ANNO XIV. Capodistria, 1 Giugno 1880. N.ro 11 •£du>.)Kif> «ito .•'•tixl-Tihii «ri«l eh ìii->!.v«voiiiii J^flKiU'.I i^iii onjfiqiaii ii a ! i ."li, l i ; ■■ jì- .ili'.» :.iì • ; i I uJlH ÀÌ'MjL . ! -A vii limoli; lì ih ioiSiwV in iflft mi,■!;,'» "IH::; ili •> rJfJÈi;. .Mm^i: flÉB • ■ iftlTT l t ii"' : ! i-nT CiUv 12. 1418. ■ .lO^tnO 98 .rtiiois 12. 1444. ,ixx ta 12. 1486. i.nial'lfé l rIc 13. 1291. ,oi. f 13. 1356 — Il senato accorda il rimpatrio agl'Istriani che erano stati banditi, e li reinveste dei beni loro confiscati. - 6, I, 182. — Trieste. Il comune scrittura per altri due anni il cittadino Bartolomeo de Franchis a professore di grammatica ed a rettore delle civiche scuole. - 2, 12.a — Il patriarca Voldorico dona all' abazia di Moggio in Caruia tra molti luoghi, Porto (Portole?) in Istria. - 39, IV, 66. — Il senato invia ser Zanino Guido al patriarca Bertrando per indurlo alla restituzione del castello di Oastion a Bianchirlo da Momiano, e ciò entro dieci giorni, per non obbligare la Repubblica a misure severe. - 11, XXIII, 15.a — Trieste. Le monache di San Benedetto si obbligano di numerare al Comune annue L. 18 pel possesso nella villa di Santa Croce sui Carsi. Questo tributo cessò nel 1563, avendo il detto convento ceduto al Comune una casa ed uu casale, situati sulla pubblica piazza. -14. — Cividale. Il patriarca domanda a Venezia un salvocondotto per Francesco da Piuguente per poter coudur seco in patria 33 soldati tenendo la via di mare. - 13- — Il vescovo di Cittanuova investe Almerico e Pietro del fu Nicolò de' Verzi di Capodistria dell'avito feudo di San Giovanni della Corneda — 15, IV. 262. — Le truppe austriache dei reggimenti Jordis e Stuart partono da Trieste, varcano il confine veneto, s'impossessano della tumultuante Capodistria e con lei di tutta l'Istria veneta. -7, X, 246, - 8, 171, - e 38, mini. 47. — Il senato accorda che Giovanni Guercio de Lamberdanis di Ravenna, già da molti anni couestabile equestre in Capodistria, possa stabilirsi in quella città e abitare la casa da lui fabbricata nella contrada Gallegaria. - 13. — Venezia. Il banchiere Giovanni Soranzo impresta alla Repubblica lire dieci di grossi per salariare Francesco Giustiuiani, mandato oratore in Istria. - 52, I, 125. — Eugenio vicere d'Italia delega il consigliere di stato, Bargnani, per rilevare i bisogni dell'Istria. - 1, II, 8. — Trieste. Il consiglio ordina sotto pena di bando che niuno de' cittadini si metta in relazione con persone bandite, le riceva in casa od impedisca che altri ne facciano il fermo. - 2, 17a, - e 26, II, 197. — Ducale Foscari che incorpora al fisco la villa di Ronz presso Raspo per essere stata data in pegno a persona di un altro stato - 13. -— Ducale Barbarigo che richiama i permessi dati al comune di Capodistria, di poter ritirare dall' estero legnami di qualunque sorte. — 4, 246.a — Il senato accorda ai giustinopolitani Almerico de' Bertaldi ed a Corrado, confinati in Venezia di recarsi in patria, purché il Bertaldi lasci in ostaggio in Venezia il proprio figlio, Corrado il proprio fratello. - 6, I, 182. — Venezia rende avvisati il podestà ed il vescovo di Capodistria a voler sospendere certe innovazioni da loro interdette, che disturbavano la pace tra la Chiesa e lo stato, tra il clero e l'autorità civile. - 11, XXVII, 86.a 14. 960. — Il Doge Candiano vieta ai Veneziani di far traffico di schiavi dall'Istria e di trasportarne al di là di Pola. - 7, I. 371. 14. 1590. — Trieste. Il vescovo dà a Francesco de Albertini di Argentina alcuni fondi paludosi presso Sii vola, spettanti alla mensa vescovile per fabbricarvi saline. - 14. 15. 1418. —Trieste muove i suoi giusti lagni al comune di Muggia pev aver accolto tra le sue mura alcuni Triestini dopo eh' ebbero jeri armata mano invaso la contrada di San Sabba e ferito mortalmente Nicolò dell' Argento e Conforto de' Lisizza. - 2, 17.a, - 3, e 26, II. 197. 15. 1445. — Roma, Papa Eugenio depone Martino (Bonomo) ch'era stato eletto vescovo di Pedena dall' antipapa Felice V e dal concilio di Basilea. - 13. (* OllyUI.» sht-.l mi < flit, io llli COKRISPOHDENZE : itricnì-'U ili oia^if'JtT oaiyouJHj li Buje, 28 maggio, Col fantasma della fillossera alle spalle, si può ben credere se il campagnuolo trova un momento di pace! Ma il tormentarsi che giova? quando il tormento non è della mente che pensa ai rimedii delle possibili^ e, pur troppo, probabili disgrazie ! — Lasciamo agli scienziati la cura di rinvenire i modi di distruggere il terribile insetto, se mai ci riescono; noi pensiamo intanto al quid faciendum ? nel caso ci mancasse il prodotto delle viti. Premetto che io non intendo — nè lo potrei, perchè me ne mauca la perfetta conoscenza — gettare lo sguardo su tutta la nostra provincia; parlo solamente di quella parte, prossima a Trieste, la quale comprende i territori di Pirano, Isola, frazione di Buje, Capodistria e Muggia. — Beati i possidenti della valle di Sicciole! Essi almeno possono dormire tranquilli i loro sonni, perchè uon difettano d'acqua, ed ormai sappiamo che la fillossera si distrugge con la sommersione per qualche settimana della vigna. Si potrebbe approfittare collo stesso vantaggio nelle valli del Risano e del Fiumicino, convertendo i prati in tante vigne ; ma su per le assetate nostre colline? — Si potrà in parte