rewiev article UDC 904:930.271 (450.36 Ronchi dei Legionari) received: 2006-09-26 MONUMENTI FUNERARI REIMPIEGATI NEL "PONTE" ROMANO Dl RONCHI DEI LEGIONARI: ANALISI E INTERPRETAZIONE Katharina ZANIER Universitä del Litorale, Centro di richerche scientifiche di Capodistria, Istituto per il patrimonio mediterráneo, SI-6000 Capodistria, Via Garibaldi 1 Universitä degli Studi di Udine, Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali, IT-33100 Udine, via Florio 2 e-mail: katharina.zanier@zrs.upr.si SINTESI Il contribute verte sull'analisi, interpretazione e contestualizzazione dei materiali reimpiegati nel "ponte" romano di Ronchi dei Legionari e ha come ultima finalita la ricomposizione e la revisione di tale contesto di rinvenimento, indagato tra Sei- e Ottocento e da tempo oramai trascurato o ignorato nella letteratura scientifica. Grazie all'esame dei documenti iscritti e decorati, in origine pertinenti a monumenti funerari, e stato possibile individuare nuove atte-stazioni di tipologie monumentali sepolcrali raramente documentate nell'area aquileiese, nonche alcuni dati utili alla ricostruzione dell'occupazione del territorio nelle zone attorno a Ronchi dei Legionari. Parole chiave: monumenti funerari romani, epigrafia latina, topografia antica FUNERARY MONUMENTS REUSED IN THE ROMAN "BRIDGE" IN RONCHI DEI LEGIONARI: ANALYSIS AND INTERPRETATION ABSTRACT The article deals with the analysis, interpretation and contextualisation of the materials reused in the so called Roman "bridge" of Ronchi dei Legionari, with the final objective of reassembling and revising the related context of finds, investigated between the 17th and 19th centuries and since then neglected or ignored by scientific literature. An examination of the inscribed and decorated material objects originally pertaining to funerary monuments has made it possible to obtain new evidence of sepulchral monument typologies rarely documented in the Aquileia area, as well as some data useful for the reconstruction of the occupation of the territory comprising the areas around Ronchi dei Legionari. Key words: Roman funerary monuments, Latin epigraphy, ancient topography PREMESSA Il contributo verte sull'analisi, interpretazione e contestualizzazione de¡ materiali reimpiegati nel "ponte" romano di Ronchi dei Legionari. Si tratta nella fattispecie di documenti iscritti e decorati che, nella loro destina-zione primaria, appartenevano a monumenti funerari. I pezzi verranno presi in esame nell'ambito di un breve catalogo sotto il profilo tipologico, stilistico ed epigrafico, nonché dal punto di vista tecnico della rilavorazione in funzione del loro reimpiego nel "ponte"; seguiranno alcune considerazioni conclusive, maturate alla luce della lettura complessiva del materiale e della sua contestualizzazione all'interno della topografía della zona.1 Il sito del "ponte" romano di Ronchi dei Legionari e stato scavato a piu riprese tra Sei- e Ottocento, per lo piu al fine di spogliarne i resti e di ricavarne materiale edilizio. Attualmente, nulla rimane visibile in alzato dell'antica struttura. Unica testimonianza del manufatto sono un ridotto numero di materiali raccolti nei diversi scavi, solo in parte conservati, e le brevi notizie sui rin-venimenti riportate da studiosi locali (Kandler, 1869/70, 127 ss.; Maionica, 1880, 2; Gregorutti, 1890-92, 20 ss; Duca, 1981, 52 s.; Domini, 1989, 53 ss.; Domini, 1998, 15 ss.), che fissano unanimemente la posizione del manufatto tra la collina della villa von Hinke (nel comune di Ronchi dei Legionari) e il monte Zochet (in localita S. Polo di Monfalcone).2 Dai piloni del "ponte" sono state estratte, nella fattispecie, alcune membrature lapidee decorate e iscritte pertinenti a monumenti funerari, evidentemente reimpiegate nella struttura. Oggi permangono soltanto quattro di queste iscrizioni che - dopo alterne vicende - sono giunte al Museo Archeologico Na-zionale di Aquileia; esse presentano tutte evidenti tracce di erosione, nonché segni di rilavorazione (come fori per perni e grappe), che attestano il loro riutilizzo nel manufatto. Altre cinque epigrafi, perdute, si conoscono grazie alle testimonianze degli antiquari locali del Settee Ottocento. Provengono probabilmente dagli scavi del "ponte", anche due blocchi con decorazione a rilievo, non menzionati nei resoconti dei rinvenimenti del "ponte", che sono pero stati reimpiegati in edifici molto vicini a tale sito. Si tratta di un blocco lavorato, in pes-simo stato di conservazione, messo in opera nel muro di recinzione tra la canonica di S. Lorenzo e la casa delle ACLI a Ronchi e di un'ara funeraria incompleta, inserita alla base del pilastro dell'arco dell'abside della chiesa di San Poletto; quest'ultimo pezzo, descritto e fotografato all'inizio del Novecento, e probabilmente andato di-strutto, insieme alla chiesa, nel corso della Prima Guerra Mondiale. Il catalogo qui presentato verte dunque sia sull'analisi autoptica del materiale conservato, sia sui dati tramandati per i documenti dispersi.3 Non verra invece preso in esame in questa sede, il noto gruppo di rilievi di dimensioni eccezionali conservati nel Lapidario dei Musei Civici di Storia ed Arte di Trieste (nn. di inventario 12594-6) (cfr. da ultimo Ver-zár-Bass, 1997, 129, 135 s.; 2002, 60 s.; Sacchi, 2001, 58 s.), scoperti nel sito del "ponte" nel 1860, durante i lavori di costruzione della Ferrovia Meridionale: in base ad una precisa indicazione del Kandler si puo infatti escludere che si trattasse di materiale reimpiegato nella struttura del "ponte", quanto piuttosto del rivestimento di un monumento a pianta quadrata, di cui il Kandler rife-risce di aver visto la base presso l'imbocco orientale del "ponte" (Kandler, 1864, 27; 1867, 10; 1869/70, 129 s.; 1870). 1 Questa analisi sui materiale epigráfico proveniente dal "ponte" romano di Ronchi dei Legionari fa parte di uno studio piu ampio svolto nell'ambito della mia tesi di specializzazione II "ponte" romano di Ronchi dei Legionari. Revisione del contesto (relatore prof. M. Ver-zár-Bass, correlatore dott. F. Maselli Scotti), discussa presso lUniversita degli Studi di Trieste e riguardante lannoso dibattito sullinter-pretazione del manufatto di Ronchi, che - per la complessita della questione - non é possibile affrontare in questa sede. 2 La posizione del "ponte", indicata in maniera generica da Ireneo della Croce e Basilio Asquini che collocano la scoperta "dietro la chiesa parrocchiale di S. Lorenzo di Ronchi" (Della Croce, 1698, 263; Asquini, 1741, 4), viene in seguito chiaramente messa in rela-zione con le due alture poste al confine tra Ronchi dei Legionari e San Polo di Monfalcone (Del Ben, 2001, 142 s.; Berini, 1826, 13; Brumati, 1830, 49). 3 Per quel che riguarda la bibliografia delle epigrafi, si é scelto di tralasciare i rimandi bibliografici alle opere precedenti alla pubblica-zione del CIL, a meno che non contenessero informazioni piu dettagliate sui pezzi stessi e sulla loro provenienza; quanto ai dati tratti da testi manoscritti, si rimanda alle opere edite di piu facile reperimento, in cui i passi in questione sono riportati. Se non indicato diversamente, tutte le misure sono date in centimetri. Espressioni quali "a destra", "a sinistra" si riferiscono sempre al punto di vista del-losservatore. Nel caso dei pezzi dispersi, sono stati tralasciati i campi, per i quali non si dispone delle necessarie informazioni. Fig. 1: P. Kandier, Trieste 10 luglio 1864: il paesaggio antico e la viabilita romana tra Ronchi dei Legionari e Duino (tratto da Kandier, 1864, tav. II). Sl. 1: P. Kandier, Trst, 10. julij 1864: antična pokrajina in starorimsko cestno omrežje med Ronkami in Devinom (Kandier, 1864, tav. II). CATALOGO 1. Blocco architettonico con iscrizione funeraria marginata Luogo di conservazione: Museo Archeologico Na-zionale di Aquileia (senza n. inv.) Notizie storiche: Rinvenuto nel 1880, nello scavo eseguito dai fratelli P. e F. Stagni nel fondo di loro proprieta, particella catastale n. 173 di Ronchi dei Legionari, nei pressi dell'incrocio delle strade per Vermegliano e Selz, il pezzo e stato in seguito consegnato al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia (Maionica, 1880, 1; Gregorutti, 1890-92, 153 s.). Bibliografía: Maionica, 1880, 1; SI, 201; Gregorutti, 1890-92, 153 s.; Lettich, 2003, n. 256. Materiale: Calcare. Dimensioni: H 55; largh. (corda) 100; prof. 36. Stato di conservazione: Sia il supporto sia il titulus sono incompleti; mancano la porzione superiore, con la riga iniziale dell'iscrizione, e le estremita laterali. Solo inferiormente, si conserva l'attacco della cornice a gola rovescia, sbrecciata in molti punti, che delimitava il campo epigrafico. Quando il pezzo fu reimpiegato nella struttura del "ponte", esso venne infatti rilavorato sia sui lati sia superiormente: venne ridotto di dimensioni e ot-tenne, nella faccia superiore, due fori per l'allog-giamento di grappe, situati presso le estremita del blocco.4 Le superfici del pezzo si presentano consumate dall'erosione. 4 II foro presso l'estremità sinistra ha una lunghezza di 9 e una larghezza di 5 cm, quello presso il limite destro è lungo 7 e largo 5 cm; entrambi hanno una profondità di ca. 4 cm. m Fig. 2: Blocco architettonico con ¡scrizione funeraria marginata (Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, senza n. inv.). Sl. 2: Arhitektonski blok z uokvirjenim nagrobnim napisom (Nacionalni arheološki muzej v Ogleju, brez inv. št.). Descrizione: Si tratta di un blocco pressappoco paralelepípedo contraddistinto da una lieve curvatura. Rimane solo il limite inferiore dello specchio epigrafico, costituito da una cornice a cyma reversa, molto danneg-giata; la parte conservata della cornice ha un aggetto di 2,5 cm. Commento: Lo specchio epigrafico ricavato sulla superficie del blocco presenta una semplice cornice mo-danata, analoga a quelle che caratterizzano, fin dal-l'epoca proto-augustea, le iscrizioni degli edifici sepol-crali urbani (Kockel, 1993, 103, n. cat. C4, tav. 71; 158, n. cat. J4, tav. 71a; 230, n. cat. 063, tav. 138.a; Dexheimer, 1998, 11). Essa era in origine inserita nel paramento di un monumento funerario a carattere architettonico, probabilmente ad un'altezza non elevata, date le dimensioni piuttosto ridotte dell'iscrizione. La curvatura dell'elemento permette di identificare la tipologia architettonica del monumento: si trattava certa-mente di un edificio sepolcrale a tamburo, con un diametro di ca. 5,05 m o 17 piedi romani. Questa tipologia architettonica funeraria, derivata dal tumulo, si diffonde in ambito centro-italico a partire dalla meta del I sec. a.C. ed e caratterizzata, in que-st'area, da diametri grandiosi di ca. 20/30 m (collegati ad un contenuto verticalismo), da basamenti di modesta altezza o sostanzialmente assenti e dalla presenza di camere sepolcrali.5 Tra Teta augustea e quella giulio-claudia, il tipo gode di una notevole fortuna presso i ceti eminenti italici, i quali sviluppano monumenti di pi~ ridotte dimensioni, anche privi di celle agibili, talvolta provvisti di forme architettoniche e decorative molto ar-ticolate (von Sydow, 1977b, 294 ss.; Ortalli, 1986, 103 ss.; Cavalieri Manasse, 1990, 35). Di proporzioni "modeste" sono i monumenti di questo tipo nella Regio VIII, con diametri solitamente tra i 2 e i 5 m (vi sono pero anche esemplari di 7,50 e 10,20 m),6 come anche nella Regio XI.7 Nella Venetia et Histria, la tipologia e atte-stata da un blocco convesso iscritto da Aquileia (Reus-ser, 1985, 117 ss.; Verzár-Bass, 1997, 131) e uno da Trieste,8 dove sono inoltre noti due merli, verosimilmente pertinenti a simili monumenti funerari (Verzár-Bass, 1997, 131 s.); in Istria, sono state rinvenute membrature convesse a Liznjemoro/Lisignamoro presso Dignano9 e a 5 Per un inquadramento della tipología, v. von Sydow, 1977b, 294 ss.; Kockel, 1983, 34 ss.; Eisner, 1986, 164 ss., 213 ss.; Ortalli, 1986, 103 ss.; Coarelli, Thébert, 1988, 786 ss.; Cavalieri Manasse, 1990, 35 s.; Sinn, 1991, 54 ss., n. cat. 25; Hesberg, 1994, 113 ss.; Com-postella, 1996, 38 s.; Cavalieri Manasse, 1997, 255 ss.; Gros, 2001, 422 ss. 6 Cfr. il monumento a tamburo di Sarsina (De Maria, 1983, 367, fig. 53; Ortalli, 1986, 114), quello di S. Martino in Riparotta presso Rimini (De Maria, 1983, 370; Ortalli, 1986, 114), quello di Villa S. Maurizio presso Reggio Emilia (Ortalli, 1986, 112, figg. 17.d, 18), quello di Rubiera (Ortalli, 1986, 89 ss., fig. 16), i complessi frammentari di Modena (Bergonzoni, Rebecchi, 1976, 225 ss.) e Piacenza (Sena Chiesa, 1997, 293). 