ANNO XXVIII. Capodistria, I Decembre 1894. N. 23 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1.° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno flor 3; trimestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d' interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti antecipati. Documenti per la conoscenza ielle cose Istriane. Il Podestà Capitano di Capodistria dà informazioni favorevolissime della nobile e benemerita famiglia Carli e particolarmente del Conte Stefano al posto di Console Veneto al Cairo. 1762 Capodistria1) Illustrissimi, et Eccellentissimi Signori Savj alla mercanzia, Signori Colendissimi Accompagno in copia a Vostre Eccellenze le giurate informazioni, che da questa Carica, giusta le Leggi, furono avvanzate all'Eccellentissimo Senato sopra la persona del Signor Conte Steffano Carli, che concorre al Consolato del Cairo, e baccio a cadauna di Vostre Eccellenze divotamente le mani. Capodistria li 13 settembre 1762 Orazio Dr'C Serenissimo Principe Il signor Conte Steffano Carli di Capodistria, che sull'instanza de due Capi del Consorzio dell'Egitto si | espose al concorso di quel Veneto Consolato, porse di core instanze a questa Carica onde in obbedienza delle pubbliche Leggi, avvanzi a Vostra Serenità quelle informazioni, che riguardano non solo la sua Famiglia, ma le qualità personali, e gli uffizii, ne' quali si è sin1 ora esercitato. Trovando giusto, e conveniente per ogni ragione, di dovere aderire alle honeste instanze del supplicante, dirò in primo luogo a Vostra Serenità discendere egli dalla benemerita famiglia Carli, che si distinse nel pubblico servizio tanto nella corte di Costantinopoli, quanto nelle altre Scale del Levante per avere li suoi maggiori sostenuto l'impiego di Pubblico Dragomano, segnalandosi in modo particolare il Conte Rinaldo, che copri l'importante Carica di Dragomano Grande alla Porta, il quale in tempo di guerra incontrò la crudel schiavitù nelle Sette Torri, con la perdita delle sostanze, e per adempiere alli doveri del tanto geloso suo Uffizio, dimostrò il suo costante zelo e la sua fede anche ne' pubblici Congressi di pace di Carlovitz Parovitz (sic), dove per commissione di Vostra Serenità fu con distinzione spedito. Questa famiglia è delle nobili di questa Città, e vive con lustro, e buona fama. Si distingue il Cavalier Conte Giovanni Rinaldo per lettere, e per la Commenda, che >) Venezia, Archivio di Stato. Collegio dei 5 Savi alla Mercanzia. Busta N. 573. sostiene, e la fabrica di Panni — nuovamente da esso eretta nella Contrada di Cerrè. Altro fratello Girolamo s'impiega nell'avvocatura a cotesta parte, e nell'uffizio di Fiscale dell'Eccellentissimo SignorJInquisitor alle arti. Fu in questi ultimi tempi arruoliate sotto le pubbliche Insegne il Conte Sebbastiano altro Fratello in figura di Cometa nel Regimento Reale delle Corazze. Il nome del supplicante Conte Steffano non si at-trova descritto debitore di Dazii, o altre pubbliche gravezze molto meno poi in Raspo. Delle di lui rare qualità personali, de suoi costumi, e moderazione di vita nell'ac-qristo fatto delle lingue orientali in Costantinopoli dove servì Vostra Serenità in figura di Giovane di lingua, e ddla Cognizione, che ha acquistata nella materia del ^ J^'jnmorcio, essendo stato impiegato nelle Imperiali Doga-ne arT:05TTmtrn(l7W""a1T(rn"prtztö de Bastimenti di Veneta Bandiera, che colà approdavano, ne fan ampia testimonianza gli onorevoli attestati degli Eccellentissimi Baili pro tempore, e le informazioni degli ultimi ritornati di Bailo, serea che io aggiunga di più nel proposito. Dirò altresì che il supplicante Conte Steffano sostiene attualmente il Carico di Sopraintendente ai Boschi di questa Irovincia, impiegandosi con tutta la probità e cognizioni e con tanta pubblica utilità, ed aggradimento, che ne chiamano contente la Carica