allargare la coltura dei legumi, delle patate primaticcie e dei pomodori ; ma, secondo me, la grande nostra risorsa dovremo cercarla nelle frutta, perchè in queste contrade riescono saporite assai, e poi abbiamo aperta la grande via di smercio oltr'alpi. Fin'ora gli alberi da frutta sono quasi un accessorio dei campi; s'impiantano a si lasciano abbandonati, meno rare eccezioni; per conseguenza, i raccolti si succedono a periodi di abbondanza ogni due e più anni, e quindi si deplorano le frutta scarsamente nutrite, e il poco prezzo causa la molta roba e la mancanza assoluta negli anni intermedia Ma il previdente cainpagnuolo dovrebbe fin d' ora pensare a' casi suoi; studiare cioè i miglioramenti nella coltura degli alberi da frutta, e tutto quanto si riferisce all' industria agraria relativa, nonché al commercio delle frutta coi paesi del Nord ; dovrebbe studiare i vari sistemi di potatura, le terre più favorevoli ad una qualità piuttosto che ad un' altra; dovrebbe iufine studiare la scelta delle varietà secondo i gusti ed i bisogni dei consumatori. E qui apro una parentesi per rivolgermi alla Giunta provinciale, cui spetta darci una mano in questa lotta che ci prepariamo a sostenere. L' ajuto dovrebbe venirci dalla stazione pomologica provinciale, quando le fosse dato uno sviluppo più largo. E noi sappiamo apprezzare tutte le cure rivolte dalla Giùnta sullodata a quel po' di orto vicino a Parenzo ; siamo anche informati delle contrarietà che si sono frapposte, senza cólpa di alcuno, allo sviluppo dell' istituzione; ma non possiamo nè dobbiamo acquetarci. È necessario che si provveda sollecitamente a rimovere le difficoltà insorte, e che si studino i mezzi a rendere più efficaci i vantaggi dell'istituzione. A chi si lagna di non poter approfittare della somma di studi raccolta nell' orto pomologico, si risponde di recarsi colà; anzi si offersero stipendi a quegli agricoltori che vi si recassero; ma ammesso che si potessero apprendervi le cognizioni necessarie, ciò non basterebbe, lo vorrei anche (l'idea non è nuova) delle lezioni ne' vari centri agricoli della provincia, con applicazioni pratiche, le quali si potrebbero effettuare coli' ajuto volonteroso dei possidenti più colti e dei comuni. Vorrei poi, e qui raccomando 1' istanza con le più calde preghiere, che la stazione pomologica si curasse di raccogliere in un vivajo le migliori qualità di frutta coltivate dalla nostra provincia. Io lessi già un primo catalogo del vivajo di quella stazione, ma meno qualche varietà, gli alberi portano nomi forestieri. Voglio credere che sieno qualità eccellenti, riconosciutissime, ma hanno desse fatto prova nei nostri terreni? E poi, chi può dire che noi non ne abbiamo di uguali? . . . Vorrei insomma, senza tanti interrogativi, che la stazione pomologica facesse ricerca delle più elette qualità di frutta nostrane, e si può garantire che ne troverà in abbondanza, e tali, da reggere uou solo al confronto con molte delle migliori forestiere, ma anche di superarle. Con questo desiderio, chiudo la parentesi, facendo un caldissimo appello ai colleghi campagnuoli, perchè vogliano pensare in sul sodo al grave pericolo che ci minaccia e provvedervi a tempo con forze unite. Vi saluto. _————- . ' i i > i .■ i i ;--—t-—i- UN ISTRIANO NEL BELGIO L'Indipendente riporta da un periodico belga, assai competente iu fatto d'arte, alcuni brani di un lunghissimo articolo intorno al piranese Cesare Dell'Acqua. Noi gli ripetiamo assai volentieri, perchè ci mostrano la grande riputazione che questo ingegno istriano gode in un paese, dove la pittura ebbe sempre splendido seggio. Ecco i brani del periodico belga : Cesare Dell'Acqua, benché italiano,*) appartiene qualche poco all' artistica famiglia del Belgio. Sono circa trenta anni eh' egli vive fra noi, ed è stato precisamente qui che il suo talento si è formato ed ha prodotto bei frutti; egli trattò generi diversi. Dopo il genere storico che è la sua specialità, passò ai ritratti, e trattò l'acquerello, al quale sembra che l'etimologia del suo nome 10 avesse predestinato. Abbiamo detto ch'egli raggiunse l'ora in cui l'artista raccoglie il frutto della sua opera. Effettivamente niuna cosa tradisce nel di lui studio l'attività febbrile dell'uomo, che sta per combattere battaglie. Mentre abbiamo veduto altri ai piedi delle loro opere in preda a quelle ansiose emozioni che tradiscono 1' incertezza dell'indomani; abbiamo veduto il Dell'Acqua calmo, tranquillo, lavorare serenamente sopra tele ordinate, che non gli procuravano onoranze nuove, trattando generi di pittura speciale, nei quali da lunga pezza la sua riputazione è bella e stabilita. La pittura decorativa è stata, in questi ultimi anni, il vasto terreno de' suoi lavori, ed il suo studio posto in Via Principe Beale, testimonia coi numerosi schizzi che lo adornano, la fertile immaginazione dell'artista e la grande abilità dello eseguire. L'assieme di ognuna di quelle decorazioni costituisce un piccolo romanzo, del quale ogni dipinto è un capitolo, ed anzi in proposito dirò come io non conosca nulla di più bello di quella composizione alla Vatteau, che adorna la sala da pranzo del Sig. Yan Wambeeke a Brusselles. — Quanta freschezza e quanto brio anche in quelle pitture che decorano lo scalone dell' Hotel Errerà, con lunghe