7 Attestazione sicure sono note a Tortona (Mercando, 1997, 401, figg. 4 e 5), mentre sono dibattute le ricostruzioni degli ipotetici monumenti a tamburo di S. Vittoria d'Alba (Mercando, 1997, 401, figg. 2 e 3) e di Milano (Sena Chiesa, 1997, 295). 8 Il pezzo, esposto nel Lapidario tergestino, e stato rinvenuto a San Giusto (cfr. II, X 4, 147; Verzár-Bass, 1997, 128). 9 Del monumento, che doveva presentare un diametro di 9 m, si conservano sia una lastra di paramento con iscrizione, sia un grande frammento di cornice in calcare istriano, databili in etá augustea, cfr. II, X 1, 591; Cavalieri Manasse, 1978, 159 s., n. cat. 132, tav. 60.2; Matiiasic, 1997, 103; Verzár-Bass, 1997, 131. Pola.10 In quest'ultimo centro, si trova inoltre un tipo imparentato con i monumenta a tamburo, ossia il celebre "Ottagono" posto fuori Porta Gemina, con un diametro di 8,98 m (Bergonzoni, Rebecchi, 1976, 225 ss.; Fischer, 1996, 143 ss.; Matijasic, 1997, 103 s.). Altre te-stimonianze si hanno inoltre a Padova (CIL V, 2828; 2856; Compostella, 1996, 235; Compostella, 1997, 230, fig. 15), Este (Zerbinati, 1982, 201, n. 39a; 233 s., n. 18h; Compostella, 1997, 213, 215), Verona11 e Brescia,12 con diametri compresi tra i 5 e i 9 m; molto piu ampio, ma di destinazione incerta, e un edificio a pianta circolare, con un diametro di ben 30 m, messo in luce a livello delle fondazioni nell'area della necropoli di Bollo, presso Altino (Tirelli, 1997, 182). Misure campo epigrafico (incompleto): H 48; largh. 102,5. Misure lettere: Le lettere della prima riga conservata hanno un'altezza di 6 cm, mentre nelle successive tre righe, l'altezza e di 5 cm. Misure interlinea: L'interlinea tra la prima e la seconda riga e di 7,5 cm, cui seguono due interlinee di 2 cm. La distanza tra l'ultima riga del titulus e la cornice inferiore e di 11 cm. Descrizione cartiglio e scrittura: Il ductus e molto re-golare e l'impaginazione e accurata. Trascrizione fac simile: llll • V • I • DIC • AQVILEIAE M • TOSSIO • T • F • POL • RVFO • FRATR[.] llll • VIR • IVR DIC Q • TOSSIO • T • F • POL • FRATRI Testo: [- Tossius T(iti) f(ilius) Pol(lia tribu) (?) —] (quattuor)v(ir) i(ure) dic(undo) Aquileiae M(arco) Tossio T(iti) f(ilio) Pol(lia tribu) Rufo fratr[i] (quattuor)vir(o) iur(e) dic(undo) Q(uinto) Tossio T(iti) f(ilio) Pol(lia tribu) fratri. Commento: Un Tossius,13 quattuorviro ad Aquileia, realizza questo monumento funerario per i fratelli M. Tossius Rufus, anch'esso quattuorviro, e Q. Tossius. Uno dei tre fratelli reca l'antico e diffuso cognomen Rufus (Kajanto, 1982, 30, 64, 65, 229), mentre Q. Tossius non presenta il cognomen; anche dopo che - tra la fine della Repubblica e l'inizio del Principato - l'uso del cognomen era stato generalizzato, sono noti vari altri esempi dei primi decenni del I sec. d.C., di personaggi privi del cognomen (Salomies, 1987, 288 ss.; Mainardis, 2003, 561). Ad eccezione di una Tosía Gemela (IA, 681), non si conoscono altre attestazioni del gentilizio Tossius ad Aquileia e sono in generale molto rare in tutta l'Italia settentrionale;14 le menzioni dei Tossii si concentrano sostanzialmente nell'area centro-italica e in particolare a Roma.15 In effetti, l'indicazione della tribu Pollia permette di escludere che i Tossii fossero di origine aqui-leiese (Lettich, 2003, n. 256); proprio per questo motivo viene sottolineato nell'iscrizione, che la magistratura del quattuorvirato era stata svolta ad Aquileia.16 La connes-sione con un tipo di sepolcro eccezionale come l'edificio a tamburo, di schietta derivazione centro-italica, testimonia certamente l'importanza e ricchezza di questi personaggi. Datazione: Prima meta del I sec. d.C. 10 Cfr. Verzár-Bass, 1997, 131. Nel Museo Archeologico dell'lstria si conservano varie membrature frammentarie convesse, tutte in calcare istriano: un elemento con architrave a tre fasce e fregio con schema ad anthemion, probabilmente di epoca giulio-claudia (Cava-lieri Manasse, 1978, 159, n. cat. 130), cui si aggiungono altri tre analoghi frammenti, di esecuzione più rozza (Cavalieri Manasse, 1978, 159, nt. 2); in assenza di dati precisi sul diametro dei monumenti a cui appartenevano tali trabeazioni, esse potrebbero anche essere riferite a tholoi su podio. 11 Si tratta di sei titoli funerari e un rilievo con sella e fasci, tutti con superficie curvilinea e diametri compresi tra i 2,50 e 5,10 m, e forse di resti della fondazione di un simile edificio presso la chiesa di S. Fermo Maggiore, cfr. Cibelli De Paolis, 1973, 339 ss., figg. 15 ss.; Cavalieri Manasse, 1997, 258 ss. 12 Oltre al grandioso monumento di via Mantova, si possono riferire a questa tipologia architettonica funeraria, sei lastre e un elemento angolare frammentario, cfr. Cavalieri Manasse, 1990; 1997, 255 ss. 13 Assumendo che il dedicante fosse il primogenito, egli poteva portare il nome del padre Titus. 14 Si conoscono alcune testimonianze da Verona (cfr. CIL V, 3292; CIL V, 3777) e Rimini (cfr. CIL Xl, 524). In CIL V, 3292, P. Tossius Zo-simus, sevir augustalis, e sua moglie Tossia Saturnina, fanno una dedica a Saturno, CIL V, 3777 è un'iscrizione funerari in cui vengono commemorati dei liberti dei Tossii. Funeraria è anche l'epigrafe CIL XI, 524, dedicata a una Tossia Legifl—]. Vi sono poi alcune attestazioni nella Callia Narbonensis (CIL XII, 719; CIL XII, 5170), nella Dalmatia (IL/ug II, 785 = AE 1990, 788; IL/ug III, 2200). 15 Cfr. CIL VI, 1881 = AE 2001, 169; CIL VI, 1955 = AE 1999, 200; CIL VI, 7963; CIL VI, 15021; CIL VI, 18489; CIL VI, 20569 = CLE, 1027; CIL VI, 22298; CIL VI, 25215; CIL VI, 27309; CIL VI, 27559; CIL VI, 27560 = ICUR II, 4398: CIL VI, 27561; CIL VI, 27562; CIL VI, 27563; CIL VI, 34522; CIL VI, 36439 = CLE, 2225; CIL VI, 36440; AE 1913, 193; AE 1956, 143; AE 1979, 199; AE 1981, 194; AE 1993, 653; AE 1994, 202a; AE 1994, 202b; CIL X, 5670 = ILMN I, 582; CIL XI, 6691 = ILLRP, 1241 ; CIL XI, 8114; CIL XIV, 4093 = CIL XV, 2506; CIL XV, 1479 = ILLRP, 1176. Da queste zone provengono anche dolii con bolli dei Tossii, cfr. Ciampoltrini, 1992; Cregori, 1994. 16 Sul sistema magistratuale quattuorvirale, cfr. da ultimo Zaccaria, 2003, 303 s., 306 s. (con bibliografia precedente). 2. Dado di altare marginato con iscrizione funeraria Luogo di conservazione: Museo Archeologico Na-zionale di Aquileia (n. inv. 71). Notizie storiche: ll pezzo e stato probabilmente rin-venuto nel 1734, nello scavo eseguito vicino alla collina della villa von Hinke (Gregorutti, 1890-92, 21) ed e poi stato reimpiegato come sostegno della mensa dell'altare della vicina chiesa di S. Poletto presso Monfalcone. Nel 1880 e stato trasportato al Museo di Aquileia (Maionica, 1880, 2, nt. 3; Gregorutti, 1890-92, 21; /$, 2864). Fig. 3: Dado di altare marginato con iscrizione funeraria (Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, n. inv. 71). Sl. 3: Uokvirjen oltar z nagrobnim napisom (Nacionalni arheološki muzej v Ogleju, inv. št. 71). Bibiografia: Maionica, 1880, 2, nt. 3; Gregorutti, 1890-92, 21, 154 s.; SI, 185; ILS, 2703; Stein, Ritterling, 1932, 201 s.; Ritterling, 1932, 142; Kraft, 1951, 37; PIR IV, 294, n. 625; Chantraine, 1967, 91, nt. 123; Do-maszewski, Dobson, 1967, 119; Alföldy, 1968, 208; Holder, 1980, 75, 81, n. cat. E18; Saddington, 1980, 33, n. 31; 1982, 59; 1988, 70; PME VI, 99, 126; IA, 2864; Dexheimer, 1998, 55, 114 s., n. cat. 99, fig. a p. 233; Forni, 1999, n. 854; Spaul, 2000, 64, 252; Lettich, 2003, n. 90. Materiale: Calcare di Aurisina. Dimensioni: H 114; largh. 72; prof. 58. Stato di conservazione: Si conserva solo il corpo dell'altare, mentre mancano sia la base sia il coronamento, lavorati separatamente. La faccia anteriore e i fianchi presentano, in corrispondenza della cornice mo-danata, molteplici sbrecciature. Anche questo pezzo dimostra di essere stato rilavo-rato, quando venne messo in opera nella struttura del "ponte". Nella meta superiore della faccia anteriore, circa nell'asse centrale del blocco, si trova un foro di forma quadrata di 6 cm per lato e 5 cm di profondita, che co-stituiva certamente l'alloggiamento di un perno. Il lato posteriore, solamente sbozzato, e invece caratterizzato da due grandi incavi per grappe17: uno e situato alla base del limite sinistro del blocco (H 16; largh. 11 cm), l'altro all'estremita destra del limite superiore (H 11; largh. 14 cm). Descrizione: Il lato anteriore del blocco parallelepi-pedo, che costituiva il corpo dell'altare funerario, e pro-filato da una semplice cornice modanata (listello e gola rovescia) che delimita anche lo specchio epigrafico, quasi interamente occupato dal titulus. La stessa cornice si trova anche sulle facce laterali, non decorate, ma ben levigate. La superficie posteriore del blocco si presenta solamente sbozzata, mentre il lato superiore e lavorato a gradina ed e caratterizzato al centro da un foro quadrato di 13 cm per lato, con una profondita di ca. 9 cm, il quale presenta - nella parte inferiore - la risega di un re-stringimento;18 la parte superiore, più ampia del foro, e ben lavorata e liscia, quella inferiore appare meno rifi -nita. Commento: Si tratta del corpo di un'ara funeraria con semplice cornice modanata (listello, gola rovescia), con la fronte destinata unicamente all'iscrizione e le facce laterali, profilate, prive di ornamentazione.19 Base e coronamento erano lavorati separatamente20 e non si sono conservati. La tipologia dell'altare funerario margi-nato semplice, che costituisce la "Grundform" delle are sepolcrali, ha un'ampia diffusione (Boschung, 1987, 14 ss.; Matijasic, 1997, 107; Dexheimer, 1998, 10 ss.) e appare attestata dall'epoca claudia.21 L'incavo quadrato presente nel lato superiore va probabilmente identificato con il foro di alloggiamento di un perno, che univa il corpo dell'altare al suo coronamento (Dexheimer, 1998, 5). Bisogna pero sottolinea-re che si tratta di un tipo di foro particolare, diverso dai più usuali alloggiamenti per perni impiegati negli altari funerari, spesso di più ridotte dimensioni e raramente presenti singolarmente (Dexheimer, 1998, 4). Un incavo simile, più ampio e caratterizzato solo su tre lati dalla risega di restringimento, si trova in un altro esemplare nord-italico, ossia nell'altare funerario tergestino di C. Vibius Valens (prima meta del II sec. d.C.), il quale era reimpiegato nell'altare di S. Giovanni Battista nella cat-tedrale di San Giusto (Dexheimer, 1998, 84 s., n. cat. 31). Confrontabili sono inoltre gli incavi osservati da E. Schraudolph nella parte sommitale di alcuni altari votivi, utili all'inserimento di un focus metallico, adoperato per 1 sacrifici (Schraudolph, 1993, 26). Una connessione con simili apprestamenti pare pero potersi escludere, dato che non sembrano essere attestati sacrifici a com-bustione in ambito sepolcrale e poiché sia l'ara in que-stione sia quella tergestina hanno un'altezza tale da ren-dere improbabile un loro utilizzo pratico (Dexheimer, 1998, 5). Misure campo epigrafico: H 95; largh. 56. Misure lettere: Le lettere della prima riga raggiungo-no un'altezza di 7 cm, quelle della seconda riga 6 cm; seguono sette righe con lettere alte 4,5 cm; le ultime tre righe hanno lettere alte rispettivamente 5 cm, 4 cm e 3,5 cm. Misure interlinea: La prima riga si dispone ad appena 2 cm dal limite dello specchio epigrafico; tra la prima e la seconda riga dell'iscrizione, l'interlinea e di 2,5 cm. Le seguenti sette interlinee sono di 1,5 cm. Tra la nona e la decima riga, l'interlinea e di 5 cm e seguono due interlinee di 2 cm. L'ultima riga e situata a 9 cm dalla cornice inferiore. Descrizione cartiglio e scrittura: Ductus molto rego-lare, dei primi decenni del I sec. d.C. Alcune lettere sono apicate (v. 1: V e 0; v. 2: 0; v. 4: A; v. 6: 0 di UBIOR). Ai numerali si sovrappone un trattino. 17 Questi incavi sono contraddistinti rispettivamente da due approfondimenti circolari. 18 Nella parte inferiore, l'incavo ha un'ampiezza di ca. 10 cm per lato. 19 Esse potevano presentare una decorazione realizzata in pittura, cfr. Dexheimer, 1998, 11. 