Eccellentissima d. Raspo, e la Banca Eccellentissima all'arsenale come risulterà a Vostra Serenità dalle rispettive lettere, ed inormazioni. Chiuder» questo umilissimo Foglio coli'accennare che concorren'o in esso tutte quelle qualità, che lo ponno rendere utile ;i pubblici riguardi, e alle convenienze di cotesta Piazza, sarà sempre impiegata la pubblica predilezione in di lui favore trattandosi di consolare una nobile, e benenerita famiglia, che in guerra e in pace sempre si distins in ben servire Vostra Serenità, e Vostra Eccellenza. Grati et cetera. Capodistria 113 settembre 1762 -im- Falcettoo forbici per le viti? E un fatto ci? desta una singolare meraviglia, il vedere quanto l'uso delle forbici nella potazione della vite tardi a genarali^arsi nella nostra Provincia. E ben maggiore meraviglia agiona la circostanza, non rara a verificarsi, di due regioni contigue, a sistemi colturali presso che identici, dove si faccia uso nell'una esclusivamente della forbice e nell'altra esclusivamente del falcetto. Pei tenaci oppositori della forbice per le viti, gioverà ricordare i risultamenti di una sfida tra la forbice ed il falcetto, che ebbe luogo in Francia circa cinquant' anni fa, e precisamente nel 1839, per cura della Società agraria del dipartimento del Gard, e sotto gli occhi di una giurìa composta delle sommità viticole di questo dipartimento e di quello limitrofo dell' Héraùlt. Della quale interessantissima disfida, che allora levò grande rumore e cooperò efficacemente alla diffusione delle forbici nei vigneti della Francia meridionale, discorre il celebre Gasparin nella di lui grande opera il „Cours d'Agricolture", riferendo le conclusioni del giurì, colle parole che qui vogliamo testualmente riportare, dacché trattasi di cose di un mezzo secolo fa, e quindi di cose mature, e non già iscaturite ieri soltanto dal cervello di qualche fanatico innovatore. „La forbice è stata costantemente oltrepassata dal falcetto per la distanza di una vite, ma al termine dell'eperienza il campione del falcetto grondava di sudore mentre quello della forbice era fresco e ben portante, e pareva pronto a ricominciare la lotta. Malgrado l'abilità di chi lo maneggiava, il falcetto ferì tre volte la ceppaia, nelle parti da conservarsi intatte, nell' atto li recidervi un sarmento aderente, e parecchie volte scosse con violenza il pedale nello staccarsi dei grossi moncom. Si è inoltre osservato che, contrariamente all'opinione comune, il taglio fatto colla forbice fu sempre netto e non già frastagliato." Un giudizio siffatto, pronunciato da autorità competenti, quali erano senza dubbio coloro che assistevano a quella singolare disfida, ed avvalorato per di più dal parere di un Gasparin, dovrebbe persuadere quelli che ancora si mostrano perplessi e dubbiosi. Del resto chi ha tenuto una volta in nano una forbice per le viti condividerà pienamente il parere suesposto. Se la forbice lavora male, se ammacca "estremità del sarmento che si taglia, se fa tagli irregolarie frangiati, si dica che chi la adopera o non sa maneggiarla dovere, o non lo vuole; e non si attribuisca allo strumento mancanze e difetti che la pratica, ormai semi secolare, di migliaia di valenti viticultori di ogni paese nö vi scuopre. Un errore molto comune nel maneggo della forbice è quello di operare il taglio manteneidone le due lame in posizione precisamente opposta Ila razionale. Delle due lame della forbice per leviti, una soltanto è destinata a tagliare, ed è quella a figura convessa e col lembo interno affilato : l'alt» serve semplicemente di appoggio, e perciò offre il lerbo interno non tagliente e in forma concava per abbacciare il ramo da recidersi. Ora nell' atto del taglio, non uò evitarsi che la lama di appoggio non ischiacci la esremità del ramo sulla quale preme per fare forza, ciò issendo indispensabile per