo spirito della legge." Questi "chiarimenti" - assieme alle norme ed ai decreti ufficiali - veni-vano pubblicati su "Il Giornale d'Intendenza", una specie di "Moniteur" provinciale, inviato in tutti i comuni, peraltro obbligati a sottoscriverne l'abbonamento. Per quanto concerneva invece l'interpretazione attuata dal funzionario in senso ascendente - cioè dalla periferia al centro - essa si concretizzava soprattutto nell'avallare o nel respingere o, a volte, nel limitare, le varie e molteplici esigenze e richieste provenienti dalle isti-tuzioni provinciali cui era preposto. Ció imponeva all'Intendente una precisa cono-scenza delle situazioni socio-economiche locali sulle quali era stato invitato espres-samente a riferire al governo, anche grazie alle visite periodiche obbligatorie nei comuni da lui controllati. E pertanto, a volte l'Intendente ricorreva al pugno di ferro destituendo sindaci e consiglieri, altre volte usava metodi più moderati venendo a patto con i notabili e le esigenze locali. Egli dovette a volte scontrarsi perfino con i com-ponenti il Consiglio d'Intendenza allorché fu costretto confrontarsi con personaggi localmente influenti e determinati ad incidere - date le competenze loro affidate del contenzioso amministrativo - in profondità sugli assetti socio-economici provinciali. Tali difficoltà sono testimoniate dal quasi frenetico avvicendamento di Intendenti in talune province a causa delle difficoltà di collaborazione che sfociavano in una vera e propria impossibilità funzionale da essi evidenziata al ministro competente, spesso con giudizi estremamente critici su taluni funzionari ed assetti locali. Alla luce di queste considerazioni, si puó certamente sostenere che nel Decennio lo iato tra la società civile e l'apparato amministrativo-politico fu "esemplarmente" evidenziato dai carenti e spesso pessimi rapporti fra la prima autorità della provincia, responsabile del funzionamento delle nuove istituzioni, l'Intendente, e quelle comu-nali, ove al di là del mutamento formale si faceva valere la continuità nella compo-sizione delle élites dirigenti municipali, che continuavano a perpetuare quegli schemi di comportamento sociale "tradizionali", spesso sfocianti in atti d'arbitrio. La man-canza di collaborazione (voluta) e l'incompetenza delle autorità comunali (casuale) furono un leit-motiv ricorrente nei rapporti degli Intendenti al governo; in essi veniva evidenziata la "distanza che ancora separava la realtà sociale del regno dal modello di società che le riforme del Decennio" avrebbero voluto introduire (Civile, 1978, 25Q-251). Infatti, numerosi problemi, anche di ordine pubblico opposero gli Intendenti ai comuni: si andava dalla spinosa questione dell'alloggiamento dell'esercito, i cui uf- spinoso compito loro spettante. Nonostante ció, tale adempimento si portava a termine sempre in grande ritardo. 5Q9 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 ficiali dovevano essere obligatoriamente ospitati nelle più confortevoli abitazioni cittadine;3 alla caparbia insistenza con la quale le "Université" volevano utilizzare i giudici di pace - competenti solo per la giustizia civile - anche per quella ammini-strativa. Queste difficoltà "d'intesa" erano dovute anche alla scarsa consuetudine con le nuove istituzioni, spesso entrate in vigore non sincronicamente e, pertanto, poco com-prensibili. Inoltre, un altro grave intralcio per un corretto funzionamento delle ammini-strazioni periferiche derivó dal sistema parentale dell'accaparramento delle cariche da parte dei componenti gli stessi nuclei parentali; prassi, questa, piuttosto diffusa nel regno di Napoli ove "sembra svolgere un ruolo di rilievo nei processi di