20 Per i procedimenti di lavorazione degli altari funerari v. Dexheimer, 1998, 3 s. 21 Cfr. Boschung 1987, 19, 54. Nonostante si tratti della forma piu semplice degli altari funerari, essa appare preceduta cronologicamente da altri tipi, databili a partire dall'epoca augustea, cfr. Boschung, 1987, 53. Trascrizione fac simile: Tl • IVLIO • C • F FAB • VIATORI SVBPRA[..] COH • Ill LVSITANORVM IIII • VIR • IVR • DIC PRAEF • COH • VBIOR EQVITATAE ERBONIAE • SEX • F GRATAE • VXORI C • IVLIVS • AVG • L LINVS • FILIO • ET NVRVI Testo: Ti(berio) Iulio C(ai) f(ilio) Fab(ia tribu) Viatori subpra[ef(ecto)] coh(ortis) III Lusitanorum, (quattuor)vir(o) iur(e) dic(undo), praef(ecto) coh(ortis) Ubior(um) equitatae, Erboniae Sex(ti) f(iliae) Gratae uxori. C(aius) Iulius Aug(usti) l(ibertus) Linus filio et nurui. Commento: Il liberto imperiale C. Iulius Linus realiz-za questo monumento funerario per il figlio Ti. Iulius Viator, dalla brillante carriera equestre, e per la nuora ingenua Erbonia Grata. Il padre C. Iulius Linus fu ma-nomesso sotto Augusto; il figlio mutuo il praenomen dall'imperatore Tiberio (ILS 2703; Chantraine, 1967, 91, n. 123). Il cognomen grecanico Linus e attestato a Roma dall'epoca augustea, fra schiavi e liberti, anche imperiali (Solin, 2003, 543); il cognomen del figlio Viator, in uso dall'epoca imperiale e molto raro in ambito libertino (Kajanto, 1982, 96, 362), e piu volte attestato nella Cisalpina (CIL V, 1008; 4249; 4442; 4764; 5282; 6468; 6654; 6853; 7381; 8234; IA, 1049) e in particolare anche ad Aquileia CIL V, 1008 = IA, 617; CIL V, 8234 = IA, 271; IA, 1049). La famiglia di appartenenza della moglie ingenua di Ti. Iulius Viator, la gens Erbonia, e attestata complessi-vamente otto volte ad Aquileia e, a eccezione della nostra Erbonia Grata, si tratta esclusivamente di liberti, di cui 4 manomessi da un Sextus Erbonius. Liberti degli Er-boni sono precocemente attestati fra i membri delle magistrature vicaniche di Zuglio ed erano probabilmente coinvolte nelle attivita commerciali e produttive di quel territorio (Mainardis, 1994, 85); il cognomen Grata, dif-fuso sia per ingenui sia per liberti (Kajanto, 1982, 72, 282), e frequente anche ad Aquileia. Quale discendente di un liberto della gens Iulia, Ti. Iulius Viator e membro della tribu Fabia (Forni, 1999, n. 854). Sotto Tiberio, diviene sottoprefetto della coorte III dei Lusitani, quattuorviro ad Aquileia e prefetto della cohors Ubiorum equitata (cfr. Ritterling, 1932, 142; Kraft, 1951, 36; PIR IV, 294, n. 625; Alfoldy, 1968, 112, 208; PME I, n. 139; Holder, 1980, 81; Saddington, 1980, 33, n. 31; 1982, 59; 1988, 70; PME VI, 99, 126), (ossia di una coorte mista composta per due terzi di fanteria e un terzo di cavalleria, cfr. Lettich, 2003, 61). Entrambe queste coorti sono attestate epigraficamente fin dall'epoca tiberiana (Saddington, 1982, 59). Riguar-do alla coorte degli Ubii, istituita verosimilmente sotto Augusto (Alfoldy, 1968, 73 s.), si dispone di poche in-formazioni, soprattutto per quanto riguarda il luogo di stanziamento nel corso del I sec. d.C (Spaul, 2000, 252 s.).22 La cohors III Lusitanorum venne istituita, come le altre coorti dei Lusitani, all'inizio dell'epoca imperiale; nel I sec. d.C. e di stanza nella Germania Inferior sul fronte del basso Reno, dall'epoca traianea in Pannonia (Kraft, 1951, 180; Alfoldy, 1968, 65 s.; Spaul, 2000, 64; sulle truppe attive in Pannonia, v. Lorincz, Alfoldy, 2003). Le coorti dei Lusitani vengono condotte in Italia nel 69 d.C., insieme a quelle dei Galli e dei Britanni, da A. Caecina Alienus, comandante vitelliano dell'esercito della Germania Superior (Tac. hist. I 70), ma non e chia-ro se vi era compresa anche la III coorte dei Lusitani. Compare in un'altra iscrizione di Aquileia di epoca giu-lio-claudia, di un ignotus, identificato da alcuni con lo stesso Ti. Iulius Viator (manca pero anche il rango dete-nuto nella coorte dei Lusitani), che viene definito inoltre "curator pro praef(ecto) cohor(tis) I Astur(um)" (Stein, Ritterling, 1932, 201 s.; Alfoldy, 1968, 65 s., n. 139; PME I, 933; Holder, 1980, 81; IA, 123). La carica del subpraefectus cohortis e menzionata ra-rissimamente e solo in epoca pre-flavia; la piu antica te-stimonianza di questa carica e comunque proprio l'epigrafe in questione (Domaszewski, Dobson, 1967, 119; Holder, 1980, 81). Un C. Iulius Capito, subpraefectus equitum, e citato in un'epigrafe aquileiese della prima meta del I sec. d.C. (Brusin, 1930, 445; AE 1931, n. 97; PME I, n. 39; Holder, 1980, 81); M. Iulius Sa-binus, figlio di un Ti., subpraefectus alae Scubulorum, compare in un'iscrizione aquileiese di epoca claudia-neroniana (PME I, n. 117; Holder, 1980, 81; IA, 2813). Ad Aquileia si conoscono dunque complessivamente tre sottoprefetti di reggimenti ausiliari, tutti discendenti di liberti imperiali, e un curator pro praefecto; oltre a que 22 Cfr. anche Stein, Ritterling, 1932, 221; Alföldy, 1968, 73 s.; Saddington, 1982, 252, che suppongono fosse stazionata nella Germania Inferior fino alla rivolta dei Batavi nel 70 d.C. (Tac. hist. IV 28), per essere in seguito trasferita nelle province danubiane. 3. Stele parallelepipeda pseudo-architettonica con iscrizione funeraria Luogo di conservazione: Museo Archeologico Na-zionale di Aquileia (senza n. inv.) Notizie storiche: La stele e stata trovata nel 1762, nello scavo eseguito dal conte Gherardi ai piedi del colle Zochet23 ed e poi stata conservata nella sua casa di Ronchi dei Legionari,24 per essere in seguito trasferita al Museo di Aquileia. Bibliografia: Del Ben, 2001, 143; Berini, 1826, 18; Kandler, 1869-70, 128; CIL V, 1460; Gregorutti, 189092, 21 s.; Panciera, 1970, 101; Lettich, 2003, n. 378. Materiale: Calcare di Aurisina. Dimensioni: H 173; largh. 64; prof. 19. Stato di conservazione: La superficie anteriore della stele e ben conservata. Il lato posteriore si presenta rila-vorato: da sinistra verso destra si nota una progressiva diminuzione dello spessore della lastra, alla quale si ri- m sti, e noto solamente un altro subpraefectus equitum alae Agríppianae menzionato in un'iscrizione di Grenoble (CIL XII, 2231; PME I, n. 5; Holder, 1980, 81). Pro-babilmente, questa carica compare con una certa fre-quenza ad Aquileia, poiché essa serviva spesso da base militare per le armate illiriche, e risale forse ad un periodo di sperimentazione nelle strutture di comando, ri-feribile alla prima epoca imperiale (Saddington, 1988, 71 ss). In conclusione si puo osservare che l'iscrizione testimonia dunque un "significativo esempio di mobilita sociale" (Lettich, 2003, n. 90), in cui il figlio di uno schiavo affrancato, sia pure imperiale, arriva ad occupa-re nella carriera equestre la praefectura cohortis e ad Aquileia il quattuorvirato". Datazione: Epoca claudia. Fig. 4: Stele parallelepipeda pseudo-architettonica con iscrizione funeraria (Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, senza n. inv.). Sl. 4: Psevdoarhitektonska stela paralelepipedne oblike z nagrobnim napisom (Nacionalni arheološki muzej v Ogleju, brez inv. št.). 2S Cfr. Del Ben, 2OO1, 14S; Gregorutti, 189O-92, 21 s. (secondo una scheda di G. G. Liruti); Kandler, 1869-/O, 128. Il Berini riporta in- vece la notizia che il pezzo in questione sarebbe stato rinvenuto presso il Lago di Pietrarossa (Berini, 1826, 18, nt. a). 24 Cfr. Del Ben, 2OO1, 14S; Berini, 1826, 18, nt. a; CIL V, 146O (da un manoscritto del Cortenovis); Gregorutti, 189O-92, 21 s. (secondo una scheda di G. G. Liruti); Panciera, 19/O, 1O1 (secondo un manoscritto di G. Asquini); Kandler, 1869-/O, 128. collega, lungo l'estremita destra dell'elemento, una rise-ga di 10 cm di larghezza e ca. 5 cm di profondita. In prossimita della risega, si dispongono - nella parte ribas-sata della superficie e all'incirca a meta altezza della lastra - due fori quadrati di ca. 7 cm per lato, riempiti di uno strato di consolidamento moderno. Vi sono dunque, anche in questo pezzo, evidenti tracce riferibili ad un suo reimpiego nella struttura del "ponte": la risega puo forse essere interpretata come una specie di calettatura, mentre i fori erano certamente finalizzati all'alloggia-mento di perni. Sia sui lati sia posteriormente, le superfi-ci si presentano logorate dall'erosione. Descrizione: Si tratta di una stele parallelepipeda pseudoarchitettonica, priva di cornice, con frontone profilato da un listello liscio, decorato da una rosetta centrale a quattro petali e bulbo a bottoncino e da acroteri laterali a palmetta a tre lobi. Il campo epigrafico si dispone al di sotto del timpano ed e per buona parte occupato dal titulus. Commento: La tipologia della stele pseudoarchitettonica con timpano e triangoli acroteriali decorati compare all'inizio del I sec. d.C.25 I motivi decorativi pi~ diffusi in questo tipo, ampiamente attestati per tutto il I sec. d.C., sono proprio la rosetta nel campo del timpano26 e le palmette acroteriali variamente stilizzate (Chiesa, 1953-54, 74). In Histria, le stele pseudoarchi-tettoniche senza cornice (tipo IIa2 della tipologia messa a punto da A. Starac) sono diffuse tra la seconda meta del I sec. a.C. e la prima meta del I sec. d.C.; esse scom-paiono con la fine del I sec. d.C. Stele di questo tipo, eseguite con maggiore accuratezza, con il frontone profilato e con acroteri e rosetta a rilievo, sono sporadica-mente attestate lungo la costa occidentale dell'Istria e sono particolarmente popolari nel periodo giulio-claudio (Starac, 2000, 67, 107 s., tavola cronologica a p. 116, cartina 7). La stele in esame appartiene chiaramente ad una produzione in serie, in cui solamente l'iscrizione deter-minava una caratterizzazione individuale. Il considere-vole spessore del pezzo, pari a 19 cm, corrisponde a quello delle più antiche produzioni stelari aquileiesi.27 Misure campo epigrafico: H 150; largh. 64. Misure lettere: Nella prima riga le lettere hanno un'altezza di 8-9,5 cm. Nelle seguenti quattro righe l'altezza delle lettere e di 6 cm. La sesta riga, inserita posteriormente, ha lettere alte solamente 2 cm. L'altezza delle lettere e di 5,5 cm nelle righe 7, 8 e 9, e passa a 6 cm nell'ultima riga. Misure interlinea: La prima riga si dispone a 10 cm dal limite del campo epigrafico e le prime quattro interlinee hanno un'altezza di 4 cm. L'interlinea tra la quinta e la sesta, e tra la sesta e la settima riga, e pari a ca. 1 cm. Seguono due interlinee di 2,5 cm e una di 4 cm. L'ultima riga e posta a 50 cm dal limite inferiore della lastra. Descrizione cartiglio e scrittura: ll ductus e regolare. Trascrizione fac simile: L • VINISIVS • T • L • L • ALEXANDER V • F • SIBI • ET • SVIS VINISIAE • T • L • L • PRIMAE • ET IVLIAE • C • L • METHE • DELICATAE • SVAE • ET INACHO • FILIO L • VINVSIO • FLORO • L • VINVSIAI • CORINNAI • L • L • M • Q • V • P • Q • XX • Testo: L(ucius) Vinisius T(iti et) L(uci) l(ibertus) Alexander v(ivus) f(ecit) sibi et suis, Vinisiae T(iti et) L(uci) l(libertae) Primae et Iuliae C(ai) l(ibertae) Methe delicatae suae et Inacho filio, L(ucio) Vinusio Floro l(iberto), Vinusiai Corinnai l(ibertai). L(ocus) m(onumenti) q(uoquo) v(ersus) p(edum) q(uadratorum) XX. Commento: Il liberto L. Vinisius Alexander realizza questo monumento funerario per sé, per sua moglie Vi-nisia Prima (anch'essa una schiava affrancata), per il fi-glio Inachus, per i liberti L. Vinisius Florus e Vinisia Corinna, cui si aggiunge in un secondo momento la liberta lulia Methe, sua "delicata". Il recinto e di 20 piedi per lato (ca. 6x6 m) e presenta dunque dimensioni piuttosto comuni in ambito aquileiese (cfr. Calderini, 1930, CXXXI ss., 431 ss.; Hope 2001, 10, nt. 67).28 L. Vinisius Alexander e Vinisia Prima sono liberti di due patroni Titus e Lucius Vinisius, che li avevano pos-seduti in comproprieta. Liberti della stessa famiglia sono anche L. Vinisius Florus e Vinisia Corinna, i cui nomi sono pero riportati in versione arcaizzante (vv. 8-9: 25 Le stele funerarie aquileiesi si distribuiscono con un'ampia varietá tipologica su un prolungato arco temporale, che va dalla fine del I sec. a.C. al IV sec. d.C.; tranne due eccezioni, esse sono tutte in calcare d'Aurisina o pietra d'Istria (Chiesa, 1953-54, 71 s., nt. 2). Sulle stele decorate aquileiesi v. anche Hedin, 1987. 