vincere la resistenza che i oppone alla recisione del ramo in quella sua sezioß- Dunque dei due lembi del taglio, uno dovrà necessarimente offrire contiguo un annello di corteccia ammirata, e la ammaccatura dovrà evidentemente mostirsi in proporzione i I diretta della grossezza e durezza del ramo, ed in proporzione inversa del grado d'affilatura della lama e della abilità di chi la maneggia. Ma questa circostanza non è punto un difetto dell'ordigno, e solo limitato al taglio delle viti. È una necessità meccanica, che nulla poi im-| porta, dacché, bene impugnando la forbice, l'ammaccatura resterà sempre ed esclusivamente sul pezzo che salterà via nel taglio, e non mai sul tralcio da conservarsi aderente alle viti. Bisogna quindi sapere impugnare ed adoperare le forbici come si conviene; e cioè colle lame in posizione tale, che la tagliente si trovi dalla parte del legno che resterà in posto, e quella d'appoggio dalla parte del legno che salterà via. Chi adopera le forbici a casaccio, senza badare a questa esatta disposizione delle lame, attribuirà allo strumento un difetto, che realmente non è di questo, ma della sua propria mano. Ma colla gente del mestiere meglio che le parole valgono i fatti. Dunque si ripetano anche da noi, ovunque la forbice stenta a diffondersi, queste interessanti disfide, ed un paio di forbici belle e fiammanti sia il premio della indubbia vittoria dei valorosi campioni. Eccoci al taglio delle viti, e quindi al momento opportuno. Parenzo, $3 Ottobre 1894 Hugue* --J-- Ripetiamo; i casi di carbonchio si manifestano ancora nella nostra provincia; giorni sono abbiamo letto sui giornali di Trieste che perirono quattro bovini in un convoglio, non possiamo accertare da quale provenieza, destinati al macello. Ecco intanto, come si provide a tutela delPecono-mia rurale e della publica salute, gravemente danneggiata dal carbonchio, nel Regno d'Italia. Il Ministero dell'interno annunzia ai prefetti del Regno, la preparazione del vaccino anticarbonchioso Pasteur nei laboratori sien-tifici annessi alla direzione di Sanità pubblica, e comunica precise istruzioni, come risulta dalla Circolare: Ai signori Prefetti del Regno. Vaccinazioni anticarbonchiose Pasteur. Questo Ministero, preoccupato dei gravi danni cagionati dal carbonchio, sia all'economia agricola che alla salute pubblica, e delle difficoltà quasi insormontabili per ottenere che contro tale morbo infettivo siano sempre rigorosamente applicate le misure profilattiche ordinate dai vigenti Regolamenti sanitari, sulle quali tuttavia richiama tutta l'attenzione delle Autorità sanitarie, si è particolarmente interessato, coli' appoggio dell'autorevole parere del Consiglio Superiore di Sanità, a rendere più pronta, facile e meno costosa la pratica della vaccinazione preventiva Pasteur, ormai generalmente riconosciuta come il più sicuro mezzo di combatterlo. A tal uopo ha stabilito una convenzione colla So-cieté du Vaccin charbonneux Pasteur, di Parigi, in forza della quale, nei laboratorii scientifici della Direzione di Sanità, si potrà preparare, colle sementi inviate dalla stessa Società, materiale sufficiente per vaccinare 50.000 capi di grosso bestiame o il doppio di minuto. Con questo accomodamento, pur non potendo lo Stato concorrere che in (piccola parte, come sussidio, alla spesa inerente a tale preparazione, il Ministero potrà fornire, al prezzo di L. 0.20 per ogni capo di grosso bestiame e di L. 0.10 per ogni capo di minuto, i due vaccini necessari per la vaccinazione immunizzante. E allo scopo di organizzare convenientemente questo servizio, per modo che sia assicurata l'esattezza dell'operazione e nello stesso tempo sia essa retribuita in giusti limiti, tanto nell'interesse dei proprietari di bestiame che dei signori veterinari, ha stabilito che fornirà il vaccino solo in seguito ad attestazione