valanghe di fiori sparpagliati da gruppi adorabili di giovanette e di amori. — Nè dimentichiamo il quadro che decora la sala pompeiana della Villa Errerà ; nè le grandi decorazioni per l'Hotel David in Anversa ; nè le scene di caccia, dipinte nel Castello degli Amerois, in una delle quali abbiamo riconosciuto il Conte di Fiandra in costume di Nembrod ; nè la splendida allegoria che adorna la sala del Consiglio municipale di Trieste. Egli attende presentemente ad altri lavori che devono decorare la villa di un signore a Trieste. __.D£K»Ì8S9*IC[mÌ 'b 9 dQ0ÌS&8 *) Non crediamo fuori di luogo ripetere che nacque a Pirano 11 22 luglio 1821 da Andrea Dell'Acqua di Capodistria e da Caterina Lengo di Trieste. Vedi ^Poesie e prose di M. Facchinetti, istriano. Capodistria, tip. di G. Tondelli 1866. La prima tela, la sola che sia in oggi finita e figurerà nei saloni delle Belle Arti, ha per teatro Roma e celebra la scultura. Il gruppo del Laocoonte, trovato da Agostino de Fredi nelle Terme di Tito, viene portato ne' giardini del Vaticano fra le acclamazioni del popolo, al suono delle trombe e delle campane (an. 1506). L'artista ci mostra il corteggio sulla piazza del Poro ; in fondo, a destra, vediamo l'Arco di Tito; a sinistra la massa enorme del Colosseo. Il carro recante il famoso gruppo è arrivato davanti alla tribuna, sulla quale il Senato ed i notabili di Roma hanno preso posto per assistere alla sfilata. È coperto di drappi e di corone, segnato con le tradizionali majuscole S. P. Q. R. e tirato da sei buoi della campagna romana, coperti di ricche gualdrappe. Il corteggio è guidato da Agostino de Fredi, a cavallo, preceduto da giovanette, recanti paniere di fiori. Una folla imponente, fra la quale si scorgono i giovani artisti della scuola italiana, saluta con le sue acclamazioni il pittoresco corteggio. La seconda tela ha per soggetto Venezia, e celebra l'astronomia. Il giovane Galileo, viene presentato del suo protettore Sagredo alle famiglie patrizie. La terza tela £ consecrata alla poesia; essa ci mostra il cielo di Sicilia. Federigo II, uno dei primi poeti d'Italia, canta le sue composizioni poetiche alle dame di Palermo (1230). La quarta celebra la pittura sotto il cielo di Firenze. La Madonna di Cimabue è portata in trionfo dai fiorentini a Santa Maria Novella, piccola chiesa situata fuori delle mura (127Q), Non abbiamo già l'intenzione di far qui un esame dettagliato di que' dipinti ; li troveremo all'Esposizione di Belle Arti; d' altronde i due ultimi sono semplicemente abbozzati. Non si può farsi un'idea di quali studi diligenti sieno oggetto quelle tele. Ogni dettaglio è minuzipsamente studiato, e solo dopo quel colossale lavorio, l'artista consenzioso s'accinge all'esecuzione della sua opera. Dell'Acqua mette una cura raffinata nelle sue composizioni ; ogni dettaglio è rigorosamente esatto ; i suoi costumi sono caratteristici ; nulla è fantastico, tutto è prettamente vero. Aggiungete a ciò un disegno preciso, minuzioso, una esecuzione pura, corretta, ed avrete un insieme di qualità tecniche che pochi artisti raggiungono ai nostri giorni, in cui ci si appaga troppo d'improvvisa-sazione e d'impressione. Ciò poi che distingue fra gli altri il talento del signor Dell' Acqua è la fertilità della sua immaginazione, la varietà de' suoi concepimenti e 1' arditezza delle sue idee. Una graziosa, ma gentile poesia, un' armonia squisita emanano da tutte le sue opere. Il Dell' Acqua invierà altresì alla prossima esposizione la sua Dalila, già esposta a Vienna, e per la quale ha posato uno di que' preziosi modelli, che la guerra del 1870 aveva fatto esulare dalle nostre mura — un' ebrea dalla fisionomia dolce ed espressiva. Anche nell'Esposizione di beneficenza apertasi non ha guari al Museo di belle arti in Budapest, figurò una tela del nostro Dell' Acqua rappresentante un guardiano (Czikos) delle mandrie di cavalli sulla puszta. „Tra le altre tele — scrive il Pester Lloyd — spicca la superba e marziale figura d' un Csikos per vero colore locale. Guida il suo cavallo per la briglia e sta guardando con dolore il terribile spettacolo delle rovine fatte dall' elemento distruttore. La giovane zingara, che si è rifuggiata su d'un tronco d'albero, trascinato dalle acque, è artisticamente ideata. Un vero idillio fra l'orror della morte e della distruzione è quel fanciullo che dorme tranquillo, colla compagnia del gatto domestico, nella culla natante all'altezza dei tetti, e a metà coperti dalla inondazione. r^.'. ; iti • •—; i: j mì! ,110 ','JÌ 'Ili i!