26 Sul significato della rosetta, legato ad un'escatologia stellare, luni-solare e divina, nota nel mondo greco fin dal IV sec. a.C., v. Salviat, 1966, 33 ss. 27 Le piu antiche stele di Aquileia (della fine del I sec. a.C.) presentano uno spessore maggiore rispetto a quelle posteriori (ca. 20 cm ri-spetto 10-15 cm), cfr. Chiesa, 1953-54, 71 s., nt. 2. 28 Per un confronto con la situazione a Roma v. Eck, 1987, 63 s. Vinusio per Vinisio e Vinusiai Corinnai per Vinisiae Co-rinnae). I cognomina di questi personaggi sono tutti no-mi frequenti in ambito servile e libertino (per Alexander cfr. Solin, 2003, 191 ss., 204 s.; per Prima cfr. Solin, 1996, 144 ss.; per Florus cfr. Solin, 1996, 50; per Corinna cfr. Solin, 2003, 256 s.). I Vinisii sono piuttosto rari ad Aquileia: vi sono soltanto altre quattro attestazioni, di cui due nuovamente di ambito libertino. Anche Iulia Methe e una liberta, che apparteneva pero ad un altro patrono, ossia ad un C. Iulius. Il grecanico Methe (da notare anche al v. 6 il dativo con la desinenza greciz-zante Methe dal nominativo Methe) non e menzionato in altre iscrizioni aquileiesi, ma risulta in uso a Roma dall'epoca augustea, ovviamente in ambito servile e libertino (Solin, 2003, 1334). Il nome greco Inachus e te-stimoniato più volte a Roma (Solin, 2003, 696, 1464), mentre non vi sono altre attestazioni ad Aquileia. L'appellativo "delicata sua" costituisce un termine tecnico, non un tenero vezzeggiativo; si fa infatti riferi-mento alla specifica categoria dei servi "delicati", men-zionati anche in altre iscrizioni aquileiesi (Lettich, 2003, nn. 91, 173, 333, 368, 378, 381, 448). "Delicati" erano definiti per lo più schiavi giovani o addirittura impuberi, che dovevano rivestire una funziona particolare all'interno della famiglia. Secondo l'opinione tradizio-nale essi non svolgevano lavori manuali, ma erano ad-detti all'intrattenimento (DizEp. II.2, 1594 ss., s. v. Deli-catus). Il Brusin li identifica invece come camerieri personali dei padroni (IA, 1037). Una cosa certa e che que-sta qualifica veniva ottenuta in tenera eta; in un'altra epigrafe proveniente dagli scavi del "ponte" di Ronchi, quella di L. Titius Graptus (Lettich, 2003, n. 378; cfr. la seguente scheda), il delicatus Primitivus muore infatti a sette anni e in un'iscrizione rinvenuta presso Aquileia, nell'alveo del fiume Natissa, un delicatus risulta dece-duto addirittura a quattro anni (Lettich, 2003, n. 368). Pare inoltre che essi assumessero un'importanza note-vole all'interno della famiglia: nell'epigrafe in esame e in quella di L. Titius Graptus (Lettich, 2003, n. 378), i delicati sono anteposti, nell'ordine di elencazione, ai fi-gli (Lettich, 2003, 230); nell'iscrizione di L. Vinisius Alexander, la linea con menzione di Iulia Methe e pero inserita in un secondo momento e la scelta del luogo appare obbligata, dato che le interlinee delle successive righe presentano un'altezza minore. Datazione: Prima meta del I sec. d.C. 4. Blocco parallelepipedo marginato con iscrizione funeraria Luogo di conservazione: Museo Archeologico Na-zionale di Aquileia (n. inv. 1295) Notizie storiche: Rinvenuto nel 1734, nello scavo eseguito vicino alla collina della villa von Hinke, il pez-zo venne messo in opera alla base del campanile della chiesa di S. Poletto di Monfalcone (Del Ben, 2001, 142; Berini, 1826, 18, nt. a; Kandler, 1869-70, 128; Grego-rutti, 1890-92, 21). Dopo la parziale demolizione della chiesa, e stato portato al Museo di Aquileia (Gregorutti, 1890-92, 21). Bibliografia: Bertoli, 1739, 223; Del Ben, 2001, 142; Berini, 1826, 18; Kandler, 1869-70, 128; CIL V, 1410; SI, 101; Gregorutti, 1890-92, 21; Lettich, 2003, n. 333. Materiale: Calcare. Dimensioni: H 140; largh. 62; prof. 32. Stato di conservazione: La cornice del campo epigrafico e sbrecciata in alcuni punti e il pezzo mostra, nel complesso, evidenti segni di erosione. In particolare il lato posteriore si presenta fortemente consumato e dan-neggiato; lungo il suo limite sinistro, si dispone a ca. meta altezza del blocco, un incavo di 9 cm di larghez-za. Sia sui lati sia sulla superficie anteriore, si scorgono tracce di malta. L'incavo nella superficie posteriore, che costituisce l'alloggiamento di un grappa, venne proba-bilmente realizzato quando la stele fu reimpiegata nel "ponte". Le tracce di malta potrebbero invece essere rife-rite all'epoca moderna, quando il pezzo - estratto dalla struttura del "ponte" - venne messo in opera nella chiesa di S. Poletto. Descrizione: Si tratta di un blocco parallelepipedo con semplice cornice modanata (listello e gola rovescia). Il campo epigrafico e per buona parte occupato dal ti-tulus. Commento: Questo blocco corrisponde alla tipologia classificata dalla Starac come "stele parallelepipeda marginata" (tipo If), che in Histria e attestato con solo nove esemplari, databili tra l'ultimo quarto del I sec. a.C. e il III sec. d.C. Gli esemplari più antichi, riferibili ai decenni attorno all'inizio dell'era volgare, provengono da Kringa/Corridico (nell'Istria centrale) e da Novi-grad/Cittanova (nell'Istria nord-occidentale) e "hanno avuto origine sotto gli influssi e nell'ambiente dei più antichi immigrati italici in epoca augustea"; stele di questo tipo si concentrano poi nella colonia di Pola, con uno sviluppo inquadrabile tra il II e il III sec. d.C., pro-babilmente sotto l'influsso delle are sepolcrali di minori dimensioni molto diffuse in questo centro (Starac, 2000, 66, 107, tavola cronologica a p. 116, cartina 5). Si tratta evidentemente di un tipo prodotto in serie. Misure del campo epigrafico: H 120; largh. 39. Misure lettere: L'altezza delle lettere varia da una riga all'altra (prima riga 6 cm; seconda 4; terza 3; quarta 2,5; quinta 3; sesta e settima 2,5; ottava 4; nona 3; decima e undicesima 4). Misure interlinea: La prima riga e posta a 9 cm dal limite dello specchio epigrafico. L'interlinea tra la prima e la seconda, e tra la seconda e la terza riga e di 3 cm. Seguono interlinee di 1 cm, 3 cm, 2 cm e 3 cm. Tra la settima e l'ottava riga, l'interlinea e di 6 cm e passa nelle ultime righe a 3 cm, 0,5 cm e 3 cm. L'ultima riga e posta a 46 cm dalla cornice inferiore. Fig. 5: Blocco parallelepipedo marginato con iscrizione funeraria (Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, n. inv. 1295). Sl. 5: Uokvirjen blok paralelepipedne oblike z nagrobnim napisom (Nacionalni arheološki muzej v Ogleju, inv. št. 1295). Descrizione cartiglio e scrittura: II ductus e regolare. La desinenza NA di PAVLINA (v. 3) e in legatura. La seconda I di FILIS e longa. Trascrizione fac simile: L • TITIVS • L LIB • GRAPTVS ET • BARBIA • PAVLINA V • F • SIBI • ET • PRIMITIVO DELICATO • ANN • VII ET • GRAPHICE • ET DAPHNO FILIS L • M • IN • F • P • XVI IN • AGR • P • XX LIB • ET • LI H • M • H • N • S Testo: L(ucius) Titius L(uci) lib(ertus) Graptus et Barbia Paulina v(ivi) f(ecerunt) sibi et Primitivo delicato an(norum) VII et Graphice et Daphno filis. L(ocus) m(onumenti) in f(ronte) p(edum) XVI in ag(rum) p(edum) XX. L(i)b(ertis) et li(bertabus). H(oc) m(onumentum) h(eredem) n(on) s(equetur). Commento: Il liberto L. Titius Graptus e l'ingenua Barbia Paulina realizzano questo monumento funerario per sé, per Primitivus (di sette anni) loro servo delicatus (cfr. la scheda precedente ), per i figli di condizione servile Graphice e Daphnus, per i liberti e le liberte. L'area del recinto e di 16x20 piedi (ca. 4,8x6 m), che corri-sponde alle dimensioni piu consuete per i recinti funera-ri aquileiesi (Calderini, 1930, CXXXI ss., in particolare CXXXIV, 431 ss.; Hope, 2001, 10, nt. 67). Il gentilizio Titius e molto diffuso ad Aquileia (37 at-testazioni, fra cui 16 con il praenomen Lucius) ed e atte-stato, gia in epoca repubblicana, fra i notabili della citta di Aquileia (Bandelli, 1983, 196, n. 14, 199, n. 29; 1984, 222, nn. 36, 47; 1988, 103, n. 38; 105, n. 49; 152, n. 15; 159 s., n. 32; Chiaba, 2003, 105). L'iscrizione funeraria CIL V, 1414 di una Titia Laie, con menzione di un recinto di ben 122x60 piedi, proviene dalla vicina Marcelliana, presso Monfalcone. Da Mon-falcone provengono inoltre fistulae, fabbricate ad Aquileia da L. Titius Musae/L. Titius (CIL V, 8117 = Buora, 1980, 67, n. 7; SI, 1082 = Buora, 1980, 67, n. 6; sulle fistulae aquariae di Aquileia v. anche Zaccaria, 1992a; 2003, 312, nt. 129). Fin dall'inizio del I sec. d.C., si di-mostrano attivi nella produzione aquileiese di laterizi, anche di vasta esportazione (Buora, 1985, 222, 225; Matijasic, 1987, 516, 521; Furlan, 1993, 199, Righini et al., 1993, 66, 80; Zaccaria, Župančič, 1993, 148 s.; Žbona-Trkman, 1993, 187 s., 190). Il gentilizio della moglie ingenua, Barbius, e molto diffuso in area veneti-ca e ad Aquileia si contano ben 47 attestazioni, alcune gia dell'epoca repubblicana (Untermann, 1961, parr. 208.9, 210, 214 e s. v. RVTABA e Karte 15).29 Qui, l'interesse economico della famiglia "si concentrava in-torno all'edilizia" (Sasel, 1987, 148) e in particolare in-torno alle figline (Furlan, 1993, 199, 200, 203; Righini et al., 1993, 64, 80; Zaccaria, Župančič, 1993, 139; Go-mezel, 1996, passim; Zaccaria, Gomezel, 2000, 286 ss.). I membri di tale gens appaiono inoltre diffusi, nel corso del I sec. a.C., nel Norico, con interessi radicati nel commercio e forse anche nella metallurgia, ma principalmente nella produzione di laterizi e nell'attivita edile. L'orientamento commerciale era rivolto verso le coste adriatiche e verso il Norico (Sasel, 1987, 147 s.). Nonostante la vivacita economica di questa famiglia, es-sa non sembra rappresentata nei gruppi dirigenti del centro di Aquileia (Nonnis, 1999, 85 s.). Il cognomen grecanico Graptus e tipicamente di ambito servile e libertino (Solin, 2003, 1255 s.; v. anche CIL V, 182; 1831; 2428; 7062; ¡A, 1474), cosí anche gli idionimi dei figli di condizione servile Graphice (da notare al v. 6 il dativo Graphice dal nominativo Graphice, Cfr. Solin, 2003, 1257 s.),30 che riprende il cognomen del padre, e Daphnus (Solin, 2003, 1164 ss.),31 nonché Primitivus (Kajanto, 1982, 77, 134; Solin, 1996, 147 s.). Il cognomen della moglie Paulina e molto comune.32 Datazione: Prima meta del I sec. d.C. 5. Soffitto/architrave con iscrizione funeraria Notizie storiche: Il pezzo e stato probabilmente rin-venuto nello scavo effettuato da G. B. Dottori nel campo di F. Toscano (1770), presso l'incrocio delle strade per Vermegliano e Selz.33 E poi stato murato nella chiesa di S. Leonardo di Ronchi (cfr. Panciera, 1970, 93 (da un manoscritto dell'Asquini); Berini 1826, 18); in occasione della demolizione della chiesa (1817), e stato portato nel cortile della casa colonica Labrosse della famiglia Pontgibaud, per essere in seguito inserito in una chiusa del mulino Nordis di S. Canziano (Gregorutti 1890-92, 23, 150). Da allora l'epigrafe risulta dispersa. Bibliografía: Del Ben, 2001, 154; Berini, 1826, 18 s., nt. a; Kandler, 1869/70, 128; CIL V, 949; Gregorutti, 1890-92, 23, 150 ss.; Calderini, 1930, 278; Degrassi, 1962, 802 ss.; DizEp. IV, 262, s. v. lurator; Panciera, 1970, 93; IA, 3493; Bassignano, 1991, 520, n. 3; Zaccaria, 1991 a, 59 s.; Zaccaria, 1992b, 155; Zaccaria, 1994, 325 s.; Zaccaria, 2003, 324. Dimensioni: H/prof. "1 piede veneto" (35 cm); largh. "5 piedi veneti" (174 cm) (Berini, 1826, 19, nt. a). Stato di conservazione: L'iscrizione risulta lacunosa nella prima riga e nel margine destro. Come si intuisce dal disegno del Pirona, anche la decorazione sul lato inferiore del blocco era frammentaria: manca la porzione posteriore del cassettone (con una parte del fiorone e della profilatura). Per motivi tipologici, si deve inoltre presup-porre la ripetizione a reticolo del modulo del cassettone. E probabile che l'elemento sia stato rilavorato, quando fu reimpiegato nella struttura del "ponte" oppure in seguito, quando fu messo in opera nella chiesa di S. Leonardo. Descrizione: "Mensola lunga cinque piedi e larga uno per ogni verso. La facciata di sotto indica di essere stata per meta incassata nel muro, sull'altra meta ha esso per armamento un incavo quadrangolare terminato in tre de' suoi margini da una cornice e fregiato nel mezzo da un fiorone a rilievo. La facciata del lato destro fu destinata interamente alla iscrizione" (Berini, 1826, 19, nt. a). In base alla descrizione del Berini e al disegno del Pirona, si trattava di un grande blocco parallelepipedo frammentario, con la fronte iscritta e la faccia inferiore decorata da un cassettone, con incorniciatura liscia e profilo interno a kyma ionico. Gli ovoli sono di forma ovale allungata, con terminazione appuntita e sgusci strettamente aderenti, e sono tagliati superiormente. L'elemento intermedio tra gli ovoli, indicato solo una volta nel disegno del Pirona, e probabilmente costituito da una lancia; l'elemento angolare e formato da una fo-gliolina. Il cassettone e occupato al centro da un fiorone con petali acantizzanti. Commento: Il pezzo costituiva verosimilmente il soffitto/architrave34 di un'edicola funeraria su podio;35 tale 29 Per la discussione sull'origine della famiglia e rimandi bibliografici, cfr. Chiabà, 2003, 94, nt. 71. 