dei Sindaci o dei Presidenti di Comizi o Consorzi agrari, o dei proprietari stessi, che il veterinario operatore è munito di dichiarazione di esatta cognizione del metodo di operazione, e che gli sarà corrisposto l'onorario qui sotto indicato stabilito dal Ministero, tenendo in parte presenti le vigenti disposizioni per le trasferte e diarie degli impiegati dello Stato. La dichiarazione può essere rilasciata da un direttore di una Scuola veterinaria dello Stato o anche da un Medico veterinario, già abilitato alle vaccinazioni. L'onorario sarà calcolato in ragione di L. 4 per ogni sessione di vaccinazione quando essa ha luogo nel territorio del Comune o dei Comuni, dove ha sede o da cui dipende il veterinaio, e in L. 8 se fuori del territorio dei Comune o dei Comuni stessi ; oltre le spese di trasferta, computate al costo di un biglietto di II classe, se sulle strade ferrate, o in ragione di L. 0.25 per chilometro, se sulle vie ordinarie. Ove, per trasportarsi dal luogo di residenza al luogo della vaccinazione, siano necessari uno o più giorni di viaggio, o, per ragioni indipendenti dell'operatore, debba questi impiegare uno o più giorni oltre quello necessario per la vaccinazione, la diaria sarà computata pure in L. 8 per ogni giorno impiegato. Per tale onorario, rispettivamente di L. 4 od 8 per ogni sessione di vaccinazione, è fatto obbligo al veterinario di vaccinare fino ai 25 capi di grosso bestiame o 50 di minuto. Superandosi tale numero, sarà devoluto un compenso in più di L. 0.10 per capo del primo o di L. 0.05 per capo del secondo. E ciò tanto per la prima, che per la seconda vaccinazione. (In base a tale onorario, la intiera vaccinazioue col I. e col II. vaccino viene corrisposta al veterinario con L. 8 o 16, se nei comuni di dipendenza o fuori e fino 25 capi di grosso bestiame o 50 di minuto; o ad es., in L. 13 o 21 per 50 grossi o 100 piccoli animali o in L. 23 o 31 per 100 grossi o 200 piccoli animali rispettivamente se nei detti Comuni o fuori. Se si aggiunge il costo dei vaccino in L. 5 nel primo caso, in L. 10 nel secondo, e in L. 20 nel terzo, si ha il prezzo totale della vaccinazione negli esempi citati). Potendosi in un'ora vaccinare fino a circa 100 capi di bestiame, si può stabilire, in una stessa giornata, o nel corso di pochi giorni, vaccinazioni in punti diversi di un territorio, ed in tal caso la spesa di trasferta del veterinario, dalla sua residenza, sarà equamente divisa fra i diversi proprietari di bestiame che si, valsero della sua opera. Così, potendosi in un Comune riunire in una data località ed alla stessa ora animali di più proprietari e vaccinarsi più centinaia di essi di seguito in una stessa sessione, l'importo totale della vaccinazione sarà equamente diviso fra i vari proprietari in ragione del numero di animali vaccinati. In caso di difficoltà a trovare Medici veterinari per eseguire le vaccinaziomi, il Ministero curerà di provvedervi con suoi incaricati, che verranno retribuiti alle suindicate condizioni dagli interessati. L'importo dei vaccini sarà indicato nel Bollettino che accompagna ogni spedizione del primo vaccino, e deve essere trasmesso al Cassiere del Ministero dell' Interno nell'atto che si richiede il secondo vaccino, notificando il giorno stabilito per la seconda vaccinazione. Le Autorità locali si dovranno interessare perchè in tutti i luoghi dove sono avvenuti nei passati anni e si ripetono, anche a lunghi intervalli, casi di carbonchio i proprietari di bestiame si riuniscano allo scopo di farlo vaccinare in massa, e ciò sia per risparmio della spesa a incontrare, sia per maggiore sicurezza dell'incolumità locale. Le stesse Autorità dovranno prestarsi con ogni miglior mezzo a facilitare tali riunioni e il disimpegno delle contabilità inerenti, con che cureranno saviamente all'interesse agricolo non solo, ma pure a