| fi;/i ,) l ■! !:i»ll j,-ili , l Una tempesta nei mari glaciali Dalle relazioni dateci dai viaggiatori della Vega togliamo la seguente interessante descrizione: È impossibile farsi un'idea, per chi non 1' abbia veduta, di una tempesta nei mari glaciali. I ghiacci sono come rocce galleggianti trascinate da rapida corrente. Queste montagne di cristallo s'incontrano e annientandosi da sè medesime si fendono con fracasso simile al murmure del tuono rompendosi in grandi frammenti o tornando ripercosse indietro fino a che perduto r equilibrio cadono capovolte alzando nembi' di spruzzi, mentre i campi di ghiaccio cacciati contro quelle masse o centro gli scogli s'alzano dal mare per ricadérvi facendo crescere l'agitazione ed il rumore. Allorquando la caduta di questi titani solleva un bollimento di spuma, gli uccelli marini se ne volano con stridi di spavento intanto che qualche cetaceo emerge dal fondo del mare simile ad una montagna tinta di un nero lucente. Quando il sole di mezzanotte rasenta 1' orizzonte, le montagne natanti e le roccie appaiono come immerse in un' onda di luce porporina. Allora sotto quelle calde e molli carezze il rigido paesaggio si scuote dal suo assopimento ; tornano in vita i ruscelli, 1" orso polare si ferina rannicchiato dietro un hummock (gruppo di ghiacciuoli); i gabbiani, le procellarie glaciali, gli smerghi rimangono immobili colla testa sotto le piume e l'immane balena empie l'aria co' suoi strepiti e sprazzi. Da noi pure la sensazione del freddo dipende notevolmente dalla forza più o meno violenta del1 vento di quello che dall'assoluta temperie dell'atmosfera indicata dal termometro; ma nelle regioni iperboree le proporzioni crescono a dismisura. Così, ad esempio, è tollerato colà più il freddo in un aere calmo quando il termometro segna 40 gradi sotto lo siero, mentre a soli 20 gradi ove spiri la più lieve brezza, diventa .intollerabile; laonde se nei nostri climi temperati i venti gagliardi nel verno riescono incomqdi,,celie regioni polari divengono oltremodo penosi e \nsopportabili. Il Parry narra che potè stare per un quarto d'ora a mani scoperte col termometro a 39 gradi sotto lo zero, senza ventò; ma provando di fare altrettanto quando spirava il vento non potè reggere, sebbene il termometro segnasse solamente 15 gradi. Sotio l'influsso di una temperatura di 15 gradi sotto lp zero si vede sorgere dall'acqua un vapore simile a quello che esce da una caldaia bollente e, tosto gelato dal vento, lo si vede cadere come polvere finissima. Qnesto fenomeno dicesi fumo di ghiaccio. A 40 gradi poi la neve e i corpi viventi mandano un fumo che si cangia subitamente in milioni di particelle simili a punte di aghi di ghiaccio le quali riempiono l'aria e rendono un lieve suono continuo come quello prodotto da una stoffa di seta quando viene lacerata in brandelli. A uua tale temperatura i tronchi degli alberi scoppiano con grande rumore, le rocciosi spezzano, la terra s'apre e vomita acque fumanti che si cangiano immediatamente in ghiaccio. Le lame si spezzano nel tagliare la carne ed il burro, il sigaro si spegne al contatto degli aghi di ghiaccio che stanno attaccati alla barba ; gli istrumenti bruciano al tatto. Per parlare occorre uno sforzo faticoso. Di tutti i sensi l'odorato è quello che non perde maggiormente d'acutezza. Le palpebre si ricoprono di una crosta di ghiaccio e si richiede una grande Cura di liberamele per poterle aprire. A soli 30 gradi sotto lo zero le lenti degli occhiali diventano opache come le Vetriata quando sono ricoperte di un sottile strato di ghiaccio. Il supplizio più intollerabile nelle regioni artiche è quello della sete, che, se la si vuole spegnere o anche mitigare colla neve, si producono delle infiammazioni alla lingua, alla gola, male ai denti, diarree ed altri incomodi. La neve dai 30 ai 40 gradi desta in bocca una dolorosa sensazione simile a quella di un metallo infocato e aumenta la sete pel riscaldaigento delle membrane mucose che ne subiscono il contatto; per la qual cosa anche gli esquimesi preferiscono di sopportare la sete più ardente piuttostochè cercare di estinguerla co'flà neVe.' >'" ' w ^ I suoni all' aria aperta s' odónò àd una grande distanza tanto più chiaramente quanto più il freddo è intenso. La voce ordinaria di persoiie che parlano tra loro si può udire distintamente lontano un miglio e talvolta anche a uua distanza maggiore. II riflesso della neve sotto i raggi solari produce acutissimi dolori e infiammazione agli occhi, e questo fenomeno si chiama cecità della neve. Un vero incendio avvolge la bianca superficie, e, per gli effetti della rifrazione, gli alti iceie.rgs paiono cangiar continuamente di forma. Quest'abbondanza di luce è talvolta così eccessiva che a lungo andare brucia la pelle n finirebbe per acciecare chi trascurasse di ripararsi con gli occhiali. 11 dottore Sutherland consiglia occhiali di sottilissima retedi ferro o di crine di cavallo piuttostochè di cristallo colorato. Da qualunque parte si volga il guardo quella triste e monotona bianchezza, intensa, offre un tale aspetto di silenzio inanimato e di torpore immobile, che male risponde ai nostri sentimenti. Avvi qualche cosa di tetro, di mortale in quelle lunghe notti., in quel sepolcrale silenzio. La presenza dell'uomo sembra una intrusione nella spaventevole agghiadante solitudine di quell' immenso deserto invernale dal quale gli stessi animali indigeni fuggono atterriti per qualche tempo; gli uccelli scompaiono, gli orsi vagano alla ventura come sonnambuli e le stesse montagne natanti di ghiaccio rimangono immobili. Il cerchio luminoso di una lampada in quella lunga notte costituisce tutto l'universo, poiché l'oscurità, il freddo e le tempeste costringono a rimanere rinchiusi entro alla nave buona parte di quella cupa notte che dura per circa quattro anni. Notizie Coii la patente imperiale del 26 Maggio p. p. viene convocata la Dieta provinciale per 1' 8 giugno. In seguito alla rinunzia del sig. Antonio Dottor Scampicchio di Albona al mandato, venne destinato con notificazione dell'i, r. Luogotenente, del 