formazione delle ¿lites locali e nelle strategie di tipo politico," essendo "tanto più consistente e diffusa quanto più si sale nella stratificazione sociale" (Macry, 1988, 808). Tale fenomenologia venne scalfita soltanto in misura irrilevante dai Napoleonidi, sia perché essi avevano necessità di rallier a sé le famiglie più socialmente rilevanti in loco - fra i cui componenti soltanto si trovavano quegli uomini che avevano le condizioni ri-chieste per gestire le istituzioni - sia perché, in definitiva, affidarsi al sistema delle parentele, molto contribuiva a diminuire la conflittualità socio-politica. Infatti, i fran-cesi avevano bisogno della collaborazione dell'¿lite provinciale, indispensabile per conoscere la situazione socio-economica e le esigenze locali, e per far funzionare le nuove istituzioni, attraverso le quali vennero introdotte quelle numerose "novità" che modificarono sensibilmente e positivamente l'assetto urbano delle città: si andava dalle migliori condizioni di salubrità ed igiene (ivi compresa l'importante diffusione del vaccino anti-vaiolo) e dal divieto di seppellire i morti vicino alle Chiese, all'attenzione apportata alle condizioni di vita dei cosiddetti "projetti", cioè i bambini abbandonati; al miglioramento dell'approvvigionamento idrico ed all'introduzione dell'illuminazione notturna nell'ambito dell'accresciuto e razionalizzato sistema viario (tutti oggetti, questi, di competenza, in primis, della municipalità). Infatti, ció che caratterizzó il Decennio napoleonico non solo nel Meridione, ma in tutta la penisola, fu il carattere esplicitamente urbano degli interventi che rimodellarono, razionalizzandole, le città italiane per "dare luogo alle istituzioni della borghesia" (Mascilli Migliorini, 2003). A questo proposito, si puó correttamente parlare di una politica urbana dell'ammi-nistrazione nella quale l' abbellissement dei capoluoghi di provincia era anche funzionale all'acquisizione del consenso della popolazione. Restarono marginalizzate, ed anzi penalizzate da tale processo quelle città prive di uffici amministrativi che, anzi, decaddero sempre di più. Durante il Decennio, si ebbe indubbiamente una riqualificazione delle province, a scapito di Napoli, ove, da sempre si erano concentrate le istituzioni più rilevanti del 3 Da questa "forzata" convivenza nacquero spesso delle relazioni amorose con le fanciulle del luogo, a volte sfociate in matrimoni. 510 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 regno, che avevano limitato ed ostacolato l'evoluzione civile e politica delle periferie dalle quali spesso si erano levate voci autorevoli contro l'eccessivo accentramento borbonico.4 Nelle città capoluoghi di provincia ció significó un importante e nuovo "appren-distato" amministrativo dal quale deriveranno significative "necessità" e desiderata politico-istituzionali. Emerse, in sostanza, attraverso la concreta attività gestionale dell'amministrazione periferica l'esigenza di una rappresentanza nazionale, alla quale i Napoleonidi non seppero e/o non vollero dare per tempo una risposta (Corciulo, 2002). Per alcuni studiosi, ció significó "il segno del vistoso fallimento della presunzione di poter governare tutta la realtà provinciale appiattendone le particolarità sulla mera osservanza delle leggi" (Spagnoletti, 19S5, 9S2). Si puó concordare con questo giudizio, poiché se di quel complessa magma locale l'Intendente fosse divenuto un interprete più attento - come in alcuni casi avvenne, preservandone gli aspetti positivi (cfr. l'opera dell'Intendente Domenico Acclavio in Terra d'Otranto (1S12-1S14) in Corciulo, 2002, 139-172) - non gli sarebbero state rivolte negli anni suc-cessivi al Decennio, quelle