quello della salute dei loro amministrati. La stessa raccomandazione V. S. vorrà fare pure alle Accademie ed ai Comizi o Consorzi agrari, perchè si ottenga rapidamente la diffusione di questa misura profillattica, che tutto lascia sperare possa valere a scemare, se non a spegnere completamente, l'epizoozia che è ora cagione di tanto danno economico e sanitario al paese. V. S. riceverà un buon numero di schede per domanda del vaccino, e vorrà raccomandare che i richiedenti diano in esse le precise indicazioni ivi richieste, attendendosi per il rimanente alle istruzioni che accompagnano ogni spedizione di vaccino. Prego V.' S. a voler dare la massima pubblicità alla presente "Ofreolare. Pel ministro: L. Fagiani —--■—Ž»?—--- Appunti bibliografici Ancora um parola sulle linee di complemento e correzione della rete ferroviaria meridionale austriaca dello stato, di Cesare Combi, Consigliere munitipale e Deputato della Dieta di Trieste. Trieste, Cap-in 1894. Un opuscolo di pagine 30 con una calta prospetto. La poca o nessuna competenza della materia trattata mi obbiga a riassumere brevemente quanto è esposto nello studio del signor Cesare Combi; studio accuratissino e con piena conoscenza di causa, ciò che balza al'occhio subito anche dei profani. 11 dotto aut. y. ----.——.--- PUBBLICAZIONI Sta per essere pubblicata dalla Ditta Paravia la Grammatica italiana dei professori Luigi Morandi e Giulio Cappuccini e per cortesia degli autori e dell' editore, La Perseveranza ne ha dato la Prefazione che qui riportiamo e che è un nuovo e non vano omaggio alla memoria di Alessandro Manzoni: Gli autori ai lettori. Una persona tutt' altro che incolta, e molto benevola verso di noi, diceva poco fa di non saper capire come mai da più di due anni ci affaticassimo tanto per comporre una grammatica italiana. È certo che non a-vrebbe detto così, se noi, puta caso, ci fossimo affaticati attorno a un trattato di fisica. D'altra parte, ogni momento si sente ripetere che questo o quello è tanto iguorante, che non sa neppur la grammatica. Duuque, secondo quel senso comune, che non è sempre il buon senso, la Grammatica italiana è una cosetta di poco, che tutti possono imparar facilmente ; anzi, quasi quasi non c'è bisogno di studiarla, come fino al 1860, non si studiava in tante delle nostre scuole, e come non la studiarono, perchè ancora non era nata, Dante, il Petrarca e il Boccaccio, che pur furono quegli scrittori che tutti sanno. Questa opinione, come quasi tutte le opinioni erronee molto diffuse, ha una parte di vero, ed è appunto che, date certe coudizioni, si può diventare perfino il Dante d'una lingua, senza averne mai studiato teoricamente le regole; giacché Opera naturale è ch'uom favella, ') Ma lo stesso Dante, là dove volle dire che, di sei persone che erano rimasero in due, se a' suoi tempi ci fosse stata la Grammatica italiana, non avrebbe scritto : La sesta compagnia in duo si scema, J) e ci avrebbe di certo guadagnato anche lui. Del resto, la Grammatica della propria lingua oggi uon si studia, o almeno non si dovrebbe studiare, col solo fine di parlare e scrivere correttamente codesta lingua ; ma anche come necessaria preparazione, per imparare le lingue morte e le straniere ; come valido strumento di ginnastica intelletuale; e (in tanto lume di studi linguistici, gloria vera del nostro secolo) come parte e fondamento d'una scienza, geniale e positiva forse più di molte altre, e della quale nessun uomo civile può ormai ignorar gli elementi. Tutti questi fini, noi li abbiamo avuti di mira nel presente lavoro, badando però bene di non uscire da nna ragionevole brevità. E infatti, se dalle circa trecen-tociuquanta pagine di cui è composto questo libro, si sottraggono quelle occcupate dagli Esercizi e dagl' indici, e le molte altre che contengono elenchi necessari e utilissimi, ma più da