18 maggio, il giorno 12 giugno per la elezione di un deputato alla Dieta provinciale da parte della classe elettorale del grande possesso fondiario. Domenica (23) ebbe luogo a Gorizia la consacrazione del nuovo vescovo di Veglia, Dottor Francesco Ferretich. Essendo cessata la peste bovina nel Distretto politico di Zara in Dalmazia, 1' i. r. Luogotenenza di Trieste trovò di derogare dalle misure pubblicate colla notificazione di data 10 marzo 1880, N. 3000, riguardante lo stesso Distretto. Il locale Municipio, come il Magistrato di Trieste, nell'interesse della salute pubblica, richiama l'attenzione all'ord. min. 1 maggio 1866, colla quale si proibisce per la colorazione delle sostanze destinate ad alimento (paste dolci, confetture, bibite ecc.) nonché dei balocchi da bambini, di servirsi di tutte quelle tinte in cui c'entrano la gomma gotta, l'acido picrico, l'anilina e suoi derivati, la fucsina ecc. inoltre tutti i colori che ■constano di arsenico, antimonio, rame, cobalto, nikel, mercurio. I contravventori vengono puniti colla confisca dell'oggetto, colla multa da 5 a 100 fiorini ed in caso di recidiva colla sospensione della rispettiva iudustria. Ricordiamo poi che la fucsina, oltrecchè nel vino, si trova anche in abbondanza nello sciroppo di lampone e nella conserva di pomodoro ; anzi scrive il Cittadino che a Trieste la Commissione sanitaria confiscò a quest'ora circa 6000 bottiglie. — Nel viuo la fucsina si rinviene facilmente adoperando il seguente processo suggerito dal chimico fraucese sig. Husson. "Mescere jn alcuni grammi di vino uu po' d'ammoniaca che lo convertirà in un colore verde sporco ; immergervi poi uu filo di lana bianca, e quando questo è beue inzuppato ritirarlo e collocarlo poi verticalmente facendovi cader sopra una goccia d'aceto. Se il vino è fatturato, la lana resta colorata in rosa; altrimenti prende un color bianco turchino., '' Ai 21 in. c. si aperse in Trieste la rinomata esposizione delle rose per cura del floricultore signor Maron, che ogni anno ne stabilisce il ricavo ° beneficio della ^Previdenza". In questa esposizione -ano ben quaranta mila toso, molte allo stato del «gnor Maron. Il 5 maggio ebbe luogo a Trieste il cinquantesimo congresso della società del Lloyd, rappresentata da 3931 azionisti con 786 voti, di confronto alle 4901 azioni depositate. Dall'esposizione fatta dal suo direttore rilevasi che gì' introiti complessivi nell' esercizio 1879 ammontarono a fior. 11,037,747.06; gli esborsi (nei quali sono compresi gl'interessi passivi per fior. 229.644.29 e la riduzione sul valore degli utensili e dell' Arsenale con fior. 303,459,86) ascesero a fior. 7,950,307.95; per cui l'utile netto del 1879 è di fior. 3,087,439.11 — Il numero dei piroscafi venne aumentato della Danae, Nióbe e Aglaja, portati a compimento nel corso dell'anno ; trovansi attualmente in, cantiere i vapori Clio e Leda e si sono fatti i lavori preparatori per la costruzione di tre nuovi ; il Daphne e l'Helios della portata di 2000 tonnellate cadauno ed il Selene di tonnellate 1500 Da ciò si può rilevare che l'attività dell'Ars snaie del Lloyd continua senza tregua. Togliamo dal Cenno astronomico del sig. Giulio Grablovitz, contenuto nella puntata giugno del pregevole periodico Mente e Cuore: < Il sole sorge il 5 giugno alle 4.14 tramonta alle 7.43 » 15 „ ,4.13 „ „ 7.50 « 25 „ ; 4.14 „ „ 7.51 La notte dal 20 al 21 è la più corta di tutto l'anno. Mercurio sarà facilmente visibile alla sera verso la fine del mese, perchè tramonterà 1 ora e l/2 dopo il sole. Venere sorge al principio del mese alle 3/i e diventa ben presto invisibile. Marte tramonta alla sera, ed apparisce poco splendente in causa della sua distanza reale dalla terra. Giove e Saturno sorgono dopo la mezzanotte e rimangono visibili fino all' alba. idaoolfd ih! , - Il giornale della Società agraria istriana del 25 Maggio, contieue uu' istruzione popolare sulla Phylloxera Vastatrix del prof. Dr. L. Roesler, traduzione libera dal Tedesco, fatta col consenso dell'autore dal Dr. Alberto Levi. L' Osservatore Triestino N. 109 del 14 Maggio 1880 — contiene uno studio del dott. Enrico Wolf. I. R. consigliere montanistico, sui provvedimenti d'acqua pel Carso. In una cronaca inedita di Feltre di un Cambruzzi, si legge che "Panfilo Castaldi, celebre giureconsulto e poeta, fioriva in Feltre nel 1456, il quale, come si raccoglie dalle antiche memorie della nostra patria, inventò la stampa dei libri. Da lui 1' apprese Fausto Comesburgo, che seco abitava in Feltre per imparare l'idioma latino, e ritornato in Germania, con esercitarla nella città di Magonza, si acquistò presso alcuni il credito di primo inventore, sebbene egli non ritrovasse che il modo d'inumidire i fogli, perchè ne riuscisse più facile l'impressione.