pesanti imputazioni di "dispotismo amministrativo-po-litico," tali da farne il principale responsabile degli errori del regime napoleonico nelle province (Corciulo, 2007),5 e delle aspettative deluse di buona parte della popolazione meridionale che aspirava oramai ad ottenere istituzioni compiutamente rappresentative. Comunque, non v'è dubbio che, al di là dei suoi limiti ed "imperfezioni" politico-istituzionali, il Decennio francese significó l'ingresso del regno di Napoli nella contemporaneità, anche grazie all'opera improba ed estremamente difficoltosa di taluni "illuminati" Intendenti. ZAHTEVANA "INTERPRETACIJA": INTERPRETACIJA NAPOLEONSKEGA INTENDANTA V NEAPELJSKEM KRALJESTVU (1806-1815) Maria Sofia CORCIULO Univerza v Rimu La Sapienza, Fakulteta za družbene vede, Oddelek za politične študije, IT-00185 Rim, Piazzale Aldo Moro 5 e-mail: mariasofia.corciulo@uniroma1.it POVZETEK Neapeljski ekvivalent francoskega prefekta - intendant, v Kraljestvo uveden z zakonom z dne 8. avgusta 1806 - je med t.i. "francoskim desetletjem" (1806-1815) predstavljal maksimalnega "interpreta" centralističnega in "verticističnega" uprav- 4 Tra queste, la più significativa risultô essere la proposta di riforma del ministro Zurlo, del 1800. 5 Lo si accusava di aver completamente distrutto lo "spirito municipale". 511 Maria Sofia CORCIULO: UNA "INTERPRETAZIONE" RICHIESTA: QUELLA DELL'INTENDENTE ..., 505-512 nega modela, kije bil v Francijo vpeljan po 18 brumaireu, kasneje pa postopoma v večji del zahodne Evrope in na celotni italijanski polotok. Kot dejanski predstavnik centralistične vlade v provinci, zadolžen za zagotavljanje "in loco " izvajanja direktiv od "zgoraj", je intendant bolj kot katerokoli drugo insititucionalno periferno funkcijo izvajal vlogo "interpreta" politično-institucionalnega modela, ki je bil tradiciji Kraljestva tuj, zato ga je moral - z znatno diskretnostjo - karseda prilagoditi lokalni realnosti. Prav to realnost je moral znati pozorno opazovati, saj ga je zakonodajalec med drugim zadolžil tudi, da vsaki dve leti obišče provinco, da bi spoznal težave in vladarju predlagal ukrepe, s katerimi bi jih odpravili. Skorajda sodobna korespondenca med intendantnom in vrhovi določenih ministrstev, še posebej notranjega, v kateri je analizirana kompleksna in raznovrstna lokalna realnost, s katero se je intendant poklicno nenehno soočal, ponuja zanimivo dokumentarno sled. Ključne besede: francosko desetletje, intendant, Neapeljsko kraljestvo, center, periferija, provinca FONTI E BIBLIOGRAFIA Civile, G. (1978): Appunti per una ricerca sull'amministrazione civile nelle province napoletane. Quaderni Storici, 13, 1. Bologna, 228-263. Corciulo, M. S. (2GG2): Dall'amministrazione alla Costituzione. La Terra d'Otranto nel Decennio napoleonico (1806-1815). Lecce, Manni. Corciulo, M. S. (2GG7): Le critiche al Decennio francese nella stampa costituzionale napoletana del 1820-1821. In: De Francesco, A. (ed.): Da Brumaio ai Cento Giorni. Cultura di governo e dissenso politico nell'Europa di Bonaparte. Milano, Guerini e Associati. Macry, P. (1988): Le élites urbane. In: Massafra, A. (ed.): Il Mezzogiorno pre-unitario. Economia, società e istituzioni. Bari, Dedalo. Mascilli Migliorini, P. (2GG3): L'Italia modello della città napoleonica. Rivista Napoleonica, 7-8. Asti. Mori, S. (2GG3): I governi delle città italiane fra antico regime e unità nazionale: percorsi storiografici. Seconda parte. Società e storia, 26, 99. Milano, 105-157. Spagnoletti, A. (1985): Il controllo degli Intendenti sulle amministrazioni locali nel regno di Napoli. Archivio ISAP, 3. Milano, 953-1019. Winspeare, D. (1883): Storia degli abusi feudali. Napoli, Gabriele Regina Editore. 512