30 Ad Aquileia è testimoniato solo un Graphicus (IA, 1003). 31 Ad Aquileia si conoscono soltanto due Daphne (IA, 1126 e 1494) e un Daphnis (IA, 1354). 32 Sul cognomen v. Kajanto, 1982, 244. Paulinus è attestato 4/5 volte ad Aquileia. 33 Cfr. Del Ben, 2001, 154; Kandler, 1869/70, 128; Gregorutti, 1890-92, 23. In un manoscritto di P. Kandler, conservato nella Biblioteca Civica di Udine, viene invece riportato come luogo di ritrovamento il Lago di Pietrarossa (cfr. IA, 3493). 34 Un soffitto a lacunari di epoca claudia, con iscrizione funeraria nella faccia anteriore, si conserva, ad esempio, nel Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro, cfr. Compostella, 1996, 103 e 98, fig. 18. 35 Per un inquadramento della tipologia, riferibile alla "Mausoleumsgrundform", v. soprattutto Verzár, 1974, 419 ss.; Gabelmann, 1977, 107 ss.; Gabelmann, 1979, 8 ss.; Kockel, 1983, 28 ss.; Kovacovics, 1983, 19 ss.; Fedak, 1990; Hesberg, 1994, 144 ss.; Compostella, 1996, 34 ss.; Gros, 2001, 399 ss. tipología e attestata - sostanzialmente in epoca augustea - sia ad Aquileia36 sia in tutta la X Regio.37 Il disegno del Pirona non permette una valutazione stilistica dell'elemento. Indicativamente, si puo attribuire il pezzo alla prima epoca imperiale, dato il tipo di cas-settone con profilo interno ad ovoli, con probabile pre-senza della lancia quale elemento intermedio del kyma; esso e "di schietta derivazione classica" ed e presente "nelle pi~ ricche decorazioni di edifici augustei di Roma" (Cavalieri Manasse, 1978, 144, con rimandi biblio-grafici), nonché nei blocchi di una cornice di Pola, da-tata in epoca augustea/tiberiana (Cavalieri Manasse, 1978, 142 ss.; n. 114; tavv. 51, 52). Nella medesima cornice si ritrova anche la resa acantizzante dei petali del fiorone centrale, presente anche in un'altra cornice di Pola di eta giulio-claudia (Cavalieri Manasse, 1978, 145 ss.; n. 115; tavv. 53), in cui e utilizzata la stessa so-luzione angolare a fogliolina del kyma ionico, che qui inquadra mensole e cassettoni. Per il fiore con petali a foglie d'acanto si veda anche il soffitto del monumento funerario aquileiese dei Curii, databile in epoca giulio-claudia (Cavalieri Manasse, 1978, 84, n. 46, tav. 21.1 ). L'impiego, in un'architettura funeraria, di questo tipo di lacunare molto elaborato, appare notevole; per qualita e raffinatezza, e forse possibile un raffronto con i cassettoni, profilati da kyma lesbio, della cornice dell'Ottagono di Pola, datato al primo quarto del I sec. d.C. (Fischer, 1996, 143 ss., n. cat. SUB 13, tavv. 38.b, 39.a-c). Descrizione cartiglio e scrittura: Nel disegno del Pirona il ductus appare molto regolare; le lettere sono ca-ratterizzate da apicature. Trascrizione fac simile: (Berini, 1826, 19, nt. a) (IA, 3493, tratto dal Pirona) (CIL V, 949) Testo: L(ucius) Vibi[us ---] v[---] lectus iuratorum se[ntentia, ---] praef(ectus) i(ure) d(icundo), donatus hasta pu[ra, ---] Commento: Nonostante le lacune nel margine destro dell'iscrizione, il titulus appare leggibile, e - data la pre-senza della decorazione sul lato inferiore del blocco - si puo inoltre escludere che presentasse ulteriori righe non conservate. Il monumento funerario viene realizzato da un L. Vibius ed era probabilmente destinato a lui mede-simo. Ad Aquileia, i Vibii sono attestati fin dal II sec. a.C. (Bandelli, 1983, 194 ss.; 1984, 217 ss.; 1988, 102 ss.; Verzár-Bass, 1983, 206 s.; 1984, 228 s.; Fontana, 1997, 180; Chiaba, 2003, 105 s.) e compaiono in generale, con una notevole frequenza, nelle epigrafi aqui-leiesi.38 Sin dal periodo repubblicano, i Vibii costitui-scono una delle famiglie più eminenti del centro di Aquileia.39 Il personaggio in questione fece probabilmente parte del consilium di un vicus o di un pagus,40 occupo - in sostituzione dei magistrati quattuorvirali re-golari - la carica di praefectus iure dicundo41 e ottenne un'onorificenza militare, la hasta pura, senza aver a quanto pare ricoperto un grado militare. Per quanto riguarda la formula lectus iuratorum se[nt(entia)], la quale ricorre anche in due iscrizioni del 36 Una statua acéfala di Aquileia, databile ancora all'inizio del I sec. a.C., potrebbe ipoteticamente essere riferita ad un simile monumento ad edicola (Maselli Scotti, 1997, 140); appartiene certamente a questa tipologia, il Monumento dei Due Coniugi, rinvenuto nella necropoli di Levante e databile in epoca augustea (Maselli Scotti, 1997, 140 s.). 37 Vi sono attestazioni a Tergeste (cfr. Verzár-Bass, 1997, 133, figg. 1 9 e 20), Concordia (Compostella, 1996, 89 s., 103), Altino (Compo-stella, 1996, 36 s., 146 ss., 152 ss.), Padova (Compostella, 1996, 193, 197, 234, 256 ss.) ed Este (Compostella, 1996, 262 ss.). 38 Si hanno complessivamente 42 attestazioni, in associazione con i praenomina Kaeso (3), Caius (5), Cneus (1), Lucius (14), Marcus (2), Publius (3), Titus (2). 39 Cfr. Nonnis, 1999, 86, che collega la famiglia all'attività metallurgica, in base alla testimonianza epigrafica del clavarius L. Vibius M. f. 40 V. quanto segue in relazione alla formula lectus iuratorum se[nt(entia)]. 41 Sui praefecti iure dicundo v. Calderini, 1930, 278; Bassignano, 1991, 520 ss., nn. 3-9; Zaccaria, 1991a, 59 s.; Zaccaria, 2003, 307. Capodistriano (CIL V, 487 = II X, 3, 6: [lec]tus ordine iu-ra[torum sententia]; SI, 1106 = II X, 3, 7: lectus iurato-rum sententia) (Zaccaria, 1992b, 155), pare probabile che essa faccia riferimento ai membri del consilium di un vico o di un pago, nominati da parte dell'ordo decu-rionum, in seguito alla verifica di compatibilita effettuata da iuratores, ossia da funzionari incaricati - nelle citta con territori di grande estensione - di aiutare i duoviri quinquennales nei censimenti, esigendo il giuramento da parte dei censiti (cfr. DizEp. IV, 262, s. v. Iurator; Di-zEp. IV, 262 s., s. v. Iuratus; Degrassi, 1962, 802 s.; Bas-signano, 1991, 520, n. 3; Zaccaria, 1992b, 155; Zaccaria, 1994, 325 s. e nt. 99; Zaccaria, 2003, 324).42 Con simili forme di amministrazione decentrata va inoltre messa in relazione un'iscrizione proveniente da Ivanji Grad (Zaccaria, 2003, 324), nel territorio aquileiese (Zaccaria, 1992b, 163, 233), che presenta una formula lievemente diversa, [lec]tus dec(urionum) s(ententia) (Bandelli, 1983, App. II, n. 27; Bandelli, 1984, Elenco n. 48; Zaccaria, 2003, 324). Le due iscrizioni di Capodi-stria possono essere verosimilmente collegate al consilium vici di Aegida, nel territorio tergestino (Zaccaria, 1992b, 155), e l'epigrafe in esame potrebbe riferirsi al consiglio del vicus o pagus di Aquae Gradatae presso S. Canziano.43 La hasta pura faceva parte dei doni militari; il termine viene spiegato da Servio (ad Aen. VI 760): "id est sine ferro: nam hoc fuit praemium apud maiores eius qui tunc primum vicisset in proelio, sicut Varro in libris de gente populi Romani" (DizEp. III, 652, s. v. Hasta pura; Maxfield, 1981, 84 ss.). Nel periodo imperiale, i dona militaría venivano distribuiti in base al grado. La hasta pura e un'onorificenza concessa ai militari di un grado pari o superiore al tribunus militum e, fra quelli di grado inferiore, a coloro che servivano nella guardia. Perso-naggi di rango equestre che avevano la carica di tribu-nus militum, ricevevano una hasta e una corona, quelli con una carica non superiore al praefectus alae, una hasta, una corona e un vexillum. I premi per i membri dell'ordine senatorio partivano invece da due hastae, corone e vexilla (DizEp. II, 2067 s., s. v. Dona; Maxfield, 1981, 110 ss.). L'ultimo caso ¡n cu¡ un semplice miles gregarias ottenne una hasta, fu durante la campagna ¡n Africa contro Tacfarinas (18 d.C.), quando M. Helvius Rufus fu decorato con un torques e una hasta per aver salvato la vita di un cittadino romano (Maxfield, 1981, 65). In alcune occasioni i dona venivano concessi a persone senza grado militare: oltre agli esempi eccezionali di meriti in caso di cospirazioni contro il potere costi-tuito (Maxfield, 1981, 110 s.), si suppone che talvolta simili riconoscimenti potevano essere motivati da atti di lealta durante le lotte civili (Maxfield, 1981, 111 s.), da servigi svolti nei confronti dell'imperatore (Maxfield, 1981, 114) o dal compimento di opere o rifornimenti utili alle azioni militari (Maxfield, 1981, 114, 121). Nel complesso, il personaggio menzionato nell'iscri-zione appare dunque come una figura eminente nella vita politica aquileiese, premiata anche a livello ufficia-le, con la quale ben si accorda un monumento funerario di tenore elevato, come un'edicola su podio con un sof-fitto a lacunari molto elaborati. Datazione: Prima meta del I sec. d.C. 6. Iscrizione funeraria frammentaria Notizie storiche: Rinvenuta nel 1762 nello scavo eseguito dal conte Gherardi ai piedi del colle Zochet (cfr. Gregorutti, 1890-92, 22, secondo una scheda di G. G. Liruti), l'epigrafe43 fu conservata nella sua casa di Ronchi dei Legionari;44 gia verso la fine dell'Ottocento essa risulta dispersa (Gregorutti, 1890-92, 22). Il Gregorutti riporta - e nega - la voce secondo cui l'iscrizione sarebbe stata trovata presso la Rocca di Monfalcone. Bibliografía: CIL V, 1110; CIL V, 1025, ad. n. 1110; Gregorutti, 1890-92, 22; Panciera, 1970, 96 s. Trascrizione fac simile: Q • AVILIO PHANETIS [—] L • M • IN • F •P • XXX • IN -AG •P • LXX (Panciera, 1970, 96 s., secondo un manoscritto di G. Asquini) 42 II Mommsen riteneva invece che queste epigrafi accennassero alia nomina dei praefecti iure dicundo, sostituti dei magistrati ordinari, da parte dei decurioni iurati, che avevano cioé prestato giuramento (SI I, 224). 43 Cfr. Degrassi, 1962, 803 s.: "Dovremmo ritenere che L. Vibio, prima di entrare nella curia aquileiese e diventare praefectus iure dicundo, avesse fatto parte del consiglio di una borgata sorta in quella regione. L'esistenza di un vicus nella zona di Ronchi, se anche non é comprovata da nessun documento, non puo ritenersi esclusa. Anzi, come mi scrive l'amico prof. Brusin, direttore del museo di Aquileia, Ronchi dovrebbe aver avuto numerosi abitatori nelleta romana, se tutte le pietre sepolcrali che furono impiegate nel ponte presso la localita provengono effettivamente da Ronchi o adiacenze. Possibile é anche che la pietra di Ronchi sia venuta dal vicino San Canziano d'Isonzo, dove l'esistenza di un vicus é attestata". Sul sito di San Canziano v. Mirabella Roberti, Tavano, 1977; Bertac-chi, 1979, 280 ss.; Ad Aquas Cradatas 1991; Maggi, 2003, 232 s. 44 Secondo il Cregorutti, che si basa sulle schede di C. C. Liruti, le due righe appartengono a due epigrafi diverse (Cregorutti, 1890-92, 22). C. Asquini le attribuisce rispettivamente ai lati sinistro e destro della stele di L. Vinisius Alexander (CIL V, 1460), anch'essa conservata per un periodo nella casa del conte Cherardi a Ronchi (cfr. Panciera, 1970, 96 s.). 