„ Credo che su nessun' altra prova o testimonianza si fondi la nuova gloria attribuita all'Italia, e, se non erro, in verun luogo o documento trovasi nominato questo P ' staldi. E adunque di alcun pregio la lette-1 », che trovammo nell'Archivio di Stato : signore mio. Ho dicto ad quello maestro stampo, che è venetiano et se trova qui, jenire dala ex.tia vostra secundo quella me ha scripto, et così vene da quello cum questa mia, et ha nome d. Panphilo de Castaldis medico. Ala quale me racomando. Mediolani die VI martij 1472 E. I. D. V. F. Servitor Iohannes Simonetta (A tergo) Ill.mo principi et ex.mo domino meo colendissimo domino Duci Mediolani ecc. Dunque egli era medico, non giureconsulto: e si sa che Treviso (alla cui marca allora apparteneva Feltre) vanta edizioni del 1470 per opera di Gerardo da Lisa fiammingo ; cioè un anno dopo che Giovanni da Spira cominciò a stampare libri a Venezia. Ciò solo si ha dal Federici, nelle erudite Memorie Trivigiane sulla tipografia nel secolo XV. Cesaee Cantò --(Ters.) All'Istituto di Scienze in Venezia, il comm. Berchet diede notizia dell'importante scoperta fattasi di recente dal Barone de Pilat, di quel famoso planisfero di Giovanni Leardo (1452), appartenente alla famiglia Trevisan, che fino dal secolo scorso Marco Foscarini lamentava perduto. Ne presentava all'Istituto il facsimile in fotografia, edito dall' Ongania, e leggeva una illustrazione interessantissima di questo prezioso monumento di cosmografia veneziana, più antico del celebre mappamondo di fra Mauro, e posteriore di pochi anni, ma assai più corretto di quello non meno celebre di Andrea Bianco. E la seconda opera del Leardo che si conosca, ma più completa della prima, che trovasi nel Museo di Vicenza. La relazione lettane all'Istituto ne mette in evidenza il merito insigne, in relazione alle cognizioni geografiche e cosmografiche dell' epoca. Ci congratuliamo col Barone de Pilat della sua scoperta, e coll'egregio illustratore che ne diede notizia. (Gau. di Few.) —-rrrn—r-rt---. 1 1 -:-»-——1-— Cose locali La sera di sabbato 29, ebbe luogo nel teatro sociale un'accademia vocale ed istrumentale a scopo di beneficenza, sostenuta dalla signorina L. Zingerle, soprano e pianista, S. Iglesias baritono, S. Pellizoni, tenore, A. La Guardia, concertista di tromba, F. G. Zingerle, accompagnatore di piano nei pezzi di canto, coli' assistenza dell' orchestra cittadina diretta dal Maestro signor G. Montanari. ADELE DI VOLFINGA Dalla Rassegna drammatico - musicale della ^Perseveranza" 20 maggio d., togliamo il seguente brano sulla lodata opera del Giovannini, scritto dal valente critico musicale signor Filippo Filippi : "Il maestro Alberto Giovannini, che fu uno dei migliori allievi del povero Mazzucato, e diede parecchie prove di sapere musicale e di ingegno inventivo, specialmente negl' intermezzi musicali all' Amleto di Shakespeare, scrisse ora un' opera Adele di Voltìuga, e la fece rappresentare a Trieste con un successo cosi pieno, da prendere le proporzioni di un vero avvenimento artistico. — Il Giovannini è istriano, e la sera della sua beneficiata moltissimi de' suoi compatriotti accorsero a festeggiarlo. Tutti i giornali di Trieste ne dissero un mondo di bene, ed io ho sott'occhio il parere ma- noscritto di un intelligente che è favorevolissimo al I nuovo spartito, il quale, a quanto pare, è ricco di pensieri, elaborato stupendamente, ed esprime in forza e verità le situazioni di un soggetto arditissimo, in cui e' è per base un incesto e per conclusione una madre che uccide il proprio figlio. Il libretto però, ad onta della terribilità delle situazioni, è molto ben fatto; n'è primo autore il Castelvecchio e poi fu aggiustato da quel valoroso, simpatico e un po' strambo librettajo, eh' è il signor Fulvio Fulgonico. Ci dò del signore perchè nessuno sospetti che è mio amico. Mi rallegro col Giovannini che ha trovati artisti i quali gli hanno bene eseguita la sua opera, e un pubblico che l'ha giudicata con intelligenza, trattandosi, a quanto mi pare, di musica tutt' altro che facile. „ ______. Appunti bibliografici G. Tarra. —. Cent' una storielle al focolare di casa. — Milano. Paolo Carrara. 1880. Erminia Fuà Fusi unto. — Scritti educativi — Milano. Paolo Carrara. 1880. Nouvelle Qéographie universelle. La Terre et les hommes par Elisée Beclus. Reclus. Paris. Bachette. Boulevard Saint Germain 79. 1878. E perchè con tanto strazio dell'orecchio — Cent'una storielle, anziché — Storielle cent'una? potrebbe domandare il marchese Basilio Puoti, di santa memoria nel marchesato di tutte le grammatiche. Ma il Puoti, itibus diceva quel pretazzuolo di don Pioppo; e se ( fosse vivo gli si potrebbe rispondere : quelle tue fisime marchese mio,"non sono più di moda;' e ben altre se ne sentono oggi in fatto di lingua; cose cose dà far levare i bordoni anche a quella insensibile riposata matrona (Pallade o giustizia che sia) che sfida da tanti secoli io bora e lo scilocco tra i merli del palazzo di Capodistria. Adunque non badiamo alle parole e teniamo alle idee. Non voglio dire già cou ciò che la lingua usata dal Tarra in questo caro libriccino sia di quella che squadra le corna al vocabolario e alla grammatica, o di quell'altra che troppo cura il mestiere a Stenterello. Ma lo ripeto, badiamo alle cose. Il bravo scrittore che tante utili e belle operette : ha già composte pei fanciulli, piglia le mosse dal focolare di casa, e con affettuose parole e con istile lirico, inspiratogli da una poesia dello Zanella, chiama intorno a sè i fanciulli per raccontare a loro amene storielle, aneddoti, e favoleggiare d'Italia e di Roma. Nono sono già fiabe — ,quali si usavano raccontare dalle vecchie comari — ma I storielle semplici,educative, interessanti più il cuore che la mente, fatti naturali, casalinghi, patriottici, che l'autore andò