essere consultati al bisogno, che non studiati metodicamente, le trecencinquanta pagine si ridurranno a meno di dugencinquanta. Le quali non parranno troppe di certo, a chi consideri che una Grammatica per tutte le scuole che vengono dopo le elementari, tenuto pur conto delle poche nozioni grammaticali che s'insegnano in queste, può dirsi la prima Grammatica generale e l'ultima italiana, che i giovani siano obbligati a studiar di proposito. D'altronde, noi osiamo anche sperare che Le infinite cure, spese perchè il libro nou riuscisse arido e noioso, gioveranno a farlo apparire più breve. S'intende poi che certe parti, senza le quali sarebbe stato un mostro agli occhi de' competenti, in alcune scuole si possono saltare, o riserbarle alle classi superiori. Tale è il caso delle Leggi de' suoni, quantunque, come le diamo noi, siano facili a capirsi anche da chi ignori il latino. A ogni modo, sarà sempre un vantaggio, che i giovani abbiano per le mani il libro compiuto : perchè così, almeno i più svegli e volonterosi, potranno profittarne; come di certo se ne profitterà ne' Ginnasi, dove, se s'insegna la fonologia del latino e del greco, uon si vede per quale arcana ragione non debba insegnarsi quella tanto più facile, dell'italiano. De' primi saggi di Grammatica italiaua, quelli che si pubblicarono ed ebbero diffusione fin dalla prima metà del Cinquecento, furono tutti opera di non toscani, i quali naturalmente dietro l'esempio della Grammatica latina, fondarono le regole, non sull' uso vivo, ma sugli scrittori, e in ispecie sul Boccaccio, sul Petrarca e su Dante: come appunto audava già accadendo anche per i primi saggi di Vocabolario. I grammatici ed i vocabolaristi toscani venuti dopo trovarono le cose incamminate per questa via, e ce le mantennero. Così, mentre da un lato non si diffondeva quel moltissimo di lingua e di regole toscane che non poteva desumersi dagli scrittori, dall' altro si diffondeva spesso quel che era, non legge dell'uso, ma loro particolare gusto o capriccio ; e trovava imitatori, ed entrava nel Vocabolario, perfino quell'impossibile sesto dantesco. Più di vent' anni fa, uno di noi sosteneva come fosse ormai tempo di rinnovare la Grammatica italiana sul concetto fondamentale del Manzoni1): concetto che le indagini e gli studi filologici hanno sempre meglio illustrato e confermato. Ma questo voto rimase quasi del tutto inesaudito, come potrà vedere chiunque confronti accuratamente il nostro lavoro con le Grammatiche che si pubblicarono da allora ad oggi. Di queste e delle antecedenti, noi abbiamo riesaminato ogni regola ; e possiamo asserire con piena sicurezza, che quasi nessuna di tali regole ha resistito nella sua antica forma ; giacché, non solo le abbiamo trovate, nella parte pratica, iu maggiore o minore contraddizione col vero uso moderno, e insufficienti al bisogno ; ma spesso, nella parte teorica, in contraddizione coi postulati filologici, e qualche volta perfino col buon senso. E cosa, per esempio, da far pietà la babele grammaticale e lessicale, che regna nella classificazione delle parti del discorso, specialmente tra nomi e aggettivi, tra aggettivi e pronomi, tra avverbi, preposizioni e congiunzioni : babele che fa perder la bussola a maestri e a discepoli, e toglie (che è peggio) ogni efficacia educativa alla classificazione. Perciò, anche su questo punto, noi abbiamo procurato di rimettere le cose al loro posto ; e non è quindi colpa nostra, se (citiamo qualche caso tra moltissimi) mio non s'incontra più tra i pronomi, nè su tra le preposizioni, nè gli aggettivi ordinativi tra i numerali, e se delle paroline si e no si dimostra che non sono più avverbi. Le classificazioni, come le accademie del marchese Colombi, si fanno, oppure non si fanno : e siamo certi che ognuno preferirà la lieve fatica di rimeditarle con noi, piuttosto che continuare