44 Cfr. CIL V, 1110 (secondo un manoscritto del Pirona, basatosi su una scheda mutila di C. C. Liruti); Cregorutti, 1890-92, 22 (secondo una scheda del Liruti); Panciera, 1970, 96 s. (secondo un manoscritto di C. Asquini). AVLIO PHANETIS////// L ' M * IN * F • P * XXX * IN * AG « P ■ LXX (CIL V, 1110, da un manoscritto del Pirona che si basa a sua volta su una scheda mutila del Liruti) Q_ AV ÏO PH ANE TIS • L L * MIN P-XXX IN AG • P * LXX (CIL V, 1025, ad. n. 1110, secondo una scheda anónima raccolta dal Maionica) Testo: Q(uinto) Avilio Phanetis l(iberto) [---] l(ocus) m(onumenti) in f(ronte) p(edum) (triginta) in ag(ro) p(edum) (septuaginta). Commento: Il testo originale della prima riga, la quale era comunque frammentaria (cfr. CIL V, 1110), e tramandato con diverse varianti e non puo più essere ri-costruito con sicurezza. Il monumento potrebbe essere stato destinato allo schiavo affrancato da un altro liberto, ossia ad un Q. Avilius (o Aulius) liberto di Q. Avilius (o Aulius) Phanes; in questo caso, il patronato sarebbe stato indicato con il cognomen del padrone, mentre il cognomen del personaggio in questione doveva essere menzionato nella parte mancante, sul margine destro dell'epigrafe. Ad Aquileia, si hanno quattro attestazioni del gentilizio Avilius e cinque del gentilizio Aulius, nes-suna con il praenomen Quintus. Il cognomen Phanes non e testimoniato, mentre il grecanico Diophanes compare alcune volte nelle iscrizioni di Roma (Solin, 2003, 44); non vi sono invece altre testimonianze ad Aquileia. E comunque probabile che il monumento funerario era destinato anche ad altri personaggi. L'area sepolcrale di 30x70 piedi (ca. 9x21 m), e di dimensioni considere-voli; la sua superficie di 2100 piedi quadrati rientra fra quelle maggiori attestate in ambito aquileiese (Calderini, 1930, 440 s.). Aree con fronti di 30 piedi presentano, più spesso, una profondita di 30 o 40 piedi (Calderini, 1930, 440). Dalla zona sud-occidentale di Ronchi proviene inoltre l'iscrizione CIL V, 1478, con l'indicazione di un recinto di addirittura 160x300 piedi, il più ampio in ambito aquileiese (Gregorutti, 1890-92, 146) e a San Canziano sono stati rinvenuti dei cippi con menzione di aree 70x110 piedi (CIL V, 1208; CIL V, 1026, ad n. 1208; Zaccaria, 1991b, 51 s., n. 11) e di 250 piedi verso la campagna (Zaccaria, 1991b, 57, n. 19); altre grandi pedature sono attestate presso Monfalcone (CIL V, 1414: 60x122 piedi), a Terzo (CIL V, 1480: 120x120 piedi) e alla Colombara (CIL V, 1060: 90x102 piedi). Questi re-cinti di dimensioni eccezionali sono stati messi in rela-zione con la presenza - in queste zone - di grandi proprieta terriere (Bertacchi, 1979, 282); essi potrebbero pero anche "essere la conseguenza del basso costo dei ter-reni in aree lontane dalla citta" (Zaccaria, 1991b, 52, n. 11; v. anche 59). Datazione: non determinabile. 7. Iscrizione funeraria frammentaria Notizie storiche: Il pezzo e stato probabilmente rin-venuto nello scavo eseguito nel 1762 dal conte Gherardi ai piedi del colle Zochet;45 fu poi conservato nella sua casa di Ronchi dei Legionari.46 Verso la fine dell'Ot-tocento l'epigrafe risulta dispersa (Gregorutti, 1890-92, 22). Il Gregorutti nega la voce secondo cui l'iscrizione sarebbe stata ritrovata a Monfalcone (come si riporta in CIL V, 8323, in cui ci si basa su una scheda anonima raccolta a Buttrio dal Maionica); secondo G. Asquini es-sa proviene invece da Aquileia.47 Bibliografia: CIL V, 8323; Gregorutti, 1890-92, 22; Panciera, 1970, 108; IA, 744. Trascrizione fac simile: ACASTI * L ■ FAVSTI ■ L - (CIL V, 8323) Testo: [---], Acasti l(iberti?), Fausti Kiberti?), [---] Commento: Se la trascrizione e corretta, si potrebbe trattare di un più lungo elenco di liberti, manomessi dallo stesso padrone, il cui praenomen e gentilizio erano menzionati nel primo dei personaggi enumerati. Seguiva verosimilmente l'indicazione dell'ampiezza dell'area destinata ad accogliere le sepolture di questo gruppo di liberti. Il grecanico Acastus e attestato come nome di schia-vi e cognomen di liberti a Roma (Solin, 2003, 497 s.), come anche ad Aquileia (6 attestazioni). Il nome be-neaugurante Faustus - utilizzato in epoca repubblicana 45 Cfr. Gregorutti, 1890-92, 22 (secondo una scheda del Liruti); IA, 744 (secondo un manoscritto conservato nella Biblioteca Civica di Udine). 46 Cfr. Gregorutti, 1890-92 (secondo una scheda del Liruti), 22. 47 Cfr. Panciera, 1970, 108 (da un manoscritto dell'Asquini). anche come praenomen (Kajanto, 1982, 41) - e impie-gato molto frequentemente come cognomen sia da in-genui sia da liberti e come nome di schiavi (Kajanto, 1982, 29, 72 s., 134, 272; Solin, 1996, 82 ss.); vi sono numerose attestazioni ad Aquileia (24). Datazione: non determinabile. 8. Tre frammenti di iscrizione funeraria Notizie storiche: I tre frammenti sono stati rinvenuti nel sito del "ponte" di Ronchi, in occasione della costru-zione della "Ferrovia Meridionale" nel 1860 (Kandler, 1969-70, 129; CIL V, 8453; Gregorutti, 1890-92, 25) e sono in seguito andati dispersi. Bibliografia: Kandler, 1969-70, 129; CIL V, 8453; Gregorutti, 1890-92, 25. Trascrizione fac simile: a) ------ [—] SATVRNINO [---] b) [—] IN • FRONTE [—] c) IN • AGRO • XIII. Testo: a) ...... [—] Saturnino [—] b) [L(ocus) m(onumenti)] in fronte [p(edum) ---] c) in agro Xlll. Commento: Si tratta di tre frammenti appartenenti a un'unica iscrizione funeraria, con indicazione di peda-tura, pertinente al monumentum di un Saturninas, e for-se anche di altri personaggi. L'area del recinto e profonda 13 piedi (ca. 3,90 m), una misura ridotta e piuttosto insolita, attestata soltanto in un'altra iscrizione della Bacchina, in cui manca nuovamente la dimensione della fronte (Calderini, 1930, 441). Il cognomen Saturninas e molto diffuso sia fra inge-nui sia fra liberti sia come idionimo di schiavi (Kajanto, 1982, 30, 54; Solin, 1996, 25 s.). Ad Aquileia vi sono 15 attestazioni, di cui 10 sicure, che vanno dalla prima meta del I sec. al ll-lll sec. d.C., in connessione con di-versi gentilizi; e dunque impossibile proporre un'identi-ficazione. Datazione: non determinabile. 9. Iscrizione tramandata in maniera frammentaria Notizie storiche: Attorno al 1770 fu rinvenuta nello scavo, eseguito da F. Toscano nel campo di sua proprieta, nei pressi dell'incrocio delle strade per Verme-gliano e Selz, un'epigrafe che fu venduta ad uno scal-pellino di Gradisca di nome Giuliani. Dell'iscrizione si ricorda un solo vocabolo (Del Ben, 2001, 154; Kandler, 1869-70, 128; CIL V, 8561; Gregorutti, 1890-92, 23), probabilmente incompleto. Bibliografia: Del Ben, 2001, 154; Kandler, 1869-70, 128; CIL V, 8561; Gregorutti, 1890-92, 23. Trascrizione fac simile: [---]NOREi[---] (Del Ben, 2001, 143, 154) [—]NORAE[—] (Kandler, 1869-70, 128; CIL V, 8561) [—] NORE[—] (Gregorutti, 1890-92, 23) Commento: ll testo viene riportato per la prima volta da G. F. Del Ben, erudito friulano della seconda meta del Settecento, "secondo la testimonianza di persone degne di fede" che avevano visto il pezzo (Del Ben, 2001, 143, 154), e viene poi tramandato con adatta-menti dal Kandler (su cui si basa la trascrizione nel C/L) e dal Gregorutti. La prima trascrizione non appare né completa né corretta48 e un'integrazione dell'epigrafe risulta ora difficile e poco sensata; in considerazione delle diverse possibilita di errore, si possono proporre le seguenti integrazioni: [Ho]noriae,49 [G]noriae,50 Nori-ae,51 [Mi]noreiae,52 Noreiae.53 Datazione: non determinabile. 48 Incolmabile risulta infatti "NOREAE" riportato dal Del Ben. In generale, le trascrizioni fornite da C. F. Del Ben sono da considerarsi poco attendibili; nel caso delle epigrafi che ancora si conservano, si possono infatti appurare molteplici inesattezze (v. ad esempio le iscrizioni di L. Titius Graptus e L. Vinisius Alexander riportate in Del Ben, 2001, 142 s., 154). 49 Centlizio o cognomen (cfr. Solin, Salomies, 1994, 94, 343) attestato ad Aquileia in un'iscrizione tarda (¡A, 3166). 50 Centilizio (Solin, Salomies, 1994, 88) non attestato ad Aquileia. 51 Centilizio (Solin, Salomies, 1994, 128) non attestato ad Aquileia. 52 Centilizio (Solin, Salomies, 1994, 120) non attestato ad Aquileia. 53 Idionimo o cognomen (Solin, Salomies, 1994, 369) non attestato ad Aquileia. 10. Blocco pertinente ad un'ara funeraria con cornice a girali d'acanto Fig. 6: Blocco pertinente ad un'ara funeraria con comice a girali d'acanto. Sl. 6: Blok, pripadajoč nagrobnemu žrtveniku, uokvirjenemu z akantovim vitičjem. Notizie storiche: II blocco era messo in opera alla base del pilastro settentrionale dell'arco dell'abside della vecchia chiesa di S. Poletto di Monfalcone, distrutta nella Prima Guerra Mondiale,54 e - data la vicinanza del sito - e possibile provenisse dagli scavi del "ponte" di Ronchi.55 Attualmente il pezzo risulta disperso. Bibliografía: Maionica 1880, p. 2, nt. 3; Gnirs 1912, p. 219, fig. 2. Materiale: Calcare (Maionica, 1880, 2, nt. 3; Gnirs, 1912, 219). Dimensioni: H 100; largh. 50 (Maionica, 1880, 2, nt. 3; Gnirs, 1912, 219). Stato di conservazione: Il blocco appartiene ad un'ara, la quale e probabilmente stata segata in più pez-zi; l'elemento, che si conservava fino all'inizio del Nove-cento, presentava lo spigolo destro sbrecciato inferior-mente. Il ritratto femminile era mancante del naso e del mento. Descrizione: Il blocco parallelepipedo va riferito ad un'ara funeraria con incorniciatura a girali d'acanto, di cui forma la porzione sinistra di una faccia; nella foto pubblicata da A. Gnirs, non e visibile la parte inferiore del blocco, che era probabilmente coperta dalla pavi-mentazione della chiesa. Della cornice a girali, delimi-tata da un listello piatto, rimane dunque visibile buona parte del fregio verticale sinistro e del fregio orizzontale superiore. Si distingue chiaramente l'andamento curvilineo del fusto principale coperto da foglie d'acanto ap-pena accennate, da cui si dipartono più sottili steli che formano girali e controgirali desinenti nel loro occhio in fiori di diversa forma, e piccoli germogli provvisti di boccioli; il secondo girale visibile dal basso appare chiaramente distanziato dagli altri girali e costituisce verosimilmente l'elemento centrale del fregio verticale. Prose-guendo nella cornice superiore del blocco, il fusto si av-volge in un'ultima voluta per terminare in una foglia d'acanto a cinque lobi, a cui si affianca, quale elemento centrale, una palmetta capovolta a sette lobi. Il campo cosi delimitato e profilato da una semplice cornice (gola rovescia, listello piatto) e presenta, nella parte superiore, una nicchia quadrangolare poco profonda, con un mezzobusto femminile dalla resa piuttosto goffa. La figura, rivolta di tre quarti verso sinistra, e rap-presentata con tunica e palla che copre la spalla sinistra; le spalle sono cadenti e il collo e rigido e voluminoso. Bocca, naso e occhi si concentrano nella parte centrale del piccolo viso, la cui fronte e solcata da una lunga ruga orizzontale. La massa uniforme della capigliatura liscia (annodata presumibilmente dietro alla nuca) si dispone, simile ad una cuffia, ai lati di una scriminatura centrale, e rigonfiandosi sui lati, lascia scoperto l'orecchio destro. Sotto alla nicchia il campo si presenta liscio. Commento: Il blocco va senza dubbio messo in rela-zione con la tipologia delle are funerarie pulvinate con cornice a girali d'acanto, il cui più antico esempio, urbano, e databile all'epoca tiberiana. Il periodo di mas-sima diffusione di questo tipo di altari funerari va dall'eta claudia a quella flavia.56 Nell'Italia settentrionale si conoscono dieci esemplari, di cui otto prove-nienti dalla X Regio; aquileiesi sono cinque are, due di epoca claudia e tre del terzo quarto del I sec. d.C. (Dexheimer, 1998, 12 e nn. cat. 39, 107-110). 54 II pezzo si intravede anche in una foto d'archivio della chiesa pubblicata da Domini, 1993, 44; si dispone inoltre di uno schizzo di P. Stagni, al legato a Del Ben, 2001, 329. 55 Cfr. Maionica, 1880, 2. Il pezzo dovrebbe essere stato rinvenuto verso la fine del Cinquecento, quando fu costruita l'abside della chiesa (per la chiesa di San Poletto, v. Domini, 1993, 41). 