raccogliendo nel piccolo mondo dei fanciulli, con quei sentimenti che sono naturali alla tenera età, con quella parola che le è famigliare, e per favorire il rigoglio della mente dei fanciulli, i racconti sono graduati ! e sempre crescenti nel concetto e nella forma per adattarsi al naturale progresso delle idee e dei sentimenti, e tener dietro al corso della prima istruzione.. Tali sono su per giù le parole dell' autore nella prefazione : parole che contengono tutto un programma i d' educazione ; e quando si dirà, che don Giulio è quasi sempre riuscito a svolgerlo, sarà questa la più ampia j lode che si possa fare all' autore. Si, religione e civiltà, affetti di cristiano, di figlio, d'italiano, nobili sentimenti così spesso, o di qua o di là nei due campi opposti rinnegati (mentre nella prima educazione tutto dovrebbe essere armonico) sono efficacemente inspirati e svolti con stile semplice e caldo assieme, con temperanza e dolcezza che palesano nell' autore un ottimo cuore, una mente colta, un uomo avvezzo a vivere lontano così dai tumulti della piazza, come dai silenzi paurosi o dagli iracondi cicalecci dei sacri penetrali. Molte di queste storielle ricordano recenti avvenimenti della storia nazionale, motti arguti, esempi di valore, di pietà, d'eroismo. La graduazione, la semplicità, l'affetto che il Tarra ha saputo serbare e diffondere ne' suoi scritti sono una continuazione dell' opera sua, quale provetto insegnante e direttore dell'istituto dei sordo-muti poveri in Milano, e una conseguenza ed applicazione di que' sistemi razionali che subito e da per tutto, iu opera nuova, furono accettati nell'educazione dei sordo-muti perchè la caparbia ignoranza o la poltroneria interessata nulla avevano ad opporre di già sanzionato dall' uso. Così l'opera della scuola popolare avesse Movato un campo vergine e una facile, arrendevole ignoranza ! il ,«iioJ'. ti- .hii^nii ih t'':'jìì'.i ■.■•■; ' .'-■•..ni Una mauo pietosa ha raccolto le fronde sparte, o per dir chiaro, gli scritti educativi della compianta Erminia Fuà Fusinato; e da lei dettate alle sue allieve. Immagino l'impaccio dell' egregia poetessa, quando dovette la prima volta sedere in cattedra per dare le sue lezioni secondo i prescritti programmi. Ella stessa ne aveva già detto in altro suo libro, ove, scrivendo ad un' amica, scherzava sulle famose teorie dei complimenti dovute da lei apprendere, per insegnare nella scuola magistrale ; da lei, che aveva già tanto scritto in verso e in prosa, ignorando perfino l'esistenza di simili colibeti. Ma qui un'altra volta appare quanto valga l'ingegno a vivificare la sorda materia ; e come delle prescritte norme e formalità si giovi per ordinare le idee e disciplinare l'immaginazione. Tra questi scritti ci sono alcune lezioni di morale dettate alle allieve della scuola superiore di Roma. Frequenti gli accenni in queste al libro della più pura morale, al maestro primo, a Dio : non adunque morale indipendente. La brava donna non sapeva mettere insieme neppur lei nel suo cerfebro di poetessa queste due parole — morale indipendente: tanto è dire cavicchio e gruccia, .così sospesi in aria senza il suo bravo attaccapanni che li sostenga. Queste lezioni di morale però non sono compiute, — sono più che altro appunti ed apparecchi per lezioni, e si capisce che l'egregia maestra si sarà spesso affidata all' improvvisa parola. Ci mancano anche gli esempi senza dei quali le lezioni di morale nou sono che aridi trattati, ingombrano la mente e lasciano freddo il cuore. Simili trattati dovrebbero compilarsi in modo facile e ameno, illustrando, per dir così, il precetto coi fatti, alla maniera dei libri popolari di morale dello Sroiles, dell'Alfani, del Cantù, e con esempi moderni senza tirare sempre in campo i virtuosi e le virtuose arcaiche, a posare in manto e tunica alla romana, e con frequenti accenni alla vita sociale e famigliare, senza tante divisioni e definizioni : amo meglio sentire che definire una virtù, — diceva quel buon monaco Gersone o Tomaso Kempis che fosse : il Socrate cristiano del medio evo. Ottime in questo libro le lezioni pedagogiche o come forse meglio potevano intitolarsi di lingua. Nou soli precetti, non frasche rettoriche, adatti i temi proposti, perchè non estranei alle idee, agli affetti delle fanciulle ; e additato lo svolgimento con opportune considerazioni, che dimostrano neirinseguante non solo il precettore, ma 1' artista. Dato il tema — Descrivere ciò che si presenta dalla finestra della vostra stanza ■ l'illustre donna addita fra le altre la seguente norma: — „Lo spirito di osservazione può forse far miglior prova nelle minute che nelle vaste descrizioni. Osservate sempre, osservate per abituarvi alla rettitudine dei giudizi e della vita. Non basta lo studio dei libri, conviene studiare aucora e meditare su quanto ne circonda., e conviene scrivere poscia gli ammaestramenti che ne riceviamo per meglio scolpirli nel cuore, (pag. 213). E dire che ci sono dei trattati di pedagogia che vanuo per la maggiore, ove per apprendere il bello scrivere, si raccomanda ai giovanetti iu prima linea lo studio dei precetti e l'imitazione dei classici: dell'osservazione attenta della natura, del — ci penso, — famoso del Manzoni nou parola 1 Anche il nostro Carli in uu suo trattatello sulle scuole (1' illustre uomo scrisse di monete, di leggi, di scuole, di liugua, di storia, di musica perfino nella sua sterminata erudizione) propone come principale mezzo, per imparare a scrivere bene, l'imitazione del Bembo, e quindi si capisce come i periodi gli venissero giù dalla penna aggrovigliati come i fili della matassa arruffata. Ecco perchè l'imitazione è piaga antica d'Italia; perciò fummo petrarchisti, marinisti, arcadi, manzoniani e adesso heiniani; che già il Heiue fa capolino da ogni strofa dei nostri poeti scamiciati, lo Stecchetti non escluso; i rapidi trapassi, le brusche svolte, que' voti scapezzati (originalissimi nel Heine, ed anche nel nostro Giusti) sono tutta roba accattata; fiacche prepotenze di ragazzi che escono di collegio, reazione di gente che scatta dopo lunga compressione, insolenze di nihilismo letterario. Il libro aduuque della Fusinato si raccomanda da sè alle brave nostre maestre, ai maestri, ai professori di lingua e di pedagogia e alle direzioni dei collegi; come quello del Tarra ai genitori quale ottima strenna di Maggio pei loro figliuoli. Avviene così di raro di trovare libri stranieri ed anche nostri scevri d'errori sul conto della povera Istria* che davvero dopo gli spropositi del Yriarte, del Légered altri ci sentiamo allargare il cuore, riconoscendo nel Reclus uno scrittore diligentissimo, e che parla dell'Istria con piena conoscenza di causa, nella sua opera — Nuova Geografia universale — in cinque grossi volumi con tipi bellissimi e stupende incisioni. L'autore conosce beite la nostra storia; possiede esatte cognizioni di etnografia, di geologia, che meglio non potrebbe desiderarsi. E non poteva essere altrimenti, se si osservano le note a pie' di pagina che ci additano le fonti alle quali ha attinto. Trascrivo qui tutti gli autori citati a vantaggio di. qualche studioso che volesse completare un giorno quel miracolo di sapiente pazienza che è — la Bibliografia istriana dell' illustre Carlo Combi. — Rich. Burton. Notes on the Castellieri of the Istrian peninsula. Tomaso Luciani. Dizionario corografico dell' Italia Amato Amati. — Confini dell'alta Italia. Mor-lot, — Utber die geologischen Verhaltnisse voti lstrien i CAPODISTRIA. Tipografia Priora & Pisani. — Marehesetti — Prospetto delia Flora triestina e —* Notes manuscrites. — Mayersbach. — Die Boden-kultur auf dem Karste. Adolf Schmid!. — Ueber dem unterirdischen Lauf der Becca. Ernest Desjardins. Notes manuscrites.— Lorenz. Topographievon Fiume und Ungebung. — Marehesetti — Arcbeografo triestino 1877. Marehesetti — Bollettino delle scienze naturali Adolf Schmìdl. — Die Grotten von Adelsberg. — Gustav Ioseph. Die Ti opfstein — grotteu in Krain -- Simone della Giacoma. Memorie. — Kandler. Codice diplomatico istriano. Marina di Roviguo 1870. L' opera come si è detto è abbellita da stupende incisioni. Tra queste si riferiscono all' Istria le seguenti — Foiba di Pisino (Voi. 3 pag. 219) — L'Isonzo ed il Timavo (pag. 227) — Il golfo del Quarnaro. (pag. 242). Il porto di Trieste — Veduta di Trieste dalla Scala Santa (pag. 254) Pola (pag. 260) Rada e porto di Lussin piccolo (pag. 262). Qualche lieve menda in opera di sì grande mole non poteva sfuggirsi. Così si ripete a pag. 253 il vecchio errore di credere che prima dell' istituzione del porto franco, Trieste non fosse che una borgata. E di Capodistria si dice (pag. 258) che ha 4— toujours grand aspect; mais elle est trop vasi pour la population qu' elle contient, e plusieurs des saliues environantes sont abandonnées. Non vorrei ehe i forestieri credessero che Capodistria è un cittadone mezzo deserte, come le medioevali Ferrara, Padova, Cremona. I ricchi, e le biblioteche pubbliche e la Società di Minerva di Trieste, e gli stabilimenti di educazione ai quali non mancano i mezzi, vorranno acquistare quest' opera eccellente. p. T. --->-. ' l'i'" >-----■-' ........!-1-T--;-f-t-- ' lì ' ' PUBBLICAZIONI ISTRIANE -.•-. 'ni,ti usu : .ii. ,.i;—..........b_uou r<■< iitviiìin DEL «nottata «tasoqn »li{fi?uefMii ìnfoup e eduan iuobiod i DECADIMENTO DELL' ISTRIA Articoli pubblicati nel Periodico La Provincia dell'Istria PAOLO TEDESCHI Professore di Belle lettere e di Pedagogia nella Scuola Normale Femminile di Lodi Capodistria. Tip. Priora e Pisani 1860. Questi articoli, raccolti in elegante opuscolo in 16, e con nitidi caratteri della locale tipografia, si vendono presso la Direzione della Provincia al prezzo di soldi 45* verso vaglia postale. 93 OfllOifli i silfi»:!") filiali >>IT .j, ;■■ > j;,i,i * :> ! Ebbrezza mortale, Romanzo di A. Boccardi, Milano, G. Pavia e C. editore. RECENTI TRADUZIONI DI OPERE ITALIANE Storia Universale di C. Cantù tradotta in ungherese ( Vilàgtòr Unelem); in polacco (Historyja Pow-szechna). Libretti di educazione dello stesso in illirico (Mladic uputjen na dobrotu. nauk i rad — Pucka Knjiznica izdavauu drùsta vom svetojeronimskim — Postenjak iliti pravice i duznosti ecc.) i quali libretti furono pure stampati in armeno dai padri mechitaristi. Tra le infinite traduzioni dell'Ode Manzoniana in tutte le lingue viventi del mondo (oltre le recentissime in latino) non va taciuto El Cinco de Mago, stampato testé a Barcellona da Don José Llausas, con note e col confrouto delle traduzioni precedenti. Nicolò de Madoniiza edit. e red&t. responsabile