a insegnare o apprendere errori di manifesta evidenza. Nè si creda che le molte novità, introdotte nella materia e nel metodo, ci abbiano portato a creare una nuova terminologia. Certo, abbiamo dovuto, per esempio, riserbare la denominazione di particelle a quelle che, come dis e ri, sono veramente tali, non a parti del discorso che la scienza ha ormai rigorosamente classificate e denominate. E così abbiamo dovuto ripudiare il nome di complemento di specificazione, che implica un guazzabuglio di cose diverse, evidente offesa alla logica e grosso inciampo a chi deve poi studiare altre lingue ; ma per ripudiarlo, 1' abbiamo discusso brevemente e chiaramente, e quindi ci si trova anche lui, ,con quel riguardo che meritarono gli spropositi molto diffusi. Insomma, la nostra terminologia e il nostro metodo sono, fin dove potevauo essere, i medesimi delle migliori Grammatiche latine, greche, francesi, inglesi e tedesche : poiché una Grammatica italiana deve appunto poter servire, anche senza che paia, di preparazione allo studio di codeste lingue, sopratutto del latino e del francese. Quiudi, per esempio, dacché quasi tutte codeste Grammatiche notano i verbi attivi causali, e questi ci sono anche in italiano, noi pure li notiamo, tanto più che presentano un caso molto curioso di verbo attivo. Ma, ') Morand i, Le correzioni ai Promessi S nosi e V Unità della Lingua-, terza edizione; Parma Battei. 1879; iu tutto il libro, ma espressamente a pag. 21, 67 nota 2 e 311, in due scritti pubblicati la prima volta nel 1873-74. chi sogna una maggiore uniformità della Grammatica italiana con la latina, dimentica le altre lingue ; dimentica che l'italiano è l'italiano, e il latino è il latino; dimentica che la Grammatica italiana, per le nostre scuole mezzane, dev' essere anche una Grammatica generale, mentre la latina è una Grammatica speciale. E basti di ciò, quantunque ci sarebbbero tante altre cose da dire. Posto come norma fondamentale l'uso civile fiorentino, senza punto occultarne, ma anzi mettendone in rilievo i rari e leggieri dissensi con l'uso vivo generale italiano, noi facciamo poi largo luogo anche all'uso letterario, distinguendo il comune dal poetico, o dall' antiquato, o dal pedantesco, ecc.. e notando spesso ciò che di quest1 uso sopravvive tutta via nel volgare, ossia plebeo, di Firenze, o ne' vari dialetti. Sicché, quella parte storica della lingua, che anche quando sia addirittura morta, può alle volte essere riadoperata nello stile poetico, ovvero per ironia, o per ischerzo, o per altro, qui non solo non manca, ma ce n'è di più che in molte altre Grammatiche, con la differenza però che ci si trova nettamente distinta. E a proposito di lingua, dobbiamo pur dire che dell' usata e usabile abbiamo procurato, negli esempi e nel resto, di darne Con la maggiore possibile varietà e ricchezza, senza però invadere il campo proprio del vocabolario, se non quando i vocabolari erano discordi tra loro, o addirittura in errore. Se spesso poi, specialmente rispetto all' uso vivo, noi ricorriamo ai forse, ai più o meno, ai cT ordinario, e simili, anche di questo la colpa non è nostra. Gli è che noi vogliamo dar per certo ciò che è dubbio, nè sostituire il nostro gusto alla realtà dei fatti. E i fatti, in ogni lingua viva, son di tre specie ; ben determinati, e di questi noi diamo regole fisse; che si vanno determinando, e qui noi diciamo la tendenza, il più comune ; ancora incerti, e noi notiamo l'incertezza. Chi opera in maniera diversai inganna il lettore, e opponendosi all'uso prevalente, non fa altro, novantanove volte su cento, che un buco nell' acqua. Questo scrupoloso rispetto della realtà noi l'abbiamo osservato anche verso certi fatti ortografici (per e-sempio, il bando a cui fu condannata dai più la lettera j), che non crediamo in tutto ragionevoli, e sui quali parrebbe