56 Per un inquadramento della tipologia, v. Ortalli, 1978; Boschung, 1987, 32 s.; Dexheimer, 1998, 12. Per un esemplare conservato a Spalato, v. Verzár-Bass, 1985, 194 s., figg. 7 e 8. Sulla diffusione di questo tipo di altare in Callia, v. Sauron, 1983, 59 ss. La faccia anteriore di questo tipo di altari e di solito destinata esclusivamente all'iscrizione, incorniciata dal fregio a girali; in molti casi, anche le facce laterali sono profilate dalla stessa cornice, e sono spesso decorate da alberi di alloro o strumenti sacrificali (Boschung, 1987, 32). Negli esemplari aquileiesi i campi delle facce late-rali sono ornati da diversi motivi (candelabri, un leone che si avventa su un albero, Attis) e in un caso sono lisci (Dexheimer, 1998, nn. cat. 39, 107-1 10). Assolutamente rara e, in questa tipologia, la presenza dei ritratti dei defunti. In un esemplare urbano, quello di lulia Victorina di epoca neroniana-flavia, lo specchio epigrafico della faccia anteriore e decorato nella parte superiore da un busto-ritratto della defunta assimilata a Luna con la crescente, mentre un altro ritratto con la corona radiata, dunque con assimiliazione a Sol, e inserito nel campo della faccia posteriore. I lati - non profilati -sono decorati da alberi di alloro (Boschung, 1987, n. cat. 918). Un altro altare con cornice a girali provvisto di ri-tratto, e quello di Naevoleia Tyche e C. Munatius Fau-stus, augustalis a cui era stato conferito il honor bisellii, nella necropoli di Porta Ercolano a Pompei (databile at-torno al 60 d.C.). Qui, la cornice a girali superiore della faccia anteriore si interrompe al centro per l'inserimento di un riquadro a guisa di finestra, con il mezzobusto-ritratto della defunta Naevoleia Tyche; il campo delimi-tato dal fregio a girali e suddiviso in due fascie, quella superiore porta l'iscrizione, quella inferiore reca la rap-presentazione di una scena di sportula (distribuzione di grano). Nelle facce laterali profilate, sono raffigurati un bisellium e una nave commerciale (Kockel, 1983, 104 ss.). Nel complesso degli altari funerari urbani, busti-ritratto compaiono sia nel timpano del coronamento sia sul corpo, solitamente nella faccia anteriore, di are fune-rarie semplici ("Grundform"), a ghirlande, a colonne e a pilastri (Boschung, 1987, 48); si distingue inoltre un gruppo a sé stante di altari (databili tra l'epoca augustea e la meta del II sec. d.C.), in cui la faccia anteriore e sempre provvista di busti-ritratto, che generalmente sono posti al di sopra dello specchio epigrafico; i busti sono inseriti all'interno di clipei, conchiglie, lievi concavita circolari oppure all'interno di profonde nicchie rettan-golari (Boschung, 1987, 34; Kleiner, 1987). Nell'Italia settentrionale si hanno solo nove esempi, sette aquileiesi, in cui i defunti sono ritratti a figura intera sulle facce laterali di altari di diverse tipologie (Dexheimer, 1998, 24 ss.), mentre non vi sono attestati i busti. Il pezzo in esame si discosta dunque nettamente da- gl¡ altari funerari aquileiesi, per la presenza della nicchia con il busto-ritratto della defunta, che si puo spiegare o con l'adozione di un modello urbano/centro-italico o con una contaminazione con altre tipologie monumentali come le stele cisalpine con ritratto entro nicchia, attestate dalla fine del I sec. a.C. (Chiesa, 1953-54, 74; Pflug, 1989, 82 s.; Compostella, 1996, 36 ss.), le quali di per sé costituiscono comunque un adattamento locale del modello urbano-campano dei rilievi a cassetta, inseriti in edifici sepolcrali e diffusi tra la tarda Repubblica e l'inizio dell'Impero.57 Una tipologia nata dalla contaminazione tra l'altare e la stele iconica cisalpina e testimo-niata ad Este, fin dall'epoca augustea: l'esemplare più raffinato e la stele-ara, di ridotta profondita, destinata a C. Plotius e Vettia Secunda, con i busti-ritratto dei defunti entro una nicchia rettangolare (Pflug, 1989, 250, n. cat. 137, tav. 35.2; Compostella, 1996, 48 s., 254, fig. 103). Considerando gli elementi centrali che scandiscono il fregio a girali (la palmetta capovolta nella cornice superiore e il girale distaccato nella cornice laterale), e possibile calcolare l'ampiezza delle parti mancanti del blocco, che ammontano a ca. 36 cm nella larghezza e a ca. 37 cm nell'altezza e implicano un'altezza totale di 137 cm e una larghezza di 86 cm. Si puo dunque pre-supporre che la nicchia con il mezzo-busto fosse di forma pressappoco quadrata e fosse destinata unicamente al ritratto femminile. Nonostante l'assenza di tracce relative all'iscrizione, si deve supporre che la faccia, di cui e rimasta testimonianza, fosse quella anteriore,58 e non e escluso l'iscrizione funeraria si trovasse nella parte inferiore dello specchio epigrafico, non visibile nella foto che ci e rimasta. Base e coronamento dell'altare dove-vano essere lavorati separatamente. Indicazioni utili per la cronologia del pezzo si possono trarre sia dall'analisi stilistica della sezione ornamentale sia da quella del ritratto. Il confronto più strin-gente per la cornice a girali viene dall'ara aquileiese della stessa tipologia, la quale fornisce un'indicazione cronologica certa, poiché e dedicata a Secundus, schia-vo dell'imperatore Claudio.59 Nell'Italia settentrionale, il modo di rappresentazione del mezzobusto limitato al petto, senza indicazione delle braccia, e particolarmente diffuso nel secondo quarto del I sec. d.C. (Pflug, 1989, 85). La semplicissima acconciatura a scriminatura centrale con bande laterali di capelli lisci, e ovviamente attestata in ambito urbano,60 nonché nell'Italia meridionale (Frenz, 1985, nn. cat. 65, 71; tav. 30.3-4), e appare diffusa - con numerase varianti - nell'Italia settentrionale, con una particolare 57 Cfr. soprattutto Pflug, 1989, 8 ss.; Verzár-Bass, 1997, 124 s. Sui rilievi a cassetta v. Zanker, 1975; Frenz, 1977; Frenz, 1985; Kockel, 1993. 58 Poco probabile appare infatti che le facce laterali dell ara fossero provviste di due ritratti speculari entro nicchia, data la ridotta visibilité del busto, incassato nella nicchia. 59 Dexheimer, 1998, n. cat. 107; Lettich, 2003, n. 153. Sullevoluzione stilistica dei fregi a girali v. Schörner, 1995. 60 Cfr. alcuni esempi in Zanker, 1975, 285 ss., figg. 17, 38. Secondo un modello greco tardo-classico, i capelli divisi in due bande e an-nodati dietro alla nuca si presentano pero più frequentemente ondulati, cfr. Kockel, 1993, 36, 46. concentrazione nel secondo quarto del I sec. d.C. (Pola-schek, 1972; Pflug 1989, 15): si vedano, ad esempio, i ritratti delle defunte dell'edicola dei Volumnii di Padova inquadrabile in eta augustea (Ghedini, 1980, 104 ss., n. cat. 42) e della stele patavina di Maxsuma datata ai primi decenni del I sec. d.C. (Ghedini, 1980, 100, n. cat. 40), le figure femminili rappresentate sui fianchi di una stele a edicola centinata atestina di epoca claudia (Pflug, 1989, 248 s., n. cat. 232, tav. 34.1-3; Compostella, 1996, 287 s., nt. 139, figg. 129. a-b), nonche il ritratto di una giovane donna della stele dedicata da M. Cespius Optatus di Oderzo del periodo giulio-claudia (Baggio et al. 1976, 26 ss., n. cat. 6). Per la resa della profonda ruga orizzontale e possibile un confronto con una testa maschile di Padova, attribuito all'epoca tiberiana (Ghedini, 1980, 74, n. cat. 30). In considerazione di tutti questi elementi, il pezzo in esame deve essere attribuito all'epoca claudia. Datazione: Epoca claudia. 11. Blocco decorato a rilievo con rappresentazione figurata Luogo di conservazione: Muro di recinzione della canonica di S. Lorenzo e la casa delle ACLI a Ronchi dei Legionari. Notizie storiche: Non sono state rintracciate infor-mazioni precise sulla provenienza del pezzo. Negli anni Quaranta, il blocco decorato a rilievo - gia murato nella recinzione della canonica di S. Lorenzo e la casa delle ACLI - sarebbe stato visto dal Brusin e giudicato appar-tenente ad un'abitazione del I sec. d.C. (Domini, 1998, 20 s.). Secondo L. Bertacchi, esso proviene dagli scavi del "ponte" (per lei acquedotto) di Ronchi, nella cui struttura il pezzo sarebbe stato reimpiegato (Bertacchi, 1979, 279). Bibliografia: Bertacchi 1979, p. 279, fig. 15, Domini 1998, pp. 20 s. Materiale: Calcare. Fig. 7: Blocco decorato a rilievo con rappresentazione fiurata (Muro di recinzione della canonica di S. Lorenzo e la casa delle ACLI a Ronchi dei Legionari). Sl. 7: Blok, reliefno okrašen z likovno upodobitvijo (Obzidje župnišča sv. Lovrenca v Ronkah). Dimensioni: H 119; largh. 52; prof. 80; sp. rilievo. Stato di conservazione: Il pezzo si presenta incompleto e rilavorato in pi~ occasioni e versa in un pessimo stato di conservazione. Un lato, probabilmente identificarle con quello anteriore, e caratterizzato da una de-corazione a rilievo fortemente logorata dall'erosione; es-sa si presenta frammentaria su entrambi i lati. La faccia superiore del concio e piatta e liscia e mostra anch'essa evidenti tracce di erosione. Il fianco sinistro, solo lievemente eroso, e caratterizzato da una sporgenza, situata presso la sommita (verso il lato posteriore del pezzo) e da due fori di forma pres-sappoco quadrata, posti nell'angolo sinistro inferiore, che possono essere messi in relazione con la fase, in cui l'elemento fu reimpiegato nella struttura del "ponte": il dente presso la sommita del blocco potrebbe costituire il residuo di una calettatura, mentre i fori formavano cer-tamente l'alloggiamento di perni o grappe. Questo lato e stato anche in seguito rilavorato, quando il blocco e stato messo in opera nel muro di recinzione, dove at-tualmente si conserva.61 La superficie del lato posteriore e consumata dall'erosione presso la sua sommita, mentre inferior-mente essa e stata rilavorata,62 quando il concio e stato inserito nella recente muratura.63 A questo secondo reimpiego del blocco, va probabilmente riferita anche la lavorazione a scalpello del fianco destro. Descrizione: Lo stato di conservazione frammentario del pezzo e il suo degrado avanzato impediscono di individuarne chiaramente la tipologia monumentale e il soggetto raffigurato. Si tratta comunque di un blocco di forma pressappoco parallelepipeda di notevole profondita (80 cm). Del rilievo della faccia anteriore si ricono-sce una figura antropomorfa rappresentata di tre quarti verso destra, con il braccio sinistro sollevato e piegato, nell'atto di sorreggere un elemento di forma allungata non identificabile (un doppio flauto"). Le gambe sono divaricate, quella anteriore e piegata; nella parte inferiore esse sono caratterizzate da un incavo di forma allungata ("). I piedi non sono visibili, erano forse rivolti verso l'esterno. Lo spessore del rilievo e elevato, nonostante la forte consunzione provocata dall'erosione. Commento: Il blocco e stato evidentemente rilavorato in più occasioni. Questa circostanza, unita al degrado avanzato, rende difficile l'identificazione del tipo di monumento a cui deve essere riferito il pezzo. Si puo forse supporre che il pezzo fosse pertinente ad un'ara. L'identificazione della figura rappresentata con Priapo, proposta da L. Bertacchi (Bertacchi, 1979, 279), rimane incerta e non appare possibile formulare altre ipotesi interpretative. Nulla si puo dire dello stile del rilievo, completamente offuscato dal degrado. Datazione: Non determinabile. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Nel complesso del materiale si e visto che i pezzi databili possono tutti essere attribuiti alla prima meta del I sec. d.C. e che molte delle epigrafi sepolcrali appar-tengono a famiglie di liberti, altrove note per la loro vi-vacita nelle attivita produttive. Degna di nota appare l'iscrizione dedicata dal liberto imperiale C. Iulius Linus al defunto figlio Ti. Iulius Viator, che ebbe modo di svolgere importanti cariche militari, nonché il quattuor-virato ad Aquileia (cfr. n. cat. 2). Da rilevare e inoltre la presenza di due esponenti del ceto dirigente aquileiese, un nobile locale appartenente alla famiglia dei Vibii e la famiglia certamente facoltosa dei Tossii, proveniente dall'area centro-italica e quasi assente nelle testimo-nianze epigrafiche aquileiesi, i cui titoli sepolcrali devo-no essere riferiti a ragguardevoli monumenti funerari a carattere architettonico databili alla primissima epoca imperiale, nella fattispecie ad un edificio a tamburo e ad un'edicola su podio (cfr. nn. cat. 1 e 5). Un documento tipologicamente molto significativo e inoltre costituito dall'ara funeraria con cornice a girali (cfr. n. cat. 10) che, per la presenza della nicchia con mezzo-busto, rappresenta sostanzialmente un unicum, non soltanto nel repertorio tipologico delle are funerarie aquileiesi. Riguardo alla collocazione originaria dei monumenti funerari spoliati e reimpiegati nel "ponte", si ricorda che a Ronchi e nelle sue immediate vicinanze sono stati rin-venuti molti resti pertinenti a tombe romane.6 Non sem-bra dunque improbabile che i pezzi provenissero dalle zone adiacenti al "ponte".65 In quest'area, lontana dal 61 Nella sua porzione superiore, un'ampia fascia é stata nuovamente scalpellata, per l'inserimento di una grata metallica. 62 La parte inferiore di questo lato é lavorata a gradina ed é ricavato a scalpello un riquadro lievemente approfondito. 63 Si tratta certamente di interventi post-antichi, poiché intaccano le superfici giá levigate dall'erosione. Essi erano funzionali ad un muro divisorio, ora abolito, che divideva il cortile della canonica da quello della casa ACLI. 64 V. la tomba del "Cassonat", presso la "Braida Dottori" a Ronchi dei Legionari, con un'iscrizione funeraria di epoca dioclezianea (CIL V 1478) e un'anfora adibita ad ossuario, coperta da una ciotola (Cregorutti, 1890-92, 149 s.). Numerosi sono i ritrovamenti nei pressi di Dobbia: nel 1791 venne trovata tra S. Canziano e Dobbia la tomba di un Eusebius, con urna cineraria e corredo di monili e cucchiai d'argento (Del Ben, 2001, 253 s.; Berini, 1826, 20; Cregorutti, 1890-92, 147 s.; Brusin, 1931, 162, fig. 28; Bertacchi, 1979, 283 s.); vicino a Dobbia furono anche rinvenuti sarcofagi, anfore, ossuari, una spada di ferro e monete (Cregorutti, 1890-92, 149). Per i resti di S. Canziano v. Mirabella Roberti, Tavano, 1977; Bertacchi, 1979, 280 ss.; Ad Aquas Cradatas 1991; Maggi, 2003, 232 s. 65 Data la prossimitá del Carso e delle sue cave, era inoltre certamente svantaggioso trasportare i materiali da reimpiegare da zone piu lontane. centro di Aquileia, la presenza sparsa di monumenti fu-nerari, lungo le principali direttrici di comunicazione, puo essere messa in relazione con l'esistenza di ville individuate sia a Ronchi sia a Monfalcone sia nel comune di Duino Aurisina66 e che appaiono inoltre attestate dalla toponomastica67 e da tracce di centuriazione (Prenc, 2002, tavv. 31, 32, 38, 39). Queste ville possono essere connesse ad attivita legate all'agricoltura, alla produzione fittile, all'allevamento di ovini e alla lavora-zione della lana, all'itticoltura, allo stoccaggio e allo smistamento di merci giunte via mare, allo sfruttamento delle cave di Aurisina (Degrassi, 2001), nonché - per quanto riguarda in particolare le aree contigue al "ponte" - allo sfruttamento delle vicinissime cave di Selz.68 Per quel che attiene i contesti indagati, essi sembrano aver avuto un periodo vitale tra la seconda meta del I sec. a.C. e il II sec. d.C., con un progressivo abbandono tra il II e il IV sec. (Degrassi, 2001, 28); in linea generale si puo dunque osservare che il periodo di espansione e stabilita edilizia della zona si accorda con la cronologia dei pezzi in esame, mentre la successiva fase di abbandono potrebbe fornire una spiegazione per la loro spo-liazione ai fini del reimpiego nel "ponte". Per quanto riguarda i recinti di ampie dimensioni, pertinenti a famiglie di liberti, una loro dislocazione in quest'area distante dal centro, potrebbe inoltre essere giustificata da un costo certamente piu basso dei terreni (Zaccaria, 1991b, 52, n. 11; 59). Per i monumenti funera-ri a carattere architettonico, improntati a una volonta di autorappresentazione molto marcata, come il monu-mentum di L. Vibius o quello dei Tossii, appare invece molto probabile una connessione con il fundus di una villa della zona. Per la figura di L. Vibius, il legame con il territorio e inoltre testimoniato dalla menzione della carica di lectus iuratorum se[nt(entia)], che fa riferimento al consiglio di un vicus o di un pagus, in cui si puo forse ri-conoscere il vicus di Aquae Gradatae presso S. Canzia- no. I due monumenti di Ronchi, a edicola e a tamburo, potrebbero dunque essere inseriti nella serie di testimo-nianze riferibili alla particolare associazione villa - mausoleo, sviluppata sul modello orientale, prima persiano e poi ellenistico, che prevedeva l'accorpamento del sepol-cro del sovrano all'interno dell'area della sua residenza (v. soprattutto Waurick, 1973; Coarelli, Thebert, 1988; Verzár-Bass, 1995; 1998; Bodel, 1997). In ambito romano, centro-italico e campano, tale modello e stato imitato da numerosi personaggi, dalla fine del II sec., e in particolare nel corso del I sec. a.C.69 Il fenomeno, legato alla posizione di rilievo del fundus, si colloca infatti soprattutto nel contesto della tarda Repubblica e del primo Impero e scompare sostanzialmente in Italia nel periodo della crisi agraria del II e III sec. d.C., per ritornare in auge solo in epoca tardo-antica, nell'ambito delle residenze imperiali, non come continuazione della tradizione tar-do-repubblicana/primo-imperiale, ma nuovamente sotto l'impulso della volonta di emulazione dei sovrani elleni-stici. Alcuni casi accertati dell'associazione villa - mausoleo sono noti nella Regio VIII e sono stati messi in relazione con l'insediamento di veterani, ad esempio, il mausoleo dei Vettidii vicino a Parma, la tomba di C. Baebius, praefectus orae maritimae di Ottaviano, nell'en-troterra di Forlï e il sepolcro presso Fiumana di Purtisius Atinas, collegabile all'entourage di Augusto.70 Per quanto riguarda la Regio X, si dispone invece ancora di dati incompleti e incerti; va comunque sottolineato che proprio gli edifici funerari aquileiesi di maggior pregio, come il monumentum del Navarca di Cavenzano71 o il Grande Mausoleo di Roncolon,72 che si contrappongono nettamente alle tombe sostanzialmente omogenee ed egalitarie delle necropoli del suburbio di Aquileia (Hope, 2001, 10, nt. 67), si collocano in aree lontane dal centro, situate lungo il percorso delle direttrici viarie extraurbane, e possono dunque anch'essi, probabilmente, essere messi in relazione con delle grandi proprieta terriere. 66 Per la villa di Ronchi dei Legionari v. Maselli Scotti, 1987a; Maselli Scotti, 1987b; Maselli Scotti, 1988; Maselli Scotti, Ventura, 1989; Maselli Scotti, Ventura, 1991; Maselli Scotti, 1993. Per il complesso di Staranzano, v. Scrinari, 1955; Bertacchi, 1979, 284, e per quello della Marcelliana, v. Pocar, 1892, 94; Bertacchi, 1979, 284; Degrassi, Ventura, 2001, 31. Sulle ville di Monfalcone e Duino Aurisina, affacciate sul Lacus Timavi, v. Degrassi, 2001; Degrassi, Ventura, 2001. 67 Il nome di Soleschiano é stato interpretato come toponimo prediale in anu da Sallustius. Cosí anche Staranzano pare derivare da Te-rentius, cfr. Desinan, 1983, 29, 31; Domini, 1998, 101. 68 Sebbene di centrale interesse per la ricostruzione dei processi di approvvigionamento di materiale lapideo della colonia di Aquileia, lo sfruttamento antico delle cave di Selz, ben piu vicine ad Aquileia di quelle di Aurisina, non é fino ad ora stato né approfondito né in-dagato. 69 Fra i numerosi esempi si citano solo i piu noti, come il Torrione di Micara - un sepolcro a tamburo - vicino a Tusculum attribuito a Lucullo, o un altro tamburo sulla Via Prenestina posto all'interno di un fondo che apparteneva verosimilmente a Lutazio Catulo, o il mausoleo di Pompeo Magno a Albano, la tomba di Cicerone a Formia, o ancora il monumento a tamburo di Cecilia Metella sulla Via Ardeatina o quello di Munazio Planco a Caeta. Per una discussione piu approfondita di questi complessi e per altri esempi centro-italici e nelle province, v. Verzár-Bass, 1995, 106 s. (con ampia bibliografia). 70 Per i rimandi bibliografici, v. Verzár-Bass, 1995, 107. 71 Su questo monumento eccezionale, di cui rimane la statua-ritratto in marmo greco, d'impostazione eroica, in proporzioni maggiori del vero, e un rostro di nave, v. soprattutto Santa Maria Scrinari, 1972, 28; Verzár-Bass, 1987, 112 ss.; 1997, 129. 72 Brusin, De Crassi, 1956; Santa Maria Scrinari, 1972, 194 s., fig. 605; Quaglino Palmucci, 1977, 165 ss.; Cavalieri Manasse, 1978, 78 ss., n. cat. 45; tavv. 18, 19; Stucchi, 1982, 229 ss.; Cros, 2001, 408, fig. 479. Sui problemi relativi alla ricostruzione del monumento v. von Sydow, 1977a, 308, nt. 257; Cros, 2001, 408. Seppure frammentario e lacunoso, il complesso del materiale reimpiegato nel "ponte" romano di Ronchi dei Legionari, che costituisce un contesto noto da tempo, ma spesso trascurato o addirittura ignorato dagli studiosi dei nostri giorni, si rivela dunque estremamente signifi- cativo e ricco di rilevanti implicazioni, a dimostrazione dell'importanza dello studio sistematico e della revisio-ne della documentazione relativa alle scoperte archeo-logiche del passato. NAGROBNI SPOMENIKI IZ RIMSKEGA "MOSTU" V RONKAH NA LAŠKEM: ANALIZA IN INTERPRETACIJA Katharina ZANIER Univerza na Primorskem, Znanstveno-raziskovalno središče Koper, Inštitut za dediščino Sredozemlja, SI-6000 Koper, Caribaldijeva 1 Univerza v Vidmu, Oddelek za zgodovino in varstvo kulturne dediščine, IT-33100 Udine, via Florio 2 e-mail: katharina.zanier@zrs.upr.si POVZETEK Prispevek nakazuje pomembnost proučevanja rekonstrukcije starejših kontekstov najdbe, kjer je velikokrat prihajalo do razkropitve ali celo izgube podatkov. To posebej velja za področja, kjer je sodobna urbanizacija privedla do popolnega izbrisa antičnih sledi. V primeru rimskega mostu iz Ronk, ki so ga študije antične topografije zanemarile ali celo ignorirale, obstaja le manjše število delcev manufakta, pridobljenih v večkratnih izkopih osemnajstega in devetnajstega stoletja, ter nekaj informacij s strani lokalnih proučevalcev tistega časa. Na tej podlagi se članek posveča analizi, interpretaciji in kontekstualizaciji ponovno uporabljenih materialov za rimski most in ima kot končni cilj rekonstrukcijo in revizijo kontekstov najdbe. Zaradi izjemne zapletenosti interpretacije mostu, le-ta na tem mestu ne bo obravnavana. Osrednja pozornost je v prispevku namenjena analizi napisov in dekoracije, ki po svojem izvoru pripadajo nagrobnim spomenikom. Študija je omogočila odkritje nekaterih zanimivih primerkov v kontekstu tipologije nagrobnih spomenikov: napis na konveksnem bloku sovpada z redko tipologijo nagrobnih arhitektur s kupolo (glej kat. št. 1), drugi epigraf pa je dokumentiran z risbo iz devetnajstega stoletja, ki se nanaša na na podiju stoječo kapelico s kasetiranim stropom, pri čemer imajo kasete izredno prefinjeno dekoracijo (glej kat. št. 5); vreden omembe je tudi primerek, ki pripada nagrobnemu oltarju z okvirjem okrašenim s spiralastim vitičjem v nenavadni kombinaciji z nišo z doprsno podobo (glej kat. št. 10). Večina epigrafov pripada družinam libertov. Omeniti pa je treba tudi prisotnost predstavnikov oglejskega vladajočega stanu: družine Tossi, ki izvira iz osrednje-italskega območja, sicer pa se redko pojavlja med napisi oglejskega okoliša, ter lokalni plemič iz družine Vibi. Prav v povezavi s slednjo osebnostjo se postavlja vprašanje izvorne postavitve oz. lokacije spomenikov, ki so bili ponovno uporabljeni za rimski most v Ronkah. Funkcija lectus iuratorum sententia L. Vibiusa se na primer nanaša na consilium kakega vicu-sa ali pagusa v bližnji okolici, v katerem bi utegnili prepoznati vicus Aquae Gradatae pri Škocjanu ob Soči (S.Canzian d'Isonzo). Tudi sicer je mogoče sklepati, da bi najdeni primerki utegnili izvirati iz prostora v neposredni okolici mostu, saj je tako v Ronkah kot v njegovi bližini bilo najdenih veliko ostankov, ki pripadajo rimskim grobovom. Na tem območju, ki je razmeroma oddaljeno od Ogleja, lahko prisotnost nagrobnih spomenikov ob glavnih prometnicah povezujemo s prisotnostjo vil, ki so jih odkrila arheološka raziskovanja in jih potrjujejo tako toponimika kakor sledovi rimske delitve ozemlja med ustanavljanjem kolonij. Ključne besede: rimski nagrobni spomeniki, latinska epigrafija, antična topografija BIBLIOGRAFIA Ad Aquas Gradatas (1991): Ad Aquas Gradatas: segni romani e paleocristiani a San Canzian d'Isonzo. San Canzian d'Isonzo, Consorzio Culturale del Monfalcone- se. AE (varie annate): L'année épigraphique: Revue des publications épigraphiques relatives à l'antiquité romaine. Paris. Alföldy, G. (1968): Die Hilfstruppen der römischen Provinz Germania Inferior. Epigraphische Studien, 6. Düsseldorf, Rheinland-Verlag. Asquini, B. (1741): Ragguaglio geografico-storico del territorio di Monfalcone nel Friuli. Udine, Murera. Baggio, E., De Min, M. & Ghedini, F. (1976): Sculture e mosaici romani del Museo Civivo di Oderzo. Treviso, Marton. Bandelli, G. (1983): Per una storia della classe dirigente di Aquileia repubblicana. In: Le "Bourgeoisies" municipales italiennes aux IIe et Ie siècles av. J.-C. Actes du Colloque, Centre Jean-Bérard, Institut français de Naples, 7-10 décembre 1981. 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