potersi sperare che anche la volontà di pochi dovesse avere una qualche efficacia. Speranza vana! I difeusori della j hanno ormai scritto una biblioteca, facendo essi pure il suddetto buco : e tutte queste piccole questioni ortografiche non potranno essere risolute, se non dalla volontà dal maggior numero degli scrittori, comunque rappresentata ed espressa, il giorno che si saranno convinti del bisogno dell' unità ortografica, come finalmente si sono andati convincendo di quello dell' u-uità della lingua; il giorno che avranno capito, che le questioni piccole, se non son risolute, si vendicano di noi nel modo che a chi più sa, più spiace, cioè col farci perder tempo. Per ora dunque, il meglio è di non disturbare, soprattutto nelle scuole, quel tanto d' unità ortografica, che bene o male s' è venuta formando ; giacché il fare altrimenti non servirebbe se non ad accrescere la confusione. Rigorosi invece siamo ^tati contro le improprietà d'ogni specie, contro i barbarismi, e contro ogni scorrezione o superfluità ortografica, che ci sia venuto in taglio di condannare: onde, con l'aiuto dell'indice analitico, i giovani hanno qui anche un prontuario di parole e modi errati, e di doppioni addirittura scorretti, o per 10 meno inutili. Non ispregevole novità della nostra Grammatica ci pare altresì quella d' avvervi aggiunto, come oggi si fa dai migliori per tutte le lingue, un largo saggio di e-sercizi, sui quali l'insegnante può farne lui quanti altri voglia di simili. Alcuni di quelli che noi diamo, servono a compire le regole. Per esempio, pensatamente escludemmo di parlare de' diminutivi, de' peggiorativi, ecc. sotto il nome d' aggettivo, come si poteva fare quando la scienza non aveva ancora integrato e distinto dal resto la Formazione delle parole. In questa poi, siccome i suffissi ino, accio, e simili, non sono soltanto diminutivi o peggiorativi, noi non ne abbiamo fatto una sezione a se, ma li abbiamo messi alfabeticamente con tutti gli altri che formano nomi e aggettivi. Tirarli fuori, e ordinarli secondo il senso diminutivo, peggiorativo, ecc., è serbato a un esercizio utile e piacevole. Molti di tali esercizi possono giovare anche a un altro fine assai importante. Se i giovanetti specialmente delle prime classi dopo le elementari, ordiscono male i loro componimenti, anche peggio che non li scrivano, troppo spesso ciò accade peichè si pretende eh' essi strappino la coda al cavallo tutt' in un tratto. Ora molti esercizi si prestano benissimo come piccoli, e sia pure minuscoli, saggi di composizione, che potrebbe dirsi parziale, ed estendersi anche ad altri soggettini non grammaticali, al modo stesso che si fa nelle arti del disegno! prima un dito, poi una mano, un occhio, evia via, finché s' arriva all' intera figura. Esposti così i criteri principali che ci hanno guidato, ci resta a dire una cosa che risparmieremmo volentieri, se una dolorosa esperienza non cj ammonisse di dirla, e ben chiaramente. Questo libro, comunque voglia giudicarsi, è certo 11 frutto di lunghe fatiche. Noi dunque, e per ricavarne 1' onesto guadagno che ci spetta, e per farla finita una volta con gl'improvvisatori di libri di testo a spese altrui, saremo vigili custodi del nostro diritto di proprietà e, con 1' aiuto che ci dà legge, impediremo rigorosamente ogni specie di contraffazione, sotto qualunque forma si presentasse. Improvvisatori avvisati, mezzo salvati! Roma, 10 agosto. Luigi Mor aneli, Giulio Cappuccini. Pregati pubblichiamo : RINGRAZIAMENTO Le dimostrazioni di affetto e di stima alla nostra indimenticabile Rosa, se appena possono lenire l'immenso nostro dolore, pur ci obbligano a ringraziare il venerabile Clero, e quelle autorità e amici che ne accompagnarono la salma all'ultima dimora; e ne serberemo perenne riconoscenza. Capodistria, 23 Novembre